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FoscoloUgo



Ultimelettere

diJacopo Ortis







PARTEPRIMA



Allettore

Pubblicandoqueste lettereio tento di erigere un monumento alla virtùsconosciuta; e di consecrare alla memoria del solo amico mio quellelagrimeche ora mi si vieta di spargere su la sua sepoltura. E tuoLettorese uno non sei di coloro che esigono dagli altriquell'eroismo di cui non sono eglino stessi capacidaraisperolatua compassione al giovine infelice dal quale potrai forse trarreesempio e conforto.

LorenzoAlderani



Da'colli Euganei11 Ottobre 1797

Ilsacrificio della patria nostra è consumato: tutto èperduto; e la vitaseppure ne verrà concessanon ci resteràche per piangere le nostre sciaguree la nostra infamia. Il mio nomeè nella lista di proscrizionelo so: ma vuoi tu ch'io persalvarmi da chi m'opprime mi commetta a chi mi ha tradito? Consolamia madre: vinto dalle sue lagrime le ho obbeditoe ho lasciatoVenezia per evitare le prime persecuzionie le più feroci. Ordovrò io abbandonare anche questa mia solitudine anticadovesenza perdere dagli occhi il mio sciagurato paeseposso ancorasperare qualche giorno di pace? Tu mi fai raccapricciareLorenzo;quanti sono dunque gli sventurati? E noipurtropponoi stessiitaliani ci laviamo le mani nel sangue degl'italiani. Per me seguache può. Poiché ho disperato e della mia patria e dimeaspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadaverealmeno non cadrà fra le braccia straniere; il mio nome saràsommessamente compianto da' pochi uominicompagni delle nostremiserie; e le mie ossa poseranno su la terra de' miei padri.

TiscongiuroLorenzo; non ribattere più. Ho deliberato di nonallontanarmi da questi colli. È vero ch'io aveva promesso amia madre di rifuggirmi in qualche altro paese; ma non mi èbastato il cuore: e mi perdoneràspero. Merita poi questavita di essere conservata con la viltàe con l'esilio? Ohquanti de' nostri concittadini gemeranno pentitilontani dalle lorocase! perchée che potremmo aspettarci noi se non seindigenza e disprezzo; o al piùbreve e sterile compassionesolo conforto che le nazioni incivilite offrono al profugo straniero?Ma dove cercherò asilo? in Italia? terra prostituita premiosempre della vittoria. Potrò io vedermi dinanzi agli occhicoloro che ci hanno spogliatiderisivendutie non piangere d'ira?Devastatori de' popolisi servono della libertà come i Papisi servivano delle crociate. Ahi! sovente disperando di vendicarmi micaccerei un coltello nel cuore per versare tutto il mio sangue fra leultime strida della mia patria.

Equesti altri? - hanno comperato la nostra schiavitùracquistando con l'oro quello che stolidamente e vilmente hannoperduto con le armi. - Davvero ch'io somiglio un di que'malavventurati che spacciati morti furono sepolti vivie che poirinvenutisi sono trovati nel sepolcro fra le tenebre e glischeletricerti di viverema disperati del dolce lume della vitaecostretti a morire fra le bestemmie e la fame. E perché farcivedere e sentire la libertàe poi ritorcerla per sempre? einfamemente!



16Ottobre

Orvianon se ne parli più: la burrasca pare abbonacciata; setornerà il pericolorassicuratitenterò ogni via discamparne. Del resto io vivo tranquillo; per quanto si puòtranquillo. Non vedo persona del mondo: vo sempre vagando per lacampagna; ma a dirti il vero pensoe mi rodo. Mandami qualche libro.

Chefa Lauretta? povera fanciulla! io l'ho lasciata fuori di sé.Bella e giovine ancoraha pur inferma la ragione; e il cuoreinfelice infelicissimo. Io non l'ho amata; ma fosse compassione oriconoscenza per avere ella scelto me solo consolatore del suo statoversandomi nel petto tutta la sua anima e i suoi errori e i suoimartirj - davvero ch'io l'avrei fatta volentieri compagna di tutta lamia vita. La sorte non ha voluto; meglio cosìforse. Ellaamava Eugenioe l'è morto fra le braccia. Suo padre e i suoifratelli hanno dovuto fuggire la loro patriae quella poverafamiglia destituta di ogni umano soccorso è restata a viverechi sa come! di pianto. Eccotio Libertàun'altra vittima.Sai ch'io ti scrivoo Lorenzopiangendo come un ragazzo? - purtroppo! ho avuto sempre a che fare con de' tristi; e se alle volte hoincontrato una persona dabbene ho dovuto sempre compiangerla. Addioaddio.



18Ottobre

Michelemi ha recato il Plutarcoe te ne ringrazio. Mi disse che con altraoccasione m'invierai qualche altro libro; per ora basta. Col divinoPlutarco potrò consolarmi de' delitti e delle sciaguredell'umanità volgendo gli occhi ai pochi illustri che quasiprimati dell'umano genere sovrastano a tanti secoli e a tante genti.Temo per altro che spogliandoli della magnificenza storica e dellariverenza per l'antichitànon avrò assai da lodarmi nédegli antichiné de' moderniné di me stesso - umanarazza!



23Ottobre

Sem'è dato lo sperare mai pacel'ho trovatao Lorenzo. Ilparrocoil medicoe tutti gli oscuri mortali di questo cantucciodella terra mi conoscono sin da fanciullo e mi amano. Quantunque ioviva fuggiascomi vengono tutti d'intorno quasi volessero mansuefareuna fiera generosa e selvatica. Per ora io lascio correre. Veramentenon ho avuto tanto bene dagli uomini da fidarmene così alleprime: ma quel menare la vita del tiranno che freme e trema d'esserescannato a ogni minuto mi pare un agonizzare in una morte lentaobbrobriosa. Io seggo con essi a mezzodì sotto il platanodella chiesa leggendo loro le vite di Licurgo e di Timoleone.Domenica mi s'erano affollati intorno tutti i contadinichequantunque non comprendessero affattostavano ascoltandomi a boccaaperta. Credo che il desiderio di sapere e ridire la storia de' tempiandati sia figlio del nostro amor proprio che vorrebbe illudersi eprolungare la vita unendoci agli uomini ed alle cose che non sonopiùe facendolesto per diredi nostra proprietà.Ama la immaginazione di spaziare fra i secoli e di possedere un altrouniverso. Con che passione un vecchio lavoratore mi narravastamattina la vita de' parrochi della villa viventi nella suafanciullezzae mi descriveva i danni della tempesta ditrentasett'anni addietroe i tempi dell'abbondanzae quei dellafamerompendo il filo ogni tantoripigliandoloe scusandosidell'infedeltà! Così mi riesce di dimenticarmi ch'iovivo.

Èvenuto a visitarmi il signore T*** che tu conoscesti a Padova. Midisse che spesso gli parlavi di mee che jer l'altro glien'haiscritto. Anche egli s'è ridotto in campagna per evitare iprimi furori del volgoquantunque a dir vero non siasi moltoingerito ne' pubblici affari. Io n'aveva inteso parlare come d'uomodi colto ingegno e di somma onestà: doti temute in passatomaadesso non possedute impunemente. Ha tratto cortesefisonomialiberalee parla col cuore. V'era con lui un tale; credolo sposopromesso di sua figlia. Sarà forse un bravo e buono giovine;ma la sua faccia non dice nulla. Buona notte.



24Ottobre

L'hopur una volta afferrato nel collo quel ribaldo contadinello che davail guasto al nostro ortotagliando e rompendo tutto quello che nonpoteva rubare. Egli era sopra un pescoio sotto una pergola:scavezzava allegramente i rami ancora verdi perché di fruttanon ve ne erano più: appena l'ebbi fra le ugnecominciòa gridare: Misericordia! Mi confessò che da piùsettimane facea quello sciagurato mestiere perché il fratellodell'ortolano aveva qualche mese addietro rubato un sacco di fave asuo padre. - E tuo padre t'insegna a rubare? - In fede miasignormiofanno tutti così. - L'ho lasciato andaree scavalcandouna siepe io gridava: Ecco la società in miniatura; tutticosì.



26Ottobre

Laho vedutao Lorenzola divina fanciulla; e te ne ringrazio. Latrovai seduta miniando il proprio ritratto. Si rizzòsalutandomi come s'ella mi conoscessee ordinò a un servitoreche andasse a cercar di suo padre. Egli non si speravami diss'ellache voi sareste venuto; sarà per la campagna; né staràmolto a tornare. Una ragazzina le corse fra le ginocchia dicendolenon so che all'orecchio. È un amico di Lorenzole risposeTeresaè quello che il babbo andò a trovarel'altr'jeri. Tornò frattanto il signor T***: m'accoglievafamigliarmenteringraziandomi che io mi fossi sovvenuto di lui.Teresa intantoprendendo per mano la sua sorellinapartiva. Vedetemi diss'egliadditandomi le sue figliuole che uscivano dalla stanza;eccoci tutti. Proferìparmiqueste parole come se volessefarmi sentire che gli mancava sua moglie. Non la nominò. Siciarlò lunga pezza. Mentr'io stava per congedarmitornòTeresa: Non siamo tanto lontanimi disse; venite qualche sera aveglia con noi.

Iotornava a casa col cuore in festa. - Che? lo spettacolo dellabellezza basta forse ad addormentare in noi tristi mortali tutti idolori? vedi per me una sorgente di vita: unica certoe chi sa!fatale. Ma se io sono predestinato ad avere l'anima perpetuamente intempestanon è tutt'uno?



28Ottobre

Tacitaci: - vi sono de' giorni ch'io non posso fidarmi di me: un demonemi ardemi agitami divora. Forse io mi reputo molto; ma e' mi pareimpossibile che la nostra patria sia così conculcata mentre ciresta ancora una vita. Che facciam noi tutti i giorni vivendo equerelandoci? insomma non parlarmene piùti scongiuro.Narrandomi le nostre tante miserie mi rinfacci tu forse perchéio mi sto qui neghittoso? e non t'avvedi che tu mi strazi fra millemartirj? Oh! se il tiranno fosse uno soloe i servi fossero menostupidila mia mano basterebbe. Ma chi mi biasima or di viltàm'accuserebbe allor di delitto; e il savio stesso compiangerebbe inmeanziché il consiglio del forteil furore del forsennato.Che vuoi tu imprendere fra due potenti nazioni che nemiche giurateferocieternesi collegano soltanto per incepparci? e dove la loroforza non valegli uni c'ingannano con l'entusiasmo di libertàgli altri col fanatismo di religione: e noi tutti guasti dall'anticoservaggio e dalla nuova licenzagemiamo vili schiavitraditiaffamatie non provocati mai né dal tradimentonédalla fame. - Ahise potessiseppellirei la mia casai miei piùcari e me stesso per non lasciar nulla nulla che potesse inorgoglirecostoro della loro onnipotenza e della mia servitù! E' vifurono de' popoli che per non obbedire a' Romani ladroni del mondodiedero all'incendio le loro casele loro moglii loro figli e sémedesimisotterrando fra le gloriose ruine e le ceneri della loropatria la lor sacra indipendenza.



1Novembre

Iosto benebene per ora come un infermo che dorme e non sente idolori; e mi passano gl'interi giorni in casa del signore T*** che miama come figliuolo: mi lascio illuderee l'apparente felicitàdi quella famiglia mi sembra realee mi sembra anche mia. Senondimeno non vi fosse quello sposoperché davvero - io nonodio persona del mondoma vi sono cert'uomini ch'io ho bisogno divedere soltanto da lontano. - Suo suocero me n'andava tessendo jersera un lungo elogio in forma di commendatizia: buono - esatto -paziente! e niente altro? possedesse queste doti con angelicaperfeziones'egli avrà il cuore sempre così mortoequella faccia magistrale non animata mai né dal sorrisodell'allegriané dal dolce silenzio della pietàsaràper me un di que' rosaj senza fiori che mi fanno temere le spine.Cos'è l'uomo se tu lo abbandoni alla sola ragione freddacalcolatrice? scelleratoe scellerato bassamente. - Del restoOdoardo sa di musica; giuoca bene a scacchi; mangialeggedormepasseggiae tutto con l'oriuolo alla mano; e non parla con enfasi senon per magnificare tuttavia la sua ricca e scelta biblioteca. Maquando egli mi va ripetendo con quella sua voce cattedraticaricca esceltaio sto lì lì per dargli una solenne smentita.Se le umane frenesie che col nome di scienze e di dottrine si sonoiscritte e stampate in tutti i secolie da tutte le gentisiriducessero a un migliajo di volumi al piùe' mi pare che lapresunzione de' mortali non avrebbe da lagnarsi - e via sempre conqueste dissertazioni.

Frattantoho preso a educare la sorellina di Teresa: le insegno a leggere e ascrivere. Quand'io sto con leila mia fisonomia si va rasserenandoil mio cuore è più gajo che maied io fo milleragazzate. Non so perchétutti i fanciulli mi vogliono bene.E quella ragazzetta è pur cara! bionda e ricciutaocchiazzurriguance pari alle rosefrescacandidapaffutellapare unaGrazia di quattr'anni. Se tu la vedessi corrermi incontroaggrapparmisi alle ginocchiafuggirmi perch'io la sieguanegarmi unbacio e poi improvvisamente attaccarmi que' suoi labbruzzi allabocca! Oggi io mi stava su la cima di un albero a cogliere le frutta:quella creaturina tendeva le bracciae balbettando pregavami che percarità non cascassi. Che bell'autunno! addio Plutarco! stasempre chiuso sotto il mio braccio. Sono tre giorni ch'io perdo lamattina a colmare un canestro d'uva e di peschech'io copro difoglieavviandomi poi lungo il fiumicelloe giunto alla villadesto una famiglia cantando la canzonetta della vendemmia.



12Novembre

13Ottobre

Jerigiorno di festa abbiamo con solennità trapiantato i pini dellevicine collinette sul monte rimpetto la chiesa. Mio padre puretentava di fecondare quello sterile monticello; ma i cipressi ch'essovi pose non hanno mai potuto allignaree i pini sono ancorgiovinetti. Assistito io da parecchi lavoratori ho coronato la vettaonde casca l'acquadi cinque pioppiombreggiando la costa orientaledi un folto boschetto che sarà il primo salutato dal Solequando splendidamente comparirà dalle Cime de' monti. E jeriappunto il Sole più sereno del solito riscaldava l'ariairrigidita dalla nebbia del morente autunno. Le villanelle vennerosul mezzodì co' loro grembiuli di festa intrecciando i giuochie le danze di canzonette e di brindisi. Tale di esse era la sposanovellatale la figliuolae tal altra la innamorata di alcuno de'lavoratori; e tu sai che i nostri contadini soglionoallorchési trapiantaconvertire la fatica in piacerecredendo per anticatradizione de' loro avi e bisavi che senza il giolito de' bicchierigli alberi non possano mettere salda radice nella terra straniera. -Frattanto io mi vagheggiava nel lontano avvenire un pari giorno diverno quando canuto mi trarrò passo passo sul mio bastoncelloa confortarmi a' raggi del Solesì caro a' vecchi: salutandomentre usciranno dalla chiesai curvi villani già mieicompagni ne' dì che la gioventù rinvigoriva le nostremembra; e compiacendomi delle frutta chebenché tardeavranno prodotti gli alberi piantati dal padre mio. Conteròallora con fioca voce le nostre umili storie a' miei e a' tuoinepotinio a quei di Teresa che mi scherzeranno dattorno. E quandole ossa mie fredde dormiranno sotto quel boschetto alloramai ricco edombrosoforse nelle sere d'estate al patetico susurrar delle frondesi uniranno i sospiri degli antichi padri della villai quali alsuono della campana de' morti (1. pregheranno pace allo spiritodell'uomo dabbene e raccomanderanno la sua memoria ai lor figli. E setalvolta lo stanco mietitore verrà a ristorarsi dall'arsura digiugnoesclamerà guardando la mia fossa: Egli egli innalzòqueste fresche ombre ospitali! - O illusioni! e chi non ha patriacome può dire lascierò qua o là le mie ceneri?

Ofortunati! e ciascuno era certo

Dellasua sepoltura; ed ancor nullo

Eraper Franciatalamo deserto.

DanteParadisoXV.



20Novembre

Piùvolte incominciai questa lettera: ma la faccenda andava assai per lelunghe; e la bella giornatala promessa di trovarmi alla villa pertempoe la solitudine - ridi? - L'altr'jerie jeri mi svegliavaproponendo di scriverti; e senza accorgermimi trovava fuori dicasa.

Piovegrandinafulmina: penso di rassegnarmi alla necessitàe digiovarmi di questa giornata d'infernoscrivendoti. - Sei o settegiorni addietro s'è iti in pellegrinaggio. Io ho veduto laNatura più bella che mai. Teresasuo padreOdoardolapiccola Isabellinaed io siamo andati a visitare la casa delPetrarca in Arquà. Arquà è discostocome tusaiquattro miglia dalla mia casa; ma per più accorciare ilcammino prendemmo la via dell'erta. S'apriva appena il più belgiorno d'autunno. Parea che Notte seguìta dalle tenebre edalle stelle fuggisse dal Soleche uscia nel suo immenso splendoredalle nubi d'orientequasi dominatore dell'universo; e l'universosorridea. Le nuvole dorate e dipinte a mille colori salivano su lavolta dei cielo che tutto sereno mostrava quasi di schiudersi perdiffondere sovra i mortali le cure della Divinità. Io salutavaa ogni passo la famiglia de' fiori e dell'erbe che a poco a pocoalzavano il capo chinato dalla brina. Gli alberi susurrandosoavementefaceano tremolare contro la luce le gocce trasparentidella rugiada; mentre i venti dell'aurora rasciugavano il soverchioumore alle piante. Avresti udito una solenne armonia spandersiconfusamente fra le selvegli augelligli armentii fiumie lefatiche degli uomini: e intanto spirava l'aria profumata delleesalazioni che la terra esultante di piacere mandava dalle valli eda' monti al Soleministro maggiore della Natura. - Io compiango losciagurato che può destarsi mutofreddo e guardare tantibeneficj senza sentirsi gli occhi bagnati dalle lagrime dellariconoscenza. Allora ho veduto Teresa nel più bell'apparatodelle sue grazie. Il suo aspetto per lo più sparso di unadolce malinconiasi andava animando di una gioja schiettavivachele usciva dal cuore; la sua voce era soffocata; i suoi grandi occhineri aperti prima nell'estasisi inumidivano poscia a poco a poco:tutte le sue potenze parevano invase dalla sacra beltà dellacampagna. In tanta piena di affetti le anime si schiudono perversarli nell'altrui petto: ed ella si volgeva a Odoardo. EternoIddio! parea ch'egli andasse tentone fra le tenebre della notteone' deserti abbandonati dalla benedizione della Natura. Lo lasciòtutto a un trattoe s'appoggiò al mio bracciodicendomi -maLorenzo! per quanto mi studi di continuareconviene pur ch'io mitaccia. Se potessi dipingerti la sua pronunziai suoi gestilamelodia della sua vocela sua celeste fisonomiao ricopiar nonfoss'altro le sue parole senza cangiarne o traslocarne sillabacertoche tu mi sapresti grado; diversamenterincresco persino a mestesso. Che giova copiare imperfettamente un inimitabile quadrolacui fama soltanto lascia più senso che la sua misera copia? Enon ti pare ch'io somigli i poeti traduttori d'Omero? Giacchétu vedi ch'io non mi affaticoche per annacquare il sentimento chem'infiamma e stemprarlo in un languido fraseggiamento.

Lorenzone sono stanco; il rimanente del mio raccontodomani: il ventoimperversa; tuttavolta vo' tentare il cammino; saluterò Teresain tuo nome.

Perdio! e' m'è forza di proseguire la lettera: su l'uscio dellacasa ci è un pantano d'acqua che mi contrasta il passo: potreivarcarlo d'un salto; e poi? la pioggia non cessa: mezzogiorno èpassatoe mancano poche ore alla notte che minaccia la fine delmondo. Per oggigiorno perdutoo Teresa. -

Nonsono felice! mi disse Teresa; e con questa parola mi strappòil cuore. Io camminava al suo fianco in un profondo silenzio. Odoardoraggiunse il padre di Teresa; e ci precedevano chiacchierando. Lalsabellina ci tenea dietro in braccio all'ortolano. Non sono felice!- io aveva concepito tutto il terribile significato di queste parolee gemeva dentro l'animaveggendomi innanzi la vittima che dovevasacrificarsi a' pregiudizi ed all'interesse. Teresaavvedutasi dellamia taciturnitàcambiò vocee tentò disorridere: Qualche cara memoriami diss'ella - ma chinòsubito gli occhi - Io non m'attentai di rispondere.

Eravamogià presso ad Arquàe scendendo per l'erboso pendioandavano sfumando e perdendosi all'occhio i paeselli che dianzi sivedeano dispersi per le valli soggette. Ci siamo finalmente trovati aun viale cinto da un lato di pioppi che tremolando lasciavano caderesul nostro capo le foglie più gialliccee adombratodall'altra parte d'altissime querceche con la loro opacitàsilenziosa faceano contrapposto a quell'ameno verde de' pioppi.Tratto tratto le due file d'alberi opposti erano congiunte da varijrami di vite selvaticai quali incurvandosi formavano altrettantifestoni mollemente agitati dal vento del mattino. Teresa allorasoffermandosi e guardando d'intorno: Oh quante volteproruppemisono adagiata su queste erbe e sotto l'ombra freschissima di questequerce! io ci veniva sovente la state passata con mia madre. Tacque esi rivoltò addietro dicendo di volere aspettare la Isabellinache si era un po' dilungata da noi; ma io sospettai ch'ella m'avesselasciato per nascondere le lagrime che le innondavano gli occhieche forse non poteva più rattenere. Mae perchélediss'ioperché mai non è qui vostra madre? - Da piùsettimane vive in Padova con sua sorella; vive divisa da noi e forseper sempre! Mio padre l'amava: ma da ch'ei s'è pur ostinato avolermi dare un marito ch'io non posso amarela concordia èsparita dalla nostra famiglia. La povera madre mia dopo d'averecontraddetto invano a questo matrimonios'è allontanata pernon aver parte alla mia necessaria infelicità. Io intanto sonoabbandonata da tutti! ho promesso a mio padree non vogliodisubbidirlo - ma e mi duole ancor piùche per mia cagione lanostra famiglia sia così disunita - per mepazienza! - E aquesta parolale lagrime le piovevano dagli occhi. Perdonatesoggiunseio aveva bisogno di sfogare questo mio cuore angosciato.Non posso né scrivere a mia madre né avere sue letteremai. Mio padre fiero e assoluto nelle sue risoluzioni non vuolesentirsela nominare; egli mi va tuttavia replicandoche la èla sua e la mia peggiore nemica. Pur sento che non amonon ameròmai questo sposo col quale è già decretato - immaginao Lorenzoin quel momento il mio stato. Io non sapeva néconfortarlané risponderlené consigliarla. Percaritàripigliònon v'affliggeteve ne scongiuro: iomi sono fidata di voi: il bisogno di trovare chi sia capace dicompiangermi - una simpatia - non ho che voi solo. - O angelo! sìsì! potessi io piangere per sempree rasciugare cosìle tue lagrime! questa mia misera vita è tuatutta: io te laconsacro; e la consacro alla tua felicità!

Quantiguaimio Lorenzoin una sola famiglia! Vedi ostinazione nel signoreT*** che d'altronde è un ottimo galantuomo. Amasvisceratamente sua figlia; spesso la loda e la guarda concompiacenza; e intanto le tiene la mannaja sul collo. Teresa qualchegiorno dopo mi raccontòcom'ei dotato d'un'anima ardentevisse sempre consumato da passioni infelici; sbilanciato nella suadomestica economia per troppa magnificenza; perseguitato da quegliuomini che nelle rivoluzioni piantano la propria fortuna su l'altruirovinae tremante pe' suoi figliuolicrede di provvedere allo statodi casa sua imparentandosi a un uomo di sennoriccoe inaspettativa di una eredità ragguardevole - forseo Lorenzoanche per certo fumo; ed io vorrei scommettere cento contr'uno ch'einon lascierebbe in isposa la sua figliuola a chi mancasse mezzoquarto di nobiltà: chi nasce patrizio muore patrizio. Tantopiù che egli considera l'opposizione di sua moglie come unalesione alla propria autoritàe questo sentimento tirannescolo rende ancor più inflessibile. E nondimeno è diottimo cuore; e quella sua aria sincerae quell'accarezzare semprela sua figliuola e alcuna volta compiangerla sommessamentemostranoch'ei vede gemendo la dolorosa rassegnazione di quella poverafanciullama - E per questo quand'io veggo come gli uomini cercanoper una certa fatalità le sciagure con la lanternae comeveglianosudanopiangono per fabbricarsele dolorosissimeeterne;io mi sparpaglierei le cervella temendo che non mi si cacciasse percapo una simile tentazione.

Tilascioo Lorenzo; Michele mi chiama a desinare: tornerò ascrivertis'altro non possoa momenti.

Ilmal tempo s'è diradatoe fa il più bel dopo pranzo delmondo. Il Sole squarcia finalmente le nubie consola la mestaNaturadiffondendo su la faccia di lei un suo raggio. Ti scrivo dirimpetto al balcone donde miro la eterna luce che si va a poco a pocoperdendo nell'estremo orizzonte tutto raggiante di fuoco. L'ariatorna tranquilla; e la campagnabenché allagatae coronatasoltanto d'alberi già sfrondati e cospersa di piante atterratepare più allegra che la non era prima della tempesta. Cosìo Lorenzolo sfortunato si scuote dalle funeste sue cure al solobarlume della speranzae inganna la sua trista venturacon que'piaceri a' quali era affatto insensibile in grembo alla ciecaprosperità. - Frattanto il dì m'abbandona: odo lacampana della sera; eccomi dunque a dar fine una volta alla mianarrazione.

