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Gandolin

(Pseudonimodi Luigi Arnaldo Vassallo)

Lafamiglia

De-Tappetti

I



LaRivista

PolicarpoDe-Tappettiincauto padre e scrivano presso il Fondo per il cultoha promesso al figlio Agenoresei anni e quattro mesidi condurloal Macao.

-Agenore - gli ha dettola sera del sabatocon accento severo - tuappartieni a una nazione di ben trenta eziandio milioni di abitantinon ficcarti le dita nel naso! a una nazione che è statamaestra di civiltà.... non grattarti! perdiola testaquandoparla papàhai capito? a una nazione insommadi cui èoperoso scrivano colui che ti ha messo all'onore del mondo. Domani èla festa dello Statuto.

-Papàche cos'è lo Statuto?

-Lo Statuto èfiglio mioquella cosa per cui non c'èche la gente senza educazioneche finga d'ignorare i proprii doveritra cuite lo dico una volta per semprequello di ubbidire mammàe papàe di non fare certe risposte; che non le farebbeneanche un monello di strada.

Sonole sette di mattina. Casa De-Tappetti pare un inferno. La signoraEufemiatutta discintacon le papillotes in testamettesossopra i cassettonie butta in aria quanto trovacercando uninvoltino di carta azzurracontenente una dozzina di bottoni percamicia.

Policarpoè in mutandecoi piedi infilati in un paio di ciabattecheogni tanto gli scappanoinsieme con la pazienza maritale e paterna.Egli ha in mano un solino finto e una cravatta di seta neraveneranda memoria sopravvissuta a tempi migliori.

-Per bacco baccaccio! - egli mormora tra i denti - queste cose nonsuccedono che a me.... Non c'è una camicia a cui non manchi unbottone. Specialmente di quelli a parte di dietro. Ma dove li avetegli occhi?.... a casa del diavolo?..

-Sta un po' zitto.

-Zittoun corno! sarà la trentesima volta.... ma che dico?sarà l'ottantesima volta che trovo la camicia senza il bottonea parte di dietro.... Agenore! lascia stare l'orologio. Conosceròa dire pocomille persone; pure tutte hanno i bottoni in regola.

-Ma finiscila una volta.... eccoli ho trovati. Rosa! un agoe unpo' di filo bianco.

-Oh! non si troverà né agoné filone sonosicuro.

Servae padrona si sbraccianosi affannanofruganorifrugano e nontrovano nulla.

-L' avevo detto io! Agenore! lascia stare l'orologio.

-Dimmi - soggiunse la moglie tutta stravolta - non ti basterebbe unospillo messo per bene?

-Sicuro! per farmi scoppiare una vena.

-Aspetta.... ecco l'ago.... manca il filo....ah! un po' di filo nero.

-Lo sapevo!

-Papà. - strilla Agenore - non mi voglio lavare la faccia.

-Non ti vergognisudicione? (alla serva con autorità).Rosanon risparmiate il saponespecialmente nel collo.... e che siapettinatomi raccomando.... sangue di bacco.

-Che cosa c'è?

-Te l' ho detto mille volte! non abbottonare i manichetti dellecamicie pulite!...uno si infila la camicia e non riesce a metterefuori le mani. Non c'è mai stato verso....mai.... mai....

-T'ha preso il nervoso stamane?

-Sfido io! guarda l'orologioson già le otto; prestoil miofazzoletto biancoquello delle feste.... il mio fazzoletto turchinoquello per il naso.... il fazzoletto rossodi setaper ilsudore.... dopo sette anni di matrimonio ho sempre da chiedere lestesse cose. Agenoresei pronto?.. il mio bastone! dammi la chiavedel portone....me la voglio cucire in tasca! non c'è caso chevi ricordiate di darmela.... Agenoresei pronto?.. l'astuccio degliocchiali dov'è.... non si trova mai.... già! l'avretedato al ragazzo per baloccarsisi capisce questa casa è uninferno... dammi un giornale.

-Per che farne?

-Dammi un giornale vecchio....si sa mai.... quando c'è deiragazzi….Diocome stirano queste bretelle! e il gilet poi pareun sacco.... te l'avevo dettoiodi farmi una piccola basta didietro?

-Che dici?

-Basta di dietro!... sei sorda?

Finalmentesi riesce a porre sesto a tanta confusione. Policarpo dà gliultimi avvertimenti al figlioe presolo per manoscende le scaledel domicilioin via dei Coronariattraversa via di San Luigi dÈFrancesipozzo delle Cornacchiepiazza di Pietravia delleMurattee per l'Angelo CustodeSi spinge verso il Macaogridandoogni cinque minuti:

-Non cacciarti tra le gambe della gente.... sta zitto.... non scenderedal marciapiedenon vedi che ci sono i legni?

Dallefinestre pendono le bandiere a tre colori. Agenore opprime di domandel'illustre genitore.

-Papàche vuol dire tre colori?

-Vuol dire che l'Italia è divisa in tre grandi regioni: altaItaliaItalia centrale e Italia meridionale

-Meridionale che significa?

-Ch'è mezzogiorno.

-L'ora del pranzo! papàho fame.

-Non si dice fame: le persone per bene dicono: appetito.

-Sipapà! ma io ho fame.

-Appetito.

-Sìpapà: ho anche appetito. Comprami una ciambella.

-Mangiare a digiuno fa sempre male.

-Io mi metto a piangere.

-E io ti porto a casa.

-Nopapà; voglio vedere la rivista; piuttosto piangeròstasera.

Nonso come Policarpo e suo figlio riesconomalgrado la follaapenetrare nel recinto del Macao.

Enormispirali di polvere salgono al cielosimili a turbini del desertoeaccecano soldati e spettatori. I reggimentiimmobilipaionomuraglie d'uomini. Lampeggiano le sciabole dei cavalleggieri. Ilgenerale comandante in capo galoppa di quadi làfacendoondeggiare marzialmente il ricco pennacchio che pare una nuvoletta dibianchi vapori. Romba il cannone. Le bande musicali suonano l'innoreale. Agenore non istà piú nella pelle. Un drappellodi carabinieri splendidicome campioni di un torneoentra nelrecinto. Sono i corazzieri.

Eccoil reseguìto da un codazzo di splendidesvariatepittoresche uniformi.

-Papà! Io non vedo niente; qual è il re?..

-Vedi: è quello laggiúpallidocon quei grandibaffi.... non lo vedi?

-Li hanno tutti i baffi.

-Non capisci niente. Non mi seccare.

-Lo so che non capisco: ma la mamma dice sempre: "Papà nonsa mai quello che si dica"

Policarpodà un'occhiata fulminante al piccolo Agenoreche si ficca ildito nelle narici.

-Via quel dito!

-Tu ce lo metti sempre e nessuno ti dice nulla. Ahquando sarògrande!

Policarpotrascina il figlio sul piazzale dell'Indipendenza. C'è unquadrato di fanteria e un quadrato di curiosi; molte signoreinabiti assai carini; molta ragazzaglia inerpicata sui cancellisuilampioni. Agenore assiste alla sfilataprovocando fieri rabbuffidalla giusta collera del genitoreper le domande stupidissime concui mette a dura prova l'erudizione paterna.

Aun certo puntoPolicarpo afferra il figlio e facendolo galopparecome un dannato dantesco lo trascina sulla piazza del Quirinale. Lafolla si agglomera davanti al regio palazzo.

-Papà- chiede Agenore indicando la Consulta- chi ci sta inquella casa?

-Ci sta l'onorevole Crispi.

-Non me ne importa nulla.

-Non me ne importa nulla neanche a mepure egli è il capo delgovernoe lo dobbiamo amarecome si amano le istituzioni.

Lafolla applaudeil Re e il Duca d'Aosta si affacciano e salutanodalla loggiaagitando gli elmi piumati.

Policarpotrascina verso casa il figlio che ha un palmo di lingua fuorie gliocchi rossi dal sudore e dal polverio.

-Ti sei divertito? - gli chiede la mamma togliendogli l'abitino.

-Sìmamma: ho tanto fame.

-Si dice: appetito! - grida Policarpo.

-Povero figlio! - esclama la mammadandogli un bacetto. - papàti dà i tormenti eh? poverino!

-Bella educazione! - soggiunge Policarpo - voio signoradiminuiteil prestigio dell'autorità.

-Ma che prestigio?

-Voio signoraeccitate una creatura inconsapevole allo sprezzoverso il superiore immediatovoi seminate la diffidenza tra lediverse classi socialivoi....

-Oh non mi gonfiare la testa! andiamo a tavolachè ci sono lefettuccine al pomidoro.

Policarpocon accento maestoso:

-Signora! Non è al pomidoro che si forma il carattere dellagioventú.

 



II- Le gioie di De-Tappetti.

Lacasatutt'insiemesi compone di due camere e una cucina. Èbene conoscere l'ambientepoichèun filosofo antico -fors'anche un greco - non si sa mai! - ha detto:

-La casa è l'individuo.

Veramenteio direi: la casa è il padrone di casa.

Eil padrone di casa che spessoin Romaè una padronaèpoi uno spettro mensile e trimestrale! che nuoce alle funzionidell'organismo umanopoichè non accorda il respiro.

Perandare da Policarpo De-Tappettisi entra in un andito stretto ebuioche comincia coi cestini d'una fruttaroladonna magrauntuosa(la quale passa i tre quarti della vita a grattarsi la testa)efinisce con un laghettouna specie di compluvio naturalealimentatocon singolare costanza dalle donne del vicinato.

Infondo all'andito c'è una porta butterata dal vaiuoloincrostata di rugginedi ragnateled'immondezze; qualche cosa dischifoso. È la portaper cui le donne vanno a fare la pulizia- pare impossibile - dei panniin una specie di grottadai muristillanti acqua e sudiciume.

Salitiquattro capi di scalec'è un ripianodai mattoni sconnessiregolarmente disseminati di gusci d'ovadi buccie di patatee altrielementi commestibilicome sarebbe a dire cartacciestracciolinichiodarelli e una quantità enorme di noccioli di ciriegiaabilmente dispostiin modo da far cascare la gentea rischio dirompersiDio scampil'osso del collo.

Laprima camera di De-Tappetti è mobiliata con un magnifico sofàdi reps giallocomprato dal perito Stella con 7 lire e 45centesimi; un cassettone coi tiretti scortecciati e mancante di unpiede; un orologio a pendoloe che segna sempre le ore 5 e duecentimetricon l'unica lancetta che gli è rimasta; unospecchiodalla cornice nerae col cristallo rotto agli angoli eattaccato mediante margini di francobolli; quattro sedie di pagliaperfettamente scompagne; una elegante poltroncina di repsazzurrocomprata dal perito Stella a 5 lire e 90 centesimi; unatavola rotonda intarsiata di macchie e di minuzzoli di paneunmobile misteriosocoperto da due vecchi scialli della signoraDe-Tappettie chepoinon è altro che un lettuccio di ferroincaricato di fingeredurante il giornoun sofàeaccoglierela nottele stanche e non rimunerate membra della serva.

Èdunque una salauna camera da riceverestanza da lettosala dapranzoil cui servizio cumulativo richiede una quantità diingegnosi artifizi.

Nellaseconda camerauna toletta di legno dipinta a marmi preziosiduelettucci di ferro i cui pezzi sono mantenutiper mezzo di vecchiecorde d'imballaggioquasi in relazione tra loroe una culla agabbioncino per Agenore che pure ha quasi sette anniun attaccapannii cui piuoli si staccano al peso di un soprabitoe una quantitàdi quadri (poichè De-Tappetti ama le arti) le cui vecchiemuffite litografie rappresentano le cinque parti d'Europauna dellequali è la Primavera.

