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FrancescoGuicciardini

STORIAD'ITALIA

Volumequindicesimo





Cap.i

Timoriche il re di Francia ritenti l'impresa del ducato di Milano; glispagnuoli impongono contribuzioni agli stati italiani. Adriano VI aRoma. Cesare mira ad accordi coi veneziani; intimazione di tregua conCesare del re d'Inghilterra al re di Francia. Cedola di privilegi distato di Cesare ai fiorentini. Provvedimenti di Cesare contro icolpevoli della tentata sedizione in Ispagna. Caduta di Rodi inpotere di Solimano. Rimini restituita al pontefice; assoluzione dallecensure del duca d'Urbino. Rinvestitura di Ferrara al duca d'Este.Resa del castello di Milano.

Lavittoria nuova contro a' franzesibenché avesse quietato lecose di Lombardianon aveva per ciò diminuito il sospetto cheil re di Franciaessendo pacifico e intero il regno suo ed essendoritornati salvi i capitani e le genti d'arme che aveva mandate inItalianon avesseinnanzi passasse molto tempoad assaltare dinuovo il ducato di Milano; massime che eranocome primaparati isvizzeri a andare agli stipendi suoi e il senato vinizianoperseverava seco nella antica confederazione: per la considerazionedel quale pericolo i capitani cesarei erano costretti a nutrire e apagare l'esercito; cosa molto difficileperché né daCesare né del regno napolitano ricevevano danarie lo statodi Milano era in modo esausto che non poteva per sé solosostenere né tanti alloggiamenti né tante spese. Peròreclamando invano i popoli e il collegio de' cardinaliavevanomandato la maggiore parte delle genti ad alloggiare nello statoecclesiastico; e passando per Roma don Carlo de Lanoidestinatonuovamenteper la morte di don Ramondo di Cardonaviceré diNapolideterminòinsieme con don Giovanni Manuelche pertre mesi prossimi pagassinociascuno meselo stato di Milanoventimila ducatii fiorentini quindicimilagenovesi ottomilaSienacinquemilaLucca quattromila: della quale tassa benchéciascuno esclamassenondimenoper il timore che si aveva di quelloesercitofu necessario che fusse accettata da ciascuno; allegandoessi essere cosa necessariaperché dalla conservazione diquello dependeva la difesa d'Italia. Dopo il quale tempo fu rinnovatal'imposizionema di quantità molto minore.

Nelquale stato delle coseItalia oppressa da continui mali e spaventatadal timore de' futuri maggioriaspettava con desiderio la venuta delponteficecome instrumento opportuno per l'autoritàpontificale a comporre molte discordie e provedere a molti disordini.Il qualesupplicandolo Cesare (che passato ne' medesimi díper mare in Spagnae parlato in cammino col re di Inghilterra) loaspettasse a Barzalonadove voleva andare personalmente ariconoscerlo e adorarlo per ponteficericusò di aspettarlo: odubitando per la distanza di Cesareche ancora era nelle estremeparti della Spagnanon perdere tanto tempo che avesse poi a navigareper stagione sinistrao per sospetto che Cesare non cercasse difargli differire la passata sua in Italia ocome molti dissonopernon accrescere tanto l'opinione avuta di lui insino dal principioche avesse a essere troppo dedito a Cesareche gli difficultasse iltrattare la pace universale de' cristianicome avea deliberato divolere fare. Passò adunque per mare a Romadove entròil vicesimo nono dí di agosto con concorso grandissimo delpopolo e di tutta la corte; da' quali benché eccessivamentefusse desiderata la sua venuta (perché Roma senza la presenzade' pontefici è piú tosto simile a una solitudine cheuna città)nondimeno questo spettacolo commosse gli animi ditutticonsiderando avere uno pontefice di nazione barbaroinespertoal tutto delle cose d'Italia e della cortené almeno diquelle nazioni le quali già per lunga conversazione eranofamiliari a Italia: la mestizia de' quali pensieri accrebbe cheallavenuta suala peste cominciata in Romail che era interpretatopessimo augurio del suo pontificatofece per tutto l'autunnogravissimo danno. Fu la prima deliberazione di questo ponteficeattendere alla recuperazione di Riminie comporre le controversieche il duca di Ferrara aveva avute co' due suoi prossimi antecessori:perciò mandò in Romagna mille cinquecento fantispagnuolii quali per potere sicuramente passare il mare avevacondotti seco.

Allequali cose mentre che attendeparendo [a] Cesare che allostabilimento delle cose d'Italia importasse molto la separazione de'viniziani dal re di Franciae sperando che quello senatodiminuitala speranza delle cose franzesiavesse l'animo inclinato alla quietené volesse per gli interessi di altri portare pericolo che laguerra si trasferisse nel suo dominiocomunicati i consigli col redi Inghilterrail quale avendo prima prestato occultamente contro alre di Francia danari a Cesaredeposte poi le dissimulazionidiscendeva già apertamente nella causamandorono imbasciadoria Vinegia a ricercargli che si confederassino alla difesa d'Italiacon Cesare; i quali furonoper Cesare Ieronimo Adornoper il re diInghilterra Riccardo Pacceo: e vi si aspettavano imbasciadori diFerdinando fratello di Cesarearciduca d'Austria; lo intervento delqualeper essere tra i viniziani e lui molte differenzeeranecessario in qualunque accordo si facesse con loro. Mandòanche il re di Inghilterra uno araldo a protestare la guerra al re diFrancia in caso non facesse tregua generale per tre anni con Cesareper tutte le parti del mondo nella quale fussino inclusi la Chiesa ilducato di Milano e i fiorentini; lamentandosi ancora che avessecessato di pagargli i cinquantamila ducati i quali era obligato apagargli ciascuno anno. Negò il re di volere fare la treguaeapertamente rispose non essere conveniente pagare danari a chiaiutava con danari gli inimici suoi; donde augumentandosi tra lorogli sdegni si licenziorono gli imbasciadori da ciascuna delle parti.

Partíquesto anno d'Italia don Giovanni Manuelstato oratore cesareo aRoma con grandissima autorità. Il qualealla partitafeceuna cedola di sua mano a' fiorentininella quale cedola narrato cheCesareper una cedola scritta di settembre l'anno mille cinquecentoventipromesse al pontefice Leone di riconfermare e di nuovoconcedere a' fiorentini i privilegi dello statodella autoritàe delle terre possedevanotra sei mesi dopo la prima dieta fattadopo la incoronazione che si celebra in Aquisgranaperchéprima gli aveva promessi tra quattro mesi dalla sua elezione; edicendo non potere espedirgli allora per giuste cause: le quali cosenarratedon Giovanni promesse in nome di Cesare. La quale cedolaCesare ratificò di marzo l'anno mille cinquecento ventitrée ne fece l'espedizione per bolla in forma amplissima.

PassòCesarecome è detto di sopraquesto anno in Spagnadovearrivatoprocedé severamente contro a molti che erano statiautori della sedizionegli altri tutti assolvé e libero datutte le pene: e per congiugnere con la giustizia e con la clemenzagli esempli della remunerazioneconsiderato che Ferdinando duca diCalavriarecusando di essere capitano della moltitudine concitatanon si era voluto partire della rocca di Sciativalo chiamòcon grande onore alla cortedandogli non molto poi per moglieGermana stata moglie del re cattolicoricca ma sterileacciòche in luiultima pregenie de' discendenti di Alfonso vecchio re diAragonasi estinguesse quella famiglia; perché due suoifratelli di età minore erano prima mortil'uno in Francial'altro in Italia.

Maquello che fece infelice questo medesimo annocon infamiagrandissima de' príncipi cristianifu chenella fine diessoSolimanno ottomanno prese l'isola di Rodicostituita sotto ildominio de' cavalieri di Rodiprima chiamati cavalieriIerosolimitani; i qualirisedendo in quel luogo poiché eranostati cacciati di Ierusalembenché in mezzo tra il turco e ilsoldano príncipi di tanta potenzal'avevano con grandissimagloria del suo ordine lunghissimo tempo conservatae stati come unopropugnacoloin quegli maridella cristiana religione: benchéavessino qualche nota chetrascorrendo tutto il dí a predarei legni degli infedelifussino qualche volta licenziosi eziandiocontro a' legni de' cristiani. Stette intorno a questa isola moltimesi grandissimo esercito e il turco in personanon perdendo mai unominimo punto di tempo di tormentargliora col dare battaglieatrocissime ora col fare mine e trincee ora col fare cavalierigrandissimi di terra e di legname che soprafacessino le mura dellaterra: per le quali operetirate innanzi con grandissima uccisionede' suoiera anche diminuito notabilmente il numero di quegli didentro; tanto che stracchi dalle continue fatiche e mancando loro lapolvere per l'artiglierienon potendo piú resistere a tantemolestiegittato in terra dall'artiglierie grande parte delle mura ele mine passate in molti luoghi della terranella quale loroperessere espugnati i primi luoghisi andavano continuamenteristrignendofinalmenteridotti all'ultime necessitàcapitolorono col turco che il gran maestro gli lasciasse la terrache egli con tutti i cavalieri e rodiani potessino uscirne salvi confacoltà di portare seco quanta piú roba potevano eperavere qualche sicurtàche il turco facesse partire l'armatadi quegli mari e discostasse da Rodi cinque miglia lo esercito diterra. Per virtú della quale capitolazione restò Rodia' turchie i cristianiessendo osservata loro la fedepassoronoin Sicilia e poi in Italia; avendo trovato in Sicilia una armata dicerte navi che si ordinava (ma tardi per colpa del pontefice) permettere in Rodicome avessino il vento prosperorinfrescamento divettovaglie e di munizioni: e partiti furono di RodiSolimannoinmaggiore dispregio della cristiana religionefece l'entrata sua inquella città il giorno della natività del Figliuolo diDio; nel quale dícelebrato con infiniti canti e musichenelle chiese de' cristianiegli fece convertire tutte le chiese diRodidedicate al culto di Cristoin moschee; che secondo l'usoloroesterminati tutti i riti de' cristianifurono dedicate alculto di Maometto. Questo fine ignominioso al nome cristianoquestofrutto delle discordie de' nostri príncipiebbe l'anno millecinquecento ventiduetollerabile se almanco l'esempio del dannopassato avesse dato documento per il tempo futuro. Ma continuandosile discordie tra i príncipinon furono minori i travaglidell'anno mille cinquecento ventitré.

Nelprincipio del qualei Malatesticonoscendosi impotenti a resisterealle forze del ponteficeper interposizione del duca d'Urbino furonocontenti lasciare Rimini e la fortezza; avuta intenzionebenchéincertadi avere qualche sostentamento per la vita di Pandolfo: ilche non ebbe effetto alcuno. Andò dipoi il duca di Urbino alponteficeappresso al quale e nella maggiore parte della cortefacendogli favore la memoria gloriosa di Giulio ponteficeottennel'assoluzione dalle censuree d'essere rinvestito del ducatod'Urbino ma con la clausulasenza pregiudizio delle ragioni; per nonpregiudicare alla applicazione che era stata fatta a' fiorentini delMontefeltroi quali dicevano avere prestato a Lioneper difesa diquello ducatoducati trecento cinquantamila e averne spesi dopo lamorte sua in diversi luoghiper la conservazione dello stato dellaChiesapiú di settantamila. Ricevé ancora in grazia ilpontefice il duca di Ferrararinvestendolo non solamente di Ferrarae di tutto quello che innanzi alla guerra mossa da Lione contro a'franzesi possedeva appartenente alla Chiesama lasciandoglieziandiocon grave nota sua o de' ministri che usavano male la suaimperiziale castella di San Felice e del Finale; qualiacquistateda lui quando roppe la guerra a Lione e dipoi riperdute innanzi allasua morteaveva di nuovo riprese per l'occasione della vacazionedella Chiesa. Obligossi il duca di Ferrara ad aiutare con certonumero di gente la Chiesa quando occorresse per la difesa del suostatoe si astrinse con gravissime penesottomettendosi ancora alricadere della investitura e alla privazione di tutte le sue ragioniin caso che in futuro offendesse piú la sedia apostolica.Dettegli ancora il pontefice non piccola intenzione di restituirgliModena e Reggio: benché da questoessendogli dipoi dimostratala importanza della cosa eper lo esempio degli antecessori suoilainfamia che ne perverrebbe al suo nomesi alienò con l'animoogni dí piú.

Nelquale tempo il castello di Milanostretto da carestia di ogni cosaeccetto che di panee pieno di infermitàconvenne diarrendersisalve le robe e le personese per tutto il díquartodecimo di aprile non era soccorso: al quale tempoosservata laconvenzioneapparí essere morta la piú parte degliuomini che vi erano dentro. Consentí Cesarecon laude nonpiccola appresso agli italianiche fusse consegnato in potestàdel duca Francesco Sforza: né si teneva piú altro per ifranzesi in Italia che il castello di Cremonaprovisto ancora dellecose necessarie abbondantemente. E nondimeno questi successi nonsollevavano la infelicità de' popoli di quello ducatoaggravato eccessivamente dallo esercito cesareo per non ricevere ipagamenti: il quale essendo andato ad alloggiare in Asti e nelloastigianoavendo tumultuato per la medesima cagionepredòtutto il paese insino a Vigevano; in modo che i milanesiper fuggireil danno e il pericolo del paesefurono costretti promettere loro lepaghe di certi tempiche importavano circa ducati centomila. Enondimeno non si mitigavaper questa acerbitàin partealcunal'odio di quello popolo contro a' franzesi; tenendogli fermiparte il timore per la memoria delle offese fatte loro parte lasperanza chese mai cessasse il pericolo che il re di

Franciadi nuovo non assaltasse quello statocesserebbono tanti pesiperchénon sarebbe necessario che Cesare tenesse piú soldati in quelducato.

 

Cap.ii

Trattativedi pace fra i veneziani e Cesare; promesse del re di Francia aiveneziani per mantenerli legati a sé. Varietà di parerinel senato veneziano; discorso di Andrea Gritti in favore delmantenimento della confederazione col re di Francia; discorso diGiorgio Cornaro a favore della confederazione con Cesare.Deliberazione dei veneziani e patti con Cesarecon l'arciducaFerdinando e con Francesco Sforza.

Trattavasiin questo tempo medesimo continuamente la concordia tra Cesare e iviniziani; la qualeper molte difficoltà che nascevano e pervarie dilazioni interposte da loroteneva sospesi di quello cheavesse a seguirne gli animi di ciascuno. Accrebbe la dilazioneeforse anche le difficoltà di questa praticala morte diIeronimo Adorno il qualepersona di grande spirito ed esperienzabenché giovanela trattava con molta autorità e condestrezza singolare: in luogo del quale vi fu mandato da Milanoinnome di CesareMarino Caracciolo protonotario apostolicoil qualemolti anni poi fu da Paolo terzo pontefice promosso alla degnitàdel cardinalato. Trattoronsi queste cose in Vinegia molti mesiperché da altra parte il re di Francia faceva assiduamenteper gli imbasciadori suoidiligenza grandissima in contrariopromettendoora con lettere ora con uomini propridi passare prestocon potentissimo esercito in Italia: perché tra' senatorierano varietà grandi di pareri e assidue disputazioni. Perchémolti consigliavano che non si abbandonasse la confederazione del redi Franciaconfidandosi che presto avesse a mandare l'esercito inItalia; la quale speranza il re sforzandosi con somma diligenza dinutrire avevaoltre a molti altrimandato di nuovo Renzo da Ceri aVinegiaa promettere questo medesimo e a dimostrare che giàle cose erano preparate: altriconsiderando per l'esperienza dellecose passate le negligenti esecuzioni di quel renon confidavano cheavesse a passaree questa opinione si accresceva per le lettere diGiovanni Baduero oratore loro in Franciail qualeprestando fede aquello che gli era referito dal duca di Borbone (il qualegiàcongiunto occultissimamente contro al redesiderava che i vinizianisi unissino con Cesare)affermava che 'l re di Francia per quelloanno non passerebbe né manderebbe esercito in Italia.Spaventava altri la mala fortuna del re di Francia la prospera diCesareil considerare che in Italia seguitavano Cesare il duca diMilanoi genovesi e i fiorentini con la Toscana tuttae si credevache avesse a fare il medesimo il pontefice; e che fuora d'Italiaerano congiunti seco l'arciduca suo fratellovicino allo stato de'vinizianie il re d'Inghilterrail quale continuamente faceva laguerra in Piccardia. Nella quale varietà di parerinon menotra i principali del senato che tra gli altrinon si potendoper lamaturità delle cose e per la instanza grandissima degliimbasciadori di Cesaredifferire piú il farne deliberazioneconvocato finalmente per determinarsi il consiglio de' pregatiAndrea Grittiuomoper importantissime amministrazioni e fattimolto egregidi somma autorità in quella repubblica e di nomemolto chiaro per tutta Italia e appresso ai príncipi esterniparlòsecondo si dicein questa sentenza:

-Ancora che io conosca essere pericoloprestantissimi senatorichese io consiglierò che noi non ci partiamo dalla confederazionedel re di Francia alcuni non interpretino che in me possa piúil rispetto della lunga conversazione che io ho avuta co' franzesiche quello della utilità della republicanon mi asterròper questo da esprimere liberamente il parere miocome èpropriamente ufficio de' buoni cittadini; anzi è inutileecittadino e senatorequello il quale per qualunque cagione si ritraeda persuadere agli altri quello che in se medesimo sente essere ilbeneficio della republica: benché io mi persuada che appressoagli uomini prudenti non arà luogo questa interpretazioneperché considereranno non solo quali siano stati in ogni tempoi costumi e le azioni mie ma che io non ho trattatocol re diFrancia né cogli uomini suoise non come uomo vostro e pervostra commissione e comandamento; e mi giustificherà oltre aquestose io non mi ingannola probabilità delle ragioni lequali mi fanno condiscendere in questa sentenza. Noi trattiamo se sidebba fare nuova confederazione con Cesarecontraria alla fede datada noi agli oblighi della confederazione che abbiamo col re diFrancia; cosa chea giudicio mionon vuole dire altro che stabilirein modo la potenza di Cesaregià terribile a ciascunochenon ci essendo mai piú rimedio di moderarla o di abbassarlacresca continuamente in nostro manifestissimo pregiudicio. Nonabbiamo cagione alcuna che possa giustificare questa deliberazioneperché il re ha sempre osservato la nostra confederazione; ese gli effetti non sono stati cosí pronti a rinnovare laguerra in Italia si conosce chiaramente chepoiché a questolo stimolavano i propri interessinon è proceduto da altroche dagli impedimenti che ha avuti e ha nel regno di Francia; i qualihanno potuto prolungare i disegni suoi ma non potranno giàannichilargliperché la volontà è síardente alla recuperazione dello stato di Milanola potenza èsí grande che sostenuti che arà questi primi impetidegli inimicii quali sosterrà facilmenteniuna cosa loritarderà che di nuovo non mandi forze grandissime di qua da'monti. Vedemmo dell'una cosa e dell'altra piú volte lo esempiodel re Luigi; il qualeessendo assaltata la Francia con armi moltopiú potenti che non sono queste che al presente la molestanocongiuratogli contro quasi tutto il mondocon la grandezza delle sueforzecon la fortezza de' luoghi che sono in su i confinicon lafede de' popolifacilmente si difese; e quando era nell'opinione ditutti gli uomini che per la stracchezza della guerra gli fussenecessario il riposo di qualche tempomosse subito in Italia potentieserciti. Non fece questo medesimo ne' primi anni del regno suo ilpresente re? quando ciascuno credeva cheper essere nuovo reperavere trovata esausta la corona per le spese infinite delloantecessorefusse necessitato differire la guerra a uno altro anno.Non ci debbe adunque spaventare questa tardità; nésarebbe sufficiente scusa delle nostre variazioniperché ilconfederatoritardato non dalla volontà ma dagli impedimentisopravenutinon dà giusta causa di querelarsi al compagno néonesto colore di partirsi dalla collegazione. Questa deliberazionericerca da noi il rispetto della onestà il rispetto delladegnità del senato vinizianoma non la ricerca meno ilrispetto della utilità anzi della salute nostra. Perchéchi è che non conosca di quanto profitto ci sia e da quantipericoli ci liberi se il re di Francia recupera lo stato di Milanoequanto riposo partorisca per molti anni alle cose nostre?Ammuniscecene l'esempio delle cose succedute pochi anni innanzi;perché l'averlo recuperato questo re fu cagione che noicheprima con grandissime spese e pericoli difendevamo Padova e Trevigirecuperassimo Brescia e Verona; fu cagione chementre ch'egli tennepacifico quel ducatonoi possedessimo con grandissima pace e sicurtàtutto lo imperio nostro: esempli che ci hanno a muovere molto piúche la memoria antica della lega di Cambraiperché i re diFrancia compresono per esperienza quel che non avevano compreso perle ragioni: quanto detrimento ricevessino dello essersi partiti dallanostra congiunzione; cosa che senza comparazione conosceranno meglionel tempo presentenel quale ha questo re per emulo uno imperadoreprincipe di tanti regni e di tanta grandezzala cui potenza lonecessita a desiderare e avere carissima la nostra confederazione. Maper contrariochi è quello che non veggache non conoscainquanto pericolo resterebbono le cose nostre escluso che fussetotalmente il re di Francia dalle imprese d'Italia? Perché chipuò proibire a Cesare che non appropri a sé o alfratello il ducato di Milano? del quale insino a ora non ha maiconceduta la investitura a Francesco Sforza; e secome èchiarissimoarà potestà di farlochi è quelloche possa assicurare della volontà? chi è quello chepossa promettere cheessendo il ducato di Milano una scala di salireallo imperio di tutta Italiache abbi a potere piú in Cesareil rispetto della giustizia e dell'onestà che l'ambizione e lacupidità propria e naturale di tutti i príncipi grandi?Assicureracci forse la moderazione e la temperanza de' ministri cheha in Italia? che sono quasi tutti spagnuoligente infedelerapacissima insaziabile sopra tutte l'altre? Se adunque Cesare oFerdinando suo fratello si attribuiscono Milanoin che grado rimanelo stato nostrocircondato da loro dalla parte d'Italia e diGermania? che rimedio possiamo sperare a' nostri pericoli essendo inmano sua il reame di Napoliil pontefice e gli altri stati di Italiadependenti da luie ciascuno sí esausto e attrito di forzeche da loro non possiamo sperare favore alcuno? Ma se il re diFrancia possedesse il ducato di Milanorestando le cose bilanciatetra due tali príncipichi avesse da temere della potenzadell'uno sarebbe riguardato e lasciato stare per la potenzadell'altro; anziil timore solamente della sua venuta assicura tuttigli altriperché costrigne gli imperiali a non si muovereanon si impegnare a impresa alcuna. Però a me pareva piúpresto ridicola che spaventosa la vanità de' minacci loro chese non ci confederiamo con Cesare ci volteranno contro l'esercito;come se il muovere la guerra contro al senato viniziano sia impresafacile e da sperarne presto la vittoriae come se questo fusse ilrimedio di fare che il re di Francia non passassee non piúpresto cagione del contrario: perchéchi dubita che provocatida loro proporremmo per necessità condizioni tali al re chequando bene ne avesse l'animo alienolo inducessino a passare? Nonaccadde egli questo medesimo a tempo del re Luigi? che le ingiurie ei tradimenti fattici da loro ci indussono a stimolare in modo quel re(quando io di suo prigione diventai vostro imbasciadore)che altempo che piú temeva di essere assaltato potentissimamente inFrancia mandò l'esercito suobenché con mala fortunain Italia. Non crediate che se gli imperiali pensassino che la via ditirarci alla amicizia loro o di assicurarsi della venuta del re diFrancia fusse lo assaltarciche avessino differito insino a questodí a dargli principio. Forse che non hanno i capitani lorocupidità di arricchirsi delle prede e de' guadagni delleguerre? forse che non hanno avuto necessitàper sgravare ilpaese degli amici e sgravandolo avere facoltà di trarnedanaridi nutrire l'esercito ne' paesi d'altri? ma hanno conosciutoche per la potenza nostra è troppo difficile lo sforzarci; cheper loro non fatemendo ogni dí della guerra del re diFranciaimplicarsi in una altra guerrané dare cagione a unostato potente di forze e di danari di stimolare con la grandezzadelle offerte i franzesi a passare. Mentre che staranno in questisospetti e in queste ambiguità non occuperanno per séil ducato di Milanonon tratteranno se non con minaccie vane dioffenderci; se noi gli assicureremo da questo timore sarà inpotestà loro di fare l'uno e l'altro: e se lo farannocome èverisimiledi chi altri potremo noi piú lamentarci che di noimedesimi e della nostra troppa timidità e del desiderioimmoderato della pace? La quale è desiderabile e santaquandoassicura da' sospettiquando non augumenta il pericoloquandoinduce gli uomini a potersi riposare e alleggierirsi dalle spese; maquando partorisse gli effetti contrari èsotto nome insidiosodi paceperniciosa guerra; èsotto nome di medicinasalutiferapestifero veleno. Se adunque il fare noi confederazionecon Cesare esclude il re di Francia dalle imprese d'Italiadàa lui facoltà di occupare ad arbitrio suo il ducato di Milanooccupato quello pensare a deprimere noine séguita che noicomperiamocon grandissima infamia del nome nostro con maculare lafede di questa republicala grandezza di un principe il quale non hamanco distesa l'ambizione che la potenza e che pretendeegli e ilfratelloche tutto quello che noi possediamo in terra fermaappartenga a loro; e che escludiamo da Italia uno principe che con lagrandezza assicuri la libertà di tutti gli altri e che sarebbenecessitato a essere congiuntissimo con noi. Chi propone questeragionitanto evidenti e tanto palpabilinon può giàessere imputato che lo muova l'affezione piú che la veritàpiú gli interessi propri che l'amore della republica. Dellasalute della quale non abbiamo da dubitarese Dio alle vostredeliberazioni concederà tanto di felicità quanto haconceduto di sapienza a questo eccellentissimo senato. -

