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FrancescoGuicciardini



STORIEFIORENTINE

DAL1378 AL 1509



Parteprima




I- SOMMARIO DELLA STORIA FIORENTINA DAL TUMULTO DEI CIOMPI ALLA MORTEDl COSIMO IL VECCHIO (ANNI 1378-1464).


Nel1378 sendo gonfaloniere di giustizia Luigi di messer PieroGuicciardini successe la novità de' Ciompidi che furnoautori gli otto della guerrae' quali per essere stati raffermatipiú volte in magistratos'avevano recata adosso grandeinvidia e grande contradizione da' cittadini potentie per questo sierano rivolti a' favori della moltitudine; e però procuroronoquesto tumultonon perché e' Ciompi avessino a essere signoridella città ma acciò che col mezzo di queglisbattutie' potenti ed inimici sua loro rimanessino padroni del governo. Ilche fu per non riuscire perché e' Ciompipreso lo stato ecreato e' magistrati a loro modo e non a arbitrio degli ottovolevano potere tumultuare ogni dí la cittàe nonarebbono gli otto potuto ritenergli; se non che Michele di Lando' unode' Ciompi ed allora gonfaloniere di giustiziavedendo che questimodi partorivano una inevitabile ruina della cittàaccordatosi cogli otto e cogli aderenti lorofu cagione di tôrrelo stato a' Ciompi; e cosí el bene e la salute della cittànacque di luogo che nessuno l'arebbe mai stimato. Rimase el governopiú tosto in uomini plebei e nella moltitudine che in nobilie fecionsene capi messer Giorgio Scali e messer Tommaso Strozzi e'quali con questo favore popolare governorono tre anni la cittàe feciono in quel tempo molte cose brutte e massime quando senzaalcuna colpama solo per levarsi dinanzi gli avversari lorotagliorono el capo a Piero di Filippo degli Albizzi che soleva essereel piú riputato cittadino di Firenzea messer DonatoBarbadori ed a molti altri innocenti; ed in ultimocome èusanzanon potendo essere piú soportatied abandonati dalpopoloa messer Giorgio fu tagliato el capo; messer Tommaso campòla vita col fuggirsi ed ebbe bando in perpetuo lui e suoi discendentie messer Benedetto degli Albertiche era uno de' primi aderentilorofu confinatoEbbe la città in quegli tempi piúvolte molti tumultie finalmente con uno parlamento si fermòlo stato nel 93sendo gonfaloniere di giustizia messer Maso degliAlbizziel quale in vendetta di Piero suo ziocacciò diFirenze quasi tutti gli Albertie rimase el governo in mano diuomini da bene e savie con grandissima unione e sicurtà sicontinuò insino presso al 1420; e non fa maravigliaperchégli uomini erano tanti stracchi delle turbulenzie passatecheabattendosi a uno vivere ordinatotutti volentieri si riposorono. Everamente in quegli tempi si dimostrò quanta fussi la potenziadella città nostra quando era unitaperché soportoronododici anni la guerra di Giovan Galeazzo con spesa infinita e dieserciti italiani ed esterniche feciono passare in Italia indiverse volte uno duca di Bavierauno conte di Ormignacca conquindicimila cavalliuno imperadore Ruberto; ed a pena sendo uscitidi questa guerracredendosi che la città fussi esausta e percarestia di danari per riposarsi qualche tempofeciono la impresa diPisanella qualee nella compera e nella espugnazionespesono unasomma infinita di danari. Ebbono di poi la guerra con Ladislao re diNapoli e difesonsi francamente anzi ne acquistorono Cortonainricompenso però di buona somma di danari; comperoronoCastrocaroe finalmente ebbono tanti successie nella cittàche si conservò liberaunita e governata da uomini da bene ebuoni e valentie fuorache si difesono da inimici potentissimi edampliorono assai lo imperioche meritamente si dice che quello èstato el piú savioel piú gloriosoel piúfelice governo che mai per alcuno tempo abbi avuto la cittànostra.


Dal1420 poi al 1434 venne la guerra del duca Filippoe la divisionedella città in due parted'una di quale era a capo Niccolòda Uzzanouomo riputato molto savio ed amatore della libertàdell'altra Giovanni di Bicci de' Medici e di poi Cosimo suo figliuoloe finalmente doppo molte contese ed agitazionepartorirono nel 1433che sendo gonfaloniere di giustiziadi settembreBernardo Guadagnila parte di Niccolò da Uzzanoel quale era già mortoavendo una signoria a suo propositofece sostenere in palagio Cosimode' Medici e di poi lo confinò insieme con Lorenzo suofratello ed Averardo suo cuginoa Vinegia; ed in capo di pochi mesieziandio fu preso messer Agnolo Acciaiuoliebbe della fune e fuconfinato in Grecia.


CacciatoCosimorimasono capi del governo messer Rinaldo degli AlbizziNiccolò BarbadoriPeruzziBischeriGuadagniCastellaniStrozzi ed altri similima poco lo seppono tenereperché elsettembre seguente che fu in capo dello anno la signoria che ne fugonfaloniere Niccolò Cocchinon però sanza grandetumulto e pericolo rispetto a quella parte che prese le armefeceparlamento e rimesse Cosimo e cacciò e' capi della parteavversa. E perché l'una e l'altra rivoluzionecioè del33 e del 34fu fatta dalla signoria che entra di settembre e che siera tratta el dí di san Giovanni dicollatoperò fuordinato che per lo avenire la signoria non si traessi piú intal díma el dí dinanzie cosí si èsempre osservatoeccetto pochi anni a tempo di fra Girolamo. Furonopotissima cagione di questa ritornata di CosimoNeri di GinoCapponiPiero di messer Luigi GuicciardiniLuca di messer Masodegli Albizzi ed Alamanno di messer Iacopo Salviatima massime vi sioperorono Neri e Piero.


TornatoCosimo e fatto capo del governo e fatta fare una Balía dicittadiniper sicurtà dello stato cacciò di Firenze ingrandissimo numero tutti gli avversari suache furono molte famiglienobilissime e ricchissimeed in luogo di quelle cominciò atirare su di molti uomini bassi e di vile condizionee dicesi chesendo Cosimo ammunito da qualcuno che e' non faceva bene a spegneretanta nobiltàe che mancando gli uomini da beneFirenzerimaneva guastarispose che parecchi panni di San Martinoriempierebbono Firenze di uomini da bene; volendo inferire che coglionori e colle ricchezze gli uomini vili diventavano nobili.


Eranoallora nella città molte casa nobile che si chiamavano difamigliale quali pe' tempi adrietosendo grande e soprafaccendogli uomini di manco forzeerano state per opera di Giano della Bellaprivate de' magistrati della cittàmassime del priorato e de'collegie fatto contra loro molti ordinamenti e legge forte chereprimevano la loro potenziae nondimeno era stato riservato loroalcuno uficione' quali per legge avevono a avere una certa parteed oltra ciò nelle legazione e ne' dieci della Balíaavevono buono corso. Con costoro non aveva Cosimo inimiciziaparticulareperché loro sendo alienati dello statononl'avevono offeso nelle sue avversitàe nondimeno rispettoalla loro maggioranza e superbia non gli amavané si sarebbeconfidato di loroe però per tôrre loro quella partede' magistrati riservata loro dalla leggee nondimeno in modo che viavessino a concorrerefece una provisionee si disse con consigliodi Puccio Pucciche quelle tali famiglie che vulgarmente sichiamavano de' grandifussino fatte di popolo; e cosí levòloro le legge che gli opprimevano ed abilitogli a tutti gli onoricome gli altri cittadini. Di che nel principio acquistò conloro grado grandee nondimeno lo effetto fu che non vincevano glisquittini e non erano eletti a' magistrati; in modo che non solo nonacquistorono di quegli ufici a' quali prima erono inabilima vennonoanche a perdere quegli che la legge dava loro di necessità.


LegòCosimo lo stato col fare dare a un numero di cittadini balíaper anni cinquee fece squittini nuovi di tutti e' magistrati dellacittà drento e di fuori; e nondimenoper la autoritàaveva la balíae' signori quasi sempre a suo tempo non sitrassono a sortema si eleggevano dagli accopiatori a modo suo;( )equando era a tempo de' cinque anni che durava la balíafacevaprorogare quelle autorità per altri cinque anni Ebbesopratutto cura che nessuno di quegli cittadini che erano stati suefautori non si facessi sí grande che lui avessi da temerneeper questo rispetto teneva sempre le mani in sulla signoria ed insulle gravezze per potere esaltare e deprimere chi gli paressi; nellealtre cose e cittadini avevono piú autorità edisponevano piú a loro modo che non feciono poi a tempo diLorenzoe lui dava volentieri loro ogni larghezza pure che fussibene sicuro dello stato. E parendogli che Neri di Gino avessi piúriputazione e forse piú cervello che alcuno altro cittadino diFirenzedubitando non pigliassi tanto credito che avessi da temernelo adoperava piú che alcuno altro in tutte le cose importantidella città drento e fuorie nondimeno cominciò a darecredito a Luca Pittiel quale non era valente uomoma vivo liberaleanimoso e piú servente e per gli amici che alcuno altro chefussi a Firenzee cosí uomo da fargli fare ogni cosa sanzarispettoe non di tal cervello che gli paressi avere da temerne.Cominciò costui molte volte nelle pratichemassime quando lecose non erano di molta importanzaquando Neri aveva parlatoa diretutto el contrario di quello che aveva consigliato Nerie quivi perordine di Cosimo erano molti che riprovavano el parere di Neri edapprovavano quello di Luca; di che accorgendosi Neri e vedendo lostato di Cosimo in modo da non potere alterarlo e che volendo romperecon lui sarebbe come dare del capo nel murosendo savissimomostrava non vedere ed aveva pazienzia aspettando tempo ed occasione.


Erain quello tempo Baldaccio d'Anghiari capitano di fanterieuomo digrande animo e valente nel mestiero suo e di grande credito apressoa' soldati e molto stretto ed intrinseco amico di Neri; di chetemendo Cosimoe volendo levare a Neri questo instrumento attissimoa fare novità aspettando che Neri fussi fuora di Firenze oimbasciadore o commessariofece che messer Bartolomeo Orlandinigonfaloniere di giustizia mandò per lui in palagioed avutoloin camera lo fece subito da gente ordinate quivi per quellogittarea terra dalle finestre.


Neltempo che tornò Cosimo era la città collegata co'viniziani ed i n guerra contro al duca Filippola quale si continuòper dodici o quattordici annitirandosi eziandio adosso qualchevolta la guerra con papa Eugenio e col re Alfonsodelle quali coseperché sono notissime non ne dirò altro; e cosíde' successi del conte Francescoe come con favore della cittàacquistassi el ducato di Milano. Solo dirò questoche quandoe' viniziani presono la difesa dello stato di Milano contro al conteFrancescovenuto a Firenze in consulta quello si avessi a fareperché ed el conte ed e' viniziani erano stati amici ecollegati della cittàla piú parte si accordava che sidovessi conservare la amicizia de' viniziani e favorirgli contro alconte. A Cosimo parve altrimentie mostrò con ragione che erameglio favorire el conte: e cosí si segui. Di che lui neacquistò Milano e nacquene la salute di Italia; perchése cosí non si faceva e' viniziani si facevano sanza dubiosignori di quello stato e successivamente in breve di tutta Italia;sí che in questo caso la libertà di Firenze e di tuttaItalia s'ha a ricognoscere da Cosimo de' Medici.


Sendodi poi el conte diventato duca di Milano e non avendo fatto pace co'vinizianifu el disegno loro tenergli questo cocomero in corpogiudicando che essendo entrato in uno stato nuovo e spogliato e sanzadanari e bisognandogli stare armatosi consumerebbe da se medesimo;di che accorgendosi el duca si risolvé essergli necessariopoi che non poteva avere pace ragionevole da' vinizianiaccozzaretante forze che potessi rompere loro guerrae cosí per forzarecuperare quello avevono occupato doppo la morte del duca Filippoeridurgli a' loro termini. Ed a questo effetto si trovava gente assaima gli mancava danari a poterle mettere in ordinee vedendo nonpotere sperare nel re Alfonso che gli era inimiconé nel papache voleva stare neutralecercava per fare questi effetti averesussidio di danari da' fiorentini.


ACosimo ed a' piú savi pareva da farloper ovviare a tantagrandezza de' vinizianima bisognando gran somma di danari e vedendoel popolo che si stava in pace e non gustava e' pericoli futurialieno in tutto dallo spenderenon si ardivano mettere innanziquesta praticae però scrivevano al duca che chi governavaera bene dispostoma che avessi pazienzia perché non eratempo a parlare di simile materia. E certo se e' viniziani si fussinoportati prudentementeed atteso a tenere bene disposta con umanitàe buone parole la cittàné ricercala di alcuno aiutoma contentatisi si stessino a vedereera facile cosa conducessino afine e' loro disegnidove pel contrario la loro arroganzia e durezzaaperse la via a' favori del duca Francesco. Perché avendofatta lega col re Alfonsorichiesono la cittàa chiriservorono el luogoci volessi entrare drentoil che sendo loronegatoe risposto che la Italia era in pace e però nonbisognava fare nuove legheinsuperbiti grandemente cacciorono ditutto el loro dominio e' mercatanti fiorentinifatte loro primamolte stranezzeed operorono che el re Alfonso fece el medesimo. Ilche inteso a Firenze deputorono messer Otto Niccolini imbasciadore aVinegia; e chiedendo salvocondotto per luilo negoronocredendo conquesti modi che la città o per paura o per voluntà dipotere usare el dominio loro conscendessi a ogni cosa. Ma fu tutto elcontrario: perché el popolo se ne sdegnò tanto che fupoca fatica a chi governava persuadere loro che fussi bene pensare adifendersi ed a offendere e' vinizianie però mandorono alduca Dietisalvi di Neronee feciono con lui lega a difesa deglistati servendolo di gran quantità di danaridi che el ducaroppe guerra a' viniziani ed el re Alfonso a noicon quegli effettiche per essere celebrati in su tutte le istorie non si raccontono.


Questimodi de' vinizani non so se nacquono da loroo pure se chidesiderava favorire el duca in Firenze persuase loro per qualche mododestro che la via d'avere aiuto dalla città era questaperridurre con tali inconvenienti el popolo a infiammarsi contra loro; ecerto se el disegno fussi nato cosínon potette uscire se nonda uomo di gran prudenzia. Quel che si siatal cosa può dareesemplo che chi non può assolutamente comandare a' popoli esforzargligli conduce a ciò che vuole piú tosto collecarezze e modi dolci che colle asprezze; benché altrimenti èin chi può comandare loro e domargli; e questa qualitàse è in popolo nessunoè nel nostro checome sidimostra ogni dí per mille esempliquando teme potere esseresforzato di presente si condurrebbe coll'aspro in ogni luogomaquando è fuora di questa pauranon si conduce col mostrarglitimore minacci o sospettoma solo col dolce e colle speranze.


Fattadi poi la pace in Lodi fra 'l duca e fiorentini da una parteed e'viniziani dall'altrae di poi a Napoli pace e lega universale ditutta Italiaeccetto e' genovesi e Sigismondo Malatesta signore diRiminola città stette molti anni sanza guerranondimeno consospetti di fuora e con movimento drento; le quale cose secondo lamia notizia narrerò piú particularmenteperchéda quello tempo in qua non ci è ancora chi abbi scrittoistorie.


Doppola pace fattae' viniziani dettono subito licenzia al conte IacopoPiccinino loro soldato; e la cagione in verità fuprima perlevarsi da dosso la spesa della condotta sue che era ducati centomilasecondoperché avevano capitoli con Bartolomeo Coglione daBergamo loro condottiereche la condotta sua fussi ducati centomilamentre el conte Iacopo era a' soldi loroe partito lui si riducessia ducati sessantamila; terzoper alleggerire e' sudditi loro chedove stanziavano le genti del conte Iacopo pativano disagi e danniinnumerabili.


AMilano ed a Firenze dispiacque assai questa cosadubitando che elconte Iacopoper essere soldato di riputazione ed a chi facilmentetutti e' cassi e sviati farebbono caponon suscitassi qualchemovimento in Italiae forse per ordine occulto de' vinizianie cosísi raccendessi la guerra passatae massime che in quegli dímorí papa Niccola che era stato autore della quiete universalee fu in suo luogo creato Calisto. E però el duca e la cittàfeciono grande instanzia per imbasciadoriche e' viniziani losopratenessino almeno tanto tempo che le cose di Italia fussino unpoco piú assodate. Non vollono e' viniziani farne nulla; eperò partitosi de' terreni lorostando Italia sospesa diquello avessi a fareroppe guerra a' sanesi sotto pretesto di contivecchi avevano col padre Niccolò Piccinino; ma risentendosenee' signori della lega e massime el papa ed el duca Francesco chemandorono gran numero di gente in soccorso de' sanesifu tantostretto che per non avere luogo dove ridursi era necessario sispacciassi; se non che el re Alfonsomandatogli alcune galeeloridusse salvo con le sue gente nel reamedi che si vedde che quelche aveva fatto era stato di consentimento del reel quale erainquietissimo e non poteva vivere in pace. Seguitò poi che elre roppe guerra a' genovesi e mandòcredoel conte Iacopo inRomagna a' danni de' Malatesti che a sua contemplazione erano fuoridella lega universale.


Ne'quali tempi trovandosi ancora e' sanesi in molta disunione efaccendosi ogni dí fuoruscitila città stava in gransospetto e paura del reche ancora teneva le mani ne' casi diPiombinodubitando che se acquistava la oportunità di alcunodi quegli luoghisendo naturalmente tanto ambizioso ed inquietoquesta vicinità non mettessi la città in qualche gravepericolo. Aggiugnevasi che nella città era disunione grande emolti malcontenti e cupidi di cose nuove; di che el governo presentenon era gagliardo come solevaanzi pareva indebolitoe peròe' cittadini dello stato si risolvevanoper ovviare a' pericoli esicurare lo statoche come avessino uno gonfaloniere di giustizia aloro propositofussi da purgare la città di umori cattivi. ACosimo non parevaed ancora Neriche poco poi moríera dimedesima opinionegiudicando forse che rispetto agli andamenti delre ed e' sospetti di fuoranon fussi bene accrescere travagli allacittà. E stando le cose in questi termininel 1457 el recheera tutto vòlto alla espugnazione di Genovasi morílasciato el regno a don Ferrando suo unico figliuolo non legittimodi che posati e' tumulti e pericoli di fuoraCosimo si risentíe volse lo animo a assicurare lo stato; e però sendo nel 58gonfaloniere di giustizia Luca Pittisonorono a parlamentoeristretta la autorità ed el governo della città a loroproposito e riformato el reggimentoconfinorono ed ammunirono unnumero grande di cittadiniin modo che Cosimo e gli aderenti suarimasono al tutto e sicuramente padroni del governo; e Luca Pittiche fu poi fatto cavaliere dal popolone acquistò taleriputazione e creditoche doppo Cosimo era assolutamente el primocittadino di Firenze.


Morínel medesimo anno 1458 papa Calistoe fu eletto in suo luogo papaPiochiamato prima Enea de' Piccuolomini da Sienael quale confermònel regno di Napoli don Ferrando e fece parentado con luiconciosiaché el re per ottenere le bolle del reame dette unasua figliuola non legittima per moglie a uno nipote del papae perdote el ducato di Malfi. Ma poco poi Giovanni d'Angiò chiamatoduca di Calavriae figliuolo del re Rinieripretendendo per leantiche differenzie fra gli angioini e ragonesi el reame spettare aluipartitosi da Genova dove era a governo pel re di Franciaconuna grossa armata venne nel reamedove aveva intelligenzia col ducadi Sessa cognato del re Ferrandocol principe di Taranto e con moltialtri signori e baroni del regnodi che seguitò molteribellioni contro al ree poco di poi el conte Iacopo che era perlui in Romagnaavendo cattivi pagamentis'accordò co'franzesi con grandi partiti e vantaggie passò nel reame a'favori loro. Di che el re vedendosi oppressoricorse a dimandareaiuto a' potentati di Italiapretendendo che per la lega fatta aNapoli e' fussino obligati; da altra parte e' franzesi facevonogrande instanzia che el duca Giovanni fussi favorito; el papa ed elduca Francesco dettono aiuto al re Ferrando; e' viniziani stettononeutrali. Cosí parve a Cosimo ed a' piú savi che lacittà dovessi starsi a vederee tenere e' panni a chi volevaannegarsie non mettere pe' casi di altri lo stato suo a pericolo; emassime che per avere el re Alfonso dato nel 54 aiuto al conte Iacopoquando fece impresa contro a' sanesisi poteva largamente direavessi contrafatto alla legae cosí essere finiti li oblighiavevono gli altri per vigore della lega seco.


Loeffetto di questa guerra fu che avendo avuto el re Ferrando una granrotta al Sarno colla morte di Simonetto suo primo condottieresifece giudicio avessi in brieve a perdere lo statoe cosí erasanza riparose dalla parte del duca Giovanni si fussi con prestezzausata la vittoria. Ma e' principi del reame che erano seco o perfraude per mantenere piú la guerrao per la buona sorte deire don Ferrandoche non gli lasciò cognoscere le occasionefurono tanto lenti che ebbe tempo a ripigliare le forze esopravenendo aiuti da Roma e da Milanofarsi di nuovo forte allacampagna. E finalmente feciono una altra volta fatti d'armedove elduca di Calavria fu rottoed el re seguitò in modo lavittoria che fu constretto lasciare el reame ed e' principi amicisuoi in predae' quali in breve tempo si accordorono col re elmeglio potettonoed el conte Iacopo si patteggiò uscire delreame per mezzo del duca di Milanoed andonne a Milano a consumareel matrimonio con madonna Drusiana sua donnache era figliuolabastarda del duca Francesco.


Morícirca a detto tempocioè nell'anno 146[4]Cosimo de' Mediciche era stato molti anni in casa amalato di gotte e nondimeno nonaveva mai intermesso el governare la città. Lasciò allamorte non gli fussino fatte esequie suntuosee cosí si seguíma furongli dati tutti quegli onori che può una cittàlibera dare a uno suo cittadinoed intra gli altri fu per publicodecreto chiamato padre della patria. Fu tenuto uomo prudentissimofuricchissimo piú che alcuno privatodi chi s'avessi notizia inquella etàfu liberalissimomassime nello edificare non dacittadinoma da re. Edificò la casa loro di FirenzeSanLorenzola Badia di Fiesoleel convento di San MarcoCareggiofuori della patria sua in molti luoghieziandio in Ierusalemederano gli edifici sua non solo ricchissimi e di grande spesamafatti ancora con somma intelligenzia; e per lo stato grandechéfu circa a trenta anni capo della cittàper la prudenziaperla ricchezza e per la magnificenzia ebbe tanta riputazioneche forsedalla declinazione di Roma insino a' tempi sua nessuno cittadinoprivato n'aveva avuta mai tanta. E in tutte queste cose viveva incasa come privato e civilmentetenendo conto ancora dellepossessioneche n'aveva infinitee delle mercatantíenellequali ebbe tanto successoche non fu uomo che si impacciassi secoocome compagno o come governatoreche non ne arricchissi.



II- GOVERNO DI PIERO DI COSIMO (1464-1469).


MortoCosimorimase capo dello stato Piero' suo figliuoloel quale nonebbe quella prudenzia e laudabili parte aveva avuto el padre;nondimeno fu di buona natura e clementissimoed ebbono apresso a luibuono essere e' cittadini dello statoperché oltre alla buonanaturasendo lui molto impedito e quasi perduto di gottesilasciava quasi governare; di che alcuni usurporono tanta autoritàche furono per tòrgli lo statocome di sotto si dirà.


Morí(etiam )in quel temponel 1464papa Pioe fu eletto in luogo suoPagolodi nazione venetodi casa Barboche si dimostrò nelprincipio molto favorevole ed affezionato alle cose della città.La quale buona disposizione fu per interrompersiperchésendo morto in levante contro a' turchi el cardinale camarlingo epatriarca di Aquileiael quale era ricchissimo ed aveva in Firenzegrandissima somma di gioiedanari ed altro mobileed avendolasciato per testamento queste sua facultà a certi degliScarampide' quali era uno genero di Luigi Pitti fratello di messerLucae volendo el papa questo tesoro come cosa ecclesiasticalapotenzia di messer Luca era tale che per beneficio di questo suoparente non lasciava farne quella risoluzione si conveniva; di cheadirandosi el papa molto fortepure finalmente si deliberò segli dessino queste robee cosí si fece con sua grandesatisfazione.


Inquesto tempo el conte Iacopo Piccinino per opera del duca Francescosuo suocero si riconciliò col re Ferrando e ricondussesi a'soldi suaed avendo da lui danarideliberò da Milanodoveera transferirsi nel reame a visitare el re e fargli capace volereessere suo buono servidorecome e lui ed el padre erano stati di suopadre. Venne adunche a Napoli e fu ricevuto dal re con tanto onore etanta dimostrazione di benivolenzia che non si sarebbe piúpotuto esprimereed ogni dí stava seco qualche ora a segretoparlamento; nondimeno quando volle partireavendo preso buonalicenzia dal refu ritenuto ed incarcerato insieme con el conteBroccardo suo cancellieree pochi dí poi fu morto inprigione. Mostrò el duca Francesco tal cosa dispiacergli assaidolendosi che el conte fussi stato tradito quasi sotto la sua fede esue braccia; ed essendo madonna Ipolita sua figliuola a Sienachen'andava a Napoli a marito a Alfonso duca di Calavria primogenito delreed in sua compagnia don Federigo figliuolo del regli comandòsi fermassi quivi insino a tanto avessi altra risoluzione da lui; edin effetto fece cenni di avere voglia che el parentado non andassiinnanzi. La qual cosa dispiacque assai alla cittàperchédesideravano si conservassi questa unione fra 'l re e duca percommune beneficio; e però s'affaticorono molto e publicamenteed in privato alcuni cittadini suoi familiari in persuadergli nonvolessi dividere tale amiciziache portava tanta sicurtà ed asé ed agli amici sua; e cosí si fece in effetto. Molticredono che el ducaparendogli che el conte Iacopo fussi di troppariputazione nelle armeed inoltreper la memoria di NiccolòPiccinino suo padremolto amato dal popolo di Milanoacconsentissifarlo male capitare per le mani del re; nondimeno a me non èmanifesta la veritàe chi fa questo giudiciolo fa perconietture e non per certezzaperché se una tale cosa fuèda credere si trattassi segretissimamente e nelle conietture èmolto facile lo ingannarsi; e massime che chi io crede non si muoveper altrose non perché questa morteper le cagionesopradettefu riputata utile al duca; pure può essere statoveroed io per me non ne fo giudicio in parte alcuna.


Comincioronoin questi tempi medesimi a scoprirsi nuove divisione nella cittàche furono massime causate dalla ambizione di messer Dietisalvi diNerone; el qualesendo uomo astutissimo ricchissimo e di grandecreditonon contento allo stato e riputazione grande avevasicongiunse con messer Agnolo Acciaiuoliuomo anche egli di grandeautoritàdisegnando volere tôrre lo stato a Piero diCosimo. E parendo loro che messer Luca Pittipel seguito avevafussi buono instrumentoentratigli sottogli persuasono farlo capodella cittàdisposti però fra lorosecondo si dicesbattuto che avessino Pierotôrre anche lo stato a messerLuca; il che giudicavano facile per non essere lui uomo che valessi.E per dare principio a questi disegnimessono innanzi che le borsesi serrassinocioè che la signoria ed e' magistrati sitraessino a sorte e non per elezioneil che fu consentito da Pieroperché la cosa piaceva tanto al popoloche come era propostachi non l'avessi consentita s'arebbe tirato addosso troppo carico.Sendo di poi tratto gonfaloniere di giustizia Niccolò Soderiniche era de' loro seguacitentorono levare via el consiglio delCentoche disponeva di tutte le cose importante della città.A che Piero e gli amici sua che ne erano massime capi messer TommasoSoderinimesser Luigi ed Iacopo Guicciardini messer Antonio Ridolfimesser Otto Niccolini ed altri similisi opposono alla scoperta efinalmente la impedirono. Tentoronsi ancora per questo gonfalonieremolte altre cose contro allo stato di Pieroe stette la cittàmentre che durò quello magistratomolto alteratama sendouscitoparve le cose quietassino un poco.


Successea fine di detto anno 1465 la morte del duca Francescoe successenello stato Galeazzo suo primogenitoel qualesendo in Francia a'favori del re Luigi che guerreggiava co' baroniudita la morte delpadrene venne scognosciuto in poste. Questo caso dispiacque assaialla città per la amicizia tenuta secoe perchédubitava chesendo gli Sforzeschi nuovi in quello statonon sifacessi qualche alterazioneed inoltre che e' vinizianiche sempreavevano temuta la virtú e riputazione di quello duca morto oraluinon rompessino guerra a' figliuoli. E si consultò fussibene fare ogni cosa per conservare quello statodonde molti anni siera tratta la sicurtà della città; e però subitofurno mandati imbasciadori a Milano messer Bernardo Giugni e messerLuigi Guicciardini cheoltre al condolersi e le cerimonieofferissino tutte le forze della città a' bisogni lorovegghiassino tutti e' casi occorrenti e dessino aviso acciòche si potessi provedere. Giunti a Milanotrovorono e' sudditi averetutti data la ubidienziama lo stato in gran disordine di danariequalche sospetto di guerra da' viniziani; e però furonorichiesti scrivessino a Firenzepregando fussino serviti inprestanza di qualche somma di danaripigliandone assegnamento insulle piú vive entrate avessino.


AFirenze si messe in pratica questa dimanda e si concluse siservissino; e cosí si rispose agli imbasciadori offerissinoducati quarantamilae che subito si provederebbe a fargli. E di poitrattandosi de' modi messer Lucamesser Agnolo e messer Dietisalviparendo loro modo da fare perdere la riputazione grande aveva Pierocon lo stato di Milanola cominciorono a impedirein modo che nonsi potette mai fare conclusione di pagarglicon grandissimo carico evituperio della città. Di qui sendo gli animi ogni dípiú gonfiatie bisognando che questa quistione si terminassicon vittoria delle partecon tutto fussino ite atorno molte pratichee simulazione di concordia e giuramenti e obligazione di cittadinisendo ito Piero a Careggidisegnorono gli avversari sue nel tornaredi amazzarloe messono gente armata in Santo Antonio del Vescovodonde Piero soleva tornare; del quale luogo loro si valevano peressere arcivescovo di Firenze uno fratello di messer Dietisalvi.Volle la buona fortune di Piero e di quella casa che nel tornare nonfece la via solevama prese altra via; in modo si condusse salvo aFirenze. Dovecrescendo ogni dí queste divisione e sendo lacittà tutto di piena di gente armateed apparati grandi perl'una parte e l'altra di soccorsi esternifinalmentesendo trattogonfaloniere di giustizia Ruberto Lioni partigiano di Piero ed unasignoria a suo propositosendo impauriti gli avversarimesser Lucapersuaso cosí astutamentesi riconciliò con Piero; inmodo che si fece parlamento e furono confinati di Firenze messerAgnolo Acciaiuoli ed e' figliuolimesser Dietisalvi co' figliuoli efratellie Niccolò Soderini; e rassettossi in tutto lo statoa modo di Pieroel qualenon seguitando lo stile di Cosimo suopadrefu clementissimo in questo movimentoné patí sipunissino altro che quegli e' quali sanza pericolo grande nonpotevano rimanere impuniti. Messer Luca rimase in Firenzemaspennecchiato e senza stato e creditoe cosí patí penaconveniente della stultizia suachéavendo piú bellostato assai che non meritavaper cercare farne un piú bellocapitò male.


Lamutazione dello stato di Firenze partorí gran novitàper Italiaperché fece speranza a' viniziani che sendo lacittà alteratanon s'avessi opporre alle imprese lorosendomassime persuasi e sollecitati dagli usciti nostrimesser Dietisalvie Niccolò Soderinie' quali transferitisi a Vinegiadimostravano quanto fussi facile voltare lo stato di Firenze erimettergli in casae che sendo poi questa città a' loropropositinessuna impresa era difficile. Di che nacque una praticafra 'l papae' viniziani e Borso duca di Ferrara che era amico degliuscitiche Bartolomeo Coglione capitano de' vinizianifinita lacondotta sua che durava pochi mesicome capitano di venture sivolgessi a' danni o del duca Galeazzo o nostri. Il che presentendosia Firenzefurno mandati imbasciadori a Vinegia messer TommasoSoderini ed Iacopo Guicciardiniper ritrarrese era possibilelamente loro circa alla quiete universalee di poi andarne a Milano aconferire con quello signore e pensarese accadevaa rimedioportuni per la salute commune.


Vennonoa Vinegiae ricevuti molto onorevolmentee cosí per tutto elloro dominioritrassono parole ottime in generalima in particularenon potettono avere cosa alcuna per la quale si potessino assicuraredella mente loro; andoronne a Milanoe quivi consultato quello fussida farein capo di pochi giorni se ne vennono a Firenze E perchéquesti pericoli si disegnavano communi cosí al re Ferrandocome al duca e noisi contrasse una lega particulare fra queste trepotenzie a difesa degli statie si disegnorono gli apparati ches'avevano a fare per la salute di tutti. Ma riscaldandosi ogni dípiú questa mossa di Bartolomeo da Bergamoparendo alla cittàche e' signori collegati procedessino a' provvedimenti moltolentamentefu mandato messer Antonio Ridolfi a Napoli e messer LuigiGuicciardini a Milano a sollecitare si dessi colore a' disegni fattie si fece capitano di questa lega Federigo duca di Urbinoche subitocolle gente nostredi che era capitano el signore Ruberto daSanseverinosi ridusse in Romagna. Dove fra pochi dí elsignore Astore di Faenza soldato dalle legadétte la volta edaccordossi co' viniziani; Bologna ed Imola erano per la legaPeserope' vinizianiRimino piú tosto neutrale che in altro modoPartí Bartolomeo de' terreni de' viniziani circa allo aprile eprese la volta di Romagna per passare di quivi in Toscana e farepruova voltare lo stato di Firenze; ed in sua compagnia era messerAgnolo Acciaiuolimesser Dietisalvi e Niccolò Soderini. Ecome fu inteso l'avviarsi delle sue genteel duca Galeazzo preseanche egli con buone gente la volta di Romagna per congiugnersi colduca di Urbino; fra' quali era duemila cavalli a' soldi nostriperché di principio abondando al duca gentema mancandoglidanari da metterle tutte in ordinee la città non avendogente abastanza si soldò duemila cavalli di quegli di Milano ecosí si sopplí a' bisogni l'uno dell'altro. Venneancora in Romagna don Alfonso di Davoles condottiere del ree sicongiunse col duca di Urbinoin modo che el campo nostro stava incampagna a petto di Bartolomeo Coglione; e finalmentesendo venutoel duca Galeazzo in Firenzeed alloggiato in casa Piero di Cosimosi fece un bello fatto di arme alla Mulinellae benché non vifussi vittoria notabilepure el vantaggio fu della lega. E pochi dípoiingrossando el campo nostro per gente sopravenute del reameerala vittoria nelle mani; se non che el duca Galeazzofanciullescamentecredo per non avere danari da Firenze a suo modosi partí di campo con buona parte delle sue gente ed andossenea Milano. Di che sendo la cosa pareggiataognuno si voltò a'pensieri della quietee fatta tregua a disdettapochi dí poisi fermò questo tumulto; e Bartolomeo se ne tornò inquello de' vinizianicon effetto della impresa non conveniente allasua riputazione ed espettazione e' ebbe nel principio di lui.


TornatoBartolomeo in Lombardiala città si posò circa unoanno; di poi nel 1469 pretendendo papa Paulo che Riminoche eranelle mani di Ruberto Malatesta figliuolo bastardo del signoreGismondofussi devoluto alla sedia apostolica ed infestando Rubertocon editti e censure e preparandosi alle armela legadubitando chelui disperato non si gittassi nelle mani de' vinizianico' quali erain praticalo tolse a soldo e preselo in protezione contro aqualunque lo volessi offendere. Di che el papa forte sdegnatoedavendo da' viniziani promesse di favoreed anche credendo che lalega non avessi a essere unite alla difesamandò el campo aRimino. Fecesi gran consulta fra' signori collegati circa al mododella difesa; e finalmentenon sendo in molta unioneconchiusonoper allora mandare aiuti a Ruberto di qualità che nonlasciassino gli inimici espugnare la cittàe mandareimbasciadori a Roma a giustificarsi col papa di avere preso Rimino inprotezionenon per fare contro alla Chiesama perché nonvenissi in mano de' vinizianiusati a occupare le coseecclesiastiche; avere fatta la lega e presa la protezione perconservare la pace di Italiaed a questo effetto pregarlo fussicontento levare el campo da Ariminopromettendogli si troverrebbemodo a comporre poi queste differenzie e che Ruberto non mancherebbedelle debite reverenzie verso quella sediae quando non volessifarloprotestargli che per conservare la pace di Italia e la fededata a Rubertolo difenderebbono in tutti quegli modi fussepossibileoffendendo (etiam )in qualunque luogo chi offendeva lui.Mandò la città a questo effettoinsieme cogli oratoriducalia Roma messer Otto Niccolini ed Iacopo Guicciardinied inquesto mezzo strignendosi lo assedioel re fece passare el Tronto alduca di Calavria. acciò che don Alonso suo condottiere sipotessi sicuramente congiugnere col conte di Urbinoa chi questosoccorso era molto a cuore perché temeva la potenzia dellaChiesae cosí vi si spinse per la città el signoreRuberto e qualche gente pel ducama pocheché andava freddoa questa impresaed accostandosi l'uno esercito all'altrosi fecefinalmente fatto di armedove el conte di Urbino roppe el campodella chiesa.


Mostròel papa in pricipio buono animodi poi mancandogli sotto le promessee favori de' vinizianicominciò pure a volgersi alla pace; eperché nella lega non era unione per convenirsi in quellos'aveva a faresi fece una dieta a Firenzedove furono imbasciadoripel re e pel ducae finalmentenon si faccendo alcuna buonaconclusione e sendo disparere fra el duca e resi ridusse la praticadella pace a Napoli dove per la città andò messer OttoNiccolini. Furonvi e' trattati varie fu opinione che el re s'avessia collegare co' viniziani; ma finalmente doppo molte pratiche l'anno1470 si rinnovò la lega fra reduca e noicon certi capitolirisguardanti alla pace e lega generale di tutta Italiacome di sottosi dirà.


Innanzisi conchiudessi la pace e nell'anno 1469 di dicembremorí inFirenze Piero di Cosimo de' Medici; la morte del quale dolse assaialla città rispetto alla sua facile e clemente natura e tuttavolta al benecome massime mostrò la novità del 66nella quale non puní piú oltre che si patissi lanecessità e piú ancora che non era la voluntàsuacostretto da molti cittadini dello stato. Lasciò duefigliuoliLorenzo e Giulianode' quali Lorenzoche era elmaggioreera di età di anni venti o ventunoe benchémolti stimassino cosí nella città come fuorache lasua morte avessi a partorire rivoluzionenondimeno la sera morío vero la sera seguentesi ristrinsono in Santo Antonio piúdi seicento cittadiniel fiore della cittàe fecionoconclusione di mantenere e la unione e lo stato presente e conservaregrandi e' figliuoli di Piero; e cosí concorse tutta la cittàaffaticandosene massime messer Tommaso Soderini che aveva allora piúriputazione che altro cittadino e forse era el piú savio. Elquale però si persuase che per essere Lorenzo giovane ed averequasi a ricognoscere in tutto da luil'avessi a governare; il che dipoi non gli riuscí. E per dare riputazione allo stato emostrare la unione della cittàrichiedendolo anche e' tempiche correvano rispetto al non essere conclusa la pacesi ordinòe vinse prestamente in tutti e' consigli una provisione ditrecentomila ducati. e cosí in effetto si continuò lostato per successione in Lorenzo de' Mediciel quale lo governòinsino alla morte sua con quelle virtú e successi che di sottosi diranno.



III- PRIMI ANNI DEL GOVERNO Dl LORENZO DE' MEDICI (1474-1476).


Conclusesicome di sopranel 1470la lega fra 'l reduca e fiorentini con unocapitolo che ciascuna di queste tre potenzie avessi insieme a mandareimbasciadori al sommo pontefice a supplicarlo la benedissi e vientrassi drentoe cosí facessi una lega generale di tuttaItaliacon quelle condizioni si era fatta a tempo di papa Niccolanel 55; riservando però la lega particulare contratta aNapolialla quale per questa generale non s'avessi a pregiudicare inalcuno modo.


Lacagione di questo capitolo fuperché avendo el Gran turcotolto Negroponte e molti altri luoghi a' viniziani e continuandotuttavia con loro la guerrapareva al re Ferrando che lo stato suofussi in gravissimo pericolo per avere molti luoghi e marinene'quali el turco poteva facilmente fargli dannoe per questo rispettodesiderava assai congiugnersi e collegarsi co' vinizianiacciòche insieme potessino pensare e provedere a' pericoli communi; edarebbelo fatto da se medesimoma gli pareva che non concorrendo elduca e' fiorentini in questa coniunzionené e' viniziani nélui rimanessino in modo sicuri delle cose d'ltaliache potessinoattendere espeditamente alle cose del turco. Inoltre pensò cheristringendosi col duca e' fiorentini e poi faccendo lega generaleco' vinizianinon solo trarrebbe de' viniziani quello fruttodisegnavama eziandio sarebbe facile cosa in tanto suo pericolotrarre qualche sussidio da tutta Italia contro al turcoe peròsaviamente condusse questa lega particulareinserendovi nondimeno elpredetto capitulo della generale. E per dargli esecuzione mandoronocommunemente imbasciadori a Roma per praticare questa materiadoveper la città fu deputato messer Otto Niccolini e Pierfrancescode' Medicima pochi dí poimorendo messer Ottovi fumandato in suo luogo Iacopo Guicciardini.


Laconclusione di questa pratica ebbe in sé molte difficultàe passò con piú lunghezza di tempo non si stimavaperché la lega voleva a ogni modo si riservassi la suaparticulare ed el papa non lo negavama diceva volere si facessi inmodo vi fussi drento la conservazione dello onore suoed in ognimodo gli era propostofaceva difficultà; ed era la cagionevera che questa conclusione non gli piacevaperché gli parevasendo quietata Italia essere necessitato fare impresa contro alturcoil che faceva male volentieri per non spendere; dove non siconchiudendo questa legagli pareva avere scusa con dire fussi dibisogno prima pacificare Italia.


Dallaparte della lega era ancora difficultà nel duca di Milanochemale volentieri ci si conduceva; pure finalmente fu tanta la volontàdel re che si facessi questa conclusionee cosí de'vinizianiche el ducaper non rompere col reed el papa per nonrimanere solo in Italiavi condescesono. E cosí si concluseuna lega generale di tutta Italiacon riservazione della legaparticulare del re Ferrandoduca Galeazzo e fiorentini; ecominciossi a praticare di uno sussidio universale contra el turcofaccendone massime grandissima instanzia el re Ferrandoalla qualepraticaper essere Pierfrancesco tornato a Firenzerimase soloIacopo Guicciardini.


Macome avviene che quelle cose che si fanno a male in corpo per ognipiccola difficultà si impedisconocosí intervenne chenata differenzia nel distendere le scritture per certe parole chevolevono si aggiugnessino gli oratori ducalinon però dimolta importanzaed el papa non le consentivalo effetto fu che elduca non ratificò a questa lega; e benché laratificazione de' fiorentini fussi venutapure lo oratore loro nonsoscrisse le scritture e cosí el cancelliere suo che ne erarogato; perché cosí fu la intenzione di chi governava aFirenzeper non si spiccare dal ducanon però condeterminazione publicaper non dare tanto carico a chi aveva lostato; e cosí in effetto le cose rimasono pendente.


Inquesto tempo ed anno 1470Lorenzo de' Medici cominciò inFirenze a pigliare piede perché faccendosi gli accopiatoriche avevano a creare la signoriapel consiglio del Centolo statousava fare qualche intelligenzia particulare in compagnie di notteequi disegnare chi avessi a essere fattoe di poi con questo ordinein questo e negli altri magistratiandare nel consiglio del Centoel quale era solito a eseguire el disegno. Ma cominciando qualchevolta nel Cento a variare le elezione de' disegni datiLorenzo e gliamici suoi cominciorono a dubitare che non variassi un tratto negliaccopiatoridi che sarebbe facilmente seguita la alterazione dellostato. Di che fatto prima molti consigli in privatosi risolveronoche si dessi autorità per cinque anni alla signoria chesedessi di luglio e agostocheinsieme cogli accopiatori chesedevanofacessino gli accopiatori nuovi; e deliberato questosubito la signoriache ne era gonfaloniere messer Agnolo dellaStufasonato a collegio e a Cento e ragunatoglila mattina innanziuscissino dette perfezione a questa provisione. Di che lo stato siassicuròe Lorenzo ne acquistò grandissima riputazionee forze; in modo che cominciando a pigliare pièdetteprincipio a volere essere arbitro della città lui ed a non silasciare governare da altrima piú tosto avere cura non sifacessino troppo grandi messer Tommaso e gli altri che avevonoriputazione e seguito di parentado. E benché non mancassiloroe nelle legazione ed in tutti gli onori e primi magistratidella cittànondimeno gli riteneva indrietonon glilasciando qualche volta tirare le imprese facevanoe dando favore aquegli uomini de' quali non gli pareva potere temereper esserespogliati di parenti e creditocome fu in quel tempo uno messerBernardo Buongirolamiuno Antonio di Puccioe di poi qualche announo messer Agnolo Niccoliniuno Bernardo del Nerouno PierfilippoPandolfini e simili; usando (etiam )di dire che se suo padre avessifatto cosíe sforzati un poco messer Lucamesser Dietisalvimesser Agnolo Acciaiuoli e similinon sarebbe nel 66 ito a pericolodi perdere lo stato.


Sendosile cose di Italia un poco quietateseguitò la morte di papaPaoloin luogo di chi fu eletto Francesco cardinale di San Pietro inVincula di nazione saonesee che era uno de' frati minori e di poigenerale di quello ordinee fu ordinato tostoel quale sendo elettodi poconacque nova alterazione nel dominio nostro. E questo èche sendo in quello di Volterra le allumiere che erano del commune diVolterrao desiderando Lorenzo di ottenerle per séerinculando e' volterraniLorenzoparendogli che se la impresa nonriuscivaintaccare la sua riputazionee però deliberato diaverne onorecominciò a strignergli in modo chebenchéio non sappia bene a punto el particulare lorosi sdegnarono e natoombra e sospettoe loro non essendo ubbidienti in tutto allasignoriafinalmente lo effetto fu che nel 1472 e' volterranipresele arme e cominciato a non ubbidire a' rettori nostrisiribellorono.


AFirenze fu dubio assai che o e' viniziani o el re Ferrandoall'uno el'altro di chi ed (etiam )quasi a tutta Italiaeccetto che al ducaGaleazzoe' volterrani avevano mandati imbasciadori a darsinontenessino acceso questo fuoco; e fecesi risoluzione vedere dispegnerlo con ogni forza e prestezza. E però si dette intornoa questa guerra la balía a venti cittadinie' primi dellacittà; e' qualisopravenendo poi massime avisi che non soloel ducama (etiam )el re ed el papa erano vòlti a dare ognifavore perché questo incendio si quietassimandorono percommessario generale Iacopo Guicciardinicheunita la gente nostraattendessi a recuperare el contadotanto che ne venissi el duca diUrbino eletto capitano per questa impresaper chi avevano mandato aUrbino messer Bongianni Gianfigliazzi.


Riebbesiel contado in uno subito e sanza colpo di spadae poco di poisopravenne el ducaed a messer Bongianni fu comandato restassi incampo commessario insieme con Iacopo; e sanza dilazione di tempo simesse campo alla cittàmettendo el duca di Urbino ogniindustria e adoperando ogni virtú militare per espugnarla. Diche e' volterrani vedendosi stretti e sanza speranza di soccorso difuora ed in effetto sanza alcuno rimediosi arrenderonosalvol'avere e le persone. Ma nello pigliare la possessione della terranacque tanto tumulto per operacome si crededel duca di Urbinoche sanza riparo alcuno la città andò a saccobenchée' commessari usassino ogni possibile diligenzia che questo nonseguissie molto dispiacessi alla città nostrala qualedesiderava riavere quella terra intera e ricca come era innanzi allaribellione. Fu bene opinione di molti e massime de' volterrani chequesto fussi stato per ordine publico; nondimeno è falso e nonpotette la città perturbarsi piú di tale accidente.


Seguitòl'anno 1474 nel quale si fece nuove congiunzione e intelligenzie inItalia; perché essendo papa Sisto molto amico del re Ferrandoed eziandio el conte di Urbino sendosi dato in anima e corpo al reelui con questi mezzi e favori volessi essere arbitro di Italiasdegnandosene el duca di Milano e gli altri potentatisi contrasseuna lega a difesa degli stati fra 'l duca viniziani e fiorentini;dove di poi entrònon come aderente e nominatoma comeprincipaleErcole duca di Ferrara. E cominciò el duca aristrignersi ed intendersi molto con viniziani e fare segnigrandissimi di amore e benivolenziafaccendo onori supremi agliimbasciadori lorocedendo loro la precedenziadi che a Roma ed intutti e' luoghi di Italia avevano gli oratori loro avuto infinitevolte questionedando loro sussidi nella guerra avevano contro alturco; e cosí ebbono dalla città l'anno 1475 ducatiquindicimila in dono per armarne galee.


Alpapa ed al re dispiacque assai questa lega; e però lui ed elduca di Urbino vennono personalmente a Romasolo per pensare modi dainterrompere questa unione; e feciono risoluzione che el vero modofussi che el papa praticassi una lega generale di tutta Italia ne'modi si era fatto a tempo di Niccola e poi di Paolomostrando farloper volere pensare alla difesa della religione contro al turco. E fula opinione loro che e' viniziani l'avessino a accettare facilmenteper trarre sussidi contro a' turchida' quali erano moltooppressatie stando questose el duca ed e' fiorentini non civolessino concorreresarebbe rotta la unione loro; concorrendoci colfare questa lega generale sarebbe dissolute la particulare.


Fucognosciuta da' signori collegati questa arte; e peròmandando imbasciadori unitamente a Roma con ordine non si separassinomai l'uno dall'altroma che intervenissino a ogni pratica edaudienzia o col papa o alcuno cardinalecommunemente si rispondessiessere contenti di fare la lega generale con riservo nondimeno dellaparticulare. La quale risposta non piacendo al papa e resi roppequesta pratica e pochi mesi poi si rappiccòtendendo el papae re pure al fine di rompere la particulare. El quale disegnodiventava loro ogni dí piú facileper avere e'viniziani uno ardentissimo desiderio che e' principi cristianiconcorressino alla impresa contro al turcoe d'altra parte sendo elduca di Milano molto alienoperché gli parevastando e'viniziani in guerraavere da non temere di lorodovequandofussino in pacenon gli pareva essere cosí sicuro del suostato. Di che fra e' viniziani ed el duca cominciò a nascerequalche ombrain modo che el duca fu talvolta in disposizioneed(etiam )ne tenne praticadi riunirsi e collegarsi col re; la qualcosa non messe però a effettoforse presentendo che la cittànon vi sarebbe concorsaper dispiacergli volubilità emutazione tanto spesse.


Seguitòdi poi per principio di cose e movimenti grandissimi la morte delduca Galeazzoel quale nel 1476 a dí 26 di dicembreel dídi santo Stefanofu morto in Milano da Giovanni Andrea daLampognano; e perché era rimasto di lui uno piccolo figliuolochiamato Giovan Galeazzosi dubitò assai che e' popolisudditi non facessino qualche movimentoil che sarebbe dispiaciutoassai alla cittàrispetto alla amicizia e congiunzione tenutatanto tempo con quella casae per la sicurtà e riputazione netraeva lo stato nostro in ogni occorrenzia. Furono adunche subitodeputati imbasciadori a Milano messer Tommaso Soderini e messer LuigiGuicciardinie' qualiandati con somma prestezzatrovorono le cosein buona disposizione e si adoperorono assai a confermarle edassicurarle per la via buona. E lo effetto fu che lo stato rimase amadonna Bonastate moglie del duca Galeazzoche lo conservassi eguardassi pel figliuolo; e volsesi el governo di tutto alle mani dimesser Cecco Simonettael quale sendo di Calavriadi vilecondizioneera stato cancelliere e secretario del duca Francescoingran contoe di poi in somma riputazione apresso el duca Galeazzoed ultimamente gli dette la fortunesotto madonna Bonalibera edassoluta potestà ed amministrazione di tutto quello dominio.Fecesi alcuno appuntamento tra madonna e monsignor Ascanio cardinalee Lodovico Sforza duca di Barifratelli del duca Galeazzo; edassettate queste coseparendo fussi superfluo tenervi due oratorifu messer Lulgi rivocato a Firenzee messer Tommaso rimase in quellalegazioneonorevolissima per la coniunzione era tra l'uno e l'altrostatoe (consequenter )per la fede potenzia ed autorità viaveva uno imbasciadore fiorentinoe massime qualificato come lui.


Seguitòpoi tumulto in quello statoperché el signor Lodovico emonsignore Ascanio cercavano cose nuove per applicarsi quellogovernoe con loro si intendeva el signore Ruberto da Sanseverino;di che venuti in sospetto lo effetto fu che el signore Lodovico fuconfinato a PisaAscanio a Romaed el signore Ruberto cacciato dalterritorio. Il che si fece con consenso e participazione della cittàe stato nostro che non cercava altro che la conservazione di quellodominio ne' figliuoli del duca Galeazzo e favoriva el governo inmadonna Bona e l'autorità in messer Cecco. E se la cittànostra si fussi mantenuta in pace e quietesanza dubio si conservavama e' movimenti della città nostra de' quali ora si diràfurono cagione di molte alterazionidissensioni e movimenti in tuttaItalia.


Inquesto tempo essendo morto uno marchese Spinettasignore diFivizzano e di molte altre castellasanza erediquegli uomini sidettono a' fiorentinie vi furono mandati a pigliarne la possessioneed ordinare quello statoche era di importanza perchéassicurava le cose nostre da quella banda messer Antonio Ridolfi edIacopo Guicciardini.




IV- LA CONGIURA DEI PAZZI (1478).


Lacittà di Firenzecome di sopra si è dettoeragovernata per le mani di Lorenzo de' Medicie lui era capo dellostato; el qualebenché apresso di sé avessi un numerodi cittadini nobili e prudenti ne' quali si distribuivano gli onoridella città e si trattavano le cose di importanzanondimenoin molte cose seguitava solo el suo consiglio e parere contro allavoluntà degli altri e teneva precipua cura che nella cittànon si facessi alcuno sí potente che lui avessi cagione datemerne.


Eraallora in Firenze la famiglia de' Pazzi ricchissima piú chealcuna altra della cittàed aveva trafichi in molti luoghidel mondo e di qui era in grande riputazione in molte parte di Italiae fuori di Italia; era nobile nella città e con parentadogrande ed uomini molto magnifichi e liberalie nondimeno non avevanomai in alcuno tempo avuto molto statoper essere tenuti tropposuperbi ed altierila quale cosa gli uomini in una cittàlibera non possono comportare; pure la nobilitàel parentadole ricchezze ed el distribuirle largamentefaceva loro credito edamici assai. Capo di questa casa era messer Iacopo uomo d'assairiputato e tutto da benese si gli fussi levato el vizio di giucaree bestemmiare; era sanza figliuolie per questo rispetto tanto piútutta la casa concorreva a lui per valersene ed in vita e doppo lamorte. Aveva molti nipotifra' quali unofigliuolo di messer Pierosuo fratellosi chiamava Renatotenuto uomo savio e di piúcervello che alcuno che fussi in casaefuora del solito dellafamigliabenvoluto dal popolo. Un altro chiamato Guglielmofigliuolo di Antonioaveva per donna una figliuola di Piero diCosimoe cosí veniva a essere cognato di Lorenzo; un altro vierachiamato Francescopure figliuolo di Antonioquale era sanzadonnauomo molto inquieto animoso ed ambiziosostavasi a Roma elpiú del tempo e teneva amicizia grandissima con quegli prelatie massime col conte Girolamonipote di papa Sisto ed a chi el papaaveva dato Imola e Furlí.


Parevaa Lorenzo de' Medici che questa casa fussi troppo grande e cheognifavore che si gli dessicrescerebbe tanto che sarebbe pericolosaallo stato suo; e però negli onori e magistrati della cittàgli teneva adrieto né dava loro quello grado si sarebbeconvenuto. Cominciorono di qui a gonfiare gli animia scoprirsi gliodi e le emulazionea crescere e' sospettie tanto piúquantosendo Lorenzo malvoluto da papa Sisto e dal conte Girolamogli vedeva essere favoriti dall'uno e l'altro. Il che era natoperché quando Sisto fu fatto papaavendosi a vendere ImolaLorenzodesideroso che la città comperassi Imola econsiderando che per essere el papa nuovo nello statonon avevadanari da comperarla se non ne fussi servito o da sé che erasuo depositarioo da' Pazzi che erano sua tesorierigli pregònon lo servissino di danariacciò che non la potendocomperare el papaImola venissi nelle mani nostre. Loro lopromessonoe poco di poi servirono el papa per questa compera diducati trentamila e rivelorono a lui ed al conte Girolamo larichiesta fatta loro da Lorenzo; di che el papa sdegnatogli tolsela depositeria che gli era di grande utilitàe Lorenzo sidolse assai de' Pazzie caricògliavendo presa onestacheper opera loro la città non avessi avuto Imola. Ed in effettoaugmentandosi ogni di piú questo umore malignoe Lorenzopensando continuamente che non crescessi in loro ricchezza ograndezzafece nel 76 fare una legge disponente delle eredità(ab intestato)per vigore della quale e' furono privati di unaeredità d'una donna de' Borromei chesecondo lainterpretazione di una legge antiquaaparteneva loro.


Concepéronnedi questo e' Pazzi grandissimo sdegno; in modo che Francescoqualeper essere di statura piccola si chiamava volgarmente Franceschinoche quasi del continuo stava a Romacominciò a tenere praticacol conte Girolamo di tôrre lo stato a Lorenzopersuadendo elconte chesendo Lorenzo suo inimicissimocome fussi morto papaSistolo perseguiterebbe tanto gli tòrrebbe lo stato diRomagna. Aggiunsesi a questo trattato messer Francesco Salviatiarcivescovo di Pisael qualequando era (in minoribus) sendo vacatolo arcivescovado fiorentino l'arebbe ottenuto con favore delponteficese non che Lorenzo colla autorità publica si glioppose e fu cagione fussi dato a messer Rinaldo Orsini cognato suoedi poi vacando quello di Pisa ed avendolo impetrato dal papaedispiacendo a Lorenzopenò tempo assai innanzi ne potessiconseguire la possessionee per questa offesa era inimicissimo aLorenzo.


Costoropraticando insieme e' modi a fare tale effettosi risolverono che elmuovere guerra alla città non fussi a proposito per esserecosa lunga pericolosa ed incertaed inoltre perché nonmancherebbe alla città lo aiuto di qualche potentato diItalia; ma che era una via soladi amazzare Lorenzoil che parevafacileperché lui andava solo disarmato e sanza sospettoalcuno di simile insulto; e massime sperando chemorto Lorenzononmancherebbe loro favoriperché oltre al parentado e potenzialorocredevano che el popolopel desiderio e speranza della anticalibertàgli avessi a seguitare. Faceva in questa conclusionedifficultà Giuliano fratello di Lorenzo perché aamazzarlo insieme con Lorenzo era tanto piú difficileerimanendo lui non era fatto nullaperché gli era bene volutodal popoloed inoltre perché avendo e' cittadini dello statoun capo a chi ricorreresi pensava piglierebbono le arme eseguirebbenlo. Conchiusono adunche aspettare tanto che uno di lorofussi fuora della cittàe tanto piú quanto credettonoavessi a essere presto perché era voce che Giuliano toglievaper donna una figliuola del signore di Piombinoe pareva ragionevolechetogliendoladovessi andare a Piombino a vederla. Di poinonsuccedendo questo parentadostettono in espettazione che Lorenzocome aveva dato intenzionedovessi andare a Romacon disegno mentreera in Roma di amazzare Giulianoe che Lorenzo fussi ritenuto.Risolvendosi anche di poi questa speranzae dubitando che per esserela pratica in bocca di molti non venissi a luceconchiusono esserenecessario non aspettare piú e amazzargli tutt'a dua col modoed ordine che di sotto si dirà.


Concorrevain questo trattato non solo el contema eziandio la santitàdel papa ne era conscia e lo desideravabenché per rispettodello onore suo faceva menare el trattato al conte Girolamo.Concorrevaci eziandio el re Ferrandoqualesendo confidatissimo edin grande intelligenzia col ponteficesi era sdegnato che lo statodi Firenze si fussi aderito e collegato con Vinegia e Milanoe sipersuadevamettendo uno stato nuovo in Firenze aversi a valere diquella città a modo suoe di poi rispetto alla potenzia edautorità suaa quello si poteva promettere del papaallaoportunità di questa republicaavere a essere quasi arbitrodi tutta Italiavedendo massime morto el duca Galeazzoquale sefussi stato vivonon sarebbe al re entrato in questi farnetichi.Concorrevaci Federigo duca di Urbinoper essersi molti anni innanziinteramente dato e dedicato al reaggiugnevasi la oportunitàdi Città di Castellodi che sotto governo della Chiesa eracapo messer Lorenzo Iustini da Castelloconscio e fautore di questapratica ed inimico di Lorenzoper avere lui sempre favorito messerNicolò Vitelli da Castello suo avversario.


Questitanti favori non solo accesono l'arcivescovo e Franceschinouominianimosi ed inquietima eziandio lo persuasono a messer Iacopoelquale ci era stato un pezzo freddo e renitentenon perché nonavessi odio grande verso Lorenzoma perché piúmaturamente considerava quanto la cosa fussi pericolosa e difficile equanto bello stato e ricchezza e' mettessi in sul tavoliere.


Risolvendosiadunche mettere a effetto el loro pensieroed essendosene loarcivescovosecondo lo ordineito a PisaFranceschino a FirenzeGiovan Francesco da Tollentino se ne andò in Romagna nellostato del contee messer Lorenzo ne andò a Castellociascunodi loro due con ordine di venirne el dí deputato con cavalli efanterie verso Firenze.


Fattiquesti preparamenti secondo e' disegni loropartí da Pisad'aprile 1478 el cardinale di San Giorgiofratello o vero nipote delconte Girolamoche vi era a studionon conscio per la età diquesto trattatoe sotto nome di andare a Romavenne a alloggiare aMontughi al luogo di messer Iacopo de' Pazzidi poiinnanzi cheentrassi in Firenzesendo convitato da Lorenzoandò aFiesole a desinare al luogo suoe fu el consiglio de' congiuratidare quivi effetto a tanta operama non eseguirnorispetto cheGiulianosentendosi indispostonon vi venne. Differirono aduncheper [farla] a Firenzedove entrato el cardinaleed avendo ladomenica mattina a dí... a desinare con Lorenzoparve loronon fussi tempo farla in casa di Lorenzodubitando che Giuliano nonvi mangierebbee presono partito per la mattina alla messain SantaLiperatache si ordinava cantare solennee dove non facevono dubios'aveva a trovare Lorenzo e Giuliano.


Venneadunche el cardinale alla messaaccompagnato dall'arcivescovoSalviatoda Giovanni Batista da Montesecco condottiere del conte eche era quivi per quella operae da molti peruginitutti venuti aquello effettoe come el prete che cantava la messa si communicòsubitocome era dato lo ordine ed el segnoFranceschino de' Pazziche andava per chiesa a braccia con Giulianol'assaltò edamazzollo. Da altro canto un ser Stefano cancelliere di messer Iacopocon alcuni altri furno adosso a Lorenzo e non bastando lorointeramente l'animo lo ferirono in sulla spallalui si cominciòa discostare etratto fuori un pugnalea difendersieconcorrendovi brigatacominciò a ridursi in salvoed inquello furore fu morto Francesco Nori che era seco; finalmenteLorenzocon aiuto di chi era a torno e de' pretifu condotto vivoin sagrestia echiusa la portaguardato non potessi essere morto.


Mentreche queste cose si facevano in chiesal'arcivescovoche pocoinnanzi si era partito accompagnato da molti parenti ed amici de'quali la piú parte non sapeva nullaed alcuni sui fidati eperuginiera ito in palagio per occuparlosotto colore di volerevisitare la signoria; messer Iacopo era in casa a ordine per montarea cavallo ecorrendo per la cittàgridare «libertà»per sollevare el popolo. Non successe in palagio el disegno alloarcivescovo; anzivolendo fare violenziafu ributtato e rinchiusesiin certe stanze che vi sonoda se medesimodi che la signoriaveduto questo tumultofece serrare le porte del palagiocon animodi guardarlo e difenderlo da ciascuno. Sopravenne intanto messerIacopoe vedendo la porta chiusa volle sforzare el palagio; ma fuributtato da' sassi che erano gittati da e' ballatoi.


Erain questo mezzo corso el romore per la cittàe benchéin quel principio ognuno fussi spaventatopure intendendosi Lorenzoessere vivo ed el palagio essere assaltato e difendersigli amicidello stato ripresono vigore e prese le arme parte ne andò asoccorso del palagioparte in Santa Liperata a cavarne Lorenzo econducerlo vivo a casa. El popolo ancora parendogli lo amazzareGiulianoche aveva benivolenziastato uno atto molto brutto econtra ogni civiltàmassime in chiesa in dí solenne; evedendo el palagio per quella partee la vittoria aviarsi di làe parendo che el volere occupare el palagio fussi un volere occuparela libertàcominciorno a correre per la terragridando«palle palle»ché tal segno ha l'arme de' Medici;in modo che sendo el concorso universale per Lorenzomesser Iacoposi fuggí fuora di Firenze e gli amici di Lorenzo insignoritidello stato cominciorno a usare la vittoria.


Fupreso lo arcivescovochecome dissiera rinchiuso in palagioesubito fu impiccato alle finestre del bargello; fu impiccato con luiIacopo suo fratelloconsapevole di ogni cosafu impiccato un altroIacopo Salviatiel quale era stato piú anni inimico delloarcivescovoe di poi riconciliatosinon sapendo nullaper la suamala sorte l'aveva la mattina accompagnato in palagio; furonoimpiccati tutti quegli perugini ed armati erano seco ed in tantaconfusione e furore alcuni (etiam )innocenti. Fu preso Franceschinoche sendosi per la furia ferito da se medesimo in uno calcagno e perònon avendo potuto fuggirsisi era ridotto in casadonde sendocavato e condotto in palagiofu subito al luogo degli altriimpiccatofu preso el cardinale in Santa Liperatae per la furia erabbia del popolo a pena vi fu condutto salvo; fu preso GiovanBatista da Montesecco; furono impiccati el dí piú dicinquantané credo mai Firenze vedessi un dí di tantotravaglio. El dí sequente messer Iacopoche si era fuggitonon sendo ancora fuora del territorio nostro fu preso ed esaminato fuimpiccato. Confessò che poi si era fatta la legge sopra leereditàaveva sempre avuto in animo farne simile vendetta;dicono ancora disse che oltre agli altri favori e fondamenti in su'quali aveva preso animo ed appoggiatosiera stata la buona sorte diFranceschinoin che molto si confidavae gli fu risposto per messerBongianni Gianfigliazziche era degli esaminatoriche doveva piúsbigottirsi per la sorte ottima di Lorenzo. Renato fu (etiam)impiccato el dí medesimo.


Costuiprevedendo molto innanzi quale fussi la intenzione di messer Iacopo edegli altri contro a Lorenzogli aveva confortati avessino pazienziae lasciassino fare al tempoperché Lorenzo nelle mercatantieera in tanto disordine che in pochi anni bisognava fallissieperduto le ricchezze ed el credito era perduto lo statodicendo:«diangli a cambio e' danari vuoleperché questibenchécon qualche nostra perditalo aiuteranno fallire piú presto».Finalmente non giovando le sue parolee presentendo per coniettureperché da lui si guardavanoquello ordinassino di fareeraper non vi si trovareitosene in villafu preso quivi e impiccato.Nocegli lo essere tenuto savio ed avere credito e benivolenzia nelpopoloperché però parve utile a chi aveva lo statolevarselo dinanzi.


GiovanBatista da Montesecco fu tenuto parecchi giorni preso; esaminatodiligentementeconfessò essere venuto a Firenze percomandamento del conte suo padrone ed avere preso el carico diamazzare Lorenzo; e nondimeno quando si prese lo ordine per in SantaLiperataessergli venuto orrore rispetto al luogoe ricusato farlodi che nacque la salute di Lorenzoperché se lui pigliava lacurasendo uomo valente animoso ed esercitato lo amazzavafuglitagliato el capo. Fu el cardinale sostenuto molti dí per avereuna sicurtà in manoacciò che el papa non facessivillania a' mercatanti nostri erano in Roma; finalmente assicurataquesta partefu licenziato e accompagnato onorevolmente. Fuggironoser Stefano e Bernardo Bandiniche tutt'a dua avevono assaltatoLorenzoe per piú sicurtà Bernardo ne andò inTurchiadonde l'anno seguente lo cavò Lorenzoe condotto aFirenze fu impiccato. Fu preso Guglielmo e rispetto al parentado eprieghi della moglie sorella di Lorenzofu liberato e mandato a'confini. Furono presi Giovanni fratello di GuglielmoAndreaNiccolòe Galeotto fratelli di Renatotutti innocentie furono confinati inperpetuo nelle carcere di Volterra. Fu confiscata la roba di tuttilevate le arme per la cittàordinato che alcuni rimasono diquella famiglia mutassinomassime nelle cose del palagioel nomefatto decreto che le figliuole e sorelle de' morti e confinati non sipotessino per alcuno tempo maritare. El quale decreto fu parecchianni poi levato viae quegli incarcerati a Volterra furono confinatiin perpetuo del territorio e cavati di carcere.


Questotumulto fu di pericolo assai a Lorenzo di perdere e lo stato e lavitama gli dette tanta riputazione ed utilitàche quello dísi può chiamare per lui felicissimo: morígli Giulianosuo fratellocol quale arebbe avuta a dividere la roba e lo statomesso in contesa; furongli levati via gloriosamente e coi bracciopublico gli inimici sua e quanta ombra e sospetto aveva nella città;el popolo prese le arme per lui edubitando della vitacorse a casagridando volere vederloe lui si fece alle finestre con grandegaudio di tuttie finalmente in quello giorno lo ricognobbe padronedella città; fugli dato per privilegio dal publico potessi persicurtà della sua vita menare quanti famigli armati volevadrietoed in effetto si insignorí in modo dello statoche(in futurum )rimase liberamente ed interamente arbitro e quasisignore della cittàe quella potenzia che insino a quello díera stata in lui grande ma sospettosadiventò grandissima esicura. E questo è el fine delle divisione e discordie civile:lo esterminio di una parteel capo dell'altra diventa signore dellacittàe' fautori ed aderenti suadi compagni quasi sudditiel popolo e lo universale ne rimane schiavovanne lo stato pereredità e spesse volte di uno savio viene in uno pazzochepoi dà l'ultimo tuffo alla città.




V- GUERRA DI SISTO IV E DI FERDINANDO D'ARAGONA CONTRO FIRENZE (1479).


Diquesta novità di Firenze e pericolo dello stato nacque allacittà una guerra gravissimaperché el re Ferrando epapa Sistoconsiderando quanta offesa avessino fatta a chi aveva elgoverno della cittàe che mai piú vi potrebbe esserefede o amiciziadeliberorono apertamente e colla forza di fuora farepruova di quello che aveano tentato occultamente e colle arme civilee per dare qualche principio iuridico alla impresa loroel papaescomunicò Lorenzo ed interdisse la città per avereimpiccato lo arcivescovo di Pisa e sostenuto el cardinale di SanGiorgio. Fu per parte della città risposto gagliardamente aquesta ingiuriamandando in publico lettere a tutti e' principicristiani in giustificazione loro e carico del papafacendo (etiam)consigliare a tutti e' primi dottori di Italia che (de iure )questointerdetto era nullo e non valeva. Finalmente venendosi dalle censuree guerra spirituale alle arme e guerra temporaleel papa e recondotto per capitanoa spesa communeFederigo duca di Urbinoefatto intelligenzia co' sanesi'mandorono le gente loro per la viadi Siena a' danni nostri. Fu in questo esercito ancora Alfonso ducadi Calavriaprimogenito del re ed apresso a lui ed el duca Federigoera la cura del tutto. Dall'altra banda e' viniziani e lo stato diMilanosecondo gli oblighi della legamandorno gente di arme efanterie in favore de' fiorentinima non quello numero sarebbe sutonecessarioin modo che trovandosi superiore di forze lo esercitoinimicoel nostro non potendogli stare a petto alla campagnasiridusse in sul Poggio Imperialesendo commessari generali messerLuigi ed Iacopo Guicciardini. E non andavano le cose beneperchémancando un capitano generale che fussi condotto da tutta la legalegente de' collegati non erano in quella ubidienzia che bisognava; diche lo esercito inimicooltre allo essere superiore di forzeandavasanza rispetto campeggiando e' luoghi gli pareva.


Presonoadunche RaddaRencineBrolioCacchiano e la Castellinadovestettono a campo ventinove dí.


Eravenuto in questo mezzo in campocapitano di tutta la lega Ercoleduca di Ferrarael quale peròper non essere pari agliinimici di gentenon scese del Poggioma molestava e' sanesi conprede e scorrerietenendo sempre fermo gli alloggiamenti in sulPoggioper essere quello sito fortissimoed un freno agli inimicichepoi che ebbono espugnati e' primi luoghi in sulle frontierenonardissino distendersi piú verso e' luoghi vicini alla città.Di che gli inimiciper non perdere tempovolsono alla fine delloanno lo esercito verso la Valdichiana ed accamporonsi al Monte a SanSovino. Dette questa cosa alterazione grande alla cittàperessere el Monte luogo di importanza per la qualità delcastello e per la oportunità alle altre terre del paese; eperò si fece risoluzione si soccorressi in ogni modoe subitofu mandato in quella parte commessario messer BongianniGianfigliazziacciò che insieme col conte di Pitiglianodisegnassino e' modi necessari e gli alloggiamenti oportuni a questosoccorso. Ed in questo mezzo si scrisse nel campo nostro (el qualerimasto per la partita degli inimici superiore da quella bandaavevafatte grande prede in sul sanese e presi alcuni luoghi di non moltaimportanza) che el capitano insieme con Iacopo Guicciardinilasciatele gente bastavano per guardia del paesesi transferissino allavolta del Monte ed agli alloggiamenti che si disegnassino pel contedi Pitigliano e per messer Bongianni. Volsonsi a quella volta e doppomolte dispute e dispareri alloggiorono presso al campo inimico; dovesendosi fece tregua per alcuni giorni. La quale fu accettata da'nostriperché sendo nello autunno pareva loro utile ognitempo si togliessi agli inimicisendosi allo stremo dello anno; fuaccettata da loroperchésendo la natura del duca di Urbinofare le cose sue piú sicuramente potevasi volle fortificareda una banda donde dubitava potere essere offesoe la quale perònon era stata prevista da' nostri. Finalmentespirata la trieguagli uomini del Monte si dettono loro spontaneamentebenché dapar loro si fussino potuti tenere alcuni díed inoltreavessino la speranza propinqua del soccorso ed el tempo di natura dacredere che el campo fussi necessitato a levarsene presto.


Questaperdita del Monte sbigottí ed alterò assai l'universaledella cittàperché fu contro la opinione communeriputandosi che quel luogo fussi forte ed eziandio molto fedele edebbonne el capitano e commessari e le gente nostre gran biasimoedimputatine di viltàcome se non fussi bastato loro lo animo asoccorrerlo e di qui gli uomini del Monteprivati di speranza delsoccorsosi fussino dati. Nondimeno pe' piú savi si ritrasseessere stata malignità di parecchi capi della terrae' qualia poco a poco avevano persuaso la moltitudineche da sénaturalmente era inclinata alla divozione nostra e cosí che legente nostre meritavano scusaperché non potevano avere afare con gli inimicise non con gran disavantaggio.


Nelmedesimo tempo fu in Firenze un poco di disordine causato dagli ottodella balía. Quello magistrato ne' tempi passati era statocreato con grandissima autorità nelle cose criminalisottoposta pure nel giudicarebenché non nel procederealleleggi e statuti della cittàe con potestà libera edassoluta e fuora di ogni leggene' peccati concernenti lo stato; efu invenzione di chi si trovava nelle mani el reggimentoper avereun bastone a loro postacol quale potessino stiacciare el capo a chivolessi malignare ed alterare el governo. E benché la originesua nascessi da violenzia e tirannideriuscí nondimeno unordine molto salutifero; perché come sa chi è praticonella terrase el timore di questo magistratoche nasce dallaprontezza del trovare e' delitti e giudicarglinon raffrenassi glianimi cattivi a Firenze non si potrebbe vivere; e cosí comedetto ufficio fu pienissimo circa alle cose criminaligli fuproibito per espresso non potessi impacciarsi nel civile. El qualeordine non si osservò interamenteperché a poco a pocoper spezialità di chi era nell'ufficio e pe' mezzi e favoridegli uomini che vi venivano vi si cominciò a introdurre molticasi civilichamandogliper qualche ragione indirettacriminalila qual cosa sendo molto trascorsaparve a Lorenzo di correggerlaeperò si fece una riforma che dichiarò e distinse molticasine' quali gli otto non potessino cognoscere. E perché lafu ordinata da Gismondo dalla Stufa che allora si trovava degli ottofu chiamata la gismondina; e sendosi osservata per qualche uficiogli otto che si trovorono in questo temponon piacendo loroun dísubito sanza conferirne o con magistrati o con chi governava lacittàla stracciorono ed arsono. La qual cosa parendo fussiun toccare lo stato avendolo fatto di loro propria autoritàemassime ne' tempi che correvanodispiacque a chi reggevae subitofurono cassi dello uficio e fatti altri in loro scambio. Né fufatta loro altra punizioneperché si ritrasse non era statamalignità contro al governoma piú tosto leggerezza;ed essere stati messi su da' cancellieri dello uficioa' qualipiaceva vi si cognoscessi di ogni casoperché si valevanopiú; e si riconfermò la gismondinabenché ogginon si osservie quietossi la cosa.


Gliinimicipreso el Montese ne andorno alle stanze; ed in Firenzepensandosi all'anno sequentesi attese a pensare e' preparamenti pertempo nuovoed a questo effetto ristrignersi co' collegatimostrando loro e' nostri pericoli e strignendogli a' soccorsi. Fuperò mandato a Vinegia oratore messer Tommaso Soderini ed aMilano si trovava Girolamo Morelli; e' quali molte volte discorsono emostrorno come gli eserciti che noi avevamo avuti fra nostri e lorola state passatanon erano bastanti stare in campagna ed a pettoagli inimicie però non si faccendo maggiore sforzoche lorocontinuamente si insignorirebbono de' luoghi nostri edindebolirebbonci in modo che noi saremo constretti pigliare con grandisavantaggio nostro e di tutta la lega qualche partito con lorobenché la intenzione nostra fussi prima morire che abandonarela lega e mancare della fede nostraessere necessariose civolevano conservare lo stato secondo gli oblighi mandare aiuti piúgagliardi e fare altri disegni che l'anno passato. Soggiunsono di poichequando bene ci mandassino l'esercito che fussi per resistereagli inimici ad essere loro mai nondimeno non bastare per la salutenostraperché e' danni che si facevano cosí da'soldati nostri come dagli inimici a' nostri cittadini e sudditi eranotanto grandi e sí innumerabili che continuandosi piútempo era impossibile a reggerliavendo massime tanto peso d'averecolle borse private a sostenere tutte le spese ed incarichi dellaguerra; consumarsi a poco a poco questo corpo ed in modo diminuirsichenon si rilevandocadrebbe da se medesimola vera ed unicamedicina di questo male essere che fra noi ed e' nostri collegati sifacessi tanta forza che si potessi cacciare gli inimici di su' nostriterreni e perseguitargli in ogni luogo e fare la guerra potentementea casa loro.


Questidiscorsi e ragione introdussono in pratica molti modi da fare questoeffettoe disegnossi due modi: uno di fare armata per mare e conessa infestare le marine del re Ferrandoe cosí divertire laguerra in Toscanal'altra chiamare in Italia angioini e voltarglialla impresa di Napoli.


Finalmentedolendo la spesa a' collegatinon se ne fece la conclusione sidovevama si deliberò per difesa nostra in questa forma:condussesi a' soldi nostri per capitano nostro Ruberto Malatestasignore di Riminoe si disegnò con lui fare uno campo inquello di Perugia per levare quella città dalla divozionedella Chiesa e di poi potere ferire negli altri luoghi nello statodel papa; e per fare questa impresa piú riuscibilesi disegnòper questo campo el conte Carlo del Montonesperando che lariputazione la benivolenzia e parte aveva in Perugial'avessifacilmente a fare ribellaredalla parte di Siena e verso el campoinimico fu disegnato el duca di Ferrara capitano generale di tutta lalegaed el marchese di Mantova capitano dello stato di Milano.Furono (etiam )in qualche speranza d'avere aiuti dal re di Franciaal quale sendosi mandati imbasciadori da tutta la legache vi andòper la nostra città messer Guidantonio Vespucci a fare quereladel pontefice e tentarlo volessi insieme cogli altri principichiamare il papa a concilio e cosí richiederlo di aiuti per ladifesa nostraaveva quel re piú volte promesso mandare buononumero di gente d'arme in Italiaed in effetto ogni cosa fu vana senon che con lettere e con ambasciadori al ponteficecon minacci eprotesti favorí assai la causa nostra.


Disegnatil'anno 1479 questi apparatie venendone el tempo nuovo daesercitargliel signore Ruberto da Sanseverino fuoruscito dellostato di Milanocon gente e favori del re scorse di quello di Genovainsino in sulle porte di Pisa; la quale cittàper nonaspettare la guerraera improvista di tutte le cose necessarie. Masubito vi furono mandati commessari messer Bongianni Gianfigliazzi edIacopo Guicciardinie di poi presto vi si volse el duca di Ferraraed in modo si raffrenorno gli impeti degli inimicied eziandio siscoprí in Pisa uno trattatoche el signore Ruberto vedendosiinferiore di gente e dubitando ancoravenendo aiuto da Milanononessere rinchiusosi ritirò e partissi d'in sul nostro.


Cessatoquesto pericoloel duca e messer Bongianni se ne andorono verso elPoggioed Iacopo ne venne in quello di Arezzodove pochi dípoi giunse el nostro capitano magnifico Ruberto Malatestaedaspettavasi el conte Carlo del Montone el qualesendo amalatosifermò in Cortona e quivi pochi dí poi si morítagliando una grande speranza si era conceputa per la venuta suarispetto al credito ed alla parte aveva in Perugianondimeno collegente vi erano si seguitò la impresa e presesi alcune castelladel perugino. E perché lo esercito del papa e recollapersona de' due duchi Calavria ed Urbino campeggiava dalla banda diSiena e però non attendeva alla difesa del peruginofumandato dagli inimici in quella parte un altro esercito sotto la curadel prefettonipote del papae di messer Matteo da Capua; e' qualiarrivati si affrontorono co' nostri edoppo un bello fatto di armein che molto apparí la prudenzia ed ordine grande del capitanomagnifico Rubertoe' nostri ebbono una gloriosa vittoriapigliandogran numero di uomini e cavalli degli inimici e spogliandogli insiemedegli alloggiamenti.


