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FrancescoGuicciardini

STORIAD'ITALIA

Volumediciottesimo





Cap.i

L'annomille cinquecento ventisette ricco di avvenimenti e di sciagure.Movimenti delle milizie imperiali riunitesi nell'Emilia. Vicende diguerra nello stato pontificio. Richieste di aiuti del pontefice aicollegati e al re d'Inghilterra; dubbi dei collegati per letrattative del pontefice col viceré.

Saràl'anno mille cinquecento ventisette pieno di atrocissimi e giàper piú secoli non uditi accidenti: mutazioni di staticattività di príncipisacchi spaventosissimi di cittàcarestia grande di vettovagliepeste quasi per tutta Italiagrandissima; pieno ogni cosa di morte di fuga e di rapine. Alle qualicalamità nessuna difficoltà ritardava a dare ilprincipio che le difficoltà che aveva il duca di Borbone dipotere muovere di Milano i fanti spagnuoli. Perché avendoconvenuto insieme che Antonio de Leva rimanesse alla difesa delducato di Milano con tutti i fanti tedeschi che prima vi erano (nellasostentazione de' quali si erano consumati tutti i danari raccoltida' milanesie quegli riscossi per virtú delle lettere cheaveva portate di Spagna) e con mille dugento fanti spagnuoli e conqualche numero di fanti italiani sotto Lodovico da Belgioioso e altricapie forse con qualche parte dei fanti tedeschirestavano i fantispagnuoli; i qualinon avendo ricevuti danari in nome di Cesaremasostentati con le taglie e con le contribuzionie avendo in preda lecase e le donne de' milanesicontinuavano volentieri nel vivere contanta licenza; ma non potendo negarlo direttamentedimandavano diessere prima sodisfatti degli stipendi corsi insino a quello dí.Promessono finalmente di seguitare la volontà del ducaricevute prima da lui cinque paghe: ma era molto difficile il farneprovisionenon bastando né i minacci né il votaredelle case né le carceri a riscuotere danari da' milanesi:dove ancheper nutrire l'esercitoerano citati gli assentie ibeni di quelli che non comparivano erano donati a' soldati.Finalmentesuperate tutte le difficoltàpassorno le gentiimperialiil penultimo dí di gennaioil fiume del Poe ilseguente dí una parte de' tedeschii quali prima avevanopassata la Trebbiaripassatalaandorono ad alloggiare a Pontenuro;il resto dell'esercito si fermò di là da Piacenza:essendo allo incontro il marchese di Saluzzo a Parmae con tutte legenti distese per il paese. E il duca di Urbinovenuto aCasalmaggiore (avendo i viniziani rimesso in arbitrio suo il passarePo)cominciava a fare passare le genti; affermandoin caso che gliimperiali andassinocome da Milano si aveva avvisialla volta diToscanadi volere passare in persona con seicento uomini d'armenovemila fanti e cinquecento cavalli leggieried essere prima diloro a Bologna; e che il simile facessecon la sua gente e conquella della Chiesail marchese di Saluzzo. Soprastette l'esercitoimperiale circa venti díparte di qua parte di là daPiacenzasopratenendolo in parte la difficoltà de' denari(de' quali insino a quel dí non avevano i tedeschi avutoalcuno dal duca di Borbone) parte l'avere egli inclinazione di porsia campo a Piacenzaforse piú per le difficoltà delprocedere innanzi che per altra cagione. Però instava col ducadi Ferrara che lo accomodasse di polvere per l'artiglierie e chevenisse a congiugnersi secoofferendo mandargli incontro cinquecentouomini d'arme e il capitano Giorgio con seimila fanti. Alla qualedimanda rispose il duca essere impossibile mandargli la polvere peril paese inimiconé potere senza pericolo tentare di unirsiseco per essere tutte le genti della lega in luogo vicino; ma quandotutte queste cose fussino facilidovere considerareBorbonenonpotere fare cosa piú comoda agli inimici e piúdesiderata da loro che attendere a perdere tempo intorno a quelleterre a una a una; e considerarequando non pigliasse Piacenzao sepure la pigliasse ma con lunghezza di tempodove resterebbe la suariputazionedove il modo di proseguire la guerraavendo tantomancamento di denari e di tutte le provisioni: il benefizio diCesarela via unica della vittoria essere camminare verso il capocondursilasciato ogni altra impresa indietrouna voltaa Bologna;donde potrebbe deliberare o di cercare di sforzare quella terraache non gli mancherebbeno gli aiuti suoio di passare piúinnanzi alla volta di Firenze o di Roma.

Lequali cose mentre si trattanoe che Borbone provede a denari nonsolo per finire il pagamento degli spagnuoli ma eziandio per darequalche cosa a' fanti tedeschia' quali credo che al partire daPiacenza desse due scudi per unoera accesa gagliardamente la guerranello stato della Chiesa; essendo nel campo ecclesiastico andatonuovamente Renzo da Ceri che era venuto di Franciae il campo delpapa era vicino al viceré che era a' confini di Cepperano;dove alcuni fanti italiani roppono trecento fanti spagnuoli. Ma nelmodo della difesa dello stato ecclesiastico era varietà diopinioni. Perché Vitelloinnanzi alla venuta di Renzoavevaconsigliato il pontefice cheabbandonata la provincia dellaCampagnasi mettessino in Tivoli dumila fantiin Pelistrina dumilaaltrie che il resto dello esercito si fermasse a Velletri perimpedire l'andata del viceré a Roma. La qual cosa essendo giàdeliberataRenzosopravenendodannò il riserrarsi inVelletriper essere terra grande e male reparabilee per nonlasciare procedere gli inimici tanto innanzi; ma che l'esercito sifermasse a Fiorentinoche non avendo a guardare tanti luoghi sarebbepiú grossoed era luogo per proibire che gli inimici nonvenissino piú innanzi: il quale consiglio approvatosimesseno in Frusoloneresidenza principale della Campagnalontano daFiorentino cinque migliamille ottocento fantidi quegli diGiovanni de' Medici la piú parteche avevano preso il cognomedelle bande nerecon Alessandro VitelloGiovambatista Savello ePietro da Birago condottieri di cavalli leggieri. Ma in questo mezzoi Colonnesi avevano occultamente indotto Napolione Orsinoabbate diFarfaa pigliare l'armi in terra di Romacome soldato di Cesare; laquale cosa dissimulando il ponteficeal quale ne era penetrataoccultamente la notiziae da chi prima aveva ricevuto danaritiratolo con arte a andare a incontrare Valdemontequando veniva diFrancialo fece prendere appresso a Bracciano e metterlo prigione inCastello Santangelo.

Attendevail pontefice a provedere danariné gli bastando i modiordinari vendeva i beni di molte chiese e luoghi pii; e supplicandoa' príncipiottenne di nuovo dal re di Inghilterra trentamiladucatii quali gli portò maestro Rossello suo cameriere: colquale venne Robadangescon diecimila scudi mandati dal re di Franciaper conto della decima; la quale il papa stretto dalla necessitàgli aveva concessocon promissione di darglioltre a' pagamenti de'quarantamila scudi alla lega e de' ventimila al papa ciascuno mesetrentamila ducati di presente e trentamila altri fra uno mese.Commesse anche il re di Inghilterra a maestro Rossello che intimasseal viceré e al duca di Borbone una sospensione d'armiperdare tempo al trattato della pace che secondo la volontà diCesare si teneva in Inghilterraaltrimenti protestargli la guerra: epareva allora che quel recupido del matrimonio della figliuola colre di Franciainclinasse al favore de' collegati; il qualematrimonio subito che fusse succedutoprometteva di entrare nellalega e rompere la guerra in Fiandra. Pareva anche molto inclinatoparticolarmente al beneficio del pontefice; ma non si potevanosperare i rimedi pronti da uno principe che non misurava bene leforze sue e le condizioni presenti d'Italiae che anche non si erafermato in una determinata volontà; ritirandolo sempre inparte la speranza datagli da Cesare di mettere in sua mano la praticadella pacebenché non corrispondessino gli effetti: perchéessendo andato a lui per questo effetto l'auditore della cameraancora che Cesare si sforzasse di persuadergli con molte arti questaessere la sua intenzionenondimenoaspettando di intendere primaquel che per la passata de' tedeschi e dell'armata fusse succeduto inItalianon dava risposta certamettendo eccezione ne' mandati de'collegati come se non fussino sufficienti. Mandò anche il re aRomaper favorire la impresa del regno di NapoliValdemontefratello del duca del Lorenoche per l'antiche ragioni del re Renatopretendeva alla successione di quello reame. Ma al pontefice nocevaappresso a confederati il trattare continuamente la concordia colvicerédubitando che a ogn'ora non convenisse secoe peròparendo quasi inutile al re di Francia e a' viniziani tutto quelloche spendessino per sostenerlo: la quale suspizione accresceva iltimore estremo che appariva in lui e i protesti cotidiani di nonpotere piú sostenere la guerraaggiunto all'ostinazione dinon volere creare cardinali per denariné aiutarsiin tantanecessità e in tanto pericolo della Chiesaco' modi consuetieziandio nelle imprese ambiziose e ingiusteagli altri pontefici.Donde il re e i vinizianiper essere preparati a qualunque casosierano particolarmente riobligati di non fare concordia con Cesarel'uno senza l'altro; per la quale cagione il ree per la speranzagrande datagli dal re di Inghilterra di fare con luise convenivanodel parentadomovimenti grandi alla prossima primaveradiventavapiú negligente a' pericoli d'Italia.

Cap.ii

Inutilitentativi del viceré contro Frosinone. Tregua fra il ponteficee il vicerée offerte di Cesare al pontefice. Ritiratadell'esercito del viceré da Frosinone.

Sollecitavain questo tempo il viceré di assaltare lo stato della Chiesa:dal quale essendo stati mandati dumila fanti spagnuoli a dare labattaglia a uno piccolo castello di Stefano Colonnane furonoributtati; e per lo spignersi egli innanzigli ecclesiasticilasciorno indietro la deliberazione fatta di battere Rocca di Papa;le genti del quale luogo avevano occupato Castel Gandolfopossedutodal cardinale di Monteper essere male guardato. Finalmente ilvicerémessi insieme dodicimila fantide' qualidaglispagnuoli e tedeschi infuora condotti in su l'armatala maggioreparte erano fanti comandatisi pose con tutto lo esercitoilvigesimo primo dí di dicembrea campo a Frusoloneterradebole e senza muraglia ma alla quale succedono in luogo di mura lecase private e la grottae stata messa in guardia dai capitani dellaChiesa per non gli lasciare pigliare piede nella Campagna; e vi eraanche vettovaglia per pochi dí: nondimeno il sito della terrache è posta in su uno montedà facoltà a chi èdentro di potere sempre salvarsi da una parte avendo qualche poco dispalle; il che faceva piú arditi alla difesa i fanti che vierano dentrooltre a essere de' migliori fanti italiani che alloraprendessino soldo. Né si potevano ancheper l'altezza delmonteaccostare tanto l'artiglierie degli inimici (i quali viavevano piantati tre mezzi cannoni e quattro mezze colubrine) che vifacessino molto danno: ma delle diligenze principali loro era loimpedirequanto potevanoche non vi entrassino vettovaglie. Daaltro canto il ponteficebenché esaustissimo di denarie piúpronto a tollerare la indignità di pregare di esserneproveduto da altri che la indignità di provederne con modiestraordinariaugumentava quanto poteva le genti sue di fanti pagatie comandati; e aveva di nuovo condotto Orazio Baglionedimenticatele ingiurie fatte prima al padre e poi a lui: il qualecomedisturbatore della quiete di Perugiaaveva lungamente tenutoprigione in Castello Santo Agnolo. Con questi augumenti andaval'esercito del pontefice accostandosi per fare la massa a Fiorentinoe dare speranza di soccorso agli assediati. Fu finita a' ventiquattrola batteria di Frusolonema non essendo tale che desse al vicerésperanza di vittoria non fu dato l'assalto; e nondimeno Alarconetravagliandosi intorno alle murafu ferito d'uno archibusoe vi fuanche ferito Mario Orsino. Ed era la principale speranza del vicerénel sapere essere dentro poche vettovaglie: delle quali anche pativalo esercito che si ammassava a Fiorentinoperché le genti de'Colonnesiche erano in PalianoMontefortino e Rocca di Papachesoli si tenevano per lorotravagliavano assai la strada; e andandoRenzo allo esercitoavevano rotto la compagnia de' fanti di Cuio chegli faceva scorta. Uscirono nondimenouno giornotrecento fanti diFrusolone e parte de' cavallicon Alessandro Vitello GiambatistaSavello e Pietro da Birago; e approssimatisi a mezzo miglio diLarnata dove erano alloggiate cinque insegne di fanti spagnuolinetirorono due insegne in una imboscata e gli ruppeno con la morte delcapitano Peralta con ottanta fantie prigioni molti fanti con le dueinsegne. Attendeva intratanto il viceré a fare mine aFrusolonee quegli di dentro contraminavano tanto sicuri delle forzedegli inimici che ricusorono quattrocento fanti che i capitanivolevano mandare dentro in loro soccorso.

Enondimenonel tempo medesimonon erano manco calde le pratichedello accordo: perché a Roma erano tornati il generale e loarcivescovo di Capua: co' quali era venuto Cesare Fieramoscanapoletanoil quale Cesare avevadopo la partita del viceréespedito di Spagna al ponteficedandogli commissione che affermasseprincipalmente essergli stata molestissima l'entrata di don Ugo e de'Colonnesi in Romacon gli accidenti che ne erano seguiti; facesseglifedeCesare essere desiderosissimo di comporre seco tutte lecontroversiee che trattasse in nome suo la pacealla qualedimostrandosi inclinato anche con gli altri collegatidiceva(secondo scriveva il nunzio) che se il pontefice eseguivacome avevadettodi andare a Barzalonagli darebbe libera facoltà dipronunziarla ad arbitrio suo. Proponevano questi per parte del vicerésospensione d'armi per due o tre anni col pontefice e co' vinizianipossedendo ciascuno come di presente possedevae pagando ilpontefice cento cinquantamila ducati e i viniziani cinquantamila:cosa che benché fusse grave al ponteficenondimeno tanto erainclinato a liberarsi dai travagli della guerra cheper indurre iviniziani a consentirviofferiva di pagare per loro i cinquantamiladucati. La risposta de' quali per aspettare fece tregual'ultimo dídi gennaiocol viceré per otto dícon patto che legenti della Chiesa non passassino Fiorentinoquelle del vicerénon passassino Frusolone né lavorassino contro alla terra;essendo medesimamente proibito a quegli di dentro non fortificarenémettere dentro vettovaglia se non dí per dí. E parendoal Fieramosca avere scoperto assai la intenzione del ponteficeepotere con degnità di Cesare scoprirgli la suagli presentòuna lunga lettera di mano propria di Cesarepiena di buona mentediofferte e divozione verso il pontefice; e partito dipoipersignificare al viceré e al legato la sospensione fatta eordinare che la si mettesse a esecuzionetrovò il díseguente l'esercito che mosso da Fiorentino camminava alla volta diFrusolone; e avendo fatto intendere al legato la cosaeglinonvolendo interrompere la speranza grande che avevano i suoi dellavittoriadate a lui parolemandò occultamente a dire allagente che continuasse di camminare.

Nonpoteva l'esercito arrivare a Frusolone se non si insignoriva di unopasso a modo di uno pontesituato alle radici del primo colle diFrusoloneal quale erano a guardia quattro bandiere di fantitedeschi; ma arrivata la vanguardia guidata da Stefano Colonnaevenuta con loro alle manigli roppe e messe in fugaammazzati circadugento di loro e presine quattrocento con le insegne; e cosíguadagnato il primo collegli altri si ristrinseno in luogo piúfortelasciata libera l'entrata in Frusolone agli ecclesiastici. Iqualiessendo già vicina la nottefeceno l'alloggiamento infaccia loro; con speranza grande di Renzo e di Vitello (le azioni delquale in questa impresa procedevano con mala sodisfazione delpontefice) di avergli a rompereo fermandosi o ritirandosi; come sicrede che senza dubbio sarebbe seguito se avessino o fatto loalloggiamento in su il colle preso o se fussino stati avvertiti edesti a sentire la ritirata degli inimici. Perché il vicerénon il giorno seguente ma l'altro giornodue ore innanzi dísenza fare segno o suono di levarsisi partí con l'esercitoabbruciata certa munizione che gli restava e lasciate molte palle diartiglieriee ancora cheintesa la partita suagli ecclesiasticigli spignessino dietro i cavalli leggieriche preseno delle bagagliee qualche prigione di poco contonon furono a tempo a fargli dannonotabile. Lasciò nondimeno addietro qualche munizionee siritirò a Cesano e di quivi a Cepperano.

Cap.iv

Pianod'azione propostosi dal duca d'Urbino. Fazioni militari in Emilia edefezione del conte di Gaiazzo. Gli imperiali muovono il campo dallaTrebbia; meravigliosa costanza dei soldati. Movimenti degli esercitiavversari. Occupazione di Monza da parte del duca di Milanoe subitoabbandono della città da parte dei suoi. Difficoltàdell'esercito tedesco in Emilia; inattività delle milizie deicollegati e del duca d'Urbino. Malattia del Frundsperg.

Maquello che lo moveva piú era il vedere farsi continuamenteinnanzi Borbone con lo esercito imperialené le risoluzionidel duca d'Urbino né le provisioni de' viniziani essere taliche lo rendessino sicuro delle cose di Toscana; il timore delle qualilo affliggeva sopramodo. Perché il duca d'Urbinostandoancora le genti imperiali parte di qua parte di là daPiacenzamutata la prima opinione di volere essere a Bologna conl'esercito veneto innanzi a loroaveva risoluto ne' suoi consiglichecome si intendesse la mossa degli inimicilo esercitoecclesiasticolasciato Parma e Modena bene guardatesi riducesse aBologna; e che egli con l'esercito de' viniziani camminasse alla codadegli inimicilontano però sempre da loroper sicurtàdelle sue gentiventicinque o trenta miglia: col quale ordinevolendo gli inimici pigliare poi la via di Romagna e di Toscanasiprocedesse continuamentecamminando sempre innanzi a loro l'esercitoecclesiasticocol marchese di Saluzzo con le lance franzesi e co'fanti suoi e de' svizzerilasciando sempre guardia nelle terre dondegli inimici avessino dopo loro a passaree raccogliendole poi dimano in mano secondo fussino passati. Del quale consiglio suomalcapace agli altri capitaniallegava molte ragioni; primanon esseresicuro il mettersi con gli eserciti uniti in campagna per fareostacolo agli imperiali che non passassinoperché sarebbe opericoloso o inutile: pericoloso volendo combattereperchéessendo superiore di forze e di virtú se non di numeroconseguirebbero la vittoria; inutileperché se gli imperialinon volessino combattere sarebbe in facoltà loro lasciareindietro l'esercito de' collegatied essendo dipoi sempre innanzi aloro in ogni luogo farebbeno grandissimi progressi. Parergliquandobene le cose fussino in potestà suamigliore di tutte questadeliberazione; ma costrignerlo a questo medesimo la necessità:perché essendo giàsecondo si credevaquasi in motol'esercito inimiconon essere tanto pronte le provisioni delle gentisue che e' fusse certo di potere essere a tempo a andare innanzi; eanche avere a considerarepoi che i viniziani avevano rimessa in luiliberamente questa deliberazionedi non lasciare lo stato loro inpericoloil quale se gli inimici vedessino sprovistipotrebbenopreso nuovo consiglio da nuova occasionepassato Povoltarsi a'danni loro. Con la quale ragione convinceva il senato vinizianocheper natura ha per obietto di procedere nelle cose sue cautamente esicuramente; ma non sodisfaceva già al ponteficeconsiderandoche con questo consiglio si apriva la via allo esercito imperiale diandare insino a Roma o in Toscanao dove gli paresse; perchél'esercito che aveva a precedereinferiore di forzee diminuendoneogni dí per avere a mettere guardia nelle terrenon glipotrebbe resistere; né era certo che i vinizianirestando unavolta indietroavessino a essere cosí pronti a seguitarglico' fatti come sonavano le parole del ducaconsiderando massime imodi con che si era proceduto in tutta la guerra; e giudicando cheuniti tutti gli eserciti insiemene' quali erano molto piúgenti che in quello degli imperialipotessino piú facilmenteproibire loro il passare innanziimpedire le vettovaglie e usaretutte le occasioni che si presentassino; né avere mai a esseretanto lontani da loro che non fussino a tempo a soccorrerese sivoltassino nelle terre de' viniziani. La quale deliberazione glidispiacque molto piú quando intese che il duca d'Urbinovenuto il terzo dí di gennaio a Parmasopravenutagli leggieramalattiasi ritirò il quartodecimo dí a Casalmaggiore;e di quivicinque dí poisotto nome di curarsia Gazzuolo;dove già alleggierito della febbre ma aggravatosecondodicevadella gottaaveva fatto venire la moglie. Il qualeprocederesospetto molto al ponteficechi voleva tirare a miglioresenso arguiva che le pratiche sue degli accordi erano causa del suoprocedere con questa sospensione. Ma il luogotenentecomprendendoparte da quello che era verisimile parte per relazione di paroledette da luiche a questi modi sinistri lo induceva anche ildesiderio della recuperazione del Montefeltro e di Santo Leoposseduto da' fiorentinigiudicando chese non si sodisfaceva diquestosarebbeno il pontefice e i fiorentini nelle maggiorinecessità abbandonati da luiné gli parendo che questeterre fussino premio degno di esporsi a tanto pericolosapendo ancheche il medesimo si desiderava a Firenzegli dette speranza certadella restituzione come se n'avesse commissione dal pontefice: laquale cosa non fu approvata dal ponteficeindulgente piúinquesto casoall'odio antico e nuovo che alla ragione.

Stavanointanto gl'imperialiavendo dato a' tedeschi pochissimi denarialloggiati vicini a Piacenzadove era il conte Guido Rangone conseimila fanti; donde correndo qualche volta Paolo Luzasco e altricavalli leggieri della Chiesauno giornoaccompagnati da qualchenumero di fanti e da alcuni uomini d'armeroppono gli inimici checorrevanopreseno ottanta cavalli e cento fantie restoronoprigioni i capitani ScalengoZucchero e Grugno borgognone. Mandòdipoi Borboneil nono dí di febbraiodieci insegne dispagnuoli a vettovagliare Pizzichitonee a' quindici díilconte di Gaiazzo co' cavalli leggieri e fanti suoi venne adalloggiare al Borgo a San Donninoabbandonato dagli ecclesiastici.Il qualeil dí seguenteper pratica tenuta prima con luiepretendendo egli di essereperché non era pagatoliberodagli imperialipassò nel campo ecclesiastico: condotto dalluogotenentepiú per sodisfare ad altri che per seguitare ilgiudizio suo propriocon mille ducento fanti e centotrenta cavallileggierii quali aveva secoe con condizione cheessendogli toltoda Cesare il contado suo di Gaiazzoavesse dopo otto mesi ilponteficeinsino lo ricuperassea pagargli ciascuno anno l'entrataequivalente.

DesideravaBorboneseguitato il consiglio del duca di Ferrara (il qualenondimeno recusò di cavalcare nello esercito) di andare piúpresto a Bologna e a Firenze che soprasedere in quelle terredipartire a ogn'ora; ma a' diciassette dí si ammutinorno i fantispagnuoli dimandando denarie ammazzorno il sergente maggioremandato da lui a quietargli: e nondimenoquietato il meglio possetteil tumultoa' venti dí passò con tutto l'esercito laTrebbia e alloggiò a tre miglia di Piacenza; avendo secocinquecento uomini d'arme e molti cavalli leggierii quali la piúparte erano italianinon mai pagatii fanti tedeschi venutinuovamentequattro o cinquemila fanti spagnuoli di gente eletta ecirca dumila fanti italianisbandati e non pagati; essendo restatide' tedeschi vecchi una parte a Milanogli altri andati versoSavonaper dare favore alle cose di Genovaridotta in grandissimaangustia. Ed era certo maravigliosa la deliberazione di Borbone e diquello esercitochetrovandosi senza danari senza munizioni senzaguastatori senza ordine di condurre vettovagliesi mettesse apassare innanzi in mezzo a tante terre inimiche e contro a inimiciche avevano molto piú gente di loro; e piú maravigliosala costanza de' tedeschiche partiti di Germania con uno ducato soloper unoe avendo tollerato tanto tempo in Italia con non avere avutoin tutto il tempo piú che due o tre ducati per unosimettessinocontro a l'uso di tutti i soldati e specialmente dellaloro nazionea camminare innanzinon avendo altro premio oassegnamento che la speranza della vittoria; ancora che sicomprendesse manifestamente cheriducendosi in luogo stretto levettovaglie e avendo i nimici propinquinon potrebbeno vivere senzadenari: ma gli faceva sperare e tollerare assai l'autoritàgrande che aveva il capitano Giorgio con loroche proponeva loro inpreda Roma e la maggiore parte di Italia.