Main contrario Giorgio Cornarocittadino di pari autorità e dinome celebrato di prudenza quanto alcuno altro di quel senatosioppose con orazione tale a questo consiglio: - Grande certamenteprestantissimi senatorie molto difficile è la presentedeliberazione; nondimenoquando io considero quale sia ne' tempinostri l'ambizione e la infedeltà de' príncipi e quantola natura loro sia difforme dalla natura delle republichele qualinon si governando con l'appetito di uno solo ma col consentimento dimoltiprocedono con piú moderazione e maggiori rispettinési partono mai sfacciatamentecome spesso fanno essida quel che haqualche apparenza di giusto e di onestoio non posso se nonrisolvermi che a noi sia perniciosissimo che il ducato di Milano siadi uno principe piú potente che noiperché una talevicinità ci necessita a stare in continui sospetti e tormentieancora che siamo nella pacequasi sempre ne' pensieri dellaguerranon ostante qualunque confederazione o convenzione cheabbiamo insieme. Di questo si leggono nelle istorie antiche infinitiesemplinelle nostre qualcuno: ma quale maggiore e piúillustre che quello checon acerba memoriaè scolpito nelcuore di tutti noi? Introdusse questo senato Luigi re di Francia nelducato di Milanoalla quale infelice deliberazione molti di noifurno presenti; conservogli sempre intera la fede dellecapitolazioniquantunque con premi grandi e con varie occasionifussimo invitati a discostarsi da lui dagli spagnuoli e da' tedeschiquantunque fussimo certi che per lui si trattavano spesso molte cosecontro a noi. Non piegò né il beneficio ricevuto néla fede data né tanti perpetui offici nostri l'animo suopieno di tanta cupidità di offenderci che finalmentereconciliatosi per questa cagione con gli antichi e acerbissimiinimici suoicontrasse contro a noi la collegazione perniciosissimadi Cambrai. Peròper fuggire i pericoli che dalla insidiosa efraudolenta vicinità de' príncipi grandi ci sarebbonodel continuo imminentisiamo necessitati (se io non mi inganno)dirizzare tutte le nostre deliberazioni a questo fine: che il ducatodi Milano non sia né del re di Francia né delloimperadorema sia di Francesco Sforza o di qualunque altro che nonabbia regni e imperi maggiori; donde depende nel tempo presente lasicurtà nostradonde nel futuro può dependerese sivariassino le condizioni de' tempi presentigrande augumento edesaltazione del nostro stato. Noi consultiamo se è o dacontinuare l'amicizia col re di Francia o da confederarci con Cesare:l'una di queste due deliberazioni esclude totalmente dal ducato diMilano Francesco Sforza e dà adito di entrarvi al re diFranciaprincipe tanto piú potente di noi; l'altradeliberazione tende a confermare e assicurare Francesco Sforza inquello ducatoil quale Cesare propone di includere come principalenella nostra confederazionepromette la conservazione sua al re diInghilterra: però quando tentasse di spogliarlo di quellostato non solo offenderebbe noi e gli altri d'Italiaa' qualidarebbe causa di volgere di nuovo l'animo a' franzesimaoffenderebbe il re d'Inghilterraal quale gli convienecome ognunosaavere grandissimi rispetti; provocherebbesi contro tutti i popolidel ducato di Milano inclinatissimi a Francesco Sforza. Cosísottoponendosi a molte difficoltà e pericolie a grandissimainfamiacontraverrebbe alla fede suala quale non si èinsino a ora veduto segno alcuno che mai abbia disprezzatacosa chenon possiamo già dire noi de' franzesi; anziavendorestituitodopo la morte del pontefice LeoneFrancesco Sforza inquello statoconsegnatogli le fortezze secondo che successivamentesi sono acquistatee ultimamentecontro alla opinione di moltiilcastello di Milanonon si può dire che non abbia fatto segnicontrari. Perché adunque non dobbiamo fare piú prestoquella deliberazione nella quale è speranza grande diconseguire lo intento nostro che quella che manifestamente tende afine contrario a' nostri bisogni? A questo si oppone che di maggiorepericolo sarebbe a questa republica che il ducato di Milano fusse inpotestà di Cesare che se fusse in potestà del re diFrancia; perché quel reper la grandezza di Cesare e per laemulazione che ha con luiarebbe quasi necessità diperseverare nella nostra congiunzionema in Cesare tutto ilcontrarioper la potenza sua e per le ragioni che contro allo statonostro pretendono egli e il fratello. Credo che chi cosí sentedi Cesare non si inganniper la natura e consuetudine de' príncipitanto grandi; volesse Dio non si ingannasse chi non sente il medesimodel re di Francia! Militavano nel suo antecessore molte dellemedesime ragionie nondimeno potette piú la cupiditàl'ambizioneche l'onestàche l'utilità propria. Senzachenon sono perpetue quelle cagioni che l'arebbono a conservareunito con noima variabilisecondo la natura delle cose umanedimomento in momento: perché e Cesare è uomo mortale comegli altri uomini; èsecondo l'esempio di molti príncipistati maggiori di luisottoposto a infiniti accidenti di fortuna. Equanto tempo è checoncitatagli contro tutta la Spagnapareva piú presto degno di commiserazione che di invidia? Ealmeno non è tanta differenza dall'uno pericolo all'altroquanto è differenza da una deliberazione che ci escluda certodal fine nostro a una che piú verisimilmente vi ci conduca.Dipoi queste ragioni risguardano il tempo futuro e lontano; ma seconsideriamo lo stato presente delle cosenon è dubbio che ilrifiutare la confederazione di Cesare ci mette per ora in maggiorimolestie e pericoli; perché separandoci noi dal re di Franciaè credibile riserberà il fare la guerra a miglioritempi e occasionima stando noi congiunti con lui potrebbe pureessere che di presente la facessecosa che di necessità ciporterà molestie e spese. Ma in quale caso è piúpericoloso per noi l'esito della guerra? Congiugnendoci con Cesare sipuò quasi tenere per certo che la vittoria sarà daquesta partecosa che non si può tanto sperare se saremocongiunti col re di Francia; e confederandoci con Cesare non cisarebbe tanto pericolosa la vittoria del re come sarebbe per ilcontrarioperché in caso tale tutte l'armi de' vincitori sivolterebbono contro a noie Cesare non solo arebbe minore freno eminori ostacoli ma quasi necessità di occupare il ducato diMilano. A quel che si dice del vincolo della confederazione èfacile la risposta: perché promettemmo al re di Francia diaiutarlo a difendere gli stati che possedeva in Italianon arecuperargli poi che gli avesse perduti. Non dice questo la scritturadelle nostre capitolazioniné ci militano le medesimeragioni. Adempiemmo le obligazioni nostre quandoalla perdita diMilanocausata per il mancamento delle loro provisioniricevettenopiú danno le nostre genti d'arme che le franzesi; adempiemmolequandotornando Lautrech co' svizzeri alla guerragli mandammo inostri aiuti; abbiamle trapassate quandopasciuti da lui con vanesperanze e promesseabbiamo aspettato tanti mesi l'esercito suo. Sela volontà lo ritieneperché cerchiamo noi disopportare la pena delle sue colpe? se la necessitànon bastaegli questa ragionequando bene fussimo obbligatia giustificarci?Non so di che siamo piú oltre debitori al re di Francia poichéprima siamo stati abbandonati noi: non so a che piú oltre siatenuto uno confederato per l'altroné che possino giovare alui i nostri pericoli. Non affermo che i capitani di Cesare pensino amuoverci al presente la guerrama né ardirei affermare ilcontrarioconsiderato la necessità che hanno del nutrire loesercito nello stato degli altrila speranza che potrebbono avere ditirarci per questa via alla loro congiunzionemassime se il re diFrancia non passerà: di che chi dubita non ne dubitaagiudizio miosenza ragioneper la loro negligenzaper essereesausti di danariper la guerra che hanno di là da' monti condue tali príncipi; né può essere ripreso chi diquesto presta fede al vostro imbasciadore perché gliimbasciadori sono l'occhio e l'orecchio degli stati. Replico insommail medesimoche con sommo studio debbiamo cercare che di FrancescoSforza sia il ducato di Milano: donde ne nascein conseguenzachesia piú utile quella deliberazione che ci può condurrea questo effetto che quella che totalmente ce ne esclude. -

L'autoritàdi due tali uomini e la efficacia delle ragioni aveva renduto piúpresto piú perplessi che piú resoluti gli animi de'senatoridonde il senato allungava quanto piú poteva ildeterminarsiinducendolo a questo la natura lorola gravitàdella cosail desiderio di vedere piú innanzi de' progressidel re di Francia; e ne erano anche causa molte difficoltà chenascevano di necessità nella concordia con l'arciduca.Accresceva la sospensione degli animi loro che il re di Franciapreparandosi sollecitamente alla guerraavea mandato il vescovo diBaiosa a pregargli che differissino tutto il mese prossimo adeliberareaffermando che innanzi alla fine del termine passerebbecon maggiore esercito che mai avesse veduto in Italia l'etàpresente. Nella quale ambiguità mentre che stannoessendomorto Antonio Grimanno doge di quella cittàfu eletto in suoluogo Andrea Grittiche piú presto nocé alle cosefranzesi che altrimenti: perché eglicollocato in quel gradolasciata meramente la deliberazione al senatonon volle mai piúné con parole né con opere dimostrarsi inclinato inparte alcuna. Finalmentemandando il re al senato continuamenteuomini nuovi con offerte grandissimee intendendosi che per lemedesime cagioni venivano Anna di Memoransiche fu poi granconestabile di Franciae Federico da Bozzolegli oratori cesareo einghilesia' quali la dilazione era sospettissimaprotestorono alsenato che dopo tre dí prossimi si partirebbonolasciandoimperfette tutte le cose. Perciò il senato necessitato adeterminarsie togliendo fede alle promesse del re di Francial'essere stati tanti mesi nutriti con vane speranzee molto piúquel che in contrario affermava lo imbasciadore residente appresso aluideliberò d'abbracciare l'amicizia di Cesarecol qualeconvenne con queste condizioni: che tra CesareFerdinando arciducad'AustriaFrancesco Sforza duca di Milano da una parte e il senatoviniziano dall'altra fusse perpetua pace e confederazione: dovesse ilsenato mandarequando fusse il bisognoalla difesa del ducato diMilano secento uomini d'arme secento cavalli leggieri e seimilafanti; il medesimo per la difesa del regno di Napolima questo incaso fusse molestato da' cristianiperché i vinizianirecusavano obligarvisi generalmente per non irritare contro a sél'armi de' turchi: la medesima obligazione avesse Cesareper ladifesa contro a qualunquedi tutte le cose che i vinizianipossedevano in Italia: pagassino all'arciduca in otto anniper contodi antiche differenze e concordia fatta a Vuormaziadugentomiladucati. Le quali cose come furno convenuteil senatoavendo giàrimosso dagli stipendi suoi Teodoro da Triulzielesse governatoregenerale della sua miliziacon le condizioni medesimeFrancescoMaria duca di Urbino.

Cap.iii

Tentatividel pontefice di unire in concordia i príncipi cristianicontro i turchi. Come il cardinale di Volterra cade in disgrazia delpontefice. Confederazione di príncipi di cui fa parte ilpontefice. Attentato contro Francesco Sforza. Moto nella fortezza diValenza. Defezione del connestabile di Borbone. Spedizione delBonnivet in Italia; occupazione delle terre alla destra del Ticino.Sorpresa di Prospero Colonna: sue prime deliberazioni. I francesivicino a Milano. Morte di papa Adriano.

Fugiudicio quasi comune degli uomini per tutta Italia che il re diFranciavedendo dovergli essere contrari quegli aiuti i quali primigli doveano essere propiziavesse a desistere d'assaltare per quelloanno il ducato di Milano; nondimenointendendosi che non solamentecontinuava di prepararsi ma che già cominciava a muoversil'esercitoquegli che temevano della vittoria sua feciono insiemeper resistergli nuova confederazioneinducendo il pontefice aesserne capo e principale. Aveva il ponteficedesideroso della pacecomunericercatoquando venne in ItaliaCesare il re di Francia eil re di Inghilterra cheatteso i successi prosperi de' turchideponessino l'armi tanto perniciose alla republica cristianae checiascuno spedisse a Roma agli oratori suoi sopra queste cosepienissima autorità; la qual cosa da tutti fu nell'apparenzaeseguita prontamentema cominciato poi a trattarsi le coseparticolarmente fu conosciuto presto che erano fatiche vaneperchénel fare la pace si trovavano infinite difficoltà: la treguaper tempo breve non piaceva a Cesaresenza che pareva quasi di niunautilità; e il re di Francia la rifiutava per tempo lungo. Ondeil ponteficeo ridestandosi in lui l'antica benivolenza verso Cesareo parendogli che i pensieri del re di Francia fussino alieni dallaconcordiacominciò piú che il solito a inclinarel'orecchie a coloro che lo confortavano a non permettere che da quelre fusse di nuovo posseduto il ducato di Milano. Da queste cagionipreso animo il cardinale de' Mediciil quale primatemendo lepersecuzioni degli emuli suoi e specialmente del cardinale diVolterra a cui pareva che il pontefice credesse moltodimorava aFirenzevenne a Romaricevuto con grandissimo onore quasi da tuttala corte: ovecongiuntamente col duca di Sessa imbasciadore diCesare e con gli oratori del re di Inghilterrafavoriva questamedesima causa appresso al pontefice.

Nelqual tempo la mala fortuna del cardinale di Volterrache quasisempre perturbava la prudenza l'astuzia e gli artifici suoipartoría lui danno e pericoloe al cardinale de' Medici facoltà diacquistare maggiore grazia e autorità appresso al ponteficeinclinato prima molto al volterranoperché con la suasagacità e con parole non meno nervose che ornate gli aveaimpresso nell'animo di essere molto desideroso della pace universaledella cristianità. Conciossiachéessendo statoperopera del duca di Sessaritenuto a Castelnuovo appresso a RomaFrancesco Imperialesbandito di Sicilia che andava in Franciaglifurno trovate lettere scritte dal cardinale predetto al vescovo diSantes suo nipoteper le quali confortava il re di Francia adassaltare con armata marittima l'isola di Siciliaperchévolgendosi l'armi di Cesare a difenderla gli sarebbe piúfacile a ricuperare il ducato di Milano: della qual cosamaravigliandosi molto il pontefice e riputandosi ingannato dalle suesimulazioniincitandolo ancora ardentemente il duca di Sessa e ilcardinale de' Medicichiamatolo a sé lo fece custodire inCastel Sant'Angelo; e dipoi deputò giudici a esaminarlo comereo d'avere violato la maestà pontificaleconcitando il re diFrancia ad assaltare coll'armi la Sicilia feudo della sediaapostolica. Nella quale cognizione benché si procedesselentamentee finiti gli esamini gli fusse data facoltà didifendersi per avvocati e procuratorinon si procedé peròcon la medesima moderazione alla roba; perchéil dístesso che il cardinale fu ritenutoil pontefice occupò tuttele ricchezze che erano nella sua casa. Venne ancora a luceper laincarcerazione del medesimo Imperialeun trattato che per il re diFrancia si teneva in Sicilia; per il quale furno squartati il contedi Camerata il maestro portulano e il tesoriere di quella isola.

Perle quali cose il pontefice commosso tanto piú contro al re diFranciae cominciando quotidianamente a consultare col cardinale de'Medicifinalmenterisonando ogni dí piú la fama dellavenuta de' franzesideliberando di opporsi loronarrò nelcollegio de' cardinalifatta prima la solita prefazione de' pericoliimminenti dal principe de' turchiil re di Francia solo esserecagione che dalla cristianità non si rimovesse tanto pericoloperché pertinacemente ricusava di consentire alla tregua chesi trattava; e che appartenendo a luicome a vicario di Cristo esuccessore del principe degli apostoliprovedere quanto per lui sipoteva alla conservazione della paceil zelo della salute comune locostrigneva a unirsi con coloro che s'affaticavano acciò cheItalia non si turbasseperché dalla quiete o dalla turbazionedi quella nasceva la quiete o la turbazione di tutto il mondo. Inconformità del quale ragionamentoed essendo per tale effettovenuto il viceré di Napoli a Romafu stipulatail terzo díd'agostolega e confederazione tra il ponteficeCesareil red'Inghilterral'arciduca d'Austriail duca di Milanoil cardinalede' Medici e lo stato di Firenze congiunti insiemee i genovesiperla difesa d'Italiada durare durante la vita de' confederati e unoanno dopo la morte di qualunque di loro; riservato luogo a ciascunodi entrarvipure che fusse accettato dal ponteficeCesareil red'Inghilterra e lo arciducae desse cauzione di usare nelle querelesue la via della ragione e non dell'armi. Congregassesi per opporsicontro a chi volesse assaltare in Italia alcuno de' collegatiunoesercitonel quale il pontefice mandasse dugento uomini d'armeCesare ottocentoi fiorentini dugentoil duca di Milano dugento edugento cavalli leggieri; provedessino il ponteficeCesare e il ducadi Milano l'artiglierie e le munizioni con tutte le speseappartenenti: cheper soldare i fanti necessari all'esercito e perfare l'altre spese che bisognano nelle guerrepagasse il papaciascuno mese ducati ventimilaaltrettanti il duca di Milano e lamedesima somma i fiorentinipagassene Cesare trentamilatra GenovaSiena e Lucca diecimilarestando però i genovesi obligatiall'armata e all'altre spese necessarie per la difesa loro; allaquale contribuzione fussino tutti obligati per tre mesie per quellotempo piú che dichiarassino il ponteficeCesare e il red'Inghilterra: fusse in facoltà del pontefice e di Cesaredichiarare chi avesse a essere capitano generale di tutta la guerra;il quale si trattava che fusse il viceré di Napolisforzandosene massime il cardinale de' Medicil'autorità delquale appresso a' cesarei era grandissimaper l'odio che avevacontro a Prospero Colonna. A questa confederazione fu congiunto permodo indiretto il marchese di Mantovaperché il pontefice e ifiorentini lo condussono per loro capitano generale a spese comuni.

Manon raffreddorno giàné la lega fatta da' vinizianicon Cesare né l'unione di tanti príncipi fatta contanti provedimentil'ardore del re di Francia; il qualevenuto aLionesi preparava per passare con grandissimo esercitopersonalmente in Italia: ove giàper la fama della venutasuacominciavano ad apparire nuovi tumulti. Lionello fratello diAlberto Pio ricuperò furtivamente la terra di Carpicustoditanegligentemente da Giovanni Coscia prepostovi da Prospero Colonna; acui Cesarespogliatone Alberto come rebelle dello imperiol'avevadonata. Ma maggiore accidente fu per succedere nel ducato di Milanoperché cavalcando in su una muletta Francesco Sforza da Monciaa Milanoed essendosicome facevano per l'ordinarioallontanati dalui i cavalli della sua guardia perché il principe fusse menonoiato dalla polverela quale per i tempi estivi si sollevagrandissima da' cavalli nelle pianure di LombardiaBonifazioViscontegiovane noto piú per la nobiltà dellafamiglia che per ricchezze onori o altre condizionimosso per losdegno conceputo perché pochi mesi innanzi era stato ammazzatoper opera di Ieronimo Moronenon senza volontà(cosísi credeva) del ducaMonsignorino Visconte in Milano; essendopropinquo a lui in su uno cavallo turcocome furono pervenuti a unoquadriviomosso con impeto il cavallol'assaltò con unopugnale per percuoterlo in sulla testa; ma movendosi per paura lamuletta né stando anche fermo per la ferocia sua il cavalloeBonifazio per essere di maggiore statura e per l'altezza del cavallosopraffacendolo moltoil colpo destinato alla testa lo percosse insulla spalla. Trasse dipoi la spada fuora per dargli un altro colpo.Ma la ferita fu piccolissima e di taglio; ed essendo giàconcorsi molti si messe in fugaseguitato dai cavalli della guardiama avanzandogli per la velocità del suo cavallo si salvònel Piemonte. Cosase allo ardire e alla industria fusse statacorrispondente la fortunacertamente accaduta rarissime volte eforse non maiche uno uomo solo avessea mezzodíin sullastrada publicaammazzato uno principe sí grandeaccompagnatoda tante armi e da tanti soldatiin mezzo dello stato suoe sifusse fuggito a salvamento. Ritirossi il duca cosí ferito aMoncianon potendo credere che in Milano non fusse congiurazione:dove Prospero e il Moroneper il medesimo sospettoavevano subitofatto ritenere il vescovo di Alessandria fratello di Monsignorinoilqualemessosi volontariamente in mano di Prospero sotto la fede suaed essendo esaminatofu poi mandato prigione nella fortezza diCremona; essendo vari i giudizi degli uomini se e' fusse statoconscio o no di questa cosa. Succedettequasi ne' medesimi díche Galeazzo da Birago seguitato da altri fuorusciti dello stato diMilanocon l'aiuto di alcuni soldati franzesi che già eranonel paese del Piemontefu dal castellano della fortezza di Valenzadi nazione savoinointrodotto nella terra: il che inteso da Antoniode Levail quale con una parte de' cavalli leggieri e de' fantispagnuoli era in Astivi andò subito a campo; ed essendo laterra debolela quale gli inimici non avevano avuto tempo aripararepiantate le artiglieriela espugnò il secondo díe dipoi battuta la fortezza ebbe il medesimo successo: restandonell'una e l'altra espugnazione morti circa quattrocento uomini emolti prigionitra' quali Galeazzo capo di questo moto.

Passavadel continuo i monti l'esercito franzesedietro al quale aveadestinato passare il re; ma turbò il suo consiglio lacongiurazione che venne a luce del duca di Borbone. Il qualeper lanobiltà del sangue regio per la grandezza dello stato e per ladegnità dell'ufficio del gran conestabile e per la fama moltoprospera del suo valore essendo il maggiore e piú stimatosignore di tutto il regno di Francianon era giàpiúanni innanziin grazia del ree però non promosso a quegligradi né introdotto a quegli segreti che meritava tantagrandezza; ma si era aggiunto che la madre del resuscitate certeragioni antichegli dimandava nel parlamento di Parigi il suo stato:donde eglipoiché vedde non essere posto dal re a questa cosaalcuno rimediopieno di indegnazionesi eraper mezzo di Beurengran cameriere e molto confidato di Cesareconfederato pochi mesiinnanzi occultissimamente con Cesare e col re d'Inghilterra; conpatto cheper stabilire le cose con vincolo piú fedeleCesare gli congiugnesse Elionora sua sorellarimasta per la morte diEmanuello re di Portogallo senza marito. La esecuzione de' consigliloro era fondata in sull'avere destinato il re Francesco di andarepersonalmente alla guerranella quale deliberazione perchéperseverasse gli avea il re di Inghilterra artificiosamente datasperanza di non molestare la Francia per quello anno. Doveva Borbonesubito che il re avesse passati i montientrare nella Borgogna condodicimila fantiche occultissimamente co' danari di Cesare e del redi Inghilterra si preparavano; né dubitavaper l'occasionedella assenza del re e per la grazia universale che aveva per tuttoil reame di Franciadovere fare grandissimi progressi. Di quello ches'acquistava avea a ritenere per sé la Provenzapermutando iltitolo di conte in titolo di re di Provenza; la quale conteaappartenersegli per ragioni dependenti dagli Angioini pretendeva:l'altre cose tutte doveano pervenire nel re di Inghilterra. Peròper escusarsi dal seguitare in Italia il refermatosi a Molins terraprincipale del ducato di Borbonefingeva di essere ammalato. Dondepassando il requando andava a Lioneal quale era giàpervenuto qualche leggiero indizio di questo trattatonon dissimulòseco di essere stato procurato da altri di mettergli questo sospettoma potere in lui sopra ogn'altra cosa l'opinione tante volteesperimentata della sua virtú e della sua fede; donde il ducaringraziandolo efficacissimamente che con tanta libertà esincerità di animo avesse parlato secoe ringraziando Dio chegli avesse conceduto uno tale rela gravità del quale nonavessino forza di sollevare le accusazioni e le calunnie falsegliaveva promesso checome prima fusse libero (il che per laleggierezza della infermità sperava dovere essere frapochissimi dí)andrebbe a Lione per accompagnarlo dovunqueandasse. Ma come il re fu venuto a Lioneinteso che a' confini dellaBorgogna si accumulavano fanti tedeschie aggiunto a questo sospettoagli indizi avuti prima e allo essersi intercette certe lettere chedavano lume piú chiarofece incarcerare San ValeríBoisí fratello della Palissail maestro delle posteilvescovo d'Autunconsci della congiurazionee mandò subito ilgran maestro con cinquecento cavalli e quattromila fanti a Molins aprendere Borbone; ma tardiperché egligiàinsospettito e dubitando non fussino guardati i passiera in abitoincognito passato occultissimamente nella Francia Contea. Per il qualcaso tanto importante deliberò il re non proseguire l'andatasua; e nondimenoritenute appresso a sé parte delle gentipreparate alla nuova guerramandò in Italia [monsignore] diBonivet ammiraglio di Franciacon mille ottocento lancie seimilasvizzeri dumila grigioni dumila vallesi seimila fanti tedeschidodicimila franzesi e tremila italiani: col quale esercito passato imontie accostatosi a' confini dello stato di Milanofecedimostrazione di volere dirizzarsi a Novara. Per il che quella cittànon munita né di soldati né di ripari a sufficienzasiarrendé con licenza del duca di Milanoritenendosi per lui lafortezza; il medesimoe per la medesima cagionefece Vigevano:donde tutta la regione che è di là dal fiume del Tesinopervenne in potestà de' franzesi.