Lacucina non è che uno sgabuzzino in cui i predecessori diPolicarpo hanno lasciato molte memorie di famiglia in una quantitàdi sorcii quali vivono non si sa proprio di che.

Èfestaè la festa di San Pietro.

-Oggi ci dobbiamo divertire un pochetto? - esclama Policarpo giocondoe affibbiandosi gli straccali - vi condurrò tutti e due aiprati di Castellopassando per porta Angelica.

-Papà? io voglio passare per il ponte di Ripetta.

-Nofiglio mio; invece spenderemo i soldi del pedaggio in tanteciambelle di Lucca.

-Voglio passare per il ponte e voglio le ciambelle di Lucca.

-Mi meraviglioe mi vergogno per voidiscolaccio?... Corpo di bacconon trovo piú la mia cravatta nera. Eppure l'ho messa. Dicosempre: lasciate le cose dove le metto io! Nossignore? come parlareal muro.

-Fai adagio! - dice la moglie - con un po' di pazienza....

-Pazienza un corno non mi si dà rettamai. Ce la voglioinchiodarela cravatta!

Sicercasi frugala famosa cravatta è dentro una scarpa diAgenore.

-Eccoecco come si sciupa la mia guardaroba. Una cravatta che portoda dodici e che è ancora nuova fiammante. Credete forse chevada a rubare la notte? che faccia il falso monetario? La ci vuoltutta per non morir di fame al servizio dello Statoe intanto mi simette la cravatta nelle scarpe. Con 95 lire il mese: un ragazzo chemangerebbe un patrimoniouna moglie che vuole assolutamente uncappello ogni due anni? una serva che divora un chilo di pane ognigiornoe 45 lire di pigione! Manco male i nuovi organici miporteranno un aumento. Benedetto sia questo Ministero! io l'ho sempredetto: fior di brava gentebenchè abbia dato la croce al miocapo sezione. Non s'accosta mai all'ufficiolui. Policarpo facciaquestoPolicarpo faccia quest'altrogiúgiútuttoaddosso a questo somaro!

-A proposito: c'è stato il salumaio?

-Vada al diavolo! aspetti i nuovi organici.... li aspetto bene iomentre mi premono piú che a lui.

Ilgiorno in cui andranno in vigorevi condurrò tuttinell'omnibus da Piazza Venezia a Porta del Popolo.

Indicon voce solenne:

-E se non mi farete inquietaretorneremo sull'omnibusda Porta delPopolo a Piazza Venezia. E poiuna bella domenicavi faròvaccinare.

Laserva rientrando.

Ilpostino col Don Chisciotte.

Policarpolevando al cielo gli occhi....

-Dio mi ha mandato anche questo canchero di giornale! - dandoun'occhiata al foglio - è un'infamia!

-Che è successo?

-I nuovi organici....

-Ebbene?

-Tutto per aria. Ah! l'ho sempre detto: questo Ministero è unpoco di buono.

-Papà? andiamo ai prati di Castello?

-È inutilefiglio mioanche qui siamo completamente al verde.





III- Il banchetto della famiglia.

Laserva sbuffa in cucina. Donna Eufemia sta capando uno spicchiod'aglio. Policarpo gratta un formaggio che appesta il vicinato.Agenoreimpicciando tutti quantigiunge a spingeresurrettiziamentealcune patate sotto la cenere caldanella qualenaturalmentesi scotta e strilla come un'aquila.

Èuna rivoluzione. Policarpo si caccia in tasca il pezzo di formaggio.Eufemia depone l'aglio sopra lo sciacquatore. La serva rovescia tuttoquanto il barattolo del sale dentro la pignatta.

-Prestola concolina? - grida Eufemia pestando un piede.

Laserva si slancia nella camera da letto. Policarpo osserva le dita diAgenoree non vedendo nulla di sospettogli tasta il polso e si famostrare la lingua.

-Non piangere; - gli dice - non è niente.

-Già: brontola Eufemia- per voi tutto è niente. Vieniquada mefiglietto caro.... sta zittoche poi ti compro due beicentesimi di nocchie.

-Se non aveste messo la mano vicino al fuoconon vi sareste scottato!- dice severamente Policarpo; - la vostra condotta non è cheuna serie di dispiaceri per la famiglia.

-Ma questa concolina viene o non viene?

-Che fa quella somara?

-Dille che si sbrighi.

Policarposi volta con impetoe ne viene uno scontro colla servache stacorrendo colla concolina in mano. I calzoni di Policarpo sono fracidid'acqua insaponata. La concolina va in mille pezzi.

Tuttala famigliacosternatasi raccoglie intorno a quei frantumicomedavanti a una catastrofe. Una lacrima spunta dal ciglio di Policarpo.Donna Eufemia batte le mani congiungendolecon voce straziante:

-La concolina di mia nonna!

Policarpoper nascondere la sua emozionesi fruga in tascane cava il pezzodi formaggioe lo fissa con straordinaria intensità.

Intantola pignatta dà disoprae il brodocascando nel fuocosolleva spirali di fumo bianco.

PolicarpoEufemia e la servacon unanime slanciosi precipitano verso lapignattache viene alzata da sei mani e messa da pàrte.

Agenores'appende alle ginocchia del genitore e strilla:

-Le mie patate!

Laservaconfusaafferra uno strofinaccio fradicio di acqua e ceneredà una ripulita alla pignattapoi sempre rintontitalodepone sul casto seno di Donna Eufemia. Policarpo si curva per dareuna correzione al figlio. Eufemia manda un grido drammaticoprendelo strofinaccio con due dita e lo butta lungi da sé con attodi ribrezzo. Lo strofinaccio s'avvolge come un turbante intorno alcranio nudo di Policarpo.

-Un asciugamanipresto un asciugamani! - urla Policarpo.

Laserva afferra una cosa biancae gliela porge. Policarpo si asciugala testa e il collo. Altro grido di donna Eufemia:

-La mia camicia da notte!

Lacucina è un inferno. Policarpo guarda con desolazione profondai calzoni fradiciquasi fosse l'ultimo atto dei Due Sergenti.

-Come fare? Non ce n'hai nessun altro paio di mezza stagione.

-Lasci a andare: s'asciutteranno.

-Ma tu t'ammalerai.

-Che poi non m'avessi da pigliare un febbrone?

-Levateli subito: credi a me.

-Ma che mi metto? non posso mica restare in mutande.

-Aspetta facciamo così: Rosaprendete la mia veste di lanaturchina. Per un momentoti metterai quella..

-Un funzionario dello Stato vestito da donna?

Ladignità di Policarpo si rivoltama la necessità èurgente e superiore all'amor proprio. Così avviene chePolicarpoun momento appresso si avvia solennemente verso la tavolamezzo vestito da uomo e mezzo da donna. Agenore ci ride. Il genitorelo fulmina con un'occhiata.

-Non si deve mai ridere sulle sventurate emergenze della famigliaedovreste invece apprendereche il genitore afflitto da sventuraidraulicasa sempre nobilmente indossare la veste del sacrificio.

Finalmentela famiglia è seduta a tavola. Agenore ha un tovagliolochelo strozzalegato intorno al collo.

Laserva porta la minestra. Agenore domanda che per lo meno la suascodella sia coperta da due chilogrammi di formaggio. Il genitore sirifiuta. Agenore si tira i capelli. Il genitore gli tira gli orecchi.Eufemia tira la manica di Policarpoil quale si mette in bocca laprima cucchiaiata di minestraPer poco non la sputa

-Dio clemente e misericordioso! esclama Policarpo - questa minestra èuna salina di Orbetello.

-Le tue solite esagerazioni....

-Eufemia mia! non eccitarete ne pregola mia sacrosantaindignazione. Fammi il piacere di degustare la minestra e poi....

Eufemiaassaggia

-C'è un po' di salema non mi pare che ci sia da strillare aquel modo che fai tu.

-Ma è salata o non lo è? rispondi categoricamentepoichè la vita domestica è fondata sulla logica.

-Non ti stranirefammi questo piacere.

-Signora Eufemia! i sett'anni di matrimomio non vi autorizzano adenigrare la sincerità dei miei sensi. Non tergiversiamoperamore di Dio. È salata o noquesta minestra?

-Quanto sei seccante!

-Papà - soggiunge Agenore - perché la mamma dice sempreche sei seccante?

-È un'espressione confidenziale che tu non devi ultroneamenteripetere! Hai capito? Ma guarda che fai? tu intingi la manica dentrola scodella. Madisgraziatonon te l'ho detto mille volte? a checosa servono le maniche?

-A ripulirsi la bocca.

Policarporesta atterritodavanti al crescente idiotismo di quel figlio unicoche un giorno dovrà essere il capo della sua stirpe.

Lasignora Eufemia con voce acre e acutissima:

-Impossibile! non passa giorno che a tavola non si faccia qualchelite. Tutti mi dicono: quanto dovete esser felice con vostro marito;è un uomo che fa ridere tutti. Ma giàsi capisce!fuori di casa il signore sarà amabilesarà spiritososarà. ciarlierosarà brillante. Appena messo piede incasanon fa che brontolarebrontolaree dalla mattina alla sera:ora i bottoni non sono cuciti; ora s'è persa la cravatta; orala minestra ha il bruciato ora non c'è calza abbastanza nellalampada a petrolio.... Ma dimmi un'altra cosa: non potresti dare unaltro giro ai tuoi discorsi?

-Eufemia! - risponde severamente Policarpo - Eufemiate ne pregorientra in te stessa. Tu demolisci il prestigio della patria potestà!tu scuotinella loro basequei principii inconcussi che hoprocurato sempre d'instillare nel tenero animo di Agenore nostro.

-Ma io sono inconcussa da un pezzo e te lo dico francamente: o parlad'altro o sta zitto. Agenorevuoi un pezzettino d'arrosto?

-Ma me le compri poi le nocchie?

-Ti ho detto di sì. Non seccarmi neppure te.

-Ecco - mormora Policarpo - ecco come si finisce per traviare il sensoretto della gioventú! Le nocchie sono il primo passo sulsentiero dell'abisso. La nocchia è la madre dei vizi.

-Policarpote lo ripeto: non essere così brontolone. Non cihai altro da dirmi?Ma scusa tanto; perché leggi tantigiornalacci? Non ci trovi niente di bello da raccontarmi? Perchénon ci dici tante belle cose?

-Non vi si trovano che cose brutte.

-Perché leggiallora?

-Per ornare il mio spirito di quella cultura unissonache devecementare le facoltà intellettuali e intangibili dellacoscienza cittadina. Ma che vuoi ti narricara mia? Vuoi che venga atavolaper dirti che la locomotiva ha rovesciato il ministero?

-Come?

-Con un break di sfiducia: pur troppo il capo del governo èstato trascinato con un vagone senza ruote.... lui! un uomo chetrascina giorno e notte il carro dello Stato.

-E s'è fatto male?

-Nessun malegrazie al cielo.

-Ma figuriamociche pauraGesú!

Policarpocon accento severissimo:

-La paura è un sentimento subalterno.

-Queste ferrovie! - esclama la signora Eufemiacon profondaconvinzione.- Per me non vorrei servirmene mai.

-Tu esageri - risponde Policarpo basta avere un poco di prudenzaenon viaggiare che con treni esenti da scontrie da deviazioni oaltri simili disastri.

-Se io fossi capo del Governo....

-Non è possibile; saresti una capa.

-Mettiamo il caso. Ebbenenon andrei che in carrozza.

-Come fare? A giorni il presidente del gabinetto andrà a Viennain compagnia dei sovrani.

-È lontano assai Vienna?

-Lontanissima. Io non vi sono mai statoma conosco il fratello d'unoche suo cugino doveva andare a Vienna e anche piú lontanoeppure è capitale dell'Austria.

-Ma che ci vanno a fare a Vienna?

-A fare amicizia con l'Austria.

-Papà. - interrompe Agenore - non m'hai detto sempre chel'Austria è una brutta aquila bicipite?

-Lo era nel quarantotto. Perché lo stato dell'Europafigliomioè tutto cambiato. Napoleone III è stato sconfittoa Sadova. Bismarck è sceso nella penisola balcanicae habattuto i russi a Plevna; i bulgari hanno invaso l'Erzegovinasbarcando nell'isola di Tabarca; la Francia ha dichiarato guerraall'Enfidae ha levato a Thiers le redini del governotanto èin trambusto; per questo appuntol'Austriach'era nemicaora poisfidoè piú amica di prima; e lo stesso imperatoredegli austriaci è anche unghereseperché sono duegoverniche diventano un soloanche per la ragione che Kossuth èsempre stato a Torinola nostra capitaledove fu amico sempredell'Italia. Così sono amici al di qua dalla Leithae al dilà dalla Leitha.

-Scusa un momento - interrompe Eufemia; - ho capito tuttoma questaLeitha che vuol dire?.

-I governi dell'Austria sono duecisleitanoe transleitanomicapisci? ma poi veramente non sono che unoe questo governo ognitanto passa al di là dalla Leitha per poi venire al di qua.

-Scusa tantoamico mioma levami una curiosità: la Leitha checos'è?

-La Leitha con cui si governae che si chiama la Dieta.

-Ma se è Dieta come può essere Leitha?

Policarpocon doloroso stupore:

-Scusa tantocara mia. Io sono Policarpo e non sono ancheDe-Tappetti? Dieta è il cognome.

 



IV- De-Tappetti in villeggiatura.

Ilsogno della signora Eufemia De-Tappetti è diventato unarealtà. Policarpo è riuscito a farsi subaffittaredaun suo collegauna casa di campagna nelle vicinanze di Frascati.

Neitre giorni precedenti alla partenza per la villeggiatura Policarponon ha fatto che ripetere a tutto il vicinato

-Ahnon ne posso piú; sarà meglio che ce ne andiamosubito al nostro villino.

-Un villino?

-Ohuna cosa da niente: una palazzina di due pianicon un po' digiardino. Venite pure a trovarmi.... quando volete....ma ècosì lontano.... c'è due ore di camminoa piedi....con questo sole.... eppoiuna strada impossibile.... il governo nonpensa mai alle strade.... ma venite puremi farete tanto piacere.

Lapalazzinatutt'insieme! è una casuccia rusticamoltovituperata dalle intemperie. Una porta sbocconcellatamunita di unsemplice saliscendimette in una specie di stallache sarebbe lasala da pranzoper la ragione che c'è la cucina fattaunicamente per abbrustolire le focacce dei tempi d'Isacco e diGiacobbe.

Unamagnifica scala di legnotarlata a doveree abbellita di spaventosiragnateliporta al secondo piano della palazzinache si compone diuna cameraccia schifosadivisa in due da un tramezzo d'assisconnesseabitacolo sacro alle pulciche professano un veraceattaccamento ai membri della famiglia De-Tappetti.

Ilgiardino consiste in un pezzetto di terreno incoltopieno d'erbaccedi sterpitra cui cresce rigoglioso il papaverol'ortica abbondaei cespugli di corbezzoli si aggraziano dei loro bottoni di corallo.Il terreno è cinto da una staccionata cadente in cui lo stessocompianto Mazzarella non avrebbe trovato piú postoper unanuova interruzione. In un angolosi vede una cisterna in cuisecondo la leggenda che corre in paesei gatti defunti avrebberotrovato l'estrema dimora fin dalla piú remota antichità.

Policarpoper godere una mesata intiera tale deliziaha promesso di pagare 22lire dicendo:

-Il sacrificio è gravema la salute prima di tutto.

Lasignora Eufemiasposa e madre feliceavanti di partire ha gabellatoalle amiche questa pietosa menzogna:

-Policarpo mi voleva fare un abitoma io gli ho detto: abbi pazienzacaro mioma mi pare una bestialità: la prima cosa che si devefarein campagnaè di mettersi in piena libertà. Epoinon ce l'ho il mio abito di seta marron?

Dalunghi annila signora Eufemia parla con accento convinto epossessivodi questo abito di seta marronche nessuno ha mai vistoe nemmeno lei. La cosa è talmente penetrata nelle abitudiniche lo stesso Policarpo ha detto piú voltedisponendosi allapasseggiata:

-Per l'amor di Diodolce Eufemia!... non mettere il tuo abito di setamarron; il tempo è minaccioso. I miei calli non s'ingannanomai.

Lapartenza per la campagna è un vero avvenimento per la famigliaDe-Tappettie per l'intero vicinato che - sia detto asua lode -non ci aveva mai creduto.

Lelenzuola dentro a un secchio - i fazzolettii calzoncini di Agenorestiacciati nella cazzerolale calze e le mutande del genitorepigiate bene dentro la pignatta - altri indumenti rassettati congarbo dentro parecchi utensili di cucina; il tutto caricato sulgobbone della serval'infelice Rosache viene spedita alla stazionedue ore prima della partenza del convoglio.

Lasignora Eufemias'è messa due abitiquello per casaequello per fuoriuno sull'altroa scanso di maggiori impicci.Policarpo ha le tasche piene d'ogni sorta di robadai pettini aicucchiaidalla scatolina del lucido per le scarpeal macinino peril caffè. Il piccolo Agenore è ovattato di stracci perla cucinadi cartaccia per accendere il fuocoha una padella sullostomaco e un soffietto sulla schienadel quale dice talvolta disentire il soffiola qual cosa non è sufficientementeappurata dalla storia.

Tuttie tre hanno le mani impacciate da fagottiin cui si celano i misteridella famigliadalle scarpe vecchiealla conserva di pomidoro. IDe-Tappetti salgono sopra un omnibuse arrivano alla stazione un'oraprima della partenza del treno.

-Scusi - dice De-Tappetticavandosi il cappelloa un facchino - misaprebbe dire a che ora parte il treno delle 550?

-Dieci minuti prima delle sei.

-Sempre ritardi! - esclama Eufemia: indivolgendosi al marito: - inche classe si va?

-Andremo in terza.... non essendovi una quarta.

Finalmentela famiglia è in viaggio. Agenore non lascia un minuto ilfinestrinoe tempesta il babbo di domande imbarazzanti.

-Papà! che cosa è il vapore?

-Il vapore è il fumo che penetra nelle ruote e si converte inforza motriceper modo che quando una locomotiva è inmovimento tutti i vagoni le corrono appresso fino a che si scenda auna stazione che sarebbe per esempio Frascati.

-Papà! perché si chiamano vagoni?

-Perché vagano sulle ruote.

-Papà! perché gli alberi fuggono?

-Non è che un'illusione ottica; quanto piú si vainnanzil'albero va sempre indietrorimanendo fermo al suo postocosì chea poco a pocosi perde di vista; mentre alcontrariose noi si restasse fermil'albero camminerebbecosa chenon può staree che io tuo genitorenon dovrei neanchepermettere.

Finalmentesi scende a Frascati.

Unfacchino si offre per il trasporto di tutto il bagagliume cheaffligge la famiglia De-Tappetti.

-No! - risponde con voce grave il De-Tappetti - l'uomo deve bastare asé stesso; noi abbiamoin questi fagottidei preziosiricordi dei nostri avie non devono essere toccati da mani profanee comecchessia mercenarie.

Lagiornata è afosa; il sole scottala strada è faticosala polvere acciecail caldo è soffocante; Agenore ha fuori unpalmo di lingua; la signora Eufemia va in acqua dal sudore;l'infelice Rosa fa salire gli ultimi rantoli d'una serva oppressa altrono dell'eterno. Policarpo s'asciuga la frontecon un grembialinodi Agenoree dice con voce tronca e affaticata:

-Qui almeno.... si respira un po' d'aria....un po' d'aria sana.... fapiacere.... in verità....che bella frescura!

-A me pare - soggiunge Rosa - che ci si crepi di caldo.

-Tu non calcoli il peso delle paroledisgraziata! - grida Policarpo.- Tu calunnii la villeggiaturatu vorresti insinuare nel coreinesperto del mio tenero figlioun sospetto: il sospetto chePolicarpo De-Tappetti sacrifichi 22 lire d'affitto per farglisoffrire in piena campagna il caldo insopportabile delle grandicittà.

-Scusami tantoma io provo un caldo simile a quello di Roma

Policarpocon un sorriso di profonda commiserazione:

-È naturale: tu ignori che cosa sia un termometroil tuo caldonon è che unfrutto della tua ignoranza!

Lafamiglia De-Tappetti entra in possesso della palazzina.

-Papà! quanto è brutta! - esclama il piccolo Agenore.

-Dio mio! - mormora la signora Eufemia; - mi pare una spelonca daladri.

-Voi vi fermate alle apparenze - brontola Policarpo; - voi non cercateche l'opera dell'uomoinnalzate invece le vostre menti a contemplarela bellezza della natura.

Lacatapecchiadel restosarebbe comodissimase non mancasse dituttospecialmente di mobilio. Rosa accende il fuocoe la palazzinasi riempie di fumo. I De-Tappetti sono costretti a fare un ceninoall'apertocon cinque uova al tegamee un po' di prosciutto.All'ora delle galline vanno a letto. Rosa dorme in cucina sopra unpagliericcio e Agenore nella stanza superioresopra sei sedieresesoffici da una quantità di stracci e di giornali vecchi.

Primadi coricarsiPolicarpo scrive al suo capo d'ufficio il seguentebiglietto:

 

"IllustreSignore!

Hopreso oggi possesso del mio villino di Frascati. Non è unagran cosa; è una "modesta palazzina da povera gente comesiamo noi; ma tutte le volte che V. S. "Ill.ma ci volesseonorare di sua presenza sarei lieto di porre un appartamento a suadisposizione.

Umilissimoservo

POLICARPODE-TAPPETTI."



-Ma che fai? - gli dice la mogliediventi matto?

-Mi fo un merito senza costo di spesa; il principale non accetteràmai e poi mai la mia graziosa offerta.

IndiPolicarpo si sveste e sale a letto: un letto alto quanto l'arco diTitocon durezza analogae travertino. Poco dopo è quasicolto da vertiginie prima di chiudere gli occhiformula questapreghiera:

-Signore! fate che domattina io riesca a ridiscendere sulla superficiedella terra.

 



V- Gli amici.

L'erbarolaha detto alla fornaia:

-Proprio verosapete! il signor Policarpo ha affittato una magnificacasina di campagnama una cosa chedicebisogna vedere.

-Come faccia a spendere quella famigliaio non lo so. Io che non sonoriccamainfine....

-Ehvorrei averne io la metà!

-Insomma si vive abbastanza bene; un po'di quattrini in disparte cel'ho.... e grazie a Diodebiti non ne ho fatto mai. Dicevodunqueche in campagna al giorno d'oggiper chi non voglia sfigurarecivuole un sacco di denari. Io lo soperché quando sono stata aNettunoin due mesi ho speso piú di cinquanta scudi.

-Notate poiche la signora Eufemiaa quanto m'ha detto il cicoriarofa un lusso strepitosoe la sua serva sostiene chela mattinaquando si levainfila un abito di seta marronch'è cosa darimanere tonti.

-Perdioche razza di sprechi! e dire che l'ho conosciutaioche nonaveva neanche camicia indosso.

-Eh! già: è appunto in.... questi casi che arrivano lerisorsequando meno ci si pensa.

Discorsiquasi simili avvengono tra l'oste e il salumaio; tra il droghiere eil merciaiotra il macellaio e l'orzarolo. In questi giorniilvillino De-Tappettisulle bocche del vicinatoè salito alleproporzioni gigantesche del palazzo reale di Caserta; l'erbarola èconvinta che la signora Eufemia si cambiogni quindici minutiunabito di seta marron.

Sabatoil povero Policarporicevè questa cartolina postale:

Dicasa13 Agosto.

"Chacoamicco!... Veniamo con questa a dirte che sttiamo Bene tutte cuante"come spero di Tecon la tua siniora e il regazzino. Dichome èpositivo che vi nuoiateabbiamo pensato di farve un improvissata perla madona d'Agosto venendo - che siamo in Domenica - tuttin siemeVale a dire la mi ammoglie con Augustoe li nostri vicinilafamiglia Pulitanoindove che cè pure la Sora Amaliae sifarà molta allegria che portiamo noi due polli e che tiringrassio dell'hamicizia

Tantisaluti.

Fessionatissimo COLANDREA."

 

De-Tappettiresta pietrificato. La signora Eufemia non trovain mezzo a tantodoloreuna parola di conforto. Non proverebbe spavento maggioresele dicessero che la sua veste di seta marron esiste realmentee chesi è macchiata d'olio sul davanti.

Èdomenica. Tutta la famiglia De-Tappetti sta in piedi fino dall'alba.Policarpoogni cinque minutialza gli occhi al cielo nella speranzad'una burrasca che mandi a monte ogni cosa. Il cielo invece ècosì beffardamente serenoche mette l'urto di nervi. Eufemiadà ordini alla serva; ma Policarpo non dà quattrini.

Perciòsi passa di modificazione in modificazione. Lunga e dolorosa èla compilazione del menuche resta fissato in questeproporzioni: due chili di carnedue di fettuccinedieci soldi diformaggiotre litri e mezzo di vinocon incarico a Rosa diallungarli in sei bottiglie; infine otto soldi di fruttapiútre soldi di pizzutelloper procurare una conveniente colica airagazzi. Agenore ha l'incarico di togliere i sassi dal giardino. Rosaleva le ragnatele dalla cucinaPolicarpocon metodica regolaritàpianta una serie di chiodi nelle gambe vacillanti delle sediecon lasperanza che ne derivi qualche strappo ai calzoni del Colandrea o delPulitano. Si fanno sforzi inauditi per dissimulare la crollantemiseria della casupola; perfino un vecchio scialle di Rosa vienemessoa guisa di cortinaggialla finestra della camera da letto.Sopra il giaciglio di Agenore viene posto un mucchio di pagliae losi copre di mutandedi camiciedi pedalinidi straccettidigrembialie altroper far credere che sia la resa della lavandaia.

Suonanole dieci.... le dieci e mezzo....sono quasi le undici.... Policarpocomincia a respirare.

-Ah! forse non verrannoquei birbaccioni.... avranno riflettutochefrancamentesarebbe un incomodo troppo grave..... quel Colandrea èuomo di buon senso.... fors'anche avranno perso il treno....

Maecco Agenore che viene gridando.

-Eccoli che arrivano!

-Il diavolo se li porti! indiscretiscrocconivillanacciinfami! -strilla Policarpoindi correndo incontro alla signora PaolinaColandreaalla signora Amalia Codarellialla signora EulaliaPulitano:

-Ma che dolce sorpresa! ah! una magnifica improvvisata.... avete fattobene....è una gran prova d'amicizia; entrateaccomodatevi;Rosa! prendi i cappelli.... dia pure a mesignora Eulalia.... eccoprendimettili al piano superiore.

-Ho detto.... andiamo a fare una visita a Policarpo - esclama TonioColandreaomaccione dalle larghe spalle.

-Benone.... benone.... ne sono incantato! - balbetta Policarpomaviene interrotto dalle grida e dai pianti del piccolo Augusto.

-Che haiche strilli in questo modo? - gli domanda la signoraPaolina.

-Agenore m'ha messo in bocca una manata di terra.

-Agenore! - grida severamente il padre - è questa dunquel'educazione che t'insegno? Ricordati bene che l'amore del prossimo èla prima cosa. Chi dimentica le massime paternesi trova sempreesposto alle torture del rimorsocome pure a un paio di calcicheti darò senza pregiudizio di un altro paio che tu potrairiceverea sussidio di questi miei insegnamenti.

Lasignora Eufemiacon impetuosa rapiditàaffinchè nonsi possano fermare all'esame dei dettaglifa visitare agli ospiti lacasuccia e il giardino. La famiglia Colandrea scambia occhiate esorrisi epigrammatici con la famiglia Pulitanomentre va soffocandodi complimenti esagerati la povera Eufemiache suda sangue comeCristo nell'orto.

-Ma che bella casina! quant'è pulita! quant'è ariosa contutti i comodi!

Finalmentesi va a tavola. Gli uomini si sono messi in maniche di camicia. Iconiugi De-Tappetti hannoin luogo dei tovaglioli ceduti agliospitidue asciugamani sulle ginocchia. Rosa versa abilmente unaporzione di fettuccine sull'abito sgargiante della signora Amalia.Nestore Pulitano rovescia una bottiglia di vino e Policarpo esclamacon le lacrime agli occhi:

-Non è nienteallegria!

TonioColandrea comincia uno dei suoi invariabili discorsi:

-Una volta è accaduto lo stesso nel 65.... anzi nonel 72:eravamo in casa di Atanasioquello che ha sposato la figlia di queldroghiereche aveva due caseuna in via Rasellae l'altra.... nonmi ricordo piúquel droghiere che era il nipote di Boccoliniil notaio.... Boccolini per Dio!.... il famoso Boccoliniquello chesua moglie si faceva corteggiare dal giovane Alessi.... Alessiquello di borsa.... che suo padre - figuratevi! ci davamo del tu -vendeva pannine all'angolo di via dei Coronari.... come? il vecchioAlessi? che aveva tre figlie una delle quali maritata col segretariodel principe di Cassanoè impossibile che non l'abbiateconosciuto.

PaolinaColandrea non parla d'altro che del gran caro dei viveri. NestorePulitanoil barbierepassa in rassegna i suoi avirisalendoall'epoca delle crociatementre Eulalia Pulitano esclamaognitantomeccanicamente:

-Era una grande e nobile famiglia quella dei Pulitano!

Lavedova Amalia Codarelli non parla mai.

Aun tratto Agenore fa strillare il piccolo Augustocome un demonio.

-Che hai?

-M'ha cacciato in bocca un mucchio di ragnatele.

-Agenore! - grida con voce stentorea Policarpo; - scendete subito ditavola e venite a ricevereda figlio obbedientequei due calci chevi spettanoe che un padre deve inculcarenei piú gravimomenti della vitaalla propria figliuolanza.

Ilpranzo è finito. Gli ospiti se ne vanno in fretta e in furia.Eufemia bacia le donnemostrando sugli occhi il piantodell'amicizia. Policarpo stringe la mano agli uominidicendo:

-Venite pure tutte le domeniche.... Veniteper amor di Dio.

Indirimasto solo:

-Se avessero il coraggio di ritornaresento che offrirei loro unpiatto di fettuccine all'arsenico.

Rientrandoin casaegli vede Agenore immobile a capo chinoin mezzo allacucina.

-Che fai?

-Aspetto due calcipapà!...

EPolicarpo dolcemente:

-Va pure a riposarefiglio mio; te li darò domaniacolazione.





VI- Ruoli organici.

PolicarpoDe-Tappetti ha letto sui giornali che all'ordine del giorno dellaCamera erano comparse quelle cose girevoli che si chiamano i ruoliorganici.

Policarpoha provatonelle sue viscere di impiegato straordinariounrimescolio a cui non doveva certamente essere estraneainsieme conl'affezione rispettosa verso i proprii superioriuna zuppa difagioli andata a maleper colpa della servala quale ha stretto colgarzone del salumaio un'untuosa relazionedi cui non si daràcerto lettura in apposita commissione parlamentare.

PolicarpoDe-Tappettiforte della sua lunga e provata devozione agli ordinicostituzionaliha comunicato al suo caposezioneper debitod'ufficiouna regolare e documentata flussione di dentigrazie allaquale egli ha potuto assistere alla sedutasia per acquistare laconvinzione personale dell'esistenza dei ruoli organicisia perabituare suo figlio Agenore alla religione d'un progetto di leggeche potrà essere discusso nei giorni in cui PolicarpoDe-Tappetti sarà sceso sotterralasciando un'ereditàdi affetti e di scarpe di pannomentre suo figlio AgenoreDe-Tappetti tirerà il carro dello Statoo altro veicolocongenere e non meno nazionale.

Policarpoè alla tribuna pubblicaappoggiato all'ultimo bancoeAgenoreche ha trovato posto nel banco sottostantesi volge albabbo e dice:

-Papài fagiuoli mi hanno fatto male.

-Non mormorarefiglio mio: anche nell'umiltà dei fagiuoli c'èqualche volta la mano della provvidenza.

Emessoquesto pensiero filosoficoPolicarpo si concentra in séstessocomeal pari forse di Agenoreudisse qualche voce internanon abbastanza amalgamata con quella della coscienza.

Cominciaintanto la discussione sugli organici.

-Papà! - domanda Agenorereprimendo un moto dell'animachesomiglia ad un sospiro - papà miome li fai vedere i ruoliorganici?

-Figlio mio: i ruoli organici sono una cosa essenzialmenteimmateriale: nessuno li può vedere epurtropponessuno lipuò toccare. Guarda piuttosto il deputato Plebanoche parlaadesso sopra i pubblici bisogni; egli era l'unica persona che avesse- un Avvenire sul quale ha scritto tanti articolia favore di noipoveri impiegati; ma ormai non c'è piú avveniredisgraziatamente per noie grazie al cielo neanche per lui.

Momentodi pausa.

-Ascoltabene quello che dice l'onorevole Plebano; gli organici nonpotranno mai essere cosa seria e stabilese non si organizzano primai pubblici servizi i quali non rispondono ai pubblici bisogni.

-Papàquand'è che si provano i pubblici bisogni?

-È meglio passarci soprafiglio mio; l'argomento ètroppo grave. Quando un regnicolo ha un bisognoquesto non èche un bisogno privatopoichè deriva appunto da unaprivazione. Ma seinveceun popolocompenetrato nella propriaesistenza di consorzio civiles'inculca bene nel potere legislativoe manomette le riforme organiche delle tabelle definitivealloratutti provano qualche cosa che non si spiegala quale sarebbeappunto un pubblico bisognoche deve corrispondere ai pubbliciservizi.

-Corrispondere.... che cosa?

-Mi spiegherò con un esempio: un cittadino morigerato prova unbisogno pubblico. Che cosa fa egli in simile frangente? ricorrecolrispetto che si deveal potere legislativoe gli dice: io ho iltale bisogno pubblicola mi faccia un po' lei corrispondere a quelservizio che di dovere.

-E allora?

-Allora il potere legislativo lo manda a quel servizio.

L'onorevoleTreppunti intanto dice che non capisce come si vogliano miglioraregli stipendi senza migliorare i servizi; l'onorevole Cavalletto parladella piaga dei sollecitatori e del sospetto di corruzione;l'onorevole Fortis raccomanda la sorte degli impiegati straordinari;l'onorevole Zeppa sostiene che la sinistra ha migliorate lecondizioni della travetteriae Policarpo De-Tappettiche ha pauradi perdere ogni speranzacomincianon foss'altroa perdere latesta.

Agenoreintantotorcendosi e facendo qualche cosa che somiglia a unsinghiozzoesclama:

-Papà! i fagiuoli.

-Agenore! - risponde Policarpo con accento d'ineffabile malinconia: -ti prego di sospenderemomentaneamente le dolorose manifestazioni diun animoturbato da legumi troppo coriacei. Noi ci troviamo davantia un'assemblea legislativa che sta votando un milione in nostrofavore....

-Un milione?

-Sifiglio mio!... un milionedi cui non avrònaturalmenteneanche un soldo; ma è sempre decorosoper una famiglia comela nostraavere partecipato moralmenteidealmenteal possesso d'unmilione.

-Dimmipapà: con questo milionemi comprerai qualche cosa?

Policarpointenerito:

-Sìfiglio mioti procurerò qualche divertimento:domani ti porterò al Pincio a vedere il tramonto. Èbene che gli animi dei giovincelli si ritemprino ai grandi spettacolidella natura.





VII- Il Natale.

Èla mattina di domenica. Dalle nove alle undiciconsulto tra EufemiaPolicarpo e Rosaper decidere il programma del pranzo natalizio.Solamente alle undici e un quarto la lista definitiva rimane compostacosìa base di patate:

Gnocchial sugo

Patatecon contorno di pollo

Arrostodi manzo con contorno di patate

Patatefritte con contorno di spinaci

Cicoriae patate per insalata

Mezzofiaschetto di Aleatico

Caldallesseinvece di marrons glaces troppo indigesti

Seisoldi di cialdoni

Tremele e quattro soldi di formaggio.

Policarpovorrebbe aggiungere alla lista due tazze di caffè: ma restaspaventato dalla propria audacia.

Combinatoil pranzola famiglia De-Tappetti procede al proprio abbigliamentofestivo. Agenorecol pennello da barbainsapona religiosamente unaspalliera di seggiolae ogni tanto strillacon voce acutissima:

-Papàoggi che è Natalemi ci porti al teatromeccanico?

Policarpofruga in ogni ripostiglio e grida:

-Eufemia.

EUFEMIA:- Che haiche strilli?

POLICARPO:- In nome di quei doveri di sposa e di madrea cui si deve ispirarela tua condottami sai dire dove diamine hai ficcato il lustro perle scarpe?

EUFEMIA(alla serva): - Rosa: dove avete messo il lustro per lescarpe? dov'è il mio talmaquello con le perline nere?

POLICARPO(esterrefatto): - Gesummio! Si sarebbe perduto il tuo talma!dunque la mia famiglia è sopra un abisso?

AGENORE:- Papà oggi ch'è Natalemi ci porti al teatromeccanico?

Policarpovolgendosi verso Agenorelo vede piú che mai dedicatoall'insaponatura della spallierae gli grida:

-Nequitosa creaturatu sperperi in tal modo quella schiuma che èprecisamente destinata al mento del genitore? e tu mi rovinicontanta animadversionequella seggiolache servì di base allasanta memoria di tuo nonno? e tu manometti con precoce impulso dibrutale malvagitàquel pennello cui può solamenteadibire la barba paterna?

EUFEMIA(minacciando Agenore): -Metti subito via il pennello se no titiro quello che mi viene alle mani.

POLICARPO:-Ed io quello che mi viene ai piediche poi sarebbe il frutto dellamia legittima indignazione.

Laserva con faccia storditaescetutta impolveratadalla cucina edice:

-Signorail lustro non si trova.

POLICARPO:-Come: non si trova? Bisognerà trovarlo per forza. I mieimezzi non permettono enormi spese voluttuarie in tante scatole dilustro. Ne abbiamo comprata unache non sono neppure tre mesi.(agitato da fiero sospetto) Ma dunque voi me lo mangiate?

AGENORE:-Papà: oggi che è Natale mi ci porti al teatromeccanico?

Lasignora Eufemiatutta rossascalmanata:

-Ecco qua: l'ho trovato io il lustro(porgendolo a Policarpo)era fra le tue carte.

POLICARPO(alzando il lustro e gli occhi al cielo): -Fra i mieidocumenti! Fra quelle pagine immarcescibiliche sono il testimoniooculare della mia integrità cittadina! (principiando alustrare) Un giornodi questo passolo troveremo nella sportadel paneo nella concolina in cui ci laviamo le fisonomie familiario su quel cuscinoch'è il capezzale delle mie notti. Eufemia:casa De-Tappetti è nella piú assoluta decadenza.(scopettando con rabbia) Agenore: lascia stare il gatto! Tel'ho detto cento volte.

AGENORE:-Papà: l'ho mandato via perché era sullo scendiletto estava facendo....

POLICARPO(con amarezza): -Anche l'altro giorno era sul mio soprabitoblú e fece....quel gatto non ha principio di educazione!

AGENORE:-Papà: oggi ch'è Natalemi ci porti al teatromeccanico?

POLICARPO:-Quanto sei noioso e degenerefiglio mio!

EUFEMIA(irritata): -E tu rispondigli una voltasenza farlo svociare.

POLICARPO(al figlio): -Che vuoi? parla! e parla senza omologare disinghiozzi il tuo ragionamento.

AGENORE:-Papà: oggi ch'è Natalemi ci porti al teatromeccanico?

POLICARPO(con voce solenne): -Prima di tuttodobbiamo andare a spassoe per via decideremo quale spettacolo convenga alla puerizia. I solidivertimenti educativi dovrannoonestamentericreare questoconnubio nell'atto chemanoducendo la sua prolesi permetteràdi gavazzaresenza intempestivo dispendio.

EntraRosa con un cencio nero in manoche butta in braccio alla signoraEufemia.

ROSA:-Ecco il talma con le perline nere.

EUFEMIA:-Dov'era?

ROSA:-Era.... era....

POLICARPO:-Siate veridica nei vostri domestici referti.

ROSA:-Io non so chi ce lo abbia messoma era sulla cesta del carbone.

EUFEMIA:-Il mio talma sulla cesta del carbone!.

POLICARPO:-Il carbone sul talma della cesta di mia consorte?

Rosasparisce di corsain cucina.

Policarpofissa sul talma due occhi pieni di lagrime.

Lasignora Eufemia incretinisce a vista d’occhio.

POLICARPO(con gesto pieno di nobiltà e di energia): -Mostriamociforti e parati semprenelle piú dure controversie della vita.Mettiti quel talma che ci costa tanti dolori e usciamo. Nulla turbila nostra festiva giocondità natalizia.

Lasignora Eufemia eseguisce meccanicamente. Escono tutti e tre. Pocagente nelle vie.

Policarpotrascina Eufemiache trascina Agenoreche trascina un carrettinosfiancato mediante un pezzo di spago.

Lafamiglia De-Tappetti si reca al Pincio. Sono le dodici e mezzoe intutto il Pincio non si vedono dieci persone. Policarpo costringe ilfiglio a leggere i nomi dei grandi uomini in marmo; indi gli infliggeun’ammirazione di un quarto d’ora avanti ai cigni dellaghetto. In ultimo dilapida la somma di tre soldi per procurarglicinque minuti d’altalena.

DalPinciola famiglia De-Tappetti corre a San Pietro. Sulla piazza nonc’è anima viva. Policarpo spiega il sistema ingegnoso colquale fu eretto l’obeliscomediante funi riscaldatesecondoluimentre il Papa gridava: Fuori i barbari!

DaSan Pietrola famiglia De-Tappetti corre a piazza di Termini pervedere i cartelloni del serraglio delle belve.

Dapiazza di Terminila famiglia De-Tappetti corre nella chiesad’Aracoelidove Agenore declama la seguente poesia davanti alpresepe:

Questefeste natalizie

Facciail ciel che concilii

Lesue grazie piú propizie

Comeciò che ci ha concesso

Dopoavercelo promesso

Ch’appariscealla capanna

Enascesseci il Messia;

Tragli evviva tra gli osanna

Gridiamtutti e così sia.

Versimanco a dirlodi Policarpo.

Dall’altodella scalinata dell’Aracoelila famiglia De-Tappetti siprecipita verso casa.

POLICARPO(con gioia repressa dalla dignità): -Che ne dicimoglie mia? ci siamo divertiti abbastanza?

EUFEMIA(cascando a pezzi). Quanto a me....

POLICARPO:-E tuAgenoreti sei divertito?

AGENORE:-Nopapà.

POLICARPO:-Ecco le conseguenze dell’abuso dei piaceri! Agenoreti docinque minuti di tempoper rettificare la tua primitiva asserzione.

AGENORE:-Ma io mi sono seccato.

POLICARPO:-E ioforsenon mi sono seccato piú di te? Ma oggi èfestae tu devi imitare la paterna ilarità. Ti ordino diessere contentoe di abbandonarti a segni di giubilo manifesto. Vuoiubbidirmisì o no?

AGENORE:-Ti ubbidisco subitopapà.

Esi mette a piangere come una fontana.

 



VIII- De-Tappetti al veglione.

Sonole otto di sera e la signora Eufemia De-Tappetti non connette piú.Agenore salta sulle sedie. Policarpo ha promesso di condurlitutt’edueal veglione del Costanzi.

Laseta di un vecchio ombrelloprendendo la forma d’un prodottoassai comune della ceramica nazionalesarà la cuffia dellasignora Eufemia: il resto del costume da maschera è compostod’una cortina e d’un vecchio scialle a scacchi neri erossiridotto a qualche cosa che potrebbe essere classificata appenatra il domino e il sacchetto della tombola.

Ilcostume di Agenore èforsemeno splendido quanto aiparticolarima di elegante e incantevole semplicità.

Egliha indosso un paio di mutandine sueuna camicia della mamma legataalla cintura; un cachenez di papà messo a tracolla;infine un cappello conicoformato di gazzetteincollate unasull’altracon rabeschi di carta doratail cui costo non puòessere inferiore ai due soldisenza contare una costellazioned’ostie da lettereattaccate

dallemani stesse del genitore.

Ilqualequanto a sé stessoha deciso di non alterare leproporzioni quotidiane della persona.

Egliha detto:

-Un funzionario dello Stato non può comecchessia obliterare lacompagine individualee tu stessofiglio mioimpara chearrivatiad una certa etàse continui ancora a mangiare le ostie delcappelloti

mandosubito a letto su due piedie anche sopra il mio.

L’andatadei coniugi De-Tappetti al veglione è un avvenimento per ilvicinato.

Lasignora Eufemiaverso il meriggioera scesa a comprare spilli efettucciespesa molto notata dalla cicoriara che sta sul portone; epoi la stessa signora Eufemia aveva detto al norcino:

-Piú tardi manderò la serva a prendere una costoletta dimaiale; badate che sia buonapoiché stasera dobbiamo andareal Costanzi.

Almomento della partenzacasa De-Tappetti pare una maledizione.Policarpocon gli occhi di fuoriha un pezzo di sapone in una manoe la scatolina del grasso lucido nell’altra. Agenore strilla chegli cascano le calze. Policarpo sputa sul saponee lo strofinacontro le scarpe. Accortosi dello sbagliobutta lungi il saponecorre alla catinellae vi immerge la scatola del grasso lucidoperlavarsi le mani.

Lasignora Eufemia pare una spiritata: ella non fa che gridare:

-Dio mioquesti balli saranno la mia rovina.

Finalmentetutto è in ordine. La signora Eufemia s'è messa intesta la cuffiae Agenore ha mangiato le ultime ostie rosse.Policarpo dà il braccio destro alla sua signoraprende permano il bambinoe scendono in istradafra i susurri dellelavandaiedella cicoriaradel norcino e dell’orzaroloilquale si mette a gridare:

-Fate largoche passa il tabernacolo.

Trafelaticon la lingua di fuorile scarpe piene di fangoi De-Tappettiarrivano al Costanzidopo un’ora di cammino.

Ballottatodalle mascheretrascinato in mezzo a ondate di giovanottiPolicarpoconservaa stentola sua proverbiale dignità. Dopo unaquantità di guaii coniugi De-Tappetti riescono a penetrarenella platea. La signora Eufemia resta incantata. Dice che le pare diessere in chiesa. Agenore non vede nulla e pretende di salire sullespalle del babbo. Policarpo resisteAgenore piange e pesta i piedi.Per farla finitaPolicarpo lo prende in collo. Ma una quantitàdi maschere circonda la famiglia De-Tappetti e le dà la baia.Policarpo alzando gli occhi al cielo ha la fortunata ispirazione disalire in galleria.

Quivirespira. Eufemia si mette a sedereAgenore può vedere tuttoquantoe tempesta di domande il genitore.

-Papà! che cos'è quella luce bianca?

-È la luce elettrica.

-Come la fanno?

-Mediante una combinazione chimica: si mettono a bagno i carbonis’avvicinano i polis'accende un fiammifero davanti a unospecchiosi gira la corda di bengalae allora viene l’ingegnereSfondrinie dice: questa è la luce elettrica.

-Anche il gaz è una luce elettrica?

-Nofiglio mio. Il gaz non è altro che il risultato dellacompagnia che lo fabbricae che si chiama gazometro: poi lo chiudononei tubie lo portano al Municipiochi ne vuole va dal sindacopagae si fa dare la pressioneche gli serve anche di ricevuta.

-Papà! guarda quella mascherina bianca.... la vedi? perchéquel signore le ha dato un bacio?

-Egli è un suo fratelloche le dà l’addioessendoin procinto di partire per l’America.

-Policarpo - bisbiglia la signora Eufemia con accenti di terrore - misi sono rotti parecchi uncinetti: mi casca.... Tutto quanto....

-Per amor di Dio!

-Vedi un po' di trovarmi degli spilli!

-E dove vuoi che te ne trovi?

-Papà: che significa tutte quelle figure nel soffitto?

-Sono le nove muse... dovevi badarci prima d’uscire di casa....quelli sono i cavalli che tirano i carri del sole.... ti casca semprequalche cosa!.... quest'altro è il genio della commedia....bella figura facciamoperdio!... il mare coi cigni rappresenta lamitologia.... vedise puoi aggiustarti in qualche modo.... e quellenere che ballanosono altre nove muse.... ce la fai! ce la fai?

-Non è possibile.

-Papàpapà.

-Ma stai zitto un momentonon vedi che la mamma si demolisce?

Iconiugi De-Tappetti scendono con precipitazione. La signora Eufemiasi regge le gonnelleAgenore si fa trascinare come un carretto egiunto nel vestiboloindica la statua di Giulio Cesare e grida:

-Papàchi è quell’uomo nero?

-Quell’uomo è un imperatore romanoil quale.... ilquale....

-Il quale che?

-Il qualefiglio miose me lo domandi ancora una volta t'arriva unpaio di schiaffi

 



IX- Rivolta femminile.

Sonole otto e tre quarti di sera. Sul tavolinocoperto da un vecchioscialle a scacchetti verdi e turchinirisplende un lume a petroliocol piede lucido per l'untumeil cristallo incrinato e un giornaleridotto a paralume col sussidio d'una spilletta arrugginita e di duemollichelle di pane masticato. Questo paralumeda oltre due anniforma l'orgoglio dell'autorePolicarpo De-Tappettiil qualecongli occhiali sul naso e il labbro inferiore penzolonista rifacendola punta a un par di vecchi pedalini che paiono rosicchiati daisorci. Agenorecon un paio di forbicettefa una quantità diritagli di cartaai qualimentalmentesi propone d'appiccare ilfuocoappena i genitori abbiano voltato le spalle. La signoraEufemiavestita di percalle a righe pistacchioè sprofondatanel vecchio monumentale seggiolone comprato all'asta pubblica perlire 1475e destinato a serbatoio di pulci per uso esclusivo dellafamiglia. La signora Eufemia è assorta nella lettura di unmezzo fogliodentro al quale Rosa ha portato la senape destinata aipediluvii di Policarpo.

L'attenzionedella signora Eufemia è concentrata su questo breve resoconto:

-Domenica le donne radicali di Parigi tennero un gran comizio. LuisaMichel teneva la presidenza. Era vestita di nero. Essa disse: "Ègiunta l'ora della rivolta per le donne. Il codice civile èfatto contro di lei; essa lo deve riformare. Se essa lo avràsarà libera. Vi dovete rifiutare a lavorare se non vipagheranno come volete". Martel disse: "L'uomo è unanimale tanto bassoche non ve n'è alcuno che lo equipari.Mercanteggia il cibo alla donnaquando non glielo ruba".Un'altra donnala cittadina Grippadisse: "Rifiutatevi di darei vostri amplessi agli uomini. Non siate piú operaiese nonvi mettono allo stesso livello dell'uomo: non siate piú donneperdute: scioperiamo. Lo Stato dovrebbe indennizzare la donna tuttele volte che questa prestasi a farsi fecondare".

Questalettura getta il turbamento nel cervello ancora verginalenonchéidiotadella signora Eufemiamentre Policarpoda cinque minutisanisi riprova inutilmente a introdurre il filo nella crunadell'ago. Agenorecon la fatale irriverenza di questo secologuardagli sforzi del genitore con sorriso di scherno.

Policarpoci si prova ancora sei o sette voltepoi si inquieta e dice aEufemia:

-Fammi il piacere d'infilarmelo tuperché io non ce la fo.

Evolgendosi al piccolo Agenore:

-E non è lecito a qualsiasi prole ostentare la prevaricazioned'una perniciosa ilaritàmentre il genitore èpericlitante nell'adempimento delle sue funzioni notturnehaicapito?

Epoi alla moglie:

-Eufemia! Saresti dunque sorda alla vocedel dovere nonché aquella del tuo consorte?

Eufemiatrasalendo:

-Che vuoi?

-Infilare quest'ago.

Lasignora Eufemiacon accento pieno di amarezza:

-Riformate prima il codice civileo Policarpoe poi v'infilerò.

Policarpostupefattoguarda fisso il paralumepoi guarda Agenoreche guardala mammache guarda Policarpoche dice:

-Eufemiarientra in te stessatu sei evidentemente sottol'erubescenza. d'un sogno. Guardami bene: io sono Policarpo tuo. Tuti trovi nel santuario della tua famigliae questi pedalini stessi(agitandoli) rappresentano uno di quei teneri vincoli suiquali riposa il matrimoniale consorzio. Eufemiuccia! dà unpoco di pizzichi alle tue sembianze e riconduci la mente sul sentierodella realtà e di questo salottino dove aleggia la domesticagioia e dove anche la domestica dorme sul canapè. Eufemia!infilami l'ago....cidenti! m'è cascato!

Policarposi mette pecoroni alla ricerca dell'agoche dev'essere sparito inuna delle tante crepe polverose dell'ammattonato.

Eufemiaguardando il marito carponisi fa rossa d'indignazione e borbotta:

-Martel ha ragione. L'uomo è un animale tanto basso che non c'èalcuno che lo equipari.

Policarpos'insinua sotto il tavolino e riceve dal figlio Agenoreuna pedatasopra un occhio. Il genitoreoffesoirritatoalza la testabattenel tavolinosi fa un bernoccoloil lume traballaminaccia dirovesciarsi e Policarpo strilla:

-Figlio sciagurato!. Tu vuoi dunque abbandonarti al massacro di chit'ha dato la vita? (uscendo di sotto alla tavola) Tu haiattentato al lume dei miei occhi e a quello a petrolioche avrebbepotuto distruggere nelle fiamme il nostro modesto patrimonio e ancheil matrimoniote compresomostro d'ingratitudine chi t'ha insegnatodi venire alle mani coi piedi?

Policarpoalza sopra Agenore un braccio minacciosoprecursore d'uno schiaffopaterno.

Agenorescappa in cucina.

Eufemiacorre nella camera da letto esclamando.

-Dire che mi sono prestata a farmi fecondare da un uomo simile e....senza indennità governativa!

Policarporimane atterritoestaticodavanti alla scomparsa fulminea deimembri della famiglia.

Perun momentoegli crede d'esser ecceduto nell'esercizio della paternapotestàe mezzo tontoentra nella camera da letto. Eufemiacurva sui cuscinipare oppressa dai singulti. Policarpo la pigliadolcemente sotto le ascellecon movimento di burocratica tenerezza.

Memoredelle parole della cittadina GrippaEufemia si rivolta come unabiscia e dice a Policarpo:

-Tutto è inutileo signore! io rifiuto di dare i miei amplessiagli uomini. Io comincio a mettermi in isciopero.

-Eufemia! - dice Policarpotrasognato - tu non sai quello che dici.La tua esagitata parola dimostra l'abrogazione delle tue facoltàmentali. Eufemia! guardami: guardami bene.... sono Policarpo.

-No; tu sei un animale tanto bassoche non vi è alcuno che tiequipari.

-Ma no: Eufemiuccia! io sono Policarpo tuosono quel Policarpoidentico al quale sei unita in nodo indefettibile: raccogli i tuoiricordi! tu hai associato la tua vita integerrima alle mie immacolategeneralitàe questa unione è stata fecondata.

Eufemiacon accento drammatico:

-Arrestatevi; io non intendo piú di prestarmia farmi....

-Eufemia: tu dunque vuoi postergare i santi doveri di sposa e dimadre?

-Voglio essere posta allo stesso vostro livello

-Come! tu vorresti emarginare le pratiche? le circolari? archiviaregli atti? protocollare delle evasioni?

-Voi avete fatto il codice civile contro di me! - urla donna Eufemia.

-Signora! - conclude gravemente Policarpo - voi accusate un pubblicofunzionario d'avere manomesso il palladio della convivenza civileequesto è il colmo dell'animadversionecontro gli ordinamentisociali. Voi offendetein meil funzionarioil maritol'uomoilPolicarpovoivoi che dovreste essere l'angelo del cubicolofamiliarevoi che....

Dopoun minuto di riflessione: - Fra noi due dovràulteriormenteintercedere una separazione di beni e di toro....

-Ma che toro! - esclama Eufemia. - L'uomo è un animale cosìbasso che non c'è toro che lo equipari.

 



X- Agenore smarrito.

Sonole nove e tre quarti di sera. Casa De-Tappetti è immersa nellapiú profonda costernazione.

Laservaseduta nel cantone piú oscuro della sala da pranzoappoggia la fronte sopra la spalliera e dorme in preda alle piústrazianti inquietudini.

Lasignora Eufemia - dimentica di ogni delicato senso di pudore - èmezzo vestita e mezzo noe il suo seno potrebbe presentare ancoraqualche attrattiva agli occhi autorevoli di Policarpos'egli non siostinasse a fissarli sui propri stivali con una costanza degna dimigliore scarpa.

Lasignora Eufemiaogni tantofa un salto alla finestrae guardaconrapido movimento di testaai due lati della via.

Indiritorna mestamente accanto a Policarpo che continua a considerare leproprio scarpe sotto un altro punto di vistapiú patriotticoma non meno doloroso del precedente.

Policarpocon voce cavernosa:

-Hai visto niente?

-Niente; povera creatura.

Policarporeprimendo i singulti:

-Era il nostro amore! Era il nostro sangueEufemia! Era il mioritratto! Il mio animo di padre è straziato nelle sue viscereimmediate! Dioabbiate pietà di noi; io non domando al cieloche una grazia sola: ricuperare mio figlioper abbracciarloteneramentee metterlodieci giornia pane e acqua.

Indivolgendo gli occhi sopra la serva:

-Oh femmina religiosamente devota ai doveri di cittadina e didomestica! La tua vita è un sacerdozioche mantiene acceso ilsacro focolare della famigliae comprende nel salario gli affettid'un vergine cuoreretribuito mensilmente con pari tenerezza.Guardamoglie miala povera Rosa. Ella non ha piú ilcoraggio di pronunciare una qualsivoglia parola. La commozione laopprime.

-Perdonaamico mioa me pare che russi.

-T'inganni! non è che il rantolo d'un cuore esulcerato.

Lasignora Eufemiasospirando a manticeritornaquasi barcollandoalla finestra.

Policarpofa due o tre passipoi s'arretra e dice con accento severo e fatale:

-Eufemianon è piú tempo d'esitare. Io devo perlustraretutti i sette collianche a costo di fiaccare il mio. O ritroveròil nostro caro Agenoreo tu sarai vedova anzi tempo.

-Io ne morirò.

-E io verrò a piangere continuamente sulla tua fossa.

Cosìdicendocadono uno nelle braccia dell'altra.

Peressere storicamente esattodevo dire anzi che Policarpoavendosbagliato la misuracade invece sopra il lavamanie manda in pezzila catinella.

Rosasi sveglia di schiantoe grida:

-Madonna miagli spiriti!

EPolicarpouscendocon accento filosofico:

-Gli spiriti sono eccessivamente depressi.

Ericalcando la bomba sin sugli orecchiscende nella via.

Ah!voi non sapete....

Èuna storiaquestalugubre e nazionale. Agenore è fuggito dicasa. Il figlio dell'orzarolo gli ha detto che tutte le sere c'èuna dimostrazionecon squilli di trombae Agenore s'èlasciato incautamente sedurre da quella prospettiva rivoluzionaria.Agenore è fuggito di casa alle otto scusandosi col dire cheandava a comprare un soldo di cialdoni.

Comemai l'oculata signora Eufemia ha prestato facile orecchio a cosìsfacciata bugia?

Comemai ella ha potutoanche per un momentosupporre che nella vita diAgenore potesse intercalarsi un episodiorappresentato da un soldodi cialdoni?

Noncalunniate questa eccellente madre di famiglia. Il sospetto avevasubito attraversato l'animo suo.

-Agenore ha un soldo? Dio mio! si sarebbe egli macchiato di qualchecrimine? Ma non può essere. L'avrà trovato per lastrada. Ma quand'anche ciò fossecome mai egli si gettasubito in braccio ai bagordialla disperazioneal libertinaggio?

-AgenoreAgenore!

Haitempo a strillare! Agenore è già lontanoAgenore ègià a piazza Navonainsieme col figlio dell'orzarolosuocompagno di traviamenti e di perdizione.

Policarpoferma un agente municipaledavanti a San Luigi de' Francesie glidomanda:

-Avete visto mio figlio?

-E chi siete voi?

-Io? io sono un padre infelice.

Laguardia si spazientisce e risponde:

-Che vuole che sappia io?

-Ma come! scusate - esclama DeTappetti - non è forse affidata avoi la tutelala salvaguardia dei cittadini? - Sono o non sono unregnicolo? Voi stesso siete o non siete un regnicolo?

-Badi come parla! misuri le parole!

Policarpospaventato dalla propria audacia teme di avere offeso la maestàdella leggee fugge mezzo tontoverso piazza Navonapigliando dipetto tutte le persone.

Appenagiunto in faccia alla fontanasente uno squillo di trombae vede unmaresciallo che porta via di peso qualche cosa che pare un cenciomentre invece è il giovane Agenorefiglio unico di PolicarpoDe-Tappetti.

Qualevista per un padre! quale vistaper un Policarpo!

Èquesto il punto culminante dell'azione drammatica.

POLICARPO:-Figlio mio!

AGENORE(con voce strozzata): -Papàmi portano carcerato.

MARESCIALLO.-Ahè vostro figlioquesto pezzo di birbaccione? - perchénon l'avete messo a letto? perché non gli date un po' piúdi educazione?

POLICARPO(dignitoso): -Maresciallove ne prego.... non diminuite ilmio prestigio davanti a un'indocile proleche versa a piene mani ildisonore sulla mia testache un giorno sarà canuta.

MARESCIALLO:-Meno chiacchiere!

POLICARPO:-Rendetemi mio figlio.

MARESCIALLO:-Ma siete matto!

POLICARPO:-L'avete forse colto in flagrante?

MARESCIALLO:-Gridava l'Inno! l'ho udito io.

POLICARPO(rivolgendosi al figlio con tutta l'amarezza d'un genitore offesoe deluso). Agenore! come maidopo tanti anni del mio fecondoapostolatohai potuto emettere gridi sovversivi? come mai ti vedo inmezzo a gruppi di facinorosi? ahitu che dovevi essere il bastonedella mia vecchiaia! AGENORE (piangendo): -Lo saròlosarò.

POLICARPO(inesorabile): -Ahtroppo tardi! il bastone della miavecchiaia piomberà sulle tue spalle.

Momentodi pausa e di raccoglimento.

POLICARPO(con gesto autorevole): -Maresciallo: io sono un funzionariodel governo; uno zio di mia moglie è amico d'un ministrodelministro Mezzanottebuon'anima sua; si davan del tu....

MARESCIALLO:-Vedo bene che lei è un galantuomo.... si prenda pure questobirichino e lo mandi a letto.

Agenoremezzo sconquassatopassa nelle mani del genitoreche lo afferra perl'avambraccioe lo trascina verso casa ruggendo:

-Disgraziatoche ci sei andato a fare in piazza Navona?

-A sentire la musica.

-E chi ha destatonel tuo pettoquesti gravi istinti musicali?

-È il figlio dell'orzarolo che m'ha detto che bisognavagridare: Vogliamo l'inno.

-Ma non hai tu riflettuto che il tuo grido offendeva i grandi corpidello Stato? Ma dimmi: hai tu mai visto che tuo padre anche nellegrandi circostanze della vita abbia mai chiesto un inno? perchéhai emessodunquegrida sediziose?

Silenzioprudente da parte di Agenore.

-Ah! tu non rispondi? tu ti avvolgi in dignitoso silenzio? Ma io nonmi farò illudere da questo tardivo mutismo. Una correzione ènecessaria. Vedi tu questa mano?

Glidà uno schiaffo e conchiude con voce solenne:

-Questa mano impedisce al tuo piede di rimanereulteriormentesull'orlo dell'abisso.





XI- L'istruzione di Agenore.

Illume a petrolio sopra un sottolume ottagonalefatto di scatole dicerini appiccicate a un pannofiammeggia in mezzo alla tavola. Ilglobo di cristallo smerigliatoè incrinato da cima a fondo epicchiettato di pezzetti di decalcomaniafatica speciale dellapazienza e della saliva di Agenore.

Laservaal buiosbadiglia sull'uscio della cucina.

PolicarpoEufemiaAgenorepieni di raccoglimento e di aspettativastannoseduti intorno alla tavolaaccigliatipreoccupaticome seda unmomento all'altroattendessero i conforti di nostra santa religione.

PolicarpoDe-Tappetti è infagottato in un vecchio cappotto militarecomprato a Campo dei Fiorie trasformato dalla signora Eufemia investe dacameramediante certi paramani gonfie un bavero enormed'un verde cosi sfacciato che la testa di Policarpoper via diriflesso e d'analogiapareocchiali a parteuna gran testa dicavolo.

Latoeletta della medesima signora Eufemia è piena di pretesecon una quantità di nastrini e di fettuccie stintee con un"fisciú" tutto accartocciatoche pare un gran mazzod'indivia. Le pendono dagli orecchi due goccie di falso corallo chesomiglianofino all'illusionea due bastoni di ceralacca

Agenorecome nei giorni di festaha la faccia pulita fino al giro del collo.Si notano pure traccie di tentativi audaci ma infruttuosi nellapulitura delle unghie e nella pettinatura dei capelli.

L'orologiodella chiesa vicina suona le tre; Agenore le conta. Policarpo seguecon tenerezza paterna gli sforzi aritmetici del figliopoi dice aEufemia stropicciandosi un occhio.

-Vedrai che non verrà; il tempo è minacciosoil cielo èintempestivo.

-Papà- gli chiede Agenore- ma a che ora ha detto che tu loaspetteraicon noiperché lui avesse venuto?

-La grammaticala grammaticafiglio mio! - esclama Policarpoconaccento di terrore profondo- ma le tue facoltà commemorativesono dunque cosi fiacchemalgrado le suggestività del tuogenitore? D'onde mai tanta oblivionementre ti ho detto di badarbene a quello che dici?

-Ma perché dovessi parlare con la grammaticase il miopadrino non c'è?

-La vita dell'uomo è unissona- risponde gravemente Policarpo;- e sia detto per l'ultima volta chequando in te stesso venissemeno il rispetto ai tempiio non avrei la menoma oscillazione ditirar bene le orecchie alla tua inconsapevole puerizia.

Agenorechedurante questa predicaha tenuto l'occhio fisso sopra uninsetto alatoche passeggia sul tappeto:

-Papàle mosche hanno le mani? -

S'odeun passo lento per le scalevirgolato da colpi di tosse e da sospiriasmatici.

-Dev'essere lui! esclama la signora Eufemiafacendosi un pochinorossa in mezzo all'indivia.

Unascampanellata pare confermi l'ipotesi della signora De-Tappetti.

Laserva corretraballandoapre l'uscio e dice:

-Si accomodisignor cavaliere.

Lafamiglia De-Tappetti si alza con entusiasmosi precipita verso ilvisitatorelo sbarazza dell'ombrellodel paletotdelcachenez e della tubasulla quale Agenore si affretta adisegnare un gigantesco 14 col dito intinto di saliva.

-Oh caro compare! che onore! che piacere!

-Davvero! con questo tempaccio!

-Vi siete bagnato?

-Venite quivicino alla tavola.: c'è piú luce- dicePolicarpo con premura.come se lo invitasse ad accostarsi a uncaminetto.

Eil cavaliere Anassagora Caramellicompare di Policarpo e di Eufemiaimpiegato al fondo per il cultoviene trascinato a una poltrona chesi regge per miracolo. Il cavaliere siedema si alza di bottoconfaccia spaventata e portando una mano sotto la falda del soprabito.L'estremità d'una molla a spiralefuori di sestoacutaquanto un cava-tappilo ha punto vicino l'osso sacro.

-Che è successo? - chiede la signora Eufemia: - uno spilloforse? una forcinella?

-Non saprei- risponde il cavaliere un po' confuso- qualche cosa dipungente che mi è penetrato nel....

-Sedere comodamente- dicecon intenzione facetaPolicarpo- èuna delle vicissitudini agognate dall'individuo comecchessia lasso diquestadirò così.... cavalierefate il favoreeccouna sedia scevra di qualsiasi punta inopportuna.

Finalmenteil cavaliere Anassagora Caramelli è sedutocon tutto ilcomodo suo. È un tipo né vecchio né giovanenébello né bruttoné intelligente né idiota. Lemale lingue dicono cheprima della nascita di AgenoreAnassagorafrequentasse molto casa De-Tappettimentre Policarpo stava inufficio. Certo è che la signora Eufemia si è spessovantata del compare al quale attribuiscecon visibile compiacenzapatenti di nobiltà.

-Mio compare- soleva dire. - possiede ancora un seggiolone dei suoiavicon lo stemma della famiglia sulla spallierae c'è unabestia rampante.

-Dunque- comincia il cavaliereper iniziare un qualsiasi discorso.

-Eccomi qua- risponde Policarpo con accento maestoso di Coriolanoalle porte di Roma.

-La salute?

-Benone- risponde sorridendo Eufemia.

-E il nostro piccolo Agenore?

-Il nostro piccolo Agenore adorna l'animo di studii preclari- dicePolicarpofacendo la bocca a cuore; - vieni quaAgenoruccio miodàun saggio al tuo padrino di quelle discipline letterarie cheabbelliscono la tua adolescente precocità.

Agenoreintroduce tre dita nel nasoe con la testa bassa va a situarsi trale gambe di papàcome un gruppo in gesso di Amore e Venere.

-Il nostro Agenore- continua Policarpo- è ancora ai primirudimenti della sapienzasubordinata alla sua tenerezzae anchealla miache gli voglio tanto benema egli non difetta di quellalarghezza costitutiva di cervelloche sua madre glielo dice sempre:studiafiglio miocome tuo padreche s'è fatta unaposizionee procura di ottenere quella perspicaciacon la qualefidiamo noi tutti nel tuo desiderioche sarà il bastone dellamia vecchiaia. E ora a teAgenoree vedi un po' di farti onoredavanti a questo padrino che è cavaliere nel fondo del cultopersona altolocatache ci elargisce i beneplaciti d'una preziosaamicizia. Su dunqueAgenore.

EAgenore con voce stridula:

Farfallinabella e bianca

Volavolae non si stanca

Sopraquesto o su quel...

-Ma no! - gli grida Policarpo; la poesia la dirai per ultimazionedell'esperimento. Dimmi invecequante sono le dita della mano?

Dopoun momento di dolorosa aspettativaAgenore risponde:

-Cinque!

-Bene! - esclama Policarpo dando un'occhiata trionfale al cavaliereAnassagora- e come si chiamano?

Agenoreosserva le dita della destrapoi balbettando risponde:

-Polliceindicemartedìgiugnoprimavera.

-Ma tu confondifiglio mio. Si vede che l'erudizione ti si affolla alcervello! Calma! calma! Pensa bene a quello che dici. Quante sono lequattro stagioni dell'anno?

-Sono cinque: polliceind....

-Ma no le dita! dico le stagioni.

-Sono quattro.

-Bene! e come si chiamano? prim.... primav.....

-Primaveraagostoanulareoceania.

-Mi pare- osserva con indulgenza il cavaliere- che sia piúforte in geografia.

-Credo anch'io- miagola Policarpo atterritoecon voce strozzatachiede al figlio: - chi ha scoperto l'America?

Silenzioglaciale per parte di Agenore.

-L'America- ripiglia Policarpo fremendo- non fu scoperta daCristoforo Colombo?

Momentodi viva trepidazione nei genitori.

FinalmenteAgenore guarda in faccia suo padre e risponde con accento risoluto.

-No.

-Che dici? Cristoforo Colombo non è forse stato il primo asbarcare nel nuovo mondo?

-No.

-Agenore- strilla il padre irritatissimo- tu accorda quest'onorestorico e incontestato a Cristoforo Colomboo io ti fo mettere aletto dalla serva e subito.

Agenoresi mette a piangerepesta coi piedismaniafa l'inferno. La mammalo piglia per un braccioe lui le graffia il naso. S'interpone ilcavaliere Anassagora e Agenore gli afferra una manata di ricci.

-Sciagurato! che fai? lasciami!

Invecedi lasciarlo Agenore tira. I ricci si staccano dalla tempia delcavaliere e con essi.... tutta la parrucca.

Policarpoperde il lume degli occhipiglia Agenore di pesolo porta nellacamera da lettochiama la serva e al suo cospetto somministra alfiglio tutti gli schiaffi che la morale oltraggiata mette adisposizione della paterna autorità.

Messoa letto Agenorecon tutte le violenze del casoPolicarpo rientranella camera da ricevere e dice al cavaliere Anassagora Caramelli:

-Compare carissimoio vi domando scusa a nome mioe interinalmenteanche a nome di quella canaglia di mio figlioche ho consegnatonelle braccia di Rosaperché lo passi in quelle di Morfeo.Dio mi è testimonio che fo di tutto per infondere il miosapere nella sua personalitàma le idee moderne cominciano atraviare il suo spirito. Io non so a quale carriera potròavviare questo mio unigenito.

-Papà- grida Agenoremettendo il naso fuori del coltroncino- voglio fare il cocchiere.

Ilcavaliere a scanso di una nuova scenafa due complimenti allasignorasaluta Policarpo e si ritirain fretta e in furia.

RimastisoliPolicarpo lancia un'occhiata di desolazione alla signoraEufemia.

-Come mai Agenore s'è ostinato a negare che Colombo abbiascoperto l'America?

-Ohi sa! ma sei ben sicuro poi che l'abbia scoperta lui?

-Io?... credo di sì.... mi pare.... almeno.... l'ho intesodire.

-Perché a mesembrainveceche sia un altro.

-Hai ragioneperbacco! Ora mi ricordo che è un altro. Colombonon èma è un nome che gli somiglia. Per questo hofatto confusione. Un nome che finisce in ombo....in ombo....

Lasignora Eufemia radiante:

-È vero! Flavio Gioia.





XII- De-Tappetti all'Esposizione.

-Scegli- aveva detto con gravità al figlio Agenore: - ol'esposizione o il tramvai.

-Papà- aveva risposto Agenorescelgo anche il tramvai.

Policarporimase dolorosamente colpito da questa tendenza scialacquatrice delsuo primo unigenitoma non seppe reagirepensando che questa gitasul tramvai era stata decisa fin dall'anno passatoin tre successiviconsigli di famiglia.

Mentreil tramvai con tiro a quattro sale rapidamente per la erta diMagnanapoliAgenore domanda:

-Perché s'attaccano i muli assieme ai cavalli?

-Perché la malagevolezza della salita richiede un servizio co'mulativi.

-Ma il mulo non è fratello del cavallo?

-Nocaroè lo zio.

Iltramvai s'arresta davanti al palazzo dell'esposizionee Policarpodiscendecol figlionon senza insinuare nella tenera intelligenzaun'alta idea della paterna generosità.

-Vedifiglio mio! i nostri sei soldi ci davano dirittoimprescrittibile di farci portare fino alla stazione; ma noi abbiamoabdicato a due metà della corsaperché la vocedell'interesse deve taciturnizzare davanti alle glorie dell'artepercui riverbera sul nome italiano tanto lustroche faresti meglio abadare dove metti i piedi. È la terza volta che calpesti lebasi del tuo genitore.

-Papà: che cosa sono quelle statue? - chiede Agenore indicandoil gruppo che corona il palazzo.

-Quellofiglio mioè lo Statutocon l'Italia el'Indipendenzache ci fu largito in occasione della festa annualeche appunto si chiama giorno dello Statuto.-

-E quelle statue piú basse?

-Sono i duchi Torloniacoi quali fu inaugurato questo tempio delgenio.

-E artiglieria! - dice canzonando uno strillone che passa.

-Concentratevi nella venale esposizione delle vostre effemeridibrutto vassallo- gli replicacon voce severaPolicarpo- e nonturbate un padrenell'atto d'impartire alla prole una saggiacollaudazione intellettuale.

Lostrillone fa un girettopoi torna pian piano e attacca una coda dicarta ai bottoni retrospettivi di Policarpo; Agenore se ne accorgebenissimoma il suo animoinquinato da traviamenti immaturigliconsiglia una muta ma odiosa complicità.

Unsignore che passaavverte piamente Policarpo del tiro che gli hannofatto. Policarpo con gesto maestoso porta la mano destra sulla parteinteressatastrappa la codae grida:

-Questo non è soltanto un oltraggio individualema èeziandio un attentato al soprabito di un pubblico funzionario....

Erivolgendosi a una guardia:

-Custode severoma giusto delle patrie leggiio vi denuncio uncrimine testè compiuto sotto i miei occhi.

-Dove?

-Dietro la schiena. Ai miei bottoni posticipati fu annessaun'appendice cartilaginosa. Eccola: è una coda. Anzi unacodardia.

Policarpocon la sua cieca fiducia nella tutela delle leggipianta la guardiacon la coda in manoe conduce Agenore al portone centrale delpalazzo.

-È permesso? - domanda col dovuto ossequio al guardiano.

-Nodi qui non s'entra.

-Che si entri dalle finestre? - pensa Policarpo- scusi: mi farebbeil favore d'indicarmi....

-Lei ha il biglietto o la fotografia?

-La fotografia! - mormora Policarpo interdettopoi con sorriso ditrionfo: - sìne ho una.

-Allora entri per via Genova.

Policarpotrascinagiú per la scalinatail riluttante Agenorechestrilla:

-Papàche cos'è la fotografia?

-Vuol dire che non è permesso accedere negli ambientiespositivi senza presentare una fotografia. Per fortunaho in tascaquella di mamma tua.

Policarposi presenta all'ingresso di via Genova. Il portiere domanda:

-La fotografia?

-Un momento. Essa è sul mio senodice Policarpo e cava dallatasca del soprabito un vecchio protocollonel quale è condiligenza incartato il ritratto (tre per una lira) della signoraEufemia.

Ilportinaio guarda stupefatto e dice:

-Ma non le somiglia per niente.

-Domando scusa: mi somiglia nell'integrità del caratterenell'assiduità perspicua ai lavori civili e familiarinell'inconcussa contribuzione al benessere.

-Qui non c' intendiamo! Lei ha forse esposto qualche cosa?

-Io no: ma un mio cugino ha esposta la sua vita per salvare unpericolante....

-Ma lei allora chi rappresenta?

Policarpoaccigliato e solenne:

-Rappresento l'amore della famiglial'ordineil progressolamoralità.

-Ho capito! quand'è cosipaghi una lirasi provveda dibigliettoe vada a entrare dalla parte di via Nazionale.

-Già ci sono statomio Diopoichè la mia vita oramainon è piú che una sequela di porte inaccessibili.

Agenorecomincia a pestar i piedi.

-Stai chetostai chetoAgenore. Noi finiremo per entrareondeuscire da questa perplessità. Vieni: tergiversiamo nuovamenteil cammino già compiutotorniamo a questa via non meno Crucische nazionale.

Tuttosi trova a questo mondo e Policarpo De-Tappettifinalmentetrova laporta per cui si entra. Ma proprio al momento in cui sta perintrodurre il proprio individuo in quell'invenzione di Procuste ch'èil contatoreun portiere gli dice:

-Se vuole entrareentri purema l'avverto che tra sei minuti sichiude l'esposizione.

-Figlio mio- esclama Policarposbigottito: - sulle praticheemarginate del destino era scritto che noi non dovessimo entrare inquesto santuario dell'arte. Vieni: torniamo alle tranquille manutritive gioie domestiche.

-Ma io voglio andare sul tram.

-Il tramfiglio caroè un tramite costosoche va usato conparsimonia.

-Voglio il tramse no mi butto per terra.

-BadaAgenore- grida Policarpo con voce iraconda: - non atterrirtiperché io ti terrificherei. Ti sia quindi sacro il fondo deicalzoni come al genitore il fondo per il cultosul quale resterebbel'orma di una punizione inconcussa.