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FrancescoGuicciardini

STORIAD'ITALIA

Volumesesto





Cap.i

Lamenteledel re di Francia per la inosservanza de' patti conclusi conl'arciduca Filippo; politica ambigua de' re di Spagna. Preparativi diguerra del re di Francia. Espugnazione di Castelnuovo da parte deglispagnuoli. Consalvo s'avvia verso Gaeta. Pietro Navarra prende Casteldell'Uovo. Altre vicende della guerra.

Pervenuteal re di Francia le novelle di tanto dannoin tempo che piúpoteva in lui la speranza della pace che i pensieri della guerracommosso gravissimamente per la perdita di uno reame tanto nobileper la ruina degli eserciti suoi ne' quali era tanta nobiltà etanti uomini valorosiper i pericoli ne' quali rimanevano l'altrecose che in Italia possedevané meno per riputarsigrandissimo disonore di essere vinto da' re di Spagna senza dubbiomeno potenti di luie sdegnato sommamente di essere stato ingannatosotto la speranza della pacedeliberava di attendere con tutte leforze sue a recuperare l'onore e il regno perduto e vendicarsi conl'armi di tanta ingiuria. Ma innanzi procedesse piú oltre silamentò efficacissimamente con l'arciducache ancora non erapartito da Blesdimandandogli facesse quella provisione che eraconveniente se voleva conservare la sua fede e il suo onore: ilqualeessendo senza colparicercava con grandissima instanza isuoceri del rimediodolendosi sopra modo che queste cose fussinocosí succedutecon tanta sua infamianel cospetto di tuttoil mondo. I qualiinnanzi alla vittoriaavevano con varie scusedifferito di mandare la ratificazione della paceallegando ora nontrovarsi tutt'a due in uno luogo medesimocome era necessario avendoa fare congiuntamente le espedizioniora di essere occupati molto inaltri negozi; come quegli che erano mal sodisfatti della paceoperché il genero avesse trapassato le loro commissioni operchédopo la partita sua di Spagnaavessino conceputomaggiore speranza dello evento della guerrao perché fusseparuto loro molto strano ch'egli avesse convertita in se medesimo laparte loro del reame e senza avere certezza alcunaper l'etàtanto tenera degli sposiche avesse ad avere effetto il matrimoniodel figliuolo: e nondimeno non negandoanzi sempre dando speranza diratificare ma differendosi avevano riservato liberopiútempo potevanoil pigliare consiglio secondo i successi delle cose.Ma intesa la vittoria de' suoideliberati di disprezzare la pacefattaallungavano nondimeno il dichiarare all'arciduca la lorointenzioneperché quanto piú tempo ne stesse ambiguoil re di Francia tanto tardasse a fare nuove provisioni persoccorrere Gaeta e l'altre terre che gli restavano. Ma strettifinalmente dal generodeterminato di non partire altrimenti da Blesvi mandorono nuovi imbasciadori; i qualidopo avere trattato qualchegiornomanifestorono finalmente non essere la intenzione de' loro redi ratificare quella pacela quale non era stata fatta in modo chefusse per loro né onorevole né sicura: anzivenuti incontroversia con l'arciducagli dicevano essersi i suocerimaravigliati assai che egli nelle condizioni della pace la volontàloro trapassata avesse; perchébenché per onore suo ilmandato fusse stato libero e amplissimoche egli si aveva a riferirealle istruzioniche erano state limitate. Alle quali cose rispondevaFilippo non essere state manco libere le istruzioni che il mandato;anziavergli alla partita sua efficacemente dettol'uno e l'altrode' suoceriche desideravano e volevano la pace per mezzo suoeavergli giuratoin sul libro dello evangelio e in su l'immagine diCristo crocifissoche osserverebbono tutto quello che da lui siconchiudesse; e nondimeno non avere voluto usare sí ampia e sílibera facoltà se non con partecipazione de' due uomini cheseco mandati avevano. Proposeno gli oratori con le medesime artinuove pratiche di concordiamostrandosi inclinati a restituire ilregno al re Federigo; ma conoscendosi essere cose non solo vane mainsidioseperché tendevano ad alienare dal re di Francial'animo di Filippo intento a conseguire quel reame per il figliuoloil re proprioin publica udienzafece loro rispostadenegandovolere prestare orecchi in modo alcuno a nuovi ragionamenti se primanon ratificavano la pace fatta e facevano segni che fussinodispiaciuti loro i disordini seguiti; aggiugnendo parergli cosa nonsolo maravigliosa ma detestanda e abominevole che quegli rechetanto d'avere acquistato il titolo di cattolici si gloriavanotenessino sí poco conto dell'onore propriodella fede datadel giuramento e della religionené avessino rispetto alcunoall'arciducaprincipe di tanta grandezza nobiltà e virtúe figliuolo ed erede loro: con la quale risposta avendo il dímedesimo fattigli partire dalla cortesi volse con tutto l'animoalle provisioni della guerra; disegnando farle maggiorie per terrae per mareche già gran tempo fa fussino state fatte peralcuno re di quel reame. Deliberò adunque di mandaregrandissimo esercito e potentissima armata marittima nel regno diNapoli; e perché in questo mezzo non si perdesse Gaeta e lecastella di Napolimandarvi con prestezzaper maresoccorso dinuove genti e di tutte le cose necessarie; e per impedire che diSpagna non vi andasse soccorsoil che era stato causa di tutti idisordiniassaltare con due eserciti per terra il regno di Spagnamandandone uno nel contado di Rossiglioneche è contiguo almare Mediterraneol'altro verso Fonterabia e gli altri luoghicircostanti posti in sul mare Oceano; e con una armata marittimamolestarenel tempo medesimola costiera di Catalogna e di Valenza.Le quali espedizioni mentre che con grandissima sollecitudine sipreparanoConsalvointento alla espugnazione delle castella diNapolipiantò l'artiglierie contro a Castelnuovo alle radicidel monte di San Martinoonde di luogo rilevato si batteva il murodella cittadellala quale situata di verso il detto monte era dimura antiche fondate quasi sopra terra; e nel tempo medesimo PietroNavarra faceva una mina per ruinare le mura della cittadella; esimilmente si battevano le mura del castello dalla Torre di SanVincenziostata presa pochi dí prima da Consalvo. Era alloraCastelnuovo in forma diversa dalla presenteperché oralevata via la cittadellacomincia dove erano le mura di quella uncircuito nuovo di mura che si distende per la piazza del castelloinsino alla marina; il quale circuitoprincipiato da Federigo ealzato da lui insino al bastionefabbricato di muraglia forte e benefondataè molto difficile a minareper essere contraminatobene per tutto e perché la sommità dell'acqua èmolto vicina alla superficie della terra. Ed era il disegno diConsalvopresa che avesse la cittadellaaccostandosi alla scarpadel muro del castellosforzarsi di rovinarlo con nuove mine; madalla temerità o dalla mala fortuna de' franzesi gli fupresentata maggiore occasione. Perchépoi che alla minacondotta alla sua perfezione fu fatto dare il fuoco da PietroNavarraaperse l'impeto della polvere il muro della cittadella; enel tempo medesimo i fanti spagnuoli che stavano in battagliaaspettando questoparte per la rottura del muro parte salendo con lescale da piú bandeentrorono dentro: e da altra parte ifranzesiusciti del castelloper non gli lasciare fermare nellacittadella andorono incontro a loro: dalle forze de' quali in pocotempo soprafattiritirandosi nel rivellinogli spagnuoli allamescolata con loro vi entrorono dentroe spingendosi col medesimoimpeto alla via della portadove non era allora il nuovo torrione ilquale fece poi fabbricare Consalvoaccrebbono ne' franzesigiàinvilititanto il terrore che in meno d'una mezza oraperduto altutto l'animodetteno il castello con le robedelle quali vi erarifuggita quantità grandissimae persone loroa discrezione:ove restò prigione il conte di Montorio e molti altri signori.E riuscí questo acquisto piú opportunoperchéil dí seguente arrivò per soccorrerloda Genovaunaarmata di sei navi grosse e di molti altri legni carichi divettovaglie d'armi e di munizionie con dumila fanti. In sul'approssimarsi della qualel'armata spagnuola che era nel porto diNapoli si ritirò a Ischia; doveintesa che ebbe la perdita diCastelnuovola seguitò l'armata franzese: ma avendo laspagnuolaper non essere sforzata a combattereaffondato innanzi asé certe barchepoiché s'ebbono tirato qualche colpod'artiglierial'una andò a Gaetal'altra assicuratasi per lapartita sua ritornò al molo di Napoli.

EspugnatoCastelnuovoConsalvo intento allo acquisto di tutto il reamenonaspettato l'esercito di Calavriail quale per levarsi tutti gliimpedimenti del venire innanzi s'era fermato a conquistare la valled'Arianomandò Prospero Colonna nello Abruzzi; ed eglilasciato Pietro Navarra alla espugnazione di Castel dell'Uovosidirizzò col resto dello esercito a Gaeta: nella espugnazionedella quale consisteva la perfezione della vittoriaperché lasperanza e la disperazione de' franzesi dependeva totalmente dallasalvazione o dalla perdita di quella cittàfortemarittimae che ha porto tanto capace e sí opportuno alle armate mandateda Genova e di Provenza. Né erano perciò i franzesiristretti in Gaeta solama oltre a' luoghi circostanti che sitenevano per loro tenevano nello Abruzzi l'Aquila la Rocca d'Evandroe molte altre terre: e Luigi d'Arsraccolti molti cavalli e fanti efattosi forte col principe di Melfi in Venosamolestava tutto ilpaese vicino; e RossanoMatalona e molte altre terre forticheerano di baroni della parte angioinasi conservavano costantementealla divozione del re di Francia.

Facevain questo tempo Pietro Navarra certe barche copertecon le qualiaccostatosi al muro di Castel dell'Uovo piú sicuramentefecela mina dalla parte che guarda Pizzifalconenon s'accorgendo quegliche erano dentro dell'opera sua; per la qualedato il fuocobalzòcon grande impeto in aria una parte del masso insieme con gli uominiche vi erano sopra; per il qual caso spaventati gli altri fu subitopresa la fortezzacon tanta riputazione di Pietro Navarra e contanto terrore degli uomini che (come sono piú spaventevoli imodi nuovi dell'offese perché non sono ancora escogitati imodi delle difese) si credeva che alle sue mine muraglia o fortezzaalcuna resistere piú non potesse. Ed era certamente cosa moltoorribile che con la forza della polvere d'artiglieriamessa nellacava o veramente nella minasi gittassino in terra grandissimemuraglie. La quale specie d'espugnazione era stata la prima voltausata in Italia da' genovesico' qualisecondo che affermanoalcunimilitava per fante privato Pietro Navarraquando l'annomille quattrocento ottantasette s'accamporono alla rocca diSerezanello tenuta da' fiorentini; ove con una cava fatta in similemodo aperseno parte della muraglia; ma non conquistando la roccapernon essere la mina penetrata tanto sotto i fondamenti del muro quantoera necessarionon fu seguitato per allora l'esempio di questa cosa.

Maapprossimandosi Consalvo a GaetaAllegriche aveva distribuitoquattrocento lancie e quattromila fantidi quegli che s'eranosalvati della rottatra GaetaFondiItriTraietto e RoccaGuglielmagli ritirò tutti in Gaeta; e vi entrorno insieme ipríncipi di Salerno e di Bisignano il duca di Traietto ilconte di Consa e molti baroni del regnoche prima si erano uniti conlui. Dopo la ritirata de' qualiConsalvoinsignoritosi di tuttequelle terre e della rocca di San Germanoalloggiò col camponel borgo di Gaetacol qualepoco poiavendo presa la valled'Arianosi uní l'esercito di Calavria; e piantate leartiglierie batté con impeto grande dalla parte del porto edalla parte del monte detto volgarmente il Monte di Orlandocongiunto e supereminente alla cittàe il qualecinto dipoidi mura da luiera stato allora con ripari e con bastioni di terrafortificato da' franzesi: e avendo tentato invanocon due assaltinon ordinatidi entrarvis'astenne finalmente di dare la battagliaordinatail dí che avevano determinato di darlariputando laespugnazione difficile per il numero e virtú de' difensorieconsiderando che quando bene l'esercito suo fusse per forza entratonel monte si riduceva in maggior pericoloperché sarebbestato esposto alle artiglierie piantate nel monasterio e altri luoghirilevati che erano in sul monte. Continuava nondimeno di battere conl'artiglierie e molestare la terra: stretta similmente dalla partedel mareperché innanzi al porto erano diciotto galeespagnuoledelle quali era capitano don Ramondo di Cardona. Ma pochidí poi arrivò una armata di sei caracche grossegenovesi sei altre navi e sette galeecarica di vettovaglie e dimolti fantiin sulla quale era il marchese di Saluzzomandatoperla morte del duca di Nemorsper nuovo viceré dal re diFranciasollecito quanto era possibile alla conservazione di Gaetae perciòparte in su questi legni parte in su altri chegiunsono poco poivi mandò in pochi dí mille fanticorsi e tremila guasconi: per la venuta della quale armata l'armataspagnuola fu costretta a ritirarsi a Napoli; e Consalvodisperandodi potere farvi piú frutto alcunoridusse le genti a Mola diGaeta e al Castellonedonde teneva Gaeta come assediata di largoassedio; avendovi perdutoparte nello scaramucciare parte nelritirarsimolti uominitra' quali fu ammazzato dall'artiglieria didentro don Ugo di Cardona. Ma gli succedevano nel tempo medesimoprosperamente tutte le altre cose del regno: perché ProsperoColonna aveva preso la Rocca d'Evandro e l'Aquilae tutte l'altreterre dello Abruzzi ridotte alla divozione spagnuola; e la Calavriaquasi tutta la medesima ubbidienza seguitavaper l'accordo chenuovamente aveva fatto il conte di Capaccio con loro; né virimaneva altro che Rossano e Santa Severinaove era assediato ilprincipe di Rossano.

Cap.ii

Successide' fiorentini nella guerra contro Pisa. Trattative del Valentino coipisani e sua ambizione al dominio della Toscana. Politica ambigua delpontefice e del Valentino verso il re di Francia. Aspirazione delpontefice e del Valentino agli stati di Giangiordano Orsini.

Nelqual tempo non erano l'altre parti d'Italia vacue totalmente disospetti e di fatiche. Perché i fiorentiniinsino innanzialle percosse che i franzesi ebbono nel reametemendo le forze egl'inganni del pontefice e del Valentinoavevano oltre a essersiproveduti d'altre armi condotto a' soldi loro e per governare tuttele loro gentibenché senza titoloil baglí d'Occancapitano riputato nella guerracon cinquanta lancie franzesi;persuadendosi cheper essere uomo del re di Francia e menando convolontà del re le cinquanta lancie che aveva da lui incondottaquegli de' quali temevano avessino a procedere con piúrispettoe che oltre a questo in ogni bisogno loro avessino a esserepiú pronti gli aiuti regi: alla giunta del qualeraccolteinsieme tutte le gentitagliorono la seconda volta le biade de'pisani; non però per tutto il paeseperché l'entrarenel Valdiserchio non era senza pericoloessendo quella valle situatatra monti e acque e in mezzo tra Lucca e Pisa. Espedito di dare ilguastoandò il campo a Vico Pisanoil quale si ottenne senzadifficoltà: perché il baglíminacciando centofanti franzesi che v'erano dentro che e' sarebbono puniti comeinimici del re e promettendo loro il soldo di uno mesefu operatoreche se n'uscissino; per la partita de' quali furono costretti queglidi Vico Pisano arrendersi liberamente. Preso Vicosi circondòsubito la Verrucola dove erano pochi difensoriperché non vientrasse nuova gente; e condottevi di poi per quegli monti aspri condifficoltà grande l'artiglieriequegli di dentro aspettatipochi colpi s'arrenderonosalvo l'avere e le persone. È ilsito del monte della Verrucolanella sommità del quale erastata fabbricata una piccola fortezzanelle guerre lunghe che sifanno nel contado di Pisadi molta importanza; perchévicinoa Pisa a cinque miglianon solo è opportuno a infestare ilpaese circostantee insino in sulle porte di quella cittàmaancora a scoprire tutte le cavalcate e genti che n'escono; e ilqualein questa guerrae da Paolo Vitelli e da altri era invano piúvolte stato tentato. Ma la confidenza che i pisani aveano avuta cheavesse a difendere Vico Pisanosenza l'acquisto del quale nonpotevano i fiorentini mettersi a campo alla Verrucolaera statacagione che non l'aveano proveduta sufficientemente. Spaventòmolto i pisani la perdita della Verrucola; e nondimenoancora che e'ricevessino tanti danniavessino pochissimi soldati forestierimancamento di danari carestia di vettovaglienon si piegavano aritornare all'ubbidienza de' fiorentinimossi principalmente dalladisperazione di ottenere venia per la coscienza dell'offesegravissime fatte loro. La quale disposizione era necessario checonservassinocon grandissima diligenza e infinite articoloro chenel governo erano di maggiore autorità; perché pure a'contadinisenza i quali non erano sufficienti a difendersiparevagrave il perdere le sue ricolte: perciò attendevano anutrirgli con varie speranzee insieme quegli del popolo chevivevano piú delle arti della pace che della guerra; conlettere finte e con diverse invenzioni mostrando (e le cose vere allefalse mescolandoe ciò che in Italia di nuovo succedeva aproposito loro interpretando) che ora questo ora quell'altro principein aiuto loro si moverebbono. Né erano però in questeestremità senza qualche aiuto e soccorso da' genovesi e da'lucchesi antichi inimici del nome fiorentinoe similmente daPandolfo Petrucci poco grato de' benefici ricevuti; maquello cheimportava piúerano eziandio nutriticon qualche aiutoocculto ma con molto maggiori speranzedal Valentino. Il qualeavendo lungamente avuto desiderio di insignorirsi di quella cittàoffertagli da' pisani medesimima astenutosene per non offenderel'animo del re di Franciaorapreso ardire dalle avversitàsue nel regno di Napolitrattavacon consentimento paternocon gliimbasciadori pisanii quali per questo erano stati mandati a Romadi accettarne il dominiodistendendooltre a questoi pensierisuoi a occupare tutta Toscana. Della qual cosa benché ifiorentini e i sanesi avessino grandissima sospezionenondimenoessendo impedito il bene universale dagli interessi particolarinonsi tirava innanzi l'unione proposta dal re di Francia tra ifiorentinibolognesi e sanesi; perché i fiorentini ricusavanodi farla senza la restituzione di Montepulcianocome da principioera stato trattato e promessoe Pandolfo Petrucciavendone l'animoalieno benché le parole sonassino in contrarioallegava cheil restituirlo gli conciterebbe tanto odio del popolo sanese che e'sarebbe necessitato a partirsi di nuovo di quella cittàeperò essere piú beneficio comune differire qualche pocoper farlo con migliore occasione cheper restituirlo di presentefacilitare al Valentino l'occupare Siena; e cosí non negandoma prolungando si ingegnava che i fiorentini accettassino la speranzaper effetto: le quali scuserifiutate da essierano per opera diFrancesco da Narnifermatosi per comandamento del re in Sienaaccettate e credute nella corte di Francia.

Manon era l'intenzione del pontefice e di Valentino di mettere mano aqueste imprese se non quanto dessino loro animo i progressidell'esercito che si preparava dal re di Franciae secondo che daessi fusse deliberato dell'aderirsi piú all'uno re cheall'altro: sopra che si facevano per essi in questo tempo varipensieridifferendo quanto potevano il dichiarare la mente suanoninclinatase non quanto il timore fusse per costrignerglial re diFranciaperché l'esperienza veduta nelle cose di Bologna e diToscana gli privava di speranza di fare col favore suo maggioriacquisti. Perciò avevano cominciatoinnanzi alla vittoriadegli spagnuoliad alienarsi con la volontà ogni dípiú da luie dopo la vittoriapreso maggiore animononavevano piú il rispetto solito alla volontà e autoritàsua; e ancora che avessinosubito dopo le rotte de' franzesiaffermato di volere seguitare la parte del re di Francia e fattodimostrazione di soldare genti per mandarle ne reamenondimenotirati dalla cupidità di nuovi acquistiné potendolevare gli occhi né rimuovere l'animo dalla Toscanaricercandogli il re che si dichiarassino apertamente per luirispondeva il pontefice con tale ambiguità che ogni dídiventava piú sospettoil figliuolo ed egli; la simulazione edissimulazione de' quali era tanto nota nella corte di Roma che n'eranato comune proverbio che 'l papa non faceva mai quello che diceva eil Valentino non diceva mai quello che faceva. Né era ancorafinita la contenzione loro con Giangiordano. Perché se bene ilValentinotemendo la indegnazione del resi fussequando ricevéil comandamento suoastenuto da molestarlonondimeno il ponteficedimostrandone dispiacenza grandissimanon avea mai cessato di fareinstanza col re che o gli concedesse l'acquistare con l'armi tuttigli stati di Giangiordano o costrignesse lui a riceverne ricompensodimostrando muoverlo a questo non l'ambizione ma giustissimo timoredella sua vicinitàperchéessendosi trovato nellescritture del cardinale Orsino uno foglio bianco sottoscritto di manopropria di Giangiordanoarguiva che nelle cose trattate alla Magioneavea avuto contro a sé la medesima volontà eintelligenza che gli altri Orsini. Nella qual cosa il reavendo perfine piú l'utilità che l'onestàavea procedutodiversamente secondo la diversità de' tempiora dimostrandosifavorevole come prima a Giangiordano ora inclinato a sodisfare inqualche modo al pontefice. Peròavendo Giangiordano ricusatodi deporre Bracciano in mano dell'oratore franzese che risedeva aRomadimandò il re che questa controversia fusse rimessa insécon patto che Giangiordano si trasferisse fra due mesi inFrancia né si innovasse insino alla sua determinazione cosaalcuna; alla qual cosa acconsentí Giangiordano per necessitàperché avea sperato per i meriti paterni e suoi dovere esserein tutto liberato da questa molestiae il pontefice piú pertimore che per altroessendo stata fatta la domanda nel tempo chel'arciduca in nome de' re di Spagna contrasse la pace. Ma mutata perla vittoria degli spagnuoli la condizione delle coseil papavedendo il bisogno che il re aveva di luidimandava tutti gli statisuoiofferendo quella ricompensa che fusse dichiarata dal re; ilquale avevaper la medesima cagioneindotto Giangiordanobenchémalvolentieria consentirvi e a promettere di dargliper sicurtàd'eseguire quel che il re dichiarasseil figliuolo: perché laintenzione sua era non dare questi stati al pontefice se nel tempomedesimo non si congiugneva nella guerra napoletana apertamente conlui. Ma avendo recusato quegli di Pitiglianodove il figliuolo eradi darlo a monsignore di Trans oratore del reil quale era andato aPortercole per riceverloGiangiordano medesimoche era ritornatoandò a Portercole a offerire all'oratore la propria persona;il quale accettatoloimpudentemente lo fece mettere in su una nave;benchésubito che 'l re n'ebbe notiziacomandò fusseliberato.

