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GalileoGalilei

LETTERE



 

I- A BELISARIO VINTA IN FIRENZE

Ill.moSig.re et Padre Col.mo

Comeper la mia passata accennai a V. S. Ill.maho fatte 3 lezionipubliche in materia de i 4 Pianeti Medicei e delle altre mieosservazioni; e avendo auta l’udienza di tutto lo Studiohofatto restare in modo ciascheduno capace e satisfattoche finalmentequei primarii medesimi che erano stati acerbissimi impugnatori econtrarii assertori alle cose da me scrittevedendosela finalmentedisperata e persa a fattocostretti o da virtù o danecessitàhanno coram populo dettosé nonsolamente esser persuasima apparecchiati a difendere e sostener lamia dottrina contro a qualunque filosofo che ardisse impugnarla: sìche le scritture minacciate saranno assolutamente svanitecome èsvanito tutto il concetto che questi tali avevano sin qui procuratodi suscitarmi controcon speranza forse di esser per sostenerlocredendo che ioatterrito dalla loro autorità o sbigottitodal profluvio de i lor creduli seguacifussi per ritirarmi in uncantone e ammutirmi. Ma il negozio è passato tutto alrovescio; e ben conveniva che la verità restasse di sopra.

Sapràa presso V. S. Ill.mae per lei loro Ser.me Al.zecome dalMatematico dell’Imperatore ho ricevuta una letteraanzi unintero trattato di 8 fogliscritto in approbazione di tutte leparticole contenute nel mio librosenza pur contradire o dubitare inuna sola minima cosa. E creda pur V. S. Ill.ma che l’istessoaveriano anco parimente detto da principio i literati d’Italias’io fussi stato in Alemagna o più lontano; in quellaguisa a punto che possiamo credereche gl’altri principicircumvicini d’Italia con occhio un poco più torbidorimirino la eminenza e potere del nostro Ser.mo Signorechegl’immensi tesori e forze del Mosco o del Chineseper tantointervallo remoti. Ora il negozio è qua in stato talechel’invidia ora mai non ha più attacco di abbassarlocolconvincerlo di falsitàné pur anco col metterlo indubbio. Resta a noima principalmente a i nostri Ser.mi Padronidisostenerlo con reputazione e grandezzacol mostrare di farne quellastima che a così segnalata novità si convieneessendoella in effetto stimata per tale da tutti quelli che ne parlano consincero animo.

L’Ill.moS. Ambasciator Medici mi scrive di Praganon essere in quella Corteocchiali se non di assai mediocre efficaciae per ciò me nedomanda unoaccennandomi essere desiderato anco da S. M.à; emi scrive che io lo deva far consegnare in Venezia al Secretario delS. Residenteacciò lo mandi sicuro. Io però intendoche detto Secretario non riceverà o manderà cosa alcunasenza l’ordine di V. S. Ill.ma; peròcontentandosi S.A.che io ne mandi per tal via sarà V. S. Ill.ma servita di darordine in Venezia che siano ricevuti e mandati. Intantonon me neritrovando di esquisitivedrò di condurne a fine un paro oduise bene a me è grandissima faticané io vorreiessere necessitato a mostrare ad altri il modo vero del lavorarglise non a qualche servitore del G.D.come per altra gli ho scritto.Peròe per altri rispetti ancora e principalissimamente perquietarmi di animodesidero grandemente la resoluzione dell’altronegoziostatomi più volte accennatoma particolarmente da V.S. Ill.ma ultimamente in Pisa: perché sono in tutti i modiresolutovedendo che ogni giorno passa un giornodi mettere ilchiodo allo stato futuro della vita che mi avanzae attendere conogni mio potere a condurre a fine i frutti delle fatiche di tutti imiei studii passatida i quali posso sperarne qualche gloria. Edovendo trapassare quelli anni che mi restano o qui o in Firenzesecondo che piacerà al nostro Ser.mo Signoreio dirò aV. S. Ill.ma quello che ho quie quello che desidererei costàrimettendomi però sempre al comandamento di S.A.S.

Quiho di stipendio fermo fiorini 1000 l’anno in vita miae questisicurissimivenendomi da un principe immortale e immutabile. Piùdi altrettanto posso guadagnarmi da lezioni privatetuttavolta cheio voglia leggere a signori oltramontani; e quando io fussi inclinatoa gl’avanzitutto questo e più ancora potrei mettere dacanto ogn’anno col tenere gentil’uomini scolari in casacol soldo de i quali potrei largamente mantenerla. In oltrel’obligomio non mi tien legato più di 60 mez’ore dell’annoe questo tempo non così strettamenteche per qualunque mioimpedimento io non possasenza alcun pregiudiziointerpor ancomolti giorni vacui: il resto del tempo sono liberissimoeassolutamente mei iuris. Ma perché e le lezioni privatee gli scolari domestici mi sariano d’impedimento e ritardanza ai miei studivoglio da questi totalmentee in gran parte da quellevivere esente; peròquando io dovessi ripatriarmidesidereriche la prima intenzione di S.A.S. fusse di darmi ozio e comoditàdi potere tirare a fine le mie operesenza occuparmi in leggere.

Névorrei che per ciò credesse S.A. che le mie fatiche fusseroper esser men profittevoli agli studiosi della professioneanziassolutamente sariano più; perché nelle publichelezioni non si può leggere altro che i primi elementiper ilche molti sono idonei; e tal lettura è solo di impedimento edi niuno aiuto al condurre a fine le opere miele quali tra le cosedella professione credo che non terranno l’ultimo luogo. Persimile rispettosì come io reputerei sempre a mia sommagloria il poter leggere a i Principicosì all’incontronon vorrei aver necessità di leggere ad altri. E in sommavorrei che i libri mieiindrizzati sempre al Ser.mo nome del mioSignorefussero quelli che guadagnassero il pane; non restandointanto di conferire a S.A. tante e tali invenzioniche forse niunaltro principe ne ha di maggioridelle quali io non solo ne ho moltein effettoma posso assicurarmi di esser per trovarne molte ancoraalla giornatasecondo le occasioni che si presentassero: oltre chedi quelle invenzioni che dependono da la mia professionepotriaesser S.A. sicura di non esser per impiegare in alcuna di esse i suoidanari inutilmentecome per avventura altra volta è statofatto e in grossissime sommené anco per lasciarsi uscirdelle mani qualunque trovato propostogli da altriche veramentefusse utile e bello.

Iode i secreti particolaritanto di utile quanto di curiosità eadmirazionene ho tanta copiache la sola troppa abbondanza minuoce e mi ha sempre nociuto; perché se io ne avessi auto unsolol’averei stimato moltoe con quello facendomi innanzipotrei a presso qualche principe grande avere incontrata quellaventurache sin ora non ho né incontrata né ricercata."Magna longeque admirabilia apud me habeo": ma non possonoservireoper dir meglioessere messe in operase non daprincipiperché loro fanno e sostengono guerrefabricano edifendono fortezzee per loro regii diporti fanno superbissimespesee non io o gentil’uomini privati. Le opere che ho dacondurre a fine sono principalmente 2 libri "De sistemate seuconstitutione universi"concetto immenso e pieno di Filosofiaastronomia e geometria: tre libri "De motu locali"scienzainteramente nuovanon avendo alcun altroné antico némodernoscoperto alcuno de i moltissimi sintomi ammirandi che iodimostro essere ne i movimenti naturali e ne i violentionde io laposso ragionevolissimamente chiamare scienza nuova e ritrovata da mesin da i suoi primi principi: tre libri delle mecanichedueattenenti alle demostrazioni de i principii e fondamentie uno de iproblemi; e benché altri abbino scritto questa medesimamateriatutta via quello che ne è stato scritto sin quinéin quantità né in altro è il quarto di quelloche ne scrivo io. Ho anco diversi opuscoli di soggetti naturalicome"De sono et voceDe visu et coloribusDe maris estuDecompositione continuiDe animalium motibus"e altri ancora. Hoanco in pensiero di scrivere alcuni libri attenenti al soldatoformandolo non solamente in ideama insegnando con regole moltoesquisite tutto quello che si appartiene di sapere e che dependedalle matematichecome la cognizione delle castrametazioniordinanzefortificazioniespugnazionilevar piantemisurar con lavistacognizioni attenenti alle artiglierieusi di varii strumentietc. Mi abbisogna di più ristampare l’Uso del mioCompasso Geometrico dedicato a S. A.non se ne trovando piùcopie; il quale strumento è stato talmente abbracciato dalmondoche veramente adesso non si fanno altri strumenti di questogeneree io so che sin ora ne sono stati fabbricati alcune migliaia.Io non dirò a V. S. Ill.ma quale occupazione mi sia perapportare il seguir di osservare e investigare i periodi esquisiti dei quattro nuovi pianeti; materiaquanto più vi pensotantopiù laboriosaper il si disseparar maise non per breviintervalli l’uno dall’altroe per esser loro e di colore edi grandezza molto simili.

SìcheIll.mo S.bisogna che i’ pensi al disoccuparmi da quelleoccupazioni che possono ritardare i miei studie massime da quelleche altri può fare in cambio mio; però la prego aproporre a loro Alt.ee a sé medesimaqueste considerazionie avvisarmi poi la loro resoluzione.

Intantonon voglio restar di dirglicome circa lo stipendio mi contenteròdi quello che lei mi accennò in Pisaessendo onorato per unservitore di tanto principe; e sì come io non soggiungo nientesopra la quantitàcosì son sicuro chedovendo iolevarmi di quala benignità di S. A. non mi mancherebbe dialcuna di quelle comodità che si sono usate con altribisognosi anco meno di mee però non ne parlo adesso.Finalmentequanto al titolo e pretesto del mio servizioiodesiderereioltre al nome di Matematicoche S. A. ci aggiungessequello di Filosofoprofessando io di avere studiato più anniin filosofiache mesi in matematica pura: nella quale qual profittoio abbia fattoe se io possa e deva meritar questo titolo potròfar vedere a loro Alt.equal volta sia di loro piacimento ilconcedermi campo di poterne trattare alla presenza loro con i piùstimati in tal facoltà.

Hoscritto lungamente per non aver più a ritornare sopra talmateria con suo nuovo tedio: mi scusi V. S. Ill.maperchésebene questo a leiche è consueta a maneggiar negoziigravissimi parerà frivolissimo e leggieroa me però èegli il più grave che io possa incontrareconcernendo o lamutazione o la confirmazion di tutto lo stato e l’esser mio.Aspetterò sua risposta; e in tanto supplicandola ad inchinarsiumilmente in mio nome a loro Ser.ebacio a V. S. Ill.ma con ognireverenza le manie dal Signore Dio gli prego somma felicità

DiPad.ali 7 di maggio 1610.

DiV. S. Ill.rna

Ser.reOblig.mo

GalileoGalilei





II- A MATTEO CAROSI IN PARIGI

Ill.reSig.re

Mandoa V. S. l’Avviso astronomico domandatomi da leiacciòpossa con suo comodo vederlo. Quello che mi scrive in proposito diquello che dicono i mattematici di costìmi viene scritto daaltre bande ancorae fu similmente pensiero d’altri quicircunviciniai qualicol fargli io vedere lo strumento e i PianetiMediceine è rimossa ogni dubitazione. Il simile potrei fareancora con i remotise potessi abboccarmi con loro. Ben èvero che le loro ragioni di dubitare sono molto frivole e puerilipotendosi persuadere che io sia tanto insensatoche con losperimentare centomila volte in centomila stelle e altri oggetti ilmio strumentonon abbia potuto o saputo conoscere quegl’inganniche essisenza averlo mai vedutostimano avervi conosciuto; o pureche io sia così stolidoche senza necessità alcunaabbia voluto mettere la mia reputazione in compromesso e burlare ilmio Principe. L’occhiale è arciveridicoe i pianetiMedicei sono pianetie saranno semprecome gli altri: hanno i loromoti velocissimi intorno a Giovesì che il più tardofa il suo cerchio in 15 giorni incirca. Ho seguitato di osservarglie séguito ancorase bene oramai per la vicinanza dei raggidel sole cominceranno a non si poter veder più per qualchemese.

Questiche parlanodoveriano (per farci il giuoco del pari) mettersi comeho fatto iocioè scriveree non commettere le parole alvento. Qua ancora si aspettavano 25 che mi volevano scrivere contro;ma finalmente sin ora non si è veduto altro che una scritturadel KepleroMattematico Cesareoin confirmazione di tutto quelloche ho scritto iosenza pur repugnare a un iota: la quale scritturasi ristampa ora in Veneziae in breve V. S. la vedrà sicomeancora vedrà le mie osservazioni molto più ampliate econ le soluzioni di mille instanzebenché frivolissime; matuttavia bisogna rimuoverlegiacché il mondo e tantoabbondante di poveretti. Non sarò più lungo con V. S.;mi conservi la sua grazia e mi comandi.

DiPad.ali 24 di Maggio 1610

DiV. S.

Ser.reAff.mo

GalileoGalilei





III- A GIULIANO DE' MEDICI IN PRAGA

Mapassando ad altrogià che il S. Keplero ha in questa ultimaNarrazione stampate le lettere che io mandai a V. S. Ill.matraspostevenendomi anco significato come S. M.à ne desiderail sensoecco che io lo mando a V. S. Ill.maper participarlo conS. M.àcol S. Kepleroe con chi piacerà a V Ill.mabramando io che lo sappi ogn'uno. Le lettere dunquecombinate nelloro vero sensodicono così:

"Altissimumplanetam tergeminum observavi".

Questoèche Saturnocon mia grandissima ammirazione; ho osservatoessere non una stella solama tre insiemele quali quasi sitoccano; sono tra di loro totalmente immobilie costituite in questaguisa oOo; quella di mezzo è assai più grande dellelaterali; sono situate una da oriente e l'altra da occidentenellamedesima linea retta a capello; non sono giustamente secondo ladirittura del zodiacoma la occidentale si eleva alquanto versoborea; forse sono parallele all'equinoziale. Se si riguarderanno conun occhiale che non sia di grandissima multiplicazionenonappariranno 3 stelle ben distintema parrà che Saturno siauna stella lunghetta in forma di una ulivacosì (_); maservendosi di un occhiale che multiplichi più di mille voltein superficiesi vedranno li 3 globi distintissimie che quasi sitoccanonon apparendo tra essi maggior divisione di un sottil filooscuro. Or ecco trovata la corte a Giovee due servi a questovecchioche l'aiutano a camminare né mai se gli staccano dálfianco. Intorno a gl'altri pianeti non ci è novitàalcuna. Etc.

 

 

 

IV- A BENEDETTO CASTELLI IN BRESCIA

Almolto R.do P. e mio Sig.re Col.mo

IlP. D. Benedetto CastelliMonaco Casinense.

BresciaS. Faustino.



MoltoR.do P.re

Allagratissima di V. S. molto R. delli 5 di Xmbre darò breverispostaritrovandomi ancora aggravato da una mia indisposizionelaquale per molti giorni m’ha tenuto al letto.

Hocon grandissimo gusto sentito il suo pensiero di venir a stanziare inFirenzeil quale mi rinova la speranza di poterla ancora godere eservire qualche tempo: mantengasi in questo propositoe sia certache mi averà sempre prontissimo ad ogni suo comodobenchéla felicità del suo ingegno non la fa bisognosa dell’operamia né di altri. Quanto alle sue dimandeposso in partesatisfarla; il che fo volentierissimo.

Sappiadunque che iocirca tre mesi facominciai a osservar Venere con lostrumentoe la vidi di figura rotondae assai piccola; andòdi giorno in giorno crescendo in molee mantenendo pur la medesimarotonditàsin che finalmentevenendo in assai granlontananza dal solecominciò a sciemar dalla rotonditàdalla parte orientalee in pochi giorni si ridusse al mezo cerchio.In tale figura si è mantenuta molti giornima peròcrescendo tuttavia in mole: ora comincia a farsi falcatae sin chesi vederà vespertinaanderà assotigliando le suecornicellesin che svanirà: ma ritornando poi matutinasiovedrà con le corna sottilissime e pure averse al soleeanderà crescendo verso il mezo cerchio sino alla sua massimadigressione. Manterassi poi semicircolare per alquanti giornidiminuendo però in mole; e poi dal mezo cerchio passeràal tutto tondo in pochi giornie quindi per molti mesi si vedràe Lucifero e Vesperugotutta tondama piccoletta di mole. Leevidentissime conseguenze che di qui si traggonosono a V.R.anotissime.

Quantoa Martenon ardirei di affermare niente di certo; ma osservandolo daquattro mesi in quaparmi che in questi ultimi giornisendo in molea pena il terzo di quello che era il Settembre passatosi mostri daoriente alquanto scemose già l’affetto non m’ingannail che non credo. Pure meglio si vedrà al principio di Febraioventurointorno al suo quadrato; se beneper l’apparire eglicosì piccolodifficilmente si distingue la sua figurase siaperfetta rotonda o se manchi alcuna cosa. Ma Venere la veggo cosìspedita e terminata quanto l’istessa lunamostrandomelal’occhiale di diametro uguale al semidiametro di essa lunaveduta con l’occhio naturale.

Oquante e quali conseguenze ho io dedutteD. Benedetto mioda questee da altre mie osservazioni! "Sed quid inde?" Mi ha quasiV. R.a fatto riderecol dire che con queste apparenti osservazionisi potranno convincere gl’ostinati. Adunque non sapeteche aconvincere i capaci di ragionee desiderosi di saper il veroeranoa bastanza le altre demostrazioniper l’addietro addottemache a convincere gl’ostinatie non curanti altro che un vanoapplauso dello stupidissimo e stolidissimo volgonon basterebbe iltestimonio delle medesime stelleche sciese in terra parlassero disé stesse? Procuriamo pure di sapere qualche cosa per noiquietandosi in questa sola sodisazione; ma dell’avanzarsidell’opinione popolareo del guadagnarsi l’assenso deifilosofi "in libris"lasciamone il desiderio e lasperanza.

Chedirà V. R.a. di Saturnoche non è una stella solamatre congionte insieme e immobili tra di loroposte in lineaparallela all’equinozialecosì o O o? La media èmaggiore delle laterali tre o quattro volte; tale io l’hoosservato da Luglio in quama ora in mole sono diminuite assai.

Orsùvenga a Firenzeche ci goderemo e averemo mille cose nove eammirande da discorrere. E io in tantorestandogli servitoreglibacio le mani e gli prego da Dio felicità. Renda i salutiduplicati al P.D. Serafino e alli Sig.ri Lana e Albano.

DiFirenzeli 30 di Xmbre 1610

DiV. S. molto R.

Ser.reAff.mo

GalileoGalilei

 



 

V- A CRISTOFORO CLAVIO IN ROMA



MoltoRev.do P.re e mio Sig.r Col.mo

Lalettera di V.R. mi è stata tanto più grataquanto piùdesiderata e meno aspettata; e avendomi ella trovato assai indispostoe quasi fermo a lettomi ha in gran parte sollevato dal maleportandomi il guadagno di un tanto testimonio alla veritàdelle mie nuove osservazioni: il qualeprodottoha guadagnatoalcuno degl’increduli; ma però i più ostinatipersistonoe reputano la lettera di V.R. o finta o scrittami acompiacenzae in somma aspettano che io trovi modo di far venirealmeno uno dei quattro Pianeti Medicei di cielo in terra a dar contodell’esser loro e a chiarir questi dubbii; altramentenonbisogna che io speri il loro assenso. Io credevoa quest’oradovere essere a Romaavendo non piccolo bisogno di venirvi; ma ilmale mi ha trattenuto: tuttavia spero in breve di venirvidove construmento eccellente vedremo il tutto. In tanto non voglio celare aV.R. quello che ho osservato di Venere da 3 mesi in qua.

Sappiadunquecome nel principio della sua apparizione vespertina lacominciai ad osservare e la veddi di figura rotondama piccolissima;continuando poi le osservazionivenne crescendo in molenotabilmentee pur mantenendosi circolaresin cheavvicinandosialla maxima digressionecominciò a diminuir dalla rotonditànella parte aversa al solee in pochi giorni si ridusse alla figurasemicircolare; nella qual figura si è mantenuta un pezzociòè sino che ha cominciato a ritirarsi verso il soleallontanandosi pian piano dalla tangente: ora comincia a farsinotabilmente cornicolatae così anderàassottigliandosi sin che si vedrà vespertinae a suo tempo lavedremo mattutinacon le sue cornicelle sottilissime e averse alsolele quali intorno alla massima digressione faranno mezzocerchioil quale manterranno inalterato per molti giorni. Passeràpoi Venere dal mezzo cerchio al tutto tondo prestissimoe poi permolti mesi la vedremo così interamente circolaremapiccolinasì che il suo diametro non sarà la 6aparte di quello che apparisce adesso. Io ho modo di vederlacosì nettacosì schietta e così terminatacomeveggiamo l’istessa luna con l’occhio naturale; e la veggoadesso adesso di diametro eguale al semidiametro della luna vedutacon la vista semplice. OraeccociSignor miochiariti come Venere(e indubitamente farà l'istesso Mercurio) va intorno al solecentro senza alcun dubbio delle massime rivoluzioni di tutti ipianeti; in oltre siamo certi che essi pianeti sono per sétenebrosi e solo risplendono illustrati dal soleil che non credoche occorra delle stelle fisseper alcune mie osservazionie comequesto sistema de i pianeti sta sicuramente in altra maniera diquello che si è comunemente tenutocosì neldeterminare la grandezza delle stelle (trattone il sole e la luna) sisono presi errori nella maggior parte de i pianeti e in tutte lefissedi 34 e 5 mila per centoe più ancora.

Quantoa Saturnonon mi meraviglio che non l’abbino potutodistintamente osservare; prima perché ci bisogna strumento chemultiplichi le superficie almanco 1000 volte; di piùSatutnoadesso è tanto lontano dalla terrache non si vede se nonpiccolissimo; tuttavia l'ho fatto vedere qui a molti dei lorofratelli così distintamenteche non vi hanno alcunadubitanza; e si vede giusto così oOo. Cinque mesi sonosivedeva assai maggiore: da quel tempo è diminuito moltonéperò si è mutata pure un capello la costituzione dellesue 3 stellele quali per quanto io stimosono esattamenteparallele non al zodiaco ma all'equinoziale. [...]

Oraper rispondere interamente alla sua letterarestami di dirgli comeho fatto alcuni vetri assai grandibenché non ne ricuopragran partee questo per due ragioni: l'unaper potergli lavorar piùgiustiessendo che una superficie spaziosa si mantiene meglio nelladebita figurache una piccola; l'altra èche volendo vederpiù grande in un'occhiatasi può scoprire il vetro: mabisogna presso all'occhio mettere un vetro meno acuto e scorciare ilcannonealtramente si vedrebbono gli oggetti assai annebbiati. Chepoi tale strumento sia incomodo ad usarsiun poco di pratica levaogni incomodità; e io gli mostrerò come lo usofacilissimamente e con minor fatica assai che altri non fanell'astrolabioquadrantearmilleo altro astronomico strumento.

Averòsoverchiamente tediata S.R.: scusi il diletto che ho nel trattarsecoe continui di conservarmi la sua graziadi che la supplico conogni istanzacome anco che ella mi procacci quella dell'altro PadreCristoforosuo discepoloda me stimatissimo per le relazioni che hodel suo gran valore nelle matematiche. E per fine dell'uno etall'altro con ogni reverenza bacio le manie dal Signore Dio pregofelicità.

DiFirenzeli 30 Dicembre 1610

DiV. S. M. R.da

ServitoreDevotissimo

GalileoGalilei







VI- A GIULIANO DE' MEDICI IN PRAGA



Ill.moet Rever.mo Sig.re mio Col.mo

Ètempo che io deciferi a V. S. Ill.ma e R.mae per lei al S. Keplerole lettere traspostele quali alcune settimane sono gli inviai: ètempodicogià che sono interissimamente chiaro della veritàdel fattosì che non ci resta un minimo scrupolo o dubbio.

Saprannodunque comecirca 3 mesi favedendosi Venere vespertinalacominciai ad osservare diligentemente con l'occhialeper veder colsenso stesso quello di che non dubitava l'intelletto. La veddidunquesul principiodi figura rotondapulita e terminatamamolto piccola: di tal figura si mantenne sino che cominciò adavvicinarsi alla sua massima digressionetutta via andòcrescendo in mole. Cominciò poi a mancare dalla rotonditànella sua parte orientale e aversa al solee in pochi giorni siridusse ad essere un mezo cerchio perfettissimo; e tale si mantennesenza punto alterarsisin che cominciò a ritirarsi verso ilsoleallontanandosi dalla tangente. Ora va calando dal mezo cerchioe si mostra cornicolatae anderà assottigliandosi sinoall'occultazioneriducendosi allora con corna sottilissime; quindipassando ad apparizione mattutinala vedremo pur falcata esottilissimae con le corna averse al sole; anderà poicrescendo sino alla massima digressionedove saràsemicircolaree talesenza alterarsisi manterrà moltigiorni; e poi dal mezo cerchio passerà presto al tutto tondoe così rotonda si conserverà poi per molti mesi. Ma èil suo diametro adesso circa cinque volte maggiore di quello che simostrava nella sua prima apparizione vespertina: dalla quale mirabileesperienza aviamo sensata e certa dimostrazione di due granquestionistate sin qui dubbie tra' maggiori ingegni del mondo.L'una èche i pianeti tutti sono di lor natura tenebrosi(accadendo anco a Mercurio l'istesso che a Venere): l'altracheVenere necessariissimamente si volge intorno al solecome ancoMercurio e tutti li altri pianeticosa ben creduta da i PittagoriciCopernicoKeplero e mema non sensatamente provatacome ora inVenere e in Mercurio. Averanno sunque il Signor Keplero e gli altriCopernicani da gloriarsi di avere creduto e filosofato benese beneci è toccatoe ci è per toccare ancoraad esserreputati dall'universalità de i filosofi "in libris"per poco intendenti e poco meno che stolti. Le parole dunque chemandai traspostee che dicevano "Haec immatura a me iam frustraleguntur o y"ordinate "Cynthiae figuras aemulatur materamorum" ciò è che Venere imita le figure dellaluna.

Osservai3 notti sono l'eclissenella quale non vi è cosa notabile:solo si vede il taglio dell'ombra indistintoconfuso e comeannebiatoe questo per derivare essa ombra da la terralontanissimamente da essa Luna.

Volevascrivere altri particolari; ma sendo stato trattenuto molto da alcunigentiluominie essendo l'ora tardissimason forzato a finire.Favoriscami salutare in mio nome i signori KepleroAsdalee Segheti;e a V. S. Ill.ma con ogni reverenza bacio le manie dal S. Dio gliprego felicità.

DiFirenzeil primo di Gennaioanno 1611

DiV. S. Ill.ma et. Rev.ma

ServitoreDevotissimo

GalileoGalilei





VII- A PAOLO SARPI (IN VENEZIA)

MoltoRev. Padre e io Signore Colendissimo

Ètempo che io rompa uno assai lungo silenzio; sebbene ove ha taciutola lingua e quietato la manoha però continuamente parlato ilpensieroricordevole in tutti i momenti della virtù e deimeriti di Vostra Sign. Molto Rev.siccome degli obblighi infinitiche gli tengo. Io non inarrerò perdono di questa mia apparentenegligenza verso i debiti che ho secocome quello che son sicuro cheella non dubiti che in qualunque occorrenza concernente al suo o miobisogno avrei avuta la penna non meno pronta dell'animo edell'effetto ad ogni debito dell'antica amicizia e della osservanzache ho alla sua persona. Orastimando io che ellaper l'affezioneverso di mesia per volentieri intendere dello stato miosìquanto al corpo come quanto alla fortuna e quanto alla mentevengonon meno volentieri a darle di ciascheduno di questi particolaricontezza.

Eprimaquanto al primonon posso veramente dirle cosa né disuo né di mio gustoprovandoper il disuso di tanti anniquesta sottilissima aria iemale crudissima inimica alla mia testa eda tutto il resto del corpo; sì che le doglie per le miefreddureil profluvio del sanguecon una grandissima languidezza distomacomi tengono da tre mesi in qua deboledisgustatissimo emelanconicoquasi continuamente in casaanzi in lettoma peròsenza sonno e quiete. Solamente li giorni passatiche mi trattennimentre la Corte era a Pisaper lo spazio di tre settimanecoll'Illustrissimo Signor Filippo Salviatigentiluomo di grandissimospiritoin una sua villa in questi poggistetti assai beneeconobbi immediate la bontà di quell'ariae in conseguenza lamalignità di questa della città; sì che miconverrà far pensiero di farmi abitator dei montise no de'sepolcri: ed in questa occasioneritornato il Serenissimo Gran Ducaed inteso il mio statomi ha per sua benignità fatto offertadell'abitazione di qual mi piacesse delle sue ville qui circumvicinedi aria perfetta. Ma non solo in questoanzi in ogni altroparticolare concernente al mio comodoprovo la benignità diquesto signor inclinatissima a favorirmi: onde non devo della fortunaquerelarmicome dell'abito del corpo.

Quantoalle occupazioni della mentenon mi è mancato che fareadifendermi con la lingua e con la penna da infiniti contradittori eoppositori contro alle mie osservazioni; sebbene non me la sono néanco presa con quell'ardore che pareva a molti che contro all'ardiredegli opponenti fusse bisognatoessendoché ero certo che iltempo averebbe chiarite tutte le partitesiccome in gran parte èsin qui succeduto. Poiché i matematici di maggior grido didiversi paesie di Roma in particolaredopo essersi risied inscrittura ed in voceper lungo tempo e in tutte le occasioni e intutti i luoghidelle cose da me scritteed in particolare intornoalla luna ed ai Pianeti Mediceifinalmenteforzati dalla veritàmi hanno spontaneamente scrittoconfessando ed ammettendo il tutto:talché al presente non provo altri contrari che iPeripateticipiù parziali di Aristotele che egli medesimo nonsarebbee sopra gli altri quelli di Padovasopra i quali ioveramente non spero vittoria. Queste occupazioni non mi hanno peròinteramente rimosso dalle inquisizioni celestisì che io nonabbia potuto investigare qualche altra cosa di nuovo: di che devo farparte a V. S. molto R.e per lei a quei miei Signori e Padroni cheella sa che sono per sentirla volentieri.

Parmiricordare che sino l'Agosto passato io conferissi seco l'osservazionedi Saturno: il quale non è altramente una sola stellacomegli altri pianetima sono trecongiunte insieme in linea rettaparallela all'equinoziale; e stanno così oOocioè lamedia circa quattro volte maggiore delle lateralile quali sono tradi loro eguali. Non hannoin sette mesi che le ho osservatefattamutazione alcuna; onde assolutamente sono tra di loro immobiliperché (giacché sono così vicine che pare che sitocchino) ogni moto che avesserobenché minimosi sariafatto sensibile. Perchéper mio avvisoil diametro delle dueminori non arriva a quattro secondi: sicchéo si sarianototalmente congiunte con la mediao evidentemente separatequandoil lor moto fusse anco dieci volte più tardo di quello dellestelle fisse; tuttaviacome ho dettoin sette mesi non hanno fattomutazione alcunase non di mostrarsi più piccole tutte treper la maggiore lontananza dalla terraora che sono allacongiunzioneche quando erano all'opposizion del sole: la qualdifferenza è sensibilissima.

Stimandopure esser verissimo che tutti i pianeti si volghino intorno al solecome centro dei loro orbie più credendo che siano tutti persé tenebrosi ed opachi come la terra e la lunami posiquattro mesi sonoa osservar Venerela qualeessendo vespertinami si mostrò perfettamente rotondama assai piccola; e di talfigura si mantenne molti giornicrescendo però notabilmentein mole. Avvicinandosi poi alla medesima digressionecominciòa sciemare dalla rotondità nella parte verso orienteed inpochi giorni si ridusse ad esser semicircolare; e di tal figura simantenne circa un mesesenza vedersi altra mutazione che di molelaquale notabilmente si accresceva. Finalmente nel ritirarsi verso ilsole cominciò ad incavarsi dove era rettaed a farsi pianpiano corniculata: ed ora è ridotta in una sottilissima falcesimile alla luna quattriduana. La mole però della sua sfera èfatta tanto grandeche dalla sua prima apparizionequando la veddirotondaa che si mostrò mezza ed a quello che si vede adessoci è la differenza che mostrano le tre presenti figure o D )).Sciemerà ancora sino alla occultazioneed a mezzo quest'altromese la vederemo orientalesottilissima; e seguitando di lontanarsidal solecrescendo di lume e sciemando di molenello spazio di tremesi incirca si ridurrà a mezzo cerchioe talesenzaconoscervi sensibile mutamentosi manterrà circa un mese;poiseguitando sempre di sciemare in molesi farà in pochigiorni interamente rotondadella qual figura si mostrerà perpiù di dieci mesi continuitrattone quei tre mesi incirca chestarà invisibile sotto i raggi del sole.

Oreccoci fatti certi che Venere si volge intorno al solee non sotto(come credette Tolommeo)dove mai non si mostrerebbe se non minoredi mezzo cerchio; né meno sopra (come piacque ad Aristotele)perché se fusse superiore al solenon si vedrebbe maifalcatama sempre più di mezza assaissimoe quasi sempreperfettamente rotonda. E l'istesse mutazioni son sicuro che vedremofare a Mercurio. Perché poi tali diversità di forme edi grandezze in Venere siano impercettibili con la vista naturalesoio benissimo per le sue cagioni non occulte all'ingegno di Vost.Riverenza: tra le quali la piccolezza e la gran lontananza di essaVenerein comparazion della lunane è la principalesiccomeanco l'esperienza ci mostra; perché rivoltando il cannone sìche rappresenti li oggetti piccoli e lontanissimila medesima lunaquando è corniculata di tre giorni e non piùciapparisce rotonda e radiantesimilissima a Venere veduta con lavista naturale. Siamo in oltre da queste medesime apparizioni diVenere fatti certi come i pianeti tutti ricevono il lume dal soleessendo per lor natura tenebrosi. Ma io di più sonoperdimostrazione necessariasicurissimo che le stelle fisse sono per sémedesime lucidissimené hanno bisogno dell'irradazione delsole; la quale Dio sa se arriva in tanta lontananza.

Hofinalmente investigato il modo di poter sapere le vere grandezze deipianeti tutti: nell'assegnar delle qualitrattone il sole e la lunasi sono ingannati quelli che ne hanno trattatoin tutti gli altripianeti grandissimamenteed in taluno di loro di più diseimila per cento.

Quantoai Pianeti Mediceivo continuando di osservargli; ed avendomigliorato lo strumentogli scorgo più apparenti assai che lestelle della seconda grandezza: di che ne è certo argomento ilvedergli adesso poco dopo il tramontar del soleed un pezzo avantiche si scorghino i Gemelli o il Cingolo di Orione. E spero di avertrovato il modo da poter determinare i periodi di tutti quattro; cosastimata per impossibile dal Keplero e da altri matematici.

Iosperavo di esser per venir costà questa quadragesimaperristampar queste mie osservazioni: ma mi sono tanto multipliplicateper le maniche mi sarà forza indugiare a fatto Pasqua.Intanto non voglio mancar di dire a V. S. molto R. e all'Illustris.Sign. Sebastiano Venieroche caso che gl'Illustriss. SignoriRiformatori non abbino fin qui fatto provisione di Matematico perPadovavoglino proccurar di trattenergli; perché spero diesser per metter loro per le mani persona di grande stima ed atta apoter difendere la dignità ed eccellenza di così nobilprofessione contro a quelli che cercano di esterminarlali quali inPadova non mancanocome benissimo sanno. E so che tali proccurerannoche sia condotto qualche soggetto da poterlo dominare e spaventareacciocché se mai si scuopre qualche cosa vera e di garboellaresti dalla loro tirannide soffogata Ma mi giova sperare nellaprudenza di tanti che intendono in cotesto Senatoche non seguiràelezione se non ottima.

Oraio l'ho impedita assai: perdoni al diletto che ho di parlar con lei;e volendo favorirmi di sue letterepotrà mandarmele comequestasotto quelle dell'Illustriss. Signor Veniero. Restami apregarla di farmi grazia di ricordarmi servitore devotissimo a tantiIllustriss. miei Signoridei quali vivocome sempre fui devotissimoservitore; e con ogni affetto gli bacio le mani.

DiFirenzeli 12 di Febbraio 1611

DiV. S. molto R

ServitoreDevotissimo

GalileoGalilei.

 

 

 

VIIIA-PRIMA LETTERA DEL SIG. GALILEO GALILEI

ALSIG. MARCO VELSERI I CIRCA LE MACCHIE SOLARI



IllustrissimoSig. e Padron Colendissimo

Allacortese lettera di V. S. Illustrissimascrittami tre mesi farendotarda rispostaessendo stato quasi necessitato a usare tantosilenzio da varii accidentied in particolare da una lungaindisposizioneoper meglio direda lunghe e molte indisposizionile qualivietandomi tutti gli altri esercizii ed occupazionimitoglievano principalmente di potere scriveresì come anco ingran parte me lo levano al presentepure non tanto rigidamentecheio non possa almeno rispondere ad alcuna delle lettere de gli amici epadronidelle quali mi ritrovo non picciol numeroche tutteaspettano risposta. Ho anco taciuto su la speranza di potere darqualche satisfazione alla domanda di V. S. intorno alle macchiesolarisopra il quale argomento ella mi ha mandato quei brevidiscorsi del finto Apelle; ma la difficoltà della materia e 'lnon avere io potuto far molte osservazioni continuate mi hanno tenutoe tengono ancora sospeso ed irresoluto: ed a me conviene andare tantopiù cauto e circospettonel pronunziare novità alcunache a molti altriquanto che le cose osservate di nuovo e lontane dai comuni e popolari parerile qualicome ben sa V. S.sono statetumultuosamente negate ed impugnatemi mettono in necessitàdi dovere ascondere e tacere qual si voglia nuovo concettosin cheio non ne abbia dimostrazione più che certa e palpabile;perché da gl'inimici delle novitàil numero de i qualiè infinitoogni erroreancor che venialemi sarebbeascritto a fallo capitalissimogià che è invalso l'usoche meglio sia errar con l'universaleche esser singolare nelrettamente discorrere. Aggiugnesi che io mi contento piùpresto di esser l'ultimo a produrre qualche concetto verocheprevenir gli altri per dover poi disdirmi nelle cose con maggiorfretta e con minor considerazione profferite. Questi rispetti mihanno reso lento in risponder alle domande di V. S. Illustrissimaetuttavia mi fanno timido in produrre altro che qualche proposizionnegativaparendomi di saper più tosto quello che le macchiesolari non sonoche quello che elleno veramente sianoed essendomimolto più difficile il trovar il veroche 'l convincere ilfalso. Ma per satisfare almeno in parte al desiderio di V. S.anderòconsiderando quelle cose che mi paiono degne di esser avvertite nelletre lettere del finto Apellegià che ella cosìcomandae che in quelle si contiene ciò che sin qui èstato immaginato per definire circa l'essenza il luogo ed ilmovimento di esse macchie.

Eprimache esse siano cose realie non semplici apparenze oillusioni dell'occhio o de i cristallinon ha dubbio alcunocomeben dimostra l'amico di V. S. nella prima lettera; ed io le hoosservate da 18 mesi in quaavendole fatte vedere a diversi mieiintrinsecie pur l'anno passatoappunto in questi tempile feciosservare in Roma a molti prelati ed altri signori. È veroancorache non restano fisse nel corpo solarema apparisconomuoversi in relazion di essoed anco di movimenti regolaticome ilmedesimo autore ha notato nella medesima lettera. È ben veroche a me pare che il moto sia verso le parti contrarie a quelle chel'Apelle asseriscecioè da occidente verso orientedeclinando dal mezzogiorno in settentrionee non da oriente versooccidente e da borea verso mezzogiorno; il che anco nell'osservazionidescritte da lui medesimole quali in questo confrontano con le miee con quante io ne ho vedute di altriassai chiaramente si scorge:dove si veggon le macchie osservate nel tramontar del Sole mutarsi disera in seradescendendo dalle parti superiori del Sole verso leinferiori; e quelle della mattina ascendendo dalle inferiori verso lesuperioriscoprendosi nel primo apparire nelle parti piùaustrali del corpo solareed occultandosi o separandosi da quellonelle parti più borealidescrivendo in somma nella faccia delSole linee per quel verso appunto che fariano Venere o Mercurioquando nel passar sotto 'l Sole s'interponessero tra quello el'occhio nostro. Il movimentodunquedelle macchie rispetto al Soleappar simile a quello di Venere e di Mercurio e de gli altri pianetiancora intorno al medesimo Soleil qual moto è da ponente alevantee per l'obliquità dell'orizonte ci sembra declinareda mezzogiorno in settentrione. Se Apelle non supponesse che lemacchie girassero intorno al Solema che solamente gli passasserosottoè vero che il moto loro doveria chiamarsi da levante aponente; ma supponendo che quelle gli descrivino intorno cerchiieche ora gli siano superiori ora inferioritali revoluzioni devonochiamarsi fatte da occidente verso orienteperché per talverso si muovono quando sono nella parte superiore de i loro cerchi.

Stabilitoche ha l'autoreche le macchie vedute non sono illusionidell'occhiale o difetti dell'occhiocerca di determinare inuniversale qualche cosa circa il luogo loromostrando che non sononé in aria né nel corpo solare. Quanto al primolamancanza di parallasse notabile mostra di concluder necessariamentele macchie non esser nell'ariacioè vicine alla Terradentroa quello spazio che comunemente si assegna all'elemento dell'aria. Mache le non possin esser nel corpo solarenon mi par con interanecessità dimostrato; perché il direcome egli mettenella prima ragionenon esser credibile che nel corpo solare sianomacchie oscureessendo egli lucidissimonon conclude: perchéin tanto doviamo noi dargli titolo di purissimo e lucidissimoinquanto non sono in lui state vedute tenebre o impurità alcuna;ma quando ci si mostrasse in parte impuro e macchiatoperchénon doveremmo noi chiamarlo e macolato e non puro? I nomi e gliattributi si devono accomodare all'essenza delle cosee nonl'essenza a i nomi; perché prima furon le cosee poi i nomi.La seconda ragione concluderebbe necessariamentequando tali macchiefussero permanenti ed immutabili; ma di questa parlerò piùdi sotto.

Quelloche in questo luogo vien detto da Apellecioè che le macchieapparenti nel Sole siano molto più negre di quelle che mai sisiano vedute nella Lunacredo che assolutamente sia falso; anzistimo che le macchie vedute nel Sole siano non solamente meno oscuredelle macchie tenebrose che nella Luna si scorgonoma che le sianonon meno lucide delle più luminose parti della Lunaquand'anche il Sole più direttamente l'illustra: e la ragioneche a ciò creder m'induceè tale. Venere nel suoesorto vespertinoancor che ella sia di così gran splendorripienanon si scorge se non poi che è per molti gradilontana dal Solee massime se amndue saranno elevati dall'orizonte;e ciò avviene per esser le parti dell'eterecirconfuseintorno al Solenon meno risplendenti dell'istessa Venere: dal chesi può arguireche se noi potessimo por la Luna accanto alSolesplendida dell'istessa luce che ella ha nel plenilunioellaveramente resterebbe invisibilecome quella che verria collocata inun campo non meno splendente e chiaro della sua propria faccia. Orapongasi mentequando col telescopiocioè con l'occhialerimiriamo il lucidissimo disco solarequanto e quanto egli ci apparpiù splendido del campo che lo circonda; edin oltreparagoniamo la negrezza delle macchie solari sì con la lucedell'istesso Sole come con l'oscurità dell'ambiente contiguo:e troveremoper l'uno e per l'altro paragonenon esser le macchiedel Sole più oscure del campo circonfuso. Se dunque l'oscuritàdelle macchie solari non è maggior di quella del campo checirconda il medesimo Solee sedi piùlo splendor ella Lunaresterebbe impercettibile nella chiarezza del medesimo ambienteadunque per necessaria consequenza si concludele macchie solari nonesser punto men chiare delle parti più splendide della Lunaben chesituate nel fulgidissimo campo del disco solareci simostrino tenebrose e nere: e se esse non cedono di chiarezza alle piùluminose parti della Lunaquali saranno elleno in comparazione dellepiù oscure macchie di essa Luna? e massime se noi volessimointender delle macchie tenebrose cagionate dalle proiezzionidell'ombre delle montuosità lunarile quali in comparazionedelle parti illuminate non sono manco nere che l'inchiostro rispettoa questa carta. E questo voglio che sia detto non tanto percontradire ad Apellequanto per mostrare come non ènecessario por la materia di esse macchie molto opaca e densaqualesi deve ragionevolmente stimare che sia quella della Luna e de glialtri pianeti; ma una densità ed opacità simile aquella di una nugola è bastantenell'interporsi tra 'l Sole enoia far una tale oscurità e negrezza.

Quantopoi a quello che l'Apelle in questo luogo accenna e che piùdiffusamente tratta nella seconda epistolacioè di poter conquella strada venir in certezza se Venere e Mercurio faccino le lororevoluzioni sotto o pur intorno al Soleio mi sono alquantomaravigliato che non gli sia pervenuto all'orecchieose pur gli èpervenutoche ei non abbia fatto capitale del mezzo esquisitissimosensato e che frequentemente potrà usarsiscoperto da mequasi due anni sonoe communicato a tanti che ormai è fattonotorio: e questo èche Venere va mutando le figurenell'istesso modo che la Lunaed in questi tempi potrà Apelleosservarla col telescopioe la vedrà di figura perfettacircolare e molto piccolase bene assai minore si vedeva nel suoesorto vespertino; potrà poi seguitare di osservarlae lavedràintorno alla sua massima digressionein figura dimezzo cerchio; dalla qual figura ella passerà alla formafalcataassottigliandosi pian piano secondo che ella si anderàavvicinando al Sole; intorno alla cui congiunzione si vedràcosì sottile come la Luna di due o tre giorni; la grandezzadel suo visibil cerchio sarà in guisa accresciutache ben siconoscerà l'apparente suo diametro nell'esorto vespertinoesser meno che la sesta parte di quello che si mostrerànell'occultazione vespertina o esorto mattutinoed in consequenza ilsuo disco apparir quasi 40 volte maggiore in questa positura che inquella: le quali cose non lascieranno luogo ad alcuno di dubitarequal sia la revoluzione di Venerema con assoluta necessitàconchiuderannoconforme alle posizioni de i Pitagorici e delCopernicoil suo rivolgimento esser intorno al Soleintorno alquale come centro delle lor revoluzionisi raggirano tutti gli altripianeti. Non occorredunqueaspettar congiunzioni corporali peraccertarsi di così manifesta conclusionené produrrazioni soggette a qualche rispostaben che deboleper guadagnarsil'assenso di quelli la cui filosofia viene stranamente perturbata daquesta nuova costituzion dell'universo; perché loroquand'altro non gli stringessediranno che Venere o risplenda per séstessao sia di sustanza penetrabile da i raggi solarisìche ella venga illustrata non solamente secondo la superficiemasecondo tutta la profondità ancora; e tanto piùanimosamente potranno farsi scudo di questa rispostaquanto non sonomancati filosofi e matematici che hanno creduto così (e questosia detto con pace d'Apelle che scrive altramente)ed al Copernicomedesimo convien amettere come possibileanzi pur come necessariauna delle dette posizioninon avendo egli potuto render ragione inqual guisa Venerequando è sotto 'l Solenon si mostricornicolata: e veramente altro non poteva dirsi avanti che iltelescopio venisse a farci vedere come ella è veramente per séstessa tenebrosa come la Lunae che come quella va mutando figure.Ma iooltre a ciòposso muover gran dubbio nell'inquisizioned'Apellementre eglinella congiunzione presa da luicerca diveder Venere nel disco del Solesupponendo che veder vi si dovrebbein guisa d'una macchia assai maggiore d'alcuna delle veduteessendoil suo visibil diametro minuti treed in consequenza la suasuperficie più di una delle centotrenta parti di quella delSole: ma ciòcon sua pacenon è veroed il visibildiametro di Venere non era allora né anco la sesta parte di unminutoe la sua superficie era minore di una delle quarantamilaparti della superficie del Solesì come io so per sensataesperienza ed a suo tempo farò manifesto ad ogn'uno. Veggadunque V. S. gran campo che si lascerebbe a coloro che volessero purcon Tolomeo ritener Venere sotto il Solei quali potrebbon dire chein vano si cercasse di veder un sì picciol neo nell'immensa elucidissima faccia di quello. E finalmente aggiungoche taleesperienza non convincerà necessariamente quelli che negasserola revoluzione di Venere intorno al Soleperché potrebbonsempre ritirarsi a dire che ella fosse superior al Solefortificandosi appresso con l'autorità di Aristotele che talela stimò. Non bastadunqueche Apelle mostri che Venerenelle corporali congiunzioni mattutine non passa sotto 'l Soleseegli non mostrasse ancora come nelle congiunzioni vespertine ella glipassasse sotto: ma tali congiunzioni vespertineche siano peròcorporalisi fanno rarissime volteed a noi non succederà ilpoterne vedere: adunque l'argomento d'Apelle è manchevole perconcluder il suo intento.

Vengoora alla terza letteranella quale Apelle più risolutamentedetermina del luogodel movimento e della sustanza di questemacchieconcludendo che siano stellele qualipoco lontane dalcorpo solareintorno se gli vadino volgendo alla guisa di Mercurio edi Venere.

Perdeterminar del luogo comincia a dimostrarquelle non essernell'istesso corpo del Soleil quale col rivolgersi in séstesso ce le rappresenti mobili; perchépassando il vedutoemisfero in giorni quindicidoveriano ogni mese ritornar l'istesseil che non succede.

L'argomentosarebbe concludentetuttavolta che prima constasse che tali macchiefussero permanenticioè che non si producessero di nuovoedanco si cancellassero e svanissero; ma chi dirà che altre sifanno ed altre si disfannopotrà anco sostenere che il Solerivolgendosi in sé stessole porti seco senza necessitàdi rimostrarci mai le medesimeo nel medesimo ordine disposteodelle medesime forme figurate. Orail provar che elle sianpermanentil'ho per cosa difficileanzi impossibile ed a cui ilsenso repugni; ed il medesimo Apelle ne averà vedute alcunemostrarsinel primo apparirlontane dalla circonferenza del Soleed altre svanire e perdersi prima che finischino di traversare ilSoleperché io ancora di tali ne ho osservate molte. Non peròaffermo o nego che le siano nel Solema solamente dico non esser asufficienza stato dimostrato che le non vi siino.

Nelresto poiche l'autore soggiugne per dimostrare che le non sono inaria o in alcun de gli orbi inferiori al Solemi par di scorgerviqualche confusioneed in un certo modo incostanzaripigliand'eipur come verol'antico e comune sistema di Tolomeodella cuifalsità ei medesimo poco avanti ha mostrato di essersiaccortomentre che ha concluso che Venere non ha altramente la suasfera inferiore al Solema che intorno a quello si raggiraessendoora di sopra ed ora di sottoed affermato l'istesso di Mercuriolecui digressioniessendo assai minori di quelle di Venerenecessitano a porlo più propinquo al Sole; tuttavia in questoluogoquasi rifiutando quella che egli ha poco fa credutae che ineffetto èverissima costituzioneintroduce la falsafacendoalla Luna succeder Mercurioed a lui Venere. Volsi scusar questopoco di contradizione con dir che egli non avesse fatto stima dinominardopo la Lunaprima Mercurio che Venereo questa chequellocome che poco importasse il registrargli preposteramente inparolepur che in fatto si ritenessero nella vera disposizione: mail vedergli poi provar per via della parallasse che le macchie solarinon sono nella sfera di Mercurioe soggiugner che tal mezzo nonsarebbe per avventura efficace in Venere per la piccolezza dellaparallasse simile a quella del Solerende nulla la mia scusaperchéVenere averà delle parallassi maggiori assai che quelle diMercurio e del Sole.

Parmiper tanto di scorgere che Apellecome d'ingegno libero e nonservilee capacissimo delle vere dottrinecomincimosso dallaforza di tante novitàa dar orecchio ed assenso alla vera ebuona filosofiae massime in questa parte che concerne allacostituzione dell'universoma che non possa ancora staccarsitotalmente dalle già impresse fantasiealle quali torna purtalora l'intelletto abituato dal lungo uso a prestar l'assenso: ilche si scorge altresìpur in questo medesimo luogomentreegli cerca di dimostrare che le macchie non sono in alcun de gli orbidella Luna di Venere o di Mercuriodove ei va ritenendo come veri ereali e realmente tra loro distinti e mobili quelli eccentricitotalmente o in partequei deferentiequantiepicicli etc.postida i puri astronomi per facilitar i lor calcolima non già daritenersi per tali da gli astronomi filosofili qualioltre allacura del salvar in qualunque modo l'apparenzecercano d'investigarecome problema massimo ed ammirandola vera costituzionedell'universopoi che tal costituzione èed è in unmodo soloveroreale ed impossibile ad esser altramentee per lasua grandezza e nobiltà degno d'esser anteposto ad ogn'altrascibil questione da gl'ingegni specolativi. Io non nego già imovimenti circolari intorno alla Terra e sopra altro centro chequello di leiné tanpoco gli altri moti circolari separatitotalmente dalla Terracioé che non la circondano e riserranodentro i cerchi loro; perché MarteGiove e Saturnocon iloro appressamenti e discostamentimi accertano di quellie Veneree Mercurio e più i quattro pianeti Medicei; mi fanno toccarcon mano questie per consequenza son sicurissimo che ci sono moticircolari che descrivono cerchi eccentrici ed epicicli: ma che perdescriverli tali la natura si serva realmente di quella faragine disfere ed orbi figurati da gli astronomiciò reputo io cosìpoco necessario a credersiquanto accomodato all'agevolezza de'computi astronomici; e sono d'un parer medio tra quegli astronomi liquali ammettono non solo i movimenti eccentrici delle stellema gliorbi e le sfere ancora eccentrichele quali le conduchinoe queifilosofi che parimente negano e gli orbi e i movimenti ancora intornoad altro centro che quello della Terra. Peròmentre si trattad'investigar il luogo delle macchie solariavrei desiderato cheApelle non l'avesse scacciate da un luogo reale che si trova tra gliimmensi spazii ne i quali si raggirano i piccioli corpicelli dellaLuna di Venere e di Mercurioscacciatedicoin virtù d'unaimmaginaria supposizioneche tali spazii sieno interamente occupatida orbi eccentrici epicicli e deferentidispostianzi necessitatia portar con loro ogn'altro corpo che in essi venisse situatosìch'ei non potesse per se stesso vagare verso niun'altra bandase nondove con troppo dura catena il ciel ambiente gli rapisse: e tantomeno vorrei questoquanto io veggo il medesimo Apelle a canto acanto conceder questo stesso che prima avea negato. Avea detto che lemacchie non possono essere in alcuno de gli orbi della Luna di Venereo di Mercurioperché se in quelli fosseroseguiterebbono ilmovimento loro: supponedunqueche elleno movimento alcuno proprioaver non vi potessero: concludendo poi che le siano nell'orbe delSoleammette che le vi si muovino con revoluzioni proprie; sìche le siano potenti a vagar per la solare sfera: ma se mi saràconceduto che le possino muoversi per il cielo del Solenon doveràessermi negato che le possino similmente discorrer per quel diVenere; e se mi vien conceduto il muoversi un poco ed il non ubbidireinteramente al rapimento della sfera continenteio non averòper inconveniente il muoversi molto e 'l non ubbidir punto.

Ionon voglio passar un altro poco di scrupolo che mi nasce sopra questomedesimo luogonel chiuder che fa Apelle la sua ultima illazione:dove par ch'ei determini che le macchie siano finalmente nel ciel delSole (ed è ben necessario il porvelepoi cheper suo parerele si raggirano intorno ad essoed in cerchi molto angusti);soggiugne poiquelle non poter essere nell'eccentrico del Solenénegli eccentrici "secundum quid"né in altro orbee altro ve ne fosse. Or qui non posso intenderein qual modo epossino essere nel cielo del Sole ed intorno al corpo solareaggirarsisenza esser in alcun de gli orbi de' quali la sfera delSole vien composta.

Litre argomenti che Apelle pone appresso per necessariamenteconvincentile macchie muoversi circolarmente intorno al Soleparche abbino ben assai del probabile; non però mancano diqualche ragione di dubitare. Quanto al primolo scemar la larghezzadelle macchie vicino al lembo del Sole darebbe segno che le fusserostelleche girandosi in cerchi poco più ampli del corposolarecominciassero a mostrar la parte illustrata alla guisa dellaLuna o di Venereonde la parte tenebrosa venisse a diminuirsi. Senon che ad alcuni che diligentemente hanno osservatopare che ladiminuzione delle tenebre si faccia al contrario di quello chebisognerebbecioè non nella parte che risguarda verso ilcentro del Solema nell'aversa; ed a me non appare altrose non chele si assottigliano. Quanto al secondoil dividersi quellachevicino alla circonferenza pareva una macchia solain moltehaquesta difficoltàche anco nella parti di mezzo si scorgonograndissime mutazioni d'accrescimentodi diminuzionediaccoppiamento e di separazione tra esse macchie; ed io porròappresso alcune mutazioni osservate da me. La differenza poi che siscorge tra la velocità del moto loro circa le parti medie e latardità nell'estremepresa per il terzo argomentoessendocome paremolto notabileparrebbe che arguisse più prestoquelle dover esser nell'istesso corpo solare e muoversi al movimentodi quello in sé stessoche il raggirarsegli intorno in altricerchiperché simil differenza di velocità resterebbequasi impercettibile al semplice sensoogni volta che tali cerchiper qualche notabile spazioben che non molto grandesiallargassero dalla superficie del Solecome nella medesima figuraposta da Apelle si comprende. E qui par che nasca in lui un poco dicontradizzione a sé stesso: perché in questo luogo ènecessario porre i cerchi delle conversioni delle macchie vicinissimial globo solare; altramente l'accrescimento della velocità delmotoe la separazione ed allontanamento delle macchie verso il mezzodel discole quali presso alla circonferenza mostravano di toccarsiresterebbono nulli: all'incontrodall'argomento col quale ei poco disopra provò le macchie non esser contigue al Solebisogna chenecessariamente ei concludessei detti cerchi esser dal medesimoassai lontani; poi che solamente la quinta parte al più dellalor circonferenza poteva restar interposta tra 'l disco solare el'occhio nostrogià chetraversando le macchie l'emisferoveduto in 15 giorninon erano ancora ritornate a comparire in duemesi. Bisognadunquediligentemente osservare con qual proporzionevada crescendoe poi diminuendola detta velocità dal primoapparir di qualche macchia all'ultimo ascondersi; perché datal proporzione si potrà poi arguirese il movimento suo èfatto nella superficie stessa del corpo solareo pure in qualchecerchio da quella separatoposto però che tal mutazione dimacchie dependa da semplice movimento circolare.

Restacida considerar quello che Apelle determina circa l'essenza e sustanzadi esse macchie: ch'è in sommache le non siano nénugole né cometema stelle che vadino raggirandosi intorno alSole. Circa a cotal determinazioneio confesso a V. S. non aver sinora tanto di resoluto appresso di mech'io m'assicuri di stabilireed affermare conclusione alcuna come certa; essendo molto ben sicurola sustanza delle macchie poter essere mille cose incognite edinopinabili a noie gli accidenti che in esse scorgiamocioèla figura l'opacità ed il movimentoper esser comunissimioniuna o poca e molto general cognizione ci possono somministrare:onde io non crederei che di biasimo alcuno fosse degno quel filosofoil qual confessasse di non saperee di non poter saperequal sia lamateria delle macchie solari. Ma se noi vorremocon una certaanalogia alle materie nostre familiari e conosciuteproferir qualchecosa di quello che le sembrino di poter essereio sarei veramente diparere in tutto contrario all'Apelle; perché ad esse non mipar che si adatti condizione alcuna dell'essenziali che competonoalle stelleed all'incontro non trovo in quelle condizione alcunache di simili non si vegghino nelle nostre nugole. Il che troveremodiscorrendo in tal guisa.

Lemacchie solari si producono e si dissolvono in termini più emen brevi; si condensano alcune di loro e si distraggono grandementeda un giorno all'altro; si mutano di figuredelle quali le piùsono irregolarissimee dove più e dove meno oscureedessendo o nel corpo solare o molto a quello vicineènecessario che siano moli vastissime; sono potentiper la lorodifforme opacitàa impedir più e meno l'illuminaziondel Sole; e se ne producono talora moltetal volta pocheed anconessuna. Oramoli vastissime ed immenseche in tempi brevi siproduchino e si dissolvinoe che talora durino più lungotempo e tal ora meno che si distragghino e si condensinochefacilmente vadino mutandosi di figurache siano in queste parti piùdense ed opache ed in quelle menoaltre non si trovano appresso dinoi fuori che le nugole; anziche tutte l'altre materie sonolontanissime dalla somma di tali condizioni. E non è dubbioalcunoche se la Terra fosse per sé stessa lucidae che difuori non li sopragiugnesse l'illuminazione del Solea chi potesseda grandissima lontananza risguardarlaella veramente farebbe similiapparenze: perchésecondo che or questa ed or quellaprovincia fosse dalle nuvole ingombratasi mostrerebbe sparsa dimacchie oscuredalle qualisecondo la maggior o minor densitàdelle lor partiverrebbe più o meno impedito lo splendorterrestre; onde esse dove più e dove meno oscureapparirebbono; vedrebbonsene or molte; or pocheora allargarsioraristringersi; e se la Terra in sé stessa si rivolgessequelleancora il suo moto seguirebbono; e per esser di non molta profonditàrispetto all'ampiezza secondo la quale comunemente elle sidistendonoquelle che nel mezzo dell'emisfero veduto apparirebbonomolto larghevenendo verso l'estremítà parrebbonoristringersi; ed in somma accidente alcuno non credo che siscorgesseche simile non si vegga nelle macchie solari. Ma perchéla Terra è oscurae l'illuminazione viene dal lume esternodel Solese ora potesse da lontanissimo luogo esser vedutanon sivedrebbe assolutamente in lei negrezza o macchia alcuna cagionatadallo spargimento delle nugoleperché queste ancorariceverebbono e refletterebbono il lume del Sole. [...]

Daqueste osservazioni e da altre fattee da quelle che potranno digiorno in giorno farsimanifestamente si raccoglieniuna materiaesser tra le nostreche imiti più gli accidenti di talimacchieche le nugole: e le ragioni che Apelle adduce per mostrarche le non possin esser talimi paiono di pochissima efficacia.Perché al dir egli: "Chi porrebbe mai nubi intorno alSole?"risponderei: "Quello che vedesse tali macchieeche volesse dir qualche verisimile della loro essenza; perchénon troverà cosa alcuna da noi conosciuta che più lerassimigli." All'interrogazione ch'ei faquant'esse fusserograndidirei: "Quali noi le veggiamo essere in comparazione delSole; grandi quanto quelle che talvolta occupano una gran provinciadella Terra"; e se tanto non bastassedirei duetrequattro edieci volte tanto. E finalmenteal terzo impossibile ch'ei producecome esse potessero far tant'ombrarispondereila lor negrezzaesser minore di quella che ci rappresenterebbono le nostre nugole piùdensequando tra l'occhio nostro ed il Sole fossero interposte: ilche si potrà osservare benissimoquando tal volta una dellepiù oscure nugole ricuopre una parte del Solee che nellaparte scoperta vi sia alcuna delle macchieperché si scorgeràtra la negrezza di questa e di quella non piccola differenzaancorche l'estremità della nugolache traversa il Solenon possaesser di gran profondità; perloché possiamo arguire cheuna crassissima nugola potrebbe far una negrezza molto maggiore diquella delle più scure macchie. Ma quando pur ciò nonfossechi ci vieterebbe il credere e direalcuna delle nubi solariesser più densa e profonda delle terrene?

Ionon per questo affermotali macchie esser nugole della medesimasustanza delle nostrecostituite da vapori aquei sollevati dallaTerra ed attratti dal Sole; ma solo dico che noi non aviamocognizione di cosa alcuna che più le rassimigli: siano poi ovaporio esalazionio nugoleo fumi prodotti dal corpo solareoda quello attratti da altre bandequesto a me è incertopotendo esser mille altre cose impercettibili da noi.

Dallecose dette si può raccòrrecome a queste macchie malconvenga il nome di stelle: poi che le stelleo siano fisse o sianoerrantimostrano di mantener sempre la loro figurae questa esseresferica; non si vede che altre si dissolvino ed altre di nuovo siproduchinoma sempre si conservano le medesime; ed hanno i movimentiloro periodicili quali dopo alcun determinato tempo ritornano: maqueste macchie non si vede che ritornino le medesimeanziall'incontro alcune si veggono dissolvere in faccia del Sole; e credoche in vano si aspetti il ritorno di quelle che par ad Apelle chepossino rivolgersi intorno al Sole in cerchi molto angusti. Mancanodunquedelle principali condizioni che competono a quei corpinaturali a i quali noi abbiamo attribuito il nome di stelle. Che poile si debbino chiamare stelle perché son corpi opachie piùdensi della sostanza del cieloe però che resistino al Solee da quello grandemente venghino illustrate in quella parte ch'èpercossa da i raggie dall'opposta produchino ombra molto profondaetc.queste son condizioni che competono ad ogni sassoal legnoalle nugole più denseed in somma a tutti i corpi opachi: eduna palla di marmo resiste per la sua opacità al lume delSoleda quello viene illustratacome la Luna o Veneree dallaparte opposta produce ombratal che per questi rispetti potrebbenominarsi una stella; ma perché gli mancano l'altre condizionipiù essenzialidelle quali sono altresì spogliate lemacchie solariperò par che il nome di stella non devaesserli attribuito.

Ionon vorrei giàche Apelle annumerasse in questa schiera comeegli fai compagni di Giove (credo che voglia intender de' quattropianeti Medicei); perché loro si mostrano costantissimi comeogn'altra stellasempre lucidieccetto che quando incorrononell'ombra di Gioveperché allora s'eclissanocome la Lunain quella della Terra; hanno i lor periodi ordinatissimi e tra diloro differentie già da me precisamente ritrovati; nési muovono in un cerchio solocome Apelle mostra o d'aver creduto oalmeno pensato che altri abbino credutoma hanno i lor cerchidistinti e di grandezze diverseintorno a Giove come lor centrolequali grandezze ho parimente ritrovate; come anco mi son note lecause del quando e perché or l'uno or l'altro di loro declinao verso borea o verso austro in relazione a Giovee forse potreiaver le risposte all'obiezzioni che Apelle accenna cadere in questamateriaquando ei l'avesse specificate. Ma che tali pianeti sianopiù de i quattro sin qui osservaticome Apelle dice di tenerper certoforse potrebbe esser vero; e l'affermativa cosìresoluta di personaper quel ch'io stimomolto intendentemi facreder ch'ei ne possa aver qualche gran conietturadella quale ioveramente manco: e però non ardirei d'affermare cosa alcunaperché dubiterei di non m'aver poi col tempo a disdire. E perquesto medesimo rispetto non mi risolverei a porre intorno a Saturnoaltro che quello che già osservai e scopersicioè duepiccole stelleche lo toccano una verso levante e l'altra versoponentenelle quali non s'è mai per ancora veduta mutazionealcunané resolutamente è per vedersi per l'avvenirese non forse qualche stravagantissimo accidentelontano non pur dagli altri movimenti cogniti a noima da ogni nostra immaginazione.Ma quella che pone Apelledel mostrarsi Saturno ora oblongo ed oraccompagnato con due stelle a i fianchicreda pur V. S. ch'èstata imperfezzione dello strumento o dell'occhio del riguardante;perchésendo la figura di Saturno così oOocomemostrano alle perfette viste i perfetti strumentidove manchi talperfezzione apparisce così O non si distinguendo perfettamentela separazione e figura delle tre stelle. Ma ioche mille volte indiversi tempi con eccellente strumento l'ho riguardatopossoassicurarla che in esso non si è scorta mutazione alcuna: e laragione stessafondata sopra l'esperienze che aviamo di tutti glialtri movimenti delle stelleci può render certi cheparimente non vi sia per essere; perchéquando in tali stellefosse movimento alcuno simile a i movimenti delle Medicee o di altrestellegià doveriano essersi separate o totalmente congiuntecon la principale stella di Saturnoquando anche il movimento lorofosse mille volte più tardo di qualsivoglia altro di altrastella che vadia vagando per lo cielo.

Aquello che da Apelle vien posto per ultima conclusione cioèche tali macchie siano più presto stelle erranti che fisseeche tra il Sole e Mercurio e Venere ce ne siano assaissimedellequali quelle sole ci si manifestino che s'interpongono tra il Sole enoi; dicoquanto alla prima parteche non credo che le siano néerranti né fisse né stellené meno che simuovino intorno al Sole in cerchi separati e lontani da quello: e sead un amico padrone dovessi dir in confidenza l'opinion miadireiche le macchie solari si producessero e dissolvessero intorno allasuperficie del Solee che a quella fossero contiguee che ilmedesimo Solerivolgendosi in sé stesso in un mese lunare incircale portasse secoe forse riconducendone tal volta alcuna diloro di più lunga durazione che non è il tempo d'unasua conversionema tanto mutate di figura e di accompagnaturechenon possiamo agevolmente riconoscerle: e per quanto sin ora s'estendela mia conietturaho grande speranza che V. S. abbia a vedere questonegozio terminato in questo che gli ho accennato. Che poi possaessere qualche altro pianeta tra il Sole e Mercurioil quale sivadia movendo intorno al Soleed a noi resti invisibile per le suepiccole digressioni e solo potesse farcisi sensibile quando passasselinearmente sotto il disco solareciò non ha appresso di meimprobabilità alcunae parmi egualmente credibile che nonvene siano e che vene siano: ma non crederei già granmoltitudineperché se fossero in gran numeroragionevolmentespesso se ne doverebbe vedere alcuno sotto il Soleil che a me sinora non è accadutoné vi ho veduto altro che di questemacchie; e non ha del probabile che tra quelle possa esser passataalcuna sì fatta stellaben che questa ancora fosse permostrarsiquant'all'aspettoin forma d'una macchia nera. Non hadicodel probabileperché il movimento suo doverebbeapparire uniformee velocissimo rispetto a quel delle macchie:velocissimoperchémovendosi in cerchio minore di quello diMercurioè verisimile secondo l'analogia de i movimenti ditutti gli altri pianetiche 'l suo periodo fosse più breveed il suo moto più veloce del moto del periodo di Mercurio; ilqual Mercurio nel passar sotto il Sole traversa il suo disco in 6 orein circatal che altro pianeta più veloce di moto non glidoverebbe restar congiunto per più lungo spazio; se giànon si volesse far muovere in un cerchio così piccolochequasi toccasse il corpo solareil che par che avesse poi troppo delchimerico; ma in cerchi pur che fussero di diametro due o tre voltemaggior del diametro del Soleseguirebbe quanto ho detto: ora lemacchie restano molti giorni congiunte col Sole: adunque tra loroosotto loro spezienon è credibile che passi pianeta alcuno.Il qualeoltre alla velocitàdoverebbe ancora muoversi quasiuniformementesendo però per qualche spazio notabile distantedal Sole: perché poca parte del suo cerchio resterebbesottoposta al Solee quella pocadiretta e non obliquamente oppostaa i raggi dell'occhio nostro; per lo che parti eguali di lei sarebbonvedute sotto angoli insensibilmente disegualicioè quasiegualionde il moto in essa apparirebbe uniforme: il che non accadenel moto delle macchiele quali velocemente trapassano le parti dimezzoe quanto più sono vicine alla circonferenzatanto piùpigramente caminano. Pochedunquein numero possono essereverisimilmente le stelle che tra il Sole e Mercurio vadano vagandoemeno tra Mercurio e Venere: perchéavendo questenecessariamente le lor massime digressioni maggiori di quelle diMercuriodoverebbononella guisa di Venere e dell'istesso Mercurioesser visibilicome splendidee massime sendo poco distanti dalSole e dalla Terra; sì che per la poca lontananza da noi e perl'efficace illuminazione del Sole vicino si farebbono vederemediante la vivezza del lumequando ben fossero piccolissime dimole.

Ioconosco d'aver con gran lunghezza di parole e con poca resoluzionesoverchiamente tediato V. S. Illustrissima. Riconosca nella lunghezzail gusto che ho di parlar secoed il desiderio di obedirla eservirlapur che le forze me 'l permettessero; e per questi rispettiperdoni la troppa loquacitàe gradisca la prontezzadell'affetto: la irresoluzione resti scusata per la novità edifficoltà della materianella quale i vari pensieri e lediverse opinioni che per la fantasia sin ora mi son passateortrovandovi assenso or repugnanza e contradizzionem'hanno reso inguisa timido e perplessoche non ardisco quasi d'aprir bocca peraffermar cosa nessuna. Non per questo voglio disperarmi ed abbandonarl'impresaanzi voglio sperar che queste novità mi abbinomirabilmente a servire per accordar qualche canna di questogrand'organo discordato della nostra filosofia; nel qual mi par vedermolti organisti affaticarsi in vano per ridurlo al perfettotemperamentoe questo perché vanno lasciando e mantenendodiscordate tre o quattro delle canne principalialle quali èimpossibile cosa che l'altre rispondino con perfetta armonia.

Iodesiderocome servitore di S. V.esser a parte dell'amicizia chetien con Apellestimandolo io persona di sublime ingegno ed amatordel vero: però la supplico a salutarlo caramente in mio nomefacendogl'intendere che fra pochi giorni gli manderò alcuneosservazioni e disegni delle macchie solari d'assoluta giustezzasìnelle figure d'esse macchie come ne' siti di giorno in giornovariatisenza error d'un minimo capellofatte con un modoesquisitissimo ritrovato da un mio discepolole quali potrannoessergli per avventura di giovamento nel filosofare circa la loroessenza. È tempo di finir di noiarla: peròbaciandoglicon ogni riverenza le maninella sua buona grazia mi raccomandoedal Signore Dio gli prego somma felicità.

DallaVilla delle Selveli 4 di Maggio 1612.

DiV. S. Illustrissima

DevotissimoServitore

GalileoGalilei L.





VIIIB- SECONDA LETTERA DEL SIG. GALILEO GALILEI

ALSIG. MARCO VELSERI DELLE MACCHIE SOLARI

 

IllustrissimoSig. e Padron Colendissimo

Inviaipiù giorni sono una mia lettera assai lunga a V. S.Illustrissimascritta in proposito delle cose contenute nelle trelettere del finto Apelledove promossi quelle difficoltà chemi ritraevano dal prestar assenso alle opinioni di quello autoreepiù le accennai in parte dove inclinava allora il miopensiero; dalla quale inclinazione io non pure da quel tempo in quanon mi sono rimossoma totalmente mi vi sono confermatomostrandomile continuate osservazioni di giorno in giornocon ogni rincontropossibile ad aversi e col mancamento di qualsivoglia contradizzioneessersi la mia opinione incontrata col vero: di che mi è parsodarne conto a V. S.con l'occasione del mandargli alcune figure diesse macchie con giustezza disegnateed anco il modo del disegnarleinsieme con una copia di un mio trattatello intorno alle cose chestanno sopra l'acqua o che in essa descendonoche pur ora si èfinito di stampare.

Replicodunque a V. S. Illustrissima e più resolutamente confermochele macchie oscurele quali col mezo del telescopio si scorgono neldisco solarenon sono altramente lontane dalla superficie di essoma gli sono contigueo separate di così poco intervallocheresta del tutto impercettibile: di piùnon sono stelle oaltri corpi consistenti e di diuturna durazionema continuamentealtre se ne producono ed altre se ne dissolvonosendovene di quelledi breve durazionecome di unodue o tre giornied altre di piùlungacome di 1015 eper mio credereanco di 30 e 40 e piùcome appresso dirò: sono per lo più di figureirregolarissimele quali figure si vanno mutando continuamentealcune con preste e differentissime mutazionied altre con piùtardezza e minor variazione: si vanno ancora alterandonell'incremento e decremento dell'oscuritàmostrando come talora si condensano e tal ora si distraggono e rarefanno; oltre almutarsi in diversissime figurefrequentemente si vede alcuna di lorodividersi in tre o quattroe spesso molte unirsi in unae ciònon tanto vicino alla circonferenza del disco solarequanto ancoracirca le parti di mezo: oltre a questi disordinati e particolarimovimentidi aggregarsi insieme e disgregarsicondensarsi erarefarsi e cangiarsi di figurehanno un massimo comune ed universalmotocol quale uniformemente ed in linee tra di loro parallele vannodiscorrendo il corpo del Sole: da i particolari sintomi del qualmovimento si viene in cognizioneprimache il corpo del Sole èassolutamente sferico; secondarianentech'egli in sé stesso ecirca il proprio centro si raggiraportando seco in cerchi parallelile dette macchiee finendo una intera conversione in un mese lunarein circacon rivolgimento simile a quello de gli orbi de i pianeticioè da occidente verso oriente. Di piùè cosadegna di esser notatacome la moltitudine delle macchie par checaschi sempre in una striscia o vogliamo dir zona del corpo solareche vien compresa tra due cerchi che rispondono a quelli che terminanle declinazioni de i pianetie fuori di questi limiti non mi par diaver sin ora osservata macchia alcunama tutte dentro a taliconfini; sì che né verso borea né verso austromostrano di declinar dal cerchio massimo della conversion del Solepiù di 28 0 29 gradi in circa.

Leloro differenti densità e negrezzele mutazioni di figure egli accozzamenti e le separazioni sono per sé stesse manifestea sensosenz'altro bisogno di discorso; onde basteranno alcunisemplici rincontri di tali accidenti sopra i disegni che gli mandoli quali faremo più a basso: ma che le siano contigue al Solee che a rivolgimento di quello venghino portate in giroha bisognoche la ragione discorrendo lo deduca e concluda da certi particolariaccidenti che le sensate osservazioni ci somministrano.

Eprimail vederle sempre muoversi con un moto universale e comune atutteancor che in numero ben spesso siano più di 20 ed ancor30era fermo argomentouna sola esser la causa d tale apparentemutazionee non che ciascheduna da per sé andasse vagandonella guisa de i pianeti intorno al corpo solaree molto meno indiversi cerchi e diverse distanze dal medesimo Sole; onde si dovevanecessariamente concludereo che elle fossero in un orbe soloilquale a guisa di stelle fisse le portasse intorno al Soleo vero chele fossero nell'istesso corpo solareil qualerivolgendosi in séstessoseco le conducesse. Delle quali due posizioniquestasecondaper mio parereè verae l'altra falsa; sìcome falsa ed impossibile si troverà esser qualsivoglia altraposizione che assumere si volessecome tenterò di dimostrarecol mezo di manifeste repugnanze e contradizzioni.

All'ipotesiche le siano contigue alla superficie del Sole e che dal rivolgimentodi quello venghino portate in voltarispondono concordemente tuttel'apparenzesenza che s'incontri inconveniente o difficoltàveruna. Per il che dichiararè ben che determiniamo nel globodel Sole i polii cerchile lunghezze e le larghezzeconformi aquelle che noi intendiamo nella celeste sfera. Peròdunquequando il Sole si rivolga in sé stesso e sia di superficiesfericai due punti stabili si diranno i suoi polie tutti glialtri punti notati nella sua superficie descriveranno circonferenzedi cerchi paralleli fra di loromaggiori o minori secondo lamaggiore o minore distanza da i poli; e massimo sarà ilcerchio di mezzoegualmente distante da ambedue i poli. Lalongitudine o lunghezza della superficie solare sarà ladimensione che si considera secondo l'estensione delle circonferenzede' cerchi detti; ma la latitudine o larghezza sarà ladilatazione per l'altro versocioè dal cerchio massimo versoi poli: onde la lunghezza delle macchie si chiamerà ladimensione presa con una linea parallela a i sopradetti cerchiicioèpresa per quel verso secondo 'l quale si fa la conversione del Sole;e la larghezza s'intenderà esser quella che s'estende verso ipolie che vien determinata da una linea perpendicolare alla lineadella lunghezza.

Dichiaratiquesti terminicominceremo a considerar tutti i particolariaccidenti che si osservano nelle macchie solarida i quali si possavenire in cognizione del sito e movimento loro. E primail mostrarsigeneralmente le macchienel lor primo apparir e nell'ultimooccultarsi vicino alla circonferenza del Soledi pochissimalunghezza ma di larghezza eguale a quella che hanno quando sono nelleparti più interne del disco solare; a quelli che intenderannoin virtù di perspettivaciò che importi lo sfuggimentodella superficie sferica vicino all'estremità dell'emisferovedutosarà manifesto argomento sì della globositàdel Solecome della prossimità delle macchie alla solarsuperficiee del venir esse poi portate sopra la medesima superficieverso le parti di mezoscoprendosi sempre accrescimento nellalunghezza e mantenendosi la medesima larghezza. E se bene non tuttesi mostranoquando sono vicinissime alla circonferenzaegualmenteattenuate e ridotte a una sottigliezza d'un filoma alcune formanoil loro ovato più gracile ed altre menociò provieneperché le non sono semplici macchie superficialima hannogrossezza ancorao vogliamo dir altezzaed altre maggiorealtreminore; sì come nelle nostre nugole accadele qualidistendendosi per lo piùquanto alla lunghezza e larghezzadecine e tal or centinaia di migliaquanto poi alla grossezza sonben or più ed or meno profondema non si vede che talprofondità passi molte centinaia o al più migliaia dibraccia. Cosìpotendo esser la grossezza delle macchiesolariancor che picciola in comparazione dell'altre due dimensionimaggiore in una macchia e minore in un'altraaccaderà che lemacchie più sottilivicine alla circonferenza del Soledovevengono vedute per tagliosi mostrino gracilissime (e massime perchéla metà interiore di esso taglio viene illustrata dal lumeprossimo del Sole)ed altre di maggior profonditàapparischino più grosse. Ma che molte di loro si riducesseroalla sottigliezza di un filocome l'esperienza ci insegnaciònon potrebbe in conto alcuno accadere se il movimento col qualemostrano di traversare il disco del Sole fosse fatto in cerchiilontaniben che per breve intervallodal globo solare; perchéla diminuzion grande delle lunghezze si fa sullo sfuggimento massimocioè su la svolta del cerchiola quale verrebbe a cascarfuori del corpo del Solequando le macchìe fossero portate incirconferenze per qualche spazio notabile lontane dalla superficie dilui.

Notasinel secondo luogola quantità de gli spazii apparenti secondoi quali le macchie medesime mostrano di andarsi movendo di giorno ingiorno; ed osservasi che gli spazii passati in tempi eguali dallamedesima macchia appariscono sempre minoriquanto più sitrovano vicini alla circonferenza del Sole; e vedesidiligentementeosservandoche tali diminuzioni ed incrementinotati l'un dopol'altro con l'interposizione di tempi egualimoltoproporzionatamente rispondono a i sini versi e loro eccessicongruenti ad archi eguali: il qual fenomeno non ha luogo in verunaltro movimento che nel circolar contiguo all'istesso Sole; perchéin cerchiiancor che non moltolontani dal globo solaregli spaziipassati in tempi eguali incontro alla superficie del Soleapparirebbono pochissimo tra di loro differenti.

Ilterzo accidenteche mirabilmente conferma questa conclusionesicava da gl'interstizii che sono tra macchia e macchiade i qualialtri si mantengono sempre gli stessialtri grandissimamente siagumentano verso le parti di mezo del disco solareli quali furonavantie son poi dopobrevissimied anco quasi insensibili vicinoalla circonferenzaed altri pur si mutanoma con mutazionidifferentissime; tuttavia son taliche simili non potrebbonoincontrarsi in altro moto che nel circolarefatto da diversi puntidiversamente posti sopra un globo che in sé stesso siconverta. Le macchie che hanno la medesima declinazionecioèche sono poste nell'istesso parallelonel primo apparire par quasiche si tocchinoquando la lor vera distanza sia breve; che se saràalquanto maggioreappariranno ben separatema più vicineassai che quando si trovano verso il mezo del disco solare; e secondoche si discostano dalla circonferenzavengono separandosi edallontanandosi l'una dall'altra sempre piùsin che si trovanocon pari distanze remote dal centro del disconel qual luogo èla lor massima separazione; d'onde partendositornano di nuovo aravvicinarsi tra di loro più e piùsecondo ches'appressano alla circonferenza: e se con accuratezza si noteranno leproporzioni di tali appressamenti e discostamentisi vedràche parimente non possono aver luogose non in movimenti fatti sopral'istessa superficie del globo solare.

Dicodi piùche tali macchie non solamente sono vicinissime eforse contiguealla superficie del Solemaoltre a ciòsielevano poco da quellain quanto alla lor grossezza o vogliamo direaltezza; cioè dico che sono assai sottiliin comparaziondella lunghezza e larghezza loro. Il che raccolgo dall'apparire chefanno i loro interstizii divisi e distinti ben spesso sino all'ultimolembo del disco solareancor che si osservino macchie poco tra lordistanti e poste nell'istesso parallelo. [...] Avvertisco di piùche non tutte le macchie tra di sé vicinissime si mostranoseparate sino all'ultima circonferenzaanzi alcune par che siunischino: il che può accadere talvolta per esserela piùremota dalla circonferenzapiù grossa ed alta della piùvicina; oltre che ci sono i movimenti lor proprii irregolati evagabondiche possono cagionare varie apparenze in questoparticolare: ma noto bene universalmenteche la negrezza di tutte sidiminuisce assai assai quando son vicine all'estremo termine deldisco; il che accadeper mio pareredallo scoprirsi il taglioilluminato e dallo ascondersi molto i dorsi oscuri delle macchielecui tenebre restano assai confuse a gli occhi nostri dalla copiadella luce. Io potrei addurre a V. S. molti altri esemplima sareitroppo prolissoe mi riserberò a scriverne piùdiffusamente in altro luogo; e voglio per ora contentarmi di avergliaccennato il mio parerenato dalla continuazione di molteosservazioni: che è in sommache la lontananza delle macchiedalla superficie del Sole sia o nullao così poca che nonpossa cagionare accidente alcuno comprensibile da noi e che laprofondità o grossezza loro sia parimente poca in comparaziondell'altre due dimensioniimitando anco in questo particolare lenostre maggiori nugolate.

Equesti sono gl'incontri che aviamo dalle macchie che si trovanonell'istesso parallelo. Le macchie poi che sono poste in diversiparallelima sonoper così diresotto 'l medesimomeridianocioè che la linea che le congiugnetaglia iparalleli a squadrae non obliquamentenon mutano distanza fra diloroma quella che ebbero nel loro primo comparirevanno mantenendosempre sino all'ultima occultazione: le altre poi che sono in diversiparalleli ed in diversi meridianivanno pur crescendo e poidiminuendo i lor intervallima con maggiori differenze quelle che sirimirano più obliquamentecioè che sono in parallelipiù vicini ed in meridiani più remotie con minorvarietà di all'incontro quelle che meno obliquamente sono traloro situate: e chi bene andrà commensurando tutte le similidiversitàtroverà il tutto rispondere e con giustasimmetria concordar solamente con la nostra ipotesie discordar daqualunque altra. Devesi però tuttavia avvertireche non sendotali macchie totalmente fisse ed immutabili nella faccia del Soleanzi andandosi continuamente per lo più mutando di figura edaggregandosi alcune insieme ed altre disgregandosipuò persimili picciole mutazioni cagionarsi qualche poco di varietàne i rincontri precisi delle narrate osservazioni; le qualidiversitàper la lor picciolezza in proporzion della massimaed universal conversione del Solenon dovran partorire scrupoloalcuno a chi giudiziosamente andràper così diretarando l'eguale e general movimento con queste accidentariealterazioncelle.

Oraquantoper tutti questi rincontril'apparenze che si osservanonelle macchiepuntualmente rispondono all'esser loro contigue allasuperficie del Soleall'esser quella sfericae non d'altra figuraed all'esser dal medesimo Sole portate in giro dal suo rivolgimentoin sé stessotanto con incontri di manifeste repugnanzecontrariano ad ogni altra posizione che si tentasse di dargli.

Imperòche se alcuno volesse costituirle nell'ariadove pare che altreimpressioni simili a quelle continuamente si vadano producendo edissolvendocon accidenti conformi di aggregarsi e dividersicondensarsi e rarefarsie con mutazioni di figure inordinatissime;primaingombrando esse molto piccoli spazii nel disco solare mentrefra l'occhio nostro e quello s'interpongonoed essendo cosìvicine alla Terrabisognerebbe che le fossero a moli non maggiori dipicciolissime nugolettepoi che ben minima domanderemo una nugolache non basti ad occultarci il Sole: e se così ècomein sì piccole moli sarà tal densità di materiache possa con tanta contumacia resistere alla forza de i raggisolarisì che né le penetrino col lumené ledissolvino per molti e molti giorni con la lor virtù? Comegenerandosi nelle regioni circonvicine alla Terraes'io benestimoper detto altrui forse delle evaporazioni di quellacomedicocascano tutte tra 'l Sole e noie non in altra partedell'aria? poi che niuna se ne scorge sotto la faccia della Lunailluminatané si vede separata dal Solein aspetto oscuro overo illustrata da i suoi raggicome delle nugole accadedellequali continuamente ne veggiamo dell'oscure e dell'illuminateintorno al Sole ed in ogni altra parte dell'aria? Piùscorgendo noi la materia di tali macchie esser per sua naturamutabilepoi che senza regola alcuna s'aggregano fra di loro e siseparanoqual virtù sarà poi quella che gli possacommunicare e con tanta regola contemperar il movimento diurnosìche mai preterischino di accompagnare il Solese non quanto unmovimento comune a tutte e regolato le fa trascorrere in 15 giorni incirca il disco solaredove che l'altre aeree impressioni trascorronoin minimi momenti di tempo non pur la faccia del Sole ma spazii moltomaggiori?

Asimili ragionicome molto probabilirisponder non si puòsenza introdur grand'improbabilità. Ma ci restano ledimostrazioni necessarie e che non ammettono risposta veruna: dellequali una è il vedersi quellenel tempo medesimoda diversiluoghi della Terra e molto tra di loro distantidisposte conl'istesso ordine e nelle parti medesime del Solesì come pervarii rincontri di disegni ricevuti da diverse bande ho potutoosservareargomento necessario della lor grandissima lontananzadalla Terra al che con ammirabil assenso si accorda il cader tuttedentro a quella fascia del globo solare che risponde allo spaziodella sfera celeste che vien compreso dentro a i tropici opermeglio dire dentro a i due paralleli che determinano le massimedeclinazioni de i pianeti; il che non devo io credere che siaparticolar privilegio della città di Firenzedove io abitoma ben devo stimare che dentro a i medesimi confini siano vedute daogni altro luogo quanto si voglia più australe o boreale. Dipiùil non fare altra mutazione di luogo sotto il discosolare che quella universale e comune a tutte le macchiecon laquale in 15 giorni in circa lo traversanoe quelle piccole edaccidentarie secondo le quali tal ora alcune si aggregano ed altre siseparanonecessariamente convince a porle molto superiori alla Luna;perché altramentecome ben nota ancora Apellebisognerebbeche nel tempo tra 'l nascere e 'l tramontar del Sole tutte uscisserofuori del disco solare mediante la parallasse. E se pure alcunovolesse attribuir loro qualche movimento proprioper il quale ladiversità d'aspetto fosse compensatanon potrebbono lemedesime macchievedute oggi da noitornar a mostrarsi dimane; ilche è contro l'esperienza poi che non pure ritornano a farsivedere il secondo giornoma il terzo e quartoe sino alquartodecimo.

Sondunque le macchieper necessarie dimostrazionisuperiori di assaialla Luna; ed essendo nella region celesteniun'altra posizione chenella superficie del Solee niun altro movimento fuori che laconversion di quello in sé stessose gli puòsenz'altre repugnanze assegnare. Imperò che tra tuttel'imaginabili ipotesila più accomodata a satisfare alleapparenze narrate sarebbe porre una sferetta tra il corpo solare enoisì che l'occhio nostro ed i centri di quella e del Solefossero in linea rettaepiùche il suo diametro apparentefosse eguale a quel del corpo solarenella superficie della qualesfera si producessero e dissolvessero tali macchiee dalrivolgimento della medesima in sé stessa venissero portate involta: tal posiziondicoche satisferebbe alle sopradetteapparenzequando però se gli assegnasse luogo tanto superiorealla Lunache fosse libero dall'oppugnazione delle parallassicosìdi quella che depende dal moto diurno come dell'altra che nasce dallediverse posizioni in Terrae questo acciò che a tutte l'oreed a tutti i riguardanti i centri di detta sfera e del Sole simantenessero nella medesima linea retta; ma con tutto questo unainevitabil difficoltà ci convinceed è che noidoveremmo vedere le macchie muoversi sotto il disco solare conmovimenti contrarii: imperò che quelle che fosseronell'emisfero inferiore della imaginata sferasi moverebbono versoil termine opposto a quello verso il quale caminassero l'altrepostenell'emisfero superiore; il che non si vede accadere. Oltre chesìcome a gl'ingegni specolativi e liberiche ben intendono non essermai stato con efficacia veruna dimostratoné anco potersidimostrareche la parte del mondo fuori del concavo dell'orbe lunarenon sia soggetta alle mutazioni ed alterazioniniuna difficoltào repugnanza al credibile ha apportato il veder prodursi edissolversi tali macchie in faccia al Sole stesso; così glialtriche vorrebbono la sustanza celeste inalterabilequando sivegghino astretti da ferme e sensate esperienze a porre esse macchienella parte celestecredo che poco fastidio di più gli daràil porle contigue al Sole che in altro luogo.

Convintach'è di falsità l'introduzione di tale sfera tra 'lSole e noiche solama con poco guadagno di chi volesse rimuoverele macchie dal Solepoteva sodisfare a buona parte de i fenomeninon occorre che perdiamo tempo in riporvar ogni altra imaginabileposizione; perché ciascheduno per sé stessoimmediatamente incontrerà impossibili e contradizionimanifestetuttavolta che sia ben restato capace di tutti i fenomeniche di sopra ho raccontatie che veramente si osservano di continuoin esse macchie.

Quantopoi alle massime durazioni delle maggiori e più denseben chenon si possa affermare di certo se alcune ritornino l'istesse in piùd'una conversionerispetto a i continui mutamenti di figure che citolgono il poterle raffiguraretuttavia io sarei d'opinione chealcuna ritornasse a mostrarcisi più d'una volta: ed a cosìcredere m'indece il vederne alcuna comparire grande assai edaccrescersi sempresin che l'emisfero veduto dà volta; e sìcome è credibile ch'ella si fosse generata molto avanti lavenuta suacosì è ragionevole il credere ch'ella siaper durare assai dopo la partitasì che la durazion sua vengaad esser molto più lunga del tempo di una meza conversion delSole: e come questo èalcune macchie possono senza dubbioanzi necessariamenteesser da noi vedute due volte; e questesarebbono tal una di quelle che si producessero nell'emisfero vedutovicino all'occultarsie poipassando nell'altroseguitassero diprender argumentoné si dissolvessero sin che tornasseroancora a scoprircisi; e per ciò fare basta la durazione di treo quattro giorni più del tempo di una meza conversione. Ma iodi piùcredo che ve ne siano di quelle che più d'unavolta traversino tutto l'emisfero veduto; quali son quelle che dalprimo comparriresi vanno sempre augumentando sin che le veggiamoefannosi di straordinaria grandezzale quali possono continuar dicrescere ancora mentere ci si occultanoe non è credibile chepoi in più breve tempo si diminuischino e dissolvinoperchéniuna delle grandissime si è osservato che repentinamente sidisfaccia: ed io ho più volte osservatodopo la partita dialcuna delle massime sendo scorso il tempo di una meza conversionetornare a comparire unach'eraper mio crederel'istessae passarper l'istesso parallelo.

Dallecose dette sin quiparmis'io non m'ingannoche necessariamente siconchiudale macchie solari esser contigue o vicinissime al corpodel Sole. esser materie non permanenti e fissema variabili difigura e di densitàe mobili ancorachi più e chimenodi alcuni piccoli movimenti indeterminati ed irregolarieduniversalmente tutte prodursi e dissolversialtre in piùbrevialtre in più lunghi tempi; è anco manifesta edindubitabile la lor conversione intorno al Sole: ma il determinare seciò avvenga perché il corpo stesso del Sole si convertae rigiri in sé stesso portandole secoo pure cherestando ilcorpo solare immotoil rivolgimento sia dell'ambienteil quale lecontenga e seco le conducaresta in certo modo dubbiopotendoessere e questo e quello. Tuttavia a me pare assai piùprobabile che il movimento sia del globo solareche dell'ambiente.Ed a ciò credere m'induceprimala certezza che io prendodell'esser tale ambiente molto tenue fluido e cedentedal veder cosìfacilmente mutarsi di figura aggregarsi e dividersi le macchie inesso contenuteil che in una materia solida e consistente nonpotrebbe accadere (proposizione che parrà assai nuova nellacomune filosofia): ora un movimento costante e regolatoquale èl'universale di tutte le macchienon par che possa aver sua radice efondamento primario in una sostanza flussibile e di parti noncoerenti insiemee però soggette alle commozioni econturbamenti di molti altri movimenti accidentariima bene in uncorpo solido e consistenteove per necessità un solo èil moto del tutto e delle parti; e tale è credibile che sia ilcorpo solarein comparazion del suo ambiente. Tal moto poiparticipato all'ambiente per il contattoed alle macchie perl'ambienteo pur conferito per il medesimo contatto immediatamentealle macchiele può portar intorno. Di piùquandobene altri volesse che la circolazione delle macchie intorno al Soleprocedesse da moto che risedesse nell'ambientee non nel Soleiocrederei ad ogni modo esser quasi necessario che il medesimo ambientecomunicasse per il contatto l'istesso movimento al globo solareancora.

Imperòche mi par di osservare che i corpi naturali abbino naturaleinclinazione a qualche motocome i gravi al bassoil qual movimentovien da loroper intrinseco principio e senza bisogno di particolarmotore esternoesercitatoqual volta non restino da qualcheostacolo impediti; a qualche altro movimento hanno repugnanzacome imedesimi gravi al moto in sue però già mai non simoveranno in cotal guisa se non cacciati violentemente da un motoreesterno; finalmentead alcuni movimenti si trovano indifferenticome pur gl'istessi gravi al movimento orizontaleal quale non hannoinclinazionepoi che ei non è verso il centro della Terranérepugnanzanon si allontanando dal medesimo centro: e peròrimossi tutti gl'impedimenti esterniun grave nella superficiesferica e concentrica alla Terra sarà indifferente alla quieteed a i movimenti verso qualunque parte dell'orizonteed in quellostato si conserverà nel qual una volta sarà statoposto; cioè se sarà messo in stato di quietequelloconserveràe se sarà posto in movimentoverbigraziaverso occidentenell'istesso si manterrà: e così unanaveper essempioavendo una sol volta ricevuto qualche impeto peril mar tranquillosi moverebbe continuamente intorno al nostro globosenza cessar maie postavi con quieteperpetuamente quieterebbesenel primo caso si potessero rimuovere tutti gl'impedimentiestrinsecie nel secondo qualche causa motrice esterna non glisopraggiugnesse. E se questo è verosì come èverissimoche farebbe un tal mobile di natura ambiguaquando sitrovasse continuamente circondato da un ambiente mobile d'un moto alquale esso mobile naturale fosse per natura indifferente? Io noncredo che dubitar si possach'egli al movimento dell'ambiente simovesse. Ora il Solecorpo di figura sfericasospeso e libratocirca il proprio centronon può non secondare il moto del suoambientenon avendo eglia tal conversioneintrinseca repugnanzané impedimento esteriore. Interna repugnanza aver non puòatteso che per simil conversione né il tutto si rimuove dalluogo suoné le parti si permutano tra di loro o in modoalcuno cangiano la lor naturale costituzionetal cheper quantoappartiene alla costituzione del tutto con le sue partitalmovimento è come se non fosse. Quanto a gl'impedimentiesterninon par che ostacolo alcuno possa senza contatto impedire(se non forse la virtù della calamita): ma nel nostro casotutto quel che tocca il Soleche è il suo ambientenon solonon impedisce il movimento che noi cerchiamo di attribuirglima eglistesso se ne muovee movendosi lo comunica ove egli non troviresistenzala qual esser non può nel Sole: adunque quicessano tutti gli esterni impedimenti. Il che si puòmaggiormente ancora confermare: perchéoltre a quello che siè dettonon par che alcun mobile possa aver repugnanza ad unmovimento senz'aver propension naturale all'opposto (perchénella indifferenza non è repugnanza); e perciò chivolesse por nel Sole renitenza al moto circolare del suo ambientepur vi porrebbe natural propensione al moto circolare opposto a queldell'ambiente; il che mal consuona ad intelletto ben temperato.

Dovendosidunquein ogni modo por nel Sole l'apparente conversione dellemacchiemeglio è porvela naturalee non per participazioneper la prima ragione da me addotta.

Moltealtre considerazioni potrei arrecar per confirmazion maggiore dellamia opinionema di troppo trapasserei i termini di una lettera;peròper finir di più tenerla occupatavengo asatisfare alla promessa ad Apellecioè al modo del disegnarle macchie con somma giustezzaritrovatocome nell'altra gliaccennaida un mio discepolomonaco Cassinensenominato D.Benedetto de i Castellifamiglia nobile di Bresciauomo d'ingegnoeccellente ecome convienelibero nel filosofare. Ed il modo èquesto. Devesi drizzare il telescopio verso il Solecome se altri lovolesse rimirare; ed aggiustatolo e fermatoloespongasi una cartabianca e piana incontro al vetro concavolontana da esso vetroquattro o cinque palmi; perché sopraessa caderà laspecie circolare del disco del Solecon tutte le macchie che in essosi ritrovanoordinate e disposte con la medesima simmetria a capelloche nel Sole son situate; e quanto più la carta si allontaneràdal cannonetanto tal immagine verrà maggiore e le macchiemeglio si figurerannoe senz'alcuna offesa si vedranno tutte sino amolte picolele qualiguardando per il cannonecon fatica grande econ danno della vista appena si potrebbono scorgere. E per disegnarlegiusteio descrivo prima sopra la carta un cerchiodella grandezzache più mi piacee poiaccostando o rimovendo la carta dalcannonetrovo il giusto sito dove l'immagine del Sole si allargaalla misura del descritto cerchio: il quale mi serve anco per norma eregola di tener il piano del foglio rettoe non inclinato al conoluminoso de i raggi solari ch'escono del telescopio; perchéquando e' fosse obliquola sezzione viene ovatae non circolareeperò non si aggiusta con la circonferenza segnata sopra 'lfoglio; ma inclinando più o meno la cartasi trova facilmentela positura giustache è quando l'immagine del Soles'aggiusta col cerchio segnato. Ritrovata che si è talposituracon un pennello si va notandosopra le macchie stesselefigure grandezze e siti loro: ma convien andare destramentesecondando il movimento del Soleespesso movendo il telescopiobisogna procurare di mantenerlo ben dritto verso il Sole; il che siconosce guardando nel vetro concavodove si vede un piccolocerchietto luminosoil quale sta concentrico ad esso vetro quando iltelescopio è ben diritto verso il Sole. E per veder le macchiedistintissime e terminateè ben inscurir la stanza serrandoogni finestrasì che altro lume non vi entri che quello chevien per il cannone; o almeno inscuricasi più che si puòed al cannone si accomodi un cartone assai largoche faccia ombrasopra la carta dove si ha da disegnare e impedisca che altro lume delSole non vi caschi soprafuor che quello che vien per i vetri delcannone. Devesi appresso notareche le macchie escono del cannoneinversee poste al contrario di quello che sono nel Solecioèle destre vengono sinistree le superiori inferioriessendo che iraggi s'intersegano dentro al cannoneavanti ch'eschino fuori delvetro concavo; ma perché noi le disegniamo sopra unasuperficie opposta al Solequando noivolgendoci verso il Soletenghiamo la carta disegnata opposta alla nostra vistagià lasuperficie dove prima disegnammo non è più contrappostama aversa al Solee però le parti destre si sono giàridrizzaterispondendo alle destre del Solee le sinistre allesinistreonde resta che solamente s'invertano le superiori edinferiori; peròrivoltando il foglio a rovescio facendovenire il di sopra di sottoe guardando per la trasparenza dellacarta contro al chiarosi veggono le macchie giuste. come seguardassimo direttamente nel Sole; ed in tale aspetto si devono sopraun altro foglio lucidare e descrivereper averle ben situate.

Ioho poi riconosciuto la cortesia della naturala qualemille e milleanni sonoporse facoltà di poter venire in notizia di talimacchiee per esse di alcune gran consequenze; perchésenz'altri strumentida ogni piccolo foro per il quale passino iraggi solari viene in distanze grandi portata e stampata sopra qualsi voglia superficie opposta l'immagine del Sole con le macchie. Benè vero che non sono a gran pezzo così terminate comequelle del telescopio; tuttavia le maggiori si scorgono assaidistinte: e V. S. vedendo in chiesa da qualche vetro rotto e lontanocader il lume del Sole nel pavimentovi accorra con un foglio biancoe distesoché vi scorgerà sopra le macchie. Ma piùdiròesser la medesima natura stata così benignacheper nostro insegnamento ha tal ora macchiato il Sole di macchia cosìgrande ed oscurach'è stata veduta da infiniti con la solavista naturale; ma un falso ed inveterato concettoche i corpicelesti fossero esenti da ogni alterazione e mutazionefece credereche tal macchia fosse Mercurio interposto tra il Sole e noie ciònon senza vergogna de gli astronomi di quell'età: e tale fusenza alcun dubbio quella di cui si fa menzione ne gli Annali edIstorie de i Franzesi ex Bibliotheca P. Pithoei I. C.stampat'in Parigi l'anno 1588dovenella vita di Carlo Magnoafogli 62si legge essersi per otto giorni continui veduta dal popoldi Francia una macchia nera nel disco solaredella quale l'ingressoe l'uscita per l'impedimento delle nugole non potette esserosservatae fu creduta esser Mercurio allora congiunto col Sole. Maquesto è troppo grand'erroreessendo che Mercurio non puòrestar congiunto col Sole né anco per lo spazio di ore sette;tale è il suo movimentoquando si viene a interporre tra 'lSole e noi. Fudunquetal fenomeno assolutamente una delle macchiegrandissima ed oscurissima; e delle simili se ne potranno incontrareancora per l'avveniree forseapplicandoci diligente osservazionene potremo veder alcuna in breve tempo. Se questo scoprimento fosseseguito alcuni anni avantiaverebbe levat'al Keplero la faticad'interpretar e salvar questo luogo con le alterazioni del testo edaltre emendazioni di tempi: sopra di che io non starò alpresente ad affaticarmisicuro che detto autorecome vero filosofoe non renitente alle cose manifestenon prima sentirà questemie osservazioni e discorsiche gli presterà tutto l'assenso.

Oraper raccòr qualche frutto dalle inopinate meraviglie che sinoa questa nostra età sono state celatesarà bene cheper l'avvenire si torni a porgere orecchio a quei saggi filosofi chedella celeste sustanza diversamente da Aristotele giudicaronoe da iquali Aristotele medesimo non si sarebbe allontanato se dellepresenti sensate osservazioni avesse auta contezza: poi che egli nonsolo ammesse le manifeste esperienze tra i mezi potenti a concluderecirca i problemi naturalima diede loro il primo luogo. Onde se egliargomentò l'immutabilità de' cieli dal non si esserveduta in loro ne' decorsi tempi alterazione alcunaè bencredibile che quando 'l senso gli avesse mostrato ciò che anoi fa manifestoarebbe seguita la contraria opinionealla qualecon sì mirabili scoprimenti venghiamo chiamati noi. Anzi diròdi piùch'io stimo di contrariar molto meno alla dottrinad'Aristotele col porre (stanti vere le presenti osservazioni) lamateria celeste alterabileche quelli che pur la volessero sostenereinalterabile; perché son sicuro che egli non ebbe mai pertanto certa la conclusione dell'inalterabilitàcome questache all'evidente esperienza si deva posporre ogni umano discorso: eperò meglio si filosoferà prestando l'assenso alleconclusioni dependenti da manifeste osservazioniche persistendo inopinioni al senso stesso repugnantie solo confermate con probabilio apparenti ragioni. Quali poi e quanti sieno i sensati accidenti chea più certe conclusioni c'invitanonon è difficilel'intenderlo. Eccoda virtù superioreper rimuoverci ogniambiguitàvengono inspirati ad alcuno metodi necessariiondes'intendala generazion delle comete esser nella regione celeste; aquestocome testimonio che presto trascorre e mancaresta ritrosoil numero maggiore di quelli che insegnano a gli altri: eccocimandate nuove fiamme di più lunga durazionein figura distelle lucidissimeprodotte pure e poi dissolutesi nelle remotissimeparti del Cielo: né basta questo per piegar quelli alla mentede i quali non arrivano le necessità delle dimostrazionigeometriche: ecco finalmente scoperto in quella parte del Cielo chemeritamente la più pura e sincera stimar si devedico infaccia del Sole stessoprodursi continuamente ed in brevi tempidissolversi innumerabile moltitudine di materie oscure dense ecaliginose; eccoci una vicissitudine di produzioni e disfacimenti chenon finirà in tempi brevimadurando in tutti i futurisecoli darà tempo a gl'ingegni umani di osservare quanto lorpiacerà e di apprendere quelle dottrine che del sito loro glipossa rendere sicuri. Ben che anco in questa parte doviamoriconoscere la benignità divina; poi che di assai facile epresta apprensione son quei mezi che per simile intelligenza cibastano; e chi non è capace di piùprocuri di averdisegni fatti in regioni remotissimee gli conferisca con i fatti dasé ne gli stessi giorniché assolutamente gliritroverà aggiustarsi con i suoi: ed io pur ora ne ho ricevutialcuni fatti in Brusselles dal Sig. Daniello Antonini ne i giorni 1112131420 e 21 di Luglioli quali si adattano a capello con imiei e con altri mandatimi di Roma dal Sig. Lodovico Cigolifamosissimo pittore ed architetto; argomento che dovrebbe bastar persé solo a persuader ogn'unotali macchie esser di lungotratto superiori alla Luna.

Econ questo voglio finir di occupar più V. S. Illustrissima.Favoriscami di mandar con suo comodo i disegni ad Apelleaccompagnati con un mio singolare affetto verso la persona sua; ed aV. S. reverentemente bacio le manie dal Signore Dio gli pregofelicità.

DiFirenzeli 14 di Agosto 1612.

DiV. S. Illustrissima

ServitoreDevotissimo

GalileoGalilei L.

VIIIC-- TERZA LETTERA DEL SIG. GALILEO GALILEI

ALSIG. MARCO VELSERI DELLE MACCHIE SOLARI

nellaquale anco si tratta di Veneredella Luna e Pianeti Mediceie siscoprono nuove apparenze di Saturno.



IllustrissimoSig. e Padron Colendissimo

Trovomia dover rispondere a due gratissime lettere di V. S. Illustrissimascritte l'una sotto li 28 di Settembree l'altra li 5 di Ottobre.Con la prima ricevei i secondi discorsi del finto Apelleenell'altra mi avvisa la ricevuta della mia seconda lettera inproposito delle macchie solarila quale io gl'inviai sino li 23 diAgosto: risponderò prima brevemente alla secondapoi verròalla primaponderando un poco più diffusamente alcuniparticolari contenuti in questa replica di Apelle; già chel'aver considerate le sue prime letteree l'aver egli vedute le mieconsiderazionimi mette in certo modo in obbligo di soggiugnerealcune cose concernenti alla mia prima lettera ed alle sue secondescritture.