Nonaveva creduto Prospero Colonnagià implicato in lungainfermitàche il re di Franciaessendosi confederati controa lui i viniziani e dipoi venuta a luce la congiurazione del duca diBorboneperseverasse nella deliberazione di assaltare per quelloanno il ducato di Milano; perciò non avea con la diligenza ecelerità conveniente raccolti i soldati alloggiati in variluoghiné fatto i provedimenti necessari a tanto movimento.Oraapprossimandosi gli inimicichiamava con sollecitudine gentiintento tutto a proibire il passo del Tesino; il chenon siriducendo alla memoria quel che al fiume dell'Adda era succeduto alui contro a Lautrechsi prometteva con tanta confidenza. Diriordinare i bastioni e i ripari de' borghi di Milanode' quali lamaggiore parte non essendo stati attesi erano quasi per terra[non]poneva alcuna sollecitudine. Congregava l'esercito in sul fiumetraBiagrassaBufaloro e Turbicosito comodo a quello effetto eopportuno ancora a Pavia e a Milano. Ma i franzesi che erano venuti aVigevanoavendo trovato l'acque del fiume piú basse che nonera stata l'opinione di Prosperocominciorono a passareparte aguazzo parte per barchequattro miglia lontano dal campo imperiale;gittato anche uno ponte per l'artiglieriein luogo dove nontrovorono né guardia né ostacolo alcuno. PeròProsperomutati per questo inopinato accidente necessariamente tuttii consigli della guerramandò subito Antonio da Leva concento uomini d'arme e tremila fanti alla guardia di Pavia; egli colresto dello esercito si ritirò in Milanodove fatto consiglioco' capitanitutti vennono concordemente in questa sentenza: nonessere possibilese i franzesi si accostavano senza indugiodifendere Milanoperché i bastioni e ripari de' borghistrascurati dopo l'ultima guerraerano la maggiore parte caduti perterrae la troppa confidenza che aveva avuto Prospero di difendereil passo del Tesino era stata cagione che non si fusse data opera arassettargli; né era possibile condurglise non in ispazio ditre díin grado da potergli difendere; doversi faredeliberazione aspettante all'uno caso e all'altro; fare lavorare consomma sollecitudine a' riparie nondimeno stare preparati a partirsi(se i franzesi venissino il primo il secondo o il terzo dí)per ritirarsi in Comose i franzesi venivano per la via di Pavia; seper il cammino di Comoandare a Pavia. Ma il fato avverso afranzesiottenebrando come altre volte aveva fatto lo intellettoloronon permesse che usassino cosí fortunata occasione.Perchéo per negligenza o per raccorre tutto l'esercitodelquale non piccola parte era rimasta indietrosoprastettono tre díin su il fiume del Tesino; donde dipoiunitisi tutti insieme traMilanoPavia e Binascovennono (credo) a Santo Cristoforo a unomiglio presso a Milanotra porta Ticinese e porta Romana e avendofatte le spianatee passata l'artiglieria nella vanguardiafecionodimostrazione di volere combattere la terra; e nondimenonon tentatoaltrofermorono in quel luogo l'alloggiamento; dal quale levatisipochi dí poi alloggiorono alla badia di Chiaravalledondeguastorono le mulina e tolseno l'acqua a Milanopensando piúad assediarlo che ad assaltarlo: perchéoltre allamoltitudine abbondantissima d'armi (nella quale si dicevano esseremille cavalli utili) e con la consueta disposizione contro al nomedel re di Franciaerano allora in Milano circa ottocento uominid'arme ottocento cavalli leggieri quattromila fanti spagnuoli seimilacinquecento tedeschi e tremila italiani.

Inquesto stato delle cose passò all'altra vitail quartodecimodí di settembreil pontefice Adrianonon senza incomodo de'collegatial favore de' quali mancava oltre alla autoritàpontificale la contribuzione pecuniaria alla qualeper i capitolidella confederazioneera tenuto. Morílasciato di séo per la brevità del tempo che regnò o per essereinesperto delle cosepiccolo concetto; e con piacere inestimabile ditutta la cortedesiderosa vedere uno italianoo almanco nutrito inItaliain quella sedia.

 

Cap.iv

Disordinie fazioni di guerra nel modenese e nel reggiano. Il presidio diModena rafforzato con fanti spagnuoli contro il duca di Ferrara.Pronti provvedimenti del commissario Guicciardini per difendere lacittà. Reggio e Rubiera occupate dal duca di Ferrara.

Perla morte del pontefice cominciorno a perturbarsi le terre dellaChiesa; nelle qualiinnanzi alla infermità suaeranocominciate a dimostrarsi piccole faville di futuro incendioatto adampliarsi vivente lui separte per caso parte per altrui diligenzanon vi fusse stato ovviato. Perché avendo il collegio de'cardinaliinnanzi che il pontefice passasse in Italiacommessa adAlberto Pio la custodia di Reggio e di Rubierasi tenevano ancora dalui le fortezze di quegli luoghi; avendocon vari colori e diversescuse e per l'occasione della poca esperienza di Adrianoschernitomolti mesi la instanza fatta da lui che gliene restituisse. Peròera stato trattato chesubito che apparisse il principio dellaguerraRenzo da Ceriseguitato da alcuni cavalli e molti fantisifermasse in Rubieraper correre con la opportunità di quelluogo la strada romana tra Modena e Reggioa effetto di impedire idanari e gli spacci che da RomaNapoli e Firenze andavano a Milano;e procedere secondo l'occasione a maggiori imprese. Ma avendoFrancesco Guicciardinigovernatore di quelle cittàpresentito a buona ora questo disegnoe dimostrato al pontefice ache fini tendessino le mansuete parole e prieghi di Alberto e ilpericolo in che incorrerebbe tutto lo stato ecclesiastico da quellaparteaveva tanto operato che il ponteficesdegnato e con minacciee dimostrazioni di volere usare la forzaaveva costretto Alberto arestituirgliene; il qualenon essendo ancora le cose franzesi tantoinnanzinon aveva avuto ardire di opporsegli. Ma avendo dipoi i Piirecuperato la terra di CarpiProsperodesideroso di racquistarlafu autore che in nome della lega si conducesse Guido Rangone concento uomini d'arme cento cavalli leggieri e mille fantie che siordinasse che mille fanti spagnuoliche il duca di Sessa avevasoldati a Roma perché andassino a unirsi con gli altri aMilanosi fermassino per la medesima cagione a Modena. Le quali cosementre si preparavanoRenzo da Ceria cui per la sua autoritàe per la speranza del predare concorrevano molti cavalli e fanticominciò a correre la strada e a perturbare tutto il paese.Assaltò anchegià morto il ponteficeuna notteall'improviso con dumila fanti la terra di Rubiera; ma difendendolagli uomini francamenteed essendo molto difficile il pigliarlad'assaltonon l'ottenne: ove fu preso Tristano Corsouno de'capitani de' suoi fanti.

Lequali forzeraccolte per diverse cagioni in questi luoghidettonooccasione a cose maggiori. Perchémorto il ponteficeil ducadi Ferrarastracco dalle speranze che gli erano state date dellarestituzione di quelle terree considerando per la assoluzioneottenuta da Adriano essere manco difficile ottenere la venia dellecose tolte che la restituzione delle perdutee persuadendosi quelmedesimo che comunemente si credeva per tuttiche per le discordiede' cardinalicresciute continuamente dopo la morte di Lioneavessemolto a differirsi la elezione del pontefice futurodeliberòdi attendere alla recuperazione di Modona e di Reggio: alla qualcosaoltre all'altre opportunitàlo invitava la comoditàdi unire a sé Renzo da Ceriche già avea congregatidugento cavalli e piú di dumila fanti. Però il ducasoldati tremila fanti e mandati a Renzo tremila ducatisi mosseverso Modenanella qual città non era altro presidio che ilconte Guido Rangone colle genti con le quali era stato condotto dallalega; e benché nel popolo fusse esoso il dominio della casa daEstinondimenoessendo le mura deboli e fabbricate senza fianchi almodo anticoripiene le fossené fattavi già moltotempo alcuna riparazionepareva bisognasse maggiore presidio. Peròper il governatore e per il conteche deposte alcune dissensionistate tra loro procedevano unitamentesi faceva estrema diligenzaperchésecondo la deliberazione fatta primaentrassino inModona i fanti spagnuoli; i quali arrivati già in Toscanacamminavano lentamentefacendo varie e ambigue risposte circa alvolere fermarsi in Modena o andare innanzi: purecon molti prieghifurono contenti finalmente di entrarvi. La qual cosa intesa dal ducadi Ferrarache con dugento uomini d'arme quattrocento cavallileggieri e tremila fanti era venuto al Finalelo ritenne quasi dalprocedere piú oltre; purenon essendo la cosa interaesperando potergli almeno coll'unione di Renzo da Ceri succedere [di]ottenere Reggionon disperando ancorache per la difficoltàde' pagamenti avesse a nascere ne' fanti degli inimici qualchedisordinedeliberò di andare innanzi. Né erano questesperanze concepute leggiermenteperché non facendo ilcollegio de' cardinalia cui il governatore avea con celeritàsignificato i pericoli imminentiprovedimento alcunoanzinon chealtronon rispondendo a' messi e alle lettere ricevutenon vi erafacoltà di potere co' danari publici pagare i soldati; e persorte era venuto al dí che gli spagnuoli doveano ricevere lostipendio del secondo mesee quando pure si pagassino tutti niuna viera speranza di soldarne maggiore numero; dividendo questi tra Modonae Reggioniuna delle due città rimaneva sicura; néerano in Reggio soldatie la disposizione del popolo diversa daquella de' modonesi. Nelle quali difficoltà avendo ilgovernatore e il conte Guido deliberato di conservare Modenaprincipalmentecome terra piú importante per la vicinitàdi Bolognapiú congiunta collo stato della Chiesa e ove piúfacilmente potevano condursi i soccorsi e i provedimentimandarono aReggio cinquecento fanti sotto Vincenzio Maiato bolognesesoldatodel conte Guido; al quale commessono che non si potendo difendere laterra si ritirasse nella cittadella: la quale perché speravanoche si difendesse almeno per qualche dímandò ilgovernatore danari a Giovambatista Smeraldo da Parma castellanoperché chiamasse trecento fanti e pregòbenchéinvanola comunità di Reggio chetrattandosi non meno dellasicurtà loro che dello stato della Chiesaprestassino alcunaquantità di danari per soldarne altri fanti. Al pericolo diModona non potendo per mancamento di danari provedere altrimentiilgovernatoreconvocati molti cittadini espose loro le cose essereridotte in grado chenon si pagando i fanti spagnuoli néavendo danari per provedere a molte altre speseera necessariolasciare cadere la terra nelle mani del duca di Ferrara; la quale sevi fusse la provisione de' danari si difenderebbené esserealtro modo di provedervi se essi medesimi non soccorrevano al bisognopresenteperché si rendeva certo che a quello che occorresseper l'avvenire o il nuovo pontefice o il collegio de' cardinaliprovederebbe. Non essere in quella congregazione alcuno che nonavesse provato il dominio del duca di Ferrara e quello della Chiesa;peròquale de' due fusse piú amabile o piúacerbo essere superfluo il dimostrarlocon gli argomenti o coldiscorso delle ragionia coloro a' quali l'aveva insegnato inmemoria. Pregargli solamente che non gli movesse quella piccolaquantità di danari che si dimandava loro in prestanzaperchéquestoe quanto allo interesse publico e quanto all'utilitàde' privatiera cosa di piccolissima considerazione a comparazionedello interesse di avere uno signore che piú lorosodisfacesse. Le quali parole ricevute volentieri negli animi diquegli che avevano la medesima inclinazioneproviddonocondistribuzione fattatra loro medesimi il medesimo díacinquemila ducati: co' quali avendo pagati gli spagnuoli e fattoaltri provedimentiniuno timore aveano dell'armi del duca diFerrara.

Ilqualenon presumendo delle forze proprie piú che siconvenisselasciata Modona a mano sinistra ed essendosi unito seconel camino Renzo da Cerisi accostò a Reggio; la quale cittàsubitamente l'accettòe il dí seguente il castellanoaspettati pochi colpi d'artiglieriagli dette la cittadellaallegando per sua giustificazione che Vincenzio Maiato chiamato dalui aveva ricusato di entrarvie che i danari mandatigli dalgovernatore gli erano stati tolti appresso a Parmaove avea mandatoper soldare i fanti. Dal ducacome prima ebbe ottenuto Reggiosipartí Renzo da Cerichiamato dall'ammiraglio di Francia; onderimasto con pochi fantipoi che per alcuni dí fu dimorato insul fiume della Secchiapose il campo alla terra di Rubiera: allacustodia della quale era stato diputatodal conte Guidoil Vecchioda Coniano con dugento fanti. Né avea il duca se non piccolasperanza di ottenerlaperché il castello è piccolo emolto munito per la larghezza e profondità delle fosseeperché alle mura che lo circondano si unisce per tutto unoterrato grande; e nondimenoavendo il dí seguente cominciatoa battere con l'artiglierie il muro contiguo alla portail capitanode' fantio secretamente convenuto o spaventatoperché giàgli uomini del castello cominciavano a sollevarsigittatosi dallemura si appresentò innanzi al ducaponendo in arbitrio suo laterra e se stesso: il quale entrato subito nella terraaccostatel'artiglierie alla roccaspaventò in modo il castellanochesi diceva Tito Tagliaferro da Parmachebenché la roccafusse forte e sufficientemente proveduta d'uominid'artiglierie e ditutte le cose necessarienon aspettato pure un colpo d'artiglieriala dette innanzi alla notte. La quale ricevutail duca fermòl'esercitosperando che per la vacazione lunga della sedias'avessino a dissolvere i fanti che erano in Modonae nutrendosi neltempo medesimocome di sotto si diràdi speranza d'altrecose.

 

Cap.v

Ifrancesi occupano Lodi; vani tentativi contro Cremona. Fatti diguerra in Lombardia; fazioni sfavorevoli ai francesi. Accordi fraProspero Colonna ed il duca di Ferrara per la cessione di Modenavenuti a conoscenza del commissario Guicciardini. Monza ricuperatadagli imperiali; disposizione delle forze avversarie. Vano tentativodi tregua; ritirata dei francesi.

Inquesto mezzoBonivetto disperato di potere per forza prendereMilanoalloggiato a San Cristoforo tralle porte Ticinese e Romanaluogo circondato da acque e da fossioccupata Moncia avea mandatomonsignore di Baiardo e con lui Federico da Bozzole con trecentolancie e ottomila fanti a prendere Lodi; ovecon cinquecento cavallie cinquecento fanti della condotta che avea dalla Chiesa e da'fiorentiniera venuto il marchese di Mantova: il quale temendo di semedesimo si ritirò a Pontevicoe la città abbandonataricevette dentro i franzesi. Preso LodiFederigogittato il pontein su Addapassò con le genti medesime nel cremonese persoccorrere il castello; il quale stretto dalla famenon sapendoquegli che vi erano dentro che in Italia fusse passato l'esercito delresi erain quegli medesimi dí che l'ammiraglio siappropinquò a Milanoconvenuto di arrendersi se per tutto ildí vigesimo sesto di settembre non fussino soccorsi.Accostossi Federico al castelloe poi che l'ebbe rinfrescato divettovaglie e d'altri bisogni deliberò di assaltare la terraconfidandosi nell'avervi Prospero Colonna lasciato piccolo presidio:benché il marchese di Mantova v'avesseper questo timoremandato cento uomini d'arme cento cavalli leggieri e quattrocentofanti. Battuto che ebbe Federigo coll'artiglierie le muradette labattaglia invanoe dipoi fatta con l'artiglierie maggiore ruinadette un'altra battaglia ma col successo medesimo; onde si ridusse aSan Martinoaspettando Renzo da Ceri che con dugento cavalli eduemila fanti veniva del reggiano: il quale come fu venutoritornatialle mura le batterono per molte ore con grande progressomaimpediti da grandissime pioggie e conoscendo potere difficilmenteottenere la vittoria non tentorno piú oltre. Nel qual díMercurioco' cavalli leggieri de vinizianile genti de' quali siunivano a Pontevicopassato l'Oglio corse insino a' loroalloggiamenti. Tentate queste cose invanoe avendo nell'esercitostrettezza di vettovagliee risolvendosi i fanti condotti da Renzoperché non aveano ricevuti altri danari che quegli che aveadati a Renzo il duca di Ferrarapartitisi da Cremonaandorno acampo a Sonzinoma con evento non dissimile. Saccheggiorno dipoi laterra di Caravaggioove dimororno alcuni dí: dalla qualedimora nasceva o scusa o impedimento al senato viniziano di nonmandare a Milano gli aiuti a' quali erano tenuti; perchéscusata la lentezza del raccorre le genti per la credenza statacomune a' capitani di Cesare cheper la separazione loro dal re diFranciai franzesi quell'anno non passerebbonoaffermava dimandargli come prima quegli che erano nel cremonese avessinoripassato il fiume dell'Adda.

Inquesto stato delle cosediffidando ciascuna delle parti di porre concelerità fine alla guerraniuno tentava di mettere inpericolo la somma delle cose. L'ammiraglionon pensandoall'espugnazione di Milanoavea collocata la speranza o chegl'inimici s'avessino a dissolvere per mancamento di danari o chefussino costrettiper carestia di vettovaglieabbandonare Milano;ove con tutto fusse copia di frumentonondimenoin tanto popolosacittàla moltitudine di coloro che se n'aveano a nutrire eraquasi innumerabile; e avendo egli levate l'acque e impediti i mulinivi era difficoltà grande di macinare. Per questa cagionerichiamate le genti dalla Ghiaradadda le fece fermare tra Moncia eMilanoacciò che i milanesii quali erano privati dellevettovaglie che solevano concorrere per le strade di Lodi e di Paviarimanessino privati eziandio di quelle che solevano ricevere dalmonte di Brianza. Ma non bastavano queste cose a fare l'effettodesiderato dallo ammiraglio. Da altra parteper consiglio diProspero Colonnacon tutto che avesse oppresso il corpo da graveinfermità né meno affaticato l'animonon potendotollerareper la cupidità di conservarsi il primo luogolavenuta del viceré di Napolisi faceva diligenza perinterrompere le vettovaglie agli inimicile quali venivano dallaparte di là dal fiume del Tesinoperché la fortezzadel sito nel quale alloggiavano non lasciava speranza alcuna dicacciargli con l'armi. Perciò procurò Prospero che inPavia entrasse il marchese di Mantova. Per la venuta del qualeifranzesi temendo del ponte loro gittorno un altro ponte a Torligodistante da Pavia venticinque miglia. Sollecitava oltre a questoVitelloche con la compagnia delle genti d'arme che avea da'fiorentini (i quali nel principio della guerra l'aveano mandato aGenova) e con tremila fanti pagati da' genovesi avea occupatoeccetto Alessandriatutto il paese di là dal Popassasse ilfiumeper turbare le vettovaglie che della Lomellina a' franzesi siconducevano. Ma questo non consentí il doge di Genovatemendoalle cose proprie per la propinquità dell'Arcivescovo Fregosoil quale era in Alessandria. E perché i vinizianile gentide' quali aveano passato l'Oglioricusavano per il pericolo diBergamo passare Addamentre che quella parte de' franzesi che erapartita da Caravaggio dimorava appresso a MonciaProspero ottenneche a Trezzo mandassino quattrocento cavalli leggieri e cinquecentofanti per impedire le vettovaglie con le quali si sostentavano.

Allequali cose mentre che da ciascuna delle parti si attende non sifaceva altre azioni di guerra che battaglie leggiereprede escorrerie; nelle quali quasi sempre rimanevano inferiori i franzesie talvolta con danno memorabile. Conciossiacosaché essendouscitoper fare scorta alle vettovaglie che venivano a Milano daTrezzoGiovanni de' Medici con dugento uomini d'arme trecentocavalli leggieri e mille fantiincontratosi in ottanta lanciefranzesila maggiore parte della compagnia di BernabòViscontee messosi a seguitargli e poi astutamente ritirandosiglicondusse in una imboscatafatta da sédi cinquecentoscoppiettierie rottigli con poca difficoltà ne ammazzòo prese la maggiore parte. Similmente in una altra battaglia Zuccheroborgognone roppe sessanta uomini d'arme della compagnia del grandescudiere. Assaltorno ancora piú volte i fanti spagnuoli ifanti franzesi che erano a guardia delle trincee che si facevano perandare coperti insino a' riparie ne ammazzorno non piccolo numero;e nel tempo medesimo Paolo Luzzascoche con cento cinquanta cavallileggieri era rimasto a Pizzichitonescorrendo per tutto il paesecircostantedava molestia gravissima a quegli che erano in Cremona.Né succedevano allo ammiraglio piú felicementel'insidie che l'altre cose. Perché essendosi occultamenteconvenuto con Morgante da Parmauno de' capi di squadra di Giovannide' Mediciessendone solamente conscio Gianniccolò de' Lanziuno de' suoi cavalli leggierie quattro altriche come prima glitoccasse la guardia del bastione di una portail quale usciva fuorade' riparivi ricevesse dentro le sue gentiaccaddela nottedestinatache Morganteparendogli avere bisogno a eseguire tal cosadi piú compagnilo conferí con un altro de' suoi; ilqualesimulando di consentire a questa perfidialo consigliòche andasse a comandare in nome di Prospero Colonna alle sentinelleche sentendo cosa alcuna non si movesseroacciocché nonimpedissino l'uomo il quale manderebbe a chiamare i soldati del campoche doveano venire al bastione: perché l'ammiraglio avea lanotte medesima accostati da quella parte cinquemila fantiperchéstessino preparati quando riceveano il segno del muoversie messo inarme tutto l'esercito. Ma mentre che Morgante va a dare questo ordinel'altro corse subitamente a rivelare la cosa a Giovanni de' Medici;dal qualeandato al bastionepresi i consci ed esaminatifuronosecondo il costume della giustizia militare passati per le picche. Magià pareva che da ogni parte cominciassino a declinare le cosede' franzesi: perchéper la fertilità del paesecircostante a Milano e per avere con mulini domestici sollevata ladifficoltà del macinatodiminuiva del continuo la speranzache in quella città avessino a mancare le vettovaglie; e pergli spessi danni ricevuti intorno a Milano si credeva che avessinoperduti tra utili e inutili mille cinquecento cavalliondespaventati non uscivano degli alloggiamentise non per la necessitàdi fare la scorta alle vettovaglie e a' saccomannie sempre moltogrossi. La infamia della quale viltà l'ammiraglio convertendoin gloria suausava dire che non governava la guerra secondol'impeto degli altri capitani franzesi ma con la moderazione ematurità italiana: e nondimenoqualunque volta o cavalli ofanti di loro si riscontravano con gli inimicidimostravanoprontezza molto maggiore a fuggire che a resistere.

