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FrancescoGuicciardini

STORIAD'ITALIA

Volumesettimo





Cap.i

Indizidi prossimi turbamenti della pace. Politica di accordi del ponteficecon la Francia e sua avversione al re ed al cardinale di Roano.

Questecose erano succedute l'anno mille cinquecento cinque; il quale benchéavesse lasciato speranza che la pace d'Italiadappoi che eranoestinte le guerre nate per cagione del regno di Napolis'avesse acontinuarenondimeno apparivano da altra parte semi non piccoli difuturi incendi. Perché Filippoche già si intitolavare di Castiglianon contento che quel regno fusse governato dalsuoceroincitato da molti baronisi preparava a passare contro allavolontà del suocero in Ispagna; pretendendocome eraverissimonon essere stato in potestà della reina mortaprescrivere leggi al governo del regno finita la sua vita: e il rede' romanipreso animo dalla grandezza del figliuolotrattava dipassare in Italia. E il re di Franciase bene l'anno precedente sifusse sdegnato col ponteficeperché avea senza suapartecipazione conferiti i benefici vacati per la morte del cardinaleAscanio e d'altri nel ducato di Milano e perchéavendo creatomolti cardinaliavesse recusato di creare insieme con gli altri ilvescovo di Aus nipote del cardinale di Roano e il vescovo di Baiosanipote del la Tramogliadimandati da lui con somma instanza (eperciò avea fatto sequestrare i frutti de' benefici i quali ilcardinale di San Piero a Vincola e altri prelati grati al ponteficepossedevano nello stato di Milano)nondimenoavendo da altra partecominciato a temere di Cesare e del figliuolo e perciòdesideroso della amicizia del ponteficerimessi i sequestri fattimandò nel principio di questo anno il vescovo di Sisteronnunzio apostolico appresso a séa proporgli vari disegni efare varie offerte contro a' viniziani; contro a' quali sapevaperseverare la sua pessima intenzione per il desiderio di recuperarele terre di Romagnacon tutto che insino a quel dí fusseproceduto in tutte le cose con tanta quiete che aveva suscitato negliuomini ammirazione non mediocre che colui il qualequando eracardinaleera sempre stato pieno di pensieri vasti e smisuratieche a tempo di Sisto e di Innocenzio e poi di Alessandro ponteficiera stato molte volte instrumento di turbare Italiaavesse orapromosso al pontificatosedia comunemente della ambizione e delleazioni inquietedeposto quegli spiriti sí ardentiedimenticatosi della grandezza dell'animo della quale aveva semprefatto ambiziosa professionenon facessenon che altrosegno dirisentirsi delle ingiurie e di essere simile a se medesimo.

Main Giulio era intenzione molto diversa; e deliberato di superarel'espettazione conceputaaveva atteso e attendevacontro allaconsuetudine della sua pristina magnanimitàad accumulare conogni studio somma grandissima di pecuniaacciò che allavolontà che aveva di accendere guerra fusse aggiunto lafacoltà e il nervo di sostenerla: e trovandosi in questo tempogià non poco abbondante di danaricominciava a scoprire isuoi pensieri indiritti a cose grandissime. Peròraccolto eudito molto lietamente il vescovo di Sisteronl'aveva espeditoindietro con prontezza grande a trattare nuovo restringimento traloro: al qualeper disporre meglio l'animo del re e del cardinale diRoanopromesseper breve portato dal medesimo Sisteronla degnitàdel cardinalato a' vescovi di Aus e di Baiosa. E nondimenoin tantoardoresi distraeva qualche volta l'animo suo in vari scrupoli edifficoltà. Perchéo per odio che occultamente avesseconceputo contro al renel tempo che fuggendo l'insidie diAlessandro stette in Franciao perché sommamente glidispiaceva l'essere quasi necessitatoper la potenza e per lainstanza del reconservare nella legazione di Francia il cardinaledi Roano o perché avesse sospetto che il medesimo cardinalegli andamenti del quale manifestamente tendevano al pontificatoimpaziente d'aspettare la morte sua cercasse di conseguirlo per vieestraordinarienon era del tutto deliberato di congiugnersi col redi Francia; senza la congiunzione del quale conosceva essereimpossibile che per allora gli succedesse cosa alcuna di momento.Perciò da altra parte aveva mandato a Pisa Baldassarre Biasciagenovesecapitano delle sue galeead armare due galee sottili chev'avea fatte fare Alessandro ponteficeper esseresecondo sicredevapiú preparatoin caso che 'l re di Francia molestatoancora non poco dalle reliquie della infermità morissealiberare Genova dal dominio de' franzesi.

Cap.ii

Fortunosoviaggio dell'arciduca Filippo in Ispagna; suoi accordi con Ferdinandod'Aragona. Progetto di Massimiliano di passare in Italia per riceverela corona imperiale. Massimiliano si porta a' confini dell'Ungheriacon speranze di successione per la malattia del re Uladislao.

Inquesto stato adunque e in tanta sospensione delle cosefu il primomovimento dell'anno mille cinquecento sei la partita di Fiandra delre Filippo per passare per mare in Spagnacon grande armata. Laquale andata per facilitaretemendo pure che 'l suocero non glifacesse con gli aiuti del re di Francia resistenzasi eragovernandosi con l'arti spagnuoleconvenuto con lui di rapportarsinella maggiore parte delle cose al suo governo: che avessino a comuneil titolo de' re di Spagnacome era stato comune tra lui e la reinamorta; e che l'entrate si dividessino in certo modo: per il qualeaccordo il suoceroancora che non bene sicuro dell'osservanzagliaveva mandato in Fiandra per levarlo molto navi. Peròimbarcato con la moglie e con Ferdinando suo secondogenitoprese conventi prosperi il cammino di Spagna; i quali essendoin capo di duedí della sua navigazioneconvertiti in venti avversissimitravagliata da grandissima fortuna l'armata suadopo lungaresistenza fatta al furore del maresi disperse in varie parti dellacosta d'Inghilterra e di Brettagna: ed egli con due o tre legni fucon grandissimo pericolo traportato in Inghilterranel portod'Antona: la quale cosa intesa da Enrico settimo re di quella isolache era a Londramandato subito molti signori a riceverlo congrandissimo onorelo ricercò venisse a Londra; il che inpotestà di Filippoche si trovava quasi solo e senza navinon era di negare. Soprastette appresso a lui insino che l'armata siriducesse insieme e riordinasse; e in questo mezzo fra loro furnofatte nuove capitolazioni. E nondimeno Filippo trattato in tuttel'altre cose come re fu in una sola trattato da prigioneche ebbe aconsentire di dare in mano a Enrico il duca di Sufforth tenuto da luinella rocca di Namur; il qualeperché pretendeva ragione alregno d'InghilterraEnrico sommamente d'avere in sua potestàdesiderava: dettegli però la fede di non privarlo della vita;dondecustodito in carcere mentre Enrico vissefu dipoipercomandamento del figliuolodecapitato. Passò dipoi Filippocon navigazione piú felice in Ispagna; dove concorrendo a luiquasi tutti i signoriil suoceroil quale per non essere da sépotente a resisterglie che non giudicava essere sicuro fondamentole promesse de' franzesinon aveva pensato mai ad altro che allaconcordiarimanendo abbandonato quasi da tuttiné avendo senon con molto tedio e difficoltà potuto avere il cospetto delgenerobisognò che cedesse alle condizioni chesprezzato ilprimo accordo fatto tra lorogli furono date: benché inquesto non si procedé rigidamenteper la benignitàdella natura di Filippo e molto piú per i conforti di coloroche si erano dimostrati acerbissimi inimici a Ferdinandoperchédubitando continuamente che eglicon la prudenza e con l'autoritàsuanon ripigliasse fede appresso al generosollecitavano quantopotevano la partita sua di Castiglia. Fu convenuto che Ferdinandocedendo alla governazione lasciatagli per testamento dalla moglie e atutto quello che perciò potesse pretenderesi partisseincontinente di Castigliapromettendo di piú non vi tornare:che Ferdinando avesse proprio il regno di Napoli; non ostante checon la medesima ragione con la quale era solito pretendere a quelreame allegando essere stato acquistato con l'armi e con le forze diAragonanon mancasse chi mettesse in considerazionee forse piúgiustamenteappartenersi a Filippo per essere stato acquistato conl'armi e con la potenza del regno di Castiglia: furongli riservati iproventi dell'isole dell'India durante la sua vitae i tremaestralghi di Santo IacopoAlcantara e Calatravae che delleentrate del regno di Castiglia avesse ciascuno anno venticinquemiladucati. La quale capitolazione fattaFerdinandoche da qui innanzichiameremo o re cattolico o re di Aragonase ne andò subitoin Aragonacon intenzione di andarnequanto piú prestamentepotesseper mare a Napoli; non tanto per desiderio di vedere quelregno e riordinarlo quanto per rimuoverne il gran capitanodel qualedopo la morte della reina aveva piú volte sospettato che nonpensasse a trasferire quel regno in sé proprio o fusse piúinclinato a darlo a Filippo che a lui: e avendolo richiamato inSpagna invanoed egli con varie scuse e impedimenti differital'andatadubitavanon vi andando in personaavere difficoltàdi levargli il governonon ostante chefatto l'accordoil reFilippo gli facesse intendere che aveva totalmente a ubbidire al red'Aragona.

Nelquale tempo erano nel petto del re di Franciasollevato giàmolto della sua infermitàvari anzi contrari pensieri:inclinazione contro a' vinizianiper lo sdegno conceputo nel tempodella guerra di Napoliper il desiderio di recuperare leappartenenze antiche dello stato di Milano e per giudicare che permolti accidenti gli potesse essere a qualche tempo pericolosa la loropotenza; la quale cagione trall'altre l'avea indotto a confederarsicol re de' romani e con Filippo suo figliuolo: da altra parte non gliera grata la passata di quel re in Italiail quale si intendeva giàche si preparava a passare con forze grandi; perché ne temevapiú che 'l solitoper la potenza che cresceva in Filipposuccessore di tanta grandezzae dubitandosi che quando fu inInghilterra avesse fatto con quel re nuove e strette congiunzioni; eperché era cessataper la pace fatta col re cattolico (per laquale aveva deposto i pensieri del regno di Napoli) una delle cagioniprincipali per le quali si era confederato con loro. Nella qualevarietà e fluttuazione di animo mentre stava vennono a luiimbasciadori di Massimiliano a significargli la deliberazione sua delpassare in Italia e ricercarlo mettesse in ordine le cinquecentolancie che aveva promesso dare in suo favorerestituisse secondo lapromessa fatta i fuorusciti dello stato di Milanoe a pregarloanticipasse il pagamento de' danari che se gli dovevano pochi mesipoi: alle quali dimande ancorché il re non fusse inclinato aconsentire fece dimostrazione di essere inclinato al contrariononperciò se non a quelle che allora non ricercavano altro cheparole; perché dimostrò desiderio grande che simandassino a esecuzione le cose convenuteofferendosi prontamente aadempiere al tempo tutto quello a che era tenutoma negò convarie scuse l'anticipazione del pagamento. Da altra parte il re de'romaninon confidando piú dell'animo del re di Francia che 'lre si confidasse del suoe desiderando con grande ardore il passarea Roma principalmente per prendere la corona dello imperioperprocurare poi l'elezione del figliuolo in re de' romanitentava neltempo medesimo di pervenire con altri mezzi allo intento suo. Perciòfaceva instanza co' svizzeri di unirgli a sé; i quali dopomolte dispute fatte tra loro determinorno osservare l'accordocheancora durava col re di Francia per anni due; e a' viniziani avevadimandato il passo per le terre loro: a' quali essendo molestissimala passata sua con esercito potentedettono animo a rispondergligeneralmente l'offerte del re di Franciache gli confortò aapporsegli insieme con lui. E già il redimostrandosi alienoapertamente dalla confederazione fatta con lui e con FilipposposòClaudia sua figliuola a Francesco monsignore di Angulemal qualedopo la morte sua senza figliuoli maschi perveniva la corona;simulando però farlo per i prieghi de' sudditi suoiavendoprima a questo effetto ordinato che tutti i parlamenti e tutte lecittà principali del reame di Francia gli mandassinoimbasciadori a supplicarnelo come di cosa utilissima al regnopoichéin lui mancava continuamente la speranza di procreare figliuolimaschi: la quale cosa significò subito per imbasciadori proprial re Filippo; escusandosi di non avere potuto repugnare al desideriosí efficace di tutto 'l regno e di tutti i popoli suoi. Mandòancora gente in aiuto al duca di Ghelleri contro a Filippoperdivertire Massimiliano dal passare in Italia. Ma aveva già dase medesimo interrotti questi pensieri; perché avendo intesoUladislao re di Ungheria essere oppresso da gravissima infermitàsi era approssimato a' confini di quel regnoseguitando l'anticodesiderio paterno e suo di insignorirseneper le ragioni le qualiaffermavano d'avervi. Perché essendo morto moltissimi anniinnanzi senza figliuoli Ladislao re di Ungheria e di Boemiafigliuolo di Albertoche era stato fratello di Federigo imperadoregli ungheripretendendo che morto il suo re senza figliuoli nonavesse luogo la successione de' piú prossimi ma aspettasse aloro la elezione del nuovo reavevano elettoper la memoria dellevirtú paterneper loro re Mattiaquello che dipoicon tantagloria di regno sí piccolomolestò tante volte loimperio potentissimo de' turchi. Il qualeper fuggire nel principiodel regno suo la guerra con Federigosi convenne seco di nonpigliare moglieacciò che dopo la vita sua pervenisse quelreame a Federigo o a' figliuoliil che benché non osservassemorí nondimeno senza figliuoli. Né per questo adempiéFederigo il desiderio suoperché gli ungheri elessono innuovo re Uladislao re di Pollonia: donde essendo ricominciate nuoveguerre da Federigo e Massimiliano con lorosi erano finalmenteconvenutie statone prestato solennemente giuramento da i baroni delregnoche qualunque volta Uladislao morisse senza figliuoliriceverebbono per re Massimiliano. Onde egli aspirando a questasuccessioneintesa la infermità di Uladislaosi approssimòa' confini della Ungheriaomettendo per allora i pensieri delpassare in Italia.

Cap.iii

Aspirazionidel pontefice al pieno dominio di Perugia e di Bologna. Il re diFrancia risponde favorevolmente alle richieste d'aiuto del pontefice.Richiesta di Massimiliano ai veneziani di passare armato per il loroterritorio per recarsi a Romae risposta de' veneziani. Accordi delpontefice con Giampaolo Baglione. Il pontefice a Imola. I Bentivoglioabbandonano Bolognaove entra il pontefice.

Lequali cose mentre che tra i príncipi oltramontani si trattanocon tanta varietàil ponteficeconoscendosi inabile aoffendere senza gli aiuti del re di Francia i vinizianinépotendo piú tollerare di consumare ignobilmente gli anni delsuo pontificatoricercò il re che lo aiutasse a ridurre sottol'ubbidienza della Chiesa le città di Bologna e di Perugia; lequaliappartenendo per antichissime ragioni alla sedia apostolicaerano tiranneggiate l'una da Giampaolo Baglione l'altra da GiovanniBentivoglio: i maggiori de' qualifattisi di privati cittadini capidi parte nelle discordie civilie cacciati o ammazzati gliavversarierano diventati assoluti padroni; né gli avevaritardati a occupare il nome di legittimi príncipi altro cheil rispetto de' pontefici; i quali nell'una e nell'altra cittàritenevano poco piú che 'l nome nudo del dominioperchéne pigliavano certa parte benché piccola dell'entrateetenevonvi governatori in nome della Chiesa i qualiessendo lapotenza e la deliberazione di tutte le cose importanti in mano dicolorovi erano quasi per ombra e per dimostrazione piú cheper effetti. Ma la città di Perugiao per la vicinitàsua a Roma o per altre occasioniera stata molto piúcontinuamente sottoposta alla Chiesa. Perché la cittàdi Bologna aveva nelle avversità de' pontefici spesse voltevariatoora reggendosi in libertà ora tiranneggiata da' suoicittadini ora sottoposta a príncipi esterni ora ridotta inassoluta subiezione de' ponteficie ultimatamente ritornataa tempodi Niccolao quinto pontefice a ubbidienza della Chiesama con certelimitazioni e comunioni di autorità tra i pontefici e loroche restando in progresso di tempo il nome e le dimostrazioni a'ponteficil'effetto e la sostanza delle cose era pervenuta inpotestà de' Bentivogli. De' quali quel che al presentereggevaGiovanniavendo a poco a poco tirato a sé ogni cosae depresse quelle famiglie piú potenti che erano statefavorevoli a' maggiori suoi e a lui nel fondare e stabilire latirannidegrave ancora per quattro figliuoli che avevala insolenzae le spese de' quali cominciavano a essere intollerabilie peròdiventato odioso quasi a tuttilasciato piccolo luogo allamansuetudine e alla clemenzaconservava la sua potenza piúcon la crudeltà e con l'armi che colla mansuetudine ebenignità. Incitava il pontefice a queste impreseprincipalmente l'appetito della gloriaper la qualepretendendocolore di pietà e zelo di religione alla sua ambizioneavevain animo di restituire alla sedia apostolica tutto quello che inqualunque modo si dicesse essergli stato usurpato; e lo moveva piúparticolarmente alla recuperazione di Bologna odio nuovo contro aGiovanni Bentivoglioperché essendosimentre non ardivastare a Romafermato a Cento terra del vescovado suo di Bolognasen'ebbe di notte subitamente a fuggire perché ebbe avviso (overo o falso che e fusse) che egli ordinavaa instanza del ponteficeAlessandrodi farlo prigione.

Fugrata molto al re questa richiesta del ponteficeparendogli avereoccasione di conservarselo benevoloperché sapendo esserglimolto molesta la congiunzione sua co' viniziani cominciava a temerenon poco che egli non facesse qualche precipitazione; e giànon era senza sospetto che certa pratica tenuta da Ottaviano Fregosoper privarlo del dominio di Genova fusse con sua partecipazione: eoltre a questo riputava che il Bentivogliose bene fusse sotto lasua protezioneavesse maggiore inclinazione a Cesare che a lui.Aggiugnevasi lo sdegno suo contro a Giampaolo Baglione per averericusatoricevuti che ebbe quattordicimila ducatidi andare aunirsi coll'esercito suo in sul fiume del Garigliano; e il desideriodi offenderecon l'occasione di mandare genti in ToscanaPandolfoPetrucciperché né gli aveva mai pagato i danaripromessie si era del tutto aderito alla fortuna degli spagnuoli.Però prontamente offerse al papa di dargli aiuto; eall'incontro il papa gli dette brevi del cardinalato d'Aus e diBaiosae facoltà di disporre de' benefici del ducato diMilanocome già ebbe Francesco Sforza.

Lequali pratiche essendo conchiuse per mezzo del vescovo di Sisteronnuovamente promosso all'arcivescovado d'Aische per questa cagioneandò piú volte dall'uno all'altro di loronondimenonon fu sí pronta la esecuzione. Perché avendo ilpontefice differito qualche mese a fare la impresaaccadde cheMassimilianoil qualeavendo rotto guerra al re d'Ungheriaavevaallentato il pensiere di passare in Italiasi pacificò dinuovo con luirinnovato il patto della successione: e ritornòin Austriafacendo segni e apparati che dimostravano volesse passarein Italia. Alla quale cosa desiderando di non avere avversi ivinizianimandò a Vinegia quattro oratori a significare ladeliberazione sua di andare a Roma per la corona dello imperio;ricercandogli concedessino il passo a lui e al suo esercitoofferendosi parato ad assicurargli di non dare allo stato loromolestia alcunaanzi desiderare di unirsi con quella republicapotendosi facilmente trovare modo di unioneche sarebbe non solo consicurtà ma eziandio con augumento ed esaltazione dell'unaparte e dell'altra: volendo tacitamente inferire che e' sarebbeutilità comune il congiugnersi insieme contro al re diFrancia. Alla quale esposizionedopo lunga consultafu fattorisposta con gratissime parole: dimostrando quanto era grande ildesiderio del senato viniziano di accostarsi alla volontà suae sodisfargli in tutte le cose che potessino senza grave loropregiudicio; il quale in questo caso non poteva essere némaggiore né piú evidenteconciossiaché Italiatuttadisperata per tante calamità che aveva sopportatestava molto sollevata al nome della passata sua con esercito potentecon intenzione di pigliare l'armi per non lasciare aprire la via anuovi travagli; e il medesimo era per fare il re di Francia perassicurare lo stato di Milano. Dunqueil venire egli con esercitoarmato in Italia non essere altro che cercare potentissimaopposizionee con grandissimo pericolo loro; contro a' quali siconciterebbe tutta Italiainsieme con quel rese gli consentissinoil passocome se agl'interessi propri avessino posposto il beneficiocomune. Essere molto piú sicuro per tuttie alla fine piúonorevole per luivenendo a uno atto pacifico e favorevole appressoa ciascunopassare in Italia disarmato; dovedimostrando non menobenigna che potente la maestà dello imperioarebbegrandissimo favore da ciascunosarebbe con somma gloria conservatoredella tranquillità d'Italiaandando a incoronarsi in quelmodo che innanzi a lui era andato a incoronarsi il padre suo e moltialtri de' suoi predecessori; e in tal caso il senato vinizianofarebbe verso di lui tutte quelle dimostrazioni e officii che eglimedesimo sapesse desiderare.