Quantoall'ultima di V. S.ho ben sentito con diletto che ella in unarepentina scorsa abbia trapassate come verisimili ed assai probabilile ragioni da me addotte per confermar le conclusioni che io prendo adimostrare; ma il punto sta in quello a che la persuaderà laseconda e le altre letturenon essendo impossibile: che alcunibenche di perspicacissimo giudiziopossino talora in una prima occhiataricever per opera di mediocre perfezione quello che poiricercatopiù accuratamentegli riesca di assai minor meritoe massimedove una particolare affezione verso l'autore ed una concepitaopinion buona preoccupino l'affetto indifferente ed ignudo: onde iocon animo ancor sospeso starò attendendo altro suo giudizioil quale mi servirà per quietarmisin checomeprudentissimamente dice V. S.ci sortiscaper grazia del vero Solepuro ed immacolatoapprendere in Lui con tutte le altre veritàquello che oraabbagliati e quasi alla ciecaandiamo ricercandonell'altro Sole materiale e non puro.

Manon però doviamoper quel che io stimodistorci totalmentedalle contemplazioni delle coseancor che lontanissime da noisegià non avessimo prima determinatoesser ottima resoluzioneil posporre ogni atto specolativo a tutte le altre nostreoccupazioni. Perchéo noi vogliamo specolando tentar dipenetrar l'essenza vera ed intrinseca delle sustanze naturali; o noivogliamo contentarci di venir in notizia d'alcune loro affezioni. Iltentar l'essenzal'ho per impresa non meno impossibile e per faticanon men vana nelle prossime sustanze elementari che nelle remotissimee celesti: e a me pare essere egualmente ignaro della sustanza dellaTerra che della Lunadelle nubi elementari che delle macchie delSole; né veggo che nell'intender queste sostanze vicine aviamoaltro vantaggio che la copia de' particolarima tutti egualmenteignotiper i quali andiamo vagandotrapassando con pochissimo oniuno acquisto dall'uno all'altro. E sedomandando io qual sia lasustanza delle nugolemi sarà detto che è un vaporeumidoio di nuovo desidererò sapere che cosa sia il vapore;mi sarà per avventura insegnatoesser acquaper virtùdel caldo attenuataed in quello resoluta; ma ioegualmentedubbioso di ciò che sia l'acquaricercandolointenderòfinalmenteesser quel corpo fluido che scorre per i fiumi e che noicontinuamente maneggiamo e trattiamo: ma tal notizia dell'acqua èsolamente più vicina e dependente da più sensima nonpiù intrinseca di quella che io avevo per avanti delle nugole.E nell'istesso modo non più intendo della vera essenza dellaterra o del fuocoche della Luna o del Sole; e questa èquella cognizione che ci vien riservata da intendersi nello stato dibeatitudinee non prima. Ma se vorremo fermarci nell'appressione dialcune affezioninon mi par che sia da desperar di poter conseguirleanco ne i corpi lontanissimi da noinon meno che ne i prossimianzital una per aventura più esattamente in quelli che in questi.E chi non intende meglio i periodi de i movimenti de i pianetichequelli dell'acque di diversi mari? chi non sa che molto prima e piùspeditamente fu compresa la figura sferica nel corpo lunare che nelterrestre? e non è egli ancora controverso se l'istessa Terraresti immobile o pur vadia vagandomentre che noi siamo certissimide i movimenti di non poche stelle? Voglio per tanto inferireche sebene indarno si tenterebbe l'investigazione della sustanza dellemacchie solarinon resta però che alcune loro affezionicomeil luogoil motola figurala grandezzal'opacitàlamutabilitàla produzione ed il dissolvimentonon possino danoi esser appreseed esserci poi mezi a poter meglio filosofareintorno ad altre più controverse condizioni delle sustanzenaturali; le quali poi finalmente sollevandoci all'ultimo scopo dellenostre fatichecioè all'amore del divino Arteficeciconservino la speranza di poter apprender in Luifonte di luce e diveritàogn'altro vero.

Ildebito del ringraziare resta in me con molti altri obblighi che tengoa V. S. Illustrissima; perchése averò investigatoqualche proposizion verasarà stato frutto de i comandamentisuoie i medesimi diranno mia scusa quando non mi succeda ilconseguir l'intero d'impresa nuova e tanto difficile.

Circaa quello che ella m'accenna del pensiero dell'Eccellentissimo Sig.Federico Cesi Principeè ben vero che io mandai a S. E. copiadelle due lettere solarima non con intenzione che fosseropubblicate con le stampeché in tal caso vi arei applicatostudio e diligenza maggiore; perchése ben l'assenso el'applauso di V. S. sola è da me desiderato e stimatoegualmente come di tutto 'l mondo insiemetuttavia tal indulto miprometto dalla benignità sua e dalla cortese propensione delsuo genio verso me e le cose miequale prometter non mi devo dallescrupolose inquísizioni e severe censure di molti altri. Edalcune cose mi restano ancora non ben digestené determinatea modo mio; delle quali una principale è l'incidenza dellemacchie sopra luoghi particolari della solar superficiee nonaltrove: perchérappresentandocisi i progressi di tutte lemacchie sotto specie di linee rette (argomento necessariol'asse ditali conversioni esser eretto al piano che passa per i centri delSole e della Terrail quale è il solo cerchiodell'eclittica)restaper mio pareredegno di gran considerazioneonde avvenga che le caschino solamente dentro ad una zona che perlarghezza non si allontana più di 29 o 30 gradi di qua e di làdal cerchio massimo di tal conversionesì che appena dellemille una trasgrediscae ben di pocotali confini; imitando in ciòle leggi de i pianetialli quali vengono da simili intervallilimitate le digressioni dal cerchio massimo della conversion diurna.Questo e qualche altro rispetto mi fanno ritardar il pubblicar in piùdiffuso trattato questa materia. Con tutto ciò il Sig.Principe può disporre ed è padrone assoluto delle cosemie; l'esser poi io sicuro del purgatissimo suo giudizio e del zeloche egli ha della reputazion miami assicuracol lasciarle eglivederedi averle stimate degne della luce.

Quantoad Apellea me ancora dispiace che e non abbia veduta la mia secondalettera avanti la pubblicazione della sua Più AccurataDisquisizionee che la mia ambiguità e pigrizia nelloscrivere non abbia potuto tener dietro alla sua resoluzione eprontezza: ben è vero che buona causa della dilazione n'èstato l'esser trattenute le mie lettere più d'un mese inVeneziadalla troppa stima che di esse fece l'Illustrissimo Sig.Gio. Francesco Sagredovolendo che ne restasse copia in quellacittàdove a me pareva d'essere a bastanza onorato da unasemplice sua lettura; il che per la moltitudine delle figure ricercòassai tempo. Dispiacemi ancora della difficoltà che apporta adApelle l'aver io scritto nella nostra favella fiorentina; il che hofatto per diversi rispettiuno de i quali è il non volere incerto modo abusare la ricchezza e perfezion di tal linguabastevolea trattare e spiegar e' concetti di tutte le facoltadi; e peròdalle nostre Accademie e da tutta la città vien gradito loscrivere più in questo che in altro idioma. Ma in oltre ci hoauto un altro mio particolar interesseed è il non privarmidelle risposte di V. S. in tal linguavedute da me e da gli amicimiei con molto maggior diletto e meraviglia che se fossero scrittedel più purgato stile latino; e parcinel leggere lettere dilocuzione tanto propriache Firenze estenda i suoi confinianzi ilrecinto delle sue murasino in Augusta.

Quelloche V. S. mi scrive essergli intervenuto nel leggere il mio trattatoDelle cose che stanno su l'acquacioè che quelli che daprincipio gli parvero paradossiin ultimo gli riuscirono conclusionivere e manifestamente dimostratesappia che è accaduto qua amoltireputati per altri lor giudizii persone di gusto perfetto esaldo discorso. Restano solamente in contradizzione alcuni severidifensori di ogni minuzia peripateticali qualiper quel che ioposso comprendereeducati e nutriti sin dalla prima infanzia de ilor studii in questa opinioneche il filosofare non sia népossa esser altro che un far gran pratica sopra i testi diAristotelesì che prontamente ed in gran numero si possino dadiversi luoghi raccòrre ed accozzare per le prove di qualunqueproposto problemanon vogliono mai sollevar gli occhi da quellecartequasi che questo gran libro del mondo non fosse scritto dallanatura per esser letto da altri che da Aristotelee che gli occhisuoi avessero a vedere per tutta la sua posterità. Questichesi sottopongono a così strette leggimi fanno sovvenire dicerti obblighi a i quali tal volta per ischerzo si astringonocapricciosi pittoridi voler rappresentare un volto umano o altrafigura con l'accozzamento ora de' soli strumenti dell'agricolturaora de' frutti solamente o de i fiori di questa o di quella stagione:le quali bizzarriesin che vengono proposte per ischerzoson bellee piacevolie mostrano maggior perspicacità in questoartefice che in quellosecondo che egli averà saputo piùacconciamente elegger ed applicar questa cosa o quella alla parteimitata; ma se alcunoper aver forse consumati tutti i suoi studiiin simil foggia di dipignerevolesse poi universalmente concludereogni altra maniera d'imitare esser imperfetta e biasimevolecertoche 'l Cigoli e gli altri pittori illustri si riderebbono di lui. Diquesti che mi son contrarii di opinionealcuni hanno scritto edaltri stanno scrivendo; in pubblico non si è veduto sin oraaltro che due scrittureuna di Accademico Incognitoe l'altra di unlettor di lingua greca nello Studio di Pisaed amendue le invio conla presente a V. S. Gli amici miei son di parereed io da loro nondiscordoche non comparendo opposizioni più saldenon siabisogno di risponder altro; e stimano che per quietar questi cherestano ancora inquietiogn'altra fatica sarebbe vananon men chesuperflua per i già persuasi; ed io devo stimar le mieconclusioni vere e le ragioni validepoi chesenza perder l'assensodi alcuno di quei che sin da principio sentivano mecoho guadagnatoquel di molti che erano di contrario parere. Però staremoattendendo il restoe poi si risolverà quello che parràpiù a proposito.

Vengoora all'altra lettera di V. S. Illustrissimacondolendomi sopra modoche la pertinacia della sua infermità conturbiconl'afflizione di V. S.la quiete di tanti suoi amici e servidoriedi me sopra tutti gli altritravagliato altresì da piùmie indisposizioni familiarile qualicon l'impedirmi quasicontinuamente tutti gli eserciziimi tengono ricordato quantorispetto alla velocità de gli annisarebbe necessario lostare in esercizio continuo a chi volesse lasciar qualche vestigio diesser passato per questo mondo. Orqualunque si sia il corso dellanostra vitadoviamo riceverlo per sommo dono dalla mano di Dionella quale era riposto il non ci far nulla; anzi non pur doviamoriceverlo in grado ma infinitamente ringraziar la sua bontàla quale con tali mezzi ci stacca dal soverchio amore delle coseterrene e ci solleva a quello delle celesti e divine.

Lescuse dell'esser breve nello scrivere sono superflue appresso di meche sempre sono per appagarmi nell'intender solamente che ella micontinui la sua buona grazia: dovrei ben io scusar la mia prolissitàoper meglio direpregar lei a scusarlae lo farei quando iodubitassi delle scuse che io mi prometto dalla sua cortesia.

Riceveicon la lettera di V. S. la seconda scrittura del finto Apellee mimessi a leggerla con gran curiositàmosso sì dal nomedell'autorecome dalla qualità del titoloil quale prometteuna più accurata disquisizione non solo intorno alle macchiesolarima ancora intorno a i pianeti Medicei. E perché iltermine relativo di "disquisizione più accurata" nonpuò non riferirsi all'altre disquisizioni fatte intorno allamedesima materianon si può dubitare che ei non abbiariguardo ancora al mio Avviso Sidereoche pure è in rerumnatura e non viene eccettuato da Apelle: onde io entrai insperanza d'esser per trovar resoluto tutto quest'argomentodel qualenon potei toccarnein detto mio Avvisoaltro che i primiabbozzamenti. Oltre alle cose promesse nel titolovi ho trovatol'osservazion di Venere più diffusamente esplicata che nelleprime letteree di più alcuni particolari intorno alla Luna:nelle quali tutte materie scorgo molte opinioni di Apelle contrariealle miee varie ragioni e risposte implicite alle cose prodotte dame nella prima lettera che scrissi a V. S.; le qualiper la stimache io fo dell'autorenon conviene che io trapassi o dissimuliperchénon avendo dinanzi tavola che m'asconda e possaimpedirmi la vista di chi passa innanzi e indietroconvien che pertermine io gli saluti almeno. E perché tutto il progresso diqueste differenze si è sin qui trattato innanzi e indietroconvien che per termine io gli saluti almeno. E perché tuttoil progresso di queste differenze si è sin qui trattatoinnanzi a V. S. Illustrissimadi nuovo costituendomivi produrròpiù brevemente che potròquanto mi occorre in questoproposito. E seguendo l'ordine tenuto da Apelleconsidero l'ultimoscopo della sua prima parteche è di dimostrare come lacircolazion di Venere è intorno al Solee non in altra guisa;e fonda tutta la sua dimostrazionecome anco fece nella primascritturasopra la congiunzione mattutina di essa stella col Soleoccorsa circa li 11 di Dicembre 1611aggiugnendoci adesso unainvestigazione della quantità del suo moto sotto 'l discosolareraccolta con calcoli e dimostrazioni geometriche. E qui minascono due scrupoli: l'uno intorno alla maniera di maneggiare talidemostrazioninon interamente da sodisfare a perfetto matematico; el'altro circa l'utilità che apporta tal apparato e progressoall'intenzion primaria dell'autore.

Quantoalla maniera del dimostraretrappasso che qualche astronomo piùscrupoloso di me potrebbe risentirsi nel veder trattar archi dicerchi come se fossero linee rettesottoponendogli a gli stessisintomi: ma io non ne voglio tener contoperché nel casonostro particolare non cascano in uso archi così grandichel'error nel computo riesca poi di soverchio notabile.

Maammessa anco per esquisita tutta la dimostrazione di Apelleio nonperò posso ancor penetrar interamente quello che egli abbiain virtù di essapreteso di ottenere da chi volessepersistere in negare la conversione di Venere intorno al Sole:perchéo gli avversarii ammetteranno per giusti i calcoli delMaginio gli averanno per dubbii e fallaci; se gli hanno per dubbiila fatica d'Apelle resta come inefficacecon dimostrando ella cheVenere veramente venisse alla corporal congiunzione; ma se gliconcedono per verinon era necessario altro computobastando lasola differenza de i movimenti del Sole e della stellainsieme conla sua latitudinepresa dall'istesse Efemeridia intender come talcongiunzione doveva necessariamente durar tante oreche molte emolte volte si poteva replicar l'osservazione. Né meno eranecessariio il far triplicato esame sopra 'l principio mezo e finedel congressoessendo notissimo che i calcoli sono aggiustati almezo della congiunzione; li quali quando ammettessero errorenonperò verrebbono necessariamente emendati dal riferirgli alprincipio o al fine del congressonon constando ragion alcuna per laqual s'intenda non esser possibile in un calcolo d'una congiunzioneerrar di maggior tempo di quello della durazione del congresso. Ma ionon credo che i contradittori ricorressero al negar la giustezza de icomputi astronomicie massime avendo refugii più sicuriquali sono quelli che io proposi nella prima lettera. E sìcome a i molto periti nella scienza astronomica bastava l'aver intesoquanto scrive il Copernico nelle sue Revoluzionii per accertarsi delrivolgimento di Venere intorno al Sole e della verità delresto del suo sistemacosì per quelli che intendono solamentesotto la mediocrità faceva di bisogno rimuovere le da mesopradette ritirate; delle quali io non veggo che Apelle; abbiatoccate se non duee quelle anco mi par che non restino totalmenteatterrate.

Iodissi nella prima letterache gli avversarii potrebbono ritirarsi adireche Venere o non si vegga sotto 'l Sole per la sua piccolezzao vero perché sia lucida per sé stessao vero percheella sia sempre superiore al Sole.

Quelloche Apelle produce per levar la prima fuga a i contradittorinonbasta: perché loro primieramente negheranno che l'ombra diVenere sotto 'l Sole deva apparir così grande come la lucedella medesima fuori del Sole ma vicina a quelloperchél'irradiazione ascitizia rappresenta la stella assai maggiore delvero; il che è manifesto nella istessa Venerela quale quandoè sottilmente falcataed in conseguenza per pochi gradiseparata dal Solesi mostra in ogni modoalla vista naturalerotonda come l'altre stelleascondendo la sua figura tral'irradiazione del suo splendoreper lo che non si puòdubitare che ella ci si mostri assai maggiore che se fosse priva dilume; ed all'incontrocostituita sotto 'l lucidissimo disco delSolenon è dubbio che il suo corpicello tenebroso verrebbediminuito non poco (dico quanto all'apparenza) dall'ingombramento delfulgor del Sole: e però resta molto fallace il concluder cheella fussi per apparir eguale alle macchie di mediocre grandezza. Echi sa che tali macchieper doverci apparire nel campo splendido delSolenon sieno molto maggiori di quello che mostrano? Anzi che purdi ciò può esser ottimo testimonio a sé stessoil medesimo Apelleriducendosi in mente quello che scrisse nellaterza delle prime lettereal secondo corollariocioè:"maculas satis magnas esse; alias Sol magnitudine sua illasirradiando penitus absorberet": e l'istesso conviene affermardel corpo di Venere. Doppiamenteadunquesi può errarenell'agguagliar la grandezza di Venere luminosa a quella dellemacchie oscurepoi che quanto questa vien apparentemente diminuitadal veromediante lo splendor del Soletanto quella vieningrandita.

Nécon maggior efficacia conclude quel che Apelle soggiugne in questomedesimo luogoper mantenere pur Venere incomparabilmente maggioredi quello che è e che io accennai nella prima lettera: econtro a quello che ci mostra il senso e l'esperienzain vano siproduce l'autorità d'uomini per altro grandissimili qualiveramente s'ingannarono nell'assegnar il diametro visuale di Veneresubdecuplo a quel del Sole; ma sono in parte degni di scusaed inparte no. Gli scusa in parte il mancamento del telescopiovenuto adapportar agumento non piccolo alle scienze astronomiche; ma dueparticolari lasciano da desiderar qualche cosa nella diligenza loro.Uno èche bisognava osservar la grandezza di Venere veduta digiornoe non di nottequando la capellatura de' suoi raggi larappresenta dieci o più volte maggiore che 'l giornomentreella ne è priva; ed arebbono facilmente compresoche 'ldiametro del suo piccolissimo globo non agguaglia tal volta lacentesima parte del diametro solare. Erasecondariamentenecessariodistinguere una costituzione da un'altrae non indifferentementepronunziareil diametro visuale di Venere esser la decima parte diquel del Soleessendo che tal diametro quando la stella èvicinissima alla Terra è più di sei volte maggiore chequando è lontanissima; la qual differenza se bene non èprecisamente osservabile se non col telescopioè nondimenoassai percettibile anco con la vista semplice. Cessadunqueinquesto particolare l'autorità degli astronomi citati daApellesopra la quale egli si appoggia. E quando bene si ammettessetaluna macchia esser visibile nel disco solare che non agguaglia inlunghezza la centesima parte del diametro né in superficie unadelle diecimila parti del cerchio visibile del Solenon creda perciò di aver concluso maggiormente l'apparizion di Venere;perché io gli replicoche il suo diametro nella congiunzionemattutina non pareggia la dugentesimané la sua superficie laquarantamilesima partedel diametro e del visibil disco del Sole.

Quantoalla seconda fuga de gli avversariicioè che non sianecessario che Venere oscuri parte del Solepotendo ella esser corpoper sé stesso lucidonon restaper mio parereconvinta perquello che produce Apelle; perchéquanto alla sempliceautorità de gli antichi e moderni filosofi e matematicidicoche non ha vigore alcuno in stabilire scienza di veruna conclusionenaturaleed il più che possa operare e l'indurre opinione einclinazion al creder più questa che quella cosa. Oltre cheio non so quanto sia vero che Platone s'inducesse a por Venere sopra'l Sole rispetto al non vederla nelle congiunzioni sotto 'l suo discoin vista tenebrosa: so ben che Tolommeo parla in questo propositomolto diversamente da quello che vien allegato da Apelle; e troppograve errore sarebbe stato nel principe de gli astronomi il negar lecongiunzioni dirette di Venere e del Sole. Quello che dice Tolommeonel principio del libro nono della sua Gran Costruzionementre e'ricerca qual si deva più probabilmente costituir l'ordine de ipianetiimpugnando la ragion di quelli che mettevano Venere eMercurio superiori al Sole perché non l'avevano mai vedutooscurar da loromostra l'infirmità di questo argomentodicendo non esser necessario che ogni stella inferiore al Sole glifaccia eclissepotendo esser sotto 'l Solema non in alcun de'cerchi che passano per il centro di quello e per l'occhio nostro: manon per questo affermaciò accadere a Venere; anzisoggiugnendo egli l'essempio della Lunala quale nella maggior partedelle congiunzioni non adombra 'l Solemostra chiaramente che e' nonha voluto intender altro di Venerese non che ella può essersotto 'l Solené però oscurarlo in tutte lecongiunzionionde possa benissimo esser accadutole congiunzioniosservate da quei tali non essere state dell'eclittiche. Moltosicuramente parla il Molto Reverendo P. Clavioaffermando tale ombrarestar invisibile a noi per la sua piccolezza; e se bene da i dettidi questi autori par che gl'inclinassero a stimar Venere nonsplendida per sé stessama tenebrosatuttavia tale opinionepura non basta a convincer gli avversariia' quali non mancheràil poter produrre opinioni di altri in contrario.

L'altroargomento che Apelle producetolto dall'ottenebrazione della Lunanel passar sotto 'l Solenon può aver vigore s'e' nondimostra prima che 'l mancamento nel Sole si faccia cospicuo sinquando la Luna occupa del suo disco meno di una delle quarantamilaparti; altramente la proporzion dalla Luna a Venere non procede. Orquanto ciò sia diffilcile ad esequirsie manifesto adogn'uno.

CheMercurio sia stato da diversi veduto sotto 'l Soleè nonsolamente dubbioma inclina assai all'incredibilecome nell'altraaccennai a V. S.: e quanto al Keplero citato in questo luogoio nondubito punto checome d'ingegno perspicacissimo e liberoe amicoassai più del vero che delle proprie opinioniei sia perrestar persuasissimotali negrezze vedute nel Sole essere statealcune delle macchiee le congiunzioni di Mercurio aver solamenteporto occasione d'applicarvi in quelle ore più fissa edaccurata considerazione; con la qual diligenza anco in altri tempi sisarieno vedutesì come frequentemente si sono per vedere perl'innanzie già le ho fatte vedere a molti.

Restiper tanto indubitabilmente dimostrata l'oscurità di Veneredalla sola esperienza che io scrissi nella prima letterae che orapone qui Apelle nel terzo luogocioè dal vedersi variar inlei le figure al modo della Luna; e siacioltre a ciòpersolo fermo e così forte argomento da stabilir la revoluzionedi Venere circa 'l Soleche non lasci luogo alcuno di dubitare: eperò si deve reputare degno d'esser da Apelle delineatocomefigura principalissimanella più cospicua e nobil parte dellasua tavolae non in un angolo in guisa di pilastroper appoggio esostegno di qualche figura che senz'esso sembrasse a' riguardanti diminacciar rovina.

Mapasso ad alcune considerazioni intorno a quello che Apelle in partereplica ed in parte aggiugne al già scritto in proposito dellemacchie solari. Dove in generale mi par che nelle loro determinazionie' vadia più presto manco resoluto che avanti non aveva fattose ben insieme insieme si mostra desideroso di presentarle piùtosto modificate che diversificateanzi che nel fine affermatuttele cose dette nelle prime lettere restar costanti; con tutto ciòvengo in qualche speranza d'averlo a vedere nella terza scritturad'opinioni intrinsecamente assai conformi alle mienon dico giàin virtù di queste letterele quali per la difficoltàdella lingua non possono da lui esser vedutema perché colpensare verranno ancora a lui in mente quelle osservazioniquelleragioni e quelle soluzioni medesimeche hanno persuaso me a scrivereciò che ho scritto nella prima e nella seconda lettera e cheaggiungo nella presente. E già si vede quanti particolari e'mette in questa seconda scritturanon osservati ancora nella prima.Stimò avantile macchie solari essere tutte di figurasfericadicendo che se si potessero veder separate dal Soleciapparirebbono tante piccole lunealtre falcatealtre in forma dimezzo cerchioaltre di più che mezzoe forse altreinteramente piene: ora con maggior verità scriverarissimeessere sferichee spessissime di figure irregolari. Ha parimenteosservatocome rarissime o nessuna mentengono la medesima figura pertutto 'l tempo che restano cospicuema stravagantemente si vannomutandoed ora crescendo ora scemando; equello che è piùha veduto come improvisamente altre nasconoaltre si dissolvonoanco nel mezo del Solee come alcune si dividono in due o piùedall'incontromolte si uniscono in una: i quali particolari furonda me toccati nella prima lettera. Stimò giàche lefossero stelle errantie situate in diverse lontananze dal Solesìche alcune fussero meno ed altre più remotein guisa chemoltissime andassero vagando tra 'l Sole e Mercurio e ancora traMercurio e Venerein debite distanzefacendosi visibili solamentequando s'incontrano col Sole; ma ora non sento raffermar una tantalontananzae parmi che e' si contenti di mostrar che le non sonodentro al corpo solare né contigue alla sua superficiemafuoriin lontananza solamente di qualche considerazionecome si puòritrarre dalle ragioni che egli usa in dimostrar la sua opinione.

Iofacilmente converrei con Apelle in creder che le non sieno nel Solecioè immerse dentro alla sua sustanza; ma non affermerei giàquesto in vigor delle ragioni addotte da essonella prima dellequali e' piglia un supposto che senz'altro gli sarà negato dachi volesse difender il contrario: perché non è alcunocosì sempliceche volendo sostener le macchie esser immersedentro alla solar sostanzae appresso ammetter la loro continuamutabilità di figura di mole di separazione ed accozzamentoconceda insieme il Sole esser duro ed immutabile; ma resolutamentenegherà tale assunto e la prova che di esso apporta Apellefondata su l'opinioneper suo dettocomune di tutti i filosofi ematematici: né piccola ragione averà di negarlasìperché l'autorità dell'opinione di mille nelle scienzenon val per una scintilla di ragione di un solosì perchéle presenti osservazioni spogliano d'autorità i decreti de'passati scrittorii quali se vedute l'avesseroavrebbonodiversamente determinato. In oltrequei medesimi autori che hannostimato il Sole non esser cedente né mutabilehanno molto mencreduto ch'e' fosse sparso di macchie tenebrose; e però dovefosse forza che l'opinione del non esser macchiato cedesseall'esperienzaindarno si ricorrerebbe per difesa all'opinione delladurezza e dell'immutabilitàperché dove cede quellache pareva più saldamolto meno resisteranno le mengagliarde: anzi gli avversariiacquistando forzanegheranno il Soleesser duro o immutabilepoi che non la semplice opinionemal'esperienza glie lo mostra macchiato. E quanto a i matematicinonsi sa che alcuno abbia mai trattato della durezza ed immutabilitàdel corpo solarené che l'istessa scienza matematica siabastante a formar dimostrazioni di simili accidenti.

Laseconda ragionefondata sul vedersi alcune macchie più oscureverso la circonferenza del Sole che poi quando sono verso le partimediedove par che si vadino rischiarandonon par che stringal'avversario a doverle por fuori del Sole; sì perchél'esperienza del fatto per lo piùse non sempreaccade incontrariosì perché la rarefazione e condensazioneaccidenti non negati alle macchieson bastanti per render ragione dital effettoe forse non men di quello che Apelle n'apporta dicendoche l'irradiazione più diretta e più fortefattaquando la macchia è intorno al mezo del disco che quando èvicina alla circonferenzaproduce tal diminuzion di negrezza. [...]E peròper mio pareremeglio per avventura sarebbe il dire(qual volta non si volesse ricorrere al più o men denso eraro) che l'istessa macchia appar meno oscura intorno al centro cheverso l'estremitàperché qui vien veduta per coltelloe quivi per piattoaccadendo in questo l'istesso che in una piastradi vetrola quale veduta per taglio appare oscura e opaca moltomaper piano chiara e trasparente; e questo servirebbe per argomento adimostrar che la larghezza di tali macchie è molto maggior chela loro profondità.

Quelloche si soggiugne per provare che le macchie non son lagune ocavernose voragini nel corpo solaresi può liberamenteconcedere tuttoperché io non credo che alcuno sia perintrodur mai una tale opinione per vera. Ma perché néio néche io sappiaaltri ha conteso che le macchie sianoimmerse nella sustanza del Solema ben ho replicatamente scritto aV. S.es'io non m'ingannonecessariamente conclusoche le sianoo contigue al Sole o per distanza a noi insensibile separate daquelloè bene che io esamini le ragioni che Apelle produceper argomenti irrefragabili onde la di loro lontananza non piccoladalla solar superficie ci si faccia manifesta.

PrendeApelle la sua ragione dal vedersi le macchie dimorar a tempi inegualisotto la faccia del Solee quelle che la traversano per la lineamassimapassando per lo centrodimorar più che quelle chepassano per linee remote dal centro; e ne adduce l'osservazion diduel'una delle quali dimorò giorni 16 nel diametroel'altrapassando alquanto lontana dal centroscorse la sua linea ingiorni 14. Or qui vorrei trovar parole di poter senza offesa diApelleil quale io intendo di onorar semprenegare tale esperienza;perchéavendo io circa questo particolare fatte molte e moltediligentissime osservazioninon ho trovato incontro alcuno onde sipossa concluder altrose non che le macchie tutte indifferentementedimorano sotto 'l solar disco tempi egualiche al mio giudizio sonoqualche cosa più di giorni 14: e questo affermo tanto piùresolutamentequanto che sarà per avanti in potestà diciascheduno il farne senza incomodo mille e mille osservazioni. Equanto alla particolare esperienza che Apelle ci proponev'hoqualche scrupoloper aver egli eletto nella prima osservazione nonil transito di una macchia solama di un drappello assai numerosoedi macchie che molto si andarono variando di posizione tra di loro;dalle quali cose ne conséguita che tale osservazionecomesoggetta a molte accidentarie alterazioninon sia a bastanza sicuraper determinare essa sola una tanta conclusione. Anzi gl'irregolarimovimenti particolari di esse macchie rendono le osservazionisoggette a tali alterazioniche non è da prender resoluzionese non dalla conferenza di molti e molti particolari: il che ho fattosopra la moltitudine di più di 100 disegni grandi ed esattied ho incontrate bene alcune piccole differenze di tempi ne ipassaggima ho anco trovato alternatamente esser non meno talor piùtarde le macchie de' cerchi più vicini al centro del discoche altra volta quelle de' più remoti.

Maquando anco non ci fosse in pronto di poter far incontri sopra idisegni già fatti e sopra quelli che si farannoparmi ad ognimodo di poter dalle cose stesse proposte ed ammesse da Apelle ritrarcerta contradizioneper la quale molto ragionevolmente si possadubitare circa la verità dell'addotta osservazione edinconsequenzadella conclusione che indi si deduce. Imperò cheio prima consideroche dovendo egli valersi della disegualitàde' tempi de' passaggi delle macchie come di argomentonecessariamente concludente la notabil lontananza loro dallasuperficie del Soleè forza che e' suppongaquelle essere inuna sola sfera che di un moto comune a tutte si vada volgendo; perchése e' volesse che ciascuna avesse suo moto particolareniente da ciòsi potrebbe raccòrre che concernesse alla prova della remozionloro dal Soleperché si potria sempre dire che la maggior ola minor dimora di queste o di quelle nascesse non dalla distanzadella lor sfera dal Solema dalla vera e reale desegualitàde' lor proprii moti. [...]

Eperchécome ho detto ancoraquesto è puntoprincipalissimo in questa materiae la differenza tra Apelle e me ègrande (poi che le conversioni delle macchie a me paiono tutte egualie traversare il disco solare in giorni l4 e mezzo in circae ad essotanto inegualiche alcuna consumi in tal passaggio giorni 16 o piùed altra 9 solamente)parmi che sia molto necessario il tornar conreplicato esame a ricercar l'esatto di questo particolare;ricordandoci che la naturasorda ed inesorabile a' nostri preghinon è per alterare o ner mutare il corso de' suoi effettieche quelle cose che noi procuriamo adesso d'investigare e poipersuadere a gli altrinon sono state solamente una volta e poimancatema seguitano e seguiteranno gran tempo il loro stilesìche da molti e molti saranno vedute ed osservate: il che ci deveesser gran freno per renderci tanto più circospetti nelpronunziare le nostre proposizionie nel guardarci che qualcheaffettoo verso noi stessi o verso altrinon ci faccia puntopiegare dalla mira della pura verità. [...]

Iospero che da quanto sin qui ho detto Apelle doverà restarsatisfattoe massime aggiugnendovi quello che ho scritto nellaseconda lettera; e crederò ch'e' non sia per metter difficoltànon solo nella massima vicinanza delle macchie al globo solare ma néanco nella di lui revoluzione in sé medesimo. In confirmaziondi cheposso aggiugnere alle ragioni che scrissi nella secondalettera a V. S.che nella medesima faccia del Solesi veggono talvolta alcune piazzette più chiare del restonelle qualicondiligenza osservatesi vede il medesimo movimento che nelle macchie;e che queste sieno nell'istessa superficie del Solenon credo chepossa restar dubbio ad alcunonon essendo in verun modo credibileche si trovi fuor del Sole sustanza alcuna più di luirisplendente: e se questo ènon mi par che rimanga luogo dipoter dubitare del rivolgimento del globo solare in sémedesimo. E tale è la connession de' veriche di qua poicorrispondentemente ne séguita la contiguità dellemacchie alla superficie del Solee l'esser dalla sua conversionemenate in volta; non apparendo veruna probabil ragionecome esse(quando fossero per molto spazio separate dal Sole) dovesseroseguitare il di lui rivolgimento.

Restamiora il considerare alcune consequenze che Apelle va deducendo dallecose disputate: la somma delle quali par che tenda al sostentamentodi quel ch'egli si trova avere stabilito nelle sue prime letterecioè che tali macchie in fine altro non sieno che stellevaganti intorno al Sole; perché non solamente e' torna anominarle stelle solarima va accomodando alcune convenienze erequisiti tra esse e l'altre stelleacciò resti tolta ognidiscrepanza e ragione di segregarle dalle vere stelle. Per talrispetto ed anco per applauder alle mie montuosità lunari (delquale affetto io gli rendo grazie)dice che tal mia opinione non èimprobabile scorgendosi anco l'istesso nella maggior parte di questemacchie; ragionein veroche congiunta con le altre dimostrazionich'io producodoverà quietare ogn'uno.

Cheil parer di quelli che pongono abitatori in Giovein Venere inSaturno e nella Luna sia falso e dannandointendendo però perabitatori gli animali nostrali e sopra tutto gli uominiio non soloconcorro con Apelle in reputarlo talema credo di poterlo conragioni necessarie dimostrare. Se poi si possa probabilmente stimarenella Luna o in altro pianeta esser viventi e vegetabili diversi nonsolo da i terrestrima lontanissimi da ogni nostra immaginazioneioper me né lo affermerò né lo negheròmalascerò che più di me sapienti determinino sopra ciòe seguiterò le loro determinazioni; sicuro che sieno per essermeglio fondate della ragione addotta da Apelle in questo luogocioèche sarebbe assurdo il mettergli in tanti corpiquasi che il porreanimaliper essempionella Luna non si potesse far senza porglianco nelle macchie solari. Né anco ben capisco l'illazione chefa Apelle del doversi conceder qualche lume reflesso alla Terrapersuadendone ciò le macchie solari: anziperché laloro reflessione non è molto cospicuae quello che in essescorgiamo non può esser altro che lume refrattose nullaconvenisse dedur da tale accidente sarebbe più presto che laTerra fosse di sostanza trasparente e permeabile dal lume del Sole;il che poi non appar vero. Non però dico che la Terra non lorefletta; anzi per molte ragioni ed esperienze son sicurissimoch'ella non meno s'illustra di qualunque altra stellae che con lasua reflessione luce assai maggiore rende alla Luna di quella che dalei riceve.

Mapoi che Apelle si rende così difficile a conceder questa cosìpotente reflessione di lume fatta dal globo terrestee cosìfacile ad ammettere il corpo lunare traspicuo e penetrabile da iraggi solaricome in questo luogo ed ancor più apertamentereplica verso il fine di questi discorsivoglio produrre una o duedelle molte ragioni che mi persuadono quella conclusione per vera equesta per falsa; le qualiper avventura risolute con qualcheoccasione da Apellepotrebbono farmi cangiar opinione. Non taceròintanto che io fortemente dubitoche questo comun concettoche laTerracome opachissima oscura ed aspra che l'èsia inabile areflettere il lume del Solesì come all'incontro molto loreflette la Luna e gli altri pianetisia invalso tra 'l popoloperché non ci avvien mai il poterla vedere da qualche luogotenebroso e lontano nel tempo che il Sole la illuminacomeperl'oppositofrequentemente vediamo la Lunaquando ed ella si trovanel campo oscuro del cieloe noi siamo ingombrati dalle tenebrenotturne; ed accadendocidopo aver non senza qualche meravigliafissati gli occhi nello splendor della Luna e delle stelleabbassargli in Terrarestiamo dalla sua oscurità in certomodo attristatie di lei formiamo una tale apprensionecome di cosarepugnante per sua natura ad ogni lucidezza; non considerando piùoltrecome nulla rileva al ricevere e reflettere il lume del Solela densità oscurità ed asprezza della materia e chel'illuminare è dote e virtù del Solenon bisognosad'eccellenza veruna ne i corpi che devono essere illuminatianzi piùpresto sendo necessario il levargli certe condizioni piùnobilicome la trasparenza della sustanza e la lisciezza dellasuperficiefacendo quella opaca e questa ruvida e scabrosa: ed ioson molto ben sicurocontro alla comune opinionechè quandola Luna fosse polita e tersa come uno specchioella non solamentenon ci refletterebbecome fail lume del Solema ci resterebbeassolutamente invisibilecome se la non fosse al mondo; il che a suoluogo con chiare dimostrazioni farò manifesto.

Maper non traviare dal particolare che ora trattodico che facilmentem'induco a credereche se già mai non ci fosse occorso ilveder la Luna di nottema solamente di giornoavremmo di lei fattoil medesimo concetto e giudizio che della Terra: perchéseporremo cura alla Luna il giornoquando talvoltasendo piùche 'l quarto illuminataella s'imbatte a trovarsi tra le rotture diqualche nugola bianca o vero incontro a qualche sommità ditorre o altro muro di color mezzanamente chiaroquando rettamentesono illustrati dal Solesì che della chiarezza di quelli sipossa far parallelo col lume della Lunacerto si troverà lalor lucidezza non esser inferiore a quella della Luna; onde se loroancora potessero mantenersi così illustrati sin alle tenebredella nottelucidi ci si mostrerieno non meno della Lunanémen di quella illuminerebbono i luoghi a loro circonvicinisin atanta distanza da quanta la lor grandezza non apparisse minor dellafaccia lunare; ma le medesime nugole e l'istesse muragliespogliatede' raggi del Solerimangono poi la nottenon men della Terratenebrose e nere. Di piùgran sicurezza doveremo noi purprender dall'efficace reflession della Terra dal veder quanto lume sisparga in una stanza priva d'ogn'altra lucee solo illuminata dallareflession di qualche muro oppostogli e tocco dal Soleancor che talreflessione passi per un foro così angustoche dal luogo doveella vien ricevuta non apparisca il suo diametro sottendere ad angolomaggiore che 'l visual diametro della Luna; nulla di meno tal lucesecondaria è così potentecheripercossa e rimandatadalla prima in una seconda stanzasarà ancor tanta che nonpunto cederà alla prima reflessione della Luna: di che si hachiara e facile esperienza dal veder che più agevolmenteleggeremo un libro con la seconda reflession del muroche con laprima della Luna. Aggiungo finalmenteche pochi saranno quelli a'qualiscorgendo di notte da lontano qualche fiamma sopra d'un montenon sia accaduto star in dubbiose fosse un fuoco o una stellaradente l'orizontenon ci apparendo il lume della stella superiore aquel d'una fiamma; dal che ben si può credere che se la Terrafosse tutta ardente e piena di fiammeveduta dalla parte tenebrosadella Lunasi mostrerebbe non men lucida d'una stella: ma ogni sassoed ogni zolla percossa dal Sole e assai più lucida che seardesse; il che si conoscerà facilmenteaccostando unacandela accesa appresso una pietra o un legno direttamente ferito dalraggio solareal cui paragone la fiamma resta invisibile: adunque laTerrapercossa dal Soleveduta dalla parte tenebrosa della Lunasimostrerà lucida come ogn'altra stella; e tanto maggior lumerefletterà nella Lunaquanto ella vi si dimostra di smisuratagrandezzacioè di superficie circa 12 volte maggiore diquello che la Luna apparisce a noi; oltre chetrovandosi la Terranel novilunio più vicina al Sole che la Luna nel plenilunioeperò sendo più gagliardamentecioè piùd'appressoilluminata quella che questapiù gagliardamentein consequenza refletterà il lume la Terra verso la Lunachela Luna verso la Terra.

Perqueste e per molte altre ragioni ed esperienzeche per brevitàtralasciodovrebbeper mio crederestimarsi la reflession dellaTerra bastante alla secondaria illuminazion della lunasenza bisognod'introdurvi alcuna perspicuitàe massime perspicuitàin in quel grado che da Apelle ci viene assegnatanella quale mi pardi scorgere alcune inesplicabili contradizioni. Egli scrivelatrasparenza del corpo lunare esser tantache ne gli eclissi delSolementre di lui una parte era ricoperta dalla Lunasi scorgevasensibilmente per la di lei profondità tralucer il disco delSolenotabilmente dintornato e distinto. Ora io notoche unasemplice nugolae non delle più denseinterponendosi tra ilSole e noitalmente ce l'ascondeche indarno cercheremo diappostare a molti gradi il luogo dove ei si ritrova nel Cielononche potessimo vedere il suo perimetro distinto e terminato; e moltofrequentemente si vedrà il Sole mezo coperto da una nugolasenza che appaia né anco accennato un minimo vestigio dellacirconferenza della parte celata; e pure siamo sicuri che lagrossezza di tal nugola non sarà molte decine o al piùcentinaia di braccia: ed oltre a ciòse tal voltaessendosul giogo di qualche montagnac'imbattiamo a passar per una talnugolanon la troviamo esser tanto densa e opacache almeno peralcune poche braccia non dia il transito alla nostra vista; il chenon farebbe per avventura altrettanta grossezza di vetro o dicristallo: onde per necessaria consequenza si raccogliese e veroquanto Apelle scriveche la trasparenza della Luna sia infinitamentemaggiore che quella d'una nugolapoi che molto meno impediscono ilpassaggio de' raggi solari duemila miglia di profondità dellasustanza lunareche poche braccia di grossezza d'una nugola; saràdunquela sustanza lunare assai più trasparente del vetro odel cristallo: la qual cosa poi per altri rispetti si convinced'impossibilità. Perchéprimieramente da un diafanonel quale tanto si profondassero i raggi solariniuna o pochissimareflessione si farebbe; dove cheall'incontrograndissima si fadalla Luna. Secondariamenteil termine che distinguesse la parteilluminata della Luna dalla parte non tocca da i raggi diretti delSole sarebbe nullo o indistintissimocome si può vedere inuna gran palla di vetro piena d'acquaben che torbidao d'altroliquore non interamente trasparente (ché se fosse acqualimpidatal termine non si vedrebbe punto). Terzoessendo tantotrasparente la sustanza lunareche in grossezza di duemila migliadesse il transito al lume del Solenon si può dubitare cheuna grossezza della medesima materia che non fosse più di unadelle dugento o trecento parti sarebbe in tutto trasparentissima; alche totalmente repugnano le montuosità lunarile quali tutteben che molte di loro si vegghino assai sottili e stretteoscuranod'ombre nerissime le parti circonvicine e bassecome in luoghiinnumerabili si scorgee massime nel confine tra l'illuminato el'oscurodove taglientissimamente e crudamentequanto piùimaginar si possai lumi conterminano con le ombreil qualeaccidente in verun modo non può aver luogo se non in materiesimili in asprezza ed opacità alle nostre più alpestrimontagne. Finalmentequando lo splendor del Sole penetrasse tutta lacorpulenza della Lunala chiarezza dell'emisfero non tocco da iraggi dovria mostrarsi sempre l'istessa né mai diminuirsipoiche sempre è nell'istesso modo illuminata la metà dellaLuna: o se pur diversità alcuna veder vi si dovesse dovrebbesinel novilunio veder la parte di mezzo più oscura del restoessendo quivi maggior la profondità della materia da esserpenetrata; e nelle quadrature maggior chiarezza dovria esser vicinoal confin della lucee minor nella parte più remota. Le qualicosee molte altre che per brevità trapassorendonoiscordissima tal ipotesi dall'apparenze; dove che l'assuntodell'opacità e dell'asprezza della Lunae la reflessione dellume del Sole nella Terraipotesi tutte e vere e sensateconmirabil facilità e pienezza satisfanno ad ogni particolarproblema. Ma di ciò più diffusamente tratto in altraoccasione.

Etornando a i particolari d'Apellesento nascermi qualche pocod'inclinazione a dubitar ch'eglitrasportato dal desiderio dimantenere il suo primo dettoné potendo puntualmenteaccomodar le macchie a gli accidenti per l'addietro creduticonvenirsi all'altre stelleaccomodi le stelle a gli accidenti cheveggiamo convenirsi alle macchie: il che assai manifesto par che siscorga in due altri gran particolari ch'egli introduce. L'uno de'quali èche probabilmente si possa direanco le altre stelleesser di varie figure ed apparir rotonde mediante il lume e ladistanzacome accade nella fiamma della candela (e ci si potriaaggiugnerein Venere cornicolata): e in vero tale asserzione non sipotrebbe convincer di manifesta falsitàse il telescopiocolmostrarci la figura di tutte le stellecosì fisse comeerrantidi assoluta rotonditànon decidesse tal dubbio.L'altro particolare èche non si potendo negare che lemacchie si produchino e si dissolvinoper non le sequestrar per taleaccidente dall'altre stellenon dubita d'affermare che anco le altrestelle si vadino disfacendo e redintegrando; ed in particolare reputaper tali quelle ch'io ho osservato muoversi intorno a Giovedellequali torna a replicare il medesimo che scrisse nelle prime lettereraffermandolo come fondatamente dettocioè cheal modostesso dell'ombre solarialtre repentinamente appariscono ed altresvanisconosì chepur come quellealtre sempre ad altresuccedonosenza mai ritornar le medesime: né piccioloargomento cava in confirmazion di ciò dalla difficoltàe forse impossibilitàcome egli stimadel cavare i loroperiodi ordinati dalle osservazionidelle quali egli afferma avernemolte ed esattee sue; proprie e di altri. Or qui desidererei beneche Apelle non continuasse di reputarmi per uomo così vano eleggieroche non solo i' avessi palesate ed offerte al mondo macchieed ombre per istellemaquello che più importaavessidedicato alla gloria di sì gran Principe qual è ilSerenissimo Gran Duca mio Signoreed all'eternità di casatanto regiacose momentanee instabili e transitorie. Replicogli pertantoche i quattro pianeti Medicei sono stelle vere e realipermanenti e perpetue come l'altrené si perdono o ascondonose non quanto si congiungono tra loro o con Gioveo si oscurano talvolta per poche ore nell'ombra di quellocome la Luna in quelladella Terra: hanno i lor moti regolatissimi ed i lor periodi certili quali se egli non ha potuto investigareforse non vi si èaffaticato quanto meche dopo molte vigilie pur li guadagnaie giàgli ho palesati con le stampe nel proemio del mio trattato Delle coseche stanno su l'acqua o che in quella si muovonocome V. S. aràpotuto vedere; ed acciò che Apelle possa tanto maggiormentedeporre ogni dubbioio mando a V. S. le costituzioni future per duemesicominciando dal dì primo di Marzo 1613con leannotazioni de i progressi e mutazioni che d'ora in ora son per farele quali egli potrà andar incontrandoe troveralle rispondereesattamentese già non mi sarà per inavvertenzaoccorso qualche errore nel calcolarle. Desidero appressoche connuova diligenza torni ad osservarne il numero che troverà nonesser più di 4: e quella quinta che e' nominafu senz'altrouna fissae le conietture dalle quali e' si lasciò sollevarea stimarla erranteebbero per lor fondamento varie fallacie;conciosia cosa che le sue osservazioniprimieramente sono erratebene spessocome io veggo da' suoi disegniperché lascianoqualche stella che in quelle ore fu cospicua: secondariamentegl'interstizi tra di loro e rispetto a Giove sono errati quasi tuttiper mancamentocom'io credodi modo e di strumento da poterglimisurare; terzovi sono grandi errori nella permutazione dellestellescambiandole il più delle volte l'una dall'altra econfondendo le superiori con l'inferiorisenza riconoscerle di serain sera; le quali cose gli sono state causa dell'inganno.

[...]Ma più: qual incostanza è questa d'Apelle a volerperprovare una sua fantasiasuppor in questo luogo che le stelle notatenelle sue osservazioni e conrassegnate con i medesimi caratteri siconservino le medesime; dicendo poi poco più a bassocrederfermamente che le si vadino continuamente producendo esuccessivamente dissolvendosenza ritornar mai l'istesse? E sequesto èqual cosa vuol eglie puòraccòrr daquesti suoi discorsi?

All'altraragione che Apelle adduce pur in confirmazione della vera esistenzadel suo quinto pianeta Giovialenon mi permettendo la fede el'autoritàch'ei tiene appresso di mech'io metta dubbionell'an sitnon posso dir altro se non che io non son capacecome possa accadere che una stellaveduta col telescopio di mole esplendore pari ad una della prima grandezzapossa in manco 10giorniequel che più mi confondesenza muoversi d'unquarto o di un ottavo di gradoanziper più ver diresenzapunto mutar luogopossadicodiminuirsi in manierache anco deltutto si perda. Non so che simil portento sia mai stato veduto incielofuori che le duenominateStelle Nuovedel 72 inCassiopeae del 604 nel Serpentario: e se questa fu una tal cosaotanto inferior di condizione quanto men lucida e più fugaceprovido fu il consiglio di Apelle nel procurargli durazion e lumedall'Illustrissima casa Velsera.

Nonson dunque le Giovialiné l'altre stellemacchie ed ombrené l'ombre e macchie solari sono stelle. Ben è veroch'io metto così poca difficoltà sopra i nomianzi purso ch'è in arbitrio di ciascuno l'imporglia modo suochetuttavolta che col nome altri non credesse di conferirgli lecondizioni intrinseche ed essenzialipoco caso farei del nominarlestelle: in quella guisa che stelle si dissero le sopranominate del 72e del 604; stelle nominano i meteorologici le crinitele cadenti ele discorrenti per ariaed essendo in fin permesso a gli amanti eda' poeti chiamare stelle gli occhi delle lor donne

Quandosi vidde il successor d'Astolfo

sopraapparir quelle ridenti stelle.

Consimile ragione potransi chiamare stelle anco le macchie solari; maessenzialmente averanno condizioni differenti non poco dalle primestelle: avvenga che le vere stelle ci si mostrano sempre di una solafiguraed è la regolarissima fra tutte; e le macchied'infiniteed irregolarissime tutte: quelleconsistenti némai mutatesi di grandezza o di forma; e questeinstabili sempre emutabili: quellel'istesse sempree di permanenza che supera lememorie di tutti i secoli decorsi; questegenerabili e dissolubilidall'uno all'altro giorno: quellenon mai visibilise non piene diluce; questeoscure sempree splendide non mai: quelleo in tuttoimmobilio mobili ogn'una per sédi moti propriiregolari etra di loro differentissimi; questemobili di un moto solocomune atutteregolare solamente in universalema da infinite particolaridisagguaglianze alterato: quellecostituite tutte in particolare indiverse lontananze dal Sole; e questetutte contigueoinsensibilmente remote dalla sua superficie: quellenon mai visibilise non quando sono assai separate dal Sole; questenon mai vedute senon congiuntegli: quelledi materia probabilissimamente densa edopacissima; questerare a guisa di nebbia o fumo. Ora io non so perqual ragione le macchie si devino ascrivere tra quelle cose con lequali non hanno pure una particolar convenienza che non ve l'abbinoancora cento altre che stelle non sonopiù presto che traquelle con le quali mostrano di convenire in ogni particolare. Io leagguagliai alle nostre nugole o a fumi; e certo chi volesse conalcuna delle nostre materie imitarlenon credo che facilmente sitrovasse più aggiustata imitazioneche 'l porre sopra unarovente piastra di ferro alcune piccole stille di qualche bitume didifficil combustioneil quale sul ferro imprimerebbe una macchianeradalla qualecome da sua radicesi eleverebbe un fumo oscuroche in figure stravaganti e mutabili si anderebbe spargendo. E sealcuno pur volesse opinabilmente stimareche alla restaurazionedell'immensa luce che da sì gran lampada continuamente sidiffonde per l'espansion del mondofacesse di mestiere checontinuamente fusse somministrato pabulo e nutrimentoben averebbenon una solama 100 e tutte l'esperienze concordemente favorevolinelle quali vediamo tutte le materiefatte prossime all'incendersi econvertirsi in luceridursi prima ad un color nero ed oscuro; cosìvediamo ne' legni nella paglianella cartanelle candeleed insomma in tutte le cose ardentiesser la fiamma impiantata e sorgentedalle contigue parti di tali materieprima convertite in color nero.E più direiche forse più accuratamente osservando lesopranominate piazzettelucide più del resto del discosolaresi potrebbe ritrovarequelle esser i luoghi medesimi dovepoco avanti si fossero dissolute alcune delle macchie piùgrandi. Io però non intendo di asserire alcuna di queste coseper certané di obbligarmi a sostenerlanon mi piacendo dimescolar le cose dubbie tra le certe e resolute.

Diqua dall'Alpi va attornocome intendo tra non piccol numero de ifilosofi peripatetici a i quali non grava il filosofare per desideriodel vero e delle sue cause (perché altri che indifferentementenegano tutte queste novità e sene burlanostimandoleillusioniè ormai ternpo che ci burliamo di loroe che essirestino invisibili ed inaudibili insieme)va attornodicoperdifender l'inalterabilità del cielo (la quale forse Aristotelemedesimo in questo secolo abbandonerebbe)una opinione conforme aquesta d'Apellee solamente diversache dove egli pone per ciascunamacchia una stella solaquesti fanno le macchie congerie di molteminutissimele quali con loro differenti movimenti aggregandosiorin maggior copiaora in minoree quindi separandosiformino emaggiori e minori macchiee di sregolate e diversissime figure. Iogià che ho passato il segno della brevità con V. S.sìche ella è per leggere in più volte la presenteletterami prenderò libertà di toccare qualcheparticolare sopra questo punto.

Nelquale il primo concetto che mi viene in mente èche i seguacidi questa opinione non abbino auto occasione di far molte e moltodiligenti e continuate osservazioni; perché mi persuado chealcune difficoltà gli averebbono resi non poco dubbii eperplessi nell'accomodare una tal posizione alle apparenze. Perchése bene è vero in genere che molti oggettiben che per la lorpiccolezza o lontananza invisibili ciascuno per sé solounitiinsieme possono formare un aggregato che divenga percettibile allanostra vistatuttavia non è da fermarsi su questa generalitàma bisogna che descendiamo a i particolari proprii delle stelle ed aquelli che si osservano nelle macchiee che diligentemente andiamoesaminandocon qual concordia questi e quelli possino mischiarsi econvenire insieme; e per non far come quel castellano chesendo conpiccol numero di soldati alla difesa d'una fortezzaper soccorrerquella parte che vede assalita vi accorre con tutte le forzelasciando intanto altri luoghi indifesi ed aperticonviene chementre ci sforziamo di difender l'immutabilità del cielononci scordiamo de i pericoli a i quali per avventura potriano restaresposte altre proposizionipur necessarie alla conservazione dellafilosofia peripatetica. E peròse questa deve restare nellasua integrità e saldezzaconviene cheper mantenimentod'altre sue proposizionidiciamo primieramentedelle stelle altreesser fissealtre erranti: chiamando fisse quelle chesendo tuttein un medesimo cieloal moto di quello si muovono tutterestandointanto immobili tra di loro; ma errantiquelle.che hanno ogn'unaper sé movimento proprio: affermando di piùche leconversioni non meno di queste che di quelle sono ciaschedunaequabile in sé medesimanon convenendo dare alle lor motriciintelligenze briga di affaticarsi or più or menoche sariacondizione troppo repugnante alla nobiltà ed allainalterabilità loro e delle sfere. Stanti queste proposizioninon si puòprimieramentedire che tali stelle solari sienfisse; perchéquando non si mutassero tra di loroimpossibilsarebbe vedere le mutazioni continue che pur si scorgono nellemacchiema sempre vedremo ritornar le medesime configurazioni.Restadunqueche le siano mobiliciascheduna per sédimovimenti diseguali fra di loroma ben ciascuno equabile in sémedesimo: ed in tal guisa potrà seguire l'accozzamento e laseparazione di alcune di loroma non però potranno mai formarle macchie; il che intenderemo considerando alcuni particolari chenelle macchie si scorgono. Uno de' quali èche vedendosenealcune molto grandi prodursi e dissolversiè forza che lesiano composte non di due o di quattro stelle solamentema di 50 e100perché altre macchiette pur si veggonominori dellacinquantesima parte d'una delle grandi; sedunqueuna di queste sidissolvesì che totalmente svanisce da gli occhi nostriènecessario che la si divida in più di 50 stelletteciascheduna delle quali ha il suo proprio e particolar motoequabilee differente da quello d'ogn'altraperché due che avessero ilmoto comune non si congiugnerebbono o non si separerebbono giàmai in faccia del Sole: ma se queste cose son verechi non vedeessere assolutamente impossibile la formazione delle macchie? emassime durando esse non solamente molte orema molti giorni; sìcome è impossibile che cinquanta barchemovendosi tutte convelocità differentisi unischino già maie per lungospazio vadino di conserva. Quando le stellette fussero disuniteeperò invisibilinon potriano essere se non per lunghi ordinidispostel'una dopo l'altrasecondo la lunghezza de' lor paralleline i quali (sì come nelle visibili macchie si scorge) tutteverso la medesima parte si vanno movendo; onde tantum abestche 40 o 50 o100 di loro potessero tanto frequentemente aggregarsi ecosì unite per lungo spazio conservarsiche per l'oppositorarissime volte accader potrebbe chetra momenti disegualicadessesì numeroso concorso di stelle in un sol luogo: maassolutamente poi sarebbe impossibile che e' non si dissolvesse inbrevissimo tempo; e purall'incontrosi veggono molte macchieconservarsi talora per molti giornicon poca alterazion di figura.Chidunquevorrà sostenerle macchie esser congerie diminute stellebisogna che introduca nel cielo ed in esse stelle emovimenti innumerabilitumultuariidifformi e lontani da ogniregolarità; il che non ben consuona con alcuna probabilfilosofia.

Saràdi piùnecessario porle più numerose di tutte l'altrevisibili stelle: perchése noi riguarderemo la moltitudine egrandezza di tutte le macchie che tal volta si son vedute sottol'emisferio del Solee quelle andremo risolvendo in particelle cosìpiccole che divenghino incospicuetroveremo bisognar chenecessariamente le siano molte centinaia; ed essendodi piùcredibile che altre ne siano non solamente sopra l'altro emisferioma dalle bande ancora del Solenon si potrà ragionevolmentesfuggire di dover porle oltre al migliaio. Or qual simmetria si andràconservando tra le lontananze delle stelle erranti ed i tempi dellelor conversionise discendendo dall'immenso cerchio di Saturno sinall'angustissirno di Mercurio non s'incontrano più di 10 o 12stelle né più di 6 conversioni di periodi differentiintorno al Soledovendone poi collocar centinaia e migliaia dentro acosì piccolo orbe? ché pur saria necessarioracchiuderle dentro alle digressioni di Mercuriopoi che giàmai non si rendono visibili in aspetto lucido e separate dal Sole. Mache dico io di racchiuderle dentro all'orbe di Mercurio? diciamopureche essendosi necessariamente dimostratole macchie essertutte contigue o insensibilmente remote dalla superficie del Solebisognaa chi le vuol far creder congerie di minute stelletrovarprima modo di persuadere che sopra la solar superficie molte e moltecentinaia di globi oscuri e densi vadino serpendo con differentivelocitadie spesso urtandosi e tra di loro facendosi ostacoloondele scorse de' più veloci restino per alcuni giorni impedite dai più pigri; sì che dal concorso di gran moltitudine siformino in molti luoghi varii drappellidi ampiezza a noi visibilesin tanto che la calca della sopravvegnente moltitudinesforzandofinalmente i precedentisi faccia strada e si disperda il gregge.

Agrandi angustie bisogna ridursi: e poiper sostener che? e con qualeefficacia dimostrato? Per mantenere la materia celeste aliena dallecondizioni elementariinsino da ogni picciola alterazioncella. Sequella che vien chiamata corruzzione fosse annichilazioneaverebbonoi Peripatetici qualche ragione a essergli così nemici; ma senon è altro che una mutazionenon merita cotanto odio; néparmi che ragionevolmente alcuno si querelasse della corruziondell'uovomentre di quello si genera il pulcino. In oltreessendoquesta che vien detta generazione e corruzionesolo una piccolamutazioncella in poca parte de gli elementi e quale né ancodalla Lunaorbe prossimosi scorgerebbeperché negarla nelcielo. Pensano forseargomentando dalla parte al tuttoche la Terrasia per dissolversi e corrompersi tuttain guisa che sia per venirtempo nel quale il mondoavendo Sole Luna e l'altre stelle sia pertrovarsi senza Terra? Non credo già che abbino tal sospetto. Ese le sue piccole mutazioni non minacciano alla Terra la sua totaldestruzionené gli sono d'imperfezioneanzi di sommoornamentoperché privarne gli altri corpi mondanie temertanto la dissoluzione del cielo per alterazioni non più diqueste nemiche della natural conservazione? Io dubito che 'l volernoi misurar il tutto con la scarsa misura nostra ci faccia incorrerein strane fantasiee che l'odio nostro particolare contro alla morteci renda odiosa la fragilità: tuttavia non so dall'altra bandaquantoper divenir manco mutabilici fosse caro l'incontro d'unatesta di Medusache ci convertisse in un marmo o in un diamantespogliandoci de' sensi e di altri motili quali senza le corporalialterazioni in noi sussister non potrebbono. Io non voglio passar piùinnanzi né entrar a esaminare la forza delle peripateticheragionial che mi riserbo in altro tempo: questo solo soggiugneròparermi azione non interamente da vero filosofo il voler persisteresiami lecito dir quasi ostinatamente in sostener conclusioniperipatetiche scoperte manifestamente falsepersuadendosi forse cheAristotelequando nell'età nostra Si ritrovassefosse perfar il medesimo; quasi che maggior segno di perfetto giudizio e piùnobil effetto di profonda dottrina sia il difendere il falsoche 'lrestar persuaso dal vero. E parmi che simili ingegni dieno occasionealtrui di dubitareche loro per avventura apprezzin mancol'esattamente penetrar la forza delle peripatetiche e delle contrarieragioniche 'l conservar l'imperio all'autorità d'Aristotelecome ch'ella sia bastante con tanto lor minor travaglio e fatica aschivargli tutte l'opposizioni pericolosequanto è mendifficile il trovar testi e 'l confrontar luoghi che l'investigarconclusioni vere e 'l formar di loro nuove e concludentidimostrazioni. E parmioltre a ciòche troppo vogliamoabbassar la condizion nostrae non senza qualche offesa della naturae direi quasi della divina Benignità (la quale per aiutoall'intender la sua gran costruzione ci ha conceduti 2000 anni piùd'osservazioni e vista 20 volte più acutache ad Aristotele)col voler più presto imparar da lui quello ch'egli néseppe né potette sapereche da gli occhi nostri e dal nostroproprio discorso. Ma per non m'allontanar più dal mioprincipal intentodico bastarmi per ora l'aver dimostrato che lemacchie non sono stelle né materie consistenti nélocate lontane dal Solema che si producono e dissolvono intorno adessocon maniera non dissimile a quella delle nugole o altrefumosità intorno alla Terra.

Questoè quanto per ora m'è parso di dire a V. S.Illustrissima in proposito di questa materiala quale io credeva chedovesse essere il sigillo di tutti i nuovi scoprimenti che ho fattinel cieloe che per l'avvenire mi fosse per restar ozio libero dipoter tornare senza interrompimenti ad altri miei studiigiàche mi era anco felicemente succeduto l'investigaredopo moltevigilie e fatichei tempi periodici di tutti quattro i pianetiMediceie fabbricarne le tavole e ciò che appartiene a'calcoli ed altri loro particolari accidenti; le quali cose in brevemanderò in lucecon tutto il resto delle considerazioni fatteintorno all'altre celesti novità: ma è restato fallaceil mio pensiero per l'inaspettata meraviglia con la quale Saturno èvenuto ultimamente a perturbarmi; di che voglio dar conto a V. S.

Giàle scrissi come circa a 3 anni fa scopersicon mia grandeammirazioneSaturno esser tricorporeocioè un aggregato ditre stelle disposte in linea retta parallela all'equinozialedellequali la media era assai maggiore delle laterali. Queste furonocredute da me esser immobili tra di loro: né fu la miacredenza irragionevole; poi cheavendole nella prima osservazionevedute tanto propinque che quasi mostravano di toccarsie taliessendosi conservate per più di due annisenza apparire inloro mutazione alcunaben dovevo io credere che le fossero tra di sétotalmente immobiliperché un solo minuto secondo (movimentoincomparabilmente più lento di tutti gli altrianco dellemassime sfere) Si sarebbe in tanto tempo fatto sensibileo colseparare o coll'unire totalmente le tre stelle. Triforme ho vedutoancora Saturno quest'anno circa il solstizio estivo; ed avendo poiintermesso di osservarlo per più di due mesicome quello chenon mettevo dubbio sopra la sua costanzafinalmentetornato arimirarlo i giorni passatil'ho ritrovato solitario senzal'assistenza delle consuete stelleed in somma perfettamente rotondoe terminato come Giovee tale si va tuttavia mantenendo. Ora che siha da dir in così strana metamorfosi? forse si sono consumatele due minor stelleal modo delle macchie solari? forse sono sparitee repentinamente fuggite? forse Saturno si ha divorato i propriifigli? o pure è stata illusione e fraude l'apparenza con laquale i cristalli hanno per tanto tempo ingannato me con tanti altriche meco molte volte gli osservarono? è forse ora venuto iltempo di rinverdir la speranzagià prossima al seccarsiinquelli cheretti da più profonde contemplazionihannopenetrato tutte le nuove osservazioni esser fallaciené poterin veruna maniera sussistere? Io non ho che dire cosa resoluta incaso così strano inopinato e nuovo la brevità deltempol'accidente senza esempiola debolezza dell'ingegno e 'ltimore dell'erraremi rendono grandemente confuso. Ma siami per unavolta permesso di usare un poco di temeritàla quale mi dovràtanto più benignamente esser da V. S. perdonataquanto io laconfesso per talee mi protesto che non intendo di registrar quelloche son per predire tra le proposizioni dependenti da principii certie conclusioni sicurema solo da alcune mie verisimili conietturelequali allora farò palesiquando mi bisogneranno o permostrare la scusabile probabilità dell'opinione alla quale perora inclinoo per stabilire la certezza dell'assunta conclusionequal volta il mio pensiero incontri la verità. Le proposizionison queste: Le due minori stelle Saturniele quali di presentestanno celateforse si scopriranno un poco per due mesi intorno alsolstizio estivo dell'anno prossimo futuro 1613e pois'asconderannorestando celate sin verso il brumal solstiziodell'anno 1614; circa il qual tempo potrebbe accadere che di nuovoper qualche mese facessero di sé alcuna mostratornando poidi nuovo ad ascondersi sin presso all'altra seguente bruma; al qualtempo credo bene con maggior risolutezza che torneranno a comparirené più si asconderannose non che nel seguentesolstizio estivo che sarà dell'anno 1615accennerannoalquanto di volersi occultare ma non però credo che siasconderanno interamentema bentornando poco dopo a palesarsilevedremo distintissime e più che mai lucide e grandi; e quasirisolutamente ardirei di dire che le vedremo per molti anni senzainterrompimento veruno. Sì comedunquedel ritorno io non nedubitocosì vo con riserbo ne gli altri particolariaccidentifondati per ora solamente su probabil coniettura: maosuccedino così per appunto o in altro mododico bene a V. S.che questa stella ancorae forse non men che l'apparenza di Venerecornicolatacon ammirabil maniera concorre all'accordamento del gransistema Copernicanoal cui palesamento universale veggonsi propiziiventi indirizzarci con tanto lucide scorteche ormai poco ci restada temere tenebre o traversie.

Finiscodi occupar più V. S. Illustrissimama non senza pregarla adofferir di nuovo l'amicizia e la servitù mia ad Apelle: e selei determinasse di fargli vedere questa letterala prego a non lamandar senza l'accompagnatura di mie scusese forse gli paressech'io troppo dissentissi dalle sue opinioni; perchénondesiderando altro che 'l venire in cognizion del veroho liberamentespiegata l'opinion miala quale son anco disposto a mutare qualunquevolta mi sieno scoperti gli errori mieie terrò obbligoparticolare a chiunque mi farà grazia di palesargli ecastigargli.

Bacioa V. S. Illustrissima le manie caramente la saluto d'ordinedell'Illustrissimo Sig. Filippo Salviatinella cui amenissima villami ritrovo a continuar in sua compagnia l'osservazioni celesti.Nostro Signore Dio gli conceda il compimento d'ogni suo desiderio.

DallaVilla delle Selveil I° di Dicembre 1612.

DiV. S. Illustrissima

DevotissimoServitore

GalileoGalilei Linceo



IX- A MAFFEO BARBERINI IN BOLOGNA

 

Ill.moe Rev.mo Sig.re e P.ron Colen.mo

Trai molti favori riceuti da V. S. Ill.ma e R.mami resta fisso nellamemoria quello che ella mi fece alla tavola del Ser.mo Gran Duca mioSig.re nel passar ella ultimamente di quaquandodisputandosi dicerta quistion filosoficalei sostenne la parte mia controall'Ill.mo e R.mo Sig.re Cardinal Gonzaga e altri di opinionecontraria alla mia; e perché mi è convenutopercomandamento di S.A.mettere più distintamente in carta lemie ragionie appresso publicarle con la stampache pur ora si ècompitami è parso di doverne mandare una copia a V. S. R.mae appresso supplicarla che con sua comodità resti servita divedere o sentire quanto io propongo in questo trattatodove credoche ella non meno scorgerà che prese il patrocinio tanto di unsuo servitore quanto della verità stessa.

Credoche averà inteso il romoreche va a torno in proposito dellemacchie oscure che continuamente si scorgono e osservano conl'occhiale nel corpo del sole; e perché di costì miviene scritto che uomini di molta stima di cotesta città se neburlano come di paradosso e assurdo gravissimomi è parso ditoccare brevemente a V. S. Ill.ma quanto passa circa a questo negozio

Sonocirca a diciotto mesiche riguardando con l'occhiale nel corpo delsolequando era vicino al suo tramontarescorsi in esso alcunemacchie assai oscure; e ritornando più volte alla medesimaosservazionemi accorsi come quelle andavano mutando sitoe che nonsempre si vedevano le medesimeo nel medesimo ordine dispostee chetal volta ve n'eron moltealtra volta pochee tal ora nessune. Feciad alcuni mia amici vedere tale stravaganzae pur l'anno passato inRoma le mostrai a molti prelati e altri uomini di lettere; di lìfu sparso il grido per diverse parti d'Europae da quattro mesi haqua mi sono state mandate da varii luoghi varie osservazionidisegnatee in particolare tre lettere circa a questo argomentoscritte al Sig.r Marco Velsero d'Augustae date alle stampe con unnome finto di Apelles latens post tabulam; le quali lettere mifuron mandate da l'istesso Velseroil quale mi ricercò delmio parere intorno alle dette letteree più circa a quelloche io stimavo di poter sapere dell'essenza di esse macchie. Io gliscrissi una lettera di sei fogli in tal propositoconfutandol'opinione del finto Apelle e di quelli che sin qui ne avevanoparlato; e finalmentedopo molti e varii pensieri che mi sonopassati per la fantasiami risolvo a concludere e indubitatamentetenereche le dette macchie siano contigue alla superficie del corposolaree che quivi se ne generino e se ne dissolvino continuamenteessendo altre di più lunga e altre di più breve durata:sonvene delle più dense e oscuree delle meno; per lo piùsi vanno di giorno in giorno mutando di figurala quale è ilpiù delle volte irregolarissima; frequentemente alcuna di lorosi divide in duetre o piùe altreprima divisesiuniscono in una; e finalmentein virtù di un loro universalee comune movimentoson venuto in certezza indubitabile che il solesi rivolge in sé stesso da occidente verso orientecioèsecondo tutte le altre revoluzioni de' pianeti terminando un'interaconversione in un mese lunare in circa. E per quanto ho osservatolamoltitudine massima di tali macchie si genera tra due cerchi delglobo solare che rispondono ai tropicie fuori di tali cerchi non hoquasi mai osservata alcuna di tali macchie; le qualiquanto allagenerazione e dissoluzionerarefazionecondensazionedistrazione emutamenti di figura e ogn'altro accidentese io dovesse agguagliaread alcuna delle materie nostre familiari non se ne troverebbe altrache più l'imitasse che le nostre nugole.

Tuttoquesto che dico a V. S. Ill.ma e R.ma è talmente veroe pertanti e tanto necessari riscontri da me confermatoche non mi peritopunto a darlo omai fuori per sicuro; e il burlarsene molticomeintendonon mi spaventa puntoperché siamo in materie chesempre potranno da infiniti e in tutte le parti del mondo esserosservatee di mano in mano da quelli di miglior senso riconosciuteper vere: onde io animosamente ardisco di esser il primo a dar fuoraconclusioni che hanno sembianza di sì strani paradossi. Solomi dispiace che quelli che se ne burlanogiuocanocome si suoldireal sicurocerti di non perdere e con rischio di guadagnarassai; perchése quanto io affermo e loro negano si trovasseesser falsoloro senza fatica nessuna avrebbono il vanto di avermeglio intesoche altri doppo molte e laboriose osservazioni; equando si venga in certezza che quanto io dico sia veroessi restanoscusati dal non avere prestato l'assenso a cose tanto inopinate. SeV. S. Ill.ma averà vedute le tre lettere del finto Apelleiogli potrò mandare copia della lettera che scrivo al Sig.Velsero in tal materia intanto gli mando alcuni disegni delle macchiesolarifatti con somma giustezza tanto circa al numero quanto circaalla grandezzafigura e situazione di esse di giorno in giorno neldisco solare. Se occorrerà a V. S. Ill.ma trattare di questamia resoluzione con i litterati di cotesta cittàaveròper grazia il sentire alcuna cosa de i loro pareri e in particolarede i filosofi Peripateticipoi che questa novità pare ilgiudizio finale della loro filosofiapoi che iam fuerunt signa inlunastellis et soleinsieme con la mutabilitàcorruzione e generazione anco della più eccellente sustanzadel cielotal dottrina accenna corruzione e mutazionema non senzasperanza di rigenerarsi in melius.

Hotediato a bastanza V. S. Ill.ma e R.ma: scusimi per la sua infinitabenignitàe per la medesima mi conservi il luogo che si èdegnata donarmi nella grazia sua. E umilmente me l'inchino.

DiFirenzeli 2 di Giugno 1612.

DiV. S. Ill.ma e R.ma

Devot.moe Oblig.mo Ser.re

GalileoGalilei.







X- A PAOLO GUALDO IN PADOVA



MoltoIll.re e molto R.do Sig.re Osser.mo

Hointeso per la gratissima sua quanto passa sin ora in proposito dellalettera mia circa le macchie solari; di che mi prendo gustoe inparticolare di quelli cheper non avere a crederenon voglionovedere; e il gusto procede perché io sto sempre sul guadagnaree mai sul perdereperché continuamente si vien convertendoqualche increduloe de i già persuasi mai non se ne ribellaveruno; perché tutto 'l giorno si vanno scoprendo nuovirincontri in confirmazion della verità; la quale chi l'hadalla banda suasta benee può ridere nel vedergl'avversarii sbattersi e affaticarsi in vano. Ho anco un'altraconsolazione: che queste macchie solari e gl'altri miei scoprimentinon son cose che col tempo passino via e non tornino così perfrettacome le stelle nuove del 72 e 604 o come le cometeche purfinalmente si perdono e danno agiocon la lor mancanzadi riposarsia coloro chementre esse furon presentistettero in qualcheangustia; ma queste gli terranno sempre al tormentoperchésempre si vedranno: ed è ben ragione che la natura mandi unavolta a vendicarsi contro l'ingratitudine di coloro che tanto tempol'hanno bistrattatae che per certa loro sciocca ostinazione vogliontener serrati gl'occhi contro a quel lume ch'ellaper loroinsegnamento gli tien sempre davanti. Ecco che ella finalmente concaratteri indelebili ci mostra chi ell'è e quanto ella sianemica dell'ozioma che sempre e in ogni luogo gli piace di operaregenerareprodurre e dissolveree queste sono le sue sommeeccellenze. Ma non voglio ora entrare in materie da non esser capitein una lettera.

Horicevuto dal S. Velsero aviso come la mia gl'è pervenutaeche gl'è stata grata; ma che Apelle per ora non potràvederlaper non intender la lingua. Io l'ho scritta vulgareperchého bisogno che ogni persona la possi leggeree per questo medesimorispetto ho scritto nel medesimo idioma questo ultimo miotrattatello: e la ragione che mi muoveè il vederechemandandosi per gli Studii indifferentemente i gioveni per farsimedicifilosofi etc.sì come molti si applicano a taliprofessioni essendovi inettissimicosì altriche sarianoattirestano occupati o nelle cure familiari o in altre occupazionialiene dalla letteratura. [...] Con tutto ciò vorrei che ancol'Apelle e gl'altri oltramontani potessero vederla; e quiper esserio occupatissimoaverei bisogno del favore di V. S. e del S.Sandeliil quale mi facesse grazia di trasferirla quanto prima inlatino e mandarmela poi subitoperché in Roma è chi siè preso cura di farla stampare insieme con alcune altre mie.Io intanto anderò finendo la seconda per farne l'istessoeparimente l'invierò a V. S.; e caso che il S. Sandeli vogliafavorirmiperché so che alcuni termini proprii e alcune frasidell'arte potriano dargli qualche fastidionon occorre che guardi aciòperchè io in questa parte la ridurrò a iproprii nostri termini. Se io potrò aver tal graziaV. S. men'avvisi subitoe ne procuri quanto prima l'espedizione; e intantosi comincerà a far stampar la italiana in Romae il tuttoresti inter nos. Che sarà per fine di questaconbaciar a V. S. e a tutti gl'amici con ogni affetto le manipregandogli da Dio ogni contento .

DiFirenzeli 16 di Giugno 1612.

DiV. S. molto I. e molto R.da

Se.reOblig.mo

GalileoGalilei

 





XI- A DON BENEDETTO CASTELLI IN PISA



Moltoreverendo Padre e Signor mio Osservandissimo

Ierimi fu a trovare il signor Niccolò Arrighettiil quale midette ragguaglio della Paternità Vostra: ond'io presi dilettoinfinito nel sentir quello di che io non dubitavo puntociò èdella satisfazion grande che ella dava a tutto cotesto Studiotantoa i sopraintendenti di esso quanto a gli stessi lettori e a gliscolari di tutte le nazioni: il qual applauso non aveva contro di leiaccresciuto il numero de gli emolicome suole avvenir tra quelli chesono simili d'esercizioma più presto l'aveva ristretto apochissimi; e questi pochi dovranno essi ancora quietarsise nonvorranno che tale emulazioneche suole anco tal volta meritar titolodi virtùdegeneri e cangi nome in affetto biasimevole edannoso finalmente più a quelli che se ne vestono che a nissunaltro. Ma il sigillo di tutto il mio gusto fu il sentirgli raccontari ragionamenti ch'ella ebbe occasionemercé della sommabenignità di coteste Altezze Serenissimedi promuovere allatavola loro e di continuar poi in camera di Madama Serenissimapresenti pure il Gran Duca e la Serenissima Arciduchessaegl'Illustrissimi ed Eccellentissimi Signori D. Antonio e D. PaoloGiordano ed alcuni di cotesti molto eccellenti flosofi. E che maggiorfavore può ella desiderareche il veder Loro Altezze medesimeprender satisizione di discorrer secodi promuovergli dubbiidiascoltarne le soluzionie finalmente di restar appagate dellerisposte della Paternità Vostra?

Iparticolari che ella dissereferitimi dal signor Arrighettimihanno dato occasione di tornar a considerare alcune cose in generalecirca 'l portar la Scrittura Sacra in dispute di conclusioni naturalied alcun'altre in particolare sopra 'l luogo di Giosuèpropostoliin contradizione della mobilità della Terra estabilità del Soledalla Gran Duchessa Madrecon qualchereplica della Serenissima Arciduchessa.

Quantoalla prima domanda generica di Madama Serenissimaparmi cheprudentissimamente fusse proposto da quella e conceduto e stabilitodalla Paternità Vostranon poter mai la Scrittura Sacramentire o errarema essere i suoi decreti d'assoluta ed inviolabileverità. Solo avrei aggiuntochese bene la Scrittura non puòerrarepotrebbe nondimeno talvolta errare alcuno de' suoi interpretied espositoriin varii modi: tra i quali uno sarebbe gravissimo efrequentissimoquando volessero fermarsi sempre nel puro significatodelle paroleperché così vi apparirebbono non solodiverse contradizionima gravi eresie e bestemmie ancora; poi chesarebbe necessario dare a Iddio e piedi e mani e occhie non menoaffetti corporali e umanicome d'iradi pentimentod'odioe ancotalvolta l'obblivione delle cose passate e l'ignoranza delle future.Ondesì come nella Scrittura si trovano molte proposizioni lequaliquanto al nudo senso delle parolehanno aspetto diverso dalveroma son poste in cotal guisa per accomodarsi alI'incapacitàdel vulgocosì per quei pochi che meritano d'esser separatidalla plebe è necessario che i saggi espositori produchino iveri sensie n'additino le ragioni particolari per che siano sottocotali parole stati profferiti.

Stantedunqueche la Scrittura in molti luoghi è non solamentecapacema necessariamente bisognosa d'esposizioni diversedall'apparente significato delle parolemi par che nelle disputenaturali ella doverebbe esser riserbata nell'ultimo luogo: perchéprocedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la naturaquella come dettatura dello Spirito Santoe questa comeosservantissima esecutrice de gli ordini di Dio; ed essendodi piùconvenuto nelle Scrittureper accomodarsi all'intendimentodell'universaledir molte cose diversein aspetto e quanto alsignificato delle paroledal vero assoluto; maall'incontroessendo la natura inesorabile e immutabile e nulla curante che le suerecondite ragioni e modi d'operare sieno o non sieno esposti allacapacità de gli uominiper lo che ella non trasgredisce mai itermini delle leggi imposteli; pare che quello de gli effettinaturali che o la sensata esperienza ci pone innanzi a gli occhi o lenecessarie dimostrazioni ci concludononon debba in conto alcunoesser revocato in dubbio per luoghi della Scrittura ch'avesser nelleparole diverso sembiantepoi che non ogni detto della Scrittura èlegato a obblighi così severi com'ogni effetto di natura.Anzise per questo solo rispettod'accomodarsi alla capacitàde' popoli rozzi e indisciplinatinon s'è astenuta laScrittura d'adombrare de' suoi principalissimi dogmiattribuendosino all'istesso Dio condizioni lontanissime e contrarie alla suaessenzachi vorrà asseverantemente sostenere che ellapostoda banda cotal rispettonel parlare anco incidentemente di Terra odi Sole o d'altra creaturaabbia eletto di contenersi con tuttorigore dentro a i limitati e ristretti significati delle parole? Emassime pronunziando di esse creature cose lontanissime dal primarioinstituto di esse Sacre Lettereanzi cose talichedette e portatecon verità nuda e scopertaavrebbon più prestodanneggiata l'intenzion primariarendendo il vulgo piùcontumace alle persuasioni de gli articoli concernenti alla salute

Stantequestoed essendo di più manifesto che due verità nonposson mai contrariarsiè ofizio de' saggi espositoriaffaticarsi per trovare i veri sensi de' luoghi sacriconcordanticon quelle conclusioni naturali delle quali prima il senso manifestoo le dimostrazioni necessarie ci avesser resi certi e sicuri. Anziessendocome ho dettoche le Scrittureben che dettate dalloSpirito Santoper l'addotte cagioni ammetton in molti luoghiesposizioni lontane dal suono litteraleedi piùnonpotendo noi con certezza asserire che tutti gl'interpreti parlinoinspirati divinamentecrederei che fusse prudentemente fatto se nonsi permettesse ad alcuno l'impegnar i luoghi della Scrittura eobbligargli in certo modo a dover sostenere per vere alcuneconclusioni naturalidelle quali una volta il senso e le ragionidimostrative e necessarie ci potessero manifestare il contrario. Echi vuol por termine a gli umani ingegni? chi vorrà asseriregià essersi saputo tutto quello che è al mondo discibile ? E per questooltre a gli articoli concernenti alla saluteed allo stabilimento della Fedecontro la fermezza de' quali non èpericolo alcuno che possa insurger mai dottrina valida ed efficacesarebbe forse ottimo consiglio il non ne aggiunger altri senzanecessità: e se così èquanto maggior disordinesarebbe l'aggiugnerli a richiesta di personele qualioltre che noiignoriamo se parlino inspirate da celeste virtùchiaramentevediamo ch'elleno son del tutto ignude di quella intelligenza chesarebbe necessaria non dirò a redarguirema a capireledimostrazioni con le quali le acutissime scienze procedono nelconfermare alcune lor conclusioni ?

Iocrederei che l'autorità delle Sacre Lettere avesse avutosolamente la mira a persuader a gli uomini quegli articoli eproposizionichesendo necessarie per la salute loro e superandoogni umano discorsonon potevano per altra scienza né peraltro mezzo farcisi credibiliche per la bocca dell'istesso SpiritoSanto. Ma che quel medesimo Dio che ci ha dotati di sensididiscorso e d'intellettoabbia volutoposponendo l'uso di questidarci con altro mezzo le notizie che per quelli possiamo conseguirenon penso che sia necessario il crederloe massime in quelle scienzedelle quali una minima particella e in conclusioni divise se ne leggenella Scrittura; qual appunto è l'astronomiadi cui ve n'ècosì piccola parteche non vi si trovano né purnominati i pianetiPerò se i primi scrittori sacri avesseroauto pensiero di persuader al popolo le disposizioni e movimenti de'corpi celestinon ne avrebbon trattato così pocoche ècome niente in comparazione dell'infinite conclusioni altissime eammirande che in tale scienza si contengono.

Vedadunque la Paternità Vostra quantos'io non errodisordinatamente procedino quelli che nelle dispute naturalie chedirettamente non sono de Fide nella prima frontecostituiscono luoghi della Scritturae bene spesso malamente da lorointesi. Ma se questi tali veramente credono d'avere il vero senso diquel luogo particolar della Scritturaed in consequenza si tengonsicuri d'avere in mano l'assoluta verità della quistione cheintendono di disputaredichinmi appresso ingenuamentese lorostimanogran vantaggio aver colui che in una disputa naturales'incontra a sostener il verovantaggiodicosopra l'altro a chitocca sostener il falso? So che mi risponderanno di sìe chequello che sostiene la parte verapotrà aver mille esperienzee mille dimostrazioni necessari; per la parte suae che l'altro nonpuò aver se non sofismi paralogismi e fallacie. Ma se lorocontenendosi dentro a' termini naturali né producendoaltr'arme che le filosofichesanno d'essere tanto superioriall'avversarioperchénel venir poi al congressopor subitomano a un'arme inevitabile e tremendache con la sola vistaatterrisce ogni più destro ed esperto campione? Mas'io devodir il verocredo che essi sieno i primi atterritie chesentendosi inabili a potere star forti contro gli assaltidell'avversariotentino di trovar modo di non se lo lasciaraccostare. Ma perchécome ho detto pur oraquello che ha laparte vera dalla suaha gran vantaggioanzi grandissimosopral'avversarioe perché è impossibile che due veritàsi contrariinoperò non doviamo temer d'assalti che civenghino fatti da chi si vogliapur che a noi ancora sia dato campodi parlare e d'essere ascoltati da persone intendenti e nonsoverchiamente alterate da proprie passioni e interessi.

Inconfermazione di chevengo ora a considerare il luogo particolare diGiosuèper il qual ella apportò a loro AltezzeSerenissime tre dichiarazioni; e piglio la terzache ella produssecome miasì come veramente èma v'aggiungo alcunaconsiderazione di piùqual non credo d'avergli detto altravolta.

Postodunque e conceduto per ora all'avversarioche le parole del testosacro s'abbino a prender nel senso appunto ch'elle suonanociòè che Iddio a' preghi di Giosuè facesse fermare il Solee prolungasse il giornoond'esso ne conseguì la vittoria; marichiedendo io ancorache la medesima determinazione vaglia per mesì che l'avversario non presumesse di legar me e lasciar sélibero quanto al poter alterare o mutare i significati delle parole;io dico che questo luogo ci mostra manifestamente la falsità eimpossibilità del mondano sistema Aristotelico e Tolemaicoeall'incontro benissimo s'accomoda co 'l Copernicano.

Eprimaio dimando all'avversarios'egli sa di quali movimenti simuova il Sole? Se egli lo saè forza che e' rispondaquellomuoversi di due movimenticioè del movimento annuo da ponenteverso levantee del diurno all'opposito da levante a ponente.

Ond'iosecondariamentegli domando se questi due movimenticosìdiversi e quasi contrarii tra di lorocompetono al Sole e sono suoiproprii egualmente ? È forza risponder di noma che un solo èsuo proprio e particolareciò è l'annuoe l'altro nonè altramente suoma del cielo altissimodico del primomobileil quale rapisce seco il Sole e gli altri pianeti e la sferastellata ancoraconstringendoli a dar una conversione 'ntorno allaTerra in 24 orecon motocome ho dettoquasi contrario al loronaturale e proprio.

Vengoalla terza interrogazionee gli domando con quale di questi duemovimenti il Sole produca il giorno e la nottecioè se colsuo proprio o pure con quel del primo mobile ? È forzarispondereil giorno e la notte esser effetti del moto del primomobili e dal moto proprio del Sole depender non il giorno e la nottema le stagioni diverse e l'anno stesso.

Orase il giorno depende non dal moto del Sole ma da quel del primomobilechi non vede che per allungare il giorno bisogna fermare ilprimo mobilee non il Sole? Anzipur chi sarà ch'intendaquesti primi elementi d'astronomia e non conosca chese Dio avessefermato 'l moto del Solein cambio d'allungar il giorno l'avrebbescorciato e fatto più breve? perchéessendo 'l motodel Sole al contrario della conversione diurnaquanto più 'lSole si movesse verso orientetanto più si verrebbe aritardar il suo corso all'occidente; e diminuendosi o annullandosi ilmoto del Solein tanto più breve tempo giugnerebbeall'occaso: il qual accidente sensatamente si vede nella Lunalaquale fa le sue conversioni diurne tanto più tarde di quelledel Solequanto il suo movimento proprio è più velocedi quel del Sole. Essendodunqueassolutamente impossibile nellacostituzion di Tolomeo e d'Aristotile fermare il moto del Sole eallungare il giornosì come afferma la Scrittura esseraccadutoadunque o bisogna che i movimenti non sieno ordinati comevuol Tolomeoo bisogna alterar il senso delle parolee dire chequando la Scrittura dice che Iddio fermò il Solevoleva direche fermò 'l primo mobilema cheper accomodarsi allacapacità di quei che sono a fatica idonei a intender ilnascere e 'l tramontar del Soleella dicesse al contrario di quelche avrebbe detto parlando a uomini sensati

Aggiugnesia questoche non è credibile ch'Iddio fermasse il Solesolamentelasciando scorrer l'altre sfere; perché senzanecessità nessuna avrebbe alterato e permutato tutto l'ordinegli aspetti e le disposizioni dell'altre stelle rispett'al Soleegrandemente perturbato tutto 'l corso della natura: ma ècredibile ch'Egli fermasse tutto 'l sistema delle celesti sferelequalidopo quel tempo della quiete interpostaritornasseroconcordemente alle lor opre senza confusione o alterazion alcuna

Maperché già siamo convenutinon doversi alterar ilsenso delle parole del testoè necessario ricorrere ad altracostituzione delle parti del mondoe veder se conforme a quella ilsentimento nudo delle parole cammina rettamente e senza intopposìcome veramente si scorge avvenire.

Avendoio dunque scoperto e necessariamente dimostratoil globo del Solerivolgersi in sé stessofacendo un'intera conversione in unmese lunare in circaper quel verso appunto che si fanno tuttel'altre conversioni celesti; ed essendodi piùmoltoprobabile e ragionevole che il Solecome strumento e ministromassimo della naturaquasi cuor del mondodia non solamentecom'egli chiaramente dàlucema il moto ancora a tutti ipianeti che intorno se gli raggirano; seconforme alla posizion delCoperniconoi attribuirem alla Terra principalmente la conversiondiurna; chi non vede che per fermar tutto il sistemaondesenzapunto alterar il restante delle scambievoli relazioni de' pianetisolo si prolungasse lo spazio e 'l tempo della diurna illuminazionebastò che fosse fermato il Solecom'appunto suonan le paroledel sacro testo? Eccodunqueil modo secondo il qualesenzaintrodur confusione alcuna tra le parti del mondo e senza alteraziondelle parole della Scritturasi puòcol fermar il Soleallungar il giorno in Terra

Hoscritto più assai che non comportano le mie indisposizioni:però finiscocon offerirmegli servitoree gli bacio le manipregandogli da Nostro Signore le buone feste e ogni felicità.

DiFirenzeli 21 Dicembre 1613

 

DiVostra Paternità molto Reverenda

ServitoreAffezionatissimo

GalileoGalilei.

 



XII- A MONSIGNOR PIERO DINI IN ROMA



MoltoIllustre e Reverendissimo Signor mio Colendissimo

Perchéso che Vostra Signoria molto Illustre e Reverendissima fu subitoavvisata delle replicate invettive che furonoalcune settimane fadal pulpito fatte contro la dottrina del Copernico e suoi seguaciepiù contro i matematici e la matematica stessaperònon gli replicherò nulla sopra questi particolari che da altriintese: ma desidero bene che lei sappiacomenon avendo néio né altri fatte un minimo moto o risentimento sopragl'insulti di che fummo non con molta carità aggravatinonperò si son quietate l'acces'ire di quelli; anziessendoritornato da Pisa il medesimo Padre che si era fatto sentirequell'anno in privati colloquiha aggravato di nuovo la mano sopradi me: ed essendogli pervenutanon so dondecopia di una letterach'io scrissi l'anno passato al Padre Matematico di Pisa in propositodell'apportare le autorità sacre in dispute naturali ed inesplicazione del luogo di Giosuèvi vanno esclamando sopraeritrovandoviper quanto diconomolte eresieed insomma si sonoaperti un nuovo campo di lacerarmi Ma perché da ogni altro cheha veduta detta lettera non mi è stato fatto pur minimo segnodi scrupolovo dubitando che forse chi l'ha trascritta possainavvertentemente aver mutata qualche parola; la qual mutazionecongiunta con un poco di disposizione alle censurepossa farapparire le cose molto diverse dalla mia intenzione. E perchéalcuni di questi Padried in particolare quest'istesso che haparlatose ne son venuti costà per farcome intendoqualchealtro tentativo con la sua copia di detta mia letterami èparso non fuor di proposito mandarne una copia a Vostra SignoriaReverendissima nel modo giusto che l'ho scritta iopregandola che mifavorisca di leggerla insieme col Padre Grembergiero Gesuitamatematico insigne e mio grandissimo amico e padroneed anchelasciarglielase forse parrà opportuno a Sua Reverenza difarla con qualche occasione pervenire in mano dell'illustrissimoCardinal Bellarminoal quale questi Padri Domenicani si son lasciatiintendere di voler far capocon isperanza di farper lo menodannar il libro del Copernico e la sua oppinione e dottrina

Lalettera fu da me scritta currenti calamo; ma queste ultimeconcitazioni ed i motivi che questi Padri adducono per mostrare idemeriti di questa dottrinaond'ella meriti di essere abolita mihanno fatto veder qualche cosa di più scritta in similimaterie: e veramente non solo ritrovotutto quello che ho scrittoessere stato detto da loroma molto più ancoramostrando conquanta circonspezione bisogni andar intorno a quelle conclusioninaturali che non son de Fidealle quali possono arrivarel'esperienze e le dimostrazioni necessariee quanto perniciosa cosasarebbe l'asserir come dottrina risoluta nelle Sacre Scritture alcunaproposizione della quale una volta si potesse aver dimostrazione incontrario. Sopra questi capi ho distesa una scrittura molto copiosama non l'ho ancora al netto in maniera che ne possa mandar copia aVostra Signoriama lo farò quanto prima: nella qualequelche si sia dell'efficacia delle mie ragioni e discorsidi questo benson sicuroche ci si troverà molto più zelo versoSanta Chiesa e la dignità delle Sacre Lettereche in questimiei persecutori; poi che loro proccurano di proibir un libro ammessotanti anni da Santa Chiesasenza averlo pur mai lor vedutonon cheletto o inteso; ed io non fo altro che esclamare che si esamini lasua dottina e si ponderino le sue ragioni da persone cattolichissimeed intendentissimeche si rincontrino le sue posizioni conl'esperienze sensatee che in somma non si danni se prima non sitrova falsose è vero che una proposizione non possa insiemeesser vera ed erronea. Non mancano nella cristianità uominiintendentissimi della professioneil parer de' quali circa la veritào falsità della dottrina non doverà esser pospostoall'arbitrio di chi non è punto informato e che pur troppochiaro si conosce essere da qualche parziale affetto alteratosìcome benissimo conoscono molt; che si trovono qua in fattoe cheveggono tutti gli andamenti e son informatialmeno in partedellemacchine e trattato

NiccolòCopernico fu uomo non pur cattolicoma religioso e canonico; fuchiamato a Roma sotto Leone Xquando nel Concilio Lateranense sitrattava l'emendazione del calendario ecclesiasticofacendosi capo alui come a grandissimo astronomo. Restò nondimeno indecisa talriforma per questa sola cagioneperché la quantità degli anni e de' mesi de' moti del Sole e della Luna non eranoabbastanza stabiliti: onde eglid'ordine del vescoro Sempronienseche allora era sopraccapo di questo negoziosi messe con nuoveosservazioni ed accuratissimi studii all'investigazione di taliperiodi; e ne conseguì in somma tal cognizioneche non soloregolò tutti i moti de' corpi celestima si acquistòil titolo di sommo astronomola cui dottrina fu poi seguita datuttie conforme ad essa regolato ultimamente il calendario. Ridussele sue fatiche intorno a' corsi e costituzioni de' corpi celesti insei librili qualia richiesta di Niccolò Scombergiocardinale Capuanomandò in lucee gli dedicò a PapaPaolo IIIe da quel tempo in qua si son veduti publicamente senzascrupolo nessuno. Ora questi buoni fratisolo per un sinistroaffetto contro di mesapendo che; stimo questo autoresi vantano didargli il premio delle sue fatiche con farlo dichiarare eretico.

Maquello che è più degno di considerazionela prima lormossa contro questa oppinione fu il lasciarsi metter su da alcunimiei maligni che gliela dipinsero per opera mia propriasenza dirliche ella fosse già 70 anni fa stampata; e questo medesimostile vanno tenendo con altre personenelle quali cercano d'imprimersinistro concetto di me: e questo gli va succedendo in modo talechesendo pochi giorni sono arrivato qua Monsignor Gherardinivescovo di Fiesolenelle prime visite a pien popolodove siabbatterono alcuni amici mieiproroppe con grandissima veemenzacontro di memostrandesi gravemente alteratoe dicendo che n'eraper far gran passata con Loro Altezze Serenissimepoi che tal miastravagante oppinione ed erronea dava che dire assai in Roma; e forseavrà a quest'ora fatto il debitose già non l'haritenuto l'essere destramente fatto avvertitoche l'autore di questadottrina non è altramente un Fiorentino viventema un Tedescomortoche la stampò già 70 anni sonodedicando illibro al Sommo Pontefice

Iovo scrivendoné mi accorgo che parlo a persona informatissimadi questi trattamentie forse tanto più di mequanto cheella si trova nel luogo dove si fanno gli strepiti maggiori. Scusimidella prolissità; e se scorge equità nessuna nellacausa mia prestimi il suo favorechè gliene viveròperpetunente obbligato. Con che le bacio riverentemente le manie megli ricordo servitore devotissimoe dal Signore Dio gli prego ilcolmo di felicità.

DiFirenzeli 16 Febbraio 1615

DiV. S. molto Illustre e Reverendissima

ServitoreObbligatissimo

GalileoGalilei



Poscritta.Ancorché io difficilmente possa credere che si fosse perprecipitare in prendere una tal risoluzione di annullar questoautoretuttaviasapendo per altre prove quanta sia la potenza dellamia disgraziaquando è congiunta con la malignità edignoranza de' miei avversarimi par di aver cagione di non miassicurar del tutto sopra la somma prudenza e santità diquelli da chi ha da dipender l'ultima risoluzionesì chequella ancora non possa esser in parte affascinata da questa fraudeche va in volta sotto il manto di zelo e di carità. Peròper non mancareper quanto possoa me stesso ed a quello che dallamia scrittura vedrà in breve Vostra Signoria Reverendissimache è vero e purissimo zelodesiderando che almanco ellapossa prima esser vedutae poi prendasi quella risoluzione chepiaceri a Dio (ché io quanto a me son tanto bene edificato edispostoche prima che contravvenire a' miei superioriquando nonpotessi far altroe che quello che ora mi pare di credere e toccarcon mano mi avesse ad essere di pregiudizio all'animaerueremoculum meum ne me scandalizaret); io credo che il piùpresentaneo rimedio sia il battere alli Padri Gesuiti come quelli chesanno assai sopra le comuni lettere de' frati: però gli potràdar la copia della letteraed anco leggergli se le piaceràquesta che scrivo a lei; e poiper la sua solita cortesiasidegnerà di farmi avvisato di quanto avrà potutoritrarre. Non so se fosse opportuno essere col signor Luca Valerioedargli copia di detta letteracome uomo che è di casa delCardinale Aldobrandino e potrebbe fare con Sua Santità qualcheoffizio. Di questo e di ogni altra cosa mi rimetto alla sua bontàe prudenzae gli raccomando la riputazion miae di nuovo gli baciole mani.

 





XIII- A MONSIGNOR PlERO DINI IN ROMA

MoltoIllustre e Reverendissimo Sig. mio Colendissimo

Risponderòsuccintamente alla cortesissima lettera di Vostra Signoria moltoIllustre e Reverendissimanon mi permettendo il poter far altramenteil mio cattivo stato di sanità.

Quantoal primo particolare che ella mi toccache al più che potesseesser deliberato circa il libro del Copernicosarebbe il metterviqualche postillache la sua dottrina fusse introdotta per salvarl'apparenzenel modo ch'altri introdussero gli eccentrici e gliepicicli senza poi credere che veramente e' sieno in naturagli dico(rimettendomi sempre a chi più di me intendee solo per zeloche ciò che si è per fare sia fatto con ogni maggiorcautela) che quanto a salvar l'apparenze il medesimo Copernico avevagià per avanti fatta la faticae satisfatto alla parte de gliastrologi secondo la consueta e ricevuta maniera di Tolomeo; ma chepoivestendosi l'abito di filosofoe considerando se talcostituzione delle parti dell'universo poteva realmente sussistere inrerum naturae veduto che noe parendogli pure che il problemadella vera costituzione fusse degno d'esser ricercatosi messeall'investigazione di tal costituzioneconoscendo che se unadisposizione di parti finta e non vera poteva satisfar all'apparenzemolto più ciò si arebbe ottenuto dalla vera e realeenell'istesso tempo si sarebbe in filosofia guadagnato una cognizionetanto eccellentequal è il sapere la vera disposizione delleparti del mondo; e trovandosi egli per l'osservazioni e studii dimolti annicopiosissimo di tutti i particolari accidenti osservatinelle stellesenza i quali tutti diligentissimamente appresi eprontissimamente affissi nella mente è impossibile il venir innotizia di tal mondana constituzionecon replicati studii elunghissime fatiche conseguì quello che l'ha reso poiammirando a tutti quelli che con diligenza lo studianosì cherestino capaci de' suoi progressi tal che il voler persuadere che ilCopernico non stimasse vera la mobilità della Terraper miocredere non potrebbe trovar assenso se non forse appresso chi nonl'avesse lettoessendo tutti 6 i suoi libri pieni di dottrinadependente dalla mobilità della Terrae quella esplicante econfermante. E se egli nella sua dedicatoria molto ben intende econfessa che la posizione della mobilità della Terra era perfarlo reputare stolto appresso l'universaleil giudizio del qualeegli dice di non curaremolto più stolto sarebb'egli stato avoler farsi reputar tale per un'opinione da sé introdottamanon interamente e veramente creduta.

Quantopoi al dire che gli attori principali che hanno introdotto glieccentrici e gli epicicli non gli abbino poi reputati veriquestonon crederò io mai; e tanto menoquanto con necessitàassoluta bisogna ammettergli nell'età nostramostrandocegliil senso stesso. Perchénon essendo l'epiciclo altro che uncerchio descritto dal moto d'una stella la quale non abbracci con talsuo rivolgimento il globo terrestrenon veggiamo noi di tali cerchiesserne da quattro stelle descritti quattro intorno a Giove? e nongli è più chiaro che 'l Soleche Venere descrive ilsuo cerchio intorno ad esso Sole senza comprender la Terrae perconseguenza forma un epiciclo? e l'istesso accade anco a Mercurio. Inoltreessendo l'eccentrico un cerchio che ben circonda la Terramanon la contiene nel suo centroma da una bandanon si ha dadubitare se il corso di Marte sia eccentrico alla Terravedendosiegli ora più vicino ed ora più remotoin tanto che oralo veggiamo piccolissimo ed altra volta di superficie 60 voltemaggiore; adunquequalunque si sia il suo rivolgimentoeglicirconda la Terrae gli è una volta otto volte piùpresso che un'altra. E di tutte queste cose e d'altre simili in grannumero ce n'hanno data sensata esperienza gli ultimi scoprimenti: talche il voler ammettere la mobilità della Terra solo con quellaconcessione e probabilità che si ricevono gli eccentrici; egli epicicliè un ammetterla per sicurissimaverissima eirrefragabile.

Benè vero che di quelli che hanno negato gli eccentrici e gliepicicli io ne trovo 2 classi. Una è di quelli chesendo deltutto ignudi dell'osservazioni de' movimenti delle stelle e di quelloche bisogni salvarenegano senza fondamento nessuno tutto quello chee' non intendono: ma questi son degni che di loro non si facciaalcuna considerazione. Altrimolto più ragionevolinonnegheranno i movimenti circolari descritti da i corpi delle stelleintorno ad altri centri che quello della Terracosa tanto manifestacheall'incontroè chiaronessuno de' pianeti far il suorivolgimento concentrico ad essa Terra; ma solo negherannoritrovarsi nel corpo celeste una struttura di orbi solidi e tra sédivisi e separati che arrotandosi e fregandosi insiemeportino icorpi de' pianetietc.: e questi crederò io che benissimodiscorrino; ma questo non è un levar i movimenti fatti dallestelle in cerchi eccentrici alla Terra o in epicicli che sono i verie semplici assunti di Tolomeo e de gli astronomi grandima èun repudiar gli orbi solidi materiali e distintiintrodotti da ifabbricatori di teoriche per agevolar l'intelligenza de iprincipianti ed i computi de' calculatori; e questa sola parte èfittizia e non realenon mancando a Iddio modo di far camminare lestelle per gl'immensi spazii del cieloben dentro a limitati e certisentierima non incatenate o forzate

Peròquanto al Copernicoegliper mio avvisonon è capace dimoderazioneessendo il principalissimo punto di tutta la suadottrina e l'universal andamento la mobilità della Terra estabilità del Sole: peròo bisogna dannarlo del tuttoo lasciarlo nel suo essereparlando sempre per quanto comporta lamia capacità. Ma se sopra una tal resoluzione e' sia beneattentissimamente considerareponderareesaminareciò cheegli scriveio mi sono ingegnato di mostrarlo in una mia scritturaper quanto da Dio benedetto mi è stato concedutonon avendomai altra mira che alla dignità di Santa Chiesa e nondirizzando ad altro fine le mie deboli fatiche; il qual purissimo ezelantissimo affetto son ben sicuro che in essa scrittura si scorgeràchiaroquando per altro ella fusse piena d'errori o di cose di pocomomento: e già l'averei inviata a Vostra SignoriaReverendissimase alle mie tante e sì gravi indisposizioninon si fusse ultimamente aggiunto un assalto di dolori colici chem'ha travagliato assai; ma la manderò quanto prima. Anziperil medesimo zelovo' mettendo insieme tutte le ragioni delCopernicoriducendole a chiarezza intelligibile da moltidove orasono assai difficilie più aggiungendovi molte e molte altreconsiderazioni fondate sempre sopra osservazioni celestisopraesperienze sensate e sopra incontri di effetti naturaliperofferirle poi a i piedi del Sommo Pastore ed all'infallibiledeterminazione di santa Chiesache ne faccia quel capitale che parràalla sua somma prudenza.

Quantoal parere del molto reverendo Padre Grembergeroio veramente lolaudoe volentieri lascio la fatica delle interpretazioni a quelliche intendono infinitamente più di me. Ma quella brevescrittura che mandai a Vostra Signoria Reverendissima ècomevedeuna lettera privatascritta più d'un anno fa all'amicomioper esser letta da lui solo; ma avendon'eglipur senza miasaputalasciato prender copiae sentendo io che l'era venuta nellemani di quel medesimo che tanto acerbamente m'aveva sin dal pulpitolaceratoe sapendo ch'ei l'aveva portata costàgiudicai benfatto che ve ne fusse un'altra copiaper poterla in ogni occasioneincontraree massime avendo quello ed altri suoi aderenti teologisparso qua vocecome detta mia lettera era piena d'eresie. Non èdunqueil mio pensiero di metter mano a impresa tanto superiore allemie forze; e se ben non si deve anco diffidare che la Benignitàdivina tal volta si degni di inspirare qualche raggio dalla suaimmensa sapienza in intelletti umilie massime quando son almenoadornati di sincero e santo zelo; oltre chequando si abbino aconcordar luoghi sacri con dottrine naturali nuove e non comuniènecessario aver intera notizia di tali dottrinenon potendo accordardue corde insieme col sentirne una sola. E se io conoscessi dipotermi prometter alcuna cosa dalla debolezza del mio ingegnomipiglierei ardire di dire di ritrovar tra alcuni luoghi delle SacreLettere e di questa mondana constituzione alcune convenienze chenella vulgata filosofia non così ben mi pare che consuonino; el'avermi Vostra Signoria Reverendissima accennatocome il luogo delSalmo 18 è de i reputati più repugnanti a questaopinionem'ha fatto farci sopra nuova reflessionela quale mando aVostra Signoria con tanto minor renitenzaquanto ella mi dice chel'illustrissimo e Reverendissimo Cardinal Bellarmino volentieri vedràse ho alcun altro di tali luoghi. Peròavendo io satisfattoal semplice cenno di Sua Signoria Illustrissima e Reverendissimaveduta che abbia Sua Signoria Illustrissima questa miaqualunqueella si siacontemplazionene faccia quel tanto che la sua sommaprudenza ordinerà; ché io intendo solamente di riveriree ammirare le cognizioni tanto sublimie obbedire a i cenni de' mieisuperioried all'arbitrio loro sottoporre ogni mia fatica.

Perònon mi arrogando chequalunque si sia la verità dellasupposizione ex parte naturæaltri non possinoapportare molto più congruenti sensi alle parole del Profetaanzi stimandomi io inferiore a tuttie però a tutti isapienti sottoponendomidireiparermi che nella natura si ritroviuna substanza spiritosissimatenuissima e velocissimala qualediffondendosi per l'universopenetra per tutto senza contrastoriscaldavivifica e rende feconde tutte le viventi creature; e diquesto spirito par che 'l senso stesso ci dimostri il corpo del Soleesserne ricetto principalissimodal quale espandendosi un'immensaluce per l'universoaccompagnata da tale spirito calorifico epenetrante per tutti i corpi vegetabiligli rende vivi e fecondi.Questo ragionevolmente stimar si può essere qualche cosa dipiù del lumepoi che ei penetra e si diffonde per tutte lesustanze corporeeben che densissimeper molte delle quali non cosìpenetra essa luce: tal chesì come dal nostro fuoco veggiamoe sentiamo uscir luce e caloree questo passar per tutti i corpiben che opaci e solidissimie quella trovar contrasto dalla soliditàe opacitàcosì l'emanazione del Sole è lucida ecalorificae la parte calorifica è la più penetrante.Che poi di questo spirito e di questa luce il corpo solare siacomeho dettoun ricetto eper così direuna conserva che abextra gli ricevapiù tosto che un principio e fonteprimario dal quale originariamente si derivinoparmi che se n'abbiaevidente certezza nelle Sacre Letterenelle quali veggiamoavantila creazione del Solelo spirito con la sua calorifica e fecondavirtù "foventem aquas seu incubantem super aquas"per le future generazioni; e parimente aviamo la creazione della lucenel primo giornodove che il corpo solare fu creato il giornoquarto. Onde molto verisimilmente possiamo affermarequesto spiritofecondante e questa luce diffusa per tutto il mondo concorrere adunirsi e fortificarsi in esso corpo solareper ciò nel centrodell'universo collocatoe quindi poifatta più splendida evigorosadi nuovo diffondersi.

Diquesta luce primogenita e non molto splendida avanti la sua unione econcorso nel corpo solarene aviamo attestazione dal Profeta nelSalmo 73v. 16 "Tuus est dies et tua est nox: Tu fabricatus esauroram et Solem"; il qual luogo vien interpretatoIddio averfatto avanti al sole una luce simile a quella dell'aurora: di piùnel testo ebreo in luogo d'"aurora" si legge "lume"per insinuarci quella luce che fu creata molto avanti il Soleassaipiù debile della medesima ricevutafortificata e di nuovodiffusa da esso corpo solare. A questa sentenza mostra d'alluderel'opinione d'alcuni antichi filosofiche hanno creduto lo splendordel Sole esser un concorso nel centro del mondo de gli splendoridelle stellechestandogli intorno sfericamente dispostevibrano iraggi loroli qualiconcorrendo e intersecandosi in esso centroaccrescono ivi e per mille volte raddoppiano la luce loro; onde ellapoifortificatasi reflette e si sparge assai più vigorosa eripienadirò cosìdi maschio e vivace caloree sidiffonde a vivificare tutti i corpi che intorno ad esso centro siraggirano: sì che con certa similitudinecome nel cuoredell'animale si fa una continua rigenerazione di spiriti vitalichesostengono e vivificano tutte le membramentre però vienealtresì ad esso cuore altronde somministrato il pabulo enutrimentosenza il quale ei perirebbecosì nel solementreab extra concorre il suo pabulosi conserva quel fonte ondecontinuamente deriva e si diffonde questo lume e calore prolificoche dà la vita a tutti i membri che attorno gli riseggono. Macome che della mirabil forza ed energia di questo spirito e lume delSolediffuso per l'universoio potessi produr molte attestazioni difilosofi e gravi scrittorivoglio che mi basti un solo luogo delBeato Dionisio Aeropagita nel libro De divinis nominibusilquale è tale: "Lux etiam colligit convertitque ad seomiaquæ videnturquæ moventurquæ illustranturquæ calescuntet uno nomine ea quæ ab eius splendorecontinentur. Itaque Sol Ilios diciturquod omnia congregetcolligatque dispersa." E poco più a basso scrivedell'istesso: "Si enim Sol hicquem videmuseorum quæsub sensum cadunt essentias et qualitatesquamquam multæ sintac dissimilestamen ipsequi unus est æqualibiterque lumenfunditrenovatalittueturperficitdividitcoiniungitfovetfœcunda redditaugetmutatfirmateditmovetvitaliaquefacit omniaet unaquæque res huius universitatispro captusuounius atque eiusdem Solis est particepscausasque multorumquæparticipantin se æquabiliter anticipatas habet; certe maioreratione etc."

Orastante questa filosofica posizionela quale è forse una delleprincipali porte per cui si entri nella contemplazione della naturaio crederreiparlando sempre con quella umiltà e reverenzache devo a Santa Chiesa e tutti i suoi dottissimi Padrida meriveriti e osservati ed al giudizio de' quali sottopongo me ed ognimio pensierocrederreidicoche il luogo del Salmo potesse averquesto sensocioè che "Deus in Sole posuit tabernaculumsuum" come in sede nobilissima di tutto 'l mondo sensibile; dovepoi si dice che "Ipsetanquam sponsum procedens de thalamo suoexultavit ut gigas ad currendam viam"intendereiciòesser detto del Sole irradianteciò è del lume e delgià detto spirito calorifico e fecondante tutte le corporeesustanzeil qualepartendo dal corpo solarevelocissimamente sidiffonde per tutto 'l mondo: al qual senso si adattano puntualmentetutte le parole. E primanella parola "sponsus" aviamo lavirtù fecondante e prolifica; l'"exultare" ci additaquell'emanazione di essi raggi solari fattain certo modoa salticome 'l senso chiaramente ci mostra; "ut gigas" o vero "utfortis"ci denota l'efficacissima attività e virtùdi penetrare per tutti i corpied insieme la somma velocitàdel muoversi per immensi spaziiessendo l'emanazione della luce comeinstantanea. Confermansi dalle parole "procedens de thalamosuo"che tale emanazione e movimento si deve referire ad essolume solaree non all'istesso corpo del Sole; poi che il corpo eglobo del Sole è ricetto e "tanquam thalamus" diesso lumené torna ben a dire che "thalamus procedat dethalamo". Da quello che segue"a summo cæli egressioeius"aviamo la prima derivazione e partita di questo spirito elume dall'altissime parti del cielociò è sin dallestelle del firmamento o anco dalle sedi più sublimi. "Etoccorsus eius usque ad summum eius": ecco la reflessione epercosì direla reimanazione dell'istesso lume sino allamedesima sommità del mondo. Segue : "Nec est quiabscondat a calore eius": eccoci additato il calore vivificantee fecondantedistinto dalla luce e molto più di quellapenetrante per tutte le corporali sustanzeben che densissime; poiche dalla penetrazione della luce molte cose ci difendono ericuopronoma da questa altra virtù"non est qui seabscondat a calore eius". Né devo tacer cert'altra miaconsiderazionenon aliena da questo proposito. Io ho giàscoperto il concorso continuo di alcune materie tenebrose sopra ilcorpo solaredove elleno si mostrano al senso sotto aspetto dimacchie oscurissimeed ivi poi si vanno consumando e risolvendo; edaccennai come queste per avventura si potrebbono stimar parte di quelpabuloo forse gli escrementi di essodel quale il Sole da alcuniantichi filosofi fu stimato bisognoso per suo sostentamento. Ho ancodimostratoper l'osservazioni continuate di tali materie tenebrosecome il corpo solare per necessità si rivolge in séstessoe di più accennato quanto sia ragionevol il creder cheda tal rivolgimento dependino i movimenti de' pianeti intorno almedesimo Sole. Di piùnoi sappiamo che l'intenzione di questoSalmo è di laudare la legge divinaparagonandola il profetacol corpo celestedel qualetra le cose corporalinissuna èpiù bellapiù utile e più potente. Peròavendo egli cantati gli encomii del Sole e non gli essendo occultoche egli fa raggirarsi intorno tutti i corpi mobili del mondopassando alle maggiori prerogative della legge divina e volendolaanteporre al Soleaggiunge: "Lex Domini immaculataconvertesanimas" etc.; quasi volendo dire che essa legge è tantopiù eccellente del Sole istessoquanto l'esser immaculato edaver facoltà di convertire intorno a sé le anime èpiù eccellente condizione che l'essere sparso di macchiecomeè il Soleed il farsi raggirar attorno i globi corporei emondani.

Soe confesso il mio soverchio ardire nel voler por boccaessendoimperito nelle Sacre Letterein esplicar sensi di sì altacontemplazione: ma come che il sottomettermi io totalmente algiudizio de' miei superiori può rendermi scusatocosìquel che segue del versetto già esplicato"TestimoniumDomini fidelesapientiam præstans parvulis"m'ha datosperanzapoter esser che la infinita benignità di Dio possaindirizzare verso la purità della mia mente un minimo raggiodella sua graziaper la quale mi si illumini alcuno de' reconditisensi delle sue parole. Quanto ho scrittosignor mioè unpiccol partobisognoso d'esser ridotto a miglior formalambendolo eripulendolo con affezione e pazienzaessendo solamente abbozzato edi membra capaci sì di figura assai proporzionatama per oraincomposte e rozze: se averò possibilitàl'anderòriducendo a miglior simmetria; intanto la prego a non lo lasciarvenir in mano di persona cheadoprandoinvece della delicatezzadella lingua maternal'asprezza ed acutezza del dente novercaleinluogo di ripulirlo non lo lacerasse e dilaniasse del tutto. Con chele bacio riverentemente le maniinsieme con li Signori BuonarrotiGuiducciSoldani e Giraldiqui presenti al serrar della lettera.

DiFirenzeli 23 Marzo 1615

DiV. S. molt'Illustre e Reverendissima

Servitoreobligatissimo

GalileoGalilei

 



XIV- A MADAMA CRISTINA DI LORENA GRANDUCHESSA DI TOSCANA

Ioscopersi pochi anni a dietrocome ben sa l'Altezza VostraSerenissimamolti particolari nel cielostati invisibili sino aquesta età; li qualisì per la novitàsìper alcune conseguenze che da essi dependonocontrarianti ad alcuneproposizioni naturali comunemente ricevute dalle scuole de ifilosofimi eccitorno contro non piccol numero di tali professori;quasi che io di mia mano avessi tali cose collocate in cieloperintorbidar la natura e le scienze. E scordatisi in certo modo che lamoltitudine de' veri concorre all'investigazioneaccrescimento estabilimento delle disciplinee non alla diminuzione o destruzionee dimostrandosi nell'istesso tempo più affezionati alleproprie opinioni che alle verescorsero a negare e far provad'annullare quelle novitàdelle quali il senso istessoquando avessero voluto con attenzione riguardarlegli averebbepotuti render sicuri; e per questo produssero varie coseed alcunescritture pubblicarono ripiene di vani discorsiequel che fu piùgrave erroresparse di attestazioni delle Sacre Scritturetolte daluoghi non bene da loro intesi e lontano dal proposito addotti: nelquale errore forse non sarebbono incorsise avessero avvertito unutilissimo documento che ci dà S. Agostino intorno all'andarcon riguardo nel determinar resolutamente sopra le cose oscure edifficili ad esser comprese per via del solo discorso; mentreparlando pur di certa conclusione naturale attenente a i corpicelestiscrive così: "Nunc autemservata sempermoderatione piæ gravitatisnihil credere de re obscura temeredebemusne forte quod postea veritas patefeceritquamvis librissanctissive Testamenti Veteris sive Novinullo modo esse possitadversumtamen propter amorem nostri errori oderimus.".

Èaccaduto poi che il tempo è andato successivamente scoprendo atutti le verità prima da me additatee con la veritàdel fatto la diversità degli animi tra quelli cheschiettamente e senz'altro livore non ammettevano per veri taliscoprimentie quegli che all'incredulità aggiugnevano qualcheeffetto alterato: ondesì come i più intendenti dellascienza astronomica e della naturale restarono persuasi al mio primoavvisocosì si sono andati quietando di grado in grado glialtri tutti che non venivano mantenuti in negativa o in dubbio daaltro che dall'inaspettata novità e dal non aver avutaoccasione di vederne sensate esperienze; ma quelli cheoltreall'amor del primo errorenon saprei qual altro loro immaginatointeresse gli rende non bene affetti non tanto verso le cose quantoverso l'autorequellenon le potendo più negarecuopronosotto un continuo silenzioe divertendo il pensiero ad altrefantasieinacerbiti più che prima da quello onde gli altri sisono addolciti e quietatitentano di progiudicarmi con altri modi.De' quali io veramente non farei maggiore stima di quel che mi abbiafatto dell'altre contraddizionidelle quali mi risi sempresicurodell'esito che doveva avere 'l negozios'io non vedessi che le nuovecalunnie e persecuzioni non terminano nella molta o poca dottrinanella quale io scarsamente pretendoma si estendono a tentar dioffendermi con macchie che devono essere e sono da me piùaborrite che la mortené devo contentarmi che le sienoconosciute per ingiuste da quelli solamente che conoscono me e loroma da ogn'altra persona ancora. Persistendo dunque nel primo loroinstituto di voler con ogni immaginabil maniera atterrar me e le cosemiesapendo come io ne' miei studii di astronomia e di filosofiatengocirca alla costituzione delle parti del mondoche il Solesenza mutar luogoresti situato nel centro delle conversioni de gliorbi celestie che la Terraconvertibile in se stessase gli muovaintorno; e di più sentendo che tal posizione vo confermandonon solo col reprovar le ragioni di Tolommeo e d'Aristotilema colprodurne molte in contrarioed in particolare alcune attenenti adeffetti naturalile cause de' quali forse in altro modo non sipossono assegnareed altre astronomichedependenti da moltirincontri de' nuovi scoprimenti celestili quali apertamenteconfutano il sistema Tolemaico e mirabilmente con quest'altraposizione si accordano e la confermano; e forse confusi per laconosciuta verità d'altre proposizioni da me affermatediverse dalle comuni; e però diffidando ormai di difesamentre restassero nel campo filosofico; si son risoluti a tentar difare scudo alle fallacie de' lor discorsi col manto di simulatareligione e con l'autorità delle Scritture Sacreapplicate dalorocon poca intelligenzaalla confutazione di argioni néintese né sentite.

Eprimahanno per lor medesimi cercato di spargere concettonell'universaleche tali proposizioni sieno contro alle SacreLettereed in conseguenza dannande ed eretiche; di poiscorgendoquanto per lo più l'inclinazione dell'umana natura sia piùpronta ad abbracciar quell'imprese dalle quali il prossimo ne vengaben cheingiustamenteoppressoche quelle ond'egli ne ricevagiusto sollevamentonon gli è stato difficile il trovare chiper talecio è per dannada ed eretical'abbia con insolitaconfidenza predicata sin da i pulpiticon poco pietoso e menconsiderato aggravio non solo di questa dottrina e di chi la seguema di tutte le matematiche e de' matematici insieme; quindivenutiin maggior confidenzae vanamente sperando che quel semeche primafondò radice nella mente loro non sincerapossa diffondersuoi rami ed alzargli verso il cielovanno mormorando tra 'l popoloche per tale ella sarà in breve dichiarata dall'autoritàsuprema. E conoscendo che tal dichiarazione spianterebbe non solqueste due conclusionima renderebbe dannande tutte l'altreosservazioni e proposizioni astronomiche e naturaliche con essehanno corrispondenza e necessaria connessioneper agevolarsi ilnegozio cercanoper quanto possonodi far apparir questa opinionealmanco appresso all'universalecome nuova e mia particolaredissimulando di sapere che Niccolò Copernico fu suo autore epiù presto innovatore e confermatoreuomo non solamentecattolicoma sacerdote e canonicoe tanto stimatochetrattandosinel Concilio lateranensesotto Leon Xdella emendazion delcalendario ecclesiasticoegli fu chiamato a Roma sin dall'ultimeparti di Germania per questa riformala quale allora rimaseimperfetta solo perché non si aveva ancora esatta cognizionedella giusta misura dell'anno e del mese lunare: onde a lui fu datocarico dal Vescovo Sempronienseallora soprintendente aques'impresadi cercar con replicati studi e fatiche di venire inmaggior lume e certezza di essi movimenti celesti; ond'egliconfatiche veramente atlantiche e col suo mirabil ingegnorimessosi atale studiosi avanzò tanto in queste scienzee a taleesattezza ridusse la notizia de' periodi de' movimenti celestichesi guadagnò il titolo di sommo astronomoe conforme alla suadottrina non solamente si è poi regolato il calendarioma sifabbricorno le tavole di tutti i movimenti de' pianeti: ed avendoegli ridotta tal dottrina in sei librila pubblicò al mondo ai prieghi del Cardinal Capuano e del Vescovo Culmense; e come quelloche si era rimesso con tante fatiche a questa impresa d'ordine delSommo Pontificioal suo successoreciò è a Paolo IIIdedicò il suo libro delle Revoluzioni Celestiil qualstampato pur alloraè stato ricevuto da Santa Chiesaletto estudiato per tutto il mondosenza che mai si sia presa pur minimaombra di scrupolo nella sua dottrina. La quale ora mentre si vascoprendo quanto ella sia ben fondata sopra ben manifeste esperienzee necessarie dimostrazioninon mancano persone chenon avendo purmai veduto tal libroprocurano il premio delle tante fatiche al suoautore con la nota di farlo dichiarare eretico; e questo solamenteper sodisfare ad un lor particolare sdegnoconcepito senza ragionecontro di un altroche non ha più interesse col Copernico chel'approvar la sua dottrina.

Oraper queste false note che costoro tanto ingiustamente cercano diaddossarmiho stimato necessario per mia giustificazione appressol'universaledel cui giudizio e concettoin materia di religione edi reputazionedevo far grandissima stimadiscorrer circa a queiparticolari che costoro vanno producendo per detestare ed abolirequesta opinioneed in somma per dichiararla non pur falsamaereticafacendosi sempre scudo di un simulato zelo di religione evolendo pur interessare le Scritture Sacre e farle in certo modoministre de' loro non sinceri proponimenticol volerdi piùs'io non errocontro l'intenzion di quelle e de' Santi Padriestendereper non dir abusarela loro autoritàsìche anco in conclusioni pure naturali e non de Fidesi develasciar totalmente il senso e le ragioni dimostrative per qualcheluogo della Scritturache tal volta sotto le apparenti parole potràcontenere sentimento diverso. Dove spero di dimostrarcon quanto piùpio e religioso zelo procedo ioche non fanno loromentre propongonon che non si danni questo libroma che non si dannicomevorrebbono essisenza intenderloascoltarloné pur vederloe massime sendo autore che non mai tratta di cose attenenti areligione o a fedené con ragioni dependenti in modo alcunoda autorità di Scritture Sacredove egli possa malamenteaverle interpretatema sempre se ne sta su conclusioni naturaliattenenti a i moti celestitrattate con astronomiche e geometrichedimostrazionifondate prima sopra sensate esperienze edaccuratissime osservazioni. Non che egli non avesse posto cura a iluoghi delle Sacre Lettere; ma perché benissimo intendevachesendo tal sua dottrina dimostratanon poteva contrariare alleScritture intese perfettamente: e però nel fine delladedicatoriaparlando del Sommo Ponteficedice così: "Sifortasse erunt matæologiquicum omnium mathematum ignarisinttamen de illis iudicium assumuntpropter aliquem locumScripturæmale ad suum propositum detortumausi fuerint hocmeum institutum repræhendere ac insectariillos nihil mororadeo ut etiam illorum iudicium tanquam temerarium contemnam. Non enimobscurum estLactantiumcelebrem alioqui scriptoremsedmathematicum parumadmodum pueriliter de forma Terræ loquicum deridet eos qui Terram globi formam habere prodiderunt. Itaquenon debet mirum videri studiosissi qui tales nos etiam ridebunt.Mathemata mathematicis scribunturquibus et hi nostri labores (si menon fallit opinio) videbuntur etiam Republicæ Ecclesiasticæconducere aliquidcuius principatum Tua Sanctitas nunc tenet."

Edi questo genere si scorge esser questi che s'ingegnano di persuadereche tale autore si dannisenza pur vederlo; e per persuadere che ciònon solamente sia lecitoma ben fattovanno producendo alcuneautorità della Scrittura e de' sacri teologi e de' Concilii;le quali sì come da me son reverite e tenute di supremaautoritàsì che somma temerità stimerei esserquella di chi volesse contradirgli mentre vengono conformeall'instituto di Santa Chiesa adoperatecosì credo che nonsia errore il parlar mentre si può dubitare che alcuno vogliaper qualche suo interesseprodurle e servirsene diversamente daquello che è nella santissima intenzione di Santa Chiesa; peròprotestandomi (e anco credo che la sincerità mia si faràper se stessa manifesta) che io intendo non solamente di sottopormi arimuover liberamente quegli errori ne' quali per mia ignoranzapotessi in questa scrittura incorrere in materie attenenti areligionema mi dichiaro ancora non voler nell'istesse materieingaggiar lite con nissunoancor che fossero punti disputabili:perché il mio fine non tende ad altrose non chese inqueste considerazioniremote dalla mia professione propriatra glierrori che ci potessero essere dentroci è qualcosa atta adeccitar altri a qualche avvertimento utile per Santa Chiesacirca 'ldeterminar sopra 'l sistema Copernicanoella sia presa e fattonequel capitale che parrà a' superiori; se nosia purestracciata ed abbruciata la mia scritturach'io non intendo opretendo di guadagnarne frutto alcuno che non fusse pio e cattolico.E di piùben che molte delle cose che io noto le abbiasentite con i proprii orecchiliberamente ammetto e concedo a chil'ha dette che dette non l'abbiase così gli piaceconfessando poter essere ch'io abbia frainteso; e però quandorispondo non sia detto per loroma per chi avesse quella opinione.

Ilmotivodunqueche loro producono per condennar l'opinione dellamobilità della Terra e stabilità del Soleèche leggendosi nelle Sacre letterein molti luoghiche il Sole simuove e che la Terra sta fermané potendo la Scrittura maimentire o errarene séguita per necessaria conseguenza cheerronea e dannanda sia la sentenza di chi volesse asserireil Soleesser per se stesso immobilee mobile la Terra.

Sopraquesta ragione parmi primieramente da considerareessere esantissimamente detto e prudentissimamente stabilitonon poter maila Sacra Scrittura mentiretutta volta che si sia penetrato il suovero sentimento; il qual non credo che si possa negare essere moltevolte recondito e molto diverso da quello che suona il purosignificato delle parole. Dal che ne séguitache qualunquevolta alcunonell'esporlavolesse fermarsi sempre nel nudo suonoliteralepotrebbeerrando essofar apparir nelle Scritture nonsolo contradizioni e proposizioni remote dal veroma gravi eresie ebestemmie ancora: poi che sarebbe necessario dare a Iddio e piedi emani e occhinon meno affetti corporali ed umanicome d'iradipentimentod'odioed anco tal volta la dimenticanza delle cosepassate e l'ignoranza delle future; le quali proposizionisìcomedettante lo Spirito Santofurono in tal guisa profferite dagli scrittori sacri per accomodarsi alla capacità del vulgoassai rozzo e indisciplinatocosì per quelli che meritanod'esser separati dalla plebe è necessario che i saggiespositori ne produchino i veri sensie n'additino le ragioniparticolari per che e' siano sotto cotali parole profferiti: ed èquesta dottrina così trita e specificata appresso tutti iteologiche superfluo sarebbe il produrne attestazione alcuna.

Diqui mi par di poter assai ragionevolmente dedurreche la medesimaSacra Scritturaqualunque volta gli è occorso di pronunziarealcuna conclusione naturalee massime delle più recondite edifficili ad esser capiteella non abbia pretermesso questo medesimoavvisoper non aggiugnere confusione nelle menti di quel medesimopopolo e renderlo più contumace contro a i dogmi di piùalto misterio. Perché secome si è detto e chiaramentesi scorgeper il solo rispetto d'accomodarsi alla capacitàpopolare non si è la Scrittura astenuta di adombrareprincipalissimi pronunziatiattribuendo sino all'istesso Iddiocondizioni lontanissime e contrarie alla sua essenzachi vorràasseverantemente sostenere che l'istessa Scritturaposto da bandacotal rispettonel parlare anco incidentemente di Terrad'acquadiSole o d'altra creaturaabbia eletto di contenersi con tutto rigoredentro a i puri e ristretti significati delle parole? E massime nelpronunziar di esse creature cose non punto concernenti al primarioinstituto delle medesime Sacre Lettereciò è al cultodivino ed alla salute dell'animee cose grandemente remote dallaapprensione del vulgo.

Stantedunqueciòmi par che nelle dispute di problemi naturali nonsi dovrebbe cominciare dalle autorità di luoghi delleScritturema dalle sensate esperienze e dalle dimostrazioninecessarie: perchéprocedendo di pari dal Verbo divino laScrittura Sacra e la naturaquella come dettatura dello SpiritoSantoe questa come osservantissima essecutrice de gli ordini diDio; ed essendodi piùconvenuto nelle Scrittureperaccomodarsi all'intendimento dell'universaledir molte cose diversein aspetto e quanto al nudo significato delle paroledal veroassoluto; maall'incontroessendo la natura inesorabile edimmutabilee mai non trascendente i termini delle leggi imposteglicome quella che nulla cura che le sue recondite ragioni e modid'operare sieno o non sieno esposti alla capacità degliuomini; pare che quello degli effetti naturali che o la sensataesperienza ci pone dinanzi a gli occhi o le necessarie dimostrazionici concludononon debba in conto alcuno esser revocato in dubbionon che condennatoper luoghi della Scrittura che avessero nelleparole diverso sembiante; poi che non ogni detto della Scrittura èlegato a obblighi così severi com'ogni effetto di naturanémeno eccelentemente ci si scuopre Iddio negli effetti di natura chene' sacri detti delle Scritture: il che volse per avventura intenderTertulliano in quelle parole: "Nos definimusDeum primo naturacognoscendumdeinde doctrina recognoscendum: naturaex operibus;doctrinaex prædicationibus."

Manon per questo voglio inferirenon doversi aver somma considerazionede i luoghi delle Scritture Sacre; anzivenuti in certezza di alcuneconclusioni naturalidoviamo servircene per mezi accomodatissimialla vera esposizione di esse Scritture ed all'investigazione di queisensi che in loro necessariamente si contengonocome verissime econcordi con le verità dimostrate. Stimerei per questo chel'autorità delle Sacre Lettere avesse avuto la mira apersuadere principalmente a gli uomini quegli articoli eproposizionichesuperando ogni umano discorsonon potevano peraltra scienza né per altro mezzo farcisi credibiliche per labocca dell'istesso Spirito Santo: di piùche ancora in quelleproposizioni che non sono de Fide l'autorità dellemedesime Sacre Lettere deva esser anteposta all'autorità ditutte le Scritture umanescritte non con metodo dimostrativoma ocon pura narrazione o anco con probabili ragionidirei doversireputar tanto convenevole e necessarioquanto l'istessa divinasapienza supera ogni umano giudizio e coniettura. Ma chequell'istesso Dio che ci ha dotati di sensidi discorso ed'intellettoabbia volutoposponendo l'uso di questidarci conaltro mezo le notizie che per quelli possiamo conseguiresìche anco in quelle conclusioni naturaliche o dalle sensateesperienze o dalle necessarie dimostrazioni ci vengono esposteinnanzi a gli occhi e all'intellettodoviamo negare il senso e laragionenon credo che sia necessario il crederloe massime inquelle scienze delle quali una minima particella solamenteed ancoin conclusioni divisese ne legge nella Scrittura; quale appunto èl'astronomiadi cui ve n'è così piccola parteche nonvi si trovano né pur nominati i pianetieccetto il Sole e laLunae duna o due volte solamenteVeneresotto nome di Lucifero.Però se gli scrittori sacri avessero avuto pensiero dipersuadere al popolo le disposizioni e movimenti de' corpi celestieche in conseguenza dovessimo noi ancora dalle Sacre Scrittureapprender tal notizianon ne avrebbonper mio crederetrattatocosì pocoche è come niente in comparazione delleinfinite conclusioni ammirande che in tale scienza si contengono e sidimostrano. Anziche non solamente gli autori delle Sacre Letter nonabbino preteso d'insegnarci le costituzioni e movimenti de' cieli edelle stellee loro figuregrandezze e distanzema che a bellostudioben che tutte queste cose fussero a loro notissimese nesieno astenutiè opinione di santissimi e dottissimi Padri:ed in sant'Agostino si leggono le seguenti parole: "Quærietiam soletquæ forma et figura cæli esse credenda sitsecundum Scripturas nostras: multi enim multum disputant de iisrebusquas maiore prudentia nostri authores omiseruntad beatamvitam non profuturas discentibuset occupantes (quod peius est)multum prolixa et rebus salubribus impedenda temporum spatia. Quidenim ad me pertinetultram cælumsicut spheraundiqueconcludat Terramin media mundi mole librataman eam ex una partedesupervelut discusoperiat? Sed quia de fide agitur Scripturarumpropter illam causam quam non semel commemoravine scilicetquisquameloquia divina non intelligenscum de his rebus talealiquid vel invenerit in libris nostris vel ex illis audierit quodperceptis assertionibus adversari videaturnullo modo eis cæterautilia monentibus vel narrantibus vel pronunciantibus credat;breviter dicendum estde figura cæli hoc scisse authoresnostros quod veritas habetsed Spiritum Deiqui per ipsosloquebaturnoluisse ista docere hominesnulli saluti profutura."

Epur l'istesso disprezzo avuto da' medesimi scrittori sacri neldeterminar quello che si deva credere di tali accidenti de' corpicelesti ci vien nel seguente cap. 10 replicato dal medesimoSant'Agostinonella quistionese si deva stimare che 'l cielo simuova o pure stia fermoscrivendo così: "De motuetiam cæli nonnulli fratres quæstionem moventutrumstets an moveatur: quia si moveturinquiuntquomodo firmamentumest? Si autem statquomodo syderaquæ in ipso fixa credunturab oriente usque ad occidentem circumeuntseptentrionalibusbreviores gyros iuxta cardinem peragentibusut cælumsi estalius nobis occultus cardo ex alio verticesicut spherasi autemnullus alius cardo estveluti discusrotari videatur? Quibusrespondeomultum subtilibus et laboriosis ista perquiriut verepercipiatrur utrum ita an non ita sit; quibus ineundis atquetractandis nec mihi iam tempus estnec illis esse debet quos adsalutem suam et Sanctæ Ecclesiæ necessariam utilitatemcupimus informari."

Dallequali cose descendendo più al nostro particolarene séguitaper necessaria conseguenzache non avendo voluto lo Spirito Santoinsegnarci se il cielo si muova o stia fermoné la sua figurasia in forma di sfera o di disco o distesa in pianoné se laTerra sia contenuta nel centro di esso o da una bandanon avràmanco avuto intenzione di renderci certi di altre conclusionidell'istesso generee collegate in maniera con le pur ora nominateche senza la determinazion di esse non se ne può asserirequesta o quella parte; quali sono il determinar del moto e dellaquiete di essa Terra e del Sole.

Ese l'istesso Spirito Santo a bello studio ha pretermesso d'insegnarcisimili proposizionicome nulla attenenti alla sua intenzioneciòè alla nostra salutecome si potrà adesso affermareche il tener di esse questa partee non quellasia tanto necessarioche l'una sia de Fidee l'altra erronea? Potràdunqueessere un'opinione ereticae nulla concernente alla salutedell'anime? o potrà dirsiaver lo Spirito Santo voluto noninsegnarci cosa concernente alla salute? Io qui direi che quello cheintesi da persona ecclesiastica costituita in eminentissimo gradociò è l'intenzione delle Spirito Santo essered'insegnarci come si vadia al cieloe non come vadia il cielo.

Matorniamo a considerarequanto nelle conclusioni naturali si devonostimar le dimostrazioni necessarie e le sensate esperienzee diquanta autorità le abbino reputate i dotti e i santiteologici; da i qualitra cent'altre attestazioniabbiamo leseguenti: "Illud etiam diligenter cavendum et omninofugiendum estne in tractanda Mosis doctrina quidquam affirmate etasseveranter sentiamus et dicamusquod repugnet manifestisexperimentis et rationibus philosopiæ vel aliarumdisciplinarum: namquecum verum omne semper cum vero congruatnonpotest veritas Sacrarum Literarum veris rationibus et experimentishumanarum doctrinarum esse contraria." Ed appressosant'Agostino si legge: "Si manifestæ certæquerationi velut Santarum Scripturarum obiicitur authoritasnonintelligit qui hoc facit; et non Scripturæ sensumad quempenetrare non potuitsed suum potiusobiicit veritati; nec quod ineased in ipsovelut pro eainvenitopponit."

Stantequestoed essendocome si è dettoche due verità nonpossono contrariarsiè officio de' saggi espositoriaffaticarsi per penetrare i veri sensi de' luoghi sacricheindubitabilmente saranno concordanti con quelle conclusioni naturalidelle quali il senso manifesto e le dimostrazioni necessarie ciavessero prima resi certi e sicuri. Anziessendocome si èdettoche le Scritture per l'addotte cagioni ammettono in moltiluoghi esposizioni lontane dal significato delle paroleedi piùnon potendo noi con certezza asserire che tutti gl'interpreti parlinoinspirati divinamentepoi chese così fusseniuna diversitàsarebbe tra di loro circa i sensi de' medesimi luoghicrederei chefusse molto prudentemente fatto se non si permettesse ad alcunoimpegnare i luoghi della Scrittura ed in certo modo obligargli adover sostener per vere queste o quelle conclusioni naturalidellequali una volta il senso e le ragioni dimostrative e necessarie cipotessero manifestare il contrario. E chi vuol por termine alli umaniingegni? Chi vorrà asseriregià essersi veduto esaputo tutto quello che è al mondo di sensibile e di scibile?Forse quelli che in altre occasioni confesseranno (e con gran verità)che ea quæ scimus sunt minima pars eorum quæignoramus? Anzi purese noi abbiamo dalla bocca dell'istessoSpirito Santoche Deus tradidit mundum disputationi eorumut noninveniat homo opus quod operatus est Deus ab initio ad finemnonsi dovràper mio parerecontradicendo a tal sentenzaprecluder la strada al libero filosofare circa le cose del mondo edella naturaquasi che elleno sien di già state con certezzaritrovate e palesate tute. Né si dovrebbe stimar temeritàil non si quietare nelle opinioni già state quasi comuninédovrebb'esser chi prendesse a sdegno se alcuno non aderisce indispute naturali a quell'opinione che piace loroe massime intorno aproblemi stati già migliaia d'anni controversi tra filosofigrandissimiquale è la stabilità del sole e mobilitàdella Terra: opinione tenuta da Pittagorae da tutta la sua settaeda Eraclide Ponticoil quale fu dell'istessa opinioneda Filolaomaestro di Platonee dall'istesso Platonecome riferisceAristotilee del quale scrive Plutarco nella vita di Numache essoPlatone già fatto vecchio dicevaassurdissima cosa essere iltenere altramente. L'istesso fu creduto da Aristarco Samiocomeabbiamo appresso Archimededa Seleuco matematicoda Nicetafilosoforeferente Ciceronee da molti altrie finalmente ampliatae con molte osservazioni e dimostrazioni confermata da NiccolòCopernico. E Senecaeminentissimo filosofonel libro De cometisci avvertiscedoversi con grandissima diligenza cercar di venire incertezzase sia il cielo o la Terra in cui risegga la diurnaconversione.

Eper questooltre agli articoli concernenti alla salute ed allostabilimento della Fedecontro la fermezza de' quali non èpericolo alcuno che possa insurgere mai dottrina valida ed efficacenon saria forse se non saggio ed util consiglio il non ne aggregaraltri senza necessità: e se così èdisordineveramente sarebbe l'aggiugnergli a richiesta di personele qualioltre che noi ignoriamo se parlino inspirate da celeste virtùchiaramente vediamo che in esse si potrebbe desiderare quellaintelligenza che sarebbe necessaria prima a capiree poi aredarguirele dimostrazioni con le quali le acutissime scienzeprocedono nel confermare simili conclusioni. Ma più direiquando mi fusse lecito produrre il mio parereche forse piùconverrebbe al decoro ed alla maestà di esse Sacre Lettere ilprovvedere che non ogni leggiero e vulgare scrittore potesseperautorizzar sue composizionibene spesso fondate sopra vane fantasiespargervi luoghi della Scrittura Santainterpetratio piùpresto stiracchiatiin sensi tanto remoti dall'intenzione retta diessa Scritturaquanto vicini alla derisione di coloro che non senzaqualche ostentazione se ne vanno adornando. Esempli di tale abuso sene potrebbono addur molti: ma voglio che mi bastino duenon remotida queste materie astronomiche. L'uno de' quali sieno le scrittureche furon pubblicate contro a i pianeti Mediceiultimamente da mescoperticontro la cui esistenza furono opposti molti luoghi dellaSacra Scrittura: ora che i pianeti si fanno veder da tutto il mondosentirei volentieri con quali nuove interpretazioni vien da queimedesimi oppositori esposta la Scritturae scusata la lorsemplicità. L'altro esempio sia di quello che pur nuovamenteha stampato contro a gli astronomi e filosofiche la Luna nonaltramente riceve lume dal Solema è per se stessa splendida;la qual immaginazione conferma in ultimooper meglio diresipersuade di confermarecon varii luoghi della Scritturali qualigli par che non si potessero salvarequando la sua opinione nonfusse vera e necessaria. Tutta viache la Luna sia per se stessatenebrosaè non men chiaro che lo splendor del Sole.

Quindiresta manifesto che tali autoriper non aver penetrato i veri sensidella Scrittural'avrebbonoquando la loro autorità fosse digran momentoposta in obligo di dover costringere altrui a tener pervereconclusioni repugnanti alle ragioni manifeste ed al senso:abuso che Deus avertat che andasse pigliando piede o autoritàperché bisognerebbe vietar in breve tempo tutte le scienzespeculative; perchéessendo per natura il numero degli uominipoco atti ad intendere perfettamente le Scritture Sacre e l'altrescienze maggiore assai del numero degl'intelligentiquelliscorrendo superficialmente le Scritturesi arrogherebbono autoritàdi poter decretare sopra tutte le questioni della naturain vigoredi qualche parola mal intesa da loro ed in altro proposito prodottadagli scrittori sacri: né potrebbe il piccol numerodegl'intendenti reprimer il furioso torrente di quellii qualitroverebbono tanti più seguaciquanto il potersi far reputarsapienti senza studio e senza fatica è più soave che ilconsumarsi senza riposo intorno alle discipline laboriosissime. Perògrazie infinite doviamo render a Dio benedettoil quale per suabenignità ci spoglia di questo timorementre spogliad'autorità simil sorte di personeriponendo il consultarerisolvere e decretare sopra determinazioni tanto importanti nellasomma sapienza e bontà di prudentissimi padri e nella supremaautorità di quellichescorti dallo Spirito Sabnto nonpossono se non santamente ordinarepermettendo che della leggerezzadi quelli altri non sia fatto stima. Questa sorte d'uominiper miocredereson quelli contro i qualinon senza ragionesi riscaldanoi gravi e santi scrittorie de i quali in particolare scrive SanGirolamo: "Hanc" (intendendo della Scrittura Sacra)"garrula anushanc delirus senexhanc sophista verbosushanc universi præsumuntlacerantdocent antequam discant.Aliiadducto superciliograndia verba trutinantesintermulierculas de Sacris Literis philosophantur; alii discuntprohpudora fæminis quod viros doceantetne parum hoc sitquadam facilitate verborumimo audaciaedisserunt aliis quod ipsinon intelligunt. Taceo de mei similibusquisi forte ad ScriputrasSanctas post seculares literas venerintet sermone composito aurempopuli mulserintquidquid dixerinthoc legem Dei putantnec sciredignantur quid Prophetæ quid Apostoli senserintsed ad sensumsuum incongrua aptant testimonia; quasi grande sitet nonvitiosissimum docendi genusdepravare sententiaset ad voluntatemsuam Scripturam trahere repugnantem."

Ionon voglio metter nel numero di simili scrittori secolari alcuniteologiriputati da me per uomini di profonda dottrina e disantissimi costumie per ciò tenuti in grande stima evenerazione; ma non posso già negare di non rimaner conqualche scrupoloed in conseguenza con desiderio che mi fusserimossomentre sento che essi pretendono di poter costringere altricon l'autorità della Scritturaa seguire in dispute naturaliquella opinione che pare a loro che più consuoni con i luoghidi quellastimandosi insieme di non essere in obbligo di solvere leragioni o esperienze in contrario. In esplicazione e confirmazionedel qual lor pareredicono che essendo la teologia regina di tuttele scienzenon deve in conto alcuno abbassarsi per accomodarsi a'dogmi dell'altre men degne ed a lei inferiorima sì benl'altre devono riferirsi ad essacome a suprema imperatriceemutare ed alterar le lor conclusioni conforme alli statuti e decretiteologicali: e più aggiungono che quando nell'inferiorescienza si avesse alcuna conlusione per sicurain vigor didimostrazioni o di esperienzealla quale si trovassi nella Scritturaaltra conclusione repugnantedevono gli stessi professori di quellascienza procurar per se medesimi di quella scienza procurare per semedesimi di scioglier le lor dimostrazioni e scoprir le fallaciedelle proprie esperienzesenza ricorrere a i teologi e scritturali;non convenendocome si è dettoalla dignità dellateologia abbassarsi all'investigazione delle fallacie delle scienzesoggettema solo bastando a lei il determinargli la veritàdella conclusionecon l'assoluta autorità e con la sicurezzadi non poter errare. Le conclusioni poi naturali nelle quali diconessi che noi doviamo fermarci sopra la Scritturasenza glosarla ointerpretarla in sensi diversi dalle paroledicono essere quelledelle quali la Scrittura parla sempre nel medesimo modoe i SantiPadri tutti nel medesimo sentimento le ricevono ed espongono. Oraintorno a queste determinazioni mi accascano da considerare alcuniparticolarili quali proporrò per esserne reso cauto da chipiù di me intende di queste materieal giudizio de' quali iosempre mi sottopongo.

Eprimadubiterei che potesse cader qualche poco di equivocazionementre che non si distinguessero le preminenze per le quali la sacrateologia è degna del titolo di regina. Imperò che ellapotrebbe esser taleo vero perché quello che da tutte l'altrescienze viene insegnatosi trovasse compreso e dimostrato in leimacon mezi più eccellenti e con più sublime dottrinanelmodo cheper essempiole regole del misurare i campi e delconteggiare molto più eminentemente si contengononell'aritmetica e geometria d'Euclideche nelle pratiche degliagrimensori e de' computisti; o vero perché il suggettointorno al quale si occupa la teologiasuperasse di dignitàtutti gli altri suggetti che son materia dell'altre scienzeed ancoperché i suoi insegnamenti procedessero con mezi piùsublimi. Che alla teologia convenga il titolo e la autoritàregia nella prima manieranon credo che poss'essere affermato pervero da quei teologi che avranno qualche pratica nell'altre scienze;de' quali nissuno crederò io che dirà che molto piùeccellente ed esattamente si contenga la geometriala astronomialamusica e la medicina ne' libri sacriche in Archimedein Tolommeoin Boezio ed in Galeno. Però pare che la regia sopreminenza segli deva nella seconda manieraciò è per l'altezza delsuggettoe per l'ammirabil insegnamento delle divine revelazioni inquelle conclusioni che per altri mezi non potevano dagli uomini essercomprese e che sommamente concernono all'acquisto dell'eternabeatitudine. Orase la teologiaoccupandosi nell'altissimecontemplazioni divine e risedendo per dignità nel trono regioper lo che ella è fatta di somma autoritànon discendealle più basse ed umili speculazioni delle inferiori scienzeanzicome di sopra si è dichiaratoquelle non curacome nonconcernenti alla beatitudinenon dovrebbono i ministri e iprofessori di quella arrogarsi autorità di decretare nelleprofessioni non essercitate né studiate da loro; perchéquesto sarebbe come se un principe assolutoconoscendo di poterliberamente comandare e farsi ubbidirevolessenon essendo egli némedico né architettoche si medicasse e fabbricasse a modosuocon grave pericolo della vita de' miseri infermie manifestarovina degli edifizi.

Ilcomandar poi a gli stessi professori d'astronomiache procurino perlor medesimi di cautelarsi contro alle proprie osservazioni edimostrazionicome quelle che non possino esser altro che fallacie esofismiè un comandargli cosa più che impossibile afarsi; perché non solamente se gli comanda che non vegghinoquel che e' veggono e che non intendino quel che gl'intendonomachecercandotrovino il contrario di quello che gli vien per lemani. Peròprima che far questobisognerebbe che fusse lormostrato il modo di far che le potenze dell'anima si comandasserol'una all'altrae le inferiori alle superiorisì chel'immaginativa e la volontà potessero e volessero credere ilcontrario di quel che l'intelletto intende (parlo sempre delleproposizioni pure naturali e che non sono de Fidee non dellesopranaturali e de Fide). Io vorrei pregar questiprudentissimi Padriche volessero con ogni diligenza considerare ladifferenza che è tra le dottrine opinabili e le dimostrative;acciòrappresentandosi bene avanti la mente con qual forzastringhino le necessarie illazionisi accertassero maggiormente comenon è in potestà de' professori delle scienzedemostrative il mutar l'opinioni a voglia loroapplicandosi ora aquesta ed ora a quellae che gran differenza è tra ilcomandare a un matematico o a un filosofo e 'l disporre un mercante oun legistae che non conl'istessa facilità si possonomutare le conclusioni dimostrate circa le cose della natura e delcieloche le opinioni circa a quello che sia lecito o no in uncontrattoin un censoin un cambio. Tal differenza è statabenissimo conosciuta da i Padri dottissimi e santicome l'aver loroposto grande studio in confutar molti argumentioper meglio diremolte fallacie filosofiche ci manifestae come espressamente silegge appresso alcuni di loro; ed in patrticolare aviamo insant'Agostino le seguenti parole: "Hoc indubitanter tenendumestut quicquid sapientes huius mundi de natura rerum veraciterdemonstrare potuerintostendamus nostris Literis non essecontrarium; quicquid autem illi in suis voluminibus contrarium SacrisLiteris docentsine ulla dubitatione credamus id falsissimum esseetquoquomodo possumusetiam ostendamus; atque ita teneamus fidemDomini nostriin quo sunt absconditi omnes theasuri sapientæut neque falsæ philosophiæ loquacitate seducamurnequesimulatæ religionis superstitione terreamur."

Dallequali parole mi par che si cavi questa dottrinacioè che neilibri de' sapienti di questo mondo si contenghino alcune cose dellanatura dimostrate veracementeed altre semplicemente insegnate; echequanto alle primesia ofizio de' saggi teologi mostrare che lenon son contrarie alle Sacre Scritture; quanto all'altreinsegnatema non necessariamente dimostratese vi sarà cosa contrariaalle Sacre Letteresi deve stimare che sia indubitatamente falsaetale in ogni possibil modo si deve dimostrare. Sedunqueleconclusioni naturalidimostrate veracementenon si hanno a posporrea i luoghi della Scritturama sì ben dichiarare come taliluoghi non contrariano ad esse conclusioniadunque bisognaprimache condannare una proposizion naturalemostrar ch'ella non siadimostrata necessariamente: e questo devon fare non quelli che latengon per verama quelli che la stiman falsa; e ciò parmolto ragionevole e conforme alla natura; ciò è chemolto più facilmente sien per trovar le fallacie in undiscorso quelli che lo stiman falsoche quelli che lo reputan vero econcludente; anzi in questo particolare accadrà che i seguacidi questa opinionequanto più andran rivolgendo le carteesaminando le ragionireplicando l'osservazione e riscontrandol'esperienzetanto più si confermino in questa credenza. El'Altezza Vostra sa quel che occorse al matematico passato delloStudio di Pisache messosi nella sua vecchiezza a vedere la dottrinadel Copernico con speranza di poter fondatamente confutarla (poi chein tanto la reputava falsain quanto non l'aveva mai veduta)gliavvenneche non prima restò capace de' suoi fondamentiprogressi e dimostrazioniche ei si trovò persuasoed'impugnatore ne divenne saldissimo mantenitore. Potrei anconominargli altri matematicii qualimossi da gli ultimi mieiscoprimentihanno confessato esser necessario mutare la giàconcepita costituzione del mondonon potendo in conto alcuno piùsussistere.

Seper rimuover dal mondo questa opinione e dottrina batasse il serrarla bocca ad un solocome forse si persuadono quelli chemisurando igiudizi degli altri co 'l loro propriogli par impossibile che talopinione abbia a sussistere e trovar seguaciquesto sarebbefacilissimo a farsi; ma il negozio cammina altramente; perchéper eseguire una tal determinazionesarebbe necessario proibir nonsolo il libro del Copernico e gli scritti degli altri autori cheseguono l'istessa dottrinama bisognerebbe interdire tutta lascienza d'astronomia intierae piùvietar a gli uominiguardare verso il cieloacciò non vedessero Marte e Venere orvicinissimi alla terra or remotissimi con tanta differenza che questasi scorge 40 voltee quello fa 60maggior una volta che l'altraedacciò che la medesima Venere non si scorgesse or rotonda orfalcata con sottilissime cornae molte altre sensate osservazioniche in modo alcuno non si possono adattare al sistema Tolemaicomason saldissimi argumenti del Copernicano. Ma il proibire ilCopernicoora che per molte nuove osservazioni e per l'applicazionedi molti literati alla sua lettura si va di giorno in giornoscoprendo più vera la sua posizione e ferma la sua dottrinaavendol'ammesso per tanti anni mentre egli era men seguito econfermatoparrebbea mio giudizioun contravvenire alla veritàe cercar tanto più di occultarla e supprimerlaquanto piùella si dimostra palese e chiara. Il non abolire interamente tutto illibroma solamente dannar per erronea questa particolarproposizionesarebbes'io non m'ingannodetrimento maggior perl'animelasciandogli occasione di veder provata una proposizionelaqual fusse poi peccato il crederla. Il proibir tutta la scienzachealtro sarebbe che un reprovar cento luoghi delle Sacre Lettereiquali ci insegnano come la gloria e la grandezza del sommo Iddiomirabilmente si scorge in tutte le sue fatturee divinamente silegge nell'aperto libro del cielo? Né sia chi creda che lalettura degli altissimi concettiche sono scritti in quelle cartefinisca nel solo veder lo splendor del Sole e delle stelle e 'l lornascere ed ascondersiche è il termine sin dove penetrano gliocchi dei bruti e del vulgo; ma vi son dentro misteri tantro profondie concetti tanto sublimiche le vigiliele fatiche e gli studi dicento e cento acutissimi ingegni non gli hanno ancora interamentepenetrati con l'investigazioni continuate per migliaia e migliaiad'anni. E credino pure gli idioti chesì come quello che gliocchi loro comprendono nel riguardar l'aspetto esterno d'un corpoumano è piccolissima cosa in comparazione de gli ammirandiartifizi che in esso ritrova un esquisito e diligentissimo anatomistae filosofomentre va investigando l'uso di tanti muscolitendininervi ed ossiesaminando gli offizi del cuore e de gli altri membriprincipaliricercando le sedi delle facultà vitaliosservando le maravigliose strutture de gli strumenti de' sensiesenza finir mai di stupirsi e di appagarsicontemplando i ricettidell'immaginazionedella memoria e del discorso; così quelloche 'l puro senso della vista rappresentaè come nulla inproporzion de' l'alte meraviglie chemercé delle lunghe edaccurate osservazionil'ingegno degl'intelligenti scorge nel cielo.E questo è quanto mi occorre considerare circa a questoparticolare.

Quantopoi a quello che soggiungonoche quelle proposizioni naturali dellequali la Scrittura pronunzia sempre l'istesso e che i Padri tutticoncordemente nell'istesso senso ricevonodebbino esser inteseconforme al nudo significato delle parolesenza glose einterpretazionie ricevute e tenute per verissimee che inconseguenzaper esser tale la mobilità del Sole e lastabilità della Terrasia de Fide il tenerle per vereed erronea l'opinion contraria; mi occorre di considerarprimachedelle proposizioni naturali alcune sono delle qualicon ogni umanaspecolazione e discorsosolo se ne può conseguire piùpresto qualche probabile opinione e verisimil conietturache unasicura e dimostrata scienzacomeper esempiose le stelle sienoanimate; altre sonodelle quali o si hao si può crederefermamente che aver si possacon esperienzecon lunghe osservazionie con necessarie dimostrazioniindubitata certezzaquale èse la Terra e 'l Sole si muovino o nose la Terra sia sferica o no.Quanto alle primeio non dubito punto che dove gli umani discorsinon possono arrivaree che di esse per conseguenza non si puòavere scienzama solamente opinione e fedepiamente convengaconformarsi assolutamente col puro senso della Scrittura. Ma quantoalle altreio credereicome di sopra si è dettoche primafosse d'accertarsi del fattoil quale ci scorgerebbe al ritrovamentode' veri sensi delle Scrittureli quali assolutamente sitroverebbero concordi col fatto dimostratoben che le parole nelprimo aspetto sonassero altramente; poi che due veri non possono maicontrariarsi. E questa mi par dottrina tanto retta e sicuraquantoio la trovo scritta puntualmente in sant'Agostinoil qualeparlandoa punto della figura del cielo e quale essa si deve credere esserepoi che pare che quel che ne affermano gli astronomi sia contrarioalla Scritturastimandola quegli rotondae chiamandola la scritturadistesa come una pelledetermina che niente si ha da curar che laScrittura contrarii a gli astronomima credere alla sua autoritàse quello che loro dicono sarà falso e fondato solamente sopraconietture dell'infirmità umana; ma se quello che loroaffermano fosse provato con ragioni indubitabilinon dice questoSanto Padre che si comandi a gli astronomi che lor medesimisolvendole lor dimostrazionidichiarino la lor conclusione per falsamadice che si deve mostrare che quello che è detto nellaScrittura della pellenon è contario a quelle veredimostrazioni. Ecco le sue parole: "Sed ait aliquis: Quomodonon est contrarium iis qui figuram spheræ cælo tribuuntquod scriptum est in libris nostrisQui extendit cælum sicutpellem? Sit sane contariumsi falsum est quod illi dicunt; hoc enimverum estquod divina dicit authoritaspotius quam illud quodhumana infirmitas coniicit. Sed si forte illud talibus illidocumentis probare potuerintut dubitari inde non debeatdemonstrandum esthoc quod apud nos est de pelle dictumveris illisrationibus non esse contrarium." Segue poi di ammonirci chenoi non doviamo esser meno osservanti in concordare un luogo dellaScrittura con una proposizione naturale dimostratache con un altroluogo della Scrittura che sonasse il contrario. Anzi mi par degnad'esser ammirata ed immitata la circuspezzione di questo Santoilquale anco nelle conclusioni oscuree delle quali si puòesser sicuri che non se ne possa avere scienza per dimostrazioniumaneva molto riservato nel determinar quello che si deva crederecome si vede da quello che egli scrive nel fine del 2° libro DeGenesi ad literamparlando se le stelle sieno da credersianimate: "Quod licet in præsenti facile non possitconpræhendiarbitror tamenin processu tractandarumScripturarum opportuniora loca posse occurrereubi nobis de hac resecundum sanctæ authoritatis literasetsi non ostendere certumaliquidtamen crederelicebit. Nunc autemservata sempermoderatione piæ gravitatisnihil credere de re obscura temeredebemusne forte quod postea veritas patefeceritquamvis librissanctissive Testamenti Veteris sive Novinullo modo esse possitadversumtamen propter amorem nostri erroris oderimus."

Diqui e da altri luoghi parmis'io non m'ingannola intenzione de'Santi Padri esserche nelle quistioni naturali e che non son deFide prima si deva considerar se elle sono indubitabilmentedimostrate o con esperienze sensate conosciuteo vero se una talcognizione e dimostrazione aver si possa: la quale ottenendosiedessendo ella ancora dono di Diosi deve applicare all'investigazionede' veri sensi delle Sacre Lettere in quei luoghi che in apparenzamostrassero di sonar diversamente; i quali indubitatamente sarannopenetrati da' sapienti teologiinsieme con le ragioni per che loSpirito Santo gli abbia volsuti tal voltaper nostro essercizio oper altra a me recondita ragionevelare sotto parole di significatodiverso.

Quantoall'altro puntoriguardando noi al primario scopo di esse SacreLetterenon crederei che l'aver loro sempre parlato nell'istessosenso avesse a perturbar questa regola; perchése occorrendoalla Scritturaper accomodarsi alla capacità del vulgopronunziare una volta una proposizione con parole di sentimentodiverso dalla essenza di essa proposizione; perché non dovràella aver osservato l'istessoper l'istesso rispettoquante voltegli occorreva la medesima cosa? Anzi mi pare che 'l fare altramenteaverebbe cresciuta la confusionee scemata la credulità nelpopolo. Che poi della quiete o movimento del Sole e della Terra fossenecessarioper accomodarsi alla capacità popolareasserirnequello che suonan le parole della Scrittural'esperienza ce lomostra chiaro: poi che anco all'età nostra popolo assai menrozo vien mantenuto nell'istessa opinione da ragioni chebenponderate ed essaminatesi troveranno esser frivolissimeedesperienze o in tutto false o totalmente fuori del caso; né sipuò pur tentar di rimuoverlonon sendo capace delle ragionicontrariedependenti da troppo esquisite osservazioni e sottilidimostrazioniappoggiate sopra astrazioniche ad esser concepiterichieggon troppo gagliarda imaginativa. Per lo chequando beneappresso i sapienti fusse più che certa e dimostrata lastabilità del Sole e 'l moto della Terrabisognerebbe ad ognimodoper mantenersi il credito appresso il numerosissimo volgoproferire il contrario; poi che de i mille uomini vulgari chevenghino interrogati sopra questi particolariforse non se netroverà uno soloche non rispondaparerglie cosìcreder per fermoche 'l Sole si muova e che la Terra stia ferma. Manon però deve alcun prendere questo comunissimo assensopopolare per argumento della verità di quel che vieneasserito; perché se noi interrogheremo gli stessi uomini dellecause e motivi per i quali e' credono in quella manieraedall'incontroascolteremo quali esperienze e dimostrazioni induchinoquegli altri pochi a creder il contrariotroveremo questi esserpersuasi da saldissime ragionie quelli da semplicissime apparenze erincontri vani e ridicoli.

Chedunque fosse necessario attribuire al Sole il motoe la quiete allaTerraper non confonder la poca capacità del vulgo e renderlorenitente e contumace nel prestar fede a gli articoli principali eche sono assolutamente de Fide è assai manifesto: e secosì era necessario a farsinon è punto dameravigliarsi che così sia stato con somma prudenza esseguitonelle divine Scritture. Ma più diròche non solamenteil rispetto dell'incapacità del Vulgoma la corrente opinionedi quei tempifece che gli scrittori sacri nelle cose non necessariealla beatitudine più si accomodorno all'uso ricevuto che allaessenza del fatto. Di che parlando san Girolamo scrive: "Quasinon multa in Scripturis Sanctis dicantur iuxta opinionem illiustemporis quo gesta referunturet non iuxta quod rei veritascontinebat." Ed altrove il medesimo Santo: "ConsuetudinisScripturarum estut opinionem multarum rerum sic narret Historicusquomodo eo tempore ab omnibus credebatur." E san Tommaso inIobal cap. 27sopra le parole "Qui extendit aquilonemsuper vacuumet appendit Terram super nihilum"nota che laScrittura chiama vacuo e niente lo spazio che abbraccia e circonda laTerrae che noi sappiamo non esser vòtoma ripieno d'aria:nulla dimenodice egli che la Scritturaper accomodarsi allacredenza del vulgoche pensa che in tale spazio non sia nullalochiama vacuo e niente. Ecco le parole di san Tommaso: "Quodde superiori hemisphærio cæli nihil nobis apparet. nisisaptium äere plenumquod vulgares homines reputant vacuum:loquitur enim secundum extimationem vulgarium hominumpro ut est mosin Sacra Scriptura." Ora da questo luogo mi pare che assaichiaramente argumentar si possache la Scrittura Sacraper ilmedesimo rispettoabbia avuto più gran cagione di chiamare ilSole mobile e la Terra stabile. Perchése noi tenteremo lacapacità degli uomini vulgarigli troveremo molto piùinetti a restar persuasi della stabilità del Sole e mobilitàdella Terrache dell'esser lo spazioche ci circondaripienod'aria: adunquese gli autori sacri in questo puntoche non avevatanta difficoltà appresso la capacità del vulgo adesser persuasonulla dimeno si sono astenuti dal tentare dipersuaderglielonon dovrà parere se non molto ragionevole chein altre proposizioni molto più recondite abbino osservato ilmedesimo stile.

Anziconoscendo l'istesso Copernico qual forza abbia nella nostra fantasiaun'invecchiata consuetudine ed un modo di concepir le cose giàsin dall'infanzia fattoci familiareper non accrescer confusione edifficoltà nella nostra astrazionedopo aver prima dimostratoche i movimenti li quali a noi appariscono esser del sole o delfirmamento son veramente della Terranel venir poi a ridurgli intavole ed all'applicargli all'usogli va nominando per del Sole edel cielo superiore a i pianetichiamando nascere e tramontar delsoledelle stellemutazioni nell'obliquità dello zodiaco evariazione ne' punti degli equinoziimovimento medioanomalia eprostaferesi del Soleed altre cose taliquelle che son veramentedella Terra. Ma perchésendo noi congiunti con leied inconseguenza a parte d'ogni suo movimentonon gli possiamo immediatericonoscere in leima ci convien far di lei relazione a i corpicelesti ne' quali ci apparisconoperò gli nominiamo comefatti là dove fatti ci rassembrano. Quindi si noti quanto siaben fatto l'accomodarsi al nostro più consueto modod'intendere.

Chepoi la comun concordia de' Padrinel ricever una proposizionenaturale dalla Scrittura nel medesimo senso tuttidebba autenticarlain maniera che divenga de Fide il tenerla per talecredereiche ciò si dovesse al più intender di quelleconclusioni solamentele quali fussero da essi Padri state discussee ventilate con assoluta diligenza e disputate per l'una e perl'altra parteaccordandosi poi tutti a reprovar quella e tenerquesta. Ma la mobilità della Terra e stabilità del Solenon son di questo generecon ciò sia che tale opinione fossein quei tempi totalmente sepolta e remota dalle quistioni dellescuolee non consideratanon che seguitada veruno: onde si puòcredere che né pur cascasse concetto a' Padri di disputarlaavendo i luoghi della Scritturela lor opinionee l'assenso de gliuomini tutticoncordi nell'istesso pareresenza che si sentisse lacontradizione di alcuno. Non basta dunque il dir che i Padri tuttiammettono la stabilità della Terraetc.adunque il tenerla ède Fide; ma bisogna provar che gli abbino condennatol'opinione contraria; imperò che io potrò sempre direche il non avere avuta loro occasione di farvi sopra reflessione ediscuterlaha fatto che l'hanno lasciata ed ammessa solo comecorrentema non già come resoluta e stabilita. E ciòmi par di poter dir con assai ferma ragione: imperò che o iPadri fecero reflessione sopra questa conclusione come controversaono: se noadunque niente ci potetteroné anco in mente lorodeterminarené deve la loro non curanza mettere in obligo noia ricevere quei precetti che essi non hannoné pur conl'intenzioneimposti: ma se ci fecero applicazione e considerazionegià l'averebbono dannata se l'avessero giudicata per erronea;il che non si trova che essi abbino fatto. Anzidopo che alcuniteologi l'hanno cominciata a consideraresi vede che non l'hannostimata erroneacome si legge ne i Comentari di Didaco a Stunicasopra Iobal c. 9v. 6sopra le parole "Qui commovet Terramde loco suo" etc: dove lungamente discorre sopra la posizioneCopernicanae concludela mobilità della Terra non essercontro alla Scrittura.

Oltreche io averei qualche dubbio circa la verità di taldeterminazioneciò è se sia vero che la Chiesaobblighi a tenere come de Fide simili conclusioni naturaliinsignite solamente di una concorde interpretazione di tutti i Padri:e dubito che poss'essere che quelli che stimano in questa manierapossin aver desiderato d'ampliar a favor della propria opinione ildecreto de' Conciliiil quale non veggo che in questo propositoproibisca altro se non lo stravolger in sensi contrarii a quel diSanta Chiesa o del comun consenso de' Padri quei luoghi solamente chesono de Fideo attenenti a i costumiconcernentiall'edificazione della dottrina cristiana: e così parla ilConcilio Tridentino alla Sessione IV. Ma la mobilità ostabilità della Terra o del Sole non son de Fide nécontro a i costuminé vi è chi voglia scontorcereluoghi della Scrittura per contrariare a Santa Chiesa o a i Padri:anzi chi ha scritta questa dottrina non si è mai servito diluoghi sacriacciò resti sempre nell'autorità di gravie sapienti teologi l'interpretar detti luoghi conforme al verosentimento. E quanto i decreti de' Concilii si conformino co' santiPadri in questi particolaripuò esser assai manifesto: poiche tantum abest che si risolvino a ricever per de Fidesimili conclusioni naturali o a reprovar come erronee le contrarieopinioni chepiù presto avendo riguardo alla primariaintenzione di Santa Chiesareputano inutile l'occuparsi in cercar divenir in certezza di quelle. Senta l'Altezza Vostra Serenissimaquello che risponde sant'Agostino a quei fratelli che muovono laquistionese sia vero che il cielo si muova o pure stia fermo: "Hisrespondeomultum subtilis et laboriosis rationibus ista perquiriutvere percipiatur utrum ita an non ita sit: quibus ineundis atquetractandis nech mihi iam tempus estnec illis esse debet quos adsalutem suam et Sanctæ Ecclesiæ necessarium utilitatemcupimus informari."

Maquando pure anco nelle proposizioni naturalida luoghi dellaScrittura esposti concordemente nel medesimo senso da tutti i Padrisi avesse a prendere la resoluzione di condennarle o ammetterlenonperò veggo che questa regola avesse luogo nel nostro casoavvenga che sopra i medesimi luoghi si leggono de' Padri diverseesposizioni: dicendo Dionisio Areopagitache non il Solema ilprimo mobilesi fermò; l'istesso stima sant'Agostinociòè che si fermassero tutti i corpi celesti; e dell'istessaopinione è l'Abulense. Ma piùtra gli autori Ebreiai quali applaude Ioseffoalcuni hanno stimato che veramente il Solenon si fermassema che così apparve mediante la brevitàdel tempo nel quale gl'Isdraeliti dettero la sconfitta a' nemici.Cosìdel miracolo al tempo di EzechiaPaulo Burgense stimanon essere stato fatto nel Solema nell'orivuolo. Ma che in effettosia necessario glosare e interpretare le parole del testo di Iosuèqualunque si ponga la costituzione del mondodimostrerò piùa basso.

Mafinalmenteconcedendo a questi signori più di quello checomandanociò è di sottoscrivere interamente al parerede' sapienti teologiciò è che tal particolardisquisizione non si trova essere stata fatta da i Padri antichipotrà esser fatta da i sapienti della nostra etàliqualiascoltate prima l'esperienzel'osservazionile ragioni e ledimostrazioni de' filosofi ed astronomi per l'una e per l'altrapartepoi che la controversia è di problemi naturali e didilemmi necessarii ed impossibili ad essere altramente che in unadelle due maniere controversepotranno con assai sicurezzadeterminar quello che le divine ispirazioni gli detteranno. Ma chesenza ventilare e discutere minutissimamente tutte le ragionidell'una e dell'altra partee che senza venire in certezza del fattosi sia per prendere una tanta resoluzionenon è da sperarsida quelli che non si curerebbono d'arrisicar la maestà edignità delle Sacre Lettere per sostentamento dellareputazione di lor vane immaginazioniné da temersi da quelliche non ricercano altro se non che si vadia con somma attenzioneponderando quali sieno i fondamenti di questa dottrinae questo soloper zelo stantissimo del vero e delle Sacre Letteree della maestà.dignità ed autorità nella quale ogni cristiano deveprocurare che esse sieno mantenute. La quale dignità chi nonvede con quanto maggior zelo vien desiderata e procurata da quellichesottoponendosi onninamente a Santa Chiesadomandano non che siproibisca questa o quella opinionema solamente di poter mettere inconsiderazione cose onde ella maggiormente si assicuri nell'elezionepiù sicurache da quelli cheabbagliati da proprio interesseo sollevati da maligne suggestionipredicano che ella fulminisenz'altro la spadapoi che ella ha potestà di farlononconsiderando che non tutto quel che si può fare èsempre utile che si faccia? Di questo parere non son già statii Padri santissimi: anziconoscendo di quanto progiudizio e quantocontro al primario instituto della Chiesa Cattolica sarebbe il volereda' luoghi della Scrittura definire conclusioni naturalidellequalio con esperienze o con dimostrazioni necessariesi potrebbein qualche tempo dimostrare il contrario di quel che suonan le nudeparolesono andati non solamente circospettissimima hannoperammaestramento degli altrilasciati i seguenti precetti: "Inrebus obscuris atque a nostri oculis remotissimissi qua indescriptaetiam divinalegerimusquæ possintsalva fide quaimbuimuraliis atque aliis parere sententiisin ullam earum nospræcipiti affirmatione ita proiiciamusutsi fortediligentius discussa veritas eam recte labefactaveritcorruamus; nonpro sententia divinarum Scripturarumsed pro nostra ita dimicantesut eam velimus Scripturarum essequæ nostra estcom potiuseamquæ Scripturarum estnostram esse velle debeamus."Soggiugne poco di sottoper ammaestrarci come nissunaproposizione può esser contro la Fede se prima non èdimostrata esser falsadicendo: "Tamdiu non est contraFidemdonec veritate certissima refellatur: quod si factum fueritnon hoc habebat divina Scripturased hoc senserat humanaignorantia." Dal che si vede come falsi sarebbono isentimenti che noi dessimo a' luoghi della Scritturaogni volta chenon concordassero con le verità dimostrate: e peròdevesi con l'aiuto del vero dimostrato cercar il senso sicuro dellaScritturae nonconforme al nudo suono delle paroleche sembrassevero alla debolezza nostravolere in certo modo sforzar la natura enegare l'esperienze e le dimostrazioni necessarie.

Manoti di piùl'Altezza Vostracon quante circospezzionicammina questo santissimo uomo prima che risolversi ad affermarealcuna interpretazione della Scrittura per certa e talmente sicurache non si abbia da temere di poter incontrare qualche difficoltàche ci apporti disturbochenon contento che alcun senso dellaScrittura concordi con alcuna dimostrazionesoggiugne: "Siautem hoc verum esse certa ratio demonstraveritadhuc incertum eritutrum hoc in illis verbis sanctorum librorum scriptor sentirivolueritan aliquid aliud non minus verum: quod si cæteracontextio sermonis non hoc eum voluisse probaveritnon ideo falsumerit aliud quod ipse intelligi voluitsed et verum et quod utliscognoscatur." Ma quello che accresce la meraviglia circa lacircospezzione dìcon la quale questo autore camminaèchenon si assicurando su 'l vedere che e le ragioni dimostrative equelle che suonano le parole della Scrittura ed il resto dellatestura precedente e susseguente cospirino nella medesima intenzioneaggiugne le seguenti parole: "Si autem contextio Scripturæhoc voluisse intelligi scriptorem non repugnaveritadhuc restabitquærereutrum et aliud non potuerit"; né sirisolvendo ad accettar questo senso o escluder quelloanzi non gliparendo di potersi stimar mai cautelato a sufficienzaséguita:"Quod si et aliud potuisse invenerimusincertum eritquidnameorum ille voluerit; aut utrumque voluissenon inconvenientercreditursi utrique sententiæ certa circumstantiasuffragatur." E finalmentequasi volendo render ragione diquesto suo institutocol mostrarci a quali pericoli esporrebbono sée le Scritture e la Chiesa quelli cheriguardando più almantenimento d'un suo errore che alla dignità della Scritturavorrebbono estender l'autorità di quella oltre a i termini cheella stessa si prescrivesoggiugne le seguenti paroleche per sésole doverebbono bastare a reprimere e moderare la soverchia licenzache tal uno pretende di potersi pigliare: "Plerumque enimacciditut aliquid de Terrade cælode cæteris huiusmunda elementisde moti et conversione vel etiam magnitude etintervallis siderumde certi defectibus Solis et Lunædecircuitibus annorum et temporumde naturis animaliumfruticumlapidumatque huiusmodi cæterisetiam non Christianus itanoveritut certissima ratione vel experientia teneat. Turpe autemest nimis et perniciosum ac maxime cavendumut Christianum de hisrebus quasi secundum Christianas Literas loquentem ita delirarequilibet infidelis audiatutquemadmodum diciurtoto cæloerrare conspiciensrisum tenere vix possit; et non tam molestum estquod errans homo derideretursed quod authores nostri ab eis quiforsi sunt talia sensisse credunturetcum magno exitio eorum dequorum salute stagimustamquam indoct repræhenduntur atquerespuuntur. Cum enim quemquam de numero Christianorum ea in re quamipsi optime norunt errare depræhenderintet vanam sententiamsuam de nostris libris asserentquo pacto illis libris crediturisunt de resurrectione mortuorum et de spe vitæ æternæregnoque cælorumquando de his rebus quas iam experiri velindubitatis rationibus percipere potueruntfallaciter putaverintesse conscriptos?" Quanto poi restino offesi i Padriveramente saggi e prudenti da questi tali cheper sostenerproposizioni da loro non capitevanno in certo modo impegnando iluoghi delle Scrittureriducendosi poi ad accrescere il primo errorecol produrr'altri luoghi meno intesi de' primiesplica il medesimoSanto con le parole che seguono: "Quid enim molestiætristiæque ingerant prudentibus fratribus temerariipræsumptoressatis dici non potestcum si quando de prava etfalsa opinione sua repræhendi et convinci cœperint ab eisqui nostrorum librorum authoritate non tenenturad defendendum idquod levissima temeritate et apertissima falsitate dixerunteosdemlibros sanctos unde id probentproferre conantur; vel etiammemoriterquæ ad testimonium valere arbitranturmulta indeverba pronunciantnon intelligentes neque quæ loquuntur nequede quibus affirmant."

Delnumero di questi parmi che sieno costoroche non volendo o nonpotendo intendere le dimostrazioni ed esperienze con le qualil'autore ed i seguaci di questa posizione la confermanoattendonopure a portare innanzi le Scritturenon si accorgendo che quante piùne producono e quanto più persiston in affermar quelle esserchiarissime e non ammetter altri sensi che quelli che essi gli dannodi tanto maggior progiudizio sarebbono alla dignità di quelle(quando il lor giudizio fosse di molta autorità)se poi laverità conosciuta manifestamente in contrario arrecassequalche confusioneal meno in quelli che son separati da SantaChiesade' quali pur ella è zelantissima e madre desiderosadi ridurgli nel suo grembo. Vegga dunque l'Altezza Vostra quantodisordinatamente procedono quelli chenelle dispute naturalinellaprima fronte costituiscono per loro argomenti luoghi della Scritturae ben spesso malamente da loro intesi.

Mase questi tali veramente stimano e interamente credono d'avere ilvero sentimento di un tal luogo particolare della Scritturabisognaper necessaria conseguenzache si tenghino anco sicuri d'aver inmano l'assoluta verità di quella conclusione naturale cheintendono di disputaree che insieme conoschino d'aver grandissimovantaggio sopra l'avversarioa cui tocca a difender la parte falsa;essendo che quello che sostiene il veropuò aver molteesperienze sensate e molte dimostrazioni necessarie per la parte suamentre che l'avversario non può valersi d'altro ched'ingannevoli apparenzedi paralogismi e di fallacie. Ora se lorocontenendosi dentro a i termini naturali e non producendo altre armiche le filosofichesanno ad ogni modo d'esser tanto superioriall'avversarioperchénel venir poi al congressopor subitomano ad un'arme inevitabile e tremendaper atterrire con la solavista il loro avversario? Mase io devo dir il verocredo che essisieno i primi atterritie chesentendosi inabili a potere starforti contro alli assalti dell'avversariotentino di trovar modo dinon se lo lasciar accostarevietandogli l'uso del discorso che laDivina Bontà gli ha concedutoed abusando dell'autoritàgiustissima della Sacra Scrittura cheben intesa e usatanon puòmaiconforme alla comun sentenza de' teologioppugnar le manifesteesperienze o le necessarie dimostrazioni. Ma che questi talirifugghino alle Scritture per coprir la loro impossibilità dicapirenon che di solverele ragioni contrariedovrebbes'io nonm'ingannoessergli di nessun profittonon essendo mai sin qui statacotal opinione dannata da Santa Chiesa. Peròquando volesseroprocedere con sinceritàdoverebbono otacendoconfessarsiinabili a poter trattar di simili materieo vero prima considerareche non è nella potestà loro né di altri che delSommo Pontefice o de' sacri Concilii il dichiarare una proposizioneper erroneama che bene sta nell'arbitrio loro il disputar della suafalsità; dipoiintendendo come è impossibile chealcuna proposizione sia insieme vera ed ereticadovrebbono occuparsidi quella parte che più aspetta a lorociò è indimostrar la falsità di quella; la quale come avesseroscopertao non occorrerebbe più il proibirlaperchénessuno la seguirebbeo il proibirla sarebbe sicuro e senza pericolodi scandalo alcuno.

Peròapplichinsi prima questi tali a redarguire le ragioni del Copernico edi altrie lascino il condennarla poi per erronea ed eretica a chiciò si appartiene; ma non sperino già d'esser pertrovare nei circuspetti e sapientissimi Padri e nell'assolutasapienza di Quel che non può errarequelle repentineresoluzioni nelle quali essi talora si lascerebbono precipitare daqualche loro affetto o interesse particolare; perché sopraqueste ed altre simili proposizioniche non sono direttamente deFidenon è chi dubiti che il Sommo Pontefice ritiensempre assoluta potestà di ammetterle o di condennarle; ma nonè già in poter di creatura alcuna il farle esser vere ofalsediversamente da quel che elleno per sua natura e de factosi trovano essere. Però par che miglior consiglio sial'assicurarsi prima della necessaria ed immutabil verità delfattosopra la quale nissuno ha imperiochesenza tal sicurezzacol dannare una parte spogliarsi dell'autorità e libertàdi poter sempre eleggereriducendo sotto necessità quelledeterminazioni che di presente sono indifferenti e libere e ripostenell'arbitrio dell'autorità suprema. Ed in sommase non èpossibile che una conclusione sia dichiarata eretica mentre si dubitache ella poss'esser veravana doverà esser la fatica diquelli che pretendono di dannar la mobilità della Terra e lastabilità del Solese prima non la dimostrano essereimpossibile e falsa.

Restafinalmente che consideriamoquanto sia vero che il luogo di Giosuèsi possa prendere senza alterare il puro significato delle paroleecome possa essere cheobedendo il Sole al comandamento di Giosuèche fu che egli si fermassene potesse da ciò seguire che ilgiorno per molto spazio si prolungasse.

Laqual cosastante i movimenti celesti conforme alla costituzioneTolemaicanon può in modo alcuno avvenire: perchéfacendosi il movimento del Sole per l'eclittica secondo l'ordine de'segniil quale è da occidente verso orienteciò ècontrario al movimento del primo mobile da oriente in occidentecheè quello che fa il giorno e la nottechiara cosa èchecessando il Sole dal suo vero e proprio movimentoil giorno sifarebbe più cortoe non più lungoe che all'incontroil modo dell'allungarlo sarebbe l'affrettare il suo movimento; intanto cheper fare che il Sole restasse sopra l'orizonte per qualchetempo in un istesso luogosenza declinar verso l'occidenteconverrebbe accelerare il suo movimento tanto che pareggiasse queldel primo mobileche sarebbe un accelerarlo circa trecento sessantavolte più del consueto. Quando dunque Iosuè avesseavuto intenzione che le sue parole fossero prese nel loro puro epropriissimo significatoaverebbe detto al Sole ch'egli accelerasseil suo movimentotanto che il ratto del primo mobile non lo portasseall'occaso; ma perchè le sue parole erano ascoltate da genteche forse non aveva altra cognizione de' movimenti celesti che diquesto massimo e comunissimo da levante a ponenteaccomodandosi allacapacità loroe non avendo intenzione d'insegnargli lacostituzione delle sferema solo che comprendessero la grandezza delmiracolo fatto nell'allungamento del giornoparlò conformeall'intendimento loro.

Forsequesta considerazione mosse prima Dionisio Areopagita a dire che inquesto miracolo si fermò il primo mobilee fermandosi questoin conseguenza si fermoron tutte le sfere celesti: della qualeopinione è l'istesso sant'Agostinoe l'Abulense diffusamentela conferma. Anziche l'intenzione dell'istesso Iosuè fusseche si fermasse tutto il sistema delle celesti sferesi comprendedal comandamento fatto ancora alla Lunaben che essa non avesse chefare nell'allungamento del giorno; e sotto il precetto fatto ad essaLuna s'intendono gli orbi de gli altri pianetitaciuti in questoluogo come in tutto il resto delle Sacre Scritturedelle quali non èstata mai intenzione d'insegnarci le scienze astronomiche.

Parmidunques'io non m'ingannoche assai chiaramente si scorga cheposto il sistema Tolemaicosia necessario interpretar le parole conqualche sentimento diverso dal loro puro significato: la qualeinterpretazioneammonito dagli utilissimi documenti disant'Agostinonon direi esser necessariamente questasì chealtra forse migliore e più accomodata non potesse sovvenire adalcun altro. Ma se forse questo medesimopiù conforme aquanto leggiamo in Giosuèsi potesse intendere nel sistemaCopernicanocon l'aggiunta di un'altra osservazionenuovamente dame dimostrata nel corpo solarevoglio per ultimo mettere inconsiderazione; parlando sempre con quei medesimi riserbi di nonesser talmente affezionato alle cose mieche io voglia anteporle aquelle degli altrie creder che di migliori e più conformiall'intenzione delle Sacre Lettere non se ne possino addurre.

Postodunqueprimache nel miracolo di Iosuè si fermasse tutto 'lsistema delle conversioni celesticonforme al parere de' sopranominati autorie questo acciò chefermatone una solanonsi confondesser tutte le costituzioni e s'introducesse senzanecessità perturbamento in tutto 'l corso della naturavengonel secondo luogo a considerare come il corpo solareben che stabilenell'istesso luogosi rivolge però in se stessofacendoun'intera conversione in un mese in circasì comeconcludentemente mi par d'aver dimostrato nelle mie Lettere delleMacchie Solari: il qual movimento vegghiamo sensatamente essernellaparte superior del globoinclinato verso il mezo giornoe quindiverso la parte inferiorepiegarsi verso aquilonenell'istesso modoappunto che si fanno i rivolgimenti di tutti gli orbi de' pianeti.Terzoriguardando noi alla nobiltà del Soleed essendo eglifonte di lucedal qual purcom'io necessariamente dimostrononsolamente la Luna e la Terrama tutti gli altri pianetinell'istesso modo per se stessi tenebrosivengono illuminati.noncredo che sarà lontano dal ben filosofare il dir che eglicome ministro massimo della natura e in certo modo anima e cuore delmondoinfonde a gli altri corpi che lo circondano non solo la lucema il moto ancoraco 'l rigirarsi in se medesimo; sì chenell'istesso modo checessando 'l moto del cuore nell'animalecesserebbono tutti gli altri movimenti delle sue membracosìcessando la conversion del Solesi fermerebbono le conversioni ditutti i pianeti. E come che della mirabil forza ed energia del Soleio potessi produrne gli assensi di molti gravi scrittorivoglio chebasti un luogo solo del Beato Dionisio Areopagita nel libro Dedivinis nominibus; il quale del Sole scrive così: "Luxetiam colligit convertitque ad se omniaquæ videnturquæmoventurquæ illustranturquæ calescuntet uno nomineea quæ ab eius splendore continentur. Itaque Sol Ilios diciturquod omnia congreget colligatque dispersa." E poco piùa basso scrive dell'istesso Sole: "Si enim Sol hicquemvidemuseorum quæ sub sensum cadunt essentias et qualitatesquamquam multæ sint ac dissimilestamen ipsequi unus estæquabiliterque lumen funditrenovatalittueturperficitdividitconiungitfovetfœcunda redditaugetmutatfirmateditmovetvitaliaque facit omniaet unaquæque rea huisuniversitatispro captu suounius atque eiusdem Solis estparticepscausasque multorumquæ participantin seæquabiliter anticipatas habet; certe maiore ratione"etc. Essendodunqueil Sole e fonte di luce e principio de'movimentivolendo Iddio che al comandamento di Iosuè restasseper molte ore nel medesimo stato immobilmente tutto 'l sistemamondanobastò fermare il Solealla cui quiete fermatesitutte l'altre conversionirestarono e la Terra e la luna e 'l Solenella medesima costituzionee tutti gli altri pianeti insieme; néper tutto quel tempo declinò 'l giorno verso la nottemamiracolosamente si prolungò: ed in questa maniera col fermareil Solesenza alterar punto o confondere gli altri aspetti escambievoli costituzioni delle stellesi potette allungare il giornoin terraconforme esquisitamente al senso literale del sacro testo.

Maquello di ches'io non m'ingannosi deve far non piccola stimaèche con questa costituzione Copernicana si ha il senso literaleapertissimo e facilissimo d'un altro particolare che si legge nelmedesimo miracolo; il quale èche il Sole si fermò nelmezo del cielo. Sopra 'l qual passo gravi teologi muovono difficoltà:poi che par molto probabile che quando Giosuè domandòl'allungamento del giornoil Sole fusse vicino al tramontaree nonal meridiano; perché quando fusse stato nel meridianoessendoallora intorno al solstizio estivoe però i giornilunghissiminon par verisimile che fusse necessario pregarl'allungamento del giorno per conseguir vittoria in un conflittopotendo benissimo bastare per ciò lo spazio di sette ore e piùdi giorno che rimanevano ancora. Dal che mossi gravissimi teologihanno veramente tenuto che 'l Sole fusse vicino all'occaso; e cosìpar che suonino anco le paroledicendosi: FermaSolefermati;ché se fosse stato nel meridianoo non occorreva ricercare ilmiracoloo sarebbe bastato pregar solo qualche ritardamento. Diquesta opinione è il Caietanoalla quale sottoscrive ilMagaglianesconfermandola con dire che Iosuè avevaquell'istesso giorno fatte tant'altre cose avanti il comandamento delsoleche impossibile era che fussero spedite in mezo giorno: onde siriducono ad interpretar le parole in medio cæliveramente con qualche durezzadicendo che l'importano l'istesso cheil dire che il Sole si fermò essendo nel nostro emisferiociòè sopra l'orizonte. Ma tal durezza ed ogn'altras'io nonerrosfuggirem noicollocandoconforme al sistema CopernicanoilSole nel mezociò è nel centro degli orbi celesti edelle conversione de' pianetisì come è necessarissimodi porvelo; perchéponendo qualsivoglia ora del giornoo lameridianao altra quanto ne piace vicina alla serail giorno fuallungato e fermate tutte le conversioni celesti col fermarsi il Solenel mezo del cielociò è nel centro di esso cielodove egli risiede: senso tanto più accomodato alla letteraoltre a quel che si è dettoquanto chequando anco sivolesse affermare la quiete del Sole essersi fatta nell'ora del mezogiornoil parlar proprio sarebbe stato il dire che stetit inmeridievel in meridiano circuloe non in medio cælipoi che di un corpo sfericoquale è il cieloil mezo èveramente e solamente il centro.

Quantopoi ad altri luoghi della Scritturache paiono contrariare a questaposizioneio non ho dubbio che quando ella fusse conosciuta per verae dimostrataquei medesimi teologi chementre la reputan falsastimano tali luoghi incapaci di esposizioni concordanti con quellane troverebbono interpretazioni molto ben congruentie massimequando all'intelligenza delle Sacre Lettere aggiugnessero qualchecognizione delle scienze astronomiche: e come di presentementre lastimano falsagli par d'incontrarnel leggere le Scritturesolamente luoghi ad essa repugnantiquando si avessero formato altroconcettone incontrerebbero per avventura altrettanti di concordi; eforse giudicherebbono che Santa Chiesa molto acconciamente narrasseche Iddio colloca il Sole nel centro del cielo e che quindicolrigirarlo in se stesso a guisa d'una ruotacontribuisce agliordinati corsi alla Luna ed all'altre stelle errantimentre ellacanta:

CæliDeus sanctissime

quilucidum centrum poli

candorepingis igneo

augensdecoro lumine;

quartodie qui flammeam

solisrotam constituens

lunæministras ordinem

vagosquecursus siderum

Potrebbonodireil nome di firmamento convenirsi molto bene ad literamalla sfera stellata ed a tutto quello che è sopra leconversioni de' pianetichesecondo questa disposizioneètotalmente fermo ed immobile. Cosìmovendosi la Terracircolarmentes'intenderebbono i suoi poli dove si legge: "Necdum terrat feceratet flumina et cardines orbis Terræ"; iquali cardini paiono indarno attribuiti al globo terrestrese eglisopra non se gli deve raggirare.

[Nelll'anno1615]





XV- A ELIA DIODATI IN PARIGI

Hodopo molte difficoltàottenuto di stampare i miei Dialoghiancorché la materia che trattoe la maniera con che la portomeritasse ch'io fussi pregato di pubblicargli da que' medesimi chehanno fatte le difficoltàcomein leggendogli a suo tempoV. S. stessa comprenderà. È vero che non ho potuto neltitolo del libro ottenere di nominare il flusso e reflusso del mareancorché questo sia l'argomento principale che trattonell'opera; ma ben mi vien conceduto ch'io proponga li due sistemimassimi Tolemaico e Copernicanocon dire che amendue gli esaminoproducendo per l'una e per l'altra parte quel tutto che si puòdirelasciandone poi il giudizio in pendente. Ne è sin orastampata la terza partee spero che in tre mesi si finirà ilrimanente. Credo chese si fusse intitolato il libro De flusso ereflussosarebbe stato con più utile dello stampatore. Madoppo qualche tempo si spargerà la voceper relazione di queiprimi che l'averanno letto; e intanto V. S. ne sarà stata dame avvisata.

(Bellosguardo16 agosto 1631





XVI- AD ANDREA ClOLI IN SIENA

Ill.moSig.re e Pad.ne Col.mo

Trovomiin gran confusione per una intimazione statami fatta tre giorni sonodal Padre Inquisitoredi ordine della Sacra Congregazione del S.toOffizio di Romadi dovermi per tutto il presente mese presentare làa quel Tribunaledove mi sarà significato quanto io debbafare. Oraconoscendo l'importanza del negozioe 'l debito di farneconsapevole il Ser.mo Padrone e il bisogno di consiglio e indirizzodi quanto io debba in ciò fareho resoluto di venir costàquanto prima per proporre all'A. S.ma quei partiti e provisionide iquali più di uno mi passano per la fantasiaper i quali iopossa nel medesimo tempo mostrarmiquale io sonoobedientissimo ezelantissimo di S.ta Chiesae anco desideroso di cautelarmi quantosia possibilecontro alle persecuzioni di ingiuste suggestioni chepossano immeritamente avermi concitato contro la menteper altrosantissimade i superiori. Ne do conto a V. S. Ill.mae ancopernon giugnere costà del tutto inaspettatoper lei al Ser.mo G.Duca; e non sentendo cosa in contrariomi partirò domenicaprossimalasciando spazio a V. S. Ill.ma di avvisarmise accidentealcuno ci fusseche repugnasse a questo mio proposito. E quireverentemente gli bacio la mano e nella sua buona grazia eprotezione mi raccomando.

DiFirenzeli 6 di Ottobre 1632

DiV. S. Ill.ma

Dev.moe Obblig.mo Ser.re

GalileoGalilei





XVII- A FRANCESCO BARBERINI IN ROMA

Emin.moe Rev.mo Sig.re e Pad.e Col.mo

Cheil mio DialogoEm.mo e Rev.mo Sig.reultimamente pubblicato fusseper aver dei contradittorifu previsto da me e da tutti gl'amicimieiperché così ne assicuravano gl'incontridell'altre mie opere per avanti mandate alle stampee perchécosì pare che comunemente portino seco le dottrine le qualidalle comuni e inveterate opinioni punto punto si allontanano. Ma chel'odio di alcuni contra di me e le mie scritturesolo perchéadombrano in parte lo splendor delle lorodovesse esser potente aimprimer nelle menti santissime dei superioriquesto mio libro esserindegno della lucemi giunse veramente inaspettato; perlochéil comandamento che due mesi fa si dette qua allo stampatore e a medi non lasciare uscir fuori tal mio libromi fu avviso assai grave.Tuttavia di gran sollevamento mi era la purità della miacoscienzala quale mi persuadevanon mi dovere esser difficile ilmanifestar l'innocenza mia: e ben desideravo e speravo che mi dovesseesser dato campo di poter sincerarmi; e mi confidavo nel medesimotempoche la mia umiltàreverenzasummissioneeassolutissima autorità conceduta sopra tutti i miei concettifusse stata potente a rappresentare a i prudentissimi superiori lamia prontezza all'obbedire esser taleche potesse rendergli sicuriche io ad ogni minimo cenno mi sarei mosso per venire non solo aRomama in capo al mondo. Perloché non posso negarel'intimazione fattami ultimamente d'ordine della Sacra Congregazionedel S. Offiziodi dovermi presentare dentro al termine del presentemese avanti a quello eccelso Tribunaleessermi di grandissimaafflizzione; mentre meco medesimo vo considerandoi frutti di tuttii miei studi e fatiche di tanti annile quali avevano per l'addietroportato per l'orecchie de i letterati con fama non in tutto oscura ilmio nomeessermi ora convertiti in gravi note della mia reputazionecon dare attacco a i miei emoli d'insurger contro a gl'amici mieiserrando lor la bocca non pure alle mie lodi ma alle scuse ancoracon l'opporgli l'avere io finalmente meritato d'esser citato alTribunale del Santo Offizio: attoche non si vede eseguire se nonsopra i gravemente delinquenti. Questo in modo mi affliggeche mi fadetestare tutto 'l tempo già da me consumato in quella sortedi studii per i quali io ambiva e sperava di potermi alquantoseparare dal trito e popolar sentiero de gli studiosi; e conl'indurmi pentimento d'avere esposto al mondo parte de i mieicomponimentim'invoglia a supprimere e condannare al fuoco quelliche mi restano in manosaziando interamente la brama de i mieinimicia i quali i miei pensieri son tanto molesti .

QuestaEm.o Sig.reè quella afflizzionela qualecontinuando senzaalcuna intermissione di rigirarmisi per la mentecon l'avermiaggiunto una continua vigilia al peso di 70 anni e a più altremie corporali indisposizionimi rende sicuroentrando in un viaggioper lunghezza e per straordinarii impedimenti e incomodi faticosoche io non mi condurrei con la vita alla metà; ondespintodal comune natural desiderio della propria saluteho presoresoluzione di ricorrere all'intercessione di V. Em. inanimito daquella ineffabile benignità che ciascheduno e io sopra tuttiper più esperienze ho conosciuta in lei supplicandola che mifaccia grazia di rappresentare a cotesti prudentissimi Padri il miocompassionevole stato presentenon per sfuggire il render contodelle azzioni mieperché è da me somamente bramatosicuro di poterci fare non piccol guadagnoma solo perché sicompiaccino di agevolarmi il potergli obbedire e 'l sincerarmi. Nonmancherà alla prudenza de i sapientissimi Padri modo di poterbenignamente ottener l'intento loro: e a me per ora si rappresentanodue maniere. L'una è che io sarò prontissimo adistendere in carta e rappresentare minutissimamente esincerissimamente tutto 'l progresso delle cose dettescritte eoperate da medal primo giorno in qua che furon suscitati moti sopra'l libro di Niccolò Copernico e sua rinovata opinione; nellaquale scrittura io son più che sicuro di far talmente chiara epalese la sincerità della mia mente e il purissimozelantissimo e santissimo affetto verso S.ta Chiesa e il suo Rettoree ministriche non sarà alcuno chesendo ignudo di passionee di affetto alteratonon confessi essermi io portato tanto piamentee cattolicamenteche pietà maggiore non averebbe potutodimostrare qualsivoglia dei Padri che del titoIo di santitàvengono insigniti. Io ho appresso di me tutte le scritture che pertale occasione feci qui e in Romadalle quali (torno a replicarlo)ciascheduno comprenderànon mi esser io mosso a implicarmi inquesta impresa salvo che per zelo di S.ta Chiesae per sumministrareai ministri di quella quelle notizie che i miei lunghi studii miavevano arrecatee di alcune delle quali forse poteva taluno esserbisognosocome di materie oscure e separate dalle dottrine piùfrequentate; e ben son sicuro che agevolissimo mi sarà il farpalese e chiarocome del pormi a tale impresa mi furon gagliardoinvito le determinazioni e santissimi precetti in tanti luoghi sparsinei libri de i sacri dottori di S.ta Chiesae come finalmentel'ultima mia conferma in tal proponimento s'impresse in me nelsentire un brevissimo ma santissimo e ammirabil pronunziatochequasi ecco dello Spirito Santoimprovisamente uscì dallabocca di persona eminentisima in dottrina e veneranda per santitàdi vita; pronunziato taleche in sè contienesotto manco didieci parole con arguta leggiadria accoppiatequanto da lunghidiscorsi disseminati ne i libri de i sacri dottori si raccoglie. Ioper ora tacerò il detto ammirabile e l'autor di esso non miparendo se non cautamente e convenientemente fatto il non interessarnissuno nel presente affaredove solo la persona mia viene inconsiderazione

Semi succederà d'ottener tal graziaoh quanto spero io che lamia innocenza debba esser conosciuta e abbracciata da cotestiprudentissimi e giustissimi Padrie quanto abbiano a restarmaravigliati di qualche stratagemma che fu usato da qualcunoaccecato e spinto a muover la prima pietra non per zelo di pietàma per odio non contro di questa o di quella opinionema contro allapersona mia. Io non mi potrei accomodare a creder che domanda che misi rappresenta tanto ragionevole mi dovesse esser negatae tanto piùquanto il concederla non toglie il potermi costrigner nel modo giàintrapreso. E chi vorrà negarmi tale udienza per scritturaegravarmi di fatica insuperabile dalla mia debolezzaper le cause giàdettementre io l'assicuro chesentite le ragioni miecompassionerà 'l mio statoe soverchio gastigo al miodemerito (se pur ve n'è ombra) gli parrà il travaglioportomi sin ora per l'altrui (per quanto temo) poco sincereaffermazioni? E quando tal mia scrittura non sodisfacesse appieno atutti i capi sopra i quali mi vien mossa imputazione e querelapotranno essermi proposte le particolari difficoltàchéio non mancherò di rispondere quanto Iddio mi detterà.Ma dubitoEmin.mo e Rev.mo mio Sig.reche possa essere che i mieioppositori non siano per venire (come si suol dire) di cosìbuone gambe a mettere in carta quello che in voce e ad auresforse avranno contro di me pronunziatocome io mi offerisco amettere in scrittura le mie difese.

Mafinalmentequando non si voglino accettare mie giustificazioni inscritturema si voglia la viva vocequi sono InquisitoreNunzioArcivescovo e altri ministri di S.ta Chiesaai quali sonoprontissimo ch presentarmi ad ogni richiesta: e pur mi sembraverisimile che anco cause di maggiore affare si trattano avantiquesti tribunali; né può parer verisimile che sotto agl'occhi perspicacissimi e zelantissimi di quelli che veddero il miolibrocon liberissima autorità di levareaggiugnere e mutaread arbitrio loropossa esser passato errore di tanto momentosenzaesser vedutoche ecceda la facoltà d'esser corretto egastigato da i superiori di questa città.

QuestiEm. S. sono i partiti che per salvezza della mia vita e persodisfazione di cotesto eccelso e venerando Tribunale mi sovvengono.Prego la benignità sua che voglia rappresentarglicon scusareinsieme se per mia ignoranza vi avessi commesso veruno errore. E perultima conclusionequando né la grave etànéle molte corporali indisposizioniné afflizzion di mentenéla lunghezza di un viaggio per i presenti sospetti travagliosissimosiano giudicate da cotesto sacro e eccelso Tribunale scuse bastantiad impetrar dispensa o proroga alcunaio mi porrò in viaggioanteponendo l'ubbidire al vivere. E quiEm.mo e Rev.mo Sig.reconogni umiltà inchinandomigli bacio la veste e prego il colmodi felicità.

DiFirenzeli 13 di Ottobre 1632.

DiV. Em.za Rev.ma

Um.moe Obb.mo Servo

GalileoGalilei



XVIII- A CESARE MARSILI IN BOLOGNA

Ill.moSig.re e Pad.ne Col.mo

Sonopoco meno di 2 mesi che il P. Inquisitore di qui commessedi ordinedel R.mo P. Maestro del Sacro Palazzo di Romaal libraio e a mechenon dovessimo dar fuora più copie del mio Dialogo sino adaltro avviso: e questa fu la prima conferma di una acerbissimapersecuzioneche poco avanti avevo inteso che si andava machinandocontro di me e 'l mio libro; la quale persecuzione è andatapigliando tanto vigoreche finalmente15 giorni sonomi venne unaintimazione dalla S. Congregazione del S.to Offizioche per tuttoquesto mese io debba presentarmi a quello eccelso Tribunale. Taleavviso mi affligge gravementenon perché io non sperassi dipotermi appieno giustificare e far palese la mia innocenzia esantissimo zelo verso S.ta Chiesa; ma la grave etàaccompagnata con molte corporali indisposizionicon la giunta diquesto travaglio di mentein un viaggio lungo e travagliosissimo peri presenti sospettimi rendono quasi che sicuro che io non mi vipotrei condur con la vita. Ho fatto ogni opera per ottener disincerarmi con scrittureo vero che la causa mia sia veduta quidove sono ministri di S.ta Chiesa; e sto aspettando qualcheresoluzione. Intanto ne ho voluto dar conto a V. S. Ill.macome amio padrone affezionatissimo e che so che compassionerà questomio infortunio.

Riceveiuna lunga lettera dal molto R. Padre Buonaventurapiena di scuselequali veramente non erano necessarieperché io non ho maiauto dubbio deila sua bonissima intenzionema mi dolevo della miadisgraziache mi arrecava disgusto contro alla volontà eopinione di chi me lo cagionava. Io non posso riscrivergli peradessotrovandomi occupatissimo; e solo prego V. S. a dirgli che nonintendo che S. Paternità muti nulla nel suo libro giàstampatoanzi che io gli rendo grazie delle onorate menzioni che fadi me. E qui reverentemente inclinandolagli bacio le mani e pregofelicità.

Fir.zeli 16 di 8bre 1632

DiV. S. Ill.ma

Ser.reObblig.mo

Gal.oG.





XIX- AD ANDREA CIOLI IN LIVORNO

Ill.moSig.re e Pad.ne Col.mo

Degl'accidenti occorsimi ne i 25 giorni del mio viaggio so che V. S.Ill.ma ne averà inteso dal S. Geri Bocchineri al quale in piùlettere ne ho dato conto; però non ne replico altri. Giuntoqui in Romafui ricevuto dall'Ecc.mo S. Ambasciatore con quellabenignità che non si può descriveredove con lamedesima vo continuando di trattenermi. Circa lo stato delle cose mienon posso dir nulla; salvo che per coniettura pare a mee anco al S.Ambasciatore e suoi ministri di casache la travagliosa procellasiao almeno si mostri tranquillata assai onde non sia dasbigottirsi del tutto per qualche inevitabil naufragioe disperar diesser per condursi in portoe massime mentreconforme al miodottoretra l'onde alterate

Scorrendome ne vo con umil vele.

Iomi trattengo perpetuamente in casaparendo che non convenga inquesto tempo andar vagando e a mostra per la città. Sin oranon mi è stato imposto o detto nulla ex offitio; anziuno di quei SS.ri della Congregazione è stato due volte da mecon molta umanità dandomi destramente occasione di dir qualchecosa in dichiarazione e confermazione della mia sincerissima eossequentissima mentestata sempre tale verso S.ta Chiesa e suoiministri e tutto da esso con attenzioneeper quanto ho potutocomprenderecon approbazioneascoltato: e se la sua visita èstata (come ragionevolmente par che sia credibile) con consenso eforse con ordine della Sa.a Congregazionequesto pare un principiodi trattamento molto mansueto e benignoe del tutto dissimile allecomminate cordecatene e carceri etc. Il sentire anco da molti e inparte avere io stesso vedutoche non manchino di quellie de ipotenti l'affetto de i quali verso di me e i miei affari non simostri se non ben dispostomi è di consolazione: e perchéio stimo assai più facile il confermar questi nella buonaintenzione che il rimuovere altri dalla sinistraperò iostimerei (e cosi è parere anco al S. Ambasciatore) che fusserbuone due lettere del Ser.mo Padrone alli Em.mi SS.i Card.li Scagliae Bentivoglio; sopra di che io supplico il favore di V. S. Ill.matutta volta che ella concorra nell'istesso senso.

DiRomali 19 di Feb. 1633

DiV. S. Ill.ma

Dev.moe Obblig.mo Ser.re

GalileoGalilei



XX- A GERI BOCCHINERI IN FIRENZE

MoltoIll.re Sig.re Osser.mo

Scrivodel letto dove mi trovo da 16 ore in quaritenuto da dolorieccessivi in una coscia; li quali per la pratica che ne hodoverannoin altrettanto tempo svanire. Mi sono poco fa venuti a visitare ilCommissario e il Fiscalea che son quelli che mi disaminano; e mihanno dato parola e ferma intenzione di spedirmi subito che io levidel lettoreplicandomi più volte che io stia di buono animo eallegramente. Io fo più capitale di questa promessa che diquante speranze mi sono state date per il passatole quali si èvisto per esperienza essere state fondate più su le coniettureche sopra la scienza. Che la mia innocenza e sincerità sia peressere conosciutaio l'ho sempre speratoe ora più che mai.Scrivo con incomodoperò finisco.

All'moS. Bali un reverentissimo baciamani: a sé stessa e suoifratelli il simile. Desidero che le mie monache vegghino questaeVincenzio ancora.

Roma23 di Aprile 1633.

DiV. S. molto I.

Par.tee Serv.re Obblig.mo

G.G.

 

XXI- AD ANDREA CIOLI IN FIRENZE

Ill.moSig.re e Pad.n Col.mo

Nonho passato ordinario senza scrivere al S. Geri Bocchineri intorno a iprogressi del mio negozioil quale non averà passatoaccidente alcuno di momento senza participarlo a V. S. Ill.machétale era il nostro appuntamento; e però rare volte ho scrittoa lei in proprioin riguardo anco alle molte e continue sueoccupazioni da non doversi accresciere senza necessità. Gliscrivo adessospinto dal desiderio di liberarmi dal lungo tedio diuna carcere di più di 6 mesi già passati a giunta altravaglio e afflizzion di mente di un anno interoe anco non senzamolti incomodi e pericoli corporali; e tutto addossatomi per queimiei demeriti che son noti a tuttifuor che a quelli che mi hanno diquesto e di maggior castigo giudicato colpevole. Ma di questo altravolta.

Iltempo della mia carcerazione non ha altro limite che la volontàdi S. S.tàla qualealle richieste e intercessioni del S.Amb.re Niccolinisi contentò che in luogo delle carcere delS.to Offizio mi fusse assegnato il palazzo e giardino de' Medici allaTrinitàdove stetti alcuni giorni; fatta poiper alcuni mieirispettinuova instanza dal medesimo S. Ambasciatorefui rimessoqui in Siena nell'Arcivescovadodove sono da 15 giorni in qua tragl'inesplicabili eccessi di cortesia di questo Ill.mo Arcivescovo. Ioperòoltre al desiderioaverei gran necessità ditornare a casa mia e di esser restituito nella mia libertàlaquale si va conietturando da molti che sia riserbata per graziaspeciale alla domanda del S. G. D.da non gl'esser negatamentre sivede quanto si è impetrato alle sole dimande del S.Ambasciatore. Prego per tanto V. S. Ill.mae per lei il Ser.moPadronea restar servito di favorirmi di una domanda a S. S.tào al S. Card. Barberino per la mia liberazione; dove per maggioreefficacia potrà inserirsi la mancanza del mio servizio ditanto tempofigurandola di qualche maggior progiudizio per la Casadi S. Alt.za di quello che veramente è. Si credecome hodettoda tutti quelli con i quali ne ho parlato e da gl'istessiministri del S.o Offizioche la grazia a tanto intercessore non sarànegata.

Confidotanto nella benignità del S. G. D. mio Signore e nel favore diV. S. Ill.mache reputerei superfluo l'aggiugnere altre preghiere.Starò per tanto attendendone l'effettomentre con umiltàalla S. A. bacio la vestee nella buona grazia e protezione di V. S.Ill.ma mi raccomando.

DiSienali 23 di Luglio 1633.

DiV. S. Ill.ma

Dev.moe Obblig.mo Ser.re

GalileoGalilei.





XXII- A ELIA DIODATI IN PARIGI

Vengoora alla sua lettera: e perché ella replicatamente mi domandaqualche ragguaglio de' miei passati travaglinon posso se nonsommariamente dirgliche da che fui chiamato a Roma sino alpresentesonola Dio graziastato di sanità meglio che damolti anni in qua. Fui ritenuto a Roma in carcere 5 mesie lacarcere fu la casa del Sig. Amb. di Toscana; dal quale e dallaSignora sua consorte fui visto e trattato in modoche con affettomaggiore non avrebbero potuto trattare i padri loro. Spedita che fula mia causarestai condennato in carcere all'arbitrio di SuaSantità; e fu la carcere il palazzo e giardino del G. Ducaalla Trinità de' Monti per alcuni giornima pur permutata poiin Siena in casa Monsig. Arcivescovodove parimenti stetti 5 mesitrattato da padre di Sua Sig.a Ill.a e in continue visite dellanobiltà di quella città; dove composi un trattato di unargomento nuovoin materia di meccanichepieno di moltespecolazioni curiose ed utili. Di Siena mi fu permesso tornarmenealla mia villadove ancora mi trovocon divieto di scendere allacittà; e questa esclusione mi vien fatta per tenermi assentedalla Corte e da i Principi. Ma tornato alla villa in tempo che laCorte era a Pisavenuto il G. Duca in Firenzedue giorni dopo ilsuo arrivo mi mandò uno staffieri ad avvisare come era perstrada per venire a visitarmi; e mez'ora dopo arrivò con unsolo gentil'uomo in una piccola carrozzinae smontato in casa mia sitrattenne a ragionar meco in camera mia con estrema soavitàpoco manco di 2 ore. Stante dunque il non aver patito punto nelle duecoseche sole devono da noi esser sopra tutte l'altre stimatediconella vita e nella reputazione (come in questa il raddoppiato affettodei Padroni e di tutti gl'amici mi accertano)i torti el'ingiustizieche l'invidia e la malignità mi hanno machinatocontronon mi hanno travagliato né mi travagliano. Anzi(restando illesa la vita e l'onore) la grandezza dell'ingiurie mi èpiù presto di sollevamentoed è come una spezie divendettae l'infamia ricade sopra i traditori e i costituiti nel piùsublime grado dell'ignoranzamadre della malignitàdell'invidiadella rabbia e di tutti gli altri vizii e peccatiscelerati e brutti. Bisogna che gl'amici assenti si contentino diqueste generalitàperché i particolariche sonomoltissimieccedono di troppo il potere esser racchiusi in unalettera. Di tanto si contenti V. S.e si quieti e consoli nel mioessere ancora in stato di poter ridurre al netto le altre mie fatichee pubblicarle.