Spinsonsia' ventidue díal Borgo a San Donnino; e il díseguenteil marchese di Saluzzo e le genti ecclesiastichelasciatoa guardia di Parma alcuni fanti de' vinizianisi partirono da Parmaper la volta di Bolognacon undici in dodicimila fanti; lasciatoordine al conte Guido che da Piacenza venisse a Modena e i fantidelle bande nere a Bolognarestando in Piacenza guardia sufficiente.Cosí per il reggiano si condussenoin quattro alloggiamentitra Anzuola e il ponte a Reno. Nel quale tempo Borbone era intorno aReggio. E il duca di Urbinoil qualeproponendogli il luogotenentea Casalmaggiore che si accrescesse il numero de' svizzeril'avevacome cosa inutile recusatoora instava seco che si proponesse a Romae a Vinegia che si conducessino di nuovo quattromila svizzeri edumila tedeschi; scusando la contradizione fatta allora perchéla stagione non consentiva che si uscisse alla campagnae averecreduto che gli inimici si risolvessino prima: a' qualicon questoaugumentoprometteva di accostarsi. Consiglio disprezzato da tuttiperché a' pericoli presenti non soccorrevano rimedi tantotardi; potendo anche egli essere certissimo che queste coseper ledifficoltà de' denari e volontà già disunite de'collegatinon si potevano mettere a esecuzione.

Nelquale tempo il duca di Milanoche fatti tremila fanti difendeva Lodie Cremona e tutto il di là da Addae scorreva nel milaneseoccupò con subito impeto la terra di Moncia; ma fu prestoabbandonata da i suoiavuto avviso che Antonio da Levache avevaaccompagnato Borboneritornato a Milano andava a quella volta; e sidiceva avere seco dumila fanti tedeschi de' vecchimille cinquecentode' nuovimille fanti spagnuoli e cinquemila fanti italiani sottopiú capi.

MaBorbonepassata Secchiapresa la mano sinistrasi condussea'cinque di marzoa Buonoporto; dove lasciato le genti andò alFinale ad abboccarsi col duca di Ferrarache lo confortòassai a indirizzarsilasciati da parte tutti gli altri pensierialla volta di Firenze o di Roma: anzi si crede che lo consigliasse aindirizzarsilasciata ogni altra impresaverso Roma. Nella qualedeliberazione cruciavano l'animo del duca di Borbone moltedifficoltàe specialmente il timore che l'esercitocondottoin terra di Romao per necessità o per desiderio dirinfrescarsio incontrando in qualche difficoltà (come senzadubbio sarebbe incontrato se il pontefice non si fusse disarmato) nonpigliasse per alloggiamento il regno di Napoli. Nel quale díle genti de' viniziani passorono Posenza la persona del ducad'Urbino (il quale benché quasi guarito era ancora a Gazzuolo)ma con intenzione di camminare presto. Alloggiòil settimodíBorbone a San Giovanni in bolognesedonde mandòuno trombetto a Bolognadove si erano ritirate le gentiecclesiastichea dimandare vettovagliedicendo volere andare alsoccorso del reame; e il dí medesimo si unirono seco glispagnuoli che erano in Carpiconsegnata quella terra al duca diFerrara: e le genti de' viniziani erano in su la Secchiarisolute anon passare piú innanzi se prima non intendevano la partita diBorbone da San Giovanni. Al quale veniva vettovaglia di quello diFerrarama avendola a pagare e non avendo quasi denarialloggiavanoper mangiare il paesemolto larghie correvano pertutto predando uomini e bestiedonde traevano il modo di pagare levettovaglie: in modo che si conosceva certissimo che se avessinoavuto riscontro potenteo se l'esercito ecclesiasticoil quale erain Bologna e all'intornoavesse potuto mettersi in uno alloggiamentovicino a lorosi sarebbeno gli imperiali ridotti presto in molteangustie; perché continuando di alloggiare cosí larghisarebbeno stati con molto pericoloe ristrignendosi non arebbenoavuto il modo a pagare le vettovaglie. Ma nelle genti che erano aBologna erano molti disordinisí per la condizione delmarcheseatto piú a rompere una lancia che a fare offizio dicapitanosí ancora perché i svizzeri e i fanti suoinon erano pagati a' tempi debiti da' viniziani; e Borboneper poterecamminare piú innanziattendeva a provedersi da Ferrara divettovaglie per piú dídi munizionidi guastatori edi buoiavendo seco insino allora quattro cannoni: e ancora chefacesse varie dimostrazioni di quello che avesse in animonondimenosi ritraeva per cosa piú certa avere in animo di passare inToscana per la via del Sasso; e il medesimo confermava IeronimoMorone il qualegià molti díteneva segreta praticacol marchese di Saluzzobenchéa giudizio di moltisimulatamente e con fraude. Ma già avendo statuito doverepartire a' quattordici dí di marzoe perciò rimandatoal Bondino i quattro cannoni il dí precedentei fantitedeschidelusi da varie promesse de' pagamenti e seguitati poi da'fanti spagnuoligridando denarisi ammutinorono con grandissimotumultoe con pericolo non mediocre della vita di Borbone se nonfusse stato sollecito a fuggirsi occultamente del suo alloggiamento;dove concorsi lo svaligiornoammazzatovi uno suo gentiluomo: per ilche il marchese del Vasto andò subito a Ferraradonde tornòcon qualche sommabenché piccoladi denari. E sopravennea'diciasette dí neve e acqua smisuratain modo che eraimpossibile che per la grossezza de' fiumi e per le male stradel'esercito per qualche dí camminasse; e uno accidente diapoplessia sopravenuto al capitano Giorgio lo condusse quasi allamorte con maggiore speranza che non fu poi il successo cheavendoalmeno a restare inutile a seguitare il campo i fanti tedeschiperla partita suanon avessino a sopportare piú le incomoditàe il mancamento de' denari. Erano in questo tempo le genti de'viniziani a San Faustino presso a Rubiera: alle quali arrivòil decimo ottavo dí di [marzo] il duca di Urbino; promettendosecondo l'uso suoal senato vinizianoquando era lontano dalpericolola vittoria quasi certanon perciò per virtúdell'armi de' confederati ma per le difficoltà degli inimici.

Cap.v

Sfiduciadel pontefice per l'esito della guerra e per gli scarsi aiuti del redi Francia e degli altri collegati; suoi timori per Firenze e per lostato della Chiesa; suoi accordi con i rappresentanti di Cesare.Incauti provvedimenti del ponteficetroppo fiducioso negli accordiconchiusi; ostinazione dell'esercito imperiale nel volere seguitarela guerra. Inosservanza della tregua da parte dell'esercitoimperiale. Il vicerérassicurato il ponteficetratta aFirenze con inviati del Borbone.

Inquesto stato essendo da ogni banda ridotte le coseil ponteficeinvilito per non avere denari (alla quale difficoltà nonvoleva porre rimedio col creare nuovi cardinali)invilito per nonsuccedere secondo i primi disegni la impresa del regnoperchégià le genti sue per mancamento di vettovaglia si eranoritirate a Pipernoinvilito perché le provisioni de' franzesiamplissime di parole riuscivanoogni dí piúscarsissime di effetticome continuamente avevano fatto dal primo díinsino all'ultimo di tutta la guerra. Perchéoltre allatardità usata per il re in mandare il primo mese della guerrai quarantamila ducatiin espedire le cinquecento lancie e l'armatamarittimaoltre al non avere voluto romperecome era obligatolaguerra di là da' montidisegnato per uno de' fondamentiprincipali di ottenere la vittoriamancò eziandio nellepromesse fatte quotidianamente. Aveva promesso di pagare alponteficeoltre alla contribuzione ordinariaventimila ducaticiascuno meseperché rompesse la guerra al reame di Napoli;ed essendo dipoi succeduta la tregua fatta per lo insulto di don Ugoe de' Colonnesiconfortandolo a non osservare la treguagli avevariconfermato la medesima promessaper servirsene o per la guerra diNapoli o per la difesa propriae mandargli Renzo da Cerivenutoappresso a lui per la difesa di Marsilia in grande estimazione: lequali cosebenché promesse insino al quinto dí diottobresi differirono tantoper la tardità loro per ipericoli terrestri e per gli impedimenti del mareche Renzo nonprima che 'l quarto dí di gennaio arrivò a Roma senzadanarie dieci dí poi arrivorono ventimila ducati; de' qualiavendone ritenuti Renzo quattromila per le spese fatte da sé esua pensionediecimila per la impresa dello Abruzzisoli seimila nepervennono nel pontefice: il quale sotto queste promesse avevaquasitre mesi innanzirotta la tregua. Promesse il re di pagargli per laconcessione della decimafra otto díscudi venticinquemila etrentacinquemila altri fra due mesi; ma di questi non ricevémai il pontefice se non novemila portati da Robadanges. Partídal re di Franciail duodecimo dí di febbraioPagolod'Arezzo; al qualeper dare maggiore animo alla guerrapromesseoltre a tutti i predettiducati ventimila: i qualimandati dietro aLanges non passorono mai Savona. Era obligato il re per i capitolidella confederazione a mandare dodici galee sottili; diceva avernemandate sedicima il piú del tempo tanto male provedute esenza uomini da porre in terra che non partivano da Savona: le qualisenel principio che si roppe la guerra contro al reame di Napolisi fussino congiunte subito con le galee del pontefice e de'vinizianiarebbonosecondo il giudicio comunefatto grandissimiprogressi. L'armata de' grossi navilicertamente molto potentebenché molte volte promettesse mandarla verso il regnoperquale si fusse cagionenon si discostò mai dalla Provenza oda Savona; e dopo avere concorso a dare due paghe a' fanti delmarchese di Saluzzoconcordò co' vinizianii quali tenevanominore numero di gente che quelle alle quali erano obligatiche 'lpagamento loro si traesse della contribuzione de' quarantamiladucati. E i conforti e gli aiuti del re di Inghilterra erano troppolontani e troppo incerti. Vedeva i viniziani tardi ne' pagamentidelle genti; per colpa de' quali i fanti di Saluzzo e i svizzerichealloggiavano in Bolognaerano quasi inutili. Spaventavano levariazioni e il modo del procedere del duca d'Urbinoper la quale[cosa] conosceva non si avere a fare ostacolo alcuno che l'esercitoimperiale non passasse in Toscana; dondeper la mala disposizionedel popolo fiorentinoper lo avere i cesarei aderente la cittàdi Sienacomprendeva cadere in gravissimo pericolo lo stato diFirenze ed eziandio quello della Chiesa. Queste ragioni locommosseno: benché dopo molte pratiche e fluttazioni di animoperché conosceva anche quanto fusse pernicioso e pericoloso ilsepararsi da' collegati e rimettersi alla discrizione degli inimici.Nondimenonon essendo aiutato a bastanza da altri né volendoaiutarsi quanto arebbe potuto da se medesimoe prevalendo in lui iltimore piú presentené sapendo fare con l'animoresistenza alle difficoltà e a' pericoli[si risolvé]ad accordare col Fieramosca e con Seroneche erano in Roma perquesto effetto in nome del vicerédi sospendere l'armi perotto mesipagando allo esercito imperiale sessantamila ducati:restituissensi le cose tolte della Chiesa e del regno di Napoli e de'Colonnesie a Pompeio Colonna la degnità del cardinalatoconl'assoluzione dalle censure (delle quali condizioni niuna fu piúgrave al ponteficee alla quale condiscendesse con maggioredifficoltà): e avessino facoltà il re di Francia e iviniziani a entrarvi fra certo tempo; nel quale entrandoviuscissinoi fanti tedeschi di Italia; non vi entrandouscissino dello statodella Chiesa ed eziandio di quello di Ferrara: pagassensiquarantamila ducati a' ventidue del presenteil resto per tutto ilmese; e che il viceré venisse a Roma: il che al papa parevaquasi uno assicurarsi della osservanza di Borbone.

Fattol'accordosi richiamorono subito da ciascuna delle parti tutte legenti e l'armata del maree si restituirono le terre occupateprocedendo il pontefice con buona fede alla osservanza (le condizionidel quale erano molto superiori nel regno di Napoli); ma all'Aquila ifigliuoli del conte di Montoriodiffidando potervi stare sicurialtrimentiliberorono il padreil quale subitocol favore dellafazione imperialene scacciò i figliuoli e la fazioneavversa. Arrivò poi il viceré a Roma; per la venuta delquale il ponteficegiudicandosi assicurato del tutto dellaosservanza della concordialicenziò con pessimo consigliotutte le genti che nelle parti di Roma erano agli stipendi suoiriservandosi solamente cento cavalli leggieri e dumila fanti dellebande nere: dandogli a questo maggiore animo il persuadersi che ilduca di Borbone fusse inclinato alla concordiaper le difficoltàche aveva a procedere nella guerra (perché sempre avevadimostrato a lui desiderarla) e per una sua lettera al viceréintercetta dal luogotenenteper la quale lo confortava a concordarecol pontefice quando si potesse farlo con onore di Cesare. Al qualeritornòpochi dí dopo la giunta del viceréasignificare le cose fatte e a trattare della pace [il generale di SanFrancesco].

Mamolto diversamente procedevano le cose intorno a Bologna: perchéavendo il ponteficesubito dopo la stipulazione della treguaespedito Cesare Fieramosca a Borbone perché approvasse laconcordiae ricevuto che avesse i danari levasse l'esercito delterritorio della Chiesasi scopersonoforse in Borbone ma senzadubbio ne' soldatiinfinite difficoltàdimostrandosiostinati a volere seguitare la guerrao perché s'avessinoproposto speranza di grandissimo guadagno o perché i danaripromessi del pontefice non bastassino a sodisfargli di due paghe; eperò molti credettono che se fussino stati centomila ducatiarebbono facilmente accettata la tregua. Quel che ne fusse la cagionecerto è chedopo la venuta del Fieramoscanon cessavano dipredare il bolognese come prima e fare tutte le dimostrazioni degliinimici; e nondimeno Borboneil quale faceva fare le spianate versoBolognae il Fieramosca davano speranza al luogotenente che nonostante tutte le difficoltà l'esercito accetterebbe la treguaaffermando Borbone essere necessitato a fare le spianate perintrattenere l'esercito con la speranza del procedere innanziinsinoa tanto l'avesse ridotto al desiderio suoil quale era diconservarsi amico del pontefice. E nondimenonel tempo medesimovenivanoper ordine del duca di Ferraraallo esercito provisioni difarine guastatori carri polvere e instrumenti simili; il quale sigloriò poi né i danari dati loro né tutti questiaiuti passare il valore di sessantamila ducati. E da altra parteilduca di Urbinosimulando di temere che quello esercitoaccettata latreguanon si volgesse al Pulesine di Rovigoritirò le gentiviniziane di là dal Po a Casale Maggiore.

Stettonocosí sospese le cose otto dí. Finalmenteo perchéquesta fusse stata sempre la intenzione del duca di Borbone o perchénon fusse in potestà sua comandare all'esercitoscrisseBorbone al luogotenente che la necessità lo costrignevapoiché non poteva ridurre alla volontà sua i soldatidi camminare innanzi; e cosí mettendo a esecuzione andòil dí seguente che fu l'ultimo dí di marzoadalloggiare al ponte a Renocon tanto ardore della fanteria chevenendo nel campo uno uomo mandato dal viceré per sollecitareBorbone che accettasse la tregua sarebbese non si fusse fuggitostato ammazzato dagli spagnuoli. Ma maggiore fu la dimostrazionecontro al marchese del Guasto; il qualeessendosi partito dalloesercito per andare nel reame di Napolimosso o da indisposizionedella persona o per non contraveniresecondo che scrisse alluogotenentealla volontà di Cesare come gli altrio daaltra cagionefu bandito dallo esercito per rebelle. Per la venutadel duca di Borbone al ponte a Renoil marchese di Saluzzo e illuogotenenteessendo già certi che gli inimici andavano versola Romagnalasciata una parte de' fanti italiani alla guardia diBolognanon senza difficoltà di condurre i svizzeri (per ilpagamento de' quali fu necessitato il luogotenente prestare aGiovanni Vitturio diecimila ducati)si indirizzoronola nottemedesimacol resto dello esercito a Furlídove entrorono ilterzo dí di aprilelasciato in Imola presidio sufficiente adifenderla. Sotto la quale città passòil quinto díil duca di Borbone per alloggiare piú basso sotto la stradamaestra. Ma come a Roma pervenne la certezza che Borbone non avevaaccettata la treguail vicerédimostrandone grandissimamolestiae persuadendosi chesecondo aveva ricevuto gli avvisiprimiprocedesse perché fusse necessaria maggiore somma didanarimandò uno suo uomo a offeriredi piúventimila ducatiquali pagava delle entrate di Napoli; ma dipoiinteso essere stato in pericolopartí il terzo díd'aprile da Roma per abboccarsi con Borboneavendo promesso alpontefice che costrignerebbe Borbone ad accettare la treguase noncon altro modocol separare da lui le genti d'arme e la maggioreparte de' fanti spagnuoli. Ma arrivato a sei dí in Firenzesifermò quivi per trattare con uomini mandati da Borbonecomein luogo piú opportuno; essendo già certo non si poterefermare lo esercito se non pagandogli molto maggiore somma di denarie avendo questi a pagarsi da' fiorentinisopra i quali il ponteficeaveva lasciato tutto il carico di provedervi.

Cap.vi

Vanitàdelle speranze del pontefice per la conclusione della tregua; operadel suo luogotenente perché non sia abbandonato dai collegati;incertezza di questi. Terre di Romagna prese dal Borbone;comunicazione del viceré al Borbone della conferma dellacapitolazione conchiusa a Roma. Il Borbone passa l'Apennino; illuogotenente del pontefice convince i collegati a passare in Toscana;maggior sicurezza di Firenze e maggior pericolo per Roma. Ilpontefice fiducioso nella tregua licenzia le milizie.

Augumentavanoqueste varietà sommamente le difficoltà e i pericolidel ponteficeanzi già l'avevano augumentate molti dí:perchénella incertitudine delle deliberazioni del duca diBorbone e di quello che avesse a partorire la venuta del viceréaveva necessità degli aiuti de' collegati; i qualiraffreddavano le azioni suesollecitandogli in contrario la instanzae gli stimoli del suo luogotenente perché il pontefice contutte le parole e dimostrazioni manifestava il desiderio sommo cheaveva dello accordo e la speranza grande che aveva che per l'operedel viceré dovesse succedere; e il luogotenenteda altrocantocomprendendo per molti segni che la speranza del pontefice eravanae conoscendo che il raffreddarsi le provisioni de' collegatimetteva in manifestissimo pericolo le cose di Firenze e di Romafaceva estrema instanza col marchese di Saluzzo e co' viniziani perpersuadere loro che l'accordo non arebbe effetto e confortargli chese non per rispetto di altri almanco per interesse loro propriononabbandonassino le cose del pontefice e di Toscana; nédissimulandoper avere maggiore fedeche il papa ardentementedesiderava e cercava la treguae imprudentementenon conoscendo lefraudi aperte degli imperialivi sperava; e che quando benecoldargli aiutonon ottenessino altro che facilitargli le condizionidello accordoessere questo a loro grandissimo benefizioperchéil papaaiutato da loroaccorderebbe per sé e per ifiorentini con condizioni che nocerebbeno poco alla legaabbandonatosarebbe costretto per necessità obligarsi a dareagli imperiali somma grandissima di denari e qualche contribuzionegrossa mensualeche sarebbeno quelle armi con le quali in futuro sifarebbe la guerra contro a loro: e però doverese nonvolevano nuocere a se stessiqualunque volta Borbone si movesse peroffendere la Toscanamuoversi anche essi con tutte le forze loro perdifenderla. Stava molto perplesso il marchese di Saluzzo in questadeliberazione; ma molto piú vi stavano perplessi i vinizianiperchéscoperta a tutti la pusillanimità delponteficetenevano per certo cheeziandio dopo gli aiuti avuti dinuovo da loroqualunque volta potesse conseguire lo accordo loabbraccierebbe senza rispetto de' confederatie che peròfussino astretti a cosa molto nuova: aiutarlo per fargli facile ilconvenire con gli inimici comuni. Consideravano che lo abbandonarlocauserebbe maggiore pregiudizio alle cose comuni; ma giudicavanomettersi in manifesto pericolo le genti lorotra l'Apennino e gliinimici e nel paese già diventato avversosementre cheerano in Toscanail pontefice stabilisse o di nuovo facessel'accordo; e poteva anche nel senato quella dubitazione che ilpontefice non facesse instanza che le genti loro passassino inToscanaper costrignergli ad accettareper pericolo di non leperderela sospensione. Le quali perplessità aveva con minoredifficoltà rimosse il luogotenente dall'animo del marcheseancora che molti del suo consiglioper timore di non mettere legenti in pericololo confortassino al contrario: peròcomeprima era stato pronto a venire a Furlí cosí nonrecusavase il bisogno lo ricercassedi passare in Toscana.Stavanne molto piú sospesi i viniziani; i qualiper tenere ilpapa e i fiorentini in qualche speranza e da altro canto esserepronti a pigliare i partiti di giorno in giornoordinorno che ilduca di Urbino partisse il quarto dí di aprile daCasalmaggioremandando la cavalleria per la via di Po dalla parte dilà e la fanteria per il fiume. Il qualedimostrando qualchetimore per la andata degli imperiali in Romagnamandò dumilafanti de' viniziani a guardia del suo stato; benché per moltisi dubitassee per il pontefice particolarmenteche secretamentenon avesse promesso a Borbone di non gli dare impedimento al passarein Toscana.

Ilduca di Borbone in questo mezzocercando da ogni parte vettovagliedelle quali era in somma necessitàmandò una partedello esercito a Cotignuola: la quale terra benché forte dimuragliabattuta che l'ebbe [con] pochi colpiottenne per accordo:perché gli uomini della terracome molti altri luoghi diRomagnatemendo delle rapine de' soldati amicigli avevanorecusati. Presa Cotignuolamandò a Lugo i quattro cannoni; eper provedersi di vettovaglie e per impedimento dell'acquesoprastette tre o quattro dí in su il fiume di Lamone; dipoiil terzodecimo dí di aprilepassato il Montonealloggiòa Villafrancalontana cinque miglia da Furlí: nel quale díil marchese di Saluzzo svaligiò cinquecento fantiquasi tuttispagnuoliche andavano sbandati cercando da vivereverso MontePoggiuolicome andava per la necessità quasi tutto il restodello esercito. Alloggiò Borboneil quartodecimo dísopra strada alla volta di Meldolacammino da passare in Toscana perla via di Galeata e di Val di Bagno; sollecitandolo molto i sanesiche gli offerivano copia di vettovaglie e di guastatori; e camminandocon l'abbruciare i tedeschi tutti i paesi donde passavanoassaltorono la terra di Meldolache si arrendé e nondimeno fuabbruciata. Il quale dí ebbe la nuova che il vicerécon consentimento del La Motta mandato a questo effetto da luiavevail dí dinanzicapitolato in Firenze: chenon sipartendo nelle altre cose anzi riconfermando la capitolazione fattain Romadovesse il duca di Borbone cominciare infra cinque díprossimi a ritirarsi con l'esercito echesubito si fusse ritiratoal primo alloggiamentogli fussino pagati da' fiorentini ducatisessantamilaa' quali il viceré ne aggiugneva ventimila;pagassinsegli altri settantamila per tutto maggio prossimode' qualiil viceré per cedola di mano propria obligò Cesare arestituirne cinquantamila: ma questi ultimi non si pagassino se primanon fusse liberato Filippo Strozzie assoluto Iacopo Salviati dallapena de' trentamila ducaticome il viceré aveva promesso alponteficenon ne' capitoli della tregua ma sotto semplici parole.