Dallaparte di Siena non si era fatto ancora cosa notabileperchée' nostri stavano in sul Poggiodonde operavano piú in difesade' paesi nostri che in offesa degli inimicie gli avversaritemendo dello esercito nostronon potevano sforzare le nostre terree non ardivano volere fare fazione co' nostri rispetto aldisavantaggio arebbono avuto per la fortezza del Poggio. Ma avendo lenuove della rotta di Perugia e dubitando di quello statosi volsonoa gran giornate in là; il che presentendosi pe' nostri che giàerano accampati a alcune castella in sul lago di Perugiaperchéerano di numero molto inferiori agli inimicisi ritrassono asalvamento a piè di Cortona ma el campo del Poggiorimanendoper la partita del campo opposito sanza riscontroscese del Poggioed andò a campo a Casolicastello grosso de' sanesi checonfina con noi dalla parte di Volterra; e piantatovi le artiglierielo prese per forza e saccheggiollo. Di che nel saccheggiare edividere la preda nacque gran quistione e contesa fra quegli del ducadi Ferrara e quegli del marchese di Mantovae vennono alle maniecon gran difficultà furono divisi da' commessari nostri messerBongianni e Girolamo degli Albizzi.


Furonoe per la rotta del perugino e per la avuta di Casolie' successinostri tanto feliciche indubitatamente eravamo al disopra dellaguerrae si faceva giudicio che la vittoria dovessi essere dalnostro; ma mutossi la fortuna e recò quella gloria e felicitàagli avversariche ragionevolmente doveva essere nostra; perchéla quistione nata nel sacco di Casoli fra e' ferraresi e mantovani fudi tanta efficaciasendo massime fra quegli dua principi qualchesdegno ed inimicizia anticache per fuggire maggiore scandolofunecessario pigliare partito di separargli. E però fu mandatoel marchese di Mantova nel perugino a congiugnersi col magnificoRuberto ed el duca di Ferrara insieme col signor Gostanzo di Peserorimase a fare la guerra nella parte di Siena.


Sendoadunche le gente nostre divise in due parte quasi paried in modochese bene unite insieme sarebbono stati superiori agli inimicinondimeno cosí separate ciascuna di loro era molto inferioregli inimiciesaminando e' casi lorosi risolverono tenere loesercito unito in mezzo quello di Siena e la Valdichianaacciòchecome el campo del Poggio facessi movimentopotessino in tre oquattro dí essere loro adosso; e cosí con questoterrore ritenergli che non ardissino campeggiare con artiglierieecosí che non rimanessi loro da fare fazionese non prede escorrerie e cose di poco momento; e cosí medesimamenteraffrenarequando si movessilo esercito di verso Perugia. E parveloro con questi modi che el campo loropiú grosso che alcunodegli inimicipotessi facilmente avere occasione di opprimerne unoe quando pure questo non fussistimavano assai consumare questo annoe tenerci colla guerra addossoe fu parola del duca di Urbinochee' fiorentini el primo anno della guerra erano vivi e gagliardielsecondo mediocriel terzo spacciati; e che ci aspettava al terzoanno.


Questiloro ordini cosí disegnati riuscirono in buona parteperchécome el campo nostro di Perugia si movevasubito gli inimiciandavano alla volta loroin modo che vedendogli superiori eranoconstretti a ritirarsi a luoghi salvi; e per questo rispetto non siaccampavano a terra alcuna con artiglierieriputandosi vergognal'aversi di poi a levareed erano constretti infestare e' peruginicon scorrerie soloe se pure andavano a un castellonon potevanocombatterlo con altro che con battaglia di mano. El medesimointerveniva a' nostri di verso Sienain modo che gli inimici conquesta astuzia tenevano impedite molte piú gente che loro noneranoe consultandosi del rimedio a questo malepareva necessariounire insieme questi due esercitico' quali per essere in piúnumero si sarieno sanza dubio urtati gli inimicima non si potevaper la quistione stata tra e' ferraresi e mantovanie cosíperché el magnifico Ruberto Malatesta ed el signore Gostanzodi Peseronostro soldatoerano inimici ed incompatibili in unocampo medesimo. Restava ingrossare tanto l'uno e l'altro campo cheseparati potessino stare a petto agli inimici; il che non ebbeeffettopercné gli aiuti de' viniziani erano freddi e debolie cosí dello stato di Milano; massime che in quello tempo elsignore Lodovicomonsignore Ascanio ed el signore Ruberto daSanseverino con spalle e favore del re presono Tortona ed alcuneterre di quello stato; e lo effetto fu che madonna Bonamossa dapaura e da persuasioni come donnagli richiamò al governo delfigliuoloe loro subito entrati incarcerorno messer Cecco e poi glifeciono tagliare el capo.


Funecessariointendendosi questi movimenti di Milanoche el marchesedi Mantova loro soldato ed el duca Ercolecapitano di tutta la legaandassino a Milano benché Ercole lasciassi in sul Poggio lesue gente a governo di messer Gismondo da Esti suo fratello.Indebolito in questo modo e' nostri campie continuando gli inimicila astuzia lorosi consumò tutta la state; pure finalmente e'perugininon volendo piú soportare la guerra ed avendo cosíprotestato al papaerano alle strette di pigliare accordo collalega; quando gli inimici intendendo farsi in sul Poggio Imperialemala guardia ed essere disordinato molto quel campodi che era agoverno messer Gismondo e commessario Girolamo degli Albizziedavendo certa intelligenzia in una bastía vi erapartitisi dalponte a Chiusi a grandissime giornateassalirono improvisamente e'nostri in sul Poggioe' quali per questo assalto sí subitosbigottitiné si rifidando al sito fortissimosanza farealcuna difesa vilissimamente si fuggirono e furono rotti.


Fuquesta rotta una percossa nel cuore alla cittàla qualeimpaurita e pensando solamente alla difesa della libertàattese a riordinare el piú poteva le gente rotterichieseinstantissimamente di aiuto e' collegati e subito revocò legente del peruginoin modo che le pratiche dello accordo non ebbonoconclusione. Mandossi in quello di Arezzo el signore Gostanzo perguardia del paese; e perché non poteva essere in uno luogomedesimo col magnifico Rubertoridussesi el campo nostro a SanCascianoe gli inimici doppo una tanta vittoria ne vennono a campo aColledove stettono circa a sessanta dí; e finalmente nonsendo soccorsol'ebbono a pattidel mese di...




VI- VIAGGIO A NAPOLI Dl LORENZO DE' MEDICI (1479) - PACE CON FERDINANDOD'ARAGONA (1480) - NUOVI ORDINAMENTI A FIRENZE.


Lacittà in questo mezzobenché doppo la rotta dal Poggioavessi avuto qualche soccorso da Vinegianondimeno veduto Colle inmodo stretto che era da credere si potessi poco teneree benchéel tempo dello ire alle stanze si appressassipure considerando inquanti pericoli avessino a essere lo anno futuroe massime perchési dubitava lo stato di Milano non seguitassi la parte del re o(saltem) si stessi neutralee vedendo bisognare pigliare modo allasalute sua o coll'avere altri soccorsi da' collegati che pel passatoo col pigliare la pace con piú tollerabili condizioni sipotessimandorono imbasciadore a Vinegia messer Luigi Guicciardini afare intendere a quella signoriacome (etiam )si era fatto l'annopassato mediante messer Tommaso Soderiniin che condizione sitrovava lo stato nostroe che ci era uno unico rimedioditransferire la guerra in su' terreni degli inimiciel qualerispetto alla debolezza nostra e la mutazione del governo di Milanoera fondato in gran parte in quella signoria. Le quali cose sendomostre per lo oratorenon feciono quello frutto che meritamentedovevono fare. Di che sendo a Firenze per lettere di messer Luigicertificatie come da loro non si poteva sperare piú che pelpassatoLorenzo de' Mediciconsiderando in che pericolo si trovavalo stato suo e dubitando che questa guerra lunga e pericolosa nonstraccassi in modo la cittàche e' cittadiniper levarsiquesta febre da dossonon gli togliessino lo statovoltosi tutto a'pensieri della pacené gli parendo altro modo che di placarelo animo del remassime disperandosi del ponteficee conferitoquesto suo pensiero con pochi o con nessunofatto una sera a dí6 di dicembre chiamare da' dieci una pratica di circa quarantacittadini de' principalidisse avergli fatto chiamare per conferireloro una sua deliberazionenella quale non ricercava loconsigliassinoma solo lo sapessino; avere considerato quanto lacittà avessi bisogno di pacenon potendo difendersi per semedesima da sí potenti inimiciné volendo e' collegatifare el debito loro; e perché gli avversari pretendevano loodio essere piú tosto seco che colla cittàed el re inparticulare aveva detto non essere inimico della cittàmaamarla e desiderare la amicizia sua e cercare di ottenerla collebattiture suapoi che altro modo non gli era giovatoperòessere disposto transferirsi personalmente a Napoli; la quale andatagli pareva utilissimaperchése gli inimici desideravano luisolol'arebbono nelle mani e per saziarsi di lui non bisognerebbeperseguitassino piú la città; se e' desideravano nonluima la amicizia publicaquesto essere modo a intendergli prestoed a potere ancora migliorare le condizioni della pace; se e'volevano altroquesta andata lo dimostrerebbee intendendosi quelloche e' volessinoe' cittadini si sforzerebbono con qualche modo piúvivo difendere la libertà e lo imperio; cognoscere in quantopericolo si mettessi ma essere disposto preporre la salute publica albene privato e pel debito universale di tutti e' cittadini verso lapatria e pel particulare suorispetto a avere avuti dalla cittàpiú benefíci e piú condizione che alcuno altro;sperare che quegli cittadini che erano presenti non mancherebbono inconservare lo stato e l'essere suoe cosí raccomandare loroséla sua casa e famiglia; e sopratutto sperare che Diorisguardando alla iustizia publica ed alla sua buona intenzioneprivataaiuterebbe questo pensiero; e quella guerra che si eraprincipiata col sangue del suo fratello e suosi poserebbe equieterebbe per le sue mani.


Dettequesto parlare ammirazione a tutti quegli che non avevano primanotiziaed e' pareri furono in sé vari come si fa nelle cosegrande; nondimenoperché gli aveva detto non ci ricercaredrento consiglionessuno la contradisse. E cosí luiraccomandata la città ed el governo agli amici dello statosipartí la notte medesima; ed el dí sequente giunto a SanMiniato al Tedescoscrisse una lettera alla signoriascusandosi nongli avere prima communicato questo suo disegnoperché glipareva che el tempo ricercassi piú tosto fatti che paroleedallegando le cagione della andata suaquasi in quel medesimo modoaveva (viva voce )fatto co' dieci e colla pratica. Giunto di poi aLivorno e trovatovi due o tre galee mandate dal re Ferrando perlevarlocome ebbe avuto da Firenze el mandato di potere conchiuderequanto voleva el popolo fiorentinose ne andò per acqua allavolta di Napoli. Aveva el re Ferrandoavisato di tale deliberazionecredo dagli oratori milanesi che praticavano a Napoli la pacemandato a sua richiesta le galee in Porto Pisanoe per dare unosaggio di pace innanzi che Lorenzo partissifatto che el duca diCalavria aveva richiesta la città di levare le offese adisdetta di dieci díe cosí si era consentito.


Questaandata di Lorenzo alterò assai e' viniziani per essere fattasanza saputa loroe feciono concetto la pace essere conchiusaeLorenzo essere ito a cosa fattae loro essere lasciati adiscrezione; e nondimeno per impedirla se la non fussi pureconchiusaveramente sendo conchiusaper accertarseneed in ognievento per trovarsi forti ed armatisubito feciono tornare inRomagna le gente loro che erano in Toscana in aiuto de' fiorentini;richiesono lo stato di Milano e fiorentini di rinnovare la legaallegando che per qualche accidente si era divulgato a Roma ed in piúluoghi che la era rotta per non si essere osservata secondo e'capitolie però essere bene per tôrre ogni ombrapotessi nascererinnovarlae concorrendovi lo stato di Milanolacittàper non perturbare le pratiche di Napolila negò.Tolsono per loro capitano el magnifico Ruberto Malatesta; e perchégli era capitano de' fiorentinie durava la condotta sua qualcheannoe non voleva obligarsi a' viniziani se non in caso avessilicenzia da' fiorentinifeciono tanta instanzia si dessi questalincenzache la cittàper non alienarsegli in tutto se pureseguissi guerralo fecebenché molto male volentieri. Levatele offesemesser Lodovico e messer Agostino da Campofregoso citolsono furtivamente Serezzanae querelandosene la città alduca di Calavria e di Urbino che fussi stata tolta sotto la fede lorodagli uomini lorodimostrorno averlo per male e fare ogni instanziacon lettere ed imbasciadori ci fussi restituita; il che non ebbeeffettoo per la ostinazione de' Fregosio perché eglioperassino in fatto el contrario.


Lacittà in quel tempo si trovava molto infermae diminuitaassai la virtúsí per la lunga guerrasí(etiam )perché assai avevano preso animo di sparlare delgovernoe cercare novità e gridare che gli era bene che glionori e le gravezze non si distribuissino a arbitrio di pochima de'consigli. Nasceva questa audaciaperché molti facevanogiudicio che el re avessi a tenere Lorenzodicendo che luidisperato potere sostenere questosi era gittato nelle braccia diquel re suo inimico temerariamente e sanza avere da lui fede osicurtà alcuna; e se pure l'aveva avutache el re non laosserverebbesendo uomo sanza fedecome aveva mostro la esperienzapassata nel conte Iacopo ed in altri. E multiplicando ogni díquesto omore nella cittànon si poteva pensare a fareprovedimenti alla guerra; e massime che molti delle casa dello statoo perché dispiacessi loro el governo presenteo per credereche Lorenzo non avessi a tornarecercavano cose nuove e volgevanocredito a Girolamo Morelli; el qualesendo di riputazionegrandissima e forse cosí savio come altri che fussi nellacittàavendo forse la medesima opinione di Lorenzoera inqualche sospetto collo statonata forse non meno della autoritàche egli avevache da alcuno suo sinistro portamento. Gli amici delreggimento pareva loro assai conservare lo stato sanza mutazionetanto che Lorenzo tornassied ingegnavansi creare signorie diqualità da potersene fidare.


Lorenzogiunto a Napolifu ricevuto dal re con onore grandissimo e sforzossipersuadergli che se gli dava la pace e conservavalo nello statosivarrebbe molto piú della città a suo proposito che selo spacciassi; perché se si mutassi a Firenze governopotrebbe venire in mano di taliche el re non ne disporrebbe come dilui solo. Stette el re molti dí dubiosendo da un canto moltostimolato dal papa di spacciarloda altro parendogli vere le suaragioneed aspettava vedere se questa suspensione facessi in Firenzenovità alcuna. Finalmente non si alterando nulla a Firenzesirisolvé alla pace ed a conservare Lorenzoel quale vedendosimenare in lunga si ritrovava in gran paura; e nondimeno si soprasedémolti dí la conclusioneperché el re voleva farlo conmeno alterazione del papa fussi possibilee non venendo da Roma lalicenziafu contento che Lorenzo si partissiavendolo certificatodi quello voleva fare in ogni modo. Di che Lorenzo tornò peracqua e subito ritornato a Firenzedove fu ricevuto con grandissimisegni di letizia e benivolenziavenne la nuova della pace cosa moltodesiderata e che gli recò grandissima riputazionein modo chequanto la sua deliberazione fu pericolosa e forse troppo animosatanto gli fu lieto e glorioso il fine.


Lapace dal canto nostro ebbe quelle condizione in qualche parte chesogliono avere e' vinti; perché non vi furono inclusi e'signori di Romagna che erano sotto la protezione della nostra legama ne fu fatto compromesso nel reel quale aveva a parole datosperanza di salvargli; non ci fu problema la restituzione delle terreperdutema rimesse in arbitrio del reel quale di poi nello 1481alla fine di marzorestituí VicoCertaldoPoggibonziColleed el Monte a San Sovino; la Castellina e le altre rimasono a' sanesisecondo le convenzione avevano col re; pagossi certa somma di danarie nondimeno fu pace con meno disavantaggio non ricercavano lecondizioni nostre. Aggiunsesi una lega universale di Italianonriservando la particulare e si dispose che perché e' vinizianiavessino cagione di acconsentirlaavessino tutti e' principi diItalia a mandare loro imbasciadoricome altra volta si era fatto nel54al re Alfonso. Fu ratificato ogni cosa dal reMilanoFerrara enoi; el papa ratificò la pace; e' vinizianinon piacendo loronuova leganon ratificoronoanzi fecionofuora della opinione dituttiuna nuova lega col pontefice. A Firenze si elesse imbasciadorial papa e re ed a rallegrarsi messer Antonio Ridolfi e Piero diLutozzo Nasidi poi si deputò undici imbasciadori a Roma achiedere la assoluzione dalle censure messer Francesco Soderinivescovo di Volterramesser Luigi Guicciardinimesser BongianniGianfigliazzimesser Piero Minerbettimesser Guidantonio VespucciGino Capponi Domenico PandolfiniAntonio de' MediciIacopoLanfredini Piero Mellini... e' quali usate molte cerimonie esupplicazione la ottennono.


Quietatele cose della città di fuoriparendo agli uomini delreggimento le cose drento essere disordinateattesono a restrignerelo stato e dettono pegli oportuni consigli balía a trentacittadini per piú mesie di poi a dugentodiecie' qualifeciono squittino nuovoordinorono nuova gravezzadettono a que'trenta arroti quarantae' quali per cinque anni avessino molteautoritàe di creare la signoria ed altro e circa leprovisioni della cittàche si chiamorono el consiglio de'settantael quale si continuò poi di tempo in tempo in modoche fu un consiglio a vita. E perché el magistrato de' diecivacavafinita la guerraordinorono si eleggessi di sei mesi in seimesidel numero de' settantaotto cittadini chiamati otto dipraticae' quali avessino a vegghiare le cose importante dello statodi fuora ed a tenerne quella cura nella paceche tenevano e' diecinella guerra; e cosí rilegorono e riformorono lo stato con piúgrandezza e stabilità di Lorenzo.




VII- GUERRA TRA VENEZIA E FERRARA (1482) - PACE Dl BAGNOLO. IMPRESA DlPIETRASANTA.


Fattaquesta pacestette Italia in quiete insino all'armo 1482nel qualtempo sendo nate alcune discordie tra e' viniziani ed Ercole duca diFerrara rispetto a' confini ed antique convenzione loroe nonpotendo e' viniziani sopportarle sí per la loro superbianaturalesí (etiam )per essere usi a disporre molto di quellostato; e da altra parte Ercole faccendo piú renitenzia che pelpassatoper confidarsi in essere genero del re Ferrando e nella legaaveva con luicon Milano e Firenze; ed ultimamente sendo elvicedomine che stava in Ferrara per la signoria di Vinegiascomunicato dal vicario dello vescovolo effetto fu che e' vinizianideliberorono rompergli guerra con consiglio e consenso ancora di papaSisto. E parendo loro che la vittoria consistessi nella prestezzadisegnorono una armata grossa in Po e due campi per terrauno dallabanda di Ferrara sotto el signore Ruberto da Sanseverinol'altro inRomagna sotto el magnifico Ruberto Malatesta e comincioronopotentemente a infestare lo stato di Ferrara. Da altra banda e'signori collegati risentendosi non tanto per gli oblighi della legaquanto pel pericolo commune a tutta Italia se e' viniziani siinsignorivano di quello stato mandorono gente e commessari a Ferraranon in quello numero bisognavae per capitano Federigo duca diUrbinosperando che la presenzia ed autorità sua avessi afare frutto.


Partissidel reame el duca di Calavria per soccorrere el suo cognato masendogli dinegato el passo dal papa che favoriva e' vinizianicongiuntosi con Savelli e Colonnesicominciorono a infestare leterre della Chiesa; e sendo el papail conte Girolamo e signoreVerginio Orsino occupati alla difesae' fiorentini levorono Cittàdi Castello da obidienzia della Chiesarimettendovi a governo messerNiccolò Vitelli che ne era statocacciato da messer LorenzoIustino capo della parte avversa. E perché el papa potessidifendersi dal duca di Calavriae' viniziani gli mandorono elmagnifico Ruberto; e cosí la guerra dello stato di Ferrara sialleggerí dalla parte di Romagna. Ma di verso Ferrara e'viniziani non avendo riscontropresono Rovigo con tutto el Pulesinee vennono a campo a Ficheruolostrignendolo per terra e per acqua;ma difendendosi ferocementeper esservi drento a guardia valentiuomini e perché el duca Federigoaccampato in sull'altra rivadi Pogli dava tutti quegli favori era possibilenon l'ebbono senon in spazio di quaranta o cinquanta dí. Nel qual tempo elduca Federigosendo amalato per la cattiva aria di quegli paludimorí con grandissimo danno di tutta la legarispetto alla suagrandissima fede virtú ed autoritàe ne' medesimi díel magnifico Ruberto colle gente ecclesiastiche presso a Velletri aun luogo detto Campo Mortosi appiccò col duca di Calavriadove doppo un lungo fiero e bellissimo fatto di armeel duca diCalavria fu rottopresi assai di quegli baroni romani erano con luie lui colla fuga scampò le mani degli inimici. Doppo la qualegloriosa vittoria Rubertosendo amalato per la grandissima faticadurata nel fatto dell'armeportato a Roma pochi dí poi moríin grandissima famae fu sepulto in San Pietro con uno epitafiovulgare:

Rubertosono che venni vidi e vinsi lo invitto duca e Roma liberai e lui difama e me di vita 'stinsi.


Moríin quegli giorni medesimi ecome dicono alcuniin quello dímedesimo che morí a Ferrara el duca di Urbino.


Furonoquesti successi tanto in favore de' vinizianisendo rotto el duca diCalavriaespugnato Ficheruolomorto Federigo duca di Urbinochenon avendo ostaculoel signore Ruberto coll'esercito passòPofatti ne' luoghi oportuni molti ponti e bastionimassime uno alLagoscuro di grandissima importanza alla infermità di quellopaesee venne insino alle porte di Ferrarasendo molto impaurito elduca e deliberato abandonare Ferrara ed andarsene a Modonase damesser Bongianni Gianfigliazziche vi era commessario de'fiorentininon fussi stato con gagliarde parole e conforti ritenuto.E certo la vittoria pareva in mano de' vinizianiavendo stretto elcollo a Ferrara con uno esercito potentissimocon una grossa armataper Poe sendovi gli aiuti de' collegati molto deboliesperandovisene pochi altriperché el repoiché erarottonon pareva sufficiente a sforzare el papa di dargli el passo;lo stato di Milano aveva guerra co' Rossi di Parmigianae' qualisotto la speranza de' viniziani si erano ribellatie tutto lo sforzodi quello stato era vòlto a espugnare San Secondoluogofortissimoed e' fiorentini soli non potevano né volevanodifendere questa pienae come accade nelle cose che s'hanno a fareper piúcomunemente la freddezza dell'uno intepidiva glialtri.


Maperché lo imperio di Italia non era ancora disegnato a'vinizianisi volse nuovo ventoin modo che mutate la condizionedelle cosenon solo si salvò Ferrarama furono e' vinizianiin grandissimo pericolo perdere tutto lo stato avevano in Italia interraferma; perché el papa e conte Girolamo che avevano insinoa quel dí dato loro favoresi rivolsono e collegoronsi collalega alla difesa di Ferrara. La cagione può essere variaoperché fussino sdegnati co' viniziani d'avere loro mancatoforse in qualche convenzione avevano insiemeo perché fussinoallettati da qualche promessa de' collegatio perché fussinoimpauriticonsiderando che se e' vinizani ottenevanoverrebbono intanta grandezzache e gli amici e gli inimici arebbono a stare aloro discrezione.


Comandòdunche el papa a' viniziani che levassino le offese da Ferrara erestituissino le cose occupate a quello stato; e non ubbidendo lorosuccessivamentebenché con qualche intervallo di tempoglidichiarò scomunicati ed interdetti; e per pigliare el mododella difesasi fece una dieta a Cremonadove oltra gli oratori ditutti gli altri stati di Italiaeccetto e' genovesivi intervennepersonalmente el duca di Calavriael signore Lodovico SforzaLorenzo de' Mediciel marchese di Mantovamesser GiovanniBentivoglie credo el conte Girolamooltre a Francesco da Gonzagacardinale mantovanolegato del papa. E finita la dietael legato educa di Calavria si transferirono a Ferrara; dove attendendo alladifesa ed ingrossando continuamente di genteel signore Lodovicoespugnò San Secondo e spacciò tutto lo stato de' Rossiin modo che potendosi valere di tutte le gente sforzeschesiconchiuseper piú difesa di Ferrararompere a' vinizianidalla banda di Milano in sul bresciano. La qual cosa si acceleròperché el signore Ruberto sperando avere parte in Milano epotervi fare movimentopartito del ferrarese e fatto un ponte insull'Addane venne insino in sulle porte di Milanodove non sivedendo novitàsi ritornò adrietonon avendo fattoalcuno acquisto; e perché gli era molto tardi al campeggiarele fazioni dell'arme si riposorono.


Nellamedesima state la città recuperò le terre tenevano e'sanesi di nostroacquistate nella guerra del 78perchéavendo e' sanesi fatto novità e cacciati molti cittadinieloro ridottosi in su' confinidove si stimava avessino favore o dalpapa o dal reentrò gran sospetto a quegli reggevanoin modoche per loro sicurtà e appoggio feciono lega colla cittàe restituirono la Castellina e gli altri luoghi. E di poi andorono acampo a Serezzana la quale non s'ebbeper avere in Lunigiana pochegente e quelle non potendo tardareperché avevono a essere inLombardia.


L'annosequente lo esercito della legasendo potentissimo e molto superiorea' vinizianiprese Asola e molti luoghi del bresciano e bergamasco;e continuando tuttavia la vittoriaavendo el duca di Calavrianotizia che el bastione del Lagoscuro non era tanto guardato chegiugnendolo alla improvista non si espugnassi e cosí silevassi tutta la guerra da Ferraracavalcò con le gentesubitamente verso Ferrara. Ma fu in que' giorni tanta tempesta in Poche le barche ordinate da lui non furono a ostia a tempo potessipassare; in modo chesoprastandovi a aspettarleel signore Rubertoche egli era cavalcato drieto collo esercitolo raggiunse e fu albastione innanzi a lui.


Nelmedesimo anno Giovan Francesco conte di Caiazzo e messer Galeazzofigliuoli del signor Rubertotennono stretta pratica col signoreLodovico venire a' soldi sua e dettono speranza a principio delsignore Ruberto loro padre; di poi vedendo che lui non lo farebbecon alcuni loro fidati fuggirono occultamente del campo de' vinizianie vennono in quello della lega. Il che si stimò assaiperchéfu opinione che e' viniziani avessino a insospettire del signoreRuberto e volersene assicurare o veramente non lo adoperare; ma luiprudentissimamentecome intese el casose ne andò a uncastello de' vinizianie quivi fatto chiamare el castellanoglicomandò per l'autorità aveva dalla signoria per contodel capitanatolo ritenessi a stanza della signoria; il che lui nonvolle fare. E con questi ed altri modi in modo assicurò e'vinizianiche loro gli mandorono imbasciadori a confortarloed amostrargli avere in lui piú fede che mai.


Avevanoe' viniziani tenute astutamente molte pratiche di pacemassime colpapanon tanto per farlaquanto per ingegnarsi di mettere qualcheombra tra e' signori della legaa fine che questa unione sidissolvessio almeno che la speranza della pace gli raffreddassi ne'provedimenti s'avevono a farele quale arte sendo cognosciutenonsolo si pensava alla pacema nella fine di quello anno siconsultorono in una dieta a Milano gli ordini del continuare l'annosequente potentemente la guerra; in modo che in quella vernata furonoe' viniziani in grande angustie di pensare e provedere gente e danariper difendersi. E sopravenendo la stateuscí alla campagna elduca di Calavria collo esercito della lega tanto potente che nonpotendo el signore Ruberto stare alla campagna a petto agli inimicisforzavano tutti e' luoghi dove si accampavano. Di qui e' vinizianidiminuendo ogni dí la riputazionesbigottiti e con pocasperanzamancavano ne' provedimenti necessari ed ogni dídiventavano piú debolibenché l'armata loro avessi nelreame preso Galipoli; in modo che gli era manifesto che non avevanoriparo che gli inimici non pigliassino o Brescia o Bergamoe di poicon maggiore forza e riputazionee favoriti da popoli di contotogliessino loro lo imperio di terraferma di Italia.


Maquella fortuna che gli ha piú volte conservati per riputazionedifesa ed ornamento di Italia fuori di Italiaper peste e calamitàdi Italia in Italiain tanto pericolo non abbandonò. Perchésendo lo esercito della lega a Bagnuoloel signore Lodovicodubitando da un canto chespacciati e' vinizianiel duca diCalavria seguitato da' collegati non lo levassi dal governo dellostato di Milanoquale lui governava in nome di Giovan Galeazzo suonipote e genero del duca di Calavriada altro sendogli occultamentepromesso da' viniziani favorirlo in continuarlo nel governo e forsein farlo duca di quello statoe correndovi anche forse sotto manoqualche somma di danaritenuto pratica di pace col signore Rubertoda Sanseverinofinalmente la conchiuse con condizione disonorevolealla lega: restituissi la lega tutte le terre e luoghi tolti inquesta guerra a' vinizianied (e converso )e' vinizianirestituissino al real duca di Ferrara tutti e' luoghi occupatieccetto Rovigo con tutto el Polesine e ritenessino in Ferrara e nelferrarese l'antique immunità privilegi e preeminenzieritenessi lo stato di Milano e' luoghi tolti a' Rossi; delledifferenzie de' fiorentini e Fregosi circa allo stato di Serezzananon si parlòe cosí dello includere nella lega elpresente stato di Siena; rimanessi el signor Ruberto soldato de'viniziani ed avessi titolo di capitano generale di tutta Italia.


Dispiacquequesta pace universalmente a tutti e' collegatiparendo loro perdutauna grandissima occasione di assicurare Italia per qualche tempo da'vinizianie dolendosi delle condizioni vituperose; dispiacqueparticularmente al duca di Ferrarae per tornare nelle antiqueservitú e per vedersi sanza el Pulesineluogo importantissimoallo stato suo ed e' viniziani presso alle porte di Ferrara a quattromigliadispiacque a' fiorentini per non si essere tenuto conto delleparticularità loro di Serezzana e di Sienala qual cosadesideravanodolendosi che avendo fatto per difesa di Ferrara e percommune beneficio piú che non toccava lorofussino statilasciati adrieto; e nondimeno perché la guerra non si potevasanza lo stato di Milano seguitarefu ratificata da tutti la pace.


Fattala pacesubito morí papa Sistoquale era stato uomovalentissimo ed inquieto e tanto inimico della paceche a suo tempoItalia stette sempre in guerra; e per essergli naturale questoappetito e perché era noto che della pace ultima aveva avutodispiacere ed alterazione grandissimanacque una voce che era mortoper dolore della pacedonde vulgarmente se ne celebrò unodistico:

(Nullavis saevam potuit extinguere Xistum; Audito tantum nomine pacis obit) Fu eletto in suo luogo... cardinale di Malfettadi nazionegenovesee chiamato Innocenzio ottavo.


Nelquale tempo e' fiorentinidesiderosi recuperare Serezzana con favoredel re e dello stato di Milanoordinorono mandarvi el campo eprovistosi di gente e forze necessariee mandato commessario IacopoGuicciardinie di già sendo quasi all'intorno di Serezzanaaccadde che Paolo dal Borgo loro connestabole passando daPietrasantache era de' genovesiper scorta di alcuni muli carichidi vettovaglie che andavano in campofu assaltato e svaligiatoepresi e' muli da quegli della terra; in modo che el campo diSerezzana ne venne subito alla volta di Pietrasantae quivi siaccamporonofondandosi in su uno capitolo della pace: che qualunqueandassi a recuperare le cose sue e fussi impedito da alcuna altraterrapotessi voltarsi a quella. E fu questa occasione procurataartificiosamente dalla cittàstimando molto piúPietrasanta per la qualità del luogo e per la commoditàed importanzase mai s'avessi a fare impresa di Lucca.


Sendole gente nostre accampate a Pietrasantavenne per soccorrerla dalleriviere di Genova parecchi migliaia di fantie' quali non ebbonoresistenziaperché el campo nostro aveva carestia difanterieed in quegli luoghi aspri non si poteva adoperare cavalli;in modo che el campo nostro venne in tanto pericolo che fu constrettolevarsi da campo e ritirarsi. Ma non volendo la città anessuno modo soportare questa vergognafu ingrossato el campo difanterie e di altre cose necessariee per piú riputiazionedella impresa e per portare ordine di danarifurono mandati in campocommessariin compagnia di Iacopo Guicciardinimesser BongianniGianfigliazzi ed Antonio Pucci; e ristrinsesi in modo la terrachenon era possibile vi entrassi soccorso alcuno. Difendevansi quegli didrento francamentee per la cattiva aria nel campo nostro amalòmoltie tutt'a tre e' commesari ne furono portati a Pisa infermidove pochi dí poi morirono messer Bongianni ed Antonio diPuccio.


Finalmentesendo quegli di drento disperati di soccorsodettono la terrasalvol'avere e le persone; e cosí fu loro osservato. Fu questobuono acquisto perchéoltre alla qualità della terraera una scala a fare piú facile la impresa di Serezzanaerauna briglia in bocca a' lucchesidi natura che erano forzati staresempre in continuo sospettoed uno instrumento potente alle altreterre e luoghi di Lunigiana quivi propinqui.





VIII- CONGIURA DEI BARONI (1484) - POLITICA Dl LORENZO.


CreatoInnocenzio ottavo si suscitorono in Italia nuove guerre e tumulti; ela cagione fu che l'anno 1484 molti baroni e principi del regno diNapolisendo male contenti del re Ferrandoe con loro gli aquilanisi ribellorono da lui e furono presi in difesa da Innocenzio el qualeentrato in speranza potere per questo mezzo disfare el re e valersidi quello reame e disporne a arbitrio suotolse a soldo el signoreRuberto da Sanseverino per mandarlo contro al re. Questa impresadispiacque assai a Milano e Firenzee presentendo questo appetitodel papagià innanzi avevano dispostoper ovviareall'ambizione de preti la quale sarebbe state infinitae per glioblighi della legafavorire con ogni sforzo el re Ferrandoedingegnatisi persuadere al papa non ci mettessi le manimostrando chequando facessi altrimenti erano obligati a risentirsene. Cosíel signore Lodovicoavendo mostro a' viniziani quanto questomovimento fussi pernizioso a tutta Italiagli aveva pregati che perconservare la quiete commune non volessino dare licenzia al signoreRuberto che andassi a' soldi del papaperché toltogli questoinstrumento di manogli rimaneva poche arme da perturbare Italia.Loro avevano promesso farlodi poi gli dettono pure licenziao pernon si recare el papa inimicoperché avessino caro le guerredi altristandosi neutrali per guadagnarnesecondo la loroconsuetudine.


Eranole cose del regno per le molte ribellione in grande disfavore del ree riducevansi in peggiore condizione per questa passata del signoreRubertoed in modo tale che sanza soccorso de' collegati non avevaredenzione alcuna; ed in ogni forma se la guerra s'avessi avuta afare tutta nel reamesi trovava in modo condizionato che e' rimedisarebbono stati difficili. Parve adunqueper divertire l'omore itransferire la guerra in quello di Roma; e però si tolsono asoldo ei signore Virginioel conte Niccola da Pitigliano e gli altrisignori Orsinied el duca di Calavria con parte delle gente dellalega venne in terra di Romadove aspettando ingrossassi lo esercitoper congiugnersi co' signori Orsini che erano a Braccianoel signoreRuberto spugnò el ponte Nomentano dove a Fracasso suo figliolofu guasta la bocca di una artiglieriae alcune altre terre degliOrsiniin modo che Battista Orsino cardinale ed el signore Iulio esignore Organtinocontro alla voluntà de li altri di casasiaccordorno con molte terre col papa. Di che mancando alla lega laoportunità di quegli luoghie vedendosi lo stato del re inpericolo manifestoed essere impossibile che sanza piúpotente sforzo l'esercito della lega si congiugnessi a Bracciano colsignore Virginio e col contee cosí loro e quello statorestando quasi a discrezioneel duca di Calavria per consultarequesti inconvenienti ne venne alla volta di Firenze e fermosi aMontepulcianochiese gli fussi mandati due degli Otto della praticaper potere conferire con loro. Mandossi Giovanni Serristori ePierfilippo Pandolfinie' quali raportorono a Firenze come al ducapareva che per divertire la guerra del reamesi rompessi guerra aPerugia. Consultossi questo parere a Firenze ed a Milanoefinalmente si conchiuse non essere la salute vera di questo maleperché la impresa di Perugia era difficilecome aveva mostrola esperienzia dell'anno 1479di poi perché bisognava dare alpapanel capo e nel vivocioè in terra di Roma; e peròsi risolverono ingrossare tanto lo esercitoche el duca si potessicongiugnere con gli Orsini; la quale cosa fattapareva la guerraessere vinta.


Mandossiadunche le gente disegnatee benché e' milanesi fussino piútardiperché el signore Lodovico sborsava adagio e malevolentieripure finalmente importunato assai dai fiorentini che aquesto effetto vi avevano nel principio della guerra mandatoimbasciadore Iacopo Guicciardinifece el debito suo.


Venneel duca con questo esercito a Pitigliano. e perché el signoreRubertoe colle genti sue e col vantaggio de' luoghi che erano inmezzogli impediva el passareconsumò quivi molti díe di poi in sulla collina di Campagnano apiccorno quasi a sera unofatto di armedove gli inimici ebbono disavantaggio e perderonotuttavia di terrenoed e' nostri in modo gli urtoronoche se lanotte non fussi sopravenutagli arebbono sanza dubio rotti. Allafine sendo e' nostri superiori di gentepassorono e vennono aBraccianoe non potendo gli inimici stare alla campagnarecuperorono le terre perdute degli Orsini; le accordate con elcardinale si rivolsonoed acquistoronne delle altre.


Avevael papa già innanziintendendo la lega farsi vivatenutoper mezzo del cardinale San Pietro in Vincolapratica col duca delLoreno che aveva nel reame le ragioni della casa di Angiòchee' passassi in Italiapromettendo favorirlo alla impresa del regnola quale cosa appiccandosiel duca si metteva in ordine venirne inItalia con qualche favore del re di Francia e de' genovesied avevamandato imbasciadori a Firenze a pregare desistessino da' favori delre Ferrando e di fare contro alla Chiesae lo aiutassino a questaimpresaricordando le ingiurie ricevute dal re Ferrandoe' benefíciavuti dalla casa di Francia e la devozione antiqua e debita verso laChiesa. Fu risposto loro mostrando quanto naturalmente la cittàera desiderosa di pace e che per conservarla si erano piú anniinnanzi collegati con Napoli e Milanoe che di poiavendo el papacontro allo officio suo suscitato nuova guerraerano staticonstretti per osservare la fede ed (etiam )per ovviare a chi volevaoccupare quello di altripigliar insieme con Milano la difesa del reFerrando; el papa non avere insino a quello dí fatto menzionedel duca del Lorenoanzi avere trattato la guerra come causa suapropria; ora questa essere una arte non per beneficare el ducamaper valersi di quello nome e riputazionee però la cittànon potere deliberare altroinfino non si chiarissi se cosíera da vero la intenzione del pontefice; e quando cosí fussiche consulterebbe co' collegatied in quello potessi l'onestàsi ricorderebbe delle obligazioni aveva con la casa di Francia.


Fudato nella risposta loro questo appicco per non gli fare sdegnareperché erano non solo oratori del duca ma (etiam )del reconchi bisognava procedere destramenterispetto a' mercatanti; e peròa Milanoche poteva procedere piú audacementefu data loroquando esposono nel medesimo effettorisposta piú gagliarda.E nondimeno questa venuta del duca del Lorenola quale ogni dípiú rinfrescava dava terrore assaied in modo che Lorenzo de'Mediciconsiderando quanto fussi accetta e grata alla cittàuniversalmente la casa di Francia ed (e converso) quando fussi esosoal popolo el re Ferrandoentrato in paura non si recare troppo pesoin sulle spallemassime che questa impresa in beneficio del re eradispiaciuta a molti cittadini de' principaliarebbe forse mutatopropositose già e' vinizianiper non volere oltramontani inItalianon si fussino accostati col requando una subita paceassicurò ogni cosa. Perché Innocenzioveduto che e'baroni erano nel regno in declinazionee già alcuni eranoritornati alla divozione del ree la lega in modo al disopra diquello di Romache non vi stava drento sanza pericolosubito permezzo di messer Gian Iacopo da Triulzi e di Ioanni Ioviano Pontanosecretario del duca di Calavriaconchiuse pace colla lega: nellaquale assettate le cose di Romafurono e' baroni e l'Aquila lasciataa discrezione del re; fu provisto che el signore Ruberto non fussipiú suo soldato e si partissi de' terreni sua; di Serezzana edaltri desideri particulari de' fiorentini non si parlòconpoca satisfazione della città.


Fattala paceel signore Ruberto licenziato prese la volta di Romagna perridursi colle gente nelle terre de' viniziani; la quale cosa sendoglinegataper non si tirare la guerra adossofu constretto lasciare legente in mano degli inimiciandarsene con pochi cavalli a Ravenna edi quivi a Vinegia. El reavute le nuove della paceinnanzi lapublicassi fece subito pigliare el conte di Sarniel Coppolasecretariomesser Empòmesser Anello ed alcuni altri che gliavevono occultamente trattato controe presone la debita punizionetrovò in loro di mobile el valsente di piú chetrecentomila ducati; e di poi voltose a rassettare le cose suenonavendo quasi ostaculo dagli inimici perché erano abandonatigli spacciò tutti; e si fece cosí intero ed assolutosignore di quel regnocome ne fussi stato alcuno altro gran tempoinnanzi; in modo che gli fu imputato a felicità l'avere avutaquesta guerraper avergli data occasione di assicurarsi de' baroni.


Elpapa non gli sendo riuscita la prima impresasi volse tutto a'pensieri della pace e si congiunse assai colla città nostradando a Franceschettosuo figliuolo bastardoper moglie Maddalenafigliuola di Lorenzo de' Medicie faccendo cardinale messer Giovannide' Medici suo figliuolo fanciulloe intrinsicandosi tanto conLorenzoche Lorenzo mentre visse ne dispose sempre in ogni cosa asuo modo con sua grandissima riputazione. E perché nellaconclusione non si era tenuto delle particularità della cittàquello conto che ricercavano e' meriti sua rispetto alle spesesoportate nella guerrae la città se ne era gravemente dolutacol re e col signore Lodovicoe loro mossi dal giusto avevanopromesso favorirla nella impresa di Serezzanae si vedeva che lacittà desiderosa di recuperare le cose sue era per attenderviprestoe' genovesi l'anno 1487 vennono a campo a Serezzanello pervendicarsi della ingiuria ricevuta in Pietrasanta e perché elluogo era fortissimo e pareva inespugnabile co' modi ordinaricomincioronoper disegno d'uno ingegnere lorouna buca sotto terraper entrare sotto le mura del castello e messovi polvere da bombardedarvi fuocosperando che la potenzia di quella polvere avessi aaprire e rovinare el castello.


AFirenze inteso el subito assalto si avviorono le gente avevamo aPietrasantae dettesi ordine condurre quante fanterie si poteva efurno mandati commessari Iacopo Guicciardini e Piero Vettorie'quali colle gente avevano se ne vennono presso a Serezzanello pertenere forti quegli di drento colla speranza del soccorsoe conanimo non si affrontare insino a tanto non si ingrossassi el campo digente si conducevano e di aiuti dovevano venire da Milanoquando e'genovesi seguitando la cava e di già sendo entrati sotto elrivellino. del castello e seguitando piú innanzitrovorono unmasso molto duroel quale era impossibile rompere sanza lunghezza ditempoed el tempo non si poteva aspettare per paura del campoinimico che tutto dí ingrossava.


Dettonoadunque fuocoper l'impeto del quale el rivellino furiosamente siaperse e rovinò con morte di dodici o sedici uomini vi eranodrento; el castello tutto tremò ma non si aperseperchéla cava non era ita tanto innanzi vi fussi sottoma si vedde che eldisegno era vero e da riuscire; di che gli uomini di drentoimpauriti di tanta furia cominciorono a fare cenni di soccorso e dinon si potere piú tenereparve per questo anticipare el tempoe non aspettare piúdubitando che se indugiavanodi nonessere tardi.


Ela mattina sequenteche fu el dí di pasqua di resurrezioneassaltorono el campo inimicoappiccossi una zuffa belle e gagliardae finalmente e' nostri furono vincitori con gran rotta e sbaragliodegli inimicide' quali rimase prigioni assaie fra gli altrimesser Gian Luigi dal Fiesco. Avuta questa vittoriae' commessaricolle gente nostre si avviorno alla volta di Serezzanadovesendoingrossato el campo di gente aragonese e sforzeschesi accamporono;e continuando e' felici successiavendo preso per forza SanFrancesco e battagliata assai e bombardata la terraed ordinandosidare una altra forte battagliaquegli della terra si dettonosalvela robe e le persone.


Questofine ebbono le imprese di Pietrasanta e Serezzana e cosí siterminorono con grande gloria della città e dello statoecome parve alloracon gran sicurtà di Pisa e degli altriluoghi nostri da quella bandae con grande ignominia de' genovesi.E' qualirisentitisi di queste perditecon molte galee e legnil'anno seguente vennono a campo a Livornoe per potere bombardare lenostre torre di marefondorono con grandissima difficultà inmare una travata di legniin su' quali condussono e piantorono leartiglierie. Trovavasi nella torre del Fanale commessario PieroVettoried a Pisaper el soccorso di Livornocommessari IacopoGuicciardiniPierfilippo Pandolfini e Piero Capponi; e' qualibenché fussino in dubio grande di perdere Livornopuresendosi opposti e' venti a' genovesiingrossarono tanto che vimessono soccorsoed e' genovesiveduto non potere fare piúnullasi partirono.


L'annosequente andandone a marito madonna Isabella figliuola di Alfonsoduca di Calavria e moglie di Giovan Galeazzo duca di Milanoedavendo a toccare Livorno per passosi disegnòrispetto alpadre ed al marito ed alla congiunzione avevano colla cittàfargli grande onore e furono mandati commessari a Livorno a onorarlaIacopo GuicciardiniPierfilippo Pandolfini e Paolantonio Soderinie' qualisecondo la commessione della cittàla riceverono edonorarono grandissimamente.


Inquesto medesimo temposendo Nero Cambi gonfaloniere di giustizia edavendosi a trarre la nuova signoria (la quale tratta non si puòfare se non vi intervengono e' due terzi de' signori e de' collegi)accadde che si trovorono fuori di Firenze tanti collegiche non visendo el numero sufficientela tratta non si potette fare all'oradeputatae sendosi spacciati cavallari per loro nelle villenon vifu el numero innanzi alla seraed allora si fece la tratta. Di chesendo sdegnato el gonfaloniere che sedevapropose a' compagni diammunire tre o quattro de' collegi che si erano partiti di Firenzesenza licenziae perché non vi sarebbono concorsi se nonavessino inteso piú làdisse loro che cosí erala volontà di chi reggeva. Dispiacque assai questa cosa aLorenzo de' Medici ed a' cittadini dello statoparendo loro che sesi introducessi in consuetudine che una signoria avessi ardireammunire e' cittadini sanza conferirne con chi governavache lostato loro fussi a cavallo in su uno baleno e che sei fave glicaccierebbono un dí da Firenze; e però come elgonfaloniere fu uscitofattasi pratica di questo casofuronorestituiti e' collegi ammunitied el Nero Cambi fu ammunito inperpetuo.


Ne'medesimi tempi stando Italia tutta in pace e le cose della cittàin sommo ozio e felicitàsi prese forma riordinare molte cosedi drento; e levata a' settanta la autorità di creare lasignoriaperché le cose andassino piú strettesielessono accopiatori che la facessino; e di poi perché parevadovere nella città riordinarsi molte cosee circa al crearee' magistrati e circa alle gravezze e circa al Monte e circa allegabelleper fuggire la difficultà ed el tedio delleprovisioni e de' consiglifu data per gli oportuni consigli autoritàe balía a diciassette cittadini. che potessino disporre ditutte le cose della città tanto quanto poteva tutto el popolodi Firenze; e furono creati detti diciassette cittadinie' qualifurono questi:

Lorenzode' MediciIacopo GuicciardiniBernardo del NeroNiccolòRidolfiPierfilippo PandolfiniGiovanni Serristorimesser AgnoloNiccolinimesser Piero Alamanni...


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Antoniodi Bernardo. E perché Iacopo Guicciardini morí durantel'ufficiofu eletto in suo luogo Piero suo figliuolo. Costororiformorono molte cose della cittàed infra l'altreordinorono di nuovo che le gabelle si pagassino di monete bianche chevalevano el quarto piú delle altree cosí e' sudditile loro gravezze ed estimiin modo che multiplicorono assai leentrate della cittàma con gran grido dell'universale e dellaplebealla quale doleva essere per questo ordine rincarate tutte legrascie e cose necessarie al vitto.


Nelmedesimo anno sendo amalato gravemente papa Innocenzio e giàdisperandosi la salutefurono eletti due imbasciadori per Roma chesubito dovessino cavalcaremesser Guidantonio Vespucci e PieroGuicciardini; e la cagione fu perché operassino con ogniinstanzia in nome della città che fussi ammesso in conclavecome cardinale messer Giovanni figliuolo di Lorenzo de' Medicicheera stato eletto cardinale da Innocenzioma per la età nonancora publicato né ricevuto el cappello; ma di poisopravenendo (ex insperato )la guarigione del papanon andorono.


L'annosequente 1491 sendo Lorenzo tutto vòlto per la quiete publicaalle arti della pacee tra le altre cosecome dicono alcuniinriformare lo stato e crearsi gonfaloniere a vitavolse lo animo arassettare Pisala quale era in povertà grandissima e moltavòta di abitanti e di esercizi; e parendogli da dare questacura a' consoli di maremutato el modo di eleggergliche erano persquittinoed el numero che erano cinque e l'autorità che eraordinariane face fare a mano ne' settantatre con autoritàamplissimache furono Lorenzo MorelliFilippo della Antella e PieroGuicciardini; e' quali avessino a ordinare la riforma di Pisaattendere a fortificare Livornoarmare legni grossi per poterenavigarecome si soleva fare innanzi alle guerre co' genovesi. Lequali cose sendo abozzate si interruppono per lo accidente di che dísotto si dirà. Fortificossi in quello tempo medesimoSerezzanafaccendosene un luogo quasi inespugnabilegiudicandoavessi a essere uno passo che tenessi ogni grosso esercito volessipassare di Lombardia; muravasi ancora con uno disegno bellissimo efortissimo el Poggio Imperiale e tutto el paese; e le cose nostre siornavano di legge e di munizione.




IX- MORTE Dl LORENZO DE' MEDICI (1492) - SUO RITRATTO. CONFRONTO CONCOSIMO.


Erain somma pace la cittàuniti e stretti e' cittadini dellostato e quello reggimento in tanta potenzia che nessuno si ardivacontradirlo; dilettavasi el popolo ogni dí di spettaculidifeste e cose nuove; nutrivasi coll'essere la città abundantedi vettovaglie e tutti gli esercizi in fiore ed essere; pascevansigli uomini ingegnosi e virtuosi collo essere dato ricapito econdizione a tutte le letterea tutte le artea tutte le virtú;e finalmente la città sendo drento universalmente in sommatranquillità e quietedi fuori in somma gloria e riputazioneper avere un governo ed un capo di grandissima autoritàperavere frescamente ampliato lo imperioper essere stata in gran partecausa della salute di Ferrara e poi del re Ferrandoper disporre diInnocenzio interamenteper essere collegata con Napoli e con Milanoper esser quasi una bilancia di tutta Italianacque uno accidenteche rivoltò ogni cosa in contrariocon scompiglio non solodella cittàma di tutta Italia. E questo è che neldetto anno 1491 avendo Lorenzo de' Medici avuto un male lungo egiudicato nel principio da' medici di non molta importanzanéforse curato con la diligenzia si convenivae peròoccultamente avendo sempre preso forzefinalmente a dí... diaprile 1492 passò della presente vita.


Fudenotata questa morte come di momento grandissimo da molti presagi:era apparita poco innanzi la cometa; erasi uditi urlare lupi; unadonna in Santa Maria Novella infuriata aveva gridato che uno buecolle corna di fuoco ardeva tutta la cittàeransi azzuffatiinsieme alcuni lioni ed uno bellissimo era stato morto dagli altried ultimamente un dí o dua innanzi alla morte suadi notteuna saetta aveva dato nella lanterna della cupola di Santa Liperata efattone cadere alcune pietre grandissimele quali caddono verso lacasa de' Medicied alcuni (etiam )riputorono portento che maestroPiero Lione da Spuletoper fama primo medico di Italiaavendolocuratosi gittò come disperato in un pozzo e vi annegòbenché alcuni dissono vi era stato gittato drento.


EraLorenzo de' Medici di età di anni quarantatré quandomoríed era stato al governo della città ventitréanniperché quando morí Piero suo padre nel 69era dianni venti; e benché rimanessi tanto giovane e quasi in curadi messer Tommaso Soderini ed altri vecchi dello statonondimeno inbrieve tempo prese tanto piede e tanta riputazioneche governava asuo modo la città. La quale autorità ogni dímultiplicandogli e di poi diventata grandissima pella novitàdel 78 e di poi per la ritornata da Napolivisse insino alla mortegovernandosi e disponendosi la città tanto interamente aarbitrio suoquanto se ne fussi stato signore a bacchetta. E perchéla grandezza di questo uomo fu grandissimache mai Firenze ebbe uncittadino pari a luie la fama sua molto amplissima e doppo la mortee mentre vissenon mi parrà fuori di propositoanziutilissimo descrivere particularmente e' modi e qualità suaper quanto n'abbi ritratto non da esperienziaperché quandomorí io ero piccolo fanciolloma da persone e luoghiautentichi e degni di fedee di natura chese io non mi ingannociò che io ne scriverrò sarà la pura verità.


Furonoin Lorenzo molte e preclarissime virtú; furono ancora in luialcuni viziparte naturaliparte necessari. Fu in lui tantaautoritàche si può dire la città non fussi asuo tempo liberabenché abondantissima di tutte quelle gloriee felicità che possono essere in una cittàlibera innomein fatto ed in verità tiranneggiata da uno suocittadino; le cose fatte da luibenché in qualche parte sipossino biasimarefurono nondimeno grandissimee tanto grande cherecano piú ammirazione assai a considerarle che a udirleperché mancanonon per difetto suo ma della età econsuetudine de' tempidi quegli strepiti di arme e di quella arte edisciplina militare che recono tanta fama negli antichi. Non sileggerà in lui una difesa bella di una cittànon unaespugnazione notabile di uno luogo fortenon uno stratagema in unoconflitto ed una vittoria degli inimici; e però nonrisplendono le cose sue di quegli fulgori delle arme; ma bene sitroverrà in lui tutti quegli segni ed indizi di virtúche si possono considerare ed apparire in una vita civile.


Nessunoeziandio degli avversari e di quegli che l'hanno obtrettatoneganoche in lui non fussi uno ingegno grandissimo e singulare; e ne fatanto fede l'avere ventitré anni governata la città esempre con augumento della potenzia e gloria suache sarebbe pazzochi lo negassimassime sendo questa una città liberissima nelparlarepiena di ingegni sottilissimi ed inquietissimied unoimperio piccolo da non potere cogli utili pascere tutti e' cittadinima sendo necessario checontentatane una piccola partegli altri nefussino esclusi. Fanne fede la amicizia ed el credito grande che ebbecon molti principi in Italia e fuori di Italia; con Innocenziocolre Ferrandocol duca Galeazzocol re Luigi di Franciainfino alGran turcoal Soldanodal quale negli ultimi anni della sua vita fupresentato di una giraffadi uno lione e di castroni; che nonnasceva da altro che da sapere lui con gran destrezza ed ingegnotrattenersi questi principi. Fanne fedeapresso a chi lo udíe' parlari sue publichi e privatitutti pieni di acume ed arguziagrandeco' quali in molti luoghi e tempie massime nella dieta diCremonasi fece acquisto grandissimo. Fanne fede le lettere dettateda luipiene di tanto ingegno che piú non si puòdesiderarne; le quale cose tanto parvono piú bellequantofurono accompagnate da una eloquenzia grande e da uno direelegantissimo.


Ebbebuono giudicio e di uomo savioe nondimeno non di qualità dapotersi paragonare collo ingegno; e furono notate in lui piúcose temerarie: la guerra di Volterrache per volere sgarare e'volterrani in quegli allumigli constrinse a ribellarsi ed accese unfuoco da mettere sottosopra tutta Italiabenché el fine fussibuono; doppo la novità del 78se si portava dolcemente colpapa e col renon arebbono forse rottogli guerrama el volereprocedere come ingiuriato e non volere dissimulare la ingiuriaricevutapotettono essere cagione della guerra con grandissimo dannoe pericolo della città e suo; l'andata a Napoli fu tenutadeliberazione troppo animosa e troppo corsasendosi messo nelle manidi uno re inquietissimo infedelissimo ed inimicissimo suoe se benela necessità della pacein che era la città e luiloscusinondimeno fu opinione l'arebbe potuta fare standosi inFirenzecon piú sua sicurtà e non con meno vantaggio.


Appetíla gloria e la eccellenzia piú che alcuno altroin che si puòriprendere avere avuto troppo questo appetito nelle cose eziandiominimepel quale non voleva eziandio ne' versine' giuochinegliesercizi essere pareggiato o imitato da alcuno cittadinosdegnandosicontro a chi facessi altrimenti; fu troppo eziandio nelle grandeconciosiaché volessi pareggiarsi e gareggiare in ogni cosa contutti e' principi di Italiail che dispiacque assai al signoreLodovico. Nondimeno (in universum )tale appetito fu laudabile e fucagione fare celebrare in ogni luogoeziandio fuori di Italialagloria ed el nome suoperché si ingegnò che a' tempisua fussino tutte le arte e le virtú piú eccellente inFirenze che in altra città di Italia. Principalmente allelettere ordinò di nuovo a Pisa uno Studio di ragione e diartee sendogli mostro per molte ragione che non vi potevaconcorrere numero di studianti come a Padova e Paviadisse glibastava che el collegio de' Lettori avanzassi gli altri. E peròsempre vi lesse a' tempi suacon salari grandissimitutti e' piúeccellenti e piú famosi uomini di Italia non perdonandosi néa spesa né a fatica per averglicosí fiorirono inFirenze gli studi di umanità sotto messer Agnolo Polizianoe'greci sotto messer Demetrio e poi el Lascarigli studi di filosofiae di arte sotto Marsilio Ficinomaestro Giorgio Benignoel contedella Mirandola ed altri uomini eccellenti.


Détteel medesimo favore a' versi vulgarialla musicaalla architetturaalla pitturaalla sculturaa tutte le arte di ingegno e diindustriain modo che la città era copiosissima di tuttequeste gentilezze; le quali tanto piú emergevano quanto luisendo universalissimone dava iudicio e distingueva gli uominiinforma che tutti per piú piacergli facevano a gara l'unodell'altro. Aiutavalo la sua liberalità infinitacolla qualeabondava a' valenti uomini le provisione e gli soppeditava tutti gliinstrumenti necessari alle arte loro come quando per fare unalibreria greca mandò el Lascariuomo dottissimo e che leggevagreco in Firenzee cercare insino in Grecia libri antiqui e buoni.


Questamedesima liberalità gli conservava el nome e le amicizie co'principi e fuora di Italianon pretermettendo lui alcuna spezie dimagnificenziacon sua gandissima spesa e dannocolla quale potessitrattenersi gli uomini grandi; in forma che moltiplicando a LioneaMilanoa Bruggia e ne' luoghi dove erano e' traffichi e ragione suale spese per le magnificenzie e donativie diminuendosigli e'guadagni per non essere governate da uomini sufficienticomeLionetto de' RossiTommaso Portinari e similied inoltre non glisendo renduti e' conti beneperché lui non si intendeva dellamercatura e non vi badavasi condusse piú volte in tantodisordineche fu per fallire e gli fu necessario aiutarsi e co'danari degli amici e co' danari publici. E però nel 78 accattòda' figliuoli di Pierfrancesco de' Medici ducati sessantamilae'quali non potendo loro renderegli pagò di quivi a qualcheanno assegnando loro Cafaggiuolo colle possessione aveva in Mugello;ordinò che in quella guerra e' soldati si pagassino al bancode' Bartolinidove lui participava; e per suo ordine era ritenutane' pagamenti tanta quantità che portava circa a otto percentoche tornava danno al comune; perché e' condottieritenevano tanto manco gente che si salvavanoed el commune bisognavafacessi tante piú condotte. Cosí di poi in altro temposi valse del publico per soccorrere a' bisogni e necessitàsuache furono piú volte sí grandiche nello 84 pernon fallirefu constretto accattare dal signore Lodovico ducatiquattromila e vendere un a casa aveva in Milano per altriquattromilache era stata donata dal duca Francesco a Cosimo suoavolo; che è da credere rispetto alla sua natura tantoliberale e magnificalo facessi colle lagrime in su gli occhi. Diche vedutosi abandonato dagli aviamenti de' trafichisi volse a fareuna entrata di possessione di quindicimila o ventimila ducati; e sidistese in modo oltra alle antiche sue in quello di Pisa che dovevaessere a diecimila.


Fudi natura molto superboed in modo cheoltre al non volere che gliuomini si gli opponessinovoleva ancora intendessino perdiscrezioneusando nelle cose importante poche parole e dubie; nelloordinario del conversare molto faceto e piacevole; nel vivere in casapiú tosto civile che suntuosoeccetto che ne' conviti co'quali onorava molto magnificamente assai forestieri nobili chevenivano a Firenzefu libidinoso e tutto venereo e constante negliamori suache duravano parecchi anni; la quale cosaa giudicio dimoltigli indebolí tanto el corpo che lo fece moriresi puòdiregiovane. L'ultimo amore suoe che durò molti annifuin Bartolomea de' Nasimoglie di Donato Benci nella qualebenchénon fussi formosama maniera e gentile era in modo impaniatocheuna vernata che lei stette in villapartiva di Firenze a cinque osei ore di notte in sulle poste con piú compagni e la andava atrovarepartendosene nondimeno a tale orache la mattina innanzi dífusse in Firenze. Della quale cosa dolendosi molto Luigi dalla Stufaed el Butta de' Medici che vi andavono in sua compagnialeiaccortasene gli messe tanto in disgrazia di Lorenzoche percontentarla mandò Luigi imbasciadore al Soldanoed el Buttaal Gran turco. Cosa pazza a considerare che uno di tanta grandezzariputazione e prudenziadi età di anni quarantafussi sípreso di una donna non bella e già piena di anniche siconducessi a fare cose che sarebbono state disoneste a ognifanciullo.


Futenuto da qualcuno di natura crudele e vendicativo per la durezza usònel caso de' Pazziimprigionando e' giovani innocenti e non volendosi maritassino le fanciulledoppo tante uccisione si erano fatte inquegli giorni. Nondimeno quello accidente fu tanto acerboche non fumaraviglia si risentissi estraordinariamentee si vede pure poi chemitigato dal tempodette licenzia che le fanciulle si maritassino efu contento che e' Pazzi uscissino di prigione e andassino a starefuori del territorio; vedesi ancora negli altri suoi processi nonavere usato crudeltàné essere stato uomo sanguinoso.Ma quello che fu in lui piú grave e molesto che altra cosafuel sospettocausato forse non tanto da naturaquanto dalcognoscersi avere a tenere sotto una città liberae nellaquale era necessario che le cose s'avevano a faresi facessino da'magistrati e secondo gli ordini della città e sotto spezie eforma di libertà; e però ne' principi suoicome primacominciò a pigliare piedeattese a tenere sotto quanto potevatutti quegli cittadinie' quali cognosceva o per nobilità oper ricchezza o per potenzia o per riputazione dovere essere stimatiper lo ordinario. E benché a questi talise erano di casa estirpe confidente allo statofussino concessi largamente e'magistrati della cittàle imbascierie commessene e similionorinondimeno non si fidando di lorofaceva signori deglisquittinidelle gravezzee conferiva gli intrinsechi segreti sua auominia chi e' dava riputazioneche fussino di qualità chesanza lo appoggio suo non avessino seguito. Di questi fu un messerBernardo BuongirolamiAntonio di PuccioGiovanni LanfrediniGirolamo Morelli (benché questo diventò poi sígrande che nel 79 gli fece paura)messer Agnolo NiccoliniBernardodel Neromesser Pietro AlamanniPierfilippo PandolfiniGiovanniBonsiCosimo Bartoli ed altri similibenché in tempidiversiurtando qualche volta messer Tommaso Soderinimesser Luigied Iacopo Guicciardinimesser Antonio Ridolfimesser BongianniGianfigliazzimesser Giovanni Canigianie poi Francesco ValoriBernardo RucellaiPiero VettoriGirolamo degli AlbizziPieroCapponiPagolantonio Soderini ed altri simili. Dì qui nacqueel tirare su Antonio di Bernardoel qualesendo arteficefuproposto alla cura del Monte con tanta autorità che si puòdire governassi e' due terzi della città ser Giovanni notaioalle riformagioneel qualefigliuolo di uno notaio da Pratovecchioebbe tanto favoreche avendo avuto tutti gli altri magistrati esendo molto compiaciuto da luisarebbe stato gonfaloniere digiustizia; messer Bartolomeo Scalaqualefigliuolo di uno mugnaioda Collesendo cancelliere maggiore della signoriafu fattogonfaloniere di giustizia con grandissimo scoppio e sdegno di tuttigli uomini da beneed insommabenché gli uomini dellaqualità di quegli di sopra intervenissino alle cosenondimenonel consiglio del Centonegli squittininelle gravezzevimescolava tanti uomini mezzanide' quali aveva fatto intelligenzieche loro erano signori del giuoco.


Questomedesimo sospetto gli fece tenere cura che molti uomini potenti daper loro non si imparentassino insiemee si ingegnava apaiargli inmodo non gli dessino ombrastrignendo qualche voltaper fuggirequeste coniunzionide' giovani di qualità a tôrre perdonna alcune che non arebbono tolteed insomma era la cosa ridottain modo che non si faceva parentado alcuno piú che mediocresanza participazione e licenzia sua. Questo medesimo sospetto fucausaacciò che gli imbasciadori che andavano fuora nonuscissino della voglia suadi ordinare che a Romaa NapoliaMilano stessi fermo un cancelliere salariato dal publicoche stessia' servigi dello imbasciadore vi risedevaco' quali lui teneva contoda parte ed era avisato delle cose occorrente. Non voglio metterefra' sospetti el menarsi drieto un numero grande di staffieri collearmee' quali lui favoriva assai dando a alcuni spedali e luoghipiiperché la novità de' Pazzi ne fu cagione;nondimeno non era spezie di una città libera e di unocittadino privatoma di uno tiranno e di una città cheservissi. Ed insomma bisogna conchiudere che sotto lui la cittànon fussi in libertànondimeno che sarebbe impossibile avessiavuto un tiranno migliore e piú piacevole; dal quale uscironoper inclinazione e bontà naturale infiniti beniper necessitàdella tirannide alcuni mali ma moderati e limitati tanto quanto lanecessità sforzavapochissimi inconvenienti per volontàed arbitrio liberoe benché quegli che erano tenuti sotto sirallegrassino della sua mortenondimeno agli uomini dello stato edancora a quegli che qualche volta erano urtatidispiacque assainonsapendo dove per la mutazione delle cose avessino a capitare. Dolseancora molto allo universale della città ed al popolo minutoel quale del continuo era tenuto da lui in abondanziain piaceridilettazioni e feste assai; dette grandissimo affanno a tutti gliuomini di Italia che avevano eccellenzia in lettere in pitturascultura o in simili arteperché o erano condotti da lui congrandi emolumentio erano tenuti in piú riputazione daglialtri principie' quali dubitavanonon gli vezzeggiandonon se neandassino da Lorenzo.


Lasciòtre figliuoli maschi: Pieroel primodi età d'anni circaventuno; messer Giovanni cardinaleel secondoel quale pochesettimane innanzi alla sua morte aveva ricevuto el cappe]lo ed erastabilito nella dignità del cardinalatoGiulianoel terzoancora fanciullo. Fu di statura mediocreel viso brutto e di coloreneropure con aria grave; la pronunzia e boce roca e poco grataperché pareva parlassi col naso.


Sonomolti che ricercano chi fussi piú eccellente o Cosimo o lui;perché Pierobenché di pietà e clemenziaavanzassi l'uno e l'altrofu sanza dubio inferiore di loro nellealtre virtú. Nella quale quistione pare da conchiudere cheCosimo avessi piú saldezza e piú giudicioperchélui fece lo statoe da poi che l'ebbe fattose lo godétrent'anni sicuramentesi può diree sanza contradizionecomportando bene uno pari di Nerie gli altri di chi aveva qualchesospettosanza venire a rottura con loro e nondimeno in modo nefussi sicuro. Ed in tante occupazioni dello stato non lasciòle cura della mercatantia e delle cose sue privateanzi le governòcon tanta diligenzia e con tanto cervelloche si trovò semprele ricchezze maggiore dello statoel quale era grandissimoe non fuconstretto per bisogno avere a maneggiare l'entrate publichenéa usurpare quello de' privati. In Lorenzo non fu tanto giudiciobenché avessi una briga sola di conservare lo statoperchélo trovò fatto; nondimeno lo conservò con moltipericolicome fu la novità de' Pazzi e la gita di Napoli;nelle mercatantie e cose private non ebbe intelligenziain modo cheandandogli malefu forzato valersi del publico e forse in qualchecosa del privatocon grandissima infamia e carico suoma abondoronoin lui eloquenzia destrezza ingegno universale in delettarsi di tuttele cose virtuose e favorirle; in che Cosìmo al tutto mancòel quale si dicemassime da giovaneessere stato nel parlare piútosto inetto che altrimenti.


Lamagnificenzia dell'uno e dell'altro fu grandissimama in speziediverse:

Cosimoin edificare palazzichiese nella patria e fuori della patriaecose che avessino a essere perpetue ed a mostrare sempre presentefama di luiLorenzo cominciò al Poggio a Caiano una muragliasuntuosissima e non la finí prevenuto dalla morte; e con tuttofussi in sé cosa grandenondimeno rispetto alle tante e talimuraglie di Cosimosi può dire murassi nulla; ma fugrandissimo donatore e co' doni e liberalità sua si fecegrandissime amicizie di principi e di uomini erano apresso a loro.Per le quali cose si può in effetto a mio giudicio conchiuderechepesato insieme ogni cosaCosimo fussi piú valente uomoe nondimeno per la virtú e per la fortuna l'uno e l'altro fusí grandissimoche forse dalla declinazione di Roma in quanon ha avuto Italia uno cittadino privato simile a loro.


Intesasiin Firenze la morte di Lorenzoperché morí a Careggial luogo suovi concorse subito moltissimi cittadini a visitarePiero suo figliuoloal qualeper essere el maggioresi apartenevaper successione lo stato; e di poi si feciono in Firenze le esequiesanza pompa e suntuositàma con concorso di tutti e'cittadini della cittàtutti con qualche segno di brunoe condimostrazione di essere morto uno publico padre e padrone dellacittà; la quale sí come in vita suaraccolto insiemeogni cosaera state felicecosí doppo la morte sua cadde intante calamità ed infortuniche multiplicorono infinitamenteel desiderio di lui e la riputazione sua.





X- PRIMI TEMPI DELLA SUCCESSIONE Dl PIERO DE' MEDICI - ELEZIONE DlPAPA ALESSANDRO VI BORGIA.


PIEROSl ALIENA LO STATO Dl MILANO

MortoLorenzoe' cittadini dello stato ristrettisi insieme si risolveronoche lo stato continuassi in Pieroe lo abilitorono pe' consigli aglionorigradi e prerogative aveva el suo padre Lorenzoed in effettotransferirono in lui tutta quella autorità e grandezza. ElpapaNapoliMilano e gli altri principi e potentati di Italiamostrorono dolersi assai della morte di Lorenzo e mandoronoimbasciadori a Firenze a condolersied inoltre a raccomandare e'figliuoli e confortare che per buono stato della cittàconservassino a Piero el grado del padrefaccendo in effetto tutti agara di guadagnarsi Piero e farselo benivolo. Ed infra gli altrifurono le dimostrazione del signore Lodovico grandissimemandandoper imbasciadore messer Antonio Maria da Sanseverinofigliuolo delsignore Rubertouomo riputato assai e caro al signore Lodovicoedaccumulando tutti quegli segni di affezione e benivolenzia eranopossibili. Furono questi princípi di Piero sí grandiavendo sí gagliardamente in beneficio suo la unione dellacittà ed el favore de' principiche se a tanta fortuna estato fussi pure mediocremente corrisposto la prudenziaera in modoconfitto in quella autoritàche era quasi impossibile necadessi; ma el suo poco cervello e la mala sorte della cittàfeciono facilissimo quello che pareva non potessi essere. Nella qualecosa io mi ingegnerò di mostrare non solo gli effetti e lecagione in generema ancoraquanto piú particularmente potròle origine e le fonte di tutti e' mali.


Transferitaanzi perpetuata in Piero questa grandezza del padree parendo chenel principio si consigliassi cogli amici del padre e dello statocome si diceva avergli ricordato Lorenzo alla morteaccadde cheBernardo Rucellai che aveva avuto per donna una sorella di LorenzoePaolantonio Soderini che era cugino carnale di Lorenzo e nato di unasorella della madre suaed e' quali erano stati a tempo di Lorenzoadoperati assaipure con quegli riguardi che erano gli altri chesanza el caldo di Lorenzo parevano atti a avere per lo ordinarioriputazione nella città ristrettisi insieme credo condesiderio di mantenere pure lo stato a Pieroma che e' limitassi emoderassi alcuna di quelle cose che a tempo di Lorenzo erano stategrave a' cittadini e le qualiinsino vivo LorenzoBernardo Rucellaiaveva qualche volta biasimategli cominciorono a persuadere che e'volessi usare moderatamente la autorità sua equanto pativala conservazione dello stato suoaccostarsi piú tosto a unavita civileche continuare in quelle cose che davano ombra ditirannoper le quale molti cittadini avevano voluto male a Lorenzo;mostrandogli che in effetto questo sarebbe un fortificare lo statosuo per la grazia e benivolenzia ne acquisterebbe colla città.


Nonera naturalmente el cervello di Piero inclinato a essere capace diquesti ricordiperchécome tutto dí mostrorono e'processi suala sua natura era tirannesca ed altierama vi siaggiunse checome fu intesa questa cosasubito ser Piero daBibbiena suo cancelliere ed alcuni cittadinifra' quali si diceessere stato vivamente Francesco Valorigli dissono che questo nonera el bene suoe che chi lo consigliava cosígli volevafare perdere lo stato; in modo che non solo non seguitò elparere di Bernardo e Pagolantonioma insospettito tacitamente dilorogli cominciò piú tosto a ributtare che no. Di cheloro accorgendosinon procederono saviamente come dovevanoanzipoco poi si contrassesanza participazione di Pero se non doppo elfattoparentado fra loro e gli Strozziperché Bernardo detteuna sua figliuola piccola per donna a Lorenzo figliuolo già diFilippo Strozziancora fanciulloe Paolantonio dette per moglie aTommaso suo primo figliuolo una figliuola di Filippo Strozzi con dotagrande.


Nonpotette questo parentado dispiacere piú a Pieroparendogliche el congiugnersi dua uomini di tale autorità insieme conuna casa chebenché non avessi statoera di momento peressere nobilericcadi numero grande d'uomini e malcontenta delreggimentofussi uno principio di volergli far testa contro e tòrgliel governo; interpretando massime essendo questo secondo segno loroche quegli primi ricordi loro fussino stati a cattiva fine.


Insospettitoadunche di loro e sdegnatoed incitatone da ser Piero ed altri cheper essere in piú riputazione con luigli augumentavanoquesti sospettiroppe con loro e gli alienò in tutto da ognicura dello statomostrando apertamente riputargli inimici sua; diche loro vedendosi ribattuti se ne governorono diversamente:Paolantoniomostrando dolersi di quello che aveva fattoconpazienzia e con favore di Niccolò Ridolfi suo cognatoerificcandosi sottoingegnava di rapiccarsi; Bernardodi natura piútosto da rompersi che piegarsi accresceva ogni dí questa maladisposizione di Piero inverso di lui facendo segni manifesti che elpresente governo gli dispiacessi.


Questadisunione di costoro con Piero non solo lo fece insospettire di loroma quasi cominciando a credere che tutti gli uomini di qualitào la maggiore partefussino dello animo medesimodette occasione aser Pieroa messer Agnolo Niccolini ed alcuni altri malignidipersuadergli non si confidassi degli amici del padre; in modo chebenché non si gli alienassi apertamenteanzieccettoBernardo e Paolantoniogli conservassi negli onori e degnitàpure non se ne fidando interamentesi governava piú perconsiglio suo e di messer Agnolo e ser Piero che di loro; in formache loro governavano quasi ogni cosa e si vendicorno autoritàgrandissimacome avevano da principio malignamente disegnato e dipoi cercocon grandissimo danno di Piero; perché chiconsidererà bene farà giudicio che el disporre Piero anon prestare fede a' cittadini savi ed amici dello statofussi elprincipio della ruina sua.


Nel'anno medesimo e del mese di...morí papa Innocenzio ed insuo luogo fu eletto Roderigo Borgia valenzianovicecancellierenipote di papa Calistoel quale salí in questo grado confavore del signore Lodovico e di monsignore Ascanioche inremunerazione fu creato vicecancelliere; ma principalmente persimoniaperché con danaricon uficicon benefícicon promesse e con tutte le forze e facultà sua si pattuíe comperò le voce de' cardinali e del collegio; cosabruttissima e abominabilee principio convenientissimo a' suoifuturi tristi processi e portamenti. Furono creati subito per lacittà a dargli la obedienziasecondo el commune costume de'cristianioratori messer Gentile vescovo aretinoel quale dinazione di quello di Urbinosendo suto maestro di Lorenzo e sendouomo dotto e virtuosoera stato per suo favore sublimato a quellogrado; messer Puccio di Antonio Pucci dottore di legge; TommasoMinerbettiche vi andò per esserecome fufatto cavalieredal papa; Francesco ValoriPierfilippo Pandolfini e Piero de'Medici. E' quali ordinandosi per andarefu introdotto dal signoreLodovico chesendo collegati NapoliMilano e Firenzesarebbe beneper riputazione della lega che gli imbasciadori di tutti siconvenissino in qualche luogo presso a Roma e di poi entrassinoinsieme ed esponessino communemente in nome di tutti a tre laimbasciata. Fu consentito a Firenze ed a Napoli; di poi messerGentiledesideroso di fare la orazionela quale sarebbe tocca allooratore del re'persuase a Piero essere bene che ognuno entrassi edesponessi separatamente.


Scrissesia Napoli al re che vi disponessi el signore Lodovico; el quale lofecemanifestandogli però farlo per compiacere a' fiorentini;alterossene el signore Lodoviconon gli piacendo questa variazione edubitando che Piero non fussi per intendersi molto seco. E sendosiseguito in questo secondo modosi aggiunse una altra alterazioneperché sendo eletti per Milano oratori messer Ermes fratellodel ducaed alcun'altri de' primie sendosi magnificamenteordinatifurono tanto grandi e suntuosi gli apparati di Pierochesuperorono di gran lunga quegli; di che si commosse assai el signoreLodovicoparendogli che Piero avessi voluto gareggiare seco e nonsolo si volessi agguagliare a sé e gli altri principi diItaliama eziandio avanzargli. Queste cose cosí minimebenché non lo alienassino da Piero nondimeno preparorono lavia che le maggiore potessino piú facilmente indurrealterazionedelle quali avessi finalmente a seguitare la ruinacommune.


Avevael signore Francesco Cibofigliuolo di papa Innocenzio e cognato diPiero de' Medicitenutovivente el padrealcune terre in quello diRoma che si apartenevano alla Chiesae dubitando per la creazionedel nuovo pontefice non le avere a perderele vendé per mezzodi Piero al signore Virginio Orsino parente di Pieroel quale eranato di madre Orsina ed aveva per donna una degli Orsini. E futrattata questa cosa con ordine del re Ferrandodel quale Virginioera soldatoperché vedendo el reel papa esser creato confavore di Milanovolle che queste terre fussino uno osso in gola alpapacol quale gli Orsini potessino strignerlo a suo propositoedal medesimo fine dava favore a Giuliano cardinale di San Piero inVinculael quale teneva Ostia e non la voleva rendere al papa.E'bbene el papa dispiacere assaie non minore el signore Lodovicoparendogli fussi a suo beneficioper la amicizia aveva col papamantenerlo grande ed in riputazionee cosí avendo per maleche el re pigliassi piú forze e piú autoritàs'avessiperché dubitava che quando potessi lo caccierebbedel governo di Milanoperché quello stato fussi nelle manidel duca. Ed oltre a' rispetti el papa e regli dispiacque che Pierosi fussi gittato in collo al re; e persuadendosi che el re per mezzodegli Orsini ne avessi sempre a disporree lui a non se ne poterevalere nullainfiammatovi drentodeliberò non soportarequesta ingiuria. Ed avendo piú volte fatto intendere a messerAntonio di Giennaro oratore del reed a messer Agnolo Niccolini e dipoi a Piero Guicciardiniche successivamente furono imbasciadori aMilano per la città quanto gli dispiacessi l'essere el papabistrattatoe che se Virginio non restituiva le terrelui non eraper avere pazienzia; e vedendo la cosa andare in lungo ed esseremenato di parolefinalmente nel principio dell'anno 1493 conchiuseuna lega col papa e co' vinizianinella quale oltre agli oblighigenerali delle mutue difese degli statie' viniziani e lui siobligorono a pagare uno certo numero di gente d'arme al papaqualelui potessi recuperare le terre teneva Virginio. E poco poiparendogli che e' viniziani procedessino lenti a favorire el papa emuovere le armee vedendosi al tutto inimicato col re e co'fiorentini sdegnatoe volendosi a un tratto assicurare e vendicarecominciò a tenere pratica con Carlo re di Franciache e'passassi in Italia allo acquisto del reame di Napoliqualepretendeva apartenersigli per essere erede degli Angioinipromettendogli aiuto di danari. E perché el re era giovane evolenteroso e naturalmente inclinato a questa impresatrovògli orecchi della corte piú facili a questa pratica che non sistimava; la quale riscaldandosi e divulgandosi per Italiae come elre era disposto al tutto passaree publicamente lui e la corte lodicevavi fu mandati imbasciadori per la cittànon con animodi fare conclusione messer Gentile vescovo di Arezzo e PieroSoderinial quale Piero aveva cominciato a dare riputazione per faredispetto a Paolantonio suo fratello maggiore.