L'avvisoche tiene V. S. d'Argentinami è piaciuto assaie riconoscol'onore dall'intercessione e indefessa vigilanza sua. Arei auto gustoche 'l mio Dialogo fusse capitato in Lovanio in mano del Fromondoilquale tra i filosofi non assoluti matematici mi par dei men duri. InVenezia un tal D. Antonio Rocco ha stampato in difesa dei placitid'Aristotelecontro a quelle imputazioni che io gl'oppongo nelDialogo: è purissimo peripateticoe remotissimo dall'intendernulla di matematica né d'astronomiapieno di mordacitàe di contumelie. Un altro iesuita intendo avere stampato in Roma perprovare la proposizione della mobilità della terra esserassolutarnente eretica; ma questo non l'ho ancora veduto.

(Arcetri7 marzo 1634



XXIII- A ELIA DIODATI IN PARIGI

MoltoIll.re Sig.re e P.rone Col.mo

Speroche l'intender V. S. i miei passati e presenti travagli insieme colsospetto di altri futuri mi renderanno scusato appresso di lei edegli altri amici e padroni di costà della dilazione nelrispondere alle sue letteree appresso di quelli del totalesilenziomentre da V. S. potranno esser fatti consapevoli dellasinistra direzzione che in questi tempi corre per le cose mie.

Nellamia sentenza in Roma restai condennato dal S.to Offizio alle carceriad arbitrio di S. S.tà; alla quale piacque di assegnarmi percarcere il palazzo e giardino del Granduca alla Trinità de'Monti; e perchè questo seguì l'anno passato del mese diGiugno e mi fu data intenzione chepassato quello e il seguente mesedomandando io grazia della total liberazionel'avrei impetratapernon aver (costretto dalla stagione) a dimorarvi tutta la state e ancoparte dell'autunnoottenni una permuta in Sienadove mi fuassegnata la casa dell'Arcivescovo: e quivi dimorai cinque mesidopoi quali mi fu permutata la carcere nel ristretto di questa piccolavillettalontana un miglio da Firenzecon strettissima proibizionedi non calare alla cittàné ammetter conversazioni econcorsi di molti amici insiemené convitargli. Qui mi andavotrattenendo assai quietamente con le visite frequenti di unmonasterio prossimodove avevo due figliuole monacheda me moltoamate e in particolare la maggioredonna di esquisito ingegnosingolar bontà e a me affezzionatissima. Questaper radunanzadi umori melanconici fatta nella mia assenzada lei credutatravagliosafinalmente incorsa in una precipitosa disenteriain seigiorni si morì essendo di età di trentatré annilasciando me in una estrema afflizzione. La quale fu raddoppiata daun altro sinistro incontro; che fu cheritornandomene io dalconvento a casa mia in compagnia del medicoche veniva dalla visitadi detta mia figliuola inferma poco prima che spirassemi venivadicendo il caso esser del tutto disperatoe che non avrebbe passatoil seguente giornosì come seguii quandoarrivato a casatrovai il Vicario dell'Inquisitore che era venuto a intimarmid'ordine del S.to Offizio di Roma venuto all'Inquisitore con letteredel S.r Card.le Barberinoch'io dovessi desistere dal far dimandarpiù grazia della licenza di poter tornarmene a Firenzealtrimenti che mi arebbono fatto tornar làalle carceri veredel S.to Offizio. E questa fu la risposta che fu data al memorialeche il S.r Ambasciator di Toscanadopo nove mesi del mio essilioaveva presentato al detto Tribunale: dalla qual risposta mi par cheassai probabilmente si possa conietturarela mia presente carcerenon esser per terminarsi se non in quella communeangustissima ediuturna.

Daquesto e da altri accidentiche troppo lungo sarebbe a scrivergli sivede che la rabia de' miei potentissimi persecutori si vacontinuamente inasprendo. Li quali finalmente hanno voluto per séstessi manifestarmisiatteso cheritrovandosi uno mio amico carocirca due mesi fa in Roma a ragionamento col P. CristoforoGrembergerogiesuitaMatematico di quel Collegiovenuti sopra ifatti mieidisse il giesuita all'amico queste parole formali: "Seil Galileo si avesse saputo mantenere l'affetto dei Padri di questoCollegioviverebbe glorioso al mondo e non sarebbe stato nulla dellesue disgraziee arebbe potuto scrivere ad arbitrio suo d'ognimateriadico anco di moti di terraetc.": si che V. S. vedeche non è questa né quella opinione quello che mi hafatto e fa la guerrama l'essere in disgrazia dei giesuiti.

Dellavigilanza dei miei persecutori ho diversi altri rincontri. Tra iquali uno fuche una lettera scrittami non so da chi da paesioltramontani e inviatami a Romadove quello che scriveva dovevacredere che tuttavia dimorassifu intercetta e portata al S.rCard.le Barberino; eper quanto da Roma mi venne poi scrittofu miaventura che non era lettera responsivama primapiena di grandiencomii sopra il mio Dialogo; e fu veduta da più personeeintendo che ce ne sono copie per Roma e mi è stato datointenzione che la potrò vedere. Aggiungonsi altreperturbazioni di mente e molte corporali imperfezzionile qualisopra quella dell'età più che settuagenariami tengonooppresso in manierache ogni piccola fatica mi è affannosa egrave. Però conviene che per tutti questi rispetti gli amicimi compatischino e perdonino quel mancamento che ha aspetto dinegligenzama realmente è impotenza; e bisogna che V. S.come mio parziale sopra tutti gl'altrimi aiuti a mantenermi lagrazia dei miei benevoli di costà ein particolare del S.reGassendotanto da me amato e riveritocol quale potrà V. S.partecipare il contenuto di questaricercandomi egli relazione dellostato mio in una sua letterapiena della solita sua benignità.Mi farà anco grazia farli sapere come ho ricevuta e conparticolar gusto letta la Dissertazione del S.re Martino Hortensio; eiopiacendo a Dio ch'io mi sgravi in parte dai miei travagli nonmancherò di rispondere alla sua cortese lettera. Con questariceverà anco V. S. i cristalli per un telescopiodomandatimidal medesimo S.re Gassendo per suo uso e di altridesiderosi di farealcune osservazioni celesti; li quali potrà V. S. inviarglisignificandoli che il cannonecioè la distanza tra vetro evetrodeve essere quanto è lo spago che intorno ad essi èavvoltopoco più o meno secondo la qualità della vistadi chi se ne deve servire.

Berigardoe Chiaramonteamendue lettori in Pisami hanno scritto contro;questo per sua difesae quelloper quanto dicecontro a suavogliama per compiacere a persona che lo può favorire nellesue occorrenze: ma amendue molto languidamente. Maquello che èdegno di considerazionealcunivedendosi un larghissimo campo dipoter senza pericolo prevalersi dell'adulazione per augumento de'proprii interessisi son lasciati tirare a scriver coseche fuoridelle presenti occasioni sarebbero facilmente reputate assaiesorbitanti se non temerarie. Il Fromondo si ridusse a sommerger finpresso alla bocca la mobilità della Terra nell'eresia. Maultimamente un Padre Gesuita ha stampato in Roma che tale opinione ètanto orribileperniziosa e scandalosachese bene si permette chenelle catedrenei circolinelle pubbliche dispute e nelle stampe siportino argomenti contro ai principalissimi articoli della fedecomecontro all'immortalità dell'animaalla creazioneall'Incarnazione etc.non però si deve permetter che sidisputiné si argomenti contro alla stabilità dellaTerra; sì che questo solo articolo sopra tutti si ha talmentea tener per sicuroche in modo alcuno si abbiané anco permodo di disputa e per sua maggior corroborazionea instargli contro.Il titolo di questo libro è: Melchioris InchofereSocietate IesuTractatus syllepticus. Ècci anco AntonioRoccoche pur con termine poco civile mi scrive contro inmantenimento della peripatetica dottrina e in risposta alle cose dame impugnate contra Aristotile; il quale da sé stesso siconfessa ignudo dell'intelligenza di matematica e astronomia. Questoè cervello stupido e nulla intelligente di quello che ioscrivoma ben arrogante e temerario al possibile. A tutti questimiei oppositoriche son moltiho io pensiero di rispondere; maperché l'esaminare a parte a parte le vanità di tuttisarebbe impresa lunghissima e di poca utilitàpenso di fareun libro di postillecome da me notate nelle margini di tali libriintorno alle cose più essenziali e agli errori piùmaiuscolie come raccolte da un altro mandarle fuori.

Maprimapiacendo a Diovoglio publicare i libri del moto e altre miefatichecose tutte nuove e da me anteposte alle altre cose mie sinora mandate in luce.

RiceveràV. S. la presente dal S.r Ruberto Galileimio parente e signorealquale potrà fare parte del contenuto di questaatteso che aS.S. scrivo benema assai brevemente. Tengo anco lettere del Sig.rede Peirescd'Aixricevute insieme con quelle del S.re Gassendo; eperché amendue mi domandano i vetri per un telescopio da fareosservazioni celestimi faccia grazia significare al S.r Gassendoche dia conto al S.r de Peiresc d'aver avuto i vetripregandolocontentarsi che di essi anco il Sig.r de Peiresc possa servirsifacendo di più appresso il detto Signore mie scuse sedifferisco a rispondere alla sua gratissimatrovandomi pieno dimolestie che mi violentano a mancar talvolta a quelli officii che iopiù desidero di essequire. Sono stracco e averòsoverchiamente tediata V. S.: mi perdoni e mi comandi. Gli bacio lemani.

Dallavilla d'Arcetrili 25 di Luglio 1634

DiV. S. molto I.

ServitorDevotissimo e Obligatissimo

GalileoGalilei





XXIV- A FORTUNIO LICETI IN PADOVA

MoltoIll.re e Eccl.mo Sig.r e P.ron Osse.mo

Lagratissima di V. S. molto Ill.re ed Eccel.ma delli 7 stantepiena ditermini cortesi e affettuosissimimi è stata resa questogiorno; enon avendo io altro tempo di risponderli fuorchèpoche ore che restano sino a notteper non differire la risposta unasettimana più in làcerco di satisfare a questoobligobenché succintamentema però con pure esemplici parole.

Aquello che V. S. Eccel.ma insieme meco grandemente desideracioèche in dispute di scienze si osservino quei più cortesi emodesti termini che in materia sì venerandaquale è lasacra filosofiasi convengonoli do parola di non mi separare pureun dito dal suo ingenuo e onorato stile; per il che fare useròli stessi titoliattributi ed encomi di onorevolezza verso lapersona suache ella verso di me ha umanamente adoperati; benchémolto più a lei che a mee molto più eccellentisiconverrebbero; ma la sua singolar cortesia non me ne ha lasciati dipotere usarne maggiori.

Migiunge grato il sentire che V. S. Eccel.ma insieme con molti altrisì come ella dicemi tenga per avverso alla peripateticafilosofiaperché questo mi dà occasione di liberarmida cotal nota (che tale la stimo io) e di mostrare quale iointernamente sono ammiratore di un tanto uomoquale èAristotile. Mi contenterò bene in questa strettezza di tempoaccennare con brevità quello che penso con più tempo dipoter più diffusamente e manifestamente dichiarare econfermare.

Iostimo (e credo che essa ancora stimi) che l'esser veramentePeripateticocioè filosofo Aristotelicoconsistaprincipalissimamente nel filosofare conforme alli Aristoteliciinsegnamenti procedendo con quei metodi e con quelle veresupposizioni e principii sopra i quali si fonda lo scientificodiscorsosupponendo quelle generali notizieil deviar dalle qualisarebbe grandissimo difetto. Tra queste supposizioni è tuttoquello che Aristotele ci insegna nella sua Dialetticaattenente alfarci cauti nello sfuggire le fallacie del discorsoindirizzandolo eaddestrandolo a bene silogizzare e dedurre dalle premesse concessionila necessaria conclusione; e tal dottrina riguarda alla forma deldirittamente argumentare. In quanto a questa partecredo di avereappreso dalli innumerabili progressi matematici purinon maifallacital sicurezza nel dimostrarechese non maialmenorarissime volte io sia nel mio argumentare cascato in equivoci. Sinqui dunque io sono Peripatetico .

Trale sicure maniere per conseguire la verità èl'anteporre l'esperienze a qualsivoglia discorsoessendo noi sicuriche in essoalmanco copertamentesarà contenuta la fallacianon sendo possibile che una sensata esperienza sia contraria al vero:e questo è pure precetto stimatissimo da Aristotilee di granlunga anteposto al valore e alla forza dell'autorità di tuttigli uomini del mondola quale V. S. medesima ammette che non purenon doviamo cedere alle autorità di altrima doviamo negarlaa noi medesimi qualunque volta incontriamo il senso mostrarci ilcontrario.

OrquiEccel.mo Sig.rsia detto con buona pace di V. S. mi par d'essergiudicato per contrario al filosofar peripatetico da quelli chesinistramente si servono del sopradetto precettopurissimo esicurissimocioè che vogliono che il ben filosofare sia ilricevere e sostenere qual si voglia detto e proposizione scritta daAristotelealla cui assoluta autorità si sottopongonoe permantenimento della quale si inducono a negare esperienze sensateo adare strane interpetrazioni a' testi di Aristoteleper dichiarazionee limitazione de i quali bene spesso farebbero dire al medesimofilosofo altre cose non meno stravagantie sicuramente lontane dallasua imaginazione. Non repugna che un grande artefice abbiasicurissimi e perfettissimi precetti nell'arte suae che talvoltanell'operare erri in qualche particolare; comeper esempioche unmusico o un pittorepossedendo i veri precetti dell'artefaccianella pratica qualche dissonanzao inavvertentemente alcuno errorein prospettiva. Io dunqueperché so che tali artefici nonpure possedevano i veri precettima essi medesimi ne erano stati liinventorivedendo qualche mancamento in alcuna delle loro operedevo riceverlo per ben fatto e degno di esser sostenuto e imitatoinvirtù dell'autorità di quelli? Qui certo non presteròio il mio assenso. Voglio aggiugnere per ora questo solo: che io mirendo sicuro che se Aristotele tornasse al mondoegli riceverebbe metra i suoi seguaciin virtù delle mie poche contradizionimaben concludenti molto più che moltissimi altri chepersostenere ogni suo detto per verovanno espiscando dai suoi testiconcetti che mai non li sariano caduti in mente. E quando Aristotelevedesse le novità scoperte novamente in cielodove egliaffermò quello essere inalterabile e immutabileperchéniuna alterazione vi si era sino allora vedutaindubitatamente eglimutando oppinionedirebbe ora il contrario: ché ben siraccogliechementre ei dice il cielo esser inalterabile perchénon vi si era veduto alterazionedirebbe ora essere alterabileperché alterazioni vi si scorgono. Si fa l'ora tardae ioentrerei in un pelago larghissimose io volessi produr tutto quelloche in tale occasione mi è passato più volte per lamente; però mi riserverò ad altra occasione.

Quantoall'avermi V. S. Eccel.ma attribuito oppinioni non mieciòpuò essere accaduto che ella ne abbia prese alcuneattribuitemi da altrima non già scritte da me: comeperesempio cheper detto del filosofo Lagallaio tenga la luce essercorporea mentre che nel medesimo autore e nel medesimo luogo siscrive aver io sempre ingenuamente confessato di non saper che cosasia la luce: e così il prender come risolutamente primariimiei pensieri alcuni riportati dal sig.r Mario Guiduccipotrebbeesser che io non ci avessi avuto partebenché io mi reputi aonore che si creda tali concetti esser miastimandoli io veri enobili.

Circal'esser per avventura parso prolisso nel rispondere alle sueobiezioninon lo ascrivo io a minimo neoné pur ombrad'indignazione in V. S. Eccel.masì come né anco in memancamentose non in quanto con minor tedio del lettore avereipotuto esprimere i miei sensi; ma la mia natural durezza neldichiararmi mi fa tal volta traboccare dove io non vorrei: oltrechésiaper la nostra concertata filosofica e amichevole libertàlecito di piacevolmente direquando ella paragonassi la multiplicitàe lunghezza delle opposizioni che ella fa alla unica mia proposizionedel candore lunare distesa in pochissimi versi paragonassedicoconla lunghezza delle mie risposte; forse ella non troverebbe laproporzione dei suoi detti a' miei minore della proporzione dei versidella mia lettera ai versi che le sue instanze contengono. Ma questeson coserelle da non prenderle altro che per ischerzo.

Piacemigrandemente che ella applauda al mio pensierodi ridur in altratestura le mie risposteinviandole a lei medesima; dove averòcampo di non mi lasciar vincere in usar termini di reverenza al suonomebenché io sia certo di dover esser di lunga manosuperato in dottrina dal suo elevato ingegno. Potrebbe bene accadereche il mio infortuniodi avere a servirmi delli occhi e della pennadi altricon troppo tedio dello scrittoreprolungasse qualchegiorno di più quello che in altri tempi per me stesso avereispedito in pochi giornied ellaper la prontezza e vivacitàdel suo ingegnoin poche ore. Viva felice e mi continui la sua buonagraziada me per favorevole fortuna stimata e pregiata; e il Signorla prosperi.

D'Arcetrili 15 di 7bre 1640.





XXV- AL PRlNClPE LEOPOLDO Dl TOSCANA

[SOPRAIL CANDORE DELLA LUNA]

 SerenissimoPrincipe e mio Signor Colendissimo

TardiSerenissimo Principepongo io in esecuzione il comandamento fattomipiù giorni sono dall'Altezza Vostra Serenissima intorno aldovere maturamente considerare il trattato dell'eccellentissimosignor Fortunio Liceti intorno alla pietra lucifera di Bolognaesopra di questo significarle il giudizio che ne fo. Ho fatta la dalei impostami considerazionee del darne io conto al'Altezza VostraSerenissima così tardamenteprego che sia servita diaccettare la mia scusacondonando tutto l'indugio alla mia miserabilperdita della vistaper il cui mancamento mi è forzaricorrere all'aiuto degli occhi e della penna di altri; dalla qualnecessità ne séguita un gran dispendio di tempoemassime aggiuntovi l'altro mio difettodi averper la grave etàdiminuita gran parte della memoriasì che nel far deporre incarta i miei concettimolte e molte volte mi bisogna far rileggere iperiodi scritti avantiper poter soggiugnere gli altri seguenti eschivar di non repeter più volte le cose già dette. Ecreda l'Altezza Vostra Serenissima a meche dalla esperienza ne sonobene addottrinatoche dallo scrivere servendosi degli occhi e dellamano propriial dover usar quelli di un altrovi è quasiquella differenzia che altri nel gioco delli scacchi troverebbe trail giocar con gli occhi aperti e il giocar con gli occhi bendati ochiusi. Imperoché in questa seconda manieradalle tre oquattro gite di alcuni pezzi in poiè impossibile tenere amemoria delle mosse di altri più; né può bastareil farsi replicar piu volte il posto dei pezzicon pensiero di poterprodurre il gioco fino all'ultimo scaccoperché credo sitratti poco meno che dell'impossibile. Supposto dunque che l'AltezzaVostra Serenissima per sua benignità sia per ammettere lanecessaria scusa della mia tardanzaverrò a schiettamente esinceramente esporle quel giudizio che ho fatto sopra detto libro.

Maprima che ad altro io descendavoglio che l'Altezza VostraSerenissima sappia come l'eccellentissimo signor Licetisubitouscito in luce il suo trattato De lapide Bononiensime neinviò una copiapregandomi che io liberamente dovessisignificarli quello che a me pareva di questa sua fatica; e mentreche l'Altezza Vostra Serenissima mi ricerca dell'istessocon ognischiettezza le aprirò il mio senso.

Dicoledunqueche se io volessi conforme al merito diffondermi nelle lodidell'ampla e sottilissima dottrina che mi è parso scorgervioltre al convenirmi assai in lungo distenderedubiterei che le mieparolebenché purissime e sincerepotessero apparire adalcuno iperboliche o adulatorie: ad alcunodicodi quellichetroppo laconicamente vorrebbero vederenei più angusti spaziiche possibil fusseristretti i filosofici insegnamentisìche sempre si usasse quella rigida e concisa manieraspogliata diqualsivoglia vaghezza ed ornamentoche è propria dei purigeometrili quali né pure una parola proferiscono che dallaassoluta necessità non sia loro suggerita. Ma ioall'incontronon solamente non ascrivo a difetto in un trattatoancorché indirizzato ad un solo scopointerserire altre varienotiziepurché non siano totalmente separate e senza verunacoerenza annesse al principale instituto; che anzi stimola nobiltàla grandezza e la magnificenzache fa le azzioni ed imprese nostremeravigliose ed eccellentinon consistere nelle cose necessarie(ancorché il mancarvi queste sia il maggior difetto checommetter si possa)ma nelle non necessariepurché non sienoposte fuori di propositoma abbino qualche relazioneancorchépiccolaal principale intento. E cosìper esempiovile eplebeo meritamente si chiamerebbe quel convito nel quale mancassero icibi e le bevandeprincipal requisito e necessario; ma non peròil non mancar di queste lo fa così magnifico e nobilechesommamente più non gli arrechino grandezza e nobiltà lavaghezza dell'egregio e sontuoso apparatolo splendore dei vasid'argento e d'orocheadornando la mensa e le credenzedilettanola vistai concenti di varie armoniele sceniche rappresentazionie i piacevoli scherziall'udito così graziosi. La maestàdi un poema eroico vien sommamente ampliata dalla vaghezza e varietàde gli episodii; e Pindaroprincipe de' liricisi sublima tanto coldigredire in maniera dal principale suo intentoche è dilodar l'eroe da esso cantatoche nel tesser le laudi di quello nonconsuma la decimané anco tal ora la vigesimaparte de iversii quali spende in varie descrizzioni di cose che in ultimocon fila assai sottilisono annesse al principal concetto. lo pertanto interamente applaudo alla maniera che il signor Licetiabbondantissimo di mille e mille notizietiene nei suoicomponimentied in particolare in questonel qualeprima checondurre il famelico lettore a saziare sua brama con l'ultimoinsegnamento del problema principalmente desideratoci porge un utildiletto di tante belle cognizioniche bene ci obliga a renderglienemille graziementre che con grato risparmio di tempo e di fatica cilibera dal rivoltare i libri di cento e cento autori.

Degnadunque di lodi infinite stimo io questa sua nobile ed util fatica. Edacciocché l'Altezza Vostra Serenissima resti sicura che ioschiettamente e non simulatamente discorrovoglio contraporre allemeritate lodi che a tutto il resto del suo libro si convengonoalcune mie considerazioni intorno alla digressione che fa il signorLiceti nel capitolo L di questo suo librole quali mi pare chepossino rendere la dottrina in quello contenuta non ben sicura néincolpabile; se peròquello che communemente ed umanamentesuole accaderel'interesse proprio non m'ingannaessendo ilcontenuto di tutto il detto capitolo non altro che una moltitudine diobiezzioni che egli bene acutamente fa contro ad una mia particolareed antiquata opinionenella quale ho creduto ed affermatoqueltenue lume secondario che nella parte tenebrosa della luna si scorgemassimamente quando ella è poco remota dalla congiunzione colSoleessere effetto cagionato dal reflesso de' raggi solari nellasuperficie del nostro globo terrestre: al che egli contradice conmolte opposizionile qualicontro al mio desideriomi pare che nonnecessariamente convincano la mia opinione di falsità. E dicocontro al mio desiderioperché non vorrei che ancoquesta notabenché piccolamacchiasse il suoin tutto ilrestocosì puro e candido trattato; che nelli scritti mieiche poco di peregrino e di apprezzabile si contienepoco dipregiudizio è l'aggiugnere a tante altre mie fallacie questaqui ancora; ché bene in un panno rozo e vile manco noiano lavista molte grandi ed oscure macchie che in un drappo vago e per lamoltitudine de' fiori riguardevole non farebbe una benchéminima.

Proporròdunque quelle risposte che al presente paiono sollevarmi con speranzadi dover poicon mio util particolareesser dalle sue dottissimerepliche tolto di errore e condotto nel possesso del veroqualunquevolta queste mie risposte gli venissero agli orecchi. Ma prima che iodescenda a esaminar la forza delle sue obiezzionivoglioper miasatisfazioneraccontare all'Altezza Vostra Serenissima i miei primimotidai quali io fui indotto a credere che di questo tenue lumesecondarioche nella parte del disco lunare non tocco dal Sole siscorge (il qualeper brevitàcon una sola parola nelprogresso chiamerò candore)sola ed originaria cagionene fusse il reflesso dei raggi solari nella superficie del globoterrestre. Avendo ed una e due volte osservato il detto candoremosso dal natural desiderio d'intender le cause delli effetti dinaturail primo concetto che mi cadde in mente fuche tal candorepotesse essere proprio dell'istessa sustanzia e materia del globolunare e per certificarmi se ciò potesse essereaspettaicuriosamente il tempo della prima eclisse totale di essa Lunasicuroche quando ella per sé stessa ritenesse tal lumemolto emolto più splendido ci si mostrerebbe nelle tenebre dellanotte profondache nella chiarezza del crepuscolo; in quel modo cheincomparabilmente lo splendore della medesima Lunaconferitole dalSolepiù bello e grande ci si rappresenta nella notte oscurache non solo nel mezo giornoma nell'ora del crepuscolo ancora.Venne l'eclisse; e restando ella talmente oscurache del tutto restòinconspicuafui reso certoil candore non esser nativo suoe perònecessariamente doverle esser conferito ab extra. E perchéad illuminare un corpo opaco ed oscuro vi è necessario ilbeneficio di un altro ben risplendentené trovandosi al mondoaltri che le stelle erranti e fisseil Sole e la Terrain quantodal Sole è illustratavenivo di necessità tratto aricorrere e a far capo ad alcuno di questi. E cominciando dal Soleessendo manifesto quanto grande sia l'illuminazione che esso le mandae che nello emisferio lunare ad esso esposto si devegiudicaiilcandore che nell'altro emisferionon visto dal Solesi diffondenon potere essere opera dei raggi solari. Né meno potersiattribuire al resto dei lumi celesticioè delle stelle:imperochè la vista loro non vien tolta alla Luna posta nelletenebre dell'eclisse; onde quelle pure illustrandola sempreegualmentemolto più lucida ci si rappresenterebbenell'oscuro campo della notteche nel crepuscolo; di che accadetutto l'opposito. E perché manifestamente si osservailcandore farsi di grande mediocree di mediocre minore e minimotaleffetto in conto veruno dalle stelle non può derivare.Restavami sola la Terraatta a poter satisfare a tutte leparticolaritàcol non fare ella verso la Luna altro chepuntualissimamente quello che la Luna fa verso la Terrailluminandola sua parte oscura nelle tenebre della notte col reflesso de' raggisolarior piùor menoor pochissimoor niente. E mecomedesimo più arditamente discorrendodissi: Sono la Luna e laTerra due corpi opachi e tenebrosi egualmente; vi è il Soleche di pari illustra continuamente un emisferio di ciaschedunolasciando l'altro oscuro; e di questila Luna è potente ailluminare l'oscuro della Terra: oh perché si dovràmetter in dubbio che il luminoso della Terra non incandisca l'oscurodella Luna? Parvemi questo discorso talmente ragionevoleche iopresi ardire di palesarlostimando che dovesse esser ricevuto comeconcludente; né è restato il mio creder vanopoichéniuno de i comuni ingegni speculativi l'ha impugnatosinchéil discorso dell'eccellentissimo signor Licetisopra tutti gli altrieminenteha con grand'acutezza penetratotal mio pensiero edopinione essere stata manchevole. Tuttaviao sia per mia debolezzaed incapacitào pure che le impugnazioni non siano di quellastrettissima necessità che nella assoluta demostrativa scienzasi richiedenon mi conosco ancora per al tutto convinto; e perchéin me non cessa il desiderio di saperebramando di esser tolto deldubbio e posto nel certocommunicherò a lei tutto quello chemi occorre potersi dire in risposta alle sue contradizzionipermantenimento della mia opinione.

Efacendo principio dal titolo del capitolo 50che è: DeLunæ subobscura luceprope coniunctiones et in deliquiisobservata; digressio physico-mathematica già che eglimedesimo le dà titolo di digressioneè manifesto segnodi averla esso stimata considerazione non necessaria nel suotrattatoma solo avervela interposta per magnificarlo; conforme aquel che di sopra ho dettoche la nobiltà e magnificenziaconsiste più negli ornamenti non necessariiche in quellecose che di necessità devono esser portate. E sin qui approvoe laudo il suo institutose non in quanto seco porta indizio del mionon ben saldo discorso. E perché egli procede come matematicoe fisicoandrò esaminando come filosofoqualunque io mi siae come matematico le sue opposizioni; facendo anco qualche poco diconsiderazione intorno alla forma dell'argumentare che egli tal voltatienequanto ella sia conforme a i dialettici precetti posti daAristotele.

Pigliodunque la sua prima instanzacontenuta dal principio del capitolosino a "Dein veroquum in plenilunio Terra" etc. Mentre iovo con attenzione esaminando questo primo discorsolo trovoveramente con bello artifizio tessuto; e l'artifizio mi sirappresenta tale. Due parti si contengono in esso conteste: l'una ènella quale ei vuol dimostrareil candor della Luna non potersi inmodo alcuno riconoscere dalla Terra; l'altra è il concluderetal effetto procedere dall'etere ambiente essa Luna. Quanto allaprimamolto probabilmente cammina il suo discorsodicendoilcandor della Luna non poter derivare se non da quel corpo dal qualeprovengono le differenze di esso candorele quali differenze sono ilfarsi tal candore or più ed or meno lucido: e questo non puòprovenire dalla Terraavvengaché la sua lontananza dalla Lunanon si muta: e però il reflesso della Terra deve esser sempreuniformeed in conseguenza impotente a produr differenze in essocandore; adunquené meno il candor medesimo. Il discorsopigliandolo a tutto rigorepatisce non leggier mancamento: il qualeèche nel raccorre la conclusione dalle premesses'introduceun quarto terminenon toccato nelle premesseil quale è laTerra. Sono le premesse: "Un effetto mutabile non puòprovenire da causa immutabile: il candore è effetto mutabile;ma la distanza tra la Terra e la Luna è immutabile; adunque ilcandore non può provenir dalla Terra". Ora questo termine"Terra" non è posto nelle premessema vi èin suo luogo "distanza tra la Terra e la Luna"; ondeavoler che l'argumento cammini in buona formabisognavaavendo dettonelle premesse "Un effetto mutabile non può provenire dacausa immutabile; ma la distanza tra la Terra e la Luna èimmutabile"bisognavadicodir nella conclusione "Adunqueil candore non procede dalla distanza tra la Terra e la Luna":ed il silogismoraddrizzato cosìquanto alla forma procedevabenema non concludeva niente contro di me. Ho detto che a tuttorigore ne seguirebbe questo inconveniente; ma avendo riguardo aquello cheper mio credereil signor Liceti aveva in intenzionefiguriamo l'argumento in miglior formadicendo: "Un effettomutabile non può derivare da causa immutabile: ma la distanzatra la Luna e la Terra è immutabileed immutabile parimente èlo splendor della Terra; adunque il candore non può provenirené dalla distanza tra la Luna e la Terrané dallosplendore della Terra; ed in conseguenza non può proveniredalla Terra". Non si può negare che il discorso in questamaniera raddrizzato apparisce tanto concludenteche facilmentepotrebbe essere ammesso per sincero e libero da ogni fallacia daqualsivoglia filosofo; e tanto più ciò mi persuadoquanto che l'istesso signor Licetida me stimato per filosofo anissun altro secondoper niente manchevole lo ha creduto: e pure trapoco spero di esser per dimostrarlo manchevole. In tanto per oraammessolo per concludentedico che egli non fa punto contro di meil quale non ho mai detto né scritto che alla produzzione delcandore si ricerchi la mutazione della distanza tra la Terra e laLuna o la mutazione dello splendore della Terra. È statopensiero del signor Liceti; il qualeimmaginandosi che di talmutazione non possa esser causa altro che il variarsi la distanza oil mutarsi lo splendoresi è persuaso che escludendo questedue cause venga distrutta la mia opinione. Se io avessi detto che laTerra cagionasse il candore nella Luna con l'appressarsele odiscostarseleo col farsi ella or più splendida ed or menoegli mi averebbe convinto di errore col mostrare che la Terra nési avvicina o discosta dalla Lunané diviene una volta piùvivamente splendida che un'altra. Resto io pertanto sin qui illesodalla sua prima impugnazionenella quale è bene ora cheveggiamo se vi sia ascosa dentro alcuna fallaciasì comeingenuamente parlandocredo che ascosa vi sia: e per farla paleseprima mostrerò in generale che ella vi è; dipoi tenteròdi additaredove e quale ella sia in particolare

Chefallacia assolutamente vi sialo provo col tessere un argumentoformato su le vestigie del suosenza slargarmene pure un capellodeducendone poi una conclusione falsa; la quale vera doverebbe esserriuscitaquando nella forma dell'argumento non fusse stata fallacia.Formando dunque l'argumento su le sue pedateproverò che quellume che la notte si scorge in Terramentre che la Luna splendida sitrova sopra l'orizontee che communemente si chiama lume di Lunanon è altrimenti effetto checome da causadependa dalreflesso de' raggi solari nella superficie della Lunadicendo così.Questo che noi chiamiamo lume di Luna è effetto mutabileeperò non può derivare se non da causa mutabile. Ma lecause mutabiliatte a produrre una tal mutabilitàsono dalsignor Liceti ridotte a due capi: l'uno è l'avvicinare odiscostare il corpo illuminante da quello che deve essere illuminato;e l'altro è il crescere o il diminuire lo splendore del corpoilluminante. Il primo di questi due capi non ha luogo: nella presenteoperazioneavvengachèper concessione pur del medesimosignor Filosofola Luna mantiene sempre la medesima distanza dallaTerra; e l'altro capo molto meno ci ha luogo il che èmanifesto; imperochè l'effetto che seguir si vede procedetutto al contrario di quel che proceder dovrebbe quando pur losplendor della Luna si facesse ora più vivo e potente ed orameno. Imperciochèessendo lo splendor della Luna effetto deiraggi solari che la illustranochiara cosa è che ei saràpiù vivo quando ella è men lontana dal Solee piùdebile nella sua maggior lontananza e peròposta la Luna incongiunzione col Solelo splendore che ella da lui ricevepiùefficace sarà che quando ella li è postaall'opposizionetrovandosi in questo luogo più lontana dalSoleche in quellotanto quanto importa il diametro del dragonecerchio massimo deil'orbe nel quale la Luna si rivolge; ed èmanifestoche partendosi ella dalla congiunzione e venendo verso ilsestile e di lì al quadratoella si va continuamentediscostando dal Solecontinuando pure il discostamento nell'aspettotrinoe finalmente conducendosi alla massima lontananza nelladiametrale opposizione. Si va per tanto continuamente indebolendo losplendore della Luna: ma l'effetto suo in Terra procede al contrarioimperocché nel tempo della congiunzione l'illuminazione inTerra è minimaanzi pur nullae si comincia a far sensibilenel separarsi la Luna dalla congiunzionené molto si fa ellaapparente sino allo aspetto sestile; ma continuando lo allontanamentodella Luna dal Solepassando per il quadrato e trinosempre il lumedi Luna in Terra si fa maggiore e maggioresin che diviene massimonella opposizione. Poiché dunque la mutazione nel lume il faal contrario di quel che far si dovrebbe quando tal mutazionedependesse dal farsi lo splendore della Luna or più or menogrande e gagliardo; chiara cosa rimaneche né anco il secondocapo ha luogo. In questa operazione del farsi il lume in Terra or piùor meno vivace. Adunque non ha la Luna parte alcuna nella mutazionedi quel lume in Terradel quale noi parliamo; e non avendo ellaparte in tal mutazioneper la verissima ipotesi del medesimoFilosofo né meno lo stesso lume sarà effetto dellaLuna: tuttavia egli pure tanto manifestamente depende dalla Lunacheniuno degli uomini si troverà che vi ponga dubbio. E veramentedubbio non vi si può porrementre che la causa dellamutazionecioè del farsi di piccolissimoe di giorno ingiorno andar crescendosin che grandissimo divengaa tantomanifestache non è uomo che non la comprendae non veggache la Luna nuova poco o niente può illuminar la Terranon cimostrando del suo emisferio illuminato dal Sole altro che unasottilissima falcela quale la sera seguente fatta più largae di sera in sera ingrossando le sue cornaallargatasi per buonospazio dal Solecomincia a rendere osservabile l'effetto del suosplendorequanto all'illuminar la Terrai ridottasi poidopo sette ootto giorni al quadratoscuopre alla Terra di sè la metàdel suo emisiferio splendido; e seguitando di allontanarsi ancor piùdal Solepiù e più di sera in sera mostra ampla la suafigura d'intero e perfetto cerchiograndissima ne produce in Terrala sua illuminazione.

Ioveramente mi meraviglio che l'eccellentissimo signoredi ingegnotanto provido in contemplare e penetrare le cause e gli effettimeravigliosi della naturanon so per qual ragionenon abbia fattoreflesso sopra così patente causa della mutazione del lume diLuna in Terra; o perchéavendovela fattanon l'abbia poiriconosciuta nello splendore della Terra nel produrre similemutazione nel candor della Lunamentre che il negozio camminanell'istessa maniera puntualissimamente. Cioèperchéstante sempre un intero emisferio della Terra illustrato dal SolelaLuna non però si trova perpetuamente costituita in sito taleche continuamente se gli opponga o scuopra o tutto o la medesimaparte del detto emisferio terrestre luminoso; ma talora lo vedetuttotalora ne perde una partee poi un'altra maggioreefinalmente ancora ne perde il tutto. L'intero ne vede la Luna postaalla congiunzione col Sole; nel qual tempoesponendo essa Luna ilsuo emisferio opaconon tocco da i raggi solarialla Terrasommamente viene incandita dalla piazza immensa luminosa di quella.Partendosi poi dalla congiunzionecomincia a scoprire una particelladell'emisferio tenebroso della Terrarimanendole però vedutagrandissima parte ancora del luminoso; onde il suo candore sidebilita alquantoe va continuamente debilitandosi mentre chenelloallontanarsi dal Soleva sempre di giorno in giorno perdendo divista parte maggiore del terrestre emisferio luminososin chegiunta al quadratoscuopre del terrestre emisferioesposto alla suavistala metà dell'illuminatoe l'altra metà deltenebroso: cresce dunque la causa del diminuirsi il candore. E cosìcontinuando di perdersi di sera in sera maggiore e maggior partedell'emisferio splendido della Terrail candore si fa a poco a pocoimpercettibilesendo anco di gran pregiudizio a gli occhi delriguardante la presenzia della parte molto lucida della Lunacheconfina con quello che di lei resta privo della illuminazione delSole. Al che possiamo aggiugner ancora (come punto di granconsiderazione) la chiarezza che il medesimo lume lunare introducenel suo ambientela qual chiarezza è tantache ci offusca etoglie la vista delle stelle fissele quali anco per assai grandespazio son lontane dalla Luna; tal che molto meno ci deve restarcospicuo il candoreanco per altrotenuissimo fatto.

ParmiSerenissimo signored'aver sin qui a bastanza dimostrato comel'opinion mia resta illesa da questa sua prima obbiezzioneedinsieme aver concluso che nella sua instanza è forza che siaqualche fallacia. Séguita ora che io dichiari in quel che a mepare che la fallacia consista: ed ès'io non m'ingannocheargumentando egli ex suppositione quello che egli suppone èmutilo; e dove egli è almanco di tre membrane prendesolamente due lasciando indietro il terzo. Del potersi fare ilcandoreo altra illuminazionemaggiore o minorene assegna ilsignor Liceti due modi solamente: cioè il mutarsi la distanzatra il corpo illuminante e il corpo che si illuminache èl'uno de i modi; e l'altrocol farsi lo splendore dello illuminanteintensivamente più o meno gagliardo. Ma ci è il terzoil quale è quando non intensivamentema estensivamentesi famaggiore quella luce da cui l'illuminazione deriva: e così illume di una torcia grande più gagliardamente illumineràche d'una piccola candelabenché gli splendori di amendueintensivamente siano eguali. Ora qui averei voluto che il signorLiceti avesse consideratoquanto questa terza maniera è piùpotente in produrre l'effetto della mutazione del lume di Luna inTerra. Imperocché l'ingrandirsi estensivamente lo splendoredella Lunacome famostrandosi da principio in figura di unasottilissima falceandandosi poi pian piano e di sera in seradilatandocioè facendosi estensivamente maggioregranmutazione di accrescimento produce nell'illuminar la Terraancorchéintensivamente vadia debilitandosionde per tal rispetto il lumedovrebbe farsi men vivo. Debolissima dunque è l'efficaciadelle altre due manierein comparazione di questa terzala qualel'Altezza Vostra Serenissima vede quanto sia gagliarda.

Saràbene adesso che andiamo esaminando quello che operar possa circal'incandire la Luna il reflesso del suo etere ambiente dal signorLiceti assegnato per vera cagione dell'effetto: la quale dubito chenon possa essere se non assai languida ed inefficace. Ma prima che iovenga a questovoglio qui interporre un miotal qual si siapensieroper ritrovar l'origine donde sia proceduto il restare pertanti secoli passati occulta a gli ingegni speculativi questapermio credereassai vera e concludente ragionedel derivare il candordella Luna veramente dal reflesso de' raggi solari nella terrestresuperficie. Mentre che il Sole è sopra l'orizonte ed illuminail nostro emisferio terrestrein qualsivoglia luogo che sia posta laLunail candor di lei non ci si rende visibile; per lo che nessunoin tal tempo si sarebbe mosso a credere né a dire che il lumedella nostra Terra avesse forza di illuminare la parte dellasuperficie lunare non tocca dal Sole onde molto meno gli potrebbecadere in mente che la superficie della Terra priva di splendorefosse potente a incandire la Lunacioè fusse potenteessendotenebrosaa portar luce là dove ella non la portòessendo luminosa. Quando dunquetramontato che sia il Sole edimbrunita la nostra Terramentre si vede scoprirsi il candore nellaLunail giudizio popolare ad ogni altra cosa lo potrebbe referirefuorché alla Terra: per lo che gli uominipersuasi da questaprima e semplice apprensioneo non vi fecero reflessioneocercarono di ritrovarne la ragione in ogni altra cosa fuorchénello splendor terrestre.

Oravarii sono i riscontri e le ragioni le quali mi distolgono dalprestar l'assenso all'opinione del signor Licetiche il candorelunare sia effetto di una parte del suo etere ambientela qualecome alquanto più densa dell'etere purissimo che il resto delcielo ingombrapossa ricevere e ripercuotere i raggi solari nellaparte tenebrosa della Luna; in quella maniera che la parte dell'ariacontermina alla Terrafatta densa dalla mistione de i vaporiricevelume da i raggi solarie quello reflette sopra la Terraproducendoil crepuscolo e l'aurora. E perchèoltre a questoeglisuppone che la Luna pure abbia per se stessa alquanto di lumesuoproprio e naturale; questo parimente e primieramente non credo ioesser veroné poterequando pur vero fusseaverci partealcuna: né so penetrare da che cosa mosso egli ve lo abbiavoluto introdurre. E primache egli non vi siace ne rende sicuriil perder noi talvolta del tutto di vista la Lunaquando ellanellasua totale eclissenel mezo del cono dell'ombra terrestre si riduce;che quando ella avesse qualche proprio lumebenché tenuenella profondissima notte si farebbe visibile; tal lume proprio nonha dunque la Luna. E quando ben ne avessenon potendo egli esser senon tenuissimodi niente potrebbe aiutare il candoreil quale èmolto grande in quella maniera che niente opera il lume della Lunacirca l'lluminar la Terraqualvolta il Soleelevato sopral'orizontecon i suoi lucidissimi raggi l'illustra; chéquando la nottein assenza de: Solela Luna piena di splendore nonci avesse illuminatogiammai di giornoalla presenza del Solenonaveremmo potuto assicurarci della illuminazione della Luna e cosìnel gran campo del candoremolto bene luminosoogni altro picciollume resterebbe offuscato e come nullo. Quanto poi all'operazionedell'etere ambientecirca il candire la Lunanon veggo che in modoalcuno possa satisfare a quello che al senso ci apparisce imperochétutto il campo tenebroso della Luna è egualmente canditoenon intorno alla circonferenzia solamentedove solo per breve spaziosi dovrebbe distendere il lume che dallo etere ambiente le perviene;in quel modo che il reflesso della parte dell'aria vaporosa solamentetal parte dell'emisferio terrestre illustraqual parte è iltempo della durazione del crepuscolo del tempo della lunghezza ditutta la notte che se l'illuminazione del crepuscolo potessediffondersi sopra tutto l'emisferio terrestrenon averemmo mai notteprofondama un'aurora o un crepuscolo perpetuo; ed avvengachésecondo che in maggiore altezza si sublimasse l'orbe vaporoso intornoal globo terrestretanto più diuturno si farebbe ilcrepuscoloin immensa Altezza converrebbe che si elevassero i vaporiper illuminare l'intero emisferio. Oraquando il signor Licetivolesse mantenere che il candore che può illustrare tuttol'emisferio tenebroso della Lunaderivasse dal reflesso dell'etereambientesarebbe in obbligo di insegnarci a quanta altezzaovogliamo dir distanzafuor dell'orbe lunare dovesse tal parted'etere addensato sublimarsi; nella quale impresaoltre che alquantolaboriosa gli riuscirebbecredo che incontrerebbe assai gagliardecontraindicanze. Una delle quali èche giammai in verun modopotrebbero le parti di mezo essere egualmente luminose come le altrepiù verso la circonferenzama grandemente piùtenebroseavvenga che le parti intorno alla circonferenzagoderebbero non solo delle parti a sé contigueed anco delleprossimema di tutte le remote ed altissime; dove che le parti dimezorestando prive della vista delle prossime e tangenti l'estremolimboriceverebbero il lume solamente dalle alte e remote: oraquanto importi l'avere l'illuminante prossimopiù chel'averlo lontanoper esser più vivamente illuminatoètanto per sé manifestoche non occorre spendervi piùparole. E doppo questa ci è un'altra contraindicanzapurgagliardissima; e questa èche nel farsi l'eclissefinitoche fusse di entrare nel cono dell'ombra il disco lunarerestandoancora fuor di tal cono gran parte dell'etere alto che la Lunacircondaessendo ancora questo visto ed illuminato dal Solepurecontinuerebbe di incandire ancora la medesima faccia della Lunaemassimamente la parte conseguente all'ultimo orificio che si sommersenell'ombra: al che troppo altamente repugna l'esperienzala quale celo mostra bene alquanto sparso di luceeper mio credereconferitale dallo etere suo ambientema tal luce con infinitaproporzione minore del vero candore; il qualese nella profondanotte potesse conservarsiio tengo per fermo che ei sarebbe potentea illuminarcinon ardirò di dire quanto la Luna nel suoplenilunioma che non cederebbe a quello che ci viene dalle cornadella Luna posta presso all'aspetto sestile. E finalmentedel nonpotere il candore in verun modo essere effetto dell'etere ambientemolto chiaramente lo mostra la gran diminuzione che in esso si scorgedal partirsi dalla congiunzione col Sole sino all'arrivare alquadratoalla qual diminuzione converrebbe che proporzionalmenterispondesse la diminuzione del lume nell'etere ambiente; la quale nonpuò esser se non piccolissima e per avventura insensibilenonsi potendocome il medesimo signor Liceti affermariconoscere daaltro che dallo allontanamento di esso etere dal Sole. Ed ancorchéné l'etere ambiente né il suo lume scorgiamonulladimeno quale possa essere la diminuzione di quellolo possiamoargumentare dalla diminuzione di splendore che nel corpo stesso dellaLuna si scorgementre che alla lontananzache è tra il Solee la Luna posta nel quadratosi aggiugne quello di più cheella si scosta passando dal quadrato all'opposizione: e veramentecredo che niuna vista possa esser bastante a comprenderelosplendore della Luna nel quadrato essere intensivamente maggiore chenella opposizione; e così il lume dell'etere ambiente nellacongiunzione della Luna col Sole poco scapiterà nel ridursialla quadraturaperché finalmente il suo discostamento non èaltro che la trentesima parte della distanza tra il Sole e la Lunapostagli in congiunzione; ondea tal ragguaglioil lume in questoluogo potrà diminuirsi per la trentesima parte appenanelvenire al quadrato. E tale per consequenza doverebbe essere ladiminuzione del candore nella Lunacioè appena sensibile: maella è non pur sensibilema assai grande; e ben grande puòella esserementre che nella congiunzione viene il disco lunareincandito dall'intero emisferio splendido della Terradalla cui metàsolamente viene ella illustrata nella quadratura.

Oravenghiamo al secondo argumentoleggendo sino a "Deinde Lunaprope coniunctiones" etc. Io di questo argumento concedo tuttele premessema non concedo già che non ne segua quello chedalla concessione di esse seguir ne dovrebbe; anzi affermo chepuntualmente ne séguita e che così si scorgecioècheper esser la Terra più da vicino illuminata dal Sole chela Luna posta in opposizionee che per esser l'emisferio terrestremolto e molto maggiorecioè circa dodici voltedi quellodella Lunail candore lunare dovrebbe di gran lunga superare il lumedi Luna in Terra; ed affermo di più che così seguecheè quello che dal signor Liceti vien negatoaffermando eglivedersi il contrariocioè molto più debole il candoredella Luna che l'illuminazione terrestre derivante dalla Luna piena:e perché ei dice ciò vedersimi sarebbe parsonecessario il dichiarare la maniera come tal vista possa ottenersicon sicurezza e senza che il senso si ingannasse. Imperochémentre io vo ricercando di assicurarmi della verità del fattotrovo che non mancano circustanzeper le quali il sensonella primaapprensionepuò errare ed esser bisognoso di correzzionedaottenersi mediante l'aiuto del retto discorso razionale. Ioveramentedomandando persone anco di bonissimo giudizioquale sirappresenti all'occhiopiù vivo e risplendenteo il lume diLuna in Terrao il candore nella Lunami sento subito rispondereche di gran lunga è superiore il lume di Luna; tuttavia credocheapplicando il discorso e la considerazione a gli accidenti chela prima apparenza possono perturbaresi troverà potereessereed in fatto essereil contrario di quello che a prima vistasi giudica. E primaessendo assai manifesto che l'istesso corpolucidopotente a illuminare altri corpi tenebrosipiù e piùvivamente gli illustra secondo ch'ei sarà meno e meno lontanoda essi; da questo effetto notissimo e chiaro parmi che con assaiconveniente proporzione si possa anco affermareche alla vistanostra meno risplendente si mostri il medesimo oggetto luminosoposto in grandissima lontananza dall'occhioche postoci molto davicino. E se così èvorrei che il signor Licetiavvertisseche nel voler noi far paragone del lume di Luna in Terracol candor della Luna vicina alla congiunzionee di essi giudicarequello che alla prima vista si rappresentaavvertissedicoche laTerra illuminata dalla Luna non è dall'occhio nostro piùlontana di tre o quattro braccialontananza incomparabilmente minoredi quella della Luna candente posta alla congiunzionela qualeeccede di assai trecento milioni di braccia: qual dunque meraviglia ècheposto anco che il candor della Luna fusse egualeall'illuminazione della Luna in Terrain tanta differenza dilontananza ci apparisse minore? Eccellentissimo signor Licetipergiudicare nella presente causa senza fallaciabisognerebbe chenotato a parte quello che vi si rappresenta alla vista mentre chestando in Terraguardate il lume di Luna in Terraparagonandolo alcandor della Luna quando poi è posta nella congiunzionenotaste ancora a parte quello che vi si rappresenterebbe alla vistaquando voi foste constituito nella Luna incandita dal lume terrestree di lì poteste poi vedere la Terrada voi lontanissimailluminata dalla Luna; e se nell'una e nell'altra esperienza voitrovaste che la Terra si mostrasse più candida della Lunaincandita postavi sotto i piedibene e concludentemente averestesentenziato; ma dubito che la seconda esperienzia vi farebbe mutarpareree giudicare tutto l'opposito di quello che la prima vistaintorno a questo vi persuase. Cessi per tanto la fede che in questocaso l'intelletto deve prestare al senso. Ed aggiunghiamo di piùche di due oggetti visibilima in grandezza disegualiil minoremeno ingombrerà l'occhio di luce che il maggioreancorchèamendue fussero dell'istesso splendore in specie. Ora notisi che ildisco lunare viene compreso sotto un angolo acutisimoavvengachéla sua base non suttenda più che a mezo grado: ma l'angolo chedalla massima divaricazione de i raggi visivi si constituiscenell'occhioessendo più grande che rettosuttende a piùdi novanta gradi interi e questo viene tutto ingombrato dall'area epiazza luminosa della Terramentre che da vicino la rimiriamo:essendo adunque l'ampiezza di questo grande angolo circa dugentovolte maggiore dell'altro acutoche comprende il disco lunaremeraviglia non abbiamo a prenderci dell'apparente maggioranza di lucenel rimirar la Terrache la Luna incandita. Taccio che delladifferenzia dei nominati due angoli lineari molto e molto maggiore èquella delli angoli solidida essi lineari nascenti: e veramenteangoli solidi sono i compresi dentro a i coni formati da i raggivisualide i quali angoli quello che ha per base la parteancorchépiccolissimadella terrestre superficie all'occhio espostaa benpiù di quaranta mila volte maggiore dell'altroche si fondasul disco lunare.

Nonè dunque meraviglia che il senso nella prima apparenzadistortamente giudichi nella presente causa: però saràbene che veggiamo se ci è modo di correggerlo; e potendo peravventura i modi e le maniere esser molteio per ora ne proporròuna o due. E già che noi non possiamo mettere a petto a pettoil candor della Luna ed il lume di Luna in terraparmi che assaisicuramente potremmo giudicare tra essi facendo parallelo di amenduead un terzo lume di un corpo illuminato: imperoché seaccadesse che lo splendore di questo terzo superasse il lume di Lunama fusse superato dal candor della Lunasenza dubbio credo chepotremmo asserireil candor della Luna superare il lume di Luna interra. Mi si rappresentaatto mezo termine per ciò fare esserlo splendore del crepuscolofacendo comparazione ad esso del lume degli altri due. Tramontato che sia il Solevedesi rimanere per buonospazio di tempo la superficie della Terra assai chiaramercédel crepuscolocioè molto più che quando èillustrata dalla Luna piena; il che manifestamente si scorge dalveder noi qualsivoglino minuzie in terra molto piùdistintamente in virtù del crepuscoloche non si scorgonopassato essonell'illuminazione della Luna. Il quale effetto ancoapertamente si conferma: perché se averemo in Terra qualchecorpo oscurocomeper esempiouna colonna o la nostra personamedesimala illuminazione della Luna piena non farà far ombrain Terra a esso corpo tenebroso sin che il lume del crepuscolo nonsarà di molto scematocioè sin tanto che il lume dellaLuna gli prevaglia; segno evidentequesto della Luna esser a quelloda principio e per lungo spazio di tempoassai inferiore. Maaggiunghiamo un'altra esperienziache pure ci confermal'illuminazione del crepuscolo superare di assai l'illuminazione delplenilunio. Osservisi qualche grande edifizio posto sopra luogoeminentein lontananza da noi di quattro o sei o più miglia:certo per assai lungo spazio dopo il tramontar del Sole dureremo noia scorgerlo benee tal vista non perderemo se non dopo notabilediminuzione del lume crepuscolino; ma seestinta la illuminazionedel crepuscolosopraverrà la illuminazione del pleniluniopotrà molto bene accadere che il medesimo edifizio piùda noi non si scorga. Cede dunque di assai il lume di Luna al lumedel crepuscolo: ma all'incontroper scorgere il candore nella Lunanon ci fa di mestiero aspettare che tanto si debiliti il lumecrepuscolinoma di non piccol tempo avanti che la Luna muoval'ombrelo vedremo noi biancheggiare nel medesimo lume crepuscolino:cede dunque il lume di Luna al candor della lunare superficie.

Mafinalmente con nodoal mio parere insolubileveggiamo stretta econfermata la verità della mia conclusione dico dell'essere ilcandor della Luna effetto del reflesso de' raggi solari ripercossidal globo terrestre. Stima il signor Licetiil candor della Lunaessere effetto del reflesso de' raggi solari nell'etere alquantocondensato che da vicino circonda il globo lunarein quella guisache l'orbe vaporoso circonda la Terra; e del tutto esclude ilreflesso della Terracome nullo: io ammetto al signor Liceti ilreflesso dell'etere ambientema vi aggiungo il reflesso della Terrache egli negae questo assai più potente che quellodell'etere: ed avvenga che il signor Liceti reputi nullo questodame stimato per principaleadunque di niuno pregiudizio dovràessere al candore della Luna il privarla di questoche io reputobenefizio concernente al produr tal candorepurché se glilasci il reflesso dell'etere ambiente. E per ciò farecompitamenteponghiamo la Luna in opposizione al Soleonde verso dilei nulla si esponga dell'emisferio terrestre luminosoma soloriguardi verso lei l'emisferio tenebroso; ed in tal consultazioneponghiamo che segua l'eclisse totale della Lunasì che ellaperda ancora la illuminazione de i raggi primarii del Soleonderesti spogliata di questi e del tutto priva della vista della faccialuminosa della Terra. Qui è manifestoche non cosìimmediatamente che il corpo lunare si è finito d'immergere nelcono dell'ombra terrestresi è finito di immergere ancoral'orbe dell'etere che lo circondama ne resta parte fuori; la qualparte godendo ancora de i raggi solaripuò incandire quellaparte del corpo lunare che fu l'ultima a cadere nell'ombra ed inquesto tempo potremo noi scorgere qual sia il candore prodotto dalsolo etere ambiente. Ma questo poco che si vedenon si diffonde pertutta la faccia della Lunama solamente in parte del suo limbo; néla grandezza del suo lume ha che fare col candore grande ed argenteoche si vede nella congiunzionema a una assai tenue tintura bronzinaché quando fusse in spezie così vivace quale èil candorevivacissimo e molto più limpido dovrebbedimostrarsi in questo tempo dell'eclissementre che la Luna si trovaconstituita in un campo molto oscurocioè nelle tenebre dellanottedove cheall'incontroil candore del novilunio viene da noiveduto nel campo ancora assai chiaro del crepuscolo. Vedesi dunqueche privata la Luna del reflesso della Terrae favorita solo daquello del suo etere ambiente perde a molti doppi quel bel candoreper lo che ben necessariamente doviamo concluderepochissima esserela parte che vi ha il reflesso dell'etere ambiente; anzi pure vi èella come nullamentre le sopragiugne il tanto più vivace epotente reflesso della Terra

Quiprima che passar più avantinon voglio tacere certameraviglia che mi nasce nell'animo; ed èche avendo il signorLiceti detto di voler discorrere nella presente materiafisicomatematicamentenella presente occasione ci si serva solodella fisicatralasciando la matematica: perché cosa dafisico e naturale è stata il formar giudizio tra il candordella Luna e il lume di Luna dalla prima e sensuale apparenza; nelqual giudizio non credo ch'ei fusse con fallacia incorsose egliavesse aggiunto quello che ne insegna la matematicacioè chela lontananza della Luna candita dall'occhio è più dicento milioni di volte maggiore della lontananza della Terrae chel'angolo visuale nascente dalla Terra è più di quarantamila volte maggiore che il nascente dalla superficie lunarele qualidisuguaglianzecome non piccolehanno potuto perturbare il rettogiudizio. Quindi apprenda ciascuno quale è talvolta ladifferenza tra il discorrere de i matematici e de i puri filosofinaturali e perchésenza digredire dalla materia che sitrattami si porge qui occasione di conferire all'Altezza VostraSerenissima certo mio concetto non scritto da me in altro luogonécredo toccato da altriglie le esporrò.

Mostral'esperienzia come il sopranominato tenue splendore bronzinocheresta nella faccia della Lunama per breve tempodopo la sua totaleadombrazioneil va a poco a poco diminuendo: ed accade tal volta chepure nelle totali e centrali eclissi tal lume del tutto si ammorzain guisa che del tutto si perde la vista della Luna; ed alcun'altravoltapur nelle stesse totali eclissinon così adivienemaresta il lunar corpo pure alquanto apparente e visibile. Già èmanifestotal debolissima luce non le poter provenire né dalSole né dalla Terrala vista de' quali le è del tuttotolta; né meno essere effetto del suo etere ambientedi giàesso ancora immerso nell'ombra e privato della vista del Sole; népuò tampoco esser nativo e proprio del corpo lunarepoichése fusse talein tutte le eclissi si scorgerebbecome ancoaccaderebbe se fusse per avventura effetto delle stelle sparse perl'immenso cielo; ed in somma il punto grande della difficoltàconsiste nel seguire alcune volte sì ed alcune volte no questototale perdimento di vista della medesima Lunail quale effettoperla sua variazionericerca varietà nella causa effettrice. Iodoppo molte reflessioni di menteconsiderato che l'effetto del qualesi cerca la causa è effetto di lumeho meco medesimoconclusonon potere esso provenire se non da qualche cosa che abbiafacultà di illuminaredel benefizio della quale resti orafavorita ed ora privata la Luna; né avendo noi altro dilucidoatto a ciò poter fareche i luminosi corpi celestiaquelli è forza ricorreree tra essi investigare chi possaoperare or sì ed or no nell'effetto del quale parliamo. Sequesto è effetto di qualche stellaè necessario cheellao vero alcuna volta risplenda più ed altra mancoo veroche ella ora sia esposta ed ora no alla vista della Luna; e convieneanco che tale stella sia di non minima forza d'illuminare. Tra icorpi celestitrattone il Sole e la Lunapotenti assai per la lorvicinanza e grandezzala prima fra le stelle mi si offre Venerelaquale in alcune constituzioni col Solecioè circa allemassime digressioni riluce tanto vivamenteche si vede la notte icorpi ombrosi tocchi dal suo fulgoresparger ombrae Giove appressodi lei con poca differenza far quasi il medesimo effetto. Orastantequestoche pure è verissimoqualvolta accadesse che questedue stelle nel tempo dell'eclisse lunare fussero verso la Lunatalmente costituite che la potessero ferire con i loro raggipotrebbero in consequenza conferirle qualche lumebastante perrenderla visibile; e quando poi in altra eclisse Giove fusse versol'opposizione del Soleed in consequenza dietro all'emisferio lunarea noi ascostoe che Venereper l'oppositofusse prossima allacongiunzione col Solesì che la Terranel privar la Lunadella vista del Solele togliesse anco il veder Venererestandoella abbandonata da amendue tali fulgoriresterebbe ancora a gliocchi nostri invisibile. Potrebbesi ancora accomunare a questobenefizio qualche stella fissae massime la più di tutte lealtre fulgentedico la Canicola; e parmi poter far capitale diqueste tre soleed in particolare dei due pianetiperchédebole è l'operazione di tutto il resto delle stelle fisse. Everamente par nel primo aspetto cosa assai maravigliosache losplendore di tanti lumi celesti abbia sì poco ad operare circal'illuminare la Terra o altro corpo da esse remotissimo: ma dovràfar cessare la meraviglia il considerare quanto avanzi in grandezzail disco solareed anco quello della Lunala apparente piccolezzadelle stelle fissemercé dell'immensa loro lontananza poichéper fare un'area o piazza luminosa eguale al disco del Sole o dellaLuna composta di stelleciascheduna anco eguale al Canenonbasterebbero quaranta mila accoppiate e distese insieme: giudichiamoora quello che si può ricevere dalle quindici sole della primagrandezzainsieme con le altrepoche più di millee tantominorisparse per il Cielo. E ben che moltissime siano quelle cheper la loro piccolezza restano invisibilituttavia veggiamo che ditali piccolissime congiuntone gran numero insiemefinalmente nonformano altro che una piccola piazzetta sì poco luminosa chegli astronomi passati chiamarono con nome di stelle nebulose. E tantobasti per risposta alla seconda instanza del signor Liceti.

Evenendo alla terzasenta l'Altezza Vostra Serenissima quello chel'autore scrive consequentementesino alle parole: "Prætereavel ipse Clarissimus Galileusdum aliam opinionem" etc. Qui sìmi è lecito liberamente parlarenon bene resto capace de imotivi per i quali il signor Liceti inferisceche posto che ilcandor della Luna derivasse dal reflesso del lume terrenoei dovesseessere più illustre nel mezo della sua faccia oscurache nelrimanente verso l'estremo margine; e mentre adduce per ragione diquesto il ricevere le parti di mezo più lume dalla Terrae losfuggire il medesimo lume dal margine estremospargendosinell'ambienteio non veggo occasion nessuna di ricever piùluce nel mezoné veggo che i raggi dello splendore terrestredebbano sfuggire dall'estremo limbo. Ciò forse accaderebbequando il globo lunare fusse terso e liscio come uno specchio; maegli è scabroso quanto la Terra se non più: e di questonon riceversi maggior lume nel mezo che nell'estremo ambitopurtroppo chiaramente ce lo mostra l'stessa Lunamentre che essendoellanella opposizionepiena di lume del Solesenza verunadifferenza di mezo o di estremo egualmente luminosa si mostraargumento della sua asprezza e del non sfuggire i raggi solari versol'estrema circunferenza; che quando ella fusse tersa come unospecchiogiammai da gli uomini non sarebbe stata vedutacome iodiffusamente ho dimostrato altrove. Oltre cheposto anco che lasuperficie lunare fusse tersa sì che i raggi luminosichedalla Terra le pervengonopotessero fuggire nel contatto estremodell'orbe lunaree perciò quivi men vivamente potesseroincandirlonon per questo all'occhio nostro tal diminuzione di lumepotrebbe esser compresa: e la ragione è questa. La superficieluminosa della Terracome quella che è vicina alla Lunaedin ampiezza è ben dodici volte maggior di essamolto piùd'un suo emisferio abbraccia ed illumina con i suoi raggi;all'incontro poi i raggi nostri visivicome quelli che non da unaampiezza così grande quanto è l'emisferio terrestre sìpartonoma escono da un punto solocioè dall'occhio nostronotabilmente meno di un emisferio lunare abbracciano; talchéoltre all'ultimo cerchio che i raggi nostri visivi nella superficielunare descrivonouna grande striscia di luminoso resta tra essa el'ultimo cerchio che termina la parte della superficie lunareillustrata dalla Terrala quale striscia è a gli occhi nostriinvisibile. Perché dunque nella parte veduta da noi non vientra della poco luminosamercé dello sfuggimento dei raggiterrestriniuna diminuzione di candore possiamo noi veder nellaLuna. Di qui l'Altezza Vostra Serenissima può vedere conquanto più salda ragione io dichiaro che l'obiezzione delsignor Liceti contro il derivare il candore dalla Terra èinvalidae quantoall'incontrovalida e concludente sia la miaposta di soprain provare che il candore non sia effetto dell'etereambientementre che io concludo che se ciò fusseil candorenelle parti di mezo dovria apparir più oscuro chenell'estreme; la quale mia conseguenza non so se il signor Licetipotesse così agevolmente rimuoverecome ho potuto io orarimuovere la suache il candore nelle parti di mezo dovessemostrarsi più chiaro che nelle estremequando derivasse dallaTerra.

Quantopoi all'attribuirmi l'Autoreche io abbia poste nella Lunaconcavitàle quali poia guisa di cavi specchipossinoripercuotere lume maggiore che altre parti non concave; sia detto conpace del mio Signoreio non ho mai né scritta népronunziata tal cosa. Sono nella superficie della Luna lunghi trattidi asprissime montagnegruppi di scogli scoscesimoltissimi spaziigrandi e piccolicircondati da argini sublimi e per lo più difigure rotonde; veggonvisi alcune cavità: ma che elle sienotersesì che a guisa di specchi cavi possino ripercuotere iraggiciò è alienissimo dal mio detto e dal miocredere; ma stimo benetutte queste figure essere ruvideaspereedin somma quali in Terra se ne veggononaturalmente e rozamentecomposte. In oltrequando pure nella faccia della Luna fusseroconcavità più che qualsivoglia de i nostri specchipulite e lustratesì che vivacissimamente potesseroreflettere non meno il lume terrestre che gli stessi raggi solariche vedremmo noi di tali raggireflessi nell'ambiente della Luna ?Esposto uno de' nostri specchi concavi a' raggi diretti del Solechelume reflettono essiche punto illumini l'aria nostra ambiente?Nulla sicurissimamente; e pure è verotali raggi reflettersigagliardissimamenteed in figura di cono andare ad unirà; edesser veramente potenti ad illuminare i corpi tenebrosi edilluminargli ancora più potentemente che l'istesso Sole: mabisogna nella cuspide del conoo a lei vicinoporre qualche materiadensa ed opacala qualetocca da tali raggisi vedràsplendere ed offender la vista più che l'istesso Soleemassime se lo specchio sarà grande; e se la materia saràcombustibileimmediatamente si accenderà; ed essendofusibilequal è il piombo o lo stagnosi fonderàedil rame o altro metallo più duro si infuocherà. Bisognadunque per vedere il suo reflessofarlo incontrare in materia attaad essere illuminata; e finalmente potremo vedere manifestissimamentetutto il conoponendogli sotto carboni accesi e buttando sopra essisemola o incenso o altra cosa tale che faccia fumo; e questo passandoper i raggi del conosi illumineràe ci farà vederequanto tali raggi reflessi siano più vivi delli incidenti eprimarii del Sole. Adunquesiano pure quali e quanti si voglinospecchi concavi nella Lunaniente faranno più vivo losplendore diffuso per l'etere ambiente.

Ionon credo che all'eccellentissimo signor Liceti sia ignotoche iraggi reflessi da uno specchio concavo non vadano in figura di cono aunirsi se non in piccola distanza da esso specchioe che il lorovivacissimo lume non può vedersi se non in qualche materiadensa ed opacala qualetocca da i detti raggicome ho dettoacquista un lume più vivo che lo splendore dell'istesso Sole:ma la parte aversa della detta materia niente si illuminaessendoopaca; tal che a noi che siamo in Terradove non credo che il signorLiceti fusse per dire che arrivassero i coni de i raggi reflessi dagli specchi concavi sparsi nella superficie della Lunaa noidiconon toccherebbe a vedere se non le dette parti aversele qualiverrebbero illuminate solo dalla superficie della Terracome ilrestante dell'emisferio lunaree però ci resterebbero elleindistinte dal resto del lunar disco. Lascio stare che il metterlamine di materia opaca separate dal corpo lunare e sospese nel suoetere circunfusoè cosa troppo ridicolae da non ci farsopra fondamento veruno. Ma più poteva il signor Liceticomefisico-matematicoraccorre dalle matematicheche non solo i piccolispecchietti concavisparsi nella superficie lunarenon sonobastanti a far l'effetto che egli ne deduce ma quando tuttol'emisferio lunare fosse un solo specchio concavo o porzione di sferatanto grande che il suo semidiametro fusse l'intervallo che ètra la Terra e la Lunache è il medesimo che dire che eifosse porzione dell'istessa sfera nella quale è posta la Lunaappena sarebbe bastante a reflettere e produrre il cono de' raggireflessi insino in Terradoveuniti e terminati nel vertice didetto conopotessero ravvivare il lume; il quale poi un sol punto ouna minimissima particella dell'emisferio terrestre occuperebbeequivi solo farebbe la multiplicazione dello splendoresuperiore allosplendore terrestrema però tanto languidomercédella minima ed insensibile cavità dello specchioche ilcercare di vederlo o vero di ritrovarlo sarebbe un tempovanissimamente speso. Anzi purenon potendo pervenire all'occhio delriguardante salvo che nelle centrali congiunzioni de i tre centriterrestrelunare e solaregiammai da noi che siamo fuor de'tropicitale accidente non potrebbe esser incontrato; essendo cheimpossibile cosa è il costituire l'occhio nella medesima linearetta che li tre centri sopradetti congiungel'occhiodicodi unche fuora della torrida zonacioè de' tropicisiacostituito. Vede dunque l'Altezza Vostra Serenissima come il discorsomatematico serve a schivare quelli scogline' quali talvolta il purofisico porta pericolo d'incontrarsi e rompersi.

Quinon posso non maravigliarmi alquanto di esser portato io intestimonio contro a me medesimomentre sento dirmi che io medesimoho scrittol'estremo limbo della Luna mostrarsi più lucidoche le parti di mezo. È vero che io ho scritto che tali partiestreme sì mostrano a prima vista più chiare che quelledi mezo; ma immediatamente ho soggiuntociò in reiveritate esser falso ed una illusionee soggiunto che tutto ildisco è egualmente candido: ed il medesimo Autore nel capitoloprecedente registra puntualmente le mie paroleche sono: "DumLunatum ante tum etiam post coniunctionemnon procul a Solereperiturnon modo ipsius globusex parte qua lucentibus cornibusexornaturvisui nostro spectandum sese offert; verum etiam tenuisquædam sublucens peripheria tenebrosæ partisSoli nempeaversæorbitam delineareatque ab ipsius ætherisobscuriori campo seiungerevidetur. Verumsi exactiori inspectionerem consideremusvidebimusnon tantum extremum tenebrosæpartis limbum incerta quadam claritate lucentemsed integram Lunæfaciemillam nempe quæ Solis fulgorem nondum sentitluminequodamnec exiguoalbicare: apparet tamen primo intuitu subtilistantummodo circumferentia lucens propter obscuriores Cælipartes sibi conterminas; reliqua vero superficies obscurior e contravidetur ob fulgentium cornuumaciem nostram obtenebrantiumcontactum. Verum si quis talem sibi eligat situmut a tecto velcamino aut aliquo alio obice inter visum et Lunam (sed procul aboculo posito) cornua ipsa lucentia occultenturpars vero reliqualunaris globi aspectui nostro exposita relinquatur; tunc luce nonexigua hanc quoque Lunæ plagamlicet solari lumine destitutamsplendere depræhendetidque potissimumsi iam nocturnushorror ob Solis absentiam increverit; in campo enim obscuriori eademlux clarior apparet." Or il troncare le mie sentenzeportandocome da me detto asseverantementequello che io nellaprima parte propongo per confutarlo poi nelle seguenti parole da mepostee far ciò forse per imprimere nell'animo del lettoreconcetto tutto contrario a quello che io scrivonon saprei in altramaniera scusarlofuor che per una scorsa di memoria.

Seguecon altra instanzadicendo: "Prætereavel ipseClarissimus Galileus" etcsino a "Insupersi Terra solarelumen in Luna" etc. Il signor Liceti con grande accortezzatrapassa sotto poche parole questa instanza che egli mi fa controtoccando solo una parte del mio dettoonde il lettorenon sentendola mia sentenza interapotria formarsi concetto che quello che da mevien portato in altro propositoserva per confermare un'altraopinionemolto lontana da quella che io tengo. È vero che ioho dettotenere che possa essere intorno aila Luna una parte del suoetere ambiente più densa del resto dell'etere purissimo laquale possa reflettere i raggi del Soleillustrando l'estremomargine del disco lunare: al che credere mi muove il vederenell'eclisse totale della Lunadoppo che ella sì èimmersa nell'ombra terrestre restare quell'estrema parte del suolimbo che fu l'ultima a cadere nell'ombrarestardicoalquantoillustratama di un lume che tira più al rame cheall'argentoil qual colore non si estende egualmente per il restantedel disco lunareche resta molto più oscuro; e chefinalmenteentrata la Luna nel mezo dell'ombraella del tutto perdequel poco che la faceva visibilee noi alcune volte totalmente laperdiamo di vista. Orache il signor Liceti inferiscache da quantoho scritto si possa raccorre che io abbia detto o conceduto che ilcandoreil quale grandissimo si sparge per tutto il disco lunare nelnovilunioderivi dal reflesso del Sole nell'etere ambiente la Lunaè consequenza da me non pensatanon che detta; anzi dipresente stimata falsissima. E qui è bene che io tocchi certoparticolare degno di esser avvertito ed inteso.

Circondaperpetuamente l'eterediciamo addensatoil globo della Lunaintorno alla quale si eleva sino a una certa altezza; sta la Lunaesposta a i raggi del Solei quali illustrano l'emisferio lunareinsieme con l'emisferio addensato e potente ad illuminare una partedell'emisferio lunare non tocco dai raggi del Sole; e tal parteilluminata circonderàa guisa di un anellouna strisciadella superficie lunareche confina con l'emisferio illuminato dairaggi solari; e questo anello apporterebbe il lume crepuscolino nellaLuna e da noi si scorgerebbequando un altro lume molto maggiore nonce lo offuscasse; e questo maggior lume è il reflesso dellagrandissima faccia della Terra: sì che postoper esempiocheil reflesso terrestre abbia venti gradi di lucema quello delreflesso dell'etere ambiente ne abbiaverbigraziaotto o diecichicrederàpotersi distinguere tale anello lucido nella piazzatanto più risplendente? Certo nessunosalvo che chi volessedireil reflesso dell'etere superare in candore quello della Terrail che è falso: imperoché quello che nell'eclisselunare rimanesomministratoli dall'etere ambienteè dilunghissimo intervallo inferiore al candore del novilunio; che quandofusse prodotto dall'istessa causadovrebbe molto e molto maggioremostrarsi nell'oscurità della notteal tempo dell'eclisseche nello splendore del nostro crepuscolocome altra volta di sopraabbiamo detto. Aggiunghiamo di piùche l'essere egualmentediffuso il candore per tutto il disco lunareci assicura che eglinon depende dall'etere ambienteil quale non è potente adarrivare nella parte di mezo del disco lunare; in quel modo che ilcrepuscolo nostro non illumina tutto un emisferio terrestreperchése ciò fusse averemmo tutta la notte il lume crepuscolinodove che per la maggior parte della Terra molte sono le ore notturneche restano senza crepuscolonelle tenebre profondissime. In oltrecon gran ragione possiamo credere che l'etere ambiente la Luna nonsia così atto a reflettere vivamente i raggi del Sole sopra laLunacome è l'ambiente nostro vaporoso a ripercuoterli soprala Terra. Imperochèessendo in universale la materiadell'etere celeste più pura dell'elementare aereacosìè credibile che la parte dell'etere condensato intorno allaLuna sia assai men densaed in conseguenza men potente a reflettereche l'aere condensatoper la mistione de' vaporiintorno allaTerra.

Chepoi l'etere ambiente la Luna sia grandemente men denso della partedell'aria vaporosa che circonda la Terraposso io con chiaraesperienzia far manifesto. I vapori intorno alla Terra sono dimaniera densiche il Sole posto vicinissimo all'orizonte illuminauna muragliao altro corpo opaco oppostoglimolto debolmente incomparazione del lume che gli porgeva mentre per molti gradi erasopra l'orizonte elevato; e questa molto notabile differenza non puòprocedereper mio credereda altrose non che i raggi del Sole neltramontare hanno a traversare per lunghissimo spazio i vapori che laTerra circondanodove che i raggi del Sole molto elevato per spaziopiù breve hanno a traversare i vapori tra il Sole e l'oggettoopaco interposti: che quando non ci fussero i vaporima l'aria fussepurissimal'illuminazione del Sole sarebbe sempre del medesimovigoretanto da i luoghi sublimi quanto da i bassituttavolta chenelle superficie da essere illuminate fussero con angoli egualiricevuti. Ondetuttavolta che noi potessimo far paragone di dueluoghi posti nella Lunaall'uno de i quali i raggi solaripervenissero passando molto obliquamente per l'etere addensatointorno alla Lunaed all'altro assai direttamente si conducesserocioè per breve spazio camminassero per l'etere ambientee chenoi scorgessimo le illuminazioni di amendue essere eguali opochissimo differenti; senz'alcun dubbio potremmo affermarel'etereambiente la Luna o nulla o pochissimo più essere addensato chetutto il resto del purissimo etere. Ma tali due luoghi frequentementeli possiamo vedere: imperochéposta la Luna intorno allaquadratura del Soleconsiderando il termine che dissepara la parteilluminata da i raggi solari dall'altra tenebrosasi veggono inquesta tenebrosa alcune cuspidi di monti assai distaccate e lontanedal detto terminele quali essendo illuminate dal Sole prima che leparti più bassebenché i raggi solari a quelleobliquamente pervenghinonulladimeno lo splendore e il lume diquelle si mostra egualmente vivo e chiaro come qualsivoglia altraparte notata nel mezo della parte illuminata. E pure alla Cuspidedistaccata pervengono i raggi solariobliquamente segando l'etereambienteche ad altri luoghi notati nella parte illuminatadirettamente o meno obliquamente pervengono; segno manifestoassaipiccolo essere l'impedimento che l'etere ambiente può darealla penetrazione de' raggi solariedin conseguenzaassai tenueessere il lume che da esso etere può la parte oscura dellaLuna ricevere.

Passoalla seguente instanza: "Insupersi Terra solare lumen in Luna"etc. Poco fa il signor Liceti acutamente stimò che iocontroall'intenzion miacorroborassi e confermassi una sua opinionementre io m'ingegnava di confermarne un'altra miadalla sua moltodifferente. Penso di essermi sincerato della inavvertenzaplacidamente impostami: non so se con altretanta evidenzia egli potràsciogliersi da simile imputazione che mi pare che se gli possa faredel destruggere egli una sua proposizionementre tenta didestruggere una miaattenente all'istesso proposito di che sitratta. È la sua intenzione di voler provareche il candorenel disco lunare non dependa dal reflesso de' raggi solari nellaTerrae dice "Se tal candore derivasse dal reflesso dellaTerranon si farebbe l'eclisse solare; ma l'eclisse si fa adunquetal candore non procede dalla Terra". Nell'assegnar poi laragioneperché l'eclisse non dovesse farsi stante tal candorenella Lunadice che ciò avverrebbe perché lo splendoreo illuminazione di quello rischiarerebbe le tenebreche senza quellosi troverebbero nel cono dell'ombra lunaree per esso in una partedella superficie terrestre. Oraper tor via l'operazione di talcandorebisogna tor via l'istesso candoree per conseguenzaquandosegue l'eclisse solare (la quale egli medesimo pure ammette seguiree tanto oscura quanto la profonda notte)dire che tal candore non viè: ma questo poi si tira dietro necessariamente il dovereaffermareche l'etere ambiente la Luna non la incandisceconseguenza del tutto contraria a quella che il signor Liceti hacreduto e scritto. Ed aggiungo di piùche se giammai puòesser potente il reflesso dell'etere a ripercuotere i raggi solarisopra l'emisferio della Lunaciò farebbe egli massimamenteper essere allora la Luna nella massima propinquitàanzinell'istessa puntuale congiunzionecol Sole; sì che da tuttele parti dell'etere circunfuso si farebbe tal reflessionee perciòvalidissima. Il discorso dunque del Filosofo Eccellentissimo non menotoglie la posizione mia che la suaposto però che eglidirettamente proceda; ma la verità è che ei nonperturba né la sua né la mia posizionecome appressodirò. Dico dunqueche può benissimo essere che sifaccia l'eclisse del Sole per l'interposizione della Lunae che laoscurazione sia tale che permetta il vedersi le stellee che ilcandore nella Luna vi siae quanto più valido esser possasenza però esser potente a proibire tale eclissee chefinalmente nessuno di questi particolari favorisca o pregiudichiall'opinione tanto di chi lo attribuisce e giudica effetto delreflesso del lume terrestrequanto di chi lo attribuisce al reflessodell'etere ambiente la Luna. Imperoché già convenghiamoche il candore vi sia nel tempo dell'eclisse solare; tal che se eifusse potente a vietare l'eclissetanto la vieterebbe derivando eglidalla Terraquanto dall'etere ambiente la Luna: ma il volerlo farpoi così efficaceche ci possa supplire al lume primario delSolesì che il cono dell'ombra lunare non possa macchiare edoscurare quella parte della superficie terrestre che il medesimo conoingombraè veramente troppo gran domanda. Signoreeccellentissimoquel lume che in tale occasione può scorgersiin Terraè un quartoprocedente dal primo dell'istesso Sole:il quale primo illumina l'ambiente della Lunae questo secondoillumina il disco lunareil quale come terzoha da illuminare laTerra onde il volere che questiterzo compensi il primoèveramentecome ho dettodomanda troppo ardita. Il dir poi chequesto terzo lumebenché debileaccoppiato col massimoprimario non lo indeboliscalo concederei io liberamentequando talcopula si facesse: ma la adombrazione che si fa in Terra èterminata e compresa dal cono dell'ombra lunareper il quale cononon passano i raggi solarima sì bene quelli solamente delcandore della Luna: sì che alla parte della Terra ottenebratae macchiata dall'ombra lunare niente vi arriva di splendidofuorchéil reflesso del candorecioè un reflesso di un altro reflessodi un altro reflessoderivante da i raggi primarii del Soledeiquali nessuno entra nel cono dell'ombra lunare a mescolarsi con quellume tenuissimo che dal candore della Luna per entro il suo cono siva diffondendo. Che poi il corpo lunare densissimoné sparsodi maggior lume che quello del suo candorepossa indurre tal eclissenel Soleche le diurne tenebre permettano la vista delle stellenondoverebbe molto favorire il discorso del signor Liceti mentre cheegli affermaessersi anco nell'aperto cieloe nella maggiorlimpidezza del Solevedute stelle: e communemente non son elleno lecostituzioni del crepuscolo e dell'auroradi lume benchétanto diminuitoche permettono vedersi gran copia di stelle? Efinalmentechi dà tanta sicurtà all'eccellentissimosignore che ei possa resolutamente pronunziare che nel tempo dellatotale eclisse del Sole non si scorga il candor della Luna?Bisognerebbe che ei producesse testimonii degni di fedeli qualideponessero avere attentamente osservato e ricercato se tal candoresi veggaed asserito poi non si vedere; ma non so che egli potessetrovare una tal testimonianza: ma ben più tostoall'incontropuò essere che da alcuno vi sia stato tal candore vedutoilqualeignorando la vera cagione del reflesso della Terraabbiacredutoil corpo della Luna esser in parte trasparente ed atto adesser penetratoed in qualche modo illuminatoda i raggi solari. Mache tale trasparenza non sia nel globo lunareho io in altro luogoassai concludentemente dimostratoed in particolare dal vedersimanifestissimamentescogli sopra la Lunapiccolissimi incomparazione di tutto il suo globospargere ombre oscurissime;argumento necessariamente concludentela materia lunarenéanco di minima profonditàesser diafana. Se dunque èstato veduto nella totale eclisse la Luna alquanto lucidae perciòstimata trasparentequesto non poteva derivare se non dal reflessodell'emisferio terrestredal Sole illuminatodel quale solorestando piccola parte ottenebrata dal cono dell'ombra lunareilrimanentecioè la parte grandissimaben continuava diconservare il candore nella Luna. Quanto poi a quello che il signorLiceti scriveche un corpo lucido minorecongiunto con un lucidomaggiorenon impedisce la sua illuminazione; per dichiarazione diche egli induce una fiaccola o una maggior famma ardentecopulatacoi raggi del Soleo vero due specchinel minor dei qualicollocato nei raggi solari da un altro maggiore siano reflessi imedesimi ragginiente leva la illuminazione alla vista; quiliberamente confesso la mia incapacitàe duolmi assai di nonpoter cavare costrutto dal discorso che qui vien portatoil qualestimo che sia pieno di ben salda dottrinae duolmi di non poterneesser partecipe: concederò bene il tuttose peròl'intenzione dell'Autore è stata quella che ioconietturalmente posso imaginarmi.

Dicoadunque che interamente presterò il mio assensochesopraggiungendo ad un gran lume un lume minoredetrimento nessunopuò ad esso maggiore sopravenire dalla aggiunta del minoretuttavolta che questo minore sia schietto e puroe non congiunto conqualche corpo opacoil quale con la sua opacità sia potente aimpedire la strada per la quale viene il maggior lume. Mi dichiarostando nei medesimi termini dei quali si tratta. Intendasi la Lunacorpo densissimotenebroso per sé stesso e nientetrasparenteesser interposta tra il Sole e la Terra: qui non èdubbio alcuno che ella all'opposito del Sole distenderà versola Terra il cono della sua ombramacchiando di tenebre tutta quellaparte della terrestre superficie che resterà compresa dentroil cono dell'ombra lunare; e se altronde non gli sopraggiugne qualchealtra illuminazionetal macchia sarà oscurissima. Intendasiora sopraggiugnere nella faccia della Lunaesposta alla vista dellaTerraun tal qual si sia lume: se questo sarà potente quantoil lume dell'istesso Solesenza dubbio caccierà le tenebreeridurrà tutto l'emisferio terrestre egualmente in ciascuna suaparte illuminato; ma se il sopravenente lume nella Luna saràdebole e quale è il suo candore in comparazione dell'istessoSole qual lume potrà egli arrecare alla macchia scuracagionatavi dal corpo opacissimo di essa Luna? certo che moltopiccolo. E quello che il signor Liceti dice del lume reflesso da unospecchio maggiore in un minore e da questo minore in un altro oggettoilluminato da' primarii raggi del Solee che questo lume reflessonon impedisca l'illuminazione del Soleciò sarebbe veroquando questo minore specchio fusse non di materia densa ed opacasìche potessecol proibire il transito a i raggi solariprodurreombrama di un cristallo limpidissimo e trasparentissimo; ma quandofusse talené si illuminerebbené farebbe reflessionede' raggi che altronde gli sopraggiugnessero e lo ferissero. Peresser dunque il corpo lunare impenetrabilissimo da i raggi del Soleproduce ombra oscurissima in Terrala quale vienema moltodebilmentediminuita dall'opposto nostro lunar candore.

Seguel'argumento tolto dall'apparizione di Venere di giornonelleseguenti parole: "Deincepsquum Solis vicinia nihil impediat"etc.; e continuando pur nell'instituto di voler dimostrare che ilcandor della Luna non depende dal reflesso della Terrapremette leseguenti proposizioni. Primache il lume di Venere è tantovivoche la vicinanza del Soleanco di mezo giornonon l'offuscasì che vedere non la possiamo; anzi pure si scorge ellasplendidabenché minore di quello che ella si mostra nelletenebre della notte. Pone l'altra proposizionela quale è cheio affermola Terra non venire illustrata dal Sole manco chequalsivoglia pianetaed in conseguenza non meno che Venere. Aggiugnela terza proposizionepur da me creduta e concessala quale èche il reflesso del lume terrestre sopra la Luna sia piùillustre di quello che la Terra riceve dalla Luna. Le quali premesseio liberamente concedo tuttema non so poi dedurne la conclusioneche il mio oppositore ne cava; cioè che da tali premesse nesegua in conseguenzache la Luna prossima alla congiunzione del Soledovessenon meno che Veneremostrarsi splendida nel mezo giorno.Ioper medalle due prime premessecioè dall'esser la Terranon meno illustrata dal Sole che Veneree dal vedersi Venere digiornonon saprei dedurne altrise non che la Terranon meno cheVeneredovrebbe esser visibile di giorno; conseguenza tanto verache non credo che alcuno vi ponga dubbioed io più d'ognialtro l'affermo. Dall'esser poi il reflesso del lume terrestre piùgagliardo sopra la Luna che quel della Luna sopra la Terranoncapisco come ne debba seguire che il candor della Luna debba esserenon inferiore allo splendore di Venereprocedente dall'illuminazionedei raggi primarii e diretti del Sole; e se tal consequenza dovesseaver luogo contro di meconverrebbe che il mio oppositore facesseconstare che io avessi creduto e scritto che lo splendore della Terrafusse eguale allo splendore dell'istesso Solecosa che io giammainon ho dettané pur pensata. Restano dunque verissime lepremesse da me concedutecome vera anco la consequenza che da quelledirettamente si può dedurrecioè che lo splendore diVenere è tanto superiore al candor della Lunaquanto i vivi eprimarii raggi solari sono più illustri che i reflessi dallasuperficie terrestre. E qui se alcuno logico volesse ridurre questoargumento in forma sillogisticadubito che non pure ei incontrerebbeil quarto terminema anco il quinto. Imperoché nédella Terracome causa illuminantené del candor della Lunacome effetto della illuminazione della Terraniente si èparlato nele premesse; onde il dedurre che la Luna incandita dallaTerra dovesse vedersi di giornoè conclusione sospesa in ariae che nulla ha da fare con la illuminazione del Sole sopra Venere ela Terra e con l'esser rese per ciò visibili di mezo giorno.In troppo oscura maniera veramente si deduce che la Lunaincanditadalla Terradebba vedersi di mezo giorno ex quod Venereillustrata dal Soledi mezo giorno si scorge.

Passiamoall'altra seguente obiezione: "Ampliusin eclipsi lunarinullamprorsus" etc. Quanto egli qui dicegli concedocioèche nell'eclisse totale della Luna ella non riceva illuminazionealcuna dalla Terranella cui ombra ella resta immersanétampoco goda de i raggi diretti del Solei quali nel cono dell'ombraterrestre non penetrano; e finalmente gli concedo che il reflessodell'etere ambiente la Luna gli porge quel poco di rossigno che larende visibilespezialmente in quella parte del suo limbo che èl'ultima a restar coperta dal cono dell'ombra terrestre: ma tuttoquestoniente veggo che debiliti il mio dettoche il candore dellaLuna venga dalla Terra. Parmi bene di scorgere che il mio oppositoreaccortanmnte cerchi di imprimere nella mente del lettoreche loabbia largamente concedutoil medesimo candore essere effettodell'etere ambiente la Lunail che manifestamente apparisca mentreche nell'eclisse lunaremancando il reflesso della Terrael'illuminazione de i raggi dlretti del Sole io ammetto quel tenuesplendore bronzino che in parte della Luna si scorge; e perchéquesto è sommamente inferiore al candore argenteo nelnoviluniovorrebbe farlo diminuito ed in gran parte ammorzato daldover passare egli per il cono dell'ombra terrestre: il quale effettoio asseverantemente dico esser vano e falso atteso che lailluminazione di un corpo splendido che va ad illustrare un corpoopaconiente perde nel dover passare per un mezo diafano quanto sivoglia sparso di tenebre; anzi le medesime tenebre faranno apparirepiù vivamente il ricevuto lumecosa tanto chiara e nota cheassai mi maraviglio di sentirla passare come ignota o non avvertita:ché ben sa il medesimo signor Liceti che tutti i lumi celestiche a noi si fanno visibili e spargono di qualche luce l'emisferioterrestre nella profonda nottepassano per il medesimo conodell'ombra terrestree da quello acquistano vigore di maggiormenteilluminarci e farcisi visibili. Concedesi dunquela tintura di ramederivare dall'etere ambiente la Luna: dove anco non mi par necessariodi porre nel corpo lunare quel tenue lume nativoda mescolarsi comestima il signor Liceti con questo reflesso dell'ambiente. Imperochése quello vi fossenel mezo della massima eclissequando il centrodella Luna cade nell'asse del cono dell'ombrapure resterebbe essaLuna in qualche modo visibile mercé del suo proprio nativolume: tuttavia io e molti altri insieme abbiamo del tutto perduto divista il disco lunare in più di una delle totali eclissi.

Vengofinalmente all'ultima instanza: "Deniquenec illud omittamdata positiones" etc. Continuando il signor Filosofo involere in ogni maniera scuoprire l'impossibilità della miaopiniones'ingegna di dimostrare come il reflesso della facciaterrestre in nessuna maniera può arrivare alla Luna; e per ciòdimostrareintroduce molte proposizioni da non esser da me cosìdi leggiero concedute. E cominciando da questo capocerto mirabilcosa è che i caldissimi e lucidissimi raggi solarireflessidalla Terrae più incontrandosi ed unendosi con i primariiincidenticome l'istesso signor Liceti affermanon siano potenti avalicare la grossezza della media regione dell'aria ad essavicinissimaammortiti dalla frigidità di quellala qualgrossezza non arriva alla lunghezza di un miglio; e che poi ireflessi dalla Lunadistante dalla medesima media regione freddaassai più di cento mila migliaed anco soli e nonaccompagnati dai diretti raggi solari siano potenti a mantenersi cosìlucidi e caldiche trapassando per quella abbiano forza diriscaldare l'aria contigua alla Terra ed al mareper il qual calorele conchiglie testatefomentate dal caldo dell'ambientepossano piùpienamente nutrirsi ed ingrassarsi. Ma che dallo ingrassamento diquesti animali si possa argumentare augumento di calore nell'ambienteche li circondaparmise io non erroche con altrettanta o piùragione se ne potrebbe inferire accrescimento di freddezzamentreche generalmente si scorge in tutti gli altri animail far migliordigestionee più copiosamente cibarsi ed ingrassarsinell'arie freddissime che nelle tiepide o calde: per lo che si puòinferirela grand'illuminazione della Luna nel plenilunio accrescereappresso di noi più tosto la frigidità che il caloreetanto piùche è tritissima e popolare osservazionenei tempi che l'acque si congelano farsi i ghiacci notabilmentemaggiori nelle notti del plenilunioche quando il lume della Luna èdiminuito. Ma ben so io che quello augumento di calore internodell'animaleche il signor Liceti riconosce dall'accoppiamento delcalore esterno dell'ambientequalche altro filosofo non menoconfidentemente lo attribuirebbe al maggior freddo dell'ambienteilquale per antiperistasi facesse concentrare il nativo calore interno.

Nédevo qui tacere un'altra meraviglia non minoreche pure in questamaniera di filosofare si esercita; ed è che talvolta siassegnano per produrre il medesimo effetto cause tra lorodiametralmente contrariené meno in altre occasioni si ponela medesima causa produrre effetti contrarii. Quanto al primo casoecco dell'istessa più forte digestione addursi per causa daalcuni il caldo dell'ambientee da altri il freddo. Quanto all'altrocasoil signor Liceti afferma quiil medesimo lume di Luna essercaldo il quale in altro luogo asserì esser freddocome silegge nelle seguenti parole poste nel libro De novis astris etcometisalla faccia 127versi 7: "Quin et lumen lunarenullo calore polleresed frigiditatem inveherequilibet experitur."Né forse è minor la contrarietà che ilmedesimo signore pone nel mezo ombrosoo vogliamo dire nel conodell'ombra terrestre; il quale egli non nega che talvolta molto piùsplendidi ci mostri gli oggetti luminosimentre il lume loro devetrapassare per esso; ed altra volta pronunziail medesimo conomescolandosi con quel tenue lume della Luna prodotto dal suo etereambiente e congiunto col suo nativol'offusca e rende men chiaro. Equi si scorge la sicurezza del puro fisico argumentarepoichéegualmente si adatta a render ragione di uno effetto tanto per unacausa naturalequanto per la contraria. Oltre a ciònonveggo con qual confidenza possino gli accuratissimi signori filosofifare il cielo e i corpi celesti soggetti a qualità edaccidenti di caldo e di freddomentre gli predicano per impassibiliinalterabili ed esenti da queste qualità elementarisìchepartendosi i raggi dal corpo lunareche pure è celestepossano esser caldi e tali mantenersi nel trapassare quella parte delcielo della Luna che termina sopra la sfera elementaree quindiancora scorrere per il fuoco e per tutta la più alta regionedell'ariae passare ancora di più la media freddissimaconservandosi sempre caldi: e che poiall'incontroil reflessodella Terrala quale pur troppo sensatamente sentiamo riscaldarsi equasi direi infiammarsi nel più ardente sole dell'estatenonesser bastante a trapassare la a sé vicinissima media regionela cui sublimitàcome ho dettonon arriva a un miglio dispaziosì come il breve intervallo di tempo che tra il lampodel baleno ed il romor del tuono intercedesicuramente ci insegna:oltre chese si deve prestar fede a gli istoriciné lepioggené le neviné le grandininé i lampiné i tuoniné i fulminisi fanno in maggiorlontananzamentre si diceconstare per la esperienziaesser montitanto eminentiche la loro più eccelsa parte non ègiammai offesa dai nominati insulti; e bene molto alto conviene chesia quel monte la cui perpendicolare altezza sia più di unmiglio. Lascio stare che frequentemente si vede che dalla eminenzadelle nostre più alte montagne si scorgono le pianuresuggetteed anco le minori collinericoperte da nuvolesìche tal vista sembra quasi un mare nel quale in qua ed in làsi scorgano surgerequasi scoglivertici di altri mediocrimonticelli; ed in questa constituzione di nuvole cade talvolta lapioggia nelle pianure più basse.

Parmioltre di questodi raccorre dal discorso del mio oppositorecheegli voglia mandar di pari lo scaldare e l'illuminaresì chedove non arrivi il calore del corpo caldo e lucidonon vi deva ancoarrivare l'illluminazionee che perònon sendo possente ilcaldo che noi proviamo grandissimo nella Terra illuminata eriscaldata dal Solea varcare la fredda regione vaporosa dell'ariané meno ciò possa fare il lume dalla medesima Terrareflesso. Tuttaviase noi vorremo prestar fede al senso ed allaesperienzatroveremo che il lume di una grandissina fiamma diquantità grande di paglia o di sterpi che sopra una montagnaabbrucisi distenderà ed arriverà a noi constituti inmolto maggior lontananza di quella nella quale il caldo di essafiamma ci si facesse sentire. Ma che accade cheper assicurarci delpoter esser la strada del caldo differente da quella del lumericorriamo a fiamme poste sopra montagneo ad altre esperienze piùincommode a farsi? Accosti chi si voglia il dito così perfianco alla fammella di una candela accesa; certo non sentiràoffendersi dal caldosinché per un brevissimo spazio non segli accosta e che poco meno che non la tocchi: maper l'oppositoesponga la mano sopra la medesima fiammella; sentirà l'offesadel caldo in distanza ben cento volte maggiore di quell'altra perfianco: tuttavia l'illuminazione che dalla medesima fiammella derivaper tutti i versi si diffondecioè in suin giùlateralmenteed in somma per tuttoed in lontananza più dicento mila volte maggioresfericamente si distende.

Parmiper tanto di poter sicuramente dire che lo scaldare e l'illuminarenon vadiano del tutto con pari passo: ma ben credo di poter consicurezza affermareche l'illuminare ed il muover la vista vadanotalmente congiuntiche dovunque arrivi il lumedi quivi si renda ilcorpo luminoso visibile; di maniera che il muovere il senso dellavistaaltro non sia che illuminare la pupilla dell'occhioallaquale quando non pervenisse il lumel'oggetto lontanobenchéluminosoveder non si potrebbe. Quando dunque conforme a quello chescrive il signor Licetiil reflesso del lume terrestrecome quellocheper suo dettova di pari col calorenon si estendesse oltrealla media regione dell'ariaresterebbe in conseguenza la Terrainvisibile dall'occhio posto oltre alla detta media regionecome chequivi non arrivasse il lumeche solo è potente a fare ilcorpo luminoso visibile; ed in oltre parte alcuna della Terra nonverrebbe da noi veduta la quale più di un miglio o due cifusse remotaché oltre a tale altezza non si estende lagrossezza della media regione dell'aria. Ma io difficilmente potreiaccomodar l'intelletto al prestar assenso a una tal proposizione emassime mentre che il senso mi rende visibili pur piccole parti dellaTerra illuminata in lontananza di più di cento migliaavvengache da un luogo molto alto si scorgeranno altre montagne ed isole nonmeno che cento miglia lontane; e la Corsica e talora la Sardigna bensi veggono dai colli intorno a Pisae più distintamenteancora dalli scogli eminentissimi di Pietrapana; e da i monti dellaRomagna ben si scorgonooltre al sino Adriaticoquelli dellaDalmazia. E sì come noi qui di Terra vegghiamo la Lunaluminosa così tengo per modo sicuro che dalla Luna egrandissima e luminosissima si scorgerebbe la Terrain quella partedai raggi solari illustrataed in conseguenza che la medesima Lunada essa Terra verrebbe illuminata.

Mapasso ad una proposizione forse molto a proposito per il mantenimentodella mia opinionee per la quale nel medesimo tempo si scorganonpiccola esser la differenza tra l'illuminazione ed il riscaldamentodei raggi solari. E primal'illuminazione si fa in un istante; ma ilriscaldare non cosìma ci vuol tempo e non breve: eparimenteall'incontrosi toglie via l'illuminazione in un istante:ma non si estingue il conceputo caldo se non con tempo. Non molta siricerca che sia la densità della materia per potere essereegualmente illuminata come qual si voglia densissima; onde veggiamobene spesso tenui nugole non meno vivamente illuninate da i raggisolariche se fussero vastissime montagne di solidi marmi; e benepossiamo noi chiamar piccola la densità di tali nugole inrispetto a quella di una montagna di marmiancorché lamedesima densità sia molto grande in comparazione di quelladell'aria vaporosamentre che la medesima nugolase fusseinterposta tra il Sole e noici torrebbe la vista di essocosa chenon la fa l'aria vaporosa. Maall'incontroquanto al concepire ilcaldomassima si trova la differenza tra le materie di diversadensità; ché molto più si scaldano i densimetalli e le pietreche il men denso legno o altre materie piùrare. L'illuminazioneoltre al farsi in instantisi estende perintervallo dirò quasi che infinitoché ben tale si puòchiamare quello delle innumerabili piccolissime stelle fisselequaliessendo dalla vista nostra libera impercettibilipur visibilisi rendono con l'aiuto del telescopio; argumento necessario chel'illuminazione di quelle sino a Terra si conduceché se ciònon fusse verotutti i cristalli del mondo visibile non lerenderebbono: non so poi se il caldo loro in altrettanta lontananzacosì sensibile possa rendersi. Non piccola dunque è ladifferenza tra l'illuminare e lo scaldare: tuttavia amendue taliimpressioni non si vede che possano essere ricevute se non inmateriecome si è dettoche ritengano qualche densità:ché le tenuissimerarissime e diafanissimequali si tieneche siano l'aria pura e l'etere purissimoveramente non siilluminano né si riscaldanoeffetto che anco dalla esperienzaci può esser dimostratoancorché far nulla possiamo nénel purissimo etere né nell'aria schietta e sinceraavvengaché nella mista e turbata da i vapori continuamente ciritroviamo. Tuttavia in questa ancora gli effetti dello illuminarsi escaldarsi non si veggono esser se non debolissimicome chiaramenteci mostrano i raggi solari dal sopradetto grande specchio concavoripercossii quali né illuminano né scaldano l'ariacompresa dal conocome di sopra si è dichiarato. Che poi nél'aria pura né il purissimo etere si iilumininoce lomostrano le profonde notti: imperochénon restando di tuttol'elemento dell'aria altro non tocco dal Sole che la piccola partecompresa dentro al cono dell'ombra della Terrae talvolta qualchealtra minor particella ingombrata dalle ultime parti del conodell'ombra lunaresicuramente quando tutto il restante fusseilluminatoaveremmo un perpetuo crepuscoloe non mai profondetenebre.

Concludoper tantoche non si imprimendo il caldomercé de' raggisolarise non in materie solidedense ed opacheo che almenopartecipino tanto di densità che non diano il transitototalmente libero ai medesimi raggi solariil caldo che noi proviamoè quello che la Terra e gli altri corpi solidi riscaldati cisomministrano; il qual calore può esser che non si elevi tantosopra la Terra che possa tor via la freddezza di quella regionevaporosa nella quale si generano le pioggiele nevi e le altremeteorologiche impressioni. Può dunque il calore del reflessode' raggi solari nella Terra non transcendere la media regionevaporosa e freddama ben l'illuminazione trapassar questa edarrivare sino alla Lunae per distanza anco molte e molte voltemaggiore.

Oltrechese io devo liberamente confessare la mia poca scienza fisicadirò di non sapere né intender punto come taliimpressioni si faccino; e quando io mi ristringo in me medesimo pervedere se io potessi penetrarne alcunami ritrovo in una immensaoscurità e confusione. Io non ho mai intesoné credodi esser per intenderein qual manieradoppo essere stati mesi emesi senza pur vedersi una nuvolapossa improvvisamente inbrevissimo tempo spargersene sopra un gran tratto di terrae quindiprecipitosamente cadervi milioni di barili di acqua; ed altra voltacomparire altre simili nugolee poco dopo dissolversi senzadiffondere una minima stilla. Che io intenda per fisica scienza cometra le tenui e molli nuvole si produchino suoni e strepiti cosìimmensi quanto sono i tuonimentre che il filosofo vuol che iocredaalla produzion del suono esser necessaria la collisione de'corpi solidi e duriabsit che io ne possa restar capace. Maper non entrare in un pelago infinito di problemi a me insolubilivoglio far qui finesenza però tacere la veramente ingegnosacomparazione che lo eruditissimo signor Licetidiròconleggiadro scherzo poeticopone tra la Luna e la pietra lucifera diBologna; cioè che essa Lunaimmergendosi nell'ombra dellaTerraconservi per qualche tempo la tenue luce imbevuta o dal Sole odall'etere suo ambientela qual luce svanisca dopo qualche dimoranell'ombra. Io veramente ammetterei questo pensierose non niconturbasse la diversa maniera che tengono nel recuperare la lucesmarrita e la Luna e la pietra: imperocché la Luna nelloallontanarsi dal mezo del cono dell'ombra comincia a recuperarequello smarrito lume molto prima che ella scappi fuori dell'ombra etorni a godere di quel maggior lume dal quale ella fu ingravidata;effetto che non così accade nella pietraalla quale perconcepire il lume non basta l'avvicinarsi a quel maggior lume che hada illustrarlama le bisogna per assai spazio di tempo soggiacerglie così concepire la luceda conservarsi poi per altro brevetempo nelle tenebre.

Circaquello che in ultimo soggiugnedel farsi l'ombre maggiori dal Solebasso che dall'altonon ho che dirci altro se non che mi pare cheegli altra volta negasse cotale efettoma che purebenchéfalsostimava di poterne render ragione non meno che se fusse verocome egli con assai lunga ed accurata scrittura fece. E qui parimentesi scorge la gran fecondia delle fisiche dimostrazionidelle qualinon ne mancano per dimostrare tanto le conclusioni vere quanto lefalse. Ma nel presente casose le ragioni addotte son concludentiènecessario che la conclusione sia vera: e se è veraperchénegarla o metterla in dubbio? e se le ragioni prodotte non sonconcludentiperché produrle?

SoSerenissimo Principeche troppo averò tediata l'AltezzaVostra con questo mio lungo discorso; ma il suo benigno invitoe lanecessità che avevo di sincerarmi appresso il mondo e purgarmidalle imputazioni attribuitemi da questo famoso filosofomi hannoporto libertà di fare quello che ho fatto. E se bene il signorLiceti publicando con le stampeha contro di me parlato con tutto ilmondovoglio che a me basti il portar le mie difese nel cospettosolo dell'Altezza Vostra Serenissimail cui assenso agguaglio aquello di tutto il mondo; benché io non possa negare chericeverei anche per mia gran ventura se le fussero sentite o lette dai filosofi e letterati di cotesta fioritissima Accademiada i qualispererei aver assenso ed applauso alle mie giustificazionipoichéesse non procedono contro alla peripatetica filosofiama contro adalcuno di quelli i quali la filosofia e la aristotelica autoritàoltre a i limitati termini vogliono estenderlae con essa farsiscudo contro alle opposizioni di qualsivoglia altro che purrazionabilmente discorra. Del guadagnarmi poi l'assenso di tutti ifilosofi di cotesta Accademiagran caparra me ne porgel'eccellentissimo signor Alessandro Marsiliidella cui graziosissimaconversazione honon molti anni sonogoduto per cinque mesicontinui che mi trovai in Siena in casa l'illustrissimo ereverendissimo Monsignore Arcivescovo Piccolominidove giornalmenteavemmo discorsi filosofici. Questo signore in particolare nomino ioall'Altezza Vostra Serenissima per la lunga pratica che ho avuta conSua Signoria eccellentissima; e come da questo mi prometto l'assensocosì me lo prometto da ogni altro che con occhio sincero vorràriguardare le imputazioni fattemi e le mie difese. E qui umilmenteinchinandomelile bacio la vestee le prego da Dio il colmo di ognifelicità.

DiArcetri l'ultimo di Marzo 1640.

Dell'AltezzaVostra Serenissima

Umilissimoe Devotissimo Servitore

GalileoGalilei