Noiproseguimmo il nostro breve pellegrinaggio fino a che ci apparvebiancheggiar dalla lunga la casetta che un tempo accoglieva

QuelGrande alla cui fama è angusto il mondo

Percui Laura ebbe in terra onor celesti.

Iomi vi sono appressato come se andassi a prostrarmi su le sepolturede' miei padrie come uno di que' sacerdoti che taciti e riverentis'aggiravano per li boschi abitati dagl'Iddii. La sacra casa di quelsommo italiano sta crollando per la irreligione di chi possiede untanto tesoro. Il viaggiatore verrà invano di lontana terra acercare con meraviglia divota la stanza armoniosa ancora dei canticelesti del Petrarca. Piangerà invece sopra un mucchio diruine coperto di ortiche e di erbe selvatiche fra le quali la volpesolitaria avrà fatto il suo covile. Italia! placa l'ombre de'tuoi grandi. - Oh! io mi risovvengo col gemito nell'animadelleestreme parole di Torquato Tasso. Dopo d'essere vissuto quarantasette anni in mezzo a' dileggi de' cortigianile noje de' saccentie l'orgoglio de' principior carcerato ed or vagabondoe tuttaviamelancolicoinfermoindigente; giacque finalmente nel letto dellamorte e scriveva esalando l'eterno sospiro: Io non mi voglio doleredella malignità della fortunaper non dire dellaingratitudine degli uominila quale ha pur voluto aver la vittoriadi condurmi alla sepoltura mendico. O mio Lorenzomi suonano questeparole sempre nel cuore! e' mi par di conoscere chi forse un giornomorrà ripetendole.

Frattantoio recitava sommessamente con l'anima tutta amore e armonia lacanzone: Chiarefreschedolci acque; e l'altra: Di pensier inpensierdi monte in monte; e il sonetto: StiamoAmorea veder lagloria nostra; e quanti altri di que' sovrumani versi la mia memoriaagitata seppe allora suggerire al mio cuore.

Teresae suo padre se n'erano iti con Odoardo il quale andava a rivedere iconti al fattore d'una tenuta ch'egli ha in que' dintorni. Ho poisaputo ch'e' sta sulle mosse per Romastante la morte di un suocugino; né si sbrigherà così in frettaperchéessendosi gli altri parenti impadroniti de' beni del mortol'affaresi ridurrà a' tribunali.

Cometornaronoquella famigliuola d'agricoltori ci allestì dacolazionedopo di che ci siamo avviati verso casa. Addioaddio.Avrei a narrarti delle altre cose; maa dirti il veroti scrivosvogliatamente. - Appunto: mi dimenticava di dirti cheritornandoOdoardo accompagnò a passo a passo Teresa e le parlòlungamente quasi importunandola e con un'aria di volto autorevole. Daalcune poche parole che mi venne fatto d'intenderesospetto ch'eglila torturasse per sapere a ogni patto di che abbiamo parlato. Onde tuvedi ch'io devo diradar le mie visite - almeno finch'ei si parta.

BuonanotteLorenzo. Serbati questa lettera: quando Odoardo si porteràseco la felicitàed io non vedrò più Teresanépiù scherzerà su queste ginocchia la sua ingenuasorellinain que' giorni di noja ne' quali ci è caro perfinoil dolorerileggeremo queste memorie sdrajati su l'erba che guardala solitudine d'Arquànell'ora che il dì va mancando.La rimembranza che Teresa fu nostra amica rasciugherà ilnostro pianto. Facciamo tesoro di sentimenti cari e soavi i quali ciridestino per tutti gli anniche ancora tristi e perseguitati ciavanzanola memoria che non siamo sempre vissuti nel dolore.



22Novembre

Tregiornie Odoardoa dir molto - non sarà qui. Il padre diTeresa lo accompagnerà sino a' confini. S'era lasciatointendere che m'avrebbe pregato di far seco questa breve corsa; ma ione l'ho ringraziatoperché voglio assolutamente partire:andrò a Padova. Non devo abusare dell'amicizia del signoreT*** e della sua buona fede. - Tenete buona compagnia alle miefigliuolemi diceva egli questa mattina. A vedereegli mi reputaSocrate - me? e con quell'angelica creatura nata per amaree peressere amata? e così misera a un tempo! ed io sono sempre inperfetta armonia con gl'infeliciperché - davvero - io trovoun non so che di cattivo nell'uomo prospero.

Nonso com'ei non s'avvegga ch'io parlando della sua figlia mi confondo ebalbetto; cangio viso e sto come un ladro davanti al giudice. In quelpunto io m'immergo in certe meditazionie bestemmierei il cieloveggendo in quest'uomo tante doti eccellentiguaste tutte da' suoipregiudizi e da una cieca predestinazione che lo faranno piangereamaramente. - Così intanto io divoro i miei giorniquerelandomi e de' miei propri mali e degli altrui.

Eppureme ne dispiace: - spesso rido di meperché propriamentequesto mio cuore non può sofferire un momentoun solo momentodi calma. Purché io sia sempre agitatoper lui non rileva sei venti gli spirano avversi o propizj. Ove gli manchi il piacerericorre tosto al dolore. Jeri è venuto Odoardo a restituirmiuno schioppetto da caccia ch'io gli aveva prestatoe a pigliare ilbuon viaggio da me; non ho potuto vederlo partire senza gettarmiglial collo tuttoché avessi dovuto veramente imitare la suaindifferenza. Non so mai di che nome voi altri saggi chiamate chitroppo presto ubbidisce al proprio cuore: perché di certo nonè un eroe; ma è forse vile per questo? Coloro chetrattano da deboli gli uomini appassionati somigliano quel medico chechiamava pazzo un malato non per altro se non perch'era vinto dallafebbre. Così odo i ricchi tacciare di colpa la povertàper la sola ragione che non è ricca. A me però sembratutto apparenza; nulla di realenulla. Gli uomini non potendo per sestessi acquistare la propria e l'altrui stimasi studianod'innalzarsiparagonando que' difetti che per ventura non hannoaquelli che ha il loro vicino. Ma chi non si ubbriaca perchénaturalmente odia il vinomerita egli lode di sobrio?

Otu che disputi pacatamente su le passioni: se le tue fredde mani nontrovassero freddo tutto quello che toccano; se quant'entra nel tuocuore di ghiaccio non divenisse tosto gelato; credi tu che andresticosì glorioso della tua severa filosofia? or come puoiragionare di cose che non conosci?

Permelascio che i saggi vantino una infeconda apatia. Ho letto giàtemponon so in che poetache la loro virtù è unamassa di ghiaccio che attrae tutto in se stessa e irrigidisce chi lesi accosta. Né Dio sta sempre nella sua maestosa tranquillità;ma si ravvolge fra gli aquiloni e passeggia con le procelle (2..



27Novembre

Odoardoè partitoed io me n'andrò quando tornerà ilpadre di Teresa. Buon giorno.



3Dicembre

Stamattinaio me n'andava un po' per tempo alla villaed era già pressoalla casa T***quando mi ha fermato un lontano tintinnio d'arpa. O!io mi sento sorridere l'animae scorrere in tutto me quanta maivoluttà allora m'infondeva quel suono. Era Teresa - comeposs'io immaginartio celeste fanciullae chiamarti dinanzi a me intutta la tua bellezzasenza la disperazione nel cuore! Pur troppo!tu cominci a gustare i primi sorsi dell'amaro calice della vitaedio con questi occhi ti vedrò infelicené potròsollevarti se non piangendo! io; io stesso ti dovrò per pietàconsigliare a pacificarti con la tua sciagura.

Certoch'io non potrei né asserire né negare a me stessoch'io l'amo; ma se maise mai! - in verità non d'altro che diun amore incapace di un solo pensiero: Dio lo sa! -

Iomi fermavalì lìsenza batter palpebracon gliocchile orecchiee i sensi tutti intenti per divinizzarmi in quelluogo dove l'altrui vista non mi avrebbe costretto ad arrossire de'miei rapimenti. Ora ponti nel mio cuorequand'io udiva cantar daTeresa quelle strofette di Saffo tradotte alla meglio da me con lealtre due odiunici avanzi delle poesie di quella amorosa fanciullaimmortale quanto le Muse. Balzando d'un saltoho trovato Teresa nelsuo gabinetto su quella sedia stessa ove io la vidi il primo giornoquand'ella dipingeva il proprio ritratto. Era neglettamente vestitadi bianco; il tesoro delle sue chiome biondissime diffuse su lespalle e sul pettoi suoi divini occhi nuotanti nel piacereil suoviso sparso di un soave languoreil suo braccio di roseil suopiedele sue dita arpeggianti mollementetutto tutto era armonia:ed io sentiva una nuova delizia nel contemplarla. Bensì Teresaparea confusaveggendosi d'improvviso un uomo che la mirava cosìdiscintaed io stesso cominciava dentro di me a rimproverarmid'importunità e di villania: essa tuttavia proseguiva ed iosbandiva tutt'altro desideriotranne quello di adorarlae diudirla. Io non so dirtimio caroin quale stato allora io mi fossi:so bene ch'io non sentiva più il peso di questa vita mortale.

S'alzòsorridendo e mi lasciò solo. Allora io rinveniva a poco apoco: mi sono appoggiato col capo su quell'arpa e il mio viso siandava bagnando di lagrime - oh! mi sono sentito un po' libero.



Padova7 Dicembre

Nonlo vo' dire; pur temo assai non tu m'abbia pigliato in parola e tisia maneggiato a tutto potere per cacciarmi dal mio dolce romitorio.Jeri mi sopravvenne Michele a darmi avviso da parte di mia madrech'era già allestito l'alloggio in Padova dov'io aveva dettoaltra volta (davvero appena me ne sovviene. di volermi ridurre alriaprirsi della università. Vero è ch'io avea fattosacramento di venirci; e te n'ho scritto; ma aspettava il signoreT*** - non per anche tornato. Del restoho fatto bene a cogliere ilpunto della mia vocazionee ho abbandonato i miei colli senza direaddio ad anima vivente. Diversamentemalgrado le tue prediche e imiei proponimentinon mi sarei partito mai più: e ti confessoch'io mi sento un certo che d'amaro nel cuoree che spesso mi saltala tentazione di ritornarvi - or via in sommavedimi in Padova: epresto a diventar sapientoneacciocché tu non vada tuttaviapredicando ch'io mi perdo in pazzie. Per altro bado di non volermitiopporre quando mi verrà voglia d'andarmene; perché tusai ch'io sono nato espressamente inetto a certe cosemassime quandosi tratta di vivere con quel metodo di vita ch'esigono gli studjaspese della mia pace e del mio libero genioo di' purech'io telperdonodel mio capriccio. Frattanto ringrazia mia madree perminorarle il dispiacerefa di pronosticarlecosì come se lacosa venisse da tech'io qui non troverò lunga stanza per piùd'un meseo poco più.



Padova11 Dicembre

Hoconosciuto la moglie del patrizio M*** che abbandona i tumulti diVenezia e la casa del suo indolente marito per godersi gran partedell'anno in Padova. Peccato! la sua giovane bellezza ha giàperduto quella vereconda ingenuità che sola diffonde le graziee l'amore. Dotta assai nella donnesca galanteriasi studia dipiacere non per altro che per conquistare; così almenogiudico. Tuttavoltachi sa! Ella sta con me volentierie mormorameco sottovoce soventee sorride quando la lodo; tanto piùch'ella non si pasce come le altre di quell'ambrosia di freddurechiamate be' mottie frizzi di spiritoindizj sempre d'animo natomaligno. Ora sappi che jer sera accostando la sua sedia alla miamiparlò d'alcuni miei versie innoltrando di mano in mano aciarlare di sì fatte inezienon so comenominai certo librodi cui ella mi richiese. Promisi di recarglielo io stamattina; addio- s'avvicina l'ora.



Ore2

Ilpaggio m'additò un gabinetto ove innoltratomi appenami sife' incontro una donna di forse trentacinque anni leggiadramentevestitae ch'io non avrei presa mai per cameriera se non mi si fosseappalesata ella stessadicendomi - La padrona è a lettoancora: a momenti uscirà. Un campanello la fe' correre nellastanza contigua ov'era il talamo della Deaed io rimasi a scaldarmial caminettoconsiderando ora una Danae dipinta sul soffittoora lestampe di cui le pareti erano tutte coperteed ora alcuni romanzifrancesi gittati qua e là. In questa le porte si schiuseroedio sentiva l'aere d'improvviso odorato di mille quintessenzeevedeva madama tutta molle e rugiadosa entrarsene presta presta equasi intirizzita di freddoe abbandonarsi sovra una sediad'appoggio che la cameriera le preparò presso al fuoco. Misalutava più con le occhiateche con la persona - e michiedea sorridendo s'io m'era dimenticato della promessa. Iofrattanto le porgeva il libro osservando con meraviglia ch'ella nonera vestita che di una lunga e rada camicia la quale non essendoallacciata radeva quasi il tappetolasciando ignude le spalle e ilpetto ch'era per altro voluttuosamente difeso da una candida pelle incui ella stavasi involta. I suoi capelli benché imprigionatida un pettineaccusavano il sonno recente; perché alcuneciocche posavano i loro ricci or sul colloor fin dentro il senoquasi che quelle picciole liste nerissime dovessero servire agliocchi inesperti di guida; ed altre calando giù dalla fronte leingombravano le pupille; essa frattanto alzava le dita per diradarlee talvolta per avvolgerle e rassettarle meglio nel pettinemostrandoin questo modoforse sopra pensieroun braccio bianchissimo etondeggiante scoperto dalla camicia che nell'alzarsi della manocascava fin'oltre il gomito. Posando sopra un piccolo trono diguanciali si volgeva con compiacenza al suo cagnuolino che le siaccostava e fuggiva e correva torcendo il dosso e scuotendo leorecchie e la coda. Io mi posi a sedere sopra una seggiola avvicinatadalla cameriera che si era già dileguata. Quell'adulatricebestiuola schiattivae mordendole e scompigliandolequasi avesseintenzionecon le zampine gli orli della camicialasciava apparireuna gentile pianella di seta rosa-languidae poco dopo un picciolopiedeo Lorenzosimile a quello che l'Albano dipingerebbe a unaGrazia ch'esce dal bagno. O! se tu avessicom'ioveduto Teresanell'atteggiamento medesimopresso un focolareanch'ella appenabalzata di lettocosì discintacosì - chiamandomi amente quel fortunato mattino mi ricordo che non avrei osato respirarl'aria che la circondavae tutti tutti i miei pensieri si univanoriverenti e paurosi soltanto per adorarla - e certo un genio beneficomi presentò la immagine di Teresa; perch'ionon so comeebbil'arte di guardare con un rattenuto sorriso il cagnuolinoe labellapoi il cagnuolinoe di bel nuovo il tappeto ove posava il belpiede; ma il bel piede era intanto sparito. M'alzai chiedendoleperdono ch'io fossi venuto fuor d'ora; e la lasciai quasi pentita -certo; di gaja e cortese si fe' un po' contegnosa - del resto non so.Quando fui solola mia ragioneche è in perpetua lite conquesto mio cuoremi andava dicendo: Infelice! temi soltanto diquella beltà che partecipa del celeste: prendi dunque partitoe non ritrarre le labbra dal contravveleno che la fortuna ti porge.Lodai la ragione; ma il cuore aveva già fatto a suo modo. -T'accorgerai che questa lettera la è ricopiataperch'io hovoluto sfoggiare lo bello stile.

O!la canzoncina di Saffo! io vado canticchiandola scrivendopasseggiandoleggendo: né così io vaneggiavaoTeresaquando non mi era conteso di poterti vedere e udire:pazienza! undici miglia ed eccomi a casa; e poi altre due; e poi? -Quante volte mi sarei fuggito da questa terra se il timore di nonessere dalle mie disavventure strascinato troppo lontano da tenonmi trattenesse in tanto pericolo? qui siamo almeno sotto lo stessocielo.

P.S.Ricevo in questo momento tue lettere - e tornaLorenzo! la èpure la quinta volta che tu mi tratti da innamorato: innamorato sìe che perciò? Ho veduto di molti innamorarsi della VenereMediceadella Psichee perfin della Luna o di qualche stella lorfavorita. E tu stesso non eri talmente entusiasta di Saffochepretendevi ravvisarne il ritratto nella più bella donna che tuconoscessitrattando da maligni e ignoranti coloro che la dipingonopiccolabrunae bruttina anzi che no?

Fuordi scherzo: conosco d'essere un cervello bizzarroe stravagantefors'anche; ma dovrò perciò vergognarmi? di che? - dapiù dì tu mi vuoi cacciar per la testa il grillo diarrossire: masalva la tua graziaio non soné possonédevo arrossire di cosa alcuna rispetto a Teresané pentirminé dolermi. - E viviti lieto.



Padova

Diquesta lettera si sono smarrite due carte dove Jacopo narrava certodispiacere a cui per la sua natura veemente e pe' suoi modi assaischietti andò incontro. L'editorepropostosi di pubblicarereligiosamente l'autografocrede acconcio d'inserire ciò chedi tutta la lettera gli rimanetanto più che da questo si puòquasi desumere quello che manca.

mancala prima carta.

...

...riconoscente de' beneficjsono riconoscentissimo anche delleingiurie; e nondimeno tu sai quante volte io le ho perdonate: hobeneficato chi mi ha offeso; e talora ho compianto chi mi ha tradito.Ma le piaghe fatte al mio onoreLorenzo! - doveano essere vendicate.Io non so che ti abbiano scrittoné ho cura di saperlo. Maquando mi s'affacciò quello sciaguratoquantunque da tre anniquasi io non lo rivedevam'intesi ardere tutte le membra; eppur micontenni. Ma doveva egli con nuovi frizzi inasprire l'antico miosdegno? Io ruggiva quel giorno come un leonee mi pareva che l'avreisbranatoanche se l'avessi trovato nel santuario.

Duegiorni dopoil codardo scansò le vie dell'onorech'io gliaveva esibite; e tutti gridavano la crociata contro di mecome s'ioavessi dovuto tranguggiarmi pacificamente una ingiuria da coluichene' tempi addietro mi aveva mangiato la metà del cuore. Questagalante gentaglia affetta generositàperché non hacoraggio di vendicarsi a visiera alzata; ma chi vedesse i notturnipugnalie le calunniee le brighe! - E dall'altra parte io non l'hosoperchiato. Gli dissi: Voi avete bracciae petto al pari di meedio sono mortale come voi. Ei piansee gridò; ed allora lairaquella furia mia dominatricecominciò ad ammansarsiperché dall'avvilimento di lui mi accorsi che il coraggio nondeve dare diritto per opprimere il debole. Ma deve per questo ildebole provocare chi sa trarne vendetta? Credimi: ci vuole unastupida bassezza o una sovrumana filosofia per lasciarsi abeneplacito d'un nemico che ha faccia impudenteanima negrae manotremante.

Frattantol'occasione mi ha smascherato tutti que' signorottiche mi giuravanosviscerata amicizia; che ad ogni mia parola faceano le meraviglie; eche ad ogni ora mi proferivano la loro borsa e il lor cuore.Sepolture! bei marmie pomposi epitaffi: ma schiudilivi trovivermi e fetore. Pare a temio Lorenzoche se l'avversità ciriducesse a domandar del panevi sarebbe taluno memore delle suepromesse? o nessunoo qualche astuto soltantoche co' suoi beneficjvorrebbe comperare il nostro avvilimento. Amici da bonaccianelleburrasche ti annegano. Per costoro tutto è calcolo in fondo.Onde se v'ha taluno nelle cui viscere fremano le generose passioniole deve strozzareo rifuggirsi come le aquile e le fiere magnanimene' monti inaccessibili e nelle foreste lungi dalla invidia e dallavendetta degli uomini. Le sublimi anime passeggiano sopra le testedella moltitudine che oltraggiata dalla loro grandezza tentad'incatenarle o di deriderlee chiama pazzie le azioni ch'essaimmersa nel fango non puònon che ammirareconoscere. - Ionon parlo di me; ma quand'io ripenso agli ostacoli che frappone lasocietà al genio ed al cuore dell'uomoe come ne' governilicenziosi o tirannici tutto è brigainteresse e calunnia -io m'inginocchio a ringraziar la Natura che dotandomi di questaindolenemica di ogni servitùmi ha fatto vincere la fortunae mi ha insegnato a innnalzarmi sopra la mia educazione. So che laprimasolavera scienza è questa dell'uomo la quale non sipuò studiare nella solitudinee ne' libri: e so che ognunodee prevalersi della propria fortunao dell'altrui per camminare conqualche sostegno su i precipizj della vita. Sia: per mepaventod'essere ingannato da chi saprebbe ammaestrarmiprecipitato daquella stessa fortuna che potrebbe innalzarmi; e battuto dalla manoche avrebbe tanto vigore da sostenermi...

mancaun'altra carta.

...

...s'io fossi nuovo: ma ho sentito fieramente tutte le passioninépotrei vantarmi intatto da tutti i vizj. È veroche nessunvizio mi ha vinto maie ch'io in questo terrestre pellegrinaggiosono d'improvviso trapassato dai giardini ai deserti: ma insiemeconfesso che i miei ravvedimenti nacquero da un certo sdegnoorgogliosoe dalla disperazione di trovare la gloria e la felicitàa cui da' primi anni io agognava. S'io avessi venduta la federinnegata la veritàtrafficato il mio ingegnocredi tu ch'ionon vivrei più onorato e tranquillo? Ma gli onori e latranquillità del mio secolo guasto meritano forse di essereacquistati col sagrificio dell'anima? Forse più che l'amoredella virtùil timore della bassezza m'ha rattenuto allevolte da quelle colpeche sono rispettate ne' potentitollerate ne'piùma che per non lasciare senza vittime il simulacro dellagiustizia sono punite nei miseri. No; né umana forzanéprepotenza divina mi faranno recitare mai nel teatro del mondo laparte del piccolo briccone. Per vegliare le notti nel gabinetto dellebelle più illustriben io mi so che conviene professarelibertinaggioperché le vogliono mantenersi in riputazionedove sospettano ancora il pudore. E taluna m'addottrinò nellearti della seduzionee mi confortò al tradimento - e avreiforse tradito e sedotto; ma il piacere ch'io ne sperava scendevaamarissimo dentro il mio cuoreil quale non ha saputo maipacificarsi co' tempio far alleanza con la ragione. E peròtu mi udivi assai volte esclamare che tutto dipende dal cuore! - dalcuore che né gli uomini né il cieloné i nostrimedesimi interessi possono cangiar mai.

NellaItalia più cultae in alcune città della Francia hocercato ansiosamente il bel mondo ch'io sentiva magnificare con tantaenfasi: ma dappertutto ho trovato volgo di nobilivolgo diletterativolgo di bellee tutti sciocchibassimaligni; tutti.Mi sono intanto sfuggiti que' pochi che vivendo negletti fra ilpopolo o meditando nella solitudine serbano rilevati i caratteridella loro indole non ancora strofinata. Intanto io correva di quadi làdi sudi giù come le anime de' scioperaticacciate da Dante alle porte dell'infernonon reputandole degne distarsi fra' perfetti dannati. In tutto un anno sai tu che raccolsi?ciancevituperje noja mortale. - E qui dond'io guardava il passatotremandoe mi rassicuravacredendomi in portoil demonio mistrascina a sì fatti malanni. - Or tu vedi ch'io debbo drizzargli occhi miei al raggio di salute che il Cielo mi ha presentato. Mati scongiurolascia andare l'usata predica: Jacopo Jacopo! questatua indocilità ti fa divenire misantropo. E' ti pare che seodiassi gli uominimi dorrei come fo' de' lor vizj? tuttavia poichénon so ridernee temo di rovinareio stimo migliore partito laritirata. E chi mi affida dall'odio di questa razza d'uomini tanto dame diversa? né giova disputare per iscoprire per chi stia laragione: non lo so; né la pretendo tutta per me. Quello cheimportasi è (e tu in ciò sei d'accordo. che questaindole mia alterasaldaleale; o piuttosto ineducatacaparbiaimprudentee la religiosa etichetta che veste d'una stessa divisatutti gli esterni costumi di costoronon si confanno; e davvero ionon mi sento in umore di mutar abito. Per me dunque èdisperata perfino la treguaanz'io sono in aperta guerrae lasconfitta è imminente; poiché non so neppure combatterecon la maschera della dissimulazionevirtù d'assai credito edi maggiore profitto. Ve' la gran presunzione! io mi reputo menobrutto degli altri e sdegno perciò di contraffarmi; anzi buonoo reo ch'io mi siaho la generositào di' pure lasfrontatezzadi presentarmi nudoe quasi quasi come sono uscitodalle mani della Natura. Che se talvolta io dico fra me: Pensi tu chela verità in bocca tua sia men temeraria? io da ciò nedesumo che sarei matto se avendo trovato nella mia solitudine latranquillità de' Beatii quali s'imparadisano nellacontemplazione del sommo beneio per non istare a rischiod'innamorarmi (ecco la tua solita antifona. mi commettessi alladiscrezione di questa ciurma cerimoniosa e maligna.



Padova23 Dicembre

Questoscomunicato paese m'addormenta l'animanojata della vita: tu puoigarrirmi a tua postain Padova non so che farmi: se tu vedessi conche faccia sguajata mi sto qui scioperando e durando fatica aincominciarti questa meschina lettera! - Il padre di Teresa ètornato a' colli e mi ha scritto; gli ho risposto dandogli avviso chefra non molto ci rivedremo; e mi pare mill'anni.