Assicuratiadunque i capitani di Cesare dal timore dell'armi e della fameanzisperando di mettere in difficoltà delle vettovaglie gliinimiciniuna cosa piú gli tormentava che il mancamento de'danari; senza i quali era malagevole nutrire i soldati in Milano maquasi impossibile menargliquando cosí ricercassinol'occorrenze della guerrafuora. Alla quale difficoltàcercando di provedere per molte viema trall'altre Prosperoconsentendogli occultamente il viceré di Napoli e il duca diSessaaveaquasi subito dopo la morte del ponteficecominciato atrattare col duca di Ferrara: il qualericusato molte offertefattegli dall'ammiraglio perchéottenuto che ebbe Reggioandasse all'espugnazione di Cremonaconvenne finalmente con Prosperochericuperando per opera sua Modonapagasse incontinentetrentamila ducati e ventimila altri fra due mesi. La cosa parevafacile a eseguireperché comandando Prospero al conte GuidoRangone soldato della lega e a' fanti spagnuoli che si partissino diModona niuno rimedio era che quella città abbandonata noninclinasse subito il collo al duca: e movevano Prospero con maggioreardire a questa cosaoltre alla causa publicale cupiditàprivate l'amicizia con Alfonso da Esti il desiderio comune a tutti ibaroni romani di deprimere la grandezza de' pontefici e la speranzachealienata Modona e Reggio dalla ChiesaParma e Piacenza piúagevolmente al duca di Milano pervenissino. La qual cosamentre chesecretissimamente si trattavapervenuta agli orecchi del conte Guidoe da lui manifestata al Guicciardinoconobbe non potersi in alcunomodo interrompere se non si persuadeva a' capitani spagnuoli (i qualibene trattati e largamente pagati stavano volentieri in quella città)cheallegando non essere sottoposti all'autorità di ProsperoColonna insino a tanto non fussino pervenuti allo esercitorecusassino di partirsi da Modona se non per comandamento del duca diSessaper il cui comandamento entrati vi erano; con saputa del qualebenché il governatore tenesse per certo trattarsi questa cosasi persuadeva cheessendo oratore di Cesare a Roma e reclamando ilcollegionon solamente si vergognerebbe a dare tale commissione manon potrebbe negarealla richiesta de' cardinalidi comandareapertamente il contrario. E succedette la cosa appunto secondo ildisegno. Perchéquando Prospero mandò a comandare alconte Guido e agli spagnuoli che andassino per le necessitàdella guerra a Milanoil conte si scusò con molte ragioniallegando essere suddito della Chiesa e modonesee i capitanispagnuolipersuasi da lui e dal governatorerisposono a niuno altroche al duca di Sessa dovere in tal cosa ubbidire: le quali cosesignificate dal governatore al collegio de' cardinalichiamatosubito al conclave il duca di Sessaeglinon volendo renderesospetto sé e per conseguente Cesarenon potette negare dinon comandare per sue lettere a quegli capitani che non partissino.Anzicome spesso succedono le cose contrarie a' pensieri degliuominine succedette cheleggendosi nel collegio certe lettere diProspero intercette dal governatoreper le quali si palesava tuttoil progresso della cosai cardinali aderenti al re di Franciaperl'opposizione de' quali si difficultavano prima le provisioni de'danari che per opera del cardinale de' Medici si erano cominciati amandare a Modonaconoscendo essere pernicioso al re che tal cosaavesse effettodiventorno apertamente fautori che a Modona simandassino danari; e il simigliante fece il cardinale Colonnaperdimostrare agli altri di anteporre a ogn'altro rispetto l'utilitàdella sedia apostolica. La quale diligenza benché fussebastata a differire l'esecuzione delle convenzioni fatte con Alfonsoda Estinondimenonon essendo perciò rimosso il fondamentodi questi pensieriavevano in animo che il viceré di Napoliil quale benché camminando lentamente veniva a Milano conquattrocento lancie e duemila fantiquando passava da Modena nelevasse i fanti spagnuoli.

Maa Milanoin questi tempi medesimiaugumentò la copia dellevettovaglie: perchétemendo l'ammiraglio che da' soldati cheerano in Pavia non fusse occupato il ponte fatto da lui in sulTesinoper il quale venivano all'esercito le cose necessarierimosse l'esercito minore da Moncia per mandare alla custodia delponte tremila fanti; degli altri una parte chiamò a ségli altri distribuí parte in Marignano parte a Biagrassavicina al ponte; onde agli imperialiricuperata Monciapervenivapiú copiosamente la facoltà del cibarsi. Erano inquesto tempo nell'esercito franzese (l'alloggiamento fortissimo delquale si distendeva dalla badia di Chiaravalle insino alla strada diPaviaaccostandosi da quella strada a Milano per minore spazio di untiro di artiglieria) ottocento cavalli leggieri seimila svizzeriduemila fanti italiani diecimila tra guasconi e franzesi; aveano alponte del Tesino mille fanti tedeschi mille italianiil medesimonumero a Biagrassaove era Renzo da Ceri; in Noara dugento lancietra in Alessandria e in Lodi duemila fanti: in Milano erano ottocentolancie ottocento cavalli leggieri cinquemila fanti spagnuoli seimilafanti tedeschi e quattromila italianioltre alla moltitudine delpopolo ardentissima con l'animo e con le opere contro a' franzesi; inPavia il marchese di Mantovacon cinquecento lancie seicento cavallileggieri dumila fanti spagnuoli e tremila italiani; a Castelnuovo diTortonese erano con Vitello tremila fantibenché poco dipoiessendo passate alcune genti franzesi verso Alessandriasi ritiròa Serravalle per timore che non gli fusse impedita la facoltàdel ritornarsi a Genova; e i viniziani avevano seicento uomini d'armecinquecento cavalli leggieri e cinquemila fantide' quali mandornomille fanti a Milanoa richiesta di Prospero desideroso di servirsidella fama de' loro aiutie poco dipoi un'altra parte a Cremonaperil sospetto di un trattato tenuto da Niccolò Varoloil qualeper timore di non essere incarceratofuggí di quella città.

Finalmentel'ammiragliocostretto dalla difficoltà delle vettovaglieda' tempi freddissimi e nevi grandissimee dalla instanza e protestiche gli facevano i svizzeri perché non voleano tollerare piútante incomoditàdeliberò discostarsi da Milano: mainnanzi publicasse il suo consiglio procurò che GaleazzoVisconte dimandasse facoltà di andare a vedere madonna Chiarafamosa per la forma egregia del corpo ma molto piú per ilsommo amore che gli portava Prospero Colonna. Entrato in Milanointrodusse ragionamenti di treguaper i quali convennono insiemeildí seguenteallato a' ripariAlarconePaolo Vettoricommissario fiorentino e Ieronimo Moronee per l'ammiraglio GaleazzoVisconte e il generale di Normandia; i quali proposono che sisospendessino l'armi per tutto maggioobligandosi a distribuirel'esercito per le terre: e arebbono alla fine consentito di ridursitutti di là dal Tesinoma dannando i capitani di Cesarel'interrompere colla tregua la speranza che aveano della vittoriarisposono non potere deliberare cosa alcuna senza la volontàdel viceré. Onde l'ammiragliodue dí poimosseinnanzi all'aurora verso la riva del Tesino l'artiglierieseguitòcome fu chiaro il giornocon tutto l'esercitoprocedendo con taleordine che pareva non recusasse di combattere. La qual cosa come fuveduta nella cittànon solo i soldati e il popolo chiedevanocon altissime voci di essere menati ad assaltargli ma i capitani egli uomini di maggiore autorità faceano appresso a ProsperoColonna instanza del medesimodimostrandogli la facilitàdella vittoriaperché né di forze si riputavanoinferiori agli inimici e di animo sarebbono molto superiori; nonpotendo essere che la ritirata non avesse messo timiditàgrande nella maggiore parte di quello esercitodella quale moltifanti italianiche all'ora medesima si partivanoriferivano ilmedesimo. Ricordavangli la gloria infinitala perpetuazione eternadel nome suose tante vittorie già acquistate confermasse conquesta ultima gloria e trionfo. Ma nell'animo di Prospero era semprefisso di fuggire quanto poteva di sottomettersi all'arbitrio dellafortuna; e perciòimmobile nella sua sentenza non altrimentiche uno edificio solidissimo al soffiare de' ventirispondeva nonessere ufficio di savio capitano lasciarsi muovere dalle vocipopolarinon menare i soldati suoi ad assaltare gli inimici quandoniuna altra speranza restava loro che difendersi. Assai essersivintoassai gloria acquistataavendo senza pericolo e senza sanguecostretto gli inimici a partirsi; né dovere essere infinita lacupidità degli uominie potere ciascuno facilmente conoscereche senza comparazione maggiore sarebbe la perdita se le cosesuccedessino sinistramente che il guadagno se le succedessinoprosperamente. Avere sempre con queste arti condotte a onorato finele cose suesempre per esperienza conosciuto piú nuocere a'capitani la infamia della temerità che giovargli la gloriadella vittoria: perché in parte di quella non veniva alcunotutta e intera s'attribuiva al capitano; ma la laude de' successiprosperi della guerraalmeno secondo la opinione degli uominicomunicarsi a molti. Non volerequando era già vicino allamorteandare dietro a nuovi consigliné abbandonare quegli iqualiseguitati da lui per tutta la vita passatagli aveano datogloria utilità e grandezza. Divisonsi i franzesi in due parti:l'ammiraglio con la parte maggiore si fermò a Biagrassaterradistante da Milano quattordici migliagli altri mandò a Rosadistante da Milano sette miglia eintra se medesimemiglia...

Cap.vi

Ilconclave e l'elezione di Clemente VII. Aspettazione dell'opera delnuovo pontefice. Vano tentativo di Renzo da Ceri contro la rocca diArona. Morte di Prospero Colonna; giudizio dell'autore. Variazioninel modo di condurre le guerre dopo Carlo VIII. Fallimentodell'impresa di Cesare contro la Francia.

Mapochissimi dí poi che l'ammiraglio si era levato di quelloalloggiamentonel quale era stato circa...succedette la creazionedel nuovo ponteficeessendo già stati nel conclave cinquantadí: nel quale entrati da principio trentasei cardinali esopravenuti poi tre cardinaliconsumorno tanto tempo con variecontenzioni; dividendo gli animi loro non solamente le volontàdiverse di Cesare e del re di Francia ma eziandio la grandezza delcardinale de' Medici. Il qualeoppugnato da tutti quegli cheseguitavano l'autorità del reda alcuni di coloro ancora chedipendevano da Cesareaveva in arbitrio suo le voci concordi disedici cardinalidisposti assolutamente a eleggere lui e a noneleggere alcuno altro senza il suo consentimentoe promesse occulteda cinque altri di dare il voto alla elezione che si facesse di luiproprio; e lo favorivano oltre a questo lo imbasciadore di Cesare etutti gli altri che l'autorità d'esso seguitavano: i qualifondamenti benché avesse avuti quasi tutti alla morte delpontefice Lionenondimenoera ora entrato nel conclave con ladeliberazione piú costante di non abbandonarené perlunghezza di tempo né per qualunque accidentele suesperanzefondate principalmente perché alla elezione delpontefice è necessario concorrino i due terzi delle voci de'cardinali presenti. Né gli ritraeva da queste divisioni o ilpericolo comune d'Italia o proprio dello stato della Chiesa; anzisecondo che variavano i progressi della guerraandava ciascuna delleparti differendo la elezionesperando favore dalla vittoria diquegli che gli erano propizi; e si sarebbe differita molto piútempo se ne' cardinali avversi al cardinale de' Medicii quali eranoquasi tutti dei piú vecchi del collegiofusse stata lamedesima unione a eleggere qualunque di loro che era in non eleggereluie deposte le cupidità particolari si fussino contentatidi questo fineche il cardinale de' Medici non ascendesse alpontificato. Ma è molto difficile che mediante la concordianella quale è mescolata discordia e ambizione si pervenga alfine che comunemente si cerca. Il cardinale Colonnainimicoacerbissimo del cardinale de' Medicima per natura impetuoso esuperbissimosdegnato co' cardinali congiunti seco perchérecusavano di eleggere pontefice il cardinale Iacobaccio romanouomodella medesima fazione e molto dependente da luiandòspontaneamente a offerire al cardinale de' Medici di aiutarlo alpontificato: il qualeper una cedola di mano propriasecretissimamente gli promesse l'officio della vicecancelleria cherisedeva in persona suae il palazzo suntuosissimo il qualeedificato già dal cardinale di San Giorgioera statoconceduto a lui dal pontefice Lione: donde acceso tanto piú ilcardinale della Colonna indusse nella sentenza sua il cardinaleCornaro e due altri. La inclinazione de' quali come fu notacominciorono molti degli altritiraticome spesso interviene ne'conclavida viltà o ambizionea fare a gara di non esseredegli ultimi a favorirlo; in modo che la notte medesima fu adoratoper ponteficedi concordia comune di tuttie la mattina seguenteche fu il giorno decimonono di novembrefatta secondo laconsuetudine la elezione per solenne scrutinio; il dí medesimoprecisamente che due anni innanzi era vittorioso entrato in Milano.Credettesi che trall'altre cagioni gli avesse giovato l'entratagrande di benefici e uffici ecclesiasticiperché i cardinaliquando entrorno nel conclave feciono concordemente una costituzioneche l'entrate di quel che fusse eletto pontefice si distribuissinocon eguale divisione negli altri. Voleva continuare nel nome diGiulio; ma ammonito da alcuni cardinali essersi osservato che queglicheeletti ponteficinon aveano mutato il nome avevano tutti finitala vita loro infra uno annoassunse il nome di Clemente settimooper essere vicina la festività di quel santo o perchéalludesse allo averesubito che fu elettoperdonato e ricevuto ingrazia il cardinale di Volterra con tutti i suoi: il quale cardinalebenché Adriano avessenegli ultimi dí della vitadichiarato inabile a intervenire nel conclavevi era entrato perconcessione del collegioe stato insino all'estremo pertinace perchéGiulio non fusse eletto.

Grandissimacertamente per tutto il mondo era l'estimazione del nuovo pontefice;però la tardità della elezionemaggiore che giàfusse accaduto lunghissimo tempopareva ricompensata con l'avereposto in quella sedia una persona di somma autorità e valore;perché aveva congiunta ad arbitrio suo la potenza dello statodi Firenze alla potenza grandissima della Chiesaperché avevatanti anni a tempo di Lione governato quasi tutto il pontificatoperché era riputato persona grave e costante nelle suedeliberazionie perchéessendo state attribuite a lui moltecose che erano procedute da Lioneciascuno affermava esso essereuomo pieno di ambizionedi animo grande e inquieto e desiderosissimodi cose nuove; alle quali parti aggiugnendosi lo essere alieno daipiaceri e assiduo alle faccendenon era alcuno che non aspettasse dalui fatti estraordinari e grandissimi. La elezione sua ridusse subitoin somma sicurtà lo stato della Chiesa. Perché il ducadi Ferraraspaventato che in quella sedia fusse asceso un taleponteficené sperando piú di ottenere Modena per lavenuta del viceré di Napolimeno sperando ne' franzesiiquali prima per mezzo di Teodoro da Triulzi venuto nel campo suo glifacevanoperché aderisse a lorograndissime offertelasciata sufficiente custodia in Reggio e in Rubieraritornòa Ferrara. Quietoronsi similmente le cose della Romagna; ovesottonome di opprimere la fazione inimica ma in verità stimolatoda' franzesiera col seguito de' guelfi entrato Giovanni daSassatelloscacciatone nel pontificato di Adriano per la potenza de'ghibellini.

Madiviso che fu l'esercito franzese tra Biagrassa e Rosal'ammiraglioappresso al quale non erano rimasti piú che quattromilasvizzerilicenziò come inutili i fanti del Delfinato e diLinguadoca e mandò l'artiglierie grosse di là dalTesinocon intenzione di aspettare in quello alloggiamento le gentiche il re preparava per soccorrerloperché non temeva poterviessere sforzato e vi aveva abbondanza di vettovaglie: e nondimenoper non perdere del tutto il tempomandò Renzo da Ceri consettemila fanti italiani a pigliare Aronaterra fortissima ne'confini del Lago Maggioreposseduta da Anchise Visconte; in soccorsodel quale Prospero Colonna mandò da Milano mille dugentofanti. La rocca di Arona soprafà tanto la terra che èinutile il possedere questa a chi non possiede quella: peròRenzo attendeva a battere la roccae avendovi dati piúassalti ove furno morti molti de' suoifinalmentepoichéinvano v'ebbe consumato circa a un mesesi partí; confermatal'opinioneche già molti anni era ampliata per tutta Italiache piúin niuna partele azioni sue corrispondessino allafama acquistata nella difesa di Crema.

Camminavain questo tempo alla morte Prospero Colonnastato giàammalato otto mesinon senza sospetto di veleno o di medicamentoamatorio: peròdove prima gli era molestissima la venuta delvicerénon potendo poi piú reggere le cure dellaguerral'aveva continuamente sollecitata. Venne adunque il viceré;ma accostatosi a Milanoper mostrare reverenza alla virtú efama di tale capitanosoprastette qualche dí a entrarvi:pureintendendo essere ridotto allo estremo e già alienatodello intellettoentròper desiderio di vederloin tempoche sopravisse poche ore poi; benché altri dichino che ritardòa entrarvi dopo la morteche succedette il penultimo dí diquello anno. Capitano certamentein tutta la sua etàdichiaro nomema salito negli ultimi anni della vita in grandissimariputazione e autorità; perito dell'arte militare e in quelladi grandissima esperienza; ma non pronto a pigliare con celeritàl'occasioni che gli potessino porgere i disordini o la debolezzadegli inimicicome anche per il suo procedere cautamente nonlasciava facile a loro l'occasione di opprimere lui; lentissimo pernatura nelle sue azioni e a cui tu dia meritamente il titolo dicuntatore: ma se gli debbe la laude d'avere amministrato le guerrepiú co' consigli che con la spadae insegnato a difendere glistati senza esporsise non per necessitàalla fortuna de'fatti d'arme. Perché all'età nostra ha avute moltevarietà il governo della guerra: conciossiachéinnanziche Carlo re di Francia passasse in Italiasostenendosi la guerramolto piú co' cavalli di armadura grave che co' fantiedessendo le macchine che si usavano contro alle terre incomodissime acondurre e a maneggiarese bene tra gli eserciti si commettevanospesso le battagliepiccolissime erano le uccisionirarissimo ilsangue che vi si spargevae le terre assaltate tanto facilmente sidifendevano (non per la perizia della difesa ma per la imperiziadell'offesa) che non era alcuna terra cosí piccola o cosídebole che non sostenesse per molti dí gli eserciti grandidegli inimici: di maniera che con grandissima difficoltà sioccupavano con l'armi gli stati posseduti da altri. Ma sopravenendoil re Carlo in Italiail terrore di nuove nazionila ferocia de'fanti ordinati a guerreggiare in altro modoma sopra tutto il furoredelle artiglierieempié di tanto spavento tutta Italia che achi non era potente a resistere alla campagna niuna speranza didifendersi rimaneva; perché gli uominiimperiti a difenderele terresubito che s'approssimavano gli inimici s'arrendevanoe sealcuna pure si metteva a resistere era in brevissimi díspugnata. Cosí il reame di Napoli e il ducato di Milano furnoquasi in un dí medesimo vinti e assaltati; cosí ivinizianivinti in una battaglia solaabbandonorno subitamentetutto lo imperio che aveano in terra ferma; cosí i franzesinon veduti non che altro gli inimicilasciorno il ducato di Milano.Cominciorno poi gli ingegni degli uominispaventati dalla ferociadelle offesead aguzzarsi a' modi delle difeserendendo le terremunite con argini con fossi con fianchi con ripari con bastioni;ondeaiutando anche molto questo effetto la moltitudine delleartiglierienocive piú nelle difensioni che nelleoppugnazionisono ridotte a grandissima sicurtàle terre chesono difesedi non potere essere spugnate. A queste invenzionidettea tempo de' padri nostriforse in Italia principio larecuperazione di Otranto; dove Alfonso duca di Calavria entratotrovòfatti da' turchimolti ripari incogniti agli italiani;ma rimasono piú nella memoria degli uomini che nell'esempio.Prospero con queste arti difese due volte piú chiaramente ilducato di Milanoesso medesimoo solo o primo di alcuno altroeoffendendo e difendendocoll'impedire agli inimici le vettovagliecon l'allungare la guerratanto che 'l tedio la lunghezza la povertài disordini gli consumavano; e vinse e difese senza tentare giornatesenza combatterenon traendo non che altro fuori la spadanonrompendo una sola lancia: onde aperta la via da lui a quegli cheseguitornomolte guerrecontinuate molti mesisi sono vinte piúcon la industria con l'arti con la elezione provida de' vantaggichecon l'armi.

Questecose si feciono in Italia l'anno mille cinquecento ventitré.Preparoronsi per l'anno medesimo con grande espettazione molte cosedi là da' montile quali non partorirno effetti degni ditanti príncipi. Perché Cesare e il re di Inghilterraaveano convenuto insieme e promesso al duca di Borbone di rompere conarmi potenti la guerral'uno in Piccardia l'altro nella Ghienna; mai movimenti del re di Inghilterra furno nella Piccardia quasi diniuno momentoe quel che tentò il duca di Borbone nellaBorgogna si dimostrò subito vanoperchémancandogli idanari per pagare i fanti tedeschialcuni de' capitani convenuti colre di Francia ne ritrassero una parteonde egli andò aMilano: ove Cesarenon gli piacendo che passasse in Ispagna forseper non dare perfezione al matrimoniocome era il suo desideriomandatogli per Beuren il titolo di luogotenente suo generale inItalialo confortò che si fermasse. Né dalla parte diSpagna procederono a Cesare le cose felicemente. Il qualebenchéardente alla guerra fusse venuto a Pampalona per entrare in Franciapersonalmentee di già avesse mandato l'esercito di làda' monti Pireneiil quale avea occupato Salvatierra non moltodistante da San Gianni di Piè di Portonondimenoessendostata maggiore la prontezza che non era la potenza (perchéper mancamento di danariné poteva sostentare tante forzequanto sarebbe stato necessario a tanta impresa né avevaperla medesima cagionepotuto raccorre l'esercito se non quasi allafine dell'annodonde ne' luoghi freddi la stagione dell'anno glimoltiplicava le difficoltàimpedivano la strettezza dellevettovaglie difficili a condursi per tanto cammino)fu costretto adissolvere l'esercitoragunato contro al consiglio quasi di tutti:tanto che Federigo di Tolleto duca di Alvaprincipe vecchio e diautoritàdicevanel fervore della guerraCesarein moltecose simile al re Ferdinando avolo maternorappresentare piúin questa deliberazione Massimiliano avolo paterno.

Cap.vii

Accordifra i collegati per condurre a fine la guerra. Contegno delpontefice. Fortunate azioni del marchese di Pescara e di Giovanni de'Medici. Movimenti degli eserciti avversari. Azione dei veneziani aGarlasco e di Giovanni d'Urbino a Sartirana. Altri fatti di guerranel ducato di Milano.

Séguital'anno mille cinquecento ventiquattro; nel principio del qualeinvitando le difficoltà de' franzesi i capitani cesarei apensare di porre fine alla guerrachiamorno a Milano il duca diUrbino e Pietro da Pesero proveditore vinizianoper consultare comes'avesse a procedere nella guerra: nel quale consiglio fu unitamentedeliberato chesubito a Milano giugnessino seimila fanti tedeschiiquali il viceré aveva mandato a soldarel'esercito cesareo ede' viniziani unito insieme si avvicinasse agli inimici percacciarglio coll'armi o colla famedi quello stato. Alla qualcosagiudicando avere forze sufficientiniente altro repugnava che ladifficoltà de' danari; de' quali dovendosiper gli stipendicorsiquantità grande a' soldatinon si sperava poterglifare muovere di Milano e dell'altre terre se prima non si pagavano;né manco era necessarioavendo a stare l'esercito allacampagnaprovedere che per l'avvenire corressino ordinatamente ditempo in tempo i pagamenti. Sollevorono questa difficoltà inparte i milanesidesiderosi di liberarsi dalle molestie dellaguerrai quali prestorno al duca [novanta]mila ducati: disponendoglia questo piú facilmente l'esempio de' danari prestati quandoLautrech stette intorno a Milano[i quali] erano stati dipoidell'entrate ducalirestituiti prontamente. Porse similmente aquesta difficoltà la mano il pontefice; il qualeavendosospettissima per la memoria delle cose passate la vittoria del re diFrancia (benché con sommo artificio agli uomini che il re gliavea mandati dimostrasse il contrario)numeròoccultissimamente all'oratore di Cesare ventimila ducatie volle chei fiorentinia' quali il viceré dimandavaper virtúdella confederazione fatta vivente Adrianonuova contribuzionepagassino come per ultimo residuo trentamila ducati.

Néaveva perciò il pontefice nell'animo di dimostrarsi perl'avvenire piú favorevole all'una parte che all'altra; anzicon tutto che Cesare e il remandatoglisubito che e' fu assunto alpontificatol'uno Beuren l'altro San Marsausi sforzassinocongiugnerlo a sédeliberavarimossi che fussino i pericolipresentiusando quella moderazione che nelle discordie de' cristianiconviene a' ponteficiattendere come non inclinato piúall'uno che all'altro a procurare la pace: la quale deliberazionegrata al reche aveva temuto che pontefice non avesse contro a luila medesima disposizione che aveva avuto cardinaledispiaceva per ilcontrario a Cesareparendogli cheper la passata congiunzioneperl'averlo favorito dopo la morte di Lione e nella assunzione alpontificatofusse conveniente che non si separasse da lui. Perògli fu molestissimo quel che gli fu significato per parte delponteficechebenché non spogliasse l'animo dellabenivolenza portatagli insino a quel dínondimenoche avendodeposta la persona privata e diventato padre comuneera necessitatoin futuro a non fare offici se non comuni.

Mamentre che il viceré si prepara per andare contro agli inimicimandò Giovanni de' Medici a campo a Marignanola quale terrainsieme con la fortezza si arrendé; e non molti dí poiil marchese di Pescarail qualedisposto a non militare sottoProspero Colonnanon prima che nell'estremità della sua vitaera venuto alla guerraavendo notizia che nella terra di Robeccoalloggiavano con monsignore di Baiardo quattrocento cavalli leggierie molti fantichiamato in compagnia Giovanni de' Mediciassaltatigli improvisamentepresa la maggiore parte degli uomini ede' cavallie dissipati e messi in fuga gli altriritornòsubito a Milanoper non dare tempo agli inimiciche erano aBiagrassadi seguitarlo: lodato in questo fatto di industria e diardore ma molto piú di celeritàperché Robeccodistante non piú che due miglia da Biagrassaèdistante da Milanodonde erano partitidiciassette miglia.