Nonritardò questa notizia il duca di Borbone dallo andareinnanziné la notizia ancora che il viceré si erapartito di Firenze per condursi a lui e per stabilire tutte le coseche fussino necessarie: perché il viceré e per moltealtre cagioni desiderava la concordiae perché (per quelloche io ho udito da uomini degni di fede) trattava che l'esercito sivoltasse subito contro a' vinizianinon per occupare le cittàdel loro imperio ma per occupare la città medesima di Vinegia;sperandocon le barche e con gli uomini periti di quella navigazioneche arebbe dal duca di Ferrarae con le zatte che essifabbricherebbonopoterla opprimere. E benché il viceréavesse promesso a Roma di rimuovere da Borbone la cavalleria e lamaggiore parte de' fanti spagnuolinondimenomentre che si trattavain Firenzerecusava di farlodicendo non volere essere causa dellaruina dello esercito di Cesare: anzi andò ad alloggiare ilsesto[decimo] día Santa Sofiaterra della valle di Galeatasuddita a' fiorentini; e sforzandosicon la celerità e con lafraudedi prevenire che nel passare delle alpi non gli fusse fattoostacolo alcuno (nelle qualiper il mancamento delle vettovagliequalunque sinistro avesse avuto era bastante a disordinarlo)avendoricevutoil decimo settimo día San Piero in Bagnoletteredal viceré e dal luogotenentedella venuta suarisposeall'uno e all'altro di loro averlo quello avviso trovato inalloggiamento tanto disagiato che era impossibile aspettarlo quivima che il dí seguente l'aspetterebbe a Santa Maria in Bagnosotto l'alpi: mostrandosimassime nelle lettere al luogotenentedesiderosissimo dello accordo e di fare conoscere al pontefice il suobuono animo e la sua divozionebenché altrimenti avesse nellamente. Andò il viceré il dí destinato; e ilmedesimo dí il luogotenenteinsospettito del camminare diBorboneacciò che non prima entrassino gli inimici in Toscanache il soccorsopersuaso al marchese di Saluzzo con molte ragionil'andare innanzie confutati efficacemente Giovanni Vitturioproveditore viniziano appresso al marchese e gli altri (i qualipertimore che le genti non si mettessino in pericolodimandavano cheinnanzi che si passasse in Toscana si desse sicurtà perdugentomila ducati o pegni di fortezze)lo condusse con tutte legenti a Berzighella: donde scrisse al pontefice avere tanto pronta ladisposizione del marchese che non dubitava piú di farlopassare con le sue genti in Toscanae che teneva per certo chequelle de' viniziani farebbono il medesimo; ma che quanto per lapassata loro si assicuravano le cose di Firenze tanto si mettevano inpericolo quelle di Romaperché Borbonenon gli restandoaltra speranzasarebbe necessitato voltarsi a quella impresaetrovandosi piú propinquo a Romasarebbe difficile che ilsoccorso che si mandasse pareggiasse la sua prestezzaper passare indue alloggiamenti l'Apennino.

Alquale caso essendosi anche prima preparatico' viniziani e col ducad'Urbinoi fiorentiniavevano dato speranza e poi promessoin casoche le genti loro passassino in Toscanaentrare nella legaobligarsi a pagare certo numero di fantie non accordare con Cesareeziandio quando volesse il pontefice; e al duca d'Urbinoche passatoil Po a Ficheruolo si era condotto a' tredici dí al Finale epoi a Corticellaavevanoper Palla Rucellai mandato a trattarequeste coseofferto di restituirgli le fortezze di Santo Leo e diMaiuolo. Però fu manco difficile avere gli aiuti pronti comevenne l'avviso che il viceré non solo non aveva trovato nelluogo destinato il duca di Borbone (il quale facendosi beffe di luiavevail dí medesimoatteso a passare l'alpi) ma ancora erastato in grave pericolo di non essere morto dai contadini del paesesollevati e tumultuosi per i danni e per le ingiurie ricevute dalloesercito: perché il marchese ancora che il duca d'Urbinotiratolo a parlamento a Castel San Pierocercasse di interporre odifficoltà o dilazionefu pronto a passare l'alpiin modoche a' ventidue alloggiò al Borgo a San Lorenzo in Mugello; eil duca di Urbinonon potendo onestamente discostarsene névolendo tirare a sé tutto il caricoveduta la prontezza de'franzesie sapendosi i viniziani essersi rimessi in lui (concommissione peròse subito che arrivasse in Toscana ifiorentini non facessino la confederazionedi ripassare subitol'esercito)passò ancora egli e alloggiòil vigesimoquinto dí del mesea Barberino.

Borboneintantopassate il medesimo dí l'alpialloggiò allaPieve a Santo Stefano; la quale terra dallo assalto de' suoi sidifese francamente: e al ponteficeper intrattenerlo con le medesimearti e avere maggiore occasione di offenderlomandò uno uomosuo a confermare il desiderio che aveva di accordare secoma cheveduta la pertinacia delle sue genti l'accompagnava per minore male;ma che lo confortava a non rompere le pratiche dello accordonéguardare in qualche somma piú di denari. Ma era superfluol'usare col pontefice queste diligenze: il qualecredendo troppo aquello desideravae troppo desiderando di alleggerirsi della spesasubito che ebbe avviso della conclusione fatta in Firenzecon lapresenza e consentimento del mandatario di Borboneavevaimprudentissimamente licenziati quasi tutti i fanti delle bande nere;e Valdemontecome in sicurissima pacese ne era andato per marealla volta di Marsilia.

Cap.vii

IlBorbone presso ad Arezzo; deliberazioni dei collegati. Tumulto inFirenze; pericolosa condizione della città; come il tumultoviene sedato; calunnie contro il luogotenente del pontefice. Graviconseguenze del tumulto per le operazioni dei collegati. Nuovaconfederazione del pontefice col re di Francia e coi veneziani.

Trovandosiadunque tutti gli eserciti in Toscanae intendendosi da i collegatiche Borbone era andato in uno dí dalla Pieve a Santo Stefanoad alloggiare alla Chiassa presso ad Arezzoche fu il vigesimoterzodícammino di diciotto migliasi consultò tra'capitaniche convenneno a Barberinoquello che fusse da fareefacendo instanza molti di loroe gli agenti del pontefice e de'fiorentiniche gli eserciti uniti si trasferissino in qualchealloggiamento di là da Firenzeper tôrre a Borbone lafacoltà di accostarsi a quella cittàfu risoluto cheil dí seguentelasciate le genti per riposarle ne' medesimialloggiamentii capitani andassino a l'Ancisa lontana tredici migliada Firenzeper trasferirvi dipoi le genti se lo trovassinoalloggiamento da fermarvisi sicuramentecome affermava Federico daBozzole autore di questo consiglio. Ma essendo l'altro dí incamminoe già propinqui a Firenzeuno accidente improviso eda partorirese non si fusse provedutogravissimi effettidetteimpedimento grande a questa e all'altre esecuzioni che si sarebbenofatte.

Perchéessendo in Firenze grandissima sollevazione d'animo e quasi in tuttoil popolo malissima contentezza del presente governoe instando lagioventú cheper difendersisecondo dicevanoda' soldatiimagistrati concedessino loro l'armiinnanzi se ne facessedeliberazioneil dí ventiseinato nella piazza publica certotumulto quasi a casola maggiore parte del popolo e quasi tutta lagioventú armata cominciò a correre verso il palagiopublico. E dette fomento non piccolo a questo tumulto o la imprudenzao la timidità di Silvio cardinale di Cortona; il quale avendoordinato di andare insino fuora della città a incontrare ilduca di Urbino per onorarlonon mutò sentenzaancora cheinnanzi che si movesseavesse inteso essere cominciato questotumulto: donde spargendosi per la città egli essere fuggitofurono molti piú pronti a correre al palazzo; il qualeoccupato dalla gioventú e piena la piazza di moltitudinearmatacostrinseno il sommo magistrato a dichiarare rebelli consolenne decreto Ippolito e Alessandro nipoti del ponteficeconintenzione di introdurre di nuovo il governo popolare. Ma intratantoentrati in Firenze il duca e il marchese con molti capitani e conloro il cardinale di Cortona e Ippolito de' Medicie messi in armemille cinquecento fantiche per sospetto erano stati tenuti piúdí nella cittàfatta testa insieme si indirizzoronoverso la piazza; la qualeabbandonata subito dalla moltitudinepervenne in potestà loro: benchétirandosi sassi earchibusi da quegli che erano nel palagionessuno ardiva difermarvisima tenevano occupate le strade circostanti. Ma parendo alduca d'Urbino le genti che erano in Firenze non essere abbastanza aespugnare il palazzo e giudicando essere pericolosose non siespugnasse innanzi alla notteche il popolo ripreso animo nontornasse di nuovo in su l'armideliberòcon consentimento ditre cardinali che erano presentiCiboCortona e Ridolfie delmarchese di Saluzzo e de' proveditori vinizianicongregati tuttinella strada del Garbo contigua alla piazzachiamare una parte dellefanterie viniziane che erano alloggiate nel piano di Firenze vicinealla città. Donde preparandosi pericolosa contesaperchélo espugnare il palazzo non poteva succedere senza la morte di quasitutta la nobiltà che vi era dentroe anche era pericolo checominciandosi a mettere mano all'armi e all'uccisionii soldativincitori non saccheggiassino tutto il resto della cittàsipreparava dí molto acerbo e infelice per i fiorentini; se illuogotenente con presentissimo consiglio non avesse espedito questonodo molto difficileperché avendo veduto venire inverso loroFederigo da Bozzoleimmaginandosi quel che erapartendosi subitodagli altrise gli fece incontro per essere il primo a parlargli:della quale cosabenché paresse di niuno momentoebbeorigine principale il liberarsi quel dí la città diFirenze da cosí evidente pericolo. Era Federigo nel principiodel tumulto andato in palagiosperando di quietarecon l'autoritàsua e con la grazia che aveva appresso a molti della gioventúquesto tumulto; ma non facendo fruttoanzi essendogli dette daalcuni parole ingiuriosenon aveva avuto piccola difficoltà aotteneredopo spazio di piú oreche lo lasciassino partire.Però uscito del palagio pieno di sdegnoe sapendo quantoperle piccole forze e piccolo ordine che vi erafusse facile diespugnarloveniva per incitare gli altri a combatterlo subitamente.Ma il luogotenentedimostrandogli con brevissime parole quantosarebbono molesti al pontefice tutti i disordini che succedessinoedi quanto detrimento alle cose comuni de' confederatie quanto fussemeglio l'attendere piú tosto a quietare che ad accendere glianimie perciò essere pernicioso il dimostrare al duca diUrbino e agli altri tanta facilità di espugnare il palagiolotirò senza difficoltà talmente nella sentenza sua cheFedericoparlando agli altri come precisamente volle illuogotenentepropose la cosa in modo e dette tale speranza di posarele cose senza armi cheeletta questa per migliore viapregoronol'uno e l'altro di loro che andando insieme in palazzoattendessinoa quietare il tumultoassicurando ciascuno da quello che potessinoessere imputati di avere macchinatoil dícontro allo stato:dove andaticol salvocondotto di quegli che erano dentronon senzamolta difficoltàgli indusseno ad abbandonare il palagio ilquale erano inabili a difendere. Cosíposato il tumultotornorono le cose allo essere di prima. E nondimeno (come èpiú presente la ingratitudine e la calunnia che larimunerazione e la laude alle buone opere) se bene allora ne fusse illuogotenente celebrato con somme laudi da tuttinondimeno e ilcardinale di Cortona si lamentòpoco poiche egliamandopiú la salute de' cittadini che la grandezza de' Mediciprocedendo artificiosamentefusse stato cagione che in quel dínon si fusse stabilito in perpetuocon l'armi e col sangue de'cittadinilo stato alla famiglia de' Medici; e la moltitudine poi localunniò chedimostrandoquando andò in palagioipericoli maggiori che non eranogli avesse indottiper beneficiode' Medicia cedere senza necessità.

Latumultuazione di Firenzebenché si quietasse il dímedesimo e senza uccisionefu nondimeno origine di gravissimidisordini; e forse si può dire che se non fusse stato questoaccidentenon sarebbe succeduta quella ruina che poiprestissimamente succedette: perché il duca di Urbino e ilmarchese di Saluzzofermatisi in Firenze per la occasione di questotumulto (benché senza necessità)non andorono avederesecondo la deliberazione che era stata fattal'alloggiamentodell'Ancisa; e il seguente dí Luigi Pisano e Marco Foscarooratore veneto appresso a' fiorentiniveduta la instabilitàdella cittàprotestorono non volere che l'esercito passasseFirenze se prima non si conchiudeva la confederazione trattatanellaquale dimandavano contribuzione di diecimila fantiparendo lorotempo da valersi delle necessità de' fiorentini. Ma siconchiuse finalmente il vigesimo ottavo dírimettendosi aquella contribuzione che sarebbe dichiarata dal pontefice; il qualesi credeva che già si fusse ricongiunto co' collegati.Aggiunsesi cheessendo venuto il tempo de' pagamenti de' svizzeriné avendo Luigi Pisanosecondo le male provisioni chefacevano i vinizianidanari da pagarglipassò qualche díinnanzi gli provedesse; in modo che si pretermesse il consigliosalutifero di andare con gli eserciti ad alloggiare all'Ancisa.

Nelquale stato delle cose il ponteficeinteso lo inganno usato alviceré da Borbone e la passata sua in Toscanavolto pernecessità a' pensieri della guerraaveva conchiusoa'venticinque dídi nuovo confederazione col re di Francia eco' vinizianiobligandogli a sovvenirlo di grosse somme di denariné volendo obligare i fiorentini o sé ad altro che aquello che comportassino le loro facoltà; allegando lastracchezza in che era l'uno e l'altro di loro per avere spesoeccessivamente. Le quali condizionibenché graviapprovatedagli oratori de' confederati per separare totalmente il ponteficedagli accordi fatti col vicerénon erano approvate da'principali: i viniziani improbavano Domenico Venereooratore lorodi avere conchiuso senza commissione del senato una confederazione digrave spesa e di piccolo fruttoper la vacillazione del ponteficeil quale pensavano che a ogni occasione tornerebbe alla primaincostanza e desiderio dello accordoe il re di Francia esausto didanarie intento piú a straccare Cesare con la lunghezzadella guerra che alla vittoriagiudicava bastare ora che la guerrasi nutrisse con piccola spesa; anzise bene nel principioquandointese la tregua fatta dal ponteficegli fusse molestissimanondimenoconsiderando poi meglio lo stato delle cosedesideravache il pontefice disponesse i vinizianisenza i quali egli nonvoleva fare convenzione alcunaad accettare la tregua fatta.

Cap.viii

Deliberazionedel Borbone di marciare contro Romae lentezza del pontefice nelprendere provvedimenti. Scarsa sollecitudine dei romani allarichiesta d'aiuti del pontefice. Deliberazioni dei collegati diinviare milizie a Roma; fiducia di Renzo da Ceri nella possibilitàdi difendere Romae fiducia del pontefice in lui. Assaltodell'esercito tedesco a Romamorte del Borbone; sacco della città.Milizie de' collegati sotto Romadonde subito si ritirano.

Main questo tempo il ponteficeal quale era molesto essersi trasferitala guerra in Toscana ma pure manco molesto che se si fusse trasferitain terra di Romasoldava fanti e provedeva a' denarima lentamente;disegnando di mandare Renzo da Ceri con gente contro a' sanesi eanche assaltargli per mareacciò che Borboneimplicato inToscanafusse impedito a pigliare il cammino di Roma: benchédi questo gli diminuisse ogni dí il timoresperando cheperle difficoltà che aveva Borbone di condurre inverso Roma legenti senza vettovaglie e senza denarie per l'opportunitàche aveva dello stato di Sienadove almanco si nutrirebbono isoldatifusse per fermarsi alla impresa contro a' fiorentini. Maofusse stato altro il suo primo consigliostabilitocome molti hannodettosegretissimamenteinsino al Finalecon l'autorità delduca di Ferrara e di Ieronimo Moroneo diffidandopoichéalla difesa di Firenze erano condotte le forze di tutta la legadipotere fare frutto in quella impresané potendo anchesostentare piú l'esercito senza denaricondotto insino a queldí per tante difficoltà con vane promesse e vanesperanzee però necessitato o a perire o a tentare lafortunadeliberò di andare improvisamente e con sommaprestezza ad assaltare la città di Roma; dove e i premi dellavittoria e per Cesare e per i soldati sarebbono inestimabilie lasperanza del conseguirgli non era piccolapoi che [il papa]concattivo consiglioaveva licenziato prima i svizzeri e poi i fantidelle bande neree ricominciato sí lentamente (disperato chefu l'accordo) a provedersi che giudicava non sarebbe a tempo araccorre presidio sufficiente.

Partíadunque il duca di Borbone con tutto l'esercitoil dívigesimo [sesto] di aprilespeditosenza artiglierie senzacarriaggi; e camminando con incredibile prestezzanon lo ritardandoné le pioggiele quali in quegli dí furono smisuratené il mancamento delle vettovagliesi appropinquò aRoma in tempo che appena il pontefice avesse certa la sua venutanontrovato ostacolo alcuno né in Viterbodove il papa non erastato a tempo a mandare gentené in altro luogo. Peròil ponteficericorrendo (come prima gli era stato predetto avere aessere da uomini prudentissimi) nelle ultime necessitàequando non gli potevano piú giovarea quegli rimedi i qualifatti in tempo opportunosarebbono stati alla salute sua digrandissimo momentocreò per danari tre cardinali; i qualiper l'angustia delle cose non gli potettono essere numeratinégli fussino stati numeratipotevanoper la vicinità delpericolopartorire piú frutto alcuno. Convocò anche iromaniricercandogli che in tanto pericolo della patria pigliassinoprontamente l'armi per difenderlae i piú ricchi prestassinodanari per soldare fantialla quale cosa non trovòcorrispondenza alcuna. Anzi è restato alla memoria cheDomenico di Massimoricchissimo sopra a tutti i romaniofferse diprestare cento ducati: della quale avarizia patí le peneperché le figliuole andorono in preda de' soldatiegli co'figliuoli fatti prigioni ebbono a pagare grandissime taglie.

Main Firenzeavuta la nuova della partita di Borbonela qualescritta da Vitello che era in Arezzoritardò uno dípiú che non era conveniente a veniresi deliberò da'capitani che il conte Guido Rangonecon i cavalli suoi e con quellidel conte di Gaiazzo e con cinquemila fanti de' fiorentini e dellaChiesaandasse subitospeditoalla volta di Romaseguitassel'altro esercito appresso: sperando chese Borbone andava conartiglieriesarebbe questo soccorso a Roma innanzi a lui; se andavaspeditosarebbe sí presto dopo lui chenon avendoartiglierie ed essendo mediocre difesa in Romadove il papa avevascritto avere seimila fantisarebbe sopratenuto tanto che arrivassequesto primo soccorso; il quale arrivatonon era pericolo alcuno cheRoma si perdesse. Ma la celerità di Borbone e le piccoleprovisioni di Roma pervertirono tutti i disegni. Perché Renzoda Cerial quale il pontefice aveva dato il carico principale delladifesa di Romaavendo per la brevità del tempo condotto pochifanti utili ma molta turba imbelle e imperitaraccoltatumultuariamente dalle stalle de' cardinali e de' prelati e dallebotteghe degli artefici e delle osteriee avendo fatto ripari alBorgo debolia giudizio di tuttima a giudizio suo sufficienticonfidava tanto nella difesa che né permettesse che sitagliassino i ponti del Tevere per salvare Romase pure il Borgo eTrastevere non si potessino difendere; anzigiudicando esseresuperfluo il soccorsopresentita la venuta del conte Guidogli feceil quarto dí di maggio scrivere dal vescovo di Verona in nomedel pontefice cheper essere Roma provista e fortificata a bastanzavi mandasse solamente seicento o ottocento archibusieriegli colresto delle genti andasse a unirsi con l'esercito della legacolquale unito farebbe piú frutto che rinchiuso in Roma: la qualelettera se bene non fece nocumento alcunoperché il conte nonera tanto innanzi che potesse essere a tempocertificò purequanto male si calcolassino da lui i pericoli presenti. Ma non fumanco maravigliosose è maraviglia che gli uomini non sappinoo non possino resistere al fatoche il ponteficeche solevadisprezzare Renzo da Ceri sopra tutti gli altri capitanisirimettesse ora totalmente nelle sue braccia e nel suo giudizio; emolto piú chesolito a temere ne' minori pericoliera statopiú volte inclinato ad abbandonare Roma quando il viceréandò col campo a Frusoloneorain tanto pericolospogliatosi della natura suasi fermasse costantemente in Romaecon tanta speranza di difendersi chediventato quasi comeprocuratore degli inimiciproibisse non solo agli uomini dipartirsene ma eziandio ordinasse non fussino lasciate uscirne lerobedelle quali molti mercatanti e altri cercavano per la via delfiume di alleggierirsi.

AlloggiòBorbone con l'esercitoil quinto dí di maggione' Pratipresso a Romacon insolenza militare mandò uno trombetto adimandare il passo al pontefice (ma per la città di Roma) perandare con l'esercito nel reame di Napolie la mattina seguente insu il fare del dídeliberato o di morire o di vincere (perchécertamente poca altra speranza restava alle cose sue)accostatosi alBorgo della banda del monte di Santo Spiritocominciò unaaspra battaglia; avendogli favoriti la fortuna nel fargliappresentare piú sicuramenteper beneficio di una foltanebbia chelevatasi innanzi al giornogli coperse insino a tanto siaccostorno al luogo dove fu cominciata la battaglia. Nel principiodella quale Borbonespintosi innanzi a tutta la gente per ultimadisperazionenon solo perché non ottenendo la vittoria nongli restava piú refugio alcuno ma perché vedeva i fantitedeschi procedere con freddezza grande a dare l'assaltoferitonelprincipio dello assaltodi uno archibusocadde in terra morto. Enondimeno la morte sua non raffreddò l'ardore de' soldatianzi combattendo con grandissimo vigoreper spazio di due oreentrorno finalmente nel Borgo; giovando loro non solamente ladebolezza grandissima de' ripari ma eziandio la mala resistenza chefu fatta dalla gente. Per la qualecome molte altre voltesidimostrò a quegli che per gli esempli antichi non hanno ancoraimparato le cose presentiquanto sia differente la virtúdegli uomini esercitati alla guerra agli eserciti nuovi congregati diturba collettiziae alla moltitudine popolare: perché eraalla difesa una parte della gioventú romana sotto i lorocaporioni e bandiere del popolo; benché molti ghibellini edella fazione colonnese deliberassino o almanco non temessino lavittoria degli imperialisperando per il rispetto della fazione dinon avere a essere offesi da loro; cosa che anche fece procedere ladifesa piú freddamente. E nondimenoperché èpure difficile espugnare le terre senza artiglieriarestorno morticirca mille fanti di quegli di fuora. I quali come si ebbeno apertala via di entrare dentromettendosi ciascuno in manifestissima fugae molti concorrendo al Castellorestorono i borghi totalmenteabbandonati in preda de' vincitori; e il ponteficeche aspettava ilsuccesso nel palazzo di Vaticanointeso gli inimici essere dentrofuggí subito con molti cardinali nel Castello. Doveconsultando se era da fermarsi quivio pureper la via di Romaaccompagnati da' cavalli leggieri della sua guardiaridursi in luogosicurodestinato a essere esempio delle calamità che possonosopravenire a' pontefici e anco quanto sia difficile a estinguerel'autorità e maestà loroavuto nuove per Berardo daPadovache fuggí dello esercito imperialedella morte diBorbone e che tutta la gentecosternata per la morte del capitanodesiderava di fare accordo secomandato fuora a parlare co' capilorolasciò indietro infelicemente il consiglio di partirsi;non stando egli e i suoi capitani manco irresoluti nelle provisionidel difendersi che fussino nelle espedizioni. Però il giornomedesimo gli spagnuolinon avendo trovato né ordine néconsiglio di difendere il Trasteverenon avuta resistenza alcunav'entrorono dentro; donde non trovando piú difficoltàla sera medesima a ore ventitréentrorono per ponte Sistonella città di Roma: doveda quegli in fuora che siconfidavano nel nome della fazionee da alcuni cardinali che peravere nome di avere seguitato le parti di Cesare credevano essere piúsicuri che gli altritutto il resto della corte e della cittàcome si fa ne' casi tanto spaventosiera in fuga e in confusione.Entrati dentrocominciò ciascuno a discorrere tumultuosamentealla predanon avendo rispetto non solo al nome degli amici néall'autorità e degnità de' prelatima eziandio a'templi a' monasteri alle reliquie onorate dal concorso di tutto ilmondoe alle cose sagre. Però sarebbe impossibile non solonarrare ma quasi immaginarsi le calamità di quella cittàdestinata per ordine de' cieli a somma grandezza ma eziandio a spessedirezioni; perché era l'anno......... che era statasaccheggiata da' goti. Impossibile a narrare la grandezza dellapredaessendovi accumulate tante ricchezze e tante cose preziose eraredi cortigiani e di mercatanti; ma la fece ancora maggiore laqualità e numero grande de' prigioni che si ebbeno aricomperare con grossissime taglie: accumulando ancora la miseria ela infamiache molti prelati presi da' soldatimassime da' fantitedeschiche per odio del nome della Chiesa romana erano crudeli einsolentierano in su bestie vilicon gli abiti e con le insegnedelle loro dignitàmenati a torno con grandissimo vilipendioper tutta Roma; moltitormentati crudelissimamenteo morirono ne'tormenti o trattati di sorte chepagata che ebbono la tagliafinirono fra pochi dí la vita. Morironotra nella battaglia enello impeto del saccocirca quattromila uomini. Furono saccheggiatii palazzi di tutti i cardinali (eziandio del cardinale Colonna chenon era con l'esercito)eccetto quegli palazzi cheper salvare imercatanti che vi erano rifuggiti con le robe loro e cosí lepersone e le robe di molti altrifeciono grossissima imposizione indenari: e alcuni di quegli che composeno con gli spagnuoli furono poio saccheggiati dai tedeschi o si ebbeno a ricomporre con loro.Compose la marchesana di Mantova il suo palazzo in cinquantaduemiladucatiche furono pagati da' mercatanti e da altri che vi eranorifuggiti: de' quali fu fama che don Ferrando suo figliuolo nepartecipasse di diecimila. Il cardinale di Siena: dedicato per anticaeredità de' suoi maggiori al nome imperialepoichéebbe composto sé e il suo palazzo con gli spagnuolifu fattoprigione da' tedeschi; e si ebbepoi che gli fu saccheggiato da loroil palazzoe condotto in Borgo col capo nudo con molte pugnaariscuotere da loro con cinquemila ducati. Quasi simile calamitàpatirono il cardinale della Minerva e il Ponzettache fatti prigionida' tedeschi pagorono la tagliamenati prima l'uno e l'altro di loroa processione per tutta Roma. I prelati e cortigiani spagnuoli etedeschiriputandosi sicuri dalla ingiuria delle loro nazionifurono presi e trattati non manco acerbamente che gli altri.Sentivansi i gridi e urla miserabili delle donne romane e dellemonachecondotte a torme da' soldati per saziare la loro libidine:non potendo se non dirsi essere oscuri a' mortali i giudizi di Dioche comportasse che la castità famosa delle donne romanecadesse per forza in tanta bruttezza e miseria. Udivansi per tuttoinfiniti lamenti di quegli che erano miserabilmente tormentatiparteper astrignergli a fare la taglia parte per manifestare le robeascoste. Tutte le cose sacrei sacramenti e le reliquie de' santidelle quali erano piene tutte le chiesespogliate de' loroornamentierano gittate per terra; aggiugnendovi la barbarie tedescainfiniti vilipendi. E quello che avanzò alla preda de' soldati(che furno le cose piú vili) tolseno poi i villani de'Colonnesiche venneno dentro. Pure il cardinale Colonnache arrivò(credo) il dí seguentesalvò molte donne fuggite incasa sua. Ed era fama chetra denari oro argento e gioiefusseasceso il sacco a piú di uno milione di ducatima che ditaglie avessino cavata ancora quantità molto maggiore. Arrivòil dí medesimo che gli imperiali preseno Romail conte Guidoco' cavalli leggieri e ottocento archibusieri al ponte di Salaraperentrare in Roma la sera medesima; ma inteso il successo si ritiròa Otricolidove si congiunse seco il resto della sua gente; perchénon ostante le lettere avute di Roma che disprezzavano il suosoccorsoeglinon volendo disprezzare la fama di essere quello cheavesse soccorso Romaaveva continuato il suo cammino. Némancò (come è natura degli uominibenigni e mansuetiestimatori delle azioni proprie ma severi censori delle azionid'altri) chi riprendesse il conte Guido di non avere saputo conoscereuna preclarissima occasioneperché gli imperialiintentissimi tutti a sí ricca predaa votare le casearitrovare le cose occultatea fare prigioni e a ridurre in luogosalvo i fattierano dispersi per tutta la cittàsenza ordinedi alloggiamenti senza riconoscere le loro bandiere senza ubbidire isegni de' capitani; in modo che molti credetteno che se la gente cheera col conte Guido si fusse condotta con prestezza in Roma non soloarebbeno conseguitopresentandosi al Castello non assediato nécustodito di fuora da alcunola liberazione del pontefice ma ancorasarebbe succeduta loro piú gloriosa fazioneoccupati tantogli inimici alla preda che con difficoltàper qualunqueaccidentese ne sarebbe messo insieme numero notabile: essendomassime certo cheancora poi per qualche díquando percomandamento de' capitani o per qualche accidente si dava alle arminon si rappresentava alle bandiere alcuno soldato. Ma gli uomini sipersuadono spesso che se si fusse fatta o non fatta una cosa talesarebbe succeduto certo effettoche se si potesse vederne laesperienza si troverebbeno molte volte fallaci simili giudizi.