Questauniversità (come sarannopur troppotutte le universitàdella terra!. è per lo più composta di professoriorgogliosi e nemici fra loroe di scolari dissipatissimi. Sai tuperché fra la turba de' dotti gli uomini sommi son cosìrari? Quello istinto ispirato dall'alto che costituisce il GENIO nonvive se non se nella indipendenza e nella solitudinequando i tempivietandogli d'operarenon gli lasciano che lo scrivere. Nellasocietà si legge moltonon si meditae si copia; parlandosempresi svapora quella bile generosa che fa sentirepensareescrivere fortemente: per balbettar molte linguesi balbetta anche lapropriaridicoli a un tempo agli stranieri e a noi stessi:dipendenti dagl'interessidai pregiudizje dai vizj degli uominifra' quali si vivee guidati da una catena di doveri e di bisognisi commette alla moltitudine la nostra gloriae la nostra felicità:si palpa la ricchezza e la possanzae si paventa perfino di esseregrandi perché la fama aizza i persecutorie l'altezza dianimo fa sospettare i governi; e i principi vogliono gli uomini talida non riescire né eroiné incliti scellerati mai. Eperò chi in tempi schiavi è pagato per istruirerado onon mai si sacrifica al vero e al suo sacrosanto istituto; quindiquell'apparato delle lezioni cattedratiche le quali ti fannodifficile la ragione e sospetta la verità. - Se non ch'iod'altronde sospetto che gli uomini tutti sieno altrettanti ciechi cheviaggiano al bujoalcuni de' quali si schiudano le palpebre a faticaimmaginando di distinguere le tenebre fra le quali denno pur camminarbrancolando. Ma questo sia per non detto: e' ci sono certe opinioniche andrebbero disputate con que' pochi soltanto che guardano lescienze col sogghigno con che Omero guardava le gagliardie delle ranee de' topi.

Aquesto proposito: vuoi tu darmi retta una volta? or che Dio mandòil compratorevendi in corpo e in anima tutti i miei libri. Che hoda fare di quattro migliaja e più di volumi ch'io non so névoglio leggere? Preservami que' pochissimi che tu vedrai ne' marginipostillati di mia mano. O come un tempo io m'affannava profondendoco' librai tutto il mio! ma questa pazzia la non se n'è ita senon per cedere forse luogo ad un'altra. Il danaro dàllo a miamadre. Cercando di rifarla di tante spese - io non so comemaadirteladarei fondo a un tesoro - questo ripiego mi èsembrato il più spiccio. I tempi diventano sempre piùcalamitosie non è giusto che quella povera donna meni per medisagiata la poca vita che ancora le avanza. Addio.



Da'colli Euganei3 Gennajo 1798

Perdona;ti credeva più savio. - Il genere umano è questo brancodi ciechi che tu vedi urtarsispingersibattersie incontrare ostrascinarsi dietro la inesorabile fatalità. A che dunqueseguireo temere ciò che ti deve succedere?

M'inganno?l'umana prudenza può rompere questa catena invisibile di casie d'infiniti minimi accidenti che noi chiamiamo destino? sia: ma puòella per questo mettere sicuro lo sguardo fra le ombre dell'avvenire?O! tu nuovamente mi esorti a fuggire Teresa; e gli è comedirmi: Abbandona ciò che ti fa cara la vita; trema del maleet'imbatti nel peggio. Ma poniamo ch'io paventando il pericolo daprudentedovessi chiudere l'anima mia a ogni barlume di felicitàtutta la mia vita non somiglierebbe forse le austere giornate diquesta nebbiosa stagionele quali ci fanno desiderare di poter nonesistere fin tanto ch'esse rattristano la Natura? Di' il veroLorenzo; or non saria meglio che parte almeno del mattino fosseconfortata dal raggio del Sole anche a patti che la notte si rapisseil dì innanzi sera? Che s'io dovessi far sempre la guardia aquesto mio cuore prepotentesarei con me stesso in eterna guerraesenza pro. Navigherò per perdutoe vada come sa andare. -Intanto io

Sentol'aura mia anticae i dolci colli

Veggoapparir (3.!



10Gennajo

Odoardospera distrigato il suo affare tra un mese; così scrive:tornerà dunquea dir tardia primavera. - Allora sìverso ai primi d'Aprilecrederò ragionevole di partirmi.



19Gennajo

Umanavita? sogno; ingannevole sogno al quale noi pur diam sì granprezzosiccome le donnicciuole ripongono la loro ventura nellesuperstizioni e ne' presagj! Bada; ciò cui tu stendiavidamente la mano è un'ombra forseche mentre è a tecaraa tal altro è nojosa. Sta dunque tutta la mia felicitànella vota apparenza delle cose che ora m'attorniano; e s'io cercoalcun che di realeo torno a ingannarmio spazio attonito espaventato nel nulla! Io non lo so; maper metemo che Natura abbiacostituito la nostra specie quasi minimo anello passivodell'incomprensibile suo sistemadotandone di cotanto amor proprioperché il sommo timore e la somma speranza creandoci nellaimmaginazione una infinita serie di mali e di benici tenessero pursempre affannati di questa esistenza brevedubbiainfelice. Ementre noi serviamo ciecamente al suo fineessa ride del nostroorgoglio che ci fa reputare l'universo creato solo per noie noisoli degni e capaci di dar leggi al creato.

Andavadianzi perdendomi per le campagneinferrajuolato sino agli occhiconsiderando lo squallore della terra tutta sepolta sotto le nevisenza erba né fronda che mi attestasse le sue passate dovizie.Né potevano gli occhi miei lungamente fissarsi su le spallede' montiil vertice de' quali era immerso in una negra nube digelida nebbia che piombava ad accrescere il lutto dell'aere freddo edottenebrato. E parevami vedere quelle nevi disciogliersi eprecipitare a torrenti che innondavano il pianotrascinandosiimpetuosamente piantearmenticapannee sterminando in un giornole fatiche di tanti annie le speranze di tante famiglie. Trapelavadi quando in quando un raggio di Soleil quale quantunque restassepoi soverchiato dalla caliginelasciava pur divedere che sua mercésoltanto il mondo non era dominato da una perpetua notte profonda. Edio rivolgendomi a quella parte di cielo che albeggiando mantenevaancora le tracce del suo splendore: - O Solediss'iotutto cangiaquaggiù! E verrà giorno che Dio ritirerà il suosguardo da tee tu pure sarai trasformato; né piùallora le nubi corteggeranno i tuoi raggi cadenti; né piùl'alba inghirlandata di celesti rose verrà cinta di un tuoraggio su l'oriente ad annunziar che tu sorgi. Godi intanto della tuacarrierache sarà forse affannosae simile a questadell'uomo; tu 'l vedi; l'uomo non gode de' suoi giorni; e se talvoltagli è dato di passeggiare per li fiorenti prati d'Apriledeepur sempre temere l'infocato aere dell'estatee il ghiaccio mortaledel verno.



22Gennajo

Cosìvacaro amico: - stavami al focolare del mio castaldodove alcunivillani de' contorni s'adunano a crocchio a scaldarsicontandosi leloro novelle e le antiche avventure. Entrò una ragazza scalzaassideratae fattasi all'ortolanolo richiese della limosina per lapovera vecchia. Mentre la si stava rifocillando al fuocoesso lepreparava due fasci di legna e due pani bigi. La villanella se lipigliòe salutandociuscì. Usciva io pureesenz'avvedermila seguitava calcando dietro le sue peste la neve.Giunta a un mucchio di ghiacciosi soffermò esaminando congli occhi un altro sentieroed io raggiungendola: - Andate voilontano ragazza? - Signor miono; un mezzo miglio. - Pur que' duefasci vi fanno camminare a disagio; lasciatene portare uno anche ame. - I fasci tanto non mi darebbero noja se me li potessi reggeresulla spalla con tutte due le braccia; ma questi due panim'intrigano. - Or viaporterò i pani. - Non fiatòela si fe' tutta rossae mi porse i pani ch'io mi riposi sotto iltabarro. Dopo breve ora entrammo in una capannuccia. Sedeva in uncantuccio una vecchierella con un caldano fra piedi pieno di bracesmorzata sovra le quali stendeva le palmeappoggiando i polsi su leestremità de' ginocchi. - Buongiornomadre. - Buongiorno. -Come state voimadre? - Né a questané a dieci altreinterrogazioni mi fu possibile d'impetrare risposta; perch'essaattendeva a riscaldarsi le manialzando gli occhi di quando inquando come per vedere se eravamo ancora partiti. Posammo trattantoquelle poche provvisionie la vecchiasenza più guardar noile stava considerando con occhio mobile: e a' nostri saluti e allepromesse di ritornare domanila non rispose se non se un'altra voltaquasi per forza - Buongiorno.

Ravviandociverso casala villanella mi raccontavacome quella donna ad onta diforse ottanta anni e piùe di una difficilissima vitaperchétalvolta avveniva che i temporali vietavano a' contadini di recarlela limosina che le raccoglievanoin guisa che vedevasi sul punto diperire d'inediapur nondimeno tremava tuttavia di morire eborbottava sempre sue preci perché il cielo la tenesse ancorviva. Ho poi udito dire a' vecchi del contadoche da molti anni lemorì di un'archibugiata il marito dal quale ebbe figliuoli efigliuolee poi generinuore e nipoti ch'essa vide tutti perire ecascarle l'un dopo l'altro a' piedi nell'anno memorabile della fame.- Eppurfratel mioné i passati né i presenti mali lauccidonoe si palpa ancora una vita che nuota sempre in un mar didolore.

Ahidunque! tanti affanni assediano la nostra vitache a mantenerlavuolsi non meno che un cieco istinto prepotente per cui (quantunquela Natura ci spiani i mezzi da liberarcene. siamo spesso forzati acomperarla con l'avvilimentocol piantoe talvolta ancor coldelitto!



17Marzo (4)

Dadue mesi non ti do segno di vitae tu ti se' sgomentato; e temich'io sia vinto oggimai dall'amore da dimenticarmi di te e dellapatria. Fratel mio Lorenzotu conosci pur poco me e il cuore umanoed il tuose presumi che il desiderio di patria possa temperarsimainon che spegnersi; se credi che ceda ad altre passioni - benirrita le altre passionie n'è più irritato; ed èpur veroe in questo hai detto pur bene! L'amore in un'animaesulceratae dove le altre passioni sono disperateriesceonnipotente - e io lo provo; ma che riesca funestot'inganni: senzaTeresaio sarei forse oggi sotterra.

LaNatura crea di propria autorità tali ingegni da non poteressere se non generosi; venti anni addietro sì fatti ingegnisi rimanevano inerti ed assiderati nel sopore universale d'Italia: mai tempi d'oggi hanno ridestato in essi le virili e natie loropassioni; ed hanno acquistato tal temprache spezzarli puoipiegarli non mai. E non è sentenza metafisia questa: la èverità che splende nella vita di molti antichi mortaligloriosamente infelici: verità di cui mi sono accertatoconvivendo fra molti nostri concittadini: e li compiango insieme egli ammiro; da chese Dio non ha pietà dell'Italiadovrannochiudere nel loro secreto il desiderio di patria - funestissimo!perché o struggeo addolora tutta la vita; e nondimenoanziché abbandonarloavranno cari i pericoliequell'angosciae la morte. Ed io mi sono uno di questi; e tumioLorenzo.

Mas'io scrivessi intorno a quello ch'io vidie so delle cose nostrefarei cosa superflua e crudele ridestando in voi tutti il furore chevorrei pur sopire dentro di me: piangocredimila patria - lapiango secretamentee desidero

Chele lagrime mie si spargan sole. (5.

Un'altraspecie d'amatori d'Italia si quereli ad altissima voce a sua posta.Esclamano d'essere stati venduti e traditi: ma se si fossero armatisarebbero stati vinti forsenon mai traditi; e se si fossero difesisino all'ultimo sanguené i vincitori avrebbero potutovenderliné i vinti si sarebbero attentati di comperarli. Senon che moltissimi de' nostri presumono che la libertà sipossa comperare a danaro; presumono che le nazioni straniere venganoper amore dell'equità a trucidarsi scambievolmente su' nostricampi onde liberare l'Italia! Ma i francesi che hanno fatto parereesecrabile la divina teoria della pubblica libertàfaranno daTimoleoni in pro nostro? - Moltissimi intanto si fidano nel GiovineEroe nato di sangue italiano; nato dove si parla il nostro idioma. Ioda un animo basso e crudelenon m'aspetterò mai cosa utile edalta per noi. Che importa ch'abbia il vigore e il fremito del leonese ha la mente volpinae se ne compiace? Sì; basso e crudele- né gli epiteti sono esagerati. A che non ha egli vendutoVenezia con aperta e generosa ferocia? Selim I che fece scannare sulNilo trenta mila guerrieri Circassi arresisi alla sua fedee NadirSchah che nel nostro secolo trucidò trecento mila Indianisono più atrocibensì meno spregevoli. Vidi con gliocchi miei una costituzione democratica postillata dal Giovine Eroepostillata di mano suae mandata da Passeriano a Venezia perchés'accettasse; e il trattato di Campo Formio era già da piùgiorni firmato e Venezia era trafficata; e la fiducia che l'Eroenutriva in noi tutti ha riempito l'Italia di proscrizionid'emigrazionie d'esilii. - Non accuso la ragione di stato che vendecome branchi di pecore le nazioni: così fu sempree cosìsarà: piango la patria mia

Chemi fu toltae il modo ancor m'offende. (6.

Nasceitalianoe soccorrerà un giorno alla patria: - altri selcreda; io risposie risponderò sempre: La Natura lo ha creatotiranno: e il tiranno non guarda a patria; e non l'ha.

Alcunialtri de' nostriveggendo le piaghe d'Italiavanno pur predicandodoversi sanarle co' rimedi estremi necessari alla libertà. Benè verol'Italia ha preti e frati; non già sacerdoti:perché dove la religione non è inviscerata nelle leggie ne' costumi d'un popolol'amministrazione del culto èbottega. L'Italia ha de' titolati quanti ne vuoi; ma non hapropriamente patrizj: da che i patrizj difendono con una mano larepubblica in guerrae con l'altra la governano in pace; e in Italiasommo fasto de' nobili è il non fare e il non sapere mainulla. Finalmente abbiamo plebe; non già cittadini; opochissimi. I medicigli avvocatii professori d'universitài letteratii ricchi mercatantil'innumerabile schieradegl'impiegati fanno arti gentili essi diconoe cittadinesche; nonperò hanno nerbo e diritto cittadinesco. Chiunque si guadagnasia panesia gemme con l'industria sua personalee non èpadrone di terrenon è se non parte di plebe; meno miseranon già meno serva. Terra senza abitatori può stare;popolo senza terranon mai: quindi i pochi signori delle terre inItaliasaranno pur sempre dominatori invisibili ed arbitri dellanazione. Or di preti e frati facciamo de' sacerdoti; convertiamo ititolati in patrizj; i popolani tuttio molti almenoin cittadiniabbientie possessori di terre - ma badiamo! senza carnificine;senza riforme sacrileghe di religione; senza fazioni; senzaproscrizioni né esilii; senza ajuto e sangue e depredazionid'armi straniere; senza divisione di terre; né leggi agrarie;né rapine di proprietà famigliari - da che se mai (aquanto intesi ed intendo. se mai questi rimedi necessitassero aliberarne dal nostro infame perpetuo servaggioio per me non so cosami piglierei - né infamiané servitù: ma neppuressere esecutore di sì crudeli e spesso inefficaci rimedi - senon che all'individuo restano molte vie di salute; non fosse altro ilsepolcro: - ma una nazione non si può sotterrar tuttaquanta. Eperòse scrivessiesorterei l'Italia a pigliarsi in pace ilsuo stato presentee a lasciare alla Francia la obbrobriosa sciaguradi avere svenato tante vittime umane alla Libertà - su lequali la tirannide de' Cinqueo de' Cinquecentoo di Un solo -torna tutt'uno - hanno piantato e pianteranno i lor troni; evacillanti di minuto in minutocome tutti i troni che hanno perfondamenta i cadaveri.

Illungo tempo da che non ti scrivo non è corso perduto per me;credo invece d'avere guadagnato anche troppo - ma guadagni fatali! Ilsigoore T*** ha moltissimi libri di filosofia politicae i miglioristorici del mondo moderno: e tra per non volermi trovare assai spessovicino a Teresatra per noja e per curiositàdue vigiliistigatrici del genere umano - mi son fatto mandare que' libri; eparte n'ho lettoparte ne ho scartabellatoe mi furono tristicompagni di questa vernata. Certo che più amabile compagnia miparvero gli uccelletti i quali cacciati per disperazione dal freddo acercarsi alimento vicino alle abitazioni degli uomini loro nemicisiposavano a famiglie e a tribù sul mio balcone dov'ioapparecchiava loro da desinare e da cena - ma forse ora che vacessando il loro bisogno non mi visiteranno mai più. Intantodalle mie lunghe letture ho raccolto: Che il non conoscere gli uominiè pur cosa pericolosa; ma il conoscerli quando non s'ha cuoreda volerli ingannare è pur cosa funesta! Ho raccolto: Che lemolte opinioni de' molti librie le contraddizioni storichet'inducono al pirronismo e ti fanno errare nella confusionee nelcaose nel nulla: ond'ioa chi mi stringesse o di sempre leggereodi non leggere maimi torrei di non leggere mai; e così forsefarò. Ho raccolto: Che abbiamo tutti passioni vane com'èappunto la vanità della vita; e che nondimeno sì fattavanità è la sorgente de' nostri erroridel nostropiantoe de' nostri delitti.

Purnondimeno io mi sento rinsanguinare più sempre all'animaquesto furore di patria: e quando penso a Teresa - e se spero -rientro in un subito in me assai più costernato di prima; eridico: Quand'anche l'amica mia fosse madre de' miei figliuoliimiei figliuoli non avrebbero patria; e la cara campagna della miavita se n'accorgerebbe gemendo. - Pur troppo! alle altre passioni chefanno alle giovinette sentire sull'aurora del loro giorno fuggitivo idolorie più assai alle giovinette italianes'èaggiunto questo infelice amore di patria. Ho sviato il signore T***da' discorsi di politicade' quali si appassiona - sua figlia nonapriva mai bocca: ma io pur m'avvedeva come le angosce di suo padre ele mie si rovesciavano nelle viscere di quella fanciulla. Tu sai chenon è femminetta volgare: e prescindendo anche da' suoiinteressi - da che in altri tempi avrebbero potuto eleggersi altromarito - è dotata d'animo alteroe di signorili pensieri. Evede quanto m'è grave quest'ozio di oscuro e freddo egoista incui logoro tutti i miei giorni - davveroLorenzo; anche tacendoiopaleso che sono misero e vile dinanzi a me stesso. La volontàforte e la nullità di potere in chi sente una passionepolitica lo fanno sciaguratissimo dentro di sé: e se non tacelo fanno parere ridicolo al mondo; si fa la figura di paladino daromanzo e d'innamorato impotente della propria città. QuandoCatone s'ucciseun povero patriziochiamato Coziolo imitò:l'uno fu ammirato perché aveva prima tentato ogni via a nonservire; l'altro fu deriso perché per amore della libertànon seppe far altro che uccidersi.

Maqui standonon foss'altro co' miei pensieripresso a Teresa -perch'io regno ancor tanto sopra di mech'io lascio passare tre equattro giorni senza vederla - pur il solo ricordarmene mi fa provareun foco soaveun lumeuna consolazione di vita - breve forsemadivina dolcezza - e così mi preservo per ora dalla assolutadisperazione.

Equando sto seco - ad altri forse nol crederestio Lorenzoa me sì- allora non le parlo d'amore. È mezz'anno oramai da chel'anima sua s'è affratellata alla miae non ha mai intesouscire fuor delle mie labbra la certezza ch'io l'amo. - Ma e come nonpuò esserne certa? - Suo padre giuoca meco a scacchi le intereserate: essa lavora seduta accanto a quel tavolinosilenziosissimase non quanto parlano gli occhi suoi; ma di rado: e chinandosi a untratto non mi domandano che pietà. - E qual altra pietàposso mai darleda questa in fuori di tenerlequanto avròforzatenerle occulte come più potrò tutte le miepassioni? Né io vivo se non per lei sola: e quando anchequesto mio nuovo sogno soave termineràio caleròvolentieri il sipario. La gloriail saperela gioventùlericchezzela patriatutti fantasmi che hanno fino ad or recitatonella mia commedianon fanno più per me. Calerò ilsipario; e lascierò che gli altri mortali s'affannino peraccrescere i piaceri e menomare i dolori d'una vita che ad ogniminuto s'accorciae che pure que' meschini se la vorrebberopersuadere immortale.

Eccoticon l'usato disordinema con insolita pacatezza risposto alla tualunga affettuosissima lettera: tu sai dire assai meglio le tueragioni: - io le mie le sento troppo; però pajo ostinato. - Mas'io ascoltassi più gli altri che merincrescerei forse a mestesso: - e nel non rincrescere a sésta quel po' di felicitàche l'uomo può sperar su la terra.



3Aprile

Quandol'anima è tutta assorta in una specie di beatitudinelenostre deboli facoltà oppresse dalla somma del piacerediventano quasi stupidemutee inette ad ogni fatica. Che s'io nonmenassi una vita da santole mie lettere ti capiterebbero innanzipiù spesse. Se le sventure raggravano il carico della vitanoi corriamo a farne parte a qualche infelice; ed egli spremeconforto dal sapere che non è il solo dannato alle lagrime. Mase lampeggia qualche momento di felicitànoi ci concentriamotutti in noi stessitemendo che la nostra ventura possapartecipandosidiminuirsi; o l'orgoglio nostro soltanto ci consigliaa menarne trionfo. E poi sente assai poco la propria passioneolieta o trista che siachi sa troppo minutamente descriverla. -Intanto la Natura ritorna bella - quale dev'essere stata quandonascendo la prima volta dall'informe abisso del caosmandòforiera la ridente Aurora di Aprile; ed ella abbandonando i suoibiondi capelli su l'orientee cingendo poi a poco a poco l'universodel roseo suo mantodiffuse benefica le fresche rugiadee destòl'alito vergine de' venticelli per annunciare ai fiorialle nuvolealle onde e agli esseri tutti che la salutavanoil Sole: il Sole!sublime immagine di Dioluceanimavita di tutto il creato.



6Aprile

Èvero; troppo! - questa mia fantasia mi dipinge così realmentela felicità ch'io desideroe me la pone davanti agli occhiesto lì lì per toccarla con manoe mi mancano ancorpochi passi - e poi? il tristo mio cuore se la vede svanire e piangequasi perdesse un bene posseduto da lungo tempo. Tuttavia - ei lescrive che la cabala forense gli fu da prima cagione d'indugioe chepoi la rivoluzione ha interrotto per qualche giorno il corso deitribunali: aggiungi che dove predomina l'interessele altre passionisi tacciono; un nuovo amore forse - ma tu dirai: E tutto ciòcosa importa? Nullacaro Lorenzo: a Dio non piaccia ch'io miprevalga della freddezza d'Odoardo - ma non so come si possa starlelontano un solo giorno di più! - Andrò dunque ognor piùlusingandomi per tracannarmi poscia la mortale bevanda che mi saròio medesimo preparata?



11Aprile

Ellasedeva sopra un sofà di rincontro alla finestra delle collineosservando le nuvole che passeggiavano per la ampiezza del cielo.Vedetemi dissequel l'azzurro profondo! Io le stava accanto mutomutocon gli occhi fissi su la sua mano che tenea socchiuso unlibricciuolo. - Io non so come - ma non mi avvidi che la tempestacominciava a muggire dal settentrionee atterrava le piante piùgiovani. Poveri arbuscelli! esclamò Teresa. Mi scossi. Siaddensavano le tenebre della notte che i lampi rendeano piùnegre. Diluviavatuonava - poco dopo vidi le finestre chiusee ilumi nella stanza. Il ragazzo per far ciò ch'ei soleva faretutte le sere e temendo del mal tempovenne a rapirci lo spettacolodella Natura adirata; e Teresa che stava sopra pensieronon se neaccorse e lo lasciò fare.

Letolsi di mano il libro e aprendolo a casolessi:

"Latenera Gliceria lasciò su queste mie labbra l'estremo sospiro.Con Gliceria ho perduto tutto quello ch'io poteva mai perdere. La suafossa è il solo palmo di terra ch'io degni di chiamar mio.Niunofuori di mene sa il luogo. L'ho coperta di folti rosaj iquali fioriscono come un giorno fioriva il suo voltoe diffondono lafragranza soave che spirava il suo seno. Ogni anno nel mese dellerose io visito il sacro boschetto. Siedo su quel cumulo di terra cheserba le sue ossa; colgo una rosae - sto meditando: Tal tu fioriviun dì! E sfoglio quella rosae la sparpaglio - e mi rammentoquel dolce sogno de' nostri amori. O mia Gliceriaove sei tu? unalagrima cade su l'erba che spunta su la sepolturae appaga l'ombraamorosa".

Tacqui.- Perchè non leggete? diss'ella sospirando e guardandomi. Iorileggeva: e tornando a proferire nuovamente: Tal tu fiorivi un dì!la mia voce fu soffocata; una lagrima di Teresa grondò su lamia mano che stringeva la sua.