Questifurono e' princípi e le origine della ruina di Italiaeparticularmente di Piero de' Medici; el qualeoltre a trovarsiqualche disunione nella cittàsi alienò totalmentenello stato di Milano dal qualepoiché era stato in manodegli Sforzeschisempre la città e particularmente la casasuaaveva tratto riputazione e sicurtà grandissima.Publicandosi e certificandosi piú ogni dí che el revoleva passare in Italiael re Ferrando fece accordare Virginio colpapa non però restituendogli le terrema ricomperandole epigliandole in feudo dalla Chiesa con certa somma di danari.


Masendo già gonfiati gli animi tra Napoli e Milanoe pieni didiffidenzia ed odio grandissimo el signore Lodovico seguitava lapratica co' Franzesie' quali non dicevano piú volerepassarema si mettevano in ordine di farlo di prossimo E ricercandoloro la città di fare composizione e dichiararsi con loropermettere tempo in mezzo e dare parolelicenziati e' primiimbasciadorivi furono mandati nuovi oratori messer GuidantonioVespucci e Piero Capponi.


Nellafine dell'anno morí el re Ferrandoe venne lo stato inAlfonso duca di Calavria suo primogenito el quale scrisse una letteradi mano propria al signore Lodovicosí amorevole e sípiena di buone parole e promesse di volere essere suoche locommosse grandemente e lo inanimò a volere pensare dipacificare le cose di Italia e divertire questo umore de' Franzesi.Ma sendo poi per non so che piccolo accidentedi nuovo rialteratigli animiriscaldando tutto dí le cose di Franciael papadubitando forse che troppa piena non venissi in Italia si accordòcol re Alfonso e co' fiorentini per le quali cose piúriscaldato el signore Lodovicoed al tutto inimico del re e di Pierode' Medicie persuadendosise loro non ruinavanonon potere esseresalvonon restava a fare nulla per condursi al disegno suo.





XI- CONDOTTA POLITICA Dl PIERO DE' MEDICI - DISCESA Dl CARLO VIII -FUGA DI PIERO DA FIRENZE (1494).


1494Erano in Firenze Lorenzo e Giovanni figliuoli di Pierfrancesco de'Medicigiovani ricchissimi e di gran benivolenzia col popolo per nonavere maneggiato cose che dispiacessino; e' quali non sendo benecontenti di Pieromassime Giovanni che era di natura inquietissimo esollevava Lorenzo uomo bonariocominciorono a tenere qualche praticacol signore Lodovico per mezzo di Cosimo figliuolo di BernardoRucellaiel qualeinimico di Pierosi era partito di Firenze. Esendo in su' princípie non avendo ancora trattato cosa diimportanzavenuta la cosa a lucedi aprile nel 94 furono tutt'a duesostenuti; e poi che ebbono aperto quello che avevanobenchéPiero fussi malissimo disposto con loronondimeno non concorrendo ainsanguinarsi e' cittadini dello stato furono liberati e confinatifuori di Firenze alle loro possessioni a Castelloe Cosimo Rucellaiassente ebbe bando di rubello.


Edin quegli medesimi dí entrorono in Firenze quattroimbasciadori franzesie' quali andavano a Romaed esposono pertransito la deliberazione del re e gli apparati faceva per passare inItaliarichiedendo la città lo favorissi o almeno gliconcedessi per le sue gente passo e vettovaglia. Fu per voluntàdi Pieroche per intercessione degli Orsini si era tutto dato al redi Napolicontro al parere di tutti e' savi cittadininegato l'unoe l'altropretendendo non poterlo fare per la lega vegghiava ancoracol re Alfonsoe ribollendo ogni dí le cosefurono mandatidalla città imbasciadori a Vinegia Giovan Batista Ridolfi ePaolantonio Soderiniper intendere la intenzione loro circa a questimovimenti e persuadere loro non volessino lasciare andare innanzi laruina di Italia. E cosí ogni dí piú la cittàsi scopriva per Napoli contro a Franciacon dispiacere universaledel popoloinimico naturalmente della casa di Ragona ed amico diFranciacontro alla voglia ancora de' cittadini dello statoe'quali vedendo Piero tanto ostinato a questa via non si ardivanocontradirgli; e massime che messer Agnolo Niccolini e quegli piúsuoi intrinsechiparlavano sempre nella pratica sanza rispetto perquesta parte.


AvevaPiero fatto una pratica stretta di cittadinico' quali siconsultavano queste cose dello stato: messer Piero AlamannimesserTommaso Minerbettimesser Agnolo Niccolinimesser AntonioMalegonnellemesser Puccio PucciBernardo del NeroGiovanniSerristoriPierfilippo PandolfiniFrancesco ValoriNiccolòRidolfiPiero GuicciardiniPiero de' Medici ed Antonio di Bernardo;a' quali tuttida pochi in fuoradispiaceva questa risoluzionenondimeno sendo favorita da' piú intrinsechinon siopponevanoeccetto qualche volta e non molto Francesco Valori ePiero Guicciardini. Ma perché Piero in spirito intendevaquanto la sodisfacessinon conferiva loro tutte le lettere e gliavisima solo quelle cose che diminuivano ed erano in disfavore delre di Franciael quale tutto dí si metteva in ordineed aGenova per conto suo si armavano legni e se ne faceva scala dellaguerra.


Perla qual cosa el re Alfonsoconsiderando di quanto momento sarebbe ellevargli la oportunità di Genovaavendo spalle da alcunifuorusciti genovesifece impresa mutare lo stato di Genova e mandòa Pisa don Federigo suo fratello con una grossa armata; el quale dipoi andato a porto Spezie e messo gente in terrafurono quegli chescesono ributtati e rotti; di che don Federigonon riuscendo laimpresasi ritornò a Pisa. E parendo al re ed a Piero che eltenere bene guardata Serezzanarispetto allo essere el passofortissimoimpedissi al re Carlo potere passare da quelle partepertòrgli ancora el passo di Romagnamandorono Ferrando duca diCalavriaprimogenito del rein Romagna con uno esercito grossoacciò che colle spalle di Cesenaterra della Chiesae diFaenzache era nella nostra raccomandigiasi opponessi a' franzesi.Nel qual tempo el re Carlodesideroso passare pe' terreni nostripacificamentemandò di nuovo uno oratore a Firenze arichiedere del passopromettendo largamente amicizia e tutti e'favori e commodità potessi fare alla città; la qualecosa sendo pure rifiutatacacciò del regno suo tutti e'mercatanti nostri. Né per questo si raffreddava la ostinazionedi Piero; anzi parte mosso dalla amicizia teneva col re Alfonso ecogli Orsiniparte insospettito dal signore Lodovicocon favore dichi el re Carlo passavae perché Lorenzo e Giovanni diPierfrancesco erano partitisi da' confini e rifuggitisi a luiognidí perseverava nella ruina suaed attendendo a fortificarsi efare capo grosso a Pisa per rispetto di Serezzana e di quella bandavi furono mandati commessari generali per conto di tutta la guerraPierfilippo Pandolfini e Piero Guicciardini.


Erauna parte dello esercito del re Carlo poco innanzi passate l'Alpeeda poi lui personalmente col resto dello esercito venutone in Italia;nel quale era grandissimo numero di uomini d'armefanterie edartiglieriema quanto non so el particulare. Ed era entrata inItalia una fiamma ed una peste che non solo mutò gli statimae' modi ancora del governargli ed e' modi delle guerreperchédove primasendo divisa Italia principalmente in cinque statipapaNapoliVinegiaMilano e Firenzeerano gli studi di ciascuno perconservazione delle cose proprievòlti a riguardare chenessuno occupasse di quello d'altri ed accrescessi tanto che tuttiavessino a tèmernee per questo tenendo conto di ogni piccolomovimento che si faceva e faccendo romore eziandio della alterazionedi ogni minimo castelluzzoe quando pure si veniva a guerra eranotanto bilanciati gli aiuti e lenti e' modi della milizia e tarde leartiglierieche nella espugnazione di uno castello si consumavaquasi tutta una statetanto che le guerre erano lunghissime ed e'fatti d'arme si terminavano con piccolissima e quasi nessunauccisione Ora per questa passata defranciosicome per una subitatempesta rivoltatasi sottosopra ogni cosasi roppe e squarciòla unione dl Italia ed el pensiero e cura che ciascuno aveva allecose communi in modo che vedendo assaltare e tumultuare le cittàe' ducati ed e' regniciascuno stando sospeso cominciòattendere le sue cose proprie né si muovere per dubitare cheuno incendio vicinouna ruina di uno luogo prossimo avessi a arderee ruinare lo stato suo. Nacquono le guerre subite e violentissimespacciando ed acquistando in meno tempo uno regno che prima non sifaceva una villa; le espugnazione delle città velocissime econdotte a fine non in mesi ma in dí ed oree' fatti d'armefierissimi e sanguinosissimi. Ed in effetto gli stati si comincioronoa conservarea rovinarea dare ed a tôrre non co' disegni enello scrittoio come pel passatoma alla campagna e colle arme inmano.


Scesoel re in Italia e venendone a Milanoel signore Lodovicobenchéfussi passato per introdotto suo e fussi in amicizia seconondimenoconsiderando la infidelità de' principi e massime de'franzesie' quali per gli utili e commodi loro tengono poco contodella fede e dell'onorecominciò a dubitare che el re sottoombra di volere che lo stato fussi liberamente in mano del ducaGiovan Galeazzo suo nipotenon lo levassi di quello governo aqualche suo proposito; per tòrgli ogni occasione di nuoceregli dette el veleno. Del quale sendo morto lo innocentissimo giovanefatti subito ragunare e' cittadini di Milanosendovi alcuni che persuo ordine lo proposonofu eletto ducabenché del signoremorto rimanessi uno piccolo e bellissimo fanciullo.


Entratodi poi el re Carlo in Milano e quivi ricevuto onoratissimamentesene venne per la via di Pontriemoli con una parte dello esercito allavolta di Lunigianaavendone mandate una altra in Romagna a rincontrodel duca di Calavria; e perché el castello di Serezzana erafortissimo e bene fornito di artiglierie e di tutte le cosenecessarie da difesaper non vi perdere tempo voltosi versoFivizzano lo prese e saccheggiò con uno grandissimo terrore ditutta quella provincia.


AFirenze erano le cose condizionate e disposte malee lo stato diPiero molto indebolito; ed el popolo vedendosi tirata adosso unaguerra potentissima e da non potere reggeresanza bisogno enecessità alcunaanzi per favorire e' ragonesi che eranouniversalmente in odiocontro a' franzesi amati assaí nellacittàsparlava publicamente di Pieromassime sapendo esserestate deliberazione sua contro la volontà de' primi cittadinidello stato.


Aggiugnevasiin genere tutte quelle cagione che fanno e' popoli inimici de'grandiel desiderio naturale di mutare le cosela invidia ed elcarico di chi aveva maneggiatoinoltre tutti coloro che eranoinimici e tenuti sotto dallo statorisentitisi e venuti in speranzache la città tornassi alla libertà anticae loroavessino a essere nel grado giudicavano meritarefacevano piúpericolosa questa male disposizione. Concorrevaci che e' governi diPiero in sée la natura sua era di qualitàche nonsolo era in odio agli inimicima ancora dispiaceva agli amiciequasi non la potevano sopportare; lui uomo altiero e bestiale e dinatura da volere piú tosto essere temuto che amatofiero ecrudeleche a' suoi dí aveva di notte dato delle ferite etrovatosi alla morte di qualche uomo; sanza quella gravità chesi richiedeva a chi fussi in tale governoconciosiaché intanti pericoli della città e suoi propri stava tutto dínelle vie publicamente a giocare alla palla grossa; di naturacaparbioe che non si intendendo delle coseo voleva governarlesecondo el cervello suocredendo solo a se medesimoo se prestavafede e si consigliava intrinsecamente con personanon erano queglicittadini che avevano esperienzia delle cose della cittàegovernatola lungo tempoed erano tenuti savied avevano interessenel bene e nel male publicoe naturalmente erano amici di luidelpadre e della casa suama con ser Piero da Bibbienacon messerAgnolo Niccolini e simili uomini ambiziosi e cattivie che loconsigliavano in tutte le cose secondo che ciecamente eranotraportati dalla ambizione e le altre cupiditàe percompiacerlo ed essergli piú carilo indirizzavano el piúdelle volte per quella via per la quale lo vedevano inclinato evòlto.


Eperòtrovandosi Piero in gran pericolo per el disordine difuori e la male disposizione di drentosi risolvé esserglinecessario accordarsi con Franciagiudicando quello che era vero cheposata bene questa parteognuno nella città per timore oaltro si rassetterebbee seguitando adunchebenché indiversi termini e poco a propositol'esemplo del padre Lorenzoquando andò a Napoliuna sera furiosamente accompagnato daIacopo GianfigliazziGiannozzo Pucci ed altri amici suoise ne andòa Serezzana a trovare el redove era venuto da Milano el ducaLodovico. Quivi doppo molte pratiche e ragionamenti si conchiuse didare in mano del re per sua sicurtà le fortezze di PisadiSerezzanadi Pietrasanta e di Livorno; e di subito gli furono sanzaaltra licenzia della città e sanza e' contrasegniconsegnatequelle di Serezzana e Pietrasanta da Piero di Lionardo Tornabuoni ePiero di Giuliano Salviati.


AFirenze in sulla partita di Piero avendo ognuno preso animo elicentianon solo si continuava ed accrescevasi nello sparlarepublicamentema ancora si cominciorono in palagio a risentire e'cittadini fra' quali messer Luca Corsini (che era de' signori e statofatto da Pierocome confidato e sfegatato dello statoper rispettodi Piero Corsini suo fratello) ed Iacopo di Tanai de' Nerli eGualterotto Gualterotti che erano gonfalonieri di compagniamessisucome si crededa Piero Capponi che era inimicissimo del governocominciorono nelle pratiche a dire male di Pieroe che la cittàsotto la cura sua rovinavae che sarebbe bene levarla di mano sua edella tirannide e restituirla a uno vivere libero e popolare. E dipoi sentendosi le convenzione di dare quelle terre in mano del reedi già essere data Serezzanasi cominciò a gridare perla città che le si dessino in nome del publico e non deltirannoe però si elesse imbasciadoriche subito cavalcoronoal refra Ieronimo Savonarola da Ferrarache predicava in Firenze edi chi di sotto si diràTanai de' NerliPandolfo RucellaiPier Capponi e Giovanni Cavalcanti.


Eragonfaloniere di giustizia Francesco dello Scarfaed e' signoriuomini tutti stati scelti per amici grandi ed affezionati delreggimento; e nondimeno messer Luca si era apertamente scopertoinimicoe con lui concorreva Chimenti Cerpelloneed el gonfalonierepareva uomo da lasciare correre. Da altra parte Antonio LoriniFrancesco d'Antonio di Taddeo e Francesco Niccolini favorivanovivamente la causa di Piero; in modo chesendo una sera venuti aparolemesser Luca corse furiosamente a sonare la campana grossa amartelloe sendo ritenuto da chi gli corse drietonon potésonare piú che due o tre tocchie' quali sendo uditi per laterrache era circa a tre ore di notteel popolo tutto corse inpiazzae di poi non sentendo piú sonare né suscitarein palagio o fuori movimento alcunoognuno non bene sapendo quellofussi statosi ritornò a casa. E cosí stando la cittàsospesa ed alterataPiero avendo aviso dagli amici sua come le cosein Firenze transcorrevano troppoe che ognuno per la assenzia suaaveva preso animo e baldanzapresa licenzia dal rese ne tornòa Firenze a dí 8 di novembre. Tornata molto dissimile daquella di Lorenzo suo padre quando tornò da Napoliche gliandò incontro tutto il popolo della città e fu ricevutocon somma letiziarecandone seco la pace e la conservazione dellostato della cittàa Piero non andò incontro se nonpochi amici suae fui ricevuto con poca allegrezzatornando massimesanza conclusione fermase non di avere diminuito e smembrato Pisa eLivornoocchi principali dello stato nostroe Pietrasanta eSerezzana acquistate da suo padre con grandissima spesa e gloria.


Tomatoandò subito a visitare la signoriae riferito generalmentequello aveva fattogli inimici sua e quegli si erano scopertiglicontroentrati in grandissimo timoresi risolverono che bisognavagiucare del disperato. In modo che el giorno sequentea dí dinovembre 1494che era el dí di san Salvadoresendosi intesoche el signore Paolo Orsinonostro soldatocon cinquecento cavalliera venuto alle porte per essere a' favori di Pieroed essendo lamaggiore parte della signoria volta contro a PieroIacopo de' Nerlicon alcuni altri collegi che lo seguitavanoarmato era ito inpalagioe fattolo serraresi stava a guardia della portaquandoPiero per riscaldare gli amici aveva in palagioe credendo nessunoavessi animo di vietargli lo entrarecogli staffieri sua e grannumero di armatiarmato ancora eglibenché sotto elmantellone venne al palagio; e quivi sendogli risposto che sevoleva entrare entrassi lui solo e per lo sportellosbigottitovedendosi perduto lo statosi ritornò a casa. Dove come fugiuntointendendo che e' signori inimici sua chiamavano el popoloecome el popolo si cominciava a levare gridando: «viva popolo elibertà»e di poi sendogli per uno corriere de' signorinotificato come e' signori l'avevano fatto rubello al quale partitoconcorsono gli amici sua per paura e quasi sforzati per conforto dichi gli era apressomontato a cavallo prese la via di Bologna.Uditosi Piero essere stato ributtato dal palagiosi mosse solo insuo favore el cardinale e Pierantonio Carnesecchi e' quali con armatine vennero verso piazza; ma di poi intendendo che el popolomultiplicava contro a Piero e che lui era stato fatto rubello e sipartivaognuno si ritirò a casaed el cardinale in abito difrate si uscí sconosciuto di Firenze; cosí si fuggíGiuliano loro fratello ser Piero da Bibbiena e Bernardo suo fratelloe' quali erano in odio grandissimo del popolo.


Giunsein questo tumulto in Firenze Francesco Valoriel quale tornava dalredove di nuovo era stato mandato con piú altri cittadiniimbasciadoree perché gli era in somma benivolenzia delpopolo sendo sempre stato uomo netto ed amatore del beneed avendofama di essersi opposto a Pierofu ricevuto con grandissimo gaudiodi tutto el popoloe portatone in palagio quasi di peso in sullespalle de' cittadini. Corse di poi el popolo furiosamente a casaPiero e la mandò a sacco e di poi voltosi a casa Antonio diBernardo e ser Giovanni da Pratovecchio notaio delle riformagionilesaccheggiò ed arse; e lorobenché si fussino nascostiper le chiese e pe' conventipure ritrovati alla fine ne furonomenati presi al bargello. Corsono di poi a casa messer AgnoloNiccolinie già avendo messo fuoco alla portal'arebbonoarsase non che messer Francesco Gualterotti ed alcuni uomini dabene dubitando che questa licenzia non troscorressi troppocòrsiviraffrenorono la moltitudine e la ridussono in piazza che congrandissime voce gridava: «viva el popolo e la libertà»;e quivi per commessione della signoria messer Francesco Gualterottisalito in sulla ringhieranotificò essere state levate via lemonete bianche.


Vedutospacciato lo stato di Piero vennono in piazza a cavallo con compagniadi armatiBernardo del Nero e Niccolò Ridolfigridando:«popolo e libertà»; ma ributtati e cacciati comesospetti e con pericolo di essere morti se ne ritornorono a casaela sera per piú loro sicurtà accompagnati bene percommessione della signoria ne vennono in palagioe cosíPierfilippo Pandolfiniel quale la sera era tornato da Pisapartitosi sanza licenziao perché dubitassi delle cose diPisao perchéavendo inteso a Firenze sparlarsi assai diluivolessi provedere el meglio poteva a' fatti suoi.


MesserAgnolo Niccoliniuno ancora egli degli imbasciadori al re parendogliPiero fussi spacciatoe dubitando di Lorenzo e Giovanni diPierfrancescode' quali era stato inimicissimo e concitatore diPiero contro a loropartitosi da Pisa e presa la volta per lamontagna di Pistoiane andò in Lombardia. E cosícacciato Piero e quietato un poco el tumultobenché el díe la notte el popolo stessi armato a guardia della cittàsideliberò dalla signoriache si sospendessi l'uficio degliotto della pratica e de' settantae non si potessino ragunare insinoa tanto si deliberassi altro.


Elmedesimo dí di san Salvadorea dí 9 di novembreel reCarlo avendo ricevute le fortezze di LivornoPietrasanta eSerezzanaentrò in Pisa e gli furono consegnate lecittadelle; le qualisecondo le convenzioneavessino a stare inmano del re per sua sicurtàe nondimeno e' corpi di Pisa edelle altre terre s'avessino come prima a tenere e governare da'fiorentini. Ma la sera medesima ristrettisi insieme e' pisaniandorono a chiedere al re rendessi loro la libertà; la qualesendo conceduta gridando «libertà» andorono perfare villania agli uficiali fiorentinie' qualiudito el tumultosi erano raccolti insieme e fuggiti nel banco de' Capponi Tanai de'NerliPiero CapponiPiero Corsini e Piero Guicciardini ed alcunialtri; e quivi avendo avuta una guardia del resi salvorono dallamalignità e perfidia de' pisani.


Evedendo la città al tutto ribellata epartendosi el renonvi potere stare sicuriel dí seguente con lui si partirono elasciatolo per la viane vennono a Firenze. Cosí el medesimogiorno di san Salvadore ebbe dua grandissimi accidenti: la mutazionedello stato nostro e la ribellione di Pisale piú principalicose si potessino alterare nello essere nostro.


Fucerto cosa mirabile che lo stato de' Medici che con tanta autoritàaveva governato sessanta anni e che si reputava appoggiato dal favoredi quasi tutti e' primi cittadinisí subitamente si alterassiper le mani di messer Luca Corsini ed Iacopo de' Nerliuominigiovanisanza creditosanza autoritàsanza consiglio eleggierissimi. La quale cosa non nacque peraltro se non che e' modied e' portamenti di Piero e la insolenzia di chi gli era apressoavevano tanto male disposto gli animi di tutti; e sopra tuttol'aversi recato adosso pazzamente una guerra potentissima e che nonsi poteva sosteneree l'avere messo a scotto ed in preda sanzabisogno di cagione alcuna tutto lo stato nostroche chi si gliscoperse da prima contro trovò la materia disposta in formachecome gli fu dato principio di muoverlafece da se medesima.Questo fine ebbe e cosí perdé lo stato la casa de'Medicicasa nobilissima richissima e riputatissima per tutta Italiae per l'adrieto assai amata nella cittàe' capi della qualemassime Cosimo e Lorenzoavevano con grandissime difficoltàcon grandissime virtúcon tempo ed occasionefattoconservato ed augumentato lo statoaccrescendo non solo lo statoloro privatoma eziandio lo imperio publico della cittàcomefu el Borgo a San SepolcroPietrasanta e SerezzanaFivizzano equella parte di Lunigianael Casentinolo stato di Pietramala e Valdi Bagnotutte cose pervenute nella città sotto el governo diquella casa. La quale a ultimo rovinò in brevissimo temposotto el governo di un giovane temerarioel quale si trovò intanti fondamenti di potenzia ed autoritàe sí benefavorito ed appoggiatoche se non si fussi sforzato ed avessi fattoa gara di perdergliera impossibile non si conservassi; dove la suapazzia non solo rovinò séma eziandio la cittàspogliandola in otto giorni di PisaLivornoSerezzana e Pietrasantaluoghi donde come poi hanno meglio mostro gli effettisi traeva lapotenziala sicurtàla autorità e gli ornamentinostri. In modo che si può dire che uno di solo cancellassianzi lungamente contrapesassi ed avanzassi a tutti e' benefíciche la città nostra aveva mai in tempo alcuno ricevuti daquella casa; perché la perdita massime di Pisa fu sígrande e di sí inestimabile danno alla cittàche moltihanno dubitato quale fussi maggiore nel dí di san Salvadoreol'acquisto della recuperata libertà o la perdita di Pisa; inchepretermettendo molti discorsi si potrebbono farevoglioconchiudere aversi tanto piú da stimare l'una cosa chel'altraquanto egli è piú naturale agli uomini cercareprima avere libertà in se proprioche imperio in altri;massime cheparlando veramentenon si può dire avere imperioin altri chi non ha libertà in sé.


CacciatoPierofurono per partito della signoria rimessi tutti e' cittadinistati confinati e cacciati per conto di stato dal insino a dí34 di novembre 1494; le quale cose benché rallegrassinoognunoerano nondimeno sí pericolosi gli accidenti cheandavano atornoche gli animi non potevono gustare questi piaceri. Ecerto io credo che già un grandissimo tempo la cittànon fussi stata in maggiori travagli: drentocacciata una casapotentissima e che sessant'anni aveva avuto el governoe rimessotutti gli inimici di quella; per la quale mutazione rimanevanoalterati tutti e' modi del governostavano in sommo timore tuttiquegli che avevano avuto autorità a tempo di Lorenzo o diPierotutti quegli e' qualio e' maggiori loroavevano in tempoalcuno offesi gli usciti o e' sua antecessoritutti quegli che o percompere o per vie di pagamento o di rapine possedevano de' beni dichi era stato rubello; di fuorismembrato tanto stato e quasi la piúparte del nostro dominiodonde si vedeva la città avere arestare indebolita con meno entrate e forze e con una guerradifficilissima e pericolosissima non solo co' pisanima con molti ciimpedirebbono la recuperazione. Aggiugnevasi in su e' nostri terreniun re di Francia con tanto esercitoinimico ed ingiuriato da noipieno di cupidità e crudeltàel quale dava timore nonsolo di guastarci el paese nostrodi fare; ribellare el resto delleterre sudditema (etiam )di saccheggiare la cittàdirimettere Piero de' Medici e forse insignorirsi di Firenze el qualese si partissiel meno male si potessi temere era avergli a dare unasomma grandissima di danari ed a votare la città dellesustanzie e sangue suo.




XII- INGRESSO DI CARLO VIII A FIRENZE - GEROLAMO SAVONAROLA - RIFORMEDELLA COSTITUZIONE FIORENTINA (1494-1495)


Elre Carlo partito da Pisa come di sopra è dettoe presa lavolta di Firenze con animo pessimoecome fu opinionecon disegnodi saccheggiare la cittàavendo inteso la mutazione dellostato e come tutto el popolo in sulla cacciata di Piero aveva presele arme ed ancora non le posava e presentendo essere uno popolograndissimonon solo cominciò a credere di non poteresforzare e saccheggiare la cittàma ancora a dubitare cheentrando in Firenzeel popolo che era in sull'arme non gli facessiviilania; e per questofermo per la viamandò a fareintendere che el desiderio suo era entrare pacificamente nella cittàma che avendo nello esercito suo gente assai e di varie lingue enazioneed avendo inteso el popolo nostro essere in sulle armedubitava non nascessi qualche disordinee però soprasederebbetanto el popolo si disarmassiper potere amichevolmente e sanzatumulto venire in Firenze. La quale cosa sendogli detto si farebbese ne venne a Signae quivi alloggiato in casa Batista Pandolfinistette molti dí aspettando la terra si posassi benee cosíordinando drappi e veste per cavalli ed uomini suaper fare unaricca e magnifica entrata nella città; e nondimeno avendoquasi levato el disegno del sacheggiare la cittàe vòltol'animo a trarne piú somma di danari potessimandò perPiero de' Medicistimando che lui per rientrare nella cittàavessi a fargli partiti grandissimio almeno essere un bastone dafare alzare e' cittadini per schifarlo. Era Pieroquando uscídi Firenzefuggito a Bolognae di quivi andato a Vinegiadoveavendo avuto questa richiesta del redesideroso da un canto diandareda altro dubitando che el re per danari non lo rivendessi a'fiorentinine prese consiglio con vinizianie' quali gliaugumentorono questo sospetto e lo persuasono non andassimossi nonper credere che cosí fussi lo utile di Pieroma perchédubitorno che questo non avessi a essere instrumento al re Carlo didisporre di Firenze a suo modo e di farsene signore; la qual cosanonostante lo odio ci portanosarebbe loro dispiaciutaperchéel re non pigliassi tante forze in Italiache loro e gli altriavessino a stare seco. Sendo soprastato el re a Signa molti dídove continuamente e per tutta la via prima aveva la cittàmandato molti imbasciadori a onorarloentrò in Firenze indomenica a dí... di [nov]embre.


Laquale entrata fu sí magnifica ed onorevole e bella cosacomealcuna altra sia stata in Firenze è già gran tempo. Nonmancorono dal canto della città tutti quegli onori si potevanofare a un tanto principe: andorono a incontrarlo a cavallo moltissimigiovani vestiti riccamente con livree; andòvi tutti gli uominidi qualità: la signoriasecondo la consuetudinea pièinsino alla porta a San Friano; in Santa Liperatadove prima aveva asmontaretutti gli apparati si potevano farvima la magnificenzia esuntuosità grande fu dal canto del re. Entrò in Firenzecon tutto lo esercito armato: prima le fanterie a fila coll'arme inastabalestre e scoppietti de' quali gran parte e quasi tutti eranosvizzeridi poi e' cavalli e gli uomini di arme tutti armaticosabellissima a vedere pel numeroper la presenzia degli uomini e perla bellezza delle arme e de' cavallicon ricchissime sopraveste didrappi e di broccati d'oro; in ultimo el re tutto armato sotto elbaldachinocome vincitore e triunfatore della cittàcosa insé bellissima ma poco gustataper essere gli uomini pieni dispavento e di terrore. Usò un segno di umanitàchévolendo la signoriasecondo si costuma quando entra nella cittàpapaimperadori o repigliargli la briglia del cavallonon vollein modo alcuno acconsentire. Venne con questa pompa dalla porta a SanFriano nel Fondaccio e Borgo San Iacopoe quivi passato el ponteVecchioper porta Santa Maria ne andò in piazzae di poi aSanta Liperata ed a casa Piero de' Medicidove gli era parato loalloggiamento. Cosí tutti e' soldati sua a cavallo ed a pièfurono alloggiati per la città e compartiti per le casa de'cittadinicosa insolita a loro che gli solevano mandare edistribuire a casa altrinon tenergli nelle loro.


Stetteel re in Firenze... giornie ristrignendosi la pratica delloaccordodimandava el dominio della cittàdicendo fra l'altreragione apartenersegli secondo gli ordini di Franciaper essereentrato armato nella città; dimandava la ritornata di Piero.Nelle quali cose sendo ostinatissimi e' cittadinimandorono in sulleposte a Milano Bernardo Rucellaiperché el duca intendessiqueste cose pensandocome era verogli avessi a dispiacere che elre pigliassi piede in Firenze; e però el duca commisse a elconte di Gaiazzo ed a messer Galeazzo da Sanseverinoche erano perconto suo drieto al reche si ingegnassino levarlo da questedimandee favorissino con ogni sforzo la causa della città.


Stettonole cose piú dí in questi dibattitie la cittàsi trovava in gran timore per non essere e' cittadini assueti allearme e vedersi in corpo uno esercito potentissimo;( )da altra partee' franzesi vedendo el popolo essere grandeed intendendo come nellacacciata di Piero tutto el popolo al suono della campana grossa avevapreso le armee che el contado farebbe quel medesimotemevano assaifaccendo guardie ed usando diligenzia grande non si usassi campane()in modo la paura era divisa; e benché due o tre volte silevassi romori per la terraed e' franzesi corressino alle armenondimenoperché erano nati per pauranon si procedémai piú oltre.


EranoFrancesco ValoriPiero CapponiBraccio Martelli e parecchi altricittadini deputati a praticare col re e sendo in sul formare lecomposizioni( )portorono al re una bozza de' capitoline' quali lacittà sarebbe convenuta; e non gli piacendolui dette loroun'altra bozzasecondo la quale voleva farsi lo accordo; dove sendocose molto disonestePiero Capponi presalaanimosissimamente lastracciò in presenzia del resoggiugnendo che poi che e' nonvoleva accordarsile cose si terminerebbono altrimentie che luisonerebbe le trombee noi le campane; parole certo d'uomo grande edanimososendo in casa d'un re di Francia barbaro ed altieroe doveera pericolo che e' fatti bestiali non seguitassino le parolestizzose. Di che el re e gli uomini sua impauritivedendo tantoanimo e dubitando già innanzi del numero del popolo e dellacampana grossaal suono della quale avevono inteso fra la cittàed e' luoghi vicini armarsi piú che trentamila uomini sicommossono fortein modo che è opinioneper quelle minaccielasciate le dimande disonestevenissi alle condizioni dell'accordopiú ragionevoli.


Finalmentedoppo molti dibattitisi fece conclusione con lui a dí... didicembre 1494; la quale si stipulò in Santa Liperatapresenteel re e la signoria e tutto el popologiurando lui personalmente insulla pietra sacrata dello altare maggiore la osservanzia di detticapitoli. Contrassesi amicizia paceconfederazione e lega fra 'l redi Francia e noisecondo la forma generale delle altre legheamiciper amici ed inimici per inimici (- )con condizione che la cittàpagassi per e' danni ed interessi al re Carlo ducati centoventimilad'orode' quali avessi a avere di presente cinquantamila innanzipartissi della cittàgli altri settantamila in due pagheintermini diversi benché corti; el re avessi a tenere per suasicurtàdurante la guerra e la impresa del reame di Napolile fortezze di Pisadi Livornodi Pietrasanta e di Serezzanalasciando nondimeno el dominio ed el governo de' corpi delle terrecome era innanzi alla passata suaa' fiorentini; finita la impresadi Napolifussi obligato restituirle liberamente e sanza eccezionealcuna.


Fattol'accordo e numerati ducati cinquantamilael re fra due dípartí di Firenze ed andonne alla volta di Roma per seguitarela impresa sua; e come fu partitosendo la città disordinatasi volsono gli animi a riformare lo statoe sendosi fatta una bozzada' primi del governode' quali massime erano capi Tanai de' NerliPiero CapponiFrancesco ValoriLorenzo di PierfrancescoBernardoRucellaifattasene conclusionesi sonò a parlamentonelquale furono con concorso grande approvati e' modi ordinatichefurono in effetto:( )che e' si cassassino gli otto della pratica ede' settanta; facessisi uno squittino della signoriadi tutti e'magistrati ed offici drento e di fuoriel quale finitoogni cosa sitraessi a sorte. e per fare tale effetto e' presenti signori ecollegi avessino subito a eleggere venti accopiatoriche avessino afare detto squittino in termine di uno annoe tanto durassi louficio loroed in detto tempo loro avessino a eleggere la signoria amano; dovessino detti accopiatori essere di età di anniquarantada uno in fuora( )el quale potessi essere eletto eziandiodi minore etàche fu fatto perché Lorenzo diPierfrancesco ne potessi esseree cosí si levassi el divietoa Francesco dello Scarfa gonfaloniere di giustiziadi potere essereaccopiatore; non si pagassino piú le gabelle di monetebianche; creassinsi e' dieci di balía per potere attenderealla guerra di Pisacon la consueta autorità secondo gliordini della cittàl'uficio de' quali durassi mesi sei. Fattoel parlamento sanza tumultofurono l'altro dí eletti e' ventiuomini che furono questi: messer Domenico BonsiRidolfo di PagnozzoRidolfiTanai de' NerliPiero Capponi ed Antonio di SassoBardoCorsiBartolomeo GiugniNiccolò di Andreuolo SacchettiGiuliano Salviati ed Iacopo del Zaccheria Francesco dello Scarfamesser Guidantonio VespucciPiero PopoleschiBernardo Rucellaie...Francesco ValoriGuglielmo de' PazziBraccio MartelliLorenzo di Pierfrancesco e... Maravigliossi la brigata che in questaelezione fussi rimasto adrieto Paolantonio Soderinisendo uomo digrande autorità e stato urtato da Piero de' Medicie fuattribuito fussi stato Piero Capponiel quale poteva assai ed erainimico suoin modo che si disse poi publicamente che per questosdegno Paolantonioper mutare lo statopersuase a fra Girolamoelo adoperò per instrumento a predicaresi facessi el governodel popolo. Furono di poi creati e' dieciPiero VettoriPieroCorsiniPaolantonio SoderiniPiero Guicciardini e Piero PieriLorenzo MorelliLorenzo LenziFrancesco degli AlbizziIacopoPandolfini e Lorenzo Benintendi. Crearonsi ancora gli otto di balíanuoviGuido Mannelli Andrea Strozzi ed altri; e' quali dell'entratedell'uficio spesono tanto in conviti che per questo furono di poipublicamente chiamati gli otto godenti.


Creatiquesti magistratifu impiccatoper satisfare al popoloallefinestre del BargelloAntonio di Bernardoel quale era savio uomo edelle cose del Monte ed altre entrate della città intendevatanto quanto si poteva intendereed ancora rispetto al potere edautorità che aveva era stato netto uomo; ma l'avere lungotempo maneggiato uno uficio in sé odiosoaggiunto allo esserenon di casa nobileche gli dava tanto piú invidiaed allasua natura rozzache era da chi aveva a fare secoimputato asuperbia e crudeltà de' poverilo avevano tanto messo in odiodella moltitudineche non si poteva sfamare del sangue suo. Cosísi disegnava fare di ser Giovanni delle riformagione el quale era inodio grandissimoed anche non molto d'assai uomo ma fra Girolamo loscampògridando in pergamo che non era piú tempo dagiustizia ma da misericordia; e fugli perdonato la vita e condottonelle carcere di Volterra in perpetuodonde parecchi anni poi fucavato ed assoluto interamente.


Eranonella città molti che arebbono voluto percuotere Bernardo delNeroNiccolò RidolfiPierfilippomesser AgnoloLorenzoTornabuoniIacopo Salviati e gli altri cittadini dello statovecchio; alla quale cosa si opponevano molti uomini da benemassimePiero Capponi e Francesco Valoriparte mossi dal bene publico perchéin verità si sarebbe guasta la cittàparte dal privatoloro. Perché sendo loro naturalmente ed e' maggiori loro amicidella casa de' Medicie che nel 34 avevano rimesso Cosimodubitavano che spacciati gli altri dello stato vecchioe' qualivulgarmente si chiamavano bigiloro non restassino a discrezionedegli offesi nel 34che naturalmente erano anche inimici loro; e perquesta cagione nella elezione de' dieci e de' venti vi avevanomescolato ancora di quegli che non erano stati mai urtati da Pierocome Giuliano SalviatiLorenzo MorelliPiero Guicciardini e similiche erano in meno carico col popolo che gli altri. E nondimenobenché e' favorissino una cosa giusta e ragionevolee laautorità loro fussi allotta grandissimasarebbe stato quasiimpossibile avessino tenuta questa pienasendo cosa procurata datanti inimici dello stato vecchio e grata al popoloa chi piaccionotutte le novità e travagliquando venne uno aiuto nonpensatoda fra Girolamo; del quale perché fu uomovalentissimo ed instrumento di cose e moti grandi nella cittànostrane racconterò quelle cose che paiono dovere fare lumea quello in che necessariamente s'ha a ricordare.


Fufra Girolamo da Ferraradi famiglia Savonarolafamiglia popolana emediocreel quale studiando in artesi fece de' frati di SanDomenico Osservanti; e doppo qualche tempo avendo fatto profittograndissimo in filosofiama maggiore nella Scrittura sacrane vennea Firenzedove insino a tempo di Lorenzo cominciò a predicarepublicamenteaccennandocon destrezza peròavere a veniregrandissimi flagelli e tribulazione. Non piaceva questo predicaremolto a Lorenzo; nondimeno parte perché non lo toccava nelvivoparte perché d'avere altra volta cacciato da Firenze fraBernardino da Feltreuomo riputato santissimoaveva ricevuto cariconel popolo; e forse avendo qualche riverenzia a fra Ieronimoqualeintendeva essere di buona vitanon gli proibiva el predicarebenchéqualche volta lo facessi confortare da messer Agnolo Niccolini e daPierfilippo ed altricome da loroche parlassi (de futuris.) Edavendo già fra Ieronimo acquistato nel popolo credito didottrina e santitàmorí Lorenzo e lui seguitò atempo di Pierotuttaviaallargandosi piú nel predicareepredicendo la rinnovazione della Chiesaun flagello presto a Italianella quale verrebbono nazione barbareche piglierebbono le fortezzecolle meluzze ed espugnerebbono ogni cosa. Ottenne ancora daAlessandro papa uno brevebenché con grandissima difficultàche la congregazione de' frati predicatori di Firenze e di altriconventi di Toscana si separassi da quella di Lombardia e si reggessida sé; la quale cosa lo fermò a Firenze e gli tolsel'aversi a mutarecome el piú delle volte di anno in annofanno e' frati. E riscaldando tuttavia nel predirecon grandissimoconcorso e nome di santità e di essere profetaed andando audirlo d'ogni sorte d'uomini tra' quali Giovanni Pico conte dellaMirandola (cosí dotto uomo come avessi la età nostraechese non che morí di cortofu di opinione si sarebbe fattofrate)entrò in tanto creditoche quando Piero andò aSerezzanafu mandatocome di sopra è dettoimbasciadore alre Carlosperandosi che la santità sua avessi a fare qualchegran frutto e fu udito dal re sempre gratamente e con dimostrazionedi averlo in riverenziain modo che allora giovò alla cittàe poi quando el re fu in Firenzesempre affaticandosi in beneficiodella città.


Insulla cacciata di Pieroparlando apertamente e dicendo avere da Dioquelle cose future che e' predicevaed avendo una audienzia ed unafede grandissimavoltosi alla conservazione de' cittadini ed a fareusare la clemenziae fatto perdonare a ser Giovanni che anche eraamico suocominciò a predicare per parte di Dioche Dionongli uominiera quello che aveva liberato la città dallatirannide e che Dio voleva si mantenessi libera e si riducessi a unogoverno populare alla vinizianael quale era piú naturale aquesta terra che alcuno altro. E con tanta efficaciao per virtúdivina o per sua arteci si riscaldò suche benchédispiacessi assai a Bernardo Rucellaia Francesco Valori a PieroCapponia Lorenzo di Pierfrancescoa' Nerli ed agli altri primi delgovernopure non opponendosi scopertamentee sendo questa operafavorita dalla signoriasi cominciò a tenerne praticaefinalmente apiccandosifu commesso a' gonfalonieria' dodicia'ventia' dieciagli ottoche ognuno ordinassi un modo di viverepopolare. La quale cosa sendo fattae piacendo piú quello de'diecifu mandato per fra Girolamoal qualepresente la signoriafu letto questo modoe lui avendolo approvato con parole savie e conmostrare che allora era assai fermare un modo che fussi buono inuniversaleperché e' disordini che fussino ne' casiparticulari col tempo si conoscerebbono meglioe piúmaturamente si limerebbono e correggerebbonoed in effettochiamatiel consiglio del popolo e del comunesi vinse ed approvò. Loeffetto fu che si facessi uno consiglio nel quale intervenissinotutti e' cittadini netti di specchio e che fussino di etàd'anni ventinove finitie che loro o padriavoli o bisavolifussino stati de' tre maggiori; eleggessinsi in quello consigliotutti gli ufici e magistrati della città e di fuorieccettola signoriala quale s'avessi a eleggere da' venti per quello annoe finito l'uficio loropel consiglio grande. El modo dello eleggerefussi chea ogni uficiosi traessi di una borsa generale certonumero di elezionarie' quali nominassino uno per unonon potendoperò nominare alcuno di casa sua; e quegli cosínominati andessino a partitoe quello che aveva piú fave nereche gli altri e vinceva el partito per la metà delle fave eduna piúsi intendessi eletto a tale uficio; eccetto certiufici di fuorada un certo salario in giúne' quali nonandassi a partito chi era nominatoma chi era tratto dalla borsageneralevincendo però el partitoe rimanendo quello avevapiú fave; e perché gli elezionari avessino causa difare buone nominazionifu ordinato che ognuno che nominava uno elquale fussi elettoguadagnassi uno tantosecondo la qualitàdello uficio. Facessi detto consiglio grande uno consiglio di ottantauominidi età di anni quarantascambiandosi di sei mesi insei mesipotendo però essere raffermil'uficio de' qualifussi consigliare la signoriaeleggere ambasciadori e commessaritutte le provisioni di qualunque sortequando fussino vinte fra'signori e collegiavessino a passare per le mani loroavendo peròavere la finale perfezione nel consiglio grandeel quale non avevaautorità nessuna se non vi si trovava almeno uno numero dimille uominie perché in palagio non era luogo capace ditanto popolosi ordinò si facessi a detto effetto una salagrande sopra la doganala quale insino a tanto fussi fattatuttigli abili al consiglio non erano del consiglioma solo mille uominiper voltache si traevano a sorte della borsa generale per tempo diquattro ovvero sei mesi.


Vintala provisione ed ordinato el consiglioseguitando nel predicare emostrando che Dio aveva fatto misericordia alla città ecavatola delle mani di uno re potentissimoe che cosí sivoleva fare in verso a' cittadini dello stato vecchio per usareclemenzia e per mantenere la città in quiete confortòsi facessi una provisioneche si perdonassino tutte le coseapartenente allo statofatte innanzi alla cacciata di Pieroe sifacessi pace ed unione de' cittadini; ed inoltre perché ognunopiú sicuramente si potessi godere el suo ed allora ed (infuturum)e non fussi in potestà di sei signori perturbare asua posta la città e cacciare ed amazzare e' cittadini aarbitrio lorocome si era fatto in molti tempi passatie con questomezzo fare Grandisi levassi tanta autorità alle sei faveesi disponessi che ogni volta che uno cittadino fussi per conto distato condennato in qualunque pena o dalla signoria da altrimagistratipotessi appellare al consiglio grande; e che quellomagistrato che non ammetteva tale appellazionefussi incorso inquella medesima pena che era colui che appellava. Ebbono questeprovisione da molti uomini di autorità repugnanzia grandeefinalmentedoppo contradichione di piú dísi messonoa partito in consiglio e largamente si ottennonoparendo che ognicosa introdotta da lui avessi maggiore forza che umana.


Assettatecosí per allora le cose della cittàe' diecifattecondotte e cosí posto uno balzelloavviorono la gente nostrein quello de' pisanie' quali ostinatamente stavano rebelli; sendocondottieri nostri di piú autorità messer FrancescoSeccoel conte Rinuccio da Marciano e messer Ercole Bentivogliecommessario Piero Capponie' quali presono PalaiaPeccioliMartiButi e alcune castella di poco momentonon sforzando VicoCascinaLibrafatta e la Verrucola l'altre cose erano in predae quando sipigliavano e quando di nuovo si ribellavano. Mandossi ancora a Milanodue imbasciadori a congratularsi col nuovo ducamesser Luca Corsinie Giovanni Cavalcanti principio debolissimo e che apresso a quellosignore tolse riputazione assai alla cittàparendogli fussigovernata dalla moltitudine la quale non avessi elezione da uomo auomo. E cosí passandosi le cosesoprovenne uno accidentenuovoperché e' montepulcianesi si ribellorono e dettonsi a'sanesi; per la quale cosa sendosi rotta guerra fra noi e' sanesis'ebbe a volgere parte delle gente verso Montepulcianoe per farepruovabenché invanodi recuperarloe per guardare el Pontea Valiano e le altre cose nostre.


Perdessiancora Fivizzano e gli altri luoghi nostri di Lunigianache neandorono in mano di quegli marchesi Malespinilasciossi laraccomandigia di Faenzanon sendo noi atti a difendere noi medesimi.




XIII- «LA IMPRESA DI NAPOLI» - LEGA ITALICA CONTRO CARLO VIII- CONDIZIONI DELLO STATO FIORENTINO (1495).


1495.E cosí sendo in preda lo stato nostrovenne a Firenze elcardinale di San Malòprimo uomo che avessi el re di Franciaed avuti quarantamila ducati andò a Pisadata intenzione direndercelaalmeno el corpo della terra; e statovi pochi dísanza fare conclusione in beneficio nostrose ne tornò al reCarlo. El quale vittoriosamente aveva finito con mirabile celeritàla impresa di Napoli; perché partitosi da Firenze ed entratoin quello di Romapapa Alessandro non si potendo difenderesi eraaccordato seco con condizione di dargli per sua sicurtà alcuneterre e per statico un suo figliuoloe datogli el fratello del Granturco che era preso a Roma (el quale poco poi moríe fuopinione avessi avuto dal papa veleno a tempo) entrò in Romaper la settimana santa; ed avendo fatto creare cardinale el vescovodi San Malòsi dirizzò alla volta del reame. Le qualicose sendo intese dal re Alfonsodisperato potersi difenderelasciato lo stato in mano di Ferrando duca di Calavria suoprimogenitoe fattolo creare re lui non piú re chiamatomadon Alonsose ne andò in Sicilia in uno convento di fratidove in termine di non molti mesi morí. Ma poco piúsoprastette a fuggirsi el re nuovo Ferrandoperché non avendoel re Carlo ostaculo alcuno alla campagnaed acquistando ogni díper universale rebellione de' popolitanto terreno quanto e'cavalcava in pochissimi giorni si insignorí di tutto el regnodi Napolicosa troppo stupenda a considerarla. El re se ne fuggíalla volta di Spagnael signore Virginio Orsino ed el conte Niccoladi Pitigliano di casa Orsina furono presi in Nola; rimasono solo lefortezze di Napoli in mano de' Ragonesile quali presto si dettono.


AFirenze si sonò a gloriae facesi dimostrazione grande diallegrezza per questa nuovabenché in fatto dispiacessiinsino al cuore pure la dependenzia avamo da luie lo essere lefortezze nostre in sua maninecessitavano a fare cosí.Furongli mandati imbasciadori messer Guidantonio VespucciLorenzoMorelliBernardo Rucellai e Lorenzo di Pierfrancescosí percongratularsi seco di tanta vittoriasí per chiedergli lecose nostrecome era obligato restituircifinita la guerra diNapolimassime sendosi dal canto nostro sborsata quella somma didanari in che eravamo convenuti.


Questavittoria di Napolitanto presta e piú che non era laopinionesbigottí forte ognunoparendo che avendo aggiuntoallo stato di Francia uno tanto regnoe trovandosi uno esercitovittoriosissimo e colle arme in manotutta Italia restassi a suadiscrezione. La quale cosa non solo dispiaceva a' potentati italianima eziandio a Massimiano re de' romani ed a Ferrando re di Spagnaa'qualiper la vicinità e le antiche controversieogniaugumento di Francia era non meno sospetto che molesto; e peròper sicurtà degli stati communi si contrasse una lega generalea difesa degli stati e contro a Francia tra papaimperadorere diSpagnaviniziani e duca di Milano; e fattone capitano Francesco daGonzaga marchese di Mantova che era soldato de' vinizianisi dava inLombardia pel duca ed e' viniziani forte danarie da ogni banda siragunava gente per opporsi al re Carlodal quale in sullaconclusione della lega si era nascostamente fuggito el figliuolo delpapa. Non vollono e' fiorentinibenché richiestineconcorrervi né discostarsi dal reper aspettare larestituzione delle fortezzesecondo aveva promessoAttendevasi inquello tempo nella città a fondare tuttavia e fortificare lostato del popolo; la qual cosa non sendo grata a' venti ed a molticittadini di autoritàe dubitandosi che lorovedutoappressarsi al fine dello uficio ed avere a rimanere pari agli altricittadininon facessino una signoria a loro modoed alterassinoquesto governo popularecominciò fra Girolamo a predicaredestramente contro a loromostrando che sarebbe bene si finissiquesto uficio. El nome e lo uficio loro era in sí odiato dalpopolosí per sospetto che non alterassino el consigliosíper e' modi e portamenti loroe' quali erano stati brutti esciocchie sanza unione alcuna. Avevanola prima volta feciono lasignoriacreato gonfaloniere di giustizia Filippo Corbizziel qualeera uomo di pochissima qualità e di autorità e divirtúma era stato molto favorito da Tanai de' Nerliallaquale creazione si era opposto assai Francesco Valoridando favore aPagolo Falconieriuomo piú spicciolato ancora che Filippo (ilche in quel tempo per piacere al popolo si cercava) e di piúcervello e migliore qualità che luied essendo nati disparerie non si potendo accordarefu forza pigliassino quello aveva piúfavebenché non vincessi el partito. Ferono di poigonfaloniere Tanai de' Nerliuomo nobilericchissimo e potente pelnumero de' figliuolie massime per essersi tanto Iacopo adoperatonella cacciata di Pieroma che nelle cose dello stato valeva pocoil che dispiacque assai a ognunoparendo cosa brutta che unoaccopiatore creassi se medesimoe massime che sendo stato un'altravolta gonfaloniere a tempo di Lorenzo pareva fussi stato mosso solodalla ambizione. Doppo lui feciono Bardo Corsi ancora del numero de'ventila creazione di chi in sé non dispiacevaperchéera vecchio e stato tenuto indrieto ed ammunito dalla casa de'Medici. Ma sendo in tutte queste elezione di varie voluntàsierano in modo disuniti che non vi era né fede néconcordia fra loro; e benché molte volte tentassino diriunirsipure ogni cosa era vanaed essendosi sparta questadivisionen'avevano carico apresso a ognunoe inoltre la potenzialoro era piú debolein modo che aggiugnendovisi la autoritàed el credito di fra Girolamosi cominciò pel popolo asparlarne e minacciarglie loro a trovarsi in travagli grandissimie' quali umori riscaldandoGiuliano Salviatio impaurito o persuasoda fra Ieronimospontaneamente rifiutò lo uficio. Di chenacque che e' compagni vedendosioltre alla disunione in tantogridoe non parendo essere loro sanza carico delle personemessonoin consiglio una provisione di rifiutare tuttila quale si vinse congrandissimo favoree loro subito rinunziorono del mese di maggio1495e la autorità di fare la signoria si transferí alpopoloel quale creò primo gonfaloniere di giustizia LorenzoLenzi.


Elre Carlo in questo tempo udita la lega fattadeliberòtornarsi in Franciae lasciato a guardia del reame una parte dellegente d'arme franzese sotto alcuni de' suoi capitanie qualcheitaliano sotto Camillo Vitelline venne col resto alla volta diToscana. E perché gli aveva sempre agli oratori nostri negatala restituzione delle cose nostreed inoltre loro avevono ritrattolui essere malissimo disposto contro a tutti gli italianied inspezie che alcuni de' primi suoi avevono molto in odio la cittànostraentrò tanto sospetto universalmente ne' nostricittadiniche tutti ammoniti dal pericolo passatosi provederono diarmeempierono le casa di fanti del contadofortificando ancora lacittà con tutti quegli instrumenti che fussino atti adifendereacciò che se e' volessi come l'altra voltaalloggiare in Firenzesi gli potessi concedere la entratasecuramente. Le quali cose sendogli venute a notiziaparte per nons'avere a cimentare quiviparte perché male potevasoprastare; intendendosi che e' viniziani ed el duca di Milanoavevanoper opporsiglicongregato uno grossissimo esercito inParmigianapartitosi da Sienadeliberò sanza toccare lacittà andarsene a Pisaed avendo a Poggibonizi trovato fraGirolamo e parlato con luimostrandogli reverenziasanza fruttoperò nelle cose nostre di Pisase ne andò a Pisa perandarsene alla volta di Lombardia; ed essendo quivio circa a quellotempoebbe nuove come Lodovico duca di Orliens aveva per trattatopreso Novaraterra del duca di Milano. Di poi partitosi da Pisalasciando pure guardate per sé le nostre fortezzene andòper Lunigianae saccheggiato Pontriemoliterra dello stato diMilanone venne in Parmigianodove trovò essere alloggiatiin sul Taro gli eserciti de' viniziani e del ducatanto superiori alui di numeroche solo quegli de' viniziani lo avanzavano di granlunga.


Sendogiunto quivicon intenzionese non era impedito andarsene allavolta di Franciafu disputa nel campo italiano quello fussi da fare.Pareva al signore Ridolfo da Gonzagazio del marcheseed a alcunialtri condottieri de' piú vecchinon si dovessi apiccarezuffa con loroanzi andargli costeggiando mentre che erano in sullostato di Milano; e cosí sarebbono al sicuro che e' nondannificherebbono quello statoed anche potrebbe essere che lacarestia delle vettovaglie gli strignerebbe in modo che e' sarebbonoforzati o fare fatto d'arme con grandissimo disavantaggiooveramente pigliare quelle condizioni che fussino loro date dallalega. Al marchese desideroso di combattere parve altrimentie credoancora messer Marchionne Trivisano proveditore viniziano fussi delmedesimo parere; e finalmente apiccata la battagliasi fece unfierissimo fatto di armeel quale durò molte orebenchée' franzesi fussino assai minore numeroma si aiutarono assai colleartiglierie. Lo effetto fu che la sera si divise la zuffa ed ognunosi tornò a' sua alloggiamentiin modo che non sendo fuggitonessunonon si può dire alcuna parte fussi rotta. Ma el dannode' franzesi non fu molto grande; quello degli italiani fugrandissimoperché fu morti della parte loro quattro ocinquemila personee molti uomini di capofra' quali el signoreRidolfo da Gonzaga; e tutto questo danno fu da' marcheschi perchée' ducheschiche erano sotto el conte di Gaiazzoper ordine delduca non si mescolorono quasi punto nel fatto di arme. La cagione fuperché el duca vedendo e' viniziani avere piú gente dilui assai ed essere in su' terreni suadubitò se el re diFrancia era rottodi non rimanere a discrezione de' vinizianinaturalmente inimici suoie che per ambizione non tengono conto dilega o di fede. Apresso può essere che e' considerassi chemettendo e' sua a pericolo della fortunase e' fussino rotti che luiportava piú pericolo che e' vinizianiper essere e' franzesiin sul suoe che e' sarebbe stato el primo a perdere lo stato. Cosípuò essere che e' pensassiquando el re fussi rottochequesta sarebbe ingiuria di qualità da non ne fare mai pace conFrancia; la quale cosa aveva da stimare piú lui che altriperessere loro vicinoe che riputerebbono piú l'offesa da luiper essere stato egli el primo che gli avessi chiamati in Italiaedi poifattosi duca di Milanoavessi vòlto loro le punte.Queste cagione lo potettono muovere a avere piú caro cheperogni affetto che potessi nasceree le genti sua e quelle del rerimanessino salve.


Fattoel fatto di armee' franzesi non avendo piú chi si gliopponessisanza contradizione alcuna se ne vennono in Astidovesendo giuntifeciono triegua per poco tempo colla legacosa grataall'una parte e l'altra; ed el duca di Milano con parte delle gentiviniziane e con le sue accampato a Noarala recuperò piútosto per fame che per forza.


Nelquale tempo poco prima che fu circa a quegli giorni che el re giunsein Astisendo molto male contenti e' popoli del reame della signoriade' franzesi preso animo per la partita del re e per la nuova legae' napoletani e molti altri popoli si ribellaronoed el re Ferrandochiamato Ferrandinoritornò in Napoli. E perché nelreame era gente grossa pel re di Francia e molte città sitenevano a sua divozione volendo ricuperare el regno interamente enon avendo danariaccattò da' vinizianiper mezzo del re diSpagna e del duca di Milanocerta somma di danaridando per lorosicurtà nelle loro mani OtrantoBrandizio ed altri porti delreame; ed e' viniziani all'incontro promessono a lui ed al re diSpagna rendere detti portiogni volta che fussino rimborsati de'danari loro; e fatta questa convenzioneel marchese di Mantovacomesoldato de' vinizianipassò nel reame contro a' franzesi.Dovedoppo non molti mesilo effetto fu che e' franzesi sendorottied affamati di poi in Atellaed essendo stato morto CamilloVitelli e loro ridotti a piccolo numeroné avendo altrasperanza di soccorso dal re Carlo che bruttamente gli lasciòperirebisognò che uscissino del reame; e quegli pochi cherimasonofatto accordo col re Ferrando e restituitogli tutto lostato suone ritornorono per acqua in Francia.


Inquesto tempo ancoracioè quando el re tornò in Astisendovi oratore messer Guidantonio Vespucci e Neri Capponie forseancora el Soderino vescovo di Volterrasi fece convenzioni nuove colredandogli certa somma di danarie lui con grande efficaciapromisse la restituzione delle cose nostre; la quale cosa parevaverisimileper lo essere lui fuori di Italia e non avere piúa servirsenee per avergli noi interamente osservato la fede erimasti in Italia soli amici sua. La quale pratica agitandosisimandò el campo nostro a Vicopisano del mese di agosto di dettoanno 1495e statovi molti dí sanza fare profitto alcunosendo feriti e guasti assai de' nostriel campo con vergogna silevò. Vennono di poi le commessioni di Francia a chi era nellefortezze nostre che ce le restituissinoed e' contrasegni delleròcche; a' quali effetti racozzate le gente nostree sendovimandati commessari Francesco Valori e Paolantonio Soderiniun díimprovisamente assaltorono el borgo di San Marco; el quale preso disubito e trovato la porta apertaerano già cominciate aentrare le gente nostre sanza resistenzia ed e' pisani impauriti aritrarsi di là d'Arnoquando el castellano francioso dellacittadella nuova cominciò a trarre le artiglierie contro a'nostriil che sentendo e' commessarinon sapendo el successo de'nostri ed el disordine de' pisanifeciono subito ritirare adietroecosí si perdé una bellissima occasione di recuperarePisa. La qualese si seguitava la vittoriaera el díassolutamente nelle mani nostreed e' commessari n'ebbono nellaplebe carico grande benché a tortoperché la ragionevoleva chetraendo la cittadella facessino quello fecionoe se beneel fare altrimenti dava la vittorias'aveva a imputare piútosto al caso che alla ragione. Stati di poi alcuni dí nelborgo di San Marcoe veduto che el castellanoo perché insecreto avessi cosí ordine dal reo per altra cagione nonvoleva dare la cittadellael campo nostro si partínon vifaccendo frutto alcuno; e cosí furono vane tutte le imprese diquesta statenelle quali si spese tanta somma di danarichevulgarmente e' dieci che sedevano si chiamorono e' dieci spendentiche furono e' primi dieci eletti dal popolouomini la maggior partevecchi e tenuti buonima poco pratichi a governare lo stato. Furonnecapi messer Francesco Pepi e Filippo Buondelmonti.


Sopravennepoi di Francia monsignore di Lillamandato per questa restituzioneed essendo per la venuta sua la città nostra in grandesperanzavolle la sorte nostra che egli ammalò e moríin Firenzedove fu sepultofattogli dal publico onore grandissimo;e finalmente doppo molti messi e lettere mandate di qua e di làci fu renduto solo Livorno nel quale era a guardia monsignore diBeumonte. El castellano di Pisaavuto certa somma di danari da'pisaniche ne furono serviti dal duca di Milanodette loro lacittadella nuova che vi era stata edificata da' fiorentinila qualesubito disfecionoriserbatasi la vecchia che vi era anticamente.Pietrasanta venne in mano de' lucchesiavendola però aricomperare dal re buona somma di danari; Serezzana in mano de'genovesi; e cosí si dissipò lo stato nostro e si divisene' nostri vicini. Cosa miserabile a direche e' genovesie'sanesie' lucchesie' quali poco innanzi tremavano ~ le armenostreora sanza rispetto alcuno lacerassino e si insignorissino deldominio nostronon però colle forze e riputazione loromausando per instrumento un re di Franciael quale non tenuto contode' capitoli fatti con noi in Firenze e giurati in sull'altare sísolennementenon delle convenzioni fatte di poi in Astinondell'avere osservato sí pienamente la fedesí dandoglitanti danarisí seguitando la parte sua soli in tutta Italiaperfidamente rivendé noi e le cose nostre agli inimici nostri.


E'pisani potendosi male difendere da noisi raccomandorono alla legae sendo accettativi entrorono in nome della lega gente del duca ede' viniziani; e poco di poi el ducao per inviluppare e' vinizianiin piú imprese e cosí consumargli in sulla spesagrandeo per altra cagionegli richiese che soli rimanessino aPisa. La quale cosa sendo consultata assai a Vinegiae contradettada messer Filippo Trono e molti altri gentiluomini vecchi a' qualinon piaceva entrare in tanti viluppie da altra parte confortataassai da messer Augustino Barbarigo doge e da' suoi sequacie' qualierano assai e piú giovanifinalmente si deliberòaccettarlae cosí e' vinizianiuscendosene el ducarimasonosoli in Pisa con titolo di guardarla per la legain nome conservandoa' pisani la libertàin fatto insignoritisi delle fortezze edisponendone a arbitrio loro. Fumo di poi tentati istantemente dallalegadesiderando e' signori collegati unire Italia per tôrreogni pensiero al re Carlo di ritornarci; la quale cosa non fuacconsentita perché non ci volevano rendere Pisae nonriavendo Pisanon era a proposito della città la unione diItalia; anzi la disunione ci era utile e la passata del re Carlo edogni tumultoe massime che el re Carlo tutto dí diceva aglioratori nostri (che vi era el vescovo de' Soderini e GiovacchinoGuasconi) volere ritornare in Italia e che cognosciuti tanti segnidella fede nostrae cosí e contra la perfidia de' viniziani edel ducavolerci ristorare di tanti affanni e punire loro delleingiurie gli avevano fatte.


Aggiugnevasia questa disposizione le prediche di fra Ieronimoel qualedoppo lacacciata di Piero ed ordinazione del consiglio grandecontinuandonel predicare in Santa Liperata con maggiore audienzia che mai viavessi predicatore alcunoe dicendo apertamente essere stato mandatoda Dio a annunziare le cose futureaveva molte volte affermate piúconclusionecosí concernenti lo universale della religionecristianacome el particulare della città nostra: aversi arinnovare la Chiesa e riformarsi a migliore vitainduttavi non conbeni e felicità temporalima con flagelli e tribulazionegrandissime; avere prima a essere percossa e tribulata grandementeItalia di carestiadi pestedi ferroed avervi a entrare piúbarbieri esternie' quali coll'arme la raderebbono insino alle ossa;aversi prima a mutare gli stati di quellanon vi si potendoresistere con consigliocon danari e con forze; la cittànostra avere a patire tribulazione assai e ridursi a uno pericoloestremissimo di perdere lo statonondimeno perché la erastata eletta da Dio dove si avessi a predire tanta operae perchédi quivi s'aveva a spargere in tutto el mondo el lume dellarinnovazione della Chiesaperò che la non aveva a perireanzi che quando bene si perdessi tutto el dominio nostrosempre lacittà si salverebbeed in ultimo ricotta co' flagelli a unavera vita e semplicità cristianarecupererebbe Pisa e tuttele altre cose perdute; non però con aiuti e mezzi umanimacol braccio divinoed in tempo che nessuno vi spererebbe ed in modoche nessuno potrebbe negare non essere immediate state opera di Dio;acquisterebbe ancora molte altre cose che non furono mai sueediventerebbe molto piú floridapiú gloriosa e piúpotente che mai; lo stato populare e consiglio grandeintrodotto inquellaessere stato per opera di Dioe però non s'avere amutareanzi qualunque lo impugnassicapiterebbe male; aggiugnendoche queste cose avevano a essere sí presteche non era alleprediche sue nessuno uomo sí vecchioche vivendo quantopoteva vivere secondo el corso naturalenon le potessi vedere. Disseancora molti altri particularie circa alle persecuzione aveva apatire cosí spirituale come temporale; le quali cose lascioindrietoperché non fanno a proposito della materia presentee perché ci sono in piè e stampate le prediche suechene possono dare chiara notizia.


Questomodo di predicare cosí l'aveva recato in odio al papaperchénel predire la rinnovazione della Chiesa detestava e mordeva moltoscopertamente e' governi e costumi de' prelatiavevonlo recato inodio a' viniziani ed al duca di Milanoparendo loro che e' favorissila parte di Francia e fussi cagione con questi modi suoi che la cittànon si accordassi colla legaavevano ancora fatto diversi umorinella cittàperché molti cittadinio per non prestarenaturalmente fede a queste coseo perché dispiaceva loro elgoverno popularequale vedevano caldamente essere favorito emantenuto da luimolti ancora perché prestavano fede a' fratidi San Francesco ed agli altri religiosiche tutti vedendo lariputazione de' frati di San Marcosi gli erano opposti; moltiancora uomini viziosia' quali dispiaceva che luidetestando lasoddomia e gli altri peccati ed e' giuochiaveva molto ristretto elmodo del vivere: tutti insieme si gli erano levati fieramente contro;perseguitandolo in publico ed opponendosi quanto potevano alle operesue Eranne capi Piero Capponi (benché luivedendo la potenziadell'altra partequalche volta balenassiqualche volta simulassi)Tanai de' Nerli ed e' figliuolimassime Benedetto ed Iacopo; Lorenzodi PierfrancescoBraccio Martellie' Pazzimesser GuidantonioVespucciBernardo Rucellai e Cosimo suo figliuoloe' quali avevanocoda di Piero degli AlbertiBartolomeo GiugniGiovanni CanacciPiero PopoleschiBernardo da Diacceto e molti simili.


Daaltra parte erano molto favorite e commendate le opere sue da molticittadini: alcuni naturalmente inclinati al credere per bontàdi natura e vòlti alla religioneed a chi pareva che le operesue fussino buone e che le cose predette da lui tutto dí siverificassino; alcuni maligni e di cattiva famaper ricoprire leopere sue ed acquistare nome buono con questo mantello di santità;alcuni uominisecondo el mondocostumativedendo el favore e lapotenzia aveva questa parteper correre piú agli ufici edacquistare stato e riputazione piú col popolo. Eranne capiFrancesco ValoriGiovan Batista Ridolfi e Paolantonio Soderinimesser Domenico Bonsimesser Francesco GualterottiGiulianoSalviatiBernardo Nasi ed Antonio Canigiani.


Contavacisianche drento Pierfilippo Pandolfini e Piero Guicciardinie' qualiperò nelle controversie ne nascevanosi portavanomoderatamente ed in forma che non erano interamente annoverati fraloro; avevano coda da Lorenzo e Piero LenziPierfrancesco e TommasoTosinghiLuca d'Antonio degli AlbizziDomenico MazzinghiMatteodel CacciaMichele NiccoliniBatista SerristoriAlamanno ed IacopoSalviatiLanfredino Lanfredinimesser Antonio Malegonnelleelquale non era molto innanzi per conto dello stato vecchiobenchéPierfilippo Pandolfini di già fussi stato fatto de' dieci edavessi riavuto la riputazione; Francesco d'Antonio di TaddeoAmerigoCorsiniAlessandro AcciaiuoliCarlo StrozziLuigi dalla StufaGiovacchino GuasconiGino Ginori e molti simili. Aggiugnevasi louniversale del popolodel quale molti erano inclinati a queste coseed in modo chesendo in odio ed in cattivo nome e' persequitori suaed (e converso )e' fautori accetti e grati assaigli onori ed e'magistrati della città si davano sanza comparazione molto piúagli uomini di questa parte che agli altri; e però sendo intanta potenzia e' fautori suae parendo loro che secondo le suepredizionee' potentati di Italia avessino a capitare maleedinterpretando di nuovo el re di Francia avere a essere vittoriosooltre alle altre ragione che gli movevanoerano causa che la cittànon si accostassi colla lega. E cosí sendo nata unagrandissima divisione ed odio capitale negli animi de' cittadiniedin forma che in molti fratelliin molti padri e figliuoli eradissensione per conto delle cose del fratenasceva un altrodisparere grandissimo: che tutti quegli favorivano el fratetenevanola parte di Franciaquegli lo disfavorivano arebbono volutoaccordarsi colla lega.


Nelfine di detto anno 1495 si murò e finí sopra la doganala sala grande del consiglioe vi si ragunò tutto el popolo afare la nuova signoria. avendovi prima predicato fra Ieronimo; e fucreato gonfaloniere di giustiziache entrò in calendi dimarzoDomenico Mazzinghi e cosí tutto dí siaugumentava e cresceva el vivere popolare.





XIV- TUMULTO CONTRO IL GOVERNO POPOLARE - DISCESA Dl MASSIMILIANOD'ASBURGO IN ITALIA (1496)


1496.Sopravenne l'anno 1496 turbulento e pericoloso drento e di fuorinelprincipio del quale anno alla fine del mese di aprile si scoperse unaintelligenzia nella città di molti cittadini e' quali tuttierano oppositi al frate ed uomini di non molta autorità. Lointento loro era ristrignersi insieme in consiglio e favorire negliufici l'uno l'altroe quando avessino avuto successo in questoarebbono tentato maggiore fine; e pigliando tutto dí forzesendo venuto a lucela mattina si ragunava el consiglio per eleggerela nuova signoria in scambio di Domenico Mazzinghifurono percomandamento della signoria e degli otto sostenuti e menati albargello Filippo CorbizziGiovanni Benizzi e Giovanni da Tignano. Edessendo di poi esaminati ed inteso tutto lo ordineparendo la cosanon stessi in termini di intelligenzia semplice. ma piú tostoavessi natura di mutazione di statoe nondimeno non in modomeritassino perdere la vitafurono questi tre dalla signoria e dagliotto ammuniti e confinati in perpetuo nelle Stinchee SchiattaBagnesiuomo di poca qualitàed alcuni altri simili furonoammuniti a tempo; e cosí si estinse questo pericoloal qualese non si fussi rimediato a buon'oraarebbe fatto danno assai.Questa alterazione fu cagione che aspettandosi gonfaloniere digiustizia Francesco degli Albizziel consiglio lo fuggíveduto che questa intelligenzia era in uomini inimici del frate edinimici del consiglioed essendo Francescobenché sanzasospetto di questa intelligenziapure in opinione che glidispiacessi l'uno e l'altroe volse le fave a Piero di Lucantoniodegli Albizzi consorte suouomo vecchiobonario e da poco. Al tempodel qualesecondo la legge fatta nel 94e' confinati nelle Stincheappellorono al consiglio grande: e perché loro erano nelleStinche e non potevano personalmente compariresi lesse prima elloro processodi poi quello che gli scrissono in difensione loro;parlò in ultimo Francesco Rinuccini che era stato o de'signori o degli ottogiustificando quello si era fatto ed in effettosendosi cimentato non furono assoluti.


Fermatoquesto tumultosendo le gente nostre in quello di Pisa a ricuperareel contadoed essendovi commessario Piero Capponie dando labattaglia a Soianacastello di poca qualitàfu morto PieroCapponi di uno colpo di archibusoE questa fine ebbe Piero Capponiuomo valentissimoed el quale fu di grandissimo ingegnodiscorso elinguama un poco vario e non molto fermo nelle deliberazioni sue;uomo di grandissimo animo ed ambizioso e di grandissima riputazioneera insino a tempo di Lorenzobenché non molto adoperatopure in riputazione grande di savio e valente uomoed ancoraper lequalità e credito suo temuto da Lorenzoa tempo di Piero fugran cagione della rivoluzione dello stato e di quivi venuto ingrandissima grazia ed autorità; ne' tempi che el re di Franciafu in Firenze si affaticò assai in beneficio della cittàe nel fare l'accordoe nel trovare la somma de' danari che s'ebbe adare al re Carloe di poi creato de' ventifu molto operatore dellasalute de' cittadini dello stato vecchioe per qualche mese poténella città piú lui che alcuno altro; di poi fattosiinimico del fratee venuto in opinione che el consiglio non glipiacessi e che tenessi pratiche con principi di mutarlovenne inodio al popoloe benché gli inimici del frate ed e' capidegli inimici tutti facessino capo a luipure urtato dall'altraparte e temuto non vinceva in consiglio nullama pure sendo stimatoassai per la riputazione e seguito grande che avevafu la sua morteuniversalmente grata ed accetta al popolo.


Standosila città in questi terminidrento tutta disunita e divisadifuori attendendo alla impresa di Pisa nella quale si faceva pocoprofittonon avendo appoggio alcunoed essendo e' pisani difesi da'vinizianiin modo che e' pisani tenevano fermo VicopisanoCascinaLibrafattala Verrucola e la foce del marel'altre castella sitenevano quando per l'unoquando per l'altroperché quandoerano in nostra manocome avevano occasione si ribellavano da noila città si trovava in cattivi terminied ogni dí sidiminuiva la speranza che el re Carlo dovessi passare in Italianési vedeva via da doversi posare e reintegrare nello stato suosendoin mala condizione apresso a' principi di Italia. Al papa non piacevache noi recuperassimo le cose nostreperchéfermato questopuntoparevano doversi quietare le cose di Italia che sarebbe statocontrario a' suoi disegni che erano pieni di ambizione e vòltia fare statoil che non gli aveva a riuscirese si fussi un trattoriunita Italianon piaceva a' vinizianiperchésendo inpossessione di Pisanon ne volevano in alcuno modo uscireavendofatto concetto che quella città avessi a essere loro unoinstrumento grande allo imperio di tutta Italia; non piaceva al ducaLodovicoperché aveva disegnato aversi a fare grande ne'movimenti di Italiaed inoltre se pure s'avessi avuto a riunirecolla cittàarebbe voluto introdurvi uno stato di uno o dipochisperando potere piú confidarsi di loro e piúvalersene che di uno governo di moltico' quali non si puòpigliare fede o amiciziané trattare segretamente cosaalcunae però sempre nel parlare co' suoi ed in presenzia dimesser Francesco Gualterottiimbasciadore nostrodetestava questoviveredileggiando ora e' modi della città nel creare e'magistratiora gli uomini vili che intervenivano nel consiglio. Allequali cose messer Francescosecondo la natura sua sempre rispondevaprontamente e con degnità del publico.


Sendoadunche chiara la cittàche per le mani di questi principinon avevamo a essere restituiti nel dominio nostrosempre dinegòvolere entrare nella lega e lasciare el re Carlocon tutto che nefussi richiesta instantemente e con molti minacci; anzisempremostrando volere seguitare la parte di Francesco instigava dicontinuo el re a dovere passare. Per la qual cosa e' signori dellalegaper levare al re questo stimolo di passare in Italia e tòrgliogni disegno potessi fare de' fatti nostrifeciono alla fine disettembre venire in Italia Massimiano re de' romanipromettendoglifavore di gente e di danari a conseguire la corona dello imperioedin tal numero che e' ci potessi sforzare a entrare nella lega. Sendoadunque a' confini di Italiamandò imbasciadori a Firenzee'quali oltre a chiedere passo e vettovagliaconfortassino la cittàa volere essere buoni italiani; fu loro risposto che si manderebbeimbasciadori alla maestà sua che gli satisferebbono; e pocopoi intendendo che era già nello stato di Milanovi fumandato oratori messer Cosimo de' Pazzi vescovo di Arezzoe messerFrancesco Pepiavendo prima rifiutato Piero Guicciardini e di poiPierfilippo Pandolfini.


Costorogiunti in Lombardiatrovorono era già ito a Genova perimbarcarsi quivi per alla volta di Pisae seguitatolo làgliesposono la commessionedimostrando quanto la città eradesiderosa di compiacerglie quanto frutto lui potrebbe cavare dallaamicizia di quellase la richiedessi delle cose che aspettassinosolo alla proprietà suama che la richiesta dello entrare inlega non era onestasendo contro alla fede loroe non volendochigli aveva ingiustamente spogliatirestituirgli; la quale cosaeziandio toccava alla maestà sua vedendo continuamentecrescere quegli che naturalmente gli erano inimicissimi. Cognoscevalo imperadore essergli detto il veronondimeno non poteva risponderese non quanto gli commetteva la lega; e peròel dí chesi imbarcò per a Pisadisse agli oratori che per le molteoccupazioni non aveva potuto rispondere loro risolutamentema che ellegato del papa che era in Genovarisponderebbe lui. Andorono allegatodal quale ebbono che la risposta sarebbe loro fatta dal ducadi Milano. Partirono adunche da Genovae venuti a Milanorichiesonola audienzia dal ducael quale la dette loro in presenzia del legatodel papa e di tutti gli oratori de' collegati; ed aspettando che e'nostri dimandassino la rispostaloro dissono che avendo commessionedi ritornarsi a Firenze e faccendo quella via per la quale eranovenutiavevano voluto secondo el debito visitare quel signore edofferirgli e raccomandargli la città. Parve al duca essereuccellatoe dimandatogli se volevano la rispostadissono che nonavevano commessione intorno a ciò; e replicando lui che loimperadore gli aveva rimessi a sée però che egli glinarrassino quello avevano esposto allo imperadoreacciò chepotessi loro risponderedissono che era superfluo e che non avevanoquesta commessionee sobiungendo lui che non sapeva se questi modiprocedevano da troppa prudenzia o da poca bontàreplicòel Gualterottoche era oratore residente a Milanoche procedevanoda poca bontàma di altri; e cosí rimanendo uccellatiel duca e gli oratori de' collegatipresa licenzia se ne ritornoronoa Firenze.


Massimianoavendo tocchi in nome della lega danari da Genovaed imbarcatosialla volta di Pisastette molti dí in mare impedito da' ventie da' cattivi tempiin modo che quando venne a Livorno avevaconsumato e' danari suaed era venuto el tempo della altra paga: inmodo chestato pochi dí a Livorno e non gli sendo mandati e'danari da' vinizianine venne a Pisalasciati alcuni legni a campoa Livorno; dove alla fine di ottobresendo sopravenute certe galeedi Francia in favore nostroe' legni dello imperadoreavendocontrari non meno e' legni franzesi e destituito di ogni speranzadata la volta adrietovituperosamente se ne ritornò nellaMagna.


Lacagione perché e' viniziani non gli mandorono danari fu perchéessendo lo imperadore molto piú del duca che loroeranocominciati a insospettire che el duca non fussi male contento chePisa fussi in loro manoe però non si fidando di luinonvollono a sue spese favorire uno instrumento che avessi a operaretanto quanto paressi al duca. E fu questa rottura tanto a propositoed utile della cittàquanto dire si potessi; perché e'cittadinivedendosi sanza soccorso e contro tutta Italiasigiudicavano sanza rimedioin forma che da molti fu imputato piútosto a miraculo la salute nostra che modo umano; parendo chel'essere soprastato lo imperadore in mare per e' tempi cattivie ladisunione venuta sí a tempoe di poi e' venti essersi operatinella vittoria nostrafussi stato mistero divino e massime che fraIeronimo aveva in quegli giorni predicato e confortato gagliardamentefussino sanza paurache Dio gli libererebbe.


Partitolo imperadorefu di poi creato per calendi di gennaio gonfalonieredi giustizia Francesco Valori benché forse dua mesi innanzinon avessi vinto lo uficio de' dieci e fussi stato scavalcato nonsolo da Pierfilippo Pandolfini ma ancora da Taddeo Gaddi; esemplomanifesto delle mutazioni del popolocheavendolo cosíributtatolo prepose poco di poi in tanto magistratosendo andato apartito ancora Pierfilippo Pandolfini. Fucci tirato con favore dellaparte del fratedella quale fu assolutamente fatto capoe peròattese in questo magistrato favorirlo quanto piú potevainsino a cacciare di Firenze molti predicatori dell'ordine di SanFrancesco e' quali apertamente gli contradicevano. E perché lecose de' Medici erano in modo transcorseche fuori se ne parlava congrandissima licenziae cosí molti preti e cortigianifiorentini erano iti a stare a Roma col cardinale de' Mediciordinòlegge asprissimerevocandogli e proibendo e' commerzi con loro nelvincere delle quali ebbe tanta difficultàcon tutto viadoperassi driento tutto lo sforzo ed autorità suachequalche volta volentieri arebbe voluto esserne stato digiunoil chenasceva non tanto dall'avere e' Medici favore in Firenzequantodagli inimici del frate e malcontenti di questo governo. Atteseancora a fortificare el consigliofaccendo una legge che chi era aspecchio non vi potessi venire; e perché el numero rimanevamolto scarsovi messe e' giovani che avessino finito ventiquattroanniche prima non vi poteva venire chi non avessi trenta. Cavonneancora molti che ragionevolmente non vi potevano venire ma in quellaconfusione da principiosotto vari nomi di casa ed altri falsicolori vi erano entrati. Per queste cose e per essere tenuto netto ebuono cittadinosendo in reputazione grandissima gli inimici delfrate non avendo un capo di tanta autorità da opporgli poi cheera morto Piero Capponivoltorono el favore a Bernardo del Neroelquale benché fussi dello stato vecchioera già statofatto de' dieci e ritornato in riputazioneed era vecchio concredito grandissimo di essere savio e di tanta pratica ed autoritàche in Firenze non pareva altro uomo da opporre a Francesco Valorielo creorono in scambio di Francescogonfaloniere di giustiziaecosí sendo già battezzato capo della altra partenacque fra Francesco e lui emulazione ed odio grandissimo.