Questepreparazioni di armie queste cose che si trattavano per Cesarefurono cagione che ricercando il ponteficedeterminato di fare dipresente la impresa di Bolognaal re le genti promesseegliparendogli non essere tempo da simili movimentilo confortavaamichevolmente a differire a tempo che per questo accidente nons'avesse a commuovere tutta Italia; movendolo a questo eziandio ilsospetto che i viniziani non si sdegnassinoperché gliavevano significato avere deliberato di pigliare l'armi per la difesadi Bologna se il pontefice non cedeva prima loro le ragionipertinenti alla Chiesa in Faenza. Ma la natura del ponteficeimpaziente e precipitosacercò contra tutte le difficoltàe opposizionicon modi impetuosidi conseguire il desiderio suo.Perché chiamati i cardinali in concistorogiustificata lacausa che lo moveva a desiderare di liberare da' tiranni le cittàdi Bologna e di Perugiamembri tanto nobili e tanto importanti aquella sediasignificò volervi andare personalmente;affermando che oltre alle forze proprie arebbe aiuto dal re diFrancia da' fiorentini e da molti altri d'Italiané Diogiusto Signore essere per abbandonare chi aiutava la Chiesa sua. Laquale cosa significata in Francia parve tanto ridicola al re (che ilpontefice si promettessesenza esserne certificato altrimentil'aiuto delle sue genti) che ridendo sopra la mensae volendotassare la ebrietà sua nota a ciascunodisse che il papa lasera innanzi doveva essersi troppo riscaldato col vino; non siaccorgendo ancora che questa impetuosa deliberazione lo costrigneva oa venire in manifesta controversia con lui o a concedergli controalla propria volontà le genti sue. Ma il papanon aspettataaltra resoluzioneera con cinquecento uomini d'arme uscito di Roma;e avendo mandato Antonio de Monte a significare a' bolognesi la suavenutae a comandare che preparassino di riceverlo e di alloggiarenel contado cinquecento lancie franzesiprocedeva innanzilentamente; avendo in animo di non passare Perugia se prima non eracertificato che le genti franzesi venissino in aiuto suo. Dellavenuta del quale temendo Giampaolo Baglioneconfortato dal ducad'Urbino e da altri amici suoie sotto la fede ricevuta da loroandò a incontrarlo a Orvieto: doverimettendosi totalmentealla volontà suafu ricevuto in grazia; avendogli promessoandare seco in persona e menare cento cinquanta uomini d'armelasciargli nelle mani le fortezze di Perugia e del perugino e laguardia della cittàe dando statichi per la osservanza duefigliuoli al duca d'Urbino.

Entròin Perugia senza forzee in modo che era in potestà diGiampaolo di farlo prigione con tutta la cortese avesse saputo farerisonare per tutto il mondoin cosa sí grandequellaperfidia la quale aveva già infamato il nome suo in cose tantominori. Udí in Perugia il cardinale di Nerbonavenuto in nomedel re di Francia a confortarlo che differisse ad altro tempo laimpresaed escusare chese bene il re desiderava mandargli legentinon potevaper i sospetti grandi che aveva di Cesaredisarmare il ducato di Milano. Della quale imbasciata commossomaravigliosamentené mostrando per questo di volere mutaresentenzacominciò a soldare fanti e accrescere tutte leprovisioni: e nondimeno fu creduto da molti cheattese le difficoltàche si dimostravano e la natura sua non implacabile a chi gli cedevache se il Bentivoglioche per suoi imbasciadori aveva offerto dimandargli tutti a quattro i figliuoli suoisi fusse disposto adandarvi come aveva fatto Giampaolo personalmentearebbe trovatoqualche forma tollerabile alle cose sue. In che mentre non si risolseper se stessoosecondo dicono alcunimentre è tenutosospeso dalla contradizione della moglieebbe avviso che il re diFrancia avea comandato a Ciamonte che andasse personalmente in aiutosuo con cinquecento lancie: perché il rese benetrovandosiallora il cardinale di Roano assente dalla cortefusse statoinclinato a non le concederenondimeno confortato poi al contrarioda luie considerando quanta offesa sarebbe al papa il denegargliquel che non solo da principio gli aveva promesso ma eziandiostimolato a volerlo usaremutò sentenza; indotto ancora aquesto piú facilmente perché le dimostrazioni diMassimiliano erano giàsecondo la sua consuetudinecominciate a raffreddaree il ponteficeper sodisfare in qualcheparte al reera stato contento prometterglibenché non perscrittura ma con semplici paroleche per causa delle terre diRomagna non molesterebbe mai i viniziani. E nondimenonon volendoastenersi da dimostrare essergli fisso nell'animo questo desiderioandando da Perugia a Cesena prese la via de' monti; perché sefusse andato pel piano era necessitato passare per quello di Riminiche gli occupavano i viniziani. A Cesenaammoní sottogravissime censure e pene spirituali e temporali il Bentivoglio apartirsi di Bolognaestendendole a chi aderisse o conversasse conlui; nel quale luogo avendo avuto avviso Ciamonte essere in camminocon secento lancie e tremila fantii quali si pagavano dalponteficeripieno di maggiore animo continuò senza dilazioneil cammino; e sfuggendoper la medesima cagione per la quale avevasfuggito Ariminidi passare per il territorio di Faenzapresa lavia de' montibenché difficile e incomodaper le terrepossedute di là dallo Apennino da' fiorentiniandò aImoladove si raccoglieva l'esercito suo: nel qualeoltre a moltifanti che avea soldatierano quattrocento uomini d'arme aglistipendi suoiGiampaolo Baglione con cento cinquantacentoprestatigli sotto Marcantonio Colonna da' fiorentinicentoprestatigli dal duca di Ferraramolti stradiotti soldati nel regnodi Napolie dugento cavalli leggieri menatigli dal marchese diMantovadeputato luogotenente dell'esercito.

Daaltra parte in Bologna non avevano i Bentivogli cessato di fare moltepreparazionisperando se non di essere difesi almeno di non essereoffesi da' franzesi; perché il rericercato di sussidio daloro secondo gli oblighi della protezioneaveva risposto non potereopporsi con l'armi alle imprese del ponteficema che non darebbe giàné gente né aiuto contro a loro: donde si confidavanodi potere facilmente resistere all'esercito ecclesiastico. Ma mancòloro ogni speranza per la venuta di Ciamonte; il quale benchéper il cammino avesse dato agli uomini loro varie rispostenondimenoil dí che arrivò a Castelfranco nelbologneseche fu il medesimo dí che 'l marchese di Mantovacon le genti del Pontefice occupò Castel San Pieromandòa significare a Giovanni Bentivogli che il renon volendo mancarglidi quello a che era tenuto per i capitoli della protezioneintendevaconservargli i beni suoi e operare chelasciando il governo dellacittà alla Chiesapotesse sicuramente godendo i suoi beniabitare co' figliuoli in Bologna; ma questoin caso che infra tre díavesse ubbidito a' comandamenti del pontefice. Donde il Bentivoglio ei figliuoliche prima con grandissime minaccie avevano publicato pertutto di volersi difenderecaduti interamente d'animoedimenticatisi della increpazione fatta a Piero de' Medici che senzaeffusione di sangue si fusse fuggito di Firenzerisposono volererimettersi in arbitrio suosupplicandolo che fusse operatore chealmanco ottenessino condizioni tollerabili. Però egliche eragià venuto al Ponte al Reno vicino a Bologna a tre migliainterponendosi col ponteficeconvenne che fusse lecito a GiovanniBentivogli e a' figliuoli e a Ginevra Sforza sua moglie partirsisicuramente da Bolognae fermarsi in qualunque luogo volessino delducato di Milano; avessino facoltà di vendere o di cavare diBologna tutti i mobili loroné fussino molestati ne' beniimmobili che con giusto titolo possedevano: le quali cose conchiusesi partirono subito da Bolognaottenuto da Ciamonteal qualedettono dodicimila ducatiamplissimo salvocondottocon promessa perscrittura di fargli osservare quanto si conteneva nella protezionedel ree che potessino sicuramente abitare nello stato di Milano.Partiti i Bentivogliil popolo di Bologna mandò subitooratori al pontefice a dargli liberamente la città nédimandare altro che l'assoluzione delle censuree che i franzesi nonentrassino in Bologna. I qualimal pazienti di regola alcunaaccostatisi alle murafeciono forza d'entrare; ma essendo fatto lororesistenza dal popolo si alloggiorono appresso alle mura tra le portedi San Felice e di Saragosain sul canale il qualederivato dalfiume del Renopassando per Bolognaconduce le navi al cammino diFerrara; non sapendo essere in potestà de' bolognesi conl'abbassarenel luogo ove l'acqua del canale entra nella cittàuna graticola di ferroinondare il paese circostante: il che avendofattoil canale gonfiato d'acque inondò il luogo basso dovealloggiavano i franzesi; i qualilasciate nel fango le artiglierie emolti carriaggisi ritirorono tumultuosamente al Ponte al Renodovestetteno insino all'entrata del pontefice in Bologna: il quale congrandissima pompa e con tutte le cerimonie pontificali vi entròmolto solennemente il dí dedicato a san Martino. Cosícon grandissima felicità de' bolognesi venne in potestàdella Chiesa la città di Bolognacittà numeratameritamenteper la frequenza del popolo per la fertilità delterritorio e per la opportunità del sitotra le piúpreclare città d'Italia. Nella quale benché ilponteficecostituiti i magistrati nuovi a esempio degli antichiriservasse in molte cose segni e imagine di libertànondimenoin quanto allo effetto la sottomesse del tutto all'ubbidienza dellaChiesa: liberalissimo in questo checoncedendo molte esenzionisisforzòcome medesimamente fece in tutte l'altre cittàdi fare il popolo amatore del dominio ecclesiastico. A Ciamontechese ne ritornò incontinente nel ducato di Milanodonòil pontefice ottomila ducati per sé e diecimila per le gentie gli confermò per bolla la promessa fattagli prima dipromuovere al cardinalato il vescovo d'Albi suo fratelloenondimenovolto con tutto l'animo alle offese de' vinizianiperlasciare piú stimoli al re di Francia e al cardinale di Roanodi sovvenirlonon vollesecondo l'instanza che gli era fatta e ibrevi conceduti da sépublicare allora cardinali Aus eBaiosa.

Cap.iv

Venutadi Ferdinando d'Aragona in Italia. Morte dell'arciduca Filippo.Concorrono ambasciatori di príncipi e di governi a Napolipresso Ferdinando. Scoperta d'una congiura contro il duca di Ferrara.Fuga del Valentino in Navarra e sua fine.

Passòin questo tempo per mare in Italia il re d'Aragona. Al qualeinnanzisi imbarcasse a Barzalonavenne un uomo del gran capitano aofferirsegli pronto a riceverloe a esibirgli la ubbidienza: alquale il re riconfermò non solo il ducato di Santo Angeloilquale gli aveva già donato il re Federigoma ancora tutti glialtri cheper entrata di piú di ventimila ducatipossedevanel reame di Napoli. Confermogli l'offizio del gran conestabile delmedesimo regnoe gli promesse per cedola di sua mano il maestralgodi San Iacopo. E peròcon maggiore speranza imbarcatosi aBarzalonae onoratamente ricevuto per ordine del re di Franciainsieme con la mogliein tutti i porti di Provenzafu col medesimoonore ricevuto nel porto di Genovadove lo aspettava il grancapitano andatocon ammirazione di moltia rincontrarlo; perchénon solo negli uomini volgari ma eziandio nel pontefice era stataopinione che egliconscio della inubbidienza passata e de' sospettii quali il reforse non vanamenteaveva avuti di luifuggendo pertimore il cospetto suopasserebbe in Ispagna. Partito da Genovanonvolendo con le galee sottili discostarsi da terrastette piúgiorniper non avere i venti prosperiin Portofino; dove mentredimora gli sopragiunse avviso che il re Filippo suo generogiovaned'anni e di corpo robusto e sanissimonel fiore della sua etàe costituito in tanta felicità (dimostrandosi bene spessomaravigliosa la varietà della fortuna)eraper febbreduratagli pochi dípassatonella città di Burgusall'altra vita: e nondimeno il reche per molti si credette cheperdesiderio di ripigliare il governo di Castigliavolgesse subito leprue a Barzalonacontinuando il cammino di primaentrò quelmedesimo giorno nel porto di Gaeta che il ponteficeandando aBolognaera entrato in Imola. Onde condotto a Napolifu ricevuto inquella cittàassueta a vedere re aragonesicon grandissimamagnificenza e onoree con molto maggiore desiderio ed espettazionedi tutti; persuadendosi ciascuno cheper mano d'uno re glorioso pertante vittorie avute contro agli infedeli e contro a' cristianivenerabile per opinione di prudenzae del quale risonava famachiarissima che avesse con singolare giustizia e tranquillitàgovernato i reami suoidovesse il regno di Napoliristorato ditanti affanni e oppressioniridursi in quieto stato e molto felicee reintegrarsi de' porti checon dispiacere non piccolo di tutto ilreamevi tenevano i viniziani. Concorsono a Napoli prontamenteoratori di tutta Italianon solo per congratularsi e onorare unotanto principe ma eziandio per varie pratiche e cagioni;persuadendosi ciascuno che con l'autorità e prudenza suaavesse a dare forma e a essere il contrappeso di molte cose. Peròche e il ponteficebenché mal sodisfatto di lui perchénon aveva mai mandato imbasciadori a dargli secondo l'usanza comunel'ubbidienzacercava di incitarlo contro a vinizianipensando cheper recuperare i porti della Puglia avesse desiderio della bassezzaloro: e i viniziani si ingegnavano di conservarselo amico; e ifiorentini e gli altri popoli di Toscana trattavano diversamente conlui per le cose di Pisa: molestatequesto annomeno che il solitodall'armi de' fiorentiniperché non aveano impedito le lororicolteo stracchi dalle spese o perché la giudicassino perl'esperienza degli anni passati cosa vanasapendo che i genovesi e ilucchesi si erano insieme per uno anno convenuti di sostentare conspesa certa e determinata quella città. Alla qual cosa gliaveva prima confortati Pandolfo Petrucciofferendo che i sanesifarebbono il medesimo; ma da altra partemanifestando con la suaconsueta duplicità quel che si trattava a' fiorentiniottenneda loroperché si separasse dagli altriche si prorogasseper tre anni la tregua che ancora durava tra i fiorentini e sanesima con patto espresso che a' sanesi e a Pandolfo non fusse lecitodare aiuto alcuno a' pisani: colla quale scusa astenendosi daspendere per loronon cessava nell'altre cosequanto potevadiconsigliargli e favorirgli.

Succedettenell'anno medesimodalla tragedia cominciata innanzi a Ferrara nuovoe grave accidente. Perché Ferdinandofratello del ducaAlfonsoe Giulioal quale dal cardinale erano stati tratti gliocchima riposti senza perdita del lume nel luogo loroper presta ediligente cura de' medicisi erano congiurati insieme contro allavita del duca; mossiFerdinandoche era il secondogenitopercupidità di occupare quello statoGiulio per non gli parereche Alfonso si fusse risentito delle ingiurie suee perchénon poteva sperare di vendicarsi contro al cardinale con altro modo:a' quali consigli interveniva il conte Albertino Buschetto gentiluomodi Modona. E avendo corrotto alcuni di vile condizione che per causadi piaceri erano assidui intorno ad Alfonsoebbono molte voltefacilità grandissima d'ammazzarlo; ma ritenuti da fataletimidità lasciorno sempre passare l'occasionein modo checome accade quasi sempre quando si differisce la esecuzione dellecongiurevenuta la cosa a lucefurono incarcerati Ferdinando e glialtri partecipi; e Giulioche scoperta la cosa si era fuggito aMantova alla sorellafu per ordine del marchese condotto prigione adAlfonsoricevuta da lui promessa di non gli nuocere nella vita; epoco dipoisquartato il conte Albertino e gli altri colpevolifurono amendue i fratelli condannati a stare in perpetua carcere nelcastel nuovo di Ferrara.

Néè da passare con silenzio l'audacia e la industria delValentino; il quale in questi tempi medesimicon sottile modocalatosi per una corda della rocca di Medina del Campofuggínel regno di Navarra al re Giovanni fratello della sua moglie. Doveacciò che di lui non s'abbia a fare piú menzionedimorato alquanti anni in basso statoperché il re diFranciail quale prima gli aveva confiscato il ducato di Valenza etoltogli la pensione de' ventimila franchi consegnatagli insupplemento dell'entrata promessanon gli permesseper non farecosa molesta al re di Aragonal'andare in Franciafu finalmenteessendo con le genti del re di Navarra a campo a Viana castelloignobile di quel reamecombattendo contro agli inimici che si eranoscoperti

 

Cap.v

Discordietumulti e ribellione in Genova. I genovesi deliberano di espugnareMonacoe il re di Francia si prepara a ridurli a ubbidienza. Ilpontefice delibera improvvisamente di tornare a Roma sdegnato col reper le vicende di Genova.