17Aprile

Tirisovviene di quella giovinetta che quattro anni fa villeggiavaappie' di queste colline? era la innamorata del nostro Olivo P***etu sai com'ei impoverìné poté piùaverla in isposa. Oggi io l'ho riveduta accasata a un titolatoparente della famiglia T***. Passando per le sue possessionivenne avisitare Teresa. Io sedeva per terra sul tappetoe attentissimoall'esemplare della mia Isabellina che scorbiava l'abbiccìsopra una sedia. Com'io la vidim'alzai correndole incontro quasiquasi per abbracciarla: - quanto diversa! contegnosaaffettatapenòa ravvisarmie poi fece le maraviglie masticando un complimentucciomezzo a memezzo a Teresa - e scommetto che la mia vista nonpreveduta l'ha sconcertata. Ma cinguettando e di giojelli e di nastrie di vezzi e di cuffiesi rinfrancò. Io mi sperava di usarleun atto di carità graziosa sviando il disorso da similifrascherie; e perché quasi tutte le giovani le si fanno piùbelle in visoe non bisognano d'altri ornamentiallorquandomodestamente ti parlano del lor cuorele ricordai queste campagne eque' suoi giorni beati. - Ahahrispose sbadatamente; e tiròinnanzi ad anatomizzare l'oltramontano travaglio de' suoi orecchini.Il marito frattanto (perché fra il Popolone de' pigmei hascroccato fama di savant come l'Algarotti e il ***. gemmando il suopretto favellare toscano di mille frasi francesimagnificava ilprezzo di quelle ineziee il buon gusto della sua sposa. Stava ioper pigliarmi il cappelloma un'occhiata di Teresa mi fe' starcheto. La conversazione venne di mano in mano a cadere su' libri chenoi leggevamo in campagna. Allora tu avresti udito Messere tesserciil panegerico della prodigiosa biblioteca de' suoi maggiorie dellacollezione di tutte l'edizioni Principes degli antichi ch'ei ne' suoiviaggi ebbe cura di completare. Io rideva fra cuoreed ei proseguivala sua lezione di frontespizj. Quando Gesù volletornòun servo ch'era ito in traccia del signore T*** ad avvertire Teresache non l'avea potuto trovareperché egli era uscito a cacciaper le montagne; e la lezione fu rotta. Chiesi alla sposa novella diOlivo ch'io dopo le sue disgrazie non aveva più riveduto.Immaginerai che cuore fu il mio quando m'intesi freddamenterispondere dall'antica sua amante: È già morto. - Èmorto! sclamai balzando in piedie guardandola stupidito. Edescrissi a Teresa l'egregia indole di quel giovine senza parie lasua nemica fortuna che lo costrinse a combattere con la povertàe con la infamia; e morì nondimeno scevro di taccia e dicolpa.

Ilmarito allora prese a narrarci la morte del padre di Olivoledissensioni con suo fratello primogenitole liti sempre piùaccanitee la sentenza de' tribunali che giudici fra due figli diuno stesso padreper arricchire l'unospogliarono l'altro;divoratosi il povero Olivo fra le cabale del foro anche quel poco chegli rimanea. Moralizzava su questo giovine stravagante che ricusòi soccorsi di suo fratelloe invece di placarselolo inasprìsempre più. - Sì sìlo interruppise suofratello non ha potuto essere giustoOlivo non doveva essere vile.Tristo colui che ritira il suo cuore dai consigli e dal compiantodell'amiciziae sdegna i mutui sospiri della pietàe rifiutail pronto soccorso che la mano dell'amico gli porge. Ma le millevolte più tristo chi fida nell'amicizia del ricco: epresumendo virtù in chi non fu mai sventuratoaccoglie quelbeneficio che dovrà poscia scontare con altrettanta onestà.La felicità non si collega con la sventura che per comperarela gratitudine e tiranneggiare la virtù. L'uomoanimaleoppressoreabusa dei capricci della fortuna per aggiudicarsi ildiritto di soverchiare. A' soli afflitti è bensìconceduto il potersi e soccorrere e consolare scambievolmentesenz'insultarsi; ma colui che giunse a sedere alla mensa del riccotostobenché tardis'avvede.

Comesa di sale

Lopane altrui. (7.

Eper questooh quanto è men doloroso l'andare accattando diporta in porta la vitaanziché umiliarsio esecrarel'indiscreto benefattore che ostentando il suo beneficioesige inricompensa il tuo rossore e la tua libertà! -

Mavoimi rispose il maritonon mi avete lasciato finire. Se Olivouscì dalla casa paternarinunziando tutti gl'interessi alprimogenitoperché poi volle pagare i debiti di suo padre?Che? non affrontò ei medesimo l'indigenza ipotecando perquesta sciocca delicatezza anche la sua porzione della dote materna?-

Perché?- se l'erede defraudò i creditori co' sotterfugj forensiOlivo doveva mai comportare che le ossa di suo padre fosseromaledette da coloro che nelle avversità lo aveano sovvenutodelle loro sostanzee ch'ei fosse mostrato a dito per le strade comefigliuolo di un fallito? Questa generosa onestà diffamòil primogenito che non era nato a imitarlae che dopo d'averetentato invano il fratello co' beneficjgli giurò posciainimicizia mortale e veramente feudale e fraterna. Olivo intantoperdé l'ajuto di quelli che lo lodavano forse nel lorosecretoperché restò soverchiato dagli scelleratiessendo più agevole approvar la virtùche sostenerla aspada tratta e seguirla. Per questo l'uomo dabbene in mezzo a'malvagi rovina sempre; e noi siam soliti ad associarci al piùfortea calpestare chi giace e a giudicar dall'evento. - Non mirispondevano; ed erano forse convintinon già persuasiesoggiunsi. - Invece di piangere Olivoringrazio il sommo Iddio chelo ha chiamato lontano da tante ribalderiee dalle nostreimbecillità. Da chea dir veronoi stessinoi devoti dellavirtùsiamo pure imbecilli! Sono certi uomini che hannobisogno della morte perché non sanno assuefarsi a' delitti de'tristiné alla pusillanimità degli uomini buoni.

Lasposa parea intenerita. Oh pur troppo! esclamò con un sospiro.Ma - chi per altro ha bisogno di pane non ha poi da assottigliarsitanto su l'onore. -

Equesta la è pure una delle vostre bestemmie! proruppi: voidunque perché siete favoriti dalla fortuna vorreste essereonesti voi soli; anzi perché la virtù su la oscuravostr'anima non risplendevorreste reprimerla anche ne' pettidegl'infeliciche pure non hanno altro confortoe illudere inquesta maniera la vostra coscienza? - Gli occhi di Teresa mi davanoragione; pur si studiava di far mutare discorso - ma la visiera eraalzata; e come poteva io più tacere? ben ora ne sento rimorso- gli occhi degli sposi erano fitti a terrae la loro anima fuanch'essa atterrataquando gridai con fierissima voce: - Coloro chenon furono mai sventuratinon sono degni della loro felicità.Orgogliosi! guardano la miseria per insultarla: pretendono che tuttodebba offerirsi in tributo alla ricchezza e al piacere. Ma l'infeliceche serba la sua dignità è spettacolo di coraggio a'buonie di rimbrotto a' malvagi. - E sono uscito cacciandomi le manine' capelli. Grazie a' primi casi della mia vita che mi costituironosventurato! Lorenzo mioor non sarei forse tuo amico; or non sareiamico di questa fanciulla. - Mi sta sempre davanti l'avvenimento distamattina. Qui dove siedo solo mi guardo intorno e temo di rivederealcuno de' miei conoscenti. Chi l'avrebbe mai detto? Il cuore dicolei non ha palpitato al nome del suo primo amore! ardì diturbare le ceneri di lui che le ha per la prima volta ispiratol'universale sentimento della vita. Né un solo sospiro? - mapazzo! tu t'affliggi perché non trovi fra gli uomini quellavirtù che forseahi! forse non è che voto nome - onecessità che si muta con le passioni e le circostanze - oprepotenza di natura in alcuni pochi individuii quali essendogenerosi e pietosi per indolesono obbligati a guerra perpetuacontro l'universalità de' mortali; - e bastasse! ma guaiallorchévolere e non voleredenno pure aprir gli occhi allaluce funerea del disinganno!

Ionon ho l'anima negra; e tu il saimio Lorenzo; nella mia primagioventù avrei sparso fiori su le teste di tutti i viventi:chi mi ha fatto così rigido e ombroso verso la piùparte degli uomini se non la loro ipocrita crudeltà?Perdonerei tutti i torti che mi hanno fatto. Ma quando mi passadinanzi la venerabile povertà che mentre s'affatica mostra lesue vene succhiate dalla onnipotente opulenza; e quando io vedo tantiuomini infermiimprigionatiaffamatie tutti supplichevoli sottoil terribile flagello di certe leggi - ah noio non mi possorinconciliare. Io grido allora vendetta con quella turba di tapinico' quali divido il pane e le lagrime: e ardisco ridomandare in lornome la porzione che hanno ereditato dalla Naturamadre benefica edimparziale - la Natura? ma se ne ha fatti quali pur siamonon èforse matrigna?

SìTeresaio vivrò teco; ma io non vivrò se non quantopotrò vivere teco. Tu sei uno di que' pochi angioli sparsi quae là su la faccia della terra per accreditare l'amoredell'umanità. Ma s'io ti perdessiquale scampo si aprirebbe aquesto giovine infastidito di tutto il resto del mondo?

Sedianzi tu l'avessi veduta! mi stendeva la manodicendomi - Siatediscreto; e davveroquelle due persone mi pareano compunte: e seOlivo non fosse stato infeliceavrebbe egli avuto anche oltre latomba un amico?

Ahi!proseguì dopo un lungo silenzioper amar la virtùconviene dunque vivere nel dolore? - Lorenzo! l'anima sua celesteraggiava da' lineamenti del viso.



29Aprile

Vicinoa lei io sono sì pieno di vita che appena sento di vivere.Così quand'io mi desto dopo un pacifico sonnose il raggio diSole mi riflette su gli occhila mia vista si abbaglia e si perde inun torrente di luce.

Dagran tempo mi lagno della inerzia in cui vivo. Al riaprirsi dellaprimavera mi proponeva di studiare botanica; e in due settimane ioaveva raccattato su per le balze parecchie dozzine di piante cheadesso non so più dove me le abbia riposte. Mi sono assaivolte dimenticato il mio Linneo sopra i sedili del giardinoo appiédi qualche albero; l'ho finalmente perduto. Jeri Michele me ne harecato due foglj tutti umidi di rugiada; e stamattina mi ha recatonotizia che il rimanente era stato mal concio dal cane dell'ortolano.

Teresami sgrida: per compiacerle m'accingo a scrivere; ma sebbene incomincicon la più bella vocazione che mainon so andar innanzi perpiù di tre o quattro periodi. Mi assumo mille argomenti; mis'affacciano mille idee: scelgorigettopoi torno a scegliere;scrivo finalmentestracciocancelloe perdo spesso mattina e sera:la mente si stancale dita abbandonano la pennae mi avvengod'avere gittato il tempo e la fatica. - Se non che t'ho detto che loscrivere libri la è cosa da più e da meno delle mieforze: aggiungi lo stato dell'animo mioe t'accorgerai che s'io tiscrivo ogni tanto una letteranon è poco. - Oh la scimunitafigura ch'io fo quand'ella siede lavorandoed io leggo! M'interrompoa ogni trattoed ella: Proseguite! Torno a leggere: dopo due cartela mia pronunzia diventa più rapida e termina borbottando incadenza. Teresa s'affanna: Deh leggete un po' ch'io v'intenda! - iocontinuo; ma gli occhi mieinon so comesi sviano disavvedutamentedal libroe si trovano immobili su quell'angelico viso. Diventomuto; cade il libro e si chiude; perdo il segnoné so piùritrovarlo - Teresa vorrebbe adirarsi; e sorride.

Purse afferrassi tutti i pensieri che mi passano per fantasia! - ne vonotando su' cartoni e su' margini del mio Plutarco; se non chenonsì tosto scrittim'escono dalla mente; e quando poi li cercosovra la cartaritrovo aborti d'idee scarne sconnessefreddissime.Questo ripiego di notare i pensierianzi che lasciarli maturaredentro l'ingegnoè pur misero! - ma così si fanno de'libri composti d'altrui libri a mosaico. - E a me purefuord'intenzioneè venuto fatto un mosaico. - In un librettoinglese ho trovato un racconto di sciagura; e mi pareva a ogni frasedi leggere le disgrazie della povera Lauretta: - il Sole illumina daper tutto ed ogni anno i medesimi guai su la terra! - Or io per nonparere di scioperare mi sono provato di scrivere i casi di Laurettatraducendo per l'appunto quella parte del libro ingleseetogliendovimutandoaggiungendo assai poco di mioavrei raccontatoil veromentre forse il mio testo è romanzo. Io voleva inquella sfortunata creatura mostrare a Teresa uno specchio dellafatale infelicità dell'amore. Ma credi tu che le sentenzee iconsiglie gli esempj de' danni altrui giovino ad altro fuorchéa irritare le nostre passioni? Inoltre in cambio di narrare diLaurettaho parlato di me: tale è lo stato dell'anima miatorna sempre a tastare le proprie piaghe - però non mi pare dilasciar leggere questi tre o quattro fogli a Teresa: le farei piùmale che bene - e per ora lascio anche stare di scrivere - Tuleggili. Addio.

Frammentodella Storia di Lauretta

"Nonso se il cielo badi alla terra. Pur se ci ha qualche volta badato (oalmeno il primo giorno che la umana razza ha incominciato aformicolare. io credo che il Destino abbia scritto negli eternilibri:

L'uomosarà infelice

Néoso appellarmi di questa sentenzaperché non saprei forse ache tribunaletanto più che mi giova crederla utile alletante altre razze viventi ne' mondi innumerabili. Ringrazio nondimenoquella Mente che mescendosi all'universo degli entili fa semprerivivere distruggendoli; perché con le miserieci ha datoalmeno il dono del piantoed ha punito coloro che con una insolentefilosofia si vogliono ribellare dalla umana sortenegando lorogl'inesausti piaceri della compassione - Se vedi alcuno addolorato epiangente non piangere (8.. Stoico! or non sai tu che le lagrime diun uomo compassionevole sono per l'infelice più dolci dellarugiada su l'erbe appassite?

OLauretta! io piansi con te sulla bara del tuo povero amantee miricordo che la mia compassione disacerbava l'amarezza del tuo dolore.T'abbandonavi sovra il mio senoe i tuoi biondi capelli mi coprivanoil voltoe il tuo pianto bagnava le mie guance; poi col tuofazzoletto mi rasciugavie rasciugavi le tue lagrime che tornavano asgorgarti dagli occhi e scorrerti sulle labbra. - Abbandonata datutti! - ma io no; non ti ho abbandonata mai.

Quandotu erravi fuor di te stessa per le romite spiagge del mareioseguiva furtivamente i tuoi passi per poterti salvare dalladisperazione del tuo dolore. Poi ti chiamava a nomee tu mi stendevila manoe sedevi al mio fianco. Saliva in cielo la Lunae tuguardandola cantavi pietosamente - taluno avrebbe osato deriderti: mail Consolatore de' disgraziati che guarda con un occhio stesso e lapazzia e la saviezza degli uominie che compiange e i loro delitti ele loro virtù - udiva forse le tue meste vocie ti spiravaqualche conforto: le preci del mio cuore t'accompagnavano: e a Diosono accetti i voti e i sacrificj delle anime addolorate. - I fluttigemeano con flebile fiottoe i venti che gl'increspavano glispingeano a lambir quasi la riva dove noi stavamo seduti. E tualzandoti appoggiata al mio braccio t'indirizzavi a quel sasso oveparevati di vedere ancora il tuo Eugenioe sentir la sua vocee lasua manoe i suoi baci. - Or che mi resta? esclamavi; la guerra miallontana i fratellie la morte mi ha rapito il padre e l'amante;abbandonata da tutti!

OBellezzagenio benefico della natura! Ove mostri l'amabile tuosorriso scherza la giojae si diffonde la voluttà pereternare la vita dell'universo: chi non ti conosce e non ti senteincresca al mondo e a se stesso. Ma quando la virtù ti rendepiù carae le sventuretogliendoti la baldanza e la invidiadella felicitàti mostrano ai mortali co' crini sparsi eprivi delle allegre ghirlande - chi è colui che puòpassarti davanti e non altro offerirti che un'inutile occhiata dicompassione?

Maio t'offerivao Laurettale mie lagrimee questo mio romitoriodove tu avresti mangiato del mio panee bevuto nella mia tazzae tisaresti addormentata sovra il mio petto (9.. Tutto quello ch'ioaveva! e meco forse la tua vita sebbene non lietasarebbe statalibera almeno e pacifica. Il cuore nella solitudine e nella pace va apoco a poco obbliando i suoi affanni; perché la pace e lalibertà si compiacciono della semplice e solitaria natura.

Unasera d'autunno la Luna appena si mostrava alla terra rifrangendo isuoi raggi su le nuvole trasparentiche accompagnandola l'andavanoad ora ad ora coprendoe che sparse per l'ampiezza del cielorapivano al mondo le stelle. Noi stavamo intenti a' lontani fuochidei pescatorie al canto del gondoliere che col suo remo rompea ilsilenzio e la calma dell'oscura laguna. Ma Lauretta volgendosi cercòcon gli occhi intorno il suo innamorato; e si rizzòe ramingòun pezzo chiamandolo; poi stanca tornò dov'io sedevaes'assise quasi spaventata della sua solitudine. Guardandomi parea chevolesse dirmi: Io sarò abbandonata anche da te! - e chiamòil suo cagnuolino.

Io?- Chi l'avrebbe mai detto che quella dovesse essere l'ultima serach'io la vedeva! Era vestita di bianco; un nastro cilestro raccoglieale sue chiomee tre mammole appassite spuntavano in mezzo al linoche velava il suo seno. - Io l'ho accompagnata fino all'uscio dellasua casa; e sua madre che venne ad aprirci mi ringraziava della curach'io mi prendeva per la sua disgraziata figliuola. Quando fui solom'accorsi che m'era rimasto fra le mani il suo fazzoletto: - glielridarò domanidiss'io.

Isuoi mali incominciavano già a mitigarsied io forse - èvero; io non poteva darti il tuo Eugenio; ma ti sarei stato sposopadrefratello. I miei concittadini persecutorigiovandosi de'manigoldi stranieriproscrissero improvvisamente il mio nome; ného potutoo Laurettalasciarti neppure l'ultimo addio.

Quand'iopenso all'avvenire e mi chiudo gli occhi per non conoscerlo e tremo emi abbandono con la memoria a' giorni passatiio vo per lungo trattovagando sotto gli alberi di queste vallie mi ricordo le sponde delmaree i fuochi lontanie il canto del gondoliere. M'appoggio ad untronco - sto pensando - il cielo me l'avea conceduta; ma l'avversafortuna me l'ha rapita! traggo il suo fazzoIetto - infelice chi amaper ambizione! ma il tuo cuoreo Laurettaè fatto per laschietta natura: m'ascugo gli occhie torno sul far della notte allamia casa.

Chefai tu frattanto? torni errando lungo le spiagge e mandando preghieree lagrime a Dio? - Vieni! tu corrai le frutta del mio giardino; tuberrai nella mia tazzatu mangerai del mio panee ti poserai sovrail mio seno e sentirai come battecome oggi batte assai diversamenteil mio cuore. Quando si risveglierà il tuo martirioe lospirito sarà vinto dalla passioneio ti verrò dietroper sostenerti in mezzo al camminoe per guidartise ti smarrissialla mia casa; mai ti verrò dietro tacitamente per lasciartilibero almeno il conforto del pianto. Io ti sarò padrefratello - mail mio cuore - se tu vedessi il mio cuore! - unalagrima bagna la carta e cancella ciò che vado scrivendo.

Iola ho veduta tutta fiorita di gioventù e di bellezza; e poiimpazzitaramingaorfana; e la ho veduta baciare le labbra morentidel suo unico consolatore - e poscia inginocchiarsi con pietosasuperstizione davanti a sua madre lagrimando e pregandola acciocchéritirasse la maledizione che quella madre infelice aveva fulminatacontro la sua figliuola. - Così la povera Lauretta mi lasciònel cuore per sempre la compassione delle sue sventure. Preziosaeredità ch'io vorrei pur dividere con voi tutti a' quali nonresta altro conforto che di amare la virtù e di compiangerla.Voi non mi conoscete; ma noichiunque voi siatenoi siamo amici.Non odiate gli uomini prosperi; solamente fuggiteli."



4Maggio

Haitu veduto dopo i giorni della tempesta prorompere fra l'auree nuvoledell'oriente il vivo raggio del Sole e riconsolar la natura? Tale perme è la vista di costei. - Discaccio i miei desiderjcondannole mie speranzepiango i miei inganni: noio non la vedròpiù; io non l'amerò. Odo una voce che mi chiamatraditore; la voce di suo padre! M'adiro contro me stessoe sentorisorgere nel mio cuore una virtù sanatriceun pentimento. -Eccomi dunque saldo nella mia risoluzione; saldo più che mai:ma poi? - All'apparir del suo volto ritornano le illusionie l'animamia si trasformae obblia se medesimae s'imparadisa nellacontemplazione della bellezza.



8Maggio

Ellanon t'ama; e se pure volesse amartinol può. È veroLorenzo: ma s'io consentissi a strapparmi il velo dagli occhidovreisubito chiuderli in sonno eterno; poiché senza questo angelicolumela vita mi sarebbe terroreil mondo caosla Natura notte edeserto. - Anziché spegnere una per una le fiaccole cherischiarano la prospettiva teatrale e disingannare villanamente glispettatorinon sarebbe assai meglio calar il sipario in un subitoelasciarli nella loro illusione? Ma se l'inganno ti nuoce: - chemonta? se il disinganno mi uccide!

Unadomenica intesi il parroco che sgridava i villani perchés'ubbriacavano. E non s'accorgeva come avvelenava a que' meschini ilconforto di addormentare nell'ebbrietà della sera le fatichedel giornodi non sentire l'amarezza del loro pane bagnato di sudoree di lagrimee di non pensare al rigore e alla fame che il venturoverno minaccia.



11Maggio

Convienedire che Natura abbia pur d'uopo di questo globoe della specie diviventi litigiosi che lo stanno abitando. E per provvedere allaconservazione di tuttianziché legarci in reciprocafratellanzaha costituito ciascun uomo così amico di semedesimoche volentieri aspirerebbe all'esterminio dell'universo pervivere più sicuro della propria esistenza e rimanersi despotasolitario di tutto il creato. Niuna generazione ha mai veduto pertutto il suo corso la dolce pacela guerra fu sempre l'arbitra de'dirittie la forza ha dominato tutti i secoli. Così l'uomo orapertoor secretoe sempre implacabile nemico della umanitàconservandosi con ogni mezzocospira all'intento della Natura che had'uopo della esistenza di tutti: e i discendenti di Caino e d'Abelequantunque imitino i loro primitivi parenti e si trucidinoperpetuamente l'un l'altrovivono e si propagano. Or odi. - Hoaccompagnato stamattina per tempo Teresa e la sua sorellina in casadi una lor conoscente venuta a villeggiare. Credeva di desinare inlor compagniama per mia disgrazia aveva fin dalla settimana passatapromesso al chirurgo che mi troverei a pranzo con luie se Teresanon me ne facea sovvenireioa dirti la veritàme n'eradimenticato. Mi vi sono dunque avviato un'oretta innanzi almezzogiorno; ma affannato dal caldomi sono a mezza strada coricatosotto un ulivo: al vento di jeri fuor di stagioneoggi èsucceduta un'arsura nojosissima: e me ne stava lì al frescospensieratamente come se avessi già desinato. Voltando latesta mi sono avveduto di un contadino che guardavami bruscamente:

-Che fate voi qui?

-Stocome vedeteriposando.

-Avete voi possessioni? - percotendo la terra col calcio del suoschioppo.

-Perché?

-Perché - sdrajatevi su i vostri pratise ne avete; e nonvenite a pestare l'erba degli altri- e partendo- fate ch'iotornando vi trovi!

Ionon mi era mossoed egli se n'era ito. A bella primaio non avevabadato alle sue bravate; ma ripensandoci; se ne avete! e se lafortuna non avesse conceduto a' miei padri due pertiche di terrenotu m'avresti negato anche nella parte più sterile del tuoprato l'estrema pietà del sepolcro! - Ma osservando chel'ombra dell'ulivo diventava più lungami sono ricordato delpranzo.

Pocofa tornandomi a casa ho trovato su la mia porta l'uomo stesso distamattina. - Signorevi stava aspettando; se mai - vi foste adiratomeco; vi domando perdono.

-Riponete il cappello: io non me ne sono già offeso.

Perchémai questo mio cuore nelle stesse occasioni ora è pace paceora è tutto tempesta? Diceva quel viaggiatore: Il flusso eriflusso de' miei umori governa tutta la mia vita. Forse un minutoprima il mio sdegno sarebbe stato assai più gravedell'insulto. Perché dunque rimetterci al beneplacito di chine offendepermettendo ch'egli ci possa turbare con una ingiuria nonmeritata? Vedi come l'amor proprio ruffiano si prova con questapomposa sentenza di ascrivermi a merito un'azione che èderivata forse da - chi lo sa? In pari occasioni non ho usato dieguale moderazione: è vero che passata mezz'ora ho filosofatocontro di me; ma la ragione è venuta zoppicando; e ilpentimentoper chi aspira alla saviezzaè sempre tardo - mané io v'aspiro: io mi sono uno de' tanti figliuoli dellaterranon altro; e porto meco tutte le passioni e le miserie dellamia specie.

Ilcontadino andava ridicendo: - Vi ho fatto villaniama io non viconosceva; que' lavoratori che segavano il fieno ne' prati vicino mihanno dopo ammonito.

-Non importabuon uomo: come andrà egli il raccoltoquest'anno?

-Patiremo del caro: or pregovisignor mioperdonatemi. Dio volessev'avessi allor conosciuto!

-Galantuomo; o conoscendoo non conoscendo non date noja a nessunoperché starete a rischio a ogni modo o di inimicarvi il riccoo di maltrattare il povero: quanto a me non occorre.

-Dice bene il signore; Dio gliene rimeriti. - E si partì. Efarà forse peggio; gli ha un certo che di sfacciato nel viso;e la ragione degli animali ragionevoliquando non sentonoverecondiaè ragione perniciosissima a chiunque ha che farecon loro.