 

Cap.ix

Avanzatadell'esercito dei collegati verso Roma; fallimento del tentativo diliberare il pontefice. Lentezza dell'esercito dei collegati; induginella conclusione degli accordi per la resa fra il pontefice e gliimperiali. Inattività dell'esercito dei collegati; inutiliistanze del luogotenente del pontefice.

Restavaadunque a' rinchiusi nel Castello solamente la speranza del soccorsodello esercito della lega; il qualepartito da Firenzenon prima(credo) che 'l terzo o il quarto dí di maggio (perché iviniziani erano stati lenti a pagare i svizzeri)camminavaprecedendo una giornata il marchese di Saluzzo alle genti vinizianema con ordine accordato tra il duca e lui che seguitassino per ilmedesimo cammino. Nondimenoil settimo díil ducacontroall'ordine datosi dirizzò dallo alloggiamento di Cortonaalla volta di Perugiaper arrivare a Todi e poi a Ortie quivipassato il Tevere unirsi con gli altri. I qualicamminando per ilcammino disegnatosforzorono e saccheggiorono Castello della Pieveche aveva recusato di alloggiare dentro i svizzericon morte diseicento o ottocento uomini di quegli della terra. Per il qualedisordineintenta la gente alla predanon si condusseno prima chea' dieci dí al ponte a Cranaiuolodove ebbeno avviso dellaperdita di Romae agli undici a Orvieto: doveper consiglio diFederigo da Bozzolesi spinse il marchese di Saluzzoegli e Ugo de'Peppolicon grossa cavalcata alla volta del Castello; disegnandoegli e Ugo andare insino al Castelloe restando il marchese dietroper fare loro spalle; sperando trovare sprovisti gli imperiali eaverecol subito arrivareoccasione di cavare di Castello ilpontefice e i cardinali: sapendosi massime i soldatiper lagrandezza della predaposposti gli altri pensierinon essereintenti ad altro. Ma il disegno riuscí vanoperché aFederigonon essendo già molto lontani da Romacadde ilcavallo addossodal quale offeso molto non potette andare piúinnanzi; e Ugo presentatosi presso al Castello essendo giàfatto il dídove l'ordine era dovessino arrivare di nottesiritirò: conoscendosecondo diceva egliscoperta l'occasionema secondo diceva Federigotemendo piú che non sarebbe statodi bisogno.

Ilduca di Urbino intratantointeso l'accidente di Romaancora cheaffermasse volere soccorrere con tutte le forze il ponteficenondimenoparendogli occasione di levare lo stato di Perugia di manodi Gentile Baglionemantenutovi con l'autorità del ponteficee rimetterlo in arbitrio de' figliuoli di Giampaoloaccostatosi conle genti de' viniziani a Perugiacostrinse con minacce Gentile apartirsene; e lasciatavi guardia sotto capi dependenti da Malatesta eda Oraziode' quali l'uno era rinchiuso in Castello Santo Agnolol'altro era in Lombardia con le genti de' vinizianipoichéin questa fazione ebbe consumato tre dísi condussea'quindici o a' sedicia Orvietoessendo stato causa di moltadilazione il cammino preso da lui dall'alloggiamento di Cortona perandare di là dal Tevere alla volta di Roma. A Orvieto siconvenneno insieme tutti i capi dello esercito per risolvere lefazioni future. Sopra le quali il duca di Urbinomostrato nelpreambolo delle parole caldezza grandeproponeva molte difficoltàricordando sopra tutto il pensare alla sicurtà della ritiratase non riuscisse il soccorso del Castello; però volle statichida Orvietoper assicurarsi che nel ritorno non mancherebbeno di darele vettovaglie allo esercito; e interponendo a tutte le coselunghezza di temporisolvé finalmente di essere a' diciannovea Nepie che il dí medesimo il marchese con le sue genti e ilconte Guido co' fanti italiani fussino a Braccianoper andare tuttiil dí seguente all'Isolaluogo lontano da Roma nove miglia:dove non furono gli eserciti (perché il duca soprastette aNepi) prima che a' ventidue. La quale dilazione fu causatadall'andata di Perugiada essere stato alloggiato tre dí a'piedi di Orvietoe fermatosi uno dí nello alloggiamento diNepi. La venuta de' quali intendendosi dal ponteficeper lettere delluogotenente scrittegli da Viterbofu cagione cheessendo quasiconclusa la concordia tra gli imperiali e luirecusò disottoscrivere i capitolinon tanto per la speranza che egliraccogliesse dalle lettere (le qualibenché scrittecautamentegli accennavano quel chediscorrendo il passatopotessesperare del futuro) quanto per fuggire la ignominia che alla sua otimidità o precipitazione si potesse attribuire il non esserestato soccorso.

Erane' franzesi prontezza di soccorreree i viniziani con lettere caldeaugumentavano la medesima disposizioneavendone parlato ardentementeil principe nel consiglio de' pregati; perònon restando alduca altra scusavolle che il dí seguente si facesse lamostra di tutti gli eserciti; sperando trovare il numero diminuito inmodo che gli desse giusta cagione di ricusare il combattere: disegnoche riuscí vanoperché nello esercitoancora chemolti se ne fussino partitierano restati piú di quindicimilafantie tutta la gente dispostissima maravigliosamente a combattere.Consultossifatto la mostraquello che fusse da fare; ed essendomolti disposti che si andasse a fare lo alloggiamento alla Croce diMontemari (come con grande instanza ricercavano quegli del Castello)allegando cheper essere alloggiamento forte e lontano da Roma tremiglia né essere da temere che gli imperiali uscissino adalloggiare fuora di Romalo stare quivi e il ritirarsi potersi faresenza pericoloe da quello alloggiamento potersi meglio conoscere emeglio eseguire l'occasione di soccorrere il Castello. Ma nonpiacendo al duca questa risoluzioneaccettò uno partitoproposto innanzi al tempo da Guido Rangoneche offeriva con tutti icavalli e le fanterie ecclesiastiche accostarsi la notte medesima alCastello per fare pruova di trarne il pontefice; pure che il ducad'Urbino col resto dello esercito si conducesse insino alle TreCapanne per fargli spalle. Ma non si eseguí la notte questodisegnoperché il ducastimolato dagli altricavalcòper riconoscere l'alloggiamento di Montemari: e nondimenoappropinquatosi la nottenon passò le Tre Capanne. Maessendosi per questa andata perdute molte ore vanamentefunecessario differire l'eseguire la deliberazione fatta alla nottefutura. Ma il dí medesimoavendo il duca fatto riferire acerte spie (o vere o subornate) che fussino le trincee fatte in Pratipiú gagliardeche non era la veritàe lo avere rotto(il che anche era falso) in piú luoghi il muro del corridoredonde si va dal palazzo di Vaticano a Castello Santo Angeloperpoterese si scopriva gentesoccorrere subito da piú bandee proposto da lui molte difficoltàche tutte furonoconsentite da Guido e approvate da quasi tutti gli altri capitanisiconchiuse essere cosa impossibile di soccorrere allora il Castello;ributtati agramente dal duca alcuni degli altri capitani che sisforzavanodisputandodi sostentare la contraria opinione. Cosírestava in preda il ponteficenon si rompendo pure solamente unalancia per cavare di carcere colui che per soccorrere altri avevasoldato tanta gente e speso somma infinita di denari e commosso allaguerra quasi tutto il mondo. Trattossi nondimeno se quel che non sifaceva di presente si potesse fare in futuro con maggiori forze: allaqual cosaproposta dal ducarispose esso medesimo cheindubitatamente soccorrerebbe il Castello qualunque volta nelloesercito fusse il numero vero di sedicimila svizzericondotti perordinazione de' cantoninon computando in questi quegli che alloraerano nello esercitocome già fatti inutili per la lungadimora in Italia; e oltre a' svizzeridiecimila archibusieriitaliani tremila guastatori e quaranta pezzi di artiglieria;ricercando il luogotenente che confortasse il pontefice (che siintendeva avere da vivere per qualche settimana) che aspettasse adaccordarsi tanto che si mettessino insieme queste forze. E replicandoil luogotenente che intendeva la proposta sua in caso non si variasseintratanto lo stato delle cosema essendo verisimile chein questotempoquegli che erano in Romacon nuove trincee e fortificazionifarebbeno il soccorso piú difficilee anche che del reame diNapoli verrebbeno a Roma le genti che erano state condotte dal viceréin su l'armatadesiderare di sapere che speranza potesse dare alpontefice quandocome era verisimilesuccedessino queste coserispose che in tale caso si farebbe il possibile; e soggiugneva checongiungendosi le genti che erano a Napoli a quelle di Roma sarebbenoin tutto piú di dodicimila fanti tedeschi e otto in diecimilafanti spagnuoli: peròperdendosi il Castellonon si poteredisegnare di vincere la guerra se non si avessino veramente almenoventidue o ventiquattromila svizzeri. Le quali dimande essendo comeimpossibili sprezzate da tuttilo esercitoil primo dí digiugnomolto diminuito di fantisi ritirò a Monteruosi; nonostante che il papaper favorirsene nelle pratiche dell'accordoavesse fatto molta instanza che e' soprasedesse a levarsi: e la nottemedesimaPiermaria Rosso e Alessandro Vitello con dugento cavallileggieri passorono a Roma agli inimici.

Cap.x

Accordifra il Pontefice e gli imperiali; stretta sorveglianza del ponteficein Castel Sant'Angelo. Città che malgrado l'accordo rimangonoalla devozione del pontefice; il duca di Ferrara occupa Modenaiveneziani Ravenna e Cerviae Sigismondo Malatesta Rimini.Restaurazione del governo popolare in Firenze. Ragioni di odio deifiorentini contro i Medicie persecuzione ai loro fautori.

Avevail ponteficesperando sempre poco del soccorsoe temendo alla vitapropria da' Colonnesi e da' fanti tedeschimandato a Siena achiamare il vicerésperandoancheda lui migliorecondizione: il quale andò cupidamentecredendo esserecapitano dell'esercito. Arrivato a Romadove passò consalvocondotto de' capitani dello esercitoveduto essere contro a sémala disposizione de' fanti tedeschi e spagnuolii quali dopo lamorte di Borbone avevano eletto per capitano generale il principe diOrangesnon ebbe ardire di fermarvisi; ma andando verso Napoliincontrato nel cammino dal marchese del Guastodon Ugo e Alarconevi ritornò per consiglio loro: e nondimenonon essendo gratoall'esercitonon ebbe piú autorità né nellecose della guerra né nel trattato della concordia colpontefice. Il quale finalmentedestituto di ogni speranzaconvenneil sesto dí di giugno con gli imperialiquasi con quellemedesime condizioni con le quali aveva potuto convenire prima: che ilpontefice pagasse allo esercito ducati quattrocentomilacioècentomila di presenteche si pagavano di denari argento e ororifuggito nel Castellocinquantamila fra venti dídugentocinquantamila fra due mesiassegnando per il pagamento di questi unaimposizione pecuniaria da farsi per tutto lo stato della Chiesa;mettesse in potestà di Cesareper ritenerlo quanto paresse aluiCastel Santo Angelole rocche di Ostia di Civitavecchia e diCivita Castellanae le città di Piacenza di Parma e diModona; restasse egli prigione in Castello con tutti i cardinalicheerano seco trediciinsino a tanto che fussino pagati i primi centocinquantamiladipoi andassino a Napoli o a Gaeta per aspettarequello che di loro determinasse Cesare; desse statichi allo esercitoper l'osservanza de' pagamenti (de' quali la terza parte appartenevaagli spagnuoli) gli arcivescovi sipontino e pisanoi vescovi diPistoia e di VeronaIacopo SalviatiSimone da Ricasoli e Lorenzofratello del cardinale de' Ridolfi: avessino facoltà dipartirsi sicuramente del Castello Renzo da CeriAlberto PioOrazioBaglioneil cavaliere Casale oratore del re di Inghilterra; e tuttigli altri che vi erano rifuggitieccetto il pontefice e i cardinali:assolvesse il pontefice dalle censure incorse i Colonnesie chequando fusse menato fuori di Roma vi restasse uno legato in nome suoe l'auditorio della ruota proposto a rendere ragione. Il qualeaccordo come fu fattoentrò nel Castello con tre compagnie difanti spagnuoli e tre compagnie di fanti tedeschi il capitanoAlarcone; il qualedeputato alla guardia del Castello e dellapersona del ponteficelo guardava con grandissima diligenzaridottoin abitazioni anguste e con piccolissima libertà.

Manon furono con la medesima facilità consegnate l'altrefortezze e terre promesse: perché quella di Civita Castellanaera custodita in nome de' collegati; quella di Civitavecchia recusòdi consegnare Andrea Doriabenché n'avesse comandamento dalponteficese prima non gli erano pagati quattordicimila ducatide'quali diceva di essere creditore per gli stipendi suoi. A Parma e aPiacenza andò in nome del pontefice Giuliano Leno romanoarchitettorein nome de' capitani Lodovico conte di Lodroneconcomandamento alle città di obbedire alla volontà diCesare; benché da altra parte avesse fatto occultamenteintendere loro il contrario: le quali cittàaborrendo loimperio degli spagnuolirecusorono di volergli ammettere. Ma imodonesi non erano piú in potestà propriaperchéil duca di Ferraranon pretermettendo l'occasione che gli davano lecalamità del ponteficeminacciando di dare il guasto allebiade già maturegli costrinse a dargli il sesto dí digiugno la città; non senza infamia del conte Lodovico Rangoneil qualebenché il duca avesse seco poca gentese ne partínon fatto segno alcuno di resistenza: e disprezzò in questo ilduca l'autorità de' vinizianii quali lo confortavano a nonfarein tempo taleinnovazione alcuna contro alla Chiesa. Enondimeno essinon contenendo se medesimi da quello che dissuadevanoagli altriavuta intelligenza co' guelfi di Ravennamandativi fantisotto colore di guardarla per timore di quelli di Cotignuolaappropriorono a sé quella città; e ammazzatofurtivamente il castellanooccuporono anche la fortezzapublicandovolerla tenere in nome di tutta la lega; occuporono epochi dípoiCervia e i sali che vi erano del pontefice. Nello stato delqualenon essendo né chi lo guardasse né chi lodifendessese non quanto da se stessi per interesse proprio facevanoi popolioccupò Sigismondo Malatesta con la medesima facilitàla città e la rocca di Rimini.

Manon avevano le cose sue avuta nella città di Firenze migliorefortuna. Perchécome vi fu la nuova della perdita di Romailcardinale di Cortonaimpaurito per trovarsi abbandonato da'cittadini che facevano professione di essere amici de' Medicinonavendo modosenza termini violenti ed estraordinaridi provedere a'denariné volendo per avarizia mettere mano a' suoialmenoinsino a tanto che si intendesse il progresso degli eserciti cheandavano per soccorrere il ponteficenon lo movendo alcunanecessitàperché nella città erano moltisoldatie il popolo spaventato per l'accidente seguito dellaoccupazione del palazzo non arebbe avuto ardire di muoversideliberòdi cedere alla fortuna; econvocati i cittadinilasciòlibera a loro l'amministrazione della republicaottenuti certiprivilegi ed esenzionie facoltà a' nipoti del pontefice distare come cittadini privati in Firenzee abolizione per ciascuno ditutte le cose perpetrate per il passato contro allo stato. Le qualicose conchiuseil sestodecimo dí di maggioegli co' nipotise ne andò a Lucca; dove pentitosi presto del partito presocon tanta timiditàfece pruova di ritenersi le fortezze diPisa e di Livornole quali erano in mano di castellani confidenti alpontefice; e nondimeno questifra pochi giorninon sperando per lacattività del papa soccorso alcunoricevuta anche qualchesomma di denariconsegnorono quelle fortezze a' fiorentini. I qualiin questo mezzoavendo ridotta la città al governo popolarecreorono gonfaloniere di giustizia per uno annoe con facoltàdi essere confermato insino in tre anniNiccolò Capponicittadino di grande autorità e amatore della libertà;il qualedesiderando sopra modo la concordia de' cittadini e che ilgoverno si riducesse a forma piú perfetta che si potesse direpublicaconvocato il prossimo dí il consiglio maggiorenelquale risedeva la potestà assoluta del deliberare le leggi edi creare tutti i magistratiparlò in questa sentenza.

Furonogravissime le parole del gonfaloniere e prudentissimi certamente iconsiglia' quali se i cittadini avessino prestato fede sarebbeforse durata piú lungamente la nuova libertà. Maessendo maggiore lo sdegno in chi ricupera la libertà che inchi la difendee grande l'odio contro al nome de' Medici per moltecagionie massime per avere avuto a sostentare in gran parte co'danari propri le imprese cominciate da loro (perché èmanifesto avere i fiorentini spesonella occupazione e poi nelladifesa del ducato di Urbinoducati piú di cinquecentomilaaltanti nella guerra mossa da Leone contro al re di Franciae nellecose che succederono dopo la morte sua dependenti da detta guerraducati trecentomilapagati a' capitani imperiali e al viceréinnanzi la creazione di Clemente e poie ora piú disecentomila nella guerra mossa contro a Cesare)cominciorono aperseguitare immoderatamente quegli cittadini che erano stati amicide' Mediciperseguitare il nome del pontefice. Scancellorno pertutta la città impetuosamente le insegne della famiglia de'Mediciaffisse eziandio negli edifizi fabbricati da loro; roppeno leimmagini di Leone e di Clemente che stavano nel tempio dellaAnnunziatacelebrato per tutto il mondo; costrinseno i beni delponteficea esazione di debiti vecchinon pretermettendo cosaalcunala maggiore parte di loroappartenente a concitare lo sdegnodel ponteficee a nutrire divisione e discordia nella città:e arebbono moltiplicato a maggiori disordini se non si fusseinterposta l'autorità e prudenza del gonfalonierela qualeperò non bastava a rimediare a' molti disordini.

Cap.xi

Disordinee pestilenza fra le milizie imperiali in Roma; invio di miliziefrancesi in Italia. Confederazione tra i re di Francia ed'Inghilterra; accordi fra i collegati contro Cesare. Pestilenza inmolte parti d'Italia. Partenza dell'esercito francese per l'Italia.Fazioni di guerra in Lombardia.

Main Roma erano venuticol marchese del Guasto e con don Ugotutti ifanti tedeschi e spagnuoli i quali erano nel reame di Napoliin modosi dicevano essereraccolti insiemeottomila fanti spagnuolidodicimila tedeschi e quattromila italiani; esercitoper lariputazione acquistataper il terrore degli altriper le deboliprovisioni che si avevano da opporsi loroda fare in Italiaqualunque progresso. Ma essendone capitano in titolo e in nomesolamente il principe di Orangesma in fatto governandosi da sestessoe intento tutto alle prede e alle taglie e a riscuotere idanari promessi dal ponteficenon aveva pensiero alcuno degliinteressi di Cesare; però non voleva partirsi di Roma. Dovegovernandosi tumultuosamenteil viceré e il marchese delGuastotemendo da' fanti alle persone propriese ne fuggirono: essirestorono esposti alla pestilenzala quale già cominciata vifece poi gravissimo danno; perderono la occasione di molte coseespecialmente di Bologna (la quale cittàbenché vifussedopo la perdita del Borgoandato con mille fanti pagati da'viniziani il conte Ugo de' Peppolitumultuando Lorenzo Malvezziconassenso tacito di Ramazzotto e col seguito della fazione de'Bentivoglinon senza difficoltà si conservò nellaubbidienza della sedia apostolica); equel che non importòforse menodettono spazio al re di Francia di mandare esercitopotentissimo in Italiacon pericolo grandissimo che Cesaredopoavere acquistata tanta vittorianon perdesse il reame napoletano.

Perchéindirizzandosi in Francia le cose a provisioni di nuova guerrasiera conchiusail vigesimoquarto dí di aprilelaconfederazione trattata molti mesi tra il re di Francia e il re diInghilterracon condizione: che la figliuola di Inghilterra simaritasse al re di Francia o al duca di Orliens suo secondo genitoeche nello abboccamento de' due redisegnato di farsi alla Pentecostetra Cales e Bolognaconvenissino a chi di loro due si avesse a dare;rinunziasse il re di Inghilterra al titolo del regno di Franciaricevendo in ricompensa una pensione di cinquantamila ducati l'anno;entrasse nella lega fatta a Romaobligandosi a muovereper tuttoluglio prossimola guerra a Cesare di là da' monti connovemila fantie il re di Francia con diciottomila e con numero dilance e di artiglierie conveniente; e che in questo mezzo mandassinol'uno e l'altro di lorooratori a Cesare a intimargli laconfederazione fattaa ricercargli la liberazione de' figlie loentrare nella pace con oneste condizionie in caso non accettasseinfra uno meseprotestargli la guerra e dargli principio: e fattoquesto accordoil re di Inghilterra entrò subito nella lega;ed egli e il re di Francia mandorono in poste due uomini a fare leintimazioni convenute a Cesare. I quali atti si feciono con piúprontezza per Tarba e per l'oratore angloandati in posteche nonsi erano fatti per commissione del pontefice; perchéBaldassarre da Castiglione nunzio suodicendo non essere daesacerbare tanto l'animo di Cesareaveva recusato che se gliprotestasse la guerra. Ma dipoiavuto in Francia l'avviso dellaperdita di Romatemperandosi il dispiacere minore del caso delpontefice con l'allegrezza maggiore della morte di Borbonenonparendo al re da lasciare cadere le cose di Italiaconvenne a'quindici di maggio co' viniziani di soldare a comune diecimilasvizzeripagando lui la prima paga e i viniziani la seconda e cosíseguitando successivamente; e mandare diecimila fanti sotto PietroNavarrae i viniziani ne soldassino diecimila altri tra loro e ilduca di Milano; mandare di nuovo cinquecento lance e diciotto pezzidi artiglieria. E perché il re di Inghilterranon ostante leconvenzioni fattenon concorreva prontamente a rompere la guerra dilà da' montila quale anche non sodisfaceva al re di Franciadesiderando ciascuno di loro di tenerla lontana da' regni suoiliberatisi da quella obligazioneconvennono che quel re pagasse perla guerra di Italiaper tempo di mesi [sei]diecimila fanti. Per lainstanza del quale principalmenteLautrechbenché quasicontro alla sua volontàfu dichiarato capitano generale ditutto l'esercito.