Ridottea questo grado le cose della guerrache la speranza de' franzesiconsisteva che agli inimici avessino a mancare danariquella degliimperiali che a' franzesi avessino a mancare le vettovaglieperchénon speravano potergli cacciare per forza dello alloggiamentofortissimo di Biagrassae nondimeno aspettando ciascuno soccorsoquesti de' fanti tedeschi quegli de' svizzeri e altri fantil'ammiragliofatto abbruciare Rosaritirò quelle genti aBiagrassaattendendo per incomodare gli inimici a fare correre eabbruciare tutto il paese. Ma venuti finalmente i fanti tedeschil'esercito imperialenel quale erano principali il duca di Milano ilduca di Borbone il viceré di Napoli il marchese di Pescaracon mille secento uomini d'arme mille cinquecento cavalli leggierisettemila fanti spagnuoli dodicimila tedeschi e mille cinquecentoitalianilasciati alla guardia di Milano quattromila fantiandòad alloggiare a Binasco; ovenon molti dí poisi unícon loro il duca di Urbino con secento uomini d'arme secento cavallileggieri e seimila fanti de' viniziani. Nel quale tempo il castellodi Cremonanon potendo piú resistere alla fame e avendoFederigo da Bozzoleche era in Loditentato invano di soccorrerlos'arrendé agli imperiali. Andò dipoi l'esercito aCaseraterra propinqua a cinque miglia a Biagrassa; dovel'ammiraglioil quale aveva distribuito tra LodiNovara eAlessandria dugento lancie e cinquemila fantistava fermoconottocento lancieottomila svizzeri (a' quali pochi dí poi sene aggiunsono piú di tremila altri) e con quattromila fantiitaliani e dumila tedeschi; né ancora esausto di vettovaglieperché n'avevano nell'esercito e ne' luoghi vicini copia perdue mesi. Impossibile era l'assaltarglisenza grandissimo pericoloin alloggiamento tanto forte. Però gli imperialiavendo piúvolte tentato di passare il Tesinoper interrompere che da quellaparte non passassino vettovaglieper insignorirsi delle terretenevano di là dal Tesino e per impedire che venendo soccorsodi Francia non si unisse con loroma soprastando per timore cheMilano non restasse in pericolofinalmente deliberorno di passaregiudicando che per la confidenza che avevano nel popolo milanese nonfusse necessario molto presidio di soldati. Però ritornòil duca a Milano e con lui Giovanni de' Medicie vi restorno seimilafanti. Cosí passornoil secondo dí di marzoil fiumedel Tesino sotto Paviain su tre ponti: alloggiò la battagliaa Gambalòil resto dello esercito nelle ville vicine. Per lapassata de' qualil'ammiraglio mandò subito Renzo da Cerialla guardia di Vigevano; e temendo di non perdere quella terra e glialtri luoghi di Lomellinai quali perduti sarebbe restato quasiassediatopassò eglia' cinque dícon tutto loesercitolasciati a Biagrassa cento cavalli e mille fantiealloggiò la vanguardia sua intorno a Vigevanola battaglia aMortara a due miglia di Gambalòdove era il viceré;nel quale alloggiamentomolto sicuroaveva comode le vettovaglieperché avevano sicura la strada di MonferratoVercelli eNovarae le vettovaglie venivano di terra in terratutte vicinel'una a l'altra e quasi per condotto. Presentò l'ammiragliodue dí continuila battaglia agli inimici; i qualibenchési conoscessino superiori di numero e di virtú di soldatirecusorno di farlanon volendo mettere in pericolo la speranza delvincere quasi certaperché per lettere intercette aveanopresentito che a essi cominciavano a mancare danari.

Passatoche ebbe l'esercito imperiale il Tesinoil duca di Urbino con legenti viniziane andò a campo a Garlascoterra forte di sitofossi e riparidove erano quattrocento fanti italiani; il qualeposto tra Pavia e Trumello di là dal Tesinodove egli avevadisegnato di alloggiareinterrompeva non solo a lui ma a tutto ilresto dello esercito le vettovaglie: e fatta la batteria gli dette ildí medesimo l'assaltonel quale essendo quasi ributtatomolti de' suoi passorono per l'acqua de' fossi insino alla golaessendovi ancora alcuni de' fanti di Giovanni de' Medici; eassaltorono con tale impeto che vi entrorono per forzacongrandissima uccisione di quegli di dentro. Accostossi dipoil'esercito a San Giorgio verso la Pieve al Cairoper accostarsi aSartiranoterra forte situata in sulla riva di qua dal Poeopportuna a impedire loro le vettovaglie; alla custodia della qualeerano Ugo de' Peppoli e Giovanni da Birago con alcuni cavalli e con[secento] fanti. Ma andatovi Giovanni d'Urbinacoll'artiglierie econ dumila fanti spagnuoliespugnò prima la terra e poi larocchettauccisi quasi tutti i fanti e presi i capitani. Mossonsi ifranzesi per soccorrere Sartiranoma prevenuti dalla celeritàdegli inimiciinteso nel cammino quel che era succedutofermornotutto l'esercito a Mortara.

Néancora nell'altre parti del ducato di Milano procedevano felicementele cose loro. I soldati lasciati in Milano costrinsono ad arrendersila terra di San Giorgio sopra Monciadalla quale andavanovettovaglie a Biagrassa; Vitello ricuperò la terra dellaStradellagli uomini della quale costretti dalla iniquità de'soldati aveano chiamato fanti da Lodi; Paolo Luzzasco scontratosi inmolti cavalli de' franzesi gli messe in fuga; e Federico da Bozzoleandato da Lodi ad assaltare Pizzichitone ne riportòin cambiodella vittoriaferite e morti di molti de' suoi. Solamentealcunicavalli de' franzesiscorrendo tra Piacenza e Tortonatolsonoquattordicimila ducati mandati allo esercito di Cesare.

Cap.viii

Igrigioni assoldati dai francesi giunti a Cravina ritornano in patria.I francesi perdono Biagrassa; la peste a Milano. Bonnivet a Novaraquindi a Romagnanoed al di là della Sesia inseguito dainemici; assalti e scaramuccie; ferita e morte di Baiardo. Ritorno diBonnivet in Francia. L'Italia liberata pel momento dalle molestiedella guerrama non dal sospetto che si rinnovino.

Inqueste difficoltà due erano le speranze dell'ammiragliol'unadella diversione l'altra del soccorso; perché il re mandavaper la montagna di Monginevra quattrocento lancie alle quali doveanounirsi diecimila svizzerie Renzo da Ceri conduceva per la via diVal di Sasina nel territorio di Bergamo cinquemila fanti grigionionde doveano passare a Lodi a congiugnersi con Federico da Bozzolecol quale erano molti fanti italiani: persuadendosi l'ammiraglio chel'esercito di Cesare sarebbe costretto a ripassareper la sicurtàdi Milanoil fiume del Tesino. Incontro a questi mandò ilduca di Milano Giovanni de' Medici con cinquanta uomini d'armetrecento cavalli leggieri e tremila fanti; il qualeunitosi contrecento uomini d'arme trecento cavalli leggieri e quattromila fantide' vinizianisi accostò agli inimici venuti alla villa diCravinatra i fiumi dell'Adda e del Bremboe lontana otto miglia daBergamo; e corse con una parte delle genti insino a' loroalloggiamenti: i qualiil terzo dí dappoiquerelandosi nonavere trovato a Cravina né danari né cavalli néaltri fanticome dicevano essere stato promesso da Renzoritornornoal paese loro. Risoluto il movimento de' grigioniGiovanni de'Medici spugnò Caravaggioe di poi passato Adda messe conl'artiglierie in fondo il ponte che i franzesi aveano a Bufaloro insul Tesino. Rimaneva ancora in potestà de' franzesitraMilano e il Tesinola terra di Biagrassaove erano moltevettovaglie e a guardia mille fanti sotto Ieronimo Caracciolonapoletano. Alla spugnazione della qualeperché posta in sulcanale grande impediva le vettovaglie che molte [si] sogliono perquello canale condurre a Milanosi mosse Francesco Sforzachiamatoa sé Giovanni de' Medici; e seguitandolo oltre a' soldatitutta la gioventú del popolo milanese. Dettono l'assalto allaterraavendola prima battuta con l'artiglierie da' primi raggi delsole insino a mezzo il giornoe l'espugnarono il dí medesimo;con singolare laude di Giovanni de' Medicinel quale apparíquel dí non solamente la ferociacolla quale avanzava tuttigli altrima prudenza e maturità degna di sommo capitano. Fupreso il Caraccioloammazzati molti fantimolti ne fece sospendereGiovanni de' Medici per punizione di essersi prima fuggiti da lui.Spugnata la terra s'arrendé la roccapattuita la salute diquegli che vi erano dentro. Fu lietissima questa vittoria al popolomilanese; ma senza comparazione maggiore fu la infelicità chela letiziaperché da Biagrassadove era cominciata la pestefurnoper il commercio delle cose saccheggiate trasportate a Milanosparsi in quella città i semi di tanto pestifera contagione;la qualepochi mesi poisi ampliò tanto che solamente inMilano tolse la vita a piú di cinquantamila persone.

Madi là dal Tesinoove era la somma delle cosel'ammiragliodopo la perdita di Sartirano essendosegli di nuovo approssimati gliinimiciabbandonata Mortara si ritiro in due alloggiamenti a Novara;diminuito molto di forzeperché non solamente de' fanti maassai degli uomini d'arme erano alla sfilata ritornati in Francia:onde niuno altro intento era in lui che temporeggiarsi insino a tantovenisse il soccorso de' svizzerii quali in numero circa ottomilaerano già vicini a Ivrea. Da altra parte i capitani[imperiali] intenti a impedire la venuta lorointenti a ridurre gliinimici in difficoltà di vettovaglieoccupavano le terrevicine a Novaraammazzando i franzesi ove gli trovavano lasciatialla guardia delle terre; e avendo messo presidio in Vercellipertorre la facoltà a' svizzeri di entrarvisi fermorno aBiandrà tra Vercelli e Novarain uno alloggiamento circondatoda ogni parte di fossi d'alberi e acque. Finalmente l'ammiragliointendendo i svizzeri passata Ivrea essersi fermati in sul fiumedella Sesiail quale per la copia che in quelli dí vi erad'acque non aveano potuto passaredesideroso di unirsi con loropiú(come si credeva) per partirsi sicuro che per combattereandòda Novara ad alloggiare a Romagnana in sul fiume medesimo; ovepatendo di vettovaglie e diminuendo continuamente il numero delle suegentifece gittare il ponte tra Romagnana e Gattinara: e da altraparte gli inimicivenuti da Biandrà a Brionaandorno adalloggiare appresso a Romagnana a due miglia. In queste angustiepassorno i franzesi il fiume il dí seguente: la mossa de'quali se fusse stata sollecitamente vegghiata dagli inimicisi credeche quel dí n'arebbono riportata pienissima vittoria. Ma eranodiverse le sentenze de' capitanialcuni desiderando che sicombattessealcuni che senza molestargli si lasciassino partire. Népareva che nell'esercito fusse la providenza e il governoconveniente. Solo il marchese di Pescaraprocedendo in tuttel'azioni col solito valorepareva degno che a lui si riferisse lasomma delle cose; gli altriinvidiosi della virtú e gloriasuacercavano di oscurarla piú presto col detrarre econtradire che con la concorrenza delle opere.

Tardipervenne allo esercito imperiale la notizia della partita de'franzesi: la quale come fu intesamolti cavalli leggieri e moltifantisenza ordine senza insegneguadato il fiume gli seguitorno; iquali pervenuti all'ultimo squadrone cominciorno a scaramucciareebenché i franzesicombattendo e camminandogli sostenessinoper lungo spazio di tempolasciorno finalmente sette pezzi diartiglieria e copia di munizioni e di vettovaglieoltre a molteinsegne di cavalli e di fantimorti eziandio di essi non pochi nelcombattere. Feciono i franzesi dimostrazione di alloggiare aGattinaraterra distante un miglio da Romagnanae intratantofacevano occultamente andare innanzi i carriaggi e l'artiglierie; macome gli inimicicredendo che alloggiassinofurno cominciati aritirarsiandorno piú oltre circa sei miglia ad alloggiare aRavisingo verso Ivrea. Alloggiorno la sera medesima gli imperialisenza impedimenti in sul fiumeil quale passorno come prima cominciòa lucere la luna; non gli seguitando i viniziania' qualiessendoentrati nel territorio del duca di Savoiapareva avere trapassatigli oblighi della confederazioneper la quale non erano tenuti aaltro che alla difesa del ducato di Milano. Procedevano i franzesi inbattaglia bene ordinata con lento passoavendo collocati nelretroguardo i svizzeri; da' quali furno rimessi i primi cavalli efanti che venendo disordinatamente gli assaltornoessendo giài franzesi discostati da Ravisingo circa due miglia. Ma sopravenendoil marchese di Pescara co' cavalli leggieri si rinnovò labattaglianon tale che fermasse il camminare de' franzesi; de' qualiin questo ultimo congresso fu ammazzato Giovanni Cabaneo e fattoprigione monsignore di Baiardopercosso da uno scoppiettodellaquale ferita morí poco di poi. Parve al marcheseancora chegià fussino sopravenuti molti soldatinon seguitare gliinimici piú oltreperché non avea seco artiglierie néaltro che una parte sola dell'esercito. Cosírimasti ifranzesi senza molestia ritornornoinsieme co' svizzerialle caseloro; avendo lasciato a Bauri di là da Ivrea quindici pezzid'artiglieria alla custodia di trecento svizzeri e di uno de' signoridel paese: ma né queste si salvornoperché i capitanidi Cesareavutane notiziamandorno a prenderle. Divisonsi poi ivincitori in piú parti: a Lodi fu mandato il duca di Urbinoad Alessandria il marchese di Pescara; le quali città sole sitenevano in nome del reperché Novaraaccostandovisi il ducadi Milano e Giovanni de' Medicisi era arrenduta: al vicerérimase la cura di andare incontro al marchese del Rotellinoil qualecon quattrocento lancie aveva passato i monti: ma questointesa lapartita dell'ammiraglioritornò subito in Francia. Néfeciono resistenza alcuna Boisí e Giulio da San Severinopreposti alla guardia di Alessandria. Similmente Federicodimandatotempo di pochi dí per certificarsi se era vero chel'ammiraglio avesse passato i monticonvenne di lasciare Lodi;riservatasi facoltàcome eziandio era stato conceduto aquegli di Alessandriadi condurre in Francia i fanti italiani: iqualiin numero circa cinquemila (che tanti erano nell'una e l'altracittà)furno poi alle cose del re di grandissimo giovamento.

Questofine ebbe la guerra fatta contro al ducato di Milano sotto il governodell'ammiraglio: per il quale non essendo indebolita la potenza delre di Francia né stirpate le radici de' malinon sirimovevano ma solamente si differivano in altro tempo tante calamità;rimanendo in questo mezzo Italia liberata dalle molestie presenti manon dal sospetto delle future. Tentossi nondimeno per Cesarestimolato dal duca di Borbone e invitato dalla speranza chel'autorità di quel duca avesse a essere di grandissimomomentodi trasferire la guerra in Franciadimostrandosi pronto almedesimo il re di Inghilterra.

Cap.ix

Isoldati di Cesare prendono Fonterabia; vani tentativi del ponteficedi condurre i príncipi alla pace o alla tregua; pretese del red'Inghilterra al trono di Franciae ambizione del cardinaleeboracense. Accordi di Cesare e del re d'Inghilterra per muovere laguerra in Francia; il pontefice avverso all'impresa. Occupazione diNizza. Vicende della guerra in Provenza. Deliberazione del re diFrancia di portare la guerra in Italia. Ritirata dei soldati diCesare dalla Provenza. Gli eserciti nemici nel ducato di Milano.

AvevaCesarenel principio dell'anno presentemandato il campo aFonterabiaterra di brevissimo spazioposta in sull'estuario chedivide il regno di Francia dalla Spagna; e ancora che quel luogofusse munitissimo d'uomini di artiglierie e di vettovaglienémancasse tempo a coloro che lo difendevano di ripararlonondimenoper la imperizia de' franzesii ripari furno fatti tantoinavvertentemente cherimanendo esposti alle offese degli inimicila necessità gli costrinse a convenire di uscirsene salvi.Recuperata Fonterabia si distendevano piú oltre i suoipensieririfiutati i conforti e l'autorità del pontefice; ilqualeavendo mandato nel principio dell'annoper trattare o pace osospensione dell'armia Cesare al re di Francia e al re diInghilterraaveva trovato gli animi mal disposti: perché ilreacconsentendo alla tregua per due anniricusava la pacenonsperando potere ottenere in quella condizioni che glisoddisfacessino; Cesaredannando la tregua per la quale si davatempo al re di Francia a riordinarsi a nuova guerradesiderava lapace; e al re d'Inghilterra era molesta qualunque convenzione sifacesse per mezzo del ponteficeper il desiderio che avea che iltrattamento della concordia finalmente del tutto si referisse a luiinducendolo a questo gli ambiziosi consigli del cardinale eboracense.Il qualeveramente esempio a' nostri dí di immoderatasuperbiabenché nato di infima condizione e di sanguesordidissimoera salito appresso a quel re in tanta autoritàche era manifestissimo a ciascuno che la volontà del re senzala approvazione di Eboracense fusse di niuno momentoe per contrariofusse validissimo tutto quello che Eboracense solo deliberasse. Madissimulavano il re e il cardinale con Cesare questo pensierodimostrandosi ardenti a muovere la guerra contro al reame di Francia;il quale il re di Inghilterra pretendeva legittimamenteappartenersegli per varie ragionipigliandone la prima origine daAdovardo cognominato...re d'Inghilterra. Il quale essendoinsinonell'anno della salute nostra mille [trecento ventotto]morto senzafigliuoli maschi Carlo quartocognominato bellore di Franciadella sorella del quale era nato Adovardoaveva fatto instanzacomepiú prossimo de' parenti maschi al re mortoessere dichiaratore di quel reame; ma escluso dal parlamento universale di tutto ilregnonel quale fu determinato che per virtú della leggesalicalegge antichissima di quel reamefussino inabili a succederenon solo le femmine ma ciascuno nato per linea femmininaassunto nonmolto dipoi il titolo di re di Franciaassaltò il regno conesercito potente; dove ottenute molte vittoriee contro a Filippo diValoisil quale con consentimento comune era stato dichiaratosuccessore di Carlo belloe contro a Giovanni suo figliuolo il qualecondusse prigione in Inghilterracontrasse finalmente pace con lui;per la qualerimanendogli molte provincie e stati del reame diFranciarinunziò al titolo regio. Ma essendo a questa paceche non fu lungamente osservatasuccedute ora lunghe guerre oralunghe tregueultimamente Enrico quinto re d'Inghilterraconfederatosi con Filippo duca di Borgognaalienato dalla corona diFrancia per la uccisione del duca Giovanni suo padreebbe successitanto prosperi contro a Carlo sestore alienato dallo intellettoche insieme con la città di Parigi occupò quasi tuttoil reame di Francia; nella quale città avendo trovato il reinsieme con la moglie e con Caterina sua figliuolasi congiunse inmatrimonio con quellafacendo al re demente consentire chenonostante vivesse Carlo suo figliuoloil regnomorto il padresitrasferisse in lei e ne' suoi figliuoli: per virtú del qualetitolobenché invalido e inettofudopo la morte di Enricocoronato solennemente in Parigi Enrico sesto suo figliuolo re diFrancia e di Inghilterra. Ma ancoraché poi Carlodopo lamorte del padre nominato Carlo settimoper l'occasione dell'esseresuscitate in Inghilterra tra quegli del sangue regio gravissimeguerrecacciasse gli Inghilesieccettuata la terra di Calèsdi là dal mare Oceanonondimeno non omessono per questo i redi Inghilterra di usare il titolo di re di Francia. Queste cagionipotevano muovere Enrico ottavo alla guerrasicuro piú chefusse stato alcuno degli antecessori nel suo reame: perchéessendo stati depressi dai re della famiglia di Iorch (era questo ilnome d'una fazione) i re della famiglia di Lancastronomedell'altrai seguaci della casa di Lancastronon vi essendosuperstite piú alcuno di quel sanguesollevorono al regnoEnrico di Richemontcome piú prossimo a loro; il qualesuperati ed estinti i re avversariper regnare con maggiore fermezzae autorità si copulò legittimamente con una figliuoladi Adovardo penultimo re della casa di Iorchdonde pareva che inEnrico ottavonato di questo matrimoniofussino trasferite tutte leragioni dell'una e dell'altra famiglia; le qualiper le insegneportavanosi chiamavano volgarmente la rosa rossa e la rosa bianca.Nondimenonon incitava principalmente il re di Inghilterra lasperanza di conseguire con l'armi il reame di Franciaperchéin questo conosceva innumerabili difficoltàquanto lacupidità di Eboracense che la lunghezza de' travagli e lanecessità delle guerre avesse finalmente a partorire che nelsuo re avesse a essere rimesso l'arbitrio della pacequale sapendodovere dependere dalla sua autoritàpensavain uno tempomedesimoe fare risonare gloriosamente per tutto il mondo il nomesuo e stabilirsi la benivolenza del re di Franciaal qualeoccultamente inclinava. Però non proponeva di obligarsi aquelle condizioni alle qualise avesse [avuto] l'animo ardente atanta guerraera conveniente si obligasse.

Questaoccasione incitava Cesare alla guerrae molto piú la speranzache la grazia l'autorità e il seguito grande che il duca diBorbone soleva avere in quel reame avesse a sollevare molto il paese.Perciòcon tutto che molti de' suoi lo consigliassino chemancandogli danari e avendo compagni di fede incertadeposti ipensieri di cominciare una guerra tanto difficileconsentisse che ilpontefice trattasse la sospensione dell'armiconvenne col re diInghilterra e col duca di Borbone: che il duca passasse nel reame diFrancia con parte dello esercito che era in Italia; al qualecomeavesse passato i montipagasse il re di Inghilterra ducati centomilaper le spese della guerra del primo meserestando in arbitrio suo ocontinuare di mese in mese questa contribuzione o di passare inFrancia con esercito potenteper fare guerra dal primo dí diluglio per tutto il mese di dicembrericevendo dallo stato diFiandra tremila cavalli e mille fanti con sufficiente artiglieria emunizione: che ottenendosi la vittoriasi restituisse al duca diBorbone lo stato toltogli dal re di Francia; acquistassesi per lui laProvenzaalla quale pretendeva per la cessione fatta dopo la mortedi Carlo ottavo dal duca dell'Oreno ad Anna duchessa di Borbonelaquale tenesse con titolo di re; giurasseinnanzi al pagamento de'centomila ducatiil re di Inghilterra in re di Francia eprestassegli omaggioil che non facendoquesta capitolazione fussenulla; né potesse Borbone trattaresenza consenso di tuttiduecol re di Francia: rompesse Cesare la guerra nel tempo medesimoda' confini di Spagnae che gli oratori di Cesare e del re diInghilterra procurassino che i potentati di Italiaper assicurarsiin perpetuo dalla guerra de' franzesiconcorressino con denari aquesta impresa; cosa che riuscí vanaperché ilpontefice non solo recusò di contribuire ma dannòespressamente questa impresapredicendo che non solo non arebbe inFrancia prospero successo ma che eziandio sarebbe cagione che laguerra ritornasse in Italia piú potente e piúpericolosa che prima.