Intanto?crescono ogni giorno i martiri perseguitati dal nuovo usurpatoredella mia patria. Quanti andranno tapinando e profughi ed esiliatisenza il letto di poca erba né l'ombra di un ulivo - Dio losa! Lo straniero infelice è cacciato perfino dalla balza dovele pecore pascono tranquillamente.



12Maggio

Nonho osato nonon ho osato. - Io poteva abbracciarla e stringerla quia questo cuore. La ho veduta addormentata: il sonno le tenea chiusique' grandi occhi neri; ma le rose del suo sembiante si spargeanoallora più vive che mai su le sue guance rugiadose. Giacea ilsuo bel corpo abbandonato sopra un sofà. Un braccio lesosteneva la testa e l'altro pendea mollemente. Io la ho piùvolte veduta a passeggiare e a danzare; mi sono sentito sin dentrol'anima e la sua arpa e la sua voce; la ho adorata pien di spaventocome se l'avessi veduta discendere dal paradiso - ma cosìbella come oggiio non l'ho veduta maimai. Le sue vesti milasciavano trasparire i contorni di quelle angeliche forme; e l'animamia le contemplava e - che posso più dirti? tutto il furore el'estasi dell'amore mi aveano infiammato e rapito fuori di me. Iotoccava come un divoto e le sue vesti e le sue chiome odorose e ilmazzetto di mammole ch'essa aveva in mezzo al suo seno - sìsìsotto questa mano diventata sacra ho sentito palpitare ilsuo cuore. Io respirava gli aneliti della sua bocca socchiusa - iostava per succhiare tutta la voluttà di quelle labbra celesti- un suo bacio! e avrei benedette le lagrime che da tanto tempo bevoper lei - ma allora allora io la ho sentita sospirare fra il sonno:mi sono arretratorespinto quasi da una mano divina. T'ho insegnatoio forse ad amareed a piangere? e cerchi tu un breve momento disonno perché ti ho turbato le tue notti innocenti etranquille? a questo pensiero me le sono prostrato davanti immobileimmobile rattenendo il sospiro - e sono fuggito per non ridestarlaalla vita angosciosa in cui geme. Non si querelae questo mi straziaancor più: ma quel suo viso sempre più mestoe quelguardarmi con pietàe tacere sempre al nome di Odoardoesospirare sua madre - ah! il cielo non ce l'avrebbe conceduta se nondovesse anch'essa partecipare del sentimento del dolore. EternoIddio! esisti tu per noi mortali? O sei tu padre snaturato verso letue creature? So che quando hai mandato su la terra la Virtùtua figliuola primogenitale hai dato per guida la Sventura. Maperché poi lasciasti la Giovinezza e la Beltà cosìdeboli da non poter sostenere le discipline di sì austeraistitutrice? In tutte le mie afflizioni ho alzato le braccia sino atema non ho osato né mormorare né piangere: ahiadesso! Or perché farmi conoscere la felicità s'iodoveva bramarla sì fieramentee perderne la speranza persempre? - NoTeresa è mia tutta; tu me l'hai assegnata perchémi creasti un cuore capace di amarla immensamenteeternamente.



13Maggio

S'iofossi pittore! che ricca materia al mio pennello! L'artista immersonella idea deliziosa del bello addormenta o mitiga almeno tutte lealtre passioni. - Ma se anche fossi pittore? Ho veduto ne' pittori ene' poeti la bellae talvolta anche la schietta natura; ma la naturasommaimmensainimitabile non la ho veduta dipinta mai. OmeroDante e Shakespearetre maestri di tutti gl'ingegni sovrumanihannoinvestito la mia immaginazione ed infiammato il mio cuore: ho bagnatodi caldissime lagrime i loro versi; e ho adorato le loro ombre divinecome se le vedessi assise su le volte eccelse che sovrastanol'universo a dominare l'eternità. Pure gli originali che miveggo davanti mi riempiono tutte le potenze dell'animae non osereiLorenzonon osereis'anche si trasfondesse in me Michelangelotirarne le prime linee. Sommo Iddio! quando tu miri una sera diprimavera ti compiaci forse della tua creazione? tu mi hai versatoper consolarmi una fonte inesausta di piacereed io la ho guardatasovente con indifferenza. Su la cima del monte indorato da' pacificiraggi del Sole che va mancandoio mi vedo accerchiato da una catenadi colli su' quali ondeggiano le messie si scuotono le vitisostenute in ricchi festoni dagli ulivi e dagli olmi: le balze e igioghi lontani vanno sempre crescendo come se gli uni fossero impostisu gli altri. Di sotto a me le coste del monte sono spaccate inburroni infecondi fra i quali si vedono offuscarsi le ombre dellaserache a poco a poco s'innalzano; il fondo oscuro e orribilesembra la bocca di una voragine. Nella falda del mezzogiorno l'aria èsignoreggiata dal bosco che sovrasta e offusca la valle dove pasconoal fresco le pecoree pendono dall'erta le capre sbrancate. Cantanoflebilmente gli uccelli come se piangessero il giorno che muoremugghiano le giovenchee il vento pare che si compiaccia delsusurrar delle fronde. Ma da settentrione si dividono i collies'apre all'occhio una interminabile pianura: si distinguono ne' campivicini i buoi che tornano a casa: lo stanco agricoltore li siegueappoggiato al suo bastone; e mentre le madri e le mogli apparecchianola cena alla affaticata famigliuolafumano le lontane ville ancorbiancicantie le capanne disperse per la campagna. I pastori mungonoil greggee la vecchiarella che stava filando su la portadell'ovileabbandona il lavoro e va carezzando e fregando iltorelloe gli agnelletti che belano intorno alle loro madri. Lavista intanto si va dilungandoe dopo lunghissime file di alberi edi campitermina nell'orizzonte dove tutto si minora e si confonde.Lancia il Sole partendo pochi raggicome se quelli fossero gliestremi addio che dà alla Natura; e le nuvole rosseggianopoivanno languendoe pallide finalmente si abbujano: allora la pianurasi perdel'ombre si diffondono su la faccia della terra; ed ioquasi in mezzo all'oceanoda quella parte non trovo che il cielo.

Jersera appunto dopo più di due ore d'estatica contemplazioned'una bella sera di Maggioio scendeva a passo a passo dal monte. Ilmondo era in cura alla Notteed io non sentiva che il canto dellavillanellae non vedeva che i fuochi de' pastori. Scintillavanotutte le stellee mentr'io salutava ad una ad una le costellazionila mia mente contraeva un non so che di celesteed il mio cuores'innalzava come se aspirasse ad una regione più sublime assaidella terra. Mi sono trovato su la montagnuola presso la chiesa:suonava la campana de' mortie il presentimento della mia finetrasse i miei sguardi sul cimiterio dove ne' loro cumuli coperti dierba dormono gli antichi padri della villa: - Abbiate paceo nudereliquie: la materia è tornata alla materia; nulla scemanulla crescenulla si perde quaggiù; tutto si trasforma e siriproduce - umana sorte! men felice degli altri chi men la teme. -Spossato mi sdrajai boccone sotto il boschetto de' pinie in quellamuta oscuritàmi sfilavano dinanzi alla mente tutte le miesventure e tutte le mie speranze. Da qualunque parte io corressianelando alla felicitàdopo un aspro viaggio pieno di errorie di tormentimi vedeva spalancata la sepoltura dove io m'andava aperdere con tutti i mali e tutti i beni di questa inutile vita. E misentiva avvilito e piangeva perché avea bisogno diconsolazione - e ne' miei singhiozzi io invocava Teresa.



14Maggio

Anchejer sera tornandomi dalla montagnami posai stanco sotto que' pini;anche jer sera io invocava Teresa. - Udii un calpestio fra glialberi; e mi parea d'intendere bisbigliare alcune voci. Mi sembròpoi di vedere Teresa con sua sorella - sbigottitesi a prima vistafuggivano. Io le chiamai per nomee la Isabellina raffigurandomimisi gittò addosso con mille baci. Mi rizzai. Teresa s'appoggiòal mio braccioe noi passeggiammo taciturni lungo la riva delfiumicello sino al lago de' cinque fonti. E là ci siamo quasidi consenso fermati a mirar l'astro di Venere che ci lampeggiava sugli occhi. - Oh! diss'ellacon quel dolce entusiasmo tutto suocredi tu che il Petrarca non abbia anch'egli visitato sovente questesolitudini sospirando fra le ombre pacifiche della notte la suaperduta amica? Quando leggo i suoi versi io me lo dipingo qui -malinconico - errante - appoggiato al tronco di un alberopascerside' suoi mesti pensierie volgersi al cielo cercando con gli occhilagrimosi la beltà immortale di Laura. Io non so comequell'animache avea in sé tanta parte di spirito celesteabbia potuto sopravvivere in tanto doloree fermarsi fra le miseriede' mortali - oh quando s'ama davvero! - E mi parve ch'essa mistringesse la manoe io mi sentiva il cuore che non voleva starmipiù in petto. - Sì! tu eri creata per menata per meed io - non so come ho potuto soffocare queste parole che miscoppiavano dalle labbra. - E saliva su per la collina ed io laseguitava. Le mie potenze erano tutte di Teresa; ma la tempesta chele aveva agitate era alquanto sedata. - Tutto è amorediss'io; l'universo non è che amore; e chi lo ha mai piùsentitochi più del Petrarca lo ha fatto dolcissimamentesentire? Que' pochi genj che si sono innalzati sopra tanti altrimortali mi spaventano di meraviglia; ma il Petrarca mi riempie difiducia religiosa e d'amore; e mentre il mio intelletto gli sacrificacome a numeil mio cuore lo invoca padre e amico consolatore. -Teresa sospirò insieme e sorrise.

Lasalita l'aveva stancata: riposiamodiss'ella: l'erba era umidaedio le additai un gelso poco lontano. Il più bel gelso che mai.È altosolitariofrondoso: fra' suoi rami v'ha un nido dicardellini - ah vorrei poter innalzare sotto l'ombre di quel gelso unaltare! - La ragazzina intanto ci aveva lasciatisaltando su e giùcogliendo fioretti e gettandoli dietro le lucciole che venianoaleggiando - Teresa sedea sotto il gelso ed io seduto vicino a leicon la testa appoggiata al troncole recitava le odi di Saffo -sorgeva la Luna - oh! - perché mentre scrivo il mio cuorebatte sì forte? beata sera!



14Maggioore 11

SìLorenzo! - dianzi io meditai di tacertelo - Or odilola mia bocca ètuttavia rugiadosa - d'un suo bacio - e le mie guance sono stateinnondate dalle lagrime di Teresa. Mi ama - lasciamiLorenzolasciami in tutta l'estasi di questo giorno di paradiso.



14Maggioa sera

Oquante volte ho ripigliato la pennae non ho potuto continuare: misento un po' calmato e torno a scriverti. - Teresa giacea sotto ilgelso - ma e che posso dirti che non sia tutto racchiuso in questeparole? Vi amo. A queste parole tutto ciò ch'io vedeva misembrava un riso dell'universo: io mirava con occhi di riconoscenzail cieloe mi parea ch'egli si spalancasse per accoglierci! deh! ache non venne la morte? e l'ho invocata. Sì; ho baciatoTeresa; i fiori e le piante esalavano in quel momento un odore soave;le aure erano tutte armonia; i rivi risuonavano da lontano; e tuttele cose s'abbellivano allo splendore della Luna che era tutta pienadella luce infinita della Divinità. Gli elementi e gli esseriesultavano nella gioja di due cuori ebbri di amore - ho baciata eribaciata quella mano - e Teresa mi abbracciava tutta tremanteetrasfondea i suoi sospiri nella mia boccae il suo cuore palpitavasu questo petto: mirandomi co' suoi grandi occhi languentimibaciavae le sue labbra umidesocchiuse mormoravano su le mie -ahi! che ad un tratto mi si è staccata dal seno quasiatterrita: chiamò sua sorella e s'alzò correndoleincontro. Io me le sono prostratoe tendeva le braccia come perafferrar le sue vesti - ma non ho ardito di rattenerlanérichiamarla. La sua virtù - e non tanto la sua virtùquanto la sua passionemi sgomentava: sentiva e sento rimorso diaverla io primo eccitata nel suo cuore innocente. Ed è rimorso- rimorso di tradimento! Ahi mio cuore codardo! - Me le sonoaccostato tremando. - Non posso essere vostra mai! - e pronunciòqueste parole dal cuore profondo e con una occhiata con cui parearimproverarsi e compiangermi. Accompagnandola lungo la vianon miguardò più; né io avea più cuore di dirleparola. Giunta alla ferriata del giardino mi prese di mano laIsabellina e lasciandomi: Addiodiss'ella; e rivolgendosi dopo pochipassi- addio.

Iorimasi estatico: avrei baciate l'orme de' suoi piedi: pendeva un suobraccioe i suoi capelli rilucenti al raggio della Luna svolazzavanomollemente: ma poiappena appena il lungo viale e la fosca ombradegli alberi mi concedevano di travedere le ondeggianti sue vesti cheda lontano ancor biancheggiavano; e poiché l'ebbi perdutatendeva l'orecchio sperando di udir la sua voce. - E partendomivolsi con le braccia apertequasi per consolarmiall'astro diVenere: era anch'esso sparito.



15Maggio

Dopoquel bacio io son fatto divino. Le mie idee sono più alte eridentiil mio aspetto più gajoil mio cuore piùcompassionevole. Mi pare che tutto s'abbellisca a' miei sguardi; illamentar degli augellie il bisbiglio de' zefiri fra le frondi sonoggi più soavi che mai; le piante si fecondanoe i fiori sicolorano sotto a' miei piedi; non fuggo più gli uominietutta la Natura mi sembra mia. Il mio ingegno è tutto bellezzae armonia. Se dovessi scolpire o dipingere la Beltàiosdegnando ogni modello terreno la troverei nella mia immaginazione. OAmore! le arti belle sono tue figlie; tu primo hai guidato su laterra la sacra poesiasolo alimento degli animali generosi chetramandano dalla solitudine i loro canti sovrumani sino alle piùtarde generazionispronandole con le voci e co' pensieri spirati dalcielo ad altissime imprese: tu raccendi ne' nostri petti la solavirtù utile a' mortalila Pietàper cui sorridetalvolta il labbro dell'infelice condannato ai sospiri: e per terivive sempre il piacere fecondatore degli esserisenza del qualetutto sarebbe caos e morte. Se tu fuggissila Terra diverrebbeingrata; gli animalinemici fra loro; il Solefoco malefico; e ilMondopiantoterrore e distruzione universale. Adesso che l'animamia risplende di un tuo raggioio dimentico le mie sventure; io ridodelle minacce della fortunae rinunzio alle lusinghe dell'avvenire.- O Lorenzo! sto spesso sdrajato su la riva del lago de' cinquefonti: mi sento vezzeggiare la faccia e le chiome dai venticelli chealitando sommovono l'erbae allegrano i fiorie increspano lelimpide acque del lago. Lo credi tu? io delirando deliziosamente miveggo dinanzi le Ninfe ignudesaltantiinghirlandate di roseeinvoco in lor compagnia le Muse e l'Amore; e fuor dei rivi checascano sonanti e spumosivedo uscir sino al petto con le chiomestillanti sparse su le spalle rugiadosee con gli occhi ridenti leNajadiamabili custodi delle fontane. Illusioni! grida il filosofo.- Or non è tutto illusione? tutto! Beati gli antichi che sicredeano degni de' baci delle immortali dive del cielo; chesacrificavano alla Bellezza e alle Grazie; che diffondeano losplendore della divinità su le imperfezioni dell'uomoe chetrovavano il BELLO ed il VERO accarezzando gli idoli della lorfantasia! Illusioni! ma intanto senza di esse io non sentirei la vitache nel doloreo (che mi spaventa ancor più. nella rigida enojosa indolenza: e se questo cuore non vorrà piùsentireio me lo strapperò dal petto con le mie manie locaccerò come un servo infedele.



21Maggio

Ohimèche notti lungheangosciose! - il timore di non rivederla mi desta:divorato da un presentimento profondoardentesmaniososbalzo dalletto al balcone e non concedo riposo alle mie membra nudeaggrezzatese prima non discerno sull'oriente un raggio di giorno.Corro palpitando al suo fianco e stupido! soffoco le parolee isospiri: non concepisconon odo: il tempo volae la notte mistrappa da quel soggiorno di paradiso. - Ahi lampo! tu rompi letenebresplendipassi ed accresci il terrore e l'oscurità.



25Maggio

Tiringrazioeterno Iddioti ringrazio! Tu hai dunque ritirato il tuosospiroe Lauretta ha lasciato alla terra le sue infelicità:tu ascolti i gemiti che partono dalle viscere dell'animae mandi laMorte per isciogliere dalle catene della vita le tue creatureperseguitate ed afflitte. Mia cara amica! il tuo sepolcro beva almenoqueste lagrimesole esequie ch'io posso offerirti: le zolle che tinascondono sieno coperte di fresca erbae dalle benedizioni di tuamadre e dalla mia. Tu vivendo speravi da me qualche conforto; eppure!non ho potuto nemmeno prestarti gli ultimi ufficj; ma - ci rivedremo- sì.

Quand'iocaro Lorenzomi ricordava di quella povera innocentecertipresentimenti mi gridavano dentro l'anima: È morta. Pure se tunon me ne avessi scrittoio certo non lo avrei saputo mai; perchée chi si cura della virtù quand'è ravvolta nellapovertà? Spesso mi sono accinto a scriverle. M'è cadutala pennae ho bagnato la carta di lagrime: temeva non mi raccontassede' nuovi martirje mi destasse nel cuore una corda la cuivibrazione non sarebbe cessata sì tosto. Pur troppo! noisfuggiamo d'intendere i mali de' nostri amici; le loro miserie cisono gravie il nostro orgoglio sdegna di porgere il conforto delleparolesì caro agli infeliciquando non si può unireun soccorso vero e reale. Ma - fors'ella e sua madre mi annoveravanofra la turba di coloro che ubbriacati dalla prosperitàabbandonano gli sventurati. Lo sa il cielo! Frattanto Dio haconosciuto che non poteva reggere più: Ei tempera i venti infavore dell'agnello recentemente tosato; e - tosato al vivo! E ti deepur ricordare com'essa un giorno tornò a casa suaportandochiuso nel suo canestrino da lavoro un cranio di morto; e ci scoverseil coperchioe rideva; e mostrava il cranio in mezzo a un nembo dirose. - E le sono tante e tantediceva a noiqueste rose; e le horimondate di tutte le spine: e domani le si appassiranno: ma io necompererò ben dell'altre perché ogni giornoogni mesecrescono rosee la morte se le piglia tuttequante. - Ma che vuoi tufarneo Lauretta; io le dissi. - Vo' coronare questo cranio di rosee ogni giorno di rose fresche; - e rispondendo rideva pur sempre consoave amabilità. E in quelle parole e in quel riso e inquell'aria di volto demente e in quegli occhi fitti sul cranio e inquelle sue dita pallide e tremanti che andavano intrecciando le rose- tu ti se' pur avveduto come alle volte il desiderio di morire ènecessario insieme e dolcissimo; ed eloquente fin anche sul labbrod'una fanciulla impazzata.

TorneròLorenzo: conviene ch'io esca; il mio cuore si gonfia e geme come senon volesse starmi più in petto: su la cima di un monte misembra d'essere alquanto più libero; ma qui nella mia stanza -sto quasi sotterrato in un sepolcro. -

Sonosalito su la più alta montagna: i venti imperversavano; iovedeva le querce ondeggiar sotto a' miei piedi; la selva fremeva comemar burrascosoe la valle ne rimbombava; su le rupi dell'ertasedeano le nuvole - nella terribile maestà della Natura la miaanima attonita e sbalordita ha dimenticato i suoi malied ètornata alcun poco in pace con se medesima.

Vorreidirti di grandi cose: mi passano per la mente; vi sto pensando! -m'ingombrano il cuores'affollanosi confondono: non so piùda quale io mi debba incominciare; poi tutto a un tratto mi sfuggonoe prorompo in un pianto dirotto. Vado correndo come un pazzo senzasaper dovee perché: non m'accorgoe i miei piedi mitrascinano fra precipizj. Io domino le valli e le campagne soggette;magnifica ed inesausta creazione! I miei sguardi e i miei pensieri siperdono nel lontano orizzonte. - Vo salendoe sto lì - ritto- anelante - guardo ingiù; ahi voragine! - alzo gli occhiinorridito e scendo precipitoso appiè del colle dove la valleè più fosca. Un boschetto di giovani querce mi proteggedai venti e dal sole; due rivi d'acqua mormorano qua e làsommessamente: i rami bisbiglianoe un rosignuolo - ho sgridato unpastore che era venuto per rapire dal nido i suoi pargoletti: ilpiantola desolazionela morte di quei deboli innocenti dovevanoessere venduti per una moneta di rame; così va! or bench'iol'abbia compensato del guadagno che sperava di trarne e mi abbiapromesso di non disturbare più i rosignuolitu credi ch'einon tornerà a desolarli? - e là io mi riposo. - Dovese' itoo buon tempo di prima! la mia ragione è malata e nonpuò fidarsi che nel soporee guai se sentisse tutta la suainfermità! Quasi quasi - povera Lauretta! tu forse mi chiami -e forse fra non molto io verrò. Tuttotutto quello ch'esisteper gli uomini non è che la lor fantasia. Dianzi fra le rupila morte mi era spavento; e all'ombra di quel boschetto io avreichiusi gli occhi volentieri in sonno eterno. Ci fabbrichiamo larealtà a nostro modo; i nostri desideri si vanno moltiplicandocon le nostre idee; sudiamo per quello che vestito diversamente ciannoja; e le nostre passioni non sono alla stretta del conto che glieffetti delle nostre illusioni. Quanto mi sta d'intorno richiama almio cuore quel dolce sogno della mia fanciullezza. O! come ioscorreva teco queste campagne aggrappandomi or a questo or aquell'arbuscello di fruttaimmemore del passatonon curando che delpresenteesultando di cose che la mia immaginazione ingrandiva e chedopo un'ora non erano piùe riponendo tutte le mie speranzene' giuochi della prossima festa. Ma quel sogno è svanito! echi m'accerta che in questo momento io non sogni? Ben tumio Diotuche creasti gli umani cuoritu solosai che sonno spaventevole èquesto ch'io dormo; sai che non altro m'avanza fuorché ilpianto e la morte.

Cosìvaneggio! cangio voti e pensierie quanto la Natura è piùbella tanto più vorrei vederla vestita a lutto. E veramentepare che oggi m'abbia esaudito. Nel verno passato io era felice:quando la Natura dormiva mortalmente la mia anima pareva tranquilla -ed ora?

Eppurmi conforto nella speranza di essere compianto. Su l'aurora dellavita io cercherò forse invano il resto della mia etàche mi verrà rapito dalle mie passioni e dalle mie sventure;ma la mia sepoltura sarà bagnata dalle tue lagrimedallelagrime di quella fanciulla celeste. E chi mai cede a una eternaobblivione questa cara e travagliata esistenza? Chi mai vide perl'ultima volta i raggi del Solechi salutò la Natura persemprechi abbandonò i suoi dilettile sue speranzei suoiingannii suoi stessi dolori senza lasciar dietro a sé undesiderioun sospirouno sguardo? Le persone a noi care che cisopravvivonosono parte di noi. I nostri occhi morenti chiedonoaltrui qualche stilla di piantoe il nostro cuore ama che il recentecadavere sia sostenuto da braccia amorosee cerca un petto dovetrasfondere l'ultimo nostro respiro. Geme la Natura perfin nellatombae il suo gemito vince il silenzio e l'oscurità dellamorte.

M'affaccioal balcone ora che la immensa luce del Sole si va spegnendoe letenebre rapiscono all'universo que' raggi languidi che balenano sul'orizzonte; e nella opacità del mondo malinconico e taciturnocontemplo la immagine della Distruzione divoratrice di tutte le cose.Poi giro gli occhi sulle macchie de' pini piantati dal padre mio suquel colle presso la porta della parrocchiae travedo biancheggiarefra le frondi agitate da' venti la pietra della mia fossa. E mi pardi vederti venir con mia madrea benedireo perdonar non foss'altroalle ceneri dell'infelice figliuolo. E predico a meconsolandomi:Forse Teresa verrà solitaria su l'alba a rattristarsidolcemente su le mie antiche memoriee a dirmi un altro addio. No!la morte non è dolorosa. Che se taluno metterà le maninella mia sepoltura e scompiglierà il mio scheletro per trarredalla notte in cui giacerannole mie ardenti passionile mieopinionii miei delitti - forse; non mi difendereLorenzo; rispondisoltanto: Era uomoe infelice.



26Maggio

EivieneLorenzo - ei ritorna.

Scrissedi Toscana ove si fermerà venti giorni; e la lettera èin data de' 18 Maggio: fra due settimane al più - dunque!



27Maggio

Mapenso: Ed è pur vero che questa immagine d'angelo de' cieliesista quiin questo basso mondofra noi? e sospetto d'essermiinnamorato della creatura della mia fantasia.

Echi non avrebbe voluto amarla anche infelicemente? e dov'èl'uomo così avventuroso col quale io degnassi di cangiarequesto mio stato lagrimevole? - ma come io posso dall'altra parteessere tanto carnefice mio per tormentarmi - or nol veggo? nol vidipur sempre? - senza niuna speranza? - Forse! un certo orgoglio incostei della sua bellezza e delle mie angosce - non mi amae la suacompassione coverà un tradimento. Ma quel suo bacio celesteche mi sta sempre su le labbra e mi domina tutti i pensieri? e quelsuo pianto? - ahima dopo quel momento mi sfugge; nés'attenta di guardarmi più in faccia. Seduttore! io? - equando mi sento tuonare nell'anima quella tremenda sentenza: Non saròvostra mai; io trapasso di furore in furore e medito delitti disangue. - Non tuinnocente vergineio solo io solo ho tentato iltradimento; e l'avreichi sa? - consumato.