Ilquale mentre si prepara per passare con le provisioni convenienti didanari e delle altre cose necessarienon succedeva in Italiaaccidente alcuno di momento. Perché l'esercito imperiale nonsi partiva di Romanon ostante che quotidianamente ne morissinomolti per la acerbità della pestilenzala quale nel tempomedesimo faceva grandissimi progressi in Firenze e in molte parti diItalia; e l'esercito della leganella qualecon offensionegravissima di Cesare (perchéavendo per instanza fatta daloro commesso al duca di Ferrara il comporre in nome suo co'fiorentiniebbe quasi subito notizia della contraria deliberazione)eranoper la instanza del marchese di Saluzzo e de' vinizianientrati di nuovo i fiorentinicon obligazione di pagare cinquemilafantidiminuito molto di numeroper essere i fanti de' vinizianiquegli del marchese e i svizzeri male pagatiritiratosi a canto aViterboattendeva a temporeggiarsi; sforzandosi di mantenere alladivozione della lega PerugiaOrvietoSpuleto e l'altre terrevicine: dove avendo dipoi inteso una parte dell'esercito imperialeessere uscito di Romabenché lo facessino per respirarealquanto collo allargarsi dubitando non uscissino tuttifatto ilprimo pagamentosi ritirò a Orvieto e dipoi presso a Castellodella Pieve; e sarebbesi ritirato ne' terreni de' fiorentini se lorolo avessino consentito. Era anche entrata la pestilenza in CastelSanto Angelocon pericolo grande della vita del pontefice; intorno[al quale] morirno alcuni di quegli che servivano la sua persona. Ilqualeafflitto da tanti maliné avendo speranza in altro chenella clemenza di Cesaregli destinò legatoconconsentimento de' capitaniAlessandro cardinale di Farnese: benchéegliuscito con questa occasione del Castello e di Romarecusòdi andare alla legazione. Desideravano i capitani condurre ilpontefice a Gaeta coi tredici cardinali che erano con lui; ma eglicon molta diligenza con prieghi e con arteprocurava il contrario.

FinalmenteLautrechfatte l'espedizioni necessariepartí dalla cortel'ultimo dí di giugno con ottocento lancee con titoloperché cosí aveva voluto il redi capitano generale ditutta la lega; e il re di Inghilterrain luogo de' diecimila fantisi era tassato a pagarecominciando al principio di giugnoscuditrentaduemila ciascuno meseco' quali si pagassino diecimila fantitedeschi sotto Valdemonteottima banda e molto esercitataper avererotto piú volte i luterani: e i diecimila fanti di PietroNavarra erano parte franzesi parte italiani. Condusse ancora il re diFrancia Andrea Doriacon otto galee e trentaseimila scudi l'anno.

Mainnanzi che Lautrech avesse passato i montile genti de' viniziani edel duca di Milano congiunte andorono a Marignano: donde Antonio deLevauscito di Milano co' fanti tedeschi con ottocento spagnuoli ealtanti italianie con non molti cavalligli costrinse a ritirarsi.Nel quale tempo il castellano di Muscondotto agli stipendi del redi Franciamentre che in sul lago di Como aspetta la venuta de'svizzerioccupò per inganno la rocca di Monguzzo posta traLecco e Comonella quale abitava Alessandro Bentivogli come in casapropria. Mandò Antonio de Leva Lodovico da Belgioioso arecuperarlail quale assaltatala invano tornò a Moncia. Maavendo dipoi Antonio de Leva sentito che il castellano con dumilacinquecento fanti era venuto alla villa di Caratodistante da Milanoquattordici migliaritornò a Milano; dove lasciati solodugento uominibenché i viniziani vi fussino propinqui adieci migliapartitosi di notte col resto dell'esercitoassaltòall'improviso in sul levare del sole le genti del castellano; lequali sentito il romoreuscite delle case dove alloggiavanosiritirorno in uno piano circondato da siepi presso alla villanoncredendo esservi tutte le genti inimiche; e benché simettessino in ordinanzafurono in quel luogo basso come in carceresenza difesa presi e mortieccetto molti i quali nel principio sifuggironoessendosi accorti che il castellano aveva subito fatto ilmedesimo.

Cap.xii

Azionedi príncipi presso Cesare per la liberazione del pontefice. Ilcardinale eboracense in Francia e suoi accordi col re. Condizioni edinattività degli eserciti avversari in Italia. Atto degnod'infamia compiuto a Perugia dai capitani dei confederati. Azioni deicollegati nel Lazio e nell'Umbria.

Avevain questo mezzo Cesareper lettere del gran cancelliereil qualemandato da lui veniva in Italiascrittegli da Monaco (il qualerichiamò subito)intesa la cattura del pontefice; e benchécon le parole dimostrasse essergli molestissimanondimeno siraccoglieva che in secreto gli era stata gratissima; anzinon siastenendo totalmente dalle dimostrazioni estrinsechenon aveva perquesto intermesso le feste cominciate prima per la nativitàdel figliuolo. Ma essendo la liberazione del pontefice desiderataardentissimamente dal re di Inghilterra e dal cardinale eboracenseeper la autorità loro risentendosene anche il re di Francia (ilquale altrimentise avesse recuperato i figliuolisi sarebbe pococommosso per i danni del pontefice e di tutta Italia)mandoronocongiuntamentel'uno e l'altrooratori a Cesare a dimandargli lasua liberazionecome cosa appartenente comunemente a tutti ipríncipi cristianie come debita particolarmente da Cesaresotto la fede del quale era stato da' suoi capitani e dal suoesercito ridotto in tanta miseria; e in questo tempo medesimoricercorono i cardinali che erano in Italiache insieme co'cardinali che erano di là da' monti si congregassino inAvignoneper consultare in tempo tanto difficile quel che s'avesse afare per beneficio della Chiesa: i qualiper non si mettere tutti inmano di príncipi tanto potentirecusoronobenché condiverse escusazionidi andarvi. E da altra parte il cardinale de'Salviatilegato appresso al re di Franciaricercato dal ponteficeche andasse a Cesare per aiutare le cose suealla venuta di don Ugo(il quale si era convenuto nella capitolazione che vi andasse)ricusò di farlocome se fusse cosa perniciosa che tanticardinali fussino in potestà di Cesarema mandò peruno suo cameriere la istruzione ricevuta da Roma allo auditore dellacamera; il quale riportò benignissime parole ma incerta evaria risoluzione. Arebbe Cesare desiderato che la persona delpontefice fusse condotta in Spagna; nondimenoe perché erapure cosa piena di infamia e per non irritare tanto l'animo del re diInghilterrae perché tutti i regni di Spagnai qualieprincipalmente i prelati e i signoridetestavano molto che dalloimperadore romanoprotettore e avvocato della Chiesafussecontanta ignominia di tutta la cristianitàtenuto in carcerequello che rappresentava la persona di Cristo in terraperòavendo risposto a quegli oratori benignamentee alla instanza chegli facevano della pace essere contento che la trattasse il re diInghilterra (il che da loro fu accettato)mandò il terzo dídi agosto il generale in Italia edi poi quattro dí[Veri]di Migliaul'uno e l'altrosecondo si dicevacon commissione alviceré per la liberazione del pontefice e restituzione ditutte le terre e fortezze occupategli. Per la sostentazione del qualeconsentí anche che il nunzio suo gli mandasse certa somma didanariesatta dalla collettoria di quegli reami i quali nelle cortiavevano denegato di dare a Cesare danari.

Passòin questo tempoche era di luglioil cardinale eboracense a Calescon milledugento cavalli; incontra il quale il re di Franciavolendoriceverlo onoratissimamentemandò il cardinale del Loreno.Andò dipoi il re in Amiens a' tre di agostodove il seguentedí entrò Eboracense con grandissima pompa;accrescendogli ancora la estimazione lo avere portato secotrecentomila scudi per le spese occorrentie per prestarne al re diFranciabisognando. Trattossi tra loro quel che apparteneva allapace e quello che apparteneva alla guerra. E ancora che i fini del redi Francia fussino diversi da quegli del re di Inghilterra (perchéper conseguire i figliuoli arebbe lasciato il pontefice e Italia inpreda) nondimeno era stato necessitato promettergli di non fareaccordo alcuno con Cesare senza la liberazione del pontefice. Peròavendo mandato Cesare al re di Inghilterra gli articoli della pacegli fu rispostoin nome comuneche accetterebbono la pace con larestituzione de' figliuolipagandogli in certi tempi due milioni diducatila liberazione del pontefice e dello stato ecclesiasticolaconservazione di tutti gli stati e governi di Italia come erano dipresentee finalmente la pace universale. E si convenne tra lorocheaccettando Cesare questi articolila figlia di Inghilterra sidesse per moglie al duca d'Orliensperché andrebbe innanzi ilmatrimonio del re con la sorella di Cesare; ma non succedendo lapacesi desse per moglie al re; i quali articoli mandatidenegoronodi concedere salvocondotto a uno uomo quale Cesare dimandava dimandarvirispondendo bastare gli fussino stati mandati quegliarticoli. La quale conclusione fattafuil decimo ottavo dídi agostogiurata e publicata solennemente la pace e laconfederazione tra l'uno re e l'altro. Deliberorono che la guerra diItalia si facesse gagliardamenteavendo per obietto principale laliberazione del ponteficema rimettendo liberamente i modi e i mezzidel proseguirla nel consiglio di Lautrech; il qualeinnanzi allapartita suaaveva ottenuto dal re tutte l'espedizioni domandate:perché il re si metteva a fare sforzo ultimoe quasiperentorio. Volle ancora Eboracense che in campo andasse per il suore il cavaliere Casaleal quale si indirizzassino i trentacinquemiladucati pagava ciascuno meseper essere certo vi fusse il numerointero degli alamanni. Cosí stabilito il modo della guerra diItaliae mandate unitamente le risposte in SpagnapartíEboracensespedito alla partita sua il protonotario Gambero alponteficeper confortare a farlo suo vicario universale in Franciain Inghilterra e in Germaniamentre stava in prigione: a che il redi Francia dimostrava consentire ma in segreto contradiceva.

Facevansiintratanto poche fazioni di guerra in Italiaessendo grandel'espettazione della venuta di Lautrech. Perché l'esercitoimperialedisordinato e deposta l'ubbidienza a' capitanigrave agliamici e alle terre arrendutenon si movendonon era agli inimici dialcuno terrore; i fanti spagnuoli e gli italianifuggendo lacontagione della pestesi stavano sparsi intorno a Roma; il principedi Oranges con cento cinquanta cavalli era andato a Sienaper qualesi voglia cagione; dove prima aveva mandato alcuni fantiperchéil popolo di quella cittàsollevato da capi sediziosiavevatumultuosamente saccheggiate le case de' cittadini del Monte de' novee ammazzato Pietro Borghesicittadino di autoritàinsiemecon uno figliuolo e sedici o diciotto altri. In Roma restavanosolamente i tedeschi pieni di peste; i quali essendo stati sodisfatticon grandissima difficoltà dal pontefice de' primi centocinquantamila ducatiparte con danari parte con partiti fatti conmercatanti genovesi sopra le decime del regno di Napoli e sopra lavendita di Beneventodimandavanoper il resto de' denari dovutialtre sicurtà e altro assegnamento che la imposizione in su lostato ecclesiasticocose impossibili al pontefice incarcerato; [e]dopo molti minacci fatti agli statichie il tenergli incatenati congrandissima acerbitàgli condussono ignominiosamente in Campodi Fioredove rizzate le forchecome se incontinente volessinoprendere di loro quello supplicio. Uscirono dipoi tutti di Roma senzacapitani di autoritàper allargarsi e rinfrescarsi piúche per fare fazioni di importanza: e avendo saccheggiato le cittàdi Terni e NarniSpuleto si accordò di dare loro passo evettovaglia. Però l'esercito de' collegatiper sicurtàdi Perugiaandò ad alloggiare a Pontenuovo di là daPerugia; il quale prima alloggiava in sul lago di Perugiamadiminuitorispetto alle obligazioni de' collegatimolto di numero;perché col marchese di Saluzzo erano trecento lancie etrecento arcieri franzesi tremila svizzeri e mille fanti italianicol duca d'Urbino cinquanta uomini d'arme trecento cavalli leggierimille fanti alamanni e dumila italiani: scusandosiimpudentemente econtro alla veritài vinizianiche supplivano alle loroobligazioni con le genti tenevano nel ducato di Milano. Avevanvi ifiorentini ottanta uomini d'arme cento cinquanta cavalli leggieri equattromila fantinecessitandogli a stare meglio proveduti che glialtri il timore che avevano continuamente che l'esercito imperialenon assaltasse la Toscana: però pagavano a' tempi debiti legenti lorodi che facevano il contrario tutti gli altri. Ma il ducad'Urbinooltre alle sue antiche difficoltàera ingrandissimo dispiacere e quasi disperazionesapendo che il re diFrancia e Lautrechtassandolo eziandio di infedeltànonparlavano onoratamente di luima molto piú perché erain malissimo concetto appresso a' viniziani; i qualiinsospettiti odella fede o della instabilità suaavevano messa diligenteguardia alla moglie e al figliuoloche erano in Vinegiaperchénon partissino senza licenza loro; e dannavano scopertamente il suoconsiglioche era che Lautrechsenza tentare le cose di Lombardiaandasse verso Roma. Però dormiva ogni cosa oziosamente inquello esercitoavendo per grazia che gli imperiali non venissinopiú innanzi: i qualinon molto poiricevuti dal marchese delGuastoche andò all'esercitodue scudi per unose neritornoronoi tedeschimale concordi con gli spagnuolia Romarestando gli spagnuoli e gli italiani distesi ad AlvianoAttiglianoCastiglione della Teverina e verso Bolsena; ma diminuito tanto ilnumero massime de' tedeschiper la pesteche si credeva che intutto l'esercito di Cesare non fussino restati piú chediecimila fanti.

Mainnanzi alla partita loro feciono i capitani de' confederati uno attodegno di eterna infamia. Perché essendo Gentile Baglioneritornato in Perugia con volontà di Orazioil qualeaffermando che le discordie tra loro erano perniciose a tuttiavevadimostrato di riconciliarsi secovi andòcon consentimentodi tutti i capitaniFederigo da Bozzole a fargli intendere cheavendo presentito che egli trattava occultamente con gli inimiciintendevano di assicurarsi di lui; [e] ancoraché egli sigiustificassee promettesse di andare a Castiglione del Lagololasciò in guardia a Gigante Corsocolonnello de' viniziani;ma la sera medesima fu ammazzatocon due nipotida alcuni satellitidi Orazioe per sua commissione: il quale fecene' medesimi díammazzare fuora di Perugia Galeotto fratello di Braccio e nipoteanche egli di Gentile.

Mandoronodi poi gente per entrare in Camerinointeso essere morto il duca; maera prevenuto Sforza Baglione in nome degli imperialie vi entròdipoi Sciarra Colonna per conto di Ridolfo genero suofigliuolonaturale del duca morto. Assaltorono dipoi il marchese di Saluzzo eFederico con molti cavalli e con mille fantidi nottela badia diSan Piero vicina a Ternidove erano Pietromaria Rosso e AlessandroVitello con dugento cavalli e quattrocento fanti: la quale impresaper sé temerariaperché con tale presidio non eraespugnabile se non con l'artiglierierendé felice o lafortuna o la imprudenza o l'avarizia di quegli condottieri; i qualiavendo il dí medesimo mandati cento cinquanta archibusieri aspogliare uno castello vicinosi erano privati delle gentinecessarie alla difesa. Peròbenché si fussino difesimolte oresi detteno a discrezione; salvo però PiermariaRosso e Alessandro Vitello con le robe loroferiti l'uno e l'altrodi archibusiil primo in una gamba l'altro in una mano. Nel qualetempo avendo rotto il fiume del Tevere per tre o quattro boccheinondò con grandissimo danno il campo della lega; il qualeandò ad alloggiare verso Ascesiessendo ancora gli imperialifra Terni e Narni. Per la partita loro i collegati fattisi innanzialloggiò il duca di Urbino a Narnii franzesi a Bevagna; lebande neregovernate da Orazio Baglionecapitano generale dellafanteria de' fiorentininon avendo ricevuto alloggiamentoentratenella terra di Montefalco la saccheggiorono. Assaltò poi unaparte di questi fanti le Pressenel quale castello erano ritiratiRidolfo da Varano e Beatrice sua moglie; i quali non potendodifendersi si arrenderono a discrezione: benché poco dipoirecuperassino la libertàperché Sciarranon potendopiú sostenersi in Camerino per le molestie riceveva da quelloesercitosi convenne di relassarloricuperando il genero e lafigliuola. Tentorono anche il marchese di Saluzzo e Federigocon lacavalleria franzese e con dumila fantidi svaligiare furtivamente lacavalleria spagnuolaalloggiata in Monte Ritondoe in Lamentanosenza guardie e senza scoltesecondo riferiva Mario Orsinocamminodi tre giornate; ma scopertiperché procedettono con pocoordinenon tentata la fazione tornorno indietroavendo disegnatoper privargli della facoltà del fuggiredi tagliare in unotempo medesimo il ponte del Teverone.

Cap.xiii

Scarsaattività degli eserciti in Lombardia. Azioni del Lautrech inPiemonte. Resa di Genova al re di Francia. Resa di Alessandria aifrancesi. L'acquisto di Alessandria causa di discordia fra icollegati. Presa e sacco di Pavia; deliberazione del Lautrech dimarciare verso Roma e verso il reame di Napoli. Condizioni poste daCesare per la concordia e sue speranze di lieti successi.

Nonerano state molto diverse da questetutta la statele operazionide' soldati di Lombardia: dove le genti de' viniziani e del ducacongiunte insieme appresso a Milano con intenzione di tagliare igrani di quello contadoavevano rotto la scorta delle vettovagliemorti cento fantipresi trenta uomini d'arme e trecento cavalli trautili e inutili; ma non procederono piú oltre contro a'frumentiperché le genti de' vinizianisecondo il costumeloropresto diminuirono. Andrea Doria con l'armata sua si eraritirato verso Savonai genovesi avevano recuperata la Spezie.

Macominciorono poi a riscaldare le cose di Lombardia per la passata diLautrech nel Piemonte con una parte dell'esercito; il quale per nonstare oziosomentre aspetta il restosi pose a campone' primi dídel mese di agostoalla terra del Bosco nel contado di Alessandrianella quale erano a guardia mille fantila maggiore parte tedeschi.Difendevansi con somma ostinazioneperché Lautrechsdegnatoche avevano morti alcuni svizzerirecusava di accettargli se non sirimettevano liberamente alla sua discrezione; e somministrava lorospessi aiuti e dava animo Lodovico conte di Lodroneproposto alladifesa di Alessandriaperché nel Bosco erano rinchiusi lamoglie e i figliuoli. Finalmentevessati dí e notte dalleartiglieriee temendo delle minepoi che ebbono tollerato dieci dítanto travagliosi rimessono in arbitrio di Lautrech: il qualeritenne prigioni i capitanisalvò la vita a' fantima concondizione che gli spagnuoli ritornassino in Spagna per via diFranciai tedeschi in Germania per il paese de' svizzeri; e checiascuno d'essisecondo l'uso della iattanza militareuscisse delBosco senza arme con una canna in mano; ma al conte Lodovico restituíliberalmente la moglie e i figliuoli.

Seguitoronoquesto acquisto successi prosperi delle cose di Genova. Perchéessendo arrivate in Portofino cinque navi che andavano a Genovacariche quattro di frumenti e una di mercatanziee perché siconducessino salve essendo andate nove galee da Genova peraccompagnarleaccadde cheavendo avuto avviso che Cesare Fregoso siaccostava per terra a Genova con dumila fantivi si ridussono quasitutti quegli che erano in Portofinoabbandonando l'armata; il chedette occasione a Andrea Doriacondotto con tutte le condizioni cheaveva dimandate agli stipendi del re di Franciadi serrarle con legalee sue nel porto medesimo; doveconoscendo non potere resisteredisarmorono le galee e messeno le genti in terra. Cosí dellenove galee essendone abbruciata unal'altre vennono in potestàdegli inimicicon le navi cariche di frumenti e con la caraccaIustinianache venuta di levante si diceva essere ricca di centomiladucati. Alla quale fazione furono anche altre galee franzesi; lequali avendo prese prima cinque navi cariche di graniche andavano aGenovasi erano dipoi poste alla Chiappa a ridosso di CodemontefraPortofino e Genova. Ne' quali dí ancoracerti fanti condottidagli Adorni per mettergli in Genova furno rotti a Priacroceluogosituato in quei monti. Questa calamitàoltre a tante altreperdite e danni di vari legniprivò i genovesiridotti inultima estremitàtotalmente di speranza di potersi piúsostenere; non ostante che ne' medesimi dí Cesare Fregosoaccostatosi a San Piero della Arenafusse stato costretto aritirarsi: ma spaventandogli piú la fame che le forze degliinimicicostretti dalla ultima necessitàmandorno a Lautrechimbasciadori a capitolare. Ritirossi Antoniotto Adorno doge nelCastelletto; e posati i tumultiper opera massime di Filippino Doriache vi era prigionela città ritornò sotto il dominiodel re di Franciail quale vi deputò governatore Teodoro daTriulzi. Ma il Capella scrive cheinfestando Cesare Fregoso Genovaper terraAndrea Doria con diciassette galee aveva rinchiuso certenavi cariche di frumenti in uno porto tra Genova e Savona; e mandandoi genovesi sei galee per soccorrerleil vento spinse Andrea Doria aSavona: però le navi andorno a Genovae i soldati uscirnofuora contro al Fregoso. Col quale mentre combattevanoil popologenovese cominciò a chiamare Francia; e ritornando i soldatidentro a fermare il tumultogli inimici seguitandogli entrorno nellacittà con loro.

Accostossidipoi Lautrech ad Alessandriaavendo nell'esercito suo la condottadi ottomila svizzerii quali continuamente diminuivanodiecimilafanti di Pietro Navarra e tremila guasconicondotti di nuovo inItalia dal barone di Biernae tremila fanti del duca di Milano.Erano in Alessandria mille cinquecento fantii quali per la perditadegli alamanni che erano nel Bosco si erano molto inviliti; maessendovi poi entratiper i colli che erano vicini alla cittàcinquecento fanti con Alberigo da Belgioiosoavevano ripreso animoe difendevansi gagliardamente: ma raddoppiata la batteria da piúpartiper la venuta all'esercito delle artiglierie e delle genti de'viniziani (benché né per terra né per marecorrispondessino al numero al quale erano obligati)e molestandolaferocemente nel tempo medesimo con le trincee e con le minecomesempre in qualunque oppugnazione faceva Pietro NavarraBatista daLodronenon potendo piú difenderlaaccordò dipotersene andare in Piemontee gli alamanni con le loro robe inGermanianon potendo per sei mesi pigliare soldo contro alloesercito franzese.

L'acquistodi Alessandria dimostrò tra i confederati principio di qualchecontenzione. Perchédisegnando Lautrech lasciarvi a guardiacinquecento fanti perché avessino in qualunque caso unoricetto sicuro le genti suee quelle che venivano di Franciacomodità di raccôrsi e riordinarsi in quella cittàinsospettito l'oratore del duca di Milano che questo non fusseprincipio di volere occupare per il suo re quello statocontradissecon parole efficaci e con protesti; e risentendosene quasi non menodi lui l'oratore vinizianointerponendosene ancora quello diInghilterracedé Lautrechbenché con graveindignazionedi lasciarla libera al duca di Milano: cosa che fuforse di molto pregiudizio a quella impresaperché èopinione di molti che piú negligentemente attendesse alloacquisto di Milano o per sdegno o per riservarlo a tempo chesenzarispetto d'altripotesse tirarlo a suo profitto.