Laquale confederazione come fu fattabenché il duca di Borboneil quale costantemente recusò di riconoscere il re diInghilterra in re di Franciaconfortasse che piú presto siandasse con l'esercito verso Lione per accostarsi al suo statonondimeno fu deliberato si passasse in Provenzaper la facilitàche arebbe Cesare di mandargli soccorso di Spagna e per servirsidell'armata cheper comandamento e co' danari di Cesaresipreparava a Genova. I progressi di questa spedizione furno cheBorbone e con lui il marchese di Pescaradichiarato a quella guerra(perché di ubbidire a Borbone si sdegnava) capitano generaledi Cesarepassorno a Nizza; ma con forze molto minori di quelle cheerano destinate: perché a cinquecento uomini d'arme ottocentocavalli leggieri quattromila fanti spagnuoli tremila fanti italiani ecinquemila tedeschi si doveano aggiugnere trecento uomini d'armedell'esercito di Italia e cinquemila altri fanti tedeschima questiper mancamento di danari non vennono; e il viceréimpotente asoldare nuovi fanticome era stato deliberato ne' primi consigliper opporsi a Michelantonio marchese di Saluzzo (il qualecacciatodel suo statoera con mille fanti in sulla montagna)riteneva gliuomini d'arme per la guardia del paese. Aggiugnevasi che l'armata diCesareuna delle principali speranzeguidata da don Ugo di Moncadaallievo del Valentinouomo di pravo ingegno e di pessimi costumiappariva inferiore alla armata del re di Francia; la quale partita daMarsilia si era fermata nel porto di Villafranca. Entrorno nondimenonella Provenza; la Palissa la Foglietta Renzo da Ceri e Federigo daBozzolecapitani del reperché non aveano forze sufficientia opporsi si andavano continuamente ritirando. Una partecamminandoallato al marespugnò la torre imminente al porto di Tolonedalla quale furno condotti all'esercito due cannoni. ArrendessiAsaiscittàper la sua degnità e perché virisiede il parlamentoprincipale della Provenzae molte altre terredel paese. Desiderava il duca di Borbone che da Asaisdiscostandosidal maresi cercasse di passare il fiume del Rodanoper entrare piúnelle viscere dello stato del re di Franciamentre che erano debolile sue provisioni; perché le genti d'arme sueavendo patitomolto e maltrattate ne' pagamenti dal remolto esausto di danari eche non aspettava che gli inimici di Lombardia passassino in Franciaerano ridotte in tale disordine che non si potevano cosípresto riordinare; e diffidandocome sempredella virtú de'fanti del suo reame era necessitato aspettareinnanzi uscisse incampagnala venuta di fanti svizzeri e tedeschi: nel quale spazio ditempo pensava Borbone di poterepassando il Rodanofare qualcheprogresso importante. Ma altra fu la sentenza del marchese di Pescarae degli altri capitani spagnuoli; i quali per l'opportunitàdel mare desideravanocome sapevano essere la intenzione di Cesareche si acquistasse Marsiliaporto opportunissimo a molestare conl'armate marittime la Francia e a passare di Spagna in Italia. Allavolontà de' quali non potendo repugnare il duca di Borboneposero il campo a Marsilia; nella quale città era entratoRenzo da Ceri con quegli fanti italiani che da Alessandria e da Lodierano stati menati in Francia. Intorno a Marsilia dimororno vanamentequaranta díperchébenché battessino da piúparti le mura con l'artiglierie e tentassino di fare le minenondimeno si opponevano alla spugnazione molte difficoltà: lamuraglia assai forte di antica strutturala virtú de'soldatila disposizione del popolodivotissimo a' re di Francia einimicissimo al nome spagnuoloper la memoria che Alfonso vecchiod'Aragonaritornando da Napoli con armata marittima in Ispagnaaveaall'improviso saccheggiata quella cittàla speranza delsoccorso cosí dalla parte del mare come perché il re diFranciavenuto in Avignone città del pontefice posta in sulRodanoraccoglieva continuamente grande esercito. Aggiugnevasi cheall'esercito mancavano danari. Mancavano similmente le speranze cheil re di Franciaassaltato da altre partifusse impedito a volgerea una parte sola tutti i suoi provedimenti: perché il re diInghilterracon tutto che appresso a Borbone avesse mandato RiccardoPacceoricusava di pagare i centomila ducati per il secondo mese;meno faceva segni di muovere la guerra nella Piccardiaanziavendoricevuto nell'isola Giovan Giovacchino dalla Spezie mandatogli dal redi Franciae rispondendo il cardinale sinistramente agli oratori diCesaredava dell'animo suo non mediocre sospetto. Né dallaparte di Spagna corrispondeva la potenza alla volontà: perchéavendo le corti di Castiglia (cosí chiamano la congregazionede' deputati in nome di tutto il regno) negato a Cesare di sovvenirlodi quattrocentomila ducaticome sogliono fare ne' casi gravi del renon avea potuto mandare danari all'esercito che era in Provenzanéfare da' confini suoi contro al re di Francia se non deboli movimentie di pochissima riputazione. Onde i capitani cesareidisperati diottenere Marsiglia e temendocome il re si accostavanon incorrerein gravissimo pericololevorno il campo da Marsiliail medesimo dínel quale il reraccolti seimila svizzeri (la venuta de' qualiaspettando avea tardato)si mosse d'Avignone con tutto l'esercito.Levato il campo da Marsiliai capitani di Cesare voltorono subito lafronte a Italiaprocedendo con grandissima celeritàperchéconoscevano in quanto pericolo si ridurrebbono se nel paese inimicosi fusse accostato loro o tutto o parte dell'esercito del re diFrancia; e da altra parte il regiudicando d'avere occasione moltoopportuna di ricuperare il ducato di Milano per l'esercito potenteche aveaperché sapeva essere deboli le cose degli inimicieperché sperava andando per il cammino diritto dovere essere inItalia innanzi all'esercito che si partiva da Marsiliadeliberòseguitare quel beneficio che la fortuna gli porgeva; la qual cosamanifestò agli uomini suoi con queste parole: - Io hostabilito di voleresenza indugiopassare in Italia personalmente;qualunque mi conforterà al contrario non solo non saràudito da me ma mi farà cosa molto molesta. Attenda ciascuno aeseguire sollecitamente quel che gli sarà commessoo cheappartiene all'ufficio suo. Iddioamatore della giustiziae lainsolenza e temerità degli inimici ci ha finalmente aperta lavia di ricuperare quel che indebitamente ci era stato rapito. -

Aqueste parole corrispose e la costanza nella determinazione e lacelerità dell'esecuzione. Mosse subito l'esercitonel qualeerano dumila lancie e ventimila fanti; fuggito il congresso dellamadreche da Avignone veniva per confortarlo che non passando imonti amministrasse la guerra per capitani. Commesse a Renzo da Ceriche co' fanti che erano stati seco a Marsilia salisse in sull'armataeo per non prestare l'orecchie a' ragionamenti della concordia odiffidando del ponteficevietò che l'arcivescovo di Capuamandato a lui per passare poi a Cesareprocedesse piú oltrema che o trattasse seco per lettereaspettando in Avignone appressoalla madreo ritornasse al pontefice. E se (come scrisse iattabondoin Italiapresupponendo forsesecondo l'uso di moltile coseragionate e disegnate per già fatte o eseguite) avesse colmedesimo ardore fatto seguitare gli inimici che si partivanosarebbeper avventuracon poco sangue e senza pericolorimasto vincitore ditutta la guerra. Ma essi disprezzando le molestie date da' paesani eseguitati da piccole forze del reprocedendo con grandissimo ordineper la riviera del mare si condussono a Monaco; ove rotte in moltipezzi l'artiglierie e caricatele in su' muliper condurle piúfacilmentepervennero al Finale: nel qual luogo intesa la mossa delreraddoppiornoper essere a tempo a difendere il ducato di Milanonel quale non erano rimaste forze sufficienti a resisterequellacelerità che prima aveano usata per salvarsi. Cosíprocedendo l'uno e l'altro esercito verso Italiapervennonoin undí medesimoil re di Francia a Vercelliil marchese diPescara co' cavalli e co' fanti spagnuoli ad Alva; seguitando il ducadi Borbone co' fanti tedeschi per intervallo di una giornata; ilqualenon dando spazio di respirare a se stessoandò il díseguente da Alva a Voghieracammino di quaranta migliaper andareil prossimo dí a Pavia; ove si congiunse col vicerévenuto da Alessandriaove avea lasciato alla custodia duemila fanticon grandissima prestezzain tempo che già l'esercito del recominciava a toccare le ripe del Teseno. Quivi consultando tra loro econ Ieronimo Morone delle cose comuniebbono il primo pensierolasciata sufficiente guardia in Paviadi fermarsi come l'altre volteaveano fatto in Milano: però ordinorno che subito vi andasseil Morone per provedere alle cose necessariee che il duca diMilanoil quale aveano mandato a chiamarelo seguitasse; essilasciato Antonio de Leva a Pavia con trecento uomini d'arme e circacinquemila fantida pochi spagnuoli in fuoritutti tedeschisimossono verso Milano.

Cap.x

Miserecondizioni di Milano dopo la peste. Parole del Morone ai milanesi. Ifrancesi sotto Milanodove pongono un presidio per l'assedio delcastello. Difficoltà di Cesare: contegno degli antichiconfederati. Vano assalto del re di Francia a Pavia; vani tentatividi deviare le acque del Ticino; assedio della città.

Mala città di Milanoafflitta dalla peste grandissima chel'avea vessata quella statenon pareva piú simile a semedesima: perché del popolo era morto numero grandissimodiquegli che aveano fuggito tanto infortunio molti erano assentinonridotta dentro la copia delle vettovaglie consuetadifficili i modidel fare provedimenti di danari; de' riparinon avendo alcuni attesoa conservarglila maggiore parte per terra: e nondimenoin tantedifficoltàsarebbe stata la antica prontezza degli uominialle medesime fatiche e pericoli. Ma il Moroneconoscendo che ilmettere l'esercito in Milano piú tosto partorirebbe la ruinadi quello che la difesa della cittàfatta altradeliberazionefermatosi in mezzo della moltitudineparlòcosí: - Noi possiamo oggi direné con minore molestiadi animole parole medesime che nelle angustie sue disse ilSalvatore: "lo spirito certamente è prontola carneinferma". Voi avete il medesimo ardore che avete avuto sempre diconservarvi per signore Francesco Sforza; a lui trafiggonocomesempreil cuore i pericoli e le calamità del suo dilettopopolo; egli è parato a mettere la vita propria per salvarvivoi con non minore prontezza l'esporreste al presente che molte voltel'avete esposta per il passato. Ma alla volontà noncorrispondono da parte alcuna le forze; perché per l'essere lacittà quasi vota d'abitatoriesserci strettezza divettovagliemancamento di danari e i bastioni quasi per terranonci è modo di proibire che i franzesi non ci entrino. Duole alduca quanto la morte l'essere necessitato ad abbandonarvima moltopiú che la morte gli dorrebbe che il volervi difendere fussecagione dell'ultimo eccidio vostrocome senza dubbio alcuno sarebbe.Ne' mali tanto gravi è tenuto prudente chi elegge il maleminorechi non si dispera tanto che abbandoni con una soladeliberazione tutte le sue speranze. Però il duca vi confortaa cedere alla necessitàche ubbidiate al re di Francia perriserbarvi a tempi migliori; i quali abbiamo grandissime cagioni disperare che presto ritorneranno. Non abbandonerà il duca alpresente se medesimonon abbandonerà in futuro voi. Lapotenza di Cesare è grandissimala fortuna inestimabile; lacausa è giustissimagli inimici sono quegli medesimi chetante volte sono stati vinti da noi. Risguarderà Iddio lapietà vostra verso il ducala pietà del duca verso lapatria; e dobbiamo tenere per certo chepermettendo ora a qualchebuon fine quello a che ci costrigne la necessità presentecidarà presto contro all'inimico superbissimo vittoria tale chefelicemente con lunga pace ci ristoreremo da tante molestie. - Dopole quali paroleavendo fatto mettere vettovaglie in castellosiuscí della città. Andava e il duca a Milanononsapendo quel che avesse fatto il Morone; ma a fatica uscito di Paviascontrò Ferrando Castriota che guidava l'artiglieriadalquale avvertito che una grande parte degli inimici avea passato ilTesinoe che avendo scontrato in sul fiume Zucchero borgognone co'suoi cavalli leggieri l'aveano rottotemendo non trovare il camminoimpeditoritornò a Pavia. Nelle quali cose benché ilduca e il Morone fussino proceduti sinceramentenondimeno i capitanidi Cesareche erano coll'esercito a Binascoinsospettiti cheoccultamente non fussero convenuti col re di FranciamandornoAlarcone con dugento lancie a Milanoper seguitarlo o no secondo gliavvisi ricevessino da lui. Alla giunta del qualeil popoloche giàconcordava con alcuni fuorusciti che convenivano in nome del reripreso animo chiamò il nome di Cesare e di Francesco Sforza.Ma Alarconeconoscendo essere vana la speranza del difendersi epresentito approssimarsi già l'avanguardia franzeseuscíper la porta Romana alla via di Lodi; ove eziandio si era voltatotutto l'esercito imperialenel tempo medesimo che gli inimicicominciavano a entrare per le porte Ticinese e Vercellina: i qualise non si volgendo a Milano avessino atteso a seguitare l'esercito diCesarestracco per la lunghezza del cammino nel quale aveano perdutemolte armi e cavallisi crede per certo che con somma facilitàl'arebbono dissipato; e se purepoi che erano accostati a Milanofussino andati subito verso Lodinon arebbono avuto i capitani diCesare ardire di fermarvisi; e forsepassando con celerità ilfiume dell'Addaarebbono con la medesima facilità messo indisordine grande le reliquie degli inimici. Ma il reo parendogliforse di molta importanza lo stabilire alla sua divozione Milanonella quale città gli era sempre stata fatta la resistenzaprincipaleo non conoscendo l'occasione o movendolo altra cagionenon solamente si accostò a Milanodove né entròegli né volle che l'esercito entrassema si fermò permettervi il presidio necessario e ordinare l'assedio del castellonel quale erano settecento fanti spagnuoli; avendocon laude grandedi modestia e benignitàproibito che a' milanesi non fussefatta molestia alcuna.

Ordinateche ebbe le cose di Milano voltò l'esercito a Paviagiudicando essere inutile alle cose sue lasciarsi dopo le spalle unacittà nella quale erano tanti soldati: e avea il resecondoche era la famacomputati quegli che rimanevano a Milanodumilalancie ottomila fanti tedeschi seimila svizzeri seimila venturieriquattromila italianii quali italiani dipoi molto si augumentorono.Nel qual tempode' capitani di Cesaresi era fermato il marchese diPescara in Lodi con duemila fanti; e il vicerélasciateguardate AlessandriaComo e Trezzosi era ridotto a Sonzinoinsieme con Francesco Sforza e con Carlo di Borbone; i qualiintratante difficoltà e angustie ripreso alquanto d'animo per laandata del re a Paviae pensando al riordinarsi se la difesa diquella città dava loro tempo (perché altrimenti niunorimedio conoscevano)mandorno in Alamagna a soldare seimila fanti;allo stipendio de' qualie a altre spese necessariesi provedevacon cinquantamila ducati che Cesareperché nella guerra diProvenza si spendessinoa Genova mandati avea. Ma sopra tutte lecose disturbava i consigli loro la penuria di danarinon avendofacoltà di trarne del ducato di Milanoné sperandod'avereper la impotenza suada Cesare altro provedimento checommissione che a Napoli si vendesse il piú si potevadell'entrate del regno. Piccolo o forse niuno sussidioo di soldatio di danarisperavano dagli antichi confederati; perché dalpontefice e dai fiorentinirichiesti di porgere danariottenevanoparole generali: perché il papadopo la partitadell'ammiraglio di Italia deliberato al tutto di non si mescolarenelle guerre tra Cesare e il re di Francianon aveva mai volutorinnovare la confederazione fatta coll'antecessore né farelega nuova con alcun principe; anzibenché si dimostrasseinclinato a Cesare e al re di Inghilterraaveva occultamente primapromesso al re di Francia di non se gli opporre quando assaltasse ilducato di Milano; e i vinizianiricercati dal viceré cheordinassino le genti alle quali erano tenuti per i capitoli dellalegabenché non negassino rispondevano freddamentecomequegli che aveano nell'animo di accomodare i consigli a' progressidelle coseo perché appresso a molti di loro risorgesse lamemoria della congiunzione antica col re di Franciao perchécredessino egli passato in Italia con tante forze contro a inimiciimparatissimi dovere essere vittoriosoo perché piúche il solito avessino a sospetto la ambizione di Cesareconciossiachécon ammirazione e quasi querela di tuttaItalianon avesse investito Francesco Sforza del ducato di Milano.Movevagli oltre a questo l'autorità del ponteficei cuiconsigli ed esempio in questo tempo non mediocremente risguardavano.

Mail re di Franciaaccostatosi a Pavia dalla parte di sopratra ilfiume del Tesino e la strada per la quale si va a Milanofermata lavanguardia nel borgo di Santo Antonio di là dal Tesinoinsulla strada che conduce a Genovaegli alloggiato alla abbazia diSan Lanfranco lontana un miglio dalle murabatté conl'artiglierie da due parti due dí le murae dipoi conl'esercito ordinato cominciò a dare la battaglia; ma apparendola terra dentro essere bene riparata e dimostrandosi gli inimicimolto valorosi a difendersie per contrario vedendosi ne' suoimanifesti segni di temenza e già essendone stati ammazzatimoltidette il segno di ritirarsi; e comprendendo quanto fussedifficile l'espugnare una cittàdifesa da tanti uomini diguerracoll'impeto delle battagliesi voltò a opere ditrincee e di cavalieri con grandissimo numero di guastatoriintentoa tagliare i fianchi perché i soldati piú sicuramentevi si accostassino. A questa opera che si dimostrava lunga edifficile aggiunse il fare le mineper pigliarlase altrimenti nongli riuscissea palmo a palmo; e ultimatamentefacendolo moltodiffidare la virtú e il numero de' difensoriavuto ilconsiglio di molti ingegnieri e periti del corso del fiumeil qualedue miglia sopra a Pavia si divide in due cornie poi un miglio disottoinnanzi che entri nel Posi ricongiugnedeliberò didivertire il ramo che passa allato a Pavia nel ramo minore detto ilGravalonesperando dovergli poi essere facile spugnarla da quellaparte donde il muroper la sicurtà che dava la profonditàdell'acqueniuno riparo aveva. Nella quale operatentata conmoltitudine quasi innumerabile d'uomini e con grandissima spesanésenza timore di quegli di dentroconsumò molti dí; orarovinando l'impeto dell'acquala quale per le pioggie immoderategrossissima era divenutagli arginiche nel letto dove il fiume sidivide si lavoravano per sforzarlo a volgersi nel ramo minoreorasperando il re di superare con la possanza degli uomini e de' danarila violenza del fiume. Finalmente l'esperienza dimostrò quelche quasi sempre apparisce che piú può la rapiditàdel fiume che la fatica degli uomini o la industria de' periti. Peròil reprivato della speranzadella forza e delle operedeterminòdi perseverare nell'assediocolla lunghezza del quale speravaridurre quegli di dentro in necessità di arrendersi.

Cap.xi

Nuovie inutili tentativi di concordia del pontefice: suoi accordi col redi Francia; nuove angustie e difficoltà di Cesare.

Mamentre che queste cose si fanno e si preparanoil ponteficepoi cheebbe inteso il re avere occupato Milanocommosso dal principio tantoprospero e perciò desideroso di assicurare le cose propriemandò a lui Gianmatteo Giberto vescovo di Verona suo datariouomo a sé confidentissimo ma né anche ingrato al re.Commessegli che prima andasse a Sonzino a confortare il vicerée gli altri capitani alla concordiadimostrando dovere andare al redi Francia per la medesima cagione; i qualigià cresciuti disperanza per la resistenza di Paviagli risposono ferocemente nonvolere prestare orecchie ad alcuna composizione per la quale il reavesse a ritenere un palmo di terra nel ducato di Milano. Simile eforse piú dura disposizione trovò nel re di Franciaenfiato per la grandezza dell'esercito e per la facoltà nonsolamente di sostentarlo ma di accrescerlo; col quale fondamentoprincipalmente affermava essere passato in Italia e non per lasperanza sola d'avere a prevenire gli inimicibenché dicessee questo essergli in buona parte succeduto. Sperare al certo diottenere Paviala quale tuttavia continuava di battere aspramenteper l'opere faceva intorno alle mura; alle quali confidava che gliinimiciavendocome si comprendeva per la infrequenza del tiraremancamento di munizioninon potrebbono resisteree per laderivazione che ancora non era disperata del Tesino e per la carestiadel pane che era dentro; né stimare premio degno di tantefatiche e di spesa cosí immoderata la ricuperazione sola delducato di Milano e di Genovama pensare non meno ad assaltare ilregno di Napoli.

Trattossidipoi tra loroe con piccola difficoltà se gli dette laperfezionela cagione principale per la quale il datario era statomandato; perché il pontefice s'obligò a non dare aiutomanifesto o occulto contro al re e che il medesimo farebbono ifiorentinie il re ricevette in protezione il pontefice e ifiorentiniinserendovi specialmente l'autorità che avea inFirenze la famiglia de' Medici: la quale concordia convennono non sipublicasse se non quando paresse al pontefice; e nondimenoancorache non pervenisse allora alla notizia de' capitani di Cesarecresceva in essi continuamente il sospetto conceputo di lui. Peròper certificarsi al tutto della sua mentemandorno a lui Marinoabate di Nagera commissario del campoa proporgli insieme speranza etimore: perché da una parte gli offerivano cose grandissimedall'altra gli dimostravano cheessendo Cesare e il re venutiall'ultima contenzionenon poteva Cesare altro che riputare chefusse stato contro a sé chiunque non fusse stato con lui. Mail pontefice rispondevaniuna cosa meno convenire a sé che ilpartire dalla neutralità nelle guerre tra príncipicristianiperché cosí richiedeva lo ufficio pastoralee perché potrebbe con maggiore autorità trattare lapace: per la qualenel tempo medesimoprocurava con Cesare; a cuiavuta licenza dalla madre del re di passare da Lione in Spagnadopol'acquisto di Milanopervenne l'arcivescovo di Capuae scusato cheebbe con le medesime ragioni il pontefice del non avere volutorinnovare la legacome Cesareintesa la andata del re verso Italiaaveva instantemente dimandatolo confortò efficacemente insuo nome che o con la tregua o con la pace si deponessino l'armi.Inclinavano l'animo suo alla concordia le difficoltà nellequali vedeva essere ridotto: non avere modo di fare in Ispagnaprovedimento alcuno di danari per le cose di Italiala prosperitàche si dimostrava del re di Franciail sospetto che il re diInghilterra non fusse occultamente convenuto con l'inimico; perchéquel re non solamente ricusava che cinquantamila ducatii qualifinalmente aveva proveduti a Roma per la guerra di Provenzasimandassino all'esercito di Lombardiama (quel che causava sospettomaggiore) dimandava a Cesarecostituito in tante necessitàche gli restituisse i danari prestati e che gli pagasse tutti queglia' quali era tenuto: perché Cesareinsino quando passòin Ispagnacupidissimo della sua congiunzioneper rimuovere tuttele difficoltà che lo potevano tenere sospesosi obligòa pagargli la pensione che ciascuno anno gli dava il re di Francia eventimila ducati per le pensioni che il medesimo re pagava alcardinale eboracense e ad alcuni altrie trentamila ducati che peril doario si pagavano alla reina biancastata moglie del re Luigi;delle quali promesse non avea insino a quel dí pagata cosaalcuna. E nondimeno Cesarecon tutto che alla afflizione dell'animosi aggiugnesse la infermità del corpoperché il doloreconceputo quando cominciorno ad apparire le difficoltà dellaspugnazione di Marsilia gli avea generata la quartanao perchéla mente sua indisposta a cedere all'inimico non si piegassenaturalmente per alcune difficoltà o perché confidassenella virtú del suo esercitose si conducessino mai a faregiornata con gli inimicio promettendosi dovere essere perl'avvenire favorito non meno immoderatamente dalla fortuna che per ilpassato stato fusserispondeva non essere secondo la degnitàsua fare alcuna convenzione mentre che il re di Francia vessavacoll'armi il ducato di Milano.

 

Cap.xii

Disegnie preparativi del re di Francia per la spedizione contro il reame diNapoli: obiezioni del pontefice. I preparativi sospesi e ripresi;proposte del pontefice al viceré. Discussione nel consigliodell'esercito di Cesare. Risposta del viceré al pontefice.Breve del pontefice a Cesare; risposta dell'oratore pontificio allequerele di Cesare.

Aveain questo mezzo deliberato il re di Francia di assaltare il reame diNapolisperando o che il vicerémosso dal pericolo perchénon vi era rimasto presidio alcunoabbandonerebbeper andare adifenderlolo stato di Milanoo almeno cederebbe a deporre l'armicon inique condizioni; il che il remosso dalle difficoltà diottenere Pavia cominciava a desiderare. Destinò che a questaguerra andasse Giovanni Stuardo duca d'Albaniadel sangue de' re diScoziacon dugento lancie [secento] cavalli leggieri e quattromilafanti che si levassino dall'esercitola metà italianiquattrocento svizzeri e gli altri tedeschi; e cheper unirsi a luiRenzo da Ceri scendesse a Livorno co' fanti destinati per l'armatala quale ritardata dalle difficoltà de' provedimenti necessaridimorava ancora nel porto di Villafranca; e che Renzo medesimo e glialtri Orsini soldassino nel paese di Roma [quattro]mila fanti: laquale deliberazione feceper Alberto conte di Carpi oratore suonota al ponteficericercandolo che permettesse che a Roma sisoldassino i fanti e consentisse che l'esercito passasse per lo statodella Chiesa. Grave era questa dimanda al ponteficea cui sarebbestato molestissimo che al re di Francia pervenisse oltre al ducato diMilano il regno di Napolimanon avendo ardire apertamente dinegarlaconfortava il re che per allora non facesse questa impresané mettesse lui in necessità di non gli concederequello che per giusti rispetti non poteva consentire; dimostrandoglicon prudente discorso questo pensiero essere contro alla propriautilità: perché se la cupidità di ricuperare ilducato di Milano gli avea per il passato concitati tanti inimicichefarebbe ora il vedersi che aspirasse anche al regno di Napoli? chemaraviglia sarebbe se questo movesse i viniziani a prendere la guerraper Cesaretrapassando ancora gli oblighi della loro confederazione?Considerasse chese per disavventura si difficultassino i progressisuoi in Lombardiacon che riputazione potrebbono procedere nel regnodi Napolie che la declinazione in qualunque di questi luoghipartorirebbe la caduta nell'altro; e che in ultimo si ricordassed'averlo commendato di essersi ritirato all'ufficio del ponteficeperò non convenire che ora lo astrignesse a fare il contrario.Ma invano si dicevano queste coseperché il ducanonaspettata la rispostaaveacome certo della concessione delponteficepassato il Po al passo della Stellata che è nellostato di Milano: benché il quinto dí poi ritornòindietroperché il reavendo notizia che giàcominciavano ad arrivare agli inimici i fanti tedeschi e che il ducadi Borbone era andato nella Alamagna per muoverne maggiore quantitàvolle serbarsi intero l'esercito insino non venisse nuovo supplementodi svizzeri e grigionii quali avea mandati a soldare.