O!un altro tuo bacioe abbandonami poscia a' miei sogni e a' mieisoavi delirj: io ti morrò a' piedi; ma tutto tuoe sapendoche pur t'ho lasciata innocente - ma insieme infelice! Tuse nonpotrai essermi sposami sarai almeno compagna nel sepolcro. Ah no;la pena di questo amore fatale si rovesci sopra di me. Ch'io piangaper tutta un'eternità; ma che il cieloo Teresanon vogliache tu sia lungamente per mia cagione infelice! - Ma intanto io ti hoperdutae tu mi t'involitu stessa. Ah se tu mi amassi com'iot'amo!

Eppureo Lorenzoin sì fieri dubbje in tanti tormentiogni qualvolta io domando consiglio alla mia ragionemi riconforta dicendomi:Tu non se' immortale. Or viasoffriamo dunque; e sino agli estremi -usciròuscirò dall'inferno della vita; e basto iosolo: a questa idea rido e della fortunae degli uominie quasidella onnipotenza di Dio.



28Maggio

Spessoio mi figuro tutto il mondo a soqquadroe il Cieloe il Soleel'Oceanoe tutti i globi nelle fiamme e nel nulla; ma se anche inmezzo alla universale rovina io potessi stringere un'altra voltaTeresa - un'altra volta soltanto fra queste bracciaio invocherei ladistruzione del creato.



29Maggioall'alba

Oillusione! perché quando ne' miei sogni quest'anima èun paradisoe Teresa è al mio fiancoe mi sento sospirar sula boccae - perché mi trovo poi un vuotoun vuoto di tomba?Almen que' beati momenti non fossero mai venutio non fosserofuggiti mai! - questa notte io cercava brancicando quella mano che mel'ha strappata dal seno: mi parea d'intendere da lontano un suogemito; ma le coltri molli di piantoi miei capelli sudatiil miopetto ansantela fitta e muta oscurità - tutto tutto migridava: Miserotu deliri! Spaventato e languente mi sono buttatoboccone sul letto abbracciando il guancialee cercando ditormentarmi nuovamente e d'illudermi.

Setu mi vedessi stancosquallidotaciturno errar su e giù perle montagne e cercar di Teresae temer di trovarlasoventebrontolar fra me stessochiamarepregarlae rispondere alle mievoci: arso dal Sole mi caccio sotto una macchia e m'addormento ovaneggio - ahi che sovente la saluto come se la vedessie mi pare distringerla e di baciarla - poi mi svanisceed io tengo gli occhiinchiodati sui precipizj di qualche dirupo. Sì! conviene ch'iola finisca.



29Maggioa sera

Fuggirdunquefuggire: ma dove? credimiio mi sento malato: appena reggoquesto mio corpo per potermelo strascinare sino alla villaeconfortarmi in quegli occhi e bere un altro sorso di vitaforseultimo - ma senz'essa vorrei più questo inferno? Dianzi l'hosalutata per andarmene; non rispose - scesi le scale; ma non potevascostarmi dal suo giardino: e - lo credi? la sua vista mi dàsoggezione. Vedendola poi scendere con sua sorella ho tentato ditirarmi sotto una pergola e fuggirmene. La Isabellina ha gridato:Viscere mieviscere mienon ci avete vedute? Colpito quasi da unfulmine mi sono precipitato sopra un sedile; la ragazza mi s'ègettata al collo carezzandomie dicendomi all'orecchio: Perchétaci sempre? Non so se Teresa m'abbia guardato; sparì dentroun viale. Dopo mezz'ora tornò a chiamare la ragazza che stavaancora fra le mie ginocchiae m'accorsi come le sue pupille eranorosse di pianto; non mi parlòma mi ammazzò conun'occhiata quasi volesse dirmi: Tu mi hai ridotta così.



2Giugno

Eccotutto ne' suoi veri sembianti. Ahi! non sapeva che in me s'annidassequesta furia che m'investem'ardemi annientaeppur non mi uccide.Dov'è la Natura? Dov'è la sua immensa bellezza? Dov'èl'intreccio pittoresco de' colli ch'io contemplava dalla pianurainalzandomi con l'immaginazione nelle regioni dei cieli? mi sembranorupi nude e non veggo che precipizj. Le loro falde coperte di ombreospitali mi sono fatte nojose: io vi passeggiava un tempo fra leingannevoli meditazioni della nostra debole filosofia. A qual pro seci fanno conoscere le infermità nostrené porgono irimedj da risanarle? - Oggi io sentiva gemere la foresta ai colpidelle scuri: i contadini atterravano i roveri di duecento anni: -tutto père quaggiù!

Guardole piante ch'una volta scansava di calpestaree mi soffermosovr'esse e le strappoe le sfioro gittandole fra la polvere rapitadai venti. Gemesse con me l'universo!

Sonouscito assai prima del Sole e correndo attraverso de' solchicercavanella stanchezza del corpo qualche sopore a quest'anima tempestosa.La mia fronte era tutta sudoree il mio petto ansava con difficileanelito. Soffia il vento della notte e mi scompiglia le chiome edagghiaccia il sudore che grondavami dalle guance. - Oh! da quell'orami sento per tutte le membra un brividole mani freddele labbralividee gli occhi erranti fra le nuvole della morte.

Almenocostei non mi perseguitasse con la sua immagineovunque io mi vadaa piantarmisi faccia a faccia: perch'ellao Lorenzo - perch'ella mimove qui dentro un terroreuna disperazioneuna rabbiauna granguerra - e medito talor di rapirla e di strascinarla con me neideserti lungi dalla prepotenza degli uomini. - Ahi sciagurato! mipercuoto la fronte e bestemmio - partirò.

Lorenzo



Achi legge

Tuforseo Lettoreti se' fatto amico di Jacopoe brami di sapere lastoria della sua passione; onde io per narrartela andrò quindiinnanzi interrompendo la serie delle sue lettere.

Lamorte di Lauretta esacerbò la sua malinconia fatta ancora piùnera per l'imminente ritorno di Odoardo. Diradò le sue visitein casa T***e non parlava con anima nata. Dimagratosparutocongli occhi incavatima spalancati e pensosila voce cupai passitardiandava per lo più inferrajuolatosenza cappelloe conle chiome giù per la faccia; vegliava le notti intere girandoper le campagnee il giorno fu spesso veduto dormire sotta qualchealbero.

Inquestatornò Odoardo in compagnia di un giovine pittore cheripatriava da Roma. Quel giorno stesso incontrarono Jacopo. Odoardogli si fe' incontro abbracciandolo; Jacopo quasi sbigottito siarretrò. Il pittore gli disse che avendo udito a parlare dilui e dell'ingegno suoda gran tempo bramava di conoscerlo dipersona. - Ei lo interruppe?: Io? - iosignor mionon ho mai potutoconoscere me medesimo negli altri mortali; però non credo chegli altri possano mai conoscere se medesimi in me. Gli domandaronointerpretazione di sì ambigue parole; ed ei per tutta rispostasi ravvolse nel suo tabarrosi cacciò fra gli alberi; esparì. Odoardo si dolse di questo contegno col padre diTeresail quale già incominciava a temere della passione diJacopo.

Teresadotata di una indole meno risentitama passionata ed ingenua;propensa a una affettuosa malinconiapriva nella solitudine d'ognialtro amico di cuorenell'età in cui parla in noi la dolcenecessità di amare e di essere riamatiincominciò aconfidare a Jacopo tutta l'anima suae a poco a poco se ne innamorò;ma non ardiva confessarlo a se stessa: e dopo la sera di quel bacioviveva assai riservatasfuggendo l'amantee tremando alla presenzadel padre. Allontanata da sua madresenza consiglio e senzaconfortoatterrita dal suo stato futuroe dalla virtù edall'amorediventò solitarianon parlava quasi maileggevasempretrascurava e il disegnoe la sua arpae il suoabbigliamentoe fu spesso sorpresa dai famigliari con le lagrimeagli occhi. Scansava la compagnia delle giovinette sue amiche che aprimavera villeggiavano a' colli Euganei; e dileguandosi a tutti ealla sua sorellinasedeva molte ore ne' luoghi più appartatidel suo giardino. Regnava quindi in quella casa un silenzio e unacerta diffidenza che turbarono lo sposo trafitto anche da' modisdegnosi di Jacopo incapace di simulazione. Naturalmente parlava conenfasi; e sebbene conversando fosse taciturnofra' suoi amici eraloquacepronto al risoe ad una allegria schiettaeccessiva. Ma inque' giorni le sue parole ed ogni suo atto erano veementi e amaricome l'anima sua. Istigato una sera da Odoardo che giustificava iltrattato di Campo Formiosi diede a disputarea gridare come uninvasatoa minacciarea percuotersi la testae a piangere d'ira.Avea sempre un'aria assoluta; ma il signore T*** mi raccontava cheallora o stava sepolto ne' suoi pensierio se discorrevas'infiammava d'improvviso; i suoi occhi metteano paurae talvoltafra il discorso gli abbassava inondati di pianto. Odoardo si fe' piùcircospettoe sospettò del cangiamento di Jacopo.

Cosìpassò tutto Giugno. Il misero giovine diveniva ogni dìpiù tetro ed infermo; né scriveva più alla suafamigliané rispondeva alle mie lettere. Spesso fu veduto da'contadini cavalcare a briglia sciolta per luoghi scoscesie in mezzoalle fratte e a traverso de' fossied è maraviglia com'ei nonsia pericolato. Una mattina il pittore stando a ritrarre laprospettiva de' montiudì la sua voce fra il bosco: gli siaccostò di soppiattoe intese ch'ei declamava una scena delSaule. Allora gli riuscì di disegnare il ritratto dell'Ortische sta in fronte a questa edizioneappunto quand'ei si soffermavapensoso dopo avere proferito que' versi dell'atto Iscena I.

Precipitoso

Giàmi sarei fra gl'inimici ferri

Scagliatoio da gran tempo; avrei già tronca

Cosìla vita orribile ch'io vivo.

Poilo vide arrampicarsi sino alla cima della montagnaguardareall'ingiù risolutamente con le braccia apertee tutto ad untratto arretrarsi esclamando: O madre mia!

Unadomenica rimase a desinare in casa T***. Pregò Teresa perchésuonassee le porse l'arpa egli stesso. Mentr'ella incominciavaentrò suo padre e le s'assise da canto. Jacopo pareva inondatoda una dolce mestizia e il suo aspetto si andava rianimando; ma apoco a poco chinò la testae ricadde in una malinconia piùcompassionevole di prima. Teresa lo sogguardava e sforzavasi direprimere il pianto: Jacopo se n'avvidené potendosiconteneres'alzò e partì. Il padre intenerito si voltòa Teresa dicendole: O figlia miatu vuoi dunque precipitare teco noitutti? A queste parole le sgorgarono d'improvviso le lagrime; sigittò fra le braccia di suo padree gli confessò. Inquesta entrava Odoardo; e la subita partenza di Jacopoel'atteggiamento di Teresae il turbamento del signore T*** loraffermarono ne' suoi dubbj. Queste cose le ho udite dalla bocca diTeresa.

Ildì seguenteche fu la mattina de' 7 luglioJacopo andòda Teresae vi trovò lo sposoe il pittore che le faceva ilritratto nuziale. Teresa confusa e tremante uscì in frettacome per badare a qualche cosa di cui si era dimenticata; ma passandodavanti a Jacopo gli disse ansiosamente sottovoce: Mio padre satutto. Ei non fe' motto né cambiò viso; passeggiòtre o quattro volte su e giù per la stanzaed uscì.Per tutto quel giorno non si lasciò vedere ad uomo vivente.Michele che lo aspettava a desinarene cercò invano. Non siridusse a casa che a mezzanotte suonata. Si sdrajò vestito sullettoe mandò a dormire il ragazzo. Poco dopo s'alzò escrisse.



Mezzanotte

Iomandava alla Divinità i miei ringraziamentie i miei votimaio non la ho mai temuta. Eppure adesso che sento tutto il flagellodelle sventureio la temo e la supplico.

Ilmio intelletto è acciecatola mia anima è prostratail mio corpo è sbattuto dal languore della morte.

Èvero! i disgraziati hanno bisogno di un altro mondo diverso da questodove mangiano un pane amaroe bevono l'acqua mescolata alle lagrime.La immaginazione lo creae il cuore si consola. La virtùsempre infelice quaggiù persevera con la speranza di un premio- ma sciagurati coloro che per non essere scellerati hanno bisognodella religione!

Misono prostrato in una chiesetta posta in Arquàperchéio sentiva che la mano di Dio pesava sopra il mio cuore.

Sonio debole forseLorenzo? Il cielo non ti faccia mai sentire lanecessità della solitudinedelle lagrimee di una chiesa!



Ore2

IlCielo è tempestoso: le stelle rare e pallide; e la Luna mezzasepolta fra le nuvole batte con raggi lividi le mie finestre.



All'alba

Lorenzonon odi? t'invoca l'amico tuo: qual sonno! spunta un raggio di giornoe forse per rinsanguinare i miei mali. - Dio non mi ode. Mi condannaanzi ad ogni minuto all'agonia della morte; e mi costringe a maledirei miei giorni che pur non sono macchiati di alcun delitto.

Che?se tu se' un Dio forteprepotentegelosoche rivedi le iniquitàde' padri ne' figlie che visiti nel tuo furore la terza e la quartagenerazione (10.dovrò io sperar di placarti? Manda in me -bensì non in altri che in me - l'ira tuala quale raccendenell'inferno le fiamme che dovranno ardere milioni e milioni dipopoli a' quali non ti se' fatto conoscere. - Ma Teresa èinnocente: e anziché stimarti crudelet'adora con serenitàsoavissima d'animo. Io non t'adoroappunto perché ti pavento- e sento pure che ho bisogno di te. Spogliatideh! spogliati degliattributi di cui gli uomini t'hanno vestito per farti simile a loro(11.. Non se' tu forse il Consolatore degli afflitti? E il tuo FiglioDivino non si chiamava egli il Figlio dell'Uomo? Odimi dunque. Questocuore ti sentema non t'offendere del gemito a cui la Naturacostringe le viscere dilaniate dell'uomo. E mormoro contro di teepiangoe t'invocosperando di liberare l'anima mia - di liberarla?ma e comese non è piena di te? se non ti ha implorato nellaprosperitàe solo rifugge al tuo ajutoe domanda il tuobraccio or quando è atterrata nella miseria? se ti temee nonha in te veruna speranza? Né sperané desidera cheTeresa: e ti vedo in lei sola.

Eccoo Lorenzofuor delle mie labbra il delitto per cui Dio ha ritiratoil suo sguardo da me. Non l'ho mai adorato come adoro Teresa. -Bestemmia! Pari a Dio colei che sarà a un soffio scheletro enulla? Vedi l'uomo umiliato. Dovrò dunque io anteporre Teresaa Dio? - Ah da lei si spande beltà celeste ed immensabeltàonnipotente. Misuro l'universo con uno sguardo; contemplo con occhioattonito l'eternità; tutto è caostutto sfumaes'annulla; Dio mi diventa incomprensibile; e Teresa mi sta sempredavanti.

Dopodue giorni ammalò. Il padre di Teresa andò a visitarloe si giovò di quell'occasione a persuaderlo che s'allontanasseda' colli Euganei. Come discreto e generoso ch'egli erastimaval'ingegno e l'animo di Jacopoe lo amava come il più caroamico ch'ei potesse aver mai; e m'accertò che in circostanzediverse avrebbe creduto d'ornare la sua famiglia pigliandosi pergenero un giovine che se partecipava d'alcuni errori del nostrotempoed era dotato d'indomita tempra di cuoreaveva a ogni modoal dire del signore T***opinioni e virtù degne de' secoliantichi. Ma Odoardo era riccoe di una famiglia sotto la cuiparentela il signore T*** fuggiva alle persecuzioni e alle insidiede' suoi nemicii quali lo accusavano d'avere desiderato la veracelibertà del suo paese; delitto capitale in Italia. Bensìimparentandosi all'Ortisavrebbe accelerato la rovina di luiedella propria famiglia. Oltre di che aveva obbligata la sua fede; eper mantenerla s'era ridotto a dividersi da una moglie a lui cara. Néi suoi bilanci domestici gli assentivano di accasare Teresa con unagran dotenecessaria alle mediocri sostanze dell'Ortis. Il signoreT*** mi scrisse queste cosee le disse a Jacopo che sapeale da sée le ascoltò con aspetto riposatissimo; ma non sì tostoudì parlare di dote. Nolo interruppeesulepoverooscuroa tutti i mortalimi vorrei sotterrar vivo anziché domandarvivostra figlia in sposa. Sono sfortunatonon però vile. Néi miei figliuoli dovranno riconoscere mai la loro fortuna dallaricchezza della loro madre. Vostra figlia è più riccadi meed è promessa. Dunque? rispose il signore T***. -Jacopo non fiatò. Alzò gli occhi al cieloe dopo moltaora: O Teresaesclamòsarai a ogni modo infelice! O amicomiogli soggiunse allora amorevolmente il signore T***e per chimai cominciò ad essere misera se non per voi? Erasi giàper amor mio rassegnata al suo stato; e sola poteva rappacificare unavolta i suoi poveri genitori. Vi ha amato; e voi che pure l'amate consì altera generositàvoi pur le rapite uno sposoemanterrete discorde una casa ove fostee sietee sarete sempreaccolto come figliuolo. Arrendetevi; allontanatevi per alcuni mesi.Forse avreste trovato in altri un padre severo: ma io! - sono statoanch'io sventurato; ho provato le passionipur troppo! e ne provo -e ho imparato a compiangerleperché sento io pure il bisognod'essere compatito. Bensì da voi solo all'età mia quasicanuta ho imparato come alle volte si stima l'uomo che ci danneggiamassime se è dotato di tale carattere da far parere generosi etremendi gli affetti che in altri pajoni colpevoli insieme erisibili. Né io vel dissimulo: voidal dì cheprimamente vi ho conosciutoavete assunto tale inesplicabilepredominio sopra di meda costringermi a temervi insieme ed amarvi:e spesso andava noverando i minuti per impazienza di rivedervie neltempo stesso io sentivami preso d'un tremito subitaneo e secretoallorché i miei servi mi davano avviso che voi salivate lescale. Or voi abbiate pietà di mee della vostra gioventùe della fama di Teresa. La sua beltà e la sua salute vannolanguendo; le sue viscere si struggono nel silenzioe per voi. Io viscongiuro in nome di Teresapartite; sacrificate la vostra passionealla sua quiete; e non vogliate ch'io sia l'amico insieme e il maritoe il padre più misero che sia mai nato. Jacopo pareaintenerito: non però mutò aspettoné gli caddelagrima dagli occhiné rispose parola; benché ilsignore T*** a mezzo il discorso si rattenesse a stento dal piangere:e restò a canto al letto di Jacopo sino a notte tardissima: mané l'uno né l'altro aprirono più bocca se nonquando si dissero addio. - La malattia del giovine aggravò; ene' giorni seguenti fu sovrappreso da febbre pericolosa.

Frattantoio sgomentato e dalle lettere recenti di Jacopoe da quelle delpadre di Teresastudiava ogni via per accelerare la partenzadell'amico miocome solo rimedio alla sua violenta passione. Néebbi cuore di rivelarla a sua madrela quale aveva già avutomolte altre dolorosissime prove dell'indole sua capace d'eccessi; ele dissi soltantoch'era un po' malatoe che il mutar aria gliavrebbe certamente giovato.

Inquel tempo stesso incominciavano a inferocire in Venezia lepersecuzioni. Non v'erano leggi; ma tribunali arbitrarj; nonaccusatorinon difensori; bensì spie di pensieridelittinuoviignoti a chi n'era punitoe pene subiteinappellabili. I piùsospettati gemevano carcerati; gli altribenché d'antica especchiata famaerano tolti di notte alle proprie casemanomessidagli sgherristrascinati a' confini e abbandonati alla venturasenza l'addio de' congiuntie destituti d'ogni umano soccorso. Peralcuni pochi l'esilio scevro da questi modi violenti ed infami fusomma clemenza. Ed io pure tardoe non ultimo e tacito martirevoda più mesi profugo per l'Italia volgendo senza nessunasperanza gli occhi lagrimosi alle sponde della mia patria. Onde ioalloraadombrato anche per la libertà di Jacopopersuasi suamadrequantunque desolatissimaa raccomandargli che sino a tempimigliori cercasse rifuggio in altro paese; tanto più chequando s'era partito di Padovasi scusò allegando gli stessipericoli. Fu fidata la lettera a un servo il quale giunse a' colliEuganei la sera de' 15 Luglioe trovò Jacopo ancora a lettosebbene migliorato d'assai. Gli sedeva vicino il padre di Teresa.Lesse la lettera sommessamentee la posò sul guanciale; pocodopo la rilessee parve commosso; ma non ne parlò.

Ildì 19 s'alzò da letto. In quel giorno stesso sua madregli riscrisse inviandogli danarodue cambialie parecchiecommendatiziee scongiurandolo per le viscere di Dio che partisse.Assai prima di sera andò da Teresa; e non trovò chel'Isabellina la quale tutta intenerita contò ch'ei s'assisemutosi rizzòla baciòe se ne andò. Tornòdopo un'orae salendo per le scale la incontrò nuovamenteese la strinse al pettola baciò più voltee la bagnòdi lagrime. Si pose a scriveremutò varii foglie listracciò poi tutti. Si aggirò pensieroso per l'orto. Unservo passandovi su l'imbrunirelo vide sdrajato: ripassandolotrovò ritto presso al rastrello in atto d'usciree col caporivolto attentissimo verso la casa ch'era battuta dalla Luna.

Tornatosia casarimandò il messo rispondendo a sua madreche domanisu l'alba partiva. Fece ordinare i cavalli alla posta piùvicina. Innanzi di coricarsiscrisse la lettera seguente per Teresae la consegnò all'ortolano. All'alba partì.



Ore9

PerdonamiTeresa; io ho funestato la tua giovinezzae la quiete della tuacasa; ma fuggirò. Né io mi credeva dotato di tantacostanza. Posso lasciartie non morir di dolore; e non èpoco; usiamo dunque di questo momento finché il cuore mireggee la ragione non mi abbandona affatto. Pur la mia mente èsepolta nel solo pensiero di amarti sempre e di piangerti. Ma saràobbligo mio di non più scrivertiné di mai piùrivederti se non se quando sarò certissimo di lasciarti quietadavvero. Oggi t'ho cercato invano per dirti addio. Abbiti almenooTeresaqueste ultime righe ch'io bagnotu 'l vedid'amarissimelagrime. Mandami in qualunque tempoin qualunque luogo il tuoritratto. Se l'amiciziase l'amore - o la compassione e lagratitudine ti parlano ancora per questo sconsolatonon negarmi ilristoro che addolcirà tutti i miei patimenti. Tuo padre stessome lo concederàspero - egli egli che potrà vedertied udirtie sentirsi riconfortato da te; mentr'io nelle orefantastiche del mio dolore e delle mie passioninojato da tutto ilmondodiffidente di tutticamminando sopra la terra come di locandain locandae drizzando volontariamente i miei passi verso lasepoltura - perché ho veramente necessità di riposo -io mi conforterò intanto baciando dì e notte l'immaginetua: e così tu m'infonderai da lontano costanza da sopportarequesta mia vita- e finché avrò forzeio lasopporterò per tee te lo giuro. E tu prega - pregaoTeresadalle viscere del tuo cuore purissimo il Cielo - non che miperdoni i doloriche forse avrò meritatie che forse sonoinseparabili dalla tempra dell'anima mia - bensì che non milevi le poche facoltà che ancora mi avanzanoda tollerarli.Con l'immagine tua farò men angosciose le mie nottie menotristi i miei giorni solitarjque' giorni ch'io dovrò purvivere senza di te. Morendoio volgerò a te gli ultimisguardiio ti raccomanderò il mio sospiro; verseròsovra di te l'anima miati porterò meco nella mia sepolturaattaccata al mio petto - e se è pure prescritto ch'io chiudagli occhi in terra stranierae dove nessun cuore mi piangeràio ti richiamerò tacitamente al mio capezzalee mi parràdi vederti in quell'aspettoin quell'attocon quella stessa pietàche io ti vedevaquando una voltaassai prima che tu sapessi diamarmiassai prima che tu t'accorgessi dell'amor mio - ed io eraancora innocente verso di te - mi assistevi nella mia malattia. - Dite non ho se non l'unica lettera che mi scrivesti quando io era inPadova: felice tempo! ma chi l'avrebbe mai detto? allora parevami chetu mi raccomandassi di ritornare: - ed ora? scrivo il decreto; edeseguirò fra poche ore il decreto della nostra eternaseparazione. Da quella tua lettera comincia la storia dell'amornostro e non mi abbandonerà mai. O mia Teresa! e questi sonpure delirj: ma sono insieme la sola consolazione di chi èinsanabilmente infelice. Addio. Perdonamimia Teresa - ohimèio mi credeva più forte! - scrivo male e di un carattereappena leggibile; ma ho l'anima laceratae il pianto su gli occhi.Per carità non mi negare il tuo ritratto. Consegnalo aLorenzo: e s'ei non me lo potrà far arrivarelo custodiràcome eredità santa che gli ricorderà sempre le tuevirtùe la tua bellezzae l'unico eterno infelicissimo amoredel suo misero amico. Addio - ma non è l'ultimo; mi rivedrai:e da quel giorno in poi sarò fatto tale da obbligare gliuomini ad avere pietà e rispetto alla nostra passione; e a tenon sarà più delitto l'amarmi - pur se innanzi ch'io tiriveggail mio dolore mi scavasse la fossaconcedimi ch'io mi rendacara la morte con la certezza che tu m'hai amato. - Or sìch'io sento in che dolore io ti lascio! Oh! potessi morire a' tuoipiedi: oh! morire ed essere sepolto nella terra che avrà letue ossa - ma addio.