XV- INUTILE TENTATIVO Dl TORNARE A FIRENZE Dl PIERO DE' MEDICI.SCOMUNICA DEL SAVONAROLA (1497)


1497.Seguitò l'anno 1497anno di grandissimi movimenti edalterazione; nel principio del quale anno negli ultimi dí diaprilesendo ancora gonfaloniere Bernardo del NeroPiero de' Medicicon Bartolommeo d'Alviano e con molti soldati venne a Siena per operade' viniziani e' qualiper avere Pisa sicuramentegli davano favorea voltare lo stato. La quale cosa a lui pareva facileintendendo cheel popolo minuto stava malcontento per essere in carestiagrandissimaché valeva el grano cinque lire lo staioedinoltre sapendo che nella città erano molti uomini da benemale contentie molti amici suaalcuni ancora con chicome disotto si diràteneva praticae Bernardo del Nerogonfaloniere di giustiziae de' signori Batista Serristori eFrancesco di Lorenzo Davanzatiuomini che solevano essere sfegatatidello stato suo. E cosí con queste persuasioni partitosi daSiena a dí 27 di aprilevenne la sera alle Tavernelleconintenzione di essere la mattina sequente in sul fare del díalle porte di Firenze; la quale cosa non gli riuscí perchéla notte piovve tanta acquache non poté cavalcare all'oradisegnata.


AFirenzesendosi inteso la venuta di Piero in Sienae di poi lapartitabenché non si credessi dovessi venire tanto oltre siera condotto Pagolo Vitelliel quale in quegli dí era venutoda Mantova dove era stato prigionepreso nel reame di Napolidovesi trovava con Camillo suo fratello. Di poi la mattina a dí28intendendosi che Piero veniva verso la cittàsi trasse abuon'ora la signoria nuova che ne fu gonfaloniere Piero degliAlbertie furono uomini tutti confidati allo stato ed inimici de'Medicidi poi rinfrescando tuttavia la venuta di Pierofuronomandati Paolantonio Soderini e Piero Guicciardini a fare cavalcarePaolo ed essere in sua compagniasceltimassime Pieropiúper la amicizia tenevano con luiche per essere inimici de' Medici.Cavalcò con costoro alla porta a San Piero Gattoliniedavendo notizia che Piero era vicino a uno o due miglia si fermòquivie fece serrare la porta; e dubitandosi che Piero non avessidrento intelligenziafurono sostenuti in palagio circa a dugentocittadini che erano piú a sospetto per conto dello statovecchioe nondimeno nella città non prese persona le armesenon quando si intese che si partivaeccetti pochi inimici suacapitalie quegli non molto a buon'oracome e' Nerlie' Capponie' PazziLorenzo di Pierfrancescogli Strozzi e simili. StettePiero piú ore alla portae veduto non farsi movimento alcunonella cittàe che la stanza sua quivi era con pericolodettela volta adrietoe per la medesima viasanza essergli fattaoffensione alcunase ne ritornò a Siena.


PartitoPiero ed entrata la signoria nuovafu gran disputa per le cose delfrateperché el gonfaloniere Giovanni Canacci e Benedetto de'Nerliche erano de' signori ed inimici suoi capitalilo volevanospacciare; da altra parte messer Antonio Canigiani e messer BaldoInghirlani lo difendevanomantenendo quattro favebenché congrande difficultàin suo favore. Nella quale controversiasendo riscaldati gli animi de' cittadini e tutti divisifuronodeputati d'ogni parte a posare le cose e pacificare la cittàBernardo del NeroTanai de' NerliNiccolò RidolfiPaolantonio SoderiniPiero Guicciardinimesser Agnolo Niccolinimesser Guidantonio VespucciBernardo RucellaiFrancesco ValoriPierfilippo Pandolfini e Lorenzo di Pierfrancesco.


Enon faccendo effetto alcunogli umori tutti dí ribollivano inmodoche sendo publica opinione s'avessi a fare qualche scandolopredicando el frate la mattina della Ascensione in Santa Liperatasilevò un romore grandissimodel quale non si trovòcausa alcunase non sospetto; ed essendo le grida grandissimesivedde in lui gran segno di pauraed alla fine non potendo seguitarela predicasi ritornò a San Marcoaccompagnato da molticittadini coll'armefra' quali fu Giovan Batista Ridolfi con unaarme in asta in sulla spalla.


Néper questo cessorono le contenzione de' cittadinianzi tutto dícrescevanoinsino a tanto che del mese di giugno papa Alessandro lofece publicare in Firenze scomunicatoallegando avere predicatopublicamente dottrina eretica e di poicitato da luinon esserevoluto comparire. Credesi el papa lo facessi volentieri da sénondimeno lo fece piú volentierisendo stimolato di Firenzedagli avversari suoi; e però per dimostrare la innocenzia suasi fece in San Marco una soscrizione di cittadinie' quali tuttiaffermorono lui essere vero e buono cattolico. Soscrissonsi circa acinquecentonon ne rimanendo indrieto quasi niunopunto nominatodi quella parte: e cosí astenendosi per conto della scomunicael frate dal predicaree sendo contenti e' suoi inimiciparve siquietassino un poco le discordie.


Notossiche la mattina che fra Ieronimo fu publicatovenne in Firenze lanuova come el duca di Candiafigliuolo del papaed a chi el papavoleva tutto el suo beneera stato morto in Roma per operasecondosi disse poidel cardinale di Valenza figliuolo del papael qualeaveva per male che el fratello fussi in piú favore col papa;il che parve segno a quegli del frateche Dio avessi volutodimostrare al papa lo errore suo d'avere scomunicato fra Ieronimo.Seguitò poi di agosto uno accidente grandissimosendogonfaloniere di giustizia Domenico Bartoliel quale acciò chesi intenda meglioripiglierò la origine sua piú dacapo.


Elgoverno della città di drento era molto disordinatocreandosie' magistrati tutti nel consiglio grande el quale nel principio davapiú favore agli uomini popolari e buoni e che non siimpacciassino dello statoche a quegli che avevano piúautorità e piú esperienziadi poi a poco a pocoaccorgendosi che e' governi volevano essere trattati dagli uominisavi e pratichie cosí sendo purgata la invidia di una granparte di coloro che avevano pel passato potuto nella cittàsicominciorono le elezione de' magistrati di piú importanzamassime del gonfaloniere di giustizia e de' diecia fare piúragionevolmente. Di qui nacqueche dove prima uno Antonio Manetti esimili avevano al gonfaloniere di giustizia scavallato unoPaolantonio Soderini e simili e dove prima uno Piero del BeninounoPandolfo Rucellaiuno Andrea Giugni avevano nello uficio de' dieciavuto piú favore che e' piú valenti uomini della cittàrimandosi tuttavia el giudicio del consigliofurono successivamentefatti gonfalonieri di giustizia Francesco ValoriBernardo del Nero;e cosí nell'uficio de' dieci erano sempre eletti loromesserGuidantonio VespucciPierfilippo PandolfiniPaolantonio SoderiniBernardo Rucellai e simili.


Daquesto era nato che eziandio negli ufici piú importanti difuoracome ArezzoPistoiaVolterraCortona e similisi facevanoelezione assai ragionevole; in modo che in questa parte el consiglioera forte miglioratoe si vedeva che seguitandosi le elezione per lepiú favegli ufici e lo stato non uscirebbe di molti uomini ede' migliori. Nondimeno avendovi piú favore e' frateschi chegli inimici suoiil che procedeva parte pel credito del frateparteperché in veritàda Bernardo del NeromesserGuidantonioBernardo Rucellai e pochi simili in fuoraerano altriuominitutti gli avversari del frate appetivano mutare modo divivereed era la intenzione di moltimassime di Bernardo del Neronon di richiamare Piero de' Medici in Firenzema fare uno statostretto di uomini da benee farne capo Lorenzo e Giovanni diPierfrancescoed avendo in questa cosa secretamente la voluntàdel duca di MilanoGiovanni con ordine suo ne era ito a Imola equivi aveva copertamente tolto per donna madonna di Imola e [Furlí](figliuola bastarda del duca Galeazzo e cosí nipote del ducaLodovicoe che era stata moglie del conte Girolamo e governavaquello stato per e' figliuoli di detto conte) con intenzione forse divalersi di gentequando s'avessi a mutare el governo di Firenze.


Eparendo agli inimici del consiglio che el migliorare ogni dínelle elezione avessi a essere cagione che molti uomini da bene siassetterebbono volentieri a questo vivere e cosí sifortificherebbe tutto giornopensorono che e' sarebbe beneintrodurre e' partiti piú larghi e levare questo modo dellepiú faveimmaginandosi che quanto piú le elezioneandassino larghetanto piú si disordinerebbe el consiglio everrebbe a noia agli uomini da benea' quali dispiacerebbe vederegli ufici in uomini che o per ignobilità di casa o per lorovizi o per altro conto non lo meritassino. E per fare questo effettopoiché non avevano tanta potenzia lo potessino condurre per loordinariocomincioronoquando si faceva uno uficio di fuorao darele fave bianche a tutti quegli andavano a partitoacciò chenon si vincendo nessunobisognassi pigliarvi qualche forma; ed aquesto avevano concorso da moltie' quali non intendendo a che finee' si movessinovi concorrevano non per levare via el consigliomaper tôrre questi partiti stretti delle piú fave.


Ecosí sendosi stati molti mesi e fattone molte pratichesi erafinalmente da chi non voleva disordine introdotto un modo che e' sifacessi una provisioneche quando uno uficio fusse ito a partito trevolte in consiglio e non avessi vinto nessunosi dessi a chi avessiavuto piú fave degli uomini squittinati in quelle tre voltebenché non avessi vinto el partito; e cosí chi nonvinceva persona per fare disordineveduto chebenché nessunonon vincessi gli ufici rimanevano fattisi sarebbe levato datappetoed accordandosi la pratica a questa conclusioneBernardodel Nero veduto che la ovviava a' loro disegnila contradisse sívivamente el in formache non se ne fece conclusione. E peròin ultimo per minore male fu necessario fare una provisioneche simutassi modo del creare gli ufici di fuorae dove prima n'andava apartito per nominazione un certo numero e si toglieva quello chevinceva per le piú faveora andassino a partito per trattacioè che si traessi di una borsa generalein quale eranoimborsati tutti gli abili a detto uficioe di poi tutti quelli cheavessino vinto el partito per la metà delle fave ed una piúsi imborsassino e quello ne fussi tratto a sorteavessi dettouficio. Di che nacque che le elezione cominciorono molto a piggiorareed a rallargarsi perché per le tratte non andavano a partitouomini idonei come per le nominazioni; ed inoltre quegli squittinaticome avevano la metà delle fave ed una piúbenchél'uno avessi di gran lunga piú fave che l'altroavessino unmedesimo ragguaglio della sorte. Né solo stette questoinconveniente negli ufici di fuorama ancora fu origine si facessidi poicome di sotto si diràcosí negli ufici didrentoe nondimeno quegli ne furono autorinon ne conseguirono eldisegno loro perché dove prima girando la elezione degli uficiin pochi e strignendosi a un numero di dugento cittadini o pochi piúsoli quegli sarebbono stati amici al consiglioe gli altri tuttiinimiciche erano molto maggiore numero; ora sendo rallargate ingran numeroquasi tutti quegli a chi sarebbe dispiaciuto elconsigliopiace ora loroin modo che egli ha avuti sanza numeromolti piú amici che prima.


Nési fermando qui e' pensieri loroanzi tutto dí opponendosi edintraversandosi nelle coseera nata una licenzia perniziosa disparlare publicamente del consiglio de' cittadini di qualunque partee dimostrare che noi stavamo meglio al governo de' Medici. Le qualicose non si punivano perché cosí è usanza dellecittà divisenelle quali e' cittadini non pongono mente aogni cosasendo occupati nel contendereed inoltre chi ha disfavoreda una parteha favore dall'altra e perché parendo a ognunoche questo stato e la città non fussi di uno né dipochima di moltinon era nessuno che le brighe ed inimiciziepubliche volessi fare suedi che multiplicando ogni dí questalicenziaparve a Niccolò Ridolfi Lorenzo TornabuoniGiannozzo di Antonio Pucci ed altri che desideravano la tornata diPieroche Piero avessi buona parte della cittàe pigliandoneconiettura dal sparlare publicamente che si faceva e da vedere molticittadini molto male contenticominciorono a tenere pratica con lui.Di che avendo egli preso animoed avendo intenzione dalla legad'avere a essere favorito per spiccare dalla amicizia di Francia lacittàmandò a Firenzeper disporre meglio la materia.maestro Mariano da Ghinazzanogenerale dello ordine di SantoAgostinoel quale altre volte a tempo di Lorenzo aveva predicatonella città con grandissimo concorso. El quale venuto apredicare sotto ombra di opporsi alle cose di fra Girolamoaccennavain pergamo destramente che la città si accordassi colla legae di poi privatamente teneva pratica cogli amici di Piero. E benchéquesta venuta suae di poi el praticare quegli cittadini con luimentre stette in Firenzedessino quasi publicamente sospetto diquello che egli trattassinondimeno le divisioni della cittànon lasciavono farne esamina né punizione.


Perle quali cose ingagliardito Pierorichiedendo la lega di favoreglimancò sotto el duca di Milanoe ne poté essere duecagioni: l'unaperché al duca paressi che el rimettere oraPiero non fussi altro che stabilire in Pisa e' viniziani; l'altraperché sendo stato lui gran cagione della cacciata di Pierodubitòeziandio se gli facessi beneficionon potersene maipiú fidare; e peròprivato Piero del soccorso suofufavorito da' viniziani solinon con quelle forze che avevadesiderato. Pure confidandosi negli amici con chi aveva praticatonell'avere una signoria di uomini beneficiati dalla casa suamasopra tutto in sapere quanto molti cittadini fussino male contentiecome la plebe ed e' contadini per essere affamati desideravanomutazione; e sperandocome si appressassi alle porteche lamoltitudine avessi a levare in capo e richiamarlo (disegni tutti inaria e fondati in sulla speranza che communemente hanno gli uscitiche sempre si dànno ad intendere avere amici e parte assainella città) ne vennecome di sopra è dettovolonterosamente alle porte a tempo di Bernardo del Nerogonfaloniere; e benché in su questa sua venuta fussi publicaopinione che avessi pratica in Firenzenondimenoperché nonse n'aveva certezza alcuna e perché gli animi eranoinviluppati nelle quistione di fra Ieronimola cosa si sopíinsino allo agosto sequente.


Nelquale tempo Lamberto della Antella che per avere scritto a Pieroaveva piú anni innanzi avuto bando di rubellosendo a Roma edavendo astutamente compreso le pratiche aveva tenute Piero inFirenzeo perché si tenessi male contento di luio perchéne sperassi la restituzione nella patria e qualche guadagnosecondola maligna natura suascrisse a Firenze a qualche particularecittadinoe credo a messer Francesco Gualterottiche se gli fussidato salvocondotto verrebbe a rivelare cose di importanza. La qualecosa andando in lungavenne ultimamente in sul nostro; di cheavendosi notiziafu presoed avuto della funemostròqualche spiraglio donde si potessi trarre notizia di tutta lapratica; e parendo cosa di grandissima importanzala signoria deputòcirca a venti cittadinie' quali in citareesaminare e ritrovarequesta cosa potessino usare tutta la autorità sua.


Edessendosi dato principiofurono chiamati e sostenuti Bernardo delNeroNiccolò RidolfiLorenzo TornabuoniGiannozzo Pucci eGiovanni Cambi; molti altri furono citatie' quali sendo alle villenon comparironoche furono Pandolfo CorbinelliGino di LodovicoCapponiPiero di messer Luca PittiFrancesco di Ruberto Martellidetto el TincaGaleazzo SassettiIacopo di messer BongianniGianfigliazzi; fu nominata ancora madonna Lucrezia moglie di IacopoSalviati e figliuola di Lorenzo de' Medicila quale fu guardata incasa Guglielmo de' Pazzi. E procedendosi nella esaminafurono detticinque esaminati colla fune: ed in effetto si ritrasse come Giannozzoe Lorenzo Tornabuoni avevano avute e scritte molte lettere a Pierodatogli aviso delle cose della città e confortatolo a fareimpresa di ritornare con favore della lega; e nella venuta di fraMariano essersi molto impacciato e parlato con seco delle medesimecose Niccolò Ridolfi ed averne conferito a Bernardo del Nerogonfaloniereel quale solo aveva avuta questa notiziama non avevagià scrittoné consigliatoné parlatonéoperato nulla; avere avuto notizia ed essersi operata in simili modimadonna Lucreziasanza saputa di Iacopo suo marito dal quale si eramolto guardata; Giovanni Cambi e quegli erano fuggitiavere fatti insimili effetti diversi errori.


Lequali cose riscontre e ferme benedeputata una pratica di circa adugento cittadinisi cominciorono a consultare queste cose. Eranoinnanzi negli uomini diversi pareri ed opinione; quegli arebbonovoluti e' Medici in Firenzedesideravano la salute loroe questierano pochi e quasi tutti di poca qualitàe se alcuni vierano di conto non arebbono avuto ardire a parlare; erano alcuni achi el manomettere tanti uomini da bene pareva cosa di molto momentoe che lo insanguinarsi avessi a essere principio grande di guastarela città: alcuni mossi da misericordia da particulare amiciziatenevano con qualcuno di loroarebbono voluto scamparglifra' qualiera messer Guidantonio Vespucci ed e' Nerlia chi doleva perdereBernardo del Nero capo della parte loro contro el frate. Da altrocantotutti quegli che si erano pe' tempi passati scoperti inimicide' Medicieccetti e' Nerliavendo paura grande della intornatalorotutti quegli a chi piaceva el vivere populare ed el presentegovernouniti in grandissimo numero volevano tôrre loro lavita. Di questi era fatto capo Francesco Valori el qualeo perchési vedessi battezzato inimico a' Medicio perché volessimantenere el consiglio nel quale gli pareva essere capo della cittào come fu poi publica voceper levarsi dinanzi Bernardo del Nerouomo che solo era atto a essergli riscontro ed a impedire la suagrandezzavivamente gli perseguitava. E benché avessi doloredella morte di Lorenzo Tornabuoni e volentieri l'avessi volutosalvarenondimeno considerando che Lorenzo aveva errato quasi piúche niuno altroe chesalvando luibisognava salvare gli altripoté tanto piú in lui questa passioneche si erarisoluto al tutto vederne la fine.


Ragunataadunque la praticaparlò molto fieramente pe' gonfalonieri dicompagnia messer Antonio Strozzimostrando che e' trattati controalla libertà della città erano di natura che secondo lelegge aveva a perdere la vita non solo chi gli operavama ancora chigli sapeva e non ne dava notizia.


Edoppo lui nella medesima sentenzia sendo parlato da Bernardo diInghilese Ridolfi in nome de' dodicibenché ne fussi Piero diGiuliano Ridolfi consorto di Niccolò; e cosí quasiseguitando gli altri magistratimesser Guido destramente aiutòla causa loro dimostrando che e' delitti loro erano varie che chiaveva operato piú e chi meno ed in diversi modie chi soloaveva saputo e non operatoe però che si voleva affrontareinsieme le legge e gli statuti della cittàe considerare beneche pena meritassinoe se una medesima o diversaricordando chetrattandosi d'una cosa di pregiudicio irreparabilecome è lavita dell'uomonon si dovessi fare carestia di tempo.


Loeffetto di questa pratica fu che quasi per tutti unitamente siconchiuse che e' fussi tagliato loro el capo; e cosí sendoeldí sequente giudicati per partito della signoriae percomandamento lorodagli ottofu dimandato da' congiunti lorol'appellosecondo la legge fatta nel 94ed osservato in FilippoCorbizziGiovanni Benizzi e gli altri. Sopra la quale dimanda non siaccordando la signoriae ragunata di nuovo la praticaeconsigliando alcuni che si osservassi la leggequasi tutticonsigliorono el contrariodicendo che nello indugio sarebbepericolo che el popolo non si levassie quando si dubita di tumultoche secondo la legge commune si sogliono tôrre via gli appelli.Capi di questa risoluzione erano Francesco Valoricapo di tuttiGuglielmo de' Pazzimesser Francesco Gualterottimesser Luca ePiero Corsini Lorenzo MorelliPierfrancesco e Tommaso TosinghiBernardo Nasi Antonio CanigianiLuca d'Antonio degli AlbizziCarloStrozzi.


Efinalmente faccendo la pratica questa conclusioneed essendo piúvolte proposta nella signoria da Luca Martini che era Propostovierano solo quattro fave nerequella del gonfalonieredi Luca diTommasodi Niccolò Giovanni e di Francesco Girolamiglialtri cinque che erano Piero GuicciardiniPiero d'Antonio di TaddeoNiccolò ZatiMichele Berti e Bernardo Nerettiapertamente lacontradivano. Per la qual cosa non si vincendopoi che nella praticafurono dettee sanza frutto alcunomolte parole perché lasignoria vi concorressi in ultimo Francesco Valori levatosifuriosamente da sederee dicendo che o morrebbe egli o morrebberoloroconcitò con la autorità sua tanto tumultochemoltiinanimiticominciorono a svillaneggiare e minacciare lasignoriafra' quali Carlo Strozzi prese pella veste PieroGuicciardini e minacciollo di gittare a terra dalle finestreperchégli pareva che essendo Piero di piú autorità che alcunode' compagnirimosso luila cosa fussi fatta. Veduto adunque tantotumultodi nuovo si cimentò el partito e si vinse con seifave nere; perché Niccolò Zati ed uno degli arteficioimpauriti di loro proprio dubitando non si facessi qualche maggioredisordinecalorono. Piero GuicciardiniPiero d'Antonio di Taddeo el'altro artefice stettono tuttavia fermi e constanti; e cosívinto el partitola notte medesima di quivi a poche orefattigliprima confessarefu a tutti a cinque tagliato el capo.


Questofine e tanto inopinato ebbono questi cinque cittadini de' qualialcuni erano de' capi della città nostra. Giovanni Cambi eradi poca autoritàed amico de' Medici non per conto de'maggiori suoi o per dependenzia di statoma per essere stato nellafaccende di Pisa con loroe di poiessendo impoverito per larubellione di Pisaera entrato in questo farnetico.


Giannozzoera giovane di grande ingegnoe molto d'assaied ancora di buonefacultàma tutto di Piero per conto di Antonio di Puccio suopadre e degli altri suoi maggiorie per essere poi stato compagno diPiero; inoltreperché per rispetto di non essere la casanobileed avere poca grazia nel popolo rispetto a' cattiviportamenti del suo padrevedeva non potere avere molto corso aquesto governodesiderava la ritornata di Piero. Altri stimoliavevano mosso Lorenzo Tornabuonial qualesendo giovane pieno dinobiltà e di gentilezzanon mancava grazia e benivolenziauniversale di tutto el popoloe piú che a alcuno della etàsua; ma oltre al parentado che aveva con Piero suo carnale cuginoela potenzia si gli mostrava in quello governo lo essere uomomagnifico ed avere speso assaied aviluppato e' fatti suoi nelsindacato de' Medicil'aveva messo in tanto disordine che sarebbe dicorto fallitoe però cercava travaglio per rassettarsi eriaversi; aggiugnevasi cheparendogli che el consiglio non fussi perduraredubitò non diventassino capi della cittàLorenzo e Giovanni di Pierfrancescoa' quali era inimicissimo e glitemeva; e però volle prevenire.


ANiccolò non mancava facultà; né anchese sifussi voluto accommodarecome Pierfilippo e degli altrinon glisarebbonosecondo el corso di questo viveremancati onori eriputazione; ma perché Piero suo figliuolo aveva per moglie laContessina sorella di Piero de' Medicie per questo conto era sutoall'altro stato potentissimomosso da ambizione e non contento aquello potessi avere di presentecercando megliotrovò unofine non conveniente alla sua prudenzia e costuminon alla nobiltàdella famiglia suanon agli onoridignitàautorità epotenzia che aveva avutada compararsi a qualunque altro cittadinode' tempi sua.


Bernardodel Nero era vecchissimosanza figliuoli e con buone facultàe per queste qualità e per gli onori grandissimi che avevaavutie per la prudenzia di che era e meritamente tenutoera ditanta autorità che parve solo atto piú che alcun altroa esser fatto capo di parte ed opposto a Francesco Valori; e benchéin questo vivere avessi tanta riputazionenondimeno non gli piacevael consiglioo perché avessi avuto quattrocento ducati dibalzellocosa disonestissimao perché fussi assueto allostato vecchioné si sapessi recare a quella equalità epopularità che bisogna in uno simile governoo perchégli bisognassi satisfare alle volontà di quegli che gli davanoseguito.


Nondimenolo intento suo era di fare capi e' figliuoli di Pierfrancesconon dirimettere Piero de' Medici; benché in ultimo avendo prestatoorecchi alle parole di Niccolòe parendogli che el suo primodisegno fussi molto difficiledesiderassicome cosa facilepiúla ritornata di Pieroche vivere sempre in quello modo; nondimeno fusí piccolo lo errore suoche a ogni modo sarebbe campatosenon fussi suto lo odio in che si trovava con Francesco Valoried eldesiderio che Francesco aveva levarsi dinanzi questo concorrente. Diqui nacque che Francesco sí immoderatamente dissuase loapellodubitando che la grazia sua e la fede soleva avere col popolonon fussi tanta cheaggiunta allo errore piccololo facessiassolvere.


Lamorte di costoro ne' quali era ricchezzepotenziaautorità etanto parentadocon grazia grande a favore dello universalepuòessere esemplo a tutti e' cittadiniche quando stanno bene ed hannola parte ragionevole delle cosestieno contenti e non voglianocercare el meglioperché el piú delle volte sipercuote in terrae se pure vogliono tentare cose nuovericordinsipigliare imprese di natura da riusciree che non sieno contro a unopopoloperché non si può vincere avendo tanti inimici;ed abbino sempre a menteche el fine di queste imprese è oconseguire el suo disegnoo veramente perderne la vitaed almeno lapatria e la città; e pensino bene che quando sono scoperti edin pericolola grazia ed el favore universale è un sogno: elpopolo comincia a intendere tutte cose in loro caricoalcune vere emolte false; loro se si vogliono giustificareo non sono uditi o nonsono creduti; per la qual cosa la benivolenzia si converte in odio eciascuno gli vuole crucifiggere; e' parenti e gli amici tutti loabbandonano e non si vogliono mettere per lui a pericoloanzi moltevolte per giustificare sési fanno innanzi a perseguitarlola autorità e la potenzia passata gli è nocivaperchéognuno dice: «e' gli sta molto beneche gli mancava egli? ch'èegli ito cercando?» Cosí intervenne a questi cinquecontro a' quali el popolo tanto mormoravache è verissimo chemai non arebbono vinto lo appellobenché poi qualche mesepassata quella furiaallo universale dolessi la morte loro; maquesto non basta a rendere loro la vita. E certose chi governava lacittà si fussi assicurato a lasciare loro usare el beneficiodella leggesarebbe stato uno giudicio molto giustificato e digrande riputazione per la città e sanza carico suo; ma chitroppo desiderasempre teme ed ha sospetto.


Mortiquesti cittadiniquegli che erano fuggiti furono confinati pelcontado alle loro possessionichi per dieci anni e chi per cinquesecondo e' delitti loro; e nondimeno la maggiore parte furono fra unoanno o due restituitie dettono esemplo a chi ha erratoche piútosto fugga che comparisca; perché se fussino compariti eranomorti ed (e converso )quegli altri se fussino fuggitioltre alsalvare la vitanon sarebbono anche stati dichiarati rubellinéperduto la robe. Madonna Lucrezia di Iacopo Salviati fu liberatamassime per opera di Francesco Valoriel quale voleva bene a Iacopoe gli pareva anche cosa brutta toccare una donna. E cosífatto questo giudicio e morto Bernardo del NeroFrancesco Valoririmase assolutamente capo della città insino alla morte suaavendo seguito massime da tutta la parte del frate in generee dipoi in particulare da un numero di cittadinie' quali si volgevanoa' cenni sua: messer Francesco GualterottiBernardo ed AlessandroNasiAntonio CanigianiPierfrancesco e Tommaso TosinghiAlessandroAcciaiuoli e simili; per la grandezza del quale sendo impauritoPierfilippo Pandolfini suo inimicoe molto piú sbigottito edaghiadato per la morte di questi cinqueammalato pochi di poi doppola morte loromorí. Cosí confermato per questo severogiudicio el vivere popularefu messo per sicurtà dello statoalla piazza de' Signori una guardia da fanteriela quale vi stettedi poi insino a' casi del frate.


Nelmedesimo anno 1497e del mese di gennaio overo di febraiosendogonfaloniere di giustizia Giuliano Salviatifra Ieronimo che perconto della scomunica da giugno insino a allora non aveva predicatobenché in San Marco avessi sempre celebrato e dimostrato nontemerlaveduta raffreddarsi la opera suaed anche avendo unasignoria ed uno gonfaloniere a suo propositoe' quali non l'avevanoa impedirecominciò a predicare publicamente in SantaLiperataaffermando con moltissime colorate ragioni non essereobligato a osservare e temere questa scomunica. Per la quale cosasendo molto ridesti gli umori e la divisione nata per conto suochenel non predicare luiera un poco sopitael papa udita ladisubbidienzia sua e sdegnatonesendo ancora instigato per opera dimolti preti e cittadini nostrimandò una raggravatoria ed unocomandamentoche nessuno l'andassi a udire sotto pena della medesimaescomunicazione. Di che sendo molto diminuiti gli auditoried elcapitolo di Santa Liperata non volendo sopportare che e' predicassiquivisi ridusseper fuggire scandoloa predicare in San Marco;dove predicandofu creata per marzo ed aprile la signoria nuovadella quale fu gonfaloniere Piero Popoleschied avendovi el fratepoca partebenché ne fussi Lanfredino Lanfredini edAlessandro di Papi degli Alessandri sua fautorivenne lettere moltocalde dal papa alla signoria che proibissino el predicare al frate.


Soprale quali sendosi tenuta una grandissima praticae fattone grandidispute e contese finalmente molti piú consigliorono che nonsi lasciassi predicare; e cosí gli comandò la signoriae lui ubbidílasciando pure a predicare in luogo suo in SanMarco fra Domenico da Pesciaed altri de' suoi frati in altrechiese.


Eranogli avversari suoi molto piú potenti che l'usatoper piúcagione: prima perché gli è lo ordinario de' popoliquando hanno un pezzo favorito una cosavoltareeziandio sanzaragionemantello; di poi per conto della scomunicala quale gliaveva alienati molti che lo solevano seguitarefattigli inimicitutti quegli che solevano stare neutrali e di mezzo parendo loro cosagrande e non conveniente a buoni cristiani non ubbidire a'comandamenti del papa; apresso e' capi della parte contrariavedendoche molti giovani da beneanimosifieri ed in sull'arme eranoinimici di questo frategli avevono ristretti insiemee fattane unacompagnia chiamati e' Compagnaccidi che era signore Doffo Spinie'quali spesso facevano cene e ragunate. E perché erano di buonecasa ed in sull'armetenevano in timore ogniuno in modo chePaolantonio Soderini che svisceratamente favoriva el frate per averepatto con loro se venissi caso avversovi aveva fatto entrareTommaso suo figliuolo.


Perle quali cose fra Ieronimo andava in declinazioneinsino a tanto cheper nuovo modo si terminò el caso suocome di sotto immediatesi dirà.




XVI- PROCESSOCONDANNA ED ESECUZIONE DI GEROLAMO SAVONAROLA (1498).GIUDIZIO SU DI LUI -


1498.Seguitò lo anno 1498 anno gravissimo e pieno di molti e variaccidential quale dette principio la ruina di fra Girolamo perchésendosi lui per comandamento della signoria astenuto dai predicareeparendo un poco raffredda la persecuzione che aveva grandissima dareligiosi e da secolarinacque da uno principio piccolo laalterazione del tutto. Aveva fra Domenico da Pescia suo compagnonello ordine di San Marcouomo semplice e riputato di buona vita eche nel predicare le cose future seguitava lo stile di fra Girolamocirca a due anni innanzipredicando in Santa Liperata detto in sulpergamo chequando fussi necessario al provare la verità diquello predicevanosusciterebbono uno mortoed entrerebbono nelfuoco uscendone per grazia di Dio inlesi; ed avevalo poi replicatofra Girolamo. Di che non si sendo poi parlato insino a questo tempouno fra Francesco dello ordine di San Francesco Osservante chepredicava in Santa Croce e molto detestava le cose di fra Girolamocominciò a dire predicandoche per mostrare tanta falsitàera contento si facessi uno fuoco in sulla piazza de' Signorie dientrarvi luientrandovi ancora fra Girolamo; e che era certo che luiarderebbema cosí ancora fra Girolamo; e cosí simostrerrebbe non essere in lui veritàavendo tante volteinnanzi promesso di escire del fuoco inleso. Fu questa cosa riferitaa fra Domenico che predicava in luogo di fra Girolamoe peròin pergamo accettò lo invitoofferendo non fra Ieronimo ma séparato a questo esperimento.


Laquale cosa piacendo a molti cittadini dell'una parte e della altrache erano desiderosi queste divisione si spegnessinoe si uscissi ungiorno di tante ambiguitàcominciorono a tenere pratica contutt'a dua e' predicatori che si venissi allo atto di questoesperimentoe finalmente doppo molti ragionamenti si conchiusetutti e' frati di concordiache si facessi uno fuoconel quale perla parte di fra Girolamo dovessi entrare uno frate del suo ordinesendo rimesso in sua elezione chi e' dovessi essereed el simile perla altra parte un frate dello ordine di San Francescoquale fussieletto da' sua superiori. Ed essendosi terminato el díebbefra Girolamo licenzia dalla signoria di predicaree predicando inSan Marco dimostrò di quanta importanza erano e' miracolieche non si adoperavano se non per necessitàe quando leragione ed esperienzie non bastavano; e però che essendosiprovata la fede cristiana con infiniti modila verità dellecose predette da lui con tanta efficaciae con tanta ragionechechi non era ostinato nel male viverene poteva molto bene esserecapace che e' non s'era proceduto a' miracoli per non tentare Dio.Nondimeno poiché ora erano provocatiche volentieriaccettavanocertificando ognuno che entrandosi nel fuocolo effettosarebbe che el loro frate ne uscirebbe vivo ed al tutto inlesoe pelcontrario l'altro arderebbe; e quando altrimenti seguissiche e'dicessino audacementeche lui avessi predicato el falso;soggiugnendo che non solo a' frati suama a qualunque vi entrassi indefensione di questa veritàaccadrebbe el medesimo; edimandando sebisognandoper augumento di una tanta opera ordinatada Diovi entrerrebbono. Alla quale dimanda fu risposto congrandissima voce quasi da ognuno che sí: cosa stupenda apensarlaperché sanza dubio moltissimise fra Ieronimol'avessi detto lorovi sarebbono entrati. E finalmente el dídiputatoche fu a dí... di aprileche fu el sabbato innanzila domenica dello ulivosendosi in sul mezzo della piazza de'Signori fatto un palchetto pieno di moltissime legnevennono e'frati di San Francesco all'ora ordinata in piazzaed entrorono sottola loggia de' signori; di poi e' frati di San Marcofra' quali eranomolti paraticantando el salmo (Exsurgat Dominus et dissipenturinimici eius) e con loro fra Ieronimo col corpo di Cristo in manoariverenzia del quale erano moltissimi torchi portati da alcuni fratie da moltissimi secolarie fu la venuta loro sí piena didivozione e cosí demostrativa che venissino allo esperimentocon grandissimo animoche non solo confermò e' partigianisuama (etiam )fece balenare gli inimici Entrati adunche ancora lorosotto la loggiadivisi però con uno assito da' frati di SanFrancescocominciò a nascere qualche difficultà circae' panni avessi a portare fra Domenico da Pescia che aveva a entrarenel fuoco perché e' frati di San Francesco temevano di incantie malie. Nelle quali non concordandosila signoria mandò piúvolte a praticare lo accordo due cittadini per parteche furonomesser Francesco GualterottiGiovambatista RidolfiTommaso Antinorie Piero degli Albertie' quali avendo ridotta la cosa in termine daconchiuderlamenorono e' capi de' frati in palagioe quivi presoforma a queste difficultàe stipulatone el contratto e giàpartendosi per dare esecuzione allo esperimentovenne agli orecchide' frati di San Francescocome fra Domenico aveva a entrare nelfuoco col corpo di Cristo in mano. La quale cosa comincioronofieramente a recusare mostrando che se quella ostia ardeva sarebbemettere in scandolo e pericolo gravissimo tutta la fede di Cristoeda altra parteinstando fra Girolamo di volere che la portassilafine che fu che doppo molti dibattitisendo ognuno ostinatissimonella opinione sua e non vi sendo forma a concordarglisanzaaccendere non che altro le legnese ne ritornorono a casa. E benchéfra Girolamo montassi subito in pergamo e dimostrassi che el difettoera venuto da' frati di San Francescoe che la vittoria era perloronondimeno parendo a molti che questa difficultà delcorpo di Cristo fussi stata piú tosto cavillazione chelegittima cagioneassai degli amici sua in quel giorno sialienoronoe lo universale gli diventò inimicissimoin formache el dí sequentesendo molto delusi e svillaneggiati dalpopolo per le vie publiche e' fautori suae gli inimici moltoingagliarditi per avere el concorso dello universalel'appoggio de'compagnacci colle arme in manoe trovarsi in palagio una signoria aloro propositoaccadde che el díin Santa Liperataavendovidoppo desinare a predicare un frate di San Marco si levò quasifortuitamente uno tumultoel quale multiplicando per la cittàcome accade quando gli uomini sono sollevati e gli animi sospesi epieni di sospettogli inimici del frate ed e' compagnacci presono learmee cominciorono a voltare el popolo a San Marco.


Nelquale trovandosi molti frateschi al vesprocominciorono con sassi ecolle arme a difenderlo benché non fussi strettoe voltasi daun altro canto la furia e la moltitudine a casa Francesco Valori ecombattendola perché era difesa da quegli di casala mogliedi Francescofigliuola di messer Giovanni Canigianifaccendosi allafinestra fu ferita da uno verrettone nella testadel quale colposubito morí. Entrata di poi la turba in casafu trovatoFrancesco in una soffittae chiedendo di grazia di essere menatovivo in palagiofu cavato di casae dirizzandosi verso el palagioaccompagnato da uno mazziereed essendo andato pochi passifuassalito e quivi subito morto da Vincenzio RidolfiSimoneTornabuoniin vendetta di Niccolò Ridolfi e LorenzoTornabuoni loro consortie da Iacopo di messer Luca Pitti svisceratodella parte contrariabenché lui gli dessi a tempo ed era giàmorto.


Cosísi mostrò in Francesco Valori uno esemplo grandissimo difortunache essendo poco innanzidi autorità seguito egrazia sanza dubbio el primo uomo della cittàsubito voltòmantello: gli fu in uno dí medesimo saccheggiata la casamorta a' suoi occhi veggenti la mogliee lui si può dire inuno istante medesimo morto vituperosamente dagli inimici sua: in modoche da molti fu imputato che Dio l'avessi voluto punire d'avere pochimesi avanti a Bernardo del Nero e gli altri cittadini di tantaautoritàstati già lungo tempo amici sua e di unostato medesimonegato lo appello da una sentenzia della vita;beneficio introdotto da una legge nuova e conceduto a FilippoCorbizziGiovanni Benizzi e gli altri a chi si sarebberispettoalle qualità e meriti lorotolto con meno biasimo e cosímutata la condizionefu morto da e' parenti di quegli. E dove lorobenché morti sanza lo appello avevano pure avuto facultàdi dire le ragione loroed erano stati condennati colle sentenziede' magistrati e co' modi civilied in ultimo avuto spazio pigliaree' sacramenti della Chiesa e morire come cristianicostui futumultuosamente morto da privatisanza potere non che altro parlareed in sí subito tumulto e repentina ruinache non ebbe tempodi cognoscere non che di considerare la ruina e calamità sua.


FuFrancesco uomo molto ambizioso ed altieroe tanto caldo e vivo nelleopinioni suache le favoriva sanza rispettourtando esvillaneggiando tutti quegli che si gli opponevano; da altro canto fuuomo savio e tanto netto circa la roba ed usurpare quello di altriche pochi cittadini di stato sono suti a Firenze simili a luivòltomolto e sanza rispetto al publico bene. Per le quali virtúaggiunte alla nobilità della casa ed al non avere figliuoliebbe un tempo favore e credito grandissimo col popolo; ma dispiacendodi poi la sua stranezza ed el riprendere e mordere troppo liberamentein una città liberasi convertí in caricodi naturache facilitò assai la viaagli inimici del frate ed a'parenti de' cinque a chi fu tagliato el capodl amazzarlo.


MortoFrancesco Valorie saccheggiatagli prima la casasi voltò elfurore populare a casa Paolantonio Soderiniel quale doppo Francescoera insieme con Giovan Batista Ridolfi primo di quella parte; ma viconcorsono molti uomini da beneapresso a chi non era in odioPaolantonio come Francescoe la signoria vi mandò a ripararein forma che si raffrenò quello impeto; el qual se non fussistato spentosi sarebbe sfogato con grandissimo detrimento edalterazione universalmente della città e ruina privatamente ditutti e' capi de' frateschi. Di poi ritornando la moltitudine a SanMarco dove si faceva difesa assai gagliardafucredo con unabalestracavato lo occhio a Iacopo de' Nerli che era in quellotumulto capo contro al frate ed aveva seguito grandissimo di tutti e'giovani che avevono le armee di molti male contenti; e finalmentedoppo spazio di piú oreentrati per forza in San Marconemenorono presi in palagio fra Girolamofra Domenico e fraSilvestro... da Firenzeel qualese bene non predicavaera intimodi fra Ieronimoe si reputava conscio d'ogni suo segreto.


Eposate per questa vittoria le armesendo transferita la riputazionee la potenzia dello stato negli inimici del fratesi volsono allasicurtà delle cose presentee perché quella parteaveva poca fede ne' dieci e negli ottoperché erano tenutipiagnoniche cosí si chiamavano allora e' frateschichiamatoel consiglio grandesi creorono e' dieci e gli otto nuovichefurono tutti uomini confidati a chi aveva el governo; e degli otto fufatto Doffo Spini signore e capo de' campagnaccie de' dieciBenedetto de' NerliPiero degli AlbertiPiero PopoleschiIacopoPandolfini e simili sviscerati di quella fazione. In che è danotareche sendo capi loro messer Guidoe Bernardo Rucellaiedavendo piú autorità e seguito che alcuni altriequegli che avevano segretamente condotta questa piena contro a'frateschiandando a partito pe' diecinon ne rimase nessuno; mafurono nel loro quartiere scavallati da Giovanni Canacci e PieroPopoleschi; in modo che considerato quanto sieno fallaci e' giudicide' popolie quanta fatica e pericolo avessino preso sanza alcunofruttocerto furonocome di sotto si diràpiú caldia conservare e' cittadini della altra parte Furono di poi deputaticirca a venti cittadini alla esamina di fra Ieronimo e de' compagnitutti e' piú fieri degli inimici suae finalmente avendoglidatosanza licenzia però del papaqualche tratto di funedoppo spazio di piú dí ordinato uno processopublicorono in consiglio grande quello dicevano averne ritrattososcritto da e' vicari di Firenze e di Fiesole e da alcuni de' primifrati di San Marcoe' quali sendo presentiera stato letto a fraGirolamo detto processoe dimandato se era verolui affermòdicendo che quello che era scritto era vero. La somma delleconclusioni piú importanti fu in questo effetto: che le coseaveva predette non le avere da Dio né per revelazione o mezzoalcuno divinoma essere stata sua invenzione propria sanzaparticipazione o saputa di alcuno seculare o frateaverlo fatto persuperbia ed ambizioneed essere stato lo intento suo di fareconvocare uno concilio da e' principi cristianidove si deponessi elpontefice e si reformassi la Chiesae che se fussi suto fatto papal'arebbe accettato; nondimeno che aveva molto piú caro che unatanta opera si conducessi per le mani sue che essere papaperchépapa può essere ogni uomoeziandio da pocoma capo ed autoredi simile opera non può essere se non eccellentissimo; averedisegnato da se medesimo cheper fermezza del governo della cittàsi creassi uno gonfaloniere di giustizia a vita o per uno tempolungoe che gli pareva a proposito piú che alcuno altroFrancesco Valorima gli dispiaceva la sua natura e modi strani; edoppo lui Giovan Batista Ridolfima gli dava noia el troppoparentado che lui aveva; non avere messo innanzi lo esperimento delfuocoma essere stato fra Domenico sanza sua volontàe luiaverlo acconsentito per non potere con suo onore contradirloedanche sperando che e' frati di San Francesco spaventati avessino atirarsene indrieto; e quando pure si venissi allo attoconfidandosiche el corpo di Cristo portato in mano dal suo frate lo salverebbe.Queste fuorono le conclusione di suo carico; l'altre piú tostocose in sua giustificazione perché dimostravanodallasuperbia in fuorinon essere stato in lui vizio alcunoed esserestato nettissimo di lussuriaavarizia e simili peccatied inoltrenon avere tenuto pratica di stato né co' principi di fuoranédrento con cittadini.


Publicatoquesto processosi pose la punizione sua da parte per qualche díperché el papaavendo intesa la presura sua e di poi laconfessioneed essendogli stata gratissimaaveva mandato laassoluzione non solo a' cittadini che l'avevano esaminato sanzalicenzia ecclesiasticama ancora a quegli che contro al comandamentoapostolico avevano udite le predicazioni sue; e di poi chiesto chefra Ieronimo gli fussi mandato a Roma. La qual cosa fu negatanonparendo secondo l'onore della città usare officio di bargello;e però ultimamente diputò el generale dello ordine diSan Domenico ed un messer Romolino spagnuoloche fu poi creato dalui cardinalecommessari apostolici a venire a Firenze a esaminarefra Ieronimo ed e' compagni. E' quali aspettandosisi cominciòa trattare la causa de' cittadini che erano stati fautori della partesuane' quali benché non si trovassi secondo la esamina difra Ieronimo delitto nessunoné pratica tenuta contro allostatonondimeno el grido della moltitudine era loro controedinoltre molti cittadini maligni che si trovavano in palagio e nellepratichegli volevano manomettere; fra' quali Franceschino degliAlbizziche el dí che fu morto Francesco Valorivenuto allasignoria disse: «le signorie vostre hanno inteso quello che èseguito di Francesco Valori; che comandano che si facci ora di GiovanBatista Ridolfi e di Paolantonio?» Quasi dicendo: "se voivoletenoi andremo a amazzarlo". Da altra parte messer GuidoBernardo Rucellaie' Nerli e quegli che in fatto erano e' capiconfortavano largamente la conservazione loromossi massimesecondofu opinione di moltiperché avevano creduto che battendo elfrate fussi rovinato el consiglio grande e però gli avevano sícaldamente operato contro; ma di poi ne restorono ingannatieveddono che molti de' loro sequacied in spezie e' compagnaccieduniversalmente tutto el popolo voleva conservare el consiglio. E perònon vollono sanza frutto alcuno e sanza acquistarne statomanomettere e' cittadini; e massime avendo messer Guido e Bernardocognosciuto nella creazione de' dieci quanto fondamento potessinofare nel favore populare; e fu parola di Bernardoche tutti glierrori fatti in queste materie si volevano levare da' cittadini ecaricarne el frate. Conchiusesi adunchedoppo qualche disparere econtesala loro salute; condennando però per satisfazione delpopolo Giovan BatistaPaolantonio ed alcuni altri capi a prestarecerte somme di danari. E cosí si quietò questa parte; eGiovan Batista e Paolantonioche per consiglio degli amici loro eper purgare la invidia col popolo si erano assentatisi tornorono inFirenze.


Creossidi poi la signoria nuovache ne fu gonfaloniere Vieri de' Mediciede' signori messer Ormannozzo DetiPippo GiugniTommaso Gianni edaltri; a tempo de' quali sendo venuti e' commessari da Roma ed avendodi nuovo esaminato fra Ieronimo e gli altrifinalmente furono tuttia tre condannati al fuoco; ed a dí... di maggio primadegradati in sulla piazza de' Signorivi furono di poi impiccati edarsi con tanto concorso di popoloquanto non soleva essere allepredicazione. E fu giudicato cosa mirabile che nessuno di loromassime fra Ieronimonon dicessi in tanto caso nulla publicamente oin accusazione o in escusazione sua.


Cosífu vituperosamente morto fra Girolamo Savonaroladel quale non saràfuora di proposito parlare piú prolissamente delle qualitàsua; perché nella età nostrané anche e' nostripadri ed avoli non viddono mai uno religioso sí bene instruttodi molte virtú né con tanto credito ed autoritàquanto fu in lui. Confessano eziandio gli avversari suoilui esserestato dottissimo in molte facultàmassime in filosofialaquale possedeva sí bene e se ne valeva sí a ogni suopropositocome se avessi fattala lui; ma sopra tutto nella Scritturasacrain che si credegià qualche secolonon essere statouomo pari a lui; ebbe uno giudicio grandissimo non solo nelleletterema ancora nelle cose agibile del mondonegli universalidelle quali si intese assai.


comea giudicio mio dimostrano le prediche sue; nella quale arte trapassòcon queste virtú di gran lunga gli altri della età suaaggiugnendosigli una eloquenzia non artificiosa e sforzatamanaturale e facilee vi ebbe drento tanta audienzia e creditoche fucosa mirabileavendo predicato tanti anni continuamente non solo lequaresimema molti dí festivi dello anno in una cittàpiena di ingegni sottilissimi ed anche fastidiosi. e dove e'predicatoribenché eccellentisogliono al piú lungotermine da una quaresima o due in làrincresceree furono inlui sí chiare e manifeste queste virtúche viconcordano drento cosí gli avversari suoi come e' fautori eseguaci.


Mala quistione e differenzia resta circa la bontà della vita inche è da notare che se in lui fu vizionon vi fu altro che elsimulare causato da superbia ed ambizione; perché chi osservòlungamente la vita ed e' costumi suanon vi trovò uno minimovestigio di avarizianon di lussurianon di altre cupidità ofragilitàed in contrario una dimostrazione di vitareligiosissimapiena di caritàpiena di orazionipiena diosservanzianon nelle corteccie ma nella medolla del culto divino: eperò nelle esamine suabenché e' calunniatori con ogniindustria lo cercassinonon vi si trovò in queste parte danotare uno minimo difettuzzo. Le opere fatte da lui circal'osservanzia de' buoni costumi furono santissime e mirabilenémai in Firenze fu tanta bontà e religionequanta a tempo suo;la quale doppo la morte sua scorse in modoche manifestò ciòche si faceva di bene essere stato introdotto e sustemato da lui. Nonsi giucava piú in publicoe nelle casa ancora con timore;stavano serrate le taverne che sogliono essere ricettaculo di tuttala gioventú scorretta e di ogni viziola soddomia era spentae mortificata assai; le donnein gran parte lasciati gli abitidisonesti e lascivi; e' fanciulliquasi tutti levati da moltedisonestà e ridutti a uno vivere santo e costumato; ed essendoper opera sue sotto la cura di fra Domenico ridutti in compagniefrequentavano le chieseportavano e' capelli cortiperseguitavanocon sassi e villani gli uomini disonesti e giucatori e le donne diabiti troppo lascivi; andavano per carnasciale congregando dadicarteliscipitture e libri disonestie gli ardevano publicamentein sulla piazza de' Signori faccendo prima in quello díchesoleva essere dí di mille iniquitàuna processione conmolta santità e divozione; gli uomini di età tuttivòlti alla religionealle messea' vesprialle predicheconfessavansi e communicavansi spesso; ed el dí di carnascialesi confessava uno numero grandissimo di persone; facevasi molteelemosinemolte carità.


Confortavatutto dí gli uomini chelasciate le pompe e vanitàsiriducessino a una simplicità di vivere religioso e dacristianied a questo effetto ordinò legge sopra gliornamenti ed abiti delle donne e fanciullile quali furono tantocontradette dagli avversari sue che mal si vinsono in consigliosenon quelle de' fanciolliche (etiam )non si osservorono Fecesiperle sue predicazionemoltissimi frati nel suo ordinedi ogni etàe qualitàassai garzoni nobili e delle prime famiglie dellacittàassai uomini di età e riputazione PandolfoRucellaiche era de' dieci e disegnato oratore al re Carlo; messerGiorgio Antonio Vespucci e messer Malatestacanonici di SantaLiperatauomini buoni e di dottrina e gravitàmaestro PietroPaolo da Urbinomedico riputato e di buoni costumi; ZanobiAcciaiuolidottissimo in lettere greche e latinemolti altrisimili. In modo che in Italia non era un convento parie lui in modoindirizzava e' giovani in su gli studi non solo latini ma greciancora ed ebreida sperare avessino a essere lo ornamento dellareligione. E cosí fatto tanto profitto circa alle cosespiritualenon fece ancora minore opere circa lo stato della cittàed in beneficio publico.


CacciatoPiero e fatto el parlamentola terra rimase molto conquassatagliamici dello stato vecchio in tanto grido e pericoloche non bastandoalla difesa loro Francesco Valori e Piero Capponiera impossibilenon fussino manomessi ed in gran numeroche sarebbe state gran piagaalla cittàper esservi molti uomini buonisavi e ricchi e digran famiglie e parentadifatto questonasceva disunione in quegliche reggevanocome si vidde lo esemplo ne' ventie dividevansiperesservi piú di riputazione quasi pari e che appetivano elprincipato; seguitavane novità e parlamenticacciate dicittadini e piú di una mutazione; e forse in ultimo unatornata di Piero violentacon estremo sterminio e ruina della città.Lui solo fermò questi impeti e movimentiintrodusse elconsiglio grandee cosí messe una briglia a tutti quegli sivolevano fare grandi; lui pose l'appello alla signoria che fu unfreno da conservare e' cittadinifece la pace universaleche non fualtro che tôrre occasione di punire quegli dello stato de'Medici sotto colore di ricercare le cose vecchie.


Furonosanza dubbio queste cose la salute della città ecome luiverissimamente dicevala utilità e di quegli che nuovamentereggevano e di quegli che per l'adrieto avevano retto; e furono ineffetto le opere sue tanto buoneverificatosi massime qualcuna dellepredizioni sueche moltissimi hanno poi lungo tempo creduto luiessere stato vero messo di Dio e profeta non ostante la escomunicala esamina e la morte. Io ne sono dubio e non ci ho opinione risolutain parte alcunae mi riservose viverò tantoal tempo chechiarirà el tutto; ma bene conchiuggo questoche se lui fubuonoabbiano veduto a' tempi nostri uno grande profetase fucattivouno uomo grandissimoperchéoltre alle lettereseseppe simulare sí publicamente tanti anni una tanta cosa sanzaessere mai scoperto in una falsitàbisogna confessare cheavessi uno giudiziouno ingegno ed una invenzione profondissima.


Furonomorti con luicome è dettofra Domenico e fra Silvestro; de'quali fra Domenico era uomo semplicissimo e di buona vitaed informa che se erròerrò per simplicità non permalizia; fra Silvestro era tenuto piú astuto e che teneva piúpratica co' cittadinie nondimenosecondo e' processinon consciodi simulazione alcuna; ma furono morti per satisfare alla rabbiadegli inimici loroche si chiamavano in quegli tempi vulgarmente gliarrabbiati.





XVII- LEGA DI LUIGI XIIALESSANDRO VI E CESARE BORGIA - LEGA TRA LAFRANCIAIL PAPA E VENEZIA (1498)


Nelmedesimo anno del mese di aprilesendo ancora fra Ieronimo inprigione morí quasi di subito Carlo re di Franciae nonavendo figliuoliel regno venne per successione nelle mani diLodovicoduca d'Orliensdi casa realesuo cugino e piúprossimo parente avessi el quale pretendendo spettargli non solo lostato di Franciama ancora per conto del re Carlo el reame diNapolie per conto suo di Orliens el ducato di Milanonellaincoronazione si intitolò re di Francia di Ierusalem e diSicilia e duca di Milano. E perché egli aveva per donna unasorella carnale del re Carlosterile brutta e quasi uno mostrochel'aveva presa sforzato dal re Luigi suo padrerifiutata questamoglie con dispensa di papa Alessandrotolse colla medesima dispensala reina vecchiamoglie del re Carloper avere lo stato diBrettagna di che lei per eredità era duchessa. E perchéquesta dispensa era molto ardua e difficile e contro a ogni onestànon l'arebbe ottenuta se non a vantaggio del papa; col quale fecesecreta intelligenzia che in caso acquistassi lo stato di Milanocome disegnava volere faregli darebbe aiuto a ottenere e' vicariatidi Romagnaquali pretendeva essere devoluti alla Sedia apostolica. Ecosí unito el papa col ree vòlto a fare impresedisegnò fare uno stato per suo figliuolo: ed essendoglimancatocome è dettoel duca di Candia e non avendo altriatto a tanto peso che Cesare Borgia suo figliuolostato fatto da luicardinalelo privò del cappelloavendo fatto provare che peressere bastardo era inabilebenché primaquando lo fececardinaleavessi fatto provare el contrarioe come era legittimo enon suo figliuolo; e lo mandò in Francia imbasciadore al nuovore e gli dette per donna una franzese del sangue realefigliuola dimonsignore d'Alibretbenché prima avessi cerco di dargli permoglie una figliuola del re di Napoliche era in Franciama invanoperché la fanciullanon avendo licenzia dal padrenon vollemai acconsentire.


Aquesto nuovo reche era riputato nostro benivolomandò lacittà tre imbasciadorimesser Cosimo de' Pazzi vescovoaretinoPiero Soderini e Lorenzo di Pierfrancesco che si trovavaverso Galiziadove era andato innanzi alla ruina di fra Ieronimosendogli dato carico da lui ed e' fautori suache e' si voleva farecapo e tiranno della città. Nel medesimo tempo si fece unalegge qualese si fussi seguitatasarebbe stata utilissima a'giovanicioè che ogni imbasciadore e commessario generale cheandava fuoraavessi a avere uno giovane deputato dagli ottanta chefussi di età di anni ventiquattro insino in quarantael qualesi trovassi presente a tutte le pratiche e segretiacciò cheimparassi e pigliassi esperienzia e cosí poi quando fussi dimaggiore età fussi piú atto a' governi ed allo stato.


Presoed arso come è dettofra Girolamotutti e' pensieri degliuomini si voltorono alla impresa di Pisasendone massime confortatie dato speranza dal duca di Milanoel quale molto tempo innanziconsiderando quanta pazzia fussi stata lasciare e' viniziani entrarenel dominio di Pisae che quella città era uno instrumento dafargli signori col tempo di Italiadesiderava che e' fiorentini sene reintegrassino; e nondimeno non si era voluto scoprire colle armein loro aiutoo perché non confidava nella cittàavendo esoso fra Ieronimo e forse Francesco Valoriperchéstimassi avere co' modi dolci e sanza romperecondurre e' viniziania restituircelao perchédubitando della ritornata del reCarlo in Italianon gli paressi da suscitare nuove discordiee cosíincitare el re Carlo a passare. E però aveva fatto che a Romaa Vinegia si era piú volte per gli oratori dello imperadore emassime del re di Ispagna e del re di Napolimossa praticache nonsendo in Italia nessuno potentato amico de' franzesieccetti e'fiorentini e' quali tutto dí gli stimolavano ed incitavano alpassaresarebbe beneper tôrre ogni occasione di scandalo eguerra nuovareintegrargli di Pisa e riguadagnarsigli ed unirglicolla lega.


Maogni cosa era suta vana perché e' viniziani ambiziosi e cupididel dominio di Italiafaccendo a questo disegno gran fondamento diPisaavevano deliberato non la renderee però el duca sendocerto che e' non ne uscirebbono sanza la forzaconfidandosi ancorapiú della parte che reggeva ed inoltre parendogli che in sullacreazione del nuovo re non fussi da temere cosí presto dellecose di Franciabenché sapessi e' sua pensieri tutti esserevòlti alle cose di Italiaconfortò la città avolere fare impresa gagliarda contro a Pisa confortando siingegnassino ancora avere favore dallo imperadoreda Roma e daNapolie lui promettendo non mancare di tutti quegli aiuti chefussino possibili. Le quali persuasioni e proferte accettandosieseguitandosi e consigli in gran partenon bisognando provedere dioratore a Roma perché vi era messer Francesco Gualterottifueletto a Napoli Bernardo Rucellai.


Eramorto molti mesi innanzi el re Ferrandino sanza figliuolied erasucceduto Federigo suo ziosecondogenito del re Ferrando vecchio; maparendo al duca che e' favori del re di Napoli si potessino cercarepiú cautamente e che el mandare imbasciadore fussi di troppodimostrazionee di fare che el nuovo re di Francia diventassiinimico della cittàil che era contro al disegno aveva fattoche la città potessi essere buono mezzo a accordarlo conFranciapersuase non si mandassi imbasciadoree cosí siseguitò. E per risolvere meglio con lui e' modi si avessino atenere ed e' favori bisognassino in questa impresavi fu mandatooratore messer Guidantonio Vespucci benché vi fussi oratorestanziale messer Francesco Pepio per mostrare di stimare piúqueste coseo giudicando che messer Guido fussi piú aproposito per essere uomo di piú riputazione ed anche piúatto a questi maneggi di lui. E per disporre e' genovesi a non darefavore a' pisani e non volere che e' viniziani loro inimici sifacessino sí grandifu mandato per consiglio del ducaimbasciadore a Genovae fu Braccio Martelli a chi fu dato persottoimbasciadore Piero di Niccolò Ardinghelli. E cosíattendendosi allo ordine di questa spedizionee cosí e'viniziani sendo ingrossati in quello di Pisasi fece a Santo Regolouno fatto di armee' particulari del quale non narro perchénon sono in mia notizia. Lo effetto fu che e' nostri furono rotti edel commessario Guglielmo de' Pazzi ed el conte Rinuccio da Marcianogovernatore del campo si ritrassonobenché con pericolograndesalvi in Santo Regolo. Ebbene Guglielmo universalmenteimputazione grandissimae fu in gran parte attribuita alla temeritàsuael quale volenteroso non solo in campo aveva consigliato loappiccarsima ancora insino quando era in Firenze aveva dettopublicamentee credo in consiglio o negli ottantache e' bisognavafare diguazzare le arme.


Questarotta fu da principio di disordine grandissimonon solo in quello diPisadove se e' nemici avessino voluto spendere e seguitare lavittoria non avevano contradizione alcunama eziandio in tuttaquella provincia; la quale tutto dí era infestata di scorreriee prede da stradiotti albanesiche condotti in Pisa da' vinizianiscorrevano ora in quello di Volterraora in Valdinievoleora inverso San Miniato ed insino a Castello Fiorentino. Ma di poi sendoinfiammati gli animi di tutti ed ingagliarditi nelle avversitàfatta conclusione di strignere e' pisanifu condotto per nostrocapitano generale Pagolo Vitelli dandogli di condottainsieme conVitellozzo suo minore fratellocredo trecento uomini di arme; cosísi rimesse in ordine el conte Rinuccioriservatogli el titolo digovernatorebenché con difficultà si accordassi dirimanere a' soldi nostri e volere e' Vitelli per superiori.


Néera minore la caldezza del signore Lodovicoel quale doppo la giuntadi messer Guidoconsultate bene queste cose e fatta una dieta aMantova circa alle pratiche di Italiamandò buono numero dicavalli in quello di Pisa agli aiuti nostri sotto el signore diPiombinomesser Carlo degli Ingrati ed altri condottieri. E perchési cognosceva che e' vinizianiper divertire la impresa di Pisacioffenderebbono forse dalla banda di Romagnaper avere piúfortezza in quella provinciafu tolto a soldi nostri con ordine delducaOttaviano figliuolo di madonna di Imolae lei co' figliuoli ediscendenti fatta cittadina di Firenzeacciò che la potessiessere donna di Giovanni di Pierfrancescorispetto che nel 94parendo che e modi di Piero non fussino secondo la natura di quellacasama costumi Orsinie che el parentado loro avessi in molte cosenociuto assai alla cittàsi era fatta una legge che nessunocittadino potessi tôrre per donna alcuna forestiera che fussisignora o di sangue di signori; e benché detto parentado infatto fussi contrattopure non si publicò mai viventeGiovanniel quale pochi mesi poi mori lasciandola grossa.


Cosíordinata la espedizione di Pisatrovandosi in campo commessarioBenedetto de Nerli e di poi Iacopo di messer Luca Pittie persottocommessario Francesco di Pierfilippo Pandolfiniera el nuovocapitano molto sollecito ed industrioso in fare cavalcateincondurre artiglierie per luoghi montuosi e che era quasi impossibileed in effetto in dare ordine a tutte le cose che fussino necessarie auna espedizione. Nel quale tempo el duca di Milano condusse percapitano el marchese di Mantovae promettendolo a fiorentini per aPisaper dubio che el capitano nostro non avessi per male di averesuperiorefu mandato da' dieci in campo Piero Guicciardini perposarlo in questa partee cosí per confortarlo a fare qualcheimpresa ed intendere la intenzione sua; ma di poi si posòquesta praticaperché el marchese si acconciò convinizianibenché di poi adiratosi con lororitornòpresto a' servigi del duca. E perché era qualche opinione chee' viniziani per fuggire questa guerranon fussino alieni dalloaccordopure che si trovassi qualche onorevole modo da lasciarePisafurono mandati imbasciadori a Vinegia a trattare questapraticamesser Guidantonio Vespucci e Bernardo Rucellaie persottoimbasciadore Niccolò di Piero Capponi; e quali stati aVinegia forse due mesiveduto che e' viniziani simulavanose neritornorono a Firenze sanza fare conclusione alcuna.


Inquesto mezzo el capitano nostrofatto forte alla campagnaavendo.prima in qualche battaglia leggiere danneggiati assai e' pisaninevenne a campo a Vicopisanoe preso prima prestissimamente unobastione che vi era stato fatto da' pisani per fortezza di quelluogoespugnò in pochi dí Vico; la quale primaespedizione sua gli dette grandissima riputazioneper essere Vicoluogo forte e che nella antica guerra di Pisa non si vinse se non conuno esercito piú grossoed in spazio di molti e molti mesi; edi poi in questa nuovasi era nell'anno 1495 difeso dal camponostroquale benché fussi governato da messer FrancescoSeccoed altri buoni capi e fussi di numero non minorenondimeno siera partito sanza effetto e molto danneggiato dagli inimici.


PresoVicofu lunga consulta quello si dovessi fare: el capitanoconsiderando quanto Pisa fussi forteripiena di uomini valenti edisperatied a ordine di artiglierie e tutte le cose necessarie adifendersi e cosí quanto quella espugnazione avessi a esseredifficilegiudicava che e' fussi bene pigliare e' luoghi viciniinsignorirsi in tutto del paesefaccendo bastioni e luoghi fortiecosí privargli d'ogni speranza di soccorso. Moltimassime e'meno pratichierano in contraria opinione ed insuperbiti per lavittoria di Vico e lo essere alla campagna sanza riscontrodesideravano si andassi diritto a campo a Pisaed a questarisoluzione si accordava in Firenze tutta la moltitudine. Duròquesta varietà di pareri molti díe finalmente sendoel capitano ostinatissimoper dare principio al suo disegno ne andòa campo a Librafatta; la quale presae di poi la Torre di foceefatti in certi passi che non si potevano guardare altrimenti bastionifortissimiconsumò la state.


Diche nel popolo cominciò avere carico grandecome se e nonvolessi condurre a fine la impresama mantenerci nella guerra; e nonsolo luima ancora el duca di Milano che si diceva volere tenere laguerra in luogoperché e' viniziani e noi stessimo in sullaspesa.


Inquesto tempo e' viniziani non avendo troppa commodità dimandare soccorso in Pisaper divertire questa espedizione cercoronoromperci dalla banda di Siena; e perché la città perfuggire questo pericolosi era poco innanziper ricordi ed operadel duca di Milanoaccordata co' sanesiaccordo certo disonorevolebenché necessarioperché si sospesono per cinque annile ragione di Montepulciano e gittossi in terra el ponte a ValianoPandolfo Petrucciche governava allora Sienanon volle acconsentirealle dimande loro e dubitando di qualche scandolo drentoperchéel popolo per odio de' fiorentini vi era pure vòltorichiesesi mandassino per sua sicurtà gente in su' confinie cosífu mandato al Poggio Imperiale el conte Rinuccio da Marciano condugento uomini d'arme. Disperati adunche e' viniziani da questabandamandorono gente in Romagna alla volta di Marradidove ariscontro vi furono mandate parte delle nostre genteed el duca diMilano vi mandò potente soccorso sotto el governo del conte diCaiazzo e di Fracassoin modo che con queste forze e col favore sitraeva delle terre di madonna di Imolafacilmente si difese lo statonostro da quella bandain modo che renduti vani in ogni luogo glisforzi de' vinizianipareva che le cose nostre tutto dímigliorassino e riducessinsi in buoni termini. Aggiugnevasi che nellacittà pareva ritornassi ogni dí la unionee giànel consiglioquando si creavano e' magistratinon erano difettatipiú e' piagnoni che gli altri; in modo checreandosi del mesedi ottobre lo uficio de' dieci che aveva a entrare poi di dicembrene furono eletti con messer Guido uno de' capi dell'altra partemesser Domenico BonsiBatista Serristori e Luca di Antonio degliAlbizziche erano stati fautori del frate.


Masopravenne sulla fine di questo mese uno accidente che rimescolòtutto lo stato nostro; perché e' vinizianiavendo seco e'Mediciebbono furtivamente in Casentino Bibbienaper trattatotenuto con certi parenti di ser Piero cancelliere di Piero de' Medicied eziandio per mala cura di Cappone di Bartolomeo Capponiche viera per questi sospetti stato mandato commessario.


Fuquesta piaga di grande importanzaavendo e' nimici in corpo ed inluogo sí propinquo alla cittàe' quali erano molto piútemuti per avere seco e' Medici che avevano molti amici del nostrocontado. Dubitandosi adunche di PoppiPratovecchio e di altri luoghidel Casentinovi furono subito mandati fanterie e commessarifuposta la taglia drieto a Giuliano de' Mediciche prima non l'avevase non Piero; voltoronvisi le gente di Milano sotto la cura delFracassoperché el conte di Caiazzo era già ritornatoin Lombardia; e per cavarne a ogni modo gli inimicisi levòin ultimo Pagolo Vitelli di quello di Pisadove non faceva nullaefu adiritto in Casentinodove fu creato commessario generale PieroCorsinisendo ito per commessario dalla parte di Pisa PieroGuicciardini. Fu alla fine del medesimo mesenella creazione dellanuova signoriaeletto gonfaloniere di giustizia Bernardo Rucellaiel quale sendo un poco amalato rifiutòseguitando la natura emodi suadi che si dirà in altro luogo; ed èbbene grancaricoquasi come se e' non degnassi lo essere gonfaloniere e non sipotessi saziare la ambizione sua; fu in suo luogo sustituito messerGuidantonio Vespucci.


Perla venuta di Pagolo Vitelli in Casentino non solo si confermorono leterre nostrema ancora si cominciorono a strignere tutto dígli inimici; in forma che pigliando animo e' villani del paese chesono naturalmente uomini armigeri e sono in luoghi forti dove non sipossono adoperare e' cavalline feciono molte volte occisionetrovandosi a tutto come capo uno abbate Basilio dello ordine diCamaldoliel quale aveva in Casentino una badia; furono ancora rottie perseguitati da Pagolo Vitelli tanto che finalmente le gente lorosi ridussono in Bibbiena col duca di Urbino e con Giuliano de'Medicidonde non si potevano partire a loro posta e non avevanovettovaglia per molto tempo. E benché e' processi del nostrocapitano in quella provincia fussino e felici e industriosinondimeno perché e' primi urti e piú spessi che ebbonogli inimicifurono dallo abbate Basilio e da' paesanisi accrebbemolto nel popolo la opinione cattiva conceputa di lui la statepassatacome se e' volessi a compiacenzia del duca tenere la guerraviva; massime che poi che gli inimici furono ridotti in Bibbienastimandosi fussi facile cosa lo acquistarlapareva al popolo le coseandassino molto adagio; il che nasceva perché lo esercitonostro si poteva poco adoperaresendo nel cuore del verno ed inluoghi montuosi ed aspri.


Aggiunsesiche essendo el duca di Urbino malato gravemente in Bibbienaelcapitano e Pier Giovanni da Ricasoliche vi era commessariogliconcederonosanza saputa de' diecilicenzia di uscirne ed andarsenea Urbinoallegando averlo fatto perché se e' fussi morto lostato suo sarebbe ito in mano de' viniziani; ebbene l'uno e l'altrogran carico e nondimeno non ne fu altro. Per la qual cosa per tuttala città era molto celebrato ed esaltato el nome dello abbateBasilio e pel contrario si sparlava publicamente del capitano e anchedel duca di Milano el quale con tutto che ogni dí sollecitassila impresa di Bibbienarichiedendo di intendere quello bisognassi epromettendo farlo largamentecon tutto avessi anche insino alloraservito di gente e di danarinondimeno perché era in opinionedi ambizioso ed astuto e che si governassi piú tosto congirandole e tranelli che realmente non poteva tanto fare che inFirenze dalla moltitudine ed ancora da molti che maneggiavano lostato gli fussi creduto.


Eranoin questi termini le cose della cittàe da altra parte Italiauniversalmente si adirizzava a movimenti grandissimi perché elnuovo re di Franciaavendo per via del matrimonio colla reginavecchia conservato al reame di Francia lo stato di Brettagnaedessendosi bene stabilito nel regno ed in tutto assicurato aveva intutto vòlto el pensiero al passare in Italiaprima allaimpresa di Milano e poi di Napoli; ed essendo cosa di momentograndissimo ne stavano molto sollevati tutti e' potentati di Italiasecondo gli appetiti e passione loro ed e' termini in che sitrovavano.


Elpapadesideroso di fare uno stato per Valentino suo figliuolonéci conoscendo altra via che la passata de' franzesinon cessava dicontinuo sollecitare e stimolare questa impresa.


Eranoe' viniziani aviluppati in affanni grandissimiperché oltrea' travagli e rotte del Casentino ed el conoscere assolutamente nonpotere piú tenere Pisa né la potere lasciare sanza grandanno e vergognasi ritrovavano dalla parte di levante in sospettogrande di guerra col turcoel quale si intendeva fare apparatigrandissimi per mare e per terra per venire a' danni loro; temevanoancora che el duca di Milano se si posassi insieme collo imperadoree' fiorentininon gli offendessi in Lombardiae come avevanosospetto di luicosí se ne riputavano grandemente ingiuriatiperché per opera sua erano al disotto nelle cose di Pisanelle quali se avessino avuto a fare co' fiorentini soliarebbonoottenuto ciò che volessino; ed inoltre credevano che egliconcitassi e stimolassi el turco contro a di loromossi adunche dapaura e da sdegnoerano vòlti col pensiero alle cose diFrancia e cercavano collegarsi col re contro al ducaspignendoveglianche la ambizioneperché disegnavano acquistare qualcheterra dello stato di Milano.


E'fiorentini avevano dua pensieri: l'uno cacciare e' viniziani diCasentinol'altro riavere Pisa; e perché l'uno e l'altromassime el primonon si potevono fare sanza favore del ducaeranoda un canto sforzati procedere con luida altro temendo assai lapotenzia del re ed anche avendo speranza da luise si accordassinoseco della restituzione di Pisastavano da principio ambiguima poiper conforto del duca si risolvevano allo accordo.


Elre Federigo trovandosi nello stato molto debole e quasi sanza forzacon tutto che avessi a participare del malepure perché elpericolo di Milano era primoo per non potere o per non saperenonpareva si risentissi in queste cose come sarebbe stato el debito.


Elduca si trovava in pensieri grandissimiconoscendo che la potenziadi Francia era di gran lunga superiore alla sua; e considerato non sipotere valere della unione di Italiaper essere el papa certo conFrancia ed e' viniziani dubiiteneva pratiche collo imperadore;inoltre riputando Paolo Vitelli uomo valentissimo per potersenevalere ne' sua bisognidesiderava da cuore che noi ci reintegrassimocol favore suo delle cose nostreparendogli che quando questo fussiper opera e beneficio suoche non solo conseguirebbe lo intento suodi Pagolo Vitellima ancora arebbe a' sua bisogni tutte le forzedella città nostra. Ed inoltre sapendo e' viniziani esserestracchi delle cose di Pisa e che volentieri se ne uscirebbono pervia di accordoe cosí sapendo quanto si tenessino offesi dalui e desiderando placargli acciò che per sdegno non siaccordassino col recominciòper fare loro beneficio a faretenere pratica dal duca di Ferraracome uomo di mezzodicomposizione tra e' viniziani e noiconfortando caldamente la cittàvolere pigliare ogni accordo pel quale e' viniziani si uscissino diCasentino e di Pisa. Ed inoltre dubitando che questo rimedio conviniziani non bastassiconfortava e' fiorentini a fare accordo colre di Franciaparendogli che oltre a potere questo essere buonomezzo a farlo venire in qualche composizione tollerabile col refussi ancora la via a escludere e' viniziani dalla amicizia diFrancia; perchésecondo le pratiche andavano a tornoel reci aveva a promettere la restituzione di Pisae cosí aobligarsi contro a' viniziani; e consequentemente fatto l'accordonostro col requello de' viniziani rimaneva incompatibile; e cosíe' viniziani sarebbono forzati o unirsi con lui alla difesa deglistati di Italia o almeno starsi neutrali e cosí lui colleforze sue e con qualche aiuto dalla Magnapotersi piúfacilmente difendere da Francia.


Standole cose in queste ambiguità e sospensionifu mandato messerAntonio Strozzi da' dieci a Ferrara per questa pratica di accordo cheera nelle mani del ducaed a Milano fu eletto imbasciadorepermeglio risolvere le cose nostre con quello principeel vescovo de'Soderinibenché vi fussi ancora oratore per stanza messerFrancesco Pepi; e di poi desiderandosi la espugnazione di Bibbienasi disegnò mandare in campo due commessari di riputazionee'quali intendessino quel bisognava a quella impresa e la riscaldassinotanto che se ne venissi al fine; e cosí furono eletti GiovanBatista Ridolfi e Paolantonio Soderini Ma pochi dí poiriscaldando la pratica di Ferraraed avendo el duca grandeintenzione da' viniziani della conclusione e volendo per piúfacilitarla transferirsi a Vinegiarichiese gli fussino mandatiimbasciadori con mandati pieni; e però vi furono eletti GiovanBatista Ridolfi e Paolantonio Soderinie per sottoimbasciadoreAlessandro di Donato Acciaiuoli e per scambio loro in CasentinoAntonio Canigiani e Lorenzo di Pierfrancesco; e la medesima sera fufatto a Roma imbasciadore stanziale messer Antonio Malegonnelleeper sottoimbasciadore Ruberto di Donato Acciaiuoli. Ed innanzi gliimbasciadori partissino per Vinegia e Ferrara intendendosi perlettere di Francia come l'accordo nostro si strigneva col ree chee' viniziani pareva avessino rotto sopravenne subito nuove fuoradella opinione di tuttiessersi fatto accordo e lega tra el re diFranciapapa e vinizianie come e' viniziani si obligavano a dareal re certa somma di danaried (e converso )acquistandosi lo statodi Milanoavevano a avere Cremona con tutto el cremonese e laGhiaradaddabenché queste condizioni furono da principiosegretissime.


Alterossila città assai per questa nuovama molto piú si alteròe sbigottí el ducaparendogli avere gran carestia di partiti;nondimeno disposto a non si abbandonaremandò subito per leposte a Firenze messer Galeazzo Viscontigentiluomo di Milano edapresso a lui di grande autoritàa intendere donde procedevala tardità delle cose di Bibbiena e sollecitare el capitano egli uomini sua volessino una volta tirarla a finea confortare lacittà che per ogni caso stessi bene armata e provedutaed inultimo a sollecitare la partita degli oratori per a Vinegiaperchénon sapendo ancora quanto lo accordo fra el re ed e' viniziani fussidurabiledesideravase fussi possibilericonciliarsegli con questobeneficioe quando non giovassiche le cose nostre fussino espediteper potersi valere de' Vitelli. Ed esposte messer Galeazzo questecosene andò in Casentino e comandò a Fracasso neandassi a Milanodove giuntoebbe subito bando di rubello per avertenuto in Casentino pratiche co' viniziani di cattiva natura.


Inquesto tempo lo uficio de' dieci accrebbe la condotta al conteRinuccioche fu cosa perniziosa alla città; e perchési intenda meglio s'ha a sapere che fra e' Vitelli ed el conte eraemulazione grandissima perché el contesendo di una medesimaetà che Pagolo e stato molto piú tempo di lui a' soldinostriaveva per male che lui gli fussi stato preposto in titoloeper questa cagionequando Pagolo fu fatto capitanosi sarebbealienato da' soldi nostri; se non che per essere tenuto valente uomoe fedelefu ritenuto con molti prieghi e conservatogli el titolo digovernatore del campo e datagli tanta condotta quanta avevano e'Vitelli; e nondimeno non sendo bene contentopiú tostointraversava ed opponevasi alle imprese di Paolo che altrimenti etutto dí cercava di salire in piú condotta e piúcondizione di lui. Da altra banda Pagoloavanzandolo cosí divirtú come di titolo comportava male volentieri questaemulazionené gli pareva giusto el conte avessi condottaquanto luie nondimenosendo cosí pregatol'avevaacconsentitoma non arebbe già patito che egli lo avanzassidi condotta. Nascevano ogni dí fra loro contese e dispareriche non solo generavano divisione nel campo e tra' soldatima ancoranella cittàdove l'uno e l'altro aveva molti fautorichi peramiciziachi perché giudicassino essere cosí el benedella città; in modo che per questa discussioneche non erapiccolale imprese del Casentino erano ite molto piú debole efredde che non sarebbono ite.


Avevael conte tenuto segretamente cogli amici suoi una pratica che glifussi accresciuto la condottae per ottenerla operato astutamenteche da Milano e molti luoghi era venuto aviso che lui era percondursi con viniziani con gran vantaggi; in su' quali avisimostravano gli amici sua che questa sarebbe cosa perniziosa allacittà e che l'arme nostre diminuirebbonoed (e converso)quelle de' viniziani si accrescerebbono in Toscana; e' quali oltreallo avere piú gentesi varrebbono d'uno uomo valente e cheper essere stato lungo tempo a' soldi nostriaveva gran notizie de'passi e del paeseed anche amicizia con molti nostri sudditi. Edessendo udite queste ragione nello uficio de' diecide' quali sitrovavano Luca d'Antonio degli Albizzi e Bernardo Rucellai suoigrandissimi fautoriche era stato eletto in luogo di messer Guidoche era ito capitano di Pistoiafinalmente ne feciono la condottanon avendo in compagnia chi bene considerassi la importanza dellacosa. E perché in luogo di Giovanni Manettimortoera sutoeletto de' dieci Piero Guicciardini che si trovava commessario inquello di Pisadubitando che lui mosso o dal bene della cittào da essere amico di Pagolo non guastassi questa praticasollecitorono la conclusione in modo che la feciono la sera che Pierotornò in Firenzeed essendo egli ito alla signoria e di poi apigliare l'uficio ed in ultimonon avendo notizia di questa materiapreso licenzia de' compagni per essere stracco ed itosene a casanongli dissono quello volessino farema come fu partitone feciono elpartito. Il che intendendo Pagolone fece fare da messer Currado suocancelliere molte doglienzein modo che per posarlo fu necessarioaccrescere la condotta ancora a lui al pari di quella del conteRenuccio.