Dopola perdita di Alessandrianon essendo dubbio che Lautrech sidirizzerebbe alla impresa di Milano o di Paviaè fama cheAntonio de Levacol quale erano centocinquanta uomini d'arme ecinquemila fanti tra tedeschi e spagnuolidiffidandosi di poteredifendere Milano con sí poca gente e con tante difficoltàpensò di ritirarsi a Pavia; nondimenoconsiderando esserepoche vettovaglie in Paviané potersi in quella cittàsostentare l'esercito con le estorsionicome acerbissimamente avevafatto a Milanodeliberò finalmente di fermarvisie mandòalla guardia di Pavia Lodovico da Belgioioso; e a' milanesii qualivollono comperare con danari la licenza di partirsila concedette.Ma Lautrechper rimuovere le difficoltà le quali potessinoritardarlofatta tregua con Cerviglione spagnuolo il quale era allaguardia di Casebenché molto diminuito di svizzeriprocedendo innanzi occupò Vigevano; e dipoi fatto uno pontesopra il Tesinoe per quello (secondo credo) passato l'esercitosiinviò verso Benerolavilla propinqua a quattro miglia aMilano; dimostrando di volere andarecome lo confortavano iviniziania campo a quella cittàma veramente risoluto aquella deliberazione che gli paresse piú facile. Ma avendointesocome fu appropinquato a otto miglia a Milanoil Belgioiosoavervi la notte dinanzi mandati quattrocento fantiin modo che inPavia non erano restati se non ottocentovoltato il camminoandòil dí seguenteche fu il vigesimo ottavo dí disettembreal monasterio della Certosa e dipoi con celeritàgrande si pose a campo a Pavia; al soccorso della quale cittàavendo Antonio de Levacome intese la mutazione di Lautrechmandatotre bandiere di fantinon potettono entrarviin modo che per ilpiccolo numero de' difensori non pareva potersi resistere: enondimeno il Belgioiososupplicandolo il popolo della cittàche permettesse loro che per fuggire il sacco e la distruzione dellacittà si accordassinolo recusò. Ma avendo Lautrechcontinuato di battere quattro díe gittato in terra tantomuro che i pochi difensori non bastavano a ripararloalla fine ilBelgioioso mandò uno trombetto a Lautrech; il quale non avendopotuto parlargli cosí prestoperché per sorte eraandato nel campo de' vinizianii soldati accostatisi entrorono nellaterra per le rovine del muro: il che vedendo il Belgioiosoaperta laportauscí fuora ad arrendersi a' franzesida' quali fumandato prigione a Genova. La città andò a saccoe vifu per otto dí continui usata da' franzesi crudeltàgrande e fatti molti incendiper memoria della rotta ricevuta nelbarco. Disputossi poi se era da andare alla impresa di Milano o daprocedere verso Roma. Instavano i fiorentini che andasse innanzipertimore chefermandosi Lautrech in Lombardialo esercito imperialenon uscisse di Roma a' danni loro; contradicevano i viniziani e ilduca di Milanovenuto personalmente a Pavia a fare questa instanzaallegando la opportunità grande che si aveva di pigliareMilano e il profitto che se ne traeva ancora alla impresa di Napoliperché preso Milano non restava speranza agli imperiali diavere soccorso di Germaniama restando aperta questa porta si avevasempre a temere chevenuto da quella banda grosso esercitoo nonmettesse in pericolo Lautrech o non lo divertisse dalla impresa diNapoli: il quale rispose essere necessitato a andare innanzi per icomandamenti del suo re e del re d'Inghilterrache principalmentel'avevano mandato in Italia per la liberazione del pontefice. Allaquale deliberazione si crede lo potesse indurre il sospetto chesesi acquistava il ducato di Milanoi vinizianiriputandosiassicurati dal pericolo della grandezza di Cesarenon fussinonegligenti ad aiutarlo alla impresa del regno di Napoli; e forse nonmeno il parere al re essere utile alle cose sue che Francesco Sforzanon ricuperasse interamente quello statoacciò cherestandoa lui facoltà di offerire di lasciarlo a Cesareconseguissepiú facilmente la liberazione de' figliuoli per via diaccordo: il quale continuamente si trattavaappresso a Cesarepergli oratori franzesi e inghilesi e viniziani.

Main questo trattato nascevano molte difficoltàperchéCesare faceva instanza che la causa di Francesco Sforza si vedesse diragionee che pendente la cognizione fusse posseduto da sétutto lo stato; promettendo in ogni caso di non lo appropriare a semedesimo: dimandava che i viniziani pagassino allo arciduca il restode' dugentomila ducati dovutigli per i capitoli di Vormazia; il chel'oratore veneto non ricusavaadempiendo l'arciduca e restituendo iluoghi a che era obligato: dimandava che a' fuorusciti lorocome giàera stato convenutoo restituissino centomila ducati o consegnassinoentrata di cinquemila; pagassino a lui quello erano debitori per laconfederazione fatta secola quale voleva si rinnovasse:restituissino alla Chiesa Ravennae rilasciassino quanto tenevanonello stato di Milano: dimandava a' fiorentini trecentomila ducatiper le spese fatte e danni avuti per la loro inosservanza: consentivache il re di Francia pagasse al re di Inghilterra per lui il debitode' quattrocento cinquantamila ducati; del restoinsino in duemilionidimandava staggi: voleva le dodici galee dal re di Franciaper l'andata sua in Italiama non piú né cavalli néfanti: e chesubito che fusse stipulata la concordiasi partissinotutte le genti franzesi di Italiail che il re recusava se prima nongli erano restituiti i suoi figliuoli. Le quali dimande quando sisperava mitigasselo fece (secondo il costume suo di non cedere alledifficoltà) piú pertinace la perdita di Alessandria edi Paviain modo cheessendo venuto a lui il quintodecimo dídi ottobredi Inghilterral'auditore della cameraa sollecitare innome di quello re la liberazione del ponteficerispose avereproveduto per il generale; e che quanto allo accordo non volevanéper amore né per forzaalterare le condizioni che avevaproposte prima. Ma certamente si comprendeva non essere Cesare moltoinclinato alla paceperché contro alla potenza degli inimicigli davano animo molte cagioni: perché confidava avere aresistere in Italiaper la virtú del suo esercito e per lafacilità del difendere le terre; potere sempre con piccoladifficoltà fare passare nuovi fanti tedeschi; essere esaustiil re di Francia e i viniziani per le lunghe spesele provisioniloro (come è consueto nelle leghe) interrotte e diminuite;confidarsi di potere esigere danari di Spagna a bastanzacon ciòsia che sostentava la guerra con spese molto minori (per le rapinede' soldati) che gli avversarie perché sperava di disunire odi fare piú negligenti i collegati con qualche arte; efinalmente perché molto si prometteva della sua grandissimafelicitàcomprovata con la esperienza di molti anniepronunziatagli con innumerabili vaticini insino da puerizia.

Cap.xiv

Indugidi Lautrech per ordini del re di Francia. Condizioni con cui il ducadi Ferrara si allea ai confederati; entrata del marchese di Mantovanella confederazione. Posizioni degli eserciti nemici nell'Italiacentrale; ancora della lentezza del Lautrech. Accordi per laliberazione del pontefice dalla prigionia. Il pontefice a Orvieto.

Main questo tempo Lautrech (per l'autorità del qualecomearrivò in Italiail duca di Ferrara aveva operato che iMariscotti restituissino a' bolognesi Castelfrancoe che iBentivogli deponessino l'armi) sollecitava che l'armate marittimedestinate a assaltare o la Sicilia o il reame di Napoliprocedessinoinnanzi; delle quali la viniziananon essendo le provisioni loro néper terra né per mare pari alle obligazioniera a Corfúe sedici galee dovevano andare a unirsi con Andrea Doriail qualeaspettava nella riviera di Genova Renzo da Ceridestinato co' fantia quella impresa. Rimandò di poi Lautrech in Franciaquattrocento lancie e tremila fantie convenne co' vinizianiiquali confortava a restituire Ravenna al collegio de' cardinaliecol duca di Milano cheper difendere quello che si era acquistatotenessino le genti lorocon le quali erano Ianus Fregoso e il contedi Caiazzoin alloggiamento molto fortificato a Landrianovillavicina a due miglia a Milano; per la vicinità de' quali nonpotendo allargarsi le genti che erano in Milanosi stimava aversifacilmente a guardare PaviaMonciaBiagrassaMarignanoBinascoVigevano e Alessandria: eglistabilite queste cosepassòcon mille cinquecento svizzerialtanti tedeschi e seimila trafranzesi e guasconiil decimo ottavo dí di ottobreil Po ariscontro di Castel San Giovannicon intenzione di aspettare i fantitedeschide' quali era arrivata insino a quel dí piccolapartee un'altra banda pure di fanti della medesima nazionei qualiil re di Francia aveva mandato a soldare di nuovo in luogo de'svizzerigià resoluti quasi tutti. Dal quale luogo funecessitato fare ritornare di là dal Po Pietro Navarra co'fanti guasconi e italianial soccorso di Biagrassa; alla qualeterracustodita dal duca di MilanoAntonio de Levaintendendoessere male provedutaerail vigesimo ottavo dí di ottobreandato a campo con quattromila fanti e sette pezzi d'artiglierieeottenutola il secondo dí per accordosi preparava per passarenella Lomellina alla recuperazione di Vigevano e di Novara; ma intesala venuta di Pietro Navarra con maggiori forzesi ritornò aMilano: donde al Navarra fu facile recuperare Biagrassanella qualeFrancesco Sforza messe migliori provisioni. Vedevasi giàmanifestamente differire industriosamente Lautrech il partirsi; ebenché allegasse averlo ritenuto la espettazione de' fantitedeschicon una banda de' quali era pure finalmente venutoValdemonte (gli altri si aspettavano)e si lamentasse per tuttodelle piccole provisioni de' vinizianinondimeno si dubitava nefusse stato cagione l'aspettare danari di Francia: ma la cagione piúvera e piú potente era che il resperando la pacela praticadella quale era stretta con Cesaregli aveva commesso chedissimulando questa cagioneprocedesse lentamente. Da che anche eranato che il re non era stato pronto a pagare la parte sua deglialamanniche si conducevano in luogo de' svizzeriné quegliche prima erano destinati a venire con Valdemonte.

Conqueste o necessità o escusazioni soprastando Lautrech aPiacenza con le genti alloggiate tra Piacenza e Parmasi rimosse ladifficoltà avuta prima del duca di Ferrara: il quale cheentrasse nella confederazione aveva Lautrechsubito che arrivòin Italiafatto instanza grande; cosa da una parte desiderata dalduca per il parentado che gli era proposto col re di Franciadaaltra ritenendolo la diffidenza che aveva del valore de' franzesieil sospetto che il re finalmente per recuperare i figliuoli nonconcordasse con Cesare; ma temendo de' minacci di Lautrechavevadimandato che le cose sue si trattassino a Ferraraperchévoleva maneggiare le cose che tanto gli importavano da se medesimo.Perciò andorono a Ferrara gli imbasciadori di tutti icollegatie in nome de' cardinali congregati a Parma il cardinaleCibo: dovealla finemosso il duca dal procedere innanzi diLautrechsforzatosi di fare capaci il capitano Giorgio e Andrea diBurgoche molto onorati e intrattenuti da lui erano a Ferraraaccordòma con condizioni che dimostrorno o la industria suanel sapere bene negoziaree che non invano avesse voluto tirare lapratica alla presenza suao la cupidità grande che ebbeno glialtri di tirarlo nella confederazione. Nella quale entrò conobligazione di pagare ogni meseper tempo di sei mesida sei adiecimila scudi secondo la dichiarazione del re di Franciail qualedichiarò poi di seimila; e dare a Lautrech cento uomini d'armepagati: e da altra partesi obligorno i confederati alla protezionedi lui e del suo stato; a dargli Cotignuolatolta poco innanzi da'viniziani agli spagnuoliin cambio della città antica e quasidisabitata di Adriala quale instantemente dimandava; farglirestituire i palazzi che già possedeva in Vinegia e inFirenze; permettergli contro ad Alberto Pio l'acquisto della fortezzadi Noviposta appresso a' confini del Mantuanola quale allorateneva assediata; pagassingli i frutti dello arcivescovado di Milanose gli imperiali gli molestassino all'arcivescovo suo figliuolo.Obligò il cardinale Ciboin nome de' cardinali i qualipromettevano la ratificazione del collegioil pontefice a rinnovarela investitura di Ferraraa renunziare alle ragioni di Modena per lacompra fatta da Massimilianoad annullare le obligazioni de' saliaconsentire alla protezione che i collegati preseno di luiapromettere per bolle apostoliche di lasciare possedere a lui e a'suoi successori tutto quello possedeva; e che il pontefice farebbecardinale il figliuoloe gli conferirebbe il vescovado di Modenavacante per la morte del cardinale Rangone. Con la qualeconfederazione si congiunse il parentado di Reneafigliuola del reLuigiin Ercole suo primogenitocol ducato di Ciartres in dota ealtre onorate condizioni. Entrò anche il marchese di Mantovaper la instanza di Lautrechnella confederazionebenchéprima si fusse condotto agli stipendi di Cesare.

Maera in questo tempo indebolito molto l'altro esercito de'confederatiil quale stette ozioso molti dí tra FulignoMontefalco e Bevagna; del quale il duca di Urbinointesa la custodiache si faceva in Vinegia della moglie e del figliuolopartitosicontro alla commissione del senato per andare in poste agiustificarsiricevuto in cammino avviso della loro liberazioneeche il senato sodisfatto di lui desiderava non andasse piúinnanziritornò allo esercito: nel quale i svizzeri e i fantidel marchese non erano pagati; e i vinizianiné quivi néin Lombardiadove erano obligati a tenere novemila fantinetenevano la terza parte. Ritiroronsi di poi in quello di Todi eall'intorno; e gli spagnuolialla fine di novembreerano versoCorneto e Toscanella; i tedeschi a Romaa' quali era ritornato ilprincipe di Oranges da Siena: doveandato vanamente per riordinarequello governodimorò poco. Né si dubitache sel'esercito imperiale si fusse fatto innanziche il duca di Urbino eil marchese di Saluzzo si sarebbono ritirati con l'esercito alle muradi Firenze; benché per iattanza spesso parlassino cheperimpedire a loro la venuta in Toscanafarebbeno uno alloggiamento otra Orvieto e Viterbo o nel territorio saneseverso Chiusi eSartiano. Ma Lautrechnon ostante fussino arrivati i fanti tedeschiprocedendoper la espettazione della pratica della pacecon laconsueta tarditàsi era fermato a Parma: nella quale cittàbenché vi fussino i cardinaliridotte in potestà suale fortezzee riscossi da tutt'a due quelle città e de'territori loro circa cinquantamila ducatisi credeva che avesse inanimo non solo tenere in potestà sua Parma e Piacenza maperché Bologna dependesse dalla autorità del revolgere il primato di quella città nella famiglia de' Peppoli.I quali disegni fece vani la liberazione del pontefice. Alla qualebenché da principio non paresse che Cesare condiscendesseprontamenteperché dopo la nuova della cattività avevatardato piú di uno mese a farne deliberazione alcunanondimenointesa poi la andata di Lautrech in Italia e la prontezzadel re di Inghilterra alla guerraaveva mandato in Italia ilgenerale di San Francesco e Veri di Migliau con commissione sopraquesto negozio al viceré; il quale essendoin quegli díche arrivò il generalemorto a Gaetafu necessario trattareil negozio con don Ugo di Moncadaal quale anche si distendeva ilmandato di Cesaree il quale il viceré aveva sostituito insuo luogo insino a tanto che sopra il governo del regno venisse daCesare nuova ordinazione: e avendo il generale comunicato con donUgoandò a Romae insieme con lui [Migliau] venuto di Spagnacon le medesime commissioni che il generale. Conteneva questo negoziodue articoli principali: l'unoche il pontefice sodisfacesseall'esercito creditore di somma grossissima di denari; l'altrolasicurtà di Cesare che il ponteficeliberatonon si aderisseco' suoi inimici; e in questo si proponevano dure condizioni distatichi e di sicurtà di terre. Trattossi per questedifficoltà la cosa lungamente: la quale per facilitareilpontefice aveva spesso sollecitato e continuamente sollecitavamaoccultamenteLautrech a farsi innanziaffermando essere suaintenzione di non promettere cosa alcuna agl'imperiali se nonforzatoe che in tale casouscito di carcerenon osserverebbecome prima potesse condursi in luogo sicuro; il che cercherebbe difare col dare loro manco comodità potesse; e se pureaccordasselo pregava che la compassione de' suoi infortuni e dellenecessità facessino la scusa per lui. La qual cosa mentre chesi trattavagli statichicon indegnazione gravissima de' fantitedeschifuggirono occultamente di Romaalla fine di novembre.Lunga fu la discettazione sopra questa materianon essendo anche diuna medesima sentenza quegli che avevano a determinare: perchédon Ugobenché avesse mandato a Roma Serone suo secretarioinsieme con gli altriv'avevaper la malignità della suanatura e per avere l'animo alieno dal ponteficepiccolainclinazione; il generaletutto il contrarioper la cupiditàdi diventare cardinale; Migliau contradiceva come a cosa pericolosa aCesaree non potendo resistere se ne andòa Napoli; dellaquale empietà patí le peneperché ne' primi dídello assedioscaramucciandofu morto di uno archibuso. Némancava il pontefice a se medesimo; perché tirò nellasentenza sua Ieronimo Moroneil consiglio del quale era in tutte ledeliberazioni di grande autorità; conferito il vescovado diModena al figliuoloe promessi a lui certi frumenti suoi che erano aCornetodi valore di piú di dodicimila ducati. Ma non conminore industria si fece propizio il cardinale Colonna; promessaglila legazione della Marcae dimostrandogliquandovenuto a Romal'andò a visitare nel Castellodi volere essere a luiprincipalmente debitore di tanto beneficio; e artificiosamenteinstillandogli negli orecchi: che maggiore gloria o che maggiorefelicità potesse desiderare che farsi noto a tutto il mondoessere in potestà sua deprimere i ponteficiin potestàsuaquando erano annichilatifargli ritornare nella pristinagrandezza. Dalle quali cose commosso quel cardinaleelatissimo eventosissimo per naturaaiutò prontamente la liberazione;credendo fusse cosí facile al ponteficeliberatodimenticarsi di tante ingiurie come facilmente gli avevaprigioneraccomandato umilissimamente con prieghi e con lacrime la sualiberazione. Alleggerí in qualche parte le difficoltàla nuova commissione di Cesareil quale instava che il pontefice siliberasse con piú sodisfazione sua che fusse possibile:soggiugnendo bastargli cheliberatonon aderisse piú a'collegati che a lui. Ma si crede giovasse piú che alcuna altracosa la necessità che avevanoper il timore della venuta diLautrechdi condurre quello esercito alla difesa del reame diNapoli; cosa impossibile se prima non era assicurato degli stipendidecorsiin ricompenso de' quali recusavano ammettere tante prede etanti guadagni fatti nel tempo medesimo. Questa necessità delprovedere a' pagamenti fu anche cagione che manco si pensasse alloassicurarsiper il tempo futurodel pontefice. Conchiusesifinalmentecredo l'ultimo dí di ottobre dopo lunga praticala concordia in Roma col generale e con Serone in nome di don Ugoche poi ratificò: non avversasse il papa a Cesare nelle cosedi Milano e di Napoli; concedessegli la crociata in Spagnae unadecima delle entrate ecclesiastiche in tutti i suoi regni;rimanessinoper sicurtà della osservanzain mano di CesareOstia e Civitavecchiastata prima rilasciata da Andrea Doria;consegnassegli Civita Castellanala quale terraessendo entratonella rocca per commissione secretissima del ponteficebenchésimulasse il contrarioMario Perusco procuratore fiscaleavevaricusato di ammettere gli imperiali; consegnassegli eziandio la roccadi Furlíe per statichi Ippolito e Alessandro suoi nipotieinsino a tanto venissino a Parmai cardinali PisanoTriulzio eGaddiche furono condotti da loro nel regno di Napoli; pagassesubito a' tedeschi credo ducati sessantasettemilaagli spagnuolitrentacinquemilacon questo che lo lasciassino libero con tutti icardinalie uscissinsi di Roma e del Castellochiamandosi liberoogni volta fusse condotto salvo in OrvietoSpoleto o Perugia; e fraquindici dí dopo l'uscita di Roma pagasse altanti danari a'tedeschie il resto poi (che credo ascendevaco' primia ducatipiú di trecento cinquantamila) pagasse infra tre mesi a'tedeschi e spagnuolisecondo le rate loro. Le quali cose per potereosservareil ponteficericorrendo per uscire di carcere a queglirimedi a' quali non era voluto ricorrere per non vi entrarecreòper danari [alcuni] cardinalipersone la maggiore parte indegne ditanto onore; per il restoconcedette nel reame di Napoli decime efacoltà di alienare de' beni ecclesiastici: convertendosi perconcessione del vicario di Cristo (cosí sono profondi igiudíci divini) in uso e in sostentazione di eretici quel cheera dedicato al culto di Dio. Co' quali modi avendo stabilito eassicurato di pagare a' tempi promessidette anche per statichiperla sicurtà de' soldatii cardinali Cesis e Orsinoche furonocondotti dal cardinale Colonna a Grottaferrata; ed essendo speditetutte le cosee stabilito che il nono dí di dicembredovessino gli spagnuoli accompagnarlo in luogo sicuroeglitemendodi qualche variazione per la mala volontà che sapeva avere donUgoe per ogni altra cagione che potesse interromperela nottedinanziuscito segretamente al principio della nottein abito dimercatantedel Castellofu da Luigi da Gonzaga soldato degliimperialiche con grossa compagnia di archibusieri l'aspettava ne'Pratiaccompagnato insino a Montefiascone: dove licenziati quasitutti i fantiLuigi medesimo l'accompagnò insino a Orvietonella quale città entrò di nottenon accompagnato daalcuno de' cardinali. Esempio certamente molto considerabile e forsenon maida poi che la Chiesa fu grandeaccaduto: uno ponteficecaduto di tanta potenza e riverenzaessere custodito prigioneperduta Romae tutto lo stato ridotto in potestà d'altri: ilmedesimoin spazio di pochi mesirestituito alla libertàrilasciatogli lo stato occupatoe in brevissimo tempo poi ritornatoalla pristina grandezza. Tanta è appresso a' príncipicristiani l'autorità del pontificatoe il rispetto che datutti gli è avuto.

Cap.xv

Fazionidi guerra in Lombardia. Sfortunata impresa delle navi dei collegaticontro la Sardegna; il Lautrech a Bologna e sue trattative colpontefice. Condotta contradditoria del pontefice verso gli alleati.Vane pratiche di pace fra gli ambasciatori dei collegati e Cesare;intimazione di guerra.

Nelquale tempo Antonio de Levadopo la partita di Lautrech da Piacenzamandò fuora di Milano i fanti spagnuoli e italianiperchési pascessinoperché recuperassino i luoghi piú debolidel paesee perché aprissino le comodità del condursile vettovaglie a Milano; quali presono quella parte del contado disopra che si chiama Sepri. Mandò anche Filippo Torniello conmille dugento fanti e con alcuni cavalli a Novaranella quale cittàerano quattrocento fanti del duca di Milano. Entrovvi il Tornielloper la roccatenutasi sempre in nome di Cesare; de' fanti sforzeschisi ridusse una parte in Arona l'altra in Mortara. A' quali avendo ilduca aggiunti altri fanti per la difesa della Lomellina e del paesenon era libero al Torniello lo allargarsi molto: in modo chenon sifacendo per quella vernata altre fazioni che spesse scaramuccieattendevano tutti a rubaregli amici e i nimiciconducendo a ultimoeccidio tutto il paese.

Eransianche in questo tempo congiuntea Livorno[le galee d']Andrea Doriae quattordici galee franzesi con le sedici galee de' viniziani; eavendo ricevuto Renzo da Ceri con tremila fanti per porre in terrapartirono il terzodecimo dí di novembre da Livorno: e benchéprima fusse stato determinato che assaltassino l'isola di Siciliamutato consigliosi voltorono alla impresa di Sardignaper iconfortisecondo si credettedi Andrea Doriae perché giàavesse nel petto nuovi concetti. Acconsentí a questa impresaLautrechper la speranza che presa la Sardigna si facilitasse moltol'acquisto della Sicilia. Quello che ne fusse la cagionetravagliatein mare da tristissimi tempiseparateandorno vagando per mare: unadelle galee franzesi andò a traverso appresso a' liti diSardigna; quattro delle galee vinizianemolto battuteritornorono aLivorno; le franzesi scorsono per l'impeto de' venti in Corsicadovepoi in Porto Vecchio si ricongiunsono seco quattro galee de'viniziani; l'altre otto furono traportate a Livorno. Finalmente laimpresa risolvetterestando insieme in molta discordia Andrea Doriae Renzo da Ceri. Ma Lautrechil quale ricevé quando era inReggio avviso dellaliberazione del ponteficerilasciata lafortezza di Parma a' ministri ecclesiasticiandò a Bologna;nella quale cittàarrivato il vigesimo dí del mesemedesimosi fermò aspettando la venuta degli ultimi fantitedeschi; i quali pochi dí poi si condussono nel bolognesenon in numero seimilacome era destinatoma solamente tremila: enondimeno soggiornò venti dí in Bolognaaspettandoavviso dal re di Francia dell'ultima risoluzione circa la praticadella pacee instando intratanto con somma diligenza col ponteficeinsieme con l'autorità del re di Inghilterraperchéapertamente aderisse a' collegati.

Alquale ne' primi che arrivò a Orvietoessendo andati a lui acongratularsi il duca di Urbino il marchese di SaluzzoFederigo daBozzole (il quale pochi dí poi morí di morte naturale aTodi) e Luigi Pisano proveditore vinizianogli aveva con grandissimainstanza ricercati che levassino le genti loro dello statoecclesiasticoaffermando gli imperiali avergli promesso che sipartirebbono ancora essi dello stato della Chiesa in caso chel'esercito de' confederati facesse il medesimo. Aveva anche scrittouno breve a Lautrech[ringraziandolo] dell'opere fatte per la sualiberazione e dell'averlo confortato a liberarsi in qualunque modo;le quali opere erano state di tanto momento a costrignere gliimperiali a determinarsi che non meno si pretendeva obligato al re ea lui che se fusse stato liberato con l'armi loroi progressi dellequali arebbe volentieri aspettato se la necessità non l'avesseindottoperché continuamente gli erano mutate in peggio lecondizioni propostee perché apertamente aveva compreso nonpotere se non per mezzo della concordia conseguire la sualiberazione; la quale quanto piú si differiva tanto procedevain maggiore precipizio la autorità e lo stato della Chiesa: masopra tutto averlo mosso la speranza d'avere a essere instrumentoopportuno a trattare col suo re e con gli altri príncipicristiani il bene comune. Queste furono da principio le sue parolesincere e semplici come pareva convenire allo officio pontificaleedi uno pontefice specialmente che avesse avuto da Dio sí gravie sí aspre ammonizioni: nondimenoritenendo la sua naturasolitané avendo per la carcere deposte né le sueastuzie né le sue cupiditàarrivati che furono a lui(già cominciato l'anno mille cinquecento ventotto) gli uominimandati da Lautrech e Gregorio da Casale oratore del re diInghilterraa ricercarlo che si confederasse con gli altricominciòa dare varie risposte: ora dando speranza ora scusandosi chenonavendo né danari né gente né autoritàsarebbe a loro inutile il suo dichiararsie nondimeno a sépotrebbe essere nocivo perché darebbe causa agli imperiali dioffenderlo in molti luoghiora accennando di volere sodisfare aquesta dimanda se Lautrech venisse innanzi: cosa molto desiderata dalui perché i tedeschi avessino necessità di partirsi diRoma; i qualiconsumando le reliquie di quella misera città edi tutto il paese circostantee deposta totalmente la obbedienza de'capitanitumultuando spesso tra lororicusavano di partirsidimandando nuovi denari e pagamenti.

Maalla fine dell'anno precedentee molto piú nel principiodell'anno medesimocominciorono manifestamente ad apparire vane lepratiche della paceper le quali si esacerborono molto piúgli animi de' príncipi: perchéessendo risolute quasitutte le difficoltà (con ciò sia che Cesare non negassedi restituire il ducato di Milano a Francesco Sforzae di comporreco' viniziani e co' fiorentini e con gli altri confederati)sidisputava solamente quale cosa s'avesse prima a mettere inesecuzioneo la partita dello esercito del re di Francia di Italia ola restituzione de' figliuoli. Negava il re di obligarsi a Cesarerestando a lui GenovaAsti e Edina levare l'esercito di Italiaseprima non recuperava i figlima offeriva statichi in mano del re diInghilterraper sicurtà della osservanza delle pene allequali si obligava se recuperati i figli non levasse subitol'esercito; Cesare instava del contrarioofferendo le medesimecauzioni in mano del re di Inghilterra. E disputandosi chi fusse piúonesto che si fidasse dell'altrodiceva Cesare non si potere fidaredi chi una volta l'aveva ingannato; a che rispondevano argutamentegli oratori franzesi che quanto piú si pretendeva ingannatodal re di Francia tanto manco poteva il re di Francia fidarsi di lui;né la offerta di Cesaredi dare le sicurtà medesime inmano del re di Inghilterra che offeriva di dare il re di Franciaessere offerta pari perché anche non era pari il casocon ciòsia che fusse di tanto maggiore momento quello che Cesare promettevadi fare che quello che prometteva il re di Franciae però nonassicurare le sicurtà medesime. Soggiunseno in ultimo che glioratori del re di Inghilterraquali avevano mandato dal suo re diobligarlo a fare osservare quello che promettesse il re di Francianon avevano mandato a obligarlo per l'osservanza di quellopromettesse Cesare; e cheessendo le facoltà loro terminate econ tempo prefissonon potevano né trasgredire néaspettare. Sopra la quale disputa non si trovava risoluzione alcunaperché Cesare non aveva la medesima inclinazione alla pace cheaveva il suo consigliopersuadendosieziandio perduto Napolipoterlo riavere con la restituzione de' figliuoli: ed era imputatomolto il gran cancelliereritornato molto prima in Ispagnadi avereturbato con punti e con sofistiche interpretazioni. Finalmente glioratori franzesi e inghilesi deliberoronosecondo le commissioni cheavevano in caso della disperazione della concordiadi dimandare aCesare licenza di partirsie poi subito fare intimare la guerra. Conla quale conclusione presentatisiil vigesimo primo dí digennaioseguitandogli gli oratori de' viniziani del duca di Milano ede' fiorentiniinnanzi a Cesareresidente allora con la corte aBurgusgli oratori inghilesi gli dimandorono i quattrocentocinquantamila ducati prestatigli dal loro reseicentomila per lapena nella quale era incorso per il ripudio della figliuola ecinquecentomila per le pensioni del re di Francia e per altrecagioni: le quali cose proposte per maggiore giustificazionetuttigli oratori de' collegati gli dimandorono licenza di partirsi. A'quali rispose che consulterebbe la risposta che avesse a faremaessere necessario cheanche innanzi alla partita lorogli oratorisuoi fussino in luogo sicuro. E partiti da lui gli imbasciadorientrorono subito gli araldi del re di Francia e del re di Inghilterraa intimargli la guerra: la quale avendo accettata con lieto animoordinò che gli imbasciadori del re di Francia de' viniziani ede' fiorentini fussino condotti a una villa lontana trenta migliadalla cortedove fu posta loro guardia di arcieri e alabardieriproibito ogni commercio e la facoltà dello scrivere; a quellodel duca di Milanocome a suo sudditofece fare comandamento chenon partisse dalla corte; a l'inghilese non fu fatta innovazionealcuna. E cosírotta ogni pratica della pacerestoronoaccesi solamente i pensieri della guerracondotta e stabilita tuttain Italia.

Cap.xvi

IlLautrech muove con l'esercito da Bologna per il regno di Napoli.Ragioni di diffidenza fra il pontefice e i collegati. Il Lautrech sulTronto; accordi fra il re di Francia e quello d'Inghilterra restio aportare la guerra in Fiandra. Sfida dei re di Francia e d'Inghilterraa Cesare. Desiderio del re d'Inghilterra che sia annullato ilmatrimonio suo con Caterina d'Aragona e sue richieste al pontefice.Atteggiamento del pontefice.

DoveLautrechstimolato dal suo re ma molto piú dal re diInghilterrapoiché cominciò a indebolire la speranzadella paceera il nono dí di gennaio partito da Bolognaindirizzandosi al reame di Napoli per il cammino della Romagna edella Marca; cammino eletto da luidopo molta consultazionecontroalla instanza del ponteficedesiderosocon l'occasione dellapassata suadi fare rimettere in Siena Fabio Petrucci e il Monte de'nove: e contro alla instanza ancora de' fiorentinii qualiperfuggire i danni del loro paesee nondimeno perché quelloesercito fusse piú pronto a soccorrergli se gli imperialiperfare diversionesi movessino per assaltare la Toscanaapprovavanoil cammino della Marecchia. Ma Lautrech elesse di entrare piútosto per la via del Tronto nel regno di Napoliper essere camminopiú comodo a condurre l'artiglierie e piú copioso divettovagliee per non dare occasione agli inimici di fare testa aSiena o in altro luogo; desiderando di entrareinnanzi che avessealcuno ostacolonel regno di Napoli.

Macome fu mosso da BolognaGiovanni da Sassatello restituí larocca di Imola al ponteficela quale quando era prigione avevaoccupata; e accostandosi dipoi a RiminiSigismondo Malatestafigliuolo di Pandolfo si convenne seco di restituire quella cittàal ponteficecon patto che fusse obligato a lasciare godere allamadre la dotaa dare seimila ducati alla sorella non maritata e aconsegnaretra il padre e luiducati dumila di entrata; partissesubito di Rimini Sigismondoe vi restasse il padre insino a tantoche il pontefice avesse ratificatoe in questo mezzo stesse la roccain mano di Guido Rangone suo cugino; il qualecondotto agli stipendidel re di Franciaseguitava Lautrech alla guerra. Ma differendo ilpontefice a adempiere queste promesseSigismondo occupò dinuovo la roccanon senza querela grave del pontefice contro a GuidoRangonecome se tacitamente l'avesse permessoné senzasospetto ancora che non vi avessino consentito Lautrech e ivinizianicome desiderassino tenerlo in continue difficoltà:i viniziani per causa di Ravennala quale avendo il ponteficesubito che fu liberato di Castellomandato l'arcivescovo sipontino adimandare a quel senatoaveva riportato risposta generaleconrimettersi a quello che gli esporrebbe Gaspare Contareno elettooratore a lui; perché se bene avessino prima affermato che laritenevano per la sedia apostolicanondimeno aveano totalmentel'animo alieno dal restituirlamossi dallo interesse publico e dallointeresse privato; perché quella città era moltoopportuna ad ampliare lo imperio in Romagnafertile da se stessa difrumentie per la fertilità delle terre vicine davaopportunità grande a condurne ciascuno anno in Vinegiaeperché molti viniziani avevano in quel territorio ampiepossessioni. Sospettava dell'animo di Lautrech: perché avendoLautrecholtre a molte instanze fattegli primamandatoda poi cheera partito da BolognaValdemonte capitano generale di tutti i fantitedeschi e Longavillaa ricercarlo strettissimamente che sidichiarasse contro a Cesarepotendomassime per l'approssimarsil'esercitofarlo sicuramentenon aveva potuto ottenerlonon lodenegando il pontefice espressamente ma differendo e escusando; perla quale cagione aveva offerto al re di Francia di consentirvimacon condizione che i viniziani gli restituissino Ravenna: condizionequale sapeva non dovere avere effettonon essendo i viniziani permuoversi a questo per le persuasioni del rené comportando iltempo che egliper sodisfare al ponteficese gli provocasseinimici. Aggiugnevasi che anche non udiva la instanza di Lautrechfatta perché ratificasse la concordia fatta col duca diFerraraallegando essere cosa molto indegna lo approvarequando eravivole convenzioni fatte in nome suo mentre che era morto; ma chenon recuserebbe di convenire con lui: donde il duca di Ferrarapigliando questa occasionefaceva difficoltàbenchéricevuto nella protezione del re di Francia e de' vinizianimandarea Lautrech i cento uomini d'arme e di pagargli i danari promessi;come quello chedubitando dell'esito delle cosesi sforzava di nonaderire tanto al re di Francia che non gli restasse luogo di placarein qualunque evento l'animo di Cesareappresso al quale si eraescusato della sua necessità; e intratteneva continuamente aFerrara Giorgio Fronspergh e Andrea de Burgo.

Procedevanondimeno innanzi Lautrech con l'esercitocol quale arrivò ildecimo dí di febbraio in sul fiume del Trontoconfine tra lostato ecclesiastico e il regno di Napoli. Ma in Francia il reintesala retenzione del suo imbasciadoremesse quello di Cesare nelcastelletto di Parigie ordinò che per tutta Francia fussinoritenuti i mercatanti sudditi di Cesare. Il medesimo in quanto allooratore di Cesare fece il re di Inghilterra; benchéintesodipoi il suo non essere stato ritenutolo liberò. Ed essendogià bandita la guerra in Francia in Inghilterra e in Spagnainstava il re in Inghilterra che si rompesse comunemente la guerra inFiandra; alla quale egli per dare principioaveva fatto correre epredare alcune sue genti in sul paese della Fiandra: non si facendoper questo da quegli di Fiandra movimento alcuno se non perdifendersi; perché madama Margheritasforzandosi quantopoteva di estinguere le occasioni di entrare in guerra col re diFrancianon permetteva che gli uomini suoi uscissino del suo paese.Ma al re di Inghilterra era anche molestissimo l'avere la guerra co'popoli di Fiandra: perchénon ostante che acquistandosi certeterre promessegli prima da Cesareper sicurtà de' danariprestatiavessino a essere consegnate a luinondimeno e alleentrate sue e al suo regno era di molto pregiudizio lo interrompereil commercio de' suoi mercatanti in quella provincia; ma non potendoper le convenzioni fatte apertamente recusarlodifferiva quantopotevaallegando chesecondo i capitoli di quella obligazionegliera lecito tardare quaranta dí dopo la intimazione fattaperdare tempo a' mercatanti di ritirarsi. La quale sua volontà ela cagione essendo conosciuta dal re cristianissimodopo averetrattato insieme di assaltarein luogo della guerra di Fiandraconarmate marittime le marine della Spagnaaffermando il re di Franciaavere intelligenza in quelle parti. Le quali cose partorironofinalmente che il re d'Inghilterraavendo mandato in Francia ilvescovo batoniense per persuadere a lasciare le imprese di làda' monti e a crescere le forze e la guerra d'Italiaper consigli econforti suoi si [convenne] cheper tempo di otto mesi prossimisilevassino le offese tra il re di Francia il re di Inghilterra e ilpaese di Fiandracon gli altri stati circostanti sottoposti aCesare: alla quale [tregua] perché il re di Franciacondiscendesse piú facilmente si obligò il re diInghilterra a pagareogni mesetrentamila ducati per la guerra diItaliaper la quale era finita la contribuzione promessa prima persei mesi.

Macosí come continuamente si accrescevano le preparazioni allaguerra si accendevano molto piú gli odii tra i príncipipigliando qualunque occasione di ingiuriarsi e di contenderenonmeno con l'animo e con la emulazione che con l'armi. Perchéavendo Cesarecirca due anni innanziin Granatain tempo chesimilmente si trattava la pace tra il re di Francia e luidetto alpresidente di Granopoli oratore del re di Francia certe parole lequali inferivano chevolentieriacciò che delle differenzeloro non avessino a patire piú i popoli cristiani e tantepersone innocentile diffinirebbe seco con battaglia singolareedipoi replicate all'araldoquando ultimatamente gli aveva intimatala guerrale parole medesimeaggiugnendogli di piúil suore essersi portato bruttamente a mancargli della fede datail re diFranciaavendo intese queste parolee parendogli di non poteresenza sua ignominia passarle con silenzioancora che la richiesta diCesare fusse richiesta forse piú degna tra cavalieri che tratali príncipiconvocati il vigesimo settimo dí dimarzo in una grandissima sala del palazzo suo (credo di Parigi) tuttii príncipi tutti gli imbasciadori e tutta la cortenellaquale presentatosi dipoi lui con grandissima pompa di vestimentiricchissimi e di molto ornata compagniae postosi a sedere nellasedia regalefece chiamare l'oratore di Cesare il qualeperchési era determinato checondotto a Baionafusse liberato nel tempomedesimo che fussino liberati gli imbasciadori de' confederatiiquali per questo si conducevano a Baionadimandava di espedirsi dalui. Parlò il re scusandosi che principalmente Cesareperavere con esempio nuovo e inumano ritenuto gli imbasciadori suoi ede' suoi collegatiera stato causa che anche egli fusse ritenuto; mache dovendo ora andare a Baionaperché in uno tempo medesimosi facesse la liberazione di tuttidesiderava portasse a Cesare unasua lettera ed esponesse una ambasciata di questo tenore: che avendoCesare detto allo araldo che egli aveva mancato alla sua fedeavevadetto cosa falsae che tante volte mentiva quante volte loreplicava; e che in luogo di rispostaper non tardare ladiffinizione delle loro differenzegli mandasse il campo doveavessino tutti due insieme a combattere. E ricusando lo imbasciadoredi portare e la lettera e la imbasciatasoggiunse che glimanderebbea fare intendere il medesimol'araldo; e che sapendoanche che aveva detto parole contro all'onore del re di Inghilterrasuo fratellonon parlava di questo perché sapeva quel reessere bastante a difenderloma chese per indisposizione del corpofusse impeditoche offeriva di mettere al cimento la sua persona perlui. La medesima disfida fecepochi dí poicon le medesimesolennità e cerimonieil re d'Inghilterra: non passando peròcon molto onore de' primi príncipi della cristianitàcheavendo insieme guerra tanto importante e di tanto pregiudizio atutta la cristianitàimplicassino anche l'animo in similipensieri.

Enondimenoin tanto ardore di guerra e d'arminon si divertiva il redi Inghilterra dalle cure amatorie: le qualicominciando a empiereil petto suo di furorepartorirono in ultimo crudeltà esceleratezze orrende e inaudite; con infamia grandissima e eterna delnome suoche acquistato da Leone il titolo di difensore della fedeper dimostrarsi osservantissimo della sedia apostolicae per averefatto scrivere in nome suo uno libro contro alla empietà evelenosa eresia di Martino Luteracquistò titolo e nome diempio oppugnatore e persecutore della cristiana religione. Aveva permoglie il re d'Inghilterra Caterina figliuola già diFerdinando e di Elisabellare di Spagnaregina certamente degna ditali genitorie che per le virtú e prudenza sua era in sommoamore e venerazione appresso a tutto quel regno: la qualeviventeEnrico padre suoera stata prima maritata ad Artú figliuolosuo primogenito; col quale poi che ebbe dormitorestata vedova perla immatura morte del maritofu di comune consentimento del padre edel suocero maritata a Enrico minore fratelloprecedenteperl'impedimento della affinità tanto strettala dispensazionedi Giulio pontefice. Del quale matrimonio essendone nato unofigliuolo maschioche con immatura morte fu tolto loronon nenacque altri figliuoli che una figliuola femmina: susurrando giàmassime alcuni per la cortecheper essere il matrimonio illecito enon dispensabile in primo gradoerano miracolosamente privati difigliuoli maschi. Da chee dal desiderio che sapeva avere il re difigliuolipresa occasione il cardinale eboracensecominciò apersuadere al re cheripudiata la prima moglie che giustamente nonera mogliecontraesse un altro matrimonio: movendolo a questo non lacoscienzané la cupidità per se stessa che il reavesse successori maschima il persuadersi di potere indurre il re apigliare Renea figliuola del re Luigi; il che desideravaestremamenteperchéconoscendo essere esoso a tutto ilregnodesiderava di prepararsi a tutto quello che potesse succederee in vita e dopo la morte del re; e inducendolo anche l'odio grandeche aveva conceputo contro a Cesareperché né condimostrazioni né con fatti sodisfaceva alla maravigliosa suasuperbia: né dubitavaper l'autorità grande cheavevano il re ed egli nel ponteficedi non ottenere da lui lafacoltà di fare giuridicamente il divorzio. Prestò gliorecchi il re a questo consiglionon indotto a quel fine chedisegnava Eboracense ma mossocome molti dissononon tanto daldesiderio di avere figliuoli quanto perché era innamorato diuna donzella della reginanata di basso luogola quale inchinòl'animo a pigliare per moglie; non essendo né a Eboracense néad altri noto questo suo disegnoil quale quando cominciò o ascoprirsi o a congetturarsi non ebbe facoltà Eboracense didissuadergli il fare divorzioperché non arebbe avutoautorità a consigliargli il contrario di quello che prima gliaveva persuaso: e già il reavendo dimandato parere dateologi da giureconsulti e da religiosiaveva avuto risposta damolti che il matrimonio non era validoo perché cosícredessino o per gratificarecome è costume degli uominialprincipe. Peròcome il pontefice fu liberato di prigioneglidestinò imbasciadori per confortarlo a entrare nella legaperoperarsisecondo che da lui fusse ordinato loroper la restituzionedi Ravennama principalmente per ottenere la facoltà di fareil divorzio: che non si cercava per via di dispensama per via didichiarazione che il matrimonio con Caterina fusse nullo. E sipersuase il re che il ponteficeper trovarsi debole di forze e diriputazione né appoggiato alla potenza di altri príncipie mosso ancora dal benefizio fresco de' favori grandi avuti da luiper la sua liberazioneavesse facilmente a consentirgli; sapendomassime che il cardinaleper avere favorito sempre le cose sue eprima quelle di Lionepoteva molto in lui: e acciò che ilpontefice non potesse allegare scusa di timore per la offesa che nerisultava a Cesarefigliuolo d'una sorella di Caterinae perallettarlo con questo donoofferse pagargli per sua sicurtàuna guardia di quattromila fanti. Udí il pontefice questaproposta; ma ancora che considerasse la importanza della cosa e lainfamia grande che gliene potesse risultarenondimeno trovandosi aOrvietoe neutrale ancora tra Cesare e il re di Francia e in pocaconfidenza con ciascuno di loroe però stimando assai ilconservarsi l'amicizia del re d'Inghilterranon ebbe ardire dicontradire a questa dimanda; anzidimostrandosi desideroso dicompiacere al re ma allungandocol difficultare i modi che siproponevaaccese la speranza e la importunità del re e de'suoi ministrila qualeorigine di molti malicontinuamenteaugumentava.

Maquando il pontefice ebbe udito Valdemonte e Longavillail quale gliera stato mandato dal re [di Francia]risposto a loro parolegeneralimandò al re insieme con Longavilla il vescovo diPistoiaper farlo capace cheper l'essere senza danari senza forzee senza autoritàla dichiarazione sua non sarebbe di fruttoalcuno a' collegati; potergli solamente giovare nel trattare la pacee che però aveva commissione di andare a Cesare peresortarnelo con parole rigorose: il che il rebenché nonrestasse male sodisfatto della neutralità del ponteficenondimenodubitando non lo mandasse per trattare altrononconsentí. Né Cesare anche si lamentava del pontefice sestava neutrale.

Cap.xvii

Difficoltàdelle armate alleate; cause di malcontento del Doria e dei genovesiverso il re di Francia. Progressi delle milizie di terra; deficienzadi danari; occupazione dell'Abruzzi. Partenza delle milizie imperialida Roma; condizioni della città. L'esercito dei collegati inPuglia. Azioni di guerra; presa di Melfi. Il papa a Viterbo;occupazione dei castelli già appartenenti a VespasianoColonna.

Manel tempo che Lautrech andava innanzie che era destinato chel'armate facessino il medesimosi opponevano a questo moltedifficoltà. Perché le dodici galee viniziane che primasi erano ridotte a Livornoavendo patito molto nella impresa diSardignae per i travagli del mare e per la carestia dellevettovagliepartirono il decimo dí di febbraio da Livorno perandare a Corfú a rifornirsi: benché i vinizianipromettevano mandarne in luogo loro dodici altreper unirsi conl'armata franzese. La quale anche aveva delle difficoltàperquello che aveva patito e per le differenze nate tra Andrea Doria eRenzo da Ceri; per le qualibenché Renzo si fusse fermato inPisa ammalatosi trattava che il Doriail quale con tutte le galeeaveva toccato a Livornoandasse con le sue galee a NapoliRenzo conl'altre franzesicon quattro di fra Bernardino e con le quattro de'vinizianiche tutte erano insiemeassaltasse la Sicilia: ma ilDoriacon le otto sue galee e otto altre dell'armata del re diFranciasi ritirò a Genovaallegando essere necessario ealle galee e a lui concedere riposo; o perché questa fusseveramente la cagioneo perché gli interessi delle cose diGenova gli inclinassino già l'animo a nuovi pensieri. Con ciòsia cheavendosi a Genova dimandato al re che concedesse loro che sigovernassino liberamente da se stessiofferendogli per il dono dellalibertà dugentomila ducatie avendolo il re recusatosicredeva che al Doriaautore o almeno confortatore che facessinoqueste dimandenon fusse grato che il re acquistasse la Sicilia sela libertà non si concedeva a' genovesi. E pullulava ancheun'altra causa importante di controversia: perchéavendo ilre smembrato la città di Savona da' genovesisi dubitava chevoltandosi infra non molto tempoper il favore del re e per laopportunità del sitoa Savona la maggiore parte del commerciodelle mercatanziee quivi facendo scala l'armate regiequivifabricandosi i legni per luiGenova non si spogliasse di frequenzad'abitatori e di ricchezze: però il Doria si affaticava moltocol re che Savona fusse rimessa nella antica subiezione de' genovesi.

Macon maggiore felicità che le espedizioni marittime procedevanole cose di Lautrech: il qualecome fu arrivato ad AscoliinviòPietro Navarra co' suoi fanti alla volta dell'Aquila; essendosi giàalla fama della sua venutaarrenduti Teramo e Giulianuova.Seguitavaloper la via della Lionessail marchese di Saluzzo con lesue genti; e piú addietro cento cinquanta cavalli leggieri equattromila fanti delle bande nere de' fiorentinicon OrazioBaglione. Avevono anche i viniziani promesso mandarglisenza lapersona del duca d'Urbinoquattrocento cavalli leggieri equattromila fantidelle genti le quali avevano in terra di Roma; ein supplemento delle altre con le quali erano obligati di aiutare laguerra del regno di Napolisi erano convenuti di pagargli ciascunomese ventitremila ducati; e affermavano checon l'armata disegnataper la impresa della Siciliaarebbono in mare trentasei legni; enondimeno apparendo manifestamente che erano stracchiprocedevanomolto lentamente allo spendere. Come similmente era il re di Francia;perché a Lautrechin questo tempovennono avvisi chel'assegnamento fattogli dal requando partí di Franciadicento trentamila scudi il mese per le spese della guerrae del qualeaveva ancora a riscuoterne circa dugentomilaera stato ridottonéper piú che per tre mesi futurisolamente a ragione disessantamila scudi il mese: di che era in grandissima disperazionelamentandosi che il re non si commovesse né dalla ragione nédalla fede né dalla memoria ed esempio del danno proprio;perché diceva che l'avere voltato il re i denari e le forzeche avevano a servire a luiper la difesa del ducato di Milanoallaimpresa di Fonterabiaera stato cagione di fargli perdere quellostato. Succedette la cosa dell'Aquila felicemente: perchécome Pietro Navarrail quale Lautrech vi aveva mandato insino daFermovi si accostòil principe di Melfi se ne partíe vi entrò in nome del re di Francia il vescovo della cittàfigliuolo del conte di Montorio. Occuporono per accordo e i fantitedeschi de' viniziani Civitellapiccola terra ma forteposta di làdal Tronto sette miglia; prevenuti dugento archibusieri spagnuoli iquali camminavano per entrarvi dentro. Seguitò l'esempio dellaAquila tutto lo Abruzzi; e arebbe fatto il simigliantein brevissimotempotutto il reame di Napoli se l'esercito imperiale non fusseuscito di Roma.

Ilqualedopo molte difficoltà e molti tumultinati perchéi soldati dimandavano di essere pagati del tempo corso dopo laliberazione del ponteficeuscí di Roma il decimosettimo dídi febbraio; dí di grandissimo respiramento alle miserie tantolunghe del popolo romano sesubito dopo la partita loronon vifussino entrati l'abate di Farfa e altri Orsini co' villani delleterre loroi quali vi feciono per molti dí gravissimi danni.Restò Roma spogliatadall'esercitonon solo di una partegrande degli abitatoricon tante case desolate e distruttemaeziandio spogliata di statue di colonne di pietre singolari e dimolti ornamenti della antichità; e nondimenonon volendopartire i tedeschi senza i danari di due pagheperché glispagnuoli consentirono di uscirne senza altro pagamentofunecessitato il ponteficedesideroso che Roma restasse vacuapagareprima ventimila ducatii quali pagò sotto colore di liberarei due cardinali statichie poi ventimila altri ne riceverono sottonome del popolo romano; dubitandosi che anche questi non fussinopagati dal ponteficema sotto questo nome per dare minore causa diquerelarsi a Lautrech: il quale nondimeno si querelògravissimamente checo' danari suoifusse stato cagione dellapartita da Roma dell'esercitoper la quale la vittoriamanifestissima si riduceva agli eventi dubbi della guerra. Uscironosecondo che è famadi Roma mille cinquecento cavalliquattromila fanti spagnuoli dumila in tremila fanti italiani ecinquemila fanti tedeschitanti di questi aveva diminuiti lapestilenza.

Lapartita dell'esercito imperiale da Roma costrinse Lautrechil qualealtrimenti sarebbe andato per il cammino piú diritto versoNapolia pigliare il cammino piú lungo di Puglia a canto allamarinaper la difficoltà di condurre l'artiglieriese avesseavuto in quegli luoghi l'opposizione degli inimiciper la montagna;e molto piú per fare provisione di vettovaglieacciòche non gli mancassino se fusse necessitato fermare il corso dellavittoria alle mura di Napoli. Però venne a Civita di Chietacapo dello Abruzzi citra (perché il fiume di Pescara divide loAbruzzi citra dallo Abruzzi ultra)dove se gli erano date Sermona emolte altre terre del paesee con tanta inclinazioneo perl'affezione al nome de' franzesi o per l'odio a quello deglispagnuoliche quasi tutte le terre anticipavano a darsi venticinqueo trenta miglia innanzi alla giunta dello esercito. Procedevanondimeno piú lentamente di quello arebbe potutoper andareinnanzi con maggiore stabilità e sicurezza; e si credeva cheper assicurarsi di riscuotere per tutto marzo l'entrata della doganadi Pugliaentrata di ottantamila ducati la quale consisteva incinque terrev'avesse a mandare Pietro Navarra co' suoi fantiperla stranezza del qualeessendo Lautrech necessitato a comportarlanon era nello esercito molto ordine. Ma essendo partito dal Guastoeinteso che una parte dell'esercito inimicocol quale si era unito ilprincipe di Melfi con mille fanti tedeschidi quegli che avevamenati di Spagna don Carlo vicerée con dumila fanti italianiusciti della Aquilaera venuta a Noceralontana quaranta miglia daTermini verso la marinae un'altra a Campobassolontana trentamiglia da Termini in sul cammino proprio di Napolimandato innanziPietro Navarra co' suoi fantiegli l'ultimo dí di febbraioandò alla Serralontana diciotto miglia da Terminidonde ilquarto dí di marzo arrivò a San Severo. Ma PietroNavarraprocedendo innanzientrò l'uno dí in Nocera el'altro dí in Foggiaentrando per una porta quando glispagnuoliche si erano ritirati a TroiaBarletta e Manfredoniavolevano entrarvi per l'altra: che giovò assai per levettovaglie dell'esercito. Erano con Lautrech in tutto quattrocentolancie e dodicimila fantiné di gente molto eletta; madovevansi unire seco il marchese di Saluzzoil quale camminavainnanzi a tuttile genti de' viniziani e le bande nere de'fiorentinidesiderate molto da Lautrech perchéavendo famadi essere fanteria destra e ardita agli assalti quanto fanteria cheallora fusse in Italiafacevano come uno condimento [al suoesercito]nel quale erano genti ferme e stabili a combattere. Maintesoper relazione di Pietro Navarra mandato da lui a speculare ilsitoche in Troia e all'intorno erano cinquemila alamanni cinquemilaspagnuoli e tremila cinquecento italianie tra Manfredonia eBarletta mille cinquecento italianiné potendosi per i freddigrandissimi stare in campagnaLautrechagli otto dí dimarzoandò a Nocera con tutti i fanti e cavalli leggierieil marchese di Saluzzo nuovamente arrivato messe con le genti d'armee con mille fanti in Foggia; affermando di volere farese laoccasione si presentavala giornatae per altre ragioni e perchéessendogli stati diminuiti dal re gli assegnamentinon potevasostentare molto tempo le spese della guerra: e in San Severo lasciògl'imbasciadori e le genti non atte alla guerracon poca guardia.Cosí gli pareva stare sicuro né essere necessitato afare giornata se non con vantaggio. Né gli mancavanovettovagliebenché si pativa di macinato. Uscí dipoia dodici dí di marzoin campagnatre miglia di là daNocera e cinque miglia presso a Troiaperché Nocera eBarletta distanti intra sé dodici miglia distano non piúche otto miglia da Troia; e gli imperialii quali avevano raccoltequasi tutte le genti che erano in Manfredonia e in Barlettama nonpagate eccetto i fanti tedeschie che in Troia aveano copia divettovaglieuscirono a scaramucciare: dipoi il dí seguente simesseno in campagnasenza artiglieriain uno alloggiamento forte insu il colle di Troia. Lautrecha quattordici dígiròquello colle dalla banda di sopra che risguarda mezzodí versola montagnae voltando il viso a Troia cominciò a salireeguadagnato il poggio con grossa scaramuccia fece uno alloggiamentocavaliere a loroe gli costrinse a colpi di artiglierie a ritirarsiguadagnando per sé lo alloggiamento loroparte in Troia partea ridosso: in modo che Troia e lo esercito imperiale restorono tral'esercito franzese e San Severoil che difficultava i soccorsi chee' potessino avere da Napolie anche in grande parte impediva levettovaglie che potessino condursi a loro; benchéper esserescarichi di bagaglie e di gente inutilenon consumassino molto. E daaltra parte erano impedite da essi le vettovaglie che andavano da SanSevero al campo franzese; e anche tenevano in pericolo San Severoilquale potevano assaltare con una parte delle loro genti senza che ifranzesi se ne accorgessino.

Cosístando alloggiati gli esercitii franzesi di là da Troia diverso la montagnagl'imperiali dalla banda di qua verso Nocera aridosso della terrain su la spiaggia molto fortificataed essendola piú parte de' luoghi circostanti in mano de' franzesidimororono cosí insino a' diciannove dídandosi tuttanotte all'arme e ogni dí facendo scaramucciein una dellequali fu preso Marzio Colonna; e interrompendo spesso le vettovaglieche andavano da San Severo e da Foggia allo esercito franzese (cheper questo ebbe qualche stretta)né si potevano condurresenza grossa scorta. Nel quale tempo (secondo scrive il Borgia)ilmarchese del Guasto consigliò che si facesse la giornataperché l'esercito franzese cresceva ogni giorno e il lorodiminuiva; ma ebbe piú autorità il consiglio diAlarconeche mostrava essere piú speranza nella vittoria nelstare alla difesaconsumando tempoche nel rimettersi allo arbitriodella fortuna. A' diciannove dígli imperialiper esseredanneggiati dall'artiglieria inimicasi ritirorono in Troia; mariparato poi il loro alloggiamento dalla artiglieriaal tempo buonovi ritornavanoal sinistro si ritornavano in Troia. Ma a' ventunoin su il fare del dísi levoronoe andorono verso lamontagna ad Ariano con non piccola giornataed essendosicontro aquello che prima credevano i franzesitrovate in Troia vettovaglieassaida cheper avere serrato i passi da condurles'eranopromessi vanamente la vittoriasi interpretavano fussino levati oper volergli tirare in luogo dove patissino di vettovaglie o peravere inteso che il dí seguente si aspettavano nel campofranzese le bande nere: le qualinel venire innanziessendoalloggiate per transito nell'Aquilaaveanosenza essere stati oingiuriati o provocati ma meramente per cupidità di rubaresaccheggiata sceleratamente quella città. A' ventidueLautrech alloggiò alla Lionessa in su il fiume dello Ofantodetto da' latini Aufidolontano sei miglia da Ascolimandate lebande neree Pietro Navarra co' fanti suoi e con due cannoniallaoppugnazione di Melfi; doveavendo fatto piccola rotturai guasconis'appresentorono alle murae le bande nere con maggiore impetocontro all'ordine de' capitanifeciono il medesimo: e facendo l'unanazione a gara con l'altrabattendogli gli archibusi de' fianchifurono ributtaticon morte di molti guasconi e di circa sessantadelle bande nere. Ed ebbeno la sera medesima un altra battitura quasiegualeessendo tornati al tardipoiché era stata continuatala batteriaa dare un altro assalto. Ma la notte venneno in camponuove artiglierie da Lautrechcon le quali avendo la mattinaseguente fatte due batterie grandii villaniche ne erano dentromolticominciorono per paura a tumultuare. Per timore del qualetumulto occupati i soldatiche erano circa seicentoabbandonoronola difesa; donde quegli del campo entrati dentro ammazzorono tutti ivillani e gli uomini della terra. Ritiroronsi i soldati nel castellocol principe; e poco poi si arrenderonosecondo disseno quegli delcampoa discrezionebenché essi pretendessino esserneeccettuata la vita. Fu salvato il principe con pochi de' suoiglialtri tutti ammazzatisaccheggiata la terra e morti in tutto tremilauomini. Nella quale si trovò vettovaglie assaicongrandissimo comodo de' franzesi che avevanoper le loro maleprovisionisomma necessità in Puglia di quello di che vi èsomma abbondanza. A' ventiquattrogli spagnuoli partirono da Arianoe si fermorono alla Tripaldalontana venticinque miglia da Napoli insu il cammino dirittoe quaranta miglia da l'Ofanto: co' quali siuní il viceré il principe di Salerno e FabbrizioMaramauscon tremila fanti e con dodici pezzi di artiglieria; e sidiceva che Alarcone usciva di Napoli con dumila fantiper soccorrerela dogana. Soprastava nondimeno Lautrech in su l'Ofantoper fareprima grossa provisione di vettovaglie; e tutta la gente sua eraalloggiata tra Ascoli e Melfi: e dopo il caso di Melfi se gli eranodate BarlettaTrani e tutte le terre circostantieccettoManfredoniadove erano mille fanti: donde mandato Pietro Navarra conquattromila fanti a combattere la rocca di Venosaguardata dadugento cinquanta fanti spagnuoli che la difendevano gagliardamentel'ottenne a discrezione; e ritenuti prigioni i capitanilicenziògli altri senza armi. E aveva dato ordine tale che per lui siriscoteva l'entrata della dogana di Pugliama per gli impedimentiche dà la guerra non ascendeva alla metà di quello cheera consueto riscuotersi. In questo alloggiamento arrivò ilproveditore Pisani con le genti de' vinizianiche furno in tuttocirca dumila fanti (ma non so se i lanzi loroche erano circa millesi computino in questo numero o se pure erano prima con Lautrechcome credo). Cosí attendeva ad assicurarsi delle vettovaglie:di che ebbe piú facilità poi cheper opera delle gentivinizianeebbe Ascoli in suo potere.

Nelquale tempopreso animo dalla prosperità de' successistrigneva con parole alte il papa a dichiararsi. Il qualese beneprima i viterbesiper opera di Ottaviano degli Spiritinon avevanovoluto ricevere il suo governatorenondimenoavendo poi per timorecedutoaveva trasferita la corte a Viterbo. Ed essendo nel tempomedesimo morto Vespasiano Colonnae disposto nella sua ultimavolontà che Isabellasua unica figliuolasi maritasse aIppolito de' Mediciil pontefice occupò tutte le castella chepossedeva in terra di Roma: benché Ascanio pretendesse chemancata la linea mascolina di Prospero Colonnaappartenessino a lui.

Cap.xviii

Resadi Monopoli ai veneziani. Il duca di Ferrara invia il figliuolo inFrancia per la perfezione del matrimonio. Raccolta di nuove milizieimperiali da inviarsi in Italia; provvedimenti dei collegati per farfronte ad esse. Miserrime condizioni e sofferenze dei milanesi;defezione del castellano di Mus. Il Lautrech nella Campania; laflotta dei Doria davanti al porto di Napoli; l'esercito dei collegatisotto le mura della città.

Erasiin questo tempo Monopoli arrenduto a' vinizianiper i qualisecondol'ultime convenzioni fatte col re di Franciasi acquistavano tuttiquegli porti del regno di Napoli i quali possedevano innanzi allarotta ricevuta dal re Luigi nella Ghiaradadda.

Indussonoqueste prosperità de' franzesi il duca di Ferrara a mandare ilfigliuolo in Franciaper la perfezione del matrimonio: il che primaricusando eziandio di essere capitano della legaavevaindustriosamente differito.

MaCesarenon provedendo con le genti di Spagna a tanti pericoli delregno napoletanoperché da quella parte mandòsolamente seicento fanti non molto utili in Siciliaaveva ordinatoche di Germania passassino in Italiaper soccorso di quel reamesotto il duca di Brunsvichnuovi fanti tedeschi; i quali sipreparavano con tanto maggiore sollecitudine quanto si intendevaessere maggioreper i progressi di Lautrechla necessità delsoccorso. Alla venuta de' quali per opporsiacciò che nonperturbasse la speranza della vittoriafucon consentimento comunedel re di Francia del re di Inghilterra e de' vinizianidestinatoche in Italia passasseper seguitare i tedeschi se andavano nelreame di Napolise non per fare la guerra con le genti de' vinizianie di Francesco Sforza contro a MilanoFrancesco monsignore di SanPolo della famiglia di Borbonecon quattrocento lance cinquecentocavalli leggieri cinquemila fanti franzesi dumila svizzeri e dumilatedeschi: alla spesa del quale esercitoche si disegnava disessantamila ducati il meseconcorreva il re di Inghilterra contrentamila ducati ciascuno mese. E i viniziani avevano fattonelconsiglio de' pregatidecreto di soldare diecimila fanti: aiutomolto incerto e molto lento perchésecondo l'uso lorononsuccedeva cosí presto il soldare al deliberare. Tardava ilmuoversipoi che erano soldati; mossi che eranorestava ladifficoltàquasi inestricabiledel passare i fiumi; eultimamenteil volere mettersi al pericolo di uscire alla campagna elo impedire i passi de' montiper l'esperienze passateeradifficileperché avevano infiniti modi e vie da passare. Peròil duca di Ferrara consigliava non si tentasse neanche dicombattergli in campagnaper essere gente animosa ed efferatamache con uno esercito grosso gli andassino secondandoper impedireloro le vettovaglie e l'unirsi con le genti che erano in Milano.

Nellaquale cittàper l'acerbità di Antonio de Levaeraestremità e suggezione miserabile; perchéperprovedere a' pagamenti de' soldatiaveva tirato in sé tuttele vettovaglie della cittàdelle qualifatti fondachipublichi e vendendole in nome suocavava i denari per i pagamentiloro; essendo costretti tutti gli uominiper non morire di famedipagarle a' prezzi che paresse a lui: il che non avendo la gentepovera modo di poterlo faremolti perivano quasi per le strade. Nébastando anche questi denari a' soldati tedeschi che erano alloggiatiper le casecostrignevano i padroni ogni dí a nuove taglietenendo incatenati quegli che non pagavano: e perchéperfuggire queste acerbità e pesi intollerabilimolti eranofuggiti e fuggivano continuamente della cittànon ostantel'asprezza de' comandamenti e la diligenza delle guardiesiprocedeva contro agli assenti alle confiscazioni de' beni; che eranoin tanto numero cheper fuggire il tedio dello scriveresimettevano in stampa. Ed era stretta in modo la vettovaglia cheinfiniti poveri morivano di famei nobili male vestiti epoverissimi; e i luoghi già piú frequentipieni diortiche e di pruni. E nondimenoa chi era autore di tante acerbitàe di tanti supplizi succedevano tutte le cose felicemente: perchéessendo il castellano di Mus accampatosi a Lecco come soldato dellalegacon seicento fantie tolte le naviperché glispagnuoli che erano in Como non potessino soccorrerlo per la via dellagoAntonio de Levachiamati i fanti di Novarauscito di Milanosi fermò a quindici miglia di Milano co' tedeschi; edespugnata la rocca di Olgina che è in ripa di Addastatapresa prima da Musmandò Filippo Torniello co' fanti italianie spagnuoli a soccorrere Leccoche è in su l'altra ripa dellago; dove Muscon aiuti fatti venire da' viniziani e dal duca diMilanoe con artiglieria avuta da' vinizianiaveva preso tutti ipassi e fortificatogliche per l'asprezza de' luoghi e de' montisono difficili. Ma gl'imperialioccupato allo opposito il monteimminente a Leccopoi che ebbeno fatto pruova invano di passare inpiú luoghisforzorno finalmente dove le genti de' vinizianiguardavano; le quali Muso per confidare manco nella virtúloro o per mettergli in manco pericoloavevaposto ne' luoghi piúaspri. Però Muscon l'artiglieria e co' suoi salito in su lenavisalvò la gente; non stando senza sospetto che iviniziani avessino fatto leggiera difesa per gratificare al duca diMilanoal quale non piaceva che egli pigliasse Lecco: e poco poiper conseguire con la concordia quello che non aveva potutoconseguire con l'armipassato nelle parti imperialiebbeper virtúdell'accordoLecco e altri luoghi da Antonio de Levaottenuto ancheda Ieronimo Moroneche per lettere era stato autore di questapraticala cessione delle sue ragioni. Dal quale accordo ebbeAntonio de Levanella strettezza della famegrandissima comoditàdi vettovaglie e di danari; perché il castellanoil qualeaspirando a concetti piú alti assunse poi il titolo dimarchesepagò trentamila ducatie a Milano mandòtremila sacca di frumento.

Procedevaintanto Lautreche a' tre di aprile era a Rocca Manardalasciati aguardia di Puglia cinquanta uomini d'arme dugento cavalli leggierimille cinquecento in dumila fantitutte genti de' viniziani: dovenon si teneva altro che Manfredonia in nome di Cesare. Ma l'esercitoimperialerisoluto di attendere (abbandonato tutto il paesecircostante) [a difendere] Napoli e Gaetapoi cheper tôrrealimenti agli inimiciebbe saccheggiato Nola e condotto a Napoli levettovaglie che erano in Capuaalloggiò in sul monte di SanMartinodonde di poi entrò in Napoli con diecimila fanti tratedeschi e spagnuolie licenziati tutti i fanti italianieccettosecento i quali militavano sotto Fabrizio MaramausperchéSciarra Colonna co' fanti suoi era andato nell'Abruzzi. Restorono inNapoli pochissimi abitatoriperché tutti quegli che avevano ofacoltà o qualità si erano ritirati a Ischia a Capri ealtre isole vicine: dicevasi esservi frumento per poco piú didue mesima di carne e di strami piccola quantità.Arrenderonsi a Lautrech CapuaNolal'AcerraAversa e tutte leterre circostanti. Il quale dimorò con l'esercito quattro díalla badia dell'Acerra distante sette miglia da Napoliessendoproceduto e procedendo lentamente per aspettare le vettovaglieimpedite da' cattivi cammini e dalle pioggie per le quali era lacampagna piena d'acqua; bisognandogli provederne quantitàgrandissima perché era fama che nello esercito suosecondo lacorruttela moderna della miliziafussino piú di ventimilacavalli e di ottantamila uominii due terzi gente inutile: e diquivi mandò alla impresa della Calavria Simone Romanoconcento cinquanta cavalli leggieri e cinquecento côrsinonpagativenuti del campo imperiale. E già Filippino Doriaconotto galee di Andrea Doria e due navivenuto alla spiaggia diNapoliaveva preso una nave carica di granie fatto conl'artiglierie sdiloggiare gl'imperiali dalla Maddalena; e benchépoco di poi pigliasse due altre navi cariche di granie fussecagione di molte incomodità agli inimicinondimeno nonbastavano le sue galee sole a tenere totalmente assediato il porto diNapoli. Perciò Lautrech sollecitava le sedici galee de'viniziani che venissino a unirsi con quelle; le qualidopo essersilentamente rimesse in ordine a Corfúerano venute nel portodi Trani: ma essebenché già si fussino arrendute lorole città di Trani e di Monopolipreponendo i negozi propriagli alienibenché dalla vittoria di Napoli dependessinotutte le coseritardavanoper pigliare prima PulignanoOtranto eBrindisi. A' diciassetteLautrech a Cavianocinque miglia presso aNapoli; e il dí medesimo gl'imperiali che abbondavano dicavalli leggieridimostrandosi maggiore la sollecitudine e ladiligenza per la negligenza de' franzesitolseno loro levettovagliedelle quali pativano; e avevano fortificato SantoErasmoposto nella sommità del monte di San Martinopertôrlo a' franzesiessendo cavaliere a Napoli da poterlodanneggiare assai con l'artiglieriae perchéessendo padronidi quel monteimpedivano che quasi alla maggiore parte della cittànon si potevano accostare i franzesi. A' quali dette qualche speranzadi discordia tra gli inimici l'avere il marchese del Guastopure percause privateferito il conte di Potenza e ammazzatogli ilfigliuolo. A' ventunoa Casoriaa tre miglia di Napoli in su la viadi Aversa: nel quale dí si scaramucciò sotto le mura diNapolie vi fu morto Migliauquello che aveva accerrimamentecontradetto alla liberazione del pontefice; della quale aveva essomedesimo portata la commissione di Cesare a' capitani. A' ventidueauno miglio e mezzo di Napoli; dove Lautrech proibí loscaramucciare come inutile: e già se gli era arrendutoPozzuolo. Finalmenteil penultimo dí di aprilepervenutoalla città di Napolialloggiò l'esercito tra PoggioRealepalazzo molto magnificoedificato da Alfonso secondo diAragonaquando era duca di Calavriae il monte di San Martino;distendendosi le genti insino a mezzo miglio di Napoli; la personasua piú innanzi di Poggioreale alla masseria del duca diMontealto: nel quale luogo si era fortificato allargandosi verso lavia di Capua: alloggiamento fatto in sito molto fortee dal quale siimpediva a Napoli la comodità degli aquedotti che si partonoda Poggio Reale; donde disegnava fare poi un altro alloggiamento piúinnanziin sul colle che è sotto il monte di Santo Ermopertôrre piú le comodità a Napolie molestare diluogo piú propinquo la città. Delle quali cose perintelligenza piú chiarapare necessario descrivere il sitodella città di Napoli e del paese circostante.