Micheledissemi che il suo podrone viaggiò per due postesilenziosissimoe con aspetto assai calmoe quasi sereno. Poichiese il suo scrigno da viaggio; e tanto che si rimutavano icavalliscrisse il seguente biglietto al signore T*** (12..

Signoreed amico mio.

All'ortolanodi casa mia ho raccomandato jer sera una lettera da ricapitarsi allaSignorina; - e bench'io l'abbia scritta quand'io già m'erasaldamente deliberato a questo partito d'allontanarmitemo a ognimodo d'avere versato sovra quel foglio tanta afflizione dacontristare quella innocente. A lei dunquesignor mionon rincrescadi farsi mandare quella lettera dall'ortolano; e gli fo' dire che nonla fidi se non a lei solo. La serbi così sigillata o la bruci.Ma perché alla sua figliuola riescirebbe amarissimo ch'io mipartissi senza lasciarle un addioe tutto jeri non mi fu dato mai divederla - ecco qui annesso un polizzino pur sigillato - ed ardiscosperare ch'ellasignor miola consegnerà a Teresa T***innanzi che diventi moglie del marchese Odoardo. - Non so se cirivedremo - ho ben decretato di morirenon foss'altrovicino allamia casa paterna; ma quand'anche questo mio proponimento fosse deluso- sono certo ch'ellasignore ed amico mionon vorrà maidimenticarsi di me.

Ilsignore T*** mi fe' capitare la lettera per Teresa (che ho riportatodianzi. a sigillo inviolato; - né tardò a dare a suafiglia il polizzino. L'ebbi sott'occhio; era di poche righe; e d'uomoche per allora pareva tornato in sé.

Tuttiquasi i frammenti che seguono mi vennero per la posta in diversifogli.



Rovigo20 Luglio

Iola mirava e diceva a me stesso: Che sarebbe di me se non potessivederla più? e correva a piangere meco di consolazione sapendoch'io le era vicino - e adesso?

Cos'èpiù l'universo? qual parte mai della terra potràsostenermi senza Teresa? e mi pare di esserle lontano sognando. Hoavuto io tanta costanza? e m'è bastato il cuore di partirecosì - senza vederla? né un bacioné un unicoaddio! A minuto a minuto credo di trovarmi alla porta della sua casae di leggere nella mestizia del suo voltoche m'ama. Fuggo; e conche velocità ogni minuto mi porta ognor più lontano dalei. E intanto? quante care illusioni! ma io l'ho perduta. Non so piùobbedire né alla mia volontàné alla miaragionené al mio cuore sbalordito: mi lascieròstrascinare dal braccio prepotente del mio destino. Addio.

Ferrara20 Luglioa sera

Iotraversava il Po e rimirava le immense sue acquee più voltefui per precipitarmie profondarmie perdermi per sempre. Tutto èun punto! - ah s'io non avessi una madre cara e sventurata a cui lamia morte costerebbe amarissime lagrime!

Néfinirò così da codardo. Sosterrò tutta la miasciagura; berrò fino all'ultima lagrima il pianto che mi fuassegnato dal Cielo; e quando le difese saranno vanedisperate tuttele passionitutte le forze consunte; quando io avrò coraggiodi mirare la Morte in facciae ragionare pacatamente con leiedassaporare l'amaro suo caliceed espiate le altrui lagrimeedisperato di rasciugarle - allora.

Maora ch'io parlo non è forse tutto perduto? e non mi resta chela sola memoria e la certezza che tutto è perduto: - hai tuprovata mai quella piena di dolore quando ci abbandonano tutte lesperanze?

Néun bacio? né addio! - bensì le tue lagrime miseguiranno nella mia sepoltura. La mia salutela mia sorteil miocuoretu - tu! - insomma tutto congiuraed io vi obbediròtutti.



Ore...

Eho avuto cuore di abbandonarla? anzi ti ho abbandonatao Teresainuno stato più deplorabile del mio. Chi sarà tuoconsolatore? e tremerai al solo mio nome poiché t'ho fattovedere io - io primoio unico sull'aurora della tua vitaletempeste e le tenebre della sventura; e tuo giovinettanon seiancora sì forte né da tollerare né da fuggire lavita. Tuper anche non sai che l'alba e la sera sono tutt'uno. Ah néio te lo voglio persuadere! - eppure non abbiamo più ajutoveruno dagli uomininessuna consolazione in noi stessi. Ormai non soche supplicare il sommo Iddioe supplicarlo co' miei gemitiecercare alcuna speranza fuori di questo mondo dove tutti ciperseguitano e ci abbandonano. E se gli spasimie le preghieree ilrimorso ch'è fatto già mio carneficefossero offerteaccolte dal Cieloah! tu non saresti così infeliceed iobenedirei tutti i miei tormenti. Frattanto nella mia disperazionemortale chi sa in che pericoli tu sei! né io posso difendertiné rasciugare il tuo piantoné raccogliere nel miopetto i tuoi secretiné partecipare delle tue afflizioni; nonso né dove fuggoné come ti lascioné quandopotrò più rivederti.

Padrecrudele - Teresa è sangue tuo! quell'altare èprofanato; la Natura ed il Cielo maledicono quei giuramenti; ilribrezzola gelosiala discordia ed il pentimento girerannofremendo intorno a quel letto e insanguineranno forse quelle catene.Teresa è figlia tua; placati. Ti pentirai amaramentematardi: fors'ella un giorno nell'orrore del suo stato maledirài suoi giorni e i suoi genitorie conturberà con le suequerele le tue ossa nel sepolcroquando tu non potrai se nonintenderla di sotterra. Placati. - Ohimè! tu non mi ascolti -e dove me la trascini? - la vittima è sacrificata! io odo ilsuo gemito - il mio nome nel suo ultimo gemito! Barbari! tremate - ilvostro sangueil mio sangue - Teresa sarà vendicata. - Ahidelirio! - ma io son pure omicida.

MatuLorenzo mioche non mi ajuti? io non ti scriveva perchéun'eterna tempesta d'iradi gelosiadi vendettadi amore infuriavadentro di me; e tante passioni mi si gonfiavano nel pettoe misoffocavanoe mi strozzavano quasi; io non poteva mandare parolaesentiva il dolore impietrito dentro di me - e questo dolore regnaancora e mi chiude la voce e i sospirie m'inaridisce le lagrime: -mi sento mancata gran parte della vitae quel poco che pure mi restaè avvilito dal languore e dalla oscurità della morte.

Ormi adiro sovente di essere partitoe mi accuso di viltà. -Perché mai non hanno ardito d'insultare alla mia passione? Setaluno avesse comandato a quella misera di non rivedermi; se mel'avessero a viva forza strappatapensi tu ch'io l'avrei lasciatamai? Ma doveva io pagare d'ingratitudine un padre che mi chiamavaamicoche tante volte commosso mi abbracciava dicendomi: E perchéla sorte ti ha pur unito a noi disgraziati? Poteva io precipitare neldisonore e nella persecuzione una famiglia che in altre circostanzeavrebbe diviso meco e la prosperità e l'infortunio? E chepoteva io rispondergli quand'ei mi diceva sospirando e pregandomi: -Teresa è mia figlia! - Sì! divorerò nel rimorsoe nella solitudine tutti i miei giorni: ma ringrazierò quellatremenda mano invisibile che mi rapì da quel precipizio dondeio cadendo avrei strascinato meco nella voragine quella giovinettainnocente. E mi seguitava; ed io crudele andava pur soffermandomievoltando gli occhi guardando se affrettavasi dietro a' miei passiprecipitosi - e mi seguitava; ma con animo spaventatoe con deboliforze. Che? Or non son io seduttore? - e non dovrò tormeleeternamente dagli occhi? Potessi anzi nascondermi a tutto l'universoe piangere le mie sciagure! ma piangerli quando io gli ho esacerbati?

Niunosa quale segreto sta sepolto qui dentro - e questo sudore freddoimprovviso - e questo arretrarmi - e il lamento che tutte le serevien di sotterrae mi chiama - e quel cadavere - perché ioLorenzonon sono forse omicida; ma pur mi veggo insanguinato d'unomicidio (13..

Spuntaappena il giornoed io sto per partire. Da quanto tempo l'aurora mitrova sempre in un sonno da infermo! La notte non trovo mai posa.Poco fa io spalancava gli occhi urlando e guatandomi intorno come semi vedessi sul capo il manigoldo. Sento nello svegliarmi certiterrorisimile a quegli sciagurati che hanno le mani calde didelitto. - Addio addio. Partoe ognor più lontano. Tiscriverò da Bologna dentr'oggi. Ringrazia mia madre. Pregalaperché benedica il suo povero figliuolo. S'ella sapesse tuttoil mio stato! ma taci: su le sue piaghe non aprire un'altra piaga.

 

 

 

PARTESECONDA



Bologna24 Luglioore 10

Vuoitu versare sul cuore dell'amico tuo qualche stilla di balsamo? Fa cheTeresa ti dia il suo ritrattoe consegnalo a Michele ch'io tirimando imponendogli di non ritornare senza tue tisposte. Va a' colliEuganei tu stesso: forse quella disgraziata avrà bisogno dichi la compianga. Leggi alcuni frammenti di lettere che ne' mieiaffannosi delirj io tentava di scriverti. Addio. - Vedrai laIsabellinabaciala mille volte per me. Quando nessuno si ricorderàpiù di mefors'ella nominerà qualche volta il suoJacopo. O mio caro! avvolto in tante miseriefatto diffidente dagliuominicon un'anima ardente e che pur vuole amare ed essere riamatain chi poss'io confidarmi se non in una fanciullina non corrottaancora dall'esperienza né dall'interessee che per unasecreta simpatia mi ha tante volte bagnato del suo pianto innocente?S'io un giorno sapessi che non mi nomina piùcredomorrei didolore.

EtudimmiLorenzo miom'abbandonerai tu? L'amicizia cara passionedella gioventù ed unico conforto dell'infortunio s'agghiaccianella prosperità. O gli amicigli amici! Tu non mi perderaise non quando io scenderò sotterra. Ed io cesso dal querelarmitalvolta delle mie disgrazie perché senza di esse non sareidegno forse di te; né avrei un cuore capace di amarti. Maquando io non vivrò più; e tu avrai ereditato da me ilcalice delle lagrime - oh! non cercare altro amico fuor di te stesso.



Bolognala notte de' 28 Luglio

E'mi parrebbe pure di star meno male se potessi dormire lungamente ungravissimo sonno. L'oppio non giova; mi desta dopo brevi letarghipieni di visioni e di spasimi - e sono più notti! - Ora misono alzato per provarmi di scriverti; ma non mi regge più ilpolso. - Tornerò a coricarmi. Pare che l'anima mia siegua lostato negro e burrascoso della Natura. Sento diluviare: e giaccio congli occhi spalancati. Dio mio! Dio mio!



Bologna12 Agosto

Oramaisono passati diciotto giorni da che Michele è ripartito per lepostené torna ancora: e non veggo tue lettere. Tu pure milasci? Per Dioscrivimi almeno: aspetterò sino a lunedìe poi prenderò la volta di Firenze. Qui tutto il giorno sto incasa perché non posso vedermi impacciato fra tanta gente; e lanotte vo baloccone per città come larvae mi sento sbranarele viscere da tanti indigenti che giacciono per le stradee gridanopane; non so se per loro colpao d'altri - so che domandano pane.Oggi tornandomi dalla posta mi sono abbattuto in due sciaguratimenati al patibolo: ne ho chiesto a quei che mi si affollavanoaddosso; e mi è stato rispostoche uno avea rubato una mulae l'altro cinquantasei lire per fame (14.. Ahi Società! E senon vi fossero leggi protettrici di coloro che per arricchire colsudore e col pianto de' proprj concittadini li sospingo al bisogno eal delittosarebbero poi sì necessarie le prigioni e icarnefici? Io non sono sì matto da presumere di riordinare imortali; ma perché mi si contenderà di fremere su leloro miserie e più di tutto su la lor cecità? - E mivien detto che non v'ha settimana senza carneficina; e il popolo viaccorre come a solennità. I delitti intanto crescono co'supplizj. Nono; non voglio più respirare quest'aria fumantesempre del sangue de' miseri. - E dove?

Firenze27 Agosto

Dianziio adorava le sepolture di Galileodel Machiavellie diMichelangelo; e nell'appressarmivi io tremava preso da brivido.Coloro che hanno eretti que' mausolei sperano forse di scolparsidella povertà e delle carceri con le quali i loro avi punivanola grandezza di que' divini intelletti? Oh quanti perseguitati nelnostro secolo saranno venerati da' posteri! Ma e le persecuzioni a'vivie gli onori a' morti sono documenti della maligna ambizione cherode l'umano gregge.

Pressoa que' marmi mi parea di rivivere in quegli anni miei fervidiquand'io vegliando su gli scritti de' grandi mortali mi gittava conla immaginazione fra i plausi delle generazioni future. Ma ora troppoalte cose per me! - e pazze forse. La mia mente è ciecalemembra vacillantie il cuore guasto qui - nel profondo.

Ritientile commendatizie di cui mi scrivi: quelle che mi mandasti io le hobruciate. Non voglio più oltragginé favori da verunodegli uomini potenti. L'unico mortale ch'io desiderava conoscere eraVittorio Alfieri; ma odo dire ch'ei non accoglie persone nuove: néio presumo di fargli rompere questo suo proponimento che deriva forseda' tempida' suoi studje più ancora dalle sue passioni edall'esperienza del momdo. E fosse anche una debolezzale debolezzedi sì fatti mortali vanno rispettate; e chi n'è senzascagli la prima pietra.



Firenze7 Settembre

Spalancale finestreo Lorenzoe saluta dalla mia stanza i miei colli. In unbel mattino di Settembre saluta in mio nome il cieloi laghilepianureche si ricordano tutti della mia fanciullezzae dove io peralcun tempo ho riposato dopo le ansietà della vita. Sepasseggiando nelle notti serene i piedi ti conducessero verso i vialidella parrocchiaio ti prego di salire sul monte de' pini che serbatante dolci e funeste mie rimembranze. Appiè del pendiopassata la macchia de' tigli che fanno l'aere sempre fresco eodoratolà dove que' rigagnoli adunano un pelaghettotroverai il salice solitario sotto i cui rami piangenti io stava piùore prostrato parlando con le mie speranze. E come tu sarai giuntopresso alla vettaudrai forse un cuculo il quale parea che ogni serami chiamasse col lugubre suo metroe soltanto lo interrompea quandoaccorgevasi del mio borbottare o del calpestio de' miei piedi. Ilpino dove allora e' si stava nascostofa ombra a' rottami di unacappelletta ove anticamente si ardeva una lampada a un crocifisso: ilturbine la sfracellò quella notte che lasciò fino adoggi e mi lascierà finché avrò vita lo spiritoatterrito di tenebre e di rimorso (15.; e quelle ruine mezzosotterrate mi pareano nell'oscurità pietre sepolcralie piùvolte io mi pensava di erigere in quel luogo e fra quelle secreteombre il mio avello. Ed ora? chi sa ov'io lascierò le mieossa! - Consola tutti i contadini che ti chiederanno novelle di me.Già tempo mi si affollavano attornoed io li chiamava mieiamicie mi chiamavano benefattore. Io era il medico piùaccetto a' loro figliuoletti malati; io ascoltava amorevolmente lequerele di que' meschini lavoratorie componeva i loro dissidj; iofilosofava con que' rozzi vecchj cadenti ingegnandomi di dileguaredalla lor fantasia i terrori della religionee dipingendo i premjche il Cielo riserba all'uomo stanco della povertà e delsudore. Ma ora s'attristeranno nel nominarmipoiché in questiultimi mesi passava muto e fantastico senza talvolta rispondere a'loro saluti; e scorgendoli da lontano mentre cantando tornavano da'lavorio riconduceano gli armentiio gli scansava imboscandomi dovela selva è più negra. E mi vedeano su l'alba saltare ifossi e sbadatamente urtar gli arboscellii quali crollando mipioveano la brina su le chiome; e così affrettarmi per leprateriee poi arrampicarmi sul monte più alto donde iofermandomi ritto e ansantecon le braccia stese all'orienteaspettava il Sole per querelarmi con lui che più non sorgevaallegro per me. Ti additeranno il ciglione della rupe sul qualementre il mondo era addormentatoio sedeva intento al lontanofragore delle acquee al rombare dell'aria quando i ventiammassavano quasi su la mia testa le nuvolee le spingevano afunestare la Luna che tramontandoad ora ad ora illuminava nellapianura co' suoi pallidi raggi le croci conficcate su i tumuli delcimitero; e allora il villano de' vicini tugurjper le mie gridadestandosi sbigottitos'affacciava alla portae m'udiva in quelsilenzio solenne mandare le mie precie piangeree ululareeguatare dall'alto le sepolturee invocare la morte. O antica miasolitudine! Ove sei tu? Non v'è glebanon antronon alberoche non mi riviva nel cuore alimentandomi quel soave e pateticodesiderio che sempre accompagna fuori dalle sue case l'uomo esuleesventurato. Parmi che i miei piaceri e i miei dolorii quali in que'luoghi m'erano cari - tutto insomma quello ch'è miosiarimasto tutto con te; e che qui non si trascini pellegrinando se nonlo spettro del povero Jacopo.

Matuamico unico mioperché appena mi scrivi due nude paroleavvisandomi che tu se' con Teresa? E non mi dici né come vive;né se s'attenta di nominarmi; né se Odoardo me l'harapita? Corroe ricorro alla postama senza pro; e torno lentosmarritoe mi si legge nel volto il presentimento di grave sciagura.E mi par d'ora in ora udirmi pronunziare la mia sentenza mortale -Teresa ha giurato. - Ohimè! e quando mai cesserò da'miei funebri delirje dalle mie crudeli lusinghe? Addio.



Firenze17 Settembre

Tumi hai inchiodata la disperazione nel cuore. Vedo oramai che Teresatenta di punirmi d'averla amata. Il suo ritratto l'aveva mandato asua madre prima ch'io lo chiedessi? - tu me ne accertied io credo;ma guardati che per tentare di risanarmi tu non congiurassi acontendermi l'unico balsamo alle mie viscere lacerate.

Omie speranze! si dileguano tutte; ed io siedo qui derelitto nellasolitudine del mio dolore.

Inche devo più confidare? non mi tradireLorenzo: io non tiperderò mai dal mio pettoperché la tua memoria ènecessaria all'amico tuo: in qualunque tua avversità tu non miavresti perduto. Sono io dunque destinato a vedermi svanire tuttodavanti? - anche l'unico avanzo di tante speranze? ma sia così!io non mi querelo né di leiné di te - non di mestessonon della mia fortuna - ben m'avvilisco con tante lagrimeeperdo la consolazione di poter dire: Soffro i miei travagli e non milamento.

Voitutti mi lascierete - tutti: e il mio gemito vi seguirà da pertutto; perché senza di voi non sono uomo: e da ogni luogo virichiamerò disperato. - Ecco le poche parole scrittemi daTeresa: "Abbiate rispetto alla vostra vita; ve ne scongiuro perle nostre disgrazie. Non siamo noi due soli infelici. Avrete il mioritratto quando potrò. Mio padre piange con me; e non glirincresce ch'io risponda al biglietto che mi ha ricapitato da partevostra; pur con le sue lagrime a me pare che tacitamente mi proibiscadi scrivervi d'ora innanzi - ed io piangendo lo prometto; e viscrivoforse per l'ultima voltapiangendo - perché io nonpotrò più confessare d'amarvi fuorché davanti aDio solo".

Tusei dunque più forte di me? Sìripeterò questepoche righe come fossero le tue ultime volontà - parleròteco un'altra voltao Teresa; ma solamente quel giorno che mi saròagguerrito di tanta ragione e di tale coraggio da separarmi davveroda te.

Chese ora l'amarti di questo amore insoffribileimmensoe tacere eseppellirmi agli occhi di tuttipotesse ridarti pace - se la miamorte potesse espiare al tribunale de' nostri persecutori la tuapassione e sopirla per sempre dentro il tuo pettoio supplico contutto l'ardore e la verità dell'anima mia la Natura ed ilCielo perché mi tolgano finalmente dal mondo. Or ch'io resistaal mio fatale e insieme dolcissimo desiderio di mortete loprometto; ma ch'io lo vincaah! tu sola con le tue preghiere potraiforse impetrarmelo dal mio Creatore - e sento che ad ogni modo ei michiama. Ma tu deh! vivi per quanto puoi felice - per quanto puoiancora. Iddio forse convertirà a tua consolazionesfortunatagiovinequeste lagrime penitenti ch'io mando a lui domandandoglimisericordia per te. Pur troppo tupur troppotu ora partecipi deldoloroso mio statoe per me tu se' fatta infelice - e come ho iorimeritato tuo padre delle affettuose sue curedella fiduciade'suoi consiglidelle sue carezze? e tu a che precipizio non ti se'trovata e non ti trovi per me? - Ma e di che dunque mi ha eglibeneficato tuo padree ch'io oggi nol ricompensi con gratitudineinaudita? non gli presento in sacrificio il mio cuore che insanguina?Nessun mortale mi è creditore di generosità; - néioche pur sonoe tu 'l saiferocissimo giudice mio possoincolparmi d'averti amata - bensì l'esserti causa d'affannièil più crudele delitto ch'io mai potessi commettere.

Ohimè!con chi parlo? e a che pro?

Sequesta lettera ti trova ancora a' miei collio Lorenzonon lamostrare a Teresa. Non le parlare di me - se te ne chiededillech'io vivoch'io vivo ancora - non le parlare insomma di me. Ma iote lo confesso: mi compiaccio delle mie infermità: io stessopalpo le mie ferite dove sono più mortalie cercod'esulcerarlee le contemplo insanguinate - e mi pare che i mieimartirj rechino qualche espiazione alle mie colpee un breverefrigerio a' dolori di quella innocente.



Firenze25 Settembre

Inqueste terre beate si ridestarono dalla barbarie le sacre Muse e lelettere. Dovunque io mi volgatrovo le case ove nacqueroe le piezolle dove riposano que' primi grandi Toscani: ad ogni passo hotimore di calpestare le loro reliquie. La Toscana ètuttaquanta una città continuatae un giardino; il popolonaturalmente gentile; il cielo sereno; e l'aria piena di vita e disalute. Ma l'amico tuo non trova requie: spero sempre - domaninelpaese vicino - e il domani vieneed eccomi di città in cittàe mi pesa sempre più questo stato di esilio e di solitudine. -Neppure mi è conceduto di proseguire il mio viaggio: aveadecretato di andare a Roma a prostrarmi su le reliquie della nostragrandezza. Mi negano il passaporto; quello già mandatomi damia madre è per Milano: e quicome s'io fossi venuto acongiuraremi hanno circuito con mille interrogazioni: non avrantorto; ma io risponderò domanipartendo. - Così noitutti Italiani siamo fuorusciti e stranieri in Italia: e lontaniappena dal nostro territoriuccioné ingegnoné famané illibati costumi ci sono di scudo: e guai se t'attenti dimostrare una dramma di sublime coraggio! Sbanditi appena dalle nostreportenon troviamo chi ne raccolga. Spogliati dagli unischernitidagli altritraditi sempre da tuttiabbandonati da' nostri medesimiconcittadinii quali anziché compiangersi e soccorrersi nellacomune calamitàguardano come barbari tutti quegl'Italianiche non sono della loro provinciae dalle cui membra non suonano lestesse catene - dimmiLorenzoquale asilo ci resta? Le nostre messihanno arricchiti nostri dominatori; ma le nostre terre nonsomministrano né tugurj né pane a tanti Italiani che larivoluzione ha balestrati fuori dal cielo natioe che languenti difame e di stanchezza hanno sempre all'orecchio il soloil supremoconsigliere dell'uomo destituto da tutta la naturail delitto! Pernoi dunque quale asilo più restafuorché il desertoela tomba? - e la viltà! e chi più si avvilisce piùvive forse; ma vituperoso a se stessoe deriso da quei tirannimedesimi a cui si vendee da' quali sarà un dìtrafficato.

Hocorsa tutta Toscana. Tutti i monti e tutti i campi sono insigni perle fraterne battaglie di quattro secoli addietro; i cadaveri intantod'infiniti Italiani ammazzatisi hanno fatte le fondamenta a' tronidegl'Imperadori e de' Papi. Sono salito a Monteaperto dove èinfame ancor la memoria della sconfitta de' Guelfi (16.. - Albeggiavaappena un crepuscolo di giornoe in quel mesto silenzioe in quellaoscurità freddacon l'anima investita da tutte le antiche efiere sventure che sbranano la nostra patria - o mio Lorenzo! io misono sentito abbrividiree rizzare i capelli; io gridava dall'altocon voce minacciosa e spaventata. E mi parea che salissero escendessero dalle vie dirupate della montagna le ombre di tutti que'Toscani che si erano uccisi; con le spade e le vesti insanguinate;guatarsi biechie fremere tempestosamentee azzuffarsi e lacerarsile antiche ferite. - O! per chi quel sangue? il figliuolo tronca ilcapo al padre e lo squassa per le chiome - e per chi tanta scelleratacarnificina? I re per cui vi trucidate si stringono nel bollor dellazuffa le destre e pacificamente si dividono le vostre vesti e ilvostro terreno. - Urlando io fuggiva precipitosamente guatandomidietro. E quelle orride fantasie mi seguitavano sempre - e ancoraquando io mi trovo solo di notte mi sento attorno quegli spettriecon essi uno spettro più tremendo di tuttie ch'io soloconosco. - E perché io debbo dunqueo mia patriaaccusartisempre e compiangertisenza niuna speranza di poterti emendare o disoccorrerti mai?