Ecosí la città si trovò con tanto numero d'uominid'arme adossoche non poteva soportare tanta spesabenchépiú volte si fussi fatto el calculo di quegli dovessino teneree non gli passare; e lo uficio de' dieci ne acquistò tantocaricoe cosí e' primi cittadiniparendo allo universale chee' governassino secondo le loro spezialtànon secondo lautilità della cittàche ne seguí pessimieffetticome di sotto in altro luogo si dirà.


Partironodi poi gli oratori e vennono a Ferrarae quivi aboccatosi con quelloprincipepochi dí poi ne andorono insieme con lui a Vinegiaintendendosi che e' viniziani da cuore desideravano lo accordo. Quivisendosi piú giorni dibattuto le cose nostrein ultimo. sicompromessono tutte le differenzie nel duca di Ferrarabenchéper parte della città vi si andassi adagiodubitando che piúnon potessi in lui el rispetto e timore de' viniziani che lagiustiza: pure per conforto del duca di Milano vi si concorse.




Parteseconda



XVII- LODO DEL DUCA DI FERRARA - PAOLO VITELLI (1499).


1499.Con questa azione si finí l'anno 1498nel quale se benefussino accidenti grandi nondimeno furono molto maggiori quegli delsequente anno 1499nei principio del quale el duca Ercole dette inVinegia el lodo delle nostre differenzie con viniziani. E lo effettofu che e' viniziani dovessino per tutto dí 25 di aprilecheera il dí di san Marcoavere lasciato Pisa e Bibbiena e tuttele cose tenevano in quello contado e per satisfazione di parte dellespese avevano fatte in quella guerradovessino avere da noi intermine di quindici anni ducati centottantamilapagandone ogni annoducati dodicimiladovessino e' fiorentinirecuperando Bibbienaperdonare a' bibbienesi; ed in caso che e' pisani volessino esserecompresi in questo accordosi intendessi el commerzio e governodella città renduto a' fiorentinie' quali avessino a riaveretutto el contado di Pisaa mandare in Pisa uno podestàconquesto che Vicopisano e le fortezze fussino tenute da' pisani perloro sicurtàed el duca di Ferrara vi avessi a mandare unodottore che fussi proposto alle appellazionie credo ancora alcriminale.


Dispiacqueassai a' viniziani questo lodoperché dicevano che rimanendoe' pisani abandonativenivano assolutamente in mano de' fiorentinie peròche recuperandocome si poteva diree' fiorentiniper virtú di questo lodo Pisadovevano essere condannati asatisfargli di presente almeno di buona parte delle spese fatte inquesta guerra che ascendevano alla somma di ducati settecentomila opiú; e dolsonsi in modo del ducache egli temé assainon gli fussi fatto villania e fu costrettoper satisfare loroaggiugnere pochi dí poi al lodo certe dichiarazionele qualirestrignevano le preeminenzie e iurisdizione che e' fiorentiniavevano a avere in Pisae fortificavono la sicurtà de'pisani. E fatto questodoppo qualche dí si risolveronovolentieri al lodonon già ratificandolo espressamentemacavando le gente di Pisa e Casentino al tempo debitodissono averloratificato co' fatti.


Furonole medesime doglienze ne' fiorentinia' quali dispiacquono due cose:

l'unache rimanendo le fortezze a guardia ed in mano de' pisaniloro nonriacquistavano el dominio della cittàin modo che e' pisanirimanevano liberi di potere ogni volta di nuovo ribellarsiil cheera credibile farebbonorispetto alla ostinazione e malignitàloro ed allo odio grande ci portano; l'altra che e' pareva aspro chee' vinizianie' qualiper avere occupato le cose nostre emolestatoci ingiustamenteavevano di ragione a rifarci di quelloavamo spesofussino pel lodo fatti creditori di ducaticentottantamila; né ci pareva beneficio l'avere a rilasciarePisa ed el Casentinosapendosi che erano in termini che vi potevanopoco staree però furono ambigui al ratificare; maconfortandone instantemente el duca di Milanoe mostrando che ogniprincipio di entrare in Pisa in qualunque forma era da stimare assaiperché non mancherebbono poi de' modi a insignorirseneinteramentee che la somma del danaio per essere divisa in tempilunghi non era gravee promettendo anche aiutargli in questopagamentofinalmente ratificorono.


Minoreambiguità fu ne' pisaniperché parendo loro esserestati rivenduti da' vinizianie non si fidando delle promesse de'fiorentini e che e' patti avessino a essere loro osservatinonvollono in modo alcuno acconsentirebenché el duca di Milanotenessi pratiche ed ogni industria che e' si disponessino. E cosíel duca rimase ingannato delle ragioni per le quali si era affaticatosu questo accordoperché né e' viniziani glieneseppono gradoné e' fiorentini per la ostinazione de' pisanirimasono in modo espediti che si potessi valere di loro o di lorogente.


Fattolo accordo ed osservato dalle parte principalee' fiorentinientrorono in Bibbiena abandonata e gittorono le mura in terrail chefu biasimato perché parve contro allo accordonel quale siera promesso perdonare agli uomini di Bibbiena; parve ancoradisutileperché per rispetto de' pisani pareva tempo da usaredolcezza. Pisa rimase in mano de' pisanie cognoscendosi bisognavala forzadirizzandosi gli animi a farne impresaperchéPagolo Vitellifatto lo accordoera ito a Castello non molto fermocolla cittàvi fu mandato da' dieci Piero Corsiniel qualefatte con lui nuove riconvenzionelo ricondusse in quello di Pisaelui vi rimase commessario insieme con Pierfrancesco Tosinghi che viera prima commessario per stanza.


Nelquale tempo avendosi a creare e' dieci di balía nuoviefaccendosene secondo lo ordine le nominazioni in consiglio grandedove andorono sempre a partito e' primi uomini della cittànon fu mai possibile ne vincessi nessunoe benché la signoriane facessi molte volte pruovatutto fu vanoin modo che e' funecessario lasciare la città in tempi di guerra e di impresegrande.


sanzael magistrato de' dieci. Le cagioni furonoperché la guerradi Pisa era stata molto lunga e vi si era speso drento somma infinitadi danari con quegli si erano dati al re di Franciae tutti sanzafrutto e successo alcunoin modo che sendo multiplicato ogni di e'nostri disordinila moltitudine che non considera la circumstanziadelle cosecredeva che e' fussi proceduto perché e' primicittadini non avessino voluta la recuperazione di Pisa anzi avessinoavuto caro tenere la città in continui affanniacciòche la avessi piú bisogno della opera loro e per avere piúfacilmente occasionequanto piú fussino stracchi edindeboliti e' cittadinimutare el consiglio grande: e perchéquesti primi sempre intervenivano nel magistrato de' dieciperòel nome di quello magistrato era in sommo odioe vulgarmente per gliuomini piú popolani si diceva: "né dieci nédanari non fanno pe' nostri pari".


Aggiugnevasichecome interviene quando e' cittadini non hanno uno sopracapo chie' temino o riverischinole spezialtà di molti che eranostati de' diecierano sute grandissimesí in dare favoriestraordinari a qualche condottierecome dicemo di sopra del conteRinucciosí in volere fare guadagnare qualche cosa a'cittadini loro parenti o amiciin modo che quando si era fattoqualche fazioneavevano mandato fuora sanza alcuno proposito unonumero grandissimo di commessari; delle quali cose erano multiplicateassai le spese della cittàed oltre a una difficultàestrema che si era introdotta di vincere provisione di danari inconsiglio grandeel nome del magistrato de' dieci era allora piúesoso al popolo che cosa si potessi loro proporre. E peròdisperata la signoriache ne era gonfaloniere di giustizia permaggio e giugno Francesco Gherardiche e' si vincessino e' diecigovernava lei le cose della guerrachiamando sempre una pratica de'primi cittadiniper consiglio de' quali si deliberavano le coseimportante; e vòlti gli animi di tutti alla impresa di Pisaesaminando le forze nostre e degli avversarisi conchiuse chepoiche e' pisani erano abbandonati e per le condizione di Italia nonpotevano sperare soccorso potente di luogo alcuno le nostre gentesole erano atte a espugnarla sanza e' favori del duca di Milano; alquale dispiacque assai el non essere richiestoparendogli che lacittà non volessi in questo caso obligo secoper non esseretenuta aiutarlo nella guerra contro a Franciache tutto diriscaldava.


Fattaquesta conclusionee bisognando danari per la esecuzionesi messein consiglio grande una provisione di danari la quale avevadifficultà grandissima a vincerla per le condizioni dette disoprae perché el popolo desiderava che nella elezione de e'magistrati di drento e di onore si seguitassi quello modo che siteneva negli ufici di fuora e di utilecioè di imborsaretutti quegli che avessino vinto per la metà delle fave e unapiúe però davano le fave bianche a ogni cosa.Fecesene praticae veduto quanto importava Pisa alla città ecome la impresaper essere e' pisani soliera molto riuscibile epiú che fussi stata in tempo alcuno doppo el 94con tutto cheel desiderio del popolo si cognoscessi dannoso alla cittàpure per meno male si conchiuse di fare una nuova provisione didanarinella quale si congiunse che gli ufici di drento sieleggessino come quelli di fuoraeccetto che e' si nominassi chidoveva andare a partito. E cosí proposta questa provisioneera el popolo tanto infastidito del pagare danaried anche aveva sípoca fede in Paolo Vitelliche non si sarebbe vinta; se non cheFrancesco Gherardi gonfaloniere con tanta destrezza ed umanitàe con modi tanto dolci e da prudente seguitò di proporre laprovisioneche finalmente per virtú suabenché nonsanza difficultà grandesi ottenne.


Laquale vintasubito si dettono danari in campoed el capitano nostroandatone a campo a Cascina con sua grandissima gloria in pochissimidí la espugnò. Benchécome lo menava la sortesuaquesta vittoria gli multiplicassi carico col popolo; perchéin Cascina fu preso Rinieri figliuolo di messer Pietro Paolo dallaSassettael qualesendo nella guerra de' pisani a' soldi nostrisiera di poi partito occultamentenon so per che cagioneed itosene aPisadove in ogni tempoe massime quando el duca Ercole dette ellodoaveva operato assai contro alla cittàconfortandoallora e' pisani a non volere ratificare; e perché questiportamenti erano in lui tanto piú molesti quanto piúerano alieni da uno nostro raccomandato e che fussi stato a' soldinostriperò era in sommo odio al popolo. Aggiugnevasi chesendo costui stato non molto innanzi a Milanosi riputava che se elduca malignava nelle cose di Pisadi che la città non era intutto chiaralui sapessi el segreto suo; e però sendo luistato presofu subito scritto al capitano che l'aveva nelle manilomandassi a Firenzee si giudicava che da poi che e' fussi esaminatodi quello sapevagli sarebbe tagliato el capo; ed aspettandosi aFirenzevenne nuove come lui si era fuggitoed in fatto fu lasciatoda Paoloel quale non volle essere bargello di uno soldato da bene evalente. Ma a Firenze chi aveva sospetto di lui interpretòperché e' non volle che Rinieriche sapeva e' segreti de'pisani e si credeva sapessi quegli del duca circa alle cose di Pisalo scoprissi di pratiche tenute col duca e co' pisani contro allacittàe per questa voce si accrebbe grandemente la malaopinione era di lui ed el carico aveva di malignare in queste cose.


PresaCascinausci la signoria vecchia con tanta grazia e favore diFrancesco Gherardiche sanza dubio molti anni innanzi non era statouno gonfaloniere di giustizia che fussi uscito con benivolenzia paria luiin modo che al certo e' si trovava con piú credito edautorità nel popolo che altro cittadino da Firenze; ed entratala signoria nuovafatta per trattasi attendeva e nella cittàed in campo a provedere le cose oportune per andare a campo a Pisa.


Nelquale tempo crescevano ogni dí le angustie del duca di Milanoperché el re di Francia si ordinava e metteva in punto congran celeritàel papacon tutto avessi tenuto qualchepratica di accordo col ducasi era dichiarato talmente pel rechemonsignore Ascanio disperato di potere fare frutto con lui ed ancheforse temendo di séaveva abbandonato la corte ed itosene aMilano; nel medesimo termine erano e' viniziani risoluti interamenteper la ambizione di acquistare Cremonaalla disfazione dello statodi Milano; le cose della Magna erano sí fredde che e' disegnifatti di quella provincia riuscivano fondati in aria; non si potevadurante la impresa di Pisa fare fondamento in Pagolo Vitelli. In modoche el duca era in cattivi terminie massime che per sue colpa siprivava di uno rimedio che sarebbe stato in sue potestàperché sendo nate certe differenzie tra lui ed el marchese diMantovasuo capitanocirca alla condottale quali erano nutrite damesser Galeazzo da Sanseverino per ambizione di essere lui capitanoin luogo del marchesefu sí poco in questa parte el giudiciodel ducache non vi pose rimedio; in forma che el marchese si alienòda lui e cosí per colpa sua gli uscí di mano unoinstrumento che pareva attissimo o a guidare lo esercito contro a'franzesi o a difendere lo stato di Milano dalla banda de' viniziani.


Perle quali cose vedendosi a Firenze la debolezza suaed instando el reche la città si dichiarassi in suo favoreerano vari e'pareri de' cittadini:

alcuninon si volevano inimicare al ducaparendo fussi cattivo pagamentoagli aiuti e favori ci aveva datie' quali erano stati di natura chesi poteva dire per opera sua e' viniziani essere stati cacciati diToscana; ed inoltre giudicando che el duca colla potenzia sua e co'favori trarrebbe della Magnasi difenderebbe in modo che non sarebbeinghiottito sí facilmente come era la opinione di moltied aquesto parere concorrevano massime quegli che si erano travagliaticontro al frateche sempre erano stati inclinati alle cose del ducae piú alieni da Franciaalcuni altri considerando la granpotenzia del re di Francia congiunto co' viniziani e col papafacevano giudicio che lo stato di Milano non avessi rimedio e che e'fussi pazzia volere perire con luiricordando quanto fussi stato eldanno della città nel per volere opporsi al re Carlo; e cosísendo di varie opinione e' cittadininon se ne faceva conclusione orisoluzione alcuna.


Inquesto temposendo a ordine gli apparati della guerraPagoloVitelli col nostro esercito si pose a campo a Pisa a dí... edavendo piantate le artiglieriecominciò a strignere la terra.e di poi el dí di san Lorenzonon sendo ordine al dare labattaglia presono e' soldati suoi Stampaceròcca forte diPisa. Per la quale perdita in modo sbigottirono e' pisani che sicominciorono a ritirare indrietoe messer Piero Gambacorti ed alcunialtri fuggirono a Luccain forma che se e' si seguitava la vittoriaPisa era sanza dubio el dí nostra. E durò questaoccasionecome diconobene otto o dieci orema el capitano che nonaveva ordinato el dí dare la battaglianon credendo forse chee' nimici fussino in tanto terrore e disordinefermò e'soldati sua; e però e' pisani rincorati feciono ripari daquella partein modo che per la via di Stampace non si potessientrare nella terra. Erano intanto cominciate nel campo nostroperla cattiva aria che vi suole essere in quegli tempicerte febrepestilenzialedelle quale molti erano già amalatie fra glialtri tutti a due e' commessariche ne morí Piero Corsiniefurono mandati subito in luogo loro Francesco Gherardi e PaolantonioSoderini e' quali vi ammalorono in pochi díin forma che e'cittadini vi andavano male volentieri; pure vi fu mandato Luigi dellaStufa e Pierantonio Bandini che subito ammalorono; e vi fu di poimandato Piero Vespucci che ancora lui in ultimo ne tornòammalato a Firenze.


Inquesto mezzo el capitano aveva colle artiglierie gittato in terratanto muroche molti giudicavano chedandosi la battagliaPisa siotterrebbe; e lui non lo negavama diceva sarebbe con moltauccisione degli uomini suoie però essere meglio differire eldarla tre o quattro díperché sarebbe in terra tantomuroche al certo con poco danno e pericolo de' soldati sivincerebbee però essere meglio pigliare el partito piúsicuromassime che in sí piccola dilazione non potevasopravenire nulla che piggiorassi le condizione nostre. E finalmenteavendo diterminato el dí di dare la battagliaed essendoquello dí venuta per sue richiesta in Firenze la tavola diSanta Maria Imprunetaerano tante multiplicate le malattie in campoche vi si trovò sí poco numero di sanimassime essendoammalato ancora el capitanoche non si potette dare la battaglia; epochi dí poidiminuendosi ogni dí lo esercito nostroed essendo entrati in Pisamandati da' lucchesitrecento fantidisperata la vittoriasi levò da campo. La quale cosa gliaccrebbe infinitamente el carico aveva nella cittàe non soloappresso la moltitudine ed e' volgarima ancora appresso a molti cheusavano el palagio ed avevano autorità.


Ecosí si terminò questa impresa di Pisala quale fucominciata con speranza grandissima di avere a riuscireavendo unoesercito grossouno capitano valentee gli inimici soli edabbandonati di soccorso da tutti e' potentati di Italia. Ma el finefu vergognoso e con assai dannorispetto alla spesa fatta che fugrandeed alla morte di piú commessaricioè di PieroCorsiniFrancesco GherardiPaolantonio Soderini e PierantonioBandinide' quali Francesco Gherardi che nuovamente era salito insomma benivolenzianon poté piú dolere alla città;la quale universalmente non si dolse della morte di Paolantonioperché con tutto fussi valentissimo uomo e molto prudente edeloquente ed amatore della libertànondimeno era tenutoambiziosoe che desiderassi mutare el governo e ristrignere lo statoin pochi cittadini.


Levatoel campo da Pisasi creò la signoria nuova per settembre edottobreche ne fu gonfaloniere Giovacchino Guasconinel principiodella quale trattando Paolodesideroso di recuperare l'onore suoche si rifacessi el campoe di ritornare a Pisamostrando per molteragioni che erano capace a qualche savioche la impresa era facilenondimeno la città vi rinculava e si risolveva al noparteper essere straccaparte per non avere piú fede in Pagoloelsospetto del quale ogni dí cresceva per molti contimassimedoppo la tornata di Piero Vespucci che ne fece malissima relazione.In modo che non potendo la cosa stare piú cosíchefussi capitano nostro uno riputato inimico nostroanzi bisognandofacessi qualche effettoin ultimo Bernardo RucellaiFilippoBuondelmontiLuca degli Albizziconcorrendo ancora nel parere loroAntonio Canigiani e Braccio Martelli che erano commessari in camporistrettisi col gonfaloniere e con Francesco Guiducci e Niccolòdi Alessandro Machiavelli che erano de' signorigli persuasonovolessino fare punire Pagolo; e disposti per mezzo di questi tre glialtri signorieccetto Antonio Serristoriche per essere in casaammalato non gli fu conferito nullala signoria commesse a'commessari di Cascina quello avessino a fare; e' quali sotto coloredi praticare el rifare el campolo chiamorono in Cascina a consiglioe quivi lo sostennonoe subitocome era ordinatoel signore Pierodal Monte e conte Pirro da Marciano ne andorono al padiglione diVitellozzo per pigliarloma intesa la cosasendo urtati da certisuoi uominiebbe tempo a salvarsi e si fuggí a Pisadondepoi si ridusse a Castello.


Venutaa Firenze la nuova della presa di Pagolola quale era segretissima atutti e' primi cittadinieccetti quegli che ne erano stati autorila signoriavolendolo a Firenzemandò subito per lui FilippoBuondelmonti e Luca di Antonio degli Albizzie' quali trovatolo perla via bene guardatola sequente sera lo condussono a Firenze; edavendolo subito esaminato a parole né cavandone cosa alcunalo messono alla fune ed avendogli dati piú tratti di fune enon confessandolo ritrovorono con altri tormentied ogni cosa invano. E cosí avendo ricerche le lettere e scritture suaedesaminato con ogni modo Cerbone da Castello suo cancellieree messerCherubino dal Borgo a San Sepolcro molto confidato suonon vitrovorono cosa di sustanzia per la quale potessino comprendere cheegli avessio per pratiche tenute con altri principi o perinclinazione sua ingannato la città. Ma sendo el gonfaloniereed e' compagni in ferma opinione che lui avessi errato e che peressere uomo valente non si lasciassi sforzare da' tormentie cosíche messer Cherubino e Cerbone non confessassino perché luinon conferissi con loro e' sua segretilo effetto fu che gli ottoper comandamento della signoria gli fecionola sera poi che erastato condotto a Firenzea ore ventitrétagliare el capocon grandissimo gaudio di tutto el popolo che lo riputava nocentestando cheti e' cittadini di riputazionea chi dispiacevaper nonvenire in sospetto d'avere tenuto queste pratiche con lui. E cosíebbe miseramente fine Pagolo Vitelliel quale era allora in piúriputazione che altro capitano di Italia.


Fusanza dubbio uomo valentissimo nella arte militare e di buono animoed atto a cose grandied aveva condotta la vittoria di Pisa interminiche si può direquando vi fu a camposi riducessi auno asso: ma ebbe molte parte da non satisfare a una republica comequesta: fu uomo avaroe che con ogni cavillazione cercava divantaggiarsi sempre nelle condotte e ne' pagamenti; fu rozzoe cheseguitando le opinione sue non mostrava di stimare punto e'commessari ed e' cittadini si avevano a maneggiare secoil che lofece venire a noia a molti; volse semprenelle imprese che aveva afaretanti ordini e provedimentied andare con tanta sicurtàe vantaggioche recava alla città una spesa intollerabilelaquale trovandosi consumata per gli affanni di tanti annimalevolentieri comportava tanto carico; tenne sempre pratiche ed amiciziein Pistoianel Borgo a San Sepolcro ed in molte terre principalenostreil che faceva sospetto a qualche savio che e' non fussi vòltoa fare stato e signoria nel dominio nostro.


Macirca alla principale cause perché e' fu mortoèopinione quasi chiara che e' fussi innocente; ed ècci unaragione potentissimaperché sendo lui nel mestiere del soldolo stato e lo essere suo era in essere riputato uomo valente efedelele quali cose tanto gli dava lo acquisto di Pisa e glitoglieva el non l'avereche si può dire fussi fondata inquella impresa la gloria e riputazione sua; e si vede che l'averePisa gli recava grandissimo onore ed utilità sanza alcunodannoe pel contrario el non l'averedetrimento grandissimo sanzaconoscervi drento compense di beneficio alcuno; inoltre se egliavessi malignatonon è da credere l'avessi fatto per suodisegno proprioma per qualche suo interesso che dependessi dasatisfarne a altri: a' pisani non è credibileperchéda loro non poteva conseguire o danari o condizione o cosa alcunaeccetto el dominio di Pisael quale gli sarebbe stato debitosendoquella città spogliata ed avendola a difendere col suo; di poidi tanti pisani che si sono presi ne' tempi seguenti ed esaminatide' quali ne è stati alcuni a chi erano noti tutti e' segretidi Pisane sarebbe stato qualcuno da chi si sarebbe intesa questapratica; a altri potentati di Italia ancora non è verisimilené mai fu persona vi pensassieccetto al duca di Milano delquale si ebbe sospetto; e nondimeno chi considererà bene nefarà el giudicio medesimoperché gli è certoche el ducamassime in questi ultimi tempidesiderò assaiche noi riavessimo Pisa per potere usare per capitano Pagolo in chiaveva gran fedee quando fussi stato di appetito contrarionon èda credere che Pagolo l'avessi stimatovedendolo in tanto pericolocol re di Francia che non ne poteva piú sperare cosa alcuna.


Inmodo che per queste ragione io tengo certissimo che Pagolo andassidirittamente colla cittàe desiderassi per lo interesse edonore suo sopra ogni altra cosa la vittoria di Pisa.


Ilche è tanto piú credibilequanto meglio si possonogiustificare le calunnie dategli e che lo mettevano in sospetto: eprimase preso Vicopisano e' non volle andare diritto a Cascina e dipoi alla espugnazione di Pisaanzi finí la state nelloacquisto di Librafattadi Torre di foce ed in fare bastioni ne fucagione perché e' pareva impossibilesendo in Pisa moltivalenti uomini pisani e molti soldati de' vinizianied essendoaperta la via del soccorsoacquistarla se prima non si chiudevano e'luoghi donde potessi venire aiuto; la quale cosa fattagiudicava cheel vedersi stretti e sanza speranza di piú aiuto gliinvilirebbe tanto che piú facilmente si condurrebbonoedinoltre che per questo modo mancherebbono loro le cose necessarieinmodo che o colle arme o colla fame se n'arebbe onore. E che questafussi ragione di savio ci hanno dimostro poi gli effettie' quali cihanno mostro quanto sieno stata difficile le imprese fatte contro a'pisaniancora soli ed abbandonati da ognuno.


Sele cose del Casentino andorono piú adagio che non si sperava odesideravane fu cagione lo essere nel cuore del verno ed in luoghiasprissimila emulazione fra lui ed el conte Rinuccioche facevagli effetti suoi ancora in Firenzee' provedimenti che per lastracchezza della città e malo governo si facevano tardi edeboli. Se lasciò andare Rinieri della Sassettanon fu perdubio che e' rivelassi le pratiche sue col ducale quali nél'uno né l'altroquando fussino stategli arebbe confidatema perché vedendolo andare a una morte e strazio manifestoseguitò in questo la commune consuetudine de' soldati diItaliache considerando a' casi che possono intervenire in sési riguardano l'uno l'altro. Se el dí di san Lorenzoche siprese Stampacenon seguitò contro agli inimicifu perchéquella vittoria fu sanza ordine ed improvisaed in dí che nonera deputato el dare la battagliain modo che lui non sapendo eldisordine degli inimicisi stette come prima aveva disegnato; se e'differí poi el dare la battagliafu perché nonconsiderando a' casi estraordinari delle malattiegiudicòPisa essere in termini che conveniva si pigliassie peròvolle piú tosto differire tre o quattro dí peracquistarla con poco pericolo e facilmenteche averla piúpresto con difficultà e danno grandissimo; se in ultimo e' nondette la battagliane furono causa le malattiedelle quali lui nonera indovinoné vi poteva riparare. Per le quali cose si puòconchiudere e fermare la innocenzia suae nondimeno la opinionecontraria era tanto radicata in quasi ognunoche la sua morte fugratissimain modo che Giovacchino Guasconibenché e' nonfussi valente uomoanzicome di poi si scopersedebole e da pocone acquistò grandissima riputazione ed autorità.


Soportòla morte Paolo con animo grandissimo e come si apartiene a' valentiuomininon vilmente querelandosi e dolendosinon faccendo segno disbigottirsi e perturbarsi di una morte violenta e sí vicina esempre dicendo che per suo conto e' sua figliuoli né quegli dicasa sua non potrebbono mai essere chiamati traditori. Fu impiccatocon lui messer Cherubino dal Borgo che era nostro ribellee Cerbonefu confinato nelle Stinche in perpetuo.


Fattoquestoel gonfaloniere volonteroso in tutte quelle cose in che e'credeva satisfare alla moltitudinepropose una leggeche e' sicreassino cinque uomini con autorità di rivedere dove eranoandati e' danari aveva spesi la cittàed e' conti di chi gliaveva maneggiatie chiarire debitori chi si trovassi in mano danariapartenenti al communela quale legge vinta e creati e' cittadinifu cosa ridicula checome gli uscí di palagiofu notificatoa loroed el primo che fussi da loro condannato. E la cagione fuperché sendo lui imbasciadore in Franciaed a Milano messerFrancesco Pepisi fece una legge per la quale si accrescevano e'salari agli imbasciadori; e perché le leggi raguardano infuturomesser Francesco Pepi e luiche già erano fuorinonvi si includevano e non vi furono compresi espressamenteo perinavvertenzia di chi la fece o pure perché cosí fussila loro intenzione. Di che ritornati a Firenzee parendo chesebene secondo el rigore non avessino a godere el beneficio di quellaleggepure che la equità gli aiutassi e vi fussi la medesimaragione che negli altri che furono fatti poicercorono di esserepagati in quella forma; e Giovacchino sendo gonfaloniere scioccamentefece pagare sé e messer Francesco. E però subito comefu uscitosendo notificati a' cinque uficialifurono chiaritidebitori di quella somma e condannati a riporre su quello che avevanosoprapresoe cosí la legge fatta da Giovacchino in danno edinfamia di altri per satisfare al popoloritornò in capo suo.





XIX- LA FINE DEL POTERE DEGLI SFORZA A MILANO PRIME CONQUISTE DELVALENTINO (1499-1500)


Inquesto tempoe poi che el campo nostro si levò da Pisa edinnanzi fussi morto Pagolo Vitellie' franzesie con loro messerGian Iacopo da Triulci fuoruscito di Milano ed inimico del ducascesi in sullo stato di Milanopresono Noncastello fortissimoedaltri luoghi di quello stato; da altra banda e' viniziani ropponoguerra di verso Lodi. Ma perché el duca si rincoravadifendersi da' viniziani con poca perdita e gli premevano piúe' franzesispinse tutte le gente sua a Alessandria della Pagliaalle frontiere de' franzesi sotto messer Galeazzo a Sanseverinoelquale era bellissimo giostratorema per viltà e pocaesperienzia nella arte militare non punto atto a guidare uno campo;dove venendo e' franzesi doppo uno acquisto prestissimo i ValenzaTortona ed altri luoghi circumstantiinviliti bruttamente sanzaaspettargli abandonorono Alessandria in modo che tutta quellaprovincia si dette subito a' franzesi; ed el duca sbigottitononavendo soccorso d~ luogo alcunodubitando non essere rinchiuso inMilano accompagnato da monsignore Ascanio suo fratelloda messerGaleazzo da Sanseverino ed altri gentiluominiinsieme co' figliuolie col tesoro si fuggí nella Magnae lasciò elcastelletto bene guardatofattone castellano Bernardino da Corte suoallevatocon disegno che tenendosi el castellettodi fare esercitonella Magnae per via del castello recuperare Milano.


Epartito luie' milanesiche già avevano deputati alcunigentiluomini a governo della terramandati imbasciadori a' franzesisi dettono loro; e qualientrati drento pochi dí poiperdefetto del castellano che vi era drentoel quale el duca avevascelto per piú fedeleacquistorono el castelletto; e cosítutto lo stato di Milano venne interamente in mano del reeccettoCremona e la Ghiaradaddale qualisecondo le convenzionifuronode' vinizianibenché e' cremonesinon ostante che el campode' viniziani fussi intorno alle mura stessino molti dí duri emandassino imbasciadori al re che gli volessi accettare. Ma el recon tutto che ne fussi stimolato molto da' milanesinon vi volleacconsentire né mancare della osservanzia della fedee lorosanza colpo di spada acquistorono uno stato di entrata ducaticentocinquantamila lo annoe che era el terzo del ducato di Milanobenché in quel tempo medesimo avessino grandissimi danni dalturcoche tolse loro ModoneLepantoCoroneluoghiimportantissimi. E cosí facilmente si perdé lo stato diMilano e divisesi in mano degli inimici sua.....


Laquale cosa benché dolessi a tutti quegli a chi dispiacevaItalia squarciarsi e venire al tutto in mano di barbari e da altrabanda e' viniziani ogni dí diventare maggiorinondimenoognuno d'accordo confessò che e' modi e portamenti di quelloprincipe l'avessino meritato. Perché se bene e' fu signore digrande ingegno e valente uomoe cosí mancassi di crudeltàe di molti vizi che sogliono avere e' tirannie potessi per molteconsiderazioni essere chiamato uomo virtuosopure queste virtúfurono oscurate e coperte da molti vizi; perché e' fudisonesto nel peccato della soddomiae come molti dissonoancora davecchio non meno paziente che agente; fu avarovariomutabile e dipoco animo; ma quello perché trovò meno compassione fuuna ambizione infinitala qualeper essere arbitro di Italialocostrinse a fare passare el re Carlo ed empiere Italia di barbari; epoi sendo tornato el re Carlo in Francia ed essendo tempo da riunireItaliaa acconsentire anzi confortare e' viniziani pigliassino laguardia di Pisaacciò che la guerra e perturbazione di altriaprissi la via a qualche suo ghiribizzole quali cose per giustogiudicio di Dioritornoronobenché con danno e ruina dialtrifinalmente sopra el capo suo.


Spacciatolo stato di Milanola città nostra rimase molto ambigua ed inariaperchéavanti che le genti del re scendessino inItaliasendo richiesti dal re capitolare seco contro al duca diMilanol'avevano sempre recusatoallegando non poterlo fare perchéel duca guasterebbe loro la impresa di Pisapure strignendolisigli era secretamente promesso di non gli essere controcon speranzache espedite le cose di Pisasi procederebbe piú là.Venute di poi le gente sua in Italiastrignendo ogni di piúlui la declarazionela città se ne risolve tanto adagiochelui acquistò prima Milano che se ne facessi conclusionealcunanondimeno gli oratori nostri feciono seco in Lione una bozzadi appuntamento con condizione assai ragionevolecon riservo che fratanti giorni avessi a essere approvato dalla città.


Nelqual tempo sendo già venuto el re in Italia e parendogli; peressere le condizione sua miglioreda potere trarre da noi piúsomma di danario perché gli fussi fatte sinistre relazionedi noi che ci intendessimo col duca di Milanostimulato ancora da'viniziani inimicissimi nostri e da messer Gian Iacopo da Triulzi alquale e' pisani aveano offerto el dominio di Pisae lui ne ricercavael consenso del remutò le condizione di quello si eraragionato in Franciain modo che innanzi si facessi conclusionefurono le difficultà molte ed e' trattati lunghi; purefinalmente si fece conclusioneintervenendovi per la cittàcon libera commissione gli oratori vecchi ed e' nuovi che erano statimandati a congratularsi: messer Francesco GualterottiLorenzo Lenzied Alamanno Salviati. Di che fu lo effetto che noi fumo finalmenteaccettati da lui in legae si obligò a mandare le gente sue arecuperare e restituirci Pisa e le cose nostreeccetto Serezzanaed(e converso )la città si obligò pagare a lui quellaquantità di danari di che eravamo debitori al duca Lodovicoche ce ne aveva serviti in prestanzache furono circa a fioriniventicinquemiladargli un certo sussidio di uomini d'arme e difanteriein caso gli fussi molestato lo stato di Milano; e cosíper la impresa disegnava fare del reame di Napoliservirlo diquattrocento uomini di arme e cinquemila svizzeri pagati per tremesio in cambio di quegli svizzeri dargli ducati cinquantamilatôrre a instanzia di San Piero in Vincola per nostro capitanoel prefetto di Sinigaglia suo fratello. E si stipulò elcontrattoe per molte parole e segni sue si fece allora giudiciofussi bene disposto inverso la città; e cosí stato pocoa Milanosi ritornò di Franciadove lo seguitorono per contodella città messer Francesco Gualterotti e Lorenzo Lenzi.


Ne'medesimi tempi sendo gonfaloniere di giustizia per novembre edicembre Giovan Batista Ridolfiuomo che per conto della casadiessere riputato prudentissimoe per molte qualità era stimatoassai si propose in consiglio grande una provisione di danarilaquale non si vincendo ed essendo ita a partito molte volteGiovanBatista non potendo soportare che una provisione sí necessarianon si vincessi rittosi disse che se gli animi de' cittadini eranovolere abandonare la cittàche quegli eccelsi signori non lopatirebbono equando non avessino altro rimediososterrebbono lepaghe del Monte de' tre quattro e sette per cento. La quale parolabenché fussi detta con animo libero ed affezionato alla cittànondimeno dispiacque tanto a chi la udíche ricimentandosisubito la provisionegli scemò el favore in tanta somma chenon fu piú possibile vincerla. Il che ho voluto direperchéchi ha a governare la città si ricordi che chi non puòsforzare e' popolibisogna che proceda con loro con dolcezza epazienzia; e come si viene all'asprocominciono a sdegnare edintraversarsiin modo che non si dispongono piú a fare nulla.


Inquesto tempo Cesare Borgiachiamato el Valentino per avere inFrancia uno stato di quello titolocon le gente di papa Alessandrosuo padre ne venne allo acquisto dello stato di Imola e Furlíed el resecondo le convenzioni fatte con loro quando ottenne ladispensagli serví di trecento o quattrocento lancie di piúcondottesotto el governo di monsignore di Allegricon tutto cheper noi si facessi grande instanzia che prima mandassi a espedire laimpresa di Pisaed el re vi fussi inclinato; ma lo vinse laimportunità del papa. La quale cosa vedendo quella madonnadonna di grandissimo animo e molto virilemandatone a Firenze e'figliuolibenché grandicon tutto el mobile suosi preparògagliardamente alla difesama sendo abbandonata da tuttiperchénessuno ardiva opporsi a chi aveva el segno e favore di Franciafinalmente ribellandosi e' popolie lei sendo rinchiusa ed assediatanella ròcca di Furlíel Valentinoper male guardiaper trattato di quegli che erano drentoebbe la ròccadovepresa madonna Caterina la mandò a Roma; e cosíinsignoritosi di quello statofondò el principio suo ecominciòper essere in sulle arme e co' danari e forze dellaChiesaa essere temuto.


Circaa questi tempi ancorasendo venuto el tempo della prima paga s'avevaa fare a' viniziani de' ducati quindicimila per conto del lodo delduca di Ferrara e non essendo fattae' viniziani feciono rapresagliadelle robe nostre che erano in sul territorio loro; la quale cosa nonfu di dannoperché a' piú de' mercatanti fiorentiniche vi eranonon fu tocco nulla per privilegi avevano della civiltàe gli altrisendone stati avvertitiavevano assentate le cose loroin forma che non se ne patí nientee nondimenocome siintese a Firenzevi fu deputato imbasciadore per giustificare lecose nostre messer Guidantonio Vespuccie di poiparendo che questagita fussi invanomutato el consiglio in meglionon fu mandato.


Nelmedesimo annoessendo gonfaloniere di giustizia per gennaio efebraio messer Francesco Pepied avendo la città bisogno didanaridoppo molte dispute si propose finalmente una gravezzaingiusta e disonesta ed in grandissimo danno di coloro che avevanoentrata di possessione. Erasi doppo el 94 postaper uno magistratodeputato a ciòuna decima universale a tutti e' beni de'secolaried erasi usata qualche annoponendone secondo e' casi cheoccorrevanounadua o tre per volta. ma perché questa decimagittava pocochi era trovatore di gravezze nuove ordinò indetto tempo che vi si facessi su una scala in su quegli che pagavanodi decima da cinque ducati in sue di cinque ducati in cinque simultiplicassiin modo che quando si poneva una decima chi aveva dientrata cinquanta ducati gli toccava a pagare cinque ducati solochin'aveva trecentogliene sarebbe tocco da ottanta o cento; in modoche dove quello pagava uno decimo della entrata suaquesto altro nepagava uno quarto o uno terzoe chiamavasi decima scalata. Di modoche ponendosi l'anno tre o quattro di queste decimechi aveva dientrata ducati cinquanta pagava un terzo o un quarto della entratasua; chi n'aveva trecento pagava tutta la entrata sua; emultiplicandosi proporzionabilmentechi aveva di entrata cinquecentoo seicento ducatipagava l'anno una volta e mezzo o dua la entratasua.


Questomodo cosí propostobenché fussi ingiustissimo e didanno al publicoperché gli è utilità dellacittà mantenere le ricchezzepure pensando ognuno allecommodità suaaveva favore assai; principalmente tutti e'poveriavendo a avere una gravezzavolevano piú tosto questache una altraperché la gli offendeva pocotutti coloro cheerano ricchi di danari la favorivanoperché la non glipercoteva; restavano solo quegli avevano molte possessionie' qualierano pochi; e se alcuno altrose ne ritraeva per la disonestàdella cosa. Messasi a partito in consiglio e non si vincendo le primevolte vi parlò su Luigi Scarlatti che era di collegiomoltovivamentemostrando che egli era ragionevole che chi aveva piúricchezze sentissi piú e' carichi della cittàsoggiugnendo che se e' si dolevano che questa gravezza gliimpoverissiche e' gli scemassino le spesee se non potevano tenerecavalli e servifacessino come lui che andava in villa a pièe si serviva da sè; e con queste ed altre simili parole siriscaldò in modo che el parlare suo di dispiacere e didisonestà avanzò la provisione. La quale si vinse concarico grande della signoria apresso agli uomini da benee tanto piúquanto sendo stato messo innanzi questo modo alla signoria passataGiovan Batista Ridolfiche era gonfaloniere benché non fussiricco di possessionel'aveva sempre ostinatamente ricusatain modoche a tempo suo non si apiccò mai.


Ritornatocome di sopra è dettoel re in Francialasciato beneguardato el castelletto e gente assai alle stanze nello statonuovamente acquistatoe' milanesi che sommamente avevono desideratala ruina del duca Lodovicoavevano mutato volontàe contutto che e' modi de' franzesi non fussino stati disonesti in versoloro e non gli avessino oppressati ed in effetto non si potessinodolere della signoria loronondimeno sendo di natura e sanguidiversied inoltre non si potendo assettare a mancare di queglipiaceri ed ornamenti dava la cortene erano tanto infastiditi chenon gli potevano comportare; e però molti gentiluoministimolorono segretamente el duca che era nella Magnache e' volessiritornaremostrandogli la via essere facile a riacquistare lo statosuo. E però luiseguitando e' loro confortiragunato buonoesercitoaccompagnato da Ascanio e gli altri che l'avevanoseguitatone venne alla volta di Milanoe non trovandocontradizione alcunariebbe pacificamenteda el castelletto infuora tutto quello tenevano e' franzesi di suo. E parendogli esserecerto che e' franzesi ritornerebbono con grosso esercito in Italiasi volse a tutti quegli rimedi che e' poteva pensare importassino lasalute sua: condusse assai svizzeri e lanzinechin modo che fece unopotente esercito mandò subito a Vinegia a pregargli volessinoessere secopromettendo loro quietanza di Cremona e Ghiaradaddaedanche qualche altro vantaggio; scrisse a Firenze congratulandosi comecon amici e richiedendo in tanto suo bisogno la restituzione diquegli danari aveva prestati lorofece le medesime opere colpontefice; ed ogni cosa invano perché né el papanée' vinizianiné e' fiorentini vollono in modo alcunoscostarsi dal re. Fece ogni sforzo di ottenere el castellettomadifendendosi e' franzesi gagliardamente ed avendo abondanzia d'ognicosanon lo ottenne.


Macome la nuova di questa ribellione fu in Franciasi messono consomma velocità in ordine le gente da ritornare allaricuperazionee passorono e' monti con gran prestezza; nel qualetempo la città osservando le convenzione aveva col reglidette certa somma di danari in scambio degli uomini d'arme e fanteriedi che era pe' capitoli obligata a servirlo per difesa della ducea diMilano. Da altra banda e' franzesi che erano in Romagna agli aiutidel Valentinostretti insieme si ritrassono per tutto lo stato diMilano in Novaradonde che el duca parendogli non potere reggeretanta piena e bisognare tentare la fortunaraccozzato tutto loesercito suone venne a Mortara alle frontiere de' franzesiconanimo di fare fatto di arme. Ma quegli svizzeri erano nel campo suotenuto pratica con svizzeri erano a' soldi del requando fu el tempodi apiccarsi si tirorono da parte in forma cheabandonato dallefanteriefu con poca fatica rottoe lui miserabilmente presoedinsieme messer Galeazzo da Sanseverino; monsignore Ascanio fuggendofu in sulle terre de' viniziani preso da Bartolomeo d'Albiano lorocondottiere e menatone prigione a Vinegia.


E'milanesiudita la nuovanon avendo riparo alcunocapitoloronosalvo l'avere e le personecon patto di pagare al re in certi tempiducati trecentomiladi che el re rimesse loro poi buona parte. Elquale accordo dispiacque tanto a svizzeria chi era stato promessoche Milano andrebbe a saccocherubatele artiglierie del resitirorono da canto in luogo sicuroe fu necessarioper accordarglidare lorocredoducati centomila che s'erano di presente avuti da'milanesi; e cosí Milano tornò nuovamente in mano delreed el duca ne fu menato prigione in Francia. E poco poi loseguitò monsignore Ascanioperché e' vinizianirichiestine dal rebenché male volentieripure per paura cheavevano di lui gliene dettonoe per la medesima paura roppono e'salvocondotti a tutti e' gentiluomini milanesi che si erono fuggitiin sul loroe gli dettono prigioni al re. E cosí gliSforzeschi perderono interamente lo statosendo presi el duca edAscanioe Caterina madonna d'lmola cacciata di signoriaed inoltreun piccolo figliuoletto di Giovanni Galeazzo menatone in Francia equivi fatto abate di una grossa badiarimasene solo Giovanni signoredi Pesero che poco poi perdé lo statoed Ermes fratellominore di Giovanni Galeazzouomo di poco sentimentoed e' figliuolidel duca Lodovicoe' quali erano nella Magna in corte diMassimiliano; e cosí si notò che tre grandi casa diRagonaSforzeschi e Mediciche avevano acquistato potenzia inItaliaaverla ancora perduta quasi in uno medesimo tempo.





XX- GUERRA DI PISA. DISORDINI A PISTOIA - IL VALENTINO CONQUISTA FAENZA(1500).


1500.Cominciò di poi l'anno 1500 con grandissima speranza direintegrarsi delle cose nostre. Erasi la città moltorallegrata della vittoria del reperchésendo lui espeditopareva potessi attendere a mandarci le gente alla impresa di Pisacome era obligato pe' capitoli fatti a Milano; e tanto piú sicredeva lo dovessi farequanto piú doppo la perdita di Milanoeravamo stati constanti secoe pagatogli quegli aiuti a che eravamotenutie lui aveva continuamente promesso che riavendo Milanoriconoscerebbe la fede e fatiche nostree si presupponeva chemandandoci le gentela riputazione e forze loro fussino tali cheassolutamente ci avessino a insignorire delle cose nostre. Fu aduncheper publica commessione richiesto dagli oratori nostri ricordataglila integrità ed affezione della cittàdi volerciosservare le promesse; ed inoltre Lorenzo Lenziuno degli oratoriuomo vòlto al bene ma poco prudentelo richiese sanza avernecommessionedi Siena e Luccaa che rispondendo el re: «se iove lo dessiche daresti voi a me?» rispose in modo appiccòla pratica di danari. Della quale cosa ebbe a Firenze caricograndissimoparendo che questa offerta potessi essere cagione difare pensare al re in che modo potessi cavare della cittàtanta somma di danarisanza acquistarne nondimeno Siena o Lucca; efu riscritto agli oratori che tenessino pratica delle cose nostre enon pensassino a quelle d'altri.


Elre aduncherichiesto della osservanzia de' capitolirispose essereparato; e si dette ordine che uno esercito grosso di uomini d'armefranzesi e fanterie di svizzeri e guasconi partissino a uno tempodiputato alla volta di Pisae fu dato loro per capitano monsignoredi Beumonteel qualeper averci al tempo del re Carlo restituitoLivornoera riputato amico e confidato alla città. Edessendosi data a queste genti una paga del mese di maggiosi dondolòtutto el mese di che erano pagati innanzi partissino; perchéavendo messer Giovanni Bentivogli per paura di questo esercitocapitolato col re di pagargli in certi tempi ducati quarantamilaed(interim )dargli buona sicurtà e cosí e' signori dellaMirandolaCoreggio e Carpi non volle Roano che si trovava a Milano eapresso a lui Piero Soderinicomandare a dette gente cavalcassino seprima non aveva ricevuto quelle sicurtàe cosíconsumorono tutto maggio in Lombardia a' propositi del rebenchépagati da noi. E perònon si potendo muovere sanza dare unaaltra pagasi fece una pratica grande di cittadini di quello era afareperché moltiinsospettiti di questo indugio e dubitandonon fussino ingannigiudicavano che e' fussi meglio rispiarmare e'danari e non tentare una impresa che sarebbe di spesa grandissima edi poi riuscirebbe vana. Finalmente vincendo al modo usato lacupidità di Pisasi diterminò seguitare e mandossiloro una altra pagala quale giuntasi rassegnarono dette genti inParmigianadove si trovò piú di millecinquecento fantioltre al numero disegnatoe' quali bisognò pagareed avutala paga si partirono per venirne a Pisa per la via di Pontriemoli;vennono di poi a Pietrasantae mandorono in Lucca a chiedere fussiconsegnata loroprotestando altrimenti di trattargli come inimici erubelli del re.


Soprala quale dimandabenché in Lucca fussi tumulto grandeparendo agli uomini savi e da bene per fuggire maggiore male diconcederlae la multitudine di negarlapure alla fine consegnoronoloro e la terra e la fortezza.


Vennonnedi poi all'intorno di Pisadove erano già giunti GiovanBatista Ridolfi e Luca di Antonio degli Albizzi elèttivicommessari generalie vi si accamporono del mese di giugnosendo laopinione d'ognuno confermata per la riputazione aveva e per legagliardissime parole avevano usateche l'avessino in pochi día inghiottire. La quale opinione fu assai ingannata dagli effettidiche fu principalmente cagione la disubbidienzia ed e' disordini loroaccompagnata nondimeno da qualche nostro difetto d'avere scarsamentee con poco ordine proveduto a munizioni e vettovaglie. Perchéconsumando e straziando naturalmente quella gente quantitàassai di vettovagliee non ve ne sendo in quegli primi giorni chevennono in sul terreno nostromolta abondanziacominciorono lefanterie a rubare quelle che venivano ed a disordinare el campo. Allequali cose non ponendo el debito rimedio el capitanobenchédesideroso di vincere la impresa ma per non essere atto a farsistimare ed ubbidire come si richiedeva benché sul principioche si ridussono a campo a Pisa si portassino piúmoderatamentein forma che feciono gagliarda fazione circa albattere el muro della terra con le artiglierie e dare una battagliafierapure per ogni poco di vettovaglia che mancava ritornando a'primi modi multiplicorono tanto e' disordiniche non solo rubavano emettevano a sacco le vettovaglie che venivano in campoma (etiam)cominciorono a fare ogni dí varie dimande disoneste e porrenuove tagliedelle quali non sendo contentigridavano eminacciavano el commessario nostroche vi era rimasto solo Lucadegli Albizziperché Giovan Batistadicendo essere malatosi era tornato a Firenze. E finalmente el dí che si dava lapaga a' svizzerie' guasconinon sendo venuto ancora el tempo dellapaga loro a otto o dieci giornigridando che la paga non s'aveva adare in uno medesimo campo a diversi tempisi levorono da campo epresono la via di Lucca; né maibenché fussino mandatia richiamarevollono tornare indrietoin forma che el campodiminuito di fanteriefu constretto a levarsi quasi come rottocongrandissima diminuzione della riputazione lorola quale eragrandissima per avere insino a quello dí ottenuta ogni impresache avevano fatta. E nel partireuna compagnia di svizzerivenutanuovamente in campo da per loro come venturiericome uomini bestialie sanza ragione prese Luca degli Albizzi nostro commessario chiedendouna pagain forma che fu constretto per uscire delle loro manipromettere loro milletrecento ducati per una paga; e' qualicome fulibero da lorogli mandò loro di quegli si trovava delcommune.


Uditaa Firenze questa partita lorosi fece giudicio nella multitudine chequesto fussi stato inganno fatto per ordine del rein modo che nellouniversale se ne sparlava sí bruttamentequanto fussipossibile; da altra parte el redolendosi assai di questo disordinee parendogli metterci di onore grossamentedesiderava fermare almenole genti di arme in sul nostro per fare a' pisani una guerraguerreabileinsino a tanto che noi fussimo a ordine di danari edaltre cose necessarie a potere rifare la impresa. La quale cosaessendogli negataparte per la impossibilità della cittàparte per el sospetto nato negli animi del popolosi cominciòa alterare forte con noidicendo che questi disordini erano nati pernon si essere provisto di vettovaglie e munizioni come si dovevaoperché cosí credessi per suggestione di quegli capitaniche erono stati nella impresao pure perchénon ostantesapessi el verovolessi salvare l'onore delle sue genti el piúpoteva.


Alterossiancora assai perché non avendo noicome è di costumede' svizzerivoluto pagare loro la paga del ritornoperchéci pareva che e' portamenti loro la avessino male meritata e perchégli uomini savi non potevano disporre el popolo a questi pagamenti e'quali non si potevano sanza porre nuovi danari farecominciorono agonfiare gli animi. Di che el re si sdegnò assaie rivocatele gentesi riserbò Pietrasanta e pochi mesi poi la rendéa' lucchesiavutone però buona somma di danari; e cosídisposti male gli animi tra el re e noila città rimase secodi mala condizioneed el timore fu causa non si rompessi secoapertamentema mala volontà e poca fede vi era quanto fussipossibile.


Poiche e' franzesi furono levati da campo da Pisa e partiti ultimamentede' terreni nostri e noi da altro canto spogliati di gente eriputazione e disordinati di danariperché el popolo straccodi tante spese e disperato di ogni buono successonon voleva vincerealcuna provisione di danarie' pisani cominciorono a scorrere elcontado di Pisaper la qual cosa chi era a guardia di Librafatta edel bastione della Venturabastione fortissimoavendo carestia divettovagliee cosí di qualche munizionene dettono piúvolte aviso a Firenze; ed erano e' mancamenti loro sí piccoliche con dugento o trecento ducati si potevano riparare. Ma lasignoriache ne era gonfaloniere di giustizia Piero Gualterottiuomo da poco nelle cose dello statoe de' signori tra gli altriFilippo BuondelmontiPiero AdimariPiero Panciatichi e Piero diNiccolò Ardinghellinon vi providonoe vollono piùtosto alcuni di loro rimborsarsi di certa somma di danari che avevonoprestati al communeche soccorrere quegli luoghi acquistati e fatticon grandissima spesa e perdita di tempo. In forma che andandovi e'pisani a campoquegli di drento mancando loro vettovaglie ed altrecose necessarie a difesasi arrenderonoed e' pisani avuta questavittoriasi riserborono Librafatta ed el bastione disfeciono erovinorono insino a' fondamenti. E cosí disordinandosi lostato nostro successe a tempo de' medesimi signori un altro maggioreinconveniente.


E'la città di Pistoia divisa antichissimamente in due parti:Panciatichi e Cancellierie' quali sendo famiglie nobilissimeavevono infetta e macchiato delle loro divisione tutta la cittàed el contado in modo che tra loro ed e' seguaci erano state piúvolte uccisione grandissime e cacciate ora dell'una parte oradell'altrain forma che questi odi ed acerbità erano doppo elcorso di molti anni e di molte offese diventati in loro sínaturaliche eziandio poi che perderono la loro libertà evennono sotto la iurisdizione fiorentinasi continuorono non ostantecheavendo perduto la amministrazione della cittàfussi inparte cessata la materia per la quale gli uomini sogliono contendere.Ed avendo nelle loro quistione a ricorrere a Firenzeavevano operatoin modo che tutti gli uomini della città che maneggiavano lostato eranocontinuandosi ancora ne' descendentibattezzati fautorichi di una partechi di una altra; e nondimeno con una moderazioneche e' si ingegnavano che queste quistioni procedessino piútosto con favoriche con arme ed uccisione.


Doppoel 94 vi era quella medesima rabbiae piú ne' sequaci edaderenti ancora che ne' capiperché l'una e l'altra famigliasendo per le antiche sedizione delle città di Italia fatti de'Grandinon potevano secondo le legge di Pistoia participare degliufici e preeminenzie loro ed inoltre e' Cancellierivenuti inpovertàerano in bassezza e di poco credito e qualità.


E'Panciatichi ancorabenché non fussino sí poverinondimeno non erano in quella ricchezza né in quello numero diuomini e potenzia che solevano essereil che era proceduto da questepartinelle quali l'una e l'altra casa aveva sempre portato adossotutti e' carichi e le spesee non participato di quegli pochi utiliche vi eranoe pel contrario e' partigiani trovatisi piú aparticipare la utilità che e' pesi; in modo che sendo lorocresciutierano in tanto seguito che sostenevano el pondo dellapartee vedutosi per gli altri che v'avevano fatto beneognuno peracquistare cresceva tutto dí queste quistione. E benchée' non fussino in piú odio fra loro che e' solessino essereinnanzi al 94nondimenoper essere la città nostra diminuitadi forze e di riputazione vi si cominciorono a esercitare piúvivamente; in forma che multiplicando d'uno inconveniente in unoaltrovi si era tenuti molti anni quasi fermamente commessari che siingegnassino di pacificargli e non gli lasciare disordinare. Ed inultimoavendo l'una parte e l'altra piú volte fattisiingiuria e venuti in uccisionela conclusione fu che a tempo diquesta signoriae' Cancellieri avendo avute fanterie del bolognesedonde sempre avevano tratto favoreper essere prima Rinuccio e poiChiaritopistolesi di quella partea' servigi di messer GiovanniBentivogliassaltorono con arme la parte panciaticae non vi sipotendo riparare pe' rettori e commessari vi eronogli cacciorono diPistoia ed arsono tutte le casa de' capi di quella parte.


Ebbenela signoria grandissimo caricoperché intendendo le cosedisordinarsi non vi feciono e' provedimenti bisognava e lascioronoscorrere e fare effetti di natura che furono per importarecome piúchiaramente si diràla ribellione di Pistoia; in modo cheuscirono di magistrato con grandissimo caricogridando moltipopolanottiche si voleva seguitare lo esemplo de' passati e nonfare de' signori di casa di famigliae questo per essere statogonfaloniere Piero Gualterotti. e de' signori Filippo BuondelmontiPiero Adimari e Piero Panciatichitutti di famiglia. E' Panciatichicacciati ne vennono miserabilmente a Firenzedove consultandosi lecose loroera gran disparere tra' cittadinie molto si riscaldavanoe' fautori dell'una parte e dell'altra. Gli amici de' Panciatichierono in minore numero ed anche andavano lentamente e ne erano quasicapi Piero SoderiniPiero GuicciardiniAlamanno ed Iacopo Salviatie' quali non si scoprivano molto e procedevano con rispetto; ma louniversale e la multitudine del popolo era volta in beneficio loromossicome è usanza de' popolidalla compassione.


Allegavasiper costoro molte ragione: el debito della città superioreche è di tenere e' sudditi in piú quiete sia possibileed in modo che e' possino usare e godere le cose loronéessere molestati quando si portano bene; e se pure erranoavergli apunire e' superiorinon permettere che e' sudditi sieno giudici ecastigatori l'uno dell'altro. Aggiugnevasi che e' Cancellieri nonsolo avevano errato in fare tanto eccessoma eziandio sprezzatotutti e' comandamenti e bandi de' nostri uficiali e commessari econtro a mille proibizione ed in sugli occhi loro avere per spazio dipiú dí continuato ardere le casa e guastare Pistoiaeperò essere necessario per sicurtà dello stato farnetale dimostrazioneche sia esemplo a tutti gli altri sudditi che e'non abbino ardire muoversi contro alla voluntà della cittàin ultimo essere da considerare bene che sendo stati e' delitti lorograndissimie conoscendo eglino quanto abbino offeso la cittànon si fiderebbono mai anzi alla prima occasione si ribellerebbonoela disubidienzia loro mostrava questo animoe però esserenecessario prevenire ed assicurarsene in modo col restituire e'Panciatichi alla patria ed alle facultàche piú nons'avessi da dubitarne.


Avevanoe' Cancellieri moltissimi fautori: una parte naturalmente; una partedi quegli erano stati inimici de' Medicie' quali odiavano e'Panciatichi perché Lorenzo e la casa de' Medici gli avevasempre favoriti; una parte di quegli erano stati inimici de' Vitelliperché una sorella di Paolo e di Vitellozzo era maritata a unofigliuolo di Niccolaio Bracioliniuno de' capi panciatichie perquesto rispetto e Vitelli avevano sempre dato favore a quella parte.Eranne capi messel Guidantonio VespucciBernardo Rucellai messerFrancesco GualterottiGiovan Batista RidolfiGuglielmo de' Pazzie' NerliLorenzo di PierfrancescoLuca d'Antonio degli AlbizziIacopo Pandolfinide' qualiGiovan Batista Ridolfi se ne portòsempre costumatissimamente messer Guido e Bernardo Rucellai se nescopersono in modo che n'ebbono grandissimo caricoe fu dal popoloimputato a loro in gran parte questo disordine.


Ingegnavansidi giustificare le cose fatte da' Cancellieri essere state perdifetto e colpa de' Panciatichie che loro avevano dato principio aquesto movimentoe però giustamente essere tornato loro incapo scusavano la disubbidienziala quale non si era usata con animodeliberatoné contro al pubblico e segni o iurisdizione dellacittà nostrama in sulla furia e contro a' loro inimici;mostravano che sendo e' Panciatichi stati favoriti da' Medici eVitelli nostri rubelli erano amici degli inimici nostrie peròessere da vezzeggiare e' Cancellieri acciò che non lasciassinogli inimici nostri alterarci lo stato di Pistoia. Conchiudevano chequando e' fussi l'utile della città procedere contro a'Cancellieriche si voleva considerare se si poteva fareesserePistoia nelle mani loronoi trovarci sanza armesanza forze sanzariputazione e sanza danari; e però essere pericolo chevedutol'animo nostronon prevenissimo e si ribellassino; consigliare loroche si cercassi colle ragioneco' conforti e modi buoni posarequeste quistionerapacificargli insieme e fare che d'accordo e'Cancellieri gli rimettessino in Pistoia.


Consumavasicon queste quistione el temponé si faceva risoluzione equelle si facevanoper essere la città debole e sanza timonenon si eseguivano; in forma che in ultimo e' Panciatichidisperatiavere a tornare col braccio della cittàsi attesono a fareforti nel contado dove avevano gran partee vi si fece assaidisordini ed uccisioni come di sotto si diràcon grandissimavergogna e vituperio della città. Ed allora si conobbe quantosarebbe stato utile non si lasciare vincere alla ira e ritenere lagente di Francia alle stanze perché e' pisani non arebbonopreso el bastione e Librafattaed e' pistolesiper paura di quelleforze e riputazionenon arebbono tanto disordinato.


Inquesto tempo sendo entrata la signoria nuova per settembre edottobreche ne fu gonfaloniere Niccolò Zatisi rifece elmagistrato de' dieci el quale era vacato piú di uno annoebenché molte signorie avessino tentato rifarglinondimeno nonsi era mai potuto ottenere pure oraconsiderato quanto importavaalla città che non vi fussi uno magistrato di uomini prudentie' quali vegghiassino continuamente le cose publiche e durassinoparecchi mesifu piú facile a condurvi lo universale. Maperché el nome de' dieci di balía era in tanto odio equella autorità sí amplissima dispiaceva tantoche elpopolo non vi arebbe mai acconsentitofu necessariopoi chealtrimenti non si potevacreare una provisione che e' si facessinoe' dieci ne' modi usati eccetto chedove prima si toglievano queglidelle piú faveora si traessino a sorte di quegli avessinovinto el partito per la metà delle fave ed una piúecolla autorità che davano le legge loro; eccetto che e' nonpotessino fare pacetriegua o legafare condotte di cavallinéfare commessari per piú tempo che di otto díle qualicose si intendessino riservate al consiglio degli ottanta.


Ecosí vinta questa provisione e limitata la balíasifeciono e' dieciche ne furono el gonfalonieremesser FrancescoGualterottiPiero SoderiniGiuliano SalviatiGiovacchino Guasconied altri.


Creossipoi la signoria sequenteche ne fu gonfaloniere Giovan BatistaBartoliniel quale ebbe piú favore che messer AntonioMalegonnelleuomo dottissimo e di grande riputazioneperchéallora la grazia di Giovan Batista era tale che avanzava di favetutti gli altri cittadini della cittàin modo chesendoandato Antonio del Vignauno de' diecicapitano o vero podestàdi Pistoiafu fatto in poco tempoe credo gli esercitassi a unotrattogonfaloniere di giustiziade' dieci ed uficiale di Monteche si feciono sanza carico di prestare al commune e per le piúfavein modo che si dette quello uficio non a' piú ricchimaa chi aveva piú credito e benivolenzia col popolo.


Atempo di questa signoriael Valentino ne venne a campo a Faenzadella quale era signore Astore Manfredipiccolo fanciullo e sotto laprotezione de' viniziani; ma perché el Valentino aveva nonsolo el braccio del papama ancora el favore del re di Franciae'vinizianipreponendo l'utile allo onestorinunziarono la protezionee non gli vollono dare aiutoin modo che sendo quella cittàabbandonata da ognunoValentino vi venne a campo. Ma sendo quegli didrento ostinatissimi a difendere el signore lorofeciono unagagliarda resistenziain forma che concorrendovi le neve ed e' tempiaspriche era nel cuore del vernofu el Valentino constrettolevarsene di campoavendo prima e con le artiglierie e con battaglietentato ogni cosa per averla.


Successea questa signoria gonfaloniere di giustizia per gennaio e febraioPiero di Simone Carnesecchiuomo bonarioma di poca esperienzia egiudicio nelle cose dello stato; a tempo del qualetrovandosi lacittà sanza danarisanza forze e soldatied el popolo inmodo strano ed ostinato a non prestare fede a' suoi cittadinichenon voleva fare provisione alcunasi trovava la città in grandisordine: da una banda el contado di Pisa in pericolo grande edesposto a essere tutto di corso da' pisanida altra le cose diPistoia in modo infiammate ed infistoliteche si dubitava che unaparte non si gittassi in collo al Valentinomassime quegli didrento. A' quali inconvenienti non potendo riparare la signoriachiamò con animo grande una pratica di circa quarantacittadini de' principalie ragunatigli insiemepropose loro in chetermini si trovassi la cittàe che loroper la affezioneportavano alla patriavolevano consiglio in che modo s'avessi aripararedisposti a seguitare tutto que[llo] fussi consigliato dallapratica. E fu la proposta loro di naturache si comprese che e'concorrebbono ancoraquando cosí paressi a quegli cittadinia levare via el consiglio grande.


Cominciossiadunche a consultare quello fussi da faree si trovorono le opinionivarie: a alcuni pareva che si mutassi lo stato del popolo e creassisiuna balia di cittadini che avessino autorità quanto tutto elpopolo di riformare e disporre delle cose della città; parevaa alcuni altri che e' non si toccassi el consiglioma si togliessinotutti e' cittadini che erano stati gonfalonieri di giustizia ocommessari generali o imbasciadori a papi re e duchie' qualidurassino a vita ed avessino quella autorità che aveva elconsiglio degli ottanta con qualche amplificazione piúcomesarebbe che di questo numero s'avessino a creare e' dieci di balíae simili cose; altri giudicavano che el fare tanta alterazionesarebbe con troppa difficultàscandolo e pericoloe peròpoi che e' non si poteva facilmente correggere tutti e' difetti cheaveva el presente governoche e' si correggessino quegli che eranopiú facili al condurgli e piú nocivi alla città;e che fra l'altre cosela tardità e difficultà delprovedere a' danari era quella che era cagione di molti danni edisordiniconciosiaché o non si vincevano le provisione deldanaroo se si vincevanosi vincevano sí tardi e doppo eltempo che giugnevano a cosa fatta; in modo che quello che daprincipio si sarebbe schifato con mille ducatinon si poteva poimedicare con centomila; e perché la esperienzia tutto dímostrava che queste provisione avevano piú fave nere che lametàma la difficultà era a condurle a dua terzi dellefaveperòche si facessi una provisione chedove primabisognava a vincersi nel consiglio una provisione di danari cheavessi e' dua terzi delle favebastassi per l'avenire ne avessi lametà ed una píú.


Ecosí sendo di opinione diversestettono in pratica piúdíe finalmente riscaldando e' dispareri e non siconcordandonon feciono risoluzione alcuna e cominciorono quando unoe quando uno altro a non volere piú ragunarvisi; e fra glialtri Piero Soderinisendo richiestonon vi volle mai intervenireper parere amatore del governo presente ed acquistarne labenivolenzla del popolo; e cosí si scoperse chebenchéa' primi cittadini dispiacessi questo modo di vivere e desiderassinosi mutassi e si emendassinondimeno era in loro sí grande lavarietà de' pareri e la disunione causata per diversi rispettie la poca fede ed intelligenzia avevono l'uno coll'altroche nellecose di racconciare lo stato non se ne sarebbe mai accozzati dodicidi uno parere medesimo. Cosa brutta che tra e' primi cittadini dellacittà e' quali avevano e' medesimi interessi nelle cose e diragione dovevano avere e' medesimi giudicifussiin quello che sipuò dire concerneva lo essere lorosí poca fedesípoca unione e sí poco animo.


Fudi poi creato gonfaloniere di giustizia per marzo ed aprile PieroSoderini e postagli allato una debole signoriain modo che ne erapadrone e disponevane a suo modo; e fu el disegno suo vòlto afarsi uomo populare e tenere termini in questo magistrato d'averne apiacere alla multitudine; e però dove prima e' sua antecessorisolevanoe cosí si era osservato continuamente doppo el 94ragunare pratiche de' primi cittadini co' quali si consultavano lecose importanti dello statolui chiamò pratiche rade voltema le conferiva e consultava co' collegie' quali quasi tutti equasi sempre erano uomini spicciolati e di poca qualità. Diqui nasceva dua effetti a suo proposito: l'unoche egli neacquistava grazia nel popolosendo tenuto amatore del consiglioeche e' non si intendessi co' cittadini che erano a sospetto allostato; l'altroche sendo e' sua compagni ed e' collegi uomini debolie di poco intendimentosi rapportavano in tutto al parere suoecosí lui era signore ed arbitro delle deliberazioni s'avevanoa fare. Seguitonne uno effetto pessimo per la cittàperchée collegiavezzisi a suo tempo a intendere tutti e' segreti dellacittà e deliberare tutte le cose importantivi vollono poi atempo e successori perseverare drentoed in modo dare giudicio ditutte le cose di momentoche questa usanza pessima introdotta da luifucome i sotto si diràne' casi di Arezzo quasi cagione dirovinare la città.





XXI- LE CONQUISTE DEL VALENTINO IN ROMAGNA LUCREZIA BORGIA. RIFORME INFIRENZE (1500-1501).


1501.Seguitò lo anno 1501sendo ancora gonfaloniere di giustiziaPiero Soderininel quale tempo el Valentinofatto giàdoppol'acquisto di Imola e Furlísignore di Rimino e di Peseroecon poca difficultàperché quegli signori PandolfoMalatestae Giovanni Sforzainteso lo sforzo suo e non avendoriparonon lo aspettorono ritornò a campo a Faenza; e benchée' faventini sostenessino da principio ostinatamente lo impeto suopure di poi a ultimo stracchi e non avendo speranza di soccorsogliarrenderono la cittàpattuita prima la salute e liberazionedi Astore loro signore. La qual cosa non osservòperchélo menò seco prigioneed usatolocome si disselibidinosamenteperché era fanciullo bellissimolo fece inultimo amazzaremostrando In uno tempo medesimo perfidialussuria ecrudeltà grande. E cosí el Valentino acquistata Faenzae fatto signore di tanti stati di Romagnavenne in riputazionegrandee massime perché aveva un buono esercito ed erasignore valente e molto liberale ed amato da' soldati ed aveva a'soldi sua Giampaolo BaglioniVitellozzo VitelliPaolo Orsini equasi tutta la milizia di Italia; in modo che la città nostranon si trovando con ordine di forze e di danarie con la piaga diPisa e di Pistoiae drento con poco ordine e governonéavendo intelligenzia e dependenzia alcuna da Franciacominciòa temerne assaimassime per essere a' soldi sua e' Vitelli e gliOrsini inimici della nostra città.


Espugnatache ebbe el Valentino Faenzane venne alla volta di Bologna per farepruova di mutare quello stato ed insignorirsene per la Chiesamavedendo che e' Bentivogli erano drento bene provisti e che la impresasarebbe lunga e difficilefatto certo accordo con loro e tocca buonasomma di danarisi partí. E non essendo ancora uscito delbolognesemesser Giovanni fece amazzare messer Agamennone figliuolodi messer Galeazzo Mariscotti con certi altri sua fratellidicendoavevano tenuta pratica di dare al Valentino Bolognao perchéin fatto fussi vero o pure perché sotto questo colore volessilevarsegli dinanziparendogli che messer Agamennone fussi uomo diingegno ed ambiziosoe che per nobilità e per molti contiavessi séguito e riputazione grande in Bologna. Partito elValentino di Bolognase ne venne nel mese di maggiosendogonfaloniere di giustizia Lorenzo di Lotto Salviatiin su' terreninostrie per la via di Valdimarina ne venne a Campiavendo lasciatoPiero de' Medici a Luiano in bolognese ed avendo con seco Vitellozzoe gli Orsini.


Dettequesta cosa alterazione assai nella cittàperché elpopolo fece giudicio che e' fussi venuto con ordine de' cittadiniprincipalie' quali con questo mezzo volessino mutare lo statoedaccrebbesi questo sospettoperché essendo entrato Valentinocolle gente in Valdimarina che è luogo strettofu opinionedel volgo che se si fussi mandate le gente si potevanosarebbe statorottoma che chi l'aveva fatto venirefussi stato operatore dellasalvazione sua. Per le quali cose inveleniti gli animie sparlandosipublicamente di moltimassime di Bernardo Rucellai di Lorenzo diPierfrancescodi Benedetto de' Nerlidi Alfonso Strozzi e similifu pericolo che la moltitudine non corressi col fuoco a casa e'cittadini piú nominati; ma seguitando poco poi l'accordo conValentinosi fermorono le coseperché come Valentino fugiunto e férmosi a Campifaccendo e' sua molti danni ne'luoghi circumvicinigli fu mandati piú oratorifra gli altriel vescovo de' PazziBenedetto de' NerliPiero Soderini ed AlamannoSalviatie' quali finalmente feciono accordo con luie cosíse ne stipulò el contratto: che e' si partissi de' terreninostri sanza fare piú danno o lesione alcuna; fussi condottoper nostro capitano generale per tre annicon certo numero d'uominidi arme e con condotta di ducati trentamila l'annolasciassisiCerbone cancelliere de' Vitellia instanzia di Vitellozzo. E cosíconvenutosi partí accompagnato da Piero SoderiniLuigidalla Stufa ed Alessandro Acciaiuolie' quali usassino seco l'uficiodi imbasciadori ed attendessino come commessari a fare provedere pe'luoghi donde aveva a passareacciò che e' non seguissidisordine; e benché si usassi tutte le diligenzienondimenoe' sua feciono molti danni pe' terreni nostri.


Questavenuta del Valentino potette essere causata da se proprio perchéstimassiveduti e' disordini della cittàaverne a migliorarecondizioneo disegnando la condotta o qualche altro acquisto; ma luidisse da poi molte volte cogli uomini nostri in sua giustificazioneche quando partí del bolognesela intenzione sua eraandarsene per Romagna e non toccare e' terreni nostrima che sendonerichiesto instantissimamente da Vitellozzo e gli Orsininon potetteloro negarlo; ma che poivedendosi in sul nostrovolle pigliarequello vantaggio potette avere. Da altro canto Vitellozzo e gliOrsiniparlando a Campi separatamente cogli imbasciadori nostri cheerano iti al duca Valentinomostrorono con parole e gesti efficaciche Vitellozzo non pretendeva avere ricevuta ingiuria alcuna dallacittàma da pochi cittadinide' quali quando si pigliassiqualche onesto modo che vi fussi drento lo onore suosanza lesioneperò di chi l'aveva offesoche e' vorrebbe essere buonofigliuolo e servidore della cittàe cosí gli Orsiniperché e' conoscevano molto bene quanto questa amiciziapotessi essere utile per l'una parte e per l'altra. Le quali offerteloro non furono accettateperché la brigata non se ne fidavae dubitavasi non l'avessino fatto per mettere qualche disunione escandolo.


Quelche si fussi la cagione di questa venutala fu di gran terrore a'cittadini savi per piú cagione: l'una per il sospetto cheprese el popolo a torto che e' cittadini vi tenessino manoel qualemultiplicò molto nella mente degli uomini e con tanta infamiade' primiche a casa Piero Soderini furono dipinti ceppi e forche;l'altraperché la città si trovava male condizionatacol reed in modo che non molti giorni innanzinon si gli faccendoe' pagamenti che s'avevano a fare per virtú de' capitoli fattia Milano secondo e' debiti tempi aveva molto svillaneggiato di parolePierfrancesco Tosinghi nostro imbasciadoreinsino a dirgli che nonvoleva che egli stessi in corte perché non vi volevaimbasciadori degli inimici suoi; e però dubitorono e' piúsavi che questa mossa di Valentino non avessi origine da luiche civolessi battere con questo bastone. E per levarsi da dosso tantoaffannoacconsentirono a una condotta violentae che non si potevaosservare per la somma del danaroe perché la cittànon si sarebbe potuta fidare di lui; e cosí feciono provisionedi danari al rein modo che lui addolcito comandò alValentino che non ci molestassi. Partitosi el Valentinone venne inquello di Siena e con ordine di Pandolfo Petrucci suo intrinsecoamicovoltò le gente a Piombinone cacciò el signoree si insegnorí di quello luogo con gran dispiacere della cittàche si doleva che ne' luoghi vicini multiplicassino tanto le forzesue.


Sopravennequasi nel medesimo tempo a Italia nuovo accidenteperché elre di Franciadesideroso recuperare el reame di Napoli e veduto elre Federico tenere pratiche grande con Ferrando re di Spagnaper nonavere a combattere a un tratto con lui e con Spagnaavevasegretamente fatto accordo con Spagna di dividere insieme quelloregno per metà; e di poi mandò le gente sue nel reamele quali passorono pe' terreni nostri poco di poi che el ducaValentino si era partito. Da altra parte el re di Spagnasendoancora segreto questo accordo fatto con Franciamandò inCalavria una armata grossa con buono esercitofattone capitanoConsalvi Ferrando uomo valentissimodimostrando al re Federico farloper suo aiuto; ma come e' franzesi entrorono nel reamesi scopersein loro favore.


Elre Federigovedutosi tanta piena adossoaveva fatto disegno ditenere Capova e messovi drento gran numero di fanterie ed ancoracavalli assai ed el conte Rinuccio da Marciano condotto pochi mesiinnanzi a' soldi sua; ma e' fu tanto l'impeto e la gagliardia de'franzesiche alla prima battagliae credo el primo dí poiche ebbono piantato le artiglieriela espugnorono e vi fecionodrento grandissima uccisione e crudeltàe di soldatifra'quali fu morto el conte Rinuccioe di terrazzaniché in suquella furia non perdonorono a sesso né a età alcuna.La quale cosa intesa che ebbe el re Federigoabbandonato Napolisifuggí in Ischiae pochi dí poi capitolò co'capitani del re dare loro Ischia e le fortezze del reame che erano inmano suae lui andarsene in Franciadove avessi a essergliassegnato dal re uno stato di entrata di trentamila scudi l'anno; ecosí fatto questo accordosi fece secondo e' patti ladivisione tra Francia e Spagnanella quale a Spagna toccòCalavria e credo lo Abruzzia Francia toccò NapoliCapuaCaetal'Aquila ed el resto del reame.


Nelmedesimo anno e del mese di settembre o di ottobrepapa Alessandromaritò madonna Lucrezia sua figliuola bastarda a don Alfonsoprimogenito di Ercole duca di Ferrara; el quale parentado fu per laparte del duca disonorevoleper essere lei bastarda e di casaprivataed inoltre avere avuti dua mariti; uno el signore Giovannidi Peserodal quale fu menatama di poi el papafatto provare chegli era impotentelo disfecel'altro un bastardo di casa di Ragonael quale fu di notte morto in Roma dal duca Valentino; e di poiperché era ferma opinione che el papa suo padre e Valentinosuo fratello avessino avuto a fare con lei. E cosí pelcontrario essere la casa da Esti nobilissima ed usa a parentadigrandiperché la donna del duca Ercole ' era stata figliuoladel re Ferrandoe la prima donna di don Alfonsoche era morta sanzafigliuoliera stata figliuola del duca Galeazzo; e nondimeno futanta la instanzia che ne fece el re di Francia per satisfare alpapatanta la dotesí grande la sicurtà se ne cavòperché al duca gli parve con questo parentado fermare lo statosuoche e' si stimò piú l'utile che l'onore; e cosíle cose del papa procedevano con grandissimo favore di fortune.


Ne'medesimi tempi si trattava accordo tra el re di Francia da una partee Massimiano e Filippo arciduca di Borgogna da altra partela qualcosa desiderandosi assai da Franciavenne el cardinale di Roanocheassolutamente governava el re a Milanoe di quivi ne andònella Magna a aboccarsi collo imperadore. Dovedoppo trattato diqualche dísi conchiuse con molti patti segreti chepretendevano a acconciare a modo loro le cose di Italialega edintelligenzia tra quegli principie publicamente si maritò auno piccolo figlioletto dello arciduca una piccola fanciullinafigliuola del re di Franciapromettendogli per dote lo stato diMilano; le quali convenzionecome di sotto si dirànonebbono effetto alcuno.


Fattache ebbe monsignore di Roano questa conclusionene venne a Milanodove gli fu mandato imbasciadori dalla città messer AntonioMalegonnelle e Benedetto de' Nerli. La cagione fu perché el repretendeva che non avendo noi fattigli certi pagamenti a' debititempi ed inoltre non gli avendo pagati per la impresa del reameducati cinquantamila in luogo de' fantisecondo la forma de'capitoli fatti a Milanoessere rotti quegli capitolie lui nonessere piú obligato a alcuna nostra protezione. E se bene lacittà si potessi assai giustificaree massime perché acinquantamila ducati non era obligate se non doppo la recuperazionedi Pisa e le altre cose nostrenondimeno essendo lui piúpotenteed avendo nelle nostre differenzie a essere giudice e partenon accettava alcuna nostra giustificazionemostrando apertamenteessere male disposto contro a noie però la paura s'aveva dilui ed el desiderio che e' non avessi a malignareera una dellecagioni che inclinava e' cittadini a volersi accordare seco. Ma lapotissima era che noi ci trovavamo sanza soldati e sanza forze esanza dependenzia di potentato alcuno che ci potessi difendereed (econverso si )vedeva essere in sull'arme e potentissimo el ducaValentino signore di Romagna e di Piombinoambizioso ed inimiconostro e che aveva occasione di nuocerci per non avere noiosservatagli quella condotta che si era fatta per necessitàecon lui in condotte ed intelligenzia stretta e' Vitelligli OrsiniGiampaolo Baglionilo stato di Siena e tutta quella fazione.Aggiugnevasi lo essere fuora e' Medici e' quali intendendo la maledisposizione del papa e del re ed e' disordini nostritenevanostrette pratiche con l'uno e con l'altropromettendo somme grandi didanari se fussino restituiti in casaed a questi effetti si trovavaGiuliano in Francia.


Lequali cose conosciute molto innanzi da savi cittadinierano statecagione che loro avevano un pezzo innanzi desiderato che si facessidi nuovo qualche appuntamento col re; ma la multitudine che erastracca dello spendere ed inoltre male disposta e contenta del renon conoscendo da se medesima e' pericoli e non prestando fede aaltrinon ne aveva mai voluto udire nulla; pure ora allargandosi emultiplicando tutto dí e' pericoli nostriconscendeva piúfacilmente. E perché si sapeva quanto monsignore di Roanopoteva nel ree cheacconcio luiera acconcio ogni cosaperòvi fu mandati a trattare seco a Milano e' sopradetti imbasciadorie'quali non feciono conclusioneperché Roano con varie cagionidifferí tantoche ebbe a tornare in Franciadove loseguitoronooratori nuovi per la cittàmonsignore de'Soderini e Luca d'Antonio degli Albizzie' quali ebbono un maneggiomolto difficile per la ingordigia che era in Francia e lecontradizione che avavamo di Italia. In modo che dove si credettefacessino in prima giunta apuntamentofurono da Lione rimessi aBlesa Bles dondolati con varie scusetanto che vi consumorono invano circa a otto mesi sanza avere mai una buona parolaanziributtati sempre con modi villani dal redal Roano e da tutta lacortee fatto in presenzia loro carezze e date lunghe audienze aGiuliano de' Mediciel quale prometteva loro danari assaied avevaper la via di Roma facultà di dare loro sicurtà dibanchi. In forma che si ritrasse che la pratica nostra si mandava (deindustria )a lungo e che la intenzione del re non era capitolare connoianzi lasciarci correre adosso qualche pienaa fine che o noistretti dalla necessità ci gli cacciassimo sotto con qualchesuo grande vantaggioo veramente che fussimo forzati rimettere e'Medici in casasperando in ogni tempo potersi piú valere diloro che del presente stato; il che si vergognava fare colle arme eforze suenon avendo nessuna giusta causa rispetto a portamentinostri e la fede osservata colla casa sua.


Stavanela città molto sospesa ed in ambiguità grande e sanzasperanza di alcuno buono effettoma successe cheraffreddando loaccordo di Massimiano col relui mandò in Italia alcuniimbasciadorifra' quali fu Ermes fratello del duca Giovan Galeazzo.Fermoronsi costoro in Firenze piú dí e quivi fecionouna capitolazione colla cittàche in caso che Massimianopassassi in Italia per la corona dello imperiola città peldebito aveva collo imperiofussi tenuta a sovvenirlo di trentamiladucati in certi tempi. Prese el re per questa stanza degliimbasciadori e poi per la capitolazione qualche sospettoche se e'ci stranava troppo noi non ci alienassimo in tutto da lui egittassimoci in collo a Masimianocol qualecome è detto disopracominciava a ingrossare; in forma che o per questa o per altrecagionefece fuora di ogni opinione lo apuntamento con noi. Loeffetto del quale fu che noi fussimo obligati per tre anni dargliogni anno ducati quarantamila; e lui per questo tempo si obligòalla protezione nostra contro a qualunque ci offendessie di mandarea' bisogniquando lo richiedessimoper difesa nostra quattrocentolancie. E benché questa somma di danari fussi grave alla cittàche era stracca per tante spesenondimeno fu riputata buona nuovaparendo che rispetto alla riputazione e potenzia del rené elValentinoné e' Vitelliné alcuno potentato di Italiaci dovessi molestare.


Fattoquesto appuntamentoed essendo cessato el sospetto di guerreesternee non si pensando ancora alle cose di Pisa per la stagionedello anno che non era ancora da fare impresesi volse el pensiero adue cose importanti della città: l'unaperché elcomune aveva in queste guerre accattato moltissimi danari da' suoicittadinie però si trovava in molto debito e disagio perchése n'aveva a pagare loro gli interessipigliare qualche modo che inuno spazio di tempo si scaricassi questo debitoin forma che vifussi drento la salvezza de' cittadini con piú commoditàdel commune che fussi possibilel'altra perché e' podestàe capitani che venivano a rendere ragione nella cittàmenavano seco uomini imperiti ed ignorantie' quali o tenevano lelite immortale o le decidevano non in quel modo sarebbe stato giustopigliare forma che e' ci venissi a giudicare uomini valenti e buoniacciò che la giustiziache è uno de' membri principalidella cittàsi amministrassi rettamente.


Edalla prima partedoppo lunghe consultesi prese uno disegno secondoel quale el comune veniva a scaricarsi in sei anni di tutto el debitode' danari prestatima per le avversità e spese cheseguitorono nella città non si poté osservare;all'altra si ordinò che si eleggessi uno consiglio digiustizia che dovessi cominciare a novembre prossimo 1502al qualesi deputassino cinque dottori forestieriuomini valentieletti da'signori e collegicon salario di ducati cinquecento per unoe'quali dovessino stare tre annied avessino tutti insieme a giudicarele cause civili; e dalle sentenzie loro non si potessi appellare senon a loro medesimi. E perché gli uomini da bene piúfacilmente ci venissino sendo aggiunto l'onore allo utilesi ordinòche sempre uno di loro fussi podestàdurando ciascuno nellapodesteria per sei mesi; il che benché fussi fatto conragionenondimeno ha disonorato lo ufficio della podesteriaperchéquesti dottori sono stati eletti uomini di qualità che moltiuomini nobili che solevano appetire questo uficio per onorarseneoranon lo desiderano. E questo modo di giudicare che si chiamòconsiglio di giustizia o vero Ruota dura ancora che siàno a dí23 di febraio 1508benché si sia fatta qualche variazionenello ordine del procederenel numero de' giudici e del salario enondimeno non ha fatto el frutto che si sperava e che dovevaperchéla malignità e la ignoranzia nostra è stata talechee' sono stati eletti quasi sempre uomini non idoneie di poi entratiin uficio sono stati guastiin modo che sono riusciti cattivie noidapocamente e cattivamente gli abbiamo soportati.





XXII- RIVOLTA DI VALDICHIANA E D'AREZZO - RICONQUISTA DI PISTOIA (1502).


1502.Successe lo anno 1502anno di grandissimi movimenti e variazione perla città nostra; nel principio del quale parendo a' cittadinidi essere per lo apuntamento fatto col resicuri da potere esseremolestativolsono gli animi alle cose di Pisaalle qualipoi chee' franzesi vi furono a camposi era atteso poco; e consultandosiquello fussi da faresi conchiuse che e non fussi di andarvi a campoperché la spesa sarebbe grandee sí grande che lacittà esausta e piena di molti carichi la potrebbe malecomportare; di poi la impresa sarebbe difficileperché noinon avevamo a soldo uomini di qualitàné ci era inItalia chi condurre se non e' Vitelli e gli Orsini riputati inimicinostried el marchese di Mantova che non si poteva tôrreperché se ne sarebbe dispiaciuto al re di Francia suo inimicoeraci poche altre arme di qualitàe quelle erano obligate a'viniziani ed al re di Spagnacome el conte di PitiglianosignoreBartolommeo d'Alviano ed e' Colonnesi; e però non si potevafare uno esercito potente da andare a campo a Pisae quando sipotessi fareche e' pisani erano sí ostinati e valenti nellearmee la città loro sí munita e piena di artiglieriee cose necessarie al difendersiche non se ne poteva sperarefacilmente vittoriae massime che arebbono qualche rinfrescamento difanti o dal Valentino o da' viniziani o da' nostri viciniil che erafacile a fare a ogni potentato benché piccoloperchéera spesa che aveva a durare pochi dí.


Questeragione cosí saviamente considerate e confermate collaesperienzia di molti anni che aveva dimostro quale frutto si fussifatto delle provisioni gagliardefeciono volgere gli animi de'cittadini a pensare che e' sarebbe bene dare loro el guasto al granoe di poi recuperare Librafatta e tenere cavalli quivi e negli altriluoghi oportuni del contado per proibire che in Pisa non entrassivettovaglia per terra. E di poi fatto questosi potrebbe col soldarequalche legno tenere chiusa la via di maree cosítemporeggiando ingegnarsi di consumargli in uno anno o in due collafameal quale male non potrebbe resistere né la fortezza diPisané la valentia degli uomini che vi erano drento; e glialtri potentati di Italia non vi potrebbono cosí di facileriparareperché sarebbe cosa di grande spesa e disagio averecontinuamente a mettere drento in Pisa e tenerla provista divettovaglie; ed (e contrario )noi potremo fare queste cose con pocaspesa; allegando che se cosí si fussi fatto dal 94 in qua enon atteso alle espedizione grosse( )noi ci troverremo in piúdanari assaied e' Pisani sarebbono tanto stati consumati edattenuatiche Pisa sarebbe qualche anni innanzi stata nostra.


Fattaquesta conclusioneperché non vegghiava uficio di dieciperché el popolo invelenito nella venuta di Valentino controa' primi cittadininon aveva voluti poi crearela signoria commessea parecchi cittadini che attendessino a questa espedizionee mentreche con gran caldezza si attendeva a questo ordine e' pisani controalla espettazione di ognuno presono furtivamente Vicopisanopertristizia di alcuni fanti che vi erano drentoo per dapocaggine ocattività di Puccio Pucci che vi era castellanoel qualen'ebbe bando di rubello. Ma riscaldandosi per questa perdita piúgli animi degli uominifu subito aviato giú messer ErcoleBentivogli governatore delle nostre genteed eletto per commessariogenerale Antonio Giacomini( )el quale per essere stato giàsoldato del signore Ruberto da Sanseverino ed essere uomo vivo ed insull'arme aveva gran riputazione nel popolo di essere valente uomonella guerraed inoltre fedeperché era tenuto amatore delpopolo e di questo consiglioe che sanza alcuno rispetto siopporrebbe a' cittadini grandi.


E'pisaniintesi gli apparati nostriavendo richiesto di aiuto edofferto la città a' vinizianial Valentino ed a tutti e'potentati di Italiae non trovato sussidio di gente d'arme e dastare alla campagnaavutocredoqualche danaio da' lucchesicondussono el Fracasso che si stava a Sacchetto in quello di Mantovasanza danari ed aviamento. El quale messosi presto in ordinenevenne con pochi cavalli alla volta di Pisae passando sotto Bargafu assaltato da quegli uomini che avevano avuto da Firenze notiziadella sua venutae per essere in luoghi stretti dove non si potevaadoperare cavallie con minore numero assai di gentenon si potétroppo difendereanzi volto in fuga fu seguitato da quegli uominiin modo che sendo già uscito del nostrofu preso da' nostriin su' terreni del duca di Ferrara e ne venne preso a Firenze; dovecome e' fu la nuovae' collegiin mano di chi era allora larepublicagridavano che si gli dovessi tagliare el capo; cosa sanzaragioneche uno soldato che andava a servire chi gli dava danariavessi a essere punito nella persona.


Dettonoin questo mezzo le gente nostre el guastonon però per tuttoperché non si poterono accostare in Barbericina ed in certiluoghi sotto Pisae di poi ne vennono a campo a Vicopisanodovesendo accampatisuccesse uno accidente grandissimo che fece voltaregli uomini a altri pensieri di maggiore importanzadel quale acciòche meglio si intenda la alterazione descriverò in che terminisi trovassi la città.


L'avereapuntato con Francia( )e di qui el parere di essere assicurato delValentinoVitelliOrsini e degli altri inimici nostrie di poi unasperanza se non molto propinquaalmeno non molto rimotadelle cosedi Pisaaveva assai rallegrati e confortati e' cittadiniin modoche e' Monti erano cresciuti di pregio; ed appressandosi di poi nelmese di giugno la festa di san Giovannisi era fattefaceva edordinava feste assaiin modo che e' parevano ritornati quegli tempilieti che erano innanzi al 94; quando dallo oratore nostro diFranciache vi era Luca degli Albizziperché monsignore diVolterra era in viaggio che ritornava in Italiavennono avisi diavere ritratto che non ostante la protezione del re l'animo degliinimici nostri era di manomettercie se volessino intendere laminutavedessino di porre le mani adosso a uno ser Pepo cancellieredi Pandolfo Petrucciel quale di Francia dove aveva cerca licenziadal re e non ottenuta di farci questo assaltosi ritornava a Sienaed a chi era noto ogni cosa.


Avutoquesto avisofu subito mandato commessario a Arezzo ed in quellecircumstanziedove si dubitava rispetto alla vicinità de'VitelliGuglielmo de' Pazziuomo leggiere e di poco governo e cosítenuto universalmente nella città: ma perché lui comeera eletto accettava ed era presto al cavalcareed e' cittadiniprudenti e di riputazione fuggivano pe' disordini della cittàqueste curefu deputato luie piú facilmenteperchémesser Cosimo suo figliuolo era vescovo di Arezzo. E poco poidatobuono ordinefu preso ser Pepo a Firenzuolae condotto a Firenze fuesaminato a parolee non si ritraendo nulla non si procedépiú oltreperché Pandolfointesa la nuovaavevavelocissimamente scritto a Firenze che ciò che fussi fatto dioffesa a ser Pepolui lo rimetterebbee moltiplicatamentenellapersona di molti cittadini che si trovavano al Bagno a San Filippo inquello di Sienae che subito erano stati sostenuti da lui. Per laqual cosaavendosi rispetto a quegli privatiser Pepo fu licenziatoe lasciatone andare a Sienanon si sendo intesi e' maligni umori cheerano in Arezzoe' quali di subito scoppiorono.


Avevanoalcuni de' primi aretini tenuto pratica con Vitellozzo di ribellarsidalla cittàla quale cosatrovandosi Guglielmo a Anghiarigli fu particolarmente notificata da uno Aurelio da Castello inimicodi Vitellozzodi che luiritornato in Arezzo per provedere edempiere la cittadella di fanti per assicurarsi della terraneconferí col capitanoe sepponla sí bene governarecheinnanzi fussino forti si publicò. Gli aretinivedendosiscopertipresono le armee preso Guglielmo ed Alessandro Galileiche vi era capitano e Piero Marignolli podestàgridorono«libertà» e si ribellorono.


Uditoel romoreel vescovo che era in Arezzo fuggí nellacittadellae cosí alcuni uficiali fiorentini che vi eranoeBernardino Tondinelli ed alcuni altri aretini affezionati alla città.Dèttonne e' ribelli subito aviso a Vitellazzoel qualedolendosi che la cosa era scoperta troppo presto ed innanzi al dídisegnatoin modo che lui non era in ordinene venne con pochicavalli in Arezzodove per parecchi dí furono sí pochiprovedimenti e poche forzeche è manifesto che se vi simandavano le gente nostrenon avevano opposizione a entrare incittadella e di quivi facilissimamente recuperare la terra; ma non sifeceperché cosí fussi a qualche buono fineordinazione di Dioo perché la fortune volessi ancora giuocode' fatti nostrie farci con nostro danno tenere pazzi e da pochi.


Vennela nuova di questa ribellione in Firenze a di... di giugno amezzanotte; e di tratto la signoriache ne era gonfaloniereFrancesco d'Antonio di Taddeomandò pe' collegi e pe'principali cittadini della città; e proposto el caso edimandati e' parerialla pratica pareva che importando Arezzo quantofacevanon s'avessi rispetto alle cose di Pisané allavittoria si sperava di dí in di dí Vicopisano doveerano a campo le gente nostrema si mandassino subito a Arezzoinnanzi che la cittadella si perdessi o e' nimici vi ingrossassinopiú.


E'collegicome fanno gli uomini da pochi ed ignorantiinsospettiticominciorono a credere che questa nuova di Arezzo non fussi veraanzi cosa finta da' primi cittadinie' quali volessino per questomodo indiretto impedire lo acquisto di Vicopisanoe la fondavano insul credere che per avere occasione di mutare el governodesiderassino che la città stessi in affanni continui e Pisanon si riavessi. E però consigliorono che le gente non silevassino di quello di Pisa anzi si seguitassi la impresa di Vico el'altre fazione vi s'avevano a fare; ed in questa opinioneconcorrevano ancora alcuni de' signorie massime Giovan Batista de'Nobili ed uno Batistino Puccini arteficeuomo arditocaparbioeche aveva piú lingua che personaed inimico capitale de'cittadini principali. E fu necessario seguitare el loro parereperchéda poi che Piero Soderini era stato gonfaloniereavevanoavezzi da luipresa tanta licenzia ed autoritàchevolevano intendere tutte le cose publichee che le si deliberassinoa modo loro e cosí si perdè la occasione di ricuperareArezzo facilmente e con poca spesaper cagionecome è dettode' collegie si vedde non per ognunoma pe' piú saviquanto fussi stato lo errore di Piero Soderini in avere per ambizionemesso adosso a loro tutto el pondo della città.


Sopravennonodi poi gli avisi come Vitellozzo era in Arezzo e che la ribellioneera chiaraa' quali non prestavano fede e' collegi ed el popoloaccecati in questa pazzia; pure risonando da ogni banda questoromoremandorono Simone Banchiche era di collegioin versoArezzoa intendere se Vitellozzo vi era o vi era stato. El qualetornato riferí assolutamente essere falsoe chese bene gliaretini avevono prese le arme e ribellatisinon vi era entratoforestiere alcuno; e però e' collegi si confermavano inopinione che e' non fussi necessario per la ricuperazione di Arezzolevare la gente di quello di Pisama che e' bastassino e' contadinied uomini del paesea' quali si era ne' primi dí mandaticommessari per levargli e mettergli insieme.


Nonfacevano cosí gli inimici nostrianzi sollecitavano con ogniindustria di non perdere una tanta occasioneperchéVitellozzocome fu giunto in Arezzoparendogli che le cose fussinoin termini che se le genti nostre che erano in quello di Pisa vivenivanonon vi fussi rimediostatovi poche ore e confortati gliuomini con speranza di soccorso e lasciatovi messer Iulio suofratello bastardo e vescovo di Castellose ne partí o perpaura o per sollecitare e' provvedimenti; e pochi dí poiinteso non vi essere venuto soccorso alcunovi ritornò conbuono numero di cavallie doppo lui non moltoel signor PaoloOrsini e Fabio suo figliuoloe con loro Piero de' Medici ed alcuniuomini di arme di Giampaolo Baglioni. Le quali cose intese a Firenzesi conobbe chiaramente che la ribellione di Arezzo era vera e chebisognava provedervi con ogni forza e però si scrisse alcommessario in quello di Pisache subito aviassi le gente nostre inverso Arezzoe cosí si levò el campo da Vicopisanodove se fussino stati piú uno dí o dua lo ottenevano.


Trattossiancora creare e' dieci nuovie benché e' collegi repugnassinoun pocopure finalmenteconosciuto in quanto pericolo fussi lostato nostro si conchiusee furono eletti da cominciare subito elmagistratoPiero SoderiniPiero GuicciardiniNiccolò ZatiGiuliano SalviatiFilippo CarducciAntonio GiacominiPierfrancescoTosinghi...


.. . . . . . .


Erasiscritto in Francia a Luca d'Antonio degli Albizzi che vi era solooratoreel caso di Arezzoe come sendovi venuti prima e' Vitelli epoi gli Orsinie qualche gente di Giampaolosoldati del ducaValentinosi cognosceva questo essere ordine del papa e ducaValentino; aggiuntavi una intelligenzia di VitelliOrsiniBaglionie di Pandolfo Petruccinon meno inimici della maestà sua chedella città; e che e' non arebbono fatto questa impresa perfermarsi in noi soli sapendo che offendendo noi si offendeva lamaestà del re che ci aveva in protezione; ma che el disegnoloro erafatto questo principio ed accresciutene le forze lorocavare la maestà sua di Italia; pregassilo aduncheinstantemente volessie per osservanzia della fede sua e perchési trattava dello interesse suo propriocommettere a monsignore diCiamontesuo luogotenente a Milanoche ci mandassi secondol'apuntamento fatto le quattrocento lanciee quando` non bastassinopiú numero perché nella offesa nostra era la offesasua.


Trovoronoquesti avisi el re che veniva alla volta di Lionee risentitosimirabilmentedisse che cognosceva la malignità di chi cioffendevae che potento caccierebbono ancora lui di Italia; e chevoleva riparare a' nostri pericoli non solo colle quattrocento lanciema ancora con tutto lo sforzo e potenzia suae venire subitopersonalmente in Italia. E scrisse a Ciamonte espedissi con ogniprestezza le gente di arme che erano nello stato di Milano alla voltadi Toscanae perché le non passavano la somma di dugentolanciedette ordine mandare nuove gente in Lombardia; scrisse allooratore suo che era a Romache con ogni instanzia dimostrassi alpapa quanto questo insulto gli dispiacevae lo confortassi a volerelevare le gente de' terreni nostrialtrimenti lo tratterebbe dainimico; mandò un suo araldo in Toscana con lettere aVitellozzoa Pandolfoa Giampaoloagli Orsinia comandare loroche ci restituissino le cose nostre ed uscissino del nostro: se nonche gli perseguiterebbe come inimici capitalidisse allo oratoreavisassi a Firenze la sua ottima disposizione e gli apparati prontie soggiugnessi guardassino bene el guscio della città propriaperchéquando bene perdessino tutto el resto del dominioluilo renderebbe loro.


Inquesto mezzo si soldò a Firenze molti condottieride' qualinessuno accettòeccetto Morgante Baglioni cugino diGiampaolo; ma sendogli proibito dal papa e Valentinodifferípiú dípure finalmente per osservare la fedecomeuomo francosi metteva in ordine e voleva venire in ogni modo; maGiampaoloveduto che e' si faceva innanzi e dubitando che per questacondotta non acquistassi lo appoggio nostrolo fece occultamenteavvelenare. Erano intanto le gente nostre venute in Valdarnoeperché gli inimici erano sí ingrossati in Arezzo cheavevano molto vantaggio di numero e di buoni capinon vollono perpaura andare piú innanzi; in modo che quegli della cittadelladi Arezzoche avevano insino allora fatta buona resistenzia eportatisi virilmente con somma laude del vescovo de' Pazzi che vi eradrento abandonati da speranza di soccorso e non avendo piú chemangiarefurono constretti a arrendersisalve le persone di tuttieccetto che di novee' quali avessino a rimanere prigioni diVitellozzo a sua elezione. Scelse adunche el vescovo e tutti e'fiorentini vi eranoe Bernardino Tondinelli a chi voleva maleperché era stato cancelliere del conte Renuccio loro emoloelquale fu pochi dí poi morto da Bernardino Camarani suo generocrudelissimamenteinsieme con tutti e' sua figliuoli che sitrovavano in Arezzo.


Erain questo mezzo ito a Siena con licenzia della signoriachiamato daPandolfo Petrucciser Antonio Guidotti da Colleuomo pratico nellecose dello statoed assai intrinseco con Pandolfo per essersitrovato a tutti e' maneggi che si erano fatti nelle cose di Siena; eritornato a Firenzeriferí come Pandolfoconoscendo che e'successi del Valentino ed ogni acquisto che egli facessi in Toscanasarebbe in fine la ruina sua come degli altridesiderava posarequesto fuoco e riconciliare Vitellozzo colla città e fare unaintelligenzia di tutti questi stati di Toscana. Inteso questovi fumandato subito occultamente oratore messer Francesco Gualterottidatogli commessione di praticare uno accordonel quale avessi aintervenire eziandio Vitellozzo con una condotta e titolo onestopure che lo effetto fussi che e' non parlassi de' Medicinon siparlassi per satisfare a Vitellozzo di offesa di alcuno cittadinonon di cosa che fussi contro alla maestà del re di Franciaeche si riavessino tutte le cose perdute in questo assalto.


Stettemessere Francesco in una villa intorno a Siena parecchi dí efinalmente se ne tornò sanza conclusioneo perché cosífussi da principio el disegno per addormentarci ne' provedimentiopure perché e' successi di Vitellozzodi che ora si diràgli facessino mutare pensiero. Perché come Vitellozzo ebbeavuto la cittadellasi volse a Cortona e subito l'ebbe per accordoe cosí la roccaper viltà del castellano; cosíacquistò in uno momento el Borgo a San SepolcroAnghiariCastiglione Aretinola Pieve a San Stefanoel Monte a San Sovino eciò che noi tenavamo in questa provincia. La quale celeritànacque perché gli uomini delle terreveduto non averesoccorso alcunosi davano per non perdere le loro ricoltemossiancora piú facilmente perché gli pigliavano in nome diPiero e del cardinale de' Medicie cosí pareva loro che esitrattassi non di ribellarsi ed alienarsi dal dominio fiorentinomadi darsi a' nostri medesimi e di avere a vivere sotto e' fiorentinima governati piú tosto da uno stato che da uno altrobenchéancora vi fussi alcuni che lo facessino per affezione avessino aVitellozzo. E cosí e' castellani che erano nelle fortezzealcuni per viltàalcuni per amare Piero de' Medicisidettononon ostante che le fortezze fussino di sito fortissimeedato che male proviste pe' disordini dalla cittàsi sarebbonopure potute tenere qualche tempo.


Ecosí ogni cosa era da Arezzo in fuora che usava el nome dellalibertàsotto Piero de' Medici in nomema in fatto nellemani di Vitellozzoche le teneva o a stanza di Piero de' Medici oper farne la voluntà di Valentinoo come piú tosto sistimò per farne uno stato per sé. E benchéquesto acquisto fussi grandissimo e prestonondimeno fu moltomaggiore la occasione se ne perdé; perché messer ErcoleBentivogli ed e' soldati nostri erano in modo impauritie nellacittà era tanta viltà per questa ferita sísúbitaaggiunto massime che non vi era danarinon ordinenon buono governonon forzenon concordianon fedeche sesubitopreso Arezzofussino col nome e favore de' Medici venuti alla voltadella cittàegli è certo che e' soldati nostri non gliarebbono aspettatie si crede che in Firenze si sarebbe fattaqualche mutazione e rientrato Piero de' Medici; e cosí loroarebbono potuto disporre non solo di Valdichianama di tutto eldominio nostro a loro modo. Ma quello Dio che ci ha piú volteaiutato nelle estremitànon volle lasciare perire la cittàe però Vitellozzoo diffidandosi che la impresa di Firenzeavessi sí presto a riuscireo vinto dalla cupidità diacquistare el Borgo e la Valdichiana e farsene uno statose n'andòa quella volta; in modo che di poi la città per e' caldi avisidi Francia e le provisione del rea che prima si era prestata pocafederiprese animo.


Avevanoe' dieciintesa la commessione che el re dava a Ciamonte subito perpiú riputazione e piú espedizione prestamandato inLombardia a levare quelle gente Piero Soderiniel quale vi trovòpoche gente e sí poco ordine che la esecuzione si ritardòmolti díin tanto che e' venissi di Francia nuovi avisi eprovedimenti; in modo che stando la città sospesa ed ambiguadella volontà del reche fu in quello tempo che Vitellozzoera ito alla volta del Borgoavendosi a creare la nuova signoria perluglio ed agostoel popolodubitando che e' primi cittadini nonvolessino mutare lo statonon ne fece alcuno gonfalonierema elesseGiovan Batista Giovanni uomo di poca qualità e riputazione eda poco; ma come volle la sorte della città fece una signoriaottimache ne furono capi Alamanno SalviatiAlessandro Acciaiuoli eNiccolò Morelli.


Entròla nuova signoria in calendi di luglio e trovò la cittàin tanti disordini e pericoliche forse non erano tanti quando el redi Francia venne in Firenze perché se bene allora si trattavadi condizione intollerabilenondimeno concernevano piú tostole facultà de' cittadini e la ritornata di Piero con laribellione di quegli che l'avevano cacciatoche la perdita dellalibertà e diminuzione di quello dominio ci era restato; quiperduto Arezzo e quasi tutto lo stato nostrosi vedeva ridotta intermini la cittàchese el re non riparavabisognava cederealle condizioni che volessino gli avversarile quali si mostravanosí dureche per meno male si sarebbe desiderata la ritornatadi Pieroperché si dubitava non avere a pigliare el giogo delpapa e Valentinoe le esecuzione di Francia erano sí tardeche poca fede vi s'aveva drento.


Entrataadunche la nuova signoriacominciorono a migliorare le condizionidella città; in che s'ha a presupporre chesendo elgonfaloniere uomo da poco e di poca qualitàne erano capiAlamanno SalviatiAlessandro Acciaiuoli e Niccolò di GirolamoMorellie con questi aveva Alamanno tanta fede ed autoritàche si può dire lui governassi ogni cosae ciò chenacque di benenascessi prima per virtú ed opera sue e poide' compagni. Costoro adunquevòlti a difendere la libertàe lo imperio con franco animoed essendo el fondamento principale elfare danariel primo dí che entroronocomandorono a'capitani di parte guelfa vendessino certe mulinae perché e'bisognava el partito de' loro collegide' quali la maggiore partenon era in Firenzemandorono a dire a' capitani che cassassino gliassenti e traessino gli scambi; e cosí ubbidito e ragunati e'colleginon si vincendo la provisionecomandorono loro nonuscissino di quivi insino a tanto l'avessino vintain modo che e'furono necessitati al venderleed in pochi dí si venderono evennesene in sul danaio.


Posesiintanto un certo accatto a' cittadini piú ricchie perchémolti non pagavanola signoria comandò loro pagassino sottopena di rapresentarsi al bargelloe cosí si riscosse la sommainteranon avendo e' signori alcuno rispetto a' parenti ed amiciloro. E cosí riscaldavano con ogni vivacità leprovisione della cittàla quale ebbe sorte avere in quellotemposi può dire per capo suouno simile a Alamannocheera di natura viva libera e caldae che aiutava el bene sanzarispetto alcunoe da piacergli piú e' rimedi vivi e forti chealtrimenticome allora richiedevano e' bisogni publicine' qualiera pericolosa ogni dilazione in modo che se el timone fussi stato inmano di qualche uomo che fussi proceduto adagio e con rispettiancora che fussi stato uomo prudente era pericolo che la cittànon gli perissi sotto.


Intantoci furono avisi di Franciacome el re ne veniva a dirittura inItalia con animo prontissimo di salvare noi ed abattere gli avversarie molto male disposto in verso el papa e Valentino; e già legente franzese erano arrivate in su' terreni nostri ed adiritte aMontevarchidove el campo nostro faceva capo. Per la venuta dellequalisendo gente bellissimeera molto alleviata la cittàcon tutto che ci fussi una difficultà grandissima di avere aprovedere a vettovagliedelle quali e' franzesi logorano e strazianoassaie se ve ne fussi stato mancamentoera pericolo chesendouomini bestiali ed impazientinon si disordinassi ogni cosapurecon una voluntà ardente si vincevano tutte le difficultà.


Eraintanto el re venuto in Astie quivi trovati nuovi oratori nostrimesser Francesco Gualterotti e Luigi dalla Stufaco' quali sicongiunse a visitare el re Piero Soderinie raccolto allegramentedalla maestà sue e discorrendo e' fatti nostrigli parvenecessario aggiugnere alle sue gente che erano in Toscana quattro ocinquemila svizzeride' quali voleva che la città ne pagassitremila; e perché e' dubitava che el papa e Valentino insiemecon VitelliOrsini e quella fazionenon facessino resistenziaecosí le quattrocento lancie non fussino abastanzadetteordine di inviare con altre quattrocento lancie monsignore dallaTramoglia capitano famosissimoaffermando che quando questo nonbastassilui seguiterebbe personalmente con ogni suo sforzoperchéla intenzione sue era restituirci quello ci avevano tolto e' communiinimici e di poi distruggergli. E fatta questa risoluzionemandòsubito uno suo uomo a levare e' svizzerie volle che Luca degliAlbizzi venissi a Firenze in sulle poste a portare di bocca questaconclusione e confortare al pagamento de' tremila svizzeria che lacittà acconsentí.


Elduca Valentino era in questo tempo a' confini di Urbinoed avendofatto certo accordo con quello principe lo assaltòfurtivamente in modo che non si guardandoin spazio di pochissimi dígli tolse tutto quello ducatoed el duca fuggitosi con granpericolose ne andò a Vinegia. E benché el Valentinodesiderassi la nostra distruzionela quale in fatto si procurava co'soldati e forze suee però avessi voluto congiugnere el restodel suo esercito con Vitellozzonondimeno sapendo quanto el re siera risentito di questo insulto e la venuta sua gagliarda in Italiasi fermò e fece intendere a Firenze che mandandogli uno uomosi poserebbono per aventura queste coseed al medesimo effetto elpapa richiese si mandassi a séin modo che a Roma fu subitomandato messer Francesco Pepied al Valentino monsignore de'Soderini. Furono le pratiche diverse perché el papa promettevala restituzione di tuttose si gli lasciava el Borgo a San Sepolcroper essere di ragione terra di Chiesa; el duca prometteva larestituzione interase gli fussi osservata la condotta sua e se aFirenze si introducessi uno stato nuovoristretto in pochicittadinicon chi lui si potessi fidare e consultare le coseoccorrenti. Ma non si consentendo nulla di queste dimandemassimeintesosi chiaramente l'animo buono del reel vescovo fu revocato daUrbino ed el Pepe fu lasciato a Romaristrettagli però lacommessione del praticare.


Giuntie' franzesi a MontevarchiVitellozzo si ritirò verso Arezzoe benché prima avessi detto che verrebbe co' franzesi agiornatao almeno ritiratosi in Arezzo farebbe una difesamemorabilepure poi considerando che el papa e Valentino glimancavano sotto ed anche per satisfare al re si gli volterebbonocontroe che tutto lo sforzo del re verrebbe adosso a luimancatogli l'animo deliberò accordarsie tenuta strettapratica co' capitani franzesiche erano monsignore di Lancre emonsignore Imbaltconchiuse con loro contro alla voluntàdella città; in forma che lo effetto era che noi recuperavamotutte le cose nostre eccetto Arezzo che rimaneva libera. Di chesendosi caldamente dato aviso agli imbasciadori erano in corteel rescrisse a' suoi capitani che questo accordo non andassi innanzi e chevoleva che Arezzo ed ogni cosa ritornassi; e però fuconstretto in ultimo Vitellozzo accordare con loromettendo in loromanoa stanza del reArezzo e tutte le terre aveva prese; e cosípartitosi luigli Orsini ed e' Medicie' capitani franzesi presonoogni cosa in nome del reel quale sopratenne la restituzione insinoa tanto che e' si pagassino e' tremila svizzeri; la quale parteaccordatamandò monsignore di Milone a Firenze con ordine delpotere restituire e di operare intorno a ciò quanto gli fussicommesso dalla città.


VenneMilone a Firenzee bisognòinnanzi che gli andassi a Arezzoaccordare monsignore di Ravelnipote di Roano che era creditoredella ragione de' Medici di ottomila ducati; la quale cosa perchési espedissiAlamanno Salviati obligò alla osservanza diquesto accordo la sua proprietà; e cosí ne andòMilone alla volta di Arezzo e con lui furono deputati commessari aricevere le terrePiero Soderini e Luca d'Antonio degli Albizzie'quali presono pacificamente la possessione di Arezzo e di tutte leterre perdute. Le quali trovorono essere state vote da Vitellozzo ditutte le artiglierie e tutti gli aretini che erano stati capi controalla città essersi fuggiti in gran numeroa' quali fu datobando di rubelloe cosí si posò in tutto questomovimento con grande spesapericolo e travagliodove se non fussistata la pazzia de' collegisi sarebbe fermo con poca fatica edisagioe sanza averne a avere obligo con persona.


Erasinella venuta del re in Italia conceputa speranza che volendo luimandare monsignore della Tramoia e disfare gli inimici suache noiassicurati da ogni banda ed avendo lo appoggio di questo esercitofacilmente recupereremo Pisael quale disegno mancòperchéel duca Valentino come e' vedde el re venuto in Italiae che avisitarlo vi era concorsooltre agli oratori nostrigli oratorivinizianie personalmente el duca Ferrara e marchese di Mantovaelcardinale Sanseverinoa chi fu rilasciato el Fracassa suo fratelloe di piú lo Orsino che era ito a dolersi de' tristi modi delpontefice e finalmente che tutta Italia faceva capo a luiintesoancora quanto el re fussi male disposto e come e' mandava in Toscanamonsignore della Tramoia e tante gente di arme e fanteriesbigottitoassainé vedendo altro rimedione venne in poste a Milano agiustificarsi col re; in modo che e' si riconciliò seco coglieffetti che di sotto si dirannoe cosí rimanemo certi che perquello anno non si attenderebbe alle cose di Pisa.


Trovavasiaddosso a tempo di questa signoria la città una altra peste digrandissimo pericolo e di vituperiocioè le cose di Pistoiale quali erano tutto dí piggiorate ed incancheriteperchépoi che e' Panciatichi furono cacciati di Pistoiaattendendo e'Cancellieri a perseguitargli nel contado si levò su dallaparte panciatica un contadino giovane chiamato Francoel quale eradi persona gagliardissimo e di buono cervello e di natura quieta eche volentieri attendeva a fare e' fatti sua. Costui in difendere lavilla sua da' Cancellieri che gli assaltoronosi portò sibene e con forze e cervelloche cominciando a acquistareriputazionenon solo fu fatto capo degli uomini vicini a séma in brieve tempo di tutta la parte panciatica; in modo che lui neera interamente signore e ne disponeva a arbitrio suoe con questoseguito si affrontò due volte in battaglia grossa co'Cancellieri e gli roppefaccendone occisione di piú didugento per volta.


Questisuccessi de' Panciatichi furono utili alla cittàperchéfurono uno freno a' Cancellieri di non potere malignarela qualecosase fussino stati liberiarebbono fattoperché parendoloro avere offeso e disubbidita la cittàcominciavano a nonfidarsene. Nondimeno le cose erano in cattivi terminiperchél'una parte e l'altra stava malissimo contenta: e' Panciatichisebene si erano difesi nel contadonondimeno non erano sísuperiori potessino ritornare nella terra; e' Cancellierise benetenevano e' Panciatichi fuoranon potendo usare e godere la maggioreparte del contadoerano in grande angustie; in modo che l'una partee l'altra arebbe preso partito co' principi forestierie ribellatisie fatto a ogni male giuoco; e cosí la città al presentenon si valeva di Pistoia e conosceva che sanza dubio siribellerebbono. Per la qual cosa la signoriafaccendone massimeinstanzia e riscaldandovisi su Alamanno Salviatideliberòassicurarsenee poi che e' non giovavano gli unguenti ed impiastriusare a ultimo el ferro ed el fuoco.


Allaquale cosa non concorrendo e' dieci di balía e mostrando allasignoria che pericoli erano in questa viaAlamanno avuta licenziada' compagni di dire quello che gli paressigli punse fortemostrando che quella era la intenzione della signoriae quando nonla eseguissinoche la signoria notificherebbe a tutto el popolo comeloro erano quegli che non volevano che Pistoia si recuperassiper laqual cosa lororistrettisiattesono a eseguire vivamente quelloordine. Comandossi adunche a moltissimi capi dell'una parte edell'altrache fra uno certo termine comparissino a Firenzeconanimo chese non ubbidivanodi procedere piú oltre. Stettonotutti ambigui. e finalmente per meno maletemendo per avere la cittàle gente franzese in Toscanacomparirono tutti el dídeterminatoeccetti pochi che si fuggirono ed ebbono bando dirubello; e volle la sorte che e' venissino innanzi alla signoria eldí medesimo o el dí allato che comparirono gliimbasciadori aretini mandati doppo la recuperazione. E cosí lacittà si riassicurò di Pistoiae si rimesse drento laparte panciatica e fecesi in spazio di piú mesi molti ordiniquali al presente non è necessario raccontare.


Successein questi tempi uno caso che fu per fare un poco di scompiglio nellacittàe se fussi seguito arebbe impedito gli ordini che sifeciono: questo è che poi che e' furono creati e' dieci non siconferivano piúcome si solevatutti gli avisi a' collegi; eperò avendosi un dí a vincere un partito fra e' collegie non si vincendoun collegio de' Periper l'arte minoredisse chene era cagione perché non si conferiva loro le coseoccorrente. Il che sendo rapporto alla signoria. AlessandroAcciaiuoliche era Propostopropose tra e' signori che e fussicassoe subito si vinse; di che e' collegi sdegnorono assai evolevano appellassi al consiglio e loro parlare in suo favore; il cheseguendo si sarebbono in modo alienati dalla signoriache mai piúconcorrevano a bene nessuno; ma confortati da savi cittadini che lecondizione della città non pativano queste quistionifinalmente si posoronoe quello che era stato casso non appellò.




XXIII- RIFORME DELLA COSTITUZIONE FIORENTINA - IMPRESE DEL VALENTINO -PIERO SODERINI GONFALONIERE A VITA (1502).


Assettaticon somma laude e felicità questi disordini che apartenevanoalla conservazione dello imperio e della quiete di fuorala signoriavolse gli animi a riordinare le cose e lo stato della cittàper la disordinazione del quale nascevano tutti gli altri disordini econfusioneche erano di natura che perseverandosi in essiciascunodubitava avere a vedere el fine ed ultimo esterminio della città.In che s'ha a intendere che e' sarebbe difficile immaginarsi unacittà tanto conquassata e male regolata quanto era la nostrae tutto el male procedeva per non vi essere uno o piú uominiparticulari che vegghiassino fermamente le cose publiche e cheavessino tale autorità checonsigliato quello fussi utile afarepotessino di poi essere instrumenti a condurlo a esecuzioneanzi mutandosi di due mesi in due mesi le signoriee di tre equattro in tre e quattro e' collegiognuno per la brevità deltempo che aveva a essere in magistratoprocedeva con rispetto etrattava le cose publiche come cose di altri e poco apartenente a sé.Aggiugnevasi che e' signori ed e' collegiper e' lunghi divieti chedanno le legge della città alla casa ed alla propria personadall'una volta all'altranon possono essere el piú dellevolte se non uomini deboli e di poca qualità ed esperienziadegli stati; in modo che se e' non prestano fede a' cittadini savi edespertianzi vogliono procedere di loro capo ed autoritàcome interveniva allora perché avevano sospetto che e' primicittadini non volessino mutare lo statoimpossibile è che lacittà non vadia in perdizione. Concorrevaci tutti e' disordiniche fanno e' numeri grandiquando hanno innanzi le cose non puntodigestitela lunghezza al deliberaretanto che spesso vengonotardi; el non tenere secreto nullache è causa di molti mali.


Daquesti difetti nasceva che non pensando nessuno di continuo allacittàsi viveva al buio degli andamenti e moti di Italia; nonsi cognoscevano e' mali nostri prima che fussino venuti; non eraalcuno che avisassi di nullaperché ogni cosa subito sipublicavae' principi e potentati di fuora non tenevanointelligenzia o amicizia alcuna colla cittàper non avere conchi confidarené di chi si valeree' danari andando permolte manie per molte spezialitàe sanza diligenzia di chigli amministravaerano prima spesi che fussino posti e si penava elpiú delle volte tanto a conoscere e' mali nostri e di poi afare provisione di danariche e' giugnevano tardiin modo che e' sigittavano via sanza fruttoe quello che si sarebbe prima potuto farecon cento ducati non si faceva poi con centomila.


Nascevada questo chebisognando ogni dí porre provisione di danari eprovisione grossela brigata doppo el corso di molti anni era sístracca che non voleva vincere piú provisionein modo che nonavendo danariogni dí la signoria sosteneva e' cittadini piúricchi in palagio e gli faceva per forza prestare al communeenondimeno non se ne cavava tale provedimento che e' non fussinoconstretti a ultimo lasciare trascorrere ogni cosastare sanzasoldatitenere sanza guardia e munizione alcuna le terre e lefortezze nostre. E però e' savi cittadini e di riputazionevedute queste cattive cagionené vi potendo riparare perchésubito si gridava che volevano mutare el governo stavano malecontenti e disperati e si erano in tutto alienati dallo stato; ederano el piú di loro la maggior parte a specchionévolevano esercitare commessarie o legazione se non per forza e quandonon potevano fare altroperché sendo necessario pe' nostridisordini che di ogni cosa seguitassi cattivo effettonon volevanoavere addosso el carico e grido del popolo sanza loro colpa.


Diqui procedeva che uno Piero Corsiniuno Guglielmo de' Pazzi eranotutto dí mandati commessariperchénon volendo andaregli uomini savi e di riputazionebisognava ricorrere a quegli cheandavano volentieri; cosí andorono in Francia imbasciadori unoGiovacchino Guasconiuno Luigi dalla Stufa e simili che non accaddenominareperché uno messer Guidantonio Vespucciuno GiovanBatista Ridolfiuno Bernardo Rucellaiuno Piero Guicciardini nonandavano se non quando non potevano fare altro. Di qui nasceva che lacittà non solo non aveva riputazione cogli altri potentati diItaliama né ancora co' sua propri sudditi; come si veddenelle cose di Pistoia dove non sarebbono e' pistolesi tantotrascorsise avessino temuta o stimata la città. Aggiugnevasia questi mali cosí publici che non sendo nella cittànessuno che avessi perpetua autoritàe quegli che erano inmagistratoper essere a tempoprocedendo con timore e con rispettiera introdotta una licenzia sí publica e grandeche e' parevaquasi a ognunomassime che fussi di stirpe punto nobilelecito difare quello che e' volessi. Cosí chi si trovava ne'magistratise avessi nelle cose che vi si trattavano una spezialtàed una voglia o onesta o disonesta bisognava che ne fussi satisfattoe contento.


Questimodi dispiacevano tanto a' cittadini savi e che solevano avereautoritàche erano quasi stracchi del vivereperchée' vedevano la città rovinare ed andarne alla 'ngiúcento miglia per ora vedevano essere spogliati di ogni riputazione epotere; il che doleva loro e per rispetto proprio e perché ineffetto quando gli uomini di qualità non hannoio non dico latirannidema quello grado che si conviene lorola città nepatisce.


Aggiugnevasiche ogni volta che nasceva qualche scompiglioel popolo pigliavasospetto di loro e portava pericolo che non corressi loro a casainmodo che ogni dí pareva loroessere in sul tavolieree peròsommamente desideravano che el governo presente si mutassi o almenosi riformassiin modo che la città fussi bene governatalororecuperassino parte del grado loroed in quello che avevano sipotessino vivere e godere sicuramente. Era el medesimo appetito inquegli che si erano scoperti inimici di Piero de' Mediciperchéper e' disordini della città avevano a stare in continuosospetto che e' Medici non tornassinoe cosí riputavano averea sbaraglio lo essere loro.


Cosígli uomini ricchi e che non attendevano allo statodolendosi diessere ogni dí sostenuti e taglieggiati a servire di danari elcommunedesideravano uno vivere nel qualegovernassi chi sivolessinon fussino molestati nelle loro facultà.


Allouniversale della cittàche erano gli uomini di casa basse eche conoscevano che negli stati stretti le casa loro non arebbonocondizioneerano gli uomini di buone casema che avevano consortidi piú autorità e qualità di loro e peròvedevano che in uno vivere stretto rimarrebbono adrieto; a tutticostoroche erano in fatto molto maggiore numeropiaceva molto elgovernonel quale si faceva poca distinzione da uomo a uomo presentee da casa a casa; e con tutto intendessino vi era qualche difettopure ne erano tanto gelosi e tanto dubio avevano che non fussi lorotoltoche come si ragionava di mutare ed emendare nullavi siopponevano. Ma di poistracchi dalle grande e spesse gravezze che siponevanoda non rendere el Monte le paghe a' cittadinied in ultimomossi da questi casi di Arezzo e da tanto pericolo che si eraportatoche si toccava con mano essere causato da' disordini nostricominciorono a conoscere sí chiaramente chenon si pigliandomigliore formala città si aviava al fine suoche e'diventorono facili a acconsentire che si pigliassi qualche modo diriformare el governopure che lo effetto fussi che el consiglio nonsi levassiné lo stato si ristrignessi in pochi cittadini.


Trovandoadunche la signoria la materia bene disposta ed essendovi caldimassime Alamanno Salviaticominciorono a trattare e consultarequello che fussi da faree finalmente discorrendo si risolverono chee' non fussi da ragionare di fare squittinidi dare balía a'cittadini e cosí di levare el consiglioper piúcagioni: primaperché come lo stato si ristrignessi in pochinascerebbecome si era veduto ne' Venti ed in molti altri tempidivisioni e sette fra loroin modo che lo effetto sarebbe che quandosi fussino prima bene percossibisognerebbe fare uno capo ed in fineridursi a uno tiranno; di poiche quando fussi bene utile el farecosí el popolo ne era tanto alieno che mai vi si condurrebbe;e però non essere bene di ragionare né di attendereallo impossibilema pensare un modo chemantenendosi el consigliosi resecassino quanto piú si poteva e' mali della cittàe loro; e' quali erano in sommache le cose grave ed importante sitrattavano per mano di chi non le intendeva; e' cittadini savi e diqualità non avevano grado né reputazione conveniente;nella città si amministrava pe' magistrati nostri pocagiustizia e ragionemassime nel criminale.


Occorrevaa questo uno modo: creare a vita uno magistrato di ventiquarantasessantaottanta o cento cittadinie' quali creassino e' commessaried imbasciadoricome facevano allora gli ottanta e non avessinoautorità di creare altri ufici e magistrati per non tôrrela autorità al consiglio; vincessino le provisione di danarimassime per finale conclusionee cosí non avessino di poi aire in consiglio; di loro si creassino e' dieci; con loro sitrattassino e consultassino le cose importante dello statocome sifa a Vinegia co' pregati. Di questo nascerebbe chestando lorocontinuamentela città arebbe chi vegghiassi le cose sue;sendo e' piú savi della cittàsarebbono bene intese econsultateprevederebbono di danari a' tempi e quando bisognassiarebbono sempre buona notizia delle cose che andassino a tornoperché loro vi attenderebbonosarebbonne di continuo avisatiperché nessuno temerebbe essere scoperto da loroed e'potentati di Italia non fuggirebbono el tenere pratica con loroperché arebbono di chi si fidare e con chi si valere. Cosíarebbono bene governate le cose publichee' cittadini savi e diqualità ritornerebbono in grado e riputazione conveniente; edessendo nella città uomini che arebbono qualche autoritàe riverenziasi reprimerebbe la licenzia di moltied e' magistratinelle cose criminali farebbono piú el debito loroe se non lofacessinonon mancherebbe trovare de' modi che provedessino a questaparte.


Questaconclusione piaceva assaima si dubitava che el popolo per el grandesospetto che aveva che non si mutassi lo statocome e' vedessiordinare deputazione di cittadini non vi concorrerebbee peròsi risolverono che egli era meglio fare uno gonfaloniere di giustiziache fussi o in perpetuo o per uno lungo tempodi tre anni o cinqueper due cagioni: l'una perché quando bene si facessi quelladeputazione di cittadini di che è detto di sopranondimenonon pareva che avessi la sua perfezione se non vi fussi unogonfaloniere almeno per lungo tempo; e di poi feciono giudicio cheessendo eletto uno gonfaloniere savio e da beneche avendo fede colpopolo sarebbe poi el vero mezzo a condurre facilmente quello o altrodisegnodi che lo effetto fussi che le cose di importanza sigovernassino per mano de' primi cittadini della cittàe chegli uomini di conto avessino quella autorità che meritamentesi conveniva loro. E non pensorono che se la sorte dava loro unogonfaloniere ambiziosoche e' non vorrebbe in compagnia uomini diriputazioneperché non gli potrebbe disporre e maneggiare asuo modoe cosí che essendo eletto libero non vorrebbelegarsi da se medesimo; e però che prima si doveva fare gliordinipoi l'uomo che vi aveva a vivere sottonon prima l'uomoscioltoche stesse a lui se s'aveva a ordinare e legareo no.


Fattaadunche questa risoluzione nella signoria e di poi persuasoladestramente a' collegisi cominciò a praticare e' modi e laautorità sua co' cittadini piú savi e si conchiuse chela autorità sua fussi quella medesima che solevano avere pelpassato e' gonfalonieri di giustizianon accresciuta nédiminuita in alcune parteeccetto che e' potessi proporre e trovarsia rendere el partito in tutti e' magistrati della città nellecause criminali.


Questofu fatto perchétrattandosi di uno delitto di uno uomonobilese e' magistrati per rispetto vi andassino a rilentolui lapotessi proporree colla autorità e presenzia sua muovergli aosservanzia delle leggi.


Vennedi poi in consulta quale fussi meglioo farlo a vita o per tempolungo di qualche anno; a molti non pareva da farlo a vitaperchési potessi qualche volta mutare e dare parte a altri; di poi se e'riuscissi uomo non sufficiente o per ignoranzia o per maliziache e'finirebbe qualche voltae la città non l'arebbe adosso inperpetuoinoltre lo stare uno tempo lungobastare a fare queglieffetti buoni che si cercavano per la creazione suaperché lacittà arebbe chi vegghierebbe le cose publiche ed uno timonefermo e che potrebbe introdurre gli ordini buoni; inoltrechericordandosi di essere a temponon gli parrebbe avere tantalicenziaquanta se fussi perpetuoe piú consentirebbe aridurre e' cittadini al governo in compagnia suache se fussi avita.


Amoltifra' quali era Giovan Batista Ridolfipareva el contrario;assegnavanne massime due ragione: l'unache sendo fatto a vitaarebbe el maggiore grado che potessi desiderare nella città eperò che l'animo suo si quieterebbe e contenterebbeepotrebbe sanza rispetto alcuno pensare al bene della cittàdovese fussi a temponon poserebbe forse cosí l'animomapenserebbe come vi si potesse perpetuareo con favore dellamoltitudine o con qualche via estraordinaria; il che non potrebbeessere se non con danno ed alterazione grande della città; dipoiche sendo in perpetuopotrebbe piú vivamente fareosservare la giustizia e punire e' delittiperché avendo astare sempre in quello magistratonon arebbe rispetto e paura dipersonadove sendo a temposi ricorderebbe avere a tornare un dícittadino privatoe non vi sarebbe gagliardoanzi procederebbe conquegli riguardi che facevano gli altri magistrati della cittàe cosí verrebbe a mancare la osservanza della giustiziacheera uno di quegli effetti principali pel quale si introduceva questonuovo modo. Deliberossi finalmente non lo fare in perpetuoma pertempo lungo di tre anni; e cosí sendo ferma la provisione etirandosi innanziPiero degli AlbertiBernardo da Diacceto edalcuni simili cominciorono a gridare che gli era meglio farlo a vitae tanto intorbidoronoche quella provisione non si vinsemossiperché e' non piaceva loro farlo in modo alcuno e sipersuasono che el popolo non concorrerebbe mai a farlo a vita.


Lasignoria adunche che ci era caldamassime Alamannoalterata in suquesta contradizioneordinò la provisione di farla a vitaevi si aggiunse avessi a avere cinquant'anni; non potessi averemagistrato alcuno della città; e' sue figliuoli non potessinoessere de' tre maggiori; fratelli e figliuoli di fratelli nonpotessino essere de' signorinon potessino né lui nésua figliuoli fare trafico ed esercizio alcunoil che si fece acciòche ne' conti del dare ed avere non avessino a soprafare altri;avessi di salario ducati milledugento l'anno; potessi essereportandosi maleprivato del magistrato da' signori e collegidiecicapitani di parte guelfa ed ottocongregati insieme pe' tre quartidelle fave e' quali potessino essere chiamati a petizione diqualunque de' signori potessi essere eletto ognuno che fussi inabileper conto di divieto o di specchio. E fu presa sí larga questaparteche e' si interpretò che (etiam )quegli che vanno perle minore arte potessino essere elettiil che si fece o perinavvertenza o perché la arte minore ci concorressi piúvolentieri.


Elmodo del crearlo fussi questo: chiamassisi el consiglio grandenelquale potessino intervenire per dí tutti quegli avevano elbeneficio non ostante fussino a specchioil che si fece acciòche chi fussi eletto fussi con consenso piú universale delpopoloognuno che fussi in consiglio avessi autorità dinominare chi gli pareva e quegli tutti nominati andassino a partitoe tutti quegli che vincevano el partito per la metà delle favee una piúo uno o piú che fussinoandassino un'altravolta a partitoe quello o quegli che vincevanoandassino questaseconda volta a partitoe tutti quegli che vincevanoriandassinopoi a partito la terza volta; e di quegli che vincevano questa terzavoltasi pigliassi chi vinceva per la metà delle fave e unapiúed avessi piú fave che gli altri che fussino iti apartito la terza voltase altri vi era ito; e questo tale fussigonfaloniere di giustizia a vita.


Presesiquesto modo perché la elezione non si sarebbe mai vinto sifussi cavata del popolo; e però ordinorono questi vagliacciòche avessi piú maturità che fussi possibile. Aggiunsesiche la elezione si facessi a tempo della signoria futuraacciòche el popolo potessi meglio pensare e risolversi a chi fussi apropositoe che chi fussi elettofussi publicato quando la signoriache aveva a entrare di novembree pigliassi el magistrato in calendidi novembre prossimo futuro. Aggiunsesi in questa provisione un altrocapitoloche dove gli ottanta si traevano a sorte di quegli cheavevano vinto el partito ora se ne pigliassi pochi piú dicento che avessino vinto per le piú favee di quegli sitraessino gli ottantadando la rata a' quartieri. Il che fu fattoacciò che in quello consiglio si trovassino uomini piúscelti perchécome è detto di sopraquando in quelloconsiglio intervenissino tutti gli uomini savi e di qualitàsarebbe utilissimo alla città.


Ordinatae ferma questa provisionee vinta fra' signori e collegi si missenegli ottantadove si dubitò avessi assai difficultàperché si credeva che molti cittadini che pretendevano d'averea essere gonfalonieri di giustizia se si creassi per dua mesinon viconcorrerebbono per non si privare di quella degnità.Aggiugnevasi che Bernardo Rucellai publicamente la disfavorivae lacagione si diceva perché e' vedeva volgersi el favore a PieroSoderinidel quale lui era particulare inimico; nondimeno sendoriscaldata dalla signoria e da' collegisi vinse con poca fatica laseconda volta che ebbono gli ottanta.


Chiamossidi poi el consiglio grandeed avendovi parlato in favore chi eradeputato pe' collegie di poi Piero Guicciardini ed Iacopo Salviatied altri uomini da benesi accostò el primo dí a pochefave; in modo che l'altro dí facilmente si condusse alla suaperfezione. Acquistòvifra gli altri che la favorironogranlaude Piero di Niccolò Ardinghelligiovane di trentuno otrentadue anniche era de' dodici el qualeavendovi per conto de'compagni parlato su piú voltesatisfece tanto a ognunochepochi dí poi fu creato dagli ottanta commessario a CastiglioneAretinoe si fece una via da dovere avere tanto stato quanto uomo daFirenzese non se l'avessi poi tolto da se medesimo.


Vintaquesta provisione e dato principio alla riordinazione della cittàuscí la signoriala quale avendo trovata la città insomma confusionesmembrato Arezzo con tutta quella provinciaPistoia quasi perduta e ribellataaveva rassicurata la cittàdi Pistoiarecuperato Arezzo e ciò che si era perso in quellarivoluzioneed in ultimo vinta la provisione di riformare lo statolasciato ognuno in somma allegrezza e speranza; e però uscímeritamente con somma commendazionesendo però ogni buonaopera attribuita a Alamanno SalviatiAlessandro Acciaiuoli e NiccolòMorellie sopra tutto a Alamannoin modo che e' tre quarti diquella gloria furono sua.


Successein luogo loro gonfaloniere di giustizia Niccolò di MatteoSacchettia tempo del quale la città richiese el re che persicurtà nostra ci concedessi che le sue gente che erano venutein Toscanao almeno una parte di quelle sotto monsignore di Lancrerimanessino alle stanze in sul nostro. Rispose el re che era contentovi stessino qualche tempoma perché potrebbe essere chen'arebbe bisogno per séle voleva potere rivocare a ogni suapostanon avendo rispetto se ci lasciassi provisti o no.Acconsentillo da principio la città; di poi non se ne sapendobene risolveretutte le gente si partirono e tornorono in Lombardiadi che la città venne a entrare in nuovi pensieriperchéel resendo riconciliato con Valentinoprese la volta di Francia;ed el Valentino contro alla opinione di molti che credevano che lodovessi menare seco in Francia e quivi ritenerlo onestamenteaccompagnatolo insino in Astise ne ritornò in Romagna aglistati sua. Donde la città trovandosi sanza armecominciòa avere gran paura di luie benché si intendessi che el regli aveva alla partita raccomandato lo stato nostronondimeno sidubitava cheavendo una occasione di offendercinon la usassiavuto poco rispetto al recol qualesecondo la natura de' franzesisi truova doppo el fatto facilmente rimedioe lui ne aveva veduta laesperienziasendosi sí intrinsecamente riconciliato secononostante che el re si fussi persuaso che ciò ch'egli avevafattofussi stato per cavarlo di Italiae massime che nellarecuperazione di Arezzo e delle altre cose nostreel papa ed e'Vitelli e gli Orsini avevano publicamente detto che come el re fussipartito di Italiaci farebbe uno altro assaltoel quale sarebbe dinatura che non sarebbono e' franzesi ogni volta a tempo a liberarci.Ed essendo adunche in questa ambiguitàsopravenne unoaccidenteel quale per qualche poco di tempo ci assicurò; elquale perché si intenda megliobisogna ripetere la originesua da' fondamenti.


Benchégli OrsiniVitelliBaglioni e Pandolfo Petrucci fussino o soldati oaderenti ed in una intelligenzia col papa e col duca Valentinonondimeno la unione piú stretta e quasi una fazione era traVitelliOrsini Baglioni e Pandolfoe' quali per molti rispetti eper correre una medesima fortunaerano di una volontàmedesima. Costoro conoscendo la ambizione del duca Valentino e loappetito suo infinito del dominareel quale prima si estendeva ne'luoghi piú vicini ed in quegli dove aveva qualche titolo ecolore di ragionein fatto n'avevano sospetto e ne temevanomassimeconsiderando che Perugia e Città di Castello apartenevano diragione alla Chiesae cosí una parte degli stati degliOrsinie l'altraessere in su' terreni di Romae cosíspacciati loroaccadere di Siena. E però doppo lo acquisto diFaenza avevono avuto caro che e' non gli fussi riuscita la impresa diBolognae perché non pareva da loro essere cosígagliardi contro al papa ed alla Chiesamassime avendo lo appoggiodi Franciaarebbono desiderato rimettere Piero de' Medici inFirenzeparendo che colle forze di quello stato si sarebbonoassicurati.


Daaltra banda el Valentino secretamente gli aveva in odio e desideravala ruina loroparte perché intendendo questi umori n'avevapreso sospettoparte per ambizione e desiderio di insignorirsi diquegli stati; e però fu opinione di qualcunoche se bene daun canto gli piacessi che noi avessimo perdutoo perchésperassi acquistare qualcuna delle terre nostreo perchécredessi che noi per difenderci fussimo forzati pigliare accordo secocon qualche suo grande vantaggioda altro gli dispiacessidubitandoche o Vitellozzo non acquistassi per sé qualcuna di quellenostre terreo e' Medici ritornassino in Firenze. Ma di poivenendone el re in Italialui e prima per lettere e di poi a boccacol reper sua giustificazione sempre disse che lui non aveva saputonulla di questo insultoma che era stata opera di Vitellozzo edOrsini sanza sua participazione: di che nacque che comandando el re aVitellozzo che venissi a Milanolui impaurito non vi volle maiandareallegando per scusa lo essere ammalatoe però el resi sdegnò molto forte contro a Vitellozzo e cominciollo ariputare suo capitale inimico.


Arebbeavuto el reper lo ordinariodesiderio che Vitellozzo e gli Orsiniperissinoperché riputava essere utile a conservazione delsuo stato che la milizia di Italia si spegnessie peròaggiuntoci questo odio particularevi era su molto infiammato; daaltro cantose bene si era adirato col papa e Valentinonon se nefidava moltopure per essersi inimicato come di sotto si dirànel reame cogli spagnuolipensavariconciliandosi secopotersenevalere in quella provincia; e cosí da altro canto che se fussisuo inimicogli potrebbe nuocere nelle cose del reamee si farebbeforse una unione fra 'l papare di Spagna e vinizianiche lometterebbe in assai pericoli. Per questosendone massime persuaso damonsignore di Roanocon chi el papa si manteneva assai faccendololegato di là da' montied esaltando e' sua nipoti alledignità ecclesiastichesi contrasse uno accordo ed una unionetra lorolo effetto della quale fu che el re permetteva al Valentinoinsignorirsi di Bolognadi Perugia e di Città di Castello elui gli prometteva nel reame tutti e' favori possibili. E peròsendo tornato Valentino in Romagna e preparandosi alla impresa diBolognasentito che ebbono questo Vitellozzo e gli Orsini e quellafazione perché non avevano ancora notizia quello che si fussidesignato degli stati loroconsiderando che se el Valentino pigliavaBolognaarebbono tutti a stare a sua discrezionesi ristrinsonoinsieme e deliberorono fare forza di opprimere la grandezza delValentinoinnanzi che crescessi piú. Furono in questaintelligenzia messer Giovanni Bentivoglipel pericolo ed interessesuo e perché era parente nuovamente degli OrsiniPandolfoPetrucciGiampaolo Baglionigli OrsiniVitellozzo Liverotto daFermo ed el duca Guido di Urbino al quale si obligorono rendergli econservargli lo stato suo. E cosí accendendosi uno principiodi nuovo fuocola città diminuí assai la paura delValentinoe cosí di Vitellozzo e degli altri.


Nelquale temposecondo la provisione fatta di agostosi venne allacreazione del gonfaloniere a vitae ragunato el consiglio grandedove intervenne piú che duemila persone e fatte lenominazionenelle quale nominò ognuno che volle nominareandorono a partito e' nominati che furono piú di dugento; e loeffetto fu che nella prima squittinazione vinsono solo trechefurono messer Antonio MalegonnelleGiovacchino Guasconi e PieroSoderinie riandati a partito la seconda voltanon vinse se nonPiero Soderiniel quale riandando solo la terza voltavinse elpartito; in modo chebenché el publico non scoprissi chi erafattonondimeno necessariamente si manifestòpoi che laseconda e terza volta andò lui solo e cosí rimase fattogonfaloniere di giustizia a vita Piero di messer Tommaso Soderiniche a pena aveva cinquant'anni non ancora finiti.


Lecagione perché lui fu in tanto magistrato preposto a tutti glialtri furono molte: era di casa buona e nondimeno non piena di moltiuomininé copiosa di molti parentiera ricco e sanzafigliuoliera riputato cittadino savio e valenteera tenuto amatoredel popolo e di questo consiglioaveva buona lingua. Aggiugnevasiche si era dal 94 in qua affaticato assai nelle cose della cittàe dove gli altri cittadini reputati come lui avevano fuggite lebrighe e le commessionelui solo l'aveva sempre accettatee tantevolte esercitate quante era stato elettoe però n'avevaacquistato opinione di essere buono cittadino ed amatore delle cosepubliche; ed inoltre la multitudineveduto adoperarlo piú chegli altri e non pensando che la cagione era perché e' simili alui fuggivano gli uficicredeva procedessi perché e' fussipiú valente uomo che gli altri. Aggiunsesi el favore datoglida Alamanno ed Iacopo Salviatie' qualiavendo amici e parentiassai e trovandosi in somma grazia e credito del popolonéessendo per la età ancora capaci di quello magistratomessonoogni loro forza che fussi eletto Piero Soderinimossi non per avereparentado ed amicizia intrinseca con luima perché riputoronoche la creazione sua dovessi essere a beneficio della città; efu di tanta efficacia questo aiutoche in ogni modo gli accrebbe elquarto del favore. Fu elettosendo assente ed ancora commessario aArezzo insieme con Antonio Giacomini perché Luca d'Antoniodegli Albizzi era morto in quegli giorniin luogo di chi fu poieletto Alamanno Salviati; ed avuta la nuova della elezionene vennein Casentinopochi dí poi venne in Firenze standosi sempre incasa insino al dí che e' fussi publicato.


Inquesto tempo gli OrsiniVitelli e gli altri aderentifatta unadieta alla Magione in quello di... e quivi conchiusa e publicata laloro nuova lega ed intelligenziane vennono nello stato di Urbinoel quale recuperorono con poca faticae renderonlo al signorevecchio. Sbigottí assai el papa e Valentino di questo assalto;e pure voltisi a' rimedi avisorono subito in Franciachiedendoaiutofeciono quanti soldati a cavallo ed a piede potevanoerichiesono istantissimamente la città di collegarsi insiemeper potersi valere di quella in tanto bisogno. Cosí da altraparte e' collegati feciono per mezzo di Pandolfo Petrucci molterichiesteofferendo qualche commodità circa a Pisa la qualecosa per intendere megliofu mandato occultamente a Siena serAntonio da Colleed in effetto non avendo loro facultà difarlo la città si risolvé di stare neutrale insino atanto che e' si intendessi chiaramente la voluntà del re diFrancia. E perché e' si credeva che e' sarebbe inclinato afavorire Valentinoper ritenerselo intanto con qualchedimostrazionevi fu mandato da' dieci a lui che era in ImolaNiccolò Machiavelli cancelliere de' diecied a Roma fumandato ser Alessandro Bracciuomo esercitato in queste coseperdare pasto al papa insino a tanto che vi andassi messer GiovanVettorio Soderini che vi era deputato oratore.


Nelmedesimo tempo la cittàvedendosi spogliata di armecondusseper capitano generale el marchese di Mantovael qualeel díche fu fatta la condottasi trovava in Milano che ne andava adirittura in Francia; ma perché el marchese si era di nuovoriconciliato col redel quale era stato lungamente inimicoel renon si fidava interamente di luie però gli dispiacque questacondottaparendogli che el mettere in mano al marchese le forzedella città nostra gli potessi in qualche accidente nuocereassai. Disse adunche lui e Roano a Luigi dalla Stufache vi eraoratore soloperché el Gualterotto non aveva passati e'montiche el desiderio loro eraquesta condotta non andassiinnanzie nondimeno che esi facessi con tale destrezza che elmarchese non si accorgessi della cagione; e però fu necessariointrodurre molte cavillazioni per impedirlatanto che lo effetto fuche la condotta non ebbe luogo; e pure el marchese cognobbe che e'non era stato per difetto nostroma per opera del re.


Entròdi poi in calendi di novembre el nuovo gonfaloniere di giustizianelquale furono due cose nuove e singulari: l'unaessere creato a vital'altraessere creato diciotto mesi poi che era stato una altravolta: conciosiaché secondo le legge ordinarie della cittàbisognassi dall'una volta alla altra stare almeno tre anni.Successene di poi una altra non meno nuovache mentre che e' sedevain magistratofurono de' signori e collegi alcuni de' sua consortiSoderiniconciosiaché innanzi a lui non solo fussi proibitoel trovarsi insieme de' tre maggiori due di una casa medesimamaancora quando era de' signori uno di una casada poi che era uscitoavevono e' sua consorti divieto uno anno a potere essere de' signorie sei mesi de' collegi. Entrò con grandissima grazia eriputazione e con universale speranza della città che non soloa tempo suo le cose avessino a essere prosperema ancora s'avessiper opera sue a riformare ed introdurre un vivere sí buono esantoche la città n'avessi lungamente a goderela quale sitrovava in molte onde e pensieri.


Erasiquanto al governo di drento fatto uno principio buonodi averecreato uno gonfaloniere a vita; ma come a una nave non baste unobuono nocchiere se non sono bene ordinati gli altri instrumenti chela conduconocosí non bastava al buono essere della cittàl'avere provisto di uno gonfaloniere a vita che facessi in questocorpo quasi lo uficio di nocchierese non si ordinavano le altreparte che si richieggono a una republica che voglia conservarsilibera e fuggire gli estremi della tirannide e della licenzia. E comenon può essere chiamato buono nocchiere in una nave quello chenon provede a introdurre gli instrumenti di che sopra è dettonecessaricosí in questa città non poteva esserechiamato buono gonfaloniere a vita quello che non provedeva gli altriordini necessari e riparava agli inconvenienti detti di sopra.


Quantoalle cose di fuorala città si trovava due piaghe proprie:una le cose di Pisale quali se non si posavano ed in forma che Pisafussi mostranon ci potevamo posare noi; l'altra e' Medicichebenché paressino molto deboli e con pochi amici e sanza partenella cittànondimeno se bene da loro propri non pareva cipotessino offendere e perturbarepure per la potenzia avuta nellacittà e nel contado nostroerano uno instrumento col quale e'potentati inimici nostri ci potevano piú facilmente bastonare.Aveva la città di poi qualche altro male piúaccidentale e meno proprio: la inimicizia con Vitellozzoel qualeera uomo sí inquieto e di tale riputazione co' soldati edappoggiato in modo da quella fazione OrsiniPandolfo e Baglionichee' bisognava fare conto chenon si reconciliando o non si spegnendoavessi a tenere la città in continui sospetti ed affanni; lapotenzia ed ambizione del papa e duca Valentinoche era da temereassai rispetto alle forze grandissime della Chiesa e la vicinitàdegli stati di Romagna con noi; lo essere el Valentino uomo valenteed in sulle armee tanto piú quanto per le cose di Pisa lacittà nostra era debole e conquassata; questi erano e' maliche piú si vedevano e palpavano per ognuno. Aggiugnevasi lostato grande de' viniziani e' quali se bene allora non offendevano nécercavano di offendere la cittàpure s'aveva a considerareche erano sí grandiche perdendo o per morte o per altro casoel re di Francia el domino di Milano e del reame Italia tuttarimaneva in preda ed a loro discrezione. E dato che questo male fussisí grande che la città da sé non vi potessiripararepure aveva a pensare di fare lo sforzo suoe con loincitare contro a loro el re di Franciae con tenere le mani insulle cose di Romagnase mai per morte del papa o per altroaccidente si alterassino. Eraci da stimare assai le cose di Franciacolle quali la città pareva in buoni terminie che el re emonsignore di Roanoin chi era el pondo d'ogni cosaci fussiaffezionato; pure s'aveva a presupporre che la avarizialaleggerezza loro ed el rispetto che hanno a se medesimi era tantochedi loro s'aveva a cavare piú brigapiú spesa sanzacomparazione che utile.


Trovavansiin questi termini le cose nostre e perché piú simescolavano allora e' signori collegati ed el Valentino che altracosa di Italiaperò gli animi ed e' pensieri di tutti eranovòlti a quelle. El subito acquisto dello stato di Urbinoe lariputazione che aveva massime Vitellozzoavevano tanto sbigottito elValentinoche si trovava in Imolaed e' sudditi suache èopinione che se subito fussino andati alla volta di Romagnaarebbonofatto in quello stato qualche grande sdrucitoe forse riportataneuna assoluta ed intera vittoria ma lo indugio loro fu tantoo perchée' fussi lungo lo accozzare insieme le forze di tante personedovesempre nasce mille difficultà o perché e' fussinotenuti in pratiche di accordoche el Valentino ebbe tempo primafortificare le fortezze e terre suadi poi soldare cavalli efanterie in somma da potersi difendere e di poi aspettare a bell'agiol'aiuto di Franciael quale veniva in suo favore molto gagliardoperché el re subito scrisse a monsignore di Ciamonteche eraa Milanoche spignessi in Romagna tutte le sue gentee feceintendere che non mancherebbe di tutti quegli aiuti che potessi. Perla qual cosa e' vinizianidi chi si era dubitatofeciono intendereal papa e Valentinoche erano parati servirlo di tutte quelle genteche avevano ed e' fiorentini al tutto si confermorono o di fareaccordo col papa o di starsi neutrali.


Diche sbigottiti assai e' collegaticominciorono a tenere pratiche diaccordo; e finalmente gli OrsiniVitelli e quella fazione siconvennono restituire Urbino al Valentinotornare a' soldi suaeche delle cose di Bologna e di messer Giovanni si facessi unocompromesso. El quale capitolo perché fu sanza saputa dimesser Giovannilui sdegnatosi fece da parte un altro accordo conValentinol'effetto del quale fu che el Valentino non molestassiquello stato e fussine servito per tempo di piú anni di certasomma di danari e di uomini d'arme e cosí el Valentinobenchési trovassi forte in sulla campagna e di sua gente e de' franzesi cheerano arrivati in Romagnafu contento a lasciare stare Bolognaoperché cosí fussi el parere del re di Franciadi chemesser Giovanni era in protezioneo perché volessicome dipoi mostrò lo effettoessere piú espedito a attenderea altro.


Némolto poisendosi simulatamente riconciliato co' collegatinevennono colle loro gente VitellozzoPaolo OrsiniLiverotto da Fermoed el duca di Gravinache era di casa Orsinaa trovarlo aSinigagliadove lui industriosamente aveva esercito piúpotente di loro e sanza loro saputaperché aveva condotto ungran numero di lancie spezzatee cosí avendo condotti pochicavalli per voltanon si era inteso né saputo quanto numeroavessi fatto. Pose adunche loro le mani adosso e fece subitostrangolare miserabilmentecon un modo però nuovo e crudeledi morteVitellozzo e Liverottoe pochi dí poi el signorePaolo ed el duca di Gravina; ed in quello dí medesimo el papafece sostenere in palazzo el cardinale Orsino e messer Rinaldo Orsiniarcivescovo di Firenze e messer Iacopo da Santa Crocegentiluomoromano e de' primi capi di parte Orsinade' quali fece subito morireel cardinale; gli altri duaavendogli sostenuti qualche tempolasciò.


Cosífiní el dí suo Vitellozzoe quelle arme che eranopreposte a tutte le arme italianein che è da notare chemesser Niccolò suo padre ebbe quattro figliuoli legittimiGiovanniCamilloPagolo e Vitellozzoe' quali tutti nella miliziafeciono tale profitto che furono ne' tempi loro riputati de' primisoldati di Italiain modo che si faceva giudicio che avessi per lavirtú di questi quattro fratelli a essere una casa digrandissima potenzia ed autorità. Ma come volle la sortequesti principi sí felicissimi ebbono fini piúinfelici: Giovanni innanzi al 94sendo soldato di Innocenziofunella Marcanella guerra di Osimo morto da una artiglieria; Camillosendo nel reame a soldo del re Carlofunella espugnazione di unocastellomorto da uno sasso gittato dalle muraa Paolo fu tagliatoel capoVitellozzo fu strangolato; ed in effetto tutti e quattrosendo ancora giovaniperirono di morte violenta.


DiLiverotto s'ha a intendere che e' fu da Fermodi nobile casa; edessendo valente soldato ed in riputazione per essere cognato diVitellozzoe favorito da parte Orsinavenne in disegno di occuparelo stato di Fermoe vedendo che bisognava la forzaordinòche uno dí determinato molti soldati sua confidati spicciolatie sotto nome di altre faccendefussino in Fermo; el quale díessendovi luiconvitò in casa sua messer Giovanni Frangianisuo ziouomo di grande autoritàcon parecchi altri cittadiniprincipali di Fermoe doppo el convitoavendogli con parecchi suacompagni crudelmente amazzaticorse la terra in suo nomeessendoimpauriti tutti e' cittadinie non avendo alcuno ardire di parlare.Ma come volle la giustizia divinaavendo fatto questo eccesso l'anno1501 el dí di san Stefanofu nel sequente annoel dímedesimo di san Stefanofatto nel sopra detto modo morire dal ducaValentino.


Mortiche furono crudelmente costoroel duca si voltò colloesercito suo verso Città di Castellodove si trovava messerIulio vescovo di Castello e fratello bastardo di Vitellozzoedalcuni garzoni figliuoli di GiovanniCamillo e di Pagoloe' qualiintesa la venuta suaessendo sanza forze e sanza speranzesifuggirono; di che lui acquistata quella terraandò subitoalla vòlta di Perugianella quale entrò sanzaresistenziaperché Giampaolonon avendo rimediose nefuggí. Vòlto di poi verso Sienasotto nome di volernecacciare Pandolfo suo inimicoin fatto per fare pruova se potessiinsignorirsenepoi che e' vedde e' sanesi ostinati a difendersipervirtú del quale rimanendo Siena come si eraPandolfo s'ebbe apartire ed andossene a Pisae nondimeno rimasono nel governo gliaderenti ed amici suain modo che si poteva dire lo tenessino fuoramal volentierima per fuggire la guerra del Valentinoaccordandosiancora lui a questo partito. Andossene di poi in terra di Roma alloacquisto degli Orsinidove in brieve tempo occupò ogni cosaeccetto alcune terre di Gian Giordano. Aveva in questo mezzo la cittàper mezzo di messer Giovan Vettorio Soderini oratore nostro a Romatrattato accordo col pontefice; e per questa cagione essendo statoeletto oratore al duca Valentino Piero Guicciardini ed avendorifiutatovi fu mandato Iacopo Salviatia tempo che ancora era a'confini nostri e non si era ritirato in quello di Roma. E finalmentelo effetto fu che doppo molte pratichesendo quasi fermi edappuntati e' capitolinon se ne fece conclusione alcunaorarimanendo dal papa che voleva condizioni disonesteora da noi chevolavamo intendere l'animo del re di Francia.




XXIV- RIVALITA' TRA SPAGNA E FRANCIA IN ITALIA - ELEZIONE DI GlULIO(1503).


1503.Seguitò lo anno 1503nel quale si détte mutazionegrandissima alle cose di Italia. Sul principio di questo anno lacittà desiderosa di armarsie di qualche arme franzese perpiú riputazionetolse a soldo per conforto del re e di Roanoe per mezzo degli oratori nostri che erano in Franciamonsignore de'Soderini ed Alessandro di Francesco Nasiuno capitano franzesechiamato Baglí di Caneuomo valente e di buona riputazionenel mestiere delle arme. Fu la condotta sua cento lancie franzesedelle quali cinquanta ne pagava la cittàcinquanta ne eranoaccommodate dal re; e fecesiperché si credette che per contode' franzesiel papa e Valentino avessino a avere piúrispetto a offenderci; e cosí si temporeggiavano le cose diItaliaquando nel reame nacque uno accidente di momento grandissimo.


Erafra e' franzesi e spagnuoli nata differenzia nel regno per contodella dogana di Pugliala quale non si potendo acconciare colleparolesi venne alle armedove trovandosi e' franzesi piúforti e superiori di numerooccuporono quasi tutta la Calavria; mapoco di poi avendovi el re di Spagna mandato rinfrescamento di gentee trovandovisi per lui Consalvo Ferrando; uomo valentissimosicominciorono a levare via e' vantaggie l'una parte e la altraessere piú del pari. In questo mezzo Filippo duca di Borgognafigliuolo di Massimiano re de' romani e genero del re di Spagnavenuto personalmente in Francia a aboccarsi col repraticò econcluse accordo fra questi principiper virtú del qualeavendosi a levare le offesee l'una parte e l'altra a posare learmee cosí avendo el re di Spagna a ratificare quello cheera stato fatto dal genero di suo mandatofaccendosi per parte diquello re molte cavillazioni; lo effetto fu che Consalvi venne nelreame a giornata co' franzesi e gli ruppe vittoriosamente. E di poiseguitando la vittoriaacquistò in pochi dí Napoli contutto el regnoed espugnò con somma industria e laude quellefortezze di Napoli che erano riputate inespugnabile; e cosíogni cosa venne in sue manoeccetto Gaetanella quale rifuggironouna parte delle gente franzese.


Alterossie risentissi mirabilmente el re di questa percossa e benchédalla parte di Spagna si facessino molte scuse ed introducessinsinuove pratiche di accordoveduto alfine che tutte erano parolesirisolvé a fare uno sforzo ed una impresa potentissima perrecuperare lo stato e l'onoree vendicare quella ingiuria che gliera stata fatta sotto la fede degli accordi.


Erain questi tempi nata fra lui ed el papa indegnazionela quale ebbeforse origine intrinsecaperché el re cominciava a non se nefidare ed a temere della potenzia sua; ma le cagione che apparironodi fuorafurono che doppo la morte degli Orsiniel re scrisse alpapa e Valentinoche in nessuno modo occupassino lo stato di GianGiordano Orsino che era suo soldatoe benché lorospacciatoche ebbono lo stato degli altri Orsinida Pitigliano in fuorasiaccampassino a certe castella di Gian Giordanoel re se ne riscaldòtanto con lettere e con messie fecene tanta instanziache doppomolte querele del papa e Valentinolo effetto fu che nacque unoaccordo tra loroper virtú del quale le terre che erano inquistione s'ebbono a dipositare in mano del re.


Aggiunsesidi poi che el Valentinoel quale aveva a andare nel reame in aiutode' franzesidifferí tanto con varie cagioni la andatachee' seguitò el disordine detto di sopradel quale el papa elui si rallegrorono assaigiudicando che questa mutazione fussi asuo proposito. Per la qual cosa el re insospettito che non siaccordassino con Ispagnafece concetto che aparterebbe molto a suesicurtà degli stati di Italia potersi valere di Toscanaeperò disegnò di fare una unione di FirenzeSiena eBologna. Ed a questo effetto avendone conferito colla città efatto che la prestò favore a questa operafece ritornarePandolfo Petrucci al governo di Sienala quale cosa fu facile perchée' sanesi amici di Pandolfoin mano de' quali era lo statocomeebbono intesa la voluntà del re ed el favore che arebbonodalla cittàposto da canto la paura del papa e Valentinopacificamente e sanza alcuno tumulto lo rimessono in Siena. E luiprima promesse caldamente al re ed alla cittàche come fussitornato restituirebbe Montepulcianodi che non fece nullaallegandomassime non essere in potestà suaperché el popolo nonlo consentirebbe maie però bisognare aspettare qualcheoccasionela quale come venisselui eseguirebbe volentieri; e cosíin questa cavillazione differí tantoche e' si mutarono lecondizione de' tempi.


Inquesto tempo la cittàristretto lo esercito suosi volse adare el guasto a' pisanie' qualimandati oratori al papa eValentinoebbono da lui aiuto di qualche somma di danari e difanterienondimeno el guasto si dette quasi per tuttosendocommessario Antonio Giacomini che allora in quello mestiere avanzavadi riputazione tutti gli altri cittadini. Ma perché e' nonmancava chi tuttavia dessi soccorsoper via di maredi vettovagliea' pisaninon ne seguitava quegli effetti che si disegnavano; perchése bene ne seguitava qualche carestia e difficultà di viverepure la ostinazione loro era tantache e' s'aveva a presupporre cheinnanzi arebbono acconsentito ogni cosa che ritornare sotto ladivozione della cittàe però che non la difficultànon la carestiama la necessità e la forza sola gli aveva acondurre. Riebbesicredoquello annoe fu el sequenteVicopisanoe Librafattae presesi quasi a caso la Verrucolache sempre inquesta guerra si era tenuta pe' pisani; dove si disegnò ecominciò a murare una belle fortezza.


Creòin questo tempo el papa molti cardinalifra' quali messer FrancescoSoderinivescovo di Volterra e fratello del gonfaloniereuomo cheper la età che era di circa a cinquant'anniper essere statolungo tempo in corteper essere litterato e di gran cervello nellecose del mondo ed assai costumatosecondo lo uso degli altri pretisí gli conveniva quello grado. Nondimeno non gliene dettonoquesti meritima lo acquistò con qualche favore di Francia edella cittàin nome; in fattolo comperò buona sommadi danari sendo cosí allora la consuetudine del papaed elSoderinouomo in molte cose virtuosopuredove lo menava laavarizia e la ambizioneimmoderatissimo e sanza rispettosanza fedee sanza conscienzia alcuna.


Avevain questo mezzo el re ordinato uno esercito potentissimo di piúche millecinquecento lancie franzese e quindicimila fantibuonaparte svizzeri; ed aviatolo in Italiafattone capitano generalemonsignore della Tramoia che era el piú riputato uomo nellearme che avessi Franciacosí richiesto el marchese di Mantovavi andassi personalmenteservito ancora di qualche numero di uominid'arme da FerraraBologna e Sienae da noi del Baglí di Cancolle sue cento lancie. E perché queste gente avessino menoriscontroavendo esaminato che tre cose gli potevano tòrre lavittoria: uno potente soccorso che el re di Spagna mandassi nelreamese e' viniziani favorissino quello rese el papa e Valentinosi accordassino con luiavevaper divertire el soccorso di Spagnafatto uno altro esercito non meno potente di quello che veniva inItaliae mandatolo in Linguadoch a rompere guerra agli spagnuoliacciò checonstretti difendersi da quella bandanonpotessino cosí attendere alle cose di Napoli; aveva mandato aVinegia per intratenergli oratore messer Constantino Lascari grecoche già aveva letto greco in Firenze e di poi l'anno 94andatosene in Franciaera favorito da Roano; aveva fatto strignereel papa dagli oratori sua che residevano a Romache manifestassi lasua intenzione. Dal quale però non si traeva se non rispostedubie ed ambigueperché el papa e Valentino sagacissimamenteconsiderando di avere acquistato con favore del re di Francia lostato de' ColonnesiImolaFurliFaenzaRiminoPesero e tantistati in Romagnael ducato di Urbino CamerinoFermo e gran partedella MarcaPerugiaPiombinogli stati degli Orsini e Cittàdi Castelloe che col favore suo non poteva piú acquistareperché cosí era la voluntà del ree n'avevafatto pruova prima nelle cose nostre di poi in Bolognanello statodi Gian Giordano ed in Sienae considerando ancora che se el reotteneva la impresa del reamelui e tutta Italia rimaneva a suadiscrezioneed (e converso )cheaccordandosi cogli spagnuolilorogli farebbono partiti larghi e favorirebbonlo a acquistare SienaBologna e dello stato nostrosi risolveva a non volere seguitare piúla amicizia del re di Francia; da altra parte considerando quantogrande e potente era questo esercitoe con quanti apparati veniva aquesta impresae cosí certificandosi piú ogni díe' vinizianise bene desideravano che el re di Spagna avessivittoriapure si starebbono neutralio se pure favorissino el re diSpagnasarebbono favori piccoli ed occultigli pareva entrare introppo gran pericolo. Pure gli dava animo el vedere essere nel reamepel re di Spagna uno esercito assai potenteed esserne capitanoConsalvi Ferranteuomo di grandissima virtú e riputazioneavere a soldo e' Colonnesiaspettare di Spagna el quale di poi venneun grosso rinfrescamentoessere in pratica di condurre o di giàavere condotto Bartolomeo d'Alviano Orsinoel qualesendo riputatode' primi condottieri di Italia si era partito da' soldi de'vinizianio per non essere di accordo delle convenzioneo perchéloro sotto questo colore ne volessino accomodare sanza loro carico elre di Spagna; in modo che congiunto a queste forze da per ségrande l'esercito suo e del Valentinogli pareva essere gran momentoalla vittoriain modo chefatti questi discorsiè opinioneche in ultimovinto dalla ambizione che gli era ogni dícresciuta collo imperiosi sarebbe alienato da Francia e seguitatele parte di Spagna; quandofuora della espettazione di tuttimorídel mese di... quasi di subito.


Lacagione della sua morte si disse variamente; nondimeno la piúparte si accordò che e' fussi stato velenoperchéfaccendo uno convito a uno giardinodove disegnava avelenare alcunicardinali per vendere poi gli ufici e benefíci lorosendovilui ed el Valentino giunti a buon'ora e innanzi vi arrivassino levettovaglieed avendo per el caldo grande dimandato da berenon viessendo altro vinofu dato loroda chi non sapeva lo ordinediquello dove era el velenoel quale bevuto inavvertentemente fecequesto effetto. E che questa sia la verità ne fa fede che luimorí o la notte medesima o el dí sequentefanne fedeche Valentino ed alcuni altri che vi si trovoronocaddono in malilunghi e pericolosi e con segni di velenode' quali però nonmorironoperchéper essere giovaninon fece sísubito lo effetto suo come nel papa che era vecchio e peròebbono tempo a curarsi.


Cosímorí papa Alessandro in somma gloria e felicitàcircala qualità del quale s'ha a intendere che lui fu uomovalentissimo e di grande giudicio ed animocome mostrorono e' modisua e processima come el principio del salire al papato fu brutto evituperosoavendo per danari comprato uno tanto gradocosífurono e' sua governi non alieni da uno fondamento sídisonesto. Furono in lui ed abundantemente tutti e' vizi del corpo edello animoné si potette circa alla amministrazione dellaChiesa pensare uno ordine sí cattivo che per lui non simettessi a effetto: fu lussuriosissimo nell'uno e l'altro sessotenendo publicamente femine e garzonima piú ancora nellefemine; e tanto passò el modo che fu publica opinione che egliusassi con madonna Lucrezia sua figliuolaalla quale portava unotenerissimo e smisurato amore; fu avarissimonon nel conservare elguadagnatoma nello accumulare di nuovoe dove vedde uno modo dipotere trarre danarinon ebbe rispetto alcuno:

vendevansia tempo suo come allo incanto tutti e' beneficile dispensee'perdonie' vescovadie' cardinalati e tutte le dignità dicortealle quali cose aveva deputati dua o tre sua confidatiuominisagacissimiche gli allogavano a chi piú ne dava.


Fecemorire di veleno molti cardinali e prelatiancora confidatissimisuaquali vedeva ricchi di benefíci ed intendeva averenumerato assai in casaper usurpare la loro ricchezza. La crudeltàfu grandeperché per suo ordine furono morti moltiviolentemente; non minore la ingratitudine colla quale fu cagionerovinare gli Sforzeschi e Colonnesi che l'avevano favorito al papato.


Nonera in lui nessuna religionenessuna osservanzia di fede: promettevalargamente ogni cosanon osservava se non tanto quanto gli fussiutilenessuna cura della giustiziaperché a tempo suo eraRoma come una spelonca di ladroni e di assassini; fu infinita laambizionee la quale tanto cresceva quanto acquistava e facevastato; e nondimenonon trovando e' peccati sua condegna retribuzionenel mondofu insino allo ultimo dí felicissimo.


Giovanee quasi fanciulloavendo Calisto suo zio papafu creato da luicardinalee poi vicecancelliere; nella quale degnitàperseverò insino al papato con grande entratariputazione etranquillità. Fatto papafece Cesaresuo figliuolo bastardoe vescovo di Pampalonacardinalecontra tutti gli ordini e decretidella Chiesa che proibiscono che uno bastardo non possi essere fattocardinale eziandio con dispensa del papafatto provare con falsitestimoni che gli era legittimo. Fattolo di poi secolare e privatolodel cardinalatoe vòlto l'animo a fare statofurono e'successi sua piú volte maggiori ch'e' disegni e cominciando daRomadisfatti gli OrsiniColonnesi e Savellie quegli baroniromani che solevano essere temuti dagli altri ponteficifu piúassoluto signore di Roma che mai fussi stato papa alcuno; acquistòcon somma facilità le signorie di Romagnadella Marca e delducatoe fatto uno stato bellissimo e potentissimon'avevano e'fiorentini paura grandee' viniziani sospettoel re di Francia lostimava. Ridotto insieme uno bello esercitodimostrò quantofussi grande la potenzia di uno ponteficequando ha uno valentecapitano e di chi si possa fidare; venne a ultimo in terminiche eratenuto la bilancia della guerra fra Francia e Spagna; fu insomma piúcattivo e piú felice che mai per molti secoli fussi forsestato papa alcuno.


MortoAlessandrosi feciono nuovi concetti al papato e nuovi disegni de'pricipi; ma sopra tutto ci fece fondamento monsignore di Roanaelquale si dette a credere che trovandosi in collegio piúcardinali franzesi e molti italiani dependenti dal suo reed essendoin Italia uno potentissimo esercito franzeseavere a essere fattopapaalla quale cosa aveva un pezzo innanzi aspirato. E considerandoquanta riputazione e seguito soleva avere in collegio monsignoreAscanioaveva molti mesi innanzi operato che el re a questoproposito l'aveva cavato di prigione e ritenutolo in corteonoratamente e peròsendo venute le nuove della morte diAlessandroAscanioristrettosi con lui e mostrando sommo desideriodella elezione suagli persuase che aggiunti gli amici e credito suoa quello favore che e' vi aveva per lo ordinario per conto del relavia essere facile. In modo che con questa speranza Roano ne venne inItalia e menò seco monsignore Ascanio per trovarsi alla nuovaelezioneavendolo fatto prima giurare che a ogni volontà erichiesta del re se ne ritornerebbe in Francia. E benché e'venissino non molto prestonondimeno per aspettare e' cardinaliassentisi era a Roma date tante dilazioni che e' furono a tempo aentrare in conclave; e ne' medesimi giorni che e' passorono perFirenzeera passato molte gente franzeseed el marchese di Mantovae monsignore della Tramoiaa chi fu fatto grande onore e mandatogliincontro insino a Parma Alamanno Salviati.


Giuntie' cardinali a Roma ed entrati in conclave in numero circa atrentottosi venne allo scrutinionel quale doppo molte pratiche edaggiramenti restorono vani e' pensieri di monsignore di Roano perchéoltre alla opposizione che gli feciono gli spagnuoli che erano innumero circa undicitutti quegli cardinali che erono sanza rispettola contradissono in modo che e' si trovò sanza altro favoreche de' cardinali franzesi e degli italiani sudditi del redelSoderino e del Medici e pochi altri dependenti del reche non eranotanti che forse ascendessino al terzo. E però sendo disperatodi séfece instanzia fussi fatto el cardinale Santa Prassededi nazione genoveseel quale per essere stato amico di Alessandroaveva ancora grazia con molti cardinali spagnuolinondimenoopponendosi a questa intenzionefra gli altrimonsignore Ascanio edel cardinale de' Medicila fine fu che doppo uno dibattito di circadodici dífu creato papa Francesco Piccoluominicardinale diSienauomo vecchio e di buoni costumi e qualitàel quale inmemoria di papa Pio secondosuo zioassunse el nome di Pio terzo.Fatta la elezionee' franzesi che non erano ancora passati elTeverene andorono alla vòlta del reame; ma perchémonsignore della Tramoiao per essere ammalato o per altra cagioneritornò indrietola cura ed el pondo di tutto lo esercitorimase nelle mani del marchese di Mantova.


Doppola morte di Alesandroel duca Valentinosendo amalatostette moltidí colle gente sue in Romae fu opinione volessi fare forzadi creare un pontefice nuovo a suo modoma di poio sendo un pocoalleggerito dal male o fatto altro disegnousci di Roma colle genteper venirsene alla vòlta di Romagnama el male lo impeditanto che e' fu necessario si fermassi verso Civita Castellana. Eranointanto e' Vitelli ritornati in CastelloGiampaolo in Perugiaelduca Guido da Montefeltro in Urbinogli Orsini negli stati loro; inPiombino entrò gente e commessari in nome della cittànostrae' quali potendolo ritenere per noilo restituironodicommessione publicaa quello signore. Solo gli stati di Romagnastavano fermi ne' quali certose fussi stato sanosi sarebbeconservato perché gli aveva messo a governo di quegli popoliuomini che gli avevano governati con tanta giustizia ed integritàche era sommamente amato da loroaggiugnevasi che arebbono avutofavore da' fiorentinie' quali dubitavano che e' viniziani non siinsignorissino di qualcuno di quegli stati. Ma non potendo per lainfermità venire in quella provinciaPesero e Riminorichiamorono e' signori suaImola e Furli si dettono al ponteficebenché la ròcca fussi un pezzo tenuta in nome di unocastellano spagnuolo che vi era drentoche cercava darla con suovantaggio.


RestavaFaenza nella quale tenevano pratiche e cogli uomini e col castellanoe' viniziani; tenevanvi pratiche e' fiorentinie' quali cercavanoper alcuni vi erano rimasti de' Manfredinon tanto per amore loroquanto perché la non venissi in mano de' viniziani ed a questoeffetto avevano mandato commessario a Castracaro Giovan BatistaRidolfi; ma finalmente era la cosa ridotta in terminibenchéio per non essere stato in quegli tempi a Firenze non abbia notiziadel particulareche con poca spesa e' fiorentini facevano di quellacittà quello che volevanoe si conchiudeva pe' savi cittadiniche si facessi a ogni modo per levare a' viniziani la oportunitàdi quella cittàdella quale si varrebbono assai per le altrecose di Romagna e per le cose nostre per essere in su' confini nostrie presso alla città a meno di trenta miglia. Non parve algonfaloniereo perché avessi rispetto alla Chiesao perchéavessie sanza bisognopaura di non entrare in nuova guerra co'vinizianiin modo che non se ne faccendo conclusionie' vinizianifinalmentecomperata la ròcca dal castellanola acquistoronoper sé; e ne' medesimi dí avendo messo paura a PandolfoMalatesta signore di Riminouomo da poco e leggierecomperorono dalui Riminodandogli in ricompensaoltre a certa somma di danariCittadellacastello in quello di Padovae condotta.


Erain questi tempi vacata di nuovo la Chiesaperché el nuovopapasendo vecchio e male sanocirca a uno mese poi che fu elettopapamorí; ed essendo nel crearloperché Roano si eratolto giústata concorrenzia fra monsignore di San Piero inVinculae Santa Prassedefu a ultimo creato Santo Piero in Vinculachiamato Giulianodi nazione savonesee nipote di Sistoda chi erastato fatto cardinalee nominato Iulio secondo. Risentissimirabilmente di questa perdita di Faenza e di Riminoma invanoperché e' viniziani non l'avevono preso per rendergliene; inmodo che sendo sdegnati gli animistettono piú di uno annoinnanzi mandassino oratori a dargli la ubidienzia.


Mandòla città a costui subitoa dare la ubidienziaseiimbasciadoriche furono messer Cosimo de' Pazzi vescovo aretinomesser Guglielmo Capponi protonotario e maestro d'Altopascioqualeera riputato amico del papamesser Antonio MalegonnelleFrancescoGirolami.


Tommasodi Paolantonio Soderini e Matteo Strozzinella elezione de' qualiavoto rispetto che e' vi fussi qualche uomo di autorità sicercò che gli altri fussino uomini ricchi e da potere andarebene in ordinecome richiedeva una tale legazione. Costorodata laobedienziarenderono Citerna al papala qualeessendo terra de'Vitelliera venuta in mano di Valentino e poidoppo la morte diAlessandrodatasi a' fiorentinima perché la era di ragioneecclesiasticael pontefice la rivollee la cittàper non siadirare seco in una cosa di non molta importanzae perché e'si concitassi tanto piú contro a' vinizianifacilmente loacconsentí.


Intantoe' Baglioni e gli Orsini erano iti alla volta di Valentino peramazzarloma lui non avendo altro rimediosendo ancora ammalato siera ritirato in Romadove avendo operato co' cardinali Spagnuoli perSan Piero in Vincola ed avuto promesse grandi da luivenne nelle suemani; dovetenuto sanza effetto alcuno come prigione molti mesisifuggí a Napoli a Consalvidove sendo raccolto con buona cerafu di poi imprigionato e mandato prigione in Spagna; e quivi stato inprigione piú d'uno annosi fuggí occultamente edandossene in Navarra da' sua parentidove fu preso in battagliaassaltato e morto.


Inquesto mezzo erano e' franzesi entrati nel reamee perché elmarchese di Mantova amalato si era ritornato a Mantovasotto elgoverno de' capi franzesi erano venuti in sul fiume del Gariglianodove per la parte di Consalvo si era fatta resistenzia che nonpotessino passare. Quivi stettono molti díne' quali nonfacendo profitto alcuno comincioronosecondo che è la naturaloro quando truovono riscontro a disordinarsia andarsene in qua edin là per la quale cosa Consalvi uomo valentissimoconosciutala occasionegli assaltò e dette una rotta grandissima. Fu inquesto conflitto lodata assai la virtú degli italianimassimede' Colonnesi e di Bartolomeo d'Albiano; de' franzesi una parte nefuggí a Gaetafra quali Piero de' Medicifuggendoannegònel Garigliano; e pochi dí poi e' franzesi che erano in Gaetaprivati d'ogni speranzapatteggiata la salute lorodettono Gaeta aConsalvoin forma che tutto quello regno venne nelle mani del re diSpagnae la riputazione di Consalvoche era chiamato el grancapitanocominciò a essere sí grandeche tutta Italianon diceva altro e n'aveva paura e riverenzia.


Néfu migliore la fortuna del re di Francia di là da' montiperché in Linguadoch a Salsa fu interamente rotto daglispagnuoli lo esercito suo; per le quali cose essendo quello re assaisdegnato e conoscendo esserne state in gran parte cagione e'disordini degli uomini suadeliberò volersi per lo innanzitrovare personalmente a tutte le imprese s'avessino a farele qualitutte insino a quello dí aveva amministrate per mano de' suecapitani; e cosí sendo molto sbattuta e debole la potenzia delre ed inviliti assai per Italia gli amici e dependenti suafu fermaopinione che se Consalvi si fussi fatto innanzi colle sue gentearebbe co' danari medesimi degli italiani rivolto per tutta Italia lostato de' franzesi. Ma luio non considerando questo partito o perqualche altro rispetto e fine incognitoacquistato che ebbe tutto elreameeccetti quegli porti che erano in mano de' viniziani co' qualiteneva buona amiciziafermò le arme; in modo che poco poi traFrancia e Spagna si contrasse una triegua e si cominciò apraticare accordoel qualecome di poi si diràebbeeffetto.




XXV- IMPRESA DI PISA (1504)


1504.Seguitò lo anno 1504nel principio del quale si comincioronoa scoprire nuovi umori di cittadini nella città. Di sopra si èdetto largamente che per cagione si creassi la provisione di fare elgonfaloniere a vitae perché el popolo voltassi tanto gradoin Piero Soderini e come in lui concorressi molti uomini da benemassime Alamanno ed Iacopo Salviati; ora s'hanno a intendere glieffetti suae' quali non corrisposono in gran parte al disegnofatto.


Principalmenteluio perché considerassi che se e' metteva el governo dellecose importante nelle mani degli uomini da beneche loro sendo savie di autorità ne disporrebbono a modo loro e nonseguiterebbono el suo parere se non quanto si conformassino insiemeed (e converso )che gli uomini di meno cervello e qualitànelle cose che avessino a trovarsisi lascierebbono disporre emaneggiare da luie cosí mosso da ambizioneo pure avendopreso sospetto contra ragioneche se gli uomini da bene pigliavanoforzevorrebbono ristrignere uno stato e cacciare lui di quellogrado che aveva acquistato per opera loroo mosso da l'uno e l'altroe cosí da ambizione mescolata con sospettocominciò anon conferire ogni cosa colle pratichele quali quando si facevanoera necessario vi intervenissino e' primi uomini della cittàed in quello che pure si conferivaquando facevano qualcheconclusione contraria al parere suonon volere che si eseguissianzi ingegnarsi ed el piú delle volte mettere a effetto lavoluntà sua. Alla quale cosa aveva la via facileperchécome e' fu creatola multitudineparendogli chepoi che in palagioera uno timone fermola città non potessi perirecreavaquasi sempre de' signori uomini deboli e di qualità che silasciavano menarne da lui in modo che tutta viao tutti gli eranoossequenti e non gli mancavano sei fave. Di questa medesima sorteerano e' collegie la elezione de' dieci anche era cominciata aallargarsi; cosí gli ottantain forma che quello che e' nonconduceva nelle praticheconferendolo con questi altri magistrati edusando ora uno indiretto ora un altrolo tirava el piú dellevolte a suo proposito.


Aggiugnevasiche quando lui entròavendo trovata la città ingrandissime spese e gravezze e molto disordinata nellaamministrazione del danaioe le cose del Monte molto disordinatesierano diminuite in forma le speseche el Monte rendeva piúche l'usatoe le gravezze tutto dí scemavano. La quale cosaera proceduta in gran parte da diligenzia suaperché luiavendo presa la cura del danaio ed amministrandola con sommadiligenzia e con strema miseriache gli era natural e (et iam )nellesue cose private con tutto che fussi ricchissimo e sanza figliuoliaveva limitato moltissime spese. Erane stato aiutato dalla sorteperché non avendo la città piú uno continuosospetto del papaValentinoVitelliOrsinierano cessate moltespese che bisognavano farsie cosí ridotta la città intre cose che satisfacevano sommamente alla multitudine: essere gliufici piú larghi che mai fussinoel Monte ogni dímigliorare di condizione e le gravezze scemareera lodatouniversalmente el suo governo.


Aggiugnevasiche alcuni uomini di autorità ed alcuni giovani che venivanoin riputazionesi gli erano dati in anima ed in corpochi perambizionechi per valersi di luichi per uno rispetto e chi per unoaltromesser Francesco Gualterottiel quale di poi se ne alienòe diventògli inimicoBernardo NasiAntonio CanigianiNiccolò ValoriAlessandro AcciaiuoliAlessandro NasiFrancesco Pandolfini e simili; ma a quasi tutti gli altri uomini diqualità e vecchi e giovani dispiaceva el suo governogiudicando che el volere governare le cose da se medesimo e di suaautorità facessi dua effetti cattivi: l'una checome mostròtutto dí lo effettoe' pigliassi molti errori in danno delpublicol'altra ch'egli spacciassi e sotterrassi interamente gliuomini da bene.


Aggiugnevasiche circa alla giustizia lui ne aveva tenuta cura nessunain modoche in questa parteda poi che e' fu creatola città non eramedicata s nullaanzi piú tosto piggiorata e trascorsa;nondimeno per ancora questo disparere stava coperto o si manifestavapoco. Ma in questo anno si venne a aprireperché TommasoSoderininipote del gonfalonieremaritò una sua piccolafiglioletta a Pierfrancesco de' Medicifigliuolo di Lorenzo diPierfrancesco che era morto l'anno dinanzi; e perché questoparentado non si trattò per mano de' parenti e degli uomini dabenecome ragionevolmente si debbono trattare gli altri parentadima sfuggiascamente e per mano di notaiGiuliano Salviati che eraparente di Pierfrancescoel Alamanno ed Iacopo sdegnatie cosíe' Medici instigati da costoro stracciorono la scritta eintorbidoronlo in modoche quello parentado rimase in aria esospeso.


Eranoe' Salviati sdegnati con luiperché non piacevano loro e' suagoverni e perchésendo stati sua fautori ed operatori assaiche e fussi condotto a tanto gradopareva loro gli pagassi diingratitudine e massime che pochi mesi innanziessendo ser Iacopo diMartinoloro amico intrinsecocancelliere della mercatantíal'aveva difatto e con sei fave de' signori casso di quello uficio. Ela cagione fu per battere e' Salviatiparendogli che per avere sullamercatantía uno instrumento come ser Iacopo (che era uomod'assai ed esercitato in quello luogoin modo che era di momentogrande alle sentenzie che s'avevano a dare) molti cittadini cheavevano a fare alla mercatantía fussino forzati a fareconcorso a loro; e lui diceva in sua giustificazione checonoscendoche si volevano fare capi della cittàaveva voluto privarglidi quella forza per beneficio publico. E cosí si cominciòa dividere la città:

dauna parte Piero Soderini gonfaloniereda altra molti uomini diqualitàde quali si facevano piú vivi e' Salviati e dipoi Giovan Batista Ridolfi e nondimenoperché la moltitudineed el consiglio grande non curava e non attendeva a queste cosequesta divisione faceva gli effetti sua piú tosto fra gliuomini di piú autorità e nelle pratiche e luoghistrettiche altrove.


Inquesto tempo si voltorono di nuovo gli animi alle cose di Pisa; eparendo che fussi bene seguitare nel dare guasto e strignerli collafamesi condusse messer Ercole BentivogliGiampaolo Baglioni edalcuni Colonnesi e Savellie fatto commessario Antonio Giacominisidette el guasto quasi interamente; di poi considerando che tutto díerano mandati loro aiuti di vettovaglie per via di maresi tolse asoldo... Albertinelli con alcune galeee' quali stando intorno aPorto Pisano ed a Torre di Foce impedissino l'entrarvi vettovaglie.


Lequali cose strinsono assai e' pisanima perchénon ostantele galee che erano in mare per noinon poteva essere che qualchevolta non vi entrassi vettovagliefu dato uno disegno algonfaloniere che e' si poteva di sotto a Pisa volgere el letto diArnoin forma che non passerebbe piú per Pisae farlosboccare in Stagno; e cosí che rimanendo Pisa in secconon vientrerebbe piú vettovaglie per via di maree verrebbesi piúfacilmente a consumare. Messesi questa cosa in pratica da' diecicocittadini piú savi e finalmente non si acconsentendoeparendo loro fussi piú tosto ghiribizzo che altrolo effettofu chesendo el gonfaloniere di opinione che si facessila giròcon tante pratiche e per tante vieche se ne venne alla pruova; laquale con spesa di piú magliaia di ducati riuscí vana ecome aveano giudicato e' cittadini savi.


Fecesidi poi un altro errore molto maggiore; perché sendo persuasoal gonfaloniere che la disposizione de' cittadini pisani e de'contadini era sí cattiva che se fussino sicuri poterlo farene uscirebbe tanto a uno a uno che Pisa rimarrebbe votafece controla volontà de' cittadini primi e savi fare una leggechetutti quegli pisani che uscissino di Pisa e venissino in sul nostrofra uno certo terminesarebbono restituiti nelle robe loroperdonati loro tutti e' delittirimessi tutti e' debiti publici.Vinta questa leggee' pisani usorono bene la occasioneperchépochi se ne fuggirono sinceramentema cavorono via molti uominidisutilidi che nacque che avendo meno mangiatorisi sostennono;chécome si intese poi per diverse viela carestia era taleche se non avevano questa uscitabisognava pigliassino partito.Nacquene ancorache molti di quegli rimessi nelle facultà ebeni loro vicini a Pisahannocome è stata ferma opinionesempre aiutato occultamente quegli di drentoe nondimenonon sen'avendo vera notizia è stato necessario conservare la fede. Aquesti malinati per imprudenzia nostrasi aggiunse uno caso difortunaperché e' legni dello Albertinello per tempesta sirupponoe cosí sendo aperta la via del marevi entròper ordine de' genovesisanesi e lucchesi tanto grano che scamporonola fame.


Inquesto verno el re di Francia si trovava (in extremis)perchéavendo avuto uno male lungoe cadutosecondo el giudicio de'mediciin ritruopicosi stimava inrimediabile; e però luinon avendo figliuoli maschie veduto che el regno ricadeva amonsignore di Anguelem giovanettodisfece el parentado dellafigliuola sua col figliuolo dello arciducae maritolla a Anguelemel quale non si trovando in corte si partirono molti signori di cortea visitarlo come nuovo retanto si credeva per ognuno che el refussi spacciato. E cosí in Italia essendo sollevati gli animimonsignore Ascanio che si ritrovava in Romaperché richiestoda Roan non era voluto tornare in Francia ed erasi fatto assolveredel giuramento da papa Pioparendogli tempo a ricuperare lo stato diMilano ed avendocome si credetteintelligenzia col papa evinizianie co' danari sua o di altri condotto Bartolomeo d'Albianoe cosí favorito da Consalvi Ferrando e seguitandolo PandolfoPetrucci ecome si vedde poiGiampaolo Baglionidisegnò conqueste forze prima cavalcare in sul nostro e rimettere el cardinale eGiuliano de' Medici in Firenzee cosí fatto uno stato a suoproposito e del quale si potessi valereandarne alla volta diMilanodove in sulla morte del re pareva la vittoria facilissima; elquale apparato presentandosiaveva molto sollevato ed insospettitogli animi della cittàtanto che ne venne l'anno seguente.





XXVI- LA POLITICA MALDESTRA DI PIERO SODERINI - LE MILIZIE CITTADINE -BERNARDO RUCELLAI (1505).


1505.L'anno 1505fu in Firenze nel principio carestia grandeche elgrano valse lo staio uno ducatoin modo si dubitò assai chee' poveri e 'l popolo non facessino tumulto; pure si manteneva labrigataper essersi condotta buona quantità di grano aLivornoche prevedendo la futura carestia si era fatto venire diFrancia e di Pollonia. Ma accadde che le gente nostrefaccendo unascorreriafurono per loro disordine rotte al Ponte a Capelletto da'pisani molto inferiori di numero; per la quale cosa e' nimicirimasti superiori alla campagnaimpedivano la venuta del grano daLivorno; pure finalmente si prese tale ordine; che venendo qualcheparte del grano ed apressandosi la ricoltala carestia si sopportò.


Indetto tempo el re di Francia cominciato a migliorareguarífuora di speranza con tanta velocitàche in pochi dífu fuora di pericolo; da altra partecome sono vani e fallaci e'disegni degli uominimonsignore Ascanioessendo sanissimomoría Roma in dua o tre giornie dissesi di peste; e cosí elsubito guarire del re e la improvisa morte di Ascanio ruppe undisegno ed ordito grande che si era fatto. Nondimeno Bartolomeod'Albianonon avendo faccende e trovandosi in sull'armecontinuavael mettersi in ordinedeliberato per ordine di Pandolfo e Giampaoloseguire la impresa contro a' fiorentini; e però trattandoside' provvedimenti che s'avevono a faresi condusse per capitano elmarchese di Mantovael quale venne a Firenze con animo di accettaree nondimenoquello che se ne fussi la cagionenon ebbe effetto.Aggiunsesi che Giampaoloritornatosi a Perugia si alienò da'soldi nostri; per la quale cosa la cittàsendo sanza armecondusse Marcantonio e Muzio Colonnaper opera del gonfaloniere elquale si confidava di loro perché erano inimici degli Orsini eperché cosí voleva el cardinale suo fratelloper averein Roma l'appoggio loro e potere stare a petto al cardinale de'Medici parente e favorito degli Orsini.


Eranestato tutto el verno grandissimo disparerepignendola elgonfaloniere per satisfare al cardinaleche si diceva averlo loropromesso e cominciato di già a dare e' danaried opponendosie' dieci de' quali erano capi Alamanno Salviati e LanfredinoLanfredini; e però fu poi opinione che el gonfaloniereguastassi la condotta del marcheseacciò che la cittàfussi necessitata a condurre loro. E perché e' si dubitava cheConsalvo non fussi fautore della impresa di Bartolomeovi mandoronoe' dieci mandatario Ruberto di Donato Acciaiuoliavendone peròfatto conclusione con grandissima difficultà; perché elgonfaloniere vi si opponevae per avervi uno uomo suo intrinsecovivoleva mandare Niccolò Machiavellicancelliere de' dieciinchi si confidava assai. Mandossi ancora degli ottanta mandatario aMilano a monsignore di CiamonteNiccolò di Girolamo Morelli esi ritrasse da Napoli che Consalvo non era per volere aiutareBartolomeoma che noi non molestassimo e' pisaniche erano inprotezione del re suo. Tennesi ancora pratica con Giampaolo diricondurlola quale non ebbe effettoma si tolse uno suo piccolofigliuolo con venti uomini d'arme a che lui acconsentíparendogli che doppo la morte di Ascanio e' disegni contra noifussino debolie la città lo fece volentieriacciòche per questo rispetto Giampaolo si astenessi dal venirci contro.


Bartolomeointantomesso in ordinene venne per la via di Siena al principiodi agostoe non volendo seguitarlo Giampaoloallegando la scusa diessere el figliuolo a' soldi nostroprese la volta di Pisa per lavia di Maremma di Siena e poi di Volterrae perché lo entraresuo in Pisa sarebbe stato danno grandissimo alle cose nostredi chiera governatore messer Ercole Bentivogli e commessario AntonioGiacominisi aviorono a quella volta; e finalmente sendo acchetatein luogo propinquoe sendo pari d'uomini d'armebenché e'nostri avanzassino di fanteriesi venne a giornata a dí... diagostodove doppo una lunga zuffagli inimici furono rotti epresine assaie Bartolomeo d'Albiano ebbe la caccia; pure fuggendoscampò. Furono presi tutti e' carriaggi e bandiere suelequali si apiccorono nella sala del consigliosendo el gonfalonieremolto invanito di questa vittoria ed attribuendola a gloria sua.


Avutaquesta vittoriamesser Ercole ed Antonio Giacomini che erano allorain somma riputazionescrivendone molto in publico ed in privato algonfaloniere che si andassi a campo a Pisaaccennando averviintelligenzia e promettendone una vittoria certael gonfaloniere viera su molto caldo e procedevavi non come chi ha speranza o fede inuna cosama come chi ha certezza. E' cittadini savi e di autoritàerano d'una altra opinione: presupponevano checonoscendo quantafussi la ostinazione de' pisani e quante volte avevano con artetenute pratiche di accordis'aveva a fare fondamento in sulla forzasolae tutte le altre essere cose vane e però essere dapensare come colla forza fussimo sufficientiin che s'aveva aconsiderare quanto e' pisani erano uomini valenti ed esercitati equanto la terra loro fussi piena ed abondante di artiglierie e cosenecessarie a difendersi. E però bisognare tre cose allavittoria di Pisa: unauno valente capoe questo non essere messerErcoletenuto uomo prudente e di grande giudicio a disegnarema dipoco animo e male atto a mettere a esecuzionee se bene aveva rottoBartolomeo d'Albianoche la sorte di uno dí non doveva averetanta efficacia che scancellassi la opinione s'aveva di lui fondatain su e' sua processi di molti anni; la seconda uno esercito grossomassime di buone e pratiche fanterie la quale cosa non era possibilee per la difficultà che avevamo da fare danari e perchérispetto alla scarsità del tempo bisognava con prestezzaesservi a campo; la terzapotervi stare a campo tanti dí chese non el primo impetoalmeno la lunghezza gli domassie questo nonsi potere faresí per la stagione del tempoche siguasterebbe ragionevolmente presto poi che el campo vi fussi giuntoquale non vi poteva essere prima che a' sei o otto dí disettembresí perché vi verrebbe aiuti da Consalvo co'quali poi si difenderebbono francamente. Essere meglioin sullariputazione della vittoria frescavolgere le gente in quello diSienadove era entrata tanta paura e viltàche scorsa epredata sanza riparo quella Maremma e presa Massa o qualche altraterra grossa in pegno di Montepulcianofacilmente si muterebbe lostato di Siena; e di poivoltisi in quello di Luccafare e'medesimi effetti e condurgli a qualche accordoe cosí levatia' pisani questi sussidi che gli mantenevano viviposarsi per quelloannopiú tosto che temerariamente andandovi a campoperdereuna tanta occasione di vendicarsi ed acconciare le cose di Siena eLuccagittare via una somma grande di danariprovocarsi inimicoConsalvo e perdere tutta quella gloria ed onore che si era acquistatonella rotta di Bartolomeo.


Questierano e' discorsi de' cittadini prudentie cosíragunati inuna pratica de' dieci circa quaranta de' principaliquasi tuttid'accordo consultavano. Ma el gonfaloniere che aveva dispostoaltrimentisapendo quello che e' cittadini di autoritàconsulterebbonoavendo affermata la vittoria di Pisaaveva subitofatto chiamare gli ottantae loro avevano vinto vi si andassi acampo; e cosí fattolo intendere agli uomini della praticaloroveduto el suo consultare essere vanoed essere dileggiati dalgonfalonierese ne andorono a casa. L'altro dí poifattochiamare el consigliopropose se s'aveva andare a campo a Pisae sivinsenon vi sendoin uno numero di piú che mille uominialtro che centosei fave bianche. Fatte adunche la deliberazionesiattese ad eseguire ed ordinare che a dí... di settembrefussino a campo.


IntantoConsalvoudito questo apparatofatto chiamare Ruberto Acciaiuolisi era molto dolutodicendo questo essere contro alla fede dataglidi non andare a campo a Pisae minacciando che vi manderebbe aiuto;a che replicandosi per Ruberto non avere notizia di questa promessalui chiamò in testimonio Prospero Colonnael quale disseelcardinale Soderino avergliene promesso per parte del gonfaloniere.Rispose Ruberto giustificando la cittàche non era obligataper le promesse del gonfaloniere; ma non giovando nullaConsalvi glidisse che voleva che ritornassi a Firenze e facessi imbasciada chetra otto dí sarebbono in Pisa le genti sue. Ritornato Rubertoe riferendo al gonfalonierelui sorridendo rispose: «Rubertofra otto dí aréno noi acconcio e' casi nostri»;tanto era ostinato nella opinione sua. Intanto ordinandosi el campomesser Ercole Bentivogli chiese el titolo di capitanoel qualeottenne non per voluntà della cittàma perchénon si partissi.


Venneadunche el campo a Pisa a dí sei di settembree nelloalloggiare fu morto el cavallo sotto a messer Ercole; ed a' díotto la signoria fece venire in Firenze la tavola di Santa MariaImpruneta. Ma come la impresa fu presta e temerariacosí fudebole e vituperoso el successoperché non si scoprendo inPisa intelligenzia alcunael capitano e commessario sbigottironoassaiché aveano in su questo disegno fondata la maggioreparte della speranza loro; e di poi avendo gittate colle artiglieriein terra parecchi braccia di muroe volendo dare la batagliafu ne'nostri fanti tanta viltà e si poco ordineche bruttamenteributtati non feciono effetto alcuno; e di poigiugnendo in Pisaalcuni fanti spagnuoli mandati da Consalvifu necessario levarsi dacampoperduta ogni speranzacon gran carico del capitanodelcommessario e del gonfaloniere. Cosí seguí secondo elparere de' savico' quali s'aveva a procedere non colla multitudinela quale non sa e non considera la circumstanzie delle cose evolenterosa si muove a ogni speranzabenché el gonfalonierenon si movessi per consiglio della multitudinema sendo disposto inogni modo fare la impresapigliassi quel sesto e per sbigottire chila sconfortava e per essere scusato in ogni eventocosa troppobrutta e perniziosa a guidare e consigliare cosí le cosepubliche di tanta importanza.


Levatoel campo da Pisasuccesse non molto poi la morte di Isabella reginadi Spagnacosa di momento grandeperchénon avendo leifigliuoli maschiuna parte di quegli regni che erano suapereredità avevano a venire in mano della figliuola moglie diFilippo duca di Borgognae cosí la potenzia del re Ferrandosi veniva a dividere; e benché lui cercassi rimanerne in vitagovernatorenondimeno quegli populi chiamarono el duca Filippoelquale subito insieme colla donna ne andò in Spagna.


Inquesto tempo el gonfaloniere disegnandocome di sotto si diràfare una ordinanza di fanterie in sul nostroe volendo farne capodon Michelotto spagnuolo che era stato a' servigi del Valentinouomocrudelissimoterribile e molto temutodeliberòperfacilitarsi la via condurlo per bargello del contado; e perchédubitava che se si metteva in pratica de' diecie' cittadini non laacconsentissinofece prima destramente tentare dal Machiavellocancellierelo animo di messer Francesco GualterottiGiovan BatistaRidolfiPiero Guicciardini e dl alcuno de' primie veduto lacontradicevano non ne fatta consulta alcunamesse la condotta apartito negli ottantae trovatigli sorila vinse al secondo e terzopartito. Ebbonne e' cittadini di qualità grande alterazionedubitando che questa voglia di avere don Michele non fussi fondata insu qualche cattivo disegno e che questo instrumento non avessi aservire o per desiderio di occupare la tirannide oquando fussi inqualche angustiaper levarsi dinanzi e' cittadini inimici sua; ebenché molto se ne sparlassinondimenosendo vinta lacondotta negli ottantafu necessario avessi effetto.


Ne'medesimi tempi si cominciò a dare principio alla ordinanza de'battaglionila quale cosa era state anticamente nel contado nostroche si facevano le guerre non con soldati mercennari e forestierimacon cittadini e sudditi nostri; di poi era stata intermessa da circadugento anni in quanondimeno si erainnanzi al 94qualche voltapensato di rinnovarla; e doppo el 94in queste nostre avversitàmolti avevano qualche volta detto che e' sarebbe bene tornare alloantico costumepure non si era mai messo in consultanédatovi ne designatovi principio alcuno. Volsevi di poi l'animo elMachiavello e persuasolo al gonfaloniereveduto che gli era capacecominciò a distinguergli particularmente e' modi; ma perchégli era necessario per riputazione e conservazione di una tanta cosache se ne facessi provisione in consiglioe considerando che peressere cosa nuova ed insolitael popolo non vi concederebbe se nonavessi prima visto qualche saggioo vero se e' cittadini primi nonla consentissinoe dubitandocome era veroche la pratica non viconcorrerebbe cominciò el gonfalonieresanza fare consultacolla autorità della signoria a fare scrivere pel contadocome in Romagnain Casentinoin Mugello e ne' luoghi piúarmigeriquegli che parevano atti a questo esercizioe messiglisotto capicominciò el dí delle feste a fareesercitare e ridursi in ordinanza al modo svizzeronella cittànon si fece nullaperché era cosa sí nuova ed insolitache bisognava condurla a poco a poco.


Furonnene' primi cittadini di vari pareri: tutti acconsentivano lo ordineessere in sé buonoma avere bisogno di due cose: l'unachesi dessi qualche premio a questi scrittiacciò che piúvolentieri si esercitassino e piú fidelmente servissino;l'altrache e' si osservassi fra loro una severa giustizia perchéaltrimenti essendo in su le armesi avezzerebbono a faresuperchieriee sarebbe pericolo che un dí non si voltassinocontro alla città o cittadini. E perché chi credeva chequeste cose si farebbonochi noperò nascevano e' dispareri:alcuni dubitavano che el gonfaloniere non gli adoperassi un día occupare la libertà o a spacciare e' cittadini inimici suae però terribilmente la dannavanoel popolo non si sapevarisolveree però per pigliarlo cominciorono a farne mostre inpiazza de' Signori di seicento o ottocento per voltaed esercitarglialla svizzerain modo che colla moltitudine entrorono inriputazione.


Inquesto tempo Bernardo Ruccellaiinimico capitale del gonfaloniereeche doppo la creazione sue non si era mai voluto trovare a pratichené intervenire in cosa alcuna publicasi partíoccultamente della città ed andossene a Vignonenon avendoconferito forse con alcuno questo suo proposito e le cagione che lomovevanofecesene vari giudici: alcuni stimorono che e' fussipartito perché veduto ordinare e' battaglioni e condurre donMicheleavessi paura che el gonfaloniere non volessi con modoestraordinario e tirannico manomettere gli inimici suala quale cosafacendosistimava avere a essere el primo o de' primi percossielui ebbe caro si credessi fussi stata questa cause; alcuni crederonoche Bernardomale contento del gonfaloniereavessi tenuto qualchepratica con Medici con Pandolfo Petrucci circa a mutare lo statoemassime che Giovanni suo figliuolodi cervello e modi simile alpadreera piú volte andato a Roma occultamente per le poste eperò insospettito non essere messo in una quarantíagiudicio terribilecome di sotto si diràessersi partito. Eda questa opinioneche era forse ne' piú savifaceva fedel'averne piú mesi innanzi mandato Giovanni a Vinegia e di poimenatolo seco a Vignone. Molto lo attribuirono che Bernardoeziandioche fussi sanza sospettosoportassi tanto male volentieri elgonfaloniere e modi suache per non avere questo dispetto in su gliocchi e discostarsi da questa passioneeleggersi el partirsi; aquesto giudicio faceva fede la natura e modi suade' qualiperchéfu uomo eccellente e qualche volta in riputazione grandenon saràfuora di proposito dirne qualche cosa.


FuBernardo Rucellai uomo di grande ingegnodi ottime lettere e moltoeloquentema secondo el parere de' savidi non molto giudicioenondimeno per la lingua per gli ornati ed acuti discorsi che facevaper molte destrezze di ingegnoera universalmente riputatosavissimo. Ma fu di una natura cheo perché gli aspirassi diessere lui capo e guide della cittào perché e' fussiamatore della libertà e desiderassi uno stato libero egovernato da uomini da bene (ma con molte cose si apuntòcheera impossibile fermarlo altrimenti che di cera)non potette maistare contento e quieto a alcuno governo che avessi la città.Era a tempo di Lorenzo cognato suoe con grande autorità ecreditonondimeno impaziente cominciò a mordere le azionisuenon però publicamentema con qualcuno e tanto cheritornava agli orecchi di Lorenzoal quale dispiaceva assainondimeno perché l'aveva molto amato ed eragli cognatolocomportava. Morto Lorenzo rimasenel principiograndissimo conPieroed in forma che pel parentado e per la età potevasperare d'avergli a essere quasi padre; ma cominciato a intraversaresecogli diventò in modo inimicocheper mezzo di Cosimosuo figliuolotenne pratiche co' figliuoli di Pierfrancesco e colduca di Milano; di che sostenuti e' figliuoli di PierfrancescoCosimo ebbe bando di rubello e Bernardo rimase in Firenze conpericolo e sospetto grande.


CacciatoPiero e fondato el consiglio grandea lui dispiaceva sommamenteeperò si oppose alle cose del frate e prese uno modo di viveredi non volere onori e starsi a specchio e pure attendere a ciòche si facevaquanto altro cittadino di Firenzeche acquistònome di essere ambizioso e male contentoin modo che venne in sommoodio al popolo. Arso el fratedove si operò assai inbeneficio de' cittadini amici del fratefu fatto gonfaloniere digiustiziae rifiutollo; di che perdé moltogiudicando assaiche in lui fussi una ambizione infinitala quale non si saziassidegli onori consueti ed ordinarima desiderassi una potenzia edautorità estraordinariae nondimeno era riputato tanto savioche era di gran momento ed aveva fede grande nelle pratiche. Ma poicreato el gonfalonieredel quale era prima privatamente inimicoluiseguitando lo stile suonon volle andare a visitarlonon maiintervenire a pratichee vivendo malissimo contento benché indimostrazione si fussi ristretto con molti litterati ed attendessialle lettere ed al comporreè opinione di qualcuno tenessiqualche pratica de' Medicitanto che ultimamenteo per paura o persdegnosi partí da sé e non cacciato dalla città;cosa miserabile a pensarloche lui vecchio e che aveva in ogni statoavuto tanto creditosi partissi poi in quella forma; e nondimeno nonparve se ne risentissi né curassi persona di qualitàalcunatanto era cominciata a dispiacere la natura ed inquietudinesua.




XXVII- GIULIO II CONTRO I VENEZIANI - FERDINANDO II D'ARAGONA A NAPOLI(1506).


1506.Seguitò lo anno 1506nel principio del quale essendosiordinata la riforma ordinaria del Monte ed una provisioneper potererispondere alle paghedi due decime e mezzoe due arbítri[e] mezzo; ed essendo molte volte ita a partito negli ottantapassòcon difficultàsendo massime contradetta da messer AntonioMalegonnellechemostrando questa gravezza essere disonestapersuase si facessi una gravezza ordinarialo effetto della qualeera in buona parte rincarare el sale. Ma opponendosigli eributtandolo vivamente el gonfalonierepassò gli ottantaevenuta nel consiglio e non si vincendovenne in garada una partedal gonfaloniere che tutto dí chiamando el consiglio noncessava di proporla e riscaldarlada altra da molti uomini da benemassime giovaniche erano molto caldi e solleciti al contradirlaetanto piúquanto e' si intendeva che poco numero di fave glidarebbono perfezione.


Eperò el gonfaloniere riscaldatosendo una mattina ragunato elconsigliofece publicare che secondo gli ordini non potevano esserein consiglio ancora quegli che erano caduti a specchio da poi che siera fatta la ultima imborsazione: il che toccava a moltide' qualila piú parte erano giovani da bene e che si opponevano allagravezza; e cosí voto del consiglio di piú faveinimichecredette avere vinta la provisione. Ma sendo sdegnati diquesto atto disonesto molti di quegli che rimasono in consiglio e cheprima la vincevanoe però dando le fave bianchelaprovisione tornò adrieto; e cosí inaspriti gli animiandò in consiglio a partito centosei volte e finalmente non sivinse. Eravi el gonfaloniere su indiavolatoe come fu entrata lanuova signoriala voleva cimentarema Giovan Batista Ridolficheera de signori nuovisi gli oppose dicendo non essere giusto volerecozzare col popolo e però si riformò el Monte per ottomesinon si ponendo gravezza alcuna. Ma come la signoria fu uscitasi propose una decima ed uno arbitrioe rincarare el ottavo legabelle di dogana; la qualeper parere cosa leggieresi vinsefacilmente.


Indetto tempo nacque uno caso privatoel quale tenne in sospensionemolte settimane la città. Aveva Alessandro di LionardoMannelli per moglie una figliuola di Alamanno de' Medicigiovanedisonesta e cattiva molto notoriamente; costei essendo in villa edAlessandro in Firenzefu di notte amazzata da uno famiglio diAlessandroe parendo verisimile fussi stato per ordine diAlessandrofu posta la querela agli otto contro a lui. E' quali nonsi risolvendo a volerne ritrovare el veroandò el giudicio inquarantíasecondo una legge fatta innanzi a tempo delgonfalonieredove si disponeva che ogni volta che uno caso criminalefussi innanzi a qualunque magistrato e fra uno certo termine non sispedissiavessi a diffinirsi dalla quarantía; che era unogiudicio dove interveniva el gonfaloniereuno de' signoritre de'collegiel magistrato che la intromettevae tanti degli ottantache si traevano per sortema el numero si deputava da' signori ecollegipure che non potessino essere meno di venti né piúdi quaranta; e loro avevano termine a espedirle quindici dí.


Venutoadunche questo caso in quarantíadove venivano in accusa diAlessandro e' fratelli della morta ed in difesa Francescofratellodi Alessandrofu prima ordinato che Alessandro si rapresentassi albargello; e parendo indizi molti urgenti contro a luisi dispose sitraessino esaminatori che avessino a esaminarlo con parole e confune. De' quali sendo a sorte tratto messer Antonio Malegonnellecheera di quarantíanon volle mai dargli funeallegando non viessere indizi sufficienti; in modo che correndo el tempo de' quindicidí e non essendo trovata la veritàné sipotendo gli uomini risolvereassolverono Alessandrocon patto chequesta materia si potessi ogni volta ritrattare e lui non uscissi diprigione insino a tanto avessi dato mallevadoriper cinquemiladucatidi rapresentarsi a ogni requisizione di qualunque magistrato.Ma non si posò per questo la cosaperché e' Mediciavendo notizia che el famiglio che l'aveva morto era fuggito a Sienane avisorono el cardinale de' Mediciel quale vi concorrevavolentierisi per lo interesse del parentadosí perchéintendeva e' Mannelli essere inimici di casa sua ed amici delgonfaloniere e però per mezzo suo Pandolfo lo fece sostenerein Sienae quivi avuto della cordaconfessò averla amazzataper ordine di Alessandroe venuto el processo in mano de' fratellilo riaccusarono agli otto. E perché questa cosa era venutaquasi in divisione di stato rispetto al gonfaloniere ed agli amicide' Medici ed inimici suagli ottodesiderosi di ritrovarne elverochiesono questo famiglio a Pandolfoe non lo potendo ottenerePellegrino Lorini e Giovan Batista Guasconidua degli otto andoronoinsino a Siena a esaminarlo; ed avuto el riscontro in carico diAlessandrotornati a Firenze lo feciono subito pigliare.


Mapoco di poidonde si nascessi la originenon confessando Alessandroche era stato apiccato un poco alla cordaPandolfo concesse elfamiglioel quale venuto a Firenze con sicurtà della vitadisse el contrario di quello che aveva detto a Sienae cheAlessandro era innocente; in modo che gli otto lo assolveronobenchéla piú parte degli uomini restassi in opinione che Alessandroaveva errato. Cosí si terminò questo casodel quale siera parlato assai non solo a Firenze ma ancora a Siena e Romadovesi interpretava che sotto nome di caso criminale fussi una rabbia egara di stato. Ebbene nella prima quarantía messer AntonioMalegonnelle carico grandecome se contro al dovere avessi volutoperdonare a Alessandroed uomini della quarantía scrissonopolizze assai in suo vituperioricordando non era stato síclemente quando furono sostenuti Lorenzo e Giovanni di Pierfrancesco;di che lui che era riputato uomo intero ed amatore dello onoreebbetanto dispiacere chemorendo poche settimane poisi attribuíne fussi stato cagione questo rimescolamento.


Levossinel medesimo tempo una vocecome una figliuola di Piero de' Mediciche era a Romasi era maritata a Francesco di Piero di messer LucaPittiche si trovava nella Marca; e però sendo posto agliotto una querela in carico di Piero Pittichiesono la quarantíala quale si trasse nel medesimo dí che quella di Alessandro.Ma udito Piero Pitti e certificati detto parentado non essere verolo assolverono facilmentee fu opinione ferma e vera che la querelafussi stata posta da chi sapeva la veritànon per punirePiero Pittima per mostrare a chi avessi voglia di fare quelloparentadoche la città se ne risentirebbe e farebbesi caso distatoe che chi lo facessiarebbe a essere giudicato dallaquarantía.


Ne'medesimi tempi si intese essere fatto accordo tra il re Ferrando eFilippo duca di Borgognaper virtú del quale rimaneva al ReFerrando el reame di Napoli e di Sicilia ed el regno d'Aragona: aFilippo la Castigliala Granata ed altri stati; in modo che pervirtú di questo accordoel nome di re di Spagna rimaneva alre Filippoel nome di re di Ragona rimaneva a Ferrando. E poco poidetto re Ferrando ritolse per donna una franzese di casa regaleeper sua dote el re di Francia gli cedé tutte le ragione cheaveva nel reame di Napolie si contrasse pacelega ed amicizia traquesti dua re di Francia e di Ragona. E perché el re di Ragonaaveva per molte cause avuto sospetto che Consalvo non volessiusurpare per sé el reame di Napolideliberòe perquesto e per altri rispettivenire personalmente in Italia con laregina e con tutta la cortee con animo di fermarvisi qualche tempoe si cominciò a mettere in ordine e prepararsi al venirne.Intesesi ancora come Massimianofavorito del re Filippo suofigliuolosi metteva in ordine per passare in Italia per la coronadello imperio e contro al re di Franciadi che sendo sollevata tuttaItalianon ebbe effetto per la cagione che di sotto si dirà.


Elpapaancora sdegnato molto contro a' viniziani per la perdita diRimino e di Faenzae desideroso recuperare quelle terre ed altristati della Chiesamassime Bolognatenuta pratica col re di Franciaed avendo promessa da lui di essere servito di gentepublicòvolere fare la impresa di Bologna ed andarvi personalmenteconanimoacquistata Bolognadi attendere agli stati della Chiesa chetenevano e' viniziani in Romagna; e si credeva che el re di Franciaromperebbe la guerra in Lombardia. Partissi adunche da Roma e stettemolti dí fermo in quelle circumstanzieperché e'favori del re gli mancavano sotto; pure di poi assodatosenene vennea Perugia e fatto accordo con Giampaolo Baglioniche governavaquella terragli dette condotta e lasciò uno legato inPerugia e ridusse quella terra in arbitrio suo rimettendovi ancoramolti fuorusciti inimici di Giampaolo e restituendo loro e' beneusurpati. Richiese ancora la città di cento uomini d'arme perquesta impresa; della quale dimanda faccendosi praticaalcuni lacontradissonode' quali massime furono capi messer FrancescoGualterottimesser Francesco Pepi ed Alamanno Salviati; e benchéallegassino molte ragione che erano tenute deboletacevano la verache gli movevache era per fare vergogna al gonfaloniere ed alcardinale suo fratello e' quali avevano sanza dubio promessoprivatamente al papa questo sussidio e volevano di questo beneficiopublico acquistare grado in privato.


Nondimenoperché male si poteva negare questa dimanda Giovan BatistaRidolfiPiero Guicciardini e molti altri la confortoronoin formache accordandosi la piú parte e favorendola el gonfaloniere siconsentí e si mandò con queste gente MarcantonioColonna.


Seguitòdi poi el papa el suo viaggioed essendo pieno di sdegno contro a'vinizianiuscí della via diritta per non passare pe' terreniloroe vennene in sul nostro per una via piú lunga edifficiledove essendo accompagnato da Pierfancesco Tosinghi nostrocommessario in Romagnagli disse che era venuto el tempo che noivedremo vendetta degli inimici della Chiesa e nostriaccennandoapertamente de' viniziani. Cosí appressandosi a Bologna conforte esercitopublicò una fortissima escomunica contro amesser Giovanni Bentivogli e figliuoli comprendendovi drento tuttiquegli che gli dessino alcuna spezie di sussidio e favore; e da altrocanto apressandosi le gente franzeseera ridotto lo stato di messerGiovanni in somma diffìcultà; in forma checome elpapa fu in Faenzadove era andato per la città nostraimbasciadore messer Francesco Pepimesser Giovanni ed e' figliuoliinviliti e diffidati di se medesimifatto certo accordosifuggirono di Bolognaed e' bolognesi subito si dettono al papa. Laquale cosa intendendo e' franzesi che desideravono mandare Bologna asacco come uomini bestiali e sanza ragionevollono entrareviolentemente in Bolognama difendendosi francamente quegli didrentofurono ributtati; e nondimeno el papaper posarglidetteloro certa somma di danari e poi entrò con tutta la cortepacificamente in Bolognae vi cominciò a edificare unafortezza.


Erain questo mezzo el re di Ragona venuto per mare alla volta del reamee molti de' sue gentiluomini e baroni colle donne e brigate loro nevenivano per terra; e perché gli aveva per transito a toccarePiombinovi fu mandato oratori a visitarlo e presentarlomesserGiovanni Vettorio SoderiniNiccolò del Neroamico suo peravere lungamente fatto faccende in SpagnaGiovan Batista Ridolfi edAlamanno Salviatide' quali Giovan Batistaamalato per la viasiritornò a Firenze. Aspettoronlo quivi piú di uno meseperché el resendo arrivato a Portofino in quello di Genovafu constretto pe' tempi cattivi starvi molti dí e di poiarrivato in Piombinomostrò avere molto care questavisitazione della città. Partitosi da Piombinoebbe in queglitempi nuovecome el re Filippo suo generoavendo avuto male due otre giorniera morto; segno della fragilità umanache unoprincipe sí grande e sí felice pel reame di Spagnapelducato di Borgognaper la aspettativa dello imperioessendo giovanee gagliardomorissi quasi di subito.


Fuquesta morte cagione di impedire la passata di Massimiano in Italiaperché mancandogli questo favore e non gli bastando le forzesuefu constretto a cercare aiuti di altri; fu gratissima al re diFranciaper essersi levato dinanzi uno vicino suo inimico epotentissimoe vedere indebolita la possanza del re de' romani; fugrata al re Ferrandoperché rimanendo lo stato di Spagnanelle mani della figliuola suaebbe speranza avere a essererichiamato al governo; e nondimeno seguitando el suo viaggioedessendogli venuto incontro e datosigli nelle mani liberamenteConsalvofu ricevuto in Napoli con grandissima allegrezza e piaceree fece ne' primi giorni molti segni di benivolenzia a Consalvonondimeno poco poicon tutti e' modi che potettegli tolsetacitamente riputazione. A questo re riputato molto savio e buono edaspettato con sommo desiderio da chi desiderava acconciarsi le cosedi Italiamandò la città oratori messer FrancescoGualterotti ed Iacopo Salviatiavendo grande speranza che e' fussiper annunciare le cose di Pisa; il checome di sotto in altro luogosi diràriuscí vano.


Vinsesipoi la provisione di fare la ordinanza de' battaglioni nel contado eper dare piú riputazioneche e' si creassi uno magistrato dinove cittadini e' quali tenessino la prima degnità doppo a'dieciche avessino cura di questa opera; e cosí furonocreati.


Avutache ebbe el papa Bolognaaspettandosi che e' facessi la impresacontro a' viniziani ed avendo lettere dal re di Francia come e' simetteva in ordine con grosso esercito per venire personalmente inItalia ed a Bologna a fargli reverenzia ed aboccarsi colla santitàsuasubito (ex arrupto)lasciato un legato a Bologna ed ordinateuna certa forma di governose ne ritornò con la corte a Romaper la via di Romagnatoccando per transito e' terreni de'viniziani. La cagione fu interpretata perché e' dubitassi cheessendo el regno di Francia in nome apresso al rein fatto nellemani del cardinale di Roanoche se el re veniva con tanto esercitoin Italia ed a Bolognaquello cardinale per ambizione del papatonon gli facessi mettere le mani adosso e privassilo del papato. Manon si seppe se questo sospetto gli entrassi naturalmente da semedesimoo pure per suggestione del cardinale di Paviael qualepoteva in lui el tuttoe di altri sua confidati che fussino staticorrotti da' vinizianiquello che si fussi la cagionequestapartita roppe tutti e' disegni fatti contro a' vinizianie' qualierano sí fondatiche loro ne temevano assai.


Allafine di questo anno essendo tornato el papa a Romagli fu creatooratore Ruberto Acciaiuolied a Napoliin luogo di messer Francescoe di Iacopo che volevano tornarefu eletto Niccolò Valori.




XXVIII- LUIGI XII IN ITALIA - MASSIMILIANO I D'ASBURGO DISCORDIE INFIRENZE (1507)


1507Seguitò lo anno 1507nel principio del quale nacquanomovimenti nuovi per le cose di Genova. Era nella fine dello anno natain Genova differenzia tra e' gentiluomini ed el popolola qualeprocedé tanto oltreche el popololevato in armecacciòdi Genova tutti e' gentiluomini con le donne e famiglie loromaperché e' ricorsono al re di Franciasotto el dominio di chiera nello acquisto di Milano venuta Genovalui cercòpacificamente rimettergli nella patria Ma sendo ostinati gli animide' popolani ed intendendo che el re era dispostose non giovavanoe' modi dolcia usare la forza prese alla fine l'armesiribellorono dal re ed accamporonsi al Castelletto che era guardatopel rerichiedendo di aiuto el papalo imperadoreel re di Napolied e' viniziani. E però nel principio di questo anno el reordinato una grosso e potente esercitone venne alla volta di Italiadi che sendo avisata la città da Francesco Pandolfiniche viera oratore mandatovi in scambio di Niccolò Valori che vi erastato mandato doppo Alessandro Nasisi elesse oratori nuovi peronorarlo in Italia Giovan Batista Ridolfi ed Alamanno Salviatie'quali avendo rifiutato vi furono mandati Pierfrancesco Tosinghi eGiovanni di Tommaso Ridolfi.


Elre intantogiunto a Milanosi aviò personalmente colle genteverso Genovabenché Roan ed e' primi della corte molto losconfortassino dello andare in personaperchérispetto a'luoghi aspri e difficilipareva che si mettessi in qualche pericoloe quando bene non vi fussi pericoloche non riuscendo la impresagiucassi troppo della riputazione sua. E certo questa impresa furiputata tanto difficileche tutta Italia stava sospesa a aspettarnelo effetto perché oltre allo essere fra Milano e Genova passimolto forti ed aspri dove avevano a passare e' franzesioltre alloessere la città fortissima e di natura e di accidentesiintendeva che quello popolo armigero ed uso alle zuffe eraostinatissimo al difendersi. Avevano eletto uno popolano vile perdogeavevano pieno Genova di soldati e fanti forestieri e pareva checon grande animo aspettassino la venuta degli inimici; ma come el rein persona e le sue gente si accostorono alla cittàsubitoentrò fra loro tanta viltà e disordineessendo massimestati ributtati da uno passo forteche prestissimamente si dettonoal re.


Credesiche questa vittoria dispiacessi al papa ed al re di Napolinondimenomassime el renon ne feciononé prima népoisegno manifesto. Ma certo fu che a' viniziani dispiacque assaie' quali considerando essere el re in Italia con sí grossoesercitoe quanta riputazione aveva acquistata per la sípresta espugnazione di Genovacittà fortissima epotentissimacominciorono molto a temere dello stato loroe peròvoltisi allo imperadorelo richiesono facessi qualche dimostrazionedi volergli soccorrere in caso che el re gli offendessi; il che luifece volentierie gli serví di cinquemila uomini; publicandoche gli aiuterebbe con tutte le forze sue.


Ebbedi questa vittoria grandissima allegrezza la città nostraperché avendo e' pisani mandato aiuto di molti uomini a'genovesiel re dimostrò averlo per male e disse molte volteagli oratori nostri che acquistata Genovavoleva renderci Pisaechebisognandoverrebbe a questa impresa per nostro capitano. Macome facevano tutte le nostre buone nuoveogni cosa diventòvanaperché el reacquistata Genovaintendendo el sospettode' viniziani e come e' si gitterebbono in collo a' tedeschi emetterebbongli in Italiacon tutto che fussi molto male dispostocontro a loropure per non si recare tanta piena adossofece ognidimostrazione per assicurargli; e però subito rimandòparte delle gente in Francialicenziò e' svizzeri che avevatolti a soldodette voce volersi presto tornare in Francia. E cosífece con effetto perchécome ebbe rimessi e' gentiluomini inGenovaordinato trarre da tutti somme grande di danaritagliato elcapo al doge nuovo ed a altri de' primie molti cacciatinedisegnato fortificare la città a suo proposito in piúmodied in ultimo aboccatosi a Saona col re di Napolisi ritornòin Franciaseguitandolo oratore in nome della città Giovannidi Tommaso Ridolfi.


Inquesto tempo medesimo el re di Napoliessendo stato richiamato algoverno degli stati della figliuola suadeliberò tornarsenein Spagnae però lasciato a Napoli uno vicerésiimbarcòmenandone seco Consalvoe fatta la via da Savonadove era aspettato dal re di Franciaentrò in Savonae quivistato alcuni dí a parlamento con quello rerimontato in navee menandone seco Consalvose ne andò in Spagnadove gli fuconsegnatanon sotto nome di re ma di governatorelaamministrazione di tutti quegli stati della figliuola.


Fula partita sua di Italia non con quello favore e riputazione che eravenutoe principalmente e' popoli del reameche l'avevano aspettatocome uno Diorimasono molto male contentiperché e' feceloro imposizione assai di danari e messe ogni arte in fare danari nelregno.


Cosíquegli che speravano che egli avessi a acconciare Italiane rimasonopoco satisfattiperché e' parve che e' pensassi a ogni altracosae benché da moltimassime dagli oratori nostriglifussi mostro quanto lui ed ognuno aveva da temere de' viniziani perla potenzia loroconfortatolo a volere recuperare e' porti sua edabassarglie quanto la città nostra se fussi reintegrata diPisa sarebbe buona a questi effetticome molte volte aveva mostro laesperienzia de' tempi passatinondimeno in tutte le pratiche sitenne con lui di Pisaogni cosa si riferiva a danari. Le quali coseerano imputate non solo alla natura sua che era avarissimama nellenecessità si trovava per lo accordo fatto con Franciapervigore del quale era obligato dare a lui certa somma di danaricioècinquantamila ducati l'annoduranti certi tempiconservare in statoo dare ricompenso a molti che avevano seguitati e' franzesifarebene e rimunerare e' partigiani sua; le quale coseper essere menogli stati che gli uomini che gli bisognava contentareeranecessitato espedire con danari. E nondimeno la sua partitadispiacque alla cittàperché si credeva che fermandosia Napoli penserebbe a volerne essere un dí signore intero edassolutoed a diminuire la potenzia de' viniziani.


Partitidi Italia e' due resi cominciorono a suscitare nuovi tumulti perconto della Magna perché e' si intendeva che lo imperadoredisposto al tutto di passare in Italiaaveva chiamato a Gostanza unadieta de' principi e communità della Magnae che aiutatodalle forze loroverrebbe non tanto per la coronaquanto perriconoscere la ragione dello imperio in Italiae che sarebbe unaimpresa comune di tutta la Magna. E perché si intendeva che elre di Francia stimava assai questo movimento ed ordinava di farepreparazione grandissime e cosí che el papa ed e' vinizianiavevano uomini nella Magnasi cominciò a fare giudicio nellacittà che sarebbe cosa di molto momento e però sipropose per molti che e' sarebbe bene mandarvi uno uomo. E fu elettoper opera del gonfaloniereche vi voleva uno di chi e' si potessifidareel Machiavelloel quale mettendosi in ordine per andarecominciorono a gridare molti uomini da benechi e' si mandassialtriessendo in Firenze tanti giovani da bene atti a andarvi ed e'quali era bene che si esercitassino. E però mutata laelezionefu deputato Francesco di Piero Vettori con commessionegenerale e da intendere e scriverenon da praticare e conchiudere.


Mariscaldando ogni dí questa vocesi cominciò apraticare di mandare imbasciadoria che opponendosi vivamente elgonfalonierein ultimo la pratica conchiuse di eleggergliriscaldandosene massime Giovan Batista Ridolfiche aveva nellepratiche credito ed autorità grandissima. Furono adunqueeletti dagli ottantaPiero Guicciardini ed Alamanno Salviatie'quali avendo accettatonacque nel mandargli disparere grandissimoperché el gonfaloniere non voleva mandargli Giovan BatistaRidolfi ed e' Salviati volevano. Quegli che confortavano elmandarglicioè Giovan Batista ed e' Salviatico' qualiconcorreva Lorenzo Morellimesser Francesco PepiLanfredinoLanfrediniGuglielmo de' PazziPiero PopoleschiPiero degliAlbertie molti altripresupponevano che e' fussi da credere lapassata dello imperadore con grandissime forzeil che dimostraval'essere ragunata e fatta risoluzione di passare tutta la Magnalaquale non essere da credere che volessi rimanere vituperatecomesarebbe se e' non passassi: dimostravalo e' favori arebbe dal papaedi danari e di ogni aiutoche lungamente per vendicarsi del re diFrancia e de' viniziani aveva tenute pratiche con lui ed in ultimomandatovi per legato (de latere )con amplissime autorità ecommessioneel cardinale di Santa Croce; dimostravalo gli apparati ele grandissime spese faceva el re di Franciale quali per certo e'non farebbese non vedessi in ordine la passata sua.


See' passava essere da tenerne per certa la vittoriaperché leforze della Magna essere molto maggiore che quelle del re di Franciae tanto piú se e' fussino con loro e' svizzeri come sicredevadi poi lo stato di Milanodove s'aveva a fare lo insultoessere male disposto contro al re ed appetire grandemente questamutazione; e però potersi conietturare la vittoria. La qualeseguendose noi prima non avessimo appuntato secoche e' sarebberagionevolmente adirato con noisendo mancati di quelle debiteriverenziea che gli eravamo tenuti per debito dello imperio; non sidovere attendere quello fussino per fare e' vinizianiperchésecondo quello che era verisimilesarebbono d'accordo colloimperadore amico lorocontro al re loro inimicoe quando pure nonfussino d'accordo nascerebbeperché lo imperadoresendoeglino incompatibili col papagli rifiuterebbeil che tanto piúdimostrare la potenzia sue e doverci fare piú caldi a essereseco d'accordo ed aiutare [la] ruina de' viniziani. Essere daconsiderare che se noi fussimo d'accordo collo imperadore e luivincessirecupereremo Pisa e cosí apunteremo secose e'perdessi non ci mancherebbe modo a medicare Francia con danaricomeci aveva molte volte mostro la esperienziase noi fussimo d'accordocon Francia e lui vincessia noi non tornerebbe utilitànessunaperché con loro non ci era mai giovato el bene farese lui perdessi patiremo assaie cosí seco ci toccherebbe astare alla perdita e non al guadagno; doversi adunche risolvere inquesta partené curare le parole del gonfaloniereel qualese bene vedessi la ruina della cittànon sarebbe per deviareda Francia per la dependenzia che aveva con quello re e lui ed elcardinale suo fratelloche aveva in Francia benefíci edentrata per piú migliaia di ducati. Queste ragione siallegavano per chi consigliava el mandarsi gli imbasciadoride'quali molti si movevano peròe perché forse pensavanoin sulla venuta dello imperadorerimescolandosi le cose della cittàpotersi tòrre lo stato al gonfaloniere.


Daaltra parte al gonfaloniere dispiaceva el mandarglimosso forse insecreto per non abandonare la amicizia di Franciautile a séed al cardinale suo fratelloe perché degli imbasciadori cheavevano a andarecredeva che Alamannoper essere inimico suogliopererebbe contro quanto potessi; di Piero Guicciardini sapeva chese bene non gli opere[re]bbe contronon era per operare per lui dapartema solo attendere alle cose della città. In questoparere del non mandare imbasciadori concorrevano tutti quegli cheseguitavano ordinariamente e' pareri del gonfalonierecome NiccolòValoriAlessandro AcciaiuoliFrancesco Pandolfini e similie'quali però non avevano molto creditoma vi concorreva PieroGuicciardiniche difendendo vivamente questa parte nelle pratichela sostenne assai colla autorità suae messer FrancescoGualterottibenché spesso parlassi ambiguopure piútosto vi inclinava.


Allegavanocostoropresupponendo che quando si mandassi imbasciadori con animodi non conchiuderema solo per intratenere lo imperadore e servire adimostrazione e cerimoniequesta andata sarebbein quanto alloimperadoredisutileperchécome egli intendessi venire gliimbasciadorisi persuaderebbe venissino a comporreil che nonriuscendogli parrebbe essere uccellato e tanto piú sisdegnerebbe; cosí si farebbe offesa al re el qualeinsospettirebbe che noi lo volessimo abbandonare ed inoltre arebbeper male che noi favorissimo di questo nome e riputazione gli inimicisua; e però essere da fare una delle due conclusioneo di nonmandare imbasciadori o di mandargli con ordine e commessione diappuntaree cosí el punto di questa deliberazione essere solose era bene fare accordo collo imperadore o no. In questo aversi apresupporre ed essere chiaroche ogni accordo che si faceva secoviavere a correre danari e somma grossa di presente; e' quali non sipotendo annoverare se non si facessi provisione di nuova gravezzasipoteva giudicare che non si vincerebbe in consiglioperché elpopolo non concorre mai allo sborsarese non quando e' pericoli e lesperanze sono in sull'uscioe non lo muovono e' movimenti propinquidi Italianon che e' remoti della Magna. E però essere daconchiudere che quando bene el comporre era collo imperadore fussiutile per la cittànondimeno la difficultà alprovedere al danaio sarebbe tale e potrebbe recare seco sínuovi accidentiche e' non sarebbe da pensarvise una urgentedifficultà non ci costrignessi. Ma andando piú làquando el danaio ci fussi in manopotersi fare seco accordo in duemodi: uno di essere seco in ogni impresacontro a Francia ancoral'altrosanza obligarsi contro a personasovvenirlo semplicementedi danari. L'uno e l'altro avere a dispiacere insino al cuore al redi Franciae tanto el secondo modo quanto el primo perché nonmancando allo imperadore gente ma danarisovvenirlo di quegliessere come armarlo e metterlo in campo contro a luie cosíin qualunque modo accordo si facessioffendendosene edinimicandosene el reessere partito di grandissima importanza.Perché e' non era certo che lo imperadore avessi a passareperché da sé non era bastante; e se bene e' principidella Magna ci parevano caldinondimeno difficultarsi a risolversifacilmente quelle deliberazione che pendevano dalla voluntà dimolti; e massime che e' non era credibile che le communitàinchi aveva a consistere el nervo della impresa per la abilitàche hanno al danaio e la povertà de' principi volessinospendere grossamente per conto dello imperadore e degli altrisignoridella grandezza de' quali non guadagnavano nullaanzi neperdevanoperché quanto piú erano potentitanto piúgli avevano a temere.


Cosínon si vedere ancora sí certa la intenzione del papa e de'vinizianiche si potessi farvi fondamento al risolversenee quandopure lo imperadore passassiche la forza e gli apparati del re eranotaliche e' non era da giudicare cosí (de facili )la vittoriade' tedeschi; e però essere molto bene da considerare inquanto pericolo noi entravamoperché fatto lo accordose loimperadore non passava o passando perdevanoi rimanavamo sanzarimedio alcuno a discrezione del reinimico nostro ed offeso da noise e' vincevasendo lui bisognoso di danarie non piúosservatore della fede che gli altri barbaried essendo la cittàin opinione di riccanon gli mancherebbe in ogni modo via ecavillazione da trarci di mano nuovi danari. Da altro cantose noifussimo di accordo col re e lui vincessise bene forse non cirendessi Pisanoi non sentiremo altra briga e conserveremo quelloche avevamoil che non era poco in tempi sí pericolosi eforti; se e' perdessilo imperadore sarebbe si munto di danari chee' non mancherebbe via a posarlo con danari e forse con meno sommaperché n'arebbe allora piú bisognoe quanto piúche noi ci potremo scusarenon avere composto seco mentre era nellaMagnaper la paura ci bisognava avere del re di Franciamentre cheera in Italia propinquo e potentissimo. Considerato adunche el tuttodoversi piú tosto seguitare la amicizia di Francia che delloimperadorein che non essere di poco momento che noi non potavamocomporre collo imperadore se non dandogli danari e con sconcio nostroe con difficultà; dove tenendoci con Francianon ci correvanoia alcunaperché quello reo non ci richiederebbe di nullao solo di qualche gente di armedi che lo potavamo servire sanzaindugio e spesatenendole pagate per lo ordinario e non avendo aservircene a alcuna fazione.


Insu queste dispute tenendosene moltissime volte pratica ne' dieci enegli ottantala risoluzione che si faceva era sempre che siaspettassi uno altro aviso da Francesco Vettori; dal qualeintendendosi come le cose riscaldavano e che era voce che gliapparati ordinati alla dieta dovevano essere in su' campi a SanMichele di settembresí gli dette commessione praticassiaccordo. E perché ogni cosa aveva a ritornare a danarifuronole prime chieste dello imperadore molto grandeinsino a dimandarecinquecentomila ducatidi poi pure riducendosi a legavenne acinquantamila ducati. In su che tenendosi praticae deliberandope'caldi avisi che venivano della Magnadarne commessione con certelimitazioneperò el gonfaloniereche desiderava avervi unodi chi e' si potessi fidari e credergli e fare forse non meno e'fatti sua che della cittàintrodusse ne' dieci cheper dubioche le lettere non capitassino malesarebbe bene mandarvi uno cheriferissi a bocca; e cosí non sendo chi si opponessiottenneche vi fussi mandato el Machiavello.


Trovavasiin detto tempo in Francia imbasciadore Giovanni Ridolfiel qualetutto dí avisava e' potenti apparati del re e confortava econsigliava caldamente la città a non si volere partire daquella amicizia; in modo che ne acquistò carico grande e futenuto non facessi lo uficio di imbasciadore e di uomo prudentee sidiminui assai della riputazione suache era riputato prima savio evalente cittadino. Richiese intanto el re di essere servito di gented'armela quale cosa gli fu negataallegando aversi a adoperarenelle cose di Pisa di che lui temperando la indegnazione ne concepéed el sospetto che aveva preso di noimostrò di non siadirare né risentire. E' viniziani in questo mezzo siaccordorono col rela qual cosa non tolse e' dispareri della cittàgiudicando alcuni che e' l'avessino fatto per cognoscere la debolezzadella Magnaalcuniperché lo imperadoreper non nedispiacere al papanon gli avessi voluto accettare. Era elgonfaloniere riputato amico del re di Francia ed inimico di tutti gliinimici sua; la quale opinione non solo era in Firenzema ancoradivulgata fuori della cittàintanto che lo imperadore ne'tempi che convocò la dieta a Gostanzamandando uno uomo suoin Italiagli dette una lettera di credenza a Alamanno Salviati egli commesse lo confortassi a consigliare la città a volgersialla via suadicendo che non aveva fatto capo al gonfaloniereperché sapeva che lui non si discosterebbe mai da Francia edessendo questa opinione di luitutti coloro che confortavano laandata degli imbasciadori ne dicevano malein modo che per la cittàn'aveva carico grandissimo.


Allungavansiintanto le cose dello imperadoreperché e' termini del veniresi differivano tuttavia piú oltreed oltre allo essere e'viniziani accordati col renon si intendeva che el papao peravarizia o perché pensassi meglio di quanto momento elpericolo sarebbe questa impresa concorressi a dargli danariin modoche ultimamente lo imperadoretrovandosi in galea con poco biscottoaviò una parte della sua gente verso el Friuoliun'altraverso Trento per battere le terre de' viniziani. E però e'viniziani mandorono in Friuoli con grossa gente el signore Bartolomeod'Albianodalla banda di Trento el conte di Pitiglianoed el re diFrancia mandò loro in aiuto buono numero di gente di armesotto messer Gian Iacopo da Triulzi.


Scorsonoe' tedeschi con poco numero e debolmente insino presso a Vicenzaedi poi avendo sí grossa opposizione si ritirorono nella Magna;da altra banda e' tedeschi che erano nel Friuoli sendo con pocheforze e poco ordinescaramucciorono col signore Bartolomeoedessendo rotti da luiel signore Bartolomeo scoperta la lorodebolezzacominciò per commessione de' viniziani acampeggiare le terre loro e prese TriestiGoriziaFiumeedacquistò uno stato a' viniziani di entrata di cinquantamiladucati o meglio ed utilissimoperché per molti passi diimportanza era una forte guardia di tutti gli stati loro da quellabanda. Sbigottito da questa percossa lo imperadoreragunò unadieta di nobili a Ulmodove mancandogli sotto ogni favoreconchiusein ultimo una triegua con vinizianiper virtú della qualetenendo e' viniziani durante la triegua quello che avevano acquistatogli avevano a dare ogni anno ducati trentamila. Questo fine ebbe elmovimento dello imperadoreel quale aveva messo tanta paura al re diFranciache spese una somma infinita di danari; messe in taletravaglio e divisione la città nostrache per certoseseguitavasi faceva qualche disordineil che nasceva in gran parteper non intendere particularmente la verità de' sua processi.


Intesesipoi come lo imperadore aveva insino l'anno dinanzi insino quando elpapa partí da Bolognatenuto pratiche di passare in Italiacol papa che era adirato col re e co' viniziani che temevano dellosforzo che faceva per la impresa di Genova; di poi avendo fattobeneficio a' vinizianiquando el re prese Genovacon faredimostrazione di favorirgli se el re gli offendessisi persuasetanto che dovessino essere dal suobenché altrimenti inparticulare non si fusse assodato con loro; credette ancora che e'svizzeribeneficati molte volte e favoriti da lui contro a' príncipidella Magnalo seguitassino.


Eperò quando fece la dieta a Gostanzasendo riscaldati glianimi de' tedeschi a questa impresae proponendo volere fare unogrosso esercito e disegnare capitani in nome dello imperio e fare laguerra per lo imperio (la quale deliberazione se si facevaerafacile cosa che passassino in Italia potentissimi)lo imperadore chedesiderava fare la impresa per séacciò che elguadagno fussi tutto suoed avendosi presupposto per certo che elpapaviniziani e svizzeri lo dovessino seguitaree peròparendogli non avere bisogno di molto aiuto alla dietasi opposevivamente ed impedí questa deliberazionedicendo: «(egopossum ferre laboresvolo etiam honores»)e dimostrando cheuno mediocre sussidio gli bastavae però sendo conclusosecondo la sua richiesta ed in forma che sanza gli aiuti di Italianon poteva fare nullagli riuscí ogni pensiero vano. Emeritamenteperché doveva non promettersi nulla di personaper ragione e segni generalise prima non capitolava ed obligavagliespressamente; accordoronsi e' viniziani col re contro a luiel papanon resse a dargli danari; e' svizzeri non avendo danari da lui néda altri per conto suosi stettono in modo che lui disperatoeparendogli essere vituperato se non faceva qualche cosaruppetemerariamente guerra a' viniziani eper non avere vergognaprovocando con somma sciocchezza l'arme di chi gli era superioreassaisi tirò adosso uno vituperio molto maggiore ed unodanno grandissimo. Nel quale quando fu incorsoconvocò e'príncipi a Ulmodove dimostrò che e' danni e vergognesueerano danni e vergogne commune di tutta la Magnama veduto cheerano (verba ad corinthios )fu necessitatoper non fare peggioacconsentirealla fine dell'anno o nel principio dell'altroa unatriegua brutta e vituperosa.


Neldetto anno alla fine di dicembremesser Guglielmo Capponi vescovo diCortonauomo bestiale e temerariostretta pratica collo arcivescovodi Firenzemesser Rinaldo Orsinoche gli rinunziassi loarcivescovado; ed era la cosa condotta tanto in là per operadel cardinale de' Medicia chi messer Guglielmo soleva essereinimicissimoe per questo gli era diventato amicoche si potevadire quasi conclusa. Il che dispiacendo assai al gonfaloniere eperché voleva male a messer Guglielmo e perché speravachevacando lo arcivescovado per morteavessi a essere delcardinale suosubornò Giovacchino GuasconiIacopo diBongianni e molti altrie' quali mostrando essere mossi da semedesimi per bene della cittàpregassino la signoria checonsiderata la natura di messer Guglielmovolessi scrivere al papain disfavore di questa rinunzia. Ma questi tali come veddonorisentirsi alcuni de' Capponi e Giovan Batista Ridolfi loro parentenon se ne vollono impacciare; e però el gonfalonierevolendola impedirefu sforzato a scoprirsi e fece scrivere tantevolte lettere dalla signoria al papache finalmente questa praticaper non volere el papa dispiacere alla città si risolvé.


Creossidi poi per gennaio e febraio la signoria nuovanella quale benchéel gonfaloniere avessi spesso sei favecome nello scrivere letterecontro al Capponenondimenoessendone Bartolomeo di Filippo ValoriGiovanni di Stagio Barducci e Giovanni di Ridolfo Lottiuomini vivibalzandosi e molto inimici suae non essendo ancora spente in tuttole cose dello imperadoretanto si gli opposono e svillaneggioronloin tutte le coseche fu constretto cedere loro assai ed in modo chenon credeva mai vedere el dí che eglino uscissino. E certofurono uomini di qualitàche se avessino avuti dua compagnisimili a lorogli arebbono dato fatiche assai; e benché moltiuomini da bene avessino caro che el gonfaloniere avessicontradizionenondimeno la piú parte caricò questasignoria d'avere usato troppo leggiermente molte parole e dispregidove non bisognava.




XXIX- RAPPORTI DI FIRENZE CON PISA E LUCCA COSIMO DE' PAZZI ARCIVESCOVODI FIRENZE (1508)


1508.Seguitò lo anno 1508nel principio del quale essendo posatele cose dello imperadore si entrò in consulta di dare elguasto a' pisaniel quale l'anno dinanzi non si era datoedessendosene fatta pratica ne' dieci tra e' primi cittadinifuronoquasi tutti di parere che non si dessi. Allegavanne piúragioni: l'unache questo come si era veduto con effettose beneaveva recato difficultà a' pisaninon ci aveva peròdata Pisaperché non mancava tuttavia chi gli aiutassi;l'altrache gli era da credere che el re di Francia per averciveduti inclinati alle cose dello imperadoreed e' viniziani per loantico odio verso la città e la ambizione di farsi signori diItalia non sarebbono contenti che noi avessimo Pisa; e peròcome intendessino che noi la strignessimonon mancherebbono di dareloro aiutoe forse sí potenteche noi entrerremo in qualchedifficultà e tireremoci adosso qualche cattivo umore. Ed eraforse ancora in qualcunobenché non lo allegassinoapertamenteentrato scrupulo di conscienziaperché questoconduceva molti villani in tanta estremitàche le famiglie dimoltie massime le donnene capitavano male.


Questoera el parere de' piú savi cittadini; da altra parte elgonfaloniereche sempre fu caldo a ogni impresa di Pisaera dicontraria opinionee vedendo che nelle pratiche strette non eraordine a condurla la messe negli ottanta con una pratica largadoveda principio si rimessono al parere de' piú saviil che nonsatisfaccendo al gonfalonierenon cessò mai di riproporla esollecitarlain modo che a ultimo si fece deliberazione che sidessi. Aiutoronlo assai a tirare questa pratica le lettere di Niccolòdi Piero Capponiel quale essendo commessario generale a Cascinasuccessore di Alessandro Nasiscriveva caldamente che se questoguasto si davale cose di Pisa si conducevano in tanta estremitàche e' contadini farebbono tumulto in Pisanon volendo aspettare diperdere le loro ricolteo se pure aspettassinola fame in ultimogli sforzerebbe a cedere. El gonfaloniere ancora disse agli ottantaavere in Pisa tale pratica checome la gente nostre vi siaccostassinoera da sperarne assai. Cosí si dette el guastoe molto largamente perché e' pisani erano sí deboli digente che e' non potettono impedirlo in alcuno modoe nondimeno laloro ostinazione era tantache non feciono movimento alcuno. Equella pratica tenuta dal gonfaloniere riuscí vanache lateneva un sensaluzzo chiamato Marco del Pecchia con messer Francescodel Lante cittadino pisanoperfido inimico nostroe per uccellare.


Ecosí sempre e' savi riputorono sciocchezza el prestarvi fedebenché el gonfalonieretroppo semplice e credolo in questecosevi facessi su fondamento grande.


Pocopoi che e' fu dato el guastoel re di Francia mandò a Firenzeuno imbasciadore chiamato messer Michele de' Ricci napoletanouomod'assai negli statie benché si dubitassi che la imbasciataavessi a essere spiacevoleperché el re si teneva pococontento di noinondimeno riuscí piú dolcerichiedendo benché agevolmenteche non si molestassino e'pisani; il che in fatto non era la intenzione del rema volevatirarci per questo mezzo a promettergli danariin caso che lui nonci impedissi la recuperazione di Pisa. Furono deputati a udirlo epraticare secodue de' diecimesser Giovan Vettorio Soderini edAlamanno Salviatie quattro altri cittadini: messer FrancescoGualterottiLorenzo MorelliGiovan Batista Ridolfi e PieroGuicciardini. Ed in effetto si introdusse una praticache el re nonsoccorressi Pisaoperassi che e' genovesi e lucchesi non losoccorressinoe noi fussimo obligati a dargli una certa somma didanarie cosí al re di Spagnache si obligava non aiutargliin caso che noi recuperassimo Pisa in termine di uno anno dal dídello accordo fattoe non altrimenti o in modo alcuno. Ed essendoapiccato questo ragionamento in Firenzedove era anche venuto perquesta materia uno oratore del re di Spagna o di Ragonale re diFrancia revocò lo imbasciadore suo; in modo che questa praticasi ritirò tutta in Francia e doppo molti dibattiti si facevaquesta conclusione: che el re si obligassi alla nostra protezionenon ci impedire nelle cose di Pisaanzi aiutarci di tutti queglifavori che lo richiedessimoed in spezie comandare a' genovesi elucchesi che non gli aiutassino; obligare el re di Spagna alle cosemedesimeed e converso noi fussimo obligati dare a lui centomiladucatial re di Ragona cinquantamila ducatie tutto si intendessiin caso che Pisa si acquistassi in termine di uno anno dal dídello accordo fattoaltrimenti ogni accordo ed ogni obligazionedall'una parte e l'altra spirassi e si intendessi vana.


Consultossiquesta cosa in molte pratichee consigliò vivamente messerFrancesco Gualterotti che e' si tagliassi ogni ragionamentoperchéconsiderata la natura de' franzesiche sono sanza fede e nonvogliono stare a ragionelo effetto sarebbe che questo accordo nonci darebbe Pisae nondimeno con cavillazione e per forza citrarrebbono di mano questa somma di danari. El gonfaloniereGiovanBatista RidolfiPiero GuicciardiniAlamanno ed Iacopo Salviatierano di contraria opinionepresupponendo checome era chiarissimonon si componendo con questi dua rePisa non si poteva avere; dovecomponendosied egli osservassino la fedeera da avervi speranzagrandissima; e quando la si avessibenché la somma del danaiofussi grossapure che e' sarebbono bene spesirispetto al travaglioin che ci teneva continuamente el non avere Pisaed el pericolo inche ci potrebbe un dí mettereessere da credere che gliosserverebbono la fede per la utilità del danaio che risultavaloro; e quando non la osservassinoopure osservandolaPisa peraltra cagione non s'avessiche in questo caso noi non eravamoobligati a dare loro nulla; e se e' fussino disposti volerci conforza o con inganni trarre di mano danariche eziandio non faccendoquesto acordo non mancherebbe loro modi e vie. Conchiusesi aduncheper queste ragione e per la autorità di chi la consigliava ne'numeri piccoli e ne' grandiquesta parte; ma nacque difficultàperché si dubitò che questo accordo che andava per lemani del re di Francianon fussi approvato da Ragona per darsigliminore somma di danari; e però fu scritto agli imbasciadori siingegnassino praticare e conchiudere questo accordo ancora collooratore del re di Spagnache vi era; e quando non riuscissiconchiudessino al modo di sopra con Francia. Ma nelle deliberazioneed in queste difficultà e pratiche si consumò tantotempoche accadendo a Roanper la cagione che di sotto si diràa andare in Fiandraogni conclusione rimase sospesa insino allatornata sua.


Erasiin questo tempo eletto oratore a monsignore di Ciamonte a MilanoAlessandro Nasiel quale andando trovò lui di pochi giorniinnanzi essere cavalcato in Franciain modo che gli fu datocommessione che andassi in Franciae congiunto con Giovanni Ridolfiche satisfaceva pocoattendessi alla pratica di questo accordo.


Pocodi poi che queste pratiche cominciorono con Franciala cittàvolta a avere Pisa per farne per tôrre loro el sussidio che vipotessi entrare per acquacondusse con alcuni legni el Bardellottofigliuolo del Bardella corsale genoveseconfidatasi di lui massimeper essere compagno di quelli legni Neri di Napoleone Cambi ed alcunialtri fiorentini. Ed essendo questi legni in Porto Pisanoel reveduto che noi andavamo adagio allo accordodubitando che non fussifatto a arte e che Pisa non s'avessi in questo mezzoe cosídi non avere a toccare danaricomandò al Bardellotto come suosudditosi partissi da' soldi nostri. A che essendo egli necessitatoubidirebisognòperché el re lo lasciassi starepromettere al re che se Pisa si riaveva durante la pratica delloaccordoche noi osserveremo le medesime condizione a che ciobligavamo faccendo lo accordo. Ma poco poi sendosi scoperto unobrigantino carico di grano che andava a Pisael Bardellotto e Neriparendo loro averlo a mano salvatemerariamente con pochi de' lorolegnilo assalironoin modo che scoprendosi tre altri brigantini dipisani che venivano di Corsicafurono presi co[n] que' legni; e peròessendo la città disarmata al portosi condusse con certegalee el Bardella suo padree seguitando nello strignere piúe' pisani si dette el guasto alle biadee cosí si conducevanoogni dí in piú estremità.


Fecesiin questi tempi lega ed accordo co' lucchesi il cheperché siintenda meglios'ha a repetere piú da alto. E' lucchesi ne'tempi antichissimi furono molte volte collegati della città edamici grandissimima poi che la città ebbe acquistata laValdinievoleche soleva essere loroed ultimamente Pisainsospettiti e cominciando a temere della potenzia nostracicominciorono a avere in odioel quale si accrebbe in infinitoquandonelle guerre del duca Filippola città fece piúvolte pruova di sforzare Luccae cosí quella inimiciziaaccidentale nata per proprio sospettosi convertí in odiograndissimo vero e naturalee nondimeno per paurarispetto allavicinità e potenzia nostrae massime poi che fu acquistataPietrasanta e Serezzanaerano constretti temporeggiare e passaretempo el meglio che potevano.


Manel 94come noi perdemo Pisavedendoci deboli e sbandatiegiudicando mentre che Pisa era fuora delle mani nostredi esseresicuriattesono con ogni studio a conservarlafaccendo qualchevolta con aperte dimostrazionecome quando al tempo di PagoloVitelli vi mandorono trecento fantima non cessando mai occultamentedi favorirglicon stimolare el re di Francia e gli altri príncipia soccorregliintendersi con genovesi e sanesi alla difesa lorocontenergli di continuo confortatidare loro sempre sussidi divettovaglie e qualche volta di danari. Di che loro anche fecionobeneperché e' pisani quando avevano necessitàpotendo usare el loro paese come Pisavendevano quasi tutte le robeloro a buono mercato in Luccadi che tutte le cose di Pisa o lamaggiore parteprima quelle di piú valuta e di poicrescendola necessitàtutte le altreeziandio le minimesi venderonoe smaltirono in Lucca cosí le prede che e' menavano de'terreni nostri in modo che e' lucchesi arricchirono di questa guerrae feciono in tutte le imprese e disegni nostri grandissimi danni enocumenti.


Ilche si conosceva ed intendeva a Firenze; ma perché lorosapendosi bene governaretenevano sempre tributato Ciamonte oqualcun altro de' primi di corte di Franciaerano in protezione delre e favoriti da luiin modo che la città per non offendereel re non aveva ardire di manomettergli e benché qualche voltafussino fatti loro de' danni e delle prede non in nome publico dellacittàma sotto colori variper potersene giustificare edifendere in Francianondimeno perché erano rari e di pocaqualità per e' rispetti con che s'avevano a usarenonfacevano effetto nel rimuovergli da' modi loro. Ma scoprendosi nelconversare co' franzesi di mano in mano la loro naturae che elprocedere dolcemente co' lucchesi era stato el piggiore disegnoperché e' non era dubio che se si fussino offesigagliardamente sarebbono venuti a qualche composizione e fattopensiero di volere vicinare bene e fatte le offese vi erano millemodi a giustificarsene e mitigare Franciae però comincioronomolte volte nelle pratiche e' piú savi cittadini a ricordareche e' sarebbe bene a insegnare loro vivere e trattargli altrimentiche pel passato. Ma perché el gonfaloniere non la intendevaancora bene ed era pieno di sospettosi soprasedé piúanni al farne nulla; essendo cosí la sorte della cittàche le deliberazione che non gli piacevanose bene fussino aprovateda tutti gli altritrovassino difficilmente esito.


Mapoco poi cominciandosi ancora lui a voltare a questa viadeliberòfare una legge di escludere a' lucchesi tutti e' commerzi e commoditàde' paesi nostriproibire lo scrivere e conversare con loroed ineffetto non si impacciare con loro come con inimicidi che nascevache Gherardo CorsiniLanfredino Lanfredini ed alcuni altri cittadininostri che avevano trafichi e mercantie con Buonvisi ed altricittadini lucchesibisognava si dividessino e separassino. E simosse el gonfaloniereo perché stimassi che questa leggedarebbe difficultà a' lucchesi e gli premerebbe assaioperché volessi offendere e tôrre quello aviamento utilea alcuni cittadini nostri che vi trafficavanomassime a LanfredinoLanfredini che nelle cose dello stato non si intendeva secoed inprivatocirca a questi traffichi con lucchesiaveva avuto disparerecon Tommaso Soderini suo nipote. E perché e' pensòcome questa cosa si introducessi in praticasarebbe impeditafattouna sera per altre faccende chiamare gli ottantafece subito sanzache altri ne sapessi nullafermarla; e di poi vintala tra signori ecollegila propose negli ottantaed avendovi parlato su e mostroquanto danno recava questa legge a' lucchesila vinse. Il chesendosi publicato per la cittàmolti cittadini di credito glidettono caricoallegando con molte ragione che questa provisione nondava noia alcuna a' lucchesima recava danno a alcuni particularicittadini nostri; e nondimeno per lo universale odio de' lucchesipassò in consiglio grande facilmente.


Vintaquesta leggee' lucchesio perché in fatto la dessi noialoroo perché paressi uno segno tale di volergli per inimiciche pensassino s'arebbe a procedere piú oltremandorono nonmolto poi a Firenze imbasciadori messer Gian Marco de' Medici emesser Bono... ed essendo deputati a praticare con loro alcuni de'primi cittadinifinalmenteperché gli erano ostinati avolere che noi cedessimo le ragione di Pietrasantanon si conchiusenulla. Di poi questo anno 1508mentre si praticava col reintendendosi come per la via di Lucca entrava di continuo grano inPisasi deliberò in una pratica de' dieciscrivere alcommessario di Cascina che facessi uno assalto a Vioreggio e glitrattassi in questo insulto quanto piú poteva da inimiciedoltre agli altri cittadiniel gonfaloniere la riscaldò forte.Ma messer Francesco GualterottiGiovan Batista RidolfiPieroGuicciardiniAlamanno ed Iacopo Salviatiche non si trovorono nellapratica per essere assenti alle ville lorola biasimorono fortedicendo che era stato in tempo alienoperché e' non era benevegghiando le pratiche di Pisa con Franciaintrodurre nuovedifficultà; e parve questa ragione molto verisimileed elgonfaloniere gustandola se ne pentí in modo chese fussinostati a tempoarebbono rivocato la commessione al commessario. Maera tardiperché el commessario subito aviò una partedi gente in verso Vioreggiole quali abruciando magazzinirubandoed ardendo drappimenandone bestiame di ogni regionefeciono a'lucchesi un danno grandein modo che loro risentitisi assai edimpauritibenché si dolessino in Franciaa Roma ed in ogniluogomandorono a Firenzeper tentare gli animi nostrioratore unoGiampaolo Giglio mercatante che non aveva in Lucca molta autorità.El quale introducendo pratiche d'accordotrovando gli animi de'primi cittadini bene disposti ed avendo riferito a Luccamandoronoimbasciadori messer Gian Marco de' Medici e detto Giampaoloe sicominciò la cosa a apiccare di buone gambeperché e'lucchesi erano stati ributtati in Franciapoi che furono udite legiustificazione nostre; e si comprese che quello assaltobenchécontro alla opinione de' piú savifu pure utile e fece fedeche el procedere con tanti rispettiel volere tanto antivedere ed elfarsi tanta pauraè qualche volta cosí nocivo comeutile.


Lacittà desiderava lo accordomassime gli uomini prudentiperché e' si cognosceva che levandosi a' pisani l'aiuto de'lucchesirimanevano privati di uno potente sussidio e che era atto atenergli vivi; e cosí come pareva quasi impossibile avergliper famementre che Lucca gli aiutavacosí pareva facileprivandogli di quello favore ed essendo chiusa la via di mareadomargli. Ma si dubitava che e' lucchesi non cercassino questoaccordo per assicurarsi di noi e nondimeno non mancassino di favorireoccultamente e' pisanipure attenuandosi questo sospettoefficacemente da' lucchesi che mostravano di cognoscere che Pisa erasí debole e consumata che non poteva reggersi lungamente da semedesimae che era necessario che cadessi nelle mani nostre o chevenissi in mano di uno potente che bastassi a difendergli da noiequando fussi questo secondoche Lucca rimarrebbe in pericolo e pauradella grandezza suae però essere loro piú utilequando fussino contenti di qualche particularitàche Pisavenisse nelle mani nostre col mezzo ed aiuto loroe si reintegrassitra noi la antiqua amiciziafurono adunche deputati a praticare conloro uno de' dieciLorenzo Morellie quattro altri cittadinimesser Giovan Vettorio SoderiniGiovan Batista RidolfiPieroGuicciardini ed Alamanno Salviatiessendo assente messer FrancescoGualterotti che si trovava a Pistoia capitano.


Evenendosi a' particularie' lucchesi mostravano due cose: l'unachequesto accordo ci era utilissimoperché el privare e' pisanidel loro sussidio e de' commerzi e commoditàde' paesi loronon era altro che darci Pisa nelle manil'altrache ogni volta chePietrasanta e Mutrone fussino in mano de' fiorentinila cittàdi Lucca non potere mai essere sicura della sua libertàeperò bisognarea fondare bene questa amiciziache noicedessimo loro le ragione di Pietrasanta e di Mutronela quale cosanoi non dovavamo molto stimareperché queste terre erano inmano loroe di poiche se noi volavamo vedere el verole ragionenostre quanto a Pietrasanta erano deboleMutrone essere luogorovinato e disfattoe sí piccola cosache in uno caso ditanta utilità non si doveva considerare. E se si rispondessiche noi non daremoperché quando noi avessimo datononeravamo bene sicuri che ci avessino a osservare la federeplicareche erano contenti che la cessione non si facessi assoluta e puramacondizionatain caso che fra uno termine onesto Pisa si riavessiaggiugnendo che faccendosi tale cessioneservirebbono qualche annodi certo numero di gente d'arme pagate a loro spese.


Questeerano insomma le dimande de' lucchesile quale sendosi cominciate adiscorrere tra e' cittadini deputatifurono le opinione varie. Algonfalonieremesser Giovan Vettorio e Piero Guicciardini parevafussi da acconsentirleallegavanne che se si faceva questo accordoo e' lucchesi osserverebbono la fedeo no; osservandolache elseparare e' lucchesi da' pisani era sanza dubio di tanta utilitàche gli era buona spesa cedere Pietrasantase non la osserverebbonoe non si recuperassi Pisanon si intendeva fatto nullae che questasperanza di ottenere le cessione gli farebbe piú pronti aosservarci la fedeacciò cherecuperandosi Pisaconseguissino lo intento loro; essere ancora da considerare e farequalche capitale di quella somma di danari che ci servivano; ed ineffetto questo partito mostrare tanto utileche doveva preponderarea qualche infamia che seguiva dal cederee massime perchéavavamo poche ragione in Pietrasantaed e' lucchesidoppo qualchedibattitoerano calati quanto a Mutrone.


FuronoLorenzo MorelliGiovan Batista ed Alamanno di contrario parereperché questa cessione pareva loro di tanto vituperioche innessuno modo la volevano acconsentiree di poi consultandosene nellapratica de' diecisi accordorono quasi tutti a questa sentenziaeche si pigliassi qualche altro modo di assicurarglioffendendo menoche fussi possibile lo onore nostro. E però esclusi e'lucchesi da questo accordodoppo molti dibattiti si introdusse unaaltra forma: che e' si facessi lega ed amicizia per qualche onestotempola qualese Pisa si avessi infra uno certo terminosiintendessi prorogata per anni dodicie cosí si venivano aassicurare e' lucchesise non in tuttoalmeno per uno tempo lungoel quale innanzi che passassi potevano nascere vari accidentiedavere piú rispetto alle ragioni della cittàle qualinon si venivano a tôrre via in tuttoma a differire. Ed ineffetto risolvendosi in questo modosi abozzò che el tempodella lega fussi di primo colpo anni tre; e di poi disputandosi qualeera el tempo da porre alla riavuta di Pisapareva a PieroGuicciardini che el termine dovessi essere di uno annoper faremaggiore stimolo a lucchesi di procedere benee di poi perchéquesto accordo si fondava in sulla speranza che noi avevamo diassediare Pisala qualese non colpiva in questo annosi veniva ingran parte a annullare.


AGiovan Batista ed Alamanno parve il contrarioe che dovessino esseretre anni come durava la lega; perché se fra uno anno nons'avessi Pisala lega durerebbe ancora due annie nondimeno sendopassata la condizione del prorogarlaprocederebbono malignamenteenoi ci troveremo avergli assicurati sanza frutto alcuno per anni dua.E benché e' si replicassi che e' sarebbe in potestànostra al fine del termino primo prorogare per un altro o due annipure non si mutando loro di opinionee perché la cosa nonpareva di molto momentoacconsentironotutti a cinquea tre anni.Ed avendone fatta la bozzael gonfalonierequando la si proposenegli ottantala propose col termine di uno anno; e cosísendo approvata e data la autorità a' dieciche fra uno certotempo potessino conchiudere la lega con quelle condizioneglioratori lucchesi adombrati di sí piccolo tempone vollonoriferire a Luccaed andatovi messer Gian Marco in personaritornòcol mandato di poterla conchiuderequando si dessi el tempo de' treanni e non altrimenti. E però chiamati gli ottantasi proposequesto modoed eziandio si ripropose el primo modo vinto l'altravoltaperché l'autorità de' dieci era spirata; e nonsi vincendo né l'uno né l'altroconciosiachémoltiper odio de' lucchesi o perché l'accordo pareva pocoonorevolelo contradicessinopure riscaldando el gonfaloniere elmodo di uno anno solosi vinse a punto quello; tanto che si compresequella serache e' voleva piú tosto rompere l'accordo cheacconsentire al modo de' tre anni.


Lacagione potette essere varia: o perché mutato propositoglidispiacessi al tutto fare accordo co' lucchesiel quale prima glisoleva piacereed essendo certo che e' lucchesi non loaccetterebbonocosí lo voleva impedire per questa via; operchésecondo la natura suavolessi piú tostorompere l'accordo con danno della cittàche acconsentire aquello modo commendato contro alla opinione sua da Giovan BatistaRidolfi ed Alamanno. Ricusoronlo al tutto e' lucchesi e volevonsipartire a rottama dolendosene molti de' primi cittadinie' diecidissono al gonfaloniere volerne conferire con gli ottantae non glilicenziare altrimenti che col parere loroe però sendoconvocati gli ottantael gonfaloniere credendo non si ottenessifece dire da messer Marcello cancelliere primoche questa brigad'avergli chiamati non dava loro la signoriama e' dieci; enondimeno come si venne a' parerivi parlorono su tanto caldamentemolti de' primi cittadinied intra gli altri Piero Guicciardinichesi vinse con gran consenso.


Ecosí si conchiuse una lega co' lucchesi per tre annidaprorogarsi per dodicicolle condizione predetteaggiugnendo alcunicapitoli circa al levare e' commerzi ed alleggerire certe gabelle; esi conchiuse mandare a Lucca uno imbasciadoree per intratenergli eper velettare gli andamenti loro; ma chiamati gli ottanta percrearlolo cercorono tanto disonestamente qualcunomassime PieroArdinghelli e Lorenzo Martelliche avendo ferme molte favecontutto si squittinassi la sera quattro volte e vi andassino a partitotutti e' primi uomini della cittànon si vinse mai;richiamoronsi l'altra serae la seconda volta rimase fatto PieroGuicciardiniel quale avendo rifiutato fu in suo luogo eletto GiovanBatista Bartolini. A Lucca si ratificò lo accordoe nondimenosendo imputati gli imbasciadori di avere passato la commessionemassime in non avere rinnovata una lega vecchiafurono ammuniti econfinati in Lucca per certo tempo; e mandati imbasciadori a Firenzecercorono di ottenerloma non fu acconsentito loro.


Eratanto dispiaciuta la disonestà del bucherare ed el disordinenato da questa ambizioneche si fece una leggeche ogni volta chegli ottanta si ragunavano a eleggere imbasciadori o commessari oaltri uficiavessino a giurare di non dare fava nera nénominare alcuno da chi o per conto di chi fussino stati richiesti epregaticosa di gran carico di chi aveva bucheratomassime di PieroArdinghelliel quale giovane di tale riputazione e qualitàche questi onori gli sarebbono corsi drietoavevagiucandosi quasitutte le sustanzie suetoltisigli da se medesimo.


Nelmedesimo annopoi che in tutto fu rotta la pratica del Cappone conlo arcivescovo di Firenzesi apiccò una pratica nuova cheebbe effetto. Aveva el gonfaloniere impedito sí vivamente laelezione del Capponeche sentendosi dare carico d'averlo fattoperché fussi el fratellocominciò per scaricarsi adire che la intenzione sua era che eziandio el fratello non fussiarcivescovoma che e' si dessi a qualche uomo da bene e buono chefussi atto a reformare el cleroe fussi fiorentino; e di giàaveva fatto scrivere qualche volta lettere dalla signoria in questasentenzia al ponteficeo perché in fatto cosí fussi laintenzione suao pure per scaricarsi e dondolare con queste pratichela cosainsino a tanto che venissi la morte dello arcivescovo giàvecchioin sulla quale sperava che el papa fussi per conferirlo alcardinale suo.


Daaltra banda el cardinale de' Mediciin potestà di chi era elfare questa renunziaperché lo arcivescovo si era rimesso intutto a lui della elezione della personaconsiderando che se non sene pigliava partito che poi morendo lo arcivescovo sarebbe facilecosa che el Soderino avendo favore dalla città ne fussicompiaciutoe disposto fare ogni cosa perché questo nonseguissivolse gli occhi in sul vescovo de' Pazziparendogli che lequalità e la riputazione sue fussi taleche el gonfalonierenon potrebbe fare scrivergli contro in nome publico come aveva fattoal Capponee cosí che el disegno suo fussi da riuscireedinoltre pensando guadagnarsi con questo beneficio lui e la casa sua.E però fattane conclusione col vescovo e con lo arcivescovo eprovisto alla ricompensa della entratanon mancava se non averelettere dalla signoria in suo favoreacciò che el papa subitovi conscendessi. E cosí scrittone a Firenze a' sue parentielgonfaloniere mostrandosene molto allegro e contentofatto chiamaree' collegipropose la letterala quale essendosi vinta alle due ole tre volte e scrittasi a Roma pochi dí doppo la arrivatamesser Cosimo de' Pazzi fu pronunziato in concestorio arcivescovo diFirenzedi che si rallegrò assai lo universale della cittàperché era riputato prelato dotto savio e costumato.


Fubene opinione che el gonfaloniere n'avessi dispiacere per due conti:l'unoper vederne privato el fratellol'altroperché parevada credere che l'arcivescovo non fussi uomo da lasciarsi maneggiareda luied inoltre che gli avessie naturalmente e per esserediventato amico de' Medicia essere piú tosto inimico che no;e però pareva da credere che e' si pentissi d'averlo tolto alCapponeel qualese bene gli era inimicoera di natura e cervellosí bestialee fattone sí poco contoche elgonfaloniere non aveva da stimarlo. E si notò che elgonfaloniere non fece fare la lettera in commendazione di messerCosimo dalla signoria solama volse el partito de' collegi; di chebenché si potessi giustificare averlo fatto perché elpapa vedessi el consenso piú universale della cittàecosí la lettera fussi piú efficacepure dette ombrache e' non fussi proceduto acciò che non si vincendo laletteranon si scrivessila quale e' non poteva per altro modocontradirerispetto alla buona fama di messer Cosimo; nondimeno chinon si lasciò ingannare dalla passionese bene e' facessiconcetto che al gonfaloniere dispiacessiconfessò non se neessere veduto in lui segno alcunocon tutto che e' fussi certo cheel cardinale Soderino cercassi a Romacon ogni modo diretto edindirettoimpedirlo. Entrò di poi lo arcivescovo nuovo inFirenze con allegrezza grande dello universaleper essere state piúdi trent'anni la chiesa nostra nelle mani dello Orsino el quale nonvi era quasi mai venutoma l'aveva amministrata qualche volta convicariqualche volta affittatalae vendutone non solo el temporalema ancora lo spirituale.


Posataquesta parte dello arcivescovadosuccesse a Firenze uno accidenteche tenne molti dí alterata la città e fu per essere dimomento grandissimail cheacciò che meglio si intendas'haa ripetere da piú alto principio.




XXX- GIOVANNI DE' MEDICI. MATRIMONIO DI FILIPPO STROZZI E CLARICE DE'MEDICI. LEGA CONTRO VENEZIA (1508)


Cacciatiche furono e' Medici di Firenzee restata la città nelgoverno popularefurono e' portamenti di Piero altieri e violentisecondo la natura sue bestialee molto alieni dal ritornare nellacittà; perché egli aveva a presupporre che la cittàbenché conquassata e smembrata del dominio di Pisa e dellealtre terreera pure rimasta sí potenteche s'egli aveva aentrarvi per forzabisognava che avessi una forza ed uno appoggiomolto grande ed estraordinarioin modo che era tanto difficilechee' si accostava allo impossibile. E però doveva pensare che laprincipale parte che lo potessi rimettere in casa suasarebbe statal'avere qualche benivolenzia nella cittàe cosí teneremodi di addolcire gli inimici suamostrando di conoscere chel'avessino cacciato meritamente per lo errore di avere voluto negareel passo al re di Franciae nondimeno scusarsene collo essere statogiovane e male consigliatoma che aveva imparatoin modo che infuturose mai ritornassi nella cittàpresterebbe fede a'cittadini da bene e prudenti e vorrebbe che lo stato ed el governofussi piú loro che suo; cosí ancora standosi in quietee non suscitando movimento alcunoné tenendo pratica delritornare con potentati italiani o esternimostrare di non volereche per sua cagione la città ed el popolo ricevessi danno olesione alcunae con queste vie ingegnarsi di placare el popolo emuoverlo in compassione di sé e fare scusa che gli errori suaerano proceduti dalla etàe chiedere la tornata nella patriaamorevolmentee di essere rimesso non come capo del governo e dellostatoma come privato cittadino. E corto era da giudicare che oquesta via l'arebbe condotto alla intenzione suao se questa non erabuonache nessuna altra bastava.


Malui usò modi in tutto contrari: non era prima uscito diFirenze che scrisse una villana lettera a Francesco Valori; cominciòa minacciare che ritornerebbe e gastigherebbe gli inimici suavennepiú volte armato contro alla cittàprima a' confini diArezzodi poi alla porta in Casentinoa Arezzo; tenne continuamentepratiche con viniziani con Milano col re di Francia col papa eValentinotutte contro alla cittàin modo che fu cagione ditenerla continuamente in spesesospettiguerre ed affannie fusempre uno instrumento a quegli che vollono per tempo alcuno batterela città. Per le quali cose non solo gli inimici suevegghiavano sempre e' sue andamenti e di continuo gli eranoimplacabilima ancora lo universale della città l'aveva inodio grande.


Fugliposta la taglia drieto a lui e di poi a Giuliano suo fratello; furonofatte legge che proibivano lo stare in casa el cardinale ed ognicommerzio con ciascuno di loroe poste grandissime pene a chicontrafacessi; per le qualie di poi per la morte di Bernardo delNero e degli altrie' cittadini spaventatiquando capitavano a Romao in luogo dove e' fussinonon conversavano con loro se nonoccultamente e con riguardo; in modo che e' si faceva giudicioemassime quando fu fatto el gonfaloniere a vita e riformati e'disordini della cittàche e' Medici fussino in tuttospacciati; e' quali oltre al non avere piú grazia nella cittàsi trovavano in gran disordineperché Piero nelle imprese sueavendo speso tutto el mobile che gli era avanzato della ribellioneaveva ancora messo el cardinale in grande spese e disordini Ma creatoel gonfaloniere a vitaed essendo circa a uno anno di poi mortoPiero nel Gariglianoel cardinale e Giulianoo perché per loordinario fussino di natura piú civile ed umanao perchéconsiderassino che e' portamenti di Piero non erano stati apropositocominciorono a tenere altri modied ingegnarsi diapparecchiarsi la tornatanon per forza e dispettoma con amore ebenivolenziae con beneficare e' cittadininon con offendergli néin publico né in privato. E però non pretermettevano difare spezie alcuna di piacere a quegli fiorentini che stavano ocapitavano a Romadando loro grande aiuto e favore in tutte leoccorrenzie ed espedizione loroservendo ancora di danari o dicredito chi n'avessi bisogno; ed in effetto la casale facultàle forze e la riputazione tutta del cardinale erano a saccomanno de'fiorentini. Le quali cose faceva molto piú grate el cardinaleSoderinocheessendo di natura avarissimo e tutto di sénèservendo o facendo piacere a alcuno fiorentinoera uno paragone dafare cognoscere meglio la liberalità e benefici del Medici.


Questecosedivulgate a Firenzeavevano fatto che tutti quasi e'fiorentinia chi accadeva in Roma avere bisogno della corte o perespedizione di benefíci o per altrofacevano o personalmenteo con lettere capo al cardinale de' Mediciinsino ancora a quegliche erano stati loro inimicie lui gli serviva tuttiprontissimamentein modo che non solo avevano desti alla memorialoro molti degli amici vecchima ancora degli altri nella città;e dovevivente Pierosoleva essere odioso quasi a ognuno el nome diquella casaoramorto luipareva che avessi favore e compassione.Il che procedeva massime da questi modie perché tutto loodio che si era portato loro era proceduto da Pieroperché elcardinale e Giulianomentre che erano nella cittànonavevono mai né in publico né in privato offeso personané di poise non tanto quanto erano stati mossi da Pieroedinoltre erano sempre stati riputati di migliore cervello e naturaassai che Piero. Aggiunsesi lo odio del gonfaloniereel qualesendomale voluto da tutti quegli a chi dispiaceva el Consiglio e chearebbono voluto uno statoda molti ancora a chi piaceva questovivere e nondimeno dispiacevano e' modi suaaveva dato loro favoree però si parlava nella città piú liberamente diloro che non si solevae non ostante le legge che proibivano e'commerzimolti scrivevano lettere a lorotutti quegli checapitavano a Roma o in luoghi dove e' fussinonon avendo eziandiobisogno di loroo alloggiavano con loro o gli andavano a visitare.


Lequali cose benché dispiacessino al gonfaloniere insino alcuore nondimeno non se ne risentiva né cercava di farnepunizione; in modo che pigliandovisi su animosi conversavapublicamente con loroe molti giovani da benee' padri e le casa dichi erano stati loro inimici nel 94andando a Romasi eranointrinsicati seco e parevano diventati loro amicimossi o per faredispetto al gonfaloniereo perché desiderassino piúoltree forse di rimettergli in casa. Di questi era uno BartolomeoValoriel zio del qualeFrancescoera stato inimico loro capitaleprima nel cacciarglidi poi nel perseguitargliin ultimo in faretagliare el capo a Bernardo del Nero e gli altrierane Piero diBraccio Martelliel padre di chibenché solessi essere amicodi Lorenzosi era nel scoperto vivamente contro a PieroeraneGiovanni di Bardo Corsiel padre di chi era stato inimico capitaledi Lorenzo ed ammunito da lui e peròbenché e' fussiuomo di non molta qualitàfu nel 94 creato de' ventie dipoi fatto due volte gonfaloniere di giustizia; erane Gino di NeriCapponiel padre di chitrovandosi in Francia quando el re Carlopassò in Italiaaveva molto perseguitato Pieroed el zioPiero Capponi gli era stato inimico fierissimo ed in gran partecagione di tórgli lo statoerane Antonio Francesco di Lucad'Antonio degli Albizziancora quasi fanciulloma di natura moltoaltiera ed inquietael padre di chiavendo insino a tempo diLorenzo in odio la casa de' Medicisi era nel 94 fatto vivoe dipoi nel tagliare el capo a' cinque cittadiniseguitategagliardamente le pedate di Francesco Valoried in ultimo trovandosiin sulla ribellione di Arezzoimbasciadore in Francianon soloallora ed in tutta quella legazione aveva fieramente perseguitato e'Medicima ancora scritte a Firenze lettere caldissime in publicoconfortando a volere conservare la libertà e non volere avereper tiranni cittadini ingiuriatipoverissimi ed usi alla tirannide.


Tutticostoro capitando in diversi tempi a Romae stati raccoltilietamente dal cardinale e Giulianoed intrinsicatisi con loroavevano data la via a molti altri cheveduto che nella cittànon se ne teneva contousavano liberamente le casa loronon come dirubellima come dello oratore fiorentino residente a Roma.Aggiugnevasi che era ferma opinione che Giovannifigliuolo diBernardo Rucellaivi fussi qualche volta ito scogniosciuto in postedi che si traeva coniettura che Bernardo suo padreavendo piúnel cuore lo odio che aveva col gonfaloniere che lo odio edinimicizie antiche co' Medicisi fussi riconciliato con loro; e cosíFilippo Buondelmontiinimicissimo del gonfaloniereel quale perl'adrieto era stato capitale inimico e di Lorenzo e di Piero. Efaceva giudicio qualche savioche le pratiche di Bernardo fussinoite piú là che una semplice riconciliazionemassimene' tempi che viveva monsignore Ascanioe di poi in sulla venuta diBartolomeo d'Alvianodi che nacque forse la cagione della partitasua.


Standoin questi termini le cose de' Medicie parendo al cardinale che e'modi tenuti da lui gli avessino fatto profittoe peròdisegnando di continuare ad acquistarsi quanta piú amicizia ebenivolenzia poteva nella cittàpublicò di voleremaritare in Firenze una figliuola di Piero de' Medici e dargli unagrossa dota di cinque o seimila ducatied avendo tentato lo animodel gonfaloniere e trovato chebenché e' dessi buone parolepure quando si veniva allo strignereche la intenzione sua era chela non si maritassi a Firenzecominciò a tenere diversepratiche. E benché tutti e' giovani che avevano a tôrredonna l'avessino fatto volentieri per la qualità della dotapure dubitando non se ne facessi caso di statonon era nessuno cheavessi ardire di tôrla e però per fare cimento di quelloche n'avessi a essereel cardinale fece publicare d'averla maritataa Francesco figliuolo di Piero di messer Luca Pittiil che in fattonon era né aveva a esserema vollono tentare se a Firenze sene faceva romore. E però el gonfaloniere che cognobbe questotrattone fece fare una quarantíaper dimostrare a qualunchela togliessiche la città lo punirebbedi che si sopíchi aveva voglia di tôrla.


Mapoco poi el cardinaleper mezzo di madonna Lucrezia donna di IacopoSalviati e sua sorellatenne pratica col gonfaloniere di darla aGiovan Batista di Paolantonio Soderininipote del gonfaloniereache el gonfaloniere prestò orecchie nondimeno non siconcluseo perché non fussino d'accordo della dotao perchéel gonfaloniere fussi stato da principio di questo animoo perchése ne ritraessi dubitando di non avere carico e venirne in sospettoal popolo. Ma apiccata di poi per mezzo di messer Francesco di messerTommaso Minerbetti archidiacono di Santa Liperatache era tornato daRomauna pratica di darla Filippo di Filippo Strozzigarzone nobilee ricchissimolo effetto fu che doppo molti e molti mesi dettoparentado si concluse l'anno 1508e subitonon sendo ancorapublicatoFilippo se ne andò a Napolie poco di poi del mesedi novembre in detto anno si scoperse in Firenze e venne a luce.


Diche cominciandosi a parlaresi trovorono gli animi di diversi e varigusti: dispiaceva al gonfaloniere insino al cuoree diceva cheessendo Filippo giovanenon aveva preso uno partito di questa naturada se medesimoma confortato e consigliato da altri di maggioreautoritàe' quali non avevono cerco di fare uno sempliceparentadoma sotto questa ombra tenere pratiche di mutare lo stato edi rimettere e' Medici. Ed in questo parlare concorrevano con luiAntonio CanigianiPierfrancesco TosinghiAlessandro AccialuoliNiccolò ValoriAlfonso Strozzi e similistati inimici de'Medici e mai riconciliatisi per tempo alcunodando cariconominatamente a molti cittadini vecchi e giovani; in modo chepublicamente erano nominati come autori e consigliatori di questoparentadol'arcivescovo nuovoFilippo BuondelmontiBernardoRucellaie Palla e Giovanni sua figliuolimadonna LucreziaGiovanni Corsi ed Antonio Francesco degli Albizzicompagno diFilippo e similie perché costoro avevano infamia ed erano insospetto di volere mutare lo statomoltissimi che non si scoprivanosarebbono concorsi a ritrovare la origine e cagione di questa cosa eda punirla gagliardamente.


Daaltra parte gli Strozzi quasi tuttisendone capi messer Antonio eMatteotutti quegli di che di sopra è detto che si eranointrinsicati co' Medicie di piú Antonio Giacomini e moltiinimici del gonfalonieremassime Giovan Batista Ridolfi ed e'Salviatibenché questi procedessino piú copertamenteerano alla difesa del garzonemossi chi per parentado suochi peraffezione che avevano a' Medicichi per odio portavano algonfaloniereparendo lorose non tirava questa impresadargli unabastonata. Costoro tutti di accordo confessavano essere state grandeleggerezza quella di Filippoche avendo uno stato bellissimoe perla nobilità della casa e per essere ricchissimosi fussiimpacciato con rubelli ed inimici dello stato ed avessi preso unopartito da poterlo mettere in pericolo assai; ma lo scusavano inquanto allo essere punitoallegando che questo era uno parentadofatto semplicemente di suo moto proprio e sanza misura alcuna distato e sanza consiglio e conforto di altri; e però si vicadeva penanon era per avere contrafatto allo statoma per averetolto per donna una già figliuola di rubelloin che non sitrovava legge alcuna che punissi questo caso; e se pure vi eraerauno statuto che metteva di pena quattromila lireel quale era giustoche si osservassie non si punissi alcuno a libito del gonfaloniereo altrise non in quanto esprimevano le legge della città.


Sendole cose in questi ragionamentigli Strozziristretti insiemeandorono alla signoriae dicendo non sapere se el parentado erafatto o se era in termini da tornare adrietosi giustificoronochequando fussi fattonon era stato di loro saputa e consentimentoeche per loro non resterebbe di fare ogni opera di impedirloin casoche [non] fussi fatto. E cosí con licenzia della signoriamandorono uno in poste a Filippo con lettere a sconfortarnelo; ed inparticulare Alfonsosuo fratellomostrò una lettera ricevutada luidove confessava el parentadodicendo averlo fatto perscarsità di parentadie che non si curava del giudicio de'foggiettiniil che lo aggravò apresso a molticome se gliparessi essere di qualità che non trovassi in Firenzeparentado conveniente a luie cosí chiamando foggiettini e'popolanisi facessi beffe del consiglio a governo populare; benchéin fatto questa seconda parte non nacque da luima fu in risposta auna lettera di Alfonsodove gli diceva che faccendo questo parentadon'arebbe a stare a giudicio de' foggiettini.


Edin quegli medesimi díavendo un poco di male AlessandroAcciaiuolisi ragunorono una sera in casa sua Antonio CanigianiPierfrancesco Tosinghi e Niccolò Valori ed alcuni altrie'quali per essere stati aderenti di Francesco Valori si chiamavano lasetta valoriana; intervennevi ancora Alfonso Strozzi che facevacontro al fratello. Consultorono costoro quello che fussi da fare diquesta cosae fu opinione conchiudessino quello che seguí;perché la mattina sequente o la altra mattina di poielgonfaloniereessendo Propostopropose due partiti: unoche sicomandassi a Filippo Strozzi che comparissi innanzi a loro per tuttodí venticinque di dicembresotto pena di essere confinato nelreame di Napoli per anni diecil'altroche si comandassi allamadrea' fratelli ed a chi aveva in mano del suo che non glirimettessino nulla sotto pena di ducati diecimila per ogni volta checontrafacessino. E si vinsono con nove fave nere de' signori; di cheappresso agli uomini di mezzo e che giudicavano sanza passione ebbeel gonfaloniere caricoperché pareva che governandosi da sétrattassi questo caso non come publico ed apartenente alla cittàma come privatoe cosí parve cosa di pessimo esemplochesanza consulta ed e' modi ordinari facessi con sei fave manometteree' cittadini. Ebbonne carico e' signori d'aversene lasciati menare daluie massime Luigi di Piero Guicciardiniel quale pareva che perle qualità del padre suo e per ogni altro conto avessi avuto aconsiderare la importanza di questa cosa ed a contradirglima loroerrorono non pensando.


Fattisiquesti partiti ed aspettandosi se e' compariva o noed essendocreati gli otto nuovi che avevano a entrare di gennaiofu posta unaquerela agli otto vecchi di questo casoe come Filippo l'aveva fattoper mutare stato; e fu opinione che el gonfaloniereparendogli cheforse gli otto creati di nuovo non fussino a suo propositofacessiporre la querela agli otto vecchia fine la lasciassino andare inquarantía dove pensava aversi a fare uno giudicio severo. Mafu disegno vanoperché la fu posta a tempo che el termino delgiudicarla andava piú là un mezzo dí che eltempo degli otto vecchi e cosí secondo gli statuti della cittàricadeva agli otto nuovia chi el tempo ricominciava a correre comedal dí della querela data.


Ependendo cosí la cosa si venne alla elezione della signorianuova dove el gonfaloniere osservando el costumeche è diconfortare a fare buona elezionericordò al consiglio comegli avevano una bella autorità ed uno pacifico viveree chelo sapessino riconoscere e conservarevolendo mettere loro conqueste parole sospetto che el parentado era fatto a fine di mutare lostatoa fine che gli eleggessino uomini secondo el gusto suo; chefurono (verba ad corinthios )perchécome si intese poie'partiti andorono sanza riguardo e larghi al modo usato. Posesi di poiuna nuova querela agli ottola quale significava comeper esserePiero de' Medici venuto (armata manu )contro alla città nellaribellione di Arezzo ed in altri tempiera per virtú di unostatuto nostro caduto in pena di rubello e lui e sua descendentiecosí che Filippo Strozzi aveva a essere punitonon come seavessi tolto per donna una figliuola di uno rubelloma come d'averetolto una rubella. Venne di poi uno brieve alla signoria mandato dalponteficeche confortava e priegava che volessino non impedirequesto matrimonio; a che la signoria rispose per ordine delgonfaloniere molto caldamente pregandolo non volessi richiedere diqueste cosecome né anche noi lo richiederemo in quello cheattenessi a' rubelli di Bologna.


Sopravennepoi el termine del comparirenel quale Filippo venne occultamente inFirenzeessendo confortato al comparire sicuramente da alcuni de'signori che si pentivano de' partiti che avevano fattie cosíel gonfaloniere disse agli Strozzi che lo facessino venire; e peròvenne al termine ed essendo comparitonon ostante che elgonfaloniere avessi avuto carico de' partiti fatti sanza consultaedinoltre che fussi stato avvertito che non tentassi di farne piúperché la signoria non reggerebbee massime da PieroGuicciardini che gliene fece intendere per mezzo di messer GiovanVettorionondimeno propose che gli era bene fargli uno comandamentoche non partissi de' terreni nostri sanza licenzia dalla signoria. Manon lo cimentòveduto non vi essere el partitoperchémesser Francesco di Bartolomeo PandolfiniAntonio di LioneCastellaniLuigi Guicciardini e Francesco di... Calderiniapertamente gliene contradissono allegando che poi che la querela nependeva agli otto non era uficio della signoria impacciarsene piúma di lasciarla terminare agli ottoe cosí si differínel gennaio sequenteperché la signoria che successe nonvolle impacciarsene; che furono Neri di Gino Capponiparente degliStrozziRafaello di Alfonso PittiAverano di... PeruzziFederigodi Giuliano GondiGentile di... SassettiUgolino di GiulianoMazzinghiBiagio di... MontiGirolamo di... dello Straffa.


Eperò pendendo el giudicio nelle mani degli ottocominciòa riscaldare questo umore fieramenteperché da una parteerano caricati e' cittadini nominati di sopra ed inoltre GiovanBatista Ridolfi e piú e' Salviati riputati sua fautoricomese e' volessino mutare lo stato; da altra era caricato elgonfaloniere in piú modi: prima che e' dovevacome avevafatto Lorenzo nelle fanciulle de' Pazzi lasciarla maritare a Firenzein qualche uomo da benee nondimeno non di qualità che sen'avessi a pigliare sospetto; di poise pure e' non voleva questosapendo che gli era qualche pratica di maritarla in Firenzefare unalegge che lo proibissi e cosí come savio riparare piútosto che el male non venissi chevenuto che fussiaverlo amedicaree però potersi imputare alla sua negligenzia questodisordine. Inoltre soggiugnevano che se questo era delittos'aveva apunire ancora luiper avere tenuta pratica di darla a Giovan Batistasuo nipote; e ancora el cardinale averla tenuta a Romaaggiugnendola ritornata di Lorenzo figliuolo di Piero e promettendone elconsenso del gonfaloniereil che e' non arebbe fatto sanza licenziasua; e però conoscersi che e' non aveva voluto fare leggeprobitivanon per negligenziama perché non credendo chealcuno avessi animo di tôrla sanza sua licenziavoleva simaritassi per le mani suee darla a chi paressi a lui.


Esi procedeva ogni dí piú caldo in queste quistioneinforma che Alfonso Strozzi disse che volendo sanare la cittàbisognava tagliare el capo allo arcivescovoa Bernardo RucellaiaFilippo Buondelmontia Giovanni Corsi ed a piú altri; edAlessandro Acciaiuoli disse che Giovan Batista Ridolfi si faceva capode' giovani per fare scandolo tanto che ne feciono quistione; edessendo in carico grande Bernardo Rucellai che si trovava a Vinegiascrisse una lettera alla signoria in sua giustificazionerepetendotutti e' processi sua insino da Lorenzoda Piero e dal fratepe'quali si mostrava quanto sempre e' fussi stato caldo che la cittàstessi in libertà ed in quiete.


Inultimo gli ottoche ne erano massime capi Bernardo di Carlo GondiCarlo di Dionardo del Benino e Giovan Francesco Fantoni considerandoquanta divisione partoriva ogni dí piú questo caso equanto terrebbe la città piú inferma e sospesa se siconducessi in una quarantíaed avendo forse notizia che elgonfaloniere acconsentiva che la posassine dettono con otto favenere giudicio in questo effetto: condannorono Filippo in ducaticinquecento d'oro e lo confinorono nel reame di Napoli per anni tre;dichiarorono essere rubello Lorenzo figliuolo di Piero secondo laforma degli statuti che parlavano della materiae non la feminaperché si era trovato uno altro statuto che ne eccettuava lefemine. E benché questo giudicio a chi paressi troppoa chipocopure fu universalmente riputato giudicio ragionevolee gliotto furono commendati d'avere spento questo fuoco che ogni dípiú multiplicava e si estendeva.


Furonovarie opinioni quello che fussi seguíto di questo caso se e'fussi ito nella quarantíae benché si fussi ridottomolto alla sorte degli uomini che fussino stati trattipure io sonodi opinione che se fussino stati tratti uomini di mezzoarebbeFilippo avuto maggiore pregiudicioperché molti eranoinsospettiti che non fussino pratiche di mutare lo statoa moltidispiaceva che la casa degli Strozzipotente e grandeavessi avutoardire fare una tale cosae però giudicavano essere benebastonargli. E certo è opinione che se el gonfaloniere avessida principioquando el caso venne a lucechiamato una pratica evoluto che o con polizze o con fave manifestassino el parere loronesarebbe nato uno giudicio asproma lui insospettitosecondo lanatura suade' cittadinila volle governare da se medesimo; di chemolti a chi dispiacevasi stettono a vederemolti si sdegnorono chee' trattassi le cose publiche come private e sue proprie; e nondimenose gli Strozzi non si fussino aiutati potentementeel garzonecapitava malema sendosene loro risentitie perché Alfonsosuo fratello teneva col gonfaloniere e Lorenzo Strozzi era giovaneavendone preso la cura Matteo e governandola con consigliooccultamente ed aiuto di Iacopo Salviatiebbe fine facile.


Seguitavasidi poi tuttavia nello strignere Pisae perchésecondo che disotto si diràle pratiche con Francia andavano alla via dellaconclusionesi fece risoluzione fare ogni forza che non vi entrassigranoma sopravenendo nuova di Riviera di Genova da Livorno e moltiluoghicome a Genova si caricava grano per metterlo in Pisacontutto che si dubitassi non fussi ordine del re di Franciapureperché di Francia s'avevano di continuo buone lettereeperché gli imbasciadori scrivevano queste cose essere controalla intenzione del resi deliberò proibirlo. E peròper fare piú forte la armata nostrasi mandò una partedelle nostre gente di arme con parecchi migliaia di battaglioni versoSan Piero in Gradoe' quali si divisonoed una parte ne andòdi qua di Arnouna di làin modo che sopravenendo poco poila armata inimicanon ebbe ardire andare piú innanzima siritornò presto indrieto; e si intese era cosa di pocofondamento e fatta piú tosto con ordine di genovesi privatiche del publicoe non con legni della communità di Genovamadi privati e forestieri soldaticome mostrò lo effettoperpochi dí. E perchése tale sussidio venissi piúpotentesi deliberò ripararvi e si conchiuse fare a San Pieroin Grado uno ponte in su Arnocome avevano fatto e' padri nostriquando ebbono Pisa; le quale cose perché si facessino con piúordine e piú riputazionenon si trovando in campo pel publicoaltri che Niccolò Machiavelli cancelliere de' diecivi furonoeletti dagli ottantacommessari generali Iacopo ed Alamanno Salviaticon grandissima riputazione di quella casama trovato poi che tuttia due insieme avevano divietosendo Alamanno di meno faverimasonoIacopo ed Antonio da Filicaia. E perché Iacopo essendo dicollegio rifiutòfu in suo luogo Alamannoe cosíAntonio da Filicaia ed Alamanno Salviati andorono commessari inquello di Pisae lasciato Niccolò Capponi in Cascina per leprovisioni necessarieAlamanno andò a stare a San Piero inGrado ed Antonio a Librafatta al governo del campo che era dallaaltra parte di Arno.


InPisa si intendeva essere strettezzae benché non tanta che simorissono di famepure carestia grande e molti speravano chevedutosi privati dello aiuto de' lucchesie come intendessino laconclusione fatta con Francia fussino per venire a qualche accordoeperò avendo in quegli tempi el signore di Piombino avisato aFirenze come imbasciadori pisani volevano venire a lui a trattareaccordo se avessino salvocondottoparve al gonfaloniere concederloloroe fu mandato el Machiavello a Piombino per intendere quello chedicessinodove sendo venuti circa venti fra cittadini e contadini diPisala Pratica rimase vanaperché non avevano mandato daconchiuderee si comprese che non erano venuti per accordarsima e'capi che reggevano Pisa e che erano ostinatissimi avevano introduttaquesta pratica per pascere lo universale loro e tenerlo disposto elmeglio potevano; perché in fatto nella moltitudine erano moltichevedutosi in povertà e stento grandearebbono desideratopigliare accordo.


Allafine di questo anno si conchiuse con Francia in modo diverso dalragionato di sopra; il che perché si intenda meglio e si abbianotizia di uno principio di movimento grande che andava a tornos'haa ripetere piú da alto.


Poiche el re de' romani stretto da necessità fece vituperosamentetriegua co' vinizianiper virtú della quale le terre perduterimanevano durante la triegua in mano de' vinizianicon tutto cheloro gli avessino a pagare le entratese ne andò malissimocontento verso la Fiandra dove el duca di Ghelleri colle spalle de'franzesi molestava quello stato; e' quali gli davano favoreperchélo imperadoreconstretto difendere lo stato de' nipoti suasidivertissi dalle imprese di Italia. Quivi stimolato da madonnaMargarita figliuola sua e che era a governo di quello dominiostimolato da' popoli che desideravano non guerreggiare co' franzesivolse lo animo a' pensieri della pace con Francia. La quale cosa eramolto desiderata da Franciaperché la guerra de' tedeschi loteneva in spesa grandecon pericolo di molta perdita e sanzasperanza alcuna di guadagnoe però sendosi apiccata unapratica e trovatasi la materia dispostamonsignore di Roano ne andòin Fiandra a aboccarsi con madonna Margheritae finalmente si fececonclusione e lega fra el re de' romanire di Francia e re diSpagnaper virtú della quale avendo el re di Francia lainvestitura di Milano in certi modiaveva a dare al re de' romanibuona somma di danari. Furono molti patti e capitoli segretil'effetto de' quali era muovere di subito guerra a' viniziani ereintegrare ognuno di questi príncipi degli stati cheapartenevano a loroe perché el papa era ne' medesimi terminirispetto alle cose di Romagnagli fu riservato el luogo a entrarenella legae fu fatto con sua saputa e consenso e dichiarato avessia essere arbitro delle differenzie nascessino fra questi principi edisegnatoper quanto si poté comprendereche avessi aconcorrere alla impresa o con gente o con danari.


Fattoe publicato questo accordosubito el re di Francia dette danari aMassimiano e cominciò a mettere in ordine uno esercitogrossissimo per venire a tempo nuovo in Italia contro a' viniziani erevocò da Vinegia lo imbasciadore vi teneva e licenziòquello de' viniziani che era in Francia. Nel quale tempo essendoritornato Roan alla cortechiamati gli imbasciadori nostrie mostroloro con quanta spesa facessi la impresa contro a' vinizianiallaquale moltissime volte era stato stimolato da noie che cedeva innostra grandissima utilità richiese che la città loservissi in presto di ducati cinquantamilae lui ed el re di Spagnasi obligherebbono alla protezione nostra per tre anniaggiugnendo difavorirci alla impresa di Pisaed in caso che Pisa s'avessi fra unoannonoi gli avessimo a dare ducati cinquantamila ed altretanti alre di Spagna; e cosí non s'avendonon solo non vorrebbealtroma ci renderebbe e' ducati cinquantamila datigli in prestanza.


Scrissonogli imbasciadori a Firenze questa dimandae parve molto stranaperchésecondo le condizione ragionate primanon aveva aavere un quattrino innanzi alla avuta di Pisae benchépromettessi rendergli al caso che Pisa non si avessinondimeno nonsi faceva fondamento l'avessi a fare; pure avendosi speranza di Pisae considerato che negandogliera al tutto spicciata quella impresaconsiderando ancora la sua venuta in Italia con uno esercitopotentissimoe quanta differenzia fussi l'averlo a avere amico oinimicosi concluse facilmente el farlo e si dette commessione agliimbasciadori che conchiudessino. E peròessendo loro in sulserrareel re disse essere contento alla protezione nostra contro aognuno(etiam )contro allo imperadorema che per rispetto delloimperio non voleva si nominassima si includessi con parolegeneralele quale quando non bastassinoche prometteva a parole edin fatto lo osserverebbe. Avisoronne gli oratori a Firenzee siconcluse non si lasciassi per questoperché quando bene siesprimessinon lo osserverebbe piú che gli paressio se purelo osservassicosí lo osserverebbe promettendolo a parole. Ecosí ridata la commessionel'accordo si conchiuse ne' modidetti di soprae ne venne a Firenze le nuove alla fine dello anno1508negli ultimi dí. In detto tempointendendosi comemonsignore di Ciamonte ne era venuto a Milano in poste perapparecchiare le cose necessarie alla espedizione contro a'vinizianigli fu mandato oratore Francesco Pandolfini.




XXXI- SEGUITA L'IMPRESA Dl PISA (1509)


Seguitòlo anno 1509principio di cose e movimenti grandissimi nel principiodel quale si distraevano le cure della città in dua pensieril'uno: l'assedio di Pisal'altrola espedizione de' príncipicollegati contro a' viniziani; e' successi di chebenché ingran parte venissino in uno tempo medesimonarreròseparatamenteacciò che la distinzione tolga confusione.


Loavere fatto dua campi contro a Pisa uno a San Piero in Gradol'altroa Librafattaera di naturaaggiunto allo accordo fatto co' lucchesied alla poca vettovaglia che era in Pisache la speranza diconseguire quella vittoria tanto desiderata ogni dí crescevama e' lucchesi a chinon ostante lo accordoquesta reintegrazionenostra era molestissimaporgevano loro continuamente di furto quellevettovaglie che e' potevanocosí loro uscendo continuamentedi Pisa la nottene portavano e di quello di Lucca e de' luoghinostri di continuo da vivere. La quale cosa per essere el paese largoe paludosoe dalla banda di Lucca montuosonon si poteva proibiredalle gente nostre divise in due luoghi distanti; né mancavain sul nostro chi gli sovvenissiperché qualcuno di quegliusciti pel passato di Pisao per amore della patria o per qualchesuo parente o amico gli soccorrevamoltiperché lecomperavano molto careper guadagnare furtivamente ne vendevanofra' quali si disse allora publicamente essere stati e' figliuoli diFrancesco degli Albizzimassime Bernardocon chi si diceva farecompagnia a questa incetta Tommaso di Pagolantonio Soderini. E certosi vedde molte ragioneed uno grande comperare di grano che avevafatto Bernardo quello vernoche fu da credere o che egli smaltissiin Pisa quello granoo che lo vendessi in quello di Lucca a uominidonde poi e' pisani lo traevano; credettesi ancora lo esservi Tommasoin compagniaperché era certo che in altre incette dibestiame atteneva secoe di poi el romore in Firenze fu sígrande non solo nel vulgoma ne' cittadini principali e ne' collegie la cosa era di natura importantissima alla cittàche e'pareva ragionevole che el gonfaloniereche sempre attese a sopirese ne fussi risentito vivamentese lo interesse di Tommaso nonl'avessi ritenuto. E'bbene ancora carico Piero di Giannozzo Strozziel quale teneva in quello di Pisa certi fittima lui si scusòavere venduto grano in Lucca ed averne avuto licenzia da NiccolòCapponi commessarioil che fu con non piccolo carico di Niccolòe non andando questa boce piú là che le parolesiaddormentò presto.


Maconoscendosi che a volere avere Pisa colla famebisognava strignerlapiúsi accozzorono tutti a tre e' commessari co' principalicondottieri in sullo Osolie quivi discussi e' modi che lo avevano afaresi accordorono a questa risoluzione: che bisognando chiudere lavia della acquanon bastava avere fatto el ponte a San Piero inGrado e serrato Arno perché di continuo veniva pel Fiume Mortovettovaglia ed entrata nello Osoli si conduceva in Pisae peròche e' si facessi uno ponte con uno bastione a Fiume Morto e sichiudessi quella viael quale ponte e bastione fussi in guardia dichi aveva in governo el campo di San Piero in Grado; le genti cheerano dalla banda di Lucca si riducessino a San Iacopodondeimpedirebbono le vettovaglie che venissino di Val di Serchio e daLucca per la via di Librafatta; e perché rispetto allo essereel paese da quella banda grande e monti assai e pieno di fosserimaneva a' pisanipratichi de' luoghi e che non fuggivano faticaalcunaaperta ancora la via di condurre da vivere in sulle spallelorosi facessi uno campo a Mezzanamediante el quale si serrava altutto lo via di Lucca e si proibiva che di Val di Calci ed altriluoghi quivi convicini non vi entrassi nulla. Conchiusono cheserrando in questa forma non entrerebbe in Pisa di nuovo vettovagliao sarebbe sí pocache se ne nutrirebbono di piú pochidíe che non faccendo questovi sarebbe partiti scarsi.Scrissonne e' commessari a Firenzee fu approvato questo modo edisegnato secondo lo ordine loroche ognuno di questi campi avessimille fantide' quali piú che e' dua terzi erano battaglionied e cavalli si distribuissino quasi equalmentee cosí rimasea San Iacopo Antonio da Filicaiae con lui...; a San Piero in GradoAlamannoe con lui Muzio Colonnaa Mezzana Niccolò Capponie con lui...


Questarisoluzione mostrò quanto insino a quello dí si fussiingannato chi aveva governata ultimamente la guerra di Pisaperchél'anno dinanziquando si dette el guastofu ferma opinione dimoltimassime del gonfaloniere e di Niccolò Capponi che viera commessarioche o in Pisa non si aspetterebbe el guasto perchée' contadini farebbono tumultoo aspettandoloche in pochi mesifussino constretti a arrendersi per la fame. Dato el guasto e non sene vedendo effetto alcunosi conobbe che se e' non si chiudeva lavia del mareepisani si sustenterebbonoe però si condusseel Bardellotto con tanta allegrezza del gonfalonierede' dieci e de'primi cittadiniche e' credessino in pochi mesi averne Pisa. Riuscíquesta speranza vanae si conobbe che el guastola armata di marenon bastavanose non si toglieva loro el sussidio de' lucchesi; eperò doppo molti dibattiti si fece con loro quello accordo diche è detto di sopra; ma si scoperse a mano a mano che laarmata sola non era atta a tenere che non vi entrassi el grano:fecesi el ponte in su Arno a San Piero in Gradoe per chiudereinteramente la banda di terrasi messe el campo verso Librafatta. Diche stimando ognuno che e' fussino serrati al tuttoe sperandosenedi corto una assoluta vittoriasi vedde chiaro in spazio di qualchesettimana che non faccendo altro provedimentonon solo rimaneva lorovia di trarre commodità di quello di Lucca ed ancora del paesenostroma che è piúche e' non era bene chiusa laacqua rispetto al Fiume Morto e Osoli; e però fu necessariofare el provedimento sopradetto di un ponte ed uno bastione a FiumeMortoe di uno terzo campo a Mezzana. Questo può essereesemplo a coloro che hanno a governare simile coseche quandovogliono rompere uno disegno al nimiconon solo pensino a impedirgliquello che egli fa al presentema considerino piú làtoltagli quella viaquello che egli possa farealtrimenti nonchiamino riparato perché chi in una necessità sua sivale di qualche modose gli è levato quello modo benchécon piú difficultàne ritruova uno altroe sono tantigli stimoli della necessitàche è molto difficile elproibirgli che e' non si vaglia per qualche verso.


Deliberatie' tre campi ne' quali avevano a intervenire tutti e' cavalli nostrie circa a tremila fanti de' quali e' due terzi o piú eranobattaglioni ed ordinandosisi fece pruova di avere Pisa pertrattatoel quale sendo doppio fu di pericolo non piccolo allacittà. Era stato molti e molti mesiinnanziinsino quandoAlessandro Nasi fu commessario a Cascinastato preso Alfonso delMutolo pisano e ritenuto prigione a Firenze. Era costui di nazionevilefigliuolo di uno fabro ed ancora nelle azione sua di pocogiudicio; ma sendo della persona molto gagliardo e fiero edadoperatosi assai nelle fazioni fatte contro a noiaveva in Pisaseguito di molti bravi e che erano in sulle arme. Sendo adunche statocostui piú di uno anno nelle Stinche fu tentato da unoCanaccio da Pratovecchio che era della ordinanzasuo intimo amico eche in queste sue calamità gli aveva fatti molti benefície sovvenutolo di danari e di ogni sua necessitàdi volerepensarese mai tornassi in Pisadi essere operatore che e'fiorentini la riavessino; a che lui sendo stato da principiorenitentein ultimofatto altro disegnomostrò diacconsentire.


ConferinneCanaccio col gonfaloniere e con Gherardo Corsini che era de' dieciperché si pensassi qualche modo che Alfonso tornassi in Pisae rispondendo Gherardo di non ne volere fare nulla perché nongli pareva potersi pigliare fede di Alfonsolui fece capo a Antonioda Filicaia che medesimamente era de' dieciel quale sendosiristretto col gonfaloniereaccadde che el Bardellaper riavere elfigliuolo suo preso nel canale di Piombinorichiese che e' fussibarattato con Alfonso del Mutolosapendo che e' pisani lo farebbonovolentieri. Alla quale cosa concorrendo e' dieci con difficultàperché pareva loro che Alfonso fussi di momento nelle cose diPisapure per opera del gonfaloniere e di Antonio vi si disposononon sapendo alcuno degli altri quello che si trattassi da cantoeccetto Gherardo Corsini el quale sendo richiesto da Antonio difavorirladisse che se ne passerebbe di mezzo.


Fattala deliberazioneAlfonso fece col gonfaloniereAntonio e Canaccioquesta conclusione: che si insignorirebbe di una porta e della torreed uno díquale e' determinassi con Antonio che di giàera eletto commessariotirerebbe in sulla torre Canaccio con unonumero di uomini; e perché quello che e' faceva lo faceva persalvare la città sua e non voleva in modo alcuno esserechiamato traditore che chiamerebbe e' pisanidirebbe loro che e'fiorentini fussino signori della porta e della torre e che quando e'volessino mettergli drento amichevolmenteche aveva e' capitoli inmano co' quali si intendessi fatto lo accordoe che stimava che e'calerebbono in ogni modo equando pure non volessino calareche inquello caso darebbe loro la entrata libera.


Prestòel gonfaloniere fede a questo ragionamento; ed essendo Alfonso ito inPisa e trattando questa pratica da canto con Antonioné se neconferendo cogli altri commessari acciò che Alamanno nonparticipassi di questa gloriadeliberorono farla el sabato santo lamattina a buon'orae che la pruova si facessi alla porta di Luccadove sendo venuto Antonio da Filicaia col campo suo e gli altricommessaria chi si era scoperto in sul fatto perché eranecessario vi intervenissino parte degli altri campilo effetto fuche avendo Alfonso tirato su a uno a uno Canaccio con una compagniadi circa a trenta della ordinanza di Casentinone amazzòqualcuno e gli altri tenne a prigione e cominciò a salutare e'nostri colle artiglierie dove sendo ferito che poco poi ne moríPagolo da Parranosle gente nostre si ritirorono a' luoghi loromaravigliandosi ognuno che per sí poco acquisto avessino fattoun trattato di questa sortema si intese poi che el disegno loro fudi assaltare el campo con speranza di avergli a disordinaregiugnendogli fuora della opinione loro o di assaltare el ponte e glialloggiamenti di San Piero in Gradoma si ritennono per conforto diTarlatinoel quale o parendogli essere troppo debole o dubitando cheAlfonso non facessi qualche colpo di maestro non gli lasciòuscire fuora.


Ordinatodi poi e posto el terzo campo a Mezzanasi cominciorono a strignerepiú le cose di Pisaperché lo staio del grano vivaleva piú di dieci lire ed al continuo rincaravaperchédrento ne era poca quantità ed e' passi erano in modo chiusiche ve ne poteva entrare poca somma; nondimeno la ostinazione loroera grandemassime in una sorte di capi e quali tenevano sotto lamoltitudineparte con paura parte pascendola con speranza disoccorso fuora e di nuovo ricoltadella quale per privargli sideliberò dare el guasto e si conobbe el paese essere síabondante e le biade sí belle che ogni poco intorno alle murache si lasciassi loro sanza guastareaggiunto a quello cheseminavono drentogli condurrebbe molti mesi in là e cosísi espedí in non molti giorni raschiando intorno alle murabenché vi si andassi con grande pericolo delle artiglierie.


Eragià mezzo el mese di maggio e veduto e' pisani non pigliarepartitopareva el gonfaloniere che vi si dovessi andare a campo conle artiglierie e però ne fece fare pratica ne' diecidovesendo per molte ragione contradetta da messer Francesco GualterottiGiovan Batista RidolfiPiero GuicciardiniIacopo Salviati edaccordandosi a questo parere tutta la praticalui di qui a pochigiorni la propose negli ottantachiamata insieme una pratica grandedi cittadini ma di già sendo divulgato come el campeggiarladispiaceva a cittadini piú savila piú parte siaccordò alla medesima sentenzia in modo che questo disegno sipose da canto. Le ragione potissime che gli mossono furono queste:l'avere veduto esperienzia negli anni passati con quanto pocosuccesso si fussi tentata tale espugnazione e se bene e' pisani eranopiú deboli che e' non solevanoel medesimo accadere a noie'quali eravamo in grande scarsità di danarisanza condottieria cavallo da farne molto contosanza capi di fanterie che avessinoriputazione alcuna e sanza fanti pratichi ed esercitatie peròse si voleva fare impresa di sforzargliessere necessario farla ingran parte in sulle spalle de' battaglioni a' quali non poteva labrigata disporsi a prestare fede. Queste ragione benché allorafussino benissimo consideratenondimeno per quello che si ritrasseda poi non furono forse vere; perché oltre allo essere in Pisapiccolo numero di gente e minore che non solevala piú parteche vi eranoerano tanto deboli pel poco mangiare che non arebbonopotuto servire francamentecome già solevano alla difesadella città né in sulle mura né a fare ripari e'quali solevano fare tanto presto che piú volte per questo sierano salvati.


Ecosí levato in tutto el pensiero della forzasi continuavanello assedioin che si intendeva essere ogni dí piúgrandissime le angustie loroperché vi era poca vettovaglia equella era sí cara chevendendosi lo staio piú di treducatierano tanto pochi quegli che ne potevano comperareche lamoltitudine si trovava tutta in estremità grande e di giàne cominciava a morire di famee tutto dí crescendosi nellenecessitàsi vedeva la loro ultima ruina propinquadi che lapiú partesendo superata la ostinazione dalla fameeradisposta a pigliare questo accordo ma mancava chi si facessi capo diquesta voluntà e repugnassi a quegli che lo contradicevanoquando la fortuna che sa trovare tutti e' modi aperse la via a dareeffetto a questa materia.


Quandogli imbasciadori pisani andoronocome di sopra è detto aPiombino sotto spezie di praticare accordovi fu nel numero loro perconto de' contadini uno Filippo di Puccierello quale essendo uomo diseguitoe stato de' primi inimici che avessino e' fiorentini inPisaaveva cominciato a credere che in ultimo la vittoria sarebbe dae' fiorentinie però che e' sarebbe bene farsi innanzi eacconciarsi con qualche condizione. Di che accortisi quegli cittadinipisani che erano ostinatidubitando che lui alla ritornata di Pisanon facessi qualche movimentogli persuasono rimanessi in Piombino econtinuassi mediante quello signorela pratica dello accordo. Dovesendo rimastovi stette insino a tanto che Pisa fussi chiusa da e'tre campie di poi non potendo ritornare in Pisané volendostare piú in Piombino perché s'era accorto a che finevi era suto lasciatose ne andò a Lericie statovi qualchegiornosi risolvé volere entrare e di comporre questa cosa. Eperò fatto intendere a Alamanno Salviati che volentieriverrebbe a San Piero in Grado a parlargli ed avuto salvocondottolovenne a trovaree confermato da lui con molte ragione e promesse sulproposito buonone andò a Pisa; dove avendo detto apertamenteche poi che drento mancava loro da potere vivereed el guasto gliaveva privati della speranza della ricoltaed erano abandonatid'ogni soccorso forestierosarebbe bene pensare a qualchecomposizione cogli inimiciinnanzi che la ultima necessitàgli costrignessi.


Fecedrento movimento e pensieri assai. Doppo la ribellione di Pisalaquale non piacque meno a' contadini che a' cittadinifu da principioel governo della città negli uomini piú nobilipiúricchi e di piú riputazioneed in quegli a' quali per ognirispetto si conveniva essere superiori; in costoro si distribuiva elprioratoel magistrato de' dieci sopra la guerrale legazione ed ineffetto el pondo di ogni cosa. Ma continuando la guerra ed e'pericoli ogni dí in sulle porte della cittàdove ognidí era necessario essere colle arme in manocominciorono aessere in tale credito quegli che colle arme facevono buona pruovasanza distinzione di essere nobili o ignobiliche ristrettisiinsieme presono el dominio e la sustanzialità di ogni cosa inse medesimi; perché in una città venuta di nuovo inlibertà e perturbata da una guerra continua e pericolosasitrattavano le occorrenzie con piú ferocia che non èconsueto in una vita civile. Di questo cominciò a calare laautorità di quegli che a principio erano piú grandiesuccedendo di poi che e' fiorentini occuporono quasi tutto elcontadoe cosí la piú parte di chi aveva facultàche erano quegli di sopraavendo perduto le possessione e le entratesuavennono in sospettocome se per ricuperare la roba lorodesiderassino accordarsi con fiorentini; in modo che el governo diogni cosa si ridusse in quegli che erano piú in sulle arme eche avevano meno che perderee gli altrieccetto quegli che nellarebellione di Pisa si erono valuti di robe de' fiorentini o eranoloro debitoricominciorono a essere tenuti depressi.


Concostoro che erono in sulle armeconcorreva el contadoe' quali peressere di numero assaierano di momento grande e però eranocarezzati e si trovavano ne' magistrati e nelle deliberazione; maperché erano uomini grossi ed ignorantine eranonelleresoluzioni che si avevano a faremenati da quegli altri con millearte e mille lettere vaneed a loro bastava essere contenti di tuttoquello volevano ottenere. Nondimeno questi ultimistracchi dallalunghezza della guerra e vedendosi tôrre ogni anno le ricoltesi erano cominciati a piegare e arebbono piú volte presopartitose la disperazione del non potere trovare misericordia da'fiorentininel quale dubio quegli di sopra li nutrivanonon gliavessino ritenutima cominciando a prestare fede a Filippo diPuccierello ed avendo qualche confidenzia che Alamanno avessi aessere buono mezzo a fare osservare le cose promessesi voltoronoalla via dello accordo e feciono intendere a' cittadini...