 

Cap.iii

Forzedel re di Francia in Italia. Sospetti del re per la politica sempreambigua del pontefice e del Valentino.

Acceleravanointanto le provisioni ordinate per usarle di qua e di là da'monti. Perché in Ghienna erano andatiper rompere la guerraverso Fonterabiamonsignore di Alibret e il marisciallo di Gies conquattrocento lancie e cinquemila fanti tra svizzeri e guasconi; enella Linguadocaper muovere la guerra nella contea di Rossiglioneil marisciallo Ruis brettone con ottocento lancie e ottomila fantiparte svizzeri parte franzesi; e nel tempo medesimo si moveval'armata per infestare la costa di Catalogna e del regno di Valenza.E in Italia aveva espedito il re per capitano generale dell'esercitomonsignore della Tramogliaa cui allora per consentimento di tuttisi dava il primo luogonell'armidi tutto il reame di Francia; eaveva mandato il baglí di Digiuno a fare muovere ottomilasvizzeri; e le genti d'arme e l'altre fanterie sollecitavano dicamminare: non essendo però l'esercito tanto potente come daprincipio aveva disegnatonon perché fusse raffreddatol'ardore del rené perché lo ritenesse o la impotenzao il desiderio di spendere menoma perché si conducesse nelregno di Napolicome era giudicato molto utilecon maggioreceleritàe in parte perché Allegrisignificandogli lostato delle cose di làaveva affermato essere piúgagliarde le reliquie dello esercito che in fatto non erano e piúferme le terre e i baroni che ancora si tenevano a sua divozioneeperché aveva ricercato aiuto di gente da tutti quegli che inItalia gli aderivano; onde i fiorentini gli concederono il baglíd'Occan con le cinquanta lancie pagate da loro e cento cinquantaaltri uomini d'armecento uomini d'arme per uno dettono il duca diFerrara i bolognesi e il marchese di Mantovail quale chiamato dalre v'andava in personae cento altri i sanesi. Le quali gentiaggiunte a ottocento lancie e cinquemila guasconi che conduceva inItalia la Tramogliae agli ottomila svizzeri che si aspettavano e a'soldati che erano in Gaetafacevano il numero di mille ottocentolancie tra franzesi e italianee di piú di diciottomilafanti; oltre a' quali si era mossa l'armata marittima molto potentesotto monsignore di... : di maniera che si confessava per ciascunonon essere memoria che alcuno re di Franciacomputato le forzepreparate per terra e per mare e di qua e di là da' montiavesse mai fatto piú potente e maggiore preparazione.

Manon era riputato sicuro che l'esercito regio passasse Roma se primail re non era sicuro del pontefice e del Valentinoavendo causagiustissima di sospettarne per molte ragioni e per molti indizieperché per lettere intercette molto prima di Valentino aConsalvo si era compreso essere stato trattato tra loro che seConsalvo espugnava Gaetaassicurato in caso tale delle cose delregnopassasse innanzi con l'esercitooccupasse Pisa il Valentinoe che uniti insieme Consalvo ed egli assaltassino la Toscana: eperciò il repassato già l'esercito in Lombardiafaceva instanza grandissima che e' dichiarassino per ultimo la menteloro. I quali se bene udivano e trattavano con tuttinondimenogiudicando essere il tempo comodo a fare mercatanzia de' travaglidegli altriaveano maggiore inclinazione a congiugnersi con glispagnuoli; ma gli riteneva il pericolo manifesto che l'esercitofranzese non cominciasse ad assaltare gli stati loroe cosíche avessino a cominciare a sentire danni e molestie dondedisegnavano di conseguire premi ed esaltazione: nella quale ambiguitàpermettevano che ciascuna delle parti soldasse scopertamente fanti inRomadifferendo il piú potevano a dichiararsi. Ma essendofinalmente ricercatine strettamente dal reofferivano che ilValentino si unirebbe con l'esercito suo con cinquecento uominid'arme e dumila fanticonsentendogli il re non solamente le terre diGiangiordano ma eziandio l'acquisto di Siena; e nondimeno quandos'approssimavano alla conclusione variavano dalle cose trattateintroducendo nuove difficoltàcome quegli che per poteresecondo la loro consuetudinepigliare consiglio dagli eventi dellecoseerano alieni dal dichiararsi. Però fu introdottaun'altra praticaper la quale il ponteficeproponendo di non voleredichiararsi per alcuna delle parti per conservarsi padre comuneconsentiva dare allo esercito franzese passo per il dominio dellaChiesae prometteva durante la guerra nel regno di Napoli nonmolestare né i fiorentini né i sanesi né ibolognesi; le quali condizioni sarebbeno state finalmenteperchél'esercito passasse senza maggiore indugio nel reameaccettate dalreancora che conoscesse non essere questo partito né cononore né con sicurtà sua e di quegli che da lui inItalia dependevano: perché certezza alcuna non aveva chesea' suoi nel reame sinistro alcuno sopravenisseche il pontefice e ilValentino non se gli scoprissino contro; ed era oltre a questo malsicuro cheuscite che fussino le genti sue di terra di Romaessitenuto poco conto della fedenon assaltassino la Toscanala qualeper la sua disunione e per gli aiuti dati al re restava debole equasi disarmata. E che avessino a tentare o questa o altra impresaera verisimilepoiché d'avere a conseguire di tanta occasioneguadagni immoderati presupposto s'aveano.

Cap.iv

Mortedel pontefice; malattia del Valentino; giubilo di Roma per la mortedel pontefice. Il Valentino si riconcilia con i Colonnesi. Torbidi inRoma. Ritorno di signori spodestati in terre dello stato pontificio edel Valentino. Accordi del Valentino col re di Francia. Il conclave el'elezione di Pio III.

Maecco che nel colmo piú alto delle maggiori speranze (come sonovani e fallaci i pensieri degli uomini) il ponteficeda una vignaappresso a Vaticanodove era andato a cenare per ricrearsi da'caldiè repentinamente portato per morto nel palazzopontificale e incontinente dietro è portato per morto ilfigliuolo: e il dí seguenteche fu il decimo ottavo díd'agostoè portato morto secondo l'uso de' pontefici nellachiesa di San Pieronero enfiato e bruttissimosegni manifestissimidi veleno; ma il Valentinocol vigore dell'età e per avereusato subito medicine potenti e appropriate al velenosalvòla vitarimanendo oppresso da lunga e grave infermità.Credettesi costantemente che questo accidente fusse proceduto daveleno; e si raccontasecondo la fama piú comunel'ordinedella cosa in questo modo: che avendo il Valentinodestinato allamedesima cenadeliberato di avvelenare Adriano cardinale di Cornetonella vigna del quale doveano cenare (perché è cosamanifesta essere stata consuetudine frequente del padre e sua nonsolo di usare il veleno per vendicarsi contro agl'inimici o perassicurarsi de' sospetti ma eziandio per scelerata cupidità dispogliare delle proprie facoltà le persone riccheincardinali e altri cortigianinon avendo rispetto che da essi nonavessino mai ricevuta offesa alcunacome fu il cardinale molto riccodi Santo Angeloma né anche che gli fussino amicissimi econgiuntissimie alcuni di lorocome furono i cardinali di Capua edi Modonastati utilissimi e fidatissimi ministri)narrasi adunqueche avendo il Valentino mandati innanzi certi fiaschi di vino infettidi velenoe avendogli fatti consegnare a un ministro non consapevoledella cosacon commissione che non gli desse ad alcunosopravenneper sorte il pontefice innanzi a l'ora della cenaevinto dallasete e da' caldi smisurati ch'eranodimandò gli fusse dato daberema perché non erano arrivate ancora di palazzo leprovisioni per la cenagli fu da quel ministroche credevariservarsi come vino piú preziosodato da bere del vino cheaveva mandato innanzi Valentino; il qualesopragiugnendo mentre ilpadre beevasi messe similmente a bere del medesimo vino. Concorseal corpo morto d'Alessandro in San Piero con incredibile allegrezzatutta Romanon potendo saziarsi gli occhi d'alcuno di vedere spentoun serpente che con la sua immoderata ambizione e pestifera perfidiae con tutti gli esempli di orribile crudeltà di mostruosalibidine e di inaudita avariziavendendo senza distinzione le cosesacre e le profaneaveva attossicato tutto il mondo; e nondimeno erastato esaltatocon rarissima e quasi perpetua prosperitàdalla prima gioventú insino all'ultimo dí della vitasuadesiderando sempre cose grandissime e ottenendo piú diquello desiderava. Esempio potente a confondere l'arroganza di coloroi qualipresumendosi di scorgere con la debolezza degli occhi umanila profondità de' giudíci diviniaffermano ciòche di prospero o di avverso avviene agli uomini procedere o da'meriti o da' demeriti loro: come se tutto dí non apparissemolti buoni essere vessati ingiustamente e molti di pravo animoessere esaltati indebitamente; o come sealtrimenti interpretandosi derogasse alla giustizia e alla potenza di Dio; la amplitudinedella qualenon ristretta a' termini brevi e presentiin altrotempo e in altro luogocon larga manocon premi e con supplícisempiterniriconosce i giusti dagli ingiusti.

MaValentinoammalato gravemente in palazzoridusse intorno a sétutte le sue genti; e avendo prima sempre pensato di farealla mortedel padreparte col terrore delle sue armi parte col favore de'cardinali spagnuoliche erano undicieleggere uno pontefice adarbitrio suoaveva al presente molto maggiore difficoltà cheprima non s'era immaginato a questo e a tutti gli altri disegniperla sua pericolosissima infermità: per il che si querelava congrandissima indegnazione cheavendo pensato molte volte in altritempi a tutti gli accidenti che nella morte del padre potessinosopraveniree a tutti pensato i rimedinon gli era mai caduto nellamente potere accadere che nel tempo medesimo avesse egli a essereimpedito da sí pericolosa infermità. Peròbisognandogli accomodare i consigli suoi non a disegni fatti prima maalla necessità sopravenutaparendogli non potere sostenere inun tempo medesimo l'inimicizia de' Colonnesi e degli Orsini e temendonon si unissino insieme contro a luisi risolvé a fidarsi piúpresto di quegli i quali aveva offesi solamente nello stato che diquegli i quali aveva offesi nello stato e nel sangue; e per questoriconciliatosi prestamente co' Colonnesi e colla famiglia della Valleseguace della medesima fazionee invitandogli a tornare negli statiproprirestituí loro le fortezzele quali con spesa grandeerano state fortificate e ampliate da Alessandro. Ma non bastavaquesto né alla sicurtà sua né a quietare lacittà di Romaove ogni cosa era piena di sospetti e ditumulti. Perché Prospero Colonna era venutovi e tutta la partecolonnese avea prese l'armi; e Fabio Orsinovenuto alle case loro inMontegiordanoaveva con turba grande di partigiani degli Orsiniabbruciati alcuni fondachi e case di mercatanti e cortigianispagnuoli (contro al nome della quale nazione erano concitati glianimi quasi di ciascunoper la memoria delle insolenze che avevanousate nel pontificato d'Alessandro)e sitibondo del sangue delValentino congregava molti soldati forestierie sollecitavaBartolomeo d'Alvianoche allora era agli stipendi de' venezianichevenisse a vendicarsiinsieme con gli altri della famiglia loroditante ingiurie. Il Borgo e i Prati erano pieni di gente delValentino; e i cardinaligiudicando non potere sicuramentecongregarsi nel palazzo pontificalesi congregavano nel conventodella chiesa della Minerva: nel qual luogofuora del costume anticosi comincioronoma piú tardi che 'l consuetoa fare leesequie d'Alessandro. Temevasi della venuta di Consalvo a Romamassimamente perché Prospero Colonna avea lasciato a Marinocerto numero di soldati spagnuolie perché per lariconciliazione del Valentino co' Colonnesi si era creduto che egliavesse convenuto di seguitare la parte spagnuola. Ma molto piúsi temeva che non vi venisse l'esercito franzeseproceduto insino aquel dí lentamente perché i consigli publici de'svizzerispaventati per gl'infelici successi avuti da quella nazionenel regno di Napolierano stati molto sospesi innanzi concedessinoa' ministri del re che soldassino de' fanti loroe ricusando per lamedesima cagione quasi tutti i capitani e fanti eletti di andarvierano stati soldati piú tardamente e dipoi stati lenti nelcamminare. Ma per la morte del pontefice l'esercitogovernato dalmarchese di Mantova con titolo di luogotenente del ree in compagniasuaquanto all'effetto ma non in nomedal baglí di Occan eda Sandricort (perché la Tramoglia ammalato s'era fermato aParma) non aspettati i svizzeris'era condotto nel territorio diSiena con intenzione di andare a Romaperché cosí aveacommesso il reed eziandio che andasse a Ostia l'armata di mare cheera a Gaetaper impedire (secondo dicevano) se Consalvo volesseandare con l'esercito a Roma per costrignere i cardinali a eleggeread arbitrio suo il nuovo pontefice. Soggiornorono nondimeno qualchedí tra Buonconvento e Viterboperché avendoper leturbolenze di Romai mercatanti fatto difficoltà d'accettarele lettere di cambio mandate di Franciai svizzeri condotti in queldi Siena recusavanose prima non erano pagatipassare piúavanti.

Nelqual tempo non erano minori i tumulti nel territorio di Romae inmolti altri luoghi dello stato della Chiesa e del Valentino. Perchégli Orsini e tutti i baroni romani ritornavano agli stati loro; iVitelli erano tornati in Città di Castello; e GiampaoloBaglione avevasotto speranza d'un trattatoassaltato Perugiaebenché messo in fuga dagli inimici fusse stato costretto apartirsenenondimeno tornatovi di nuovo con molta gente e con gliaiuti scoperti de' fiorentinidatovi uno assalto gagliardov'entròdentronon senza qualche uccisione degli inimici e de' suoi. Aveva ela terra di Piombino pigliato l'armie benché i sanesi sisforzassino di occuparla vi ritornòcol favore de'fiorentiniil vecchio signore. Il medesimo facevano negli stati loroil duca d'Urbinoi signori di Peserodi Camerino e di Sinigaglia.Solamente la Romagnabenché non stesse senza sospetto de'vinizianii quali a Ravenna molta gente riducevanostava quietaeinclinata alla divozione del Valentino; avendo per esperienzaconosciuto quanto fusse piú stato tollerabile a quella regioneil servire tutta insieme sotto un principe solo e potente che quandociascuna di quelle città stava sotto un signore particolareil quale né per la sua debolezza gli potesse difendere néper la povertà beneficarepiú tostonon gli bastandole sue piccole entrate a sostentarsifusse costretto a opprimergli.Ricordavansi ancora gli uomini cheper l'autorità e grandezzasua e per l'amministrazione sincera della giustiziaera statotranquillo quel paese da' tumulti delle partida' quali prima solevaessere vessato continuamente con spesse uccisioni d'uomini. Con lequali opere s'avea fatti benevoli gli animi de' popoli; e similmenteco' benefici fatti a molti di lorodistribuendo soldi nelle personearmigereufficiper le terre sue e della Chiesanelle togateeaiutando le ecclesiastiche nelle cose beneficiali appresso al padre:onde né l'esempio degli altriche tutti si ribellavanonéla memoria degli antichi signori gli alienava dal Valentino. Il qualebenché fusse oppressato da tante difficoltàpure e glispagnuoli e i franzesi facevano instanza grandecon molte promesse eoffertedi congiugnerselo: perché oltre al valersi delle suegenti speravano di guadagnare i voti de' cardinali spagnuoli per lafutura elezione. Ma eglibenché per la reconciliazione fattaco' Colonnesi si fusse creduto che si fusse aderito agli spagnuolinondimeno non l'avendo indotto a quella altro che il timore che nonsi unissino con gli Orsinie allorasecondo affermavadichiaratodi non volere essere tenuto a cosa alcuna contro al re di Franciadeliberò di seguitare la parte sua; perchée in Romaove aveva sí vicino l'esercitoe negli altri suoi statipoteva piú e nuocergli e giovargli che non potevano glispagnuoli. Peròil primo dí di settembreconvenne colcardinale di San Severino e con monsignore di Trans oratore regiocontraenti in nome del repromettendo le genti sue all'impresa diNapolie a ogn'altra impresa contro a ciascuno eccetto che controalla Chiesa; e da altra parte gli agenti predetti obligorno il realla sua protezione con tutti gli stati possedevae ad aiutarlo allarecuperazione di quegli che aveva perduti. Dette oltre a questo ilValentino speranza di voltare i voti della maggiore parte de'cardinali spagnuoli al favore del cardinale di Roano; il qualepienodi grandissima speranza d'avere a ottenere il pontificato conl'autorità co' danari e con l'armi del suo resubito dopo lamorte del pontefice si era partito di Francia per venire a Romamenando seco oltre al cardinale di Aragona il cardinale Ascanio; ilqualecavato due anni innanzi della torre di Borgesera poi statointrattenuto onoratamente nella corte e carezzato molto da Roanosperando che nella prima vacazione del pontificato gli avesse agiovare molto l'antica riputazione e l'amicizie e dependenze grandiche egli soleva avere nella corte romana: fondamenti non molto saldiperché né il Valentino poteva disporre totalmente de'cardinali spagnuoliintenti piúsecondo l'uso degli uominiall'utilità propria che alla remunerazione de' beneficiricevuti dal padre e da luie perché molti di loroavendorispetto a non offendere l'animo de' suoi renon sarebbono trascorsia eleggere in pontefice uno cardinale franzese; né Ascanioseavesse potutoarebbe consentito che Roano conseguitasse ilpontificatoa perpetua depressione ed estinzione d'ogni speranza cheavanzava a sé e alla casa sua.

Nonsi era dato ancora principio alla elezione del nuovo pontefice; nonsolo per essersi cominciate a celebrare piú tardi che 'lsolito l'esequie del mortoinnanzi alla fine delle qualiche duranonove dínon entranosecondo la consuetudine anticaicardinali nel conclavema perchéper levare l'occasioni e ipericoli dello scisma in tanta confusione delle cose e in síimportante divisione de' príncipiavevano i cardinalipresenti consentito che si desse tempo a venire a' cardinali assenti:i quali benché fussino venutiteneva sospeso il collegio ilsospetto che l'elezione non avesse a essere liberarispetto allegenti del Valentino e perché l'esercito franzeseridottofinalmente tutto tra Nepi e l'Isola e che voleva distendersi insino aRomarecusava di passare il fiume del Tevere se prima non si creavail nuovo ponteficeo per timore che la parte avversa non isforzasseil collegio a eleggere a modo suo o perché il cardinale diRoano volesse cosíper piú sicurtà sua e persperanza di favorirsene al pontificato. Le quali cosedopo moltecontenzionirecusando il collegio di volere altrimenti entrare nelconclavepigliorono forma: perché il cardinale di Roano dettea tutto il collegio la fede sua che l'esercito franzese nonpasserebbe Nepi e l'Isolae il Valentino consentí d'andarsenea Nepi e poi a Civita Castellanamandati nel campo franzese dugentouomini d'arme e trecento cavalli leggieri sotto Lodovico dallaMirandola e Alessandro da Triulzi; e il collegioordinati moltifanti per la guardia di Romadette autorità a tre prelatipreposti alla custodia del conclave d'aprirlo se sentissino alcunotumultoacciò cherestando qualunque de' cardinali liberod'andare dove gli paresseciascuno perdesse la speranza disforzargli. Entrorno finalmente i cardinali nel conclavetrentottoin numero; ove la disunionesolita in altri tempi a partoriredilazionefu causa che accelerando creassino fra pochi dí ilnuovo pontefice. Perchénon concordi della persona cheavessino a eleggereper l'altre loro cupidità eprincipalmente per la contenzione che era tra i cardinali dependentidal re di Francia e i cardinali spagnuoli o dependenti da' re diSpagnama spaventati dal pericolo proprioessendo le cose di Romain tanti sospetti e tumultie dalla considerazione degli accidentichein tempi tanto difficilisopravenire per la vacazione dellasedia potevanosi inclinoronoconsentendovi ancora il cardinale diRoanoal quale ogni dí piú mancava la speranza diessere elettoa eleggere in pontefice Francesco Piccoluominicardinale di Siena; il qualeperché era vecchio e allorainfermociascuno presupponeva dovere in brevissimo tempo terminare isuoi dí: cardinale certamente di intera famae giudicato perl'altre sue condizioni non indegno di tanto grado. Il qualeperrinnovare la memoria di Pio secondosuo zioe da cui era statopromosso alla degnità del cardinalatoassunse il nome di Pioterzo.

 

Cap.v

Torbidiin Roma per l'inimicizia fra il Valentino e gli Orsini. Gli Orsini alsoldo degli spagnoli. Contegno di Giampaolo Baglioni verso il re diFrancia. Pace fra gli Orsini e i Colonnesi. Il Valentino assalitodagli Orsini si rifugia in Vaticano equindiin Castel Sant'Angelo.Morte di Pio III ed elezione di Giulio II.

Creatoil ponteficel'esercito franzesenon avendo piú causa disoprastareindirizzandosi al cammino prima destinatopassòsubito il fiume del Tevere; e nondimenoné per la creazionedel pontefice né per la partita dell'esercitosi quietavano imovimenti di Roma. Perché aspettandovisi l'Alviano e GiampaoloBaglioneche congiunti nel perugino facevano gentiil Valentinooppresso ancora da grave infermitàtemendo della venuta loroera con centocinquanta uomini d'arme altrettanti cavalli leggieri eottocento fanti ritornato in Romaavendogli conceduto ilsalvocondotto il ponteficeil quale sperò potere piúfacilmente fermare le cose con qualche composizione; ma essendo trale medesime mura il Valentino e gli Orsini accesi da sete giustissimadel suo sanguee accumulando continuamente nuove gentiperchése bene avevano dimandato contro a lui espedita giustizia alpontefice e al collegio de' cardinalifacevano il fondamentoprincipale di vendicarsi in sull'armialmeno come prima fussinogiunti Giampagolo Baglione e l'AlvianoRoma e il Borgodovealloggiava il Valentinoquasi continuamente tumultuavano.

Laquale contenzione non solamente turbava il popolo romano e la cortema nocécome si credemolto alle cose franzesi. Perchépreparandosi gli Orsini per andareespediti che fussino delle cosedel Valentinoagli stipendi o del re di Francia o de' re di Spagnae giudicandosi dovere essere di non piccolo momento alla vittoriadella guerra l'armi loroerano invitati con ampie condizioni daciascuna delle parti; ma essendo naturalmente piú studiosi delnome franzeseil cardinale di Roano condussein nome del suo reGiulio Orsinoil quale contrasse seco in nome di tutta la casaeccettuato l'Alviano a cui fu riserbato luogo con onorate condizioni.Ma si turbò ogni cosa per la venuta suaperché se benenel principio rimanesse quasi concorde col medesimo cardinalenondimenoristrettosi quasi in uno momento con l'oratore spagnuolocondusse co' suoi re sé e tutta la famiglia OrsinaeccettoGiangiordanocon cinquecento uomini d'arme e provisione disessantamila ducati ciascuno anno. Alla quale deliberazione loindusse principalmentesecondo che essocreduto in questo da molticostantemente affermavalo sdegno che 'l cardinaleacceso piúche mai dalla cupidità del pontificatofavorisse il Valentinoper la speranza di conseguire per mezzo suo la maggiore parte de'voti de' cardinali spagnuoli: benché il cardinalescaricandola colpa che si dava a sé con imputazione di altridimostrasse di persuadersi esserne stati autori i vinizianii qualiper desiderio che 'l re di Francia non ottenesse il reame di Napolinon solo a questo effetto avessino consentito che egli si partisseda' soldi loropromettendosecondo si dicevadi riservargli illuogo medesimoma ancora avessinoperché il principio de'pagamenti fusse piú prontoprestato all'oratore spagnuoloquindicimila ducati; il che se bene non era al tutto certonon sipoteva almeno negare lo imbasciadore viniziano essersi interpostomanifestamente in questa pratica. Altri affermavano esserne statacagione l'avere ottenute piú ampie condizioni dagli spagnuoliperché si obligorono a dare stati nel regno di Napoli a lui eagli altri della casaed entrate ecclesiastiche al fratello equelche da lui era stimato moltoa concederglifinita che fusse laguerrasussidio di dumila fanti spagnuoliper la impresa la qualeaveva in animo di fare contro a' fiorentini in favore di Piero de'Medici.

Credettesiche Giampaolo Baglioniche era venuto a Roma insieme con l'Alvianocosí comeseguitando l'esempio suotrattava in uno tempomedesimo di condursi co' franzesi e con gli spagnuoli lo seguitassesimilmente nella deliberazione. Ma il cardinale di Roanoattonitodella alienazione degli Orsiniper la quale si conosceva essereridotte in dubbio le speranze prima quasi certe de' franzesilocondusse subitoconcedendogli qualunque condizione dimandòagli stipendi del suo re con cento cinquanta uomini d'armebenchésotto nome de' fiorentiniperché cosí volle Giampagoloper essere piú sicuro di ricevere a tempi debiti i pagamenti:i quali si aveano a compensare in quello che dovevano al re per virtúdelle loro convenzioni. E nondimeno Giampagoloritornato a Perugiaper mettere in ordine le gentie ricevuti ducati quattordicimilagovernandosi piú secondo i successi delle cose comuni osecondo le passioni e interessi suoi che secondo quello che convieneall'onore e alla fede de' soldatie differendo l'andare all'esercitofranzese con varie scusenon si mosse da Perugia; il che ilcardinale di Roano interpretò essere proceduto perchéGiampaoloimitando la fede poco sincera de' capitani d'Italiaavesseinsino quando fu condottopromesso a Bartolomeo d'Alviano eagli spagnuoli di cosí fare.

Conla condotta degli Orsini si congiunse la pace tra loro e i Colonnesistipulata nell'ora medesima nella abitazione dell'oratore spagnuolonel quale e nell'oratore viniziano rimessono concordemente tutte ledifferenze. Per l'unione de' quali il Valentino impauritoavendodeliberato di partirsi di Roma e già movendosi per andare aBraccianoperché Giangiordano Orsino aveva data la fede alcardinale di Roano di condurvelo sicuroGiampaolo e gli Orsinidisposti di assaltarlonon avendo potuto per il ponte di CastelSant'Angelo entrare nel Borgousciti di Roma e condotti con lungocircuito alla porta del Torronela quale era chiusal'abbrucioronoed entrati dentro cominciorono a combattere con alcuni cavalli delValentino; e benché in aiuto suo concorressino molti soldatifranzesi i quali non erano partiti ancora di Romanondimeno essendomaggiori le forze e grande l'impeto degli inimicie facendo le gentisueil numero delle quali era prima molto diminuitosegno diabbandonarlofu costretto insieme col principe di Squillaci e alcunide' cardinali spagnuoli rifuggirsi nel palagio di Vaticano; donde siritirò subito in Castel Sant'Angeloricevuta con consenso delpontefice la fede dal castellanoil quale era quel medesimo che atempo del pontefice passatodi lasciarneloogni volta volessepartire salvo: e le sue genti tutte si dispersono. Fu ferito inquesto tumultobenché leggiermenteil baglí di Occane il cardinale di Roano ebbe quello giorno molto timore di semedesimo.

Rimossaper questo accidente la materia degli scandoli si rimossonomedesimamente di Roma i tumultidi maniera che quietamente sicominciò a dare opera alla elezione del nuovo pontefice:perché Pionon ingannando la speranza conceputa nella suacreazione da' cardinalieraventisei dí dopo l'elezionepassato a vita migliore. Dopo la morte del quale essendosi differitodal collegio de' cardinali alquanti dí l'entrare in conclaveperché vollono che prima uscissino di Roma gli Orsinirimastivi per fare il numero delle genti della condotta lorosistabilí fuori del conclave la elezione; perché ilcardinale di San Piero a Vincolapotente di amici di riputazione edi ricchezzeaveva tirati a sé i voti di tanti cardinali chenon avendo ardire di opporsegli quegli che erano di contrariasentenzaentrando in conclave già papa certo e stabilitofucon esempio incognito prima alla memoria degli uominisenza chealtrimenti si chiudesse il conclavela notte medesimache fu lanotte dell'ultimo dí di ottobreassunto al pontificato. Ilqualeo risguardando al nome suo primo di Giuliano ocome fu lafamaper significare la grandezza de' suoi concetti o per noncedereeziandio nella eccellenza del nomead Alessandroassunse ilnome di Giulio; secondotra tutti i pontefici passatidi tale nome.Grande fu certamente la maraviglia universale che il pontificatofusse stato deferitocon tanta concordiaa uno cardinale il qualeera notissimo essere di natura molto difficile e formidabile aciascuno; e il qualeinquietissimo in ogni tempo e che avevaconsumato la età in continui travagliaveva per necessitàoffeso molti ed esercitato odii e inimicizie con molti uomini grandi.Ma apparirono da altra parte manifestamente le cagioni per le qualisuperate tutte le difficoltàfu esaltato a tanto grado.Perchéper essere stato lungamente cardinale molto potenteeper la magnificenza con la quale aveva sempre trapassato tutti glialtri e per la grandezza rarissima del suo animonon solo avevaamici assai ma autorità molto inveterata nella corteeotteneva nome di essere precipuo difensore della degnità elibertà ecclesiastica. Ma molto piú ve lo promossono lepromissioni immoderate e infinite fatte da lui a cardinali a príncipia baroni e a ciascuno che gli potesse essere utile a questo negoziodi quanto seppono dimandare. Ed ebbe oltre a ciò facoltàdi distribuire danari e molti benefici e degnitàecclesiastichecosí delle sue proprie come di quelle dialtriperché alla fama della sua liberalità molticoncorrevano spontaneamente a offerirgli che usasse a proposito suo idanari il nome gli uffici e i benefici loro; né fu consideratoper alcuno essere molto maggiori le sue promesse di quello che poiponteficepotesse o dovesse osservareperché avevalungamente avuto nome tale d'uomo libero e veridico che Alessandrosestoinimico suo tanto acerbomordendolo nell'altre coseconfessava lui essere uomo verace: la quale laude eglisapendo cheniuno piú facilmente inganna gli altri che chi è solitoe ha fama di mai non gli ingannarenon tenne contoper conseguireil pontificatodi maculare. Assentí a questa elezione ilcardinale di Roanoperchédisperando di potere ottenere ilpontificato per sésperò cheper le dependenzepassateavesse a essere amico del suo re come insino allora erastato riputato. Assentivvi il cardinale Ascanio riconciliato primacon luideposta la memoria delle antiche contenzioni che avevanoavute insieme quandocardinali tutt'a due innanzi al pontificato diAlessandroseguitavano la corte romana; perché conoscendomeglio che non aveva fatto il cardinale di Roanola sua naturasperò che diventato pontefice avesse ad avere la inquietudinemedesima o maggiore di quella che aveva avuta in minore fortunaeconcetti tali che gli potrebbono aprire la via a ricuperare il ducatodi Milano. Assentironvi similmentese bene prima n'avessino l'animoalienissimoi cardinali spagnuoli: perchévedendoconcorrervi tanti altri e perciò temendo non esseresufficienti a interrompere la sua elezionegiudicorono essere piúsicuro il mitigarlo consentendo che esasperarlo negandoe confidandoin qualche parte nelle promesse grandi che ottennono da lui; eindotti dalle persuasioni e da' prieghi del Valentinoridotto intale calamità che era necessitato a seguitare qualunquepericoloso consiglioe ingannato non meno che gli altri dallesperanze sue; perché gli promesse di collocare la figliuola inmatrimonio a Francesco Maria della Rovere prefetto di Romasuonipoteconfermargli il capitanato delle armi della Chiesa equelloche importava piúaiutarlo a recuperare gli stati di Romagnai quali già tuttidalle fortezze in fuorasi erano alienatidalla ubbidienza sua.

Cap.vi

L'azionedei veneziani in Romagna. La questione di Faenza fra il pontefice edi veneziani. Faenza si dà ai veneziani. Il Valentino in poteredel pontefice. Conferma della legazione pontificia in Francia alcard. di Roano.

Lecose della quale provinciapiena di molte novità e mutazionitormentavano con vari pensieri l'animo del ponteficeconoscendosiper allora impotente a disporla ad arbitrio suoe con difficoltàpotendo tollerare che la grandezza de' viniziani vi si ampliasse.Perchécome in Romagna si era inteso la fuga del Valentino inCastel Santo Agnolo e l'essersi dissipate le genti che erano secoquelle città che prima cupidamente l'avevano aspettatoperduta la speranza della sua venutacominciorno a prendere diversipartiti. Cesena era tornata alla divozione antica della Chiesa;Imolaessendo stato il castellano della rocca per opera di alcuniprincipali cittadini ammazzatostava sospesadesiderando alcuni ildominio della Chiesa altri desiderando di ritornare sotto i Riariprimi signori. La città di Furlístata possedutalungamente dagli Ordelaffi innanzi che per concessione di Sistopontefice pervenisse ne' Riariaveva richiamato Antonio dellamedesima famiglia; il qualeavendo prima tentato di entrarvi confavore de' viniziani ma dipoi temendo che essiper occuparla per sénon usassino il nome suoricorrendo a' fiorentini vi era ritornatocon aiuto loro. In Pesero era ritornato Giovanni Sforzain RiminiPandolfo Malatesta; l'uno e l'altro chiamati dal popolo: ma Dionigidi Naldosoldato antico del Valentinorichiesto dal castellano diRimini andò in soccorso suo; peròessendosene fuggitoPandolfola città ritornò sotto il nome del Valentino.Faenza sola era perseverata nella divozione sua piúlungamente; ma privata alla fine della speranza del suo ritornorivolgendosi alle reliquie de' Manfredi suoi antichi signorichiamòAstoregiovane di quella famiglia ma naturaleperché non vierano de' legittimi. Ma i vinizianiaspirando al dominio di tutta laRomagnaavevanosubito dopo la morte di Alessandromandati aRavenna molti soldatico' quali una notte all'improviso assaltoronocon grande impeto la città di Cesena; il popolo della qualedifendendosi virilmenteessiche erano andativi senza artiglierie esperando piú nel furto che nella forzasi ritornorono nelcontado di Ravennaintenti a tutte le cose che potessino dare lorooccasione di distendersi in quella provincia. La quale si presentòloro prontamenteper la discordia tra Dionigi di Naldo e ifaventini: perché essendo molestissimo a Dionigi che ifaventini ritornassino sotto i Manfredida' quali si era ribellatoquando il Valentino assaltò quella cittàchiamati ivinizianidette loro le fortezze di Valdilamone che erano guardateda lui; i quali poco dipoi messono nella rocca di Faenza trecentofantiintrodottivi dal castellano corrotto con danari. Occuporonosimilmentenel tempo medesimoil castello di Furlimpopolo e moltealtre castella della Romagnae mandorono una parte delle loro gentia pigliare la città di Fano; ma il popolo costantemente sidifese per la Chiesa. Furono ancora introdotti in Arimini con volontàdel popoloavendo prima convenuto con Pandolfo Malatesta di dargliin ricompenso la terra di Cittadella nel territorio padovanoprovisione annua e condotta perpetua di gente d'arme; e si voltoronodipoi con sommo studio alla oppugnazione di Faenzaperché ifaventininon spaventati per la perdita della rocca (la quale perchéè edificata in luogo bassoe perché subito con unofosso profondo avevano separata dalla cittàpoteva poconuocergli)resistevano virilmenteaffezionati al nome de' Manfredie sdegnati che dagli uomini di Valdilamone avesse a essere promessoad altri il dominio di Faenza. Ma impotenti a difendersi da loromedesimiperché i viniziani sotto Cristoforo Moro proveditoreavevano accostato l'esercito e l'artiglierie alla terra e occupato iluoghi piú importanti del contadoricercavano aiuto da Giuliogià assunto al pontificato: al quale era molestissima questaaudaciama essendo nuovo in quella sedia e senza forze e senzadanariné sperando aiuto né dal re di Francia nédi Spagnaoccupati in maggiori pensierie perché recusava dicongiugnersi con alcuno di loronon poteva provedervi se non conl'autorità del nome pontificale. La quale per fare esperienzaquanto valesse appresso al senato vinizianoinsieme col rispettodella amicizia tenuta lungo tempo da lui con quella republicamandòil vescovo di Tivoli a Vinegia a lamentarsi cheessendo Faenza cittàdella Chiesanon si astenessino di fare questo disonore a unopontefice il qualeinnanzi che ascendesse a quel gradoera statosempre congiuntissimo con la loro republicae dal qualesalito oraa maggiore fortunapotevano sperare frutti abbondantissimi dellaantica benivolenza.

Ècredibile che nel senato non mancassino di quegli medesimi cheavevano già dissuaso lo implicarsi nelle cose di Pisailricevere in pegno i porti del reame di Napoli e il dividere col re diFrancia il ducato di Milanoi quali considerassino quel che potessepartorire il diventare ogni dí molto piú esosi esospetti a moltie aggiugnere all'altre inimicizie quella de'pontefici; ma essendo stati i consigli ambiziosi favoriti da successitanto felicie però spiegate tutte le vele al vento síprospero della fortunanon erano udite le parole di quegli checonsigliavano il contrario. Peròfu con grande unionerisposto allo imbasciadore del pontefice avere sempre quel senatosommamente desiderato che il cardinale di San Piero in Vincolaascendesse al pontificatoper l'amicizia lunghissima confermata conoffici e benefici innumerabili dati e ricevuti da ciascuna dellepartiné essere da dubitare che colui che avevano tantoosservato quando era cardinale non osservassino ora molto piúquando era pontefice; ma non conoscere già in quello cheoffendessino la sua degnità abbracciando l'occasionela qualese gli era offertadi avere Faenzaperché quella cittànon solamente non era posseduta dalla Chiesa ma la Chiesa medesima siera spontaneamente spogliata di tutte le sue ragioniavendone nelconcistorio trasferito nel duca Valentino sí pienamente ildominio. Ricordargli cheeziandio innanzi a questa concessionenonavevano alla memoria degli uomini posseduto mai i pontefici Faenzaanzi di tempo in tempo l'avevano conceduta a nuovi vicarinon viriconoscendo altra superiorità che il censo; il qualeofferivano prontamente di pagarein caso vi fussino obligati: négià i faventini desiderare il dominio della Chiesa anziaborrendoloavere insino all'estremo adorato il nome del Valentinoe mancata di questo ogni speranza essersi precipitati a chiamare ibastardi della famiglia de' Manfredi. Supplicarlo finalmente cheponteficevolesse conservare verso il senato viniziano il medesimoamore che aveva avuto quando era cardinale.

Arebbeil ponteficepoi che fu certificato dell'animo de' viniziani mandatoil duca Valentino in Romagnail quale raccolto da luisubito cheascese al pontificatocon grande onore e dimostrazione dibenivolenzaalloggiava nel palagio pontificalema se ne astennedubitando che l'andata sua la quale da principio sarebbe stata grataa tutti i popoli non fusse ora molto odiosapoiché giàtutti si erano ribellati da lui. Restava solamente a' faventini ilricorso de' fiorentini: i qualimalcontenti che una cittàtanto vicina pervenisse in potestà de' vinizianivi avevanoda principio mandato dugento fanti e nutritigli con grande speranzadi mandarvi altre gentiper dare loro animo a sostenersi tanto cheil pontefice avesse tempo a soccorrergli; ma vedendo che il ponteficenon era disposto a pigliare l'armie che né l'autoritàdel re di Franciail quale aveva da principio confortato i viniziania non molestare gli stati del Valentinoera bastante a raffrenarglinon volendo soli implicarsi in guerra con inimici tanto potentis'astennono dal mandare loro maggiori aiuti. Però i faventiniesclusi di ogni speranzae avendo già l'esercito vinizianoil quale era alloggiato alla chiesa della Osservanzacominciato abattere con l'artiglierie le mura della cittàcommossi ancoraper essersi scoperto uno trattato e presi alcuni che avevanocongiurato di mettere dentro i vinizianidettono loro la città;i quali si convennono di dare ad Astore certa sovvenzionebenchépiccolaper la sua vita. Avuta Faenzai viniziani arebbono occupatofacilmente Imola e Furlíma per non irritare piú ilponteficeche maravigliosamente si risentivamandate le genti allestanze deliberorono per allora non procedere piú oltre: avendooccupato in Romagnaoltre a Faenza e Arimini co' suoi contadiMontefioreSantarcangeloVerrucchioGatteaSavignanoMeldolaPorto CesenaticoRussi edel territorio d'ImolaTosignanoSolaruolo e Montebattaglia. Tenevansi per il Valentino in Romagnasolamente le rocche di Furlí di Cesena di Furlimpopolo e diBertinorole quali eglicon tutto che molto desiderasse di andarein Romagnaarebbeperché non fussino occupate da' vinizianiconsentito di darle in custodia al ponteficecon obligazione diriaverle da lui quando fussino assicurate; ma il ponteficenonessendo ancora superata dalla forza della dominazione l'antica suasinceritàaveva recusatodicendo non volere spontaneamenteaccettare l'occasioni che lo invitassino a mancargli della fede.Finalmenteper opporsi in qualche modo a' progressi de' vinizianimolestissimi per il pericolo dello stato ecclesiastico al ponteficedesideroso oltre a questo che il Valentino si partisse da Romafuconvenuto con lui (interponendosi in questa convenzione oltre al nomedel pontefice il nome del collegio de' cardinali) che 'l Valentinoper mare se n'andasse alla Spezie e di quiviper terraa Ferrara edipoi a Imolaove si conducessino cento uomini d'arme e centocinquanta cavalli leggieri che ancora seguitavano le sue bandiere.Con la quale resoluzione essendo andato a Ostia per imbarcarsiilponteficepentitosi di non avere accettato le fortezze e giàdispostoin qualunque modo potesse averlea ritenerle per sémandò a lui i cardinali di Volterra e di Surrentoapersuadergli che per ovviare che quelle terre non andassino in manode' viniziani fusse contento deporle in luisotto la medesimapromessa che si era trattata in Roma: ma recusando il Valentino difarloil pontefice sdegnato lo fece ritenere in sulle galee in sullequali era già montatoe dipoi con onesto modo menare allaMaglianadondegiubilando tutta la corte e tutta Roma della suaretenzionefu condotto in palazzoma onorato e carezzatobenchécon diligente guardiaperché il ponteficetemendo che icastellanidisperati della salute suanon vendessino le fortezze a'vinizianicercava d'avere da lui i contrasegni con umanità econ piacevolezza. Cosí la potenza del duca Valentinocresciuta quasi subitamente non manco con la crudeltà e con lefraudi che con l'armi e con la potenza della Chiesaterminòcon piú subita ruina; esperimentando in se medesimo di quegliinganni co' quali il padre ed egli avevano tormentati tanti altri. Néebbono migliore fortuna le sue gentiche condotte in quel diPerugiacon speranza che da' fiorentini e altri fusse fatto lorosalvocondottoscoprendosi alle spalle le genti de' Baglioni de'Vitelli e de' sanesisi ridussenoper salvarsiin sul paese de'fiorentini; dove essendosi distese tra Castiglione e Cortonaeridotte al numero di quattrocento cavalli e pochi fantifurono perordine de' fiorentini svaligiatee fatto prigione don Michele che leguidava. Il quale fu poi da loro conceduto al ponteficeche lodimandò con somma instanzaavendo in odio tutti i ministri diquel pontificatoper essere egli stato fidatissimo ministro edesecutore di tutte le sceleratezze del Valentino; benché (comeper natura si mitigava facilmente verso coloro contro a' quali era inpotestà sua lo incrudelire) non molto dipoi lo liberasse.

Partissiin questo tempo da Roma il cardinale di Roano per ritornarsene inFranciaottenuta da Giuliopiú per non avere avuto ardire didinegarla che per libera volontàla confermazione dellalegazione di quel reame; ma non lo seguitò già ilcardinale Ascaniocon tutto che quando partí di Franciaavesse promesso al re con giuramento di ritornarvi: dal qualegiuramento si era prima fatto occultamente assolvere dal pontefice.Ma l'esempio dell'essere stata la sua credulità schernita dalcardinale Ascanio non fece il cardinale di Roano piú cautonelle cose di Pandolfo. Il qualericevutolo in Siena con grandissimoonore e insinuatosegli con grande astuzia e con artificiosi consiglie promettendogli la restituzione di Montepulciano a' fiorentiniglipersuase tanto della sua fede e della devozione verso il re che 'lcardinalecome fu in Franciaoltre all'affermare non avere trovatoin tutta Italia uomo piú saggio di Pandolfofu operatore che'l re concedesse che Borghese suo figliuolomandato in Francia persicurtà dell'osservanza delle promesse paternese neritornasse a Siena. -

 

Cap.vii

Sfortunadei francesi nella guerra contro la Spagna. Cessazione delleoperazioni alla frontiera franco spagnola. La lotta al Garigliano.Infermità nell'esercito francese e discordia fra i capitani.Sconfitta dei francesi; resa di Gaeta. Le cause della sconfittafrancese.

Questefurono le mutazioni che succederono in Italia per la morte delpontefice. Ma in questi tempi medesimi l'imprese cominciate con tantasperanza dal re di Francia di là da' monti erano ridotte inmolta difficoltà. Perché l'esercito andato a' confinidi Guascognaper mancamento di danari e per poco governo di chi locomandavasi era prestamente risoluto; e l'armata di mareavendoscorso con piccolo frutto per i mari di Spagnasi era ritirata nelporto di Marsilia. E l'esercito andato verso Perpignanone'progressi del quale il re molto confidava essendo continuamente beneproveduto di tutte le cose necessariesi era posto a campo a Salsfortezza vicina a Nerbona posta a' piedi de' monti Pirenei nelcontado di Rossiglionela quale essendo bene difesa faceva gagliardaresistenza; e ancoraché da' franzesi fusse valorosamentecombattutae usate tutte le diligenze di battere le mura conl'artiglierie e di rovinarle con le minenondimeno non potettono maiottenerla: anziessendosi congregato per soccorrerla grandissimoesercito di tutti i regni di Spagna a Perpignanoove era venuta lapersona del ree unitesi a questo esercitoper la resoluzione de'franzesi che erano stati mandati verso Fonterabiale genti che eranoandate a difendere quella frontierae tutti insieme movendosi perassaltare l'esercito franzesei capitani conoscendosi inferiori siritirorno col campo verso Nerbonaessendo già stati intorno aSals circa quaranta dí. Dietro a' quali entrorno gli spagnuoline' confini del re di Francia; e prese alcune terre di piccolaimportanzaessendo i franzesi fermatisi a Nerbona stativi pochi dísi ritirorono ne' terreni loro per comandamento del suo recheavendo conseguito quel che è il proprio fine di chi èassaltato nutriva malvolentieri la guerra di là da' monticonscio che i suoi regni potentissimi a difendersi dal re di Franciaerano deboli a offenderlo: né molti dí poiinterponendosene il re Federigofeciono insieme tregua per cinquemesiper le cose oltramontane solamente. Perché Federigoessendogli data intenzione dal re di Spagna di consentire allarestituzione sua nel regno di Napolie sperando che il medesimoavesse a consentire il re di Franciaappresso al qualeindotta acompassionesi affaticava molto per lui la reina di Franciaavevaintrodotto tra loro pratiche di pace: per le qualimentre che ardevala guerra in Italiaandorno in Francia imbasciadori del re diSpagnagovernandosi con tanto artificio che Federigo si persuadevache la difficoltà della sua restituzionecontradettaestremamente da' baroni della parte angioinaconsistesseprincipalmente nel re di Francia.

Essendoadunque ridotte tutte le guerre de' due re nel regno di Napolieranovolti a quella parte gli occhi e i pensieri di ciascuno. Perchéi franzesipartiti da Roma e passati per le terre di Valmontone ede' Colonnesiper le quali furono concedute loro volontariamente levettovagliecamminavano per la campagna ecclesiastica inverso SanGermano; ove Consalvomessa guardia in Roccasecca e in Montecasinosi era fermatonon con intenzione di tentare la fortuna ma diproibire che non passassino piú innanziil che per lafortezza del sito sperava agevolmente potere fare. Arrivati ifranzesi a Pontecorvo e a Cepperanosi uní con loro ilmarchese di Saluzzo con le genti di Gaeta; avendo primaperl'occasione della partita di Consalvoricuperato il ducato diTraietto e il contado di Fondi insino al fiume del Garigliano. Fu laprima fatica dello esercito franzese la oppugnazione di Roccasecca;dalla qualedato che v'ebbono invano uno assaltosi levoronomadivenutine in tanto dispregio che publicamente si affermavanell'esercito spagnuoloquel giorno avere assicurato il reame diNapoli da' franzesi. I quali per questodiffidandosi di spuntare gliinimici dal passo di San Germanodeliberorno voltarsi al camminodella marina; e perciòpoiché furono stati due dífermi in Aquinopreso da lorolasciati settecento fanti in RoccaGuglielmaritornati indietro a Pontecorvoandorno per la via diFondi ad alloggiare alla torre posta in su il passo del fiume delGariglianonel quale luogo è fama essere già stata lacittà antichissima di Minturne: alloggiamento non soloopportuno per gittare il ponte e passare il fiumecome era la lorointenzionema comodissimo in caso fussino necessitati asoggiornarviimperocché avevano Gaeta e l'armata di mare allespalleTraiettoItriFondi e tutto il paese insino al Garigliano asua divozione. Riputavasi che nel passare l'esercito franzese ilfiume consistesse momento grande alla vittoriaperchéessendo Consalvo tanto inferiore di forze che non poteva opporsi insulla campagna apertarimaneva libero a' franzesi il cammino insinoalle mura di Napoli; alle quali si sarebbe medesimamente accostatal'armatache non aveva opposizione alcuna per mare. PerciòConsalvopartitosi da San Germanoera venuto dall'altra parte delGariglianoper opporsi con tutte le forze sue perché ifranzesi non passassino: confidandosi di poterlo proibireper ildisavvantaggio e difficoltà che hanno gli eserciti nelpassarequando gli inimici si oppongonoi fiumi che non si guadano.Macome spesso accaderiuscí piú facile quello cheprima si riputava piú difficilee per contrario piúdifficile quel che da tutti era stimato dovere essere piúfacile: perché i franzesiancora che gli spagnuoli sisforzassino di vietarlogittato il ponteguadagnorono il passo delfiume per forza delle artiglieriepiantate parte in sulla ripa dovealloggiavanopiú alta alquanto che la ripa oppositaparte insulle barche levate dalla armata e condotte contro al corsodell'acqua. Ma avendo il dí seguente cominciato a passare siopposeno loro gli spagnuolie assaltando quegli che già eranopassaticon grande animositàgli rimessono sino a mezzo ilponte; e arebbeno seguitatigli piú oltre se dal furore delleartiglierie non fussino stati costretti a ritirarsi. Morí inquesto assalto dalla parte de' franzesi il luogotenente del baglídi Digiunoe dell'esercito spagnuolo Fabio figliuolo di PagoloOrsinogiovane tra i soldati italiani di non piccola espettazione.Fu fama che se i franzesiquando cominciorono a passarefussinoproceduti innanzi virilmenteche sarebbono rimasti quel dísuperiori; ma mentre che procedono lentamente e con dimostrazione ditimidità non solo perderono l'occasione della vittoria di quelgiorno ma si debilitorono in gran parte la speranza del futuroperché dopo quel dí le cose andorono sempre per loropoco felicemente; e già tra' capitani era piú prestoconfusione che concordia esecondo il costume de' soldati franzesiverso i capitani italianipoca obedienza al marchese di Mantovaluogotenente regio: in modo che eglio per questa cagione o perchéveramente fussecome allegavaammalatoo perché dallaesperienza fatta prima a Roccasecca e poi il dí che si tentòdi passare il ponte avesse perduto la speranza della vittoriasipartí dello esercito; lasciato di sé nel re di Franciaconcetto maggiore di fede che di animo o di governo nell'eserciziomilitare. Dopo la partita del qualei capitani franzesiche erano iprincipali il marchese di Saluzzo il baglí di Occan eSandricortfatto prima alla testa del ponte di là dal fiumeuno riparo con le carrettevi fabricorno uno bastione capace dimolti uominiper il quale non potevano gli inimici assaltargliquando passavano il ponte.

Magli ritardavano a procedere piú oltre altre difficoltàcausate parte per colpa loro parte per la virtú e tolleranzadegli inimici parte per l'iniquità della fortuna. PerchéConsalvointento a impedirgli piú con l'occasione dellavernata e del sito del paese che con le forzesi era fermato aCinturacasale posto in luogo alquanto eminente lontano dal fiume unmiglio poco piú; e la fanteria e l'altre genti alloggiateall'intornoma con molta incomodità perchéalloggiando in luogo solitario e dove sono rarissime le case e lecapanne de' contadini e de' pastorinon vi era quasi coperto alcunoe il terrenoper la bassezza naturale di quella pianura e perchéi tempi erano molti piovosipieno di acqua e di fango: però isoldati che non avevano luogo di alloggiare ne siti piú alticonducendo quantità grande di fascinesi sforzavano coprirecon esse il terreno dove alloggiavano. Per le quali difficoltàe perché l'esercito era mal pagatoe per avere i franzesiguadagnato del tutto il passo del fiumefu consiglio di alcunicapitani di ritirarsi a Capuaacciò che le genti patissinomancoe per levarsi dal pericolo in che pareva che si stessecontinuamente essendo inferiori di gente agli inimici. Il qualeconsiglio fu magnanimamente rifiutato da Consalvocon quella vocememorabile: desiderare piú tosto di avereal presentela suasepoltura un palmo di terreno piú avanti checol ritirarsiindietro poche bracciaallungare la vita cento anni; e cosíresistendo alle difficoltà con la costanza dello animoedessendosi fortificato con uno fosso profondo e con due bastioni fattialla fronte dello alloggiamento dello esercitosi manteneva oppositoa' franzesi. I qualibenché avessino fatto il bastionenontentavano di muoversi perchéessendo il paese tutto inondatoper le pioggie e per l'acque del fiume (è questo luogochiamato da Tito Livioper la vicinità di Sessal'acquesinuessanee forse sono le paludi di Minturne nelle quali C. Mariofuggendo Silla si occultò)non potevano procedere innanzi senon per via strettapiena di fango altissimo e dove era sfondatotutto il terrenoné senza pericolo di essere assaltati perfianco dalla fanteria spedita degli spagnuoli che alloggiava moltovicina. Ed erano per sorte quella vernata i tempi freddissimi easprissimi e con nevi e pioggie quasi continuemolto piú chenon era il solito di quello paese e di quella stagioneonde parevache la fortuna e il cielo fussino congiurati contro a' franzesi: iqualisoprasedendonon solo consumavano il tempo inutilmente maricevevano dalla dilazioneper la natura loroquasi quel medesimonocumento che dal veleno che opera lentamente ricevono i corpi umani.Perché se bene alloggiavano con minore incomodità chenon alloggiavano gli spagnuoliperché le reliquie di unoteatro anticoalle quali avevano congiunti molti coperti di legnamee le case e l'osterie vicine ne coprivano una partee il luogointorno alla torre essendo alquanto piú alto che il piano diSessa era manco offeso dalle acquee si era anche la maggiore partedella cavalleria ridotta in Traietto e nelle terre circostantinondimenonon resistendo per natura i corpi de' franzesi e de'svizzeri alle fatiche lunghe e alle incomodità come resistonoi corpi degli spagnuoliraffreddava continuamente l'impeto e lacaldezza degli animi loro. E si augumentavano queste difficoltàper la avarizia de' ministri proposti dal re sopra le vettovaglie esopra i pagamenti de' soldati; i qualiintenti al guadagno proprioné pretermettendo alcuna specie di fraudelasciavanodiminuire il numeroné tenevano il campo abbondante divettovaglie. Per le quali cagioni già molte infermitàsopravenivano nell'esercito: e il numero de' soldatibenchéa' pagamenti fusse quasi il medesimoera in quanto allo effettomolto minoreessendosi anche delle genti italiane risoluta per sestessa qualche parte. I quali disordini faceva maggiori la discordiade' capitaniper la quale non si governava l'esercito né conlo ordine né con la obbedienza conveniente. Cosí ifranzesiimpediti dall'asprezza della vernatasoggiornavanooziosamente in sulla ripa del Garigliano; non si facendonéper gli inimici né per lorofazione alcuna eccetto cheleggiere battaglienon importanti alla somma delle cosenelle qualipareva che quasi sempre prevalessino gli spagnuoli. E accadde anchein questi dí medesimiche i fanti i quali erano statilasciati da' franzesi alla guardia di Rocca Guglielmanon potendosostenere le molestie che dalle genti che guardavano Roccasecca e leterre circostanti quotidianamente sostenevano e peròritornandosene all'esercitofurono nel cammino rotti da quelle.

Maessendo sute già molti dí le cose in quello statosopragiunsono all'esercito spagnuolo con le compagnie loro Bartolomeoda Alviano e gli altri Orsini: per la venuta de' quali essendoaccresciute le forze di Consalvoin modo che aveva nello esercitonovecento uomini d'arme mille cavalli leggieri e novemila fantispagnuolicominciò a pensare non di stare piú alladifesa ma di offendere gl'inimici; dandogli maggiore animo il sapereche i franzesisuperiori molto di cavalli ma non di fantisi eranotanto sparsi per le terre vicine che già gli alloggiamentiloro occupavano poco manco che dieci miglia di paesein modo cheintorno alla torre del Garigliano erano rimasti il marchese diSaluzzo viceré e gli altri capitani principali con la minoreparte dello esercitoe quellabenché vi fusse sopravenutacopia di vettovaglieampliandovisi ogni dí piú leinfermitàper le quali erano morti molti e tra gli altri ilbaglí di Occandiminuiva continuamente. Peròdeliberando di tentare di passare il fiume furtivamenteil chesuccedendo non si dubitava della vittoriadette la cura alloAlvianoautoresecondo dicono alcunidi questo consigliochefabricasse il ponte secretamente. Per ordine del quale essendo statocon molto silenzio fabricatoin uno casale appresso a Sessaunoponte in sulle barchecondottolo di notte al Garigliano e gittatoloal passo di Suioquattro miglia sopra il ponte de' franzesidoveper loro non si teneva guardia alcunasubito che il ponte fugittatoche fu la notte del vigesimo settimo dí di dicembrepassò tutto l'esercitoe in esso la persona di Consalvo; iquali la notte medesima alloggiorono nella terra di Suio contigua alfiumeoccupata da' primi che passorono. E la mattina seguentedípure di venerdífelice agli spagnuoliavendo ordinatoConsalvo che il retroguardo che era alloggiato tra la rocca diMondragone e Carinoliquattro miglia di sotto al ponte de' franzesiandasse ad assaltare il ponte lorosi dirizzò con lavanguardia guidata dall'Alviano e con la battagliache erano passatesecoa seguitare i franzesi. I qualiavendo la notte medesima avutonotizia che gli spagnuoligittato il pontegià passavanooccupati da grandissimo terrorecome quegli che avendo deliberato dinon tentare insino sopravenisse benigna stagione piú cosaalcunae persuadendosi che negli inimici fusse la medesimanegligenza e ignaviasi commossono tanto piú per questoardire e accidente improviso; e peròse benepiúpresto trepidandocome si fa ne' casi subitiche consigliando odeliberandoil viceréal quale molti levatisi da Traietto ede' luoghi circostanti dove erano sparsisi riducevanoavesse perproibire il passo inviato Allegri con alcuni fanti e cavalli versoSuionondimenooccortisi che erano tardied essendo superiore inogni discorso e considerazione il timoresi levorono tumultuosamentea mezzanotte dalla torre del Garigliano per ritirarsi a Gaetalasciatavi la maggiore parte delle munizioni e nove pezzi grossid'artiglieriae insieme rimanendovi i feriti e moltitudine grande diammalati. Ma Consalvointesa la levata loroseguitandogli conl'esercitospinse innanzi Prospero Colonna co' cavalli leggieriacciò che essendo travagliati da loro fussino costretti acamminare piú lentamente. I quali essendo giunti alle spalledi essialla fronte di Scandicominciorono insieme a scaramucciarenon intermettendo i franzesi di camminare e nondimeno fermandosispessoper non si disordinarea' ponti e a' passi forti; donde dopoessersi alquanto sostenuti si ritiravanosempre con ricevere qualchedanno: ed era l'ordine del procedere lorol'artiglierie innanzi atuttila fanteria dipoi e in ultimo luogo i cavallide' qualiquegli che erano gli ultimi combattevano continuamente congl'inimici. Cosí essendo procedutiora fermandosi oraleggiermente combattendoinsino al ponte che è innanzi a Moladi Gaetala necessità costrinse il viceré a farefermare una parte delle sue genti d'arme in su quel passoper darespazio di discostarsi alle sue artiglierie; le qualinon potendoprocedere con la celerità con la quale procedevano le gentigià cominciavano a mescolarsi con loro. Però appiccatain quello luogo una battaglia grandesopragiunse poco dipoi ilretroguardo spagnuoloche passato il fiume senza resistenza alcunacon le barche medesime del ponte che era stato rotto da' franzesicamminava verso Gaeta per la strada diritta; essendo Consalvocolresto dell'esercitoandato sempre per la costiera. Combattessi alponte di Mola per alquanto spazio di tempo ferocemente; sostenendosii franzesibenché pieni di molto timoreprincipalmente perla fortezza del sitoe assaltandogli gli spagnuolia' quali giàpareva essere in possessione della vittoriamolto impetuosamente.Finalmente i franzesi non potendo piú resisteree temendo nonfusse tagliata loro la strada da una parte delle genti la qualeConsalvo aveva mandata per la costiera a questo effettocomincioronocon disordine a ritirarsi; e seguitandogli continuamente gli inimiciarrivati al capo di due viedelle quali l'una va a Itri l'altra aGaetasi messono in manifesta fuga; restandone morti moltitra'quali Bernardino Adorno luogotenente di cinquanta lancielasciatel'artiglierie con tutti i cavalli del suo servigioche erano staticondotti di Franciapiú di mille; e restandone moltiprigioni: gli altri fuggirono in Gaetaseguitati vittoriosamenteinsino alle porte di quella città. E nel tempo medesimoFabrizio Colonnamandato da Consalvopoiché ebbe passato ilfiumecon cinquecento cavalli e mille fanti alla volta di PonteCorvo e delle Fracecol favore della maggior parte delle castella edegli uomini del paesesvaligiò le compagnie di Lodovicodella Mirandola e di Alessandro da Triulzi. Furonooltre a questipresi e spogliati per il paese molti di quegli i qualialloggiati aFondi a Itri e ne' luoghi circostantiinteso essersi gittato ilponte dagli spagnuolinon erano andati a unirsi con l'esercito allatorre del Garigliano ma per salvarsi avevanosparsipresotumultuosamente il cammino in diversi luoghi. Maggiore infortunioebbono Piero de' Mediciche seguitava il campo de' franzesiealcuni altri gentiluomini; i qualiessendo nella levata delloesercito dal Garigliano saliti in su una barcacon quattro pezzi diartiglieria per condurgli a Gaetaper troppo peso e perchéebbono i venti contrarialla foce del fiume andata sotto la barcaannegorono tutti. Alloggiò la notte seguente Consalvo conl'esercito a Castellone e a Mola; e accostatosi il dí seguentea Gaetaove oltre a' capitani franzesi erano rifuggiti i príncipidi Salerno e di Bisignanooccupò subito il borgo e il monteche era stato abbandonato da' franzesi. I qualibenché inGaeta fusse gente bastante a difenderla e a sufficienza vettovagliee il luogo opportuno a essere con l'armate di mare soccorsonondimeno invilitiné disposti a tollerare il tedio delloaspettare gli aiuti incertivoltorono subito l'animo ad accordarsi;e perciòessendo di consentimento degli altri andati atrattare con Consalvo il baglí di DigiunoSanta Colomba eTeodoro da Triulziconvennonoil primo dí dell'anno millecinquecento quattrodi consegnare Gaeta e la fortezza a Consalvoavendo facoltà d'uscire con le robe loro salviper terra eper marefuora del reame di Napolie che Obigní e gli altriprigioni fussino da ogni parte liberati; ma questo non fu síchiaramente capitolato che non avesse Consalvo occasione di disputarecheper virtú di tale convenzionenon si intendevanoliberati i baroni del regno napoletano.

Questaè la rotta che ebbe l'esercito del re di Francia appresso alfiume del Gariglianoin sulla ripa del quale era stato fermo circacinquanta dí; causata non meno da' disordini propri che dallavirtú degli inimici; e rotta molto memorabileperchéne seguitò la perdita totale di sí nobile e potentereame e la stabilità dello imperio degli spagnuoli; e piúmemorabile ancoraperché essendovi entrati i franzesi moltosuperiori di forze agli inimicie abbondantissimi di tutte leprovisioni terrestri e marittime che sono necessarie alla guerrafurono debellati con tanta facilitàe senza sangue e pericoloalcuno de' vincitori; e perchécon tutto che pochi nemorissino per il ferro degli inimicifu per vari accidentipiccolissimo il numero di quegli che si salvorno di tanto esercito.Conciossiacosaché de' fanti i quali nella fuga salvorono lepersone loroe di quegli ancora che fatto l'accordo si partirono perterra da Gaetane morí una parte per la strada consumati da'freddi e dalle infermità; e quegli di loro che giunsono a Romavivi vi si condussono la piú parte ignudi e miserabilidondemolti ne morirono per gli spedalie la notteper il freddo e per lafameper le piazze e per le strade. E quel che ne fusse cagioneoil fato avverso a' franzesi (né meno avverso alla nobiltàche alla gente plebea) o le infermità contratte per leincomodità sostenute intorno al Gariglianomolti di queglichefatto che fu l'accordosi erano per mare partiti da Gaetaovelasciorno la maggiore parte de' loro cavallimorirono o in cammino osubito che furono arrivati in Francia: tra' quali fu il marchese diSaluzzoSandricort e il baglí della Montagna e moltigentiluomini. Fu considerato cheoltre a quello che si potevaattribuire alla discordia e al poco governo de' capitani franzesi ealla asprezza de' tempie il non essere i franzesi e i svizzeriabili quanto gli spagnuoli a tollerare con l'animo il tedio dellalunghezza delle cose né col corpo le incomodità e lefatichedue cose principalmente aveano impedita al re di Francia lavittoria. L'unala lunga dimora che fece l'esercitoper la mortedel ponteficein terra di Romadalla quale fu causato che primasopravenne la vernatae che prima Consalvo condusse agli stipendisuoi gli Orsiniche essi entrassino nel regno; perché non sidubita che se vi fussino entrati nella stagione benigna sarebbe statonecessitato Consalvoallora molto inferiore di forze néfavorito dalla rigidità de' tempiabbandonata la maggioreparte del reamea ritirarsi in pochi luoghi forti: l'altral'avarizia de' commissari regii quali fraudando il re ne' pagamentide' soldatie disordinando per la medesima intenzione levettovagliefurono non piccola cagione della diminuzione di quelloesercito; perché il re aveva con grandissima prontezza fattaprovisione tale di tutte le cose necessarie che è certo che altempo della rotta erano in Romaper ordine suoquantitàgrande di danari e apparato grande di vettovaglie; e se beneall'ultimoper le moltissime querele de' capitani e di tuttol'esercitovi fusse maggiore larghezza del viverenondimeno primave ne era stata strettezza tale che questo disordineaggiuntoall'altre incomoditàera stato cagione di tante infermitàe della partita di molta gente e dell'essersi molti distesi ne'luoghi circostanti: dalle quali cose finalmente procedette la ruinadello esercito. Perché come alla sostentazione di uno corponon basta solamente il bene essere del capo ma è necessarioche gli altri membri faccino lo ufficio suocosí non bastache il principe sia senza colpa delle cose se ne' ministri suoi non èproporzionatamente la debita diligenza e virtú.

Cap.viii

Pacefra i veneziani ed i turchi; soddisfazione degli uni e degli altri;patti dell'accordo.

Nell'annomedesimo che queste cose tanto gravi in Italia succederono si fece lapace tra Baiseth otomanno e i vinizianila quale da ciascuna delleparti fu abbracciata cupidamente. Perché Baisethprincipe diingegno mansueto e molto dissimile alla ferocia del padree deditoalle lettere e agli studi de' libri sacri della sua religioneavevaper natura l'animo alienissimo dalle armi: peròavendocominciata la guerra con potentissimi apparati terrestri e marittimie occupato ne' primi due anninella MoreaNaupatto (oggi èdetto Lepanto)ModoneCorone e Giunconon l'aveva continuata poicon la medesima caldezza; movendolo forseoltre al desiderio dellaquieteil sospetto che o i pericoli propri o l'amore della religionenon concitassino contro a lui i príncipi cristiani: perchée il pontefice Alessandro aveva mandato alcune galee sottili in aiutode' vinizianie insieme con loro aveva sollevato con danariUladislao re di Boemia e di Ungheria a muovere la guerra ne' confinide' turchi; e i re di Francia e di Spagna mandorono ciascuno di loroma non nel tempo medesimol'armata sua a congiugnersi con quella da'viniziani. Ma piú cupidamente ancora fu accettata la pace de'viniziania' quali si interrompeva per la guerracon gravissimodetrimento publico e privatoil commercio delle mercatanzie le qualidagli uomini loro si esercitavano in molte parti di levante; eperchéessendo la città di Vinegia consueta a trarreciascuno anno delle terre suddite a' turchi copia grandissima difrumentodava loro non piccole difficoltà l'essere privati ditale comodità; ma molto piú perchésoliti adaccrescere lo imperio loro nelle guerre con gli altri príncipiniuna cosa avevano piú in orrore che la potenza degliotomannida' quali qualunque volta avevano avuta guerra insiemeerano stati battuti: perché e Amurato avolo di Baiseth avevaoccupato la città di Tessalonicaoggi Salonichappartenenteal dominio venetoe poi Maumeth suo padreavendo avuto sedici annicontinua guerra con essitolse loro l'isola di Negroponteuna partegrande del Peloponneso oggi detta la MoreaScudri e molte altreterre in Macedonia e in Albania. In modo chesostenendo la guerraco' turchi con gravissime difficoltà e spese smisurate e senzasperanza di conseguirne frutto alcunoe oltre a questo temendo tantopiú di non essere assaltati nel tempo medesimo dagli altripríncipi cristianierano sempre desiderosissimi di avere lapace con loro. Fu lecito a Baisethper le condizioni dell'accordoritenersi tutto quello che aveva occupato; e i vinizianiritenendosil'isola di Cefalonia anticamente detta Leucadefurno costretti arestituirgli l'isola di Neritooggi denominata Santa Maura.

Cap.ix

Commerciode' portoghesi coll'Oriente e danno derivatone a' veneziani.Cristoforo Colombo e la scoperta delle nuove terre a occidente.Errori degli antichi rivelati dalle nuove scoperte.

Manon aveva dato tanta molestia a' viniziani la guerra de' turchiquanta molestia e detrimento dette l'essere stato intercetto dal redi Portogallo il commercio delle spezieriele quali i mercanti e ilegni loro conducendo da Alessandriacittà nobilissimaaVinegiaspargevano con grandissimo guadagno per tutte le provinciedella cristianità. La quale cosaessendo stata delle piúmemorabili che da molti secoli in qua siano accadute nel mondoeavendoper il danno che ne ricevé la città di Vinegiaqualche connessità con le cose italianenon è al tuttofuora del proposito farne alquanto distesamente memoria.

Coloroi quali speculandocon ingegno e considerazioni maraviglioseilmoto e la disposizione del cielo n'hanno dato notizia a' posterifigurorno cheper la rotondità del cielodiscorradall'occidente all'oriente una linea distante in ogni sua parteegualmente dal polo settentrionale e dal polo meridionaledetta daloro linea equinoziale perché quando il sole è sottosono allora eguali il dí e la notte; la longitudine dellaquale linea divisono con la immaginazione in trecento sessanta partile quali chiamorono gradi; cosí come il circuito del cielo permezzo de' poli è medesimamente gradi trecento sessanta. Dietroalla norma data da questii cosmografimisurando e dividendo laterrafigurorono in terra una linea equinoziale che cadeperpendicolarmente sotto la linea celeste figurata dagli astrologi;dividendo similmente quella e il circuito della terra con una lineacadente perpendicolarmente sotto i poliin latitudine di graditrecento sessanta: di maniera che dal polo nostro al polo meridionaleposono distanza di gradi cent'ottantae da ciascuno de' poli allalinea equinoziale gradi novanta. Queste cose furono dette in generaleda' cosmografi. Ma quanto al particolare dell'abitato della terradata quella notizia che aveano di una parte della terra che èsotto al nostro emisperiosi persuasono che quella parte della terrache è sotto alla torrida zonafigurata in cielo dagliastrologi (nella quale zona si contiene la linea equinoziale) comepiú prossima al solefusse per la calidità suainabitabilee che dal nostro emisperio non si potesse procedere alleterre che sono sotto la torrida zona né a quelle che di làda essa verso il polo meridionale consistono; le quali Tolemeoperconfessione di tutti principe de' cosmografichiamava terre e mariincogniti. Onde ed esso e gli altri presupposono che chi dal nostroemisperio volesse passare al seno arabico e al seno persicoo aquelle parti della India che prima feciono note agli uomini nostri levittorie di Alessandro magnofusse costretto andarvi o per terraoapprossimato che si fusse per il mare Mediterraneo quanto poteva aessifare per terra il rimanente del cammino. Queste opinioni epresuppositi essere stati falsi ha dimostrato a' tempi nostri lanavigazione de' portogallesi. Perché avendo cominciatogiàmolti anni sonoi re di Portogallo a costeggiareper cupiditàdi guadagni mercantilil'Africae condottisi a poco a poco insinoall'isole del Cavoverde dette dagli antichisecondo l'opinione dimoltil'isole [Esperide]e che sono gradi [quattordici distantidallo equinoziale verso il polo artico]preso di mano in manomaggiore animovenuti con lungo circuito navigando verso il mezzodíal capo di Buona Speranzapromontorio piú distante che alcunaltro della Affrica dalla linea equinozialee il quale dista daquello gradi [trentotto]e da quello volgendosi allo orientehannonavigato per l'oceano insino al seno arabico e al seno persico; ne'quali luoghi i mercatanti di Alessandria solevano comperare lespezierieparte nate quivi ma che la maggiore parte vi sono condotteda [le isole Molucche] e altre parti della Indiae di poi per terraper cammino lungo e pieno di incomodità e di molte spesecondurle in Alessandriae quivi venderle a' mercatanti viniziani; iquali condottele a Vinegia ne fornivano tutta la cristianitàritornandone loro grandissimi guadagni: perché avendo soli inmano le spezierie costituivano i prezzi ad arbitrio loroe co'medesimi legni co' quali le levavano di Alessandria vi conducevanomoltissime mercatanziee i medesimi legni i quali portavano inFrancia in Fiandra in Inghilterra e negli altri luoghi le spezierietornavano medesimamente a Vinegia carichi di altre mercatanzie: laquale negoziazione augumentava medesimamente molto l'entrate dellarepublicaper le gabelle e passaggi. Ma i portogallesicondottisiper mare da Lisbonacittà regia di Portogalloin quelleparti remotee fatto amicizia nel seno persico co’ re diCaligut e di altre terre vicinee dipoi di mano in mano penetratine' luoghi piú intimi e edificate in progresso di tempofortezze ne' luoghi opportunie con alcune città del paeseconfederatisi altre fattesi con l'armi sudditehanno trasferito insé quel commercio di comperare le spezierie che prima solevanoavere i mercatanti di Alessandria; e conducendole per mare inPortogallo le mandano poieziandio per marein quegli luoghimedesimi ne' quali le mandavano prima i viniziani. Navigazionecertamente maravigliosa e di spazio di miglia [sedicimila]per marial tutto incognitisotto altre stelle sotto altri cieli; con altriinstrumentiperché passata la linea equinoziale non hanno piúper guida la tramontanae rimangono privati dell'uso della calamita;né potendo per tanto cammino toccare se non a terre nonconosciutediverse di lingua di religione e di costumie del tuttobarbare e inimicissime de' forestieri: e nondimenonon ostante tantedifficoltàs'hanno fatta in progresso di tempo questanavigazione tanto familiare cheove prima consumavano a condurvisi[dieci] mesi di tempola finiscono oggi comunementecon pericolimolto minoriin [sei] mesi.

Mapiú maravigliosa ancora è stata la navigazione deglispagnuolicominciata l'anno mille quattrocento novanta...perinvenzione di Cristoforo Colombo genovese. Il qualeavendo moltevolte navigato per il mare Oceanoe congetturando per l'osservazionedi certi venti quel che poi veramente gli succedetteimpetrati daire di Spagna certi legni e navigando verso l'occidentescoperseincapo di [trentatré] dínell'ultime estremitàdel nostro emisperioalcune isoledelle quali prima niuna notizias'aveva; felici per il sito del cielo per la fertilità dellaterra e perchéda certe popolazioni fierissime infuora che sicibano de' corpi umaniquasi tutti gli abitatorisemplicissimi dicostumi e contenti di quel che produce la benignità dellanaturanon sono tormentati né da avarizia né daambizione; ma infelicissime perchénon avendo gli uomini nécerta religione né notizia di letterenon perizia di artificinon armi non arte di guerra non scienza non esperienza alcuna dellecosesonoquasi non altrimenti che animali mansuetifacilissimapreda di chiunque gli assalta. Onde allettati gli spagnuoli dallafacilità dell'occuparle e dalla ricchezza della predaperchéin esse sono state trovate vene abbondantissime d'orocominciornomolti di loro come in domicilio proprio ad abitarvi. E penetratoCristoforo Colombo piú oltree dopo lui Amerigo Vespuccifiorentino e successivamente molti altrihanno scoperte altre isolee grandissimi paesi di terra ferma; e in alcuni di essibenchéin quasi tutti il contrario e nell'edificare publicamente eprivatamentee nel vestire e nel conversarecostumi e pulitezzacivilema tutte genti imbelli e facili a essere predate: ma tantospazio di paesi nuovi che sono - senza comparazione maggiore spazioche l'abitato che prima era a notizia nostra. Ne' quali distendendosicon nuove genti e con nuove navigazioni gli spagnuolie ora cavandooro e argento delle vene che sono in molti luoghi e dell'arene de'fiumiora comperandone per prezzo di cose vilissime dagli abitatoriora rubando il già accumulaton'hanno condotto nella Spagnainfinita quantità; navigandovi privatamentebenché conlicenza del re e a spese propriemoltima dandone ciascuno al re laquinta parte di tutto quello che o cavava o altrimenti gli pervenivanelle mani. Anzi è proceduto tanto oltre l'ardire deglispagnuoli che alcune naviessendosi distese verso il mezzodí[cinquantatré] gradi sempre lungo la costa di terra fermaedipoi entrati in uno stretto mare e da quello per amplissimo pelagonavigando nello orientee dipoi ritornando per la navigazione chefanno i portogallesihannocome apparisce manifestissimamentecircuito tutta la terra. Degnie i portogallesi e gli spagnuoli eprecipuamente Colomboinventore di questa piú maravigliosa epiú pericolosa navigazioneche con eterne laudi sia celebratala perizia la industria l'ardire la vigilanza e le fatiche loroperle quali è venuta al secolo nostro notizia di cose tantograndi e tanto inopinate. Ma piú degno di essere celebrato ilproposito loro se a tanti pericoli e fatiche gli avesse indotti nonla sete immoderata dell'oro e delle ricchezze ma la cupidità odi dare a se stessi e agli altri questa notizia o di propagare lafede cristiana: benché questo sia in qualche parte procedutoper conseguenzaperché in molti luoghi sono stati convertitialla nostra religione gli abitatori.

Perqueste navigazioni si è manifestato essersi nella cognizionedella terra ingannati in molte cose gli antichi. Passarsi oltre allalinea equinozialeabitarsi sotto la torrida zona; comemedesimamentecontro all'opinione lorosi è per navigazionedi altri compresoabitarsi sotto le zone propinque a' polisotto lequali affermavano non potersi abitare per i freddi immoderatirispetto al sito del cielo tanto remoto dal corso del sole. Èssimanifestato quel che alcuni degli antichi credevanoaltririprendevanoche sotto i nostri piedi sono altri abitatoridetti daloro gli antipodi. Né solo ha questa navigazione confuso moltecose affermate dagli scrittori delle cose terrenema datooltre aciòqualche anzietà agli interpreti della scritturasacrasoliti a interpretare che quel versicolo del salmochecontiene che in tutta la terra uscí il suono loro e ne'confini del mondo le parole lorosignificasse che la fede di Cristofusseper la bocca degli apostolipenetrata per tutto il mondo:interpretazione aliena dalla veritàperché nonapparendo notizia alcuna di queste terrené trovandosi segnoo reliquia alcuna della nostra fedeè indegno di esserecreduto o che la fede di Cristo vi sia stata innanzi a questi tempi oche questa parte sí vasta del mondo sia mai piú statascoperta o trovata da uomini del nostro emisperio.

Cap.x

Doloree cruccio del re e della corte di Francia pel cattivo esito dellacampagna in Italia. Timori de' partigiani dei francesi; inazione diConsalvo. Fuga del Valentino presso Consalvo e sua prigionia inIspagna. Tregua tra il re di Francia e i re di Spagna. Rapine disoldati spagnuoli nel reame di Napoli.

Maritornando al proposito della nostra narrazionee alle cose che dopol'essersi arrenduta agli spagnuoli Gaeta nell'anno mille cinquecentoquattro succederonole novelle della rotta ricevuta al Gariglianoedi tanti disordini che appresso seguitoronoempierono di lagrime edi pianti quasi tutto il regno di Franciaper la moltitudine de'morti e specialmente per la perdita di tanta nobiltà; donde lacorte tuttacon gli abiti e con molti altri segni di doloreappariva piena di mestizia e di afflizione; e si sentivano per tuttoil reame le voci degli uomini e delle donne che maladivano quel dínel quale prima entrò ne' cuori de' suoi renon contenti ditanto impero che possedevanola sfortunata cupidità diacquistare stati in Italia. Ma sopra tutto era tormentato l'animo delre per la disperazione d'avere piú a ricuperare uno regno sínobilee per tanta diminuzione della estimazione e autoritàsua: ricordavasi delle magnifiche parole le quali aveva dette tantevolte contro al re di Spagnae quanto si fusse vanamente promessodegli apparati fatti per assaltarlo da tante bande; ma accresceva ildolore e la indegnazione sua il considerare cheessendo state fatteda sé con somma diligenza e senza risparmio alcuno tanteprovisionie avendo guerra con inimici poverissimi e bisognosi diogni cosafusse stato per la avarizia e per le fraudi de' ministrisuoi sí ignominiosamente superato. E peròesclamandoinsino al cieloaffermava con efficacissimi giuramenti chepoichéera con tanta negligenza e perfidia servito da' suoi medesimichegiammai commetterebbe piú guerra alcuna a' suoi capitani maandrebbe personalmente a tutte le imprese. Ma lo tormentava ecruciava ancora piú il conoscere quantoper la perdita di unotale esercito e per la morte di tanti capitani e di tanta nobiltàfussino indebolite le forze sue; in modo chese o da Massimilianofusse stato fatto qualche movimento nel ducato di Milano o sel'esercito spagnuolo uscito del reame di Napoli fusse passato piúinnanzidiffidava esso medesimo sommamente di potere difenderequello statomassime congiugnendosi ad alcuno di questi AscanioSforza lo imperio del quale era desiderato ardentemente da tutti ipopoli.

Madel re de' Romani non si maravigliò alcuno che non si destassea tanta opportunitàessendo lo inveterato costume suoscambiare il piú delle volte i tempi e le occasioni. Ma diConsalvo si persuadeva ciascuno il contrario: donde stavano quelliche in Italia aderivano a' franzesi in grandissimo terrore che eglicon la speranza che all'esercito vincitore non avessino a mancaredanari né occasionisenza dilazione seguitasse la vittoriaper sovvertire lo stato di Milano e mutare in cammino le cose diToscana: il che se avesse fatto si credeva fermamente che il re diFranciaesausto di danari e sbattuto d'animoarebbe senza farealcuna resistenza ceduto a questa tempesta; essendo massime l'animodelle sue genti alienissimo dal passare in Italia e avendo quelle chetornorono da Gaeta passato i montisprezzati i comandamenti regi chefurono presentati loro a Genova. E si vedeva chiaramente che il resenza pensiero alcuno alle armiera tutto intento a trattareconcordia con Massimiliano; né meno intento a continuare lepratiche co' re di Spagnaper le qualinon intermesse nell'ardoredella guerraerano stati sempree ancora eranooratori spagnuolinella sua corte. Ma Consalvoche da qui innanzi chiameremo piúspesso il gran capitanopoiché con vittorie sígloriose si aveva confermato il cognome datogli dalla iattanzaspagnuolanon usò tanta occasione: o perchétrovandosi al tutto senza danari e debitore dell'esercito suo dimolte paghegli fusse impossibile muovere con speranze di guadagnifuturi o di pagamenti lontani le genti sueche dimandavano danari ealloggiamentio perché fusse necessitato procedere secondo lavolontà de' suoi re o perché non gli paresse benesicurose prima non cacciava gli inimici di tutto il regno diNapolilevarne l'esercito; perché Luigi d'Ars uno de'capitani franzesiil quale dopo la giornata fatta alla Cirignola sieracon reliquie tali delle genti rotte che non erano in tutto dadisprezzarefermato a Venosae il quale mentre che gli esercitistavano in sulle ripe del Garigliano aveva occupato Troia e SanSeveroteneva sollevata tutta la Puglia; e alcuni de' baroniangioini ritiratisi agli stati loro si difendevanoseguitandoscopertamente il nome del re di Francia: e si aggiunse che poco dopola vittoria si ammalò di pericolosa infermità; per laquale non potendo andare in alcuna espedizione personalmentemandòcon parte delle genti l'Alviano a debellare Luigi d'Ars.

Perla quale sua o deliberazione o necessità di non seguitare perallorafuora del reame di Napolila vittoria restavano l'altre cosed'Italia piú presto in sospetto che in travaglio: perchéi viniziani stavanosecondo l'usanza lorosospesi ad aspettarel'esito delle cose; e a' fiorentini pareva acquistare assai seneltempo che totalmente disperavano del soccorso del re di Francianonfussino assaltati dal gran capitano; e il ponteficedifferendo adaltro tempo i suoi vasti pensierisi affaticava perché ilValentino gli concedesse le fortezze di Furlí di Cesena e diBertinoroche sole per lui si tenevano nella RomagnaperchéAntonio degli Ordelaffi avevapochi dí innanziottenuta conpremi quella di Forlimpopolo dal castellano. ConsentíValentino dare al pontefice i contrasegni di quella di Cesena: con iquali andato Pietro d'Oviedo spagnuolo per riceverla in nome delponteficeil castellanodicendo essergli disonore ubidire alpadrone suo mentre che era prigionee meritare di essere punito chiavesse presunto di fargli tale richiestal'aveva fatto impiccare.Donde il ponteficeescluso dalla speranza di poterle ottenere senzala liberazione del Valentinoconvenne seco (della quale convenzionefu espedita per maggiore sicurtà una bolla nel concistoro) cheil Valentino fusse posto nella rocca di Ostiain assoluta potestàdi Bernardino Carvagial spagnuolocardinale di Santa Crocediliberarlo ogni volta che avesse restituito al pontefice le fortezzedi Cesena e di Bertinoro e che della rocca di Furlí avesseconsegnati i contrassegni al ponteficee data sicurtà dibanchi in Roma per quindicimila ducati; perché quel castellanoprometteva di restituirla ricevuti che avesse i contrassegni e laquantità predettaper sodisfazione delle spese le qualiaffermava d'avere fatte. Ma altra era la mente del pontefice; ilqualebenché non volesse rompere palesemente la fede dataavea in animo di prolungare la sua liberazioneo per timore cheliberatooperasse che 'l castellano di Furlí negasse di darela rocca o per la memoria delle ingiurie ricevute dal padre e da luio per l'odio che ragionevolmente gli portava ciascuno. Della qualcosa sospettando il Valentinoricercò secretamente il grancapitano che gli desse salvocondotto di potere sicuramente andare aNapolie che gli mandasse due galee per levarlo da Ostia; le qualicose essendo consentite da Consalvoil cardinale di Santa Crocecheavea il medesimo sospettosubito che ebbe notizia che oltre allasicurtà data in Roma de' quindicimila ducati i castellani diCesena e di Bertinoro aveano consegnato le fortezzegli dette senzasaputa del pontefice facoltà di partirsi. Il qualenonaspettate le galee che doveva mandargli il gran capitanose ne andòoccultamente per terra a Nettunnoonde in su una piccola barchettasi condusse alla rocca di Mondraconee di quivi per terra a Napoli;ricevuto da Consalvo lietamente e con grande onore. In Napolistandospesso a segreti ragionamenti con Consalvolo ricercò che glidesse comodità di andare a Pisaproponendogli chefermandosiin quella cittàne risulterebbe grandissimo beneficio allecose de' suoi re: il che dimostrando Consalvo di approvareeofferendogli le galee per portarloe dandogli facoltà disoldare nel reame i fanti che e' disegnava di condurre secolo nutríin questa speranza insino a tanto che ebbe risposta da' suoi reconforme a quello che avea disegnato di fare; consultando ciascuno dícon lui sopra le cose di Pisa e di Toscanae offerendosi l'Alvianodi assaltare nel tempo medesimo i fiorentiniper il desiderio cheavea della restituzione de' Medici in Firenze. Ma essendo preparategià le galee e i fanti per partire il dí seguenteilValentinopoiché la sera ebbe parlato lungamente conConsalvoe da lui con dimostrazione grande di amore avuto licenza eabbracciato nel partirsiprocedendo con quella simulazione medesimache si diceva avere usata già contro a Iacopo PiccininoFerdinando vecchio d'Aragonasubito che uscí della camera fuper comandamento suo ritenuto nel castelloe mandato all'oramedesima alla casa dove alloggiava a tôrre il salvocondottocheinnanzi partisse da Ostiagli avea fatto; con tutto cheallegasse cheavendogli comandato i suoi re che lo facesse prigioneprevaleva il comandamento loro al suo salvocondottoperché lasicurtà data di propria autorità dal ministro non eravalida piú che si fusse la volontà del signore.Soggiugnendo oltre a questo essere stata cosa necessaria ilritenerloperchénon contento di tante iniquità cheper l'addietro aveva commesseprocurava di alterare per l'avveniregli stati d'altrimacchinare cose nuove seminare scandoli e farenascere in Italia incendi perniciosi. E poco dipoi lo mandò insu una galea sottile prigione in Ispagnanon servito da altri de'suoi che da uno paggioove fu incarcerato nella rocca di Medina delCampo.

Fecesicirca a questi tempi medesima tregua per terra e [per] marecosíper le cose d'Italia come di là da' montitra 'l re diFrancia e i re di Spagna; alla qualedesiderata molto dal re diFranciaacconsentirno volentieri i re di Spagna perchégiudicorno essere meglio stabilire per questo mezzocon maggioresicurtà e quietel'acquisto fatto che per mezzo di nuoveguerre; le quali essendo piene di molestia e di spese hanno spessevolte fine diverso dalle speranze. Le condizioni furono che ciascunoritenesse quello possedeva: fusse libero per tutti i regni e stati diciascuna delle parti il commercio a' sudditi loroeccetto che nelreame di Napoli: con la quale eccezione ottenne per via indiretta ilgran capitano quel che gli era proibito direttamenteperchénelle frontiere de' luoghi tenute da' franzesiche erano solamentein Calavria Rossanoin Terra d'Otranto Oira e in Puglia VenosaConversano e Casteldelmontepose genti che proibissino che alcuno ode' soldati o degli uomini di quelle terre non conversassino in luogoalcuno posseduto dagli spagnuoli; la quale cosa gli ridusseprestamente in tale strettezza che vedendo Luigi d'Ars e gli altrisoldati e baroni di quelle terre che gli uomininon potendotollerare tante incomoditàdeliberavano d'arrendersi aglispagnuolise ne partirono. E nondimeno il reame di Napolibenchéper tutto ne fussino stati cacciati gli inimicinon godeva i fruttidella pace. Perché i soldati spagnuolicreditori giàdelle paghe di piú di uno annonon contenti che 'l grancapitanoperché si sostentassino insino che avesse provedutoa' danarigli aveva alloggiati in diversi luoghi ne' quali vivevanoa spese de' popolima prestate indiscretissimamente ad arbitrio loro(al che i soldati hanno dato nome di alloggiamento a discrezione)rotti i freni dell'ubbidienza eranocon grandissimo dispiacere delgran capitanoentrati in Capua e in Castell'a mareonde recusandodi partirsi se non si numeravano loro gli stipendi già corsiné a questoperché importavano quantitàgrandissima di danaripotendo provedersi senza aggravareeccessivamente il reame esausto per le lunghe guerre e consumatoerano miserabili le condizioni degli uomininon essendo meno gravela medicina che la infermità che si cercava di curare: cosetanto piú moleste quanto piú erano nuove e fuora degliesempli passati. Perché se bene dopo i tempi antichine'quali la disciplina militare s'amministrava severamentei soldatierano stati sempre licenziosi e gravi a' popolinondimenonondisordinate ancora in tutto le cosevivevano in gran parte de' soldiloro né passava a termini intollerabili la loro licenza. Magli spagnuoli primi in Italia cominciorno a vivere totalmente dellesostanze de' popolidando cagione e forse necessità a tantalicenza l'essere dai suoi reper l'impotenza loromale pagati: dalquale principio ampliandosi la corruttelaperché l'imitazionedel male supera sempre l'esempio come per il contrario l'imitazionedel bene è sempre inferiorecominciorno poi e gli spagnuolimedesimi e non meno gli italiani a fareo siano pagati o non pagatiil medesimo; talmente che con somma infamia della milizia odiernanon sono piú sicure dalla sceleratezza de' soldati le robedegli amici che degli inimici.

Cap.xi

Ilpontefice ottiene Forlí. Vicende della guerra di Firenzecontro Pisa. Vani tentativi de' fiorentini di ridurre con labenevolenza l'inimicizia de' contadini pisani. Richieste d'aiuto de'pisani a Genova.

Latregua fatta tra i re di Francia e di Spagnacon opinione che nonmolto di poi avesse a seguitare la pacee in qualche parte lacattura del Valentino quietorono del tutto le cose della Romagna.Perché essendo prima Imola venuta per volontà de' capidi quella città in potestà del ponteficenésenza volontà del cardinale di San Giorgio nutrito da lui convana speranza di restituirla a' Riari suoi nipoti; ed essendoinquegli díper la morte d'Antonio degli Ordelaffientrato inFurlí Lodovico suo fratello naturalesarebbe quella cittàvenuta in mano de' viniziania' quali Lodovico conoscendosiimpotente a tenerla l'offerivama le condizioni de' tempi glispaventorno da accettarla per non accrescere maggiore indegnazionenel pontefice: il quale non avendo chi se gli opponesse ottenne laterrafuggendosene Lodovicoe finalmentepagati i quindicimiladucatila cittadella; la quale il castellanofedele al Valentinonon consentí mai di dargli se prima per uomini propri mandatia Napoli non ebbe certezza della sua incarcerazione.

Cosíessendosi fermate le guerre per tutte l'altre parti d'Italianoncessorono per ciòal principio di quella statesecondo ilconsuetol'armi de' fiorentini contro a' pisani. I qualiavendocondotti di nuovo a' soldi loro Giampagolo Baglione e alcuni capitanidi genti d'arme Colonnesi e Savellie unite maggiori forze che 'lsolitogli mandorno a guastare le ricolte de' pisani; procedendo aquesto con maggiore animoperché non dubitavano dovere essereimpediti dagli spagnuolinon solo perché i re di Spagna nonaveano nominati i pisani nella treguanella quale era stato lecito aciascuno de' re nominare gli amici e aderenti suoima perchéil gran capitanodopo la vittoria ottenuta contro a' franzesisebene prima avesse dato molte speranze a' pisaniera proceduto contermini mansueti co' fiorentinisperando potergli forse succederecon queste arti il separargli dal re di Franciae con tutto che dapoi fusse escluso da questa speranza nondimenonon volendo colprovocargli dare loro causa che maggiormente si precipitassino atutte le volontà di quel reavea per mezzo di ProsperoColonna fattabenché non altrimenti che con semplici parolequasi una tacita intelligenza con loro che se accadesse che 'l re diFrancia assaltasse di nuovo il reame di Napoli non l'aiutassinoe daaltra parte che da lui non fusse dato aiuto a' pisani se non in casoche i fiorentini mandassino l'esercito con l'artiglierie allaespugnazione di quella cittàla quale desiderava nonrecuperassino mentre che seguitavano l'amicizia del re di Francia.Distesesi l'esercito de' fiorentini non solo a dare il guasto inquelle parti del contado di Pisa nelle quali per l'addietro si eradato ma ancora in San Rossore e in Barbericinadipoi in Valdiserchioe in Val d'Osoliluoghi congiunti a Pisa; dove quando l'esercito erastato meno potente non si era potuto andare senza pericolo: il qualecome fu datoandati a campo a Librafatta ove era piccolo presidiocostrinsono in pochi dí quelli che vi erano dentro adarrendersi liberamente. Né si dubita che quello anno i pisanisarebbono stati costretti per la fame a ricevere il giogo de'fiorentini se non fussino suti sostentati da' vicinie massimamenteda' genovesi e da' lucchesi (perché Pandolfo Petrucciprontissimo a confortare gli altri e larghissimo al promettere diconcorrere alle speseera tardissimo agli effetti): co' danari de'quali Rinieri della Sassetta soldato del gran capitanoottenutalicenza da luie alcuni altri condottieri condussono per maredugento cavalli; e i genovesi vi mandorno uno commissario con millefanti; e il Bardella da Porto Venerecorsale famoso nel mareTirrenoe che pagato da' predetti avea titolo di capitano de'pisanimetteva in Pisa continuamentecon uno galeone e alcunibrigantinivettovaglie. Onde i fiorentinigiudicando necessario cheoltre alle molestie che si davano per terra si proibisse loro l'usodel maresoldorno tre galee sottili del re Federigo che erano inProvenza: con le quali come don Dimas Ricaiensio capitano loro siapprossimò a Livorno il Bardella si discostòcon tuttoche alcuna voltapresa l'occasione de' venticonducesse qualchebarca carica di vettovaglie alla foce d'Arnoonde facilmenteentravano in Pisa. La quale nel tempo medesimo si molestava perterra: perché l'esercito fiorentino presa che ebbe Librafattadistribuitosi in campagna in piú parti di quello contadosiingegnava di proibire la coltivazione delle terre per l'anno futuroe di impedire che per la via di Lucca e del mare non vi entrassinovettovaglie; e dando alla fine della state il guasto a' migli e altrebiade similidelle quali quel paese produce copiosamente. Néstracchi i fiorentini da tante spesené giudicandoimpossibile cosa alcuna che desse loro speranza di pervenire al finedesideratosi ingegnorono con nuovo modo di offendere i pisanitentando di fare passare il fiume d'Arnoche corre per Pisa dallatorre della Fagiana vicina a Pisa a [cinque] migliaper alveo nuovonello stagno che è tra Pisa e Livorno: onde si toglieva lafacoltà di condurre cosa alcuna dal mare per il fiume d'Arno aPisa; né avendo l'acqueche piovevano per il paesecircostanteesitoper la bassezza suadi condursi alla marinarimaneva quella città quasi come in mezzo di una palude; néper la difficoltà di passare Arno arebbeno per l'avvenirepotuto correre i pisani per le collineinterrompendo il commercio daLivorno a Firenze; e acciò che quella parte di Pisa per laquale entrava e usciva il fiume non rimanesse aperta agli insultidegli inimici sarebbeno stati i pisani necessitati a fortificarla. Maquesta operacominciata con grandissima speranza e seguitata conspesa molto maggioreriuscí vana: perchécome il piúdelle volte accade che simili cosebenché con le misureabbino la dimostrazione quasi palpabilesi ripruovano conl'esperienza (paragone certissimo quanto sia distante il mettere indisegno dal mettere in atto)oltre a molte difficoltà nonprima consideratecausate dal corso del fiumee perchéavendo voluto ristrignerlo abbassava da se medesimo rodendo l'alveosuoapparí il letto dello stagno nel quale aveva a entrarecontro a quello che aveano promesso molti ingegnieri e periti diacqueessere piú alto che il letto di Arno. E dimostrandosioltre a quello che per l'ardente desiderio di ottenere Pisa siaspettavala malignità della fortuna contro a' fiorentiniessendo andate le galee soldate da loro a Villafranca per pigliareuna nave de' pisani carica di graninel ritornarsenecombattute da'venti appresso a Rapallefurno costrette a dare in terra; salvandosicon fatica il capitano e gli uomini che le guidavano.

Aggiunsonoi fiorentini alla esperienza dell'armi e del terroreper nonlasciare intentata cosa alcunal'esperienza della benignità edella grazia; perché con nuova legge statuirono che qualunquecittadino o contadino pisano andasse fra certo tempo ad abitare allesue possessioni o alle sue case conseguisse venia di tutte le cosecommessecon la restituzione de' suoi beni. Per la quale abilitàpochi sinceramente uscirno di Pisama moltiquasi tutti personeinutilicon volontà degli altri se ne partironoalleggerendoin uno tempo medesimo la carestia che premeva la cittàeconseguendo comodità di potere in futuro con quelle entrateaiutare quegli che vi erano rimasticome occultamente facevano.

Diminuirnoper queste cose in qualche parte le necessità de' pisanimanon perciò tanto che per la somma povertà e per lacarestia non fussino in grandissime angustie; ma avendo ogni altracosa meno in orrore che 'l nome de' fiorentinise bene qualche voltatitubassino gli animi de' contadinideliberavano patireprima chearrendersiqualunque estremità. Perciò offersono didarsi a' genovesico' quali aveano combattuto tante volte delloimperio e della salutee da' quali la potenza loro era stataafflitta anticamente. Proposono questa cosa i lucchesi e PandolfoPetruccidesiderandoper fuggire quotidianamente spese e molestieobligare i genovesi a difendere Pisae offerendoperché piúfacilmente vi consentissinosostenere per tre anni qualche partedelle spese. Alla qual cosa benché molti in Genovarepugnassinoe specialmente Giovanluigi dal Fiescoaccettando lacittàfeceno instanza che 'l re di Franciasenza la volontàdel quale non erano liberi di prendere tale deliberazioneloconcedesse; dimostrandogli quanto fusse pericoloso che i pisaniesclusi da questa quasi unica speranzasi dessino a' re di Spagnaonde con grandissimo suo pregiudicio e Genova starebbe in continuamolestia e pericoloe la Toscanaquasi tuttasarebbe necessitata aseguitare le parti di Spagna: le quali cagioni benché daprincipio movessino tanto il re che quasi cedesse alla loro dimandanondimenoessendo dipoi considerato nel suo consiglio checominciando i genovesi a implicarsi per se medesimi in guerre e inconfederazioni con altri potentati e in cupidità di accrescereimperiosarebbe cagione chealzandosi continuamente co' pensieri acose maggioriaspirerebbono dopo non molto ad assoluta libertàdenegò loro espressamente l'accettare il dominio de' pisani;ma non vietandocon tutte le querele gravissime co' fiorentinicheperseverassino di aiutargli.

Cap.xii

Ilre di Franciaper le difficoltà della conclusione della pacelicenzia gli ambasciatori spagnuoli. Patti conclusi dal re di Franciacon Massimiliano e con l'arciduca. Morte di Federigo d'Aragona. Mortedi Elisabetta di Castiglia: disposizioni del suo testamento.

Trattavasiin questo tempo medesimo strettamente la pace tra il re di Francia ei re di Spagna; i quali simulatamente proponevano che il regno sirestituisse al re Federigo o al duca di Calavria suo figliuoloa'quali il re di Francia cedesse le sue ragionie che al duca simaritasse la reina vedova nipote di quel reche era già statamoglie di Ferdinando giovane d'Aragona. Né era dubbio il re diFrancia essere alienato tanto con l'animo dalle cose del regno diNapoli che per sé arebbe accettato qualunque forma di pacemanel partito proposto lo ritenevano due difficoltà: l'unabenché piú leggierache pure si vergognava abbandonarei baroni che per avere seguitato la parte sua erano privati de' lorostatia' quali erano proposte condizioni dure e difficili; l'altrache piú lo movevachedubitando che se i re di Spagna avendoaltrimenti nell'animo proponessino a qualche fine con le solite artiquesta restituzionetemeva checonsentendovila cosa non avesseeffettoe nondimeno alienarsi l'animo dello arciducail qualedesiderando di avere il regno di Napoli per il figliuolofacevainstanza che la pace fatta altre volte da sé andasse innanzi.Però rispondeva generalmentedesiderarsi da sé la pacema essergli disonorevole cedere le ragioni che aveva in quel regno auno aragonese; e da altra parte continuava le pratiche antiche col rede' romani e con l'arciduca: le quali come fu quasi certo dovereavere effettoper non le interrompere con la pratica incerta de' redi Spagnadimostrando per maggiore suo onore muoversi per ledifficoltà che toccavano a' baronichiamati a sé gliimbasciadori spagnuolie sedendo nella sedia reale presente tutta lacortecon cerimonie solenni e solite usarsi rare voltesi lamentòche quei re con le parole mostravano desiderio della pace dalla qualeerano colla intenzione molto distanti; e perciònon essendocosa degna da re consumare il tempo in pratiche vaneessere piúconveniente che si partissino del regno di Francia.

Dopola partita de' quali vennono oratori di Massimiliano e dello arciducaper dare perfezione alle cose trattate; nelle qualiperché siindirizzavano a maggiori finiinterveniva il vescovo di Sisteronnunzio residente ordinariamente in quella corte per il ponteficeeil marchese del Finale mandato propriamente da lui per questanegoziazione: la quale essendo molte altre volte stata ventilataedimostrandosi l'utilità molto grande a tutti questi príncipiebbe facilmente conclusione che il matrimoniotrattato primadiClaudia figliuola del re di Francia con Carlo primogenito delloarciduca avesse effetto; aggiugnendoper maggiore corroborazioneche fusse confermato col giuramento e con la soscrizione del re diFranciadi Francesco monsignore d'Angolemil qualenon nascendo alre figliuoli maschiera il piú prossimo alla successioneedi molti altri signori principali del regno di Francia: che annullateper giuste e oneste cagioni tutte le investiture dello stato diMilano concedute insino a quel díMassimiliano ne concedessela investitura al re di Francia per sé e per i figliuolimaschiin caso n'avessee non avendo maschi fusse per favore delmatrimonio predetto conceduta a Claudia e a Carloe morendo Carloinnanzi al matrimonio consumato fusse conceduta a Claudia e alsecondogenito dell'arciducain caso ch'ella si maritasse a lui: chetra il pontefice il re de' romani e il re di Francia e l'arciduca siintendesse fatta confederazione a difesa comune e a offesa de'vinizianiper recuperare le cose che occupavano di tutti: che Cesarepassasse in Italia personalmente contro a' vinizianie poi potessepassare a Roma per la corona dell'imperio: che per la investiturailre di Franciacome ne fusse espedito il privilegiopagasse a luisessantamila fiorini di Reno e sessantamila altri fra sei mesi; eciascuno annonella festa della Natività del Signoreun paiodi sproni d'oro: che a' re di Spagna fusse lasciato luogo di entrarviinfra quattro mesima non dichiarato sein caso non vi entrassinofusse lecito al re di Francia di assaltare il regno di Napoli: che ilre di Francia non aiutasse piú il conte palatinoil qualestimolato da lui e sostentato dalla speranza de' soccorsi suoierain guerra grave col re de' romani: esclusi i vinizianibenchégli oratori loro fussino dal re sempre molto gratamente uditi e che'l cardinale [di Roano]per liberargli di ogni sospettopromettessecontinuamentecon molto efficaci parole e giuramentiche mai il suore contraverrebbe alla confederazione che aveva con loro. Queste cosesi contennono nelle scritture stipulate solennemente; oltre allequali si trattò che Cesare e il re convenissino insieme inquel luogo che altre volte si determinassepromettendo il re cheallora libererebbe di carcere Lodovico Sforzadandogli onesto mododi vivere nel regno di Francia; la salute del quale si vergognavapure Cesare di non procurarericordandosi quanto per le promessefattegli e per la speranza avuta vanamente in lui si fusse acceleratala sua rovina. Peròe quando il cardinale di Roano andòa trovarlo a Trento aveva operato che gli fusse rimesso molto dellastrettezza con la quale prima era tenutoe ora faceva instanza cheliberamente potesse stare nella corte del re o in quella parte diFrancia che al re piú sodisfacesse. Promesse ancora il reainstanza suala restituzione de' fuorusciti del ducato di Milanosopra la quale erano state nella pratica di Trento molte difficoltà.La quale capitolazioneessendo tanto utile per lo arciduca e perMassimilianosi credeva chenon ostante le spesse sue mutazioniavesse a andare innanzi; essendovi compreso il ponteficeed essendograta al re di Francianon tanto per cupidità che avesseallora di nuove imprese quanto per desiderio di ottenere lainvestitura di Milanoe di assicurarsi di non essere molestato daCesare e dal figliuolo.

Moríquasi ne' dí medesimi il re Federigo a Torsprivato al tuttodi speranza d'avere piú per accordo a recuperare il regno diNapoli: benché prima ingannatocome è cosa naturaledegli uominidal desiderio si fusse persuaso essere piúinclinato a questo il re di Spagna che il re di Francianonconsiderando essere vano sperare nel secolo nostro símagnanima restituzione di uno tanto regnoessendone stati esempli sírari eziandio ne' tempi antichi disposti molto piú che i tempipresenti agli atti virtuosi e generosiné pensando esserealieno da ogni verisimile che chi aveva usato tante insidie peroccuparne la metà volesseora che l'aveva conseguito tuttoprivarsene: ma nel maneggio delle cose si era accorto non essereminore difficoltà nell'uno che nell'altroanzi doversi piúdisperare che chi possedeva restituisse che chi non possedevaconsentisse.

Nellafine di questo anno medesimo morí Elisabeth reina di Spagnadonna d'onestissimi costumi e in concetto grandissimone' regnisuoidi magnanimità e di prudenza: alla quale appartenevapropriamente il regno di Castigliaparte molto maggiore e piúpotente di Spagnapervenutagli ereditaria per la morte di Enrico suofratelloma non senza sangue e senza guerra. Perché se beneera stato creduto lungamente che Enrico fusse per natura impotente alcoitoe che perciò non potesse essere sua figliuola la[Beltramigia]partorita dalla sua moglie e nutrita molti anni da luiper figliuolae che per questa cagione Elisabethvivente Enricofusse stata riconosciuta per principessa di Castigliatitolo di chiè piú prossimo alla successionenondimeno levandosialla morte sua in favore della Beltramigia molti signori dellaCastigliae aiutandola con l'armi il re di Portogallo suo congiuntovenute finalmente le partiappresso a...alla battagliafuapprovata dal successo della giornata per piú giusta la causad'Elisabeth: conducendo l'esercito Ferdinando d'Aragona suo maritonato ancora esso della casa de' re di Castiglia e congiunto aElisabeth in terzo grado di consanguinità; e il quale essendopoi succedutoper la morte di Giovanni suo padrenel regno diAragonasi intitolavano re e reina di Spagna. Perchéessendounito al regno d'Aragona quello di Valenza e il contado di Catalognaera sotto l'imperio loro tutta la provincia di Spagna la quale sicontiene tra i monti Pireneiil mare Oceano e il mare Mediterraneoe sotto 'l cui titoloper essere stata occupata anticamente da moltire morisi comprendecome ciascuno di essi faceva uno titolo da perséil titolo di molti regni; eccettuato nondimeno il regno diGranata cheallora posseduto da' morifu dipoi gloriosamenteridotto da loro sotto lo imperio di Castigliae il piccolo regno diPortogallo e quello di Navarra molto minoreche avevano reparticolari. Ma essendo il regno di Aragonacon la SicilialaSardigna e l'altre isole appartenenti a quelloproprio diFerdinandosi reggeva da lui solonon vi si mescolando il nome ol'autorità della reina. Altrimenti si procedeva in Castigliaperché essendo quel regno ereditario di Elisabeth e dotale diFerdinando si amministrava col nome con le dimostrazioni e con glieffetti comunementenon si eseguendo cosa alcuna se non deliberataordinata e sottoscritta da tutt'a due; comune era il titolo di re diSpagnacomunemente gli imbasciadori si spedivanocomunemente glieserciti s'ordinavanole guerre comunemente s'amministravanonél'uno piú che l'altro si arrogava della autorità e delgoverno di quello reame. Ma per la morte di Elisabeth senza figliuolimaschi apparteneva la successione di Castigliaper le leggi di quelregnoche attendendo piú alla prossimità che al sessonon escludono le femminea Giovanna figliuola comune di Ferdinando edi leimoglie dell'arciduca: perché la figliuola maggiore ditutteche era stata congiunta a Emanuel re di Portogalloe unopiccolo fanciullo nato di quella erano molto prima passati all'altravita. Onde Ferdinandonon aspettando piú a luifinito ilmatrimoniol'amministrazione del regno dotaleaveva a ritornare alpiccolo regno suo di Aragonapiccolo a comparazione del regno diCastiglia per la strettezza del paese e dell'entrate e perchéi re aragonesinon avendo assoluta l'autorità regia in tuttele cosesono in molte sottoposti alle costituzioni e alleconsuetudini di quelle provinciemolto limitate contro alla potestàde' re. Ma Elisabethquando fu vicina alla mortenel testamentodispose che Ferdinando mentre viveva fusse governatore di Castiglia;mossa o perchéessendo sempre vivuta congiuntissima con luidesiderava si conservasse nella pristina grandezza o perchésecondo dicevaconosceva essere piú utile a' suoi popoli ilcontinuare sotto il governo prudente di Ferdinandoné meno algenero e alla figliuola; a' qualipoiché alla fine aveanosimilmente a succedere a Ferdinandosarebbe beneficio non piccoloche insino a tanto che Filipponato e nutrito in Fiandra ove le cosesi governano diversamentepervenisse a piú matura etàe a maggiore cognizione delle leggi delle consuetudini delle nature ede' costumi di Spagnafussino conservati loro sotto pacifico eordinato governo tutti i regnimantenendosi in questo mezzo come unocorpo medesimo la Castiglia e l'Aragona.

Cap.xiii

Primecontroversie fra il pontefice e Venezia per le terre di Romagna.Pubblicazione delle convenzioni fra Massimiliano e l'arciducae ilre di Francia. Vicende della guerra de' fiorentini contro Pisa:fazione al ponte a Cappellese. Giampaolo Baglione abbandona il soldode' fiorentini.

Lamorte della reina partorí poi nuovi accidenti in Spagna; ma inquanto alle cose d'Italiacome di sotto si diràpiútranquilla disposizione e occasione di nuova pace. Continuossinell'anno mille cinquecento cinque la medesima quiete che era statanell'anno dinanzie tale chese non l'avessino qualche pocoperturbata gli accidenti che nacquono per rispetto de' fiorentini ede' pisanisi sarebbe questo anno cessato totalmente da' movimentidelle armiessendo una parte de' potentati desiderosa della pace;gli altri piú inclinati alla guerraimpediti per variecagioni. Perché al re di Spagnache cosí continuavaper ancora il titolo suooccupato ne' pensieri che gli succedevanoper la morte della reinabastava conservarsi per mezzo della treguafatta il regno napoletano; e il re di Francia stava coll'animo moltosospesoperché Cesareseguitando in questo come nell'altrecose la sua naturanon aveva mai ratificato la pace fatta; e ilponteficedesideroso di cose nuovenon ardiva né potevamuoversi se non accompagnato dall'armi di príncipi potenti; ea' viniziani non pareva piccola grazia se in tante cose trattatecontro a loroe in tanto mala disposizione del ponteficenonfussino molestati dagli altri. L'animo del quale per mitigare aveanopiú mesi innanzioffertogli di lasciare Rimini e tutto quelloche dopo la morte di Alessandro pontefice aveano occupato in Romagnapurché consentisse che ritenessino Faenza col suo territorio;mossi dal timore che aveano del re di Francia e perché Cesarericercatone da Giuliomandato uno imbasciadore a Vinegiagli aveaconfortati che restituisseno le terre della Chiesa: ma avendo ilponteficesecondo la costanza del suo animo e la natura libera diesprimere i suoi concettirisposto che non consentirebbe ritenessinouna piccola torre ma che sperava di recuperare innanzi alla sua morteRavenna e Cerviale quali città non meno ingiustamente cheFaenza possedevanonon si era proceduto piú oltre. Ma nelprincipio di questo annoessendo divenuto maggiore il timoreoffersono per mezzo del duca d'Urbinoamico comunedi restituirequel che aveano occupato che non fusse de' contadi di Faenza e diRiminise il ponteficeche sempre avea negato di ammettere glioratori loro a prestare l'ubbidienzaconsentisse ora di ammettergli.Alla quale dimanda benché il pontefice stesse alquantorenitenteparendogli cosa aliena dalla sua degnità néconveniente a tante querele e minaccie che avea fattenondimenoastretto dalle molestie de' furlivesi degli imolesi e de' cesenatiche privati della maggiore parte de' loro contadi tolleravano grandeincomoditàné vedendo per altra via il rimediopropinquopoiché le cose tra Cesare e il re di Franciaprocedevano con tanta lunghezzafinalmente acconsentí a quelche in quanto agli effetti era guadagno senza perditapoichéné con parole né con scritture non avea a obligarsi acosa alcuna. Andorno adunquema restituite prima le terre predetteotto imbasciadori de' principali del senatoeletti insino alprincipio della sua creazionenumero maggiore che mai avessedestinato quella republica ad alcuno pontefice che non fusse statoviniziano; i qualiprestata l'ubbidienza con le cerimonie consuetenon riportorono per ciò a Vinegia segno alcuno né dimaggiore facilità né d'animo piú benigno delpontefice.

Mandòin questo tempo il re di Franciadesideroso di dare perfezione allecose trattateil cardinale di Roano ad Agunod terra della Germaniainferiore; nella qualeoccupata nuovamente al conte palatinol'aspettavano Cesare e l'arciduca. Alla venuta del quale sipublicorno e giurorno solennemente le convenzioni fattee ilcardinale pagò a Cesare la metà de' danari promessi perla investiturade' quali doveva ricevere l'altra metà comeprima fusse passato in Italia; e nondimeno e allora accennava e pocodi poi dichiarò non potervi passarel'anno presenteperl'occupazioni che avea nella Germania: onde tanto piúcessavano i sospetti delle guerreperché senza il re de'romani non avea il re di Francia inclinazione a tentare cose nuove.

Rimanevanoaccesi solamente in Italia i travagli quasi perpetui tra i fiorentinie i pisani. Tra' qualiprocedendosi con guerra lunga né aimpresa alcuna determinata ma secondo l'occasioni che ora all'una oraall'altra parte si dimostravanoaccadde che uscí di Cascinanella qual terra i fiorentini facevano la sedia della guerraLucaSavello e alcun'altri condottieri e conestabili de' fiorentiniconquattrocento cavalli e con molti fantiper condurre vettovaglie aLibrafatta e per andare a predare certe bestie de' pisani che eranodi là dal fiume del Serchio in sul lucchese; non tanto per lacupidità della preda quanto per desiderio di tirare i pisani acombattereconfidandosiper essere piú forti di loro incampagnadi rompergli: e avendo messe le vettovaglie in Librafatta efatta la preda disegnataritornavano indietro lentamente per lamedesima viaper dare tempo a' pisani di venire ad assaltargli.Uscíricevuto avviso della preda fattasubito di PisaTarlatino capitano della guerra maper la prestezza del muoversicon non piú che con quindici uomini d'arme quaranta cavallileggieri e sessanta fantidato ordine che gli altri lo seguitassino;e avendo notizia che alcuni de' cavalli de' fiorentini erano corsiinsino a San Iacopo appresso a Pisa andò verso loro: i qualisi ritirorono per unirsi con l'altre genti le quali si erano fermateal ponte a Cappellese in sul fiume dell'Osolevicino a Pisa a [tre]migliaaspettando quivi le bestie predate e i muli co' quali aveanocondotta la vettovagliache venivano dietro; ed essendo tutti di làdal ponteil quale i primi fanti aveano occupato e muniti gli arginie i fossi. Aveagli Tarlatino seguitati insino appresso al pontenési accorse prima essersi fermate in quel luogo tutte le genti degliinimici che era condotto tanto innanzi che senza manifesto pericolonon poteva tornare indietro. [Però] deliberò diassaltare il ponte; dimostrato a' suoi che quello a che la necessitàgli costrigneva non era senza speranza grande di potere vincere:perché nel luogo stretto ove pochi potevano combattere nonpoteva loro nuocere il numero maggiore degli inimiciin modo chequando bene non potessino passare il pontesi difenderebbonofacilmente tanto che sarebbe a tempo di soccorrergli il popolo diPisail quale avea mandato a sollecitare; ma che passando il pontesarebbe facilissima la vittoriaperchéessendo stretta lastrada di là dal fiume che corre tra 'l ponte e il montelamoltitudine degli inimici interrotta da' somieri e dalle bestiepredate si disordinerebbe agevolmente da se medesimaridotta inluogo impedito e a combattere e a fuggire. Succederono i fattisecondo le parole. Egli primospronato furiosamente il cavalloassaltò il pontema costretto a discostarsifece un altro ilmedesimo e dipoi il terzo; al quale essendo stato ferito il cavalloil capitano ritornato con impeto grande ad aiutarlo passòconla forza dell'armi e con la ferocia del cavallodi là dalpontedandogli luogo i fanti che lo difendevano. Feciono il medesimoquattro altri de' suoi cavalli. I quali tutti mentre che di làdal ponte combattono co' fanti degli inimici in uno stretto pratoalcuni fanti de' pisani passato il fiume con l'acqua insino allespallee da altra parte passando per il pontegiàabbandonatosenza ostacolo i cavallie cominciando a giugnerel'altra gente che sparsa e senza ordine veniva da Pisaed essendo isoldati de' fiorentini ridotti in luogo stretto e confusi tra loromedesimi e ripieni di grandissima viltà (piú ancora gliuomini d'arme che i fanti)né avendo capitano di autoritàche gli ritenesse o riordinassesi messono in manifesta fugalasciando la vittoria quegli che molto piú potenti di forzecamminavano ordinatamente in battaglia a quegli che in pochissimonumero erano venuti alla sfilatacon intenzione piú presto diappresentarsi che di combattere; restando tra morti presi e feritimolti capitani di fanti e persone di condizione: e quegli chefuggirono furono la piú parte svaligiati nella fuga da'contadini del paese di Lucca.

Disordinoronsiper questa rotta molto nel contado di Pisa le cose de' fiorentini;perché essendo rimasti in Cascina pochi cavalli non potettonoproibire per molti dí che i pisani insuperbiti per la vittorianon corressino e predassino tutto il paese. E quello che importòpiúentrato per questo caso Pandolfo Petrucci in isperanzache facilmente si potesse interrompere che i fiorentini non dessinoquella state il guasto a' pisanii quali combattendo con le solitedifficoltà eranobenché molto parcamenteaiutati da'genovesi e da' lucchesiperché i sanesi somministravano loropiú consigli che danari o vettovaglieprocurò cheGiampaolo Baglionidel quale i fiorentini per essere stati causaprincipale del suo ritorno in Perugia confidavano moltodurante lacondotta sua recusò di continuare ne' soldi loroallegandoche essendo a' medesimi stipendi Marcantonio e Muzio Colonnae Lucae Iacopo Savelloche tutti insieme aveano maggiore numero di soldatiche non avea eglinon vi stava senza pericolo per la diversitàdelle fazioni: e perché avessino piú breve spazio ditempo a provedersi ritardò quanto potette prima che totalmentescoprisse il suo pensiero. E perché alla escusazione sua fusseprestata maggiore fedepromesse a' fiorentini di non pigliare l'armicontro a loro: di che perché fussino meglio sicuri lasciòcome per pegnoa' soldi loro Malatesta suo figliuolo di molto teneraetàcon quindici uomini d'arme. Egliper non rimanere deltutto senza condottasi condusse con settanta uomini d'arme co'sanesi: i quali perché erano inabili a sopportare tanta spesai lucchesi partecipi di questo consiglio soldorno con settanta uominid'arme Troilo Savellosoldato prima de' sanesi.

Cap.xiv

Timoride' fiorentini per accordi fra Pandolfo Petrucci Giampaolo Baglione eBartolomeo d'Alviano. I fiorentini ricorrono al re di Franciachepone condizioni troppo gravose. Il gran capitano ordina di nonoffendere i fiorentini. L'Alviano contro i fiorentini. I fiorentinicomandati da Ercole Bentivoglio sconfiggono le genti dell'Alviano.

Perla partita improvisa di Giampaolo e per il danno ricevuto al ponte aCappellesei fiorentinirimasti con poca gentenon dettono perquello anno il guasto a' pisani: anzi erano necessitati a pensarerimedio a maggiori pericoli. Perché essendosi svegliato inPandolfo e in Giampaolo l'antico umoretrattavano secretamente colcardinale de' Medici di turbare lo stato de' fiorentini; facendo ilfondamento principale in Bartolomeo d'Alvianoil quale dimostrandosidiscorde col gran capitanovenuto in terra di Romariduceva a sécon varie speranze e promesse molti soldati. I quali consigli sidubitava non penetrassino insino al cardinale Ascaniocon ordinesuccedendo felicemente le cose di Toscanadi assaltarecon le forzeunite de' fiorentini e degli altri che assentivano a questomovimentoil ducato di Milanosperando che assaltato facessefacilmente mutazioneper le poche genti d'arme che vi erano de'franzesiperché fuora erano moltissimi nobiliper lainclinazione de' popoli al nome sforzescoe perché il re diFranciaessendosi per grave infermità sopravenutagli ridottotanto allo stremo che per molte ore fu disperata totalmente la suasalutese bene dipoi si fusse alquanto discostato dal punto dellamortepareva in modo condizionato che poco si sperava della suavita. E quegli che consideravano piú intrinsecamentesospettavano che Ascanioil quale era in questi tempi frequentatomolto in Roma dallo oratore vinizianoavesse occulta intelligenzanon solo col gran capitano ma ancora co' viniziani; i quali sarebbonostati piú pronti che per il passato e con maggiore confidenzaall'offesa de' franzesiperché il re di Franciaessendovenuto in nuovi sospetti e diffidenze col re de' romani e colfigliuoloe considerandodopo la morte della reina di Spagnaquanta sarebbe la grandezza dell'arciducaalienatosi apertamente daloroaiutava contro all'arciduca il duca di Ghelleri acerrimoinimico suoe inclinava a fare particolare intelligenza col re diSpagna. Ma (come sono fallaci i pensieri degli uomini e caduche lesperanze) mentre che tali cose si trattanoil re di Francia delquale era quasi disperata la vita andava continuamente recuperando lasalutee Ascanio morí all'improviso di peste in Roma. Per lamorte del quale essendo cessato il pericolo dello stato di Milanonon si interroppono perciò del tutto i disegni del molestare ifiorentini: per i quali si convennono insieme al Piegaicastello trai confini de' perugini e de' sanesiPandolfo Petrucci GiampaoloBaglione e Bartolomeo d'Alvianonon piú con speranza diessere potenti a rimettere i Medici in Firenze ma perchél'Alvianoentrando in Pisa con volontà de' pisanimolestasseper sicurtà di quella città i confini de' fiorentini;con intenzione di procedere piú oltre secondo l'opportunitàdell'occasioni. Le quali preparazioni cominciando a venire a lucetemevano i fiorentini della volontà del gran capitanoessendocerti che la condotta dell'Alviano col re di Spagna continuava insinoal novembre prossimoe perché non si credeva che senza suoconsentimento Pandolfo Petrucci tentasse cose nuove; il qualenonavendo mai voluto pagare i danari promessi al re di Francia ecirconvenutolo spesso con varie artitotalmente dal re di Spagnadependeva. E accrebbe il sospetto de' fiorentiniche temendo ilsignore di Piombinoil quale era sotto la protezione del re diSpagnadi non essere assaltato da' genovesiConsalvoper sicurtàsua avea mandato a Piombinosotto Nugno del Campomille fantispagnuolie nel canale tre navi due galee e alcuni altri legni; lequali forze condotte in luogo tanto vicino a' fiorentini davano lorocausa di temere che non si unissino con l'Alvianocome essoaffermava essergli stato promesso. Ma la verità era cheavendo il re di Spagna dopo la tregua fatta col re di Franciaperdiminuire le spesecommessoinsieme con la limitazione dellecondotte degli altriche la ricondotta dell'Alviano si riducesse acento lancieegli sdegnato non solo negava di ricondursi maaffermava essere libero dalla condotta primaperché non glierano pagati gli stipendi corsi e perché il gran capitano avearicusato di osservargli la promessa fatta di concederglidopo lavittoria di Napolidumila fanti per usargli contro a' fiorentini infavore de' Medici. Ed era naturalmente il cervello dell'Alvianocupido di cose nuove e impaziente della quiete.

Ricercoronoi fiorentiniper difendersi da questo assaltoil re di Franciaobligato per i capitoli della protezione a difendergli conquattrocento lancieche ne mandasse dugento in aiuto loro; il qualemosso piú dalla cupidità de' danari che da' prieghi odalla compassione degli antichi collegatirispose non volere dareloro soccorso alcuno se prima non gli numeravano trentamila ducatidovutigli per l'obligo della protezione; e benché ifiorentiniallegando essere aggravati da infinite spese necessariealla loro difesalo supplicassino di alcuna dilazioneperseveròostinatamente nella medesima sentenza: di maniera che piúgiovò alla salute loro chi era sospetto e ingiuriato che chiera confidente e beneficato. Conciossiaché 'l gran capitanodesideroso che non si turbasse la quiete d'Italiao per noninterrompere le pratiche della pace cominciate di nuovo tra i due reo perché giàper l'occasione della morte della reina ei semi della discordia futura tra il suocero e il generoavessequalche pensiero d'appropriarsi il reame di Napolinon solo facevaogni diligenza per indurre l'Alviano alla ricondotta (il qualepercomandamento avuto dal papa che o licenziasse le genti o uscisse delterritorio della Chiesaera venuto a Pitigliano) ma gli avevacomea feudatario e come a soldato del suo recomandato che nonprocedesse piú innanzisotto pena di privazione degli statiche aveva nel reamed'entrata di settemila ducati; e a' pisaniricevuti non molto prima da lui secretamente nella protezione del suoree al signore di Piombino aveva significato che non loricevessino; e offerto a' fiorentini essere contento che usassino perla difesa loro i fanti suoi che erano in Piombinoi quali voleva chestessino sotto l'ubbidienza di Marcantonio Colonna loro condottiere.Ricercò similmente Pandolfo Petrucci che non fomentassel'Alvianoe proibí a Lodovicofigliuolo del conte diPitiglianoa Francesco Orsino e a Giovanni da Ceri suoi soldati chenon lo seguitassino.

Enondimeno l'Alvianocon cui erano Gianluigi Vitello GiancurradoOrsino trecento uomini d'arme e cinquecento fanti venturieriprocedendobenché lentamentesempre innanzi e avendovettovaglia dai sanesiera per la Maremma de' sanesi venuto nelpiano di Scarlinoterra sottoposta a Piombinopresso a una piccolagiornata a' confini de' fiorentinidove gli sopragiunse un uomomandato dal gran capitano a comandargli di nuovo che non andasse aPisa e non offendesse i fiorentini: al quale avendo replicato che eralibero di se medesimo poiché il gran capitano non gli aveaosservato le cose promesseandò ad alloggiare appresso aCampigliaterra de' fiorentini; ove si fece leggiera scaramuccia tralui e le genti de' fiorentini che facevano la massa a Bibbona. Vennepoi in su la Corniatra' confini de' fiorentini e di Sughereto; macon disegni e speranze molto incerterappresentandosegli a ogn'oramaggiore difficoltà: perché né da Piombino avevapiú vettovagliené gli mandavano fantisecondo laintenzione che gli era stata dataGiampagolo Baglione e i Vitellile deliberazioni de' quali si accomodavano volentieri agli esitidelle cose; vedeva ritenersi Pandolfo Petrucci da favorire come primale cose suené era bene certo che i pisani per nondisubbidire al gran capitano volessino riceverlo: per le qualicagionie perché continuamente si trattava la ricondotta suama con maggiore speranza perché non ricusava piú distare contento alle cento lanciesi ritirò al Vignaleterradel signore di Piombinodando nome di aspettarne da Napoli l'ultimadeterminazione. Ma avuto in questo tempo da' pisani il consentimentodi riceverlo in Pisapartitosi dal Vignaledove era statoalloggiato dieci díla mattina de' diciassette d'agosto siscoperse con l'esercito in battaglia alle Caldaneun miglio sotto aCampigliacon intenzione di combattere quivi con l'esercitofiorentinoil quale vi era andato ad alloggiare il dídavantima era accaduto che avendo per spie venute del campo suopresentito qualche cosa della sua mossa s'era la notte medesimaritirato alle mura di Campiglia: ove conoscendo l'Alviano non glipotere assaltare senza disavvantaggio grandesi voltò alcammino di Pisa per la strada della Torre a San Vincenzioche èdistante da Campiglia cinque miglia. Da altra parte le genti de'fiorentinigovernate da Ercole Bentivoglioil qualecome eraperitissimo del paesenon desiderava per l'opportunità delsito altro che di fare la giornata seco in quello luogosidirizzorono per la via che va da Campiglia alla Torre medesima di SanVincenzio; avendo fatto due parti de' cavalli leggieril'una dellequali seguitava l'esercito dell'Alviano molestandolo continuamentealla codal'altra andava innanzi a incontrare gli inimici per la viamedesimaper la quale veniva dietro l'esercito fiorentino: e questiarrivati alla Torre innanzi che vi arrivassino le genti dello Alvianoe attaccatisi con quegli che venivano innanzida' quali essendofacilmente ributtatisi andorono ritirando alla volta delloesercitoche era già presso a mezzo miglio. Ove fattarelazione che la piú parte degli inimici era giàpassata la TorreErcolecamminando lentamentesi condusse appuntoalla coda loro nella rovina di San Vincenziodove avevano fattotesta gli uomini d'arme e i fanti loroe come fu in sul piano delpassoinvestitigli quivi per fianco valorosamente con la metàdello esercitopoiché ebbe combattuto per buono spazioglipiegò: nel quale primo assalto fu in modo rotta la fanterialoro e spinta insino al mare che mai piú rifece testa. Ma lacavalleria che si era ritirata una arcatapassato il fosso di SanVincenzio verso Bibbonarifatta testa e ristrettasiassaltòcon grande impeto le genti de' fiorentini e le ributtòferocemente insino al fosso: però Ercole tirò innanziil resto delle gentie ridotto quivi da ogni banda tutto il nervodello esercito si combatté per grande spazio ferocementenoninclinando ancora la vittoria a parte alcuna; sforzandosi l'Alvianoche facendo officio non manco di soldato che di capitano aveva avutocon uno stocco due ferite nella facciadi spuntare da quel passogl'inimiciil che succedendogli sarebbe restato vincitore. MaErcoleche piú dí innanzi aveva affermato che se labattaglia si conduceva in quel luogo otterrebbe con industria e senzapericolo la vittoriafece piantare in su la ripa del fosso dellaTorre sei falconetti che conduceva seco; co' quali avendo cominciatoa battere gli inimicie vedendo che per l'impeto delle artiglieriecominciavano già ad aprirsi e disordinarsiintento a questaoccasione in su la quale s'aveva sempre promessa la vittoriagliinvestí con grande impeto da piú parti con tutte leforze dello esercitocioè co' cavalli leggieri per la viadella marinacon le genti d'arme per la strada maestra e con lafanteria dal lato di sopra per il bosco; col quale impeto senzaalcuna difficoltà gli ruppe e messe in fugasalvandosil'Alvianonon senza fatica con pochissimi cavalli corridorico'quali fuggí a Monteritondo in quel di Siena: il resto dellasua genteda San Vincenzio insino in sul fiume della Cecinaquasitutta fu presa e svaligiata; perdute tutte le bandiere e salvatisipochissimi cavalli.

 

Cap.xv

Dopovivi contrastia Firenze si delibera di porre il campo a Pisa.Fallimento dell'impresa per la debolezza delle milizie; i fiorentinilevano il campo da Pisa.

Questoesito ebbe il movimento di Bartolomeo d'Alvianostato piúnegli occhi degli uomini per le sue lunghe pratiche e per la iattanzadelle sue parole piene di ferocia e di minaccie che per forze ofondamento stabile che avesse la impresa sua. Da questa vittoriapreso animo Ercole Bentivoglio e Antonio Giacominicommissario delcampoconfortorono con veementi lettere e spessi messi i fiorentiniche l'esercito vincitore si accostasse alle mura di Pisafatte primacon piú prestezza fusse possibile le provisioni necessarie perespugnarla; sperando cheper trovarsi in molte difficoltà edessere mancata loro la speranza della venuta dell'Alvianoe comepare che ogni cosa ceda alla riputazione della vittoriaavesse connon molta difficoltà a ottenersi: nella quale speranza glinutriva molto qualche intelligenza che avevano in Pisa con alcuni. Main Firenzedimandando il magistrato de' diecimagistrato propostoalle cose della guerraconsiglio di quello fusse da fare a queglicittadini co' quali erano consueti di consultare le faccendeimportantifu dannata unitamente da tutti questa deliberazione;perché presupponevano che ne' pisani fusse la consuetadurezzae che essendo esperimentati tanti anni nella guerra nonbastasse a superargli il nome e la reputazione della vittoria avutacontro ad altriper la quale non erano in parte alcuna diminuite leforze loroma bisognasse vincerglicome in ogni altro tempocon leforzedelle quali solamente temono gli uomini bellicosi: e questoapparire pieno di molte difficoltà. Perché essendo lacittà di Pisa circondataquanto altra città d'Italiada solidissime muragliee bene riparata e fortificata e difesa dauomini valorosi e ostinatinon si poteva sperare di sforzarla se noncon grosso esercito e con soldati che non fussino inferiori di virtúe di valore; il quale anche non sarebbe bastante a vincerla d'assaltoo con breve oppugnazionema che sarebbe necessitato di starviintorno molti díper accostarsi sicuramente e col prenderede' vantaggie quasi piú presto straccandogli chesforzandogli. Repugnare a queste cose la stagione dell'annoperchéné si poteva con prestezza mettere insieme altro che fanteriatumultuaria e collettiziané accostarvisi con intenzione difermarsi moltoper la inclemenza dell'aria corrotta da' venti delmareche diventano pestiferi per i vapori degli stagni e dellepaludie perniciosa agli eserciticome era accaduto quando fucampeggiata da Paolo Vitelli; e perché il paese di Pisacomincia insino di settembre a essere sottoposto alle pioggiedallequali per la bassezza sua è soprafatto tanto che in quel tempodifficilmente vi si sta intorno. Né in tanta ostinazioneuniversale potersi fare fondamento in trattati o intelligenzeparticolariperché o riuscirebbono cose simulate o maneggiateda persone che non arebbono facoltà d'eseguire quello chepromettessino. Aggiugnersi che benché al gran capitano nonfusse stata data la fede publicanondimeno avergli pure ProsperoColonnabenché come da séquasi con tacitoconsentimento lorodato intenzione che per questo anno non siandrebbe con artiglieria alle mura di Pisa; e però aversi atenere per certo checommosso da questo sdegno e per le promissionifatte molte volte a' pisani e perché alle cose sue nonespediva questo successo de' fiorentinisi opporrebbe a questaimpresa; e avere modo facile di impedirlapotendo in poche oremettere in Pisa quegli fanti spagnuoli che erano in Piombinocomemolte volte avea affermato che farebbe quando si tentasse diespugnarla. Essere piú utile usare l'occasione della vittoriadovese bene il frutto fusse minorela facilità senzacomparazione fusse maggiorené perciò non senzanotabile profitto. Nessuno essersi piú opposto e opporsicontinuamente a' disegni loronessuno avere piú impedito larecuperazione di Pisanessuno piú procurato di alterare ilpresente governoche Pandolfo Petrucci; egli avere confortato ilValentino a entrare armato nel dominio fiorentinoegli essere statoprincipale consultore e guida dello assalto di Vitellozzo e dellarebellione d'Arezzoessersi mediante i suoi consigli congiunti conlo stato di Siena i genovesi e i lucchesi a sostentare i pisaniegliavere indotto Consalvo a pigliare la protezione di Piombino e aintromettersi di Pisa e a ingerirsi nelle cose di Toscana; e chialtri essere stato stimolatore e fautore di questo moto dell'Alviano?Doversi voltare l'esercito contro a luipredare e scorrere tutto ilcontado di Sienadove non si farebbe resistenza alcuna: poteresuccederecon la reputazione dell'armi loro contro a luiqualchemovimento nella cittàdove aveva molti inimici; e almeno nonessere per mancare occasione di occupare qualche castello importantein quel contadoda tenerlo come per cambio e per pegno di riavereMontepulciano; e quello che non avevano fatto i benefici potersisperare che facesse questo risentimentodi farlo per lo avvenireprocedere con maggiore circospezione all'offese loro. Doversi nelmedesimo modo correre poi il paese de' lucchesico' quali esserestato pernicioso usare tanti rispetti. Cosí potersi sperare ditrarre della vittoria acquistata onore e fruttoma andandoall'oppugnazione di Pisa non si conoscere altro fine che spesa edisonore. Le quali ragioni allegate concordemente non raffreddornoperò lo ardore che aveva il popolo (che si governa spesso piúcon l'appetito che con la ragione) che vi si andasse a porre ilcampo; accecato anche da quella opinione inveterata che a molti de'cittadini principaliper fini ambiziosinon piacesse larecuperazione di Pisa. Nella quale sentenza essendo non meno caldo ditutti gli altri Piero Soderini gonfaloniereconvocato il consigliogrande del popoloal quale non solevano referirsi questedeliberazionidimandò se pareva loro che si andasse col campoa Pisa: dove essendo co' voti quasi di tutti risposto che vi siandassesuperata la prudenza dalla temeritàfu necessarioche l'autorità della parte migliore cedesse alla volontàdella parte maggiore. Però si attese a fare le provisioni conincredibile celeritàdesiderando prevenire non manco ilsoccorso del gran capitano che i pericoli de' tempi piovosi.

Conla quale celeritàil sesto dí di settembresi accostòl'esercito con seicento uomini d'arme e settemila fanti sedicicannoni e molte altre artiglierie alle mura di Pisaponendosi traSanta Croce e Santo Michelenel luogo medesimo dove già sipose il campo de' franzesi; e avendo la notte seguente piantateprestissimamente le artiglieriebatterono il prossimo dí conimpeto grande dalla porta di Calci insino al torrone di San Francescodove le mura fanno dentro uno angolo: e avendoda levata di solealquale tempo cominciorno a tirare l'artiglierieinsino a venti unaora rovinate piú di trenta braccia di muragliasi fece doveera rovinato una grossa scaramucciama con poco profittoper nonessere tanto spazio di muro in terra quanto sarebbe stato necessarioa una terra dove gli uomini si erano presentati alla difesa colconsueto animo e valore. Però la mattina seguenteper averepiú muro apertosi cominciò un'altra batteria in luogopoco distanterestando in mezzo dell'una e dell'altra batteriaquella parte della muraglia che già era stata battuta da'franzesi; e gittato in terra tanto muro quanto parve che fusseabbastanzavolle Ercole spingere le fanterieche erano ordinate inbattagliaa dare gagliardamente lo assalto all'una e l'altra partedel muro rovinato; ove i pisanilavorandovisecondo il solitoconnon minore animo le donne che gli uominiaveanomentre si battevatirato uno riparo con uno fosso innanzi. Ma non era nelle fanterieitalianee raccolte tumultuariamentetanto animo e tanta virtú.Peròcominciando per viltà a recusare di appresentarsialla muraglia quello colonnello di fanti a' qualiper sorte gittatatra loroaspettava il primo assaltoné l'autorità néi prieghi del capitano e del commissario fiorentinoné ilrispetto dell'onore proprio né dell'onore comune della miliziaitalianafurono bastanti a fargli andare innanzi. L'esempio de'quali seguitando gli altri che avevano ad appresentarsi dopo lorosiritirorono le genti agli alloggiamenti: non avendo fatto altro checol farsi i fanti italiani infami per tutta Europacorrotta lafelicità della vittoria ottenuta contro all'Alvianoeannichilata la reputazione del capitano e del commissariocheappresso a' fiorentini era grandissimase contenti della gloriaacquistata avessino saputo moderare la prospera fortuna. Ritiratiagli alloggiamentinon fu dubbia la deliberazione del levare ilcampo; massime che il dí medesimo erano entrati in Pisapercomandamento avuto dal gran capitanosecento fanti spagnuoli diquegli che erano a Piombino. Però il dí seguentel'esercito fiorentino si ritirò a Cascinacon grandissimodisonoree pochi dí poi entrorno di nuovo in Pisa millecinquecento fanti spagnuoli; i qualipoiché non eranecessario il presidio lorodato che ebbono per suggestione de'pisani uno assalto invano alla terra di Bientinacontinuorono lanavigazione sua in Ispagna: dove erano mandati dal gran capitanoperché già era fatta la pace tra il re di Francia eFerdinando re di Spagna.

Cap.xvi

Matrimoniodi Ferdinando d'Aragona con Germana di Fois e patti di pace traFerdinando e il re di Francia. Ippolito d'Este fa levare gli occhi alfratello naturale don Giulio per gelosia d'amore.

Allaqualerimosse tutte le difficoltà che prima avevano impeditocioè il rispetto dell'onore del re di Francia e il timore dinon alienare da sé l'animo dell'arciducaaveva trovato modofacile la morte della reina di Spagna: perché e il re diFranciaessendogli molestissima la troppa grandezza suaeradesideroso di interrompergli i suoi disegni; e il re di Spagnaavendo notizia che l'arciducadisprezzando il testamento dellasuoceraaveva in animo di rimuoverlo dal regno di Castigliaeranecessitato a fondarsi con nuove congiunzioni. Però sicontrasse matrimonio tra lui e madama Germana di Foisfigliuola diuna sorella del re di Franciacon condizione che il re gli desse indote la parte che gli toccava del reame di Napoli; obligandosi il redi Spagna a pagargli in dieci anni settecentomila ducati per ristorodelle spese fattee a dotare in trecentomila ducati la nuova moglie.Col quale matrimonio essendo accompagnata la pacefu convenuto: chei baroni angioini e tutti quegli che avevano seguitato la partefranzese fussino restituiti senza pagamento alcuno alla libertàalla patria e a loro stati degnità e beninel grado medesimoche si trovavano essere nel dí che tra franzesi e spagnuoli fudato principio alla guerrache si dichiarò essere stato il díche i franzesi corsono alla Tripalda; intendessinsi annullate tuttele confiscazioni fatte dal re di Spagna e dal re Federigo: fusseliberato il principe di Rossano i marchesi di Bitonto e di GiesualdoAlfonso e Onorato Sanseverini e tutti gli altri baroni che eranoprigioni degli spagnuoli nel regno di Napoli: che il re di Franciadeponesse il titolo del regno di Ierusalem e di Napoli: che gliomaggi e le recognizioni de' baroni si facessino respettivamente alleconvenzioni sopradettee nel medesimo modo si cercasse l'investituradal pontefice; e morendo la reina Germana in matrimonio senzafigliuoli la parte sua dotale si intendesse acquistata a Ferdinandoma sopravivendo a lui ritornasse alla corona di Francia: fusseobligato il re Ferdinando ad aiutare Gastone conte di Foisfratellodella nuova moglieal conquisto del regno di Navarra qualepretendeva appartenersegliposseduto con titolo regio da Caterina diFois e da Giovanni figliuolo di Alibret suo marito: costrignesse ilre di Francia la moglie vedova del re Federigo a andarecon duefigliuoli che erano appresso a séin Spagnadove gli sarebbeassegnato onesto modo di vivere; e non volendo andarvilalicenziasse del regno di Francianon dando piú né alei né a' figliuoli provisione o intrattenimento alcuno:proibito all'una parte e all'altra di fare contro a' nominati daciascuno di loro; i quali nominorono tutt'a due in Italia ilponteficee il re di Francia nominò i fiorentini: eacorroborazione della paceche tra i due re si intendesse essereperpetua confederazione a difesa degli stati; essendo tenuto il re diFrancia con mille lancie e con seimila fantie Ferdinando contrecento lancie dumila giannettari e seimila fanti. Dopo la qual pacefattadella quale il re d'Inghilterra promesse per l'una parte e perl'altra l'osservanzai baroni angioini che erano in Francialicenziatisi dal reil quale per la tenacità sua usòloro alla partita piccoli segni di gratitudineandorono quasi tutticon la reina Germana in Spagna; e Isabellastata moglie di Federigolicenziata del regno dal re di Francia perché ricusò dimettere i figliuoli in potestà del re cattolicose ne andòa Ferrara.

Nellaquale cittàessendo poco innanzi morto Ercole da Esti esuccedutogli nel ducato Alfonso suo figliuoloaccaddealla finedell'announo atto tragico simile a quegli degli antichi tebanimaper cagione piú leggierase piú leggiero èl'impeto sfrenato dell'amore che l'ambizione ardente del regnare.Perché essendo Ippolito da Esti cardinale innamoratoardentemente d'una giovane sua congiuntala quale con non minoreardore amava don Giulio fratello naturale di Ippolitoe confessandoella medesima a Ippolito tirarla sopra tutte l'altre cose a sícaldo amore la bellezza degli occhi di don Giulioil cardinaleinfuriatoaspettato il tempo comodo che Giulio fusse a caccia fuoradella città lo circondò in campagnae fattolo scendereda cavallo gli fece da alcuni suoi staffieribastandogli l'animo astare presente a tanta sceleratezzacavare gli occhi comeconcorrenti del suo amore: donde tra' fratelli poi seguitoronogravissimi scandoli. Cosí si terminò l'anno millecinquecento cinque.