Milano27 Ottobre

Tiscrissi da Parma; e poi da Milano il dì ch'io ci giunsi: lasettimana addietro ti scrissi una lettera lunghissima. Come dunque latua mi capita sì tardae per la via di Toscana d'onde partiisino dai 28 Settembre? mi morde un sospetto: le nostre lettere sonointercette. I governi millantano la sicurezza delle sostanze; mainvadono intanto il secretola preziosissima di tutte le proprietà:vietano le tacite querele; e profanano l'asilo sacro che le sventurecercano nel petto dell'amicizia. Sia pure! io mel dovea prevedere: maque' loro manigoldi non andranno più a caccia delle nostreparole e de' nostri pensieri. Troverò compenso perchéle nostre lettere d'ora in poi viaggino inviolate.

Tumi chiedi novelle di Giuseppe Parini: serba la sua generosa fierezzama parmi sgomentato dai tempi e dalla vecchiaja. Andandolo avisitarelo incontrai su la porta delle sue stanze mentre eglistrascinavasi per uscire. Mi ravvisò; e fermatosi sul suobastonemi posò la mano su la spalladicendomi: Tu vieni arivedere quest'animoso cavallo che si sente nel cuore la superbiadella sua bella gioventù; ma che ora stramazza fra via e sirialza soltanto per le battiture della fortuna. - E' paventa diessere cacciato dalla sua cattedrae di trovarsi costretto doposettanta anni di studj e di gloria ad agonizzare elemosinando.



Milano11 Novembre

Chiesila vita di Benvenuto Cellini a un librajo - Non l'abbiamo. Lorichiesi di un altro scrittore; e allora quasi dispettoso mi dissech'ei non vendeva libri italiani. La gente civile parla elegantementefrancesee appena intende lo schietto toscano. I pubblici atti e leleggi sono scritte in una cotal lingua bastarda che le ignude frasisuggellano la ignoranza e la servitù di chi le detta. IDemosteni Cisalpini disputarono caldamente nel loro senato peresiliare con sentenza capitale dalla repubblica la lingua greca e lalatina. S'è creata una legge che avea l'unico fine di sbandireda ogni impiego il matematico Gregorio Fontanae Vincenzo Montipoeta; non so cos'abbiano scritto contro alla Libertàprimache fosse discesa a prostituirsi in Italia; so che sono presti ascrivere anche per essa. E quale pur fosse la loro colpalaingiustizia della punizione li assolvee la solennità d'unalegge creata per due soli individui accresce la loro celebrità.- Chiesi ov'erano le sale de' Consiglj Legislativi: pochi m'intesero;pochissimi mi risposero; e niuno seppe insegnarmi.



Milano4 Dicembre

Siatiquesta l'unica risposta a' tuoi consiglj. In tutti i paesi ho vedutogli uomini sempre di tre sorta: i pochi che comandano; l'universalitàche serve; e i molti che brigano. Noi non possiam comandarenéforse siam tanto scaltri; noi non siam ciechiné vogliamoubbidire; noi non ci degniamo di brigare. E il meglio è viverecome que' cani senza padrone a' quali non toccano né tozzi népercosse. - Che vuoi tu ch'io accatti protezioni ed impieghi in unoStato ov'io sono reputato stranieroe donde il capriccio di ognispia può farmi sfrattare? Tu mi esalti sempre il mio ingegno;sai tu quanto io vaglio? né più né meno di ciòche vale la mia entrata: se per altro io non facessi il letterato dicorterintuzzando quel nobile ardire che irrita i potentiedissimulando la virtù e la scienzaper non rimproverarlidella loro ignoranzae delle loro scelleraggini. Letterati! - O! tudiraicosì da per tutto. - E sia così: lascio il mondocom'è; ma s'io dovessi impacciarmente vorrei o che gli uominimutassero modoo che mi facessero mozzare il capo sul palco; equesto mi pare più facile. Non che i tirannetti non siavveggano delle brighe; ma gli uomini balzati da' trivj al tronohanno d'uopo di faziosi che poi non possono contenere. Gonfj delpresentespensierati dell'avvenirepoveri di famadi coraggio ed'ingegnosi armano di adulatori e di satellitida' qualiquantunque spesso traditi e derisinon sanno più svilupparsi:perpetua ruota di servitùdi licenza e di tirannia. Peressere padroni e ladri del popolo conviene prima lasciarsi opprimeredepredaree conviene leccare la spada grondante del tuo sangue. Cosìpotrei forse procacciarmi una caricaqualche migliajo di scudi ognianno di piùrimorsied infamia. Odilo un'altra volta: Nonreciterò mai la parte del piccolo briccone.

Tantoe tanto so di essere calpestato; ma almen fra la turba immensa de'miei conservisimile a quegli insetti che sono sbadatamenteschiacciati da chi passeggia. Non mi glorio come tanti altri dellaservitù; né i miei tiranni si pasceranno del mioavvilimento. Serbino ad altri le loro ingiurie e i lor beneficj; e'vi son tanti che pur vi agognano! Io fuggirò il vituperiomorendo ignoto. E quando io fossi costretto ad uscire dalla miaoscurità - anziché mostrarmi fortunato stromento dellalicenza o della tirannidetorrei d'essere vittima deplorata.

Chese mi mancasse il pane e il fuocoe questa che tu mi additi fossel'unica sorgente di vita - cessi il cielo ch'io insulti allanecessità di tanti altri che non potrebbero imitarmi -davveroLorenzoio me n'andrei alla patria di tuttidove non visono né delatoriné conquistatoriné letteratidi cortené principi; dove le ricchezze non coronano ildelitto; dove il misero non è giustiziato non per altro se nonperché è misero; dove un dì o l'altro verrannotutti ad abitare con me e a rimescolarsi nella materiasotterra.

Aggrappandomisul dirupo della vitasieguo alle volte un lume ch'io scorgo dalontano e che non posso raggiungere mai. Anzi mi pare che s'io fossicon tutto il corpo dentro la fossae che rimanessi sopra terrasolamente col capomi vedrei sempre quel lume sfolgorare sugliocchi. O Gloria! tu mi corri sempre dinanzie così milusinghi a un viaggio a cui le mie piante non reggono più. Madal giorno che tu più non sei la mia sola e prima passioneiltuo risplendente fantasma comincia a spegnersi e a barcollare - cadee si risolve in un mucchio d'ossa e di ceneri fra le quali io veggiosfavillar tratto tratto alcuni languidi raggi; ma ben presto iopasserò camminando sopra il tuo scheletrosorridendo dellamia delusa ambizione. - Quante volte vergognando di morire ignoto almio secolo ho accarezzato io medesimo le mie angosce mentre misentiva tutto il bisogno e il coraggio di terminarle! Né avreiforse sopravvissuto alla mia patriase non mi avesse rattenuto ilfolle timoreche la pietra posta sopra il mio cadavere nonseppellisse ad un tempo il mio nome. Lo confesso; sovente ho guardatocon una specie di compiacenza le miserie d'Italiapoiché miparea che la fortuna e il mio ardire riserbassero forse anche a me ilmerito di liberarla. Io lo diceva jer sera al Parini - addio: ecco ilmesso del banchiere che viene a pigliar questa lettera; e il fogliotutto pieno mi dice di finire. - Pur ho a dirti ancora assai cose:protrarrò di spedirtela sino a sabbato; e continuerò ascriverti. Dopo tanti anni di sì affettuosa e leale amiciziaeccocie forse eternamentedisgiunti. A me non resta altro confortoche di gemere teco scrivendoti; e così mi libero alquanto da'miei pensieri; e la mia solitudine diventa assai meno spaventosa. Saiquante notti io mi risveglioe m'alzoe aggirandomi lentamente perle stanze t'invoco! siedo e ti scrivo; e quelle carte sono tuttemacchiate di pianto e piene de' miei pietosi delirj e de' miei ferociproponimenti. Ma non mi dà il cuore d'inviartele. Ne serbotalunae molte ne brucio. Quando poi il Cielo mi manda questimomenti di calmaio ti scrivo con quanto più di fermezza mi èpossibile per non contristarti del mio immenso dolore. Né mistancherò di scriverti; tutt'altro conforto è perduto;né tumio Lorenzoti stancherai di leggere queste cartech'io senza vanitàsenza studio e senza rossore ti ho semprescritto ne' sommi piaceri e ne' sommi dolori dell'anima mia. Serbale.Presento che un dì ti saranno necessarie per viverealmenocome potraicol tuo Jacopo.

Jersera dunque io passeggiava con quel vecchio venerando nel sobborgoorientale della città sotto un boschetto di tigli. Egli sisosteneva da una parte sul mio bracciodall'altra sul suo bastone: etalora guardava gli storpj suoi piedie poi senza dire parolavolgevasi a mequasi si dolesse di quella sua infermitàe miringraziasse della pazienza con la quale io lo accompagnava. S'assisesopra uno di que' sedili ed io con lui: il suo servo ci stava pocodiscosto. Il Parini è il personaggio più dignitoso epiù eloquente ch'io m'abbia mai conosciuto; e d'altronde unprofondogenerosomeditato dolore a chi non dà sommaeloquenza? Mi parlò a lungo della sua patriae fremeva e perle antiche tirannidi e per la nuova licenza. Le lettere prostituite;tutte le passioni languenti e degenerate in una indolente vilissimacorruzione: non più la sacra ospitalitànon labenevolenzanon più l'amore figliale - e poi mi tesseva gliannali recentie i delitti di tanti uomiciattoli ch'io degnerei dinominarese le loro scelleraggini mostrassero il vigore d'animonondirò di Silla e di Catilinama di quegli animosi masnadieriche affrontano il misfatto quantunque e' si vedano presso il patibolo- ma ladroncellitremantisaccenti - più onesto insomma ètacerne. - A quelle parole io m'infiammava di un sovrumano furoreesorgeva gridando: Ché non si tenta? morremo? ma frutteràdal nostro sangue il vendicatore. - Egli mi guardò attonito:gli occhi miei in quel dubbio chiarore scintillavano spaventosie ilmio dimesso e pallido aspetto si rialzò con aria minaccevole -io tacevama si sentiva ancora un fremito rumoreggiare cupamentedentro il mio petto. E ripresi: Non avremo salute mai? ah se gliuomini si conducessero sempre al fianco la mortenon servirebbero sìvilmente. - Il Parini non apria bocca; ma stringendomi il bracciomiguardava ogni ora più fisso. Poi mi trassecome accennandomiperch'io tornassi a sedermi: E pensituproruppeche s'iodiscernessi un barlume di libertàmi perderei ad onta dellamia inferma vecchiaja in questi vani lamenti? o giovine degno dipatria più grata! se non puoi spegnere quel tuo ardore fataleché non lo volgi ad altre passioni?

Alloraio guardai nel passato - allora io mi voltava avidamente al futuroma io errava sempre nel vano e le mie braccia tornavano deluse senzapur mai stringere nulla; e conobbi tutta tutta la disperazione delmio stato. Narrai a quel generoso Italiano la storia delle miepassionie gli dipinsi Teresa come uno di que' genj celesti i qualipar che discendano a illuminare la stanza tenebrosa di questa vita. Ealle mie parole e al mio piantoil vecchio pietoso più voltesospirò dal cuore profondo. - Noio gli dissinon veggo piùche il sepolcro: sono figlio di madre affettuosa e benefica; spessevolte mi sembrò di vederla calcare tremando le mie pedate eseguirmi fino a sommo il montedonde io stava per diruparmiementre era quasi con tutto il corpo abbandonato nell'aria - essaafferravami per la falda delle vestie mi ritraevaed io volgendominon udiva più che il suo pianto. Pure s'ella - spiasse tuttigli occulti miei guaiimplorerebbe ella stessa dal Cielo il terminedegli ansiosi miei giorni. Ma l'unica fiamma vitale che anima ancoraquesto travagliato mio corpoè la speranza di tentare lalibertà della patria. - Egli sorrise mestamente; e poichés'accorse che la mia voce infiochivae i miei sguardi si abbassavanoimmoti sul suoloricominciò: - Forse questo tuo furore digloria potrebbe trarti a difficili imprese; ma - credimi; la famadegli eroi spetta un quarto alla loro audacia; due quarti alla sorte;e l'altro quarto a' loro delitti. Pur se ti reputi bastevolmentefortunato e crudele per aspirare a questa gloriapensi tu che itempi te ne porgano i mezzi? I gemiti di tutte le etàequesto giogo della nostra patria non ti hanno per anco insegnato chenon si dee aspettare libertà dallo straniero? Chiunques'intrica nelle faccende di un paese conquistato non ritrae che ilpubblico dannoe la propria infamia. Quando e doveri e dirittistanno su la punta della spadail forte scrive le leggi col sangue epretende il sacrificio della virtù. E allora? avrai tu la famae il valore di Annibale che profugo cercava per l'universo un nemicoal popolo Romano? - Né ti sarà dato di essere giustoimpunemente. Un giovine dritto e bollente di cuorema povero diricchezzeed incauto d'ingegno quale sei tusarà sempre ol'ordigno del faziosoo la vittima del potente. E dove tu nellepubbliche cose possa preservarti incontaminato dalla comune brutturaoh! tu sarai altamente laudato; ma spento poscia dal pugnale notturnodella calunnia; la tua prigione sarà abbandonata da' tuoiamicie il tuo sepolcro degnato appena di un secreto sospiro. - Maponiamo che tu superando e la prepotenza degli stranieri e lamalignità de' tuoi concittadini e la corruzione de' tempipotessi aspirare al tuo intento; di'? spargerai tutto il sangue colquale conviene nutrire una nascente repubblica? arderai le tue casecon le faci della guerra civile? unirai col terrore i partiti?spegnerai con la morte le opinioni? adeguerai con le stragi lefortune? ma se tu cadi tra viavediti esecrato dagli uni comedemagogodagli altri come tiranno. Gli amori della moltitudine sonobrevi ed infausti; giudicapiù che dall'intentodallafortuna; chiama virtù il delitto utilee scelleragginel'onestà che le pare dannosa; e per avere i suoi plausiconviene o atterrirlao ingrassarlae ingannarla sempre. E ciòsia. Potrai tu allora inorgoglito dalla sterminata fortuna reprimerein te la libidine del supremo potere che ti sarà fomentata edal sentimento della tua superioritàe della conoscenza delcomune avvilimento? I mortali sono naturalmente schiavinaturalmentetiranninaturalmente ciechi. Intento tu allora a puntellare il tuotronodi filosofo saresti fatto tiranno; e per pochi anni dipossanza e di tremoreavresti perduta la tua pacee confuso il tuonome fra la immensa turba dei despoti. - Ti avanza ancora un seggiofra' capitani; il quale si afferra per mezzo di un ardire ferocediuna avidità che rapisce per profonderee spesso di una viltàper cui si lambe la mano che t'aita a salire. Ma - o figliuolo!l'umanità geme al nascere di un conquistatore; e non ha perconforto se non la speranza di sorridere su la sua bara. -

Tacque- ed io dopo lunghissimo silenzio esclamai: O Cocceo Nerva! tu almenosapevi morire incontaminato (17.. - Il vecchio mi guardò - Setu né speriné temi fuori di questo mondo - e mistringeva la mano - ma io! - Alzò gli occhi al Cieloe quellasevera sua fisionomia si raddolciva di soave confortocome s'eilassù contemplasse tutte le tue speranze. - Intesi uncalpestio che s'avanzava verso di noi; e poi travidi gente fra'tiglj; ci rizzammo; e l'accompagnai sino alle sue stanze.

Ahs'io non mi sentissi oramai spento quel fuoco celeste che nel tempodella fresca mia gioventù spargeva raggi su tutte le cose chemi stavano intornomentre oggi vo brancolando in una vota oscurità!s'io potessi avere un tetto ove dormire sicuro; se non mi fosseconteso di rinselvarmi fra le ombre del mio romitorio; se un amoredisperato che la mia ragione combatte sempree che non puòvincere mai - questo amore ch'io celo a me stessoma che riarde ognigiorno e che s'è fatto onnipotenteimmortale - ahi! la Naturaci ha dotati di questa passione che è indomabile in noi forsepiù dell'istinto fatale della vita - se io potessi insommaimpetrare un anno solo di calmail tuo povero amico vorrebbesciogliere ancora un voto e poi morire. Io odo la mia patria chegrida: - SCRIVI CIÒ CHE VEDESTI. MANDERO LA MIA VOCE DALLEROVINEE TI DETTERÒ LA MIA STORIA. PIANGERANNO I SECOLI SU LAMIA SOLITUDINE; E LE GENTI SI AMMAESTRERANNO NELLE MIE DISAVVENTURE.IL TEMPO ABBATTE IL FORTE: E I DELITTI DI SANGUE SONO LAVATI NELSANGUE. - E tu lo saiLorenzoavrei coraggio di scrivere; mal'ingegno va morendo con le mie forzee vedo che fra pochi mesi avròfornito questo mio angoscioso pellegrinaggio.

Mavoi pochi sublimi animi che solitarj o perseguitatisu le antichesciagure della nostra patria fremetese i cieli vi contendono dilottare contro la forzaperché almeno non raccontate allaposterità i nostri mali? Alzate la voce in nome di tuttiedite al mondo: Che siamo sfortunatima né ciechi névili; che non ci manca il coraggioma la possanza. - Se avetebraccia in cateneperché inceppate da voi stessi anche ilvostro intelletto di cui né i tiranni né la fortunaarbitri d'ogni cosapossono essere arbitri mai? Scrivete. Abbiatebensì compassione a' vostri concittadinie non istigatevanamente le lor passioni politiche; ma sprezzate l'universalitàde' vostri contemporanei: il genere umano d'oggi ha le frenesie e ladebolezza della decrepitezza; ma l'umano genereappunto quand'èprossimo a morterinasce vigorosissimo. Scrivete a quei cheverrannoe che soli saranno degni d'udirvie forti da vendicarvi.Perseguitate con la verità i vostri persecutori. E poi che nonpotete opprimerlimentre vivonoco' pugnaliopprimeteli almeno conl'obbrobrio per tutti i secoli futuri. Se ad alcuni di voi èrapita la patriala tranquillitàe le sostanze; se niuno osadivenire marito; se tutti paventano il dolce nome di padreper nonprocreare nell'esilio e nel dolore nuovi schiavi e nuovi infeliciperché mai accarezzate così vilmente la vita ignuda ditutti i piaceri? Perché non la consecrate all'unico fantasmach'è duce degli uomini generosila gloria? Giudicheretel'Europa viventee la vostra sentenza illuminerà le gentiavvenire. L'umana viltà vi mostra terrori e pericoli; ma voisiete forse immortali? fra l'avvilimento delle carceri e de' supplicjv'innalzerete sovra il potentee il suo futuro contro di voiaccrescerà il suo vituperio e la vostra fama.



Milano6 Febbraio 1799

Diriggile tue lettere a Nizza di Provenza perch'io domani parto versoFrancia: e chi sa? forse assai più lontano: certo che inFrancia non mi starò lungamente. Non rammaricartio Lorenzodi ciò; e consola quanto tu puoi la povera madre mia. Tu diraiforse ch'io dovrei fuggire prima me stessoe che se non v'ha luogodov'io trovi stanzasarebbe omai tempo ch'io m'acquetassi. Èveronon trovo stanza; ma qui peggio che altrove. La stagionelanebbia perpetuaquest'aria mortacerte fisonomie - e poi - forsem'inganno - ma parmi di trovar poco cuore; né possoincolparli; tutto si acquista; ma la compassione e la generositàe molto più certa delicatezza di animo nascono sempre con noie non le cerca se non chi le sente. - Insomma domani. E mi si èfitta in fantasia tale necessità di partireche queste ored'indugio mi pajono anni di carcere.

Malaugurato!perché mai tutti i suoi sensi si risentono soltanto al doloresimili a quelle membra scorticate che all'alito più blandodell'aria si ritirano? goditi il mondo com'èe tu vivrai piùriposato e men pazzo. - Ma se a chi mi declama sì fattisermoniio dicessi: Quando ti salta addosso la febbrefa che ilpolso ti batta più lentoe sarai sano - non avrebbe egliragione da credermi farneticante di peggior febbre? come dunque potròio dar leggi al mio sangue che fluttua rapidissimo? e quando urta nelcuore io sento che vi si ammassa bollendoe poi sgorgaimpetuosamente; e spesso all'improvviso e talora fra il sonno par chevoglia spaccarmisi il petto. - O Ulissi! eccomi ad obbedire allavostra saviezzaa patti ch'ioquando vi veggo dissimulatoriagghiacciatiincapaci di soccorrere alla povertà senzainsultarlae di difendere il debole dalla ingiustizia; quando viveggoper isfamare le vostre plebee passioncelleprostrati appiédel potente che odiate e che vi disprezzaallora io possatrasfondere in voi una stilla di questa mia fervida bile che purearmò spesso la mia voce e il mio braccio contro la prepotenza;che non mi lascia mai gli occhi asciutti né chiusa la manoalla vista della miseria; e che mi salverà sempre dallabassezza. Voi vi credete savie il mondo vi predica onesti: matoglietevi la paura! - Non vi affannate dunque; le parti sono pari:Dio vi preservi dalle mie pazzie; ed io lo prego con tuttal'espansione dell'anima perché mi preservi dalla vostrasaviezza. - E s'io scorgo costoroanche quando passano senzavedermiio corro subitamente a cercare rifugio nel tuo pettooLorenzo. Tu rispetti amorosamente le mie passioniquantunque tuabbia sovente veduto il leone ammansarsi alla sola tua voce. Ma ora!Tu il vedi: ogni consiglio e ogni ragione è funesta per me.Guai s'io non obbedissi al mio cuore! - la Ragione? - è comeil vento; ammorza le facied anima gl'incendj. Addio frattanto.



Ore10della mattina

Ripenso- e sarà meglio che tu non mi scriva finché tu nonabbia mie lettere. Prendo il cammino delle Alpi Liguri per iscansarei ghiacci del Moncenis: sai quanto micidiale m'è il freddo.



Ore1

Nuovoinciampo: hanno a passare ancora due giorni prima ch'io riabbia ilpassaporto. Consegnerò questa lettera nel punto ch'io saròper salire in calesse.



8Febbraroore 1 ½

Eccomicon le lagrime su le tue lettere. Riordinando le mie carte mi sonovenuti sott'occhio questi pochi versi che tu mi scrivevi sotto unalettera di mia madre due giorni innanzi ch'io abbandonassi i mieicolli. - "T'accompagnano tutti i miei pensierio mio Jacopo:t'accompagnano i miei votie la mia amiciziache vivràeterna per te. Io sarò sempre l'amico tuo e il tuo fratellod'amore; e dividerò teco anche l'anima mia." Sai tu ch'iovo ripetendo queste parolee mi sento sì fieramente percossoche sono in procinto di venire a gittarmiti al collo e a spirare frale tue braccia? Addio addio. Tornerò.



Ore3

Sonoandato a dire addio al Parini. - Addiomi disseo giovinesfortunato. Tu porterai da per tutto e sempre con te le tue generosepassioni alle quali non potrai soddisfare giammai. Tu sarai sempreinfelice. Io non posso consolarti co' miei consigljperchéneppure giovano alle sventure mie derivanti dal medesimo fonte. Ilfreddo dell'età ha intorpidito le mie membra; ma il cuore -veglia ancora. Il solo conforto ch'io possa darti è la miapietà: e tu la porti tutta con te. Fra poco io non vivròpiùma se le mie ceneri serberanno alcun sentimento - setroverai qualche sollievo querelandoti su la mia sepolturavieni. -Io proruppi in dirottissime lagrimee lo lasciai: ed uscìseguendomi con gli occhi mentr'io fuggiva per quel lunghissimocorridojoe intesi che ei tuttavia mi diceva con voce piangente -addio.



Ore9 della sera

Tuttoè in punto: I cavalli sono ordinati per la mezzanotte - vado acoricarmi così vestito sino a che giungano: mi sento sìstracco! - addio frattanto; addio Lorenzo - Scrivo il tuo nome e tisaluto con tenerezza e con certa superstizione ch'io non ho provatomai mai. Ci rivedremo - se mai dovessi! noio non morrei senzarivederti e senza ringraziarti per sempre - e temia Teresa: mapoiché il mio infelicissimo amore costerebbe la tua pace ed ilpianto della tua famigliaio fuggo senza sapere dove mi trascineràil mio destino: l'Alpi e l'Oceano e un mondo interos'èpossibileci divida.



Genova11 Febbraro

Eccoil Sole più bello! Tutte le mie fibre sono in un tremito soaveperché risentono la giocondità di questo Cieloraggiante e salubre. Sono pure contento di essere partito! proseguiròfra poche ore; non so ancora dirti dove mi fermerònéquando terminerà il mio viaggio: ma per li 16 sarò inTolone.



DallaPietra15 Febbraro

Stradealpestrimontagne orride dirupatetutto il rigore del tempotuttala stanchezza e i fastidj del viaggioe poi?

Nuovitormenti e nuovi tormentati. (18.

Scrivoda un paesetto appié delle Alpi Marittime. E mi fu forza disostare perché la posta è senza cavalcatura; néso quando potrò partire. Eccomi dunque sempre con tee semprecon nuove afflizioni: sono destinato a non movere passo senzaincontrare lungo la mia via dolore. - In questi due giorni io uscivaverso mezzodì un miglio forse lungi dall'abitatopasseggiandofra certi oliveti che stanno verso la spiaggia del mare: io vado aconsolarmi a' raggi del Solee a bere di quel aere vivace;quantunque anche in questo tepido clima il verno di questo anno èclemente meno assai dell'usato. E là mi pensava di esseretutto soloo almeno sconosciuto a que' viventi che passavano; maappena mi ridussi a casaMichele il quale salì a ravviarmi ilfuocomi venia raccontandocome certo uomo quasi mendico capitatopoc'anzi in questa balorda osteria gli chