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FrancescoGuicciardini

STORIAD'ITALIA

Volumequattordicesimo





Cap.i

L'anno1521 porta nuove guerreper la gelosia di due potentissimi reall'Italiastata per tre anni in pace. Il pontefice assolda seimilasvizzerisenza che alcuno sappia per quale impresa. Segreti accordidel pontefice col re di Francia. Il regno di Navarra conquistatoall'antico re. I successi dei francesi determinano la concordia inIspagna. Confederazione di Cesare e del pontefice contro il re diFrancia. Ragioni di Cesare sul ducato di Milano.

Sedatonel principio dell'anno mille cinquecento ventuno questo piccolomovimentotemuto piú per la memoria fresca de' fantispagnuoli che assaltorono lo stato d'Urbino che perchéapparissino cagioni probabili di timorecomincioronopochi mesipoia perturbarsi le cose d'Italiacon guerre molto piúlunghe maggiori e piú pericolose che le passate; stimolandol'ambizione di due potentissimi repieni tra loro di emulazione diodio e di sospettoa esercitare tutta la sua potenza e tutti glisdegni in Italia: la qualestata circa tre anni in pacebenchédubbia e piena di sospizionepareva che avesse il cielo il fatoproprio e la fortuna o invidiosi della sua quiete o timidi cheriposandosi piú lungamentenon ritornasse nella anticafelicità. Principio a nuovi movimenti dettono quegli i qualiobligati piú che gli altri a procurare la conservazione dellapacepiú spesso che gli altri la perturbanoe accendono contutta la industria e autorità loro il fuoco; il qualequandoaltro rimedio non bastassedoverebbono col proprio sangue procuraredi spegnere. Perchése bene tra Cesare e il re di Franciacrescessino continuamente le male inclinazioninondimeno néavevano cagioni molto urgenti alla guerra presente néeccedevano tanto l'uno l'altro di potenza in Italia né dialcuna opportunità chesenza compagnia di qualcun altro de'príncipi italianifussino bastanti a offendersi. Perchéil re di Franciaavendo congiunti seco i viniziani alla difesa dellostato di Milanoed essendo i svizzeri non pronti piú a farele guerre in nome proprio ma disposti solamente a servire comesoldati chi gli pagassenon aveva cagione di temere movimento alcunodi Cesarené per via del reame di Napoli né per via diGermania; né da altra parte aveva facilità di offendereCesare nel reame di Napolinon concorrendo seco a quella impresa ilpontefice; il quale ciascuno di lorocon varie offerte e artisicercava di conciliare: in modo che si credeva che se il ponteficeperseverando a stare di mezzo tra tutti duestesse vigilante esollecito a temperarecon l'autorità pontificale e con lafede che gli darebbe la neutralitàgli sdegnie reprimerel'origine de' consigli inquietisi avesse a conservare la pace. Nési vedeva cagione che lo necessitasse a desiderare o a suscitare laguerraperché e prima aveva tentato l'armi infelicemente eamendue questi príncipi tanto grandiaveva da temereparimente della vittoria di ciascuno di loro; conoscendosichiaramente che quello che rimanesse superiore non arebbe néostacolo né freno a sottoporsi tutta Italia. Possedevatranquillamente e con grandissima ubbidienza lo stato amplissimodella Chiesae Roma e tutta la corte era collocata in sommo fiore efelicitàpiena autorità sopra lo stato di Firenzestato potente in quegli tempi e molto ricco; ed egli per naturadedito all'ozio e a' piacerie ora per la troppa licenza e grandezzaalieno sopramodo dalle faccendeimmerso a udire tutto dímusiche facezie e buffoniinclinato ancora troppo piú chel'onesto a' piaceri che si godevano con grande infamiaparevadovesse essere totalmente alieno dalle guerre. Aggiugnevasi cheavendo l'animo pieno di tanta magnificenza e splendore che sarebbestato maraviglioso se per lunghissima successione fusse disceso di regrandissiminé avendo nello spendere o nel donare misura odistinzionenon solo aveva in breve tempo dissipato con inestimabileprodigalità il tesoro accumulato da Giulioma avendodelleespedizioni della corte e di molte sorte di offici nuoviescogitatiper fare danaritratto quantità infinita di pecuniaavevaspeso tanto eccessivamente che era necessitato continuamente apensare modi nuovi da sostenere le profuse spese sue; nelle quali nonsolamente perseverava ma piú presto augumentava. Non avevastimoli di fare grandi alcuni de' suoi; e se bene lo tormentasse ildesiderio di recuperare Parma e Piacenza e di acquistare Ferraranondimeno non parevano cagioni bastanti a indurlo a rivolgeresottosopra lo stato quieto del mondoma piú presto atemporeggiare e ad aspettare l'opportunità e le occasioni. Maè vero quello che si dice: non hanno gli uomini maggioreinimico che la troppa prosperitàperché gli faimpotenti di se medesimilicenziosi e arditi al male e cupidi diturbare il bene proprio con cose nuove. Lionecostituito in talestatoo riputandosi a grande infamia lo avere perduto Parma ePiacenzaacquistate con tanta gloria da Giulioo non potendocontenere lo appetito ardente allo acquisto di Ferrara o parendoglise moriva senza avere fatto qualche cosa grandelasciare infame lamemoria del suo pontificatoo dubitandocome diceva egliche i duereesclusi ciascuno dalla speranza di averlo congiunto seco e perquesto poco abili a offendersi insiemecondiscendessino finalmentetra loro a qualche congiunzione che fusse a depressione della Chiesae di tutto il resto d'Italiao sperandocome io udi' poi dire alcardinale de' Medici conscio di tutti i suoi secreticacciati ifranzesi di Genova e del ducato di Milanopotere poi facilmentecacciare Cesare del reame napoletanovendicandosi quella gloriadella libertà d'Italia alla quale prima aveva manifestamenteaspirato l'antecessore (cosa che non potendo succedere a Leone con leproprie forzesperavamitigato prima in qualche parte l'animo delre di Francia con eleggere qualche cardinale desiderato da lui e coldimostrarsi pronto a concedergli delle altre grazieindurlo a dargliaiuto contro a Cesarecome se fusse per pigliare in luogo di ristoroil sollazzo che a Cesare accadesse il medesimo che era accaduto alui); qualunque lo movesse di queste cagionio una o piú otutte insiemevoltò tutti i pensieri alla guerra e a unirsicon uno di questi due príncipiecongiunto con luimuoverein Italia l'armi contra a l'altro. A' quali pensieri per trovarsipreparatoné potere intratanto essere oppresso da alcunomentre trattava con ciascuno ma piú strettamente col re diFranciamandò in Elvezia Antonio Pucci vescovo di Pistoia (ilquale ottenne poi in altro tempo da lui la degnità delcardinalato) a soldare e condurre nello stato della Chiesa seimilasvizzeri; i quali essendogli senza difficoltà conceduti da'cantoniper la confederazione che dopo la guerra di Urbino avevarinnovata con loroottenuto il passo per lo stato di Milanoglicondusse nel dominio della Chiesaintrattenendogli piú mesiin Romagna e nelle Marche. Essendo incerto ciascuno a che propositonon essendo movimento alcuno in Italiasostenesse oziosamente tantaspesaegli affermava avergli chiamati per potere vivere sicuramentesapendo che ogni dí erano da i ribelli della Chiesa macchinatecose nuove: la quale cagione non parendo verisimilecadevano ne'discorsi degli uomini vari concetti: chiche egli si fusse armatoper timore che egli avesse del re di Franciachi per qualche disegnodi occupare Ferrarachi che avesse inclinazione di cacciare Cesaredel reame di Napoli. Ma tra lui e il re si trattava secretamente diassaltare con l'armi congiunte insieme il regno napoletanoconcondizione che Gaeta e tutto quello che si contiene tra il fiume delGarigliano e i confini dello stato ecclesiastico si acquistasse perla Chiesail resto del regno fusse del secondogenito del re diFrancia; il qualeper essere di età minoreavesse a essereinsino che e' fusse di età maggiore governato insieme colreame da uno legato apostolicoche risedesse a Napoli. Contenevaoltre a questola capitolazione che il re dovesse aiutarlo contro a'sudditi e i feudatari della sedia apostolicacondizione appartenenteallo stabilimento delle cose possedute dalla Chiesa ma non meno allacupidità che aveva il pontefice di acquistare Ferrara.

Nelquale tempomolto opportunamente a questi disegniil re di Franciainvitato dalla occasione de' tumulti di Spagna e confortatone(secondo che poi querelandosi affermava) dal ponteficemandòuno esercito sotto Asparoth fratello di Lautrech in Navarraperrecuperare quel regno al re antico; e nel tempo medesimo [operòche] Ruberto della Marcia e il duca di Ghelleri cominciassino amolestare i confini della Fiandra. Le discordie di Spagna fecenofacile ad Asparoth acquistare il regno di Navarradestituto da ogniaiuto e nel quale non era spenta la memoria del primo re: ma avendocon le artiglierie espugnata la rocca di Pampalonaentrato ne'confini del regno di Castigliaoccupò Fonterabia e corseinsino a Logrogno; dondecome spesso avviene nelle cose umanegiovòa Cesare quel che gli uomini avevano creduto dovergli nuocere. Perchéle cose di Spagnatravagliate insino a quel dí con variprogressierano ridotte in grandissime turbolenze: essendo da unaparte congiunti i popolari e plebeidall'altra avendo prese l'armiin beneficio di Cesare molti signorii quali per lo interesse deglistati temevano la licenza popolare: la quale proceduta a manifestaribellionedesiderosa di avere capo di autoritàaveva trattodella rocca di Sciativa il duca di Calavria; il qualericusando dipigliare l'armi contro a Cesarenon volle discostarsi dalla carcere.Ma l'essere assaltato il regno proprio di Castiglia dal re di Franciacommosse in modo gli animi de' popolii quali senza dispiacereavevano tollerata la perdita del regno di Navarrabenchédiventato per la unione fatta dal re cattolico membro de' regni lorocheparte per questa cagione parte per qualche prospero successo cheaveva avuto l'esercito cesareotutto il reame di Spagnadeposte piúfacilmente le contenzioni tra loro medesimiritornòall'obbedienza del suo re.

Allaprosperità del re di Franciaper la vittoria cosífacile del reame di Navarrasi aggiunsese avesse saputo usare laoccasionemaggiore successo; perché i svizzeriappresso a'quali erano gli imbasciadori suoi e di Cesaresforzandosi ciascunodi essi di congiugnersi con lororifiutatacontro la opinione dimolti e contro la intenzione che avevano datal'amicizia di Cesareabbracciorono la congiunzione col re di Franciaobligandosi aconcedere agli stipendi suoi quanti fanti volessea qualunqueimpresae di non ne concedere ad alcuno altro per usargli a offesadi quello re.

Restavala esecuzione della capitolazione fatta a Roma tra il pontefice elui: della quale essendogli ricercata la ratificazionecominciòa stare sospesoessendogli messo sospetto da molti cheatteso laduplicità del pontefice e l'odio cheassunto al pontificatogli aveva continuamente dimostratoera da dubitare di qualchefraude. Non essere verisimile che il pontefice desiderasse che in luio ne' figliuoli pervenisse il reame di Napoliperché avendoquello regno e il ducato di Milano temerebbe troppo la sua potenza:per certotanta benivolenza scopertasi cosí di subito nonessere senza misterio. Avvertisse bene alle cose sue dagli ingannieche credendo acquistare il regno di Napoli non perdesse lo stato diMilano; perché mandando lo esercito a Napolisarebbe inpotestà del pontefice che aveva seimila svizzeriintendendosico' capitani di Cesaredisfarloe disfatto quelloche difesarimanere a Milano? Né essere da maravigliarsi che ilponteficeavendo tentato che con le forze gli fusse tolto quelducatodisperato di poterlo ottenere altrimenticercasse privarnelocon gli inganni. Queste ragioni commossono il re in modo chestandodubbio del ratificare e forse aspettando risposta di altre pratichenon avvisava a Roma cosa alcunalasciando sospesi il pontefice e gliimbasciadori suoi. Ma il ponteficeo perché veramentegovernandosi con le simulazioni consueteavesse l'animo alieno dalre o perchécome vidde passati tutti i termini delrisponderesospettasse di quel che erae temesse che il re nonscoprisse a Cesare le sue pratiche e che tra loro per questo potessenascere congiunzione in pregiudicio suoconcitato ancora daldesiderio ardente che aveva di ricuperare Parma e Piacenza e di farequalche cosa memorabilesdegnato oltre a questo dalla insolenza diLautrech e del vescovo di Tarba suo ministroi quali non ammettendonello stato di Milano alcuno comandamento o provisioni ecclesiastichele dispregiavano con superbissime e insolentissime paroledeliberòdi congiugnersicontro al re di Franciacon Cesare. Il qualeirritato dalla guerra di Navarrastimolato da molti fuorusciti diMilanocommosso ancora da alcuni del consiglio suo desiderosi diabbassare la grandezza di Ceuresche aveva sempre dissuaso ilsepararsi dal re di Franciasi risolvé a confederarsi colpontefice contro al re; alla qual cosa si crede lo facesse accelerarela speranza di potere facilmentecon l'autorità del ponteficee con la suaindebolire la lega fatta co' svizzeriinnanzi che condoni e con gratificarsegli la consolidasse. Indusse anche a maggioreconfidenza l'animo del pontefice che Cesareavendo udito nella dietadi Vuormazia Martino Lutherchiamato da lui sotto salvocondottoefatto esaminare le cose sue da molti teologii quali avevanoreferito essere dottrina erronea e perniciosa alla religionecristianagli dette per gratificare al pontefice il bando imperiale.La qual cosa spaventò tanto Martino chese le paroleingiuriose e piene di minacci che gli disse il cardinale di San Sistolegato apostolico non lo avessino condotto a ultima disperazionesicrede sarebbe stato faciledandogli qualche degnità o qualchemodo onesto di viverefarlo partire dagli errori suoi. Ma quello chesi sia di questofu fatta tra il pontefice e Cesaresenza saputa diCeures il quale insino a quel tempo aveva avuto in lui sommaautoritàe il quale opportunamente morí quasi ne'medesimi díconfederazione a difesa comuneeziandio dellacasa de' Medici e de' fiorentini: con aggiunta [di] rompere la guerranello stato di Milanoin quegli tempi e modi che insiemeconvenissino: il quale acquistandosirestasse alla Chiesa Parma ePiacenzache le tenesse con quelle ragioni con le quali le avevatenute innanzie cheatteso che Francesco Sforzache era esule aTrentopretendeva ragione nello stato di Milano per la investiturapaterna e per la rinunzia del fratelloche acquistandosi fusse messoalla possessioneobligati i collegati a mantenervelo e difendervelo;che il ducato di Milano non consumasse altri sali che quegli diCervia: permesso al papa non solo di procedere contro a' sudditi efeudatari suoima obligato eziandio Cesareacquistato che fusse lostato di Milanoad aiutarlo contro a loro; e nominatamente alloacquisto di Ferrara. Fu accresciuto il censo del reame di Napoli;promessa al cardinale de' Medici una pensione di diecimila ducati insu l'arcivescovado di Tolleto vacato nuovamentee uno stato nelreame di Napoli di entrata di diecimila ducati per Alessandrofigliuolo naturale di Lorenzo già duca d'Urbino.

Perdeclarazione delle quali cose pare necessario brevemente raccontarequali Cesare pretendeva che fussino in questo tempo le ragioni delloimperio sopra il ducato di Milano. Affermavasi per la parte di Cesareche a quello stato non erano di momento alcuno le ragioni antiche de'duchi di Orliensper non essere stato confermato con l'autoritàimperiale il patto della successione di madama Valentina; e che alpresente apparteneva immediatamente allo imperioperché lainvestitura fatta a Lodovico Sforza per sé e per i figliuoliera stata revocata dall'avolocon amplitudine di tante clausule chela revocazione aveva avuto giuridicamente effettoin pregiudiciomassime de' figliuolii quali non l'avendo mai posseduto avevanoragione in speranza e non in atto; e perciò essere statavalida la investitura fatta al re Luigiper sé e per Claudiasua figliuolain caso si maritasse a Carloe con patto che nonseguendo il matrimonio senza colpa di Carlo fusse nullae che Milanoper la via retta passasse a Carlo; il quale ne fuin caso talepresente il padre Filippoinvestito. Da questo inferirsi che diniuno valore era stata la seconda investitura fatta al medesimo reLuigi per séper la medesima Claudia e per Angueleminpregiudicio di Carlo pupilloe costituito sotto la tutela diMassimiliano. Nella quale non potendo fare fondamento alcuno il representemeno poteva allegare appartenersigli quel ducato per nuoveragioni: perché da Cesare non aveva mai né ottenuta nédimandata la investitura; ed essere manifesto non gli potere giovarela cessione fatta da Massimiliano Sforza quando gli dette il castellodi Milanoperché il feudo alienato di propria autoritàricade incontinente al signore sopranoe perché Massimilianobenché ammesso di consentimento di Cesaremorto in quellostato non n'avendo mai ricevuta la investituranon poteva trasferirein altri quelle ragioni che a sé non appartenevano.

Cap.ii

Progettie tentativi contro Genova e contro il ducato di Milano da parte deglispagnuolidel ponteficedello Sforza e dei fuorusciti. Le miliziefrancesi sotto Reggio; incidenti coi fuorusciti raccolti a Reggio:abboccamento dello Scudo col Guicciardini. Scoppio di polvere erovina di mura del castello di Milano.

Fattaadunquema occultissimamentela confederazione tra il pontefice eCesare contro al re di Franciafu consiglio comune procedereinnanzi che manifestamente si movessino l'armio con insidie o conassalto improvisoin un tempo medesimoper mezzo de' fuorusciticontro al ducato di Milano e contro a Genova. Deliberossi adunque chele galee di Cesareche erano a Napolie quelle del pontefice sipresentassino all'improviso nel porto di Genovaarmate di duemilafanti spagnuolie conducendo seco Ieronimo Adorno; per l'autoritàe séguito del qualemovendosi similmente nel tempo medesimoper opera suagli uomini delle riviere partigiani degli Adornisperavano che quella città tumultuasse. Da altra parte erastato trattatoper Francesco Sforza e per Ieronimo Morone che era aTrento appresso a luicon molti de' principali de' fuoruscitichein Parma in Piacenza e in Cremona fussino assaltate allo improviso legenti franzesi che vi erano alloggiatee il medesimo si facesse inMilano; e che Manfredi Palavicino e il Matto di Brinzicapo di partein quelle montagneconducendo fanti tedeschi per il lago di Comoassaltassino quella cittàdove affermavano avere secretaintelligenza; e che succedendo queste cose o alcuna delle piúimportantii fuorusciti di Milanoche erano molti gentiluomini (iquali si avevano occultamente a trasferire a Reggiodove il dídestinato doveva essere Ieronimo Morone)si movessino per entrarenello stato; facendo con piú prestezza si poteva tremilafanti: al quale effetto il pontefice mandò a FrancescoGuicciardinigovernatore già molti anni di Modena e diReggiodiecimila ducaticon commissione che gli desse al Morone perfare secretamente fanti che fussino preparati al successo di questecose; alle quali il Guicciardino prestasse favore ma occultamenteein maniera tale che dalle azioni de' ministri non potesse il re diFrancia o querelarsi o fare sinistra interpretazione del pontefice.Ma non fu felice l'evento d'alcuna di queste cose. L'armata andata aGenovadi sette galee sottili quattro brigantini e alcune navisipresentò invano al portoperché il doge Fregosopresentendo la loro venutaaveva opportunamente proveduta la terra;però non sentendo muoversi cosa alcuna si ritirorno nellariviera di levante. E in Lombardiaessendo quel che si trattavaeil dovere venire Ieronimo Morone a Reggioin bocca di moltifuoruscitiFederico da Bozzolepervenutogli all'orecchieandòa Milano a notificarlo allo Scudoil quale teneva a Milano il luogodel fratello che poco innanzi era andato in Francia; il qualeraccolte le genti d'arme alloggiate in vari luoghi e dato ordine aFederico che dalle sue castella menasse mille fantiandòsubito con quattrocento lancie a Parmacertificandosi mentre andavaa ogn'ora piúdella verità di quel che Federico gliavea riferito; perché i fuoruscitinon seguitando l'ordinedato dello adunarsi secretamenteerano palesemente andati a Reggiofacendo in tutti i luoghi circostanti richieste d'uomini edimostrazioni manifeste d'avere senza indugio a tentare cose nuove:nel quale modo di procedere continuò Ieronimo Morone venutodopo loromosso per avventura perché quanto piúscopertamente si procedeva tanto piú si genererebbe inimiciziatra il pontefice e il re.

Apparivagià manifestamente a tutti la vanità di questemacchinazioni; e nondimeno lo Scudogiunto a Parmadeliberòla mattina seguentedí solenne per la natività di sanGiovanni Batistaappresentarsi alle porte di Reggio; sperando potereavere occasione di prendere tutti o parte de' fuoruscitio mentreche essi sentendo la sua venuta fuggissino della terra o perchénon vi essendo soldati forestieriil governatoreuomo diprofessione aliena dalla guerrae gli altrispaventatiglienedessinoo forse nella trepidazione della città sperando averequalche occasione di entrarvi dentro. Presentí qualche cosa ilgovernatore di questo: e benchénon essendo ancora notol'assalto di Genovanon gli paresse verisimile che lo Scudo senzacomandamento del suo redando quasi principio alla guerraentrassecon l'armi nel dominio del ponteficenondimenoconsiderando qualispesso siano gl'impeti de' franzesiper non essere del tuttosprovedutomandò subito a chiamare Guido Rangone che era nelmodeneseche la notte medesima venisse a Reggio; ordinò chede' fanti soldati dal Morone venissela notte medesimaquella parteche era in alloggiamenti piú vicini; che il popolo dellaterraquale sapeva essere alieno da' franzesial suono dellacampana si riducesse alla guardia delle porteconsegnata a ciascunola cura sua. Venne lo Scudo la mattina seguente con quattrocentolanciedietro alle qualima lontano per qualche migliovenivaFederigo da Bozzole con mille fanti; e avendocome fu vicino allaterramandato Buonavalle uno de' suoi capitani al governatore adimandare di volere parlare con luisi convennono che lo Scudo siaccostasse a una portella che entra nel rivellino della porta che vaa Parma e che nel luogo medesimo venisse il governatoresicurociascuno di loro sotto la fede l'uno dell'altro. Cosí venutoinnanzi lo Scudoe smontato a piedesi accostò con parecchigentiluomini a quella portadonde uscito il governatore comincioronoa parlare insieme; lamentandosi l'uno che nelle terre della Chiesacontro a' capitoli della confederazionesi desse ricetto e fomentoa' fuoruscitiadunati per turbare lo stato del re; l'altro che eglicon esercito armatofusse entrato allo improviso nel dominio dellaChiesa. Nel quale stato avendo alcuni del popolocontro all'ordinedatoaperto una delle porte per introdurre uno carro carico difarinaBuonavalle che era di contro a quella portaperché legenti dello Scudo sparsesi intorno alle mura ne circondavano unapartesi spinse innanzi con alcuni uomini d'armeper entraredentro; ma essendone cacciato e serrata la porta con grande strepitoil romorevenuto nel luogo dove lo Scudo e il governatore parlavanofu cagione che quegli della terra e alcuni de' fuoruscitide' qualierano piene le mura del rivellinoscaricati gli scoppi contro aquegli che erano vicini allo Scudoferirno gravemente Alessandro daTriulziodella quale ferita morí fra due giorniindegnocertamente di questa calamità perché avea dissuaso ilvenire a Reggio; gli altri fuggirono: né salvò lo Scudoaltra cosa che il rispetto che ebbechi voleva tirare a luidi nonpercuotere il governatore. Ma essendo egli pieno di spaventoelamentandosi essergli mancato della fedené sapendorisolversi o a stare fermo o a fuggireil governatorepresolo perla mano e confortandolo che sopra la fede sua lo seguitasselointrodusse nel rivellino; non l'accompagnando altri de' suoi che LaMotta gentiluomo franzese: e fu cosa maravigliosa che tutte le gentid'armecome intesono lo Scudo essere entrato dentroandata tra lorola voce che era stato fatto prigionesi messono in fugacon tantotimore che molti di loro gittorno le lancie per le stradepochissimifurono quegli che aspettassino lo Scudo. Il qualedopo lungoparlamento ed essere stato certificato che il disordine era nato da'suoifu licenziato dal governatore; il qualerispetto alla fededata e alle commissioni avute dal pontefice di non fare dimostrazionealcuna contro al renon volle ritenerlo. Della quale ritenzione nonsarebbe seguito lo effettoche allora per molti si credettedellarebellione dello stato di Milano: perché le genti d'armesebene messe in fuganon essendo seguitate da alcuno perché inReggio erano pochissimi cavallie avendo riscontrato a' confini delreggiano Federico da Bozzole che veniva innanzi con mille fantisifermorono e riordinorono; e il terrore cominciato a Parma e a Milanoper essere stati i primi avvisi che lo Scudo era prigione e le gentid'arme rottenon sarebbe andato innanzi come si fusse inteso legenti d'arme essere salve: non essendo massimein luoghi viciniesercito né forze da potere fare movimento alcunoerestandovi molti altri capitani di genti d'arme. Ritirossi lo Scudoraccolti i cavalli e i fantia Covriagovilla del reggiano vicina asei miglia di Reggiodonde tra pochi dí si ritirò dilà da Lenza in parmigiano; avendo mandato a Roma La Mottaagiustificare col pontefice le cagioni dello essere andato a Reggio ea fare instanza chesecondo i capitoli che erano tra il re e luicacciasse i rebelli del re fuora dello stato della Chiesa.

Mane' dí medesimiuno caso che accadette a Milano spaventòmolto l'animo de' franzesicome se con segni manifesti fussinoammuniti dal cielo delle future calamità. Perché il dísolenne per la memoria della morte del principe degli apostolitramontato già il sole nel cielo serenocadde per l'aria daalto a guisa di uno fuoco innanzi alla porta del castelloove eranostati condotti molti barili di polvere d'artiglieriatratti delcastello per mandargli a certe fortezze; per il chelevatosisubitamente con grande strepito grande incendioruinò insinoda' fondamenti una torre di marmo bellissima fabbricata sopra laportanella sommità della quale stava l'orologionésolamente la torre ma le mura e le camere del castello e altriedifici contigui alla torre; tremando nel tempo medesimoper iltuono smisurato e per la ruina tanto grandetutti gli edifici etutta la città di Milano: e i sassi e pietre grandissime dalleruine volavano con impeto incredibile spaventosamente in qua e in làper l'aereora percotendo nel balzare molte persone ora ricoprendolecon le ruinedalle quali era ricopertacon tanti sassi che parevacosa stupendissimala piazza del castello; de' quali alcuni dismisurata grandezza volorono lontani per ispazio piú dicinquecento passi. Ed era l'ora propria che gli uominicercando diricrearsi dal caldoandavano passeggiando per la piazza; peròfurno ammazzati piú di cento cinquanta fanti del castello e ilcastellano della rocchetta e quello del castelloe gli altri tantoattoniti e privi di animo e di consiglio: e ruinato tanto spazio dimuro che al popolose si fusse mossosarebbe stato molto facilel'occupare quella notte il castello.

Cap.iii

Lamenteledel pontefice per i fatti di Reggio ed aperti suoi accordi conCesare. Fallito tentativo contro Como. Preparativi e piani di guerracontro il ducato di Milano. Preparativi di difesa del re di Francia.

Mail ponteficecome gli fu nota la venuta dello Scudo alle porte diReggiopigliandola per occasione di giustificare le sue azionisene lamentò gravissimamente nel concistorio de' cardinali; etacendo la confederazione già prima fatta secretamente conCesaree l'ordine dato che le galee dell'uno e dell'altroassaltassino Genovadimostrò che lo avere voluto lo Scudooccupare Reggio significava la mala disposizione che aveva il re diFrancia contro allo stato della sedia apostolicae peròessereper difesa di quellanecessitato a congiugnersi con Cesaredel quale non si era mai veduto se non offici degni di principecristianoe in tutte l'altre opere suee nello avere ultimamentepreso a Vuormazia sí ardentemente il patrocinio dellareligione. Cosísimulando contrarre di nuovocon don GianManuelle oratore di Cesarela confederazione che prima eracontrattachiamorno subito a Roma Prospero Colonnaal quale erastabilito di commettere il governo della impresaper consultare secocon che modo e con che forze si avesse a muovere l'armi apertamentepoiché erano state infelici le insidie e gli assaltiimprovisi.

Imperocchéné era stato piú fortunato il trattato di Como. Perchéessendo Manfredi Palavicino e il Matto di Brinzicon ottocento fantitra italiani e tedeschiaccostatisi di notte alle mura di Comosotto speranza che Antonio Ruscocittadino di quella cittàrompesse tanto muro vicino alla casa ove abitava che avessino facoltàdi entrare nella terradoveperché vi erano pochi franzesinon credevano trovare resistenzama avendo aspettato per grandespazio di tempo invanoil governatore della terraadunati tutti ifranzesi e alquanti comaschi che teneva per piú fedelima connumero molto minore che non erano quegli di fuoraassaltatigli alloimprovisogli messe in fuga con tanta facilità che sicredette per molti che avesse con danari e con promesse corrotto ilcapitano de' tedeschi. Affondorno nel lago tre barchepresonne settee molti degli inimicitra' quali Manfredi e il Matto che fuggivanoper la via de' monti; e liberati tutti i fanti tedeschigli altrifurono condotti a Milanodove Manfredi e il Matto furono squartatipublicamente: avendo prima confessatoBartolommeo Ferrero milaneseuomo di non piccola autoritàessere conscio delle pratichedel Morone. Il qualeincarcerato insieme col figliuolofucondannato al medesimo supplicioper non avere rivelato che ilMorone l'aveva con occulte imbasciate stimolato a trattare cose nuovecontro al re.

Nelqual tempo il ponteficeconoscendo di quanta opportunitàfusse lo stato di Mantova alle guerre di Lombardiacondusse percapitano generale della Chiesa Federico marchese di Mantovacondugento uomini d'arme e dugento cavalli leggieri; il qualeinnanzisi conducesserinunziò all'ordine di San Michelenel qualeera stato assunto dal re di Franciae gli rimandò il collaree il segno che dona il re a chi si assume in tale ordine. Ma a Romacon consiglio di Prospero Colonnafu deliberato dal pontefice edallo oratore cesareo l'ordine e il modo di procedere nella guerra:che quanto piú presto si potesse si assaltasse dai confinidella Chiesa lo stato di Milano con le genti d'arme del pontefice ede' fiorentinile qualicomputato la condotta del marchese diMantovaascendevano al numero vero seicento uomini d'arme; a' qualisi aggiugnessino tutte le genti d'arme di Cesare che erano nel reamedi Napoliin numero quasi pari a quelle di sopraperché sidestinava che il retroguardo rimanesse alla custodia di quello reame:che si soldassino seimila fanti italiani; venissino allo esercitoche aveva a unirsi tra il modenese e il reggianoi dumila fantispagnuoli che con lo Adorno si trovavano nella riviera di Genova;dumila altri ne menasse del regno di Napoli il marchese di Pescaraesi conducessino a spese comuni del pontefice e di Cesare quattromilafanti tedeschi e dumila grigioni: aggiugnessinsi dumila svizzeriiquali erano volontariamente rimasti a' soldi del pontefice: perchégli altriinfastiditi dal lungo ozio e perché si approssimavail tempo delle ricolteeranoprima che lo Scudo venisse a Reggioritornati alle case loroavendo invano procurato di ritenergli ilpontefice poiché in essi aveva spesi inutilmente cento ecinquantamila ducati. Deliberossioltre a questi provedimentichecon l'autorità del pontefice e di Cesare si facesse instanzaappresso a' cantoni de' svizzeri che concedessino seimila fanti(tanti erano obligati concederne per le convenzioni che avea con loroil pontefice)e che al re di Francia recusassino di concederneallegando il pontefice la confederazione sua con loro essereanteriore di tempo a quella che aveano contratta col re di Francia; eche ottenendosi queste dimande si assaltassedalla parte di versoComoil ducato di Milanonel quale si sperava avesse facilmente anascere sollevazioneper la moltitudine grande de' fuoruscitid'onoratissime famigliee perché la benivolenza che i popolisolevano avere al nome del re Luigi era convertita in odio nonmediocre. Conciossiachéessendo state le genti d'armecheordinariamente stavano a guardia di quello statomale pagate per idisordini del reche era statoparte per necessità parte pervolontàaggravato da soperchie speseerano vivute con moltalicenza; né i governatori regipresa audacia dalla negligenzadel reamministravano quella giustizia che era solita adamministrarsi nel tempo del re morto: il qualeaffezionatissimo alducato di Milanoaveva sempre tenuto cura particolare degliinteressi suoi. Premevaglioltre a questoche nelle case proprieerano costrettisecondo l'uso di Franciaalloggiare continuamentegli ufficiali e i soldati franzesi; il che se bene non fusse con lorospesanondimenoessendo cosa perpetuaera di somma incomoditàe molestia: e avvenga che questo peso medesimo sostenessino al tempodel re passatoil qualescusando con l'esempio della cittàdi Pariginon aveva mai voluto concederne grazia a' milanesinondimenoaccompagnato da' mali già dettipareva al presentepiú grave. E si aggiugneva la natura de' popoli desiderosi dicose nuovee la inclinazione sí ardenteche hanno gliuominia liberarsi dalle molestie presenti che non considerano quelche succederà per l'avvenire.

Lafama della guerra deliberata dal pontefice e da Cesareconapparecchi tanto potentipervenuta agli orecchi del re di Francia locostrinse a pensare di difenderecon non manco potenti provisioniil ducato di Milano; delle quali la prima espedizione fu cheLautrechandato per faccende particolari alla corteritornassesubito a Milano. Il qualese benedubitando della varietà edella negligenza del re e di quegli che governavanorecusasse dipartirsi se prima non gli erano numerati trecentomila ducatii qualiaffermava bastargli a difendere quello statonondimenovinto dallainstanza grande del re e della madree ingannato dalla fede dataglida loro e da' ministri preposti alla amministrazione delle pecunieche non prima arriverebbe a Milano che i danari dimandatiritornòcon grandissima celeritàpreparando sollecitamente le cosenecessarie alla difesa; per la quale aveva insieme col re deliberatoche alle genti d'arme regie che allora erano in Lombardia si unissinogli aiuti di seicento uomini d'arme e di seimila fanti a' quali eranotenuti i vinizianiche prontamente gli offerivanoe giàfacevano cavalcare le genti d'arme nel veronese e nel bresciano;soldare diecimila svizzeritenendo per certo che per virtúdella nuova confederazione non sarebbono negati; e fare passare diFrancia in Italia seimila venturierie aggiugnere qualche numero difanti italiani. Co' quali sussidi speravano o potere senza moltopericolo tentare la fortuna di una giornata oquando non avessinoforze bastanti a questoalmenoprovedendo sufficientemente le terree temporeggiando in sulle difesestraccare gli inimici; de' qualil'unoper la sua naturale prodigalità e per le spese fattenella guerra di Urbinoera esausto di danariall'altro i regni suoinon ne somministravano copia tale che si credesse potere lungamentenutrire una guerra di tanto peso. Pensavanooltre a questocheAlfonso da Estidisperando dello stato proprio se il ponteficeotteneva la vittoriao si movesse per ricuperare le cose perdute oalmenostando armatotenesse il pontefice in sospetto tale che e'fusse necessitato a lasciare molti soldati alla guardia delle terrevicine a' suoi confini. Questi erano i consigli e i preparamenti daciascuna delle parti: non omettendo per ciò il re fatica oindustria alcunama vanamenteper mitigare l'animo del pontefice.

Cap.iv

Lemilizie pontificie e spagnuole vicino a Parma; Francesco Guicciardinicommissario generale dell'esercito pontificio. Arrivo delle milizietedesche. Diversità di pareri fra i comandanti. Lentezzanell'azione ripresa dal commissariodeliberazione di porre il campoa Parma.

Erain questo tempo Prospero Colonna a Bologna: dondenon aspettate legenti che doveano venire del reame di Napoli né i fantitedeschiraccolti gli altri soldati e lasciate sufficientementeguardateper sospetto del duca di FerraraModonaReggioBolognaRavenna e Imolavenne ad alloggiare in sul fiume della Lenza vicinoa Parma a cinque miglia; pieno di speranza che i franzesi nonavessino a ottenere fanti da' svizzeri e cheper questo e per lamalivolenza de' popoliavessino a pensare piú di abbandonareche a difendere il ducato di Milano. Ma la cosa succedettealtrimenti; perché i cantonicon tutto che in contrariofacessino instanza grandissima il cardinale sedunense e gli oratoridel pontefice e di Cesaredeliberorno concedere al re i fantisecondo erano tenuti per l'ultime convenzionii quali mentre sipreparavano era venuto a Milano Giorgio Soprasasso con [quattro]milafanti vallesi: onde Lautrechvolendo difendere Parmavi aveamandato lo Scudo suo fratello con quattrocento lancie e cinquemilafanti italiani de' quali era capitano Federico da Bozzole. Sentivasioltre a questo che i viniziani raccoglievano le loro genti aPontevico per mandarle in aiuto del re di Franciae che il duca diFerrara soldava fanti. Perciò Prosperoconoscendo esserenecessarie maggiori forzestette sette dí in quelloalloggiamento; nel quale tempo si congiunsono con l'esercito[quattro]cento lancie spagnuole guidate da Antonio de Levachevenivano del reame di Napolie il marchese di Mantova con partedelle sue genti: non si alterando perciòper la venuta delmarchese capitano generale di tutte le genti della Chiesal'autoritàdi Prospero Colonnanella persona del qualeper volontà delpontefice e di Cesarerisedevabenché senza alcuno titoloil governo di tutto l'esercito; anzi la potestà suprema dicomandare a tutte le genti della Chiesae al marchese di Mantovanominatamenteera in Francesco Guicciardini che aveva il nome dicommissario generale dello esercito masopra il consueto de'commissaricon grandissima autorità. Condusse di poi Prosperol'esercito a San Lazzeroun miglio appresso a Parmain sulla stradache va a Reggiocon deliberazione di non procedere piú oltreinsino a tanto non venisse il marchese di Pescarail quale siaspettava del regno con [tre]cento lancie e duemila fanti spagnuolie insino non venivano i fanti tedeschi: nel qual tempo non si facevaa' parmigiani altra molestia che ingegnarsicol divertire l'acque erompere i muliniche avessino difficoltà di macinare.

Mal'espettazione degli uomini era volta alla venuta de' tedeschicontro a' quali per impedire che non passassino mandavano i vinizianinel veronesea instanza de' franzesiparte delle loro genti:perchévenuti a [Spruch]dimandavano volere ricevere lostipendio del primo mese a Trentoe di esserealle radici dellamontagna di Monte Baldoonde dicevano volere passareincontrati daqualche numero di cavalliper potere con la compagnia loro passareinnanzi piú sicuramente. Però Prospero aveva mandato aMantova dugento cavalli leggieriperché congiunti con dumilafanti comandati del territorio mantovano e con l'artiglierie delmarcheseil qualein tutte le coseper gratificare al pontefice ea Cesareprocedeva come in causa proprianon come soldatosifacessino innanzi. Piú difficile era il pagargli a Trentoperché numerandosi [i danari] eziandio per la parte di Cesaredal ponteficenon si potevano mandare per il paese de' viniziani senon con grave pericolo. Intesa poi l'opposizione de' vinizianidimandorno i tedeschi maggiori aiutivariando eziandio nel tempo delpassare la montagna e nel cammino: e perciò fu ordinato che ilmarchese di Pescarache era arrivato nel modonesesi voltasse nelmantovano; al quale furno mandati dal campo cento uomini d'arme etrecento fanti spagnuoli. Ultimatamente i tedeschiimpazienti diaspettare il tempo che aveano significatofeceno di nuovo intenderevolere anticipare cinque dí; affermando che aspetterebbonoalle radici di Monte Baldo i cavalli un dí solamente enonvenendoritornerebbeno indietro. Al qual tempo non potendo esserviil marchese di Pescarafu necessario che dal campo vi andassino congrandissima celerità Guido Rangone e Luigi da Gonzaga:provedimenti tutti fatti superfluamenteperchécome Prosperoaveva sempre affermatonon potevano i viniziani impedire ilpassaggio a seimila fantiquanti tra tedeschi e grigioni eranoquestil'ordinanza de' quali arebbe sostenuti i loro cavallinéi fanti italiani arebbono avuto ardire di opporsegli. Per la qualeragionee perché il senatoaborrente dalle occasioni diridurre la guerra nello stato proprioaveano voluto sodisfare a'franzesi piú con le dimostrazioni che con gli effettilegenti de' vinizianiil dí innanzi che i tedeschi dovessinopassaresi ritirorno verso Verona; donde i tedeschisenza alcunoostacolopassorno a Valeggio e il dí seguente nel mantovano.

Maarrivato che fu il marchese di Pescara nel campol'esercitostato aSan Lazzero tredici díandò il dí seguente adalloggiare a San Martino... miglia appresso a Parma dalla parte diverso il Po; col quale il dí medesimo si congiunsono i fantitedeschi e i grigioni. Cosí essendo ridotte insieme tutte leforze destinatesi cominciò a consultare quello che fusse dafare: proponendo una parte del consiglio si attendesseall'espugnazione di Parmaper essere la prima terra della frontierae la quale non era sicuro lasciarsi alle spallené per loesercito che andasse innanzirispetto alla incomodità dellevettovaglie e del fare condurre i danari e l'altre provisioni chefussino necessariené per le terre che restavano da Parmaverso Bologna. Non essere i fanti che vi erano dentroraccolti lamaggiore parte quasi tumultuariamentedi molto valore; e di quegliper la difficoltà de' pagamenti e perché in Parma sipativa di macinatofuggirsene ogni dí qualcuno in campo; ilcircuito della terra essere grande; avere il popolo male dispostoilquale benché fusse sbattuto piglierebbe animo dal sentire loesercito alle mura; in modo chebattendosi la città da piúpartipotriano difficilmente resistere i franzesi agli inimici difuora e guardarsi in uno tempo medesimo da quegli di dentro. Altriallegavano la città essere bene fortificataavere difensori asufficienzai fanti che erano fuggiti essere tutti inutili e viliesservi rimasti i fanti piú utili ed esperti alla guerratante lancie franzesidisposti tutti a difendersi valorosamente;perché non altrimenti vi si sarebbe rinchiuso lo ScudoFederico da Bozzole e tanti altri capitani. Sapersiper esseremutati in breve spazio di tempo i modi della milizia e l'arti deldifenderequanto fusse divenuta difficile la espugnazione delleterre; e doversi diligentemente avvertire chese la prima impresache si tentasse non si ottenessein che grado resterebbe lareputazione di quello esercito. Presupporsi per ciascuno esserenecessario piantare intorno a Parma le artiglierie in due luoghidiversima dove essere in campo l'artiglierie e gli altriprovedimenti a sufficienza? né si potere condurne se non dopospazio di qualche dí; il quale indugiooltre che se ne eranoconsumati pure troppidare tempo che con Lautrechche di díin dí s'aspettava a Cremonasi unissino le genti de'vinizianimaggiore numero di svizzeriperché già neera venuta una partee i fanti venturieri che si aspettavano diFrancia; i quali tutti si sentiva che già s'appropinquavano.Che sarebbe seimpegnato l'esercito intorno a Parmaegli siaccostasse in qualche luogo vicinodonde non si lasciando sforzare acombattere travagliasse le scorte del saccomanno e le vettovaglie chegiornalmente si conducevano da Reggio? le quali già dallegenti che erano in Parma ricevevano continua molestia. Esseremigliore consigliofatta provisione di vettovaglie per qualche dílasciatasi indietro Parmaandare allo improviso a Piacenza; nellaquale cittàdi circuito molto maggioreerano a guardia pochisoldati né vi erano ripari o artiglieriee la disposizionedel popolo la medesima che quella di Parmama piú abile arisentirsi non essendo stati battuti come loro ed essendovi dentro sípoca gente; né essere da dubitareaccostandosidi non lapigliare subito. E affermava Prosperoinclinato molto a questasentenzasapere uno luogo donde era impossibile gli fusse proibitolo entrare: che era quello medesimo per il quale altra volta vi eracontro a' viniziani che l'aveano dopo la morte di Filippo MariaVisconte occupataentrato vittoriosamente Francesco Sforza capitanoallora del popolo milanese. In Piacenza essere abbondanza grandissimadi vettovagliee il luogo essere tanto opportuno ad assaltare Milanoche sarebbono necessitati i franzesi ritirare là quasi tuttele forze loro; e cosí non rimarrebbono in pericolo le cittàvicine a Parma: anzi si prometteva Prospero chepassando il Posolamente co' cavalli leggieri e conducendosi con celerità aMilanoquella cittàudito il nome suoavere a tumultuare.Ed era questainsino innanzi partisse da Bolognastata sentenza diProspero; per la qualepensando non dovere fermarsi a espugnazionedi alcuna terranon aveva voluto provedimento abbondante diartiglierie e di munizioni.

Inquesta varietà di pareri fu determinatoma moltosecretamenteper quegli che aveano autorità di deliberarechecome prima fussino preparate pane e farine bastanti a nutrirel'esercito almeno per quattro dísi movessino con grandissimacelerità verso Piacenza cinquecento uomini d'arme una partede' cavalli leggieri i fanti spagnuoli e mille cinquecento fantiitalianie che dietro a questi si movesse il rimanentedell'esercitoil qualedovendo condurre l'artiglierie levettovaglie e tanti impedimentinon poteva procedere se nonlentamente; e si teneva per certo checome i primi vi arrivassinola città chiamerebbe il nome della Chiesa; e quando pure nonsuccedesseche essi sarebbono causa non vi entrasse soccorso: inmodo checome giugnesse il resto dello esercitootterrebbono lacittà indubitatamente. Ma accadde cheil dí precedentea quello che si doveva muovere lo esercitoalcuni cavalli de'franzesipassato il Pocorsono insino a Bussetodonde la famaportò avere passato il Po tutto l'esercito franzese; la qualcosa perché interrompeva la deliberazione già fattasiritardò la partita delle genti insino a tanto se ne avesse laverità: la quale a investigare fu mandato Giovanni de' Medicicapitano de' cavalli leggieri del ponteficecon quattrocentocavalli. Ma quel che principalmente turbò questa deliberazionefu l'ambizione tra Prospero e il marchese di Pescaraeziandioinnanzi a questo tempo poco concordi; perché il marchesetirato ad alti pensieridetraeva volentieri con le parole e co'fatti alla grandezza di Prospero. Ma in questo casoaspirandociascuno di loro alla gloria propriaProspero proponeva voleremenare la prima parte dello esercitoe il marchese da altra parteallegava non essere conveniente che senza sé andassino aespedizione alcuna i fanti spagnuoli de' quali era capitano generale.Per la quale emulazione tra' capitanidannosa come spesso accadealle cose de' príncipiancora che si fussenon molte orepoiavuta notizia quella parte de' franzesi essere ritornata di làdal Po e che Lautrech non si movevanon si seguitò la primadeliberazione; anziper la varietà de' pareri e per latardità naturale di Prosperoprocedevano le cose in maggiorelunghezza se il commissario apostolico non gli avesse con efficaciparole stimolatidimostrando quanto fussee giustamentemolestissimo al pontefice il procedere sí lentamentenépotersi piú con alcuna scusa difendere appresso a lui tantedilazioni sostenute insino a quel dícon l'espettazione dellavenuta prima degli spagnuoli poi de' tedeschi. Le quali parole afatica dettesi deliberòpiú presto tumultuosamenteche con maturo consiglioche si ponesse il campo a Parma; affermandoquegli medesimi che il dí precedente avevano affermato ilcontrario doversene sperare la vittoriamassime continuando pure auscire di Parma molti fanti per mancamento di danari e di pane. Mabisognò soprasedere ancora alcuni díper fare venireda Bologna due altri cannoni e provedere molte cose necessarie a chiassalta le terre con l'artiglieriele qualicome è detto disopraProspero avea prima recusate. La quale o negligenza omutazione di consiglio portò grandissimo detrimentoperchétanto maggiore tempo ebbe Lautrech a raccorre le genti che aspettavadi Francia da' viniziani e da' svizzeri. Tanto è ufficio de'savi capitanipensando quanto spesso nelle guerre sia necessariovariare le deliberazioni secondo la varietà degli accidentiaccomodare da principioquanto si puòi provedimenti a tuttii casi e a tutti i consigli.

Cap.v

Assediodi Parma; opere di preparazione per l'assalto. Gli assediantioccupano il Codiponte abbandonato dai francesi. Il Lautrech con lesue milizie a sette miglia da Parma. Imprese fortunate del duca diFerrara nel modenese e milizie mandate contro di lui. Dubbi deicomandanti dell'esercito ispano-pontificio; discussione delcommissario generale con loro. Si leva il campo da Parma.

Nelquale tempodimorando oziosamente l'esercitonon si faceva intornoa Parma altro che leggerissime battaglie. Finalmente il [terzodecimo]dí poi che erano alloggiati a San Martinol'esercitopassatola notte di là dal fiume della Parmaalloggiò in sullastrada romanane' borghi della porta che va a Piacenzache si dicedi Santa Croce; i qualiil dí davantilo Scudopresentendola loro venutaavea fatti abbruciare. Divide la città diParmanon con tali acque che non si possaeccetto che ne' tempimolto piovosiguadareuno fiume del medesimo nome: la minore partedella qualeabitata da persone piú ignobili e che ècirca la terza parte del tuttodetta dagli abitatori il Codiponterimane verso Piacenza. Elessono questo luogo i capitani per impedirepiú facilmente che in Parma non entrasse soccorsoe molto piúperché la muraglia da quella parte era debole e situata inmodo che non poteva percuotere per fianco. Aveva riferito ilmarcheseil quale il dí precedente era andato con alcunicapitani a speculare il luogoche il dí medesimo si darebbeprincipio a battere la muraglia; ma essendo stato necessarioperlevare le difesebattere primadal mezzo in suuna torre che erain sulla portadi muro saldo e molto massicciasi consumòtutto il dí intorno a questoove si roppe una colubrinagrossa. Piantoronsi la notte seguente l'artiglierie alla muragliadalla mano sinistra della portasecondo che si entra; ed era statodisegnato fare il medesimo dalla mano destramettendo con lebatterie la porta in mezzo: perchénon si potendoperchénon erano stati condotti piú che sei cannoni e due colubrinegrossepiantare l'artiglierie in due luoghi separatipareva che dalnecessitare quegli di dentro a distendersi alla difesa per lungospazio ne risultasse quasi il medesimo effetto. Ma questo non fumandato a esecuzioneperché da quella parte eraa capo delfosso che circonda le murauno argine sí alto che se primanon si spianava o non si apriva (cosa da non si potere fare in temposí breve) impediva che l'artiglierie potessino percuotere lamuraglia. Non resisteva il muroper essere vecchio e molto debolealla artiglieriala quale avendo già fatte due rotture dimuro assai patentisi ragionava tra i capitani dare il dímedesimobenché non con ferma risoluzionela battaglia. Maavendo il marcheseche insieme co' fanti spagnuoli aveva tutta lacura della batteriamandato certi fanti ad affacciarsi alla rotturaper vederese si potevacome stessino dentro i ripariqueglicomefurono in sul muro rottocominciorono con alta voce a gridare chel'esercito si accostasse per entrare dentrodonde i fanti spagnuolie italiani corsono tumultuosamente senza ordine alcuno alla muraglia;alla quale appresentatisi e già cominciando a volere salire insul muro rottoi capitanicorsi al romoreconsiderando che unoassaltoanzi tumultodebole e disordinato non poteva partorirefrutto alcunogli feciono ritirare: il quale accidente o raffreddòil pensiero o dette scusa di non dareil díordinatamente labattaglia. Seguitossi il dí seguente a battere il muro rimastointero in mezzo delle due rotturee uno fianco fatto in su la torredella porta dal lato di dentro. Ma divulgandosi per l'esercito cheper i ripari grandi fatti da' franzesi sarebbe molto difficile consemplice assalto di espugnarlamandorono i capitani due fanti diciascheduna lingua ad affacciarsi alla rottura del muro; i qualiooccupati da troppo timore o da poca diligenzao forse (come alcunidubitorono) subornati da altririferirono restare dal muro battutoalla terra altezza di piú di cinque bracciaessere fattodentro uno fosso profondoe tali gli altri ripari che i capitanidiffidandosi di poterla espugnare altrimentideterminorono che sifacessino mine allato al muro rottoche si tagliasse il murocontiguo con gli scarpelli e co' picconiper riempiere con quellerovine il fosso che si diceva essere fatto di dentro e fare piúfacile l'entrata: le quali opere come fussino condotte allaperfezionecheaggiunti all'artiglieria che era nello esercito duecannoni i quali venivano da Mantovasi facesse un'altra batteriaove il murodistesosi per linea retta per lungo spaziodalla partedestra della portavolgendosifa angolo; al quale cantonegittandosi in terra il murosi potevano percuotere per fianco quegliche difendessino dal lato di dentro. Cosídalla parte dallaquale era stato battutosi cominciò a lavorare una trincea epochi dí poi un'altraper gittare con le mine in terra ilmuro: ma andavano adagio le operesí perchéper avereavuto Prospero pensieri diversinon erano ancora in campo tutte leprovisioni necessarie a questi lavorisí perché ilterreno dove si cavava riusciva difficile e duro.

Allequali opere mentre che si attende con intenzione di non assaltare laterra innanzi che l'opere fussino finiteLautrechil quale eratardato tanto a muoversi per la tardità delle genti chevenivano all'esercitoavendone già insieme la maggiore partevenne cinque miglia piú innanzipure lungo il fiumeavendoseco cinquecento lanciecirca settemila svizzeriquattromila fantiche il dí medesimo avea condotto monsignore di San Valerio diFrancia esotto Teodoro da Triulzi governatore de' viniziani eAndrea Gritti proveditorequattrocento uomini d'arme e quattromilafanti; e seguitavano questo esercito il duca di Urbino e MarcantonioColonnaquesto come soldato del re ma senza titolo e senzacompagnial'altro dietro alle speranze comuni de' fuorusciti.Aspettava ancora seimila svizzeri concedutigli da' cantoniche eranoin camminoma secondo l'uso loro procedevano lentamente e con moltedifficoltà; i quali come fussino uniti seco non arebbepersoccorrere Parmaricusato di tentare la fortuna della battaglia:peròsollecitandogli e aspettandoglisoggiornava per ilcamminonon si discostando dalle ripe del Po. Ma dubitando che inquesto mezzo il fratello non convenisse con gli inimiciavea mandatoa scusare la tarditàproceduta per aspettare maggiore numerodi svizzerii quali erano già propinquie perchéquegli che erano seco aveano fatto difficoltà di passare ilPo; nondimenoche al piú lungo il quinto dí disettembre verrebbe in luogo vicino a Parmae ne farebbe segno conpiú tiri di artiglieria; e il dí seguente siaccosterebbe piú presso agli inimici per combatterglimandando qualche cavallo a scaramucciareacciò che anche egliavesse facoltà di uscire a unirsi con loro: alla quale cosa loScudo lo sollecitavaaffermando non potersi tenere piú chedue o tre dí in quella parte della terrae poidi làdal fiumedue altri dí; perché la terra era grande edebolené gli restare piú di dumila fanti perchémoltissimi ne erano partitiné potere le genti d'armenonessendo piú che trecento lanciele quali portavano il peso ditutte le faticheresistere se fussino assaltate da piú parti.Venne di poiil dí che aveva promesso di accostarsi agliinimicia Zibellocastello vicino a Parma meno di venti migliaonde mandò quattrocento cavalli a correre insino in su glialloggiamenti degli inimici: l'opere de' quali essendo condotteinsino alla muragliae dipoi voltate al luogo nel quale si avea adare il fuocoil conte Guido Rangone co' fanti italianide' qualiera capitano generalecominciò a piantare l'artiglieriedall'altra parte della muraglia. Ma i franzesisentito lo strepitoche si faceva nel maneggiarleabbandonato due ore innanzi díil Codipontesi ritirorno ordinatamente e senza tumulto insieme conle loro artiglierie di là dal fiume. La qual cosa conosciutain sul fare del dí la mattina da quegli di fuoraentrornodentroparte per le aperture del muro parte per le scale; ricevutida' parmigianidesiderosissimi di ritornare sotto il dominioecclesiasticocon somma letizia: la quale presto si convertíin amaro pianto perché non altrimenti che di inimici furnosaccheggiate le case loro. Né si dubitò chese qualchedí prima si fussino piantate l'artiglierie nel luogo medesimoarebbono i franzesinel modo medesimoabbandonato il Codiponte.Dettesi poi opera ad aprire e rompere le portele quali eranoatterrateper le quali condotta l'artiglieria alla sponda del fiumesi cominciò a battere il muro che fa sponda dall'altra parte;ma essendo già sí tarda l'ora del dí che siconosceva non potersiinsino al prossimo dífare cosa dimomento. Ma il dí medesimo Lautrech venne ad alloggiare in sulfiume del Tarovicino a Parma a sette miglia; interpetrando alcuniche fusse venuto per combatterealtri persuadendosi per comporre colfratello (se piú non si poteva sostenere) che uscendo unanotte di Parma con tutte le genti fusse raccolto da luio veramenteperchévolendo convenire cogli inimiciottenesse che contutti i soldati potessesalvo e senza alcuna obligazioneuscire diParma: e già alcuni dí prima Federico da Bozzoleilquale andando intorno a' ripari era stato ferito di uno scoppiettonella spallaaveva per mezzo del marchese cominciato a trattare; manon era ancora il ragionamento proceduto tanto oltre che si potessefare congettura certa della volontà dello Scudo. La veritàèsecondo le notizie che si ebbono poiche Lautrech nonaveva animo di combattere se non venivano i svizzeri; perchécon tutto che fusse alquanto superiore di numero e di bontà digente d'arme e piú potente d'artiglierieprevaleva di fantil'esercito contrario: nel qualecalcolando i numeri verieranonovemila tra tedeschi e spagnuoli duemila svizzeri e piú diquattromila italiani.

Maconsideri ciascuno da quanto piccoli accidenti dependino le cose digrandissimo momento nelle guerre. Accadde appunto chela notteseguente al dí che l'esercito entrò nel Codipontesopravennono avvisi da Modena e da Bologna che Alfonso da Estiuscito di Ferrara con cento uomini d'arme dugento cavalli leggieri edumila fantitra' quali ne erano mille tra corsi e italianimandatigli da Lautreche con dodici pezzi di artiglierieavevapreso allo improviso il castello del Finale e quello di San Feliceesi temeva non si facesse piú innanzi; il che turbòassai gli animi de' capitaniancora che molto primasapendosi lainstanza che gli era fatta dai franzesisi fusse temuto di questomovimentoe nondimeno non si fusse fatta a Modena tale provisioneche bastasse in tale caso alla sicurtà di quella città:perché Prosperoavendo sempre difeso pertinacemente lacontraria opinionenon aveva consentito che dello esercito simandasse gente a Modenao perché prestasse fede al ducaamicissimo suocol qualeeziandio per ordine del ponteficesi erainterposto a trattare qualche accordoo perché malvolontieridiminuisse il campo di gentein tempo che si dubitavadell'approssimarsi degli inimiciessendo massime di natura di volerefare le cose sue sicuramente e però desiderando sempre avereforze superchieo perchése aveva altri fini occultinongli dispiacesse questa occasione. Ma la notteavuto la nuovacongregati subito i capitanifu deliberato che immediate vi andasseil conte Guido Rangone con dugento cavalli leggieri e ottocentofanti; i qualiaggiunti a settecento fanti che vi erano primaparevano presidio piú che sufficiente contro alle forze diAlfonso. Ma ordinata questa espedizioneessendo ancora piúore innanzi díed essendo venuto poco prima avviso che lasera dinanzi Lautrech era alloggiato in sul Taro (ma mescolato laverità con la falsitàperché era stato riferitoche il dí medesimo si erano uniti seco i svizzeri)néavendosi notizia che quegli che allora erano nello esercitosforzatida lui con molti prieghinon gli avevano promesso se non di venireinsino in sul Tarol'essere per altro congregati insieme i capitaniné avendoper non essere ancora il dío occasione onecessità di implicarsi separatamente in altre faccendedetteoccasione che tra loro si cominciòquasi oziosamente e nonper via di consiglioa discorrere in che stato sarebbono le cose perl'approssimarsi di Lautrech. Nel quale ragionamento pareva che leparole di Prospero del marchese di Pescara e di Vitello accennassinoin questa sentenza: che difficilmente si piglierebbe Parma sedall'altra parte della città non si facesse anche unabatteriaperché battuta la sponda dalla parte donde si eracominciato a battere il dí precedente restava non piccolasalita dal letto del fiume alla rivané quella potersitentare senza grave pericolo perché l'artiglierie e gliscoppiettidistribuiti in su tre ponti che ha quel fiume e negliedifici circostantioffenderebbono per fianco chi assaltasse.Discorrevano che la vicinità di Lautrechmettendosi inqualche alloggiamento propinquo di verso il Poquando bene avessel'animo alieno da tentare la fortunasarebbe causa che senzapericolo grande non si darebbe la battaglia; e doversi considerarecheper il sacco della parte presa di Parmamolti de' fanti con lapreda si erano partitiun'altra parte essere piú intenta asalvare le cose rubate che a combattere; né potersisoprasedere quivi senza molte difficoltà e incomoditàe anche senza pericoloperché sarebbe necessario mandare ognidí fuora grossissime scortenon solo per sicurtà de'saccomanni ma eziandio de' danari e delle vettovaglie chegiornalmente venivanocon circuito lunghissimointorno alle mura diParma; le quali quando fussino fuorapotrebbe accadere che il restodel campo avesse in uno tempo medesimo a combattere con la gentefranzese che era di fuora e con quegli che erano di dentro.Discorrevano anche che se il duca di Ferrara ingrossasse di gentesarebbe necessario levare di campo maggiori forze per la sicurtàdi Modena e di Reggioe cheeziandio correndo per il paese con legenti che avevapotrebbe disturbare le vettovaglie; il che quandofacesse sarebbe necessario levare il campoma forse cheriducendosile cose tanto allo strettonon si potrebbe fare senza pericolo: lequali ragioniche mostravano inclinazione a levarsinon siparlavano però in modo che alcuno scoprisse questo essere ilsuo consiglio. Finalmentepoiché fu parlato cosí perlungo spazioil marchese di Pescaraparendogli avere giàcompresa la mente degli altridisse: - Io veggo che in tutti noi èil medesimo parerema ciascunopensando solamente a sépropriotaceaspettando che un altro se ne faccia autore: pure inme non potrà questo rispetto. A me pare che noi stiamo intornoa Parma con pericolo e senza speranza di fare fruttoe peròche per minore male debbiamo partircene. - Soggiunse Prospero: - Ilmarchese ha detto quello chese egli non anticipavaavevo in animodi dire io -. Confermò Vitello il medesimo. Ma Antonio deLevaapprovando che quivi piú non si dimorasseproponevadoversi considerare se fusse meglio andare ad assaltare Lautrech. Maa questo si replicava che senza disavvantaggio grande non si potrebbecostrignere gli inimici a combattere: dimorarvi essere impossibileperché le difficoltà che si consideravano nello stareintorno a Parma diventerebbeno molto maggiori; e potere facilmenteessere che i duemila svizzeri non gli volessino seguitareperchéoltre all'avere ricevutomolti dí primacomandamento da'cantoni che si partissino dagli stipendi del ponteficenon parevaverisimile si disponessino a combattere contro a uno esercito nelquale militavano tanti fanti della medesima nazione; né sipoteva negare cheper il sacco fatto il dí precedentenonfusse piú difficile il muovere la fanteria disordinata. Peròdisprezzato questo consigliopareva che le sentenze di tutti icapitani concorressino a levarsi. Ma ristrettisi insieme Prospero eil Pescaraparlato che ebbono lungamentedimandorono il commissarioquello che credeva che dicesse il pontefice se si levavanoe dicendoil commissario al marchese: - Come non possiamo noi pigliare oggiParmasecondo che iersera mi affermavate? - rispose il marchese convoci spagnuole: - Né oggi né domani né dopodomani. - Allora il commissario replicò non essere dubbio cheil levarsi darebbe al pontefice grandissima turbazioneperchélo priverebbe totalmente della speranza della vittoria; ma il puntodi questa deliberazione consistere nella verità o nellafalsità de' presuppositi fatti da loro: perchése ilsoprasedere fusse con pericolo e senza speranzanon essere dubbioche sarebbe imprudenza non si levarema quando fusse altrimentisarebbe il partirsi grandissimo disordine; però considerassinomaturamente lo stato dello esercito e la importanza delle cosecontrapesando quale fusse maggioreo il pericolo o la speranza. Allequali parole replicando Prospero e il marcheseche tutte le ragionidella guerra consigliavano a ritirarsinon avendo il commissarioardire di opporsi a capitani di tanta autoritàsi deliberòche il dí medesimo il campo si levassee che incontinente siordinasse di fare discostare l'artiglierie dalla muraglia. La qualecosacome fu publicata per il campoera come troppo timidabiasimata da tutti quegli che non erano intervenuti nel consiglioinmodo che il commissario e il Morone congiunti insieme si sforzoronodi rimuovere Prospero da questa deliberazione. Il qualenon simostrando alieno da consultarla di nuovoanzi dicendocon parolemolto laudabilie tanto piú quanto sono maggiori e piúsavi quegli che le diconoessere di natura che non si vergognava dimutare consiglio quando gli fussino dimostrate migliori ragionifecedi nuovo chiamare quegli medesimi che si erano trovati a deliberare;ma il marchese di Pescaraoccupato a ritirare le artiglierie eaborrente da mutare la prima conclusionerecusò di venirvi:in modo cherestando la cosa piú presto confusa che risolutasi andò dietro a eseguire quel che prima era statodeterminato. Cosí il dí medesimoche fu il duodecimopoi che vi erano venuti a camporitornorno allo alloggiamento di SanLazzero; non senza pericolo di grandissimo disordine nel levarsiperché i fanti tedeschidimandando circa i pagamenticondizioni sí inoneste che non si potevano concederericusavano di seguitare l'esercitoe cassati i capitani vecchi checontradicevano aveano creato per capitano uno di loroautore diquesta sedizione; e si temeva non convenissino co' franzesi. Purefinalmenteessendo già partito l'esercitoe disperandociascuno che avessino a mutare volontàlo seguitorno. Nellaquale confusioneessendo per la levata tanto subita e per il tumultode' tedeschi ripieno l'esercito di terrorenon è dubbio chese fusse sopravenuto Lautrech gli metteva facilissimamente in fuga.

Cap.vi

Rammaricodel pontefice e meraviglia generale per la decisione presa daicomandanti dell'esercito ispano-pontificio; posizione degli esercitinemici. Sfortuna dell'esercito di Cesare in Fiandra. Nuovi piani diguerra degli ispano-pontifici. Cattiva fortuna e temerità deifuorusciti milanesi. Vano tentativo di Giovanni de' Medici contro ilponte di barche sul Po. L'esercito pronto a passare al di làdel fiume. Gli svizzeri lasciati nelle terre della Chiesa e contro ilduca di Ferrara.

Afflissequesta deliberazione maravigliosamente il ponteficeche aspettavache i suoi fussino entrati in Parma; parendogli di essere cadutocontro a ogni ragionedella speranza della vittoriae trovandosientrato in profondissimo pelago e sottoposto a peso gravissimoperchédalle genti d'arme e fanti spagnuoli in fuorageneralmente tutta la spesa della guerra si sopportava da lui; equel che era peggiodubitando della fede de' capitani cesarei. Nellaquale dubitazione concorrevano ancora moltii quali si persuadevanoche il ritirare il campo da Parma non fusse stato timore maartificiocome quegli che avessino sospetto che il ponteficerecuperata che avesse Parma e Piacenzanon gli appartenendo piúaltro dello stato di Milanoraffreddasse i pensieri della guerranévolesse per gli interessi degli altri sostenere piú tantaspesa e tanto travaglio: di che faceva fede il conoscersi quantolentamente fussino proceduti a porre il campo a Parma; lo averloposto in luogo impertinentepoiché presa la minore partedella terra si aveva con le medesime difficoltà a cercare dipigliare l'altra; vedere con quanta dilazione e lentezza avevanogovernato la oppugnazionecome se industriosamente dessino tempoalla venuta del soccorso de' franzesi; e che ultimamenteessendo giàin possessione di parte della terraal nome solo dello approssimarsiLautrech ancora che con esercito inferiorel'avessinovituperosamente abbandonata. Alcuni altri dubitavano chesenzacoscienza di Prosperopotesse essere stato artificio del marchese diPescaradetrattore quanto poteva e invidioso della gloria sua.Nondimenofu forse piú sana opinione di quegli che credettonoche si fusse proceduto sinceramente; né avergli mosso altroche il timore dello essersi approssimato Lautrechingannati ingrande parte perché i primi avvisi significorono le forze sueessere molto maggiori. Certo è che piú che gli altri sene maravigliorno i capitani de' franzesiridotti in piccola speranzache Parma si difendesse; perché i svizzeriregolandosi piúsecondo la loro natura che secondo la necessità di quegli chegli pagavanoprocedevano innanzi con grandissima tardità.Perciò molti di loronon attribuendo la partita degli inimicia timoreinterpretavano piú presto che Prospero comeperitissimo capitanosapendo in quanto disordine mette gli esercitiil sacco delle città e reputando molto difficile il proibireche i soldati non saccheggiassino Parmagiudicasse molto pericolosoavendo gli inimici tanto viciniil pigliarla. Quello che si siaLautrechproveduta Parma di nuove gentifermatosi a Fontanellamandò tre dí poi una parte dello esercito a pigliareRoccabiancacastello del parmigiano vicino al Po; il quale poichéfu battuto con l'artiglierieOrlando Palavicino signore del luogodisperato di avere soccorsoarrendé la terra e la fortezzacon facoltà di uscirsene. Distese poi l'esercito tra SanSecondo e il Taroper governarsi secondo i progressi degli inimici;avendo preso molto animoparte per la difesa di Parma parte peressere i nuovi svizzeri arrivati a Cremona: la giunta de' qualiancora che Lautrech gli avesse fatto fermare a Cremonafu cagioneche lo esercito inimiconon gli parendo stare sicuro a San Lazzerosi ritirò in su il fiume di Lenza dalla parte di verso Reggiocon intenzione di allontanarsi ancora piú se i franzesi sifacessino innanzi. Anzi arebbono i capitanisenza aspettarglialtrimentifatto maggiore ritirata se le querele del pontefice edegli agenti di Cesaree la infamia che sentivano avere per tutto loesercitonon gli avesse ritenuti. Stettono in questo modo molti dígli esercitifacendo nondimeno Lautrech molto spesso correre i suoicavalli e quegli che erano in Parmaper la via della montagnainsino a Reggiocon non piccolo impedimento delle vettovaglie lequali da Reggio si conducevano agli inimicie con piccola laude diProsperolentissimo per natura a fare correre i cavalli leggieri e atutti i movimenti benché piccoli.

Similefortuna aveano le cose di Cesare di là da' monti: perchéessendo dalla parte di Fiandra entrato nello stato del re di Franciacon potente esercitoe posto il campo a Masera con speranza grandedi ottenerlatrovando la espugnazione piú difficile e venendoil soccorso potente del re di Franciasi ritiròcongravissimo pericolo che le genti sue non fussino rotte.

Main Italia non eranoper i successi infeliciallentati i pensieridella guerra; perché gli inimici de' franzesinon pensandopiú alla espugnazione di Parma né di altre terredeliberavano di entrare piú dentronel ducato di Milano;aggiugnendo all'esercito tanti fanti italiani che in tutto fussinoseimilai quali continuamente si soldavano. Alla quale deliberazionegli faceva procedere piú audacemente la speranza che aglistipendi del pontefice scendessino di nuovo dodicimila svizzeri: iquali se beneda principioil cardinale sedunenseche nelle dieteprocurava apertamente contro a' franzesied Ennio vescovo di Verolinunzio apostolico e gli oratori di Cesare avessino recusatiperchénon si concedevano se non per difesa dello stato della Chiesa e conespresso comandamento che non andassino a offendere lo stato del redi Francianondimenopoiché altrimenti non gli potevanoimpetraregli aveano finalmente accettati eziandio con questacondizione; sperandodiscesi che fussino in Italiapoteremediantela loro avarizia e instabilità e le corruttele e l'arti che siuserebbono co' capitaniindurgli a seguitare l'esercito contro alducato di Milano. Né in questa deliberazione dell'andareinnanzi era di molta dubitazione a quale parte s'avessino adirizzareperché nel continuare la guerra di qua dal fiumedel Po apparivano manifestamente grandissime difficoltà:disperata era l'espugnazione di Parma; lasciandosi a dietro quellacittà bisognava andare a combattere con gli inimicicosaevidentemente perniciosa perché erano alloggiati in luoghiforti e agli alloggiamenti disposta opportunamente copia grandissimadi artiglierie; dimorare tra Parma e loro o procedere piúinnanzi senza combattere non si potevaperché stando tra leterre possedute da loro e l'esercito sarebbono in pochissimi dímancate le vettovaglienon si potendo né averne del paeseinimico né condurne da lontano. Queste difficoltà sifuggivano trasferendo la guerra di là dal Po: perché inquel paeseabbondante per sua natura e che non avea sentiti i dannidella guerraconfidavano trovare vettovaglie copiosamentee nondovere avere ostacolo alcuno insino al fiume della Addaperchélasciando Cremona a mano sinistra e accostandosi all'Oglio non vierano terre da resistere; e persuadendosi che il senato viniziano nonvolesse sottoporre le genti sueper gli interessi d'altriallafortuna di una battagliacredevano che i franzesi non ardirebbonoopporsi se non al transito dell'Adda. Anzi era speranza di molti cheapprossimandosi l'esercito a' confini de' vinizianiessi per sicurtàdelle cose proprie richiamerebbono la maggiore parte degli aiuti datial re. E oltre a tutte queste cosequel che si stimava moltoilpassare di là dal Po era opportunissimo a unirsi co' svizzeri.

Mamentre che si preparano molte cose necessarie a questa nuovadeliberazionedi artiglierie di munizioni di guastatori di ponti edi vettovagliementre che in Toscana e in Romagna si soldano i fantiitalianiil conte Guido Rangoneper comandamento del ponteficeconuna parte de' fanti che erano già soldati e con le genti cheerano appresso a sési mosse contro alla montagna di Modena:la quale montagnané mentre che Modena era stata sotto Cesarené poi quando era stata dominata dalla Chiesaavevariconosciuto altro signore che il duca di Ferrara. Ma intesa questamossa dagli uomini del paesee che nel tempo medesimo si moveanomolti fanti comandati di Toscanasenza aspettare di essereassaltatichiamorno il nome della Chiesa. Nel tempo medesimo fuggída Milano Bonifazio vescovo d'Alessandriafigliuolo già diFrancesco Bernardino Visconteperché vennono a luce alcunecose trattava contro a' franzesi. Venne medesimamente a luce untrattato tenuto in Cremona per Niccolò Varolouno de'principali fuorusciti di quella città; per il quale di alcunicremonesi che ne erano consci fu preso il debito supplicio. Néso quale in questo tempo [fusse] maggioreo la mala fortuna o latemerità e imprudenza de' fuorusciti del ducato di Milanode'quali numero grandissimo seguitava l'esercito; perché nonsolamente tutte le cose tentate da loro riuscivano infelicemente maintenti a predare tutto il paesedifficultavano il venire dellevettovaglie: non ricompensando questi mali (io eccettuo sempre ilMorone) con alcuna diligenza o intelligenza di spie. Anziavendomolto prima Prospero mandatigli verso Piacenzapoi che ebbono fattidanni grandissimi agli amici e agli inimicivenuti tra loro medesimia quistione nel dividere la predafu da Estor Visconte e alcunialtri ammazzato Piero Scotto piacentinouno de' principali.

TentòProsperoin questo tempo medesimodi abbruciare le barche del pontede' franzesi ridotte con poca guardia appresso a Cremonaper averetanto maggiore spazio a procedere piú innanzimentre cheLautrech raccoglieva le barche necessarie a rifare il ponte; ma lalunghezza del cammino fu cagione che Giovanni de' Medicimandato aquesta fazione con dugento cavalli leggieri e trecento fantispagnuolinon vi potette giugnere se non passata la notte: onde inocchierisentito il romore levato da' paesaniritirorno le barchein mezzo al Posicuri di non essere offesi dagli inimici fermatisiin sulla riva.

Finalmentepreparate tutte le cose necessarie a passare il Pol'esercito andòa Bresselleove era gittato il ponte fatto con le barche; nel qualluogo si dice il letto del fiume essere piú largo che inalcuno altro. Ma innanzi passasseessendo a' pensieri di offenderealtri congiunta la necessità di pensare a difendere sépropriofu mandato alla cura delle terre della Chiesa che rimanevanoindietro Vitello Vitellicon cento cinquanta uomini d'arme ealtrettanti cavalli leggieri e con dumila fanti dell'ordinanze de'fiorentini: dove similmente andò il vescovo di Pistoia coiduemila svizzeriperché non pareva sicuro menargli contro a'franzesi co' quali militavano tanti fanti della nazione medesimaconceduti per decreto e con le bandiere publiche; e tanto piúnon avendo certezza quel che fussino per deliberare i nuovi svizzeride' qualicongregati a Coiras'aspettava a ogn'ora la certezza chefussino mossi. Al vescovo e [a] Vitello fu commesso non solamente ildifendere Modena e l'altre terre della Chiesase alcuno si movessecontro a quellema d'assaltare il duca di Ferrara: il qualeattribuendo a sé la gloria d'avere liberata Parmaoccupato ilFinale e San Felice non procedeva piú oltre. Perché ilponteficeaugumentato per questo insulto l'odioprocedevacon lecensure e monitori ecclesiastici contro a luialla privazione delducato di Ferrara.

Cap.vii

Ipontifici e gli spagnuoli a Casalmaggiore. Il cardinale de' Medicilegato presso l'esercito. L'esercito sull'Oglio. Questioni fra fantiitaliani e spagnuoli; fazione fra Giovanni de' Medici e glistradiotti. Spostamenti degli eserciti nemici. Rotta delle genti delduca di Ferrara al Finale.

Passòl'esercitoil primo dí d'ottobredi là dal Po e andòad alloggiare a Casalmaggioreavendo consumato nel passare nonsolamente tutto il dí ma non piccola parte della notteseguenteper la moltitudine inestimabile della turba inutile e degliimpedimenti; rimanendo ingannato in questo non mediocremente ilgiudicio de' capitaniche si erano persuasi dovere essere passatitutti a mezzo 'l dí: dondeper la stracchezza degli ultimi eper le tenebre della nottesi fermorno la nottedisperse tra 'l Poe Casalmaggioreuna parte delle artiglierie molte munizioni emoltissimi soldatiesposte preda agli assalti di qualunque piccolonumero degli inimici. Anzi non si dubita che se Lautrechil qualeraccolti tutti i svizzerivenne ad alloggiare a Colornio il dímedesimo che gli avversari alloggiorno a Bressellefussequel díche essi passornopassato per il suo ponte a Casalmaggiore distantetre miglia da Colornioo veramente avesse a mezzodí assaltataquella parte dell'esercito che ancora non era passata (sono Bressellee Colornio distanti sei miglia)arebbe avuta qualche preclaraoccasione. Ma nelle guerre si perdono infinite occasioni perchéa' capitani non sono sempre noti i disordini e le difficoltàdegli inimici.

ACasalmaggiore pervennela notte medesimail cardinale de' Medicimandato dal pontefice legato dell'esercito. Perché ilponteficeancora che occultissimamente avesse già cominciatoa prestare l'orecchie allo imbasciadore del re di Franciatemendoche i successi avversi e l'essere rimasto sopra lui quasi tutto ilpeso della guerra non dessino causa a Cesare o a' ministri didubitare che egliper uscire di tante difficoltà e pericolinon volgesse l'animo a nuovi pensierigiudicò niuna cosapotergli tanto assicuraree per conseguente indurgli a procedere piúardentemente alla guerra. La persona del qualeperché era ilpiú prossimo di sangue al pontefice e perchécon tuttoche dimorasse quasi continuamente in Firenzeniuna cosa grave delpontificato si spediva senza sua partecipazioneportava seco quasiquella medesima autorità che arebbe portata seco la personapropria del pontefice. Giovava questo medesimo a sostenere lariputazione declinata della impresae a provedere che con maggioreunione si deliberassinoper la presenza d'uomo di tanta grandezzale cose da' capitani: perché ogni dí appariva piúmanifestamente la discordia tra Prospero Colonna e il marchese diPescara; augumentataoltre a altre cagioniperché ilmarcheselevato che fu il campo a Parmavolendo trasferire in altrila infamia di quella deliberazioneaveva significato a Roma esserestato cosí deliberato senza consiglio o saputa sua.

DaCasalmaggioredopo il riposo di un dísi mosse l'esercitoper il cremonese per accostarsi al fiume dell'Oglio; al qualepervenne in quattro alloggiamenti; non essendo in questo mezzoaccaduta cosa alcuna di momentoeccetto chementre alloggiavanoalla villa che si dice la Corte de' Fratifu fatta grandissimaquistione tra fanti spagnuoli e italianinella quale gli spagnuolipiú col sapere usare l'opportunità dell'occasione chedelle forzeammazzorno molti di loropure per l'autorità ediligenza de' capitani si sopí presto la cosa; e il dídinanzi Giovanni de' Medicicorrendo verso gli inimicii qualierano passati il Po piú alto verso Cremonail dímedesimo che gli altri erano stati fermi a Casalmaggioreroppe glistradiotti de' viniziani guidati da Mercurioco' quali erano alcunicavalli de' franzesi; de' quali fu fatto prigione don Luigi Gaetanofigliuolo di...che ancora riteneva il nome di duca di Traiettobenché lo stato fusse posseduto da Prospero Colonna.

Manell'alloggiare l'esercito in sul fiume dell'Ogliola fortunarisguardando con lieto occhio le cose del pontefice e di Cesareinterroppe il consiglio infelice de' capitani; i quali aveanodeliberato che dalla Corte de' Frati andasse l'esercito ad alloggiarealla terra di Bordellanodistante otto migliapure in sul fiumemedesimo: ma non essendo stato possibile cheper essere la stradadifficilevi si conducessino l'artiglieriefu necessario fermarsialla terra di Rebeccaa mezzo il cammino; la quale da Pontevicoterra de' vinizianidivide solamente il fiume dell'Oglio. Nel qualeluogomentre che si alloggiavapervenne notizia che Lautrechseguitato dalle genti de' vinizianilasciati i carriaggi a Cremonaera venuto il dí medesimo a San Martinodistante cinquemiglia; deliberatose gli inimici procedevano innanzidiriscontrargli il dí seguente in sulla campagna. Turbòquesta cosa maravigliosamente la mente del cardinale de' Medici e de'capitani; perché avendo il senato vinizianoquando uníle genti sue a Lautrechsignificata questa deliberazione con paroletali che pareva muoversi non per desiderio della vittoria del re diFrancia ma per non avere causa giusta di non osservare laconfederazionesi erano e prima persuasie la venuta del cardinaleavea confermata questa opinioneche Andrea Gritti avesse occultocomandamento di non permettere che quelle genti combattessino: ilquale presupposito apparendo falsoera necessario partirsi da' primiconsigli; perché niuno negava essere superiore di forzel'esercito degli inimicinel qualeoltre alla cavalleria moltopotente e settemila fanti tra franzesi e italianierano diecimilasvizzerima nell'esercito del pontefice e di Cesare era tantodiminuito il numero de' tedeschie in qualche parte degli spagnuoliche a fatica ascendevano al numero di settemilae de' seimilaitalianiperché erano la maggiore parte stati condotti dinuovosi considerava piú il numero che la virtú.Deliberorno adunque Prospero e gli altri aspettare in quel luogo lavenuta de' svizzeri; i qualiperché erano già mossi eperché il cardinale sedunense che gli menava avvisava che nonsi fermerebbono in luogo alcunosi sperava non dovessino tardare piúche tre o quattro dí. Perciòla mattina seguenteicapitaniconsiderato diligentemente il sito del luogoridussono amigliore forma l'alloggiamento fatto quasi tumultuariamente la seradinanzi; non gli movendo il pericolo di potere essere aspramenteoffesi con l'artiglierie dalla terra opposita di Pontevicoperchéil cardinale de' Mediciseguitando le prime impressioniavea percosa certa che i vinizianinon obligati al re di Francia ad altroche a concedere le genti per la difesa del ducato di Milanononconsentirebbono mai che dalle terre loro fusse data molestiaall'esercito della Chiesa e di Cesare. Alla deliberazione diaspettare i svizzeri a Rebecca si opponeva manifestamente ladifficoltà delle vettovaglieperché quelle che siconducevano con l'esercito non potevano bastare molti dí eper il terrore de' danni che si faceano specialmente da' fuoruscitimilanesi e la fuga che era per tutto il paesene veniva piccolissimaquantitàe questa ogni ora diminuiva. Perciò ilcommissario Guicciardino aveva ricordato chenon potendo per ilmancamento delle vettovaglie sostenersi in quel luogoe potendoaccadere per molte cagioni che la venuta de' svizzeri procrastinasseessere forse piú utilenon soggiornando quiviritirarsicinque o sei miglia piú indietro in sul fiume medesimoa'confini del mantovano; oveavendo alle spalle il paese amicononmancherebbono le vettovaglie: e questoche al presente si potevafare sicuramentepotrebbe essere che approssimandosi gli inimici nonsi potrebbe fare senza gravissimo pericolo. Non sarebbe dispiaciutointrinsecamente questo consiglio a' capitanima la infamia tantorecente della ritirata da Parma riteneva ciascuno da parlareliberamente; movendogli similmente la speranza che i svizzeri nondovessero ritardare a venirei quali potevano scendere in cinque osei dí da Coira nel territorio di Bergamoonde insinoall'esercito era brevissimo transito. Cosí fermato diaspettargli a Rebeccasi distribuiva misuratamente per tutte lebandiere del campo la munizione delle farine condotta con l'esercito;le qualiperché col campo non erano forni portatilie lecasenelle quali erano i fornioccupate dagli alloggiamenti de'soldaticiascuno assava da se stesso in sulle brace la parte che glitoccava: la quale incomoditàaggiunta al distribuirsiscarsamente le farinefu cagione che molti de' fanti italianicontutto che vi abbondasse il vino e il carnaggiose ne fuggivanooccultamente. Ma il terzo díLautrechil quale si erafermato a Bordellanopassata una parte dell'artiglierie a mezzodídi là da Oglio le mandò a Pontevico; consentendobenché simulando il contrarioil proveditore viniziano: ondeil medesimo díbenché già appresso alla nottecominciorno a tirare negli alloggiamenti degli inimici. I capitanide' quali conoscendo il pericolo manifestissimoancora che sifussino potuti trasferire in luogo ove alcune colline gli coprivanonondimeno spaventati dalla carestia delle vettovaglie e augumentandoil timore della tardità de' svizzerimossola mattinaseguente innanzi all'auroratacitamente l'esercito senza suono ditrombe e di tamburie messi i carriaggi innanzi alle gentiprocedendo molto ordinatamente e apparecchiati a combattere e acamminareandorno ad alloggiare a Gabbionetaterra distante cinquemiglia a' confini del mantovano; confessando tutti essersi salvati dagravissimo pericoloparte per beneficio della fortuna parte perl'imprudenza degli inimici: perché certo è chese ildí destinato a andare a Bordellano non si fussino fermati aRebeccarimaneva loro niuna o piccolissima speranza di salute;perché le medesime necessità o maggiori glicostrignevano a ritirarsie la ritirataessendo piú lunga econ gli inimici piú viciniaveva evidentissimo pericolo.Similmente è certo che Lautrech conseguitava indubitatamentela vittoria se il dí medesimo che mandò l'artiglierie aPontevico fussecome molti lo consigliorno e tra gli altri icapitani de' svizzeriandato ad alloggiare appresso agli inimici; a'qualiper la propinquità suanon rimaneva facoltà dipartirsi sicuramentenon potendo massimeper lo impedimento chearebbono ricevuto dalle artiglierie di Pontevicomettersiordinatamente in battaglia né dimorare in quel luogoper lafamepiú che tre o quattro dí. Ma mentre chesecondola sua naturadispregia il consiglio di tutti gli altriaccennandoprima il pericolo che appresentandolodette loro causa di prevenirecon la subita partita le sue minaccie. Dunquenon senza ragione icapitani de' svizzerispeculato il sito del luogo (perchéLautrechmossosi per accostarsi agli inimicitrovandogli partitiandò ad alloggiare a Rebecca)gli dissono che meritavanod'avere la paga che si dà a' soldati vincitori dellabattagliaperché per loro non era stato che e' non avesseconseguita la vittoria. A Gabbionetafortificato eccellentementel'alloggiamentosoprastettono molti dí; ma parendo checontinuamente si allungasse la venuta de' svizzeri e temendo dellavicinità dell'esercito franzeseil qualemolto piúpotentefaceva dimostrazione di volergli assaltarepassato l'Oglioandorono ad alloggiare a Ostiano castello di Lodovico da Bozzoleconintenzione di non si muovere di quivi insino alla venuta de'svizzeri. La quale deliberazione fatta con prudenza fu ancheaccompagnata dalla fortunaperché l'esercito arebbe ricevutonon piccolo detrimento nello alloggiamento di Gabbionetaposto insito molto bassodalle pioggie immoderate le quali immediatesopravennono.

Mamentre che cosí oziosamente sopraseggonol'uno esercito aOstiano l'altro a Rebeccail vescovo di Pistoia e Vitellounitiinsieme i svizzeri e i fanti italianiassaltorono le genti del ducadi Ferrara le quali erano alloggiate al Finale; e benchéfussino in luogo forte per naturae per arte molto fortificatonondimeno i svizzeriandando ferocissimamente incontro al pericolole roppono e messono in fugaammazzandone molti (tra' quali fu mortocombattendo il cavaliere Cavriana): con tanto timore del duca diFerrarache era al Bondinoche abbandonato subito quel castellofuggí a Ferrara; ritirando con la medesima celeritàperché gli inimici non lo seguitassinole barche in sullequali aveva gittato il ponte nel luogo medesimo.

Cap.viii

Discesadegli svizzeri: loro riluttanza ad assaltare il ducato di Milano:concordato con l'esercito ispano-pontificio. Partenza degli svizzeridall'esercito francese e causa che l'ha determinata. Il Lautrec speradi far resistenza ai nemici sull'Adda. Prime milizie mandate daProspero Colonna a passare il fiume. Gli ispano-pontifici passanol'Adda; il Lautrec si ritira a Milano.

Eranointanto i svizzeri scesi nel territorio di Bergamoe nondimenopieni di dispareri e di difficoltàritardavano il venire piúinnanziavendo espressamente recusato il volgersi ad assaltare ilducato di Milanocome il cardinale sedunense e gli agenti delpontefice e di Cesare facevano instanza: facevano anche difficoltàdi andare a unirsi con l'esercito che gli aspettava a Ostianocomepreparato di procedere alla offesa del re di Franciaofferendo diandare in qualunque luogo paresse al pontefice nello stato dellaChiesaper la difensione del quale avevano accettato lo stipendio; enondimeno consentendocome spesso interpretano le cose barbaramentedi andare ad assaltare Parma e Piacenzacome cittàappartenenti manifestamente alla Chiesa o almeno come di ragione noncerta del re di Francia. Dimandavano ancora che innanzi che simovessino fussino mandati a loro dall'esercito trecento cavallileggiericon l'aiuto de' quali potessino raccorre le vettovaglie peril paese donde passavano. Finalmentepervenuti i cavallii qualiall'improviso passorono con celerità grande per il territoriode' vinizianisi mossono per andare in luogo vicino all'esercitodove piú comodamente si potesse consultare e risolvere quelloavessino a fare; e in cammino cacciorono alcune genti de' franzesi ede' viniziani le qualiper proibire loro il passare piúinnanzisi erano fermate a Pontoglio o vero al lago Eupilo.Cominciossicome furno approssimati all'esercitoa fare instanzaper disporgli a unirsi contro a' franzesi; per la qual cosa andavanoinnanzi e indietro molti messi e imbasciate: e vi andò in nomedel cardinale de' Medici l'arcivescovo di Capua. Finalmentequeglidel cantone di Zurichi quali sí come hanno maggiore autoritàfanno professione di governarsi con maggiore gravitànegornocostantemente; gli altridopo molte sospensioninéricusorono espressamente né accettorono la dimanda fattanonnegando di volere seguitare l'esercito ma non dichiarando se dietroalle sue vestigie fussino per entrare nel ducato di Milano: in modocheper consiglio di Sedunense e de' capitanila volontà de'quali era stata guadagnata con molte promessesi deliberò diprocedere innanzisperando chepoi che non recusavano di seguitareavessino facilmente a essere condotti in qualunque luogo andasse loesercito. Cosívoltati i zuricanii quali erano quattromilaverso Reggiol'esercitopoi che tra Gabbioneta e Ostiano fudimorato circa uno mesesi congiunse a Gambara cogli altri svizzeri:procedendo in mezzo di quello due legatiSedunense e Medicicon lecroci d'argentocircondate (tanto oggi si abusa la riverenza dellareligione)tra tante armi e artiglierieda bestemmiatoriomicidiali e rubatori.

Andoronoin tre alloggiamentiper le terre de' viniziania Orcivecchio lorocastelloscusandosi col senato questo essere un transito necessarioe non farsi per desiderio di offendergli; cosí come essi sierano scusati essere stato sforzato Andrea Gritti loro proveditore diconsentire a Lautrech che mandasse l'artiglierie a Pontevico. AOrcivecchio arrivorono corrieri mandati da' signori delle leghe acomandare a' svizzeri che partissino dello esercito; similecomandamento feciono per altri corrieri a quegli che erano nel campofranzeseallegando essere cosa indegna del nome loro che in dueeserciti inimici fussino colle bandiere publiche i fanti suoi. Ma diquesti comandamenti gli effetti furno diversi: perché icorrierifatti industriosamente ritenere nel camminonon pervenneroa quegli che erano con Sedunense; ma i svizzeri de' franzesi partirnoquasi tutti improvisamentemossi (come si credé) non tantodai comandamenti ricevuti né dalla lunghezza della miliziadella quale sogliono sopra tutti gli altri essere impazientiquantoperché a Lautrechnon gli essendo mandati danari di Franciané bastando quegli che acerbamente riscoteva del ducato diMilanoera mancata la facoltà di pagargli. Nel qual luogodebbe meritamente considerarsi quanto possa la malignità e laimprudenza de' ministri appresso a' príncipi che o pernegligenza non vacano alle faccende o per incapacità nondiscernono da se stessi i consigli buoni da' cattivi: perchéessendo stati ordinati trecentomila ducati per mandargli a Lautrechsecondo la promessa che gli era stata fattala reggente madre delredesiderosa tanto che non crescesse la sua grandezza che sidimenticasse dell'utilità del proprio figliuoloprocuròche i generalisenza saputa del reconvertissino questa somma didanari in altri bisogni. Donde Lautrechconfuso d'animo e pieno digrandissima molestiapoiché per la partita de' svizzeri ilsuccesso delle coseil quale prima si prometteva feliceeradiventato molto dubbiolasciata guardata Cremona e Pizzichitonesiridusse col resto dell'esercito a Cassano; sperando di proibire agliinimici il transito dell'Addacosí per l'altre difficoltàche hanno gli eserciti a passare i fiumi quando in sulla ripaopposita è chi resistacome perché in quel luogo ètanto piú rilevata la ripa verso Milano che maggiore èl'offesa che con l'artiglierie si fa agli inimici che quella che siriceve. Da altra parte i legati apostolici e i capitanipartiti daOrcivecchi e passato di nuovo il fiume dell'Oglioerano in trealloggiamenti venuti a Rivolta; non sentendo piú la incomoditàdelle vettovaglieperché le terre della Ghiaradaddaabbandonate da' franzesi ne somministravano abbondantemente. Quiviintenti gli eserciti l'uno a guadagnarel'altro a proibire iltransito del fiumeProspero e gli altri capitani preparavano digittare il ponte tra Rivolta e Cassano; cosa molto dubbia e difficileper la opposizione degli inimici: dove avendo consumato due o tre díin varie disputazioni e consiglifinalmente Prosperonon conferitial marchese di Pescara i suoi pensieri acciò che nonpartecipasse della gloria di questa cosa eperché non glipervenisse a notiziarifiutata l'opera de' fanti spagnuolitolteoccultamente del fiume Brembo due barchettemandò di nottecon grandissimo silenzio alcune compagnie di fanti italiani a passareil fiume dirimpetto alla terra di Vauri.

ÈVauri terra aperta e senza muraposta in su la riva dell'Addadistante cinque miglia da Cascianoove è l'opportunitàdi passare il fiume; e ha nel mezzo un piccolo ridotto di murarilevatoa uso di rocchetta. Guardava questo luogo con pochi cavalliUgo conte de' Peppoliluogotenente della compagnia delle lancie cheaveva in condotta dal re di Francia Ottaviano Fregoso: il qualesentito lo strepitofattosi incontro in sulla rivafu facilmentesforzato a dare luogo per la violenza degli scoppietti; ma si credéche arebbe fatto facilmente resistenza se a' cavalli che aveva secofusse stato aggiunto qualche numero di scoppiettiericome essoaffermava avere dimandati a Lautrech. Raccoglievansi i fantisecondoche passavanoin uno rilevato con un poco di forte che ènella terra sopradettaaspettando venisse il soccorso ordinato daProspero; il qualesubito che ebbe avviso del principio felicesivoltò quasi tutti i fanti dello esercito alloggiati in diversecastella della Ghiaradaddacon ordine che quegli che primaarrivassinoe poi gli altri successivamentepassassino subito ilfiume in sulle medesime barchettee in su due altre di quelle cheseguitavano l'esercitoper gittare il ponte in su' fiumi: le qualila notte medesima erano state tirate per terra in sulla rivamedesima. Andò ed egli e gli altri capitanicol cardinale de'Mediciincontinente al medesimo camminolasciato ordine a Rivoltache se i franzesi si discostavano si gittasse subito il ponte. Ma aVauri fu per alquante ore incerto il successo della cosa. Perchése Lautrechcome prima ebbe notizia gli inimici essere passativ'avesse voltata subito una parte dell'esercitonon è dubbioche gli opprimeva; ma poiché per piú ore fu statosospeso di quello dovesse faremandò lo Scudo con[quattro]cento lancie e co' fanti franzesi edietroalcuni pezzid'artiglieria: i qualicamminando con celeritàcominciornovigorosamente a combattere il luogo dove si erano ritirati gliinimicinel tempo medesimo che in su l'altra riva compariva la genteche veniva al soccorso; per la speranza del quale si difendevanocostantementeancora che lo Scudosmontato a piede con tutti gliuomini d'armecombattesse ferocemente nello stretto delle vie: nési dubita che se a tempo fussino arrivate l'artiglierie gli arebbonoespugnati. Ma già dall'altra ripa sollecitavano continuamentedi passaresecondo che comportava la capacità delle barcheTegane capitano de' grigioni e due bandiere di fanti spagnuolimosseda' conforti del cardinale de' Medici e de' capitani. Ma senzaconforto di alcunostimolato dalla propria magnanimità e setegrandissima della gloriapassò Giovanni de' Mediciportatoda uno cavallo turcoper la profondità dell'acqua notandoinsino all'altra ripa; dando nel tempo medesimo terrore agli inimicie conforto agli amici. Finalmente lo Scudoancora che nello istantemedesimo arrivassino le artiglieriedisperato della vittoriaperduta una bandierasi ritirò a Cassano: donde Lautrechridusse tutto l'esercito a Milano. Dove arrivatoo per non perderel'occasione di saziare l'odio prima conceputo o per mettere conl'acerbità di questo spettacolo terrore negli animi degliuominifece decapitare publicamente Cristofano Palavicino:spettacolo miserabileper la nobiltà della casa e per lagrandezza della persona e per la etàe per averlo messo incarcere molti mesi innanzi alla guerra.

Cap.ix

Gloriaderivata a Prospero Colonna dal successo ottenuto. L'esercitoispano-pontificio alloggia a Marignano; di qui marcia verso Milano.Entrata in Milano; anche le altre città del ducato passanoagli ispano-pontifici. Sdegno degli svizzeri perché i lorofanti hanno combattuto contro i francesi.

Esaltòinsino al cielo la passata dell'Adda il nome di Prosperoil qualeprimaper la ritirata di Parma e per la lentezza del suo procedereera infame a Roma e in tutto l'esercito; ma cancellandosi spesso perl'ultime cose la memoria delle primesi celebravano popolarmente lelaudi sueche senza sangue e senza pericoloma totalmente conconsiglio e con industria degna di peritissimo capitanoavessefurato agli inimici il passo di quel fiume; il quale Lautrech siprometteva tanto di proibirgli cheoltre a quello che ne dicevapublicamenteavesse scritto al re che assolutamente lo impedirebbe.E nondimeno non mancavano di quegli checon ragioni o vere oapparentisi sforzassino di estenuare la gloria di questo fattoallegando non avere avuta virtú o industria rara né lainvenzione né l'esecuzioneperché la natura da sestessa insegna a ciascuno che truova opposizione a' fiumi o passistretti di cercare di passare o di sopra o da bassodove non sia chiimpedisca; il passo di Vauri essere stato propinquoopportunissimo epasso per l'ordinario frequentatoe Lautrech essere stato tantonegligente a farlo guardare che la negligenza sua non avea lasciatoluogo alla industria; perchéin quale altra cosa potersicommendare la providenza di Prospero che nell'avere proveduteoccultamente le barchee governata la cosa col silenzio necessario?Altriforse troppo diligenti giudici delle cosee piú prontia riprendere gli errori dubbi che a laudare l'opere certenoncontenti di diminuire la fama della sua industriariprendevano chein lui non fusse stata né la providenza né l'ordineconveniente; perché non avendo mandato comandamento alle gentidestinate al soccorsole quali erano alloggiate in TreviCaravaggioe in vari luoghiche si movessinose non quando ebbe notizia che ifanti mandati innanzi aveano occupato Vauritardorono per necessitàinsino a mezzo díi primiad arrivare in sulla ripa delfiumepiú di quattordici ore poi che i primi fanti eranopassati: di maniera che non si dubita che se Lautrech avessequandon'ebbe notiziafatto quel che fece dopo molte oree arebberecuperato Vauri e rotto i fanti che erano passatiperché asoccorrergli pervenivano tardi i provedimenti ordinati. Ma nonoscurorno queste interpretazioni la gloria di Prosperoperchéè considerato comunemente dagli uomini l'evento delle cose;per il qualeora con laude ora con infamiasecondo che è ofelice o avversosi attribuisce sempre a consiglio quel che spesso èproceduto dalla fortuna.

PartitoLautrech dalla ripa dell'Addaniuno dubbio era che gli inimiciiquali il dí seguente gittorno il ponte tra Rivolta e Cascianodovessino quanto piú presto si poteva accostarsi a Milano:nondimeno Prosperoil cui consigliobiasimato comunemente dalvolgofu approvato da' periti dell'arte militarevolle che il primodíper piú lungo circuitosi andasse ad alloggiare aMarignanoterra parimente propinqua a Milano e Pavia; perchénon si potendoper i tempi già freddi e molto piovosisoggiornare in campagnagli parve piú opportuno l'accostarsia Milano da quella parte dalla qualese come si credeva riuscissedifficile l'entrarvipotesse subito voltarsi a Paviaove Lautrechper ridurre tutte le forze a Milanonon avea lasciato alcunopresidioper collocare in quella cittàabbondante e moltoopportunala sedia della guerra. Da altra parte Lautrechil qualeridotto a poco numero di fantiera stato da principio inclinato aguardare solamente la città di Milanoconsiderando poi che seabbandonava i borghi dava comodità agli inimici dialloggiamentoe cosí facoltà di potere attendereoziosamente alla espugnazionedeliberò di guardare anche iborghi: consiglio certamente valoroso e prudente se fusse statoaccompagnato dalla debita vigilanzae per il qualeper gliaccidenti inopinati che dopo pochissimi dí succederonoarebbono le cose sortito fine molto diverso da quello che ebbono. Mal'esercito degli inimicidel quale la maggiore parte era alloggiataa Marignano e i svizzeri piú innanzi alla Badia diChiaravallestato fermo tre dí per aspettare l'artiglierieche per la difficoltà delle strade non si erano potutecondurresi indirizzò il decimonono dí di novembre aMilanocon intenzioneche se il dí medesimo non si entravadi andarsene il dí seguente a Pavia; dove giàperoccuparlaera stata mandata una parte de' cavalli leggieri. Eaccadde quella mattina cosa notabile: che essendosi fermati in unoprato appresso a Chiaravalle i legati e i principali dello esercitoper dare luogo a' svizzeri di camminaresopragiunse uno vecchiodipresenza e di abito plebeoil qualeaffermando essere mandato dagliuomini della parrocchia di San Siro di Milanosollecitava congrandissima esclamazione che si andasse innanziperchéperordine datonon solo gli uomini di quella parrocchia ma tutto ilpopolo di Milanosubito che si accostasse l'esercitoal suono dellecampane di tutte le parrocchiepiglierebbe l'armi contro a'franzesi: cosa che parve poi maravigliosa perchéperqualunque diligenza che si facesse poi di ritrovarlonon fu maipossibile sapere né chi fusse né da chi fusse statomandato.

Camminòadunque l'esercito in ordinanza verso porta Romanafermatel'artiglierie grosse al capo di una via che si voltava a Pavia; nellaprima fronte del quale essendo il marchese di Pescara co' fantispagnuolisi accostòappropinquandosi già la notteal fosso tra porta Romana e porta Ticinesee presentati gliscoppiettieri contro a un bastione fatto nel luogo che si diceVicentino appresso alla porta detta Lodovicopiú per tentareche per speranza di ottenerei fanti viniziani che n'aveano lacustodianon sostenuta non che altro la presenza degli inimicivoltate con inestimabile viltà le spallesi messono in fuga;il medesimo feciono i svizzeri che alloggiavano appresso a loro: inmodo che i fanti spagnuolipassato senza difficoltà il fossoe il riparoentrorno nel borgo. Nell'entrare de' quali fu presoricevuta nel prenderlo una leggiera feritaTeodoro da Triulzichedisarmato in su una muletta correva al rumore; il quale pagòpoi al marchese di Pescara ventimila ducati per la sua liberazione.Salvossi con fatica grande Andrea Grittie unitisi fuggendo co'franzesitutti insieme con lungo circuito si ritirorono nella città:nella quale non avendo fatta provisione di difendersie avendopochissimi fanti e l'animo del popolo inclinato alla rebellionefeciono alto intorno al castello. Da altra parte il marchese diPescaraseguitando sollecitamente la prosperità dellafortunaaccostatosi a porta Romana (ritengono le porte della cittàe quelle de' borghi il nome medesimo) fu da' principali della fazioneghibellina che aveano occupata la porta messo dentro; e poco dipoientrorono nel medesimo modoper la porta Ticineseil cardinale de'Mediciil marchese di MantovaProspero e una parte dello esercito:ignorando quasi i vincitori in quale modo o per quale disordine sifusse con tanta facilità acquistata tanta vittoria. Ma lacagione principale procedette dalla negligenza de' franzesi; perchéper quello si potette comprendere poinon aveva Lautrech avutonotizia che quel giorno l'esercito fusse mossoanzi si credéche l'essere per le grandissime pioggie le strade molto rotte glidesse sicurtà che quel dí gli inimici non fussino permuovere l'artiglieriesenza le quali non pensava si mettessino adassaltare i ripari: perònel tempo medesimo che essientrorono dentrocavalcava con altri capitani disarmato oziosamenteper Milano; e lo Scudostracco dalle vigilie della notte precedentedormiva nel proprio alloggiamento. E nondimeno si credé chepoi che ebbe fuggendo raccolte le genti in sulla piazza del castelloarebbe avuta non piccola occasione di offendere gli inimici; de'quali una parte era alloggiata molto disordinatamente in Milanoun'altra restata ne' borghi col medesimo disordinee un'altra partealloggiata confusa e sparsa di fuora: ma impeditodal timore e dalloerrore delle tenebredi discernere in sí breve tempo lo statodegli inimicise ne andò la notte medesima con l'esercito aComo; dove lasciati cinquanta uomini d'arme e seicento fantipresoil cammino per la Pieve di Inzino e passata Adda a Leccosi ridussein quel di Bergamorestando il castello di Milano bene guardato eproveduto.

Seguitoronol'esempio di Milano Lodi e Pavia; e nel tempo medesimo il vescovo diPistoia e Vitellochelasciata a dietro Parmaerano andati allavolta di Piacenzafurono accettati spontaneamente da quella città;e la medesima inclinazione seguitò la città di Cremona:dovevenuta nuova non solo della mutazione di Milano ma eziandio chele genti franzesi erano state rotteil popolo levato in armicominciò a chiamare il nome dello imperio e del duca diMilano. La quale cosa intesa da Lautrechche già era arrivatoin bergamascomandò lo Scudo con parte delle genti aricuperarla: il qualeessendo ributtato dal popoloLautrechancoracheper la facilità che vi era di soccorrerla da tantisvizzeri che erano in Piacenzaavesse piccola speranza di prosperosuccessovi si indirizzò con tutte le genti; avendoperparergli essere impotente a sostenere tante coseordinato cheFederigo da Bozzole abbandonasse Parma. E gli succedette la cosafelicementeperché il vescovo di Pistoiase bene avessecommissione dal cardinale de' Medicisubito che intese la rebellionedi Cremonadi mandarviper stabilire quello acquistoparte de'svizzerinondimenonon volendo dividergli né implicargli inaltre faccendeper la cupidità che aveva di andare con essialla impresa che si destinava di Genovaritardò tanto cheLautrechtenendosi per lui il castello né vi essendo altradifensione che quella del popolo (il quale subito gli mandòimbasciadori a dimandare venia del delitto)la ricuperòfacilmente; dalla quale cosa ripreso animoespedí subito aFederigo da Bozzole che non abbandonasse Parma. Ma Federigogiàpartitoseneaveva con tutte le genti passato il Po; e Vitelloilquale con le sue genti andava a Piacenzaessendoquando Federigopartívicino a Parmachiamato con grandissimo consenso delpopolo vi era entrato dentro; e a Milanoattendendosi ad acquistareil resto dello statocon disegno di ridursi a spesa piútemperatafu mandato nel tempo medesimo il marchese di Pescaraconle genti spagnuole e co' tedeschi e grigionia campo a Como. Laquale città poiché ebbe cominciato a battere conl'artiglieriequegli che vi erano dentro non sperando soccorso siaccordoronocon condizione che e le genti franzesi e gli uominidella terra con le loro robe fussino salvi; e nondimenoquando ifranzesi volevano partirsigli spagnuoli entrati dentro lasaccheggiorono con infamia grande del marchese; il qualenon moltopoiimputato da Giovanni Cabaneocapo di quella gentedi federottafu chiamato a duello.

Mandoronoda Milano nel tempo medesimo il vescovo di Veroli a' svizzeri perfermare gli animi loro; ma essicome fu pervenuto a Bellinzonelomessono in custodia perchémalcontenti che i fanti lorofussino proceduti contro al re di Franciasi lamentavano non solodel cardinale sedunense e del pontefice e di tutti i ministri suoimatra gli altriparticolarmente di Veroliche essendoquandofurono levati i fantinunzio del pontefice appresso a lorosi fusseaffaticato per indurgli a contravenire alla eccezione contro la qualeerano stati conceduti.

Cap.x

Mortedi Leone decimo; giudizio dell'autore. Terre e fortezze rimaste inpossesso dei francesi; Tornai presa da Cesare; conseguenze dellamorte del pontefice nel ducato di Milano; progressi del duca diFerrara. I francesi e i veneziani contro Parma; l'opera delcommissario Francesco Guicciardini. Sue parole di fiducia e dirimprovero. Vani assalti dell'esercito nemico a Parma.

Eranole cose della guerra ridotte in questi terminie con speranza grandedel pontefice e di Cesare di stabilire la vittoria; perché ilre di Francia non poteva se non con lunghezza di tempo mandare nuovegenti in Italiae la potenza di quegli i quali contro a lui avevanoacquistato Milanocon la maggiore parte di quello ducatoparevabastante non solo a conservarloma ad acquistare quello che ancorarestava in mano degli inimici: anzigià il senato vinizianospaventato di tanto successo e temendo che la guerra cominciatacontro ad altri non si trasferisse nella casa propriadava speranzaal pontefice di fare partire del suo dominio le genti franzesi. Ma daaccidente inopinato ebbono subitamente origine inopinati pensieri.Morí di morte inaspettatail primo dí di dicembreilpontefice Leone: il qualeavendo avuto alla villa della Maglianadove spesso si riduceva per sua ricreazionela nuova dello acquistodi Milano e ricevutone incredibile piaceresoprapreso la nottemedesima da piccola febbre e fattosi il dí seguente portare aRomaancora che da' medici fusse riputato di piccolo momento ilprincipio della sua infermitàmorí fra pochissimi dí:non senza sospetto grande di velenodatoglisecondo si dubitavadaBernabò Malaspina suo cameriere deputato a dargli da bere. Ilquale se bene fusse incarcerato per questa suspicionenon furicercata piú oltre la cosaperché il cardinale de'Medicicome fu giunto a Romalo fece liberareper non avereoccasione di contrarre maggiore inimicizia col re di Franciaperopera di chi si mormoravama con autore e congetture incerteBernabò avergli dato il veleno. Moríse tu risguardil'opinione degli uominiin grandissima gloria e felicitànonsolo per essere liberato per la vittoria di Milano da pericoli espese inestimabiliper le qualiesaustissimo di danarieracostretto provederne in qualunque modoma perchépochi díinnanzi alla sua morteaveva inteso l'acquisto di Piacenza eil dímedesimo che moríinteso quello di Parma: cosa tantodesiderata da lui che certo èquando deliberò dipigliare la guerra contro a' franzesiaveva detto al cardinale de'Medici che ne lo dissuadevamuoverlo principalmente il desiderio direcuperare alla Chiesa quelle due cittàla quale graziaquando conseguisse non gli sarebbe molesta la morte. Principe nelquale erano degne di laude e di vituperio molte cosee che ingannòassai la espettazione che quando fu assunto al pontificato si avevadi luiconciossiaché e' riuscisse di maggiore prudenza ma dimolto minore bontà di quello che era giudicato da tutti.

Perla morte del pontefice indebolirono molto le cose di Cesare inLombardia. Perché non era da dubitare che il re di Franciaripreso animo per essergli mancato quello inimico co' danari delquale si era cominciata e sostenuta tutta la guerranon mandasseesercito nuovo in Italia; e che i viniziani per le medesime cagioninon continuassino nella confederazione con lui: donde siinterrompevano i disegni fatti di assaltare Cremona e Genova; e iministri di Cesarei quali avevano con difficoltà pagatoinsino a quel dí le genti spagnuoleerano necessitati adiminuire non senza pericolo le forzepossedendosi in nome del re diFrancia Cremona e GenovaAlessandriail castello di Milanolefortezze di Novara e di TrezzoPizzichitoneDomussolaArona etutto il Lago Maggiore. Era anche ritornata alla sua divozione larocca di Pontriemoli; la qualeoccupata da Palavicinofu recuperatada Sinibaldo dal Fiesco e dal conte di Noceto. Né passoronoanche felicemente le cose del re di Francia di là da' monti;perché Cesaremosse le armi contro a luiprese la cittàdi Tornai e poco dipoi la fortezzanella quale era molta artiglieriae munizione.

Perla morte del pontefice si introdussono nuovi governi nuovi consigli enuovi ordini nel ducato di Milano. I cardinali sedunense e Mediciandorono subito a Romaper ritrovarsi alla elezione del nuovopontefice. Riservoronsi i cesarei mille cinquecento fanti svizzeritutti gli altri e i fanti tedeschi licenziati si partirono.Ritornoronsi le genti de' fiorentini verso Toscana; di quelle dellaChiesa ne menò Guido Rangone una parte a Modenaun'altraparte rimase col marchese di Mantova nello stato di Milanopiúper deliberazione propria che per consentimento del collegio de'cardinaliil qualediviso in se medesimonon poteva faredeterminazione di cosa alcuna: in modo chequerelandosi Lautrech conloro che i soldati della Chiesa stessino fermi nel ducato di Milanoin pregiudicio del re di Francia (il qualeper le opere de' suoipredecessori tanto pietose verso la Chiesaotteneva il titolo diprotettore e di figliuolo primogenito di quella)non furono concordia fare altra risposta o deliberazione se non che se ne rimettevanoalla determinazione del pontefice futuro. De' svizzeri che erano aPiacenza n'andorono una parte col vescovo di Pistoia a Modenaperdifesa di quella terra e di Reggio contro al duca di Ferrara: ilqualeuscito dopo la morte di Lione in campagnacon cento uominid'arme dumila fanti e trecento cavalli leggierie ricuperato pervolontà degli uomini il Bondino e il Finale e la montagna diModena e la Garfagnana econ piccola difficoltàLugoBagnacavallo e l'altre terre di Romagnaera andato a campo a Cento.

APiacenza restorono i svizzeri del cantone di Zurigo; da' qualipernon si volere separarenon si potette impetrare che mille di loroandassino alla guardia di Parma: la quale città essendorestata quasi sprovistadette animo a Lautrechche con seicentolancie e dumila cinquecento fanti era in Cremonadi tentare diripigliarla; stimolandolo massime a questo Federigo da Bozzoleilquale per avere notizia particolare di quelle cose aveva creditogrande in questa materia. Però fu disegnato che Buonavalle contrecento lanciee Federigo e Marcantonio Colonnal'uno con fantisoldati da' franzesi l'altro con fanti de' vinizianiin numero intutto cinquemilaassaltassino allo improvviso quella città;dove erano settecento fanti italiani e cinquanta uomini d'arme delmarchese di Mantovail popolo bene disposto alla divozione dellaChiesa ma male armatoe invilito per la memoria de' franzesi e delleacerbità usate da Federigoe quella parte della cittàche era stata battuta dal campo della Chiesacon le mura ancora perterra senza esservi stata fatta restaurazione alcuna. Aggiugnevasi lavacazione della sedia apostolicaper la quale gli animi de' popolisogliono vacillare e i governatori attendere piú alla propriasalute che alla difesa delle terrenon sapendo per chi aversi amettere in pericolo. Con questi fondamenti adunquemandate di nottele fanterie de' franzesi giú per il fiume del Po insino aTorricelladove si unirono con loro le genti d'arme venute daCremona per terraed essendo state condotte da Cremona molte barchepassorono la notte il Po a Torricella propinqua a Parma a dodicimiglia; con ordine che Marcantonio Colonnacon le fanterie vinizianele quali erano alloggiate in su Ogliole seguitasse: il che avendopresentito la notte medesima Francesco Guicciardiniil quale eraandato da Milano per commissione del cardinale de' Medici allacustodia di Parmaconvocato la notte il popolo e confortatolo alladifensione di loro medesimie distribuite in loro mille picchechedue dí innanzisospettando de' casi che potessino accadereaveva fatto condurre da Reggioattendeva sollecitamente a fare leprovisioni necessarie per difendersi. Conoscendo molte difficoltàper i pochi soldati che vi eranonon bastanti a sostenerla senzal'aiuto del popolonel qualene' casi inopinati e pericolosinonsi può per la natura della moltitudine fare saldo fondamentoe considerando non potere proibirsi agli inimici l'entrata nelCodiponteritirò i soldati e tutti quegli della terranell'altra parte della città; ma non senza grandissimadifficoltà: perchépersuadendosi molti del popolovanamente che la si potesse difenderee parendo duro agli abitatoridi quella parte abbandonare le case proprienon si potevanécon ragioni né con autoritàdisporgli se non quando siapprossimorono gli inimici; i qualiper avere i parmigiani tardatotroppo a volersi ritiraremancò poco che insieme allamescolata con loro non entrassino nell'altra parte della terra: doveerano molte difficoltàe principalmente il mancamento de'danariin tempo molto importunoperché era appunto il dídel pagare i fantii quali protestavanose fra uno dí nonerano pagatidi uscirsi della terra. Entrò il primo díFederigo da Bozzole con tremila fanti e alcuni cavalli leggieri nelCodiponte abbandonatosopragiunse il dí seguente Buonavallecon le lancie franzesie Marcantonio Colonna con dumila fanti de'viniziani; non con altre artiglierie che con due sagriperchéle strade pessime che sono di quella stagione ne' luoghi bassi epieni di acque vicini al Po facevano impossibileo almanco moltodifficileil condurre l'artiglierie grosse da battere la muraglia; equesto non senza perdita di tempo contraria alle speranze lorofondate in su la celeritàperché tardando moltodubitavanobenché vanamenteche a Parma non fusse mandatosoccorso o da Modena o da Piacenza. Nondimeno era entrato nel popoloopinioneper avvisi avuti da' contadini fuggiti del paesevenireartiglierie grosse: donde impauriti maravigliosamentee molto piúperchéavendo Federigo preso nel contado alcuni cittadini efattigli destramenteda certi rebelli parmigiani che erano secoempiere di opinione che con Marcantonio e co' franzesi veniva gentemolto grossa e con artiglieriegli aveva lasciati andare in Parma;doveavendo riferito cose assai sopra al vero delle forze degliinimiciempierono il popolo tutto di tanto spavento che non solonella moltitudine per tutte le contradema nel consiglio loro e inquegli magistrati che avevano la cura delle cose della comunitàsi cominciò apertamente a pregare il governatore cheperliberare sé e i soldati suoi dal pericolo di restare prigionee la città dal pericolo di essere saccheggiataconsentisseche si accordassino: a che resistendo il governatore con le ragioni eco' prieghie consumandosi il tempo in disputesi accrebbe nuovadifficoltàperché essendo il tempo di dare la pagaifantisollevatifacendo segno di volere uscirsi della cittàtumultuavano. Ottenne nondimeno il commissariocon moltepersuasionidalla città che provedessino a una parte de'danarii quali avendo prima promessi si erano raffreddatidimostrando che questo farebbein ogni partito che e' pigliassinogiustificazione non piccola per ogni tempo co' pontefici futuri: co'quali danari quietòil meglio si potetteil tumulto. Donde enel popolo si augumentava il timoree i soldativedendo che peressere pochi restavano a discrezione loro e intendendo vacillare glianimi di tutta la cittàridotti in gravissimo sospetto di nonessere in uno tempo medesimo assaltati di dentro e di fuoraarebbonodesiderato piú presto che di accordo si arrendesse la terracapitolando la salvazione loroche stare in questo pericolo.

Nelquale stato delle cose ridotte a non piccola strettezza fu moltonecessaria la costanza del governatore; il qualeora assicurando isoldati dal pericolo comune a lui con loro ora confortando iprincipali della terra congregati tutti in consiglio e disputando conlorodimostrava essere vano il timoreper avere egli certezza chegli inimici non conducevano artiglierie grossesenza le quali essereridicolo il temere che con le scale avessino a entrare per forzanella terra; la gioventú della quale congiunta co' soldati erabastante a resistere a impeto molto maggiore. Avere mandato a Modenadove erano i svizzeriVitello e Guido Rangone con le genti loroadimandare soccorso; né dubitare che al piú lungo pertutto il dí seguente lo arebbono tale che gli inimicisarebbono costretti a partirsi: perché il rispetto dello onoreloroe il timore che perdendosi Parma non seguitasse maggioredisordinegli costrignevaavendo tanta gente quanta avevanoafarsi innanzi. Avere mandato per il medesimo effetto a Piacenzadonde essergli data grandissima speranza per le medesime cagioni.Dovere considerareche essendo morto il pontefice dal quale erastato onorato ed esaltatonon gli restare obligazione o stimoloalcuno per il qualese le cose fussino in quello grado che essi siimmaginavanoavesse a sottoporsi volontariamente a símanifesto pericolo; perché non potevanocome sempre avevadimostrato la esperienzai ministri del pontefice morto aspettaredal futuro pontefice grado o remunerazione alcunaanzi poterefacilmente accadere che il nuovo pontefice fusse inimico di Firenzepatria sua: peròné per rispetti publici né perrispetti privati avere cagione di desiderare la grandezza dellaChiesama potere bene nascere molti casi per i quali gli sarebbegratissima la bassezza. Non avere egli in Parma moglie figliuoli ofacoltà alcunache avesse a dubitare cheavendo a ritornaresotto il dominio de' franzesiavessino a restare sottoposti allalibidine insolenza e rapine loro: perònon toccando a lui nésperare utilità se Parma si difendesse né temerese lasi arrendessede' mali che avevano provati sotto il giogo acerbo de'franzesie avendose la si perdeva per forzasottoposta la personaa medesimi pericoli che l'avevano sottoposta gli altripotevanoessere certi che lo stare suo costante non procedeva da altro che daconoscere manifestamentequegli di fuoranon avendo artiglieriegrossecome era certo non avevanonon essere bastanti a sforzarla;di che se dubitassenon contradirebbeper il desiderio checometutti gli altri uominiaveva della salute propriaallo accordomassime che essendo la sedia vacanteegli non si trovando in Parmacon tanta gente che potesse opporsi alla volontà del popolonon gli potrebbe di questa loro deliberazione resultare imputazione ocarico alcuno. Colle quali ragioniparte parlando separatamente conmolti di loroparte disputando con tutti insiemeparte togliendoloro tempo con lo andare intorno alla muraglia e fare altreprovisionigli aveva intratenuti tutta la notte; perché avevacompreso chebenché desiderassino ardentemente di accordarsinon per altra cagione che per timore estremo che avevano di nonessere sforzati e saccheggiatinondimeno gli raffrenava il conoscerecheaccordandosi senza il consentimento suonon potevano fuggirenota di essere ribelli. Ma essendo apparita l'alba del dídídedicato a san Tommaso apostoloe già cominciatosi aconoscereper le palle che tiravano i due sagri stati piantatiquella notteche non vi era artiglieria da battere la muragliacredette il governatoreritornando in consigliotrovare variati eassicurati gli animi di tutti; ma trovò totalmente contrariadisposizionee il timore tanto piú augumentato quanto peressere già il principio del dí pareva loroapprossimarsi piú al pericolo: in modo chenon udendo piúle ragionicominciavanonon solo con apertissima instanza maeziandio con protesti e quasi con tacite minacciea strignerlo checonsentisse allo accordo. A' quali avendo risposto risolutamente chepoi che non era in potestà sua proibire loro questiragionamenti e questi pensiericome farebbe se avesse in Parmamaggiori forzenon gli restava altra sodisfazione della ingiuria chetrattavano di fare alla sedia apostolica e a séministro diquellache vedere che se si risolvevano ad accordarsi non potevanofuggire la infamia di essere rebelli e mancatori di fede al lorosignore; esprobrando con caldissime parole il giuramento dellafedeltà chepochi dí innanziavevano nella chiesamaggiore prestato solennemente in sua mano alla sedia apostolica; echequando bene vedesse innanzi agli occhi la morte manifestissimada lorotenessino per certo che da lui mai arebbono altraconclusione se non quandoper sopravenire nuove genti o artiglieriegrosse nel campo degli inimici o per altro accidenteconoscesseessere maggiore il pericolo del perdersi che la speranza deldifendersi. Dopo le quali parole essendosi uscito del consiglioparte perché le restassino negli orecchi e ne' petti loro conmaggiore autoritàparte per dare ordine a molte cose cheerano necessarie se gli inimici volessino darecome si credevaqueldí la battagliastettono sospesi e quasi attoniti per lungospazio. Finalmenteprevalendo il timore a tutti gli altri rispettie risoluti in ogni caso di mandare fuora a praticare d'arrendersimandorono alcuni del numero loro a protestare al commissario cheseegli perseverava nella ostinazione di non consentire che sisalvassinoerano disposti farlo per loro medesimiper fuggire ilpericolo evidentissimo del sacco. Ma in quel tempo medesimo chevolevano esporre la imbasciata cominciorono a sentirsi i gridi diquegli che erano a guardia delle porte e delle murae le campanedella torre piú alta della città che davano segno chegli inimiciusciti di Codiponte in ordinanzasi accostavano allemura per dare lo assalto; donde il commissariorivoltosi a coloroche ancora non avevano parlatodisse: - Quando bene volessimo tuttinon siamo piú a tempo ad accordarci; bisogna o difendercionorevolmente o andare vituperosamente a sacco o restare prigioni; senon volete fare come Ravenna e Capuasaccheggiate quando con gliinimici alle mura si trattavano gli accordi. Io insino a qui ho fattoquello che poteva fare uno uomo soloe condottivi per beneficiovostro in grado che è necessario o vincere o morire; se orabastassi solo a difendere la città non mancherei didifenderlama non si può senza l'aiuto vostro: perònon siate manco gagliardi e manco caldi a difenderecome potete farefacilmentela vita e la roba vostra e l'onore delle vostre moglie efigliuoliche siate stati importuni a voleresenza necessitàmettervi sotto la servitú de' franzesichecome sapetetutti sono capitalissimi inimici vostri.

Dopole quali parole avendo voltato il cavallo in altra parterestandociascuno confuso per il timoree per parere loro non essere piúa tempo a tentare altri rimedisi lasciorono da parte i ragionamentidello accordarsie fu necessario attendere alla difesa: perchéuna parte degli inimiciavendo quantità grandissima di scaleraccolta il dí dinanzi del paesesi erano accostati a unobastione chedalla parte di verso il Poaveva fatto fare Federigoquandopartito il campo degli ecclesiasticirimase alla custodia diParma; e lo combattevano virilmente; e nel tempo medesimo un'altraparte dava l'assalto molto feroce alla porta che va a Reggioemedesimamente si combatteva in due altri luoghi: con tanta piúdifficoltà del difendersiquegli di dentroquanto gliinimici erano piú freschi e stimolati con le parole da'capitanimassime da Federigo; e gli uomini della terra pieni dispavento non si accostavanoda pochissimi in fuoraalla muragliaanzi la piú parte rinchiusi per le casecome se aspettassinodi punto in punto l'estremo caso della città. Durorono questiassaltirinfrescati piú volteper spazio di quattro ore;diminuendosi sempre il pericolo di quegli di dentronon solo per lastracchezza degli inimiciche battuti e feriti da piú bandediminuivano di animoma eziandio perché vedendo quegli dellaterra succedere la difesa felicementepreso ardireconcorrevano dimano in mano prontamente alla muraglianon mancando il commissariodi fare sollecitamente per tutto le necessarie provisioni: talmentecheinnanzi cessasse la battaglianon solo era concorso tutto ilpopolo e i religiosi ancora a combattere alla muragliama eziandiomoltissime donne attendendo a portare vino e altri rinfrescamentiagli uomini suoi. In modo che quegli di fuoradisperati dellavittoriae ritiratisi con perdita e ferite di molti di loro nelCodipontela mattina seguente si levorono; e stati uno dí odue vicini a Parma se ne ritornorono di là dal Po; asserendoFederigonessuna cosa in questa espedizionedella quale era statoautoreaverlo ingannato se non il non avere creduto che unogovernatorenon uomo di guerra e venuto nuovamente in quella cittàavesseessendo morto il ponteficevoluto piú prestosenzaalcuna speranza di profittoesporsi al pericolo che cercare disalvarsipotendo farlo senza suo disonore o infamia alcuna.

Cap.xi

Conseguenzedella fallita impresa contro Parma; il duca di Urbino riconquista lostato. Le milizie del duca e dei Baglioni sotto Perugia. Scorreriedelle milizie nemiche nel ducato di Milano. Il conclave perl'elezione del nuovo pontefice rimandato per la prigionia delcardinale d'Ivrea.

Nocéassai la difesa di Parma alle cose de' franzesiperché dettemaggiore animo al popolo di Milano e agli altri popoli di quellostato a difendersi che non avevano primae massime sapendosi esservistati dentro pochi soldati e non avere avuto soccorsoperchéné da Piacenza si mosse alcuno né i svizzeri che eranoa Modenané Guido Rangone né Vitello non vollonomandare gente al soccorso di Parma: Guido allegando chebenchéil duca di Ferraranon avendo potuto spugnare Cento difeso da'bolognesisi fusse alla venuta de' svizzeri ritirato al Finalenondimeno essere pericolo che spogliandosi Modona di presidio nonvenisse ad assaltarla; e il vescovo di Pistoiavacillando e standoimplicato e irrisoluto tra le richieste instantissime che gli facevail Guicciardino e le persuasioni di Vitello (il quale per lointeresse proprio lo stimolava che co' svizzeri passasse in Romagnaper impedire il passo al duca di Urbino)tardò tanto arisolversi che non fece né l'una cosa né l'altra;perché Parma da se medesima si difese e al duca non fu fattoimpedimento alcuno in Romagnaperchéin ultimoi svizzerinon essendo pagati non vollono muoversi. Il quale e insieme Malatestae Orazio fratelli de' Baglioni andavanoquello per ricuperare glistati perduti questi per ritornare in Perugia; avendo raccolto aFerrara dugento uomini d'arme trecento cavalli leggieri e tremilafanti i qualiparte per amicizia parte per speranza della predavolontariamente gli seguitavano: perché né da' franzesiné da' viniziani potettono impetrare altro favore chepermetterea qualunque fusse soldato lorodi seguitargli; e iviniziani concederno a Malatesta e Orazio di partirsi dagli stipendiloro. Andati adunque da Ferrara a Lugo per il Po né trovandoper lo stato della Chiesa ostacolo alcunocome furno vicini alducato di Urbinoil duca chiamato da' popoli ricuperòeccetto quello che possedevano i fiorentiniincontinente ogni cosae voltatosi dipoi a Pesero ricuperò la terra con la medesimafacilitàe in spazio di pochi giorni la rocca: e seguitandola prosperità della fortunacacciato da Camerino Giovanmariada Varano antico signoreche per illustrarsi aveva conseguito daLione il titolo di ducavi messe dentro Gismondogiovanetto dellamedesima famiglia che pretendeva di avere a quello stato miglioreragione: ritenendosi nondimeno la fortezza per il ducail quale erarifuggito alla Aquila. Espedite queste cosesi voltò conMalatesta e Orazio Baglioni a Perugia; della quale aveano presa ladifesa i fiorentininon tanto per consiglio proprio quanto pervolontà del cardinale de' Medicimosso o dall'odio einimicizia che aveva col duca d'Urbino e co' Baglioni o per parergliche la vicinità loro potesse mettere in pericolo l'autoritàche aveva in Firenze o perchéaspirando al pontificatovolesse guadagnare la riputazione di essere lui solo difensorenellavacazione della sediadello stato della Chiesa. Perché ilcollegio de' cardinali era al tutto senza cura di difendereo inLombardia o in Toscana o altroveparte alcuna del dominioecclesiastico; parte perché i cardinali erano distratti indiverse fazioni e immerso ciascuno di loro ne' pensieri di ascendereal pontificatoparte perché nello erario pontificale o inCastello Santo Agnolo non si trovava somma alcuna di danari lasciatada Lione: il qualeper la sua prodigalitànon solo avevaconsumato i danari di Giulio e incredibile quantità tratti dioffici creati nuovamentecon diminuzione di quarantamila ducati dientrata annua della Chiesa[ma] aveva lasciato debito grande eimpegnate tutte le gioie e cose preziose del tesoro pontificale: inmodo che argutamente fu detto da qualcuno che gli altri pontificatifinivano alla morte de' ponteficima quello di Lione essere percontinuarsi piú anni poi. Mandò solamente il collegio aPerugia l'arcivescovo Orsinoperché trattasse di concordareinsieme i Baglioni; ma essendo la persona sospetta a Gentileper ilparentado che aveva co' figliuoli di Giampaoloe proponendosicondizioni poco sicure per luisi trattò invano: in modo chepenultimo dí dell'annoil duca di UrbinoMalatesta e OrazioBaglioni e Cammillo Orsinoil quale seguitato da alcuni volontari siera di nuovo unito con loroandorono ad alloggiare al Ponte a SanIanni; dondedistesisi quivi alla Bastia e luoghi viciniinfestavano dí e notte la città di Perugia; oveoltrea cinquecento fanti condotti da Gentilevi aveano messi i fiorentini(a' quali l'essersi il duca voltato a Pesero dette spazio diprovederla)dumila fanticento cavalli leggieri sotto Guido Vaina ecentoventi uomini d'arme e cento cavalli leggieri sotto Vitello.

Nelquale temponello stato di Milano si stava con sommo ozio; non sifacendo da alcuna delle parti altro che prede e correrie: le qualiper fare ancora ne' luoghi tenuti dalla Chiesa avevano i franzesirestati in Cremona con dumila fantigittato il ponte in sul Poperil quale passando spesso nel piacentino e nel parmigiano molestavanotutto il paese. E benché Prosperostimolato dagli altricapitanipublicasse di volere andare a pigliare Trezzoe giàavesse inviato l'artiglierienondimeno non lo messe a effettoallegando non essere a proposito che l'esercito fusse impegnato inluogo alcunoper potere soccorrere lo stato della Chiesa se ifranzesi avessino cominciato a farvi progresso alcuno; cosa nellaquale pareva che avesse i pensieri diversi dalle paroleperchésignificatagli l'andata del campo a Parmanon fatto segno alcuno divolerla soccorreredisse essere necessario aspettare l'evento. Anziessendo rimasta Piacenza abbandonata di ogni presidioperchéi svizzeri zuricani per comandamento de' loro signori se ne partironosubitamenteProspero fece grandissima diligenza perché ilmarchese di Mantova con le sue genti non si partisse da Milano; ilqualefermatosi in Piacenzasostenne con somma laudeco' fanti delsuo dominio e col prestare qualche volta danariquella città.

Nési provedeva a tanti pericoli per la elezione del nuovo pontefice; laqualecon tanto pregiudicio dello stato ecclesiasticosi eradifferita per dare tempo ai cardinali assenti di andare al conclavee ultimamente perché il cardinale di Ivreaandando da Turinoa Romaera statoper ordine di Prospero Colonnaritenuto nellostato di Milanoperché come favorevole a' franzesi non sitrovasse al conclave: per il che il collegio fece decreto che tantidí si tardasse a entrare nel conclave quanti dí fussestato o fusse per essere impedito il cardinale di Ivrea a passareinnanzi. Peròessendo stato liberatosi serrò ilconclave il vigesimo settimo dí di dicembrenel qualeintervennono trentanove cardinali: tanto aveva moltiplicato il numerola promozione immoderata fatta da Lionealla creazione del quale nonerano stati presenti piú che ventiquattro cardinali.

Cap.xii

Mutamentopolitico in Perugia. Difficoltà nella nomina del pontefice edambizione del cardinale de' Medici. Elezione di Adriano sesto. Ilduca d'Urbino e i Baglioni marciano verso Siena. Apprensioni eprovvedimenti dei fiorentini; il fallimento dell'impresa. Tacitatregua d'armi in Umbria in Toscana e nel ducato di Milano.

Fuil primo fatto dell'anno mille cinquecento ventidue la mutazionedello stato di Perugiasuccedutacome fu giudicio comunenon menoper la viltà de' difensori che per la virtú degliassaltatori. I qualiaccresciuti di numero di volontari insino allasomma di dugento uomini d'arme trecento cavalli leggieri e cinquemilafantied entrati nel borgo di San Piero abbandonato da quegli didentrodettonoil quarto dí dell'anno nuovola battagliacon grandissima quantità di scaledalla porta di San Piero daporta Sogli e da porta Brogni e da piú altre parti; avendoprima piantatiper levare le difesein piú luoghisettepezzi di artiglieria da campagna commodati loro dal duca di Ferrara.La quale battagliacominciata all'alba del dí e rinfrescatapiú voltesi può dire che continuasse quasi tutto ilgiorno; e ancora che da due o tre luoghi entrassino nella terradifesa solamente da' soldati perché il popolo non si movevafurono sempre rimessi fuora con la morte di molti di loro: ondeGentile e il commissario fiorentinocresciuti di animosperavanod'avere non meno felicemente a difendersi gli altri dí. Ma latimidità di Vitello fu cagione che le cose avessino esitomolto diverso. Perché temendo che il popolo piúinclinato a' figliuoli di Giampagolo che a Gentile non si movesse infavore loroné parendogli piccola importanza che avessinopreso l'alloggiamento ne' borghi tra le due porte di San Pieromasopratutto mosso dal sospetto d'averese le cose succedessinosinistramentein pericolo la vita propriaper l'odio che sapevaportargli il duca di Urbino e i figliuoli di Giampagolosignificòagli altri capitanila nottedi volersi partire; allegando ilsoprasedere suo non fare utilità alcunaperché essendostato il dí precedentequando si dava la battagliaferito dauno scoppio nel dito minore del piede destroera tanto soprafattodal dolore che la necessità l'aveva costretto a fermarsi nelletto; e benché Gentile e gli altri si sforzassino dirimuoverlo con molti prieghi da questa intenzionedimostrandogliquanto invilirebbe i soldati e il popolo della città la suapartitadeliberoronopoiché stava pertinacedi seguitarlo.Cosí la notte medesima andorono a Città di CastelloePerugia ricevette dentro i fratelli Baglioni; con ammirazioneincredibile di tutti quegli che avendo avuta notiziaper letterescritte la notte medesimadel felice successo avuto il giornoprecedente contro agli inimiciintesonopoche ore poiVitello egli altri averla vilmente abbandonata.

Nonera a questo tempo espedita la elezione del nuovo ponteficedifferita per la discordia grande de' cardinalicausataprincipalmente perché il cardinale de' Mediciaspirando alpontificatoe potente per la riputazione della grandezza sua e perle entrate e per la gloria guadagnata nello acquisto di Milanoavevauniti a sé i voti di quindici altri cardinalimossi o perinteressi propri o per la amicizia che avevano seco o per la memoriade' benefici ricevuti da Lionee alcuni per speranza che quandofusse disperato di conseguire per sé il pontificatodiventerebbe fautore di quegli che fussino stati pronti a favorirlo.Ma a questo suo desiderio repugnavano molte cose: il parere a molticosa perniciosa che a uno pontefice morto succedesse uno ponteficedella medesima famigliacome esempio di cominciare a dare ilpontificato per successione: opponevansi tutti i cardinali vecchiiquali pretendevano per sé propri a tanta degnitànépotevano tollerare che e' fusse eletto uno minore di cinquanta anni:contrari tutti quegli che seguitavano la parte franzese; alcuni diquegli che seguitavano la parte imperialeperché il cardinaleColonnaancora che da principio avesse dimostrato di volergli esserefavorevoleaveva dipoi molto scopertamente dimostratogliopposizione; inimici accerrimi quegli cardinali che erano statimalcontenti di Lione. E nondimenoin queste difficoltàlososteneva una speranza efficacissimaperché essendo piúche la terza parte del collegio quegli che gli aderivanonon sipotevamentre stavano unitifare senza consentimento lorol'elezione; donde sperava che per la lunghezza del tempo s'avessino oa straccare o a disunirsi gli avversaritra' quali erano moltiinabili per l'età a tollerare lungo disagio; e perchéconcordi tra loro in non creare lui erano discordi in creare altripensando ciascuno a eleggere o sé o amici suoieostinatissimi molti di loro a non cedere l'uno all'altro. Mamollificò alquanto la mutazione dello stato di Perugia lapertinacia del cardinale de' Mediciper la instanza del cardinalede' Petrucciuno de' cardinali che gli aderivano; il qualecapodello stato di Sienatemendo che per l'assenza sua le cose di quellacittàalla quale si intendeva volere voltarsi il duca diUrbino con quelle gentinon facessino mutazionesollecitava che sieleggesse il nuovo pontefice: per la instanza del qualeed eziandioper lo interesse del pericolo nel quale mutandosi il governo di Sienaincorrerebbe quello di Firenzemosso il cardinale de' Medicicominciò a inclinarsi al medesimo; ma non risoluto totalmentea chi volesse eleggere. Mentre chesecondo l'usouna mattina inconclave si fa lo scrutinioessendo proposto Adriano cardinale diTortosadi nazione fiammingo ma chestato in puerizia di Cesaremaestro suo e per opera sua promosso da Lione al cardinalatorappresentava in Spagna l'autorità suafu propostosenza chealcuno avesse inclinazione di eleggerlo ma per consumare invanoquella mattina. Ma cominciandosegli a scoprire qualche votoilcardinale di San Sistoquasi con perpetua orazioneamplificòle virtú e la dottrina sua; dondecominciando alcunicardinali a cedergliseguitorono di mano in mano gli altripiúpresto con impeto che con deliberazione: in modo checo' voticoncordi di tuttifu creato quella mattina sommo pontefice; nonsapendo quegli medesimi che l'avevano eletto rendere ragione per checausain tanti travagli e pericoli dello stato della Chiesaavessino eletto uno pontefice barbaro e assente per sí lungospazio di paesee al quale non conciliavano favore né meritiprecedenti né conversazione avuta con alcuni altri cardinalida' quali appena era conosciuto il suo nomee che mai non avevaveduto Italiae senza pensiero o speranza di vederla. Della qualeestravaganzanon potendo con ragione alcuna escusarsitrasferivanola colpa nello Spirito Santosolitosecondo dicevanoa ispirarenella elezione de' pontefici i cuori de' cardinali: come se loSpirito Santoamatore precipuamente de' cuori e degli animimondissiminon si sdegnasse di entrare negli animi pieni diambizione e di incredibile cupiditàe sottoposti quasi tuttia delicatissimiper non dire inonestissimipiaceri. Ebbe la novelladella elezione a Vittoriacittà di biscaia; la quale avutanon mutando il nome che prima avevasi fece denominare Adrianosesto.

Mutatolo stato di Perugiapoichécon detrimento non piccolo deglialtri disegniebbono tardato le genti a muoversi qualche dípartironoper raccorre danari dagli amici di Perugia e di Todi (doveCammillo Orsino aveva rimesso i fuorusciti)il duca d'Urbino e glialtrilasciato Malatesta in Perugia; camminando con celeritàgrande verso Sienaavendo con loro [Lattanzio] Petruccioche daLione era stato privato del vescovado di SoanaperchéBorghese e Fabio figliuoli di Pandolfo Petrucci erano stati proibitida' ministri imperiali partire da Napoli. In Siena quegli chereggevano non aveano altra speranza che nel soccorso de' fiorentiniper la intelligenza che avevano col cardinale de' Medici: a instanzadel qualequegli che aderendo a lui governavano in sua assenza lostato di Firenzecome intesono la partita del duca da Perugiamandorono subito a Siena Guido Vaina con cento cavalli leggieriedanari per aggiugnere qualche numero di fanti a quegli che eranostati soldati da' sanesi. Ma il principale fondamento era nelle forzedisegnate molti dí innanzi: perchécome intesono laprima mossa del duca di Urbino e de' Baglionitemendo alle cose diToscanaavevano trattato di soldare i svizzeri del cantone di Berna;i qualiin numero poco piú di millesi erano fermati colvescovo di Pistoia in Bolognadisprezzati i comandamenti fatti da'loro signori che ritornassino in Elvezia: la quale praticabenchéper molte difficoltà fatte dal vescovo di Pistoiadesiderosodi presentare questa gente al futuro ponteficefusse andata in lungopiú che non sarebbe stato di bisognonondimeno si era purefinalmente con gravisima spesa conchiusa; soldando eziandioquattrocento fanti tedeschi unitisi co' svizzeri in Bologna. Avevanoanche chiamato di Lombardia Giovanni de' Medicinon dubitando conquesto presidiopure che arrivasse al tempo debitodi assicurare lecose di Siena; le quali erano ridotte in gravissimo pericolo peressere la maggiore parte del popolo inimica al governo presenteeper l'odio antico co' fiorentini tutti malvolentieri comportavano chele genti loro entrassino in Siena: e accresceva il pericolo l'assenzadel cardinale Petruccioin luogo del quale se bene Francesco suonipote facesse ogni opera possibile per sostenere le cosenondimenonon era della medesima autorità che il cardinale. Perònon repugnando i principaliintenti a fuggire o a prolungare inqualunque modo il pericolo presenteavevano già mandatoimbasciadori al duca di Urbinosubito che entrò nelterritorio di Siena: il qualebenché da principio avessedimandato la mutazione dello stato e trentamila ducatiaveva dipoimitigato le dimandein modo che non mediocremente si dubitava cheoper consentimento di quegli che reggevano o per movimento del popolocontro alla volontà loronon si facesse tra il duca e isanesi composizione. Pureentrando continuamente in Siena gente de'fiorentini e risonando la fama dello essere già vicinoGiovanni de' Medici e i svizzeriquegli che erano alienidall'accordo impedivano con maggiore animo si conchiudesse; in modoche il ducaaccostatosi alle mura di Sienanon avendo nell'esercitosuo piú di settemila uomini ma di gente collettiziapoichévi fu dimorato uno giornoraffreddandosi le speranze dello accordo egià vicini a una giornata i svizzerisi levò dallemura di Siena per ritirarsi nel suo stato.

SoccorsaSienale medesime genti si voltorno verso Perugia; pigliando ifiorentini occasione a quel che prontamente desideravano dall'essernestati ricercati dal collegio de' cardinalisotto nome del quale sigovernavaper l'assenza del ponteficelo stato della Chiesa: peròprocedeva nell'esercito personalmente il cardinale di Cortonalegatoinsino a tempo di Lionedella città di Perugia. Manel collegio non eradopo la creazione del ponteficemaggioreunione o stabilità che fusse stata nel conclaveanzi erano levariazioni piú apparentiperché avevano statuito checiascuno mese si governassino le cose per tre cardinali sotto nome dipriori: l'ufficio de' quali era congregare gli altri e dareespedizione alle cose determinate. Tre adunque di questientratinuovamente e oppositi al cardinale de' Mediciil quale eletto ilpontefice era subito ritornato a Firenzecominciorono a esclamare eprotestare che le genti de' fiorentini non molestassino le terredella Chiesa: le qualiavendo già saccheggiato la terra diPassignano che aveva ricusato alloggiarlee di poi alloggiateall'Olmo vicino a tre miglia di Perugiacon speranza quasi certa diottenerearebbono disprezzati questi comandamenti se non avessinopresto conosciuta la vanità di queste speranze; perchéi Baglioni avevano chiamati molti soldati in Perugiaed era moltomaggiore col popolo l'autorità loro che quella di Gentile cheseguitava l'esercito. Peròdisperando della vittoria e avendotentata invano la composizionesi partirno del perugino sotto coloredi non volere opporsi alla volontà del collegioed entrornonel Montefeltroche tuttoeccetto San Leo e la rocca di Maiuoloera ritornato alla obbedienza del duca di Urbino; il quale avendofacilmente ricuperatosi posorono l'armicome per tacitaconvenzioneda quella parteperché il duca non era potente acontinuare la guerra co' fiorentini né essi aveano cagionenéper comodo proprio né per sodisfare ad altridi molestarlo:perché il collegionel quale potevano piú gliavversari del cardinale de' Mediciavea nel tempo medesimo convenutocon luiper insino a tanto venisse in Italia il pontefice e piúoltre a suo beneplacitoritenesse lo stato ricuperatononmolestasse né i fiorentini né i sanesinéandasse agli stipendi né altrimenti in aiuto di principealcuno.

Cap.xiii

Perditadi Alessandria e di Asti da parte dei francesi. Svizzeri al soldo delre di Francia in marcia per il ducato di Milano. Fanti tedeschisoldati da Cesare e dai milanesi. Prediche di frate Andrea Barbatocontro i francesi. Provvedimenti di guerra di Prospero Colonna aMilano. Movimenti dei franco-veneziani; Giovanni de' Medici passatoai francesi. Tenacia dei milanesi nel sopportare le strettezze a cuison costretti dai provvedimenti del Lautrech.

Eranoinsino a ora procedute quietamente le cose di Lombardiamancandoall'una delle parti le genti all'altra i danarie però nonvolendo i soldati imperialinon pagatipartirsi da' loroalloggiamenti. Solamente fu mandato alla espugnazione di Alessandriacon la compagnia sua e con altri soldati e sudditi del ducato diMilanoGiovanni da Sassatello; il quale nel principio della guerraavendo permutato il bene certo con le speranze incertepartito dalsoldo de' viniziani si era condotto col duca di Milanoesule ancoradel suo stato: dove essendosi accostatola temerità de'guelfi alessandrinida' quali era difesa la terra piú che da'soldati franzesifece facile quel che da tutti si riputavadifficile; perché non potendo sostenere gli inimici co' qualierano usciti a scaramucciaredettono loro occasione di entrare allamescolata nella cittàla quale andò in preda de'vincitori. E con la medesima facilità furonopochi dípoicacciate di Asti alcune genti de' franzesientratevi perintroduzione di alcuni de' guelfi della terra.

Magià a questa breve e sospetta quiete apparivano approssimarsiprincípi di grandissimi travagli: perchése bene nellediete de' svizzeri fusse stata sopra le dimande del re di Franciagrandissima contenzionestando ostinati contro a lui i cantoni diZurich e di Svithquello di Lucerna disposto totalmente per luiglialtri divisi intra se medesimie perturbando le cose publichel'avarizia de' privatide' quali molti dimandavano al re chipensione chi crediti antichiavevano finalmente concedutogli i fantidimandati per la recuperazione del ducato di Milano; i quali innumero di piú di diecimila calavano già in Lombardiacondotti dal bastardo di Savoia e da Galeazzo da San Severino (questogrande scudierequello gran maestro di Francia)per le montagne diSan Bernardo e di San Gotardo.

Controa questo movimentoCesareil quale aveva ricevuto in prestanza nonpiccola somma di danari dal re di Inghilterraalienatosidall'amicizia franzeseavea mandato a Trento Ieronimo Adorno asoldare seimila fanti tedeschiper condurgli insieme con la personadi Francesco Sforza a Milano; la venuta del quale era in quel tempostimata di molto momentoper tenere piú fermo Milano el'altre terre dello stato che sommamente lo desideravanoe perfacilitare l'esazione de' danari con l'autorità e grazia suade' quali vi era estrema carestia. Nel qual tempo medesimoessendoincognito a Milano il provedimento fatto da Cesareaveano i milanesimandato danari a Trento per soldare quattromila fanti: i qualiessendo già preparati quando l'Adorno vi pervenneeglimentre che gli altri seimila si soldavanosi mosse subito con questiverso Milanoper scendere per Valle Voltolina a Como; ma negandoglii grigioni il passarepassò all'improviso e con tantacelerità nel territorio di Bergamoe di quivi nellaGhiaradaddache i rettori de' viniziani che erano in Bergamo nonfurono a tempo a impedirlo; e condottigli a Milanoritornòcon la medesima celerità a Trentoper menare Francesco Sforzae gli altri fanti a Milano. Nella quale città si attendevaoltre all'altre provisionicon grande studio ad accrescere l'odiodel popoloche era grandissimocontro a' franzesiacciò chee' fussino piú pronti alla difesa e a soccorrere co' danaripropri le publiche necessità; cosa molto aiutatacon letterefinte con imbasciate false e con molte arti e invenzionidalladiligenza e astuzia del Morone. Ma giovorono anchepiú chenon si potrebbe crederele predicazioni di Andrea Barbato fratedell'ordine di Santo Agostino; il qualepredicando con grandissimoconcorso del popologli confortava efficacissimamente alla propriadifesa e a conservare la patria loro libera dal giogo de' barbariinimicissimi di quella cittàpoiché da Dio era statoconceduto loro facoltà di liberarsene. Allegava lo esempio diParmapiccola e debole città a comparazione di Milano;ricordava gli esempli de' loro maggioriil nome de' quali era statoglorioso in tutta Italia; quello che gli uomini erano debitori allaconservazione della patriaper la quale se i gentiliche nonaspettavano altro premio che della gloriasi mettevanovolontariamente alla morteche dovevano fare i cristiania' qualimorendo in sí santa opera era oltre alla gloria del mondoproposta per premio vita immortale nel regno celeste? Considerassinoche eccidio porterebbe a quella città la vittoria de'franzesii quali se primasenza alcuna cagioneerano stati tantoacerbi e molesti loroche sarebbono ora che si reputavano sígravemente offesi e ingiuriati? Non potere saziare la crudeltàe l'odio immenso alcuni supplíci del popolo milanesenonempiere l'avarizia tutte le facoltà di quella cittànon avere a stare mai contenti se non spegnessino in tutto il nome ela memoria de' milanesise con orribile esempio non avanzassino lafiera immanità di Federigo Barbarossa. Dondetantoimmoderatamente era augumentato l'odio de' milanesitanto lospavento della vittoria de' franzesiche già fusse necessarioattendere piú a temperargli che a provocargli.

Attendevain questo mezzo Prospero con grandissima diligenza a riordinare einstaurare i bastioni e i ripari de' fossicon intenzione difermarsi in Milano; nella quale cittàquando bene non fussinovenuti i seimila tedeschisperava potersi sostenere per qualchemese: e pensando alla difensione dell'altre terreaveva mandato inNovara Filippo Tornielloin Alessandria Monsignorino Viscontel'unocon dumila l'altro con mille cinquecento fanti italianii quali pernon essere pagati si sostentavano colle sostanze de' popoli; a PaviaAntonio da Leva con dumila fanti tedeschi e mille italiani; e con luirimanevano in Milano settecento uomini d'arme settecento cavallileggieri e dodicimila fanti. Restava il pericolo imminente che ifranzesi non entrassino per il castello in Milano. Al quale pericoloper provederee per privargli con un fatto medesimo della facoltàdi mettere nel castello vettovaglie o altre provisionifececoninvenzione celebrata sommamente e quasi a' giudici degli uominimaravigliosalavorare fuora del castellotra le porte che vanno aVercelli e a Comodue trinceealzando a ciascunadella terra chesi cavava da' quelleuno argine; la lunghezza de' qualidistantil'uno dall'altro circa venti passisi distendeva circa un migliotanto quanto era il traverso del giardino dietro al castello tra ledue strade predette; e a ciascuna delle teste delle trincee unocavaliere molto alto e munitoper poterecon l'artiglierie che sipiantassino sopra queglidanneggiare gli inimici se si accostassinoda quella parte: le quali trincee e riparidifese da fantialloggiati in mezzo di quelleimpedivano in uno tempo medesimo chenel castello non potesse entrare soccorso alcuno e che niuno degliassediati potesse uscirne. La quale invenzione dovere essere non menofelice che ingegnosa dimostrò nel principiocon lietoauguriola fortunaconcedendo che senza danno alcuno si potessemettere in esecuzione; perché essendo caduta in terra una nevegrandissimaProsperousando il beneficio del cielofece innanzi dílavorare di neve due arginialla similitudine de' quali voleva sifacessino i riparida' quali rimanevano sicuri i lavoranti di nonpotere essere offesi dall'artiglierie che erano nel castello: lequali opere che si conducessino a perfezione dette comoditàmaggiore lo impedimento che dall'essere le montagne coperte di copiagrandissima di neve riceveano i svizzeri a passarle.

Nelquale tempo Lautrechavendo con alcune genti mandate di là daPo fatto svaligiare in Firenzuola la compagnia de' cavalli leggieridi Luigi da Gonzagatrovata negligentemente a dormireriordinava legenti sue; e quelle de' vinizianisotto Andrea Gritti e Teodoro daTriulzisi raccoglievano intorno a Cremona: le qualifinalmenteunite co' svizzeripassorono il fiume dell'Adda il primo dídi marzo; essendo capo dello esercito Lautrechall'autoritàdel quale non era derogato per la venuta del gran maestro e delgrande scudiere. Venne a questo esercito nel tempo medesimo Giovannide' Medici; il qualebenché condotto a soldi di FrancescoSforza si fusse mosso per andare a Milanoove era aspettato consommo desiderio per la espettazione grande che si aveva della suaferocianondimenostimolato dagli stipendi maggiori e piúcerti del re di Francia e allegandoper colore della sua cupiditàil non gli essere stati mandati i danari promessi da Milanodelparmigianoove avea saccheggiato la terra di Busseto perchéricusava di alloggiarlopassò nel campo de' franzesi; ilquale alloggiò due miglia appresso al castello tralle medesimevie Vercellina e Comasina. Messonsiil terzo giorno che eranovenutiin ordinanzafacendo sembiante di volere dare la battagliaal riparo; il che non posono a effettoo perché cosífusse da principio la mente di Lautrech o perchéconsideratoil numero de' soldati che erano dentrola disposizione del popolo ela prontezza che appariva de' difensorise ne rimovesseper ladifficoltà manifesta della cosa: ma il dí medesimoisassi di una casa battuta dall'artiglieria di dentro ammazzoronoMarcantonio Colonnacapitano di grandissima espettazionee CammilloTriulzio figliuolo naturale di Gianiacopoche presso a quella casapasseggiavano insiemeordinando di fare lavorare un cavaliere perpotere tirare con l'artiglierie tra i due ripari degli inimici. MaLautrechnon confidando di spugnare Milanopensava potere con lalunghezza del tempo pervenire alla vittoria; perchéper lamoltitudine de' suoi cavalli e con tanti fuorusciti che loseguitavanofacendo correre per la maggiore parte del paesedavaimpedimento assai che non vi entrassino vettovaglieavea fattorompere tutti i mulinie derivato l'acque de' canali da' qualiquella città riceve grandissime comodità. Speravasimilmente che a' soldati di dentro avessino a mancare gli stipendi;i quali si sostenevano co' danari pagati da' milanesiperchéda Cesare e del reame di Napoli e di altro luogo ne era mandatapiccolissima quantità. Ma era maraviglioso l'odio del popolomilanese contro a' franzesimaraviglioso il desiderio del nuovoduca: per le quali cosetollerando pazientemente qualunqueincomoditànon solo non mutavano volontà per tantemolestie ma messa in arme la gioventú ed eletti per ciascunaparrocchia capitaniconcorrendo prontissimamente dí e nottele guardie a' luoghi remoti dall'esercitoalleggerivano molto lefatiche de' soldati. Nel qual tempo essendoper la ruina dellemulinamancata la farinaproviddono presto con le mulina a secco aquesta incomodità.

Cap.xiv

Ilduca di Milano da Trento a Pavia; posizioni degli eserciti nemici efazioni di guerra; il duca a Milano; calorose accoglienze dellapopolazione. Il Lautrech sotto Pavia; quindi a Monza; malcontento eproteste degli svizzeri. Assalti sfortunati delle milizie francesialla Bicocca. Conseguenze della sconfitta. Nuovi insuccessi deifrancesi nel ducato di Milano. Caduta di Genova nelle mani degliimperiali.

Cosíridotta la guerra da speranza di presta espugnazione a cure e fatichedi lungo assedioil duca di Milanola partita del quale permancamento di danari si era differita molti díe si sarebbedifferita piú lungamente se il cardinale de' Medici nonl'avesse sovvenuto di novemila ducatipartito finalmente da Trentoco' seimila fanti tedeschie occupataper aprirsi il passolarocca di Croara sottoposta a' vinizianipassò senza ostacoloper il veronese; donde per il mantovanopassato Po a Casalmaggioregiunse a Piacenza eseguitandolo di quivi il marchese di Mantova contrecento uomini d'arme della Chiesasi fermò a Paviastandointento alla occasione di passare a Milano; ove estremamente eradesiderata la venuta suaperchédiminuendo ogni dípiú la facoltà del fare danari per sostentare le gentisi giudicava necessario unirsi il piú presto che si potesseco' tedeschiper uscire in campagna e cercare di terminare laguerra. Ma era difficile il passareperché Lautrechcomeintese essere arrivati a Piacenzaera andato ad alloggiare a Casinocinque miglia lontano da Milano in su la strada di Pavia; avendomesso i viniziani a Binasco in su la medesima stradae l'uno el'altro esercito in alloggiamento bene riparato e fortificato. Dovepoi che furono dimorati qualche díavendo in questo tempopreso Santo Angelo e San ColombanoLautrechinteso che lo Scudo suofratellotornato con danari di Franciadove era andato a dimostrareal re lo stato delle cosesoldati fanti a Genovaera arrivato nellostato di Milanomandò a unirsi con lui Federigo da Bozzolecon quattrocento lancie e settemila fanti tra svizzeri e italiani.Per la venuta de' qualiil marchese di Mantovauscito di Paviaandò a Gambalò per opporsi loro; ma oavendo essimostrato per il sospettocome diceva eglidi ritirarsi verso ilTesinonon giudicando piú necessaria la stanza sua a Gambalòocome piú presto credotemendo di loro per essere piúgrossi di quello gli era stato referitose ne ritornò inPavia: ma lorovenuti a Gambalò e uniti con lo Scudose neandorono a Novara; e prese l'artiglierie della rocca che si tenevaper loroavendola battutala presono per forza al terzo assaltocon la morte della piú parte de' fanti che vi erano dentroerestato prigione Filippo Torniello. Per il quale caso il marchese diMantovail qualesollecitato da lettere e spessi messi delTorniello che andasse a soccorrerloera uscito di nuovo di Paviasubito che n'ebbe notiziacavate le sue genti di Vigevanolasciatasolamente guardata la roccaritornò a Pavia. Nocéincaso piú importantel'unirsi con lo Scudo e l'acquisto diNovara a' franzesiperché facilitò l'andata diFrancesco Sforza co' fanti tedeschi a Milano. Il quale convenutosicon Prosperopartito occultamente una notte di Paviaalla guardiadella quale restorno [dumila] fanti col marchese di Mantova(ilqualenegando d'allontanarsi tanto dallo stato della Chiesarecusòdi procedere piú oltre)e camminando per altra strada che perla dirittafu raccolto a Sesto da Prospero; il qualeuscitogliincontro con una parte delle gentilo condusse a Milano: dove èincredibile a dire con quanta letizia fusse ricevuto dal popolomilaneserappresentandosi innanzi agli occhi degli uomini la memoriadella felicità con la quale era stato quel popolo sotto ilpadre e gli altri duchi Sforzeschie desiderando sommamente d'avereuno principe proprio come piú amatore de' popoli suoicomepiú costretto ad avere rispetto e fare estimazione de' sudditiné disprezzargli per la grandezza immoderata.

Lapartita del duca da Pavia dette speranza a Lautrech di potereespugnare quella città; peròraccolto subitamentel'esercitovi andò a campo; e da altra parte Prosperoconoscendo il pericolo manifestovi mandò con somma celeritàmille fanti còrsi e alcuni fanti spagnuoli: i quali giuntiallo improviso in su gli alloggiamenti dello esercito franzesepassati per quelloparte combattendo parte camminandoe ammazzatinemoltisi ridussono salvi in Pavia; dove oltre all'altre incomoditàera carestia grande di polvere di artiglierie. Batteva intantoLautrech le mura di Pavia da due particioè al borgo di SantaMaria in Pertica verso il Tesino e a Borgoratto; e avendo gittato interra trenta braccia di murodicono alcuni che a' dieci dídette l'assalto invanoaltri che non lo tentòveduto queglidi dentro bene ripararsi e disposti a difendersi. Aggiugnevanseglimolte difficoltà: l'essere già cominciati a mancare idanari i quali il gran maestro aveva condotti di Francia; carestianon piccola di vettovagliecausata dalle pioggie grandissime per lequali era molto difficile il venirne all'esercito per terra némanco difficile il venirne su per il Tesinoperché le barcheurtate dall'acque del fiume troppo grosse non potevano andare innanzicontro all'impeto del suo corso. Nel quale tempo Prosperouscito contutto lo esercito di Milano per accostarsi a Paviaimpedito dallepioggie medesimesi era fermato a Binasco che è a mezzo ilcammino tra Milano e Pavia; donde poi essendosi spinto alla Certosache è nel barco a cinque miglia di Paviamonasterio forse piúbello che alcuno altro che sia in ItaliaLautrech non sperando piúdi pigliare Paviasi ritirò col campo a Landrianononmolestato nel levarsi dagli inimici se non con leggiere scaramuccie.Da Landriano andò a Monciaper ricevere piú facilmentei danari che gli erano mandati di Francia; i quali si erano fermatiad Aronaperché Anchise Viscontemandato da Milano a questoeffetto a Busto presso ad Aronaimpediva non venissino piúinnanzi. Questa difficoltà ridusse in ultimo disordine le cosede' franzesi. Perché i svizzerii pagamenti de' quali eranoritardati già molti díimpazienti secondo il costumeloromandorono i loro capitani a Lautrech a querelarsi gravementecheessendo stata quella nazione prodiga in ogni tempo del sangueproprio per la esaltazione della corona di Franciafusse contro aogni giustizia mancato loro de' debiti pagamenti e dimostratoconquesta ingratitudine e avariziaa tutto il mondo quanto poco fussestimato la virtú e la fede loro: essere deliberatiavendoaspettato tanti dí invanonon aspettare piú terminealcunoné fidarsi di quelle promesse che replicate tantevolte gli erano mancate; però volere ritornarseneassolutamente alle case loroma fatto prima manifesto a tutto ilmondo che non gli induceva a questo il timore dello essere usciti incampagna gli inimici né il desiderio di fuggire i pericoli a'quali sono sottoposti gli uomini militaridisprezzati sempre maicome per tante esperienze si era vedutoda' svizzeri. Notificargliche erano pronti a combattere il dí seguentecon intenzionedi partirsi poi l'altro dí: menassegli a trovare gli inimiciusasse l'occasione della prontezza loro mettendogli nella primafronte di tutto l'esercito; sperare cheavendo vinto con forze moltominori nel proprio alloggiamento lo esercito franzese intorno aNovaravincerebbono anche nel loro alloggiamento gli spagnuoliiquali se bene di astuzie di fraudi e di insidie avanzavano ifranzesinon gli reputavano già superiori dove si combattessecon la ferocia del cuore e con la virtú dell'armi. SforzossiLautrechconsiderando con quanto pericolo si andasse ad assaltare liinimici nelle fortezze lorodi temperare questo furoredimostrandonon per difetto del re ma per i pericoli del cammino procedere latardità de' danarii quali nondimeno arriverebbono frapochissimi dí; ma non potendo convincergli o fermarglinécon l'autorità né co' prieghi né con le promessené con le ragionideliberò piú prestoavendomassime a essere il primo pericolo lorocon disavvantaggio grandetentare la fortuna della giornata chericusando di farlaperderetotalmente la guerracome era manifesto che si perdeva poichénon consentendo di combatterei svizzeri avevano determinato dipartirsi.

Alloggiaval'esercito degli inimici alla Bicoccavilla propinqua tre migliapoco piú o meno a Milano ove risiede un casamento assaispaziosocircondato di giardini non piccoli che hanno per terminefosse profonde; i campi che sono attorno sono pieni di fonti e dirivicondottisecondo l'uso di Lombardiaa innaffiare i prati.Verso il quale luogo camminando da Moncia Lautrech con l'esercitoepensando che gli inimici avendo l'alloggiamento tanto fortestarebbono fermi alla difesa di quelloaveva ordinato l'assalto inquesto modo: che i svizzeri con l'artiglierie andassino ad assaltarela fronte dell'alloggiamento e le artiglierie degli inimicinelquale luogo erano a guardia i fanti tedeschi guidati da GiorgioFrondsperg; che dalla mano sinistra lo Scudocon trecento lancie econ uno squadrone di fanti franzesi e italianicamminasse per la viache andava a Milanoverso il ponte per il quale si poteva entrarenello alloggiamento degli inimici: egli tolse l'assunto di ingegnarsidi entrare con uno squadrone di cavalli nello alloggiamento degliinimicipiú con artificio che con aperta forzaperchéper ingannargli comandò che ciascuno de' suoi mettesse in sula sopravesta la croce rossasegnale dello esercito imperialeincambio della croce bianca segnale dello esercito franzese. Da altraparte Prospero Colonnatenendoper la fortezza del sitoper certala vittoriae perciò deliberato di aspettare (cosídiceva) gli inimici al fossonefattocome intese la venuta loroarmare l'esercito e distribuito ciascuno a' luoghi suoimandòsubito a Francesco Sforza che con la moltitudine armata del popolovenisse senza indugio all'esercito; il qualeraccolti al suono dellacampana quattrocento cavalli e seimila fantifu da lui come giunsecollocato alla guardia del ponte. Ma i svizzericome si furnoaccostati all'alloggiamentocon tutto che per l'altezza delle fossepiú eminente che essi non aveano credutonon potessinocomeera la prima speranzaassaltare l'artiglierienon diminuita perquesto l'audaciaassaltorno il fosso sforzandosi con ferocia grandedi salirvi; e nel tempo medesimo lo Scudo andato verso il pontetrovandovi fuora della opinione sua guardia sí grandefucostretto di ritirarsi. Scoperse anche prestamente Prospero l'arte diLautrech; e perciòfatto comandamento a' suoi che simettessino in su la testa fasci di spighe e di erbefece inutili leinsidie sue: donde restando tutto il pondo della battaglia a'svizzeriche per la iniquità del sito e per la virtúde' difensori si affaticavano senza fare frutto alcunoricevendograndissimo danno non solo da quegli che combattevano alla fronte mada molti archibusieri spagnuolii quali occultatisi tra le biade giàpresso che mature fieramente per fianco gli percotevanofurnofinalmentepoi che con molta uccisione ebbono pagata la mercededella loro temeritànecessitati a ritirarsie uniti co'franzesi ritornorno tutti insiemecon gli squadroni ordinati e conl'artiglieriea Moncianon ricevendo nel ritirarsi danno alcuno.Importunavanoil marchese di Pescara e gli altri capitaniProsperochepoi che gli inimici aveano voltate le spalledesse il segno diseguitargli; ma eglicredendo quel che erache si ritirassinoordinatamente e non fuggendoe certificatone tanto piú per larelazione di alcuni che per comandamento suo salirno in su certialberi altirispose sempre non volere rimettere alla potestàdella fortuna la vittoria già certamente acquistata nécancellare con la temerità sua la memoria della temeritàd'altri. - Il dí di domani - disse - chiaramente vi mostreràquel che si sia fatto questo giornoperché gli inimicisentendo piú le ferite raffreddateperduti d'animo passerannoi monti: cosí senza pericolo conseguiteremo quel che oggitenteremmo ottenere con pericolo. - Morirno de' svizzeri intorno alfosso circa tremiladi quegli che per essere piú valorosi eferoci si messono piú prontamente al pericoloe ventiduecapitani; degli inimici morirno pochissiminé persona alcunadi qualità eccetto Giovanni di Cardona conte di Culisanopercosso di uno scoppietto nell'elmetto. Il dí seguenteLautrechperduta interamente la speranza della vittoriasi levòda Moncia per passare il fiume dell'Adda appresso a Trezzo: donde isvizzeripreso il cammino per il territorio di Bergamoritornornoalle loro montagne; diminuiti di numero ma molto piú diaudaciaperché è certo che il danno ricevuto allaBicocca gli afflisse di maniera che per piú anni poi nondimostrorno il solito vigore. Partirono insieme con loro il grandescudiere e il gran maestro e molti de' capitani franzesiLautrechcon le genti d'arme andò a Cremona per ordinare la difesa diquella terra; ove lasciato il fratello passò pochi dípoi i montiriportando al re di Francia non vittorie o trionfi magiustificazione di sé proprio e querele di altriper laperdita di uno stato taleperduto parte per colpa sua parte pernegligenza e imprudenti consigli di quegli che erano appresso al repartese è lecito a dire il veroper la malignitàdella fortuna.

Ordinòancora Lautrechinnanzi partisse da Cremonache nella cittàdi Lodila quale in tutta la guerra si era tenuta per il reentrassino con sei compagnie di gente e con presidio sufficiente difanti Buonavalle e Federigo da Bozzoleperché i capitanicesarei erano stati impediti a voltarvi subito l'armi da uno tumultonato da' fanti tedeschi che insieme con Francesco Sforza erano venutida Trentoi quali dimandavano che per premio della vittoria fussedonato loro lo stipendio di un mese; cosa che i capitani dicevanoessere dimandata indebitamenteperché era differente ildifendersi da chi assalta a vincere gli assaltatorinépotersi dire essere stati rotti o vinti gli inimici i quali si eranoritirati non fuggendo ma cogli squadroni ordinati e salvel'artiglierie e impedimenti; ma potendo piú la insolenza de'tedeschi che la ragione o l'autorità de' capitanifurno allafine costretti di consentirepromettendo di pagargli fra certotempo. Ma essendosi in questa cosa consumati piú díaccadde che il dí medesimo che le lancie franzesi eranoentrate nella cittàdietro alle quali venivano i fantiveniva dall'altra parte l'esercito imperialee innanzi a tutti ilmarchese di Pescara colla fanteria spagnuolanon avendo per ancora ifranzesi distribuite tra loro le guardieanzi pieni tuttavia diconfusione e di tumultocome accade quando entrano ad alloggiare legenti d'arme in una terra; la quale occasione usando il marchesecongrandissima celerità assaltò uno borgo della cittàcinto di muraglianel qualedifeso leggiermenteentrato conpiccola faticatutti i franzesi che erano nella cittàspaventati da questo caso e perché ancora non erano entrati ifanti lorosi messono tumultuosamente in fuga verso il ponte cheavevano gittato in su Adda; e gli spagnuolientrati nel tempomedesimo nella città per le mura e per i riparigliseguitorono insino al fiumepresi nella fuga molti soldati edaFederico e Buonavalle infuoriquasi tutti i capitani: e col medesimoimpeto saccheggiorno quella infelice città. Da Lodi andato ilmarchese a Pizzichitone l'ottenne a pattie poco dipoi Prosperopassò con tutto l'esercito il fiume dell'Adda per andare acampo a Cremona. Alla quale città come fu accostatolo Scudoinclinò l'animo alla concordia: perché non avendo altrasperanza di sostentarsi che la venuta dell'ammiraglioil quale ilredesideroso di conservare quel che per lui si teneva ancora inquello statomandava in Italia con quattrocento lancie e diecimilafantiassai provedeva alle cose sue sesenza mettersi in pericolopoteva oziosamente aspettare quel che partoriva la sua venuta; eProsperoda altra partedesiderava spedirsi presto delle cose diCremona per potereinnanzi che 'l soccorso degli inimici in Italiapervenissetentare di rimettere i fratelli Adorni in Genova.Convennono adunque che lo Scudo si partisse fra quaranta dícon tutti i soldatidi Cremonaavendo facoltà di uscirne conle bandiere spiegate e con l'artiglieriese infra 'l detto tempoilquale terminava il vigesimo sesto dí di giugnonon venivasoccorso tale che passasse per forza il fiume del Po o pigliasse unadelle città dello stato di Milano nella quale fusse presidio;procurasse similmente che fusse abbandonato tutto quello che in nomedel re si teneva nel ducato di Milano eccettuate da questa promessale fortezze di Milano di Cremona e di Novara: per l'osservanza dellequali cose prestasse [quattro] statichi: restituissinsi nel casopredetto i prigioni da ciascuna delle partie a' franzesi fusseconceduto il passare con l'artiglierie e robe loro sicuramente inFrancia. Fatta la concordia e ricevuti gli staggil'esercito cesareosi mosse subito verso Genova; alla quale si accostò da duelati: il marchese di Pescara co' fanti spagnuoli e italiani dallaparte del CodifaroProspero con le genti d'arme e co' fanti tedeschialloggiò dalla parte opposita di Bisagna.

Reggevasila città di Genova sotto il governo del doge OttavianoFregosoprincipe certamente di eccellentissima virtúe perla giustizia sua e altre parti notabili amato tanto in quella cittàquanto può essere amato uno principe nelle terre piene difazioni e nelle quali non è ancora del tutto spenta nellementi degli uomini la memoria della antica libertà. Avevasoldati [dumila] fanti italianine' quali soli si collocava lasperanza del difendersiperché il popolo della terradivisonelle sue particon tutto che avesse intorno uno esercito tantopotente e mescolato di lingue tanto varierisguardava oziosamente ilprogresso della cosacon quegli occhi medesimi che era solito per ilpassato a riguardare gli altri travagli loro: ne' qualisenzapericolo o danno di coloro che non prendevano l'armitraportandosil'autorità publica di una famiglia in un'altranon si vedevaaltra mutazione che nel palagio ducale altri abitatorialtricapitani e soldati alla custodia della piazza. Accostato che ful'esercito alla terracominciò subito il doge a trattare diconcordiamandato a' capitani Benedetto di Vivaldo genovese; ma siraffreddò alquanto la pratica per la venuta di Pietro Navarrail qualemandato dal re di Francia con due galee sottili al presidiodi Genovaentrò nel tempo medesimo nel porto. Nondimenoavendo cominciato il Davalo a percuotere con l'artiglierie lamuragliasi ritornò con maggiore efficacia a' ragionamentodel convenire; e già rimasti in concordia non appariva piúalcuna difficoltàquando i fanti spagnuoliche avevano queldí battuto una torre presso alla portaessendo negligentiquegli di dentro alla guardiaforse per la speranza dello accordola occupornoe parte per quellaparte per il muro rovinatocominciorno senza indugio a entrare nella città: per il checoncorrendovi tutta quella parte dell'esercitoil marchesemessi isoldati in ordinanza e mandato a significare a Prospero il successodato il segno entrò nella città; nella qualeattendendo tutti i soldati e i cittadini chi a fuggire chi arinchiudersi nelle casenon si faceva alcuna resistenza.L'arcivescovo di Salerno e il capitano della guardia con molticittadini e soldatisaliti in su le navisi allargorno nel mare; ildogeil quale per la infermità non si poteva muoverefattochiudere il palazzo mandò a costituirsi in potestà delmarchese di Pescaraappresso al quale morí non molti mesipoi. Fu preso Pietro Navarratutte le sostanze della cittàandorno in preda de' vincitori; molte famiglie ricche obligandosichi a questa compagnia di soldati chi a quelladi pagare quantitàgrande di danarie assicurandole o con pegni o con cedole dimercatantiricomperorno che le case loro non fussino saccheggiate.Salvossi nel medesimo modo il catinotanto famosoche congrandissima riverenza si conserva nella chiesa cattedrale. La predafu inestimabiledi argenti di gioie di danari e di ricchissimasupellettileessendo quella cittàper la frequentazionedella mercaturapiena di infinite ricchezze. In questo fu mancoacerba tanta calamitàche per i prieghi de' fratelli Adorniperché la città non avea fatto segno alcuno diinimiciziae perché si poteva dire che già fusseconvenutai capitani proveddero che niuno genovese fusse fattoprigione e che non fusse violata alcuna donna. Fu eletto doge diGenova Antoniotto Adorno; il qualepartito che fu l'esercitoconl'artiglierie prestategli da' fiorentini accampatosi al Castellettoprese il terzo dí la cittadella e la chiesa di San Francescoe il dí seguente il Castellettodatogli con certe condizionidal castellano. La mutazione di Genova privò interamente il redi Francia di speranza di potere soccorrere le cose di Lombardia:perciò l'esercito mandato di nuovo da luiil quale erapervenuto nello astigianoritornò di là da' monti; elo Scudobenché soprasedesse oltre al termine convenutoqualche díper alcune difficoltà che nacquono sopra lefortezze di Trezzo di Lecco e di Domodossolaresolute che furnoquestepassò con le genti in Francia; osservatagli nonsolamente la fedema per tutto onde passò onoratamentericevuto e trattato.

Cap.xv

Fallitotentativo del Bentivoglio contro Bologna. Vani tentativi di mutamentidi governo in Siena ed in Firenze. Pericoloso accidente in Lucca.Sigismondo Malatesta occupa Rimini.

Manel tempo medesimo che queste cose succedevano in Lombardiaper itravagli di quella parte e per l'assenza del ponteficenon era statadel tutto quieta Bologna; ma molto meno quieta la Toscana. Perchéa Bologna Annibale Bentivoglio e con lui Annibale Rangoneraccoltinascostamente circa quattromila uominisi accostorno una mattina insull'auroracon tre pezzi di artiglieriadalla parte de' montienon sentendo farsi per quegli di dentro strepito alcunomoltipassorono il fosso e appoggiorono le scale alle mura: ma quegli didentroche il dí davanti avevano presentita la loro venutalevato quando parve tempo il romoree cominciato a dare fuocoall'artiglierie e uscendo molti di fuora ad assaltarglisi messonosubitamente in fugalasciate l'artiglierie; e nel fuggire fu feritodalla parte di dietro Annibale Rangone. Credettesi quasi per certoche questa cosa fusse stata tentata con saputa del cardinale de'Medici; il qualetemendo che il ponteficeo per proprio consiglio oper suggestione di altrinon cercassecome fusse venuto in Italiadi diminuire la sua grandezzaavesse desiderato cheperturbato datanta iattura dello stato ecclesiastico non solamente avessenecessità di dare opera ad altro che a perseguitarlo ma fussecostretto a ricorrere a' consigli e aiuti suoi.

Mamolto piú lunghi e maggiori erano stati i travagli e pericolidi Toscana. Perchéappena assicurato dal duca d'Urbino lostato di Siena e posate le cose di Perugia e di Montefeltroerastato dato nuovo ordineper suggestione del cardinale di Volterradal re di Francia che Renzo da Ceriil quale si riposava ozioso interra di Romatentasse di mutare lo stato di Firenzerimettendo inquella città i fratelli e nipoti del cardinale di Volterradichiarato con tutti i suoi amico e confederato del re: i danarinecessari alla quale impresaperché il re allora eracostituito in somma necessitàsi doveano numerare dalcardinalericevendo promessa dal re che gli avessino a essererestituiti a certo tempo. Le quali cosementre che Renzo si preparaper muoversipervenute a notizia del cardinale de' Medicilocostrinsonoper timore che medesimamente il duca di Urbino non simovessea convenire chesenza pregiudicio delle ragioni che ifiorentini e il duca pretendevano nelle terre del Montefeltroilduca fusse capitano generale di quella republica per uno anno fermoe un altro di beneplacitocominciando la sua condotta al principiodel prossimo settembre. Condusse per la medesima cagione OrazioBaglione agli stipendi de' fiorentinima con condizione che lacondotta sua non cominciasse prima che del mese di giugnoperchéinsino a quel tempo era obligato a' viniziani. La quale convenzionebenché si facesse eziandio in nome di Malatesta suo fratellonondimeno non si ratificava da luiperché avendo ricevutiprima danari per congiugnersicon dumila fanti e cento cavallileggiericon Renzo da Ceriné voleva mancare apertamenteall'onore proprio né da altra parte provocarsi con cagioninuove l'inimicizia del cardinale e de' fiorentini: peròfingendo di essere infermatomandò a Renzoche era venuto aCastel della Pieveduemila fanti cento cavalli leggieri e quattrofalconettiscusandosi che per la infermità non poteva andarepersonalmente; e al cardinale dava speranza di non prendere piúdagli inimici nuovi danaridi ratificarefinito il tempo per ilquale era pagatola condotta fattae in quel mezzo procedere conmaggiore moderazione potesse in quelle cose le quali non potevaperi danari ricevutiricusare di fare. Entrò dipoi Renzo concinquecento cavalli e settemila fanti nel territorio di Sienaseguitandolo i medesimi fuorusciti i quali avevano seguitato il ducadi Urbinoper tentare la mutazione di quel governo: la quale se glifusse succedutanon si dubitava cheavendo per questo la facoltàdi entrare per quella via nelle viscere del dominio fiorentinoglisarebbe delle cose di Firenze succeduto il medesimo. Ma da altraparte i fiorentiniprevedendo questo pericolo e desiderando che gliinimici non si approssimassino a Sienaavevano mandato nel sanesetutte le genti loro sotto Guido Rangoneeletto per questo tumultogovernatore generale dell'esercito; lo intento del quale erasforzarsi di fare perdere tempo agli inimicia' quali si sapeva chese non avessino qualche prospero successo mancherebbono presto idanarie nel tempo medesimo procurare quanto poteva di impedire lorole vettovaglie: perògovernandosi secondo i progressi degliinimiciattendeva a mettere guardia ora in queste ora in quelleterre piú vicine del dominio sanese e fiorentino. Nella qualemutazione de' soldati da luogo a luogo accadde che andando lacompagnia de' cavalli de' Vitelli da Torrita ad Asinalungariscontrandosi in trecento cavalli degli inimicifu rottapresoIeronimo Peppolo luogotenente di Vitello con venticinque uominid'arme e due insegne. Fu il primo movimento di Renzo contro allacittà di Chiusicittà piú nobile per la memoriadella sua antichità e de' fatti egregi di Porsena suo re cheper le condizioni presenti; la quale terra non ottenutaperchénon avendo altre artiglierie che quattro falconetti era moltodifficile lo spugnare terre difese da soldatientrò piúinnanzi tra Torrita e Asinalunga per appropinquarsi a Siena: ma nonavendo nel mezzo delle terre inimiche comodità di vettovaglieassaltòper acquistarne per forzail castello di Torritaguardato da cento uomini d'arme del conte Guido Rangone e dacentocinquanta fanti; onde levatosi senza effettoseguitando il suocamminoandò a Montelifré e di quivi al Bagno aRapolano lontano da Siena dodici miglianella qual cittàaveano i fiorentini messo insino da principio il conte di Pitigliano.Ma il conte Guidointerrompendo con la diligenza e con la celeritàtutti i suoi disegnientrò il medesimo dí in Siena condugento cavalli leggierilasciato indietro l'esercito checontinuamente lo seguitava. Però la vicinità delsoccorsol'essere in questa espedizione diminuita moltoe co' suoimedesimi e appresso agli inimicila riputazione di Renzoil sapersiessere ridotto in necessità grande di vettovaglietoglievanol'animo a quelli che in Siena arebbono desiderato mutazione; enondimeno si appresentò a mezzo miglio alle muradove poichénon si faceva sollevazione si levò in capo di uno dí:nel quale díma dopo la sua levataentrorono in Siena legenti de' fiorentini; e benché si mettessino a seguitarlodisperate di potere giugnerlo perché aveva preso moltovantaggiosi fermoronolasciando seguitarlo da' cavalli leggieri eda certo numero di fanti che prima erano in Sienada' qualiricevette poco dannoma camminando con celeritàe forse nonmeno per la fame che per il timorelasciò l'artiglierie perla stradale quali con grande infamia sua pervennono in potestàdegli inimici. Fermossiper riordinare le genti molto diminuiteadAcquapendentesicuroperché sapeva le genti de' fiorentiniavere rispetto a entrare nel dominio della Chiesa; ma essendoglimancati denarie già disprezzandolo i cardinali VolterradiMonte e di Comoco' quali per ordine del re di Francia si trattavanole cose suecorse con quelle poche genti che gli erano restate apredare nella Maremma di Sienadove dette invano la battaglia aOrbatello. Però i fiorentiniche avevano spinto l'esercitoloro al ponte a Centinache è il confine dello stato de'sanesi e quello della Chiesavedendo Renzo non dissolvere totalmentele gentiminacciavano di assaltare le terre sue; però ilcollegio de' cardinalia' quali era molesto che questo incendio siappiccasse nello stato ecclesiasticosi interpose alla concordiache fu parimenti grata a ciascuno: a' fiorentini per levarsi dallaspesa che si faceva senza fruttoa Renzo perché si trovavacon piccola provisione e senza speranza di mettere insieme maggioriforze; declinando massimamente in Lombardia le cose de' franzesi. Nécontenne l'accordo altro che promessa di non si offendere tra ifiorentini e sanesi da una parte e Renzo dall'altraper la quale fudato in Roma sicurtà di cinquantamila ducati per l'osservanza;e che delle prede fatte si stesse alla dichiarazione del ponteficequando fusse in Italia.

Erasucceduto in Luccaquesta vernata medesimapericoloso accidente.Perché Vincenzo di Poggio di famiglia nobile e Lorenzo Tottisotto colore di discordie particolari ma incitati forse piúpresto da ambizione e da povertàprese le armi ammazzorononel palagio publico il gonfaloniere di quella cittàe di poiscorrendo per la terra ammazzorono alcuni altri cittadini loroavversari; con tanto timore universale che nessuno ardiva opporsiloro: nondimenocessato il primo impetocominciando quegli cheavevano spaventati gli altri a temereper la grandezza del delittocommessodi se medesimie interponendosi molti cittadinisiuscirono con certe condizioni della città; della quale comefurono usciti furono perseguitati da' lucchesi rigidissimamente pertutto.

Quietatecome è detto le cose di Lombardia e di Toscanama essendoper l'assenza del pontefice e per le discordie e ambizioni de'cardinalinegletta totalmente dal collegio la cura dello stato dellaChiesaSigismondo figliuolo di Pandolfo Malatestaantico signore diRiminioccupò quasi solocon debole intelligenza che avevain Riminiquella città: e benchéper instanzafattagli dal collegioil cardinale de' Medici andasse a Bologna comelegato di quella cittàper ricuperare Rimini e riordinarel'altre cose molto turbate di Romagnaavuta promessa dal collegioche il marchese di Mantova capitano della Chiesa andrebbe in aiutosuo; nondimeno non si messe a effetto cosa alcunaper mancamento didanarie perché i cardinali che gli avversavano impedivanoogni deliberazione per la quale fusse per accrescersi la suariputazione.