Allafine di questo annoacciò che l'anno nuovo non cominciassesenza materia di nuove guerreseguitò la rebellione de'genovesi dalla divozione del re di Francia; non mossa principalmenteda altri che da loro medesiminé cominciato il fondamento dadesiderio di ribellarsi ma da discordie civili che traportorono gliuomini piú oltre che non erano state le prime deliberazioni.La città di Genovacittà veramente edificata in quelluogo per lo imperio del marese tanta opportunità non fussestata impedita dal pestifero veleno delle discordie civilinon ècome molte dell'altre d'Italia sottoposta a una sola divisione madivisa in piú parti; perché vi sono ancora le reliquiedelle antiche contenzioni de' guelfi e de' ghibellini. Regnavi ladiscordiadalla quale furono già in Italia e specialmente inToscana conquassate molte cittàtra i gentiluomini e ipopolari: perché i popolarinon volendo sopportare lasuperbia della nobiltàraffrenorno la potenza loro con molteseverissime e asprissime leggi; e infra le altreavendo lasciataloro porzione determinata in quasi tutti gli altri magistrati eonorigli esclusono particolarmente dalla degnità del dogeil quale magistratosupremo a tutti gli altrisi concedeva pertutta la vita di chi era eletto: benchéper la instabilitàdi quella cittàa niuno forse o a pochissimi fu permessocontinuare tanto onore insino alla morte. Ma non è divisionemanco potente quella tra gli Adorni e i Fregosii quali di casepopolari diventati cappellacci (cosí chiamano i genovesicoloro che sono ascesi a molta grandezza) contendono insieme ladegnità del dogecontinuata molti anni quasi sempre in una diloro. Perché i gentiluominiguelfi e ghibellininon potendoessi per la proibizione delle leggi conseguirlaprocuravano che lafusse conferita ne' popolari della fazione medesimae favorendo ighibellini [gli Adorni] i guelfi [i Fregosi] si feciono in progressodi tempo queste due famiglie piú illustri e piú potentidi quegli il nome de' quali e l'autorità solevano primaseguitare. E si confondono in modo tutte queste divisioni che spessoquegli che sono d'una medesima partecontro alla parte oppositasono eziandio tra se medesimi divisi in varie partie per contrariocongiunti in una parte con quegli che seguitano un'altra parte. Macominciò questo anno ad accendersi altercazione tra igentiluomini e i popolari; la qualeavendo principio dalla insolenzadi alcuni nobili e trovando per l'ordinario gli animi dell'una partee dell'altra male dispostisi convertí prestamente dacontenzioni private in discordie publichepiú facili agenerarsi nelle cittàcome era allora Genovamoltoabbondanti di ricchezze: le quali trascorsono tanto oltre che 'lpopoloconcitato tumultuosamente all'armi e ammazzato uno dellafamiglia d'Oria e feriti alcuni altri gentiluominiottennepiúcon la violenza che con la volontà libera de' cittadinichene' consigli publicine' quali intervennono pochissimi dellanobiltàsi statuisse il dí seguente che degli ufficii quali prima si dividevano tra i nobili e i popolari in parteegualese ne concedessino per l'avvenire due parti al popolorimanendone una sola alla nobiltà: alla quale deliberazioneper timore che non si facessino maggiori scandoliacconsentíRoccalbertino Catelano che invece di Filippo di Ravestengovernatoreregio allora assenteera preposto alla città. E nondimeno ipopolari non quietati per questosuscitato fra pochissimi dínuovo tumulto saccheggiorno le case de' nobili; per la qual cosa lamaggiore parte della nobiltànon si tenendo piú sicuranella patriase n'uscí fuora. Ritornò di Francia aGenova subitamenteintese queste alterazioniil governatore concento cinquanta cavalli e settecento fantima non potettenécon la autorità né con le persuasioni né con leforzeridurre in parte alcuna le cose a stato migliore; anzibisognandogli spesso accomodarsi alle volontà popolaricomandò che alcune altre genti che lo seguitavano ritornassinoindietro. Da' quali princípi diventando la moltitudinecontinuamente piú insolenteed essendocome comunementeaccade nelle città tumultuoseil reggimentocontro allavolontà di molti popolari onesticaduto quasi interamentenella feccia della plebee avendo creato da se stessa per capo delsuo furore uno magistrato nuovo di otto uomini plebei con grandissimaautorità (i qualiacciò che il nome gli concitasse amaggiore insaniachiamavano tribuni della plebe) occuporno conl'armi la terra della Spezie e l'altre terre della riviera dilevantegovernate per ordinazione del re da Gianluigi dal Fiesco.Querelossi di queste insolenze al re in nome di tutta la nobiltàe per l'interesse suo proprio Gianluigi; dimostrandogli il pericolomanifesto di perdere il dominio di Genovapoiché lamoltitudine era trascorsa in tale temerità che oltre a tantialtri mali aveva arditoprocedendo direttamente contro alla autoritàregiaoccupare le terre della riviera: essere facileusando concelerità i rimedi convenientiil reprimere tanto furorementre che ancora non aveano fomento o sussidio da alcuno; matardando a provederviil male metterebbeogni dí piúmaggiori radiciperché la importanza di Genova per terra eper mare era tale che inviterebbe facilmente qualche principe anutrire questo incendio tanto pernicioso allo stato suoe la plebeconoscendo quel che da principio era forse stato sedizione esserediventato ribellionesi accosterebbe a qualunque gli desse speranzadi difenderla. Ma da altra parte si ingegnavano gli oratori mandatial re dal popolo di Genova di giustificare la causa lorodimostrandonon altro avere incitato il popolo che la superbia de' gentiluominii qualinon contenti degli onori convenienti alla nobiltàvoleano essere onorati e temuti come signori. Avere il popolotollerato lungamente le insolenze loroma ingiuriati finalmentenonsolo nelle facoltà ma nelle persone proprienon avere potutopiú contenersi; e nondimeno non essere proceduti se non aquelle cose senza le quali non poteva essere sicura la libertàloroperché partecipando i nobili negli uffici per parteeguale non si potevaper mezzo de' magistrati e de' giudiciresistere alla tirannide loro: tenendosi per Gianluigi le terre dellerivieresenza il commercio delle quali era come assediata Genovainche modo potere i popolari sicuramente usarvi e conversarvi? Ilpopolo essere stato sempre divotissimo e fedelissimo della Maestàregiae le mutazioni di Genova essere in ogni tempo procedute piúda' gentiluomini che da' popolari. Supplicare il re cheperdonatiquei delitti che contro alla volontà universale erano statinell'ardore delle contenzioni commessi da alcuni particolariconfermasse la legge fatta sopra la distribuzione degli ufficie chele terre della riviera fussino governate col nome publico. Cosígodendo i gentiluomini onoratamente il grado e la degnitàlorogoderebbono i popolari la libertà e la sicurtàconvenienteper la quale non si faceva pregiudicio ad alcuno; eridotti per l'autorità sua in questa tranquillitàadorerebbono in perpetuo la clemenza la bontà e la giustiziadel re.

Eranostati molestissimi al re questi tumultio perché gli fussesospetta la licenza della moltitudine o per la inclinazione che hannocomunemente i franciosi al nome de' gentiluominie perciòsarebbe stato disposto a punire gli autori di queste insolenze e aridurre tutte le cose nel grado antico; ma temendo che se tentavarimedi aspri i genovesi non ricorressino a Cesaredi cui non essendoancora morto il figliuolo molto temevae perciò deliberato diprocedere umanamenteperdonava tutti i delitti fatticonfermava lanuova legge degli ufficipure che riponessino in mano sua le terreoccupate della riviera: e per disporre a queste cose il popolo piúfacilmente mandò a Genova Michele Ricciodottore e fuoruscitonapoletanoa confortargli che sapessino usare l'occasione della suabenignitàpiú tosto che moltiplicando la contumacia egli errori lo mettessino in necessità di procedere contro aloro con la severità dello imperio. Ma negli animi acciecatidalle immoderate cupidità la prudenzasoffocata dallatemeritànon aveva parte alcuna: non solo la plebe e itribunicon tutto che i magistrati legittimi fussino di contrariasentenzanon accettata la mansuetudine del redinegorno direstituire le terre occupate ma procedendo continuamente a cosepeggiori deliberorno di espugnare Monacocastello posseduto daLuciano Grimaldoo per l'odio comune contro a tutti i gentiluominigenovesi o perchéper essere situato in luogo molto opportunoin sul mareimporta assai alle cose di Genovao movendosi pure perodio particolareconciossiaché chi ha in potestà quelluogoinvitato dal sito comodissimo a questo effettosogliadifficilmente astenersi da' guadagni marittimio perchésecondo diceanoapparteneva giuridicamente alla republica: e peròbenché contradicendo invano il governatore mandorno per terrae per mare ad assediarlo molte genti. Onde Filippo di Ravestenconoscendo stare quivi inutilmente eper gli accidenti che potevanonascerenon senza pericololasciato in luogo suo Roccalbertinosene partí; e il re disperato che le cose si potessino ridurre aforma migliore e giudicando che 'l consentire che le stessino cosínon fusse con degnità e con sicurtà suaed esseremaggiore pericolo se si lasciassino trascorrere piú oltrecominciò scopertamente a prepararsi con forze terrestri emarittime per ridurre i genovesi alla sua ubbidienza.

Laquale deliberazione fu cagione che si interrompessino le cose lequali tra 'l pontefice e il re di Francia si trattavano contro a'viniziani; desiderate molto dal reliberato per la morte del reFilippo del sospetto avuto delle preparazioni di Massimilianomamolto piú desiderate dal ponteficeindegnatissimo contro aloro per l'occupazione delle terre della Romagnae perchésenza alcuno rispetto della sedia apostolica conferivano i vescovadivacanti nel loro dominioe si intromettevano in molte coseappartenenti alla giurisdizione ecclesiastica: onde inclinato deltutto alla amicizia del reoltre allo avere publicato cardinali ivescovi di Baiosa e di Auschiesti innanzi con grande instanzaaveva ricercato il re che passasse in Italia e venisse a colloquioseco: il che il re aveva consentito di fare: ma intendendo poi la suadeliberazione di muovere l'armi in favore de' gentiluomini contro alpopolo di Genovane ricevé grandissima molestiaessendoperla inclinazioneantica delle parti di Savona sua patriacontrarioa' gentiluomini e favorevole al popolo. Però fece instanza colre che si contentasse di averenon alterando lo stato popolarequella città a ubbidienzae lo confortò efficacementead astenersi dalle armiallegandone molte ragioni; e principalmenteessere pericolo chesuscitandosi in Italia per questo moto qualcheincendionon si turbasse il muovere la guerra disegnata contro a'viniziani: alle quali ragioni vedendo che il re non acconsenteotraportato dallo sdegno e dal dolore o veramente essendosi rinnovatoin luio da se stesso o per sottile artificio d'altril'anticosospetto della cupidità del cardinale di Roanoe perciòdubitando di non essere ritenuto dal re in caso si riducessino in unoluogo medesimoe forse concorrendo l'una e l'altra cagionepublicòall'improvisonel principio dell'anno mille cinquecento settecontro all'espettazione di tuttivolere ritornarsene a Roma; nonallegando altre cagioni che l'aria di Bologna essere nociva alla suasalute e l'assenza di Roma fargli non piccolo detrimentonell'entrate. Dette questa deliberazione ammirazione assai aciascunoe specialmente al reche senza alcuna causa lasciasseimperfette le pratiche che tanto aveva desideratointerrompendo ilcolloquio del quale egli medesimo l'aveva ricerco; e turbatosenemoltonon lasciò indietro opera alcuna perché variasseda questo nuovo pensiero: ma era piú tosto nociva che vanal'opera suaperché il ponteficepigliando dalla instanza chese gli faceva maggiore sospettosi confermava tanto piú nellasua deliberazione; nella quale stando pertinacepartí allafine di febbraio da Bolognanon potendo dissimulare lo sdegnoconceputo contro al re. Fondòinnanzi partisse di quellacittàla prima pietra della fortezza che per ordine suoconinfelici auspicivi si faceva appresso alla porta di Galera che va aFerrarain quello luogo medesimo ove altra volta co' medesimiauspici era stata edificata da Filippo Maria Visconte duca di Milano:e avendo per lo sdegno nuovo col re di Francia mitigato alquanto losdegno antico contro a' vinizianinon volendo incomodarsi dalcammino dirittopassò per la città di Faenza. Esopravenivano a ogn'ora nuove altercazioni tra il re di Francia elui: perché aveva instato che i Bentivogli fussino cacciatidello stato di Milanocon tutto che di consentimento suo fusse stataconcessa loro la facoltà di abitarvi; né aveva volutorestituire al protonotariofigliuolo di Giovannila possessionedelle chiese suepromessagli con la medesima concordia econsentimento. Tanto spesso poteva in lui piú la contenzionedell'animo che la ragione! La quale disposizione non con arte odiligenza alcuna tentava di mitigare il re di Francia; ma sdegnato ditanta variazione e insospettito checome era la veritànondesse occultamente animo al popolo di Genovanon si asteneva daminacciarlo palesementetassando con parole ingiuriose la suaignobilità: perché non era dubbio il pontefice esserenato vilissimamente e nutrito per molti anni in umilissimo stato.Anziconfermato tanto piú nella prima sentenza delle cose diGenovapreparava con somma diligenza l'esercito per andarvipersonalmenteavendoper l'esperienza delle cose accadute nel regnodi Napoliimparato che differenza fusse ad amministrare le guerreper se proprio a commetterle a' capitani.

Cap.vi

Continuanoi tumulti in Genova; prevalenza del popolo contro i francesi. Il redi Francia sotto Genova. Successo de' francesi ed accordi di resa.Entrata del re in Genovae condizioni imposte alla città.

Nonmovevano queste preparazioni i genovesiintenti alla occupazione diMonacoove aveano intorno molti legnie semila uomini di genteraccolta tumultuariamente della plebe e del contadosotto il governodi Tarlatino capitano de' pisaniil quale insieme con PieroGiambacorta e alcuni altri soldati era stato mandato da loro infavore de' genovesi. E a Genovaperseverandosi e moltiplicandocontinuamente negli erroriil castellano del Castellettoche insinoad allora era stato quietissimo né aveva avuto dal popolomolestia alcunao per comandamento del re o per cupidità dirubarefece all'improviso prigioni molti del popoloe cominciòa molestare con l'artiglierie il porto e la città; per il cheRoccalbertino entrato in timore di se medesimo si partíe ifanti franzesi che erano alla guardia del palagio publico sirifuggirno nel Castelletto. Ebbe poco dipoi fine l'assedio statomolti mesi intorno a Monaco: perché intendendo quegli che vierano accampati che per soccorrerlo s'approssimavano Ivo d'Allegri ei principali de' gentiluomini con tremila fanti soldati da loro e conaltre genti mandate dal duca di Savoianon avendo avuto ardire diaspettarglise ne levorono. E già divulgava la fama passarecontinuamente in Lombardia l'esercito destinato dal re: per la qualcosa accendendosi il furore di quegli ne' quali doveva essere cagionedi migliori consiglila moltitudineche insino a quel díavendo dissimulato con le parole quella ribellione che esercitava conl'operegridava il nome del re di Francia né avea rimosso de'luoghi publici i segni suoicreò doge di Genova Paolo di Novetintore di setauomo della infima plebe; scoprendosi per questo inmanifestissima ribellioneperché con la creazione del dogeera congiunta la dichiarazione che la città di Genova nonfusse sottoposta a principe alcuno. Le quali cose eccitando l'animodel re a maggiore indegnazioneed essendogli significato da' nobiliche in luogo de' segni suoi aveva posto i segni di Cesareaugumentòle provisioni prima ordinate: commosso ancora piú perchéCesarestimolato da' genovesi e forse occultamente dal ponteficel'avea confortato a non molestare Genova come terra di imperioofferendo di interporsi col popolo perché si riducessino allecose che fussino giuste. Nutrirno qualche poco l'audacia del nuovodoge e de' tribuni i successi prosperi che ebbono nella riviera dilevante: perché avendo Ieronimo figliuolo di Gianluigi dalFiesco con dumila fanti e alcuni cavalli recuperato Rapalloeandando di notte per prendere Reccoscontrandosi con le genti che vivenivano in soccorso da Genovasi messonosenza combatteredisordinatamente in fuga; la fuga de' quali venendo agli orecchi diOrlandino nipote di Gianluigiche con un'altra moltitudine di genteera disceso a Reccosi messe medesimamente in fuga. Onde diventatiil doge e i tribuni piú insolenti assaltorno il Castellacciofortezza antica ne' monti sopra Genova edificata da' signori diMilano quando dominavano quella città acciò chequandofusse necessariole genti mandate da loro di Lombardia potessinoaccostarsi a Genova e soccorrere il Castelletto; nel quale essendopiccola guardia lo occuporono facilmenteperché quegli pochifranzesi che vi erano si arrenderono sotto la fede di essere salva lavita e la roba loro: la quale fede fu incontinente violatagloriandosi quegli che avevano fatto tale eccessoper segno delquale tornorono in Genova con le mani sanguinose e con allegrezzagrande. E nel tempo medesimo cominciorno a battere con l'artiglierieil Castelletto e la chiesa di San Francesco contigua a quello.

Maera già passato il re in Italiae l'esercito si andavacontinuamente raccogliendo per assaltare Genova senza indugio. Enondimeno i genovesiabbandonati di ogni sussidioperché ilre cattolico benché desideroso della conservazione loro nonvoleva separarsi dal re di Franciaanzi l'aveva accomodato diquattro galee sottiliné il pontefice ardiva dimostrare conaltro che con occulti conforti e speranze l'animo suoavendo solotrecento fanti forestierinon capitani esperti di guerracarestiadi munizionepersistevano nella ostinazione; confidandosi d'avereper la strettezza de' passi e difficoltà e asprezza del paesefacilmente a proibire che gli inimici non si accostassino a Genova:per la quale vana speranza disprezzavano i conforti di moltiespecialmente del cardinale dal Finale; il quale seguitando il re gliconfortavacon spessi messi e letterea rimettersi nella volontàsuadando loro speranza di conseguire facilmente venia e tollerabilicondizioni. Ma camminando già l'esercito per la via del Borgode' Fornari e di Serravallecominciorono ad apparire vani i disegnide' genovesinon discorsi né misurati dagli uomini peritidella guerra ma co' clamori e con la iattanza vana della vile eimperita moltitudine. Perònon corrispondendo gli animi degliuomini nel pericolo presente a quello che temerariamentequando iltimore era lontanosi erano promessiseicento fanti de' loro cheerano a guardia de' primi passiaccostandosi i franzesivilmente sifuggirono; onde perduto l'animo tutti gli altri che erano allaguardia de' passi si ritirorono in Genovalasciandogli liberi afranzesi: l'esercito de' qualiavendo già passato senzaostacolo alcuno il giogo de' montiera sceso nella valle di Pozeveraappresso a Genova miglia settecon grandissima ammirazione de'genovesiche contro a quello che si erano scioccamente persuasiardisse di alloggiare in quella valle circondata da monti asprissimie in mezzo di tutto il paese inimico. Nel quale tempo l'armata del redi otto galee sottili otto galeoni molte fuste e brigantinipresentatasi innanzi a Genovaera passata verso Portovenere e laSpezieseguitando l'armata genovese di sette galee e sei barche; laquale non avendo ardire di fermarsi nel porto di Genova si eraritirata in quegli luoghi. Di val di Pozevera andò l'esercitoad alloggiare nel borgo di Rivarolo distante da Genova due migliaepresso alla chiesa di San Piero della Renache è contigua almare; e benché camminando scontrassino a piú passifanti de' genovesinondimeno tuttinon dimostrando maggiore virtúche avessino fatto gli altrisi ritirorono. E il dí medesimoarrivò all'esercito la persona del reil quale alloggiònella badia del Boschetto a rincontro del borgo di Rivaroloaccompagnato dalla maggiore parte della nobiltà di Franciadamoltissimi gentiluomini dello stato di Milano e dal marchese diMantova: il quale il re aveva pochi dí innanzi dichiarato capodell'ordine di San Michelee donatogli lo stendardo il quale dopo lamorte di Luigi undecimo non era mai stato dato ad alcuno: ed eranonell'esercito ottocento lancie (perché il re avearispettoall'asprezza del paeselasciate l'altre in Lombardia) milleottocento cavalli leggieri seimila svizzeri e seimila fanti di altrenazioni.

Avevanoi genovesiper non lasciare libero il cammino per il quale per imonti si va al Castellacciodipoi a Genovaper via piú cortache per la strada di San Piero della Rena contigua alla marinaedificato uno bastione in su l'altezza del monte che si dice laMontagna del promontoriotra il borgo di Rivarolo e San Piero inArena: dal quale bastione si andava al Castellaccio per la schienadel poggio. A questo bastione si indirizzò l'esercitoil dímedesimo che era alloggiato a Rivarolo; e da altra parte uscirno diGenova ottomila fanti guidati da Iacopo Corso luogotenente diTarlatinoperché Tarlatino e i soldati de' pisanifermatisiquando il campo si levò da Monacoin Ventimiglianon aveanopotutoquando furno richiamati da' genovesi i quali mandorno la navedi Demetrio Giustiniano per condurglitornare a Genovanéper la via di terra per lo impedimento de' franzesiné permare per i venti contrari. Ma cominciando già i franzesi asalire scoperseno i fanti de' genovesii quali saliti in sul monteper il colle per il quale si andava al bastionee dipoi discesane lamaggiore parteaveva fatto testa in su uno poggetto che è amezzo il monte: contro a' quali mandò Ciamonte a combatteremolti gentiluomini e buono numero di fanteria: da' quali i genovesiper la moltitudine e per il vantaggio del sitosi difendevanovalorosamentee con danno non piccolo de' franzesi perchédisprezzando gli inimici come raccolti quasi tutti di artefici e diuomini del paeseandavano volonterosamentenon considerando lafortezza del luogoad assaltargli; e già era stato feritobenché non molto gravementela Palissa nella gola. MaCiamontevolendo spuntargli di quello luogofece tirare ad alto duecannonii quali battendogli per fianco gli sforzorono a ritirarsiverso il montein sul quale era rimasta l'altra parte delle lorogenti; dove seguitandogli ordinatamente i franzesiquegli che eranoa guardia del bastioneancorché per il sito e per lafortificazione che vi era stata fatta potessino sicuramente aspettarel'artiglieriedubitando che tra loro e la gente che era in sul montenon entrasse in mezzo qualche parte de' franzesil'abbandonorono consomma infamia; donde quegli che dal poggetto avevano cominciato aritirarsi verso il bastionevedutosi tagliato il camminopresonofuori della strada consueta per balze e aspri precipizi la via diGenovaessendo nel ritirarsi morti di loro circa trecento. Dal qualesuccesso essendo ripiena di incredibile terrore tutta la cittàla quale governata secondo la volontà della infima plebe nonsi reggeva né con consiglio militare né con prudenzacivilemandorono due oratori nello esercito a trattare di darsi concapitoli convenienti; i qualinon ammessi agli orecchi del refurono uditi dal cardinale di Roanoe da lui ebbono risposta che ilre avea deliberato non accettargli se in lui non rimettevano senzaaltro patto assolutamente l'arbitrio di se stessi e di tutte le coseloro: ma mentre che trattavano con luiuna parte della plebe cherecusava l'accordouscita tumultuosamente di Genovasi scoperse conmolti fanti per i poggi e per il colleche veniva dal Castellaccioe si accostorono a uno quarto di miglio al bastione per recuperarlo;e avendo scaramucciato co' franzesi che erano usciti loro incontroper spazio di tre oresi ritirorono senza vantaggio di alcuna delleparti al Castellaccio. Nel quale tempo il redubitando di maggioremovimentostette continuamente armato con molta gente a cavallo nelpiano tra 'l fiume della Pozevera e l'alloggiamento dello esercito. Enondimeno la notte seguentedisperate le cose loroed essendo famache i principali del popolo avevano composto occultamente col reinsino quando era in Astilamentandosi la plebe di essere ingannatail dogecon molti di quegli che per le cose commesse non speravanoperdono e con quella parte de' pisani che vi erasi partí perandare a Pisa; e la mattina come fu dítornati in campo imedesimi imbasciadoriacconsentirono di dare la città alladiscrezione del re: non avendo sostenuta piú che otto díla guerracon grandissimo esempio della imperizia e confusione de'popoli chefondandosi in su speranze fallaci e disegni vaniferociquando è lontano il pericoloperduti poi presto d'animoquando il pericolo è vicinonon ritengono alcuna moderazione.

Fattol'accordoil re con l'esercito si accostò a Genovaalloggiati i fanti ne' borghi; i quali non ebbe piccola difficoltàa riteneremassimamente i svizzeriche non vi entrassino persaccheggiarla. Entrò dipoi in Genova con la maggiore partedelle altre gentiavendo prima messa la guardia nel CastellaccioCiamonte; al quale i genovesi consegnorono tutte le armi publiche eprivate che furono condotte nel Castellettoe tre pezzi diartiglieria quali vi avevano condotti i pisani; che furono poimandate a Milano: e il dí prossimoche fu il vigesimononod'aprileentrò in Genova la persona del re con tutte le gentid'arme e arcieri della guardiaed egli appiedi sotto il baldacchinoarmato tutto con l'armi bianchecon uno stocco nudo in mano. Alquale si feciono incontro gli anziani con molti de' piúonorati cittadini; i quali essendosegli gittati innanzi a' piedi conmolte lagrimeuno di loropoiché alquanto fu fatto silenzioin nome di tutti parlò cosí:

-Noi potremmo affermarecristianissimo e clementissimo reche sebene al principio delle contenzioni co' nostri gentiluominiintervenne quasi la maggiore parte de' popolarinondimeno chel'esercitarle insolentementee molto piú la contumacia e lainubbidienza a' comandamenti regiprocedette solamente dalla fecciadella infima plebe; la temerità della quale né noi négli altri cittadini e mercatanti e artefici onesti potemmo mairaffrenare: e peròche qualunque pena si imponesse o allacittà o a noi affliggerebbe gli innocenti senza detrimentoalcuno degli autori e partecipi di tanti delitti; i qualimendichidi tutte le cose e vagabondinon sono tra noi in numero d'uomini nonche di cittadininé hanno essi questa infelice cittàin luogo di patria. Ma la intenzione nostra èlasciateindietro tutte le scusenon ricorrere ad altro che alla magnanimitàe alla pietà di tanto rein quella sommamente confidarequella umilissimamente supplicare checon quello animo col qualeperdonò a' falli molto maggiori de' milanesisi degni volgerequegli occhi pietosissimi verso i genovesipochi mesi innanzifelicissimiora esempio di tutte le miserie. Ricordatevi con quantagloria del vostro nome fu allora per tutto il mondo celebrata lavostra clemenzae quanto piú sia degno confermarla usandosimile pietà che incrudelendo oscurarla. Ricordatevi che daCristoredentore di tutta l'umana generazionederivò ilcognome vostro di cristianissimoe che peròa imitazionesuavi si appartiene esercitare sopra ogni cosa la clemenza e lamisericordia propria a lui. Siano grandissimi quanto si voglia idelitti commessisiano inestimabilinon saranno giammai maggioridella pietà e della bontà vostra. Voinostro rerappresentate tra noi il sommo Dio con la degnità e con lapotenza (perché che altro che dii sono i re tra i sudditiloro?) e però tanto piú vi si appartiene rappresentarlomedesimamente con la similitudine della volontà e delle operedelle quali nessuna è piú gloriosa nessuna piúgrata nessuna fa piú ammirabile il nome suo che lamisericordia. -

Seguitoronoqueste parole le voci alte di tutti gridando misericordia. Ma il recamminò innanzi non dando risposta alcuna; benchécomandando si levassino di terra e deponendo lo stocco che aveva nudoin manofacesse segno di animo piú tosto inclinato allabenignità. Arrivò poi alla chiesa maggioredove si gligittò innanzi a' piedi numero quasi infinito di donne e difanciulli d'ogni sessoi quali tutti vestiti di bianco supplicavanocon grandissime grida e pianti miserabili la sua clemenza emisericordia. Commossesecondo che si dissequesto aspetto nonmediocremente l'animo del re; il qualeancora che avesse deliberatodi privare i genovesi di ogni amministrazione e autoritàeappropriare al fisco quelle entrate che sotto nome di San Giorgioappartengono a' privati espogliatigli d'ogni immagine di libertàridurgli a quella subiezione nella quale sono le terre dello stato diMilanonondimenopochi dí poiconsiderando che con questomodo non solo si punivano molti innocenti ma si alienavano eziandiogli animi di tutta la nobiltàed essere piú facile ilsignoreggiarla con qualche dolcezza che totalmente con ladisperazioneconfermò il governo anticocome era innanzi aqueste ultime sedizioni. Ma per non dimenticare in tutto la severitàcondannò la comunità in centomila ducati per la penadel delittoi quali non molto poi rimesse; in dugentomila altriincerti tempiper rimborsarlo delle spese fatte e per edificare lafortezza alla torre di Codifàpoco lontana da Genova e che èsituata in sul maresopra al borgo che va in val di Pozevera e a SanPiero in Arena: la qualeperché può offendere tutto ilporto e parte della cittàè non immeritamente chiamatala Briglia. Volle ancora pagassino maggiore guardia che la solita eche continuamente tenessino nel porto armate tre galee sottili a suaubbidienzae che si fortificassino il Castelletto e il Castellaccio;annullò tutte le convenzioni fatte prima tra lui e quellacittàriconcedendo quasi tutte le cose medesime ma comeprivilegi non come pattiacciò che fusse sempre in suapotestà il privarnegli; fece rimuovere delle monete genovesi isegni antichie ordinò che in futuro vi fusse impresso ilsegno suo per dimostrazione di assoluta superiorità. Allequali cose si aggiunse la decapitazione di Demetrio Giustinianoilquale manifestò nel suo esamine tutte le pratiche e lesperanze avute dal pontefice; nel quale supplicio incorsepochi mesipoiPaolo da Nove ultimamente dogeil quale navigando da Pisa aRomaingannato da uno corso che era stato suo soldatofu venduto a'franzesi. Fatto che ebbe il re queste cosee ricevuto solennementeda' genovesi il giuramento della fedeltà e data venia a tuttieccetto che a circa sessanta i quali rimesse alla disposizione dellagiustiziase ne andò a Milano; avendosubito che ebbeottenuta Genovalicenziato l'esercito: col qualeessendo tutti glialtri male provedutigli sarebbe stato facilecontinuando il corsodella vittoriaopprimere chi gli fusse paruto in Italia; ma lolicenziò sí presto per certificare il pontefice il rede' romani e i vinizianii quali stavano con grandissimo sospettoche la venuta sua in Italia non era stata per altro che per larecuperazione di Genova.

 

Cap.vii

Malcontentodel pontefice verso il re di Francia per la soluzione della questionedi Genova. Discorso di Massimiliano alla dieta di Costanza contro ilre. Effetti del discorso.

Manessuna cosa bastava a moderare l'animo del pontefice; il qualeinterpretando tutte le cose in senso peggioresi querelava di nuovonon mediocremente del recome se per opera sua fusse proceduto cheAnnibale Bentivogliocon secento fanti raccolti del ducato diMilanoaveva in quegli dí tentato di entrare in Bolognaaffermando che quando gli fusse succeduto si sarebbe dimostrato piúoltre contro allo stato ecclesiastico: dalla qual cosa sdegnatobenché con grandissima difficoltà avesse primapublicati cardinali i vescovi di Aus e di Baiosarecusava dipublicare il vescovo d'Albi; lamentandosi che da Ciamonte suofratello fusse permesso che i Bentivogli abitassino nel ducato diMilano. Ma quel che era di piú momentotraportato non menodall'odio che dal sospettoavevaquando il re publicò divolere coll'armi ridurre a ubbidienza i genovesisignificato persuoi nunzi e con uno breve al re de' romani e agli elettori delloimperio che 'l re di Francia si preparava a passare in Italia conpotentissimo esercitosimulando di volere raffrenare i tumulti diGenovai quali era in potestà sua di quietare con la autoritàsolama in verità per opprimere lo stato della Chiesa eusurpare la dignità dello imperio: e il medesimooltre alponteficegli significavano i vinizianimossi dal medesimo timoredella venuta del re di Francia in Italia con tanto esercito. Le qualicose inteseMassimilianocupidissimo per sua natura di cose nuoveessendo in quegli dí ritornato di Fiandradove invano tentòdi assumere il governo del nipoteaveva convocato nella cittàdi Gostanza i príncipi di Germania e le terre franche(chiamano terre franche quelle città chericonoscendo incerti pagamenti determinati l'autorità dello imperiosigovernano in tutte l'altre cose per se stesseintente non adampliare il loro territorio ma a conservare la propria libertà).Dove concorsono i baroni e príncipi e i popoli di tuttaGermaniaforse piú prontamente e in maggiore numero chefussinogià lunghissimo tempoconcorsi a dieta alcuna:conciossiaché vi convennono personalmente tutti gli elettoritutti i príncipi ecclesiastici e secolari della Alamagnadaquegli in fuora che erano ritenuti da qualche giusto impedimentoperi quali nondimeno vi vennono o figliuoli o fratelli o altrecongiuntissime personeche rappresentavano il nome loro; esimilmente tutte le terre franche vi mandorono imbasciadori. I qualicome furono congregatiCesare fece leggere il breve del ponteficeemolte lettere per le quali gli era di vari luoghi significato ilmedesimo; e in alcuna delle quali era espresso essere la intenzionedel re di Francia di collocare nella sedia pontificale il cardinaledi Roanoe da lui ricevere la corona imperiale: per i quali avvisiessendo già concitati gli animi di tutti in grandissimaindegnazioneCesarecessato che fu lo strepitoparlò inquesta sentenza:

-Già vedetenobilissimi elettori e príncipi espettabili oratoriche effetti abbia prodotti la pazienza cheabbiamo avuta per il passato; giàche frutto abbia partoritol'essere state disprezzate le querele mie in tante diete. Giàvedete che il re di Franciail quale non ardiva primase non congrandi occasioni e con apparenti coloritentare le cose appartenential sacro imperioora apertamente si prepara non per difenderecomealtre volte ha fattoi ribelli nostrinon per occupare in qualcheluogo le ragioni dello imperioma per spogliare la Germania delladegnità imperialestata acquistata e conservata con tantavirtú e con tanta fatica da' nostri maggiori. A tanta audacialo incita non l'essere accresciute le forze suenon l'esserediminuite le forze nostrenon l'ignorare quanto sia senzacomparazione piú potente la Germania che la Franciama lasperanzaconceputa per l'esperienza delle cose passateche noiabbiamo a essere simili a noi medesimiche in noi abbia a potere piúo le dissensioni o la ignavia nostra che gli stimoli della gloriaanzi della salute; che per le medesime cagioni per le quali abbiamocon tanta vergogna tollerato che da lui sia occupato il ducato diMilanoche da lui siano nutrite le discordie tra noiche da luisiano difesi i ribelli dello imperioabbiamo similmente a tollerareche da lui ci sia rapita la degnità imperialetrasferito inFrancia l'ornamento e lo splendore di questa nazione. Quanto minoreignominia sarebbe del nome nostroquanto minore dolore sentirebbel'animo miose e' fusse noto a tutto il mondo che la potenzagermanica fusse inferiore della potenza franzese! perché mancomi crucierebbe il danno che la infamiaperché almeno nonsarebbe attribuito a viltà o a imprudenza nostra quel cheprocederebbe o dalla condizione de' tempi o dalla malignitàdella fortuna. E che maggiore infelicitàche maggioremiseriaessere ridotti in grado che ci sia cosa desiderabile il nonessere potenti! che abbiamo a eleggere spontaneamente il dannogravissimoper fuggirepoi che altrimenti non si puòlainfamia e il vituperio eterno del nome nostro! Benchélamagnanimità di ciascuno di voi esperimentata tante volte nellecose particolaribenché la ferocia propria e precipua diquesta nazionebenché la memoria della virtú antica ede' trionfi de' padri nostriterrore già e spavento di tuttel'altre nazionimi dànno quasi speranzaanzi quasi certezzache in causa tanto grave s'abbino a destare i bellicosi e invittispiriti vostri. Non si tratta della alienazione del ducato di Milanonon della ribellione de' svizzerinelle quali cause tanto gravi siastata leggiera la mia autoritàper l'affinità che ioavevo con Lodovico Sforzaper gli interessi particolari della casadi Austria. Ma orache escusazione si potrebbe pretendere? con chevelame si potrebbe ricoprire la ignominia nostra? Trattasi se iGermanipossessorinon per fortuna ma per virtúdelloimperio romanol'armi de' quali domorono già quasi tutto ilmondoil nome de' quali è anche al presente spaventoso atutti i regni de' cristianihanno a lasciarsi vilmente spogliare ditanta degnitàhanno a essere esempio di infamiahanno adiventare della prima e della piú gloriosa nazione l'ultimala piú schernitala piú vituperosa di tutto il mondo.E quali cagioni quali interessi quali sdegni giammai vi moveranno sequesti non vi muovono? quali ecciteranno in voi i semi del valore edella generosità de' vostri maggiori se questi non glieccitano? Con quanto dolore sentirannone' tempi futurii vostrifigliuoli e i vostri discendenti la memoria de' vostri nomise nonconservate loro in quella grandezzain quella autoritàilnome germaniconella quale fu conservato a voi da' vostri padri? Malasciamo da parte i conforti e le persuasioniperché a mecollocato da voi in tanta degnitànon conviene distendersi inparole ma proporvi fatti ed esempli. Io ho deliberato di passare inItaliain nome per ricevere la corona dello imperio (solennitàcome vi è notopiú di cerimonia che di sostanzaperché la degnità e l'autorità imperiale dependein tutto dalla vostra elezione) ma principalmente per interromperequesti consigli scelerati de' franzesiper scacciargli del ducato diMilanopoiché altrimenti non possiamo assicurarci dallainsolenza loro. Sono certo che niuno di voi farà difficoltàdi darmi i sussidi soliti darsi agli imperadori che vanno aincoronarsii quali congiunti alle forze mie non dubito d'avere apassare vittorioso per tuttoe che la maggiore parte d'Italiasupplichevole mi verrà incontrochi per confermare i suoiprivilegichi per conseguire dalla giustizia nostra rimedio alleoppressioni che gli sono fattechi per placare con divotasommissione l'ira del vincitore. Cederà il re di Francia alnome solo delle armi nostreavendo i franzesi innanzi agli occhi lamemoria quando giovanettoe quasi fanciulloroppi con vera virtúe magnanimitàa Guineguastel'esercito del re Luigi: dalquale tempo in quarecusando di fare esperienza delle mie arminonhanno mai i re di Francia combattuto meco se non con insidie e confraudi. Ma consideratecon la generosità e magnanimitàpropria de' tedeschise e' conviene alla fama e onore vostroinpericolo comune tanto graverisentirsi sí pigramentee nonfare in caso tanto estraordinario estraordinarie provisioni. Nonricerca egli la gloria la grandezza del nome vostrodella quale èstato sempre proprio difendere la degnità de' pontefici romanil'autorità della sedia apostolicache ora con la medesimaambizione ed empietà sono sceleratamente violate dal re diFranciache per decreto comune di tutta la Germania si piglino aquesto effetto potentissimamente l'armi? Questo interesse ètutto vostroperché io ho adempiute assai le parti mie adavervi convocato prontamente per manifestarvi il pericolo comuneadavervi incitato con l'esempio della mia deliberazione. In me nonmancherà fortezza di animo a espormi a qualunque pericolononcorpo abile per la continua esercitazione a tollerare qualunquefatica; né il consiglio nelle cose della guerraper la etàe per la lunga esperienzaè tale che a questa impresa vimanchi capo capace di tutti gli onori: ma con quanta maggioreautorità il vostro re orneretecon quanta maggiore potenza edesercito lo circonderetetanto piú facilmentecon sommagloria vostrasi difenderà la libertà della Chiesaromanamadre comune; esalterassi insino al cieloinsieme con lagloria del nome germanicola degnità imperialegrandezza esplendore comune a tutti voie comune a questa potentissima eferocissima nazione. -

Ealle parole di Cesare accresceva autorità la memoria che nellealtre diete non fussino state udite le querele sue; ed era facileaggiugnere negli animi già concitati nuova indegnazione. Peròessendo in tutti ardore grandissimo a non comportare che la maestàdello imperio fusseper negligenza lorotrasferita in altrenazionisi cominciorno con unione grande a trattare gli articolinecessariaffermandosi per tutti doversi preparare esercitopotentissimoe bastante eziandioquando fussino oppositi il re diFrancia e tutti gli italiania rinnovare e recuperare in Italia leantiche ragioni dello imperiostate usurpate o per impotenza o percolpa de' Cesari passati. Cosí ricercare la gloria del nomegermanicocosí il concorso di tanti príncipi e ditutte le terre franche; ed essere una volta necessario dimostrare atutto il mondo chese bene la Germania per molti anni non avevaavuto le volontà unitenon era però che non avesse lamedesima possanza e la medesima magnanimità la quale avevafatto temere gli antichi loro da tutto il mondodonde e inuniversale era nata al nome loro grandissima gloria e la degnitàimperialee in particolare molti nobili n'avevano acquistatosignorie e grandezze. E quante case illustri avere lungo temporegnato in Italia negli stati acquistati con la loro virtú! Lequali cose si cominciorono a trattare con tanta caldezza che èmanifesto chegià moltissimi anninon era stata cominciatadieta alcuna dalla quale si aspettassino maggiori movimenti:persuadendosi universalmente gli uomini cheoltre all'altre ragionifarebbe gli elettori e gli altri príncipi piú pronti lasperanza che aveano cheper l'età tenera de' figliuoli del reFilippola degnità imperialecontinuata successivamente inAlbertoFederigo e Massimilianotutt'a tre della casa d'Austriaavesse finalmente a passare in altra famiglia.