Nelquale tempo procedevano le cose di ciascuna delle parti quasioziosamente. Il re continuava l'assedio di Pavianon intermettendo ilavori delle trincee e il molestarla con l'artiglierie; gliimperialiaspettando il ritorno di Borbonesi riposavano: eccettoche il marchese di Pescaranella providenza e ardire del quale lamaggiore parte de' consigli ma certamente tutte l'esecuzioni siriposavanouscito una notte di Lodi con dugento cavalli e dumilafantientrato all'improviso nella terra di Melziguardatanegligentemente da Ieronimo e da Gianfermo da Triulzi con dugentocavallifece prigioni i capitani con la maggiore parte de' soldati;de' quali Ieronimopoco poimorí di una ferita ricevuta nelcombattere. Arrivorno dipoi all'esercito del re i svizzeri egrigioni; alla venuta de' quali il duca di Albaniamosso di nuovopassò il Po alla Stradella del piacentino.

Dallaquale inclinazione non potendo il pontefice divertire il renéforseper non lo insospettirenon ne facendo molta instanzagliparve tempo opportuno a manifestare agli imperiali le convenzionifatte prima con lui e a rinnovare la menzione della concordia; allaqualeper la difficoltà dell'ottenere Pavia e per il pericolodel regno di Napolisperava dovere trovare minore durezza inciascuna delle parti. A' quali effetti mandò Paolo Vettoricapitano delle sue galeea significare al viceré: non averemai potutobenché n'avesse fatto grandissima diligenzarimuovere il re dalla deliberazione di assaltare il reame di Napoli;né potereper non trasferire la guerra in sé (allaquale non potrebbe resistere) vietargli il passoanzi esserenecessitato ad assicurarsi con nuove convenzioni da lui; nelle qualinon consentirebbe mai condizione alcuna nociva a Cesarea cuiconoscere niuna cosa essere piú utilein tante difficoltàche la pace; la quale perché si potesse trattare innanzi che idisordini piú oltre procedessinoconfortare il viceréa consentire che l'armi si sospendessino; deponendo (perchéaltrimenti il re non vi condiscenderebbe) in mano di persona nonsospetta quel che in nome di Cesare e del duca si teneva ancora nelducato di Milano. Sperare chefatto questosi converrebbe inqualche modo onesto della pace: per la quale proponeva che il ducatodi Milanoseparandosi in tutto dalla corona di Franciafusse conl'investitura di Cesare (il quale in ricompenso ne ricevesse sommaconveniente di pecunia) conceduto al secondogenito del re; che cononesto modo si provedesse al duca di Milano e al duca di Borbone; eche il pontefice i viniziani e i fiorentini si obligassino a unirsicon Cesare contro al rein caso non osservasse le cose promesse.

Conoscevanoi capitani di Cesare la grandezza delle difficoltà e de'pericoliavendo in un tempo medesimo a sostenere in tanta penuria didanari la guerra in Lombardia e a pensare al regno di Napoliabbandonati manifestamente da' sussidi del pontefice e de'fiorentinie già certi che i viniziani farebbono il medesimo;i qualise bene soldando nuovi fanti si ingegnassino dare speranzadi volere osservare la legadifferivano con varie scusel'esecuzione. Però il vicerénon alieno con l'animodalla concordiainclinava per la sicurtà del regno di Napolia ritirarvisi con l'esercito. Ma prevalse nel consiglio il parere delmarchese di Pescara; il qualeprocedendo parimente con audacia e conprudenzadimostrò essere necessariodispregiati gli altripericolifermarsi alla guerra di Lombardiadalla vittoria dellaquale tutte l'altre cose dipendevano. Non essere destinate tali forzead assaltare il regno di Napoliné potere con tal celeritàcondursi làove erano molte terre fortie la resistenza dicoloro la salute de' quali consisteva nel difenderloche almeno nonsi dovesse per piú e piú mesi sostenere; nel qual tempoverisimilmente si imporrebbe alla guerra di Milano l'ultima mano: secon vittoriachi dubitava che vincendo libererebbono subito il reamedi Napoliquando bene per Cesare non si tenesse altro che una torresola? Stando fermi in Lombardia potere essere vincessino a Milano e aNapoliandando a Napoli si perdeva al certo Milano né siliberava il regno dal pericoloove incontinente tutta la guerra sitrasferirebbe: e con quale speranzaritornandovi come vinti? dondecon tanta riputazione vi entrerebbono gli inimicitanta sarebbel'inclinazione de' popoli (che per natura per odio per paura si fannoincontro alla fortuna del vincitore)che non piú sidifenderebbe il regno di Napoli che il ducato di Milano. Némuovere altro il re di Franciadubbio ancora de' successi diLombardiaa dividere l'esercitoa cominciare una guerra nuovamentre pendeva la primache la speranza che per troppa sollecitudinedel regno di Napoli gli lasciassino in preda tutto lo stato diMilano: per i cui consigli deliberarsiper i cui cenni muoversil'esercito tante volte vincitoreche essere altro che con eternainfamia concedere alle minaccie de' vinti quella gloria che tantevolte contro a loro s'aveano con l'armi acquistata? La quale sentenzaseguitando finalmente il viceré mandò a Napoli il ducadi Traiettocon ordine cheraccolti piú danari che sipotesseAscanio Colonna e gli altri baroni del regno attendessino adifenderlo; e ancora che alla imbasciata fattagli in nome delpontefice avesse risposto modestamente scrisse con molta acerbitàa Romaricusando volere udire ragionamento alcuno di concordia dondeil ponteficemostrando essere menato dalla necessitàperchéil duca di Albania continuamente andava innanzipublicònoncome cosa fatta primaessere convenuto col re di Francia con unasemplice promessa di non offendere l'uno l'altro: il che significòeziandio per uno breve agli atti di Cesareallegando le cagioni especialmente la necessità che l'avea indotto. Il quale brevepresentato da Giovanni Corsi oratore fiorentino e aggiunte quelleparole che convenivano a tale materiaCesareil quale primadimostrava non si potere persuadere che il pontefice in tantopericolo l'abbandonassecommosso molto di animorispose che néodio né ambizione né alcuna privata cupiditàl'avea indotto a pigliare da principio la guerra contro al re diFranciama le persuasioni e l'autorità del pontefice Leoneconfortato a questo (come si diceva) dal presente pontefice cheallora era il cardinale de' Medicidimostrandogli importare moltoalla salute publica che quel re non possedesse cosa alcuna in Italia:il medesimo cardinale essere stato autore della confederazione cheinnanzi alla morte di Adriano ponteficesi fece per la medesimacagione. Però essergli sommamente molesto che colui che sopratutti gli altri era tenuto a non si separare da luine' pericoli ne'quali era stato autore che entrasseavesse fatto una mutazione chetanto gli nocevae senza alcuna necessità: perché ache si potere attribuire altro che a soperchio timorementre chePavia si difendeva? Ricordò quel che avea sempredopo lamorte di Lione e specialmente in due conclavioperato per la suagrandezzae il desiderio che avea avuto che e' fusse assunto alpontificatoper mezzo del quale avea creduto s'avesse a stabilire lalibertà e il bene comune d'Italia; né si persuadere cheal pontefice fusse uscito della memoria la poca fede del re diFranciané quel che dalla sua vittoria potesse o temere osperare. Conchiuse che né per la deliberazione del ponteficebenché indebita e inaspettatané per qualunque altroaccidente abbandonerebbe se medesimoné confidasse alcuno cheper mancamento di danari avesse a mutare sentenzaperchémetterebbe prima a ogni pericolo tutti i regni e la vita propria: edessere tanto fisso in questo che supplicava Iddio non fusse cagionedella dannazione della sua anima. Alle quali querele replicaval'oratore fiorentino: il papapoi che fu eletto alla supremadegnitàessere stato obligato a procedere non piú comecardinale de' Medici ma come pontefice romanol'ufficio del qualeera pensare e affaticarsi per la pace de' cristiani; perciònon avere mai ricordato altro che la necessità che se n'aveascrittone sí spesso a lui e mandatogli l'arcivescovo di Capuadue voltee protestato che il debito suo era non aderire ad alcuno;avere ricordato il medesimo quando l'ammiraglio partí diItalianon si potendo in tempo alcuno trattare con maggiore onoreper lui: né avere riportata altra risposta che non si poterefare senza consentimento del re di Inghilterra. Ricordassesi Cesarequanto il pontefice avesse dissuaso il passare nella Provenzaperchési turbava in tutto la speranza della pace e perchécomeindovino delle cose che erano succeduteavea predetto che lanecessità che si poneva al re di Francia di armarsi potrebbeessere occasione di suscitare incendio in Italia di maggioripericoli. Avere per il vescovo di Verona confortato il regiàpossessore di Milanoe il viceréalla concordia; ma in niunoavere trovato inclinazione alla pace. Avere dipoi negatocon molteragioni e con grandissima efficaciadi consentire il passo per lostato della Chiesa alle genti che andavano contro al regno di Napoli;ma il re non solo essere stato sordo alle parole sue manonaspettata la sua rispostaaverle già fatte passare nelpiacentino. Perciò avere ultimamente mandato Paolo Vettori aconfortare il viceré alla sospensione dell'armiproponendoglile condizioni conformi al tempo; e a certificarlo della necessitàche avea di assicurarsi dal pericolo imminentevedendo massime staresospesi i vinizianie il re di Inghilterra alieno dal concorrerealla difesa del ducato di Milano senel tempo medesimoper Cesare eper lui non si muoveva la guerra di là da' monti: ma vedendoil viceré ricusare tutti i modi proposti e le genti del reprocedere sempre innanziera stato costretto pigliare la fede esicurtà da luinon si obligando ad altro che a nonl'offendere. Lamentavasi Cesarela condizione proposta al viceréessere stata molto dura: aversi a dipositare dalla sua parte quellosi tenevasenza fare menzione che dal re di Francia si facesse ilmedesimo. E finalmenteancora che il marchese di Pescaraconfortandolo alla concordiagli avesse significato essere nel campomolti disordini e le cose in gravissimo pericolonondimeno nonpiegava l'animo alla pacesperando per il valore de' suoi soldati lavittoria se gli eserciti si conducessino l'un contr'all'altro acombattere.

Cap.xiii

Inviodi munizioni del duca di Ferrara al re di Francia; il duca diAlbaniacapo della spedizione contro il reame di NapolipressoLucca. Fazione di Varagine. Il duca di Albania a Siena: riordinamentodel governo della città. Fanti assoldati in Roma e dal duca edai Colonnesi suoi avversari.

Perseveravain questo tempo l'assedio di Paviabenché cessato alquantoper mancamento di munizioni il molestarla con l'artiglierie. Allaquale difficoltà il re per provedere era stato contento che ilduca di Ferrararicevuto nuovamente da lui in protezionecon obligodi pagargli in pecunia numerata settantamila ducatine convertisseventimila in valore di tante munizioni; le quali si conducevano peril parmigiano e piacentinocon animali e carra de' paesani prestateper commissione del pontefice: non senza grave querela del vicerécome se questo fusse prestare espressamente aiuto al re di Francia.Le quali perché sicuramente si conducessino avea mandato aincontrarlecon dugento cavalli e mille cinquecento fantiGiovannide' Medici: il qualenel principio della guerraquerelandosi diessere veduto con malo occhio dal viceré né gli esseredati tanti danari che bastassino a muovere i soldatiera daglistipendi di Cesare passato agli stipendi del re. E pareva che adassicurare le munizioni bastasse questo presidioper la propinquitàdel duca di Albania il quale nel tempo medesimo avea passato il Po;ma il viceré e il marchese di Pescara per impedirlegittatoil ponte presso a Cremonapassorno il Po con secento uomini d'arme eottomila fantialloggiando a Monticelli il primo dí:nondimenoritornorno presto di là dal fiumeavendo sentitoche il re per opporsi loro mandava Tommaso di Fois con una partedello esercito. Dopo la partita de' quali il duca di Albania passòper il territorio di Reggio e la Carfagnanal'Apennino; maprocedendo con lentezza tale che confermava l'opinione che il repiúper indurre con questo timore i capitani di Cesare o a concordia o adabbandonare le cose di Lombardia che per speranza di fare progressitentasse questa impresa. Unissi con lui presso a Lucca Renzo da Cericon [tre]mila fanti venuti in sulla armataalla quale nel passare siera arrenduta Savona e Varagine; e ritornata l'armata nella rivieraoccidentale di Genova teneva in sospetto quella città.

Séguital'anno mille cinquecento venticinque. Nel principio del quale don Ugodi Moncadapartito da Genova con l'armatascese in terra contremila fanti a Varaginedove erano a guardia alcuni fanti de'franzesi; ma venendovi al soccorso l'armata franzesedella quale eracapitano il marchese di Saluzzol'armata inimica essendo restatasenza fanti si ritiròperò i fanti franzesiscesi interraassaltati gli inimici e mortine moltigli ropponoe presonodon Ugo.

Nelprincipio dell'anno medesimoil duca di Albania astrinse i lucchesia pagargli dodicimila ducati e a prestargli certi pezzi diartiglierie; e dipoi proceduto piú innanzi per il dominio de'fiorentinida' quali fu raccolto come amicosi fermò con loesercito appresso a Siena: pregato a questo dal ponteficeil qualepoi che né con l'autorità né con le armi potevaovviare a quel che gli era molestosi sforzava di condurre i suoidisegni con l'arte e con la industria. Non dispiaceva al ponteficeche il re di Francia conseguisse il ducato di Milanoparendogli chementre stavano in Italia Cesare e il reche la sedia apostolica e ilsuo pontificato fussino sicuri dalla grandezza di ciascuno di loro.Questa medesima ragione causava che gli fusse molesto che il re diFrancia acquistasse il regno di Napoliacciò che in mano diuno principe tanto potente non fusse in uno tempo medesimo quelloreame e il ducato di Milano: peròcercando occasione didifferire l'andata del duca di Albaniafece instanza col re che neltransito riordinasse il governo di Siena; il quale il ponteficeessendo quella città situata in mezzo tra Roma e Firenzedesiderava sommamente che fusse in mano degli amici suoicome peropera sua era stato pochi mesi innanzi. Perché essendonelpontificato di Adriano morto il cardinale Petruccio e pretendendoalla successione sua nel governo Francesco suo nipotese gliopposono per la sua insolenza i principali del Monte de' novecontutto che fussero della medesima fazione; facendo instanza col ducadi Sessaoratore cesareoe col cardinale de' Medici che fusse dataaltra forma al governoo riducendola a libertà o volgendoquella autorità a Fabio figliuolo di Pandolfo Petruccibenchénon molto innanzi si fusse occultamente fuggito da Napoli: la qualecosaventilata lungamentefu finalmentecome Clemente fu assuntoal pontificatoper consentimento comune suo e di CesarerestituitoFabio nel luogo paterno. Ma non avendo l'autorità che avevaavuta il padrela città quasi tutta inclinata alla libertàquegli del Monte de' nove non molto uniti con lui né moltoconcordi tra lorola debolezza che ha la potenza di uno quando non èfondata in sulla benivolenza de' cittadini né si reggetotalmente e senza rispetti a uso di tirannopartorí (nonostante che alla piazza fusse la guardia dependente da lui) chesuscitato uno giorno per opera de' suoi avversarisenza aiuto alcunode' forestieritumulto popolarefu con piccola difficoltàcacciato della città; donde il ponteficeil quale nonconfidava né nella moltitudine né in altra fazionedeliberò ridurre in loro l'autoritàper costituirnepoi capo o Fabio o chi altri di loro gli paresse: cosa che agliimperiali (come il sospetto cominciato fa che tutte le cose siripigliano in mala parte) accrebbe l'opinione che la capitolazionetra il pontefice e il re di Francia contenesse da ogni parte maggiorieffetti e obligazioni che di neutralità. Dal fermarsi il ducad'Albania intorno a Siena procedette che i sanesiper liberarsidalle molestie dell'esercitodettono amplissima autorità aquegli cittadini che erano confidenti al pontefice sopral'ordinazione del governo: la qual cosa come fu fattaricevute da'sanesi artiglierie e certa quantità di danaripassòpiú oltrema procedendo colla consueta tardità. Andòda Montefiascone a Roma a parlare al ponteficee di poi passato ilTevere a Fiano si fermò nelle terre degli Orsinidove siraccoglievano i fanti che si soldavano in Roma con permissione delpontefice; il quale permetteva medesimamente che i Colonnesii qualiper la difesa del regno di Napoli facevano la massa a Marinosoldassino in Roma fanti. Ma per la tardità del procedereeperché da ogni parte apparivano pochissimi danariera questomovimento in piccolissimo concetto: gli occhi l'orecchie gli animidegli uomini erano tutti attenti alle cose di Lombardia; le qualicominciando ad affrettarsi al fineaccrescevano per vari accidenti aciascuna delle parti ora la speranza ora il timore.

Cap.xiv

Difficoltàdegli assediati in Pavia; risposta dei veneziani all'oratore diCesare. Scarsezza di danari nell'esercito di Cesare. Milizie cesareein marcia verso Pavia. Diversità di pareri nel consiglio delre di Francia. Il re delibera di perseverare nell'assedio dellacittà; nuove disposizioni delle forze assedianti. Le forze delre di Francia. Gli imperiali prendono il castello di Sant'Angelo.Casi sfortunati per i francesi. Perché i grigioni richiamanogli uomini propri soldati dal re. Appoggio del re d'Inghilterra aCesare.

Eranogli assediati in Pavia angustiati dalla carestia de' danariaveanostrettezza di munizioni per l'artiglieriecominciava a mancare ilvino edal pane in fuoritutte l'altre vettovaglie; onde i fantitedeschi già quasi tumultuosamente dimandavano danariconcitati dal capitano lorooltre a quello che per se stessifaceano: del quale si temeva che secretamente non fusse convenuto colre di Francia. Da altra parte il viceréavvicinandosi il ducadi Borboneil quale conduceva dell'Alamagna cinquecento cavalliborgognoni e seimila fanti tedeschisoldati co' danari del re de'romaniera andato a Lodiove pensavano raccorre tutto l'esercito;riputando dovere avere esercito non inferiore agli inimici. Ma permuovere i soldati e per sostentargli non aveano né danari néfacoltà alcuna di provedernedegli aiuti del pontefice e de'fiorentini erano del tutto disperatimedesimamente di quegli de'viniziani. I qualidopo aver interposto varie scuse e dilazioniaveano finalmente risposto al protonotario Caracciolooratore diCesare appresso a lorovolere procedere secondo che procedesse ilponteficeper mezzo del quale si credeva che secretamente avessinoconvenuto col re di Francia di stare neutrali; anzi confortavanooccultamente il pontefice a fare scendere in Italia agli stipendicomuni diecimila svizzeriper non avere a temere della vittoria diciascuno de' due eserciti: cosa approvata da luima per carestia didanari e per sua naturaeseguita tanto lentamente che molto tardimandò in Elvezia il vescovo di Veroli a preparare gli animiloro.

Sollevòalquanto le difficoltà di Pavia la industria del vicerée degli altri capitani: perché mandati nel campo franzesealcuni a vendere vinoAntonio de Levaavuto il segnomandòa scaramucciare da quella parte; donde levato il romorei venditorirotto il vaso grandecorsono in Pavia con uno piccolo vasetto messoin quellonel quale erano rinchiusi tremila ducati: per la qualepiccola somma fatti capacii tedeschi della difficoltà delmandarglistettono in futuro piú pazienti. E levòanche il fomento de' tumulti la morte del capitanoproceduta intempo tanto opportuno che si credette fusse statoper opera diAntonio de Levamorto di veleno. Nel qual tempoo poco primailmarchese di Pescaraandato a campo a Cascianoalla custodia dellaqual terra erano cinquanta cavalli e quattrocento fanti italianiglicostrinse ad arrendersi senza alcuna condizione. Ma essendo venutoco' soldati tedeschi il duca di Borboneniuna altra cosa ritardava icapitaniansii del pericolo di Paviache il mancamento tanto grandedi danari che non solamente non potevano pensare agli stipendidell'esercito ma aveano difficoltà de' danari necessari acondurre le munizioni e l'artiglierie: nella quale necessitàproponendo a' fanti la gloria e le ricchezze che perverrebbono lorodella vittoriariducendo in memoria quel che vincitori aveanoconseguito per il passatoaccendendogli con gli stimoli dell'odiocontro a' franzesiindussono i fanti spagnuoli a promettere diseguitare un mese intero l'esercito senza ricevere danarie itedeschi a contentarsi di tanti che bastassino a comperare levettovaglie necessarie. Maggiore difficoltà era negli uominid'arme e ne' cavalli leggieri alloggiati per le terre del cremonese edella Ghiaradadda; perché non avendogià molto temporicevuti danari allegavano non potereseguitando l'esercito ovesarebbe necessario comperare tutte le vettovagliesostentare sée i cavalli. Lamentavansi essere meno grata e meno stimata l'operaloro che quella de' fantine' quali era statapur qualche voltadistribuita alcuna quantità di danariin essigiàtanto temponiuna; e nondimeno non essere inferiori né divirtú né di fedema molto superiori di nobiltàe di meriti passati. Mitigògli animi di costoro il marchesedi Pescaraandato a' loro alloggiamenti; ora scusando oraconsolandogli ora riprendendogli: che quanto erano di virtúpiú chiariquanto piú era manifesto il loro valoretanto piú si doveano sforzare di non essere superati da' fantiné di fede né di affezione verso Cesaredi cui sitrattava non solamente l'onore e la gloria ma di tutti gli stati cheaveva in Italia: la cui grandezza quanto amassinoa cui quantodesiderassino servirenon dovere mai avere maggiore occasione didimostrarlo; e se tante volte aveano per Cesare esposta la vitapropriache vergogna essereche cosa nuovache ora recusassinomettere per lui vile quantità di pecunia? Dalle qualipersuasioni e dalla autorità del marchese mossiconsentironodi ricevere per un mese quasi minima quantità di danari. Cosíraccolto tutto l'esercitonel quale si diceano essere settecentouomini d'armepari numero di cavalli leggierimille fanti italianie piú di sedicimila tra spagnuoli e tedeschipartiti da Lodiil vigesimo quinto dí di gennaioandorno il dímedesimo a Marignano; dimostrando volere andare verso Milanooperché il re mosso dal pericolo di quella città silevasse da Pavia o per dare causa di partirsi da Milano a' soldatiche vi erano alla custodia: nondimenopassato poi appresso aVidigolfo il fiume del Lambrosi dirizzorno manifestamente versoPavia.

Pagavail re nell'esercito [mille trecento] lancie diecimila svizzeriquattromila tedeschi cinquemila franzesi e settemila italianibenchéper le fraudi de' capitani e per la negligenza de'suoi ministriil numero de' fanti era molto minore. Alla guardia diMilano era Teodoro da Triulzi con [trecento] lancie semila fanti tragrigioni e vallesi e tremila franzesi; ma quando gli imperiali sivoltorno verso Pavia richiamòda duemila in fuoritutti ifanti all'esercito. All'uscita degli imperiali alla campagnasidisputava nel consiglio del re quello che fusse da fare; e... dellaTramoglia... della PalissaTommaso di Fois e molti altri capitaniconfortavano che il re si levasse coll'esercito dall'assedio diPaviae si fermasse o al monasterio della Certosa o a Binascoalloggiamenti forti (come ne sono spessi nel paese) per i canalidell'acque derivate per annaffiare i prati. Dimostravano che inquesto modo si otterrebbe prestoe senza sangue e senza pericololavittoria; perché l'esercito inimiconon avendo danarinonpoteva sostentarsi insieme molti dí ma era necessitato o adissolversi o a ridursi ad alloggiare sparso per le terre: che itedeschi che erano in Paviai qualiper non essere imputati dicoprire la timidità con la scusa del non essere pagatisopportavano pazientementecreditori già dello stipendio dimolti mesisubito che e' fusse levato l'assedio dimanderebbono ilpagamento; al quale non avendo i capitani modo di provedere nésperanza apparente colla quale gli potessinobenchévanamentenutrireconciterebbono qualche pericoloso tumulto: nonconservarsi insieme gli inimici con altro che colla speranza di farepresto la giornata; i qualicome vedessino allungarsi la guerra ediscostarsi l'opportunità del combatteresi empierebbono didifficoltà e di confusione. Dimostravano quanto fussepericoloso stare con l'esercito in mezzo di una cittànellaquale erano cinquemila fanti di nazione bellicosissimae di unoesercito che veniva per soccorrerlapotente e di numero d'uomini edi virtú e di esperienza di capitani e di soldatie feroceper le vittorie ottenute per il passatoe il quale avea collocatotutte le speranze sue nel combattere. Non essere infamia alcuna ilritirarsi quando si fa per prudenza non per timiditàquandosi fa per ricusare di non mettere in dubbio le cose certequando ilfine propinquo della guerra ha a dimostrare a tutto il mondo lamaturità del consiglio; e niuna vittoria essere piúutile piú preclara piú gloriosa che quella ches'acquista senza danno e senza sangue de' suoi soldati; e la primalaude nella disciplina militare consistere piú nel non siopporre senza necessità a' pericolinel renderecon laindustria con la pazienza e con l'artivani i conati degliavversariche nel combattere ferocemente. Il medesimo eraconsigliato al re dal ponteficea cui il marchese di Pescaratemendo di tanta povertàaveva prima significatoledifficoltà dell'esercito di Cesare essere tali che glitroncavano quasi tutta la speranza di prosperi successi. Nondimeno ilrele cui deliberazioni si reggevano solamente co' consiglidell'ammiraglioavendo piú innanzi agli occhi i romori vanie per ogni leggiero accidente variabiliche la sostanza salda deglieffettisi riputava ignominia grande che l'esercitonel quale eglisi trovava personalmentedimostrando timore cedesse alla venutadegli inimici; e lo stimolava (quello di che quasi niuna cosa fannopiú imprudentemente i capitani) che si era quasi obligato aseguitare co' fatti le parole dette vanamente: perché epalesemente aveva affermatoe molte volte in Francia e per tuttaItalia significatoche prima eleggerebbe la morte che muoversi senzala vittoria da Pavia. Sperava nella facilità di fortificare ilsuo alloggiamento di maniera che non potria essere disordinato alloimproviso da assalto alcuno; sperava cheper l'inopia de' danariogni piccola dilazione disordinerebbe gli inimicii qualinonavendo facoltà di comperare le vettovaglie e necessitati diandare predando i cibi per il paesenon potrebbono stare fermi aglialloggiamenti; sperava similmente dare impedimento alle vettovaglieche s'arebbono a condurre al campodelle quali sapeva la maggioreparte essere destinata da Cremonaperché di nuovo aveasoldato Giovanlodovico Palavicinoacciò che o occupasseCremonadove era piccolo presidioo almeno interrompesse la sicurtàche da quella città si movessino le vettovaglie. Questeragioni confermorno il re nella pertinacia di perseverarenell'assedio di Paviae per impedire agli inimici l'entrarvi ridussein altra forma l'alloggiamento dell'esercito. Alloggiava prima il redalla parte di Borgorattoalla badia di San Lanfrancoposta circaun mezzo miglio di là da Pavia e oltre alla strada per laquale da Pavia si va a Milano e in sul fiume del Tesinovicino alluogo dove fu tentata la diversione dell'acque; la Palissae conl'avanguardia e co' svizzerialle Ronchenel borgo appresso allaporta di Santa Iustinafortificatosi alle chiese di San Piero diSant'Appollonia e di San Ieronimo; alloggiava Giovanni de' Medicico' cavalli e fanti suoialla chiesa di San Salvadore. Ma intesa lapartita degli inimici da Lodiandò ad alloggiare nel barcoal palagio di Mirabello situato di qua da Pavia; lasciati a SanLanfranco i fanti grigionima non mutato l'alloggiamento dellaavanguardia. Ultimatamentepassò il re ad alloggiare a'monasteri di San Paolo e di San Iacopo luoghi comodi ed eminenti ecavalieri alla campagnavicinissimi a Pavia ma alquanto fuori delbarco; trasferito ad alloggiare a Mirabello [monsignore] d'Alansonecol retroguardo. E per potere soccorrere l'un l'altro roppono il murodel barco da quella parteoccupando lo spazio del campo insino alTesinodalla parte di sottoe dalla parte di sopra insino allastrada milanese; di maniera chetenendo circondata intorno intornoPaviae il Gravelone e il Tesino e la Torrettache èdirimpetto alla darsina in mano del renon potevano gli imperialientrare in Pavia se o non passavano il Tesino o non entravano per ilbarco.

Risedevail peso del governo dell'esercito nell'ammiraglio: il reconsumandola maggiore parte del tempo in ozio e in piaceri vaninéammettendo faccende o pensieri gravidispregiati tutti gli altricapitanisi consigliava con lui; udendo ancora Anna di MemoransíFilippo Ciaboto di Brione e... di San Marsaupersone al re grate madi piccola esperienza nella guerra. Né corrispondeva il numerodell'esercito del re a quello che ne divulgava la famama eziandio aquello che ne credeva esso medesimo: perchéessendo dellacavalleria una parte andata col duca di Albania un'altra parterimasta con Teodoro da Triulzi alla guardia di Milanomoltialloggiando sparsi per le ville e terre circostantinon alloggiavanofermamente nel campo oltre ottocento lanciee de' fantide' qualisi pagavaper le fraudi de' capitani e per la negligenza de'ministri del renumero immoderatoera diversissima la veritàdall'opinioneingannando sopra tutti gli altri i capitani italianii quali lo stipendio per moltissimi fanti ricevevano ma pochissimi netenevano: il medesimo accadeva ne' fanti franzesi. Duemilavalligianiche alloggiavano a San Salvadore tra San Lanfranco ePaviaassaltati all'improviso da quegli di dentroerano statidissipati.

Inquesto stato delle cose i capitani imperialipassato che ebbero ilLambrosi accostorno al castello di Santangelo; il qualesituatotra Lodi e Paviaarebbe datose non fusse stato in potestàloroimpedimento grandissimo al condurre delle vettovaglie da Lodiallo esercito. Guardavalo Pirro fratello di Federico da Bozzole con[du]cento cavalli e [otto]cento fanti; e il repochi díprimaper non mettere i suoi temerariamente in pericoloavevamandato a considerare il luogo il medesimo Federico e Iacopo Cabaneoi quali riferirono quel presidio essere bastante a difenderlo. Mal'esperienza dimostrò la fallacia de' discorsi loro: perchéessendovisi accostato Ferdinando Davalo co' fanti spagnuoli e avendocon l'artiglierie levate alcune difesequegli di dentro impauriti siritirorno il dí medesimo nella roccae poche ore dappoipattuirono cherimanendo prigioni PirroEmilio Cavriana e trefigliuoli di Febus da Gonzagagli altri tuttilasciate l'armi e icavalli e promesso non militare per un mese contro a Cesaresipartissero.

Chiamòancora il re dumila fanti italiani di quegli di Marsiliache erano aSavona; i quali (secondo scrive il Capella) essendo arrivati nelloalessandrino presso al fiume di UrbeGaspar Mainoche con millesettecento fanti era a guardia di Alessandriauscito fuora con pocagentegli assaltò; e avendogli trovati stracchi per ilcammino e senza guardieperché non avevano sospetto di essereassaltatigli ruppe con poca fatica; e fuggendo nel Castellaccioentrò dentro alla mescolata con loro: i quali si arrenderonocon diciassette insegne. Né ebbe migliore successo la curadata a Gian Lodovico Palavicino; il qualeentrato con quattrocentocavalli e dumila fanti in Casalmaggioredove non erano muraefattivi ripari e occupato dipoi San Giovanni in Crocecominciòdi quel luogo a correre il paeseattendendo quanto poteva a romperele vettovaglie. Però Francesco Sforzache era a Cremonafatto con difficoltà mille quattrocento fantigli mandòcon pochi cavalli di Ridolfo da Camerino e co' cavalli della suaguardia verso Casalmaggioresotto Alessandro Bentivoglio; i qualiaccostatisiil Palavicino col quale era Niccolò Varolosoldato de' franzesiil decimo ottavo dí di febbraioconfidando nello avere piú gentenon aspettato FrancescoRangone che doveva venire con altri fanti e cavalliuscito fuora siattaccò con loro; e volendo sostenere i suoi che già siritiravanofatto cadere da cavallofu fatto prigione e tutti i suoirotti e dissipati.

Aggiunsesialle cose del re di Francia un'altra difficoltà: perchéGian Iacopo de' Medici da Milanocastellano di Musdove era statomandato dal duca di Milano per l'omicidio fatto di Monsignorino EttorVisconteposto di notte uno agguato a canto alla rocca di Chiavennasituata in su uno colle a capo del lago e distante dalle case delcastelloprese il castellanouscito fuora a passeggiaree condottosubito alla porta della rocca minacciando di ammazzarloindusse lamoglie a dargli la rocca; il che fattoegliimmediatescopertosidi un altro agguato con trecento fanti ed entrato per la rocca nellaterrala prese: donde le leghe de' grigionipochi dí innanzial conflittorevocorno i seimila grigioni che erano nello esercitodel re.

Arrivòin questo tempo nello esercito imperiale il cavaliere da Casalemandato dal re d'Inghilterra con promesse grandie con ordine dilevare i cinquantamila ducati di Viterbo: perché quel recominciando ad avere invidia alla prosperità del re diFranciae mosso ancora che nel mare di verso Scozia erano stateprese dai franzesi certe navi inghilesiminacciava rompere la guerrain Franciae desiderava sostenere l'esercito imperiale. Peròcommesse al Pacceoche era a Trentoche andasse a Vinegia aprotestare in nome suo la osservanza della lega; alla quale sisperava gli avesse a indurre piú facilmente che Cesare avevamandato la investitura di Francesco Sforza in mano del vicerécon ordine ne disponesse secondo le occorrenze delle cose. Feceancora il re d'Inghilterra pregare dall'oratore suo il pontefice cheaiutasse le cose di Cesare; a che il pontefice si scusò per lacapitolazione fatta col re di Franciaper sua sicurtàsenzaoffesa di Cesare; dolendosi ancora chedopo il ritorno delloesercito di Provenzaera stato venti dí innanzi avesse potutointendere i loro disegnie se avevano animo di difendere o diabbandonare lo stato di Milano.

 

Cap.xv

Gliimperialioccupati i luoghi vicini a Paviasi accostanoall'esercito nemico; sussidio di munizioni agli assediati.Scaramuccie fra i soldati nemici; trattative di tregua per opera deinunzi del pontefice presso i due eserciti. Ferita di Giovanni de'Medici. Battaglia di Pavia.

Maerano già di piccolo momento i trattamenti e le pratiche de'príncipi e le diligenze e sollecitudini degli imbasciadoriperché approssimandosi gli eserciti si riduceva la somma ditutta la guerrae delle difficoltà e pericoli sostenuti moltimesialla fortuna di poche ore. Conciossiaché l'esercitoimperialedopo l'acquisto di Santo Angelospingendosi innanzi andòad alloggiareil primo dí di febbraioa Vistarino e ilsecondo dí a LardiragoSanto Alesso e le due porte del barcopassato la Lolona piccolo fiumicello; il quale alloggiamento erapropinquo quattro miglia a Pavia e a tre miglia del campo franzese: eil terzo o quarto dí di febbraio venne ad alloggiare in Praticredo verso porta Santa Iustinadistendendosi tra PratiTrelevero ela Mottae in uno bosco a canto a San Lazzero; alloggiamenti vicinia due miglia e mezzo di Paviaa uno miglio della vanguardia franzesee a mezzo miglio de' ripari e fosse del campo loroe tanto viciniche molto si danneggiavano con l'artiglierie. Avevano gli imperialioccupato Belgioioso e tutte le terre e il paese che avevano allespalle eccetto San Colombanonel quale perseverava la guardiafranzesema assediatache niuno poteva uscirne: avevano in SantoAngelo e in Belgioioso trovata quantità grande di vettovaglie;e si sforzavanoper esserne piú copiosiacquistare il Tesinocome avevono acquistato il Podonde le impedivano a' franzesi:tenevano Santa Croce; e avendo il requando andò adalloggiare a Mirabelloabbandonata la Certosanon vi andavano gliimperiali perché non fussino impedite loro le vettovaglie.Tenevano San Lazzero i franzesima per l'artiglierie degli inimicinon ardivano di starvi. Correva in mezzo tra l'uno e l'altroalloggiamento una rozacioè uno rivolo di acqua correntedetto la Vernaculache ha origine nel barco; il quale passando inmezzo tra San Lazzero e San Piero in Verge entra nel Tesino: ilqualecome molto importantesforzandosi gli imperiali di passareper potere con minore difficoltà procedere piú innanzii franzesi valorosamente lo difendevano; e ciascuno sollecitamente ilproprio alloggiamento fortificava. Il canale della Vernacula eraalquanto profondocon le ripe alte in modo non si poteva passaresenza ponte; e passava tra Santa Croce e San Lazzero. Aveva loalloggiamento del re grossi ripari a fronte alle spalle e al fiancosinistrocircondati da fossi e fortificati con bastionie al fiancodestro il muro del barco di Pavia; in modo era riputato fortissimo.Simigliante fortificazione aveva l'alloggiamento degli imperialiquali tenevano tutto il paese da San Lazzero verso Belgioioso insinoal Po; in modo che l'esercito abbondava di vettovaglie. Vicini iripari dell'uno alloggiamento all'altro a quaranta passie ibastioni sí propinqui che si tiravano con gli archibusi. Inquesto modo stavano alloggiati gli eserciti l'ottavo dí difebbraioe scaramucciavano a ogn'ora; ma ciascuno teneva il camponel forte suonon volendo fare giornata a disavvantaggio; e parevaa' capitani imperiali avere insino a quel dí guadagnato assaipoiché si erano accostati tanto a Pavia che facendosi giornatapotevano essere aiutati dalle genti che vi erano dentro. Pativasi inPavia di munizioni; però gli imperiali mandorno cinquantacavalliciascuno con uno valigiotto in groppa pieno di polvere; iquali entrati di notte per la via di Milanoaspettando che perordine di quegli del campo si facesse dare all'arme a' franzesisicondussono salvi in Pavia: donde spesso uscendo Antonio de Levaeinfestando quegli di fuoraassaltati i grigioni che erano allaguardia di Borgoratto e di San Lanfrancotolse loro tre pezzi diartiglieria e parecchie carra cariche di munizioni. I qualipochi dípoirevocati da' loro superiori si partirno dall'esercito.

Inquesto stato delle cose era incredibile la vigilanza la industria ele fatiche del corpo e dell'animo del marchese di Pescarail qualedí e notte non cessavacon scaramuccie col dare all'arme confare nuovi lavoridi infestare gli inimici; spingendosi sempreinnanzicon cavamenti con fossi e con bastioni. Lavoravano unocavaliere sopra il canalee danneggiandogli molto i franzesi con duepezzi piantati a San Lazzerovoltatavi l'artiglieria lo rovinornoegli costrinsono ad abbandonarlo. Però pativano i franzesimolto da uno cavaliere fatto nel campoe il simigliante da un altroche era fatto a Pavia. Ed eransi fortificati in modo con bastioni econ riparie fatti tali cavalieriche offendevano assai il campofranzese ed erano poco offesi: però i franzesi mutavanoartiglierieper battergli per fiancofacendo continuamente ogniopera gli spagnuoli per andare innanzi a palmo a palmo. Erano anchein tanta vicinitàfrequenti le scaramuccienelle quali quasisempre i franzesi restavano inferiori; non si intermettendo in partealcuna le fazioni per la pratica della treguala quale continuamentesi trattava per i nunzi del pontefice che erano nell'uno esercito enell'altro; né mancando ancheassiduamentemolti de' piúintimi del ree il pontefice molte voltedi confortarlo che perfuggire tanto pericolo si discostasse con l'esercito da Paviaperessere necessario cheper la penuria che avevano gli inimici didanariottenesse in brevissimo tempo e senza sangue la vittoria. Ildecimo settimo dí di febbraioquegli di Pavia usciti fuorascaramucciorno con la compagnia di Giovanni de' Mediciil qualeonorevolmente gli rimesse dentro; e ritornando poi a mostrareall'ammiraglio il luogo e le cose accadute nella fazioneessendoascosti alcuni scoppettieri in una casafu ferito con uno scoppiosopra 'l tallone e rottogli l'ossocon dispiacere grande del re; perla quale ferita fu necessitato farsi portare a Piacenza. Per laferita del quale si rimessenelle scaramuccie e negli assaltisubititutta la ferocia del campo franzese; e quegli di Paviauscendo ogni dí fuora con maggiore ardiree avendo abbruciatala badia di San Lanfrancosempre battevano i franzesii qualiparevano molto inviliti; e la notte de' diciannove venendo i ventiil marchese di Pescara con tremila fanti spagnuoli assaltò ibastioni de' franzesie salito (secondo scrive il Numaio) su per iripariammazzò piú di cinquecento fanti e inchiodòtre pezzi di artiglieria.

Finalmentenon essendo possibile a' capitani imperiali sostenere piúpermancamento di danaril'esercito loro in quello alloggiamentoeconsiderando che ritirandosi non solo si perdeva Pavia ma restavanosenza speranza di difendere l'altre cose che possedevano del ducatodi Milanoavendo anche grandissima confidenza di ottenere lavittoria per la virtú de' soldati loro e perchénell'esercito franzese erano moltissimi disordinie oltre a essernepartiti molti fanti non corrispondendo il numerodi lunghissimointervalloa quegli che erano pagati: la notte avanti ilvigesimoquinto dí di febbraiogiorno dedicato secondo il ritode' cristiani all'apostolo Matteo e il medesimo dí natale diCesaredeliberatisecondo dicono alcunidi assaltare l'esercitodel realtri diconodi andare a Mirabello dove alloggiavano alcunecompagnie di cavalli e di fanticon intenzionenon si movendo ifranzesidi avere liberato lo assedio di Paviae movendositentarela fortuna della giornata- però avendo (secondo scrivonoalcuni) fatto dare nelle prime parti della notte piú volteall'armi per straccare i franzesifingendo volergli assaltare versoil PoTesino e San Lazzerodipoia mezza notteessendosi percomandamento de' capitani tutti i soldati messi una camicia biancasopra l'armi per segno di riconoscersi da' franzesifatto (secondoscrive il Cappella) due squadre di cavalli e quattro di fantinellaprima seimila fanti divisi in parti eguali di tedeschi spagnuoli eitaliani sotto il marchese del Guastola seconda solo di fantispagnuolila terza e quarta di tedeschi; - e arrivati al muro delbarcocon muratori ed eziandio con aiuto de' soldatiessendoqualche ora innanzi giornogittorno in terra sessanta braccia dimurosecondo il Cappella: il Numaioche andorno alle due porte delbarcopresonle ed etiam gittorno a terra piú braccia di murasecondo il Barbaroppeno in piú luoghi il muro del barco perfare in uno tempo tre assalti: uno con tremila fanti tra lanzi espagnuoli alla volta di Mirabellodove (secondo lui) alloggiava ilre con parte dello esercito; l'altro nel resto delle genti d'arme cheerano piú a basso co' svizzerinel bosco grande del barcoequesti due assalti non con grande sforzo ma tanto che intratenesse; ecol resto del campo assaltare al traverso del campo franzese. Escrive il Cappella che il muro fu gittato in terra con tanto silenzioche i franzesi non sentirnoma di questo il re poi disse ilcontrario; e che entrati nel barcola prima squadra andò allavolta di Mirabelloil resto dello esercito alla volta del campo; mache il reintesa la entrata nel barcopensando andassino aMirabellouscí degli alloggiamenti e venne a combattere in sula campagnala quale credo fusse aperta e spianata dal redesideroso si combattesse piú presto quivi che altroveper lasuperiorità di cavalli. E secondo il Numaiopresono ilcammino verso Mirabello e castel di Pavia; e che i franzesicredendovolessino andare a Milanovoltorno subito l'artiglierie e fecionogrande danno al retroguardo; e che gli imperiali avevano nellavanguardia quattrocento cavalli leggieri e quattromila traarchibusieri e scoppiettieriche si attaccorno con lo squadrone delreche ordinariamente era la battaglia masecondo camminavano glispagnuolifu la vanguardia. Scrive il Cappella chescontrato il renella prima squadra degli spagnuolii suoi furno costretti dagliscoppi a piegareinsino a tanto chesopravenendo i svizzeriglispagnuoli furno ributtati da' svizzeri e dalla cavalleria che gliassaltò per fianco; e che sopragiunsero i tedeschi e ruppenocon molta uccisione i svizzeri: ed essendo il re con grande numero digente d'arme entrato nella battagliae sforzandosi fermare i suoidopo avere combattuto alquantoferito il cavallo ed egli caduto interrafu preso da cinque soldati che non lo conoscevano; masopravenendo il vicerédandosi a conoscere venne in sua mano.Nel quale tempoil Guasto con la prima squadra aveva rotto i cavalliche erano a Mirabello; e il Levail quale (secondo dicono alcuni)aveva a questo effetto gittato in terra tanto spazio di muro chepotevano uscirne in uno tempo medesimo cento e cinquanta cavalliuscito di Pavia aveva assaltato i franzesi alle spallein modo chetutti si messono in fugae quasi tutti svaligiati eccetto ilretroguardo de' cavalliil qualesotto Alansonnel principio dellabattaglia si ritirò intero. Scrive il Barba che quella terzaparte piú grossache assaltò al traverso del campofranzesefu piegata dalle artiglierie di sorte che se il viceréper avviso di Pescaranon soccorreva erano rottima la sua giuntagli ricompose e seguitò lo assalto gagliardo; che lascoppietteria spagnuola dette ne' svizzerie gli voltò disorte che fece fare il medesimo alla gente d'arme; che quegli diPavia con sei bandiere assaltorono i fanti franzesi che alloggiavanoquasi al diritto del castelloe con l'aiuto dell'artiglierie gliruppeno subito; che al re fu morto il cavallo sottoe feritoleggiermente in una mano e piú leggiermente nel volto. IlNumaio: che lo squadrone del reassaltato da detti scoppiettierisimesse in rottae nel ritirarsi disordinò gli altri fanti e ilresto dello esercito; che al re fu morto il cavallo sottoed essendoin mezzo di molti che lo volevano prigione vi corse il vicerée con molte riverenze gli baciò la manoe [lo] ricevéprigione in nome dello imperadoreferito leggiermente in una mano epiú leggiermente nel volto; e che di Pavia uscirno tutti icavalli e tremila fanti. Il Cappella: che in questa giornata morirnotra di ferro e di essere affogatifuggendonel Tesinopiúdi ottomila nel campo franzese e circa venti de' primi signori diFranciatra' quali l'ammiraglioIacopo Cabanneoil marisciallo diFrancia (credo sia la Palissa)la Tramogliail grande scudiereObigníBoisí e lo Scudo; il qualepervenuto ferito inpotestà degli inimiciespirò presto. Furono fattiprigioni il re di Navarrail bastardo di SavoiaMemoransíSan PoloBrioneLa ValleCiandéAmbricortGaleazzoVisconteFederigo da BozzoleBernabò VisconteGuidanes einfiniti gentiluominie quasi tutti i capitani che non furonoammazzati; fu preso anche Ieronimo Leandro vescovo di Brindisinunzio del ponteficema per comandamento del viceré fuliberato: de' quali prigioni San Polo e Federigo da Bozzolecondottinel castello di Pavianon molto dipoicorrotti gli spagnuoli chegli guardavanosi liberorno con la fuga. Che degli imperiali morirnocirca settecentoma nessuno capitano eccetto Ferrando Castriotamarchese di Santo Angelo; e che la preda fu sí grande che maifurno in Italia soldati piú ricchi. Il marchese di Pescaraebbe due ferite di picca e una di scoppioe Antonio da Leva fuferito leggiermente in una gamba. E de' franzesi annegorno molti nelTesino; e Pavia si poteva poco piú teneremancandovi massimeil vino. E i genovesi avevano poco innanzi fatto tregua co' franzesiper tempo di uno mese. E il Numaio: che nella giornata morirno intutto seimila uomini. Salvossi di tanto esercito il retroguardoguidato da Alansondi [quattrocento] lancie; il qualesenzacombattere o essere assaltato o seguitatointeroma lasciati icarriaggisi ritirò con grandissima celerità nelPiamonte. Della quale vittoria subito che fu pervenuto il rumore aMilanoTeodoro da Triulzi restatovi in presidio con quattrocentolanciese ne partí verso Musoccoseguitandolo tutti isoldati alla sfilata: in modo cheil dí medesimo che fu fattala giornatarestò libero dai franzesi tutto il ducato diMilano. Fu il re condottoil dí seguente dopo la vittorianella rocca di Pizzichitone; perché il duca di Milano persicurtà propria malvolentieri consentiva che e' fusse condottonel castello di Milano: dovedalla libertà [in fuori]cheera guardato con somma diligenzaera in tutte l'altre cose trattatoe onorato come re.

Efu di questo successo attribuita per tutto colpa grande o allaavarizia o alla pusillanimità del pontefice: il qualese aldesiderio che ebbe di sospendere l'armi tra gli esercitiinsino atanto che tra i príncipi si fusse convenuto delle differenzeprincipaliavesse accompagnato l'armarsi potentemente e spignere legenti a Parma e Piacenzanon solo arebbe conservato sé inmaggiore riputazionee con piú sicurtà per tutti icasi che potessino succederema eziandio arebbe maneggiato con piúautorità la concordia: trattandola in modo che ciascuna delleparti avesse causa di dubitare che egli pigliasse l'arme in favore dicoloro che fussino manco alieni dalla concordia. Ma mentre cherinvolto nelle sue irresoluzioni e nella cupidità di nonspenderedifferisce di dí in dí l'armarsie peròcon piccola autorità si interpone alla concordiaavendo lagiornata posto fine alla guerrae in tempo che stimolato daiviniziani e confortato da molti altri e ammonito dal pericolo che gliera imminente da chi restasse vincitore si risolveva a soldare incompagnia de' viniziani diecimila svizzeri...