 

Cap.viii

Desideriodel re di Francia d'abboccarsi con Ferdinando d'Aragonache sta perriassumere il governo di Castiglia. Delusioni e malcontento nel reamedi Napoli; il pontefice nega l'investitura a Ferdinando. Cordialeincontro a Savona de' due re. Ammirazione pel gran capitano. Accordifra i due re; la questione di Pisa. Ira del pontefice contro iBentivoglio.

Lequali cose pervenute agli orecchi del re di Francia lo avevanoindotto a dissolvereper rimuovere tale suspicionesubito che ebbeottenuto Genoval'esercito; e arebbe esso con la medesima celeritàripassato i monti se non l'avesse ritenuto il desiderio di essere aparlamento col re di Aragonail quale si preparava per ritornare inSpagnaintento tutto a riassumere il governo di Castiglia. Perchéessendo inabile Giovanna sua figliuola a tanta amministrazionenontanto per la imbecillità del sesso quanto perchéperumori melanconici che se gli scopersono nella morte del maritoeraalienata dello intellettoe inabili ancora per la età ifigliuoli comuni del re Filippo e di leide' quali il primogenitonon arrivava al decimo annoera Ferdinando desiderato e chiamato aquel governo da moltiper la memoria di essere stati rettigiustamentee fioriti per la lunga pace quegli regni sotto lui: eaccrescevano questo desiderio le dissensioni già cominciatetra' signori grandie l'apparire da molte parti segni manifestissimidi future turbazioni. Ma non meno era desiderato dalla figliuolalaqualenon essendo nell'altre cose in potestà di se medesimastette sempre costante in desiderare il ritorno del padrenegandocontro alle suggestioni e importunità di moltiostinatamentedi non sottoscrivere di mano propria in espedizione alcuna il nomesuosenza la quale soscrizione non avevano secondo la consuetudinedi quegli regni i negozi occorrenti la sua perfezione.

Perqueste cagioni partí il re d'Aragona del regno di Napolinonvi essendo dimorato piú che sette mesiné avendosodisfatto alla espettazione grandissima che si era avuta di lui; nonsolo per la brevità del tempoe perché difficilmentesi può corrispondere a' concetti degli uomini il piúdelle volte non considerati con la debita maturità némisurati con le debite proporzionima perché se gli opposonomolte difficoltà e impedimentiper i quali né per ilcomodo universale d'Italia fece cosa alcuna degna di laude o dimemoriané fece utilità o beneficio alcuno nel regnodi Napoli: perché alle cose d'Italia non lo lasciòpensare il desiderio di ritornare presto nel governo di Castigliafondamento principale della grandezza suaper il quale eranecessitato fare ogni opera per conservarsi amici il re de' romani eil re di Franciaacciò che l'uno con l'autorità diessere avolo de' piccoli figliuoli del re mortol'altro con lapotenza vicina e col dare animo a opporsegli a chi avea l'animoalieno da luinon gli mettessino disturbo a ritornarvi; e nelriordinare o gratificare il regno napoletano gli dette difficoltàl'essere obligatoper la pace fatta col re di Franciaa restituiregli stati tolti a' baroni angioinicheo per convenzione o perremunerazioneerano stati distribuiti in coloro che avevanoseguitato la parte sua. E questinon volendo egli alienarsi i suoimedesimiera necessitato di ricompensare o con stati equivalentiche s'avevano a comperare da altrio con danari: alla qual cosaessendo impotentissime le sue facoltàera costretto non soloa fare vivi in qualunque modo i proventi regie a denegare di faresecondo il costume de' nuovi regrazia o esenzione alcuna oesercitare specie alcuna di liberalitàma eziandioconquerele incredibili di tuttiad aggravare i popolii quali avevanoaspettato sollevazione e ristoro di tanti mali. Né si udivanominori le querele de' baroni di ciascuna delle parti: perché aquegli che possedevanooltreché malvolentieri rilasciassinogli statifurono per necessità scarse e limitate lericompensazionie a quegli altri si ristrigneva quanto si potevaintutte le cose nelle quali accadeva controversiail beneficio dellarestituzioneperché quanto meno a loro si restituiva tantomeno agli altri si ricompensava. Partí con lui il grancapitanoma con benivolenza e fama incredibile; e del qualeoltrealle laudi degli altri tempiera molto celebrata la liberalitàdimostratasi nel fare innanzi alla partita sua grandissimi doni; a'quali impotente altrimentivendéper non mancare di questoonorenon piccola parte degli stati propri. Né partíil re da Napoli con molta sodisfazione tra il pontefice e lui: perchédimandandogli la investitura del regnoil pontefice denegava diconcederla se non col censo con il quale era stato conceduto agliantichi ree il re faceva instanza che gli fusse fatta la medesimadiminuzione che era stata fatta a Ferdinando suo cugino e a'figliuoli e a' nipoti; dimandando l'investitura di tutto 'l regno innome suo propriocome successore di Alfonso vecchionel qual modoquando era a Napoliaveva ricevuto l'omaggio e i giuramenticontutto che ne' capitoli della pace fatta col re di Francia sidisponesse chein quanto a Terra di Lavoro e l'Abruzzisiriconoscesse insieme il nome della reina. Credettesi che l'averedenegato il concedere l'investitura fusse cagione che 'l re recusassedi venire a parlamento col ponteficeil quale essendo stato neltempo medesimo piú dí nella rocca d'Ostia si dicevaesservi stato per aspettare la passata sua.

Quelche di questo sia la veritàdirizzò il re d'Aragona lanavigazione a Savonaove era convenuto di abboccarsi col re diFrancia; il qualeessendo per questa cagione soprastato in Italiasubito che ebbe intesa la partita sua da Napolivi era venuto daMilano. Furono in questo congresso da ogni parte molto libere e pienedi somma confidenza le dimostrazionie tali quali non era memoriadegli uomini essere mai state in alcuno congresso simile; perchénegli altri príncipitra' quali era o emulazione o ingiurieantiche o causa di sospettosi riducevano insieme con tale ordineche l'uno non si metteva in potestà dell'altroma in questoogni cosa procedette diversamente. Perchécome l'armataaragonese si accostò al porto di Savonail re di Franciacheallo apparire suo nel mare era disceso in sul molo del portopassòper uno ponte fatto per questo effetto di legnamecon pochigentiluomini e senza alcuna guardiain sulla poppa della galea delre; ove raccolto con allegrezza inestimabile dal re e dalla reinanipote suapoiché vi furono dimorati con giocondissime paroleper alquanto spaziousciti della galeaper il ponte medesimoentrorono a piedi nella cittàavendo fatica non mediocre dipassare per mezzo di infinita moltitudine d'uomini e di donneconcorsa di tutte le terre circostanti. Aveva la reina alla manodestra il marito all'altra il zioornata maravigliosamente di gioiee di altri suntuosissimi abbigliamenti: appresso a' due reilcardinale di Roano e il gran capitano. Seguitavano molte fanciulle egiovani nobili della corte della reinatutte ornatesuperbissimamente: innanzi e indietrole corti de' due re conmagnificenza e pompa incredibile di suntuosissime vesti e di altriricchissimi ornamenti. Con la quale celebrità furono dal re diFrancia accompagnati il re e la reina di Aragona al castellodeputato per suo alloggiamentoil quale ha l'uscita in sul mareeassegnata alla sua corte la metà della città contigua aquello; alloggiando il re di Francia nelle case del vescovadochesono di fronte al castello. Spettacolo certamente memorabilevedereinsieme due re potentissimi tra tutti i príncipi cristianistati poco innanzi sí acerbissimi inimicinon soloreconciliati e congiunti di parentado madeposti tutti i segnidell'odio e della memoria delle offesecommettere ciascuno di lorola vita propria in arbitrio dell'altrocon non minore confidenza chese sempre fussino stati concordissimi fratelli; onde si davaoccasione di ragionamenti a quegli che erano presentiquale de' duere avesse dimostrato maggiore confidenza; ed era celebratada moltipiú quella del re di Franciache primo si fusse messo inpotestà dell'altronon sicuro con altro legame che dellafedeperché non era congiunta in matrimonio a lui una nipotedel re di Aragonanon aveva quell'altro maggiore cagione divergognarsi perché prima fusse stata osservata la fede a luied era piú verisimile il sospetto che Ferdinando desiderassedi assicurarsi di lui per stabilirsi meglio il reame di Napoli. Ma damolti altri era piú predicata la confidenza di Ferdinandochenon per tempo brevissimocome il re di Franciama per spazio di piúdí si fusse rimesso in potestà sua; perchéavendolo spogliato di uno regno talecon tanto danno delle sue gentie con tanta ignominia del suo nomeaveva da temere che grande fussel'odio e il desiderio della vendettae perché s'aveva asospettare piú dove era maggiore il premio della perfidia. Delfare prigione il re di Francia non riportava Ferdinando molto fruttoper essere in modo ordinatocon le sue leggi e consuetudiniilreame di Francia che non per questo diminuiva molto di forze e diautorità; ma fatto prigione Ferdinando non era dubbio cheperavere eredi di piccolissima etàper essergli reame nuovo ilreame di Napolie perché gli altri regni suoi e quello diCastiglia sarebbeno stati per vari accidenti confusi in se stessinon arebbe il re di Franciaper molti anniricevuto dalla potenza earmi di Spagna ostacolo alcuno.

Manon dava minore materia a' ragionamenti il gran capitano; al qualenon erano meno volti gli occhi degli uominiper la fama del suovalore e per la memoria di tante vittorie: la quale faceva che ifranzesiancora che vinti tante volte da lui e che solevano avere insommo odio e orrore il suo nomenon si saziassino di contemplarlo eonorarloe di raccontare a quegli che non erano stati nel reame diNapolichi la celerità quasi incredibile e l'astuzia quandoin Calavria assaltò all'improviso i baroni alloggiati a Lainochi la costanza dell'animo e la tolleranza di tante difficoltàe incomodi quandoin mezzo della peste e della fameera assediatoin Barletta; chi la diligenza e l'efficacia di legare gli animigliuominicon la quale sostentò tanto tempo i soldati senzadanari; quanto valorosamente combattesse alla Cirignuolacon quantovalore e fortezza d'animoinferiore tanto di forzecon l'esercitonon pagato e tra infinite difficoltàdeterminasse non sidiscostare dal fiume del Garigliano; con che industria militare e conche stratagemmi ottenesse quella vittoriaquanto sempre fusse statosvegliato a trarre frutto de' disordini degl'inimici: e accresceval'ammirazione degli uomini la maestà eccellente della presenzasuala magnificenza delle parolei gesti e le maniere piene digravità condita di grazia. Ma sopra tutti il reche avevavoluto che alla mensa medesima alla quale cenorono insieme Ferdinandoe la reina e lui cenasse ancora eglie gliene aveva fatto comandareda Ferdinandostava come attonito a guardarlo e a ragionare seco. Inmodo chea giudizio di tuttinon fu manco glorioso quel giorno algran capitano che quello nel qualevincitore e come trionfanteentrò con tutto l'esercito nella città di Napoli. Fuquesto l'ultimo dí de' dí gloriosi al gran capitanoperché dipoi non uscí mai de' reami di Spagnanéebbe piú facoltà di esercitare la sua virtú néin guerra né in cose memorabili di pace.

Stettonoi due re insieme tre dí; nel quale tempo ebbono secretissimi elunghissimi ragionamentinon ammesso a quegliné onorato senon generalmenteil cardinale di Santa Prassedelegato delpontefice; i qualiper quello che parte allora si comprese partedappoi si manifestòfurono principalmente: promessa l'unoall'altro di conservarsi insieme in perpetua amicizia e intelligenzae che Ferdinando si ingegnasse di comporre insieme Cesare e il re diFranciaacciocché tutti uniti procedessino poi contro a'viniziani. E per mostrare di essere intenti non manco alle cosecomuni che alle proprieragionorono di riformare lo stato dellaChiesae a questo effetto convocare uno concilio; in che nonprocedeva con molta sincerità Ferdinando ma cercava nutrire ilcardinale di Roanocupidissimo del pontificatocon questa speranza:con le quali arti prese in modo l'animo suo cheforse con nonpiccolo detrimento delle cose del suo resi accorse tardie dopomolti segni che dimostravano il contrarioquanto fussino in quelprincipe diverse le parole dalle operee quanto fussino occulti iconsigli suoi. Parlossi ancora tra loro della causa de' pisanitrattata tutto l'anno medesimo da' fiorentini con l'uno e conl'altro. Perché il re di Franciaquando si preparava controa' genovesiessendo sdegnato contro a loro per i favori davano a'genovesie parendogli opportuno alle cose sue che i fiorentinirecuperassino quella cittàaveva data loro speranzaottenutoche avesse Genovamandarvi l'esercitonel quale e in tutta la corteeraper la medesima cagioneconvertita in odio la benivolenzaantica de' pisani; ma espedita la impresa di Genova mutòconsiglioper le cagioni che lo indussono a licenziare l'esercitoeper non offendere l'animo del re di Aragonache affermava chedisporrebbe i pisani a ritornare concordemente sotto 'l dominio de'fiorentini: dalla qual cosa il re di Francia sperava conseguire da'fiorentini quantità grande di danari. A questo medesimobenché per diverse cagionisi indirizzava l'animo del re diAragona: al quale sarebbe stato piú grato che i fiorentini nonrecuperassino Pisama conoscendo non si potere piúconservarla senza spesa e senza difficoltàe dubitando non laottenessino per mezzo del re di Franciaaveva sperato di potere conl'autorità suaquando era a Napoliindurre i pisani aricevere con oneste condizioni il dominio de' fiorentinii quali glipromettevanosuccedendo questodi confederarsi seco e di donargliin certi tempi cento ventimila ducati; ma non avendo trovata ne'pisani quella corrispondenza della quale gli aveano prima dataintenzioneper interrompere che il premio non fusse solamente del redi Franciaaveva detto apertamente agli oratori de' fiorentini chein qualunque modo tentassino di recuperare Pisa senza l'aiuto suofarebbe loro manifesta opposizione; e al re di Franciaperrimuoverlo da' pensieri di tentare l'armiora mostrava di confidaredi indurgli a qualche composizione ora diceva i pisani essere sottola sua protezione: benché questo fusse falsoperchéera vero i pisani averla piú volte dimandata e offerto didargli assolutamente il dominioma eglidando loro sempre speranzadi riceverglie facendo fare il medesimo piú amplamente algran capitanonon mai l'aveva accettato. Ma in Savonadiscussa piúparticolarmente questa materiaconchiusono essere bene che Pisaritornasse sotto i fiorentini; ma che ciascuno di loro ne ricevessepremio. Le quali cose furno cagione che i fiorentiniper nonoffendere l'animo del re di Aragonapretermessono di dare quelloanno il guasto alle ricolte de' pisani: cosa nella quale avevanomolta speranzaperché Pisa era molto esausta di vettovagliee tanto debole di forze che le genti de' fiorentini correvano pertutto il paese insino alle porte; e i contadinipiú potentidi numero d'uomini in Pisa che i cittadiniessendo loro molestissimoil perdere il frutto delle fatiche loro di tutto l'annocominciavanoa rimettere assai della solita ostinazione. Né a' pisaniconcorrevano piú gli aiuti soliti de' vicini; perchéne' genovesi battuti da tante calamità non erano piú imedesimi pensieriPandolfo Petrucci recusava lo spenderee ilucchesicon tutto che sempre occultamente di qualche cosa glisovvenissinonon potevano soli tanta spesa sostenere.

Partironoda Savona con le medesime dimostrazioni di concordia e di amore dopoquattro giorni i due re; l'uno per mare al cammino di Barzalona;l'altro se ne ritornò per terra in Francialasciate l'altrecose d'Italia nel grado medesimoma con peggiore sodisfazionedell'animo del pontefice. Il qualedi nuovopresa occasione dalmovimento fatto da Annibale Bentivoglioavea per il cardinale diSanta Prassede fatto instanza in Savona che gli facesse dare prigioniGiovanni Bentivogli e Alessandro suo figliuoloi quali erano nelducato di Milano; allegando chepoi che avevano contravenuto allaconcordia fatta per mezzo di Ciamonte in Bolognanon era piúil re obligato a osservare loro la fede data; e offerendoin casogli fusse consentito questomandare l'insegne del cardinalato alvescovo d'Albi. Negava il re costare della colpa di costoro: la qualeperché era disposto a punire aveva fatto ritenere molti díGiovanni nel castello di Milanoma non apparendo indizio alcuno deldelitto loronon volere mancare della fede alla quale pretendeva diessere obligato; e nondimenoper fare cosa grata al ponteficeessere disposto a tollerare che eglicon le censure e con le peneprocedesse contro a loro come contro a ribelli della Chiesa; cosícome non si era lamentato che in Bolognain sulla caldezza di questomotofusse stato distrutto da' fondamenti il palagio loro.

 

Cap.ix

Minaccedi Massimiliano contro il re di Francia; sospensione d'animi inItalia. Il contegno del pontefice. Raffreddamento degli animi de'príncipi tedeschi alla dieta di Costanza. Deliberazioni delladietae timori in Italia.

Procedevanel tempo medesimo la dietacongregata a Gostanzacon la medesimaespettazione degli uomini con la quale aveva avuto principio. Laquale espettazione Cesare nutriva con varie arti e con magnificheparolepublicando d'avere a passare in Italia con esercito tale cheforze molto maggiori di quelle del re di Francia e degli italianiuniti insieme non potrebbono resistergli. E per dare maggiore degnitàe autorità alla causa suadimostrando essergli fissonell'animo il patrocinio della Chiesaaveva per sue letteresignificato al pontefice e al collegio de' cardinali avere dichiaratoil re di Francia ribelle e inimico del sacro imperioperchéera venuto in Italia per trasferire nella persona del cardinale diRoano la degnità pontificale e in sé la imperialeeper ridurre Italia tutta in acerba soggezione; prepararsi per venirea Roma per la coronae per stabilire la sicurtà e la libertàcomune; e che a séper la degnità imperiale avvocatodella Chiesa e per la propria pietà desiderosissimo diesaltare la sedia apostolicanon era stato conveniente aspettared'essere richiesto o pregato di questoperché sapeva ilpontefice per paura di tanti mali essersi fuggito da Bolognae lamedesima paura impedire che né egli né il collegio nonfacessino intendere i loro pericoli e dimandassino d'essere soccorsi.Significate adunque in Italia per vari avvisi le cose che in Germaniasi trattavanotraportate ancora dalla fama maggiore che la veritàe accrescendo fede a quel che publicamente se ne diceva ipreparamenti grandissimi che faceva il re di Franciail quale sicredeva che non temesse senza cagionemolto commossono gli animi dituttichi per cupidità di cose nuove chi per speranza chi pertimore; in modo che il pontefice mandò legato a Cesare ilcardinale di Santa Croce; e i vinizianii fiorentini edal marchesedi Mantova in fuoratutti quegli che in Italia dependevano da semedesimigli mandornoo sotto nome di imbasciadori o sotto altronomeuomini propri. Le quali cose angustiavano molto l'animo del redi Franciaincerto della volontà de' vinizianieincertissimo di quella del ponteficesí per l'altre cagioniantiche e specialmente per l'avere eletto a questa legazione ilcardinale di Santa Crocedesideroso molto per antica inclinazionedella grandezza di Cesare. E certamente la volontà delpontefice non che fusse manifesta agli altri non era nota a sestesso; perché avendo l'animo pieno di mala sodisfazione e disospetti del re di Franciatalvoltaper liberarsenela venuta diCesare desideravatalvolta la memoria delle antiche controversie trai pontefici e gli imperadori lo spaventavaconsiderando che ancoraduravano le medesime cagioni: nella quale ambiguità differivaa risolversiaspettando di intendere prima quel che si deliberassenella dieta; e perciòprocedendo con termini generaliavevacommesso al legato che confortasse in nome suo Cesare a passare inItalia senza esercitoofferendogli maggiori onori che mai dapontefice alcuno fusseno stati fatti nella incoronazione degliimperadori.

Macominciò non molto poi a diminuire l'espettazione delledeliberazioni della dieta: perchécome in Germania si seppeche il re di Francia aveva subito dopo la vittoria de' genovesilicenziato l'esercitoe che poi quanto piú presto avevapotuto si era ritornato di là da' montisi raffreddòmolto l'ardore de' príncipi e de' popoliessendo cessato iltimore che egli tentasse di usurpare il pontificato e lo imperionéessendo in tanta considerazione gli altri interessi publici checomeil piú delle volte accadenon fussino superati dagliinteressi privati; perchéoltre all'altre cagionieradesiderio inveterato in tutta Germania che la grandezza degliimperadori non fusse tale che gli altri fussino costretti aubbidirlo. Né aveva il re di Francia mancato di diligenzaalcuna alla causa sua: perché a Gostanza mandòoccultamente uomini proprii qualinon si dimostrando in publico maprocedendo secretissimamentesi sforzavano con occulto favore de'príncipi amici suoi di mitigare gli animi degli altripurgando le infamie che gli erano state date con l'evidenza deglieffetti; poichécome ebbe ridotta Genova all'ubbidienza suaaveva cosí subitamente licenziato l'esercitoed eglibenchérimasto in Italia senza armiessersene quanto piú prestoaveva potuto ritornato di là da' monti; e affermando che nonsolo si era sempre astenuto con l'opere da offendere l'imperio romanomain qualunque confederazione convenzione o obligazione che aveafattaavere sempre eccettuato di non volere essere tenuto a cosaalcuna contro alle ragioni del sacro imperio: e nondimenononconfidando tanto di queste giustificazioni che non attendessino condiligenza grandee con la mano molto liberalea temperare laferocia dell'armi tedesche con la potenza dell'orodel quale quellanazione è avidissima.

Terminòfinalmente il vigesimo dí di agosto la dietanella quale fudeterminatodopo molte disputeche al re de' romaniper seguitarloin Italia fussino dati ottomila cavalli e ventiduemila fanti pagatiper sei mesie per la spesa dell'artiglierie e altre speseestraordinarie cento ventimila fiorini di Renoper tutto il tempo:le quali genti fu statuito che il dí della festivitàprossima di san Galloche è circa a mezzo il mese di ottobresi ritrovassino in campagna appresso a Gostanza. E si divulgòallora che arebbono forse deliberato maggiori sussidi se Massimilianoavesse consentito che la impresabenché sotto il governo econsiglio suosi facesse interamente in nome dell'imperioche perordine dell'imperio i capitani si eleggessino e sotto il nomemedesimo le genti si comandassinoe che la distribuzione de' luoghiche si acquistassino si facesse secondo la determinazione delladieta; ma non volendo Massimiliano altro compagno o altro nome che ilsuoné che di altri che suoibenché sotto nome delloimperiofussino i premi della vittoriae contentandosi piúdi questo aiutoin questo modochein altro mododi maggiorenonfu fatta altra deliberazione. La quale benché noncorrispondesse alla espettazione degli uomini prima conceputanondimeno non cessava perciò in Italia il timore che s'avevadella passata sua; perché si considerava cheaggiunti allegenti stabilite nella dieta gli aiuti che gli darebbono i sudditisuoie quel che egli poteva fare da se medesimoarebbe esercitomolto potente e di gente tutta feroce ed esperimentata alla guerraeaccompagnato con infinite artiglierie; il che faceva piúformidabile l'essere egliper la disposizione della natura e per illungo esercizio nell'armiperitissimo nella disciplina militareebastante a sostenere con le fatiche del corpo e con la sollecitudinedell'anima qualunque gravissima impresa; e perciò in maggioreestimazione che già cento anni fusse stata alcuna imperadore.Aggiugnevasi che continuamente trattava di condurre agli stipendisuoi dodicimila svizzeri: alla qual cosa benché il baglídi Digiuno e gli altri mandati dal re di Franciacon grande instanzasi opponessinonelle diete di quella nazioneriducendo in memoriala confederazione continuata tanti anni co' re di Francia econfermata poco innanzi con questo medesimo rel'utilità chene era pervenuta negli uomini loroe da altra parte l'inimiciziainveterata con la casa di Austria e la grave guerra avuta conMassimilianoe quanto fusse perniciosa a loro la grandezza delloimperionondimeno mostravano non piccola inclinazione di sodisfarealle dimande di Cesareo almeno di non pigliare l'armi contro a lui;avendosecondo si credevarispetto a non offendere il nome comunedella Germaniail quale pareva pure annesso a questo movimento. Ondemolti dubitavano che il re di Franciain caso fusse abbandonato da'svizzeri o non si unissino seco i vinizianinon avendo fanteriapotente a resistere a' fanti degli inimicie sperando che il furoretedescoentrato in Italia come uno torrentes'avesse per mancamentodi danari prestamente a risolverefarebbe ritirare le genti sue allaguardia delle terre. E già si vedeva che con grandissimacelerità si fortificavano i borghi di Milano e gli altriluoghi piú importanti di quello ducato.

 

Cap.x

Timoride' veneziani. Discussione intorno alla politica da seguire.Deliberazioni prese e risposta agli ambasciatori di Massimiliano.

Nellequali agitazioni e apparati non era minore perplessità nellementi del senato viniziano che negli altrie per essere digrandissimo momento la loro deliberazionegrandissime erano lediligenze e l'opere che si facevano da ciascuno per congiugnergli asé. Perché Cesare v'aveva insino da principio mandatotre oratoriuomini di grande autoritàa fare instanza chegli concedessino il passo per il territorio loro; anzinon contentoa questa dimandagl'invitava a fare seco piú strettacongiunzione con patto che partecipassino de' premi della vittoriaeper contrario dimostrando essere in facoltà sua di concordarsicol re di Franciacon quelle condizioni a pregiudicio loro che tantevolte in diversi tempi gli erano state proposte: da altra parte il redi Franciacon gli imbasciadori suoi appresso a quel senato e con loimbasciadore viniziano che risedeva appresso a luinon cessava difare ogni opera per disporgli a opporsi con l'armi alla venuta diCesarecome perniciosa a l'uno e l'altroofferendo al medesimotutte le forze sue e di conservare con loro perpetua confederazione.Ma non piaceva al senato vinizianoin questo tempoche la quieted'Italia si perturbasse; né gli moveva a desiderare nuovitumulti la speranza proposta della ampliazione dello imperioavendoper la esperienza conosciuto che l'acquisto di Cremona non eracontrapeso pari a' sospetti e pericoli ne' quali erano continuamentestatipoiché avevano avuto il re di Francia tanto vicino.Volentieri si sarebbano risoluti alla neutralitàma stretti einfestati da Cesare erano necessitati a negargli o concedergli ilpasso: negandolo temevano di essere i primi molestaticoncedendolooffendevano il re di Franciaperché nella confederazione cheera tra loro espressamente si proibiva il concedere passo agliinimici l'uno dell'altro; e conoscevano checominciando aoffenderlosarebbe imprudenzapassato che fusse Massimilianostareoziosi a vedere l'esito della guerrae aspettare la vittoria dicoloro de' quali l'uno sarebbe inimicissimo al nome vinizianol'altronon avendo ricevuto altra sodisfazione che d'essere lasciatopassarenon sarebbe loro molto amico. Per le quali ragioni ciascunodi quel senato affermava essere necessario aderirsi scopertamente auna delle partima a quale si avessino a aderire erano in causatanto grave molto diverse le sentenze; e poiché ebbenoallungato il farne deliberazione quanto potevanonon si potendo piúsostenere la instanza che ogni dí ne era loro fattaridottisifinalmente a farne nel consiglio de' pregati ultima determinazioneNiccolò Foscarini parlò in questa sentenza:

-Se e' fusse in nostra potestàprestantissimi senatoridifare deliberazione mediante la qualene' movimenti e travagli cheora si apparecchianosi conservasse in pace la nostra republicaiosono certissimo che tra noi non sarebbe varietà alcuna dipareri; e che nessuna speranza che ci fusse proposta ci farebbeinclinare a una guerra di tanta spesa e pericolo quanta si dimostraavere a essere la presente. Ma poichéper le ragioni le qualiin questi dí sono state tante volte allegate tra noinon sipuò sperare di conservarsi in questa quieteio mi persuadoche la principale ragione in su la quale abbiamo a fondare la nostradeliberazione sia il fermare una volta in noi medesimise noicrediamo che tra il re di Francia e il re de' romanidisperato chesarà dell'amicizia nostrasia per nascere unioneo se purel'inimicizia che è tra loro sia sí potente e síferma che impedisca non si congiunghino: perché quando fussimosicuri di questo pericoloio senza dubbio approverei il non partiredall'amicizia del re di Franciaperché congiunte con buonafede le forze nostre con le sue alla difesa comune difenderemmofacilmente lo stato nostroe perché sarebbe con piúonore continuare la confederazione che abbiamo seco che partircenesenza evidente cagionee perché con piú laude e favoredi tutto il mondo sarebbe l'entrare in una guerra che avesse titolodi volere conservare la pace d'Italia che congiugnersi con quellearmi che manifestamente si conosce che si prendono per faregrandissime perturbazioni; ma quando si presupponesse pericolo diquesta unionenon credo che sia nessuno che negasse che fusse daprevenireperché sarebbe senza comparazione piú utileunirsi col re de' romani contro al re di Francia che aspettare chel'uno e l'altro si unisse contro a noi. Ma quale di questo abbia aessere è difficile fare giudicio certoperché dependenon solo dalle volontà d'altri ma ancora da molti accidenti eda molte cagioni che appena lasciano questa deliberazione in potestàdi chi l'ha a fare: nondimenoper quel che si può asseguirecon le congetturee per quello che del futuro insegna l'esperienzadel passatoa me pare sia cosa molto pericolosa e da starne congrandissimo timore. Perché dalla parte del re de' romani non èverisimile che abbia avere molta difficoltàper l'ardentedesiderio che gli ha di passare in Italia; e poterlo difficilmentefare se non si congiugne o col re di Francia o con noi: e se benedesideri piú la congiunzione nostrachi può dubitareche escluso da noi si congiugnerà per necessità col redi Francia? non gli restando altro modo da pervenire a i disegnisuoi. Dalla parte del re di Francia appariscono a questa unionemaggiori difficoltàma non però a giudicio mio taliche possiamo promettercene sicurezza alcuna; perché a questadeliberazione lo possono indurre il sospetto e l'ambizionestimolipotentissimie soliti ciascuno per sé a fare movimenti moltomaggiori. Ègli nota l'instanza che fa il re de' romani dellanostra unione; e benché falsamentepure misurando la mente egli appetiti nostri da se stessopuò dubitare che lasuspicione che noi abbiamo di non essere prevenuti da lui ci induca apreveniresapendo massime esserci noto quel che tanto tempo hannotrattato insieme contro a noi: può ancora temere chel'ambizione ci muovaperché non dubiterà esserciofferti partiti grandissimi; e da questo timore che mezzo èbastante ad assicurarlo? non essendo cosa alcuna naturalmente piúsospettosa che gli stati. Può oltre al sospetto muoverlol'ambizioneper il desiderio che sappiamo che ha della cittàdi Cremonaaccendendolo a questo gli stimoli de' milanesie nonmeno lo appetito di occupare tutto lo stato vecchio de' Viscontinelquale come nel resto del ducato di Milano pretende titolo ereditario;e a questo non può sperare di pervenire se non si unisce colre de' romaniperché la republica nostra è potente perse medesimae assaltandoci il re di Francia da sé solosarebbe sempre in potestà nostra congiugnerci conMassimiliano: e che questi pensieri possino essere anzi sempre sienostati in luine fa fede manifesta che mai ha ardito di tentared'opprimerci senza questa unione; la quale essendo il cammino unicoche può condurlo al fine desideratoperché nondobbiamo noi credere che finalmente vi si abbia a disporre? Néci assicuri da questo timore il considerare che a lui sarebbe inutiledeliberazioneper acquistare due o tre cittàmettere inItalia il re de' romani inimico naturale suoe dal quale sempre allafine arà molestie e guerre né mai amicizia se nonincertae che cosí incerta gli bisognerà comperare esostenere con somma infinita di denari: perchése ha sospettoche noi non ci uniamo col re de' romanigli parrà che ilprevenire non lo metta in pericolo ma lo assicuri; anziquando benenon temesse di questa unionegiudicherà forse necessarioconfederarsi seco per liberarsi dai travagli e pericoli che potesseavere da luio con l'aiuto della Germania o con altre aderenze eoccasioni; e con tutto che potessino succedergli maggiori pericoli seil re de' romani cominciasse a fermare piede in Italiaènatura comune degli uomini temere prima i pericoli piú vicinie stimare piú che non conviene le cose presentie tenereminore conto che non si debbe delle future e lontaneperché aquelle si possono sperare molti rimedi dagli accidenti e dal tempo.Dipoiquando bene il fare questa unione non fusse utile per il re diFrancianon siamo però sicuri che egli non l'abbia a fare.Non sappiamo noi quanto ora la paura ora la cupidità acciecanogli uomini? non conosciamo noi la natura de' franzesileggieri aimprese nuovee che non hanno mai la speranza minore del desiderio?non ci sono noti i conforti e l'offertebastanti ad accendere ognianimo quietocon le quali è stimolato contro a noi da'milanesi dal papa da' fiorentini dal duca di Ferrara e dal marchesedi Mantova? Gli uomini non sono tutti savianzi sono pochissimi isavi; e chi ha a fare pronostico delle deliberazioni d'altri debbenon si volendo ingannareavere in considerazione non tanto quelloche verisimilmente farebbe uno savio quanto quale sia il cervello ela natura di chi ha a deliberare. Peròchi vuole giudicarequello che farà il re di Francianon avvertirà tanto aquello che sarebbe ufficio della prudenza quanto che i franzesi sonoinquieti e leggierie soliti a procedere spesso piú concaldezza che con consiglio. Considererà quali sieno le naturede' príncipi grandiche non sono simili alle nostrenéresistono sí facilmente agli appetiti loro come fanno gliuomini privati; perché assuefatti a essere adorati ne' regnisuoie intesi e ubbiditi a cenninon solo sono elati e insolenti manon possono tollerare di non ottenere quello che gli pare giusto (egiusto pare ciò che desiderano)persuadendosi di poterespianare con una parola tutti gli impedimenti e superare la naturadelle cose; anzi si recono a vergogna il ritirarsi per le difficoltàdalle loro inclinazionie misurano comunemente le cose maggiori conquelle regole con le quali sono consueti a procedere nelle minoriconsigliandosi non con la prudenza e con la ragione ma con la volontàe alterezza: de' quali vizi comuni a tutti i príncipinonsarà già alcuno che dica che i franzesi nonpartecipino. Non vedemmo noi frescamente l'esempio del regno diNapoli? che dal re di Franciaindotto da ambizione e dainconsiderazionefu consentita la metà al re di Spagna peravere egli l'altra metà; non pensando quanto indebolisse lasua potenzaunica prima tra tutti gl'italianiil mettere in Italiaun altro reeguale a lui di potenza e d'autorità. Ma cheandiamo noi per congetture in quelle cose delle quali abbiamo lacertezza? Non è egli cosa notissima quel che trattò ilcardinale di Roanocon questo medesimo Massimilianoa Trentodidividersi il nostro stato? non si sa egli che poi a Bles fu conchiusatra loro la medesima praticae che 'l medesimo cardinaleandato inGermania per questone riportò la ratificazione e ilgiuramento di Cesare? Non ebbono effetto questi accordiio loconfessoper qualche difficoltà che sopravenne; ma chi ciassicurache poiché la intenzione principale è statala medesimache non si possi trovare mezzo alle difficoltàche hanno disturbato il desiderio comune? Però consideratediligentementedignissimi senatorii pericoli imminentie ilcarico e infamia che appresso a tutto il mondo oscurerà ilnome chiarissimo della prudenza di questo senato semisurando malela condizione delle cose presentipermetteremo che altri si facciaformidabilea offesa nostradi quell'armi che ci sono offerte asicurtà e augumento nostro; e vogliatein beneficio dellapatria vostraconsiderare quanta differenza sia dal muovere laguerra ad altri ad aspettare che la sia mossa a noitrattare didividere lo stato d'altri o aspettare che sia diviso il nostroessere accompagnati contro a uno solo o rimanere soli contro a molticompagni: perché se questi due re si uniscono insieme contro anoi gli seguiterà il pontefice per conto delle terre diRomagnail re d'Aragona per i porti del reame di Napolie tuttaItaliachi per ricuperare chi per assicurarsi. È noto a tuttoil mondo quel che tanti anni ha trattato il re di Francia con Cesarecontro a noi: però se ci armeremo contr'a chi ci ha volutoingannare niuno ci chiamerà mancatori di fedeniuno se nemaraviglieràma da tutti saremo riputati prudenti; e connostra somma laude sarà veduto in pericolo chi si sa perciascuno che ha cercato fraudolentemente mettervi noi. -

Main contrario fu per [Andrea Gritti] parlato cosí:

-Se e' fusse conveniente in una medesima materia rendere sempre ilvoto nel bossolo de' non sinceriio vi confessoclarissimisenatoriche io in altro bossolo non lo renderei; perchéquesta consultazione ha da ogni parte tante ragioni che io spesso miconfondo: nondimenoessendo necessario il risolversinépotendo farsi con fondamenti o presuppositi certibisognapesate leragioni che contradicono l'una a l'altraseguitare quelle che sonopiú verisimili e che hanno piú potenti congetture. Lequali quando io esaminonon mi può in modo alcuno esserecapace che il re di Franciao per sospetto di non essere prevenutoda noi o per cupidità di quelle terre che appartenevano giàal ducato di Milanosi accordi col re de' romani a farlo passare inItalia contro a noiperché i pericoli e i danni che glieneseguiterebbono sono senza dubbio maggiori e piú manifesti chenon è il pericolo che noi ci uniamo con Cesareo che non sonoi premi che e' potesse sperare di questa deliberazione; atteso cheoltre alle inimicizie e ingiurie gravissime che sono tra loroci èla concorrenza della dignità e degli statisolita a generareodio tra quegli che sono amicissimi. Peròche il re diFrancia chiami in Italia il re de' romaninon vuole dire altro chein luogo d'una republica quieta e stata sempre in pace secoe chenon pretende con lui alcuna differenzavolere per vicino uno reingiuriatoinquietissimoe che ha mille cause di contendere secod'autoritàdi stato e di vendetta. Né sia chi dica cheper essere il re de' romani poverodisordinato e mal fortunatononsarà temuta dal re di Francia la sua vicinità; perchéper la memoria delle antiche fazioni e inclinazioni d'Italialequali ancora in molti luoghi sono accesee specialmente nel ducatodi Milanonon arà mai uno imperadore romano sí piccolonidio in Italia che non sia con grave pericolo degli altri; e costuimassimamenteper lo stato che ha contiguo a Italiaper essereriputato principe di grande animo e di grande scienza ed esperienzanelle cose della guerrae perché può avere seco ifigliuoli di Lodovico Sforzainstrumento potente a sollevare glianimi di molti: senza chein ogni guerra che avesse col re diFrancia può sperare d'avere l'aderenza del re cattolicosenon per altroperché tutti due hanno una medesimasuccessione. Sa pure il re di Francia quanto è potente laGermaniae quanto sarà piú facile a unirsitutta opartequando sarà già aperto l'adito in Italiae lasperanza della preda sarà presente. E non abbiamo noi vedutoquanto egli ha temuto sempre de' moti de' tedeschi e di questo recosí povero e disordinato come è? il quale se fusse inItaliasarebbe certo non potere avere altro seco che o guerrapericolosa o pace infedelissima e di grandissima spesa. Puòessere che abbia desiderio di recuperare Cremonae forse l'altreterre; ma non è già verisimile che per cupiditàdi acquisto minore si sottoponga a pericolo di danno molto maggioreed è piú credibile che abbia a procedere in questo casocon prudenza che con temerità: massimamente chese noidiscorriamo gli errori i quali si dice avere commessi questo renonhanno avuto origine da altro che da troppo desiderio di fare leimprese sicuramente. Perchéche altro lo indusse al dividereil regno di Napoliche altro a consentire Cremona a noise non ilvolere fare piú facile la vittoria di quelle guerre? Dunque èpiú credibile chemedesimamente oraseguiterà iconsigli piú savi e la sua consuetudine che i consigliprecipitosi; massime che per questo non resterà privato altutto di speranza di potere ad altro tempocon sicurtàmaggiore e con occasione miglioreconseguire lo intento suo: coseche gli uomini sogliono promettersi facilmenteperché mancoerra chi si promette variazione nelle cose del mondo che chi se lepersuade ferme e stabili. Né mi spaventa quello che si diceessere stato altre volte trattato tra questi due reperché ècostume de' príncipi della nostra età intrattenereartificiosamente l'uno l'altro con speranze vane e con simulatepratiche; le qualipoiché in tanti anni non hanno avutoeffettobisogna confessare o che siano state finzioni o che abbinoin sé qualche difficoltà che non si possa risolvere:perché la natura delle cose repugna a levare la diffidenza tralorosenza il quale fondamento non possono venire a questacongiunzione. Non temo adunque che per cupidità delle nostreterre il re di Francia si precipiti a sí imprudentedeliberazione; e mancoa mio giudiziovi si precipiterà persospetto che abbia di noiperché oltre alla esperienza lungache ha veduto dell'animo nostronon ci essendo mancati molti stimolie molte occasioni di partirci dalla sua confederazionele ragionimedesime che assicurano noi di lui assicurano medesimamente lui dinoi; perché nessuna cosa ci sarebbe piú perniciosa chel'avere il re de' romani stato in Italiasí per l'autoritàdell'imperiol'augumento del quale ci ha sempre a essere sospettosí per conto della casa d'Austria che pretende ragione inmolte terre nostresí per la vicinità della Germaniale inondazioni della quale sono troppo pericolose al nostro dominio:e abbiamo pure nome per tutto di maturare le nostre deliberazioniepeccare piú tosto in tardità che in prestezza. Non negoche queste cose possono succedere diversamente dalla opinione degliuominie peròche quando si potesse facilmente assicurarsenesarebbe cosa laudabile; ma non si potendosenza entrare ingrandissimi pericoli e difficoltàè da considerare chespesso sono cosí nocivi i timori vani come sia nociva latroppa confidenza: perchése noi ci confederiamo col re de'romani contro al re di Franciabisogna che la guerra si cominci e sisostenga co' danari nostrico' quali aremo a supplire eziandio atutte le prodigalità e disordini suoi; altrimenti o siaccorderà con gl'inimici o si ritirerà in Germanialasciando a noi soli tutti i pesi e pericoli. Arassi a fare la guerracontro a uno re di Francia potentissimoduca di Milanosignore diGenovaabbondante di valorose genti d'armee instruttoquantoalcuno altro principedi artiglierie; e al nome de' danari del qualeconcorrono i fanti di qualunque nazione. Come adunque si puòsperare che tale impresa abbia facilmente ad avere successo felice?potendosi anche non vanamente dubitare che tutti quegli d'Italia cheo pretendono che noi occupiamo il suo o che temono la nostragrandezza si uniranno contro a noi; e il pontefice sopra gli altrial qualeoltre agli sdegni che ha con noinon piacerà mai lapotenza dello imperadore in Italiaper la inimicizia naturale che ètra la Chiesa e lo imperioper la quale i pontefici non temono mancodegli imperadori nelle cose temporali che e' temino de' turchi nellespirituali. E questa congiunzione ci sarebbe forse piúpericolosa che non sarebbe quella di che si teme tra il re di Franciae il re de' romaniperché dove si accompagnano piúpríncipi che pretendono d'essere pari nascono facilmente traloro sospetti e contenzioni; donde spesso le impresecominciate congrandissima riputazionecaggiono in molte difficoltàefinalmente diventano vane. Né è da mettere in ultimaconsiderazione chequando bene il re di Francia abbia tenutepratiche contrarie alla nostra confederazionenon si sono peròveduti effetti per i quali si possa dire averci mancato: peròil pigliargli guerra contro non sarà senza nota di maculare lanostra fededella quale questo senato debbe fare precipuo capitaleper l'onore e per l'utilità de' maneggi che tutto díabbiamo avere con gli altri príncipi; né ci èutile augumentare continuamente l'opinione che noi cerchiamo diopprimere sempre tutti i viciniche noi aspiriamo alla monarchiad'Italia. Volesse Dio che per l'addietro si fusse proceduto in questocon maggiore considerazione! perché quasi tutti i sospetti chenoi abbiamo al presente procedono dall'avere per il passato offesitroppi; né si crederà che a una nuova guerra contro alre di Francianostro collegatoci tiri il timore ma la cupiditàdi ottenerecongiugnendoci col re de' romaniuna parte del ducatodi Milano contro a luicome congiunti seco ottenemmo contro aLodovico Sforza: al quale tempo se ci fussimo governati con piúmoderazionené temuto troppo i sospetti vaninon sarebbanole cose d'Italia nelle presenti agitazionie noiconservatici confama di piú modestia e gravitànon saremmo oranecessitati a entrare in guerra con questo o con quello principe piúpotenti di noi. Nella quale necessità poiché siamocredo sia piú prudenza non partire dalla confederazione del redi Francia chemossi da timore vano o da speranza di guadagniincerti e dannosiabbracciare una guerra la quale soli non saremmopotenti a sosteneree i compagni che noi aremmo ci sarebbano allafine di maggiore peso che profitto. -

Varifurono in tanta varietà di ragioni i pareri del senato; maalla fine prevalse la memoria della inclinazione la quale sapevanoavere sempre avuta il re de' romani di recuperarecome n'avesseoccasionele terre tenute da loroquali pretendeva appartenersi oallo imperio o alla casa d'Austria: però fu la lorodeliberazione di concedergli il passo venendo senza esercitonegargliene se venisse con armi. La quale conclusionenella rispostafeciono a' suoi oratorisi sforzorono di persuadere quanto potettonoche fusse mossa piú da necessitàper la confederazioneche avevano col re di Franciae dalle condizioni de' tempi presentiche da volontà che avessino di dispiacergli in cosa alcuna:aggiugnendo essere sforzati dalla medesima confederazione di aiutarloalla difesa del ducato di Milano col numero di gente espresso inquellama che in questo procederebbono con somma modestianontrapassando in parte alcuna le loro obligazioni; ed eccettuato quelloche fussino costretti di fare in questo modo per la difesa del ducatodi Milanonon si opporrebbono ad alcuno altro progresso suo; comequegli che non eranoin quel che consistesse in potestà loroper mancare mai di quegli uffici e di quella reverenza che convenisseal senato viniziano di usare verso uno tanto principee col qualenon avevano mai avuto altro che amicizia e congiunzione. Néper questo procederono col re di Francia a nuove confederazioni eobligazionidesiderando mescolarsi il meno potevano nella guerra traloroe sperando che forse Massimilianoper non si accresceredifficoltàlasciati stare in pace i confini lorovolterebbel'armi sue o nella Borgogna o contro allo stato di Milano.

 

Cap.xi

Difficoltàdi Massimiliano. I preparativi suoiquelli del re di Francia equelli dei veneziani. Fallita spedizione di fuorusciti genovesicontro Genova. Lamentele reciproche fra il re di Francia e ilpontefice. Fallito tentativo de' Bentivoglio di ricuperare Bologna;morte di Giovanni Bentivoglio.

Maal re de' romanirimasto senza speranza d'avere i vinizianicongiunti secocominciorono a succedere nuove altre difficoltà;le quali benché si ingegnasse superare con la grandezza de'suoi concettifacili a promettersi sempre maggiori le speranze chegli impedimentinondimeno ritardavano grandemente gli effetti de'suoi disegni; perché né per se medesimo aveva danariche gli bastassino a condurre i svizzeri e fare tante altre spese cheerano necessarie a tanta impresané il sussidio pecuniarioche gli aveva promesso la dieta era tale che potesse supplire a unaminima parte della voragine della guerra; e quello fondamento in sulqualeinsino da principioaveva sperato assaiche le comunitàe i signori d'Italia avessinoper il terrore del nome e della venutasuaa comporre seco e sovvenirlo di danarisi andava ogni dípiú difficultando. Perché se bene nel principio vifussino stati inclinati moltinondimenonon avendo corrisposto leconclusioni della dieta di Gostanza alla espettazione che la impresaavesse a essere piú presto di tutto lo imperio e di quasitutta la Germania che sua propriae vedendosi le preparazioni del redi Francia potentie la nuova dichiarazione de' vinizianiciascunostava sospesoné ardivaaiutandolo di quella cosa dellaquale aveva piú di bisognofare offesa sí grave al redi Francia; né le dimande di Massimiliano eranonel tempo chesi ebbe maggiore spavento di luistate taliche con la sua facilitàavessino indotto gli uomini a sovvenirlo. Perché e a ciascunosecondo le sue condizionidimandava assai; e ad Alfonso duca diFerrarail quale pretendeva essere debitore a Bianca sua mogliedella dote di Anna sua sorellamorta molti anni innanzi nelmatrimonio di Alfonsofaceva dimande molto eccessive; e a'fiorentini intollerabili: a' quali il cardinale brissinensechetrattava a Roma le cose sueessendogli da lui stata rimessa lapratica della loro composizioneaveva dimandato ducaticinquecentomila; la quale dimanda immoderata gli fece fermare inquesta resoluzione di temporeggiare seco insino a tanto che de'progressi suoi non si vedesse piú oltree nondimenoavendorispetto a non l'offenderescusarsi col re di Franciache dimandavale genti loronon potergliene dare perché erano occupate nelguasto che con grande apparato si dava quello anno a' pisanieperchéavendo cominciato di nuovo i genovesi e gli altrivicini ad aiutarglierano necessitati a stare continuamentepreparati contro a loro. Perònon potendo Cesare aiutarsisecondo aveva disegnatode' denari degl'italianiperchésolamente ebbe da' sanesi seimila ducatifece instanza col ponteficeche almanco gli concedesse di pigliare centomila ducati i qualiriscossi prima in Germania sotto nome della guerra contro a' turchied essendo a questo effetto custoditi in quella provincianon sipotevano senza licenza della sedia apostolica in altro usoconvertire; offerendoche se bene non poteva sodisfare alle dimandesue di non passare in Italia con esercitonondimeno checome avesserestituiti nel ducato di Milano i figliuoli di Lodovico Sforzailpatrocinio de' quali pretendevaper farsi i popoli di quello statopiú favorevoli e manco esosa la passata sualasciate quivitutte le gentiandrebbe senza armi a Roma a ricevere la corona delloimperio. Ma gli fu similmente negata questa dimanda dal ponteficeilquale non si vedeva inclinare in parte alcunadimostrandogli che inquesto stato delle cose non poteva senza molto suo pericolo provocarel'armi del re di Francia contro a sé. Nondimeno Massimilianocostituito in queste difficoltàcome era sollecitoconfidentee che con fatica incredibile voleva eseguire da semedesimonon ometteva alcuna di quelle cose che conservassino lafama della passata sua; inviando in piú luoghi a' confinid'Italia artiglieriesollecitando la pratica del condurre idodicimila svizzerii quali interponendo varie dimande e proponendomolte eccezioni non gli davano ancora certa resoluzionesollecitandole genti promessee trasferendosi personalmente ogni dí dauno luogo a uno altro per diverse espedizioni: in modo chestandogli uomini molto confusierano per tutta Italiaquanto mai fussinoin cosa alcunavari i giudíci; avendo altri maggiore concettoche mai di questa impresaaltri pensando che andasse piúpresto a diminuzione che ad augumento. La quale incertitudineaccresceva egliperchésegretissimo di naturanoncomunicava ad altri i suoi pensieri; e perché fussino manconoti in Italia aveva ordinato che il legato del pontefice e gli altriitaliani non seguitassino la persona suama stessino appartati inluogo fermo fuori della corte.

Giàera venuta la festività di san Gallotermine destinato allacongregazione delle gentima non se ne era condotta a Gostanza altroche piccola partené si vedevano quasi altri apparati di luiche movimenti d'artiglierie e l'attendere egli con somma diligenza afare provisioni di danari per diverse vie. Onde essendo incerto conquali forzee in quale tempo e da quale parte avesse a muoversi (oentrare nel Friuli o da Trento nel veronesealtri credendo che perla Savoia o per la via di Como assalterebbe il ducato di Milanoessendo seco molti fuorusciti di quello statoné standosisenza dubitazione che non facesse qualche movimento nella Borgogna)si facevano da quelli che temevano di lui potenti provisioni indiversi luoghi. Però il re di Francia aveva mandato nel ducatodi Milano numero grande di genti a cavallo e a piedie soldatooltre all'altre preparazioniper difesa di quello statonel reamedi Napolicon permissione del re cattolico (contro a cui Cesare perquesto gravissimamente si lamentò) dumila cinquecento fantispagnuoli; avendo nel tempo medesimo Ciamontedubitando della fededel cavaliere de' Borromeioccupato all'improviso Aronacastello diquella famiglia in sul Lago Maggiore. In Borgogna avea mandatocinquecento lancie sotto la Tramoglia governatore di quellaprovincia; e per distrarre in piú parti i pensieri e le forzedi Cesare dava continuamente aiuti e fomento al duca di Ghelleriilquale molestava il paese di Carlo nipote di Cesare. Aveva oltre aquesto mandato a Verona Giaiacopo da Triulzicon quattrocento lanciefranzesi e quattromila fantiin soccorso de' viniziani; i qualiaveano fermatoverso Roveréper opporsi a' movimenti che sifacevano di verso Trentoil conte di Pitigliano con quattrocentouomini d'arme e molti fantie nel Friuli ottocento uomini d'armesotto Bartolomeo d'Alvianoritornato piú anni innanzi aglistipendi loro.

Masi dimostrò da parte non pensata il primo pericoloperchéPolbatista Giustiniano e Fregosinofuorusciti di Genovacondussenoa Gazzuoloterra di Lodovico da Gonzaga feudatario imperialemillefanti tedeschii quali passorno all'improviso con grandissimacelerità per monti e luoghi asprissimi del dominio vinizianocon intenzione di andarepassato il fiume del Poper la montagna diParma verso Genova; ma Ciamontesospettandonemandò subito aParmaper opporsi loro nel camminomolti cavalli e fanti: per lavenuta de' quali i tedeschiperduta la speranza che contro a Genovapotesse piú succedere effetto alcunose ne ritornorono inGermaniaper la medesima via ma non col medesimo timore e celeritàperché i vinizianiper beneficio comuneconsentironotacitamente il ritorno loro.

Eranonel tempo medesimo molti fuorusciti genovesi nella città diBolognae perciò il re ebbe dubitazione non mediocre chequesta cosa fusse stata trattata con saputa del pontefice; dell'animodel quale molte altre cose gli davano sospetto: perché ilcardinale di Santa Croce confortavabenché piú perpropria inclinazione che per altra cagioneCesare a passare; edessendo accaduto che i fuorusciti di Furlímovendosi daFaenzaavevano tentato una notte di entrare in Furlíilpontefice si querelava essere consiglio comunicato tra 'l re diFrancia e i viniziani. Aggiugnevasi che un certo frate incarcerato aMantova avea confessato avere trattato co' Bentivogli di avvelenareil ponteficee che per parte di Ciamonte era stato confortato a farequanto avea promesso a' Bentivogli; onde il ponteficeridotta informa autentica la esaminamandò con essa al re Achille de'Grassi bolognesevescovo di Pesero che fu poi cardinalea fareinstanza che si ritrovasse la verità e si punissino quegli cheerano in colpa di tanta sceleratezza: della qual cosa essendosospetto piú che gli altri Alessandro Bentivoglifu percommissione del re citato in Francia.

Conqueste azioni e incertitudini si finí l'anno mille cinquecentosette. Ma nel principio dell'anno mille cinquecento ottonon potendoquietarsi gli ingegni mobili de' bolognesiAnnibale ed ErmesBentivogliavendo intelligenza con certi giovani de' Peppoli e altrinobili della gioventúsi accostorono allo improviso aBologna; il quale movimento non fu senza pericolo perché icongiurati avevano giàper mettergli dentrooccupato laporta di san Mammolo: ma essendosi il popolo messo in arme in favoredello stato ecclesiasticoi giovani spaventati abbandonorono laportae i Bentivogli si ritirorno. Il quale insulto mitigòpiú tosto che accendesse l'animo del pontefice contro al re diFrancia; perché il redimostrando essergli molestissimoquesto insultocomandò a Ciamonte che qualunque volta fussedi bisogno soccorresse con tutte le genti d'arme alle cose diBolognané permettesse che i Bentivogli fussino piúricettati in parte alcuna del ducato di Milano. De' quali era inquegli dí morto Giovanni per dolore di animonon assuetoinnanzi fusse cacciato di Bolognaa sentire l'acerbità dellafortunaessendo stato primalungo tempofelicissimo di tutti itiranni d'Italia ed esempio di prospera fortuna; perché inspazio di quaranta anni ne' quali dominò ad arbitrio suoBologna (nel qual temponon che altronon sentí mai morte dialcuno de' suoi) aveva sempre avutoper sé e per i figliuolicondotte provisioni e grandissimi onori da tutti i príncipid'Italiae liberatosi sempre con grandissima facilità datutte le cose che se gli erano dimostrate pericolose: della qualefelicità pareva che principalmente fusse debitore allafortunaoltre alla opportunità del sito di quella cittàperché secondo il giudicio comune non gli era attribuita laudené di ingegno né di prudenza né di valoreeccellente.

 

Cap.xii

Primeazioni di Massimiliano contro i veneziani. Castelli veneziani presidalle sue milizie. Vittoria dell'Alviano sui tedeschi e suoi successinel Friuli; presa di Triestedi Fiume e di Postumia. Vicende dellalotta nel Trentino. Tregua fra Massimiliano e i veneziani.

Nelprincipio dell'anno medesimo Cesarenon volendo piú differireil muovere delle armimandò uno araldo a Verona a notificaredi volere passare in Italia per la corona imperialee dimandarealloggiamento per quattromila cavalli; alla qual cosa i rettori diVeronaconsultata prima a Vinegia questa dimandagli fecionorisposta che se la passata sua non avesse altra cagione che il volereincoronarsi sarebbe onorato da loro sommamentema apparire glieffetti diversi da quello che proponevapoiché aveva condottoa' loro confini tanto apparato d'armi e d'artiglierie: peròvenuto a Trento per dare principio alla guerrafece fare il terzo dídi febbraio una solenne processionedove andò in personaavendo innanzi a sé gli araldi imperiali e la spada imperialenuda; nel progresso della quale Matteo Lango suo segretarioche fupoi vescovo Gurgensesalito in su uno eminente tribunalepublicòin nome di Cesare la deliberazione di passare ostilmente in Italianominandolo non piú re de' romani ma eletto imperadoresecondo hanno consuetudine di nominarsi i re de' romani quandovengono per la corona: e avendo il dí medesimo proibito che diTrento non uscisse alcunofatto fare quantità grande di panee di ripari e gabbioni di legnamee inviato per il fiume dello Adicemolti foderi carichi di provisioniuscí la notte seguentepoco avanti il giornodi Trento con mille cinquecento cavalli equattromila fantinon di genti dategli dalla dieta ma delle propriedella corte e degli stati suoi; dirizzandosi al cammino che perquelle montagne riesce a Vicenza. E nel medesimo tempo uscíverso Roveré il marchese di Brandiborgo con cinquecentocavalli e dumila fanti pure de' medesimi paesi. Tornò ilseguente dí Brandiborgonon avendo fatto altro effetto chepresentatosi a Roveré e dimandato invano d'essere alloggiatodentro; ma Cesareentrato nella montagna di Siagole radici dellaquale si approssimano a dodici miglia a Vicenzapigliate le terrede' Sette Comuniche cosí denominati abitano nella sommitàdella montagna con molte esenzioni e privilegi de' vinizianiespianate molte tagliate che per difendersi e impedirgli il camminoavevano fattevi condusse alcuni pezzi d'artiglieria: dondeaspettandosi a ogn'ora piú prosperi successiil quarto díche era partito da Trentoritornò subito a Bolzanoterra piúlontana che Trento da' confini d'Italia; avendo ripieno di sommostuporeper tanta o inconsiderazione o incostanzagli animi diciascuno. Eccitò questo principio tanto debole gli animi de'viniziani; e peròavendo già soldato molti fantichiamorno a Roveré le genti franzesi che col Triulzio erano aVeronae cominciate a fare maggiori preparazioni stimolavano il redi Francia a fare il medesimo: il quale venendo verso Italia inviavainnanzi a sé cinquemila svizzeri pagati da lui e tremila chesi pagavano da' viniziani; perché quella nazionenon avendopotuto Massimiliano dargli danarisi era senza rispetto voltatafinalmente agli stipendi del re. E nondimeno non vollono i svizzeripoiché furono mossi e pagatiandare nel dominio vinizianoallegando non volere servire contro a Cesare in altro che nelladifesa dello stato di Milano.

Maggioremovimentoma con evento piú infelice e destinato a dareprincipio a cose molto maggiorifu suscitato nel Friulidove perordine di Cesare passorono per la via de' monti quattrocento cavallie cinquemila fantigente tutta comandata del contado suo di Tiruolo;i quali entrati nella valle di Cadoro presono il castello e lafortezzaove era piccola guardiainsieme con l'offiziale de'viniziani che vi era dentro: la quale cosa intesa a Vinegiacomandorono all'Alviano e a Giorgio Cornaro proveditoreche eranonel vicentinoche andassino subito al soccorso di quel paese; e pertravagliare ancora loro gl'inimici da quella partemandorno versoTriesti quattro galee sottili e altri navili. E nel tempo medesimoMassimilianoche da Bolzano era andato a Brunechvoltatosi alcammino del Friuliper la comodità de' passi e de' paesi piúlarghicon seimila fanti comandati del paesescorse per certe vallipiú di quaranta miglia dentro a' confini de' viniziani; epresa la valle di Codauro onde si va verso Trevigie lasciatosiaddietro il castello di Bostauro che era già del patriarcatod'Aquileaprese il castello di San Martinoil castel della Pieve ela valle Conelogodove erano a guardia i conti Savignanie altriluoghi vicini: e fatto questo progressodegno piú tosto dipiccolo capitano che di relasciato ordine che quelle gentiandassino verso il trevigianosi ritornò alla fine difebbraio a Spruchper impegnare gioie e fare in altri modiprovisione di danari; de' quali essendo piú tosto dissipatoreche spenditoreniuna quantità bastava a supplire a' bisognisuoi. Ma avendo per il cammino inteso che i svizzeri avevanoaccettati i danari del re di Franciasdegnato contro a loroandòa Olmo città de' svevi per indurre la lega di Svevia a dargliaiutocome altra volta aveva fatto nella guerra contro a' svizzeri:instava ancora con gli elettori perché gli fussino prorogatiper altri sei mesi gli aiuti promessi nella dieta di Gostanza. E neltempo medesimo le genti degli stati suoi che erano restate a Trentoin numero di novemila tra cavalli e fantipresono in tre dí adiscrezioneavendolo prima battuto con l'artiglieriecastelloBaiocoche è a rincontro di Roveré in su la stradadirittaa mano destra da andare da Trento in Italiatramezzandoquello e Roveréche è in sulla mano sinistrail fiumedello Adice.

Mal'Alviano si mosse per soccorrere il Friuli con grandissima celeritàe avendo passato le montagne cariche di neve si condusse in due dípresso a Cadoro; ove aspettati i fantiche non avevano potutopareggiare la sua celeritàoccupò uno passo nonguardato da' tedeschi donde si entra nella valle di Cadoro: per lavenuta del quale preso animo gli uomini del paeseinclinati a staresotto lo imperio vinizianooccuporono gli altri passi della valleonde i tedeschi arebbano avuto facoltà di ritirarsi. I qualivedendosi rinchiusi né avendo altra salute o speranza chenell'armie giudicando che l'Alviano fusse ogni dí peringrossarsise gli feciono con grandissima animositàincontroe non essendo recusato il combattere da lui si cominciòtra l'uno e l'altro di loro asprissima battaglianella quale itedeschiche combattevano ferocemente piú per desiderio dimorire gloriosi che per speranza di salvarsisi erano messi in unogrosso squadrone; e posto in mezzo di loro le donne combatterono congrande impeto per qualche orama non potendo finalmente resistere alnumero e alla virtú degli inimici restorno del tutto vintiessendone morti piú di mille di loro e gli altri restatiprigioni. Dopo la quale vittoria l'Alviano avendo assaltato da duebande la rocca di Cadoro la espugnòove morí CarloMalatestauno de' signori antichi di Riminida uno sasso gittatodalla torre; e seguitando con lo esercito suo l'occasionepresePorto Navonedipoi Cremonsa situata in su uno alto colle: la qualepresaandò a campo a Gorizia situata nelle radici delle AlpiGiulieforte di sito e bene munita e che ha una rocca ardua asalire; e avendo prima preso il ponte di Gorizia e poi piantatel'artiglierie alla terral'ottenne il quarto giorno per accordoperché mancava loro armi acqua e vettovaglie; e presa laterrail castellano e le genti che erano nella roccaavutiquattromila ducatila déttano: dove i viniziani fecionosubito molte fortificazioniperché fusse come unopropugnacolo e uno freno a' turchi a spaventargli a passare il fiumedell'Isonzioperché con l'opportunità di quello luogosi poteva facilmente impedire loro la facoltà del ritirarsi.Presa Gorizial'Alviano andò a campo a Triestila qualecittà nel tempo medesimo era molestata per mare; e la presanofacilmentenon senza dispiacere del re di Franciail qualedissuadeva lo irritare tanto il re de' romanima per essere perl'uso del golfo di Vinegia molto utile a' loro commercied enfiatidalla prosperità della fortunaerono disposti a seguitare ilcorso della vittoria. Peròavuta che ebbono Triesti e laroccapresano Portonon e dipoi Fiumeterra di Schiavonia che èa riscontro di Ancona; la quale terra abbrucioronoperché eraricetto delle navi che senza pagare i dazi posti da loro volevanopassare per il mare Adriatico: e passate poi le AlpipresonoPostonia che è ne' confini della Ungheria.

Questecose si facevano nel Friuli. Ma dalla parte di verso Trentol'esercito tedesco che era venuto a Callianovilla famosa per idanni de' viniziani (perché appresso a quellapoco piúdi venti anni innanziera stato rotto e ammazzato Ruberto da SanSeverinofamosissimo capitano del loro esercito)assaltòtremila fanti de' vinizianiche sotto Iacopo CorsoDionigi di Naldoe Vitello da città di Castello erano a guardia di MonteBrettonico; i qualiancora che fussino assai bene fortificatifuggirono subito in su uno monte vicino: e i tedeschideridendo egiustamente la viltà de' fanti italianiarse molte case espianati i ripari che erano fatti al monteritornorono a Caliano.Dal quale successo invitato il vescovo di Trentoandòcondumila fanti comandati e parte delle genti che erano a Calianoacampo a Riva di Trentocastello posto in sul lago di Gardadove giàil Triulzio aveva mandato sufficiente guardia; e avendo battuta duedí la chiesa di san Francescoe fattamentre vi stavanoqualche correria nelle ville circostanti a Lodronedumila grigioniche erano nel campo tedescosollevatisi per discordia di piccolaimportanza nata ne' pagamentidepredorno le vettovaglie del campo.Onde essendo ogni cosa in disordinee partiti quasi tutti igrigioniil resto dell'esercitoche erano settemila uominifucostretto a ritirarsi: per la levata de' quali scorrendo le gentiviniziane per le ville vicinee andando tremila fanti de' loro adardere certe ville del conte di Agrestofurono messi in fuga daipaesani e mortine circa trecento. Ma essendo per la ritirata de'tedeschi dalla Riva resoluta quasi tutta la gentee i cavallicheerano mille dugentoritiratisi dallo alloggiamento di Caliano inTrentole genti de' vinizianila mattina di pasquaassaltorono laPietraluogo lontano da Trento sei miglia; ma uscendo al soccorsodelle genti che erano in Trentosi ritirorono: e dipoi assaltoronola rocca di Crestapasso di importanzache si arrendéinnanzi vi arrivasse il soccorso che veniva di Trento. Però itedeschiche si erano riordinati di fantiritornorono con millecavalli e seimila fanti allo alloggiamento di Calianodistante peruna balestrata dalla Pietraed essendosi partiti da loro dugentocavalli del duca di Vertimbergi viniziani con quattromila cavalli esedicimila fanti vennono a porsi a campo alla Pietrae vi piantoronosedici pezzi di artiglierie. È la Pietra una rocca situatanella radice di una montagna in su la mano destra a chi va da Roveréa Trentoe da quella si parte uno muro assai forteche camminandoper spazio d'una balestrata si distende insino in su l'Adiceilquale muro ha nel mezzo una porta; e chi non è padrone diquesto passo può con difficoltà offendere la Pietra.Stavano gli eserciti vicini l'uno all'altro a uno miglioavendociascuno a fronte la rocca e il muroe da uno de' fianchi il fiumedell'Adice dall'altro i montie ciascuno alle spalle i suoi ridottisicuri; e perché i tedeschi aveano in potestà la roccae il muro potevano a loro piacere sforzare l'esercito viniziano acombatterea che non potevano essere sforzati loroma per essere dinumero molto inferiori non ardivano commettersi alla fortuna;solamente attendevano a difendere la rocca dagli insulti degliinimicii quali sollecitamente la battevano. Ma vedendo uno giornol'occasione di non essere bene guardata l'artiglieriauscitifuriosamente ad assaltarla e rotti i fanti che la guardavanonetirorno con grande ferocia due pezzi agli alloggiamenti loro; donde iviniziani invilitie giudicando anche vana l'oppugnazionenellaquale avevano perduti molti uominisi ritirorno a Roveré: e itedeschi si ritornorono a Trentoe pochi dí poi se nedisperse la maggiore parte. E le genti della dietadelle qualipervenire chi piú presto e chi piú tardinon ne erano maistati insieme quattromila uomini (perché quasi tutti quegliche si messono insieme a Trento e a Cadoro erano de' paesicircostanti)finiti i loro sei mesi se ne ritornavano alle caseloro; e la maggiore parte de' fanti comandati facevano il medesimo.Né Massimilianooccupato a andare da luogo a luogo per varipensieri e provisioniera mai stato presente a queste cose; anzirimessa la dieta di Olmo a tempo piú comodoconfuso tra semedesimo e pieno di difficoltà e di vergognase ne era andatoverso Coloniaessendo stato occulto piú dí dove sitrovava la persona suané potendo resistere con le forze suea questo impetoavendo perduto tutto quello teneva in Friuli el'altre terre vicineabbandonato da ciascunoe in pericolo le cosedi Trentose le genti franzesi fussino volute congiugnersi conl'esercito viniziano a offenderlo. Ma il Triulzioper comandamentodel re che aveva fisso nell'animo piú di placare che diprovocarenon volle passare piú oltre di quel che fussenecessario per la difesa de' viniziani.

AvevaCesarevedendosi abbandonato da tutti e desideroso di levarsi inqualche modo dal pericoloinsino quando le genti sue furono rotte aCadoromandato Pré Luca suo uomo a Vinegia a ricercare difare tregua con loro per tre mesi; la quale dimanda era statasprezzata da quel senatodisposto a non fare tregua per minore tempodi uno annoné in modo alcuno se medesimamente non vi sicomprendeva il re di Francia: ma crescendo i suoi pericoliperdutogià Triestie ogni cosa succedendo in peggioil vescovo diTrentocome da séinvitò i viniziani a fare treguaproponendo che con questo fondamento si aveva da sperare di poterefare la pace. I viniziani risposonoche poiché la pratica nonsi proponeva piú a loro soli ma in modo che eziandio il re diFrancia vi poteva intervenirenon averne l'animo alieno: dal qualeprincipio introdotto il ragionamentosi convennono a parlare insiemeil vescovo di Trento e il Serentano segretario di Massimilianoe peril re di Francia il Triulzio e Carlo Giuffré presidente delsenato di Milanomandato da Ciamonte per questa praticae per iviniziani Zacheria Contarenooratore destinato particolarmente aquesto negozio. Convenivano facilmente nell'altre condizioniperchédel tempo concordavano durasse per tre anniche ciascuno possedessecome possedeva di presentecon facoltà di edificare efortificare ne' luoghi occupati; ma la difficoltà era che ifranzesi volevano si facesse tregua generaleincludendovi eziandio iconfederati che aveva ciascuno fuora d'Italiae specialmente il ducadi Ghellerie a questo stavano molto ostinati gli agenti diMassimilianoche aveva volto totalmente l'animo allo eccidio di quelducae allegavano che la guerra era tutta in Italiaperò nonessere né conveniente né necessario parlare se nondelle cose d'Italia; in che i viniziani facevano ogni opera perchési sodisfacesse al desiderio del re di Franciama non sperando piúdi potervi piegare i tedeschi erano inclinati ad accettare la treguanel modo consentito da loroinducendogli il desiderio di rimuoversiuna guerra che tutta si riduceva nello stato loroe la volontàanche di confermarsimediante la tregua de' tre annile terre chein questo moto avevano conquistate; e si scusavano a' franzesiconverissima ragioneche non essendo l'uno e l'altro di loro tenuti senon alla difesa delle cose d'Italia e in su questo fondata la loroconfederazionenon appartenere a loro pensare alle cose di làda' monti; le quali se non erano tenuti a difenderle con le armi nonerano anche tenuti a pensare di assicurarle con la tregua. Sopra laquale contenzione avendo il Triulzio scritto in Francia e i viniziania Vinegiavenne risposta dal senato che non potendo fare altrimenticonchiudessino solamente la tregua per Italiariservando luogo etempo al re di Francia di entrarvi: alla quale cosa né ilTriulzio né il presidente volendo consentireanzilamentandosi gravemente che non che altro non volessino aspettare larisposta del ree protestando il presidente che la impresa comunenon si doveva finire se non comunementee del poco rispetto allaamicizia e congiunzionenon restorono i veneti per questo di nonconchiudere; contraendo Massimiliano e loroin nomi loro proprisemplicementee con patto che per la parte di Massimiliano sinominassino e avessinsi per inclusi e nominati il ponteficei recattolicidi Inghilterra e di Ungheria e tutti i príncipi esudditi del sacro imperio in qualunque luogoe tutti i confederatidi Massimiliano e de' prenominati re e stati dello imperiodanominarsi infra tre mesi; e per la parte de' vinizianiil re diFrancia e il re cattolicoe tutti gli amici e confederati de'viniziani del re di Francia e del cattolicoin Italia solamentecostitutida nominarsi infra tre mesi. La quale treguastipulata ilvigesimo dí di aprileessendo stata quasi incontinenteratificata dal re de' romani e da' vinizianisi deposono l'armi tralorocon speranza di molti che Italia avesse a godere per qualchetempo questa quiete.

 

Cap.xiii

Lamenteledel re di Francia co' fiorentini e risposta di questi. Pratica fra ilre di FranciaFerdinando d'Aragona e i fiorentini riguardo a Pisa.

Posateche furono l'armi per la tregua fattail re di Franciaparendogliche l'animo de' fiorentini non fusse stato sincero verso luima piútosto inclinati a Cesare se alle cose sue si fusse dimostratoprincipio di prosperi successie sapendo non procedere da altro chedal desiderio di recuperare in qualunque modo Pisae dallo sdegnoche eglinon attendendo né alla divozione né alleopere loronon solo non gli avesse favoriti né con l'autoritàné coll'armi ma tollerato che da' genovesi sudditi suoifussino aiutatideliberò di pensare che con qualche onestomodo ottenessino il desiderio loro. Ma volendosecondo i disegniprimifarlo con utilità propriae sperando essere miglioremezzo a tirargli a somma maggiore il timore che la speranzamandòMichele Riccio a lamentarsi: che avessino mandato uomini propri perconvenire con Cesare suo inimico; che avendo sotto colore di dare ilguasto a' pisani congregato esercito potente senza avere rispettoalle condizioni de' tempi e de' sospetti e pericoli suoinéavendo voluto in sí grave moto che si preparava dichiarare maiperfettamente l'animo loroaveano dato a lui causa non mediocre didubitare a che fine tendessino queste preparazioni; che a lui che gliaveva ricercati che con le genti loro gli dessino aiuti in pericolitanto gravi avessino dinegato di farlofuora d'ogni suaespettazione: e nondimenoche per l'amore che avea sempre portatoalla loro republicae per la memoria delle cose che per il passatoaveano fatte in beneficio suoera parato a rimettere queste ingiurienuovepure cheper rimuovere le cagioni per le quali si sarebbepotuta turbare la quiete d'Italianon molestassino piú infuturo senza consentimento suo i pisani. Alle quali querele risposonoi fiorentini: la necessità avergli indotti a mandare a Cesarenon con intenzione di convenire con lui contro al re ma per cercaredi assicurarein caso passasse in Italiale cose propriele qualiil renella capitolazione fatta con loronon si era voluto obligarea difendere contro a Cesarema v'aveva espressa dentro la clausula:"salve le ragioni dello imperio"; e nondimenonon averefatta con lui convenzione alcuna: non essere giusta la quereladell'esercito mandato contro a' pisaniperché essendo statosecondo la consuetudine loro esercito mediocrené per altroeffetto che per impedirecome molte altre volte aveano fattolericoltenon avere avuto alcuno causa ragionevole di sospettarne:questa cagioneinsieme con gli aiuti dati da' genovesi e dagli altrivicini a' pisaninon avere permesso che al re mandassino le gentiloro; alla quale cosa se bene non erano obligatinondimeno che perla continua divozione loro al nome suo non arebbono pretermessoquando bene non ne fussino stati ricercatiquesto officio:maravigliarsi sopra modo che 'l re desiderasse non fussino molestatii pisanii quali a comparazione de' fiorentini non aveva causa distimare e di amarese si ricordava quel che avessino operato controa lui nella ribellione de' genovesi: né potere il re congiustizia proibire che non molestassino i pisaniperché cosíera espresso nella confederazione che aveano fatta con lui. Da questiprincípi si cominciò a trattare che Pisa ritornassesotto il dominio de' fiorentinialla quale cosa pareva dovessebastare il provedere che i genovesi e lucchesi non dessino aiuto a'pisaniridotti in tale estremità di vettovaglie e di forzeche non ardivano uscire piú della città; aggiugnendosimassimeper la perdita delle ricoltela mala disposizione de'contadinii quali erano maggiore numero che i cittadini: [in modo]che si credeva non si potessino piú sostentare se da' genovesie lucchesi non avessino ricevuto qualche sussidio di danarico'quali quegli che reggevanotenendo in Pisa alcuni soldati eforestierie gli altri distribuendo nella gioventú de'cittadini e de' contadinie con l'armi di questi spaventando coloroche desideravano concordarsi co' fiorentininon avessino tenutaquieta la città.

Aquesta praticacominciata dal re cristianissimosi aggiunsel'autorità del re cattolicogeloso che senza lui non siconducesse a effetto: peròsubito che ebbe intesa l'andata diMichele Riccio a Firenzevi mandò uno imbasciadoreil qualeentrato prima in Pisagli confortò e dette loro animo in nomedel suo re a sostenersi; non per altro se non perchéstandopiú ostinati a non cedere a' fiorentinipotessino esserevenduti con maggiore prezzo. Trasferironsi poco dipoi questiragionamentiper volontà de' due renella corte del re diFrancia ovesenza rispetto della protezione tanto affermatalasollecitava molto il re cattolicoconoscendo che non essendo difesaera necessario cadesse in potestà de' fiorentinie avendol'animo alieno allora da implicarsi in cose nuovee specialmentecontro alla volontà del re di Francia: perché se benesubito che ritornò in Spagnaavesse riassunto il governo diCastiglia non l'aveva però totalmente stabilitoe per levolontà diverse de' signori e perché il re de' romaninon v'avevain nome del nipoteprestato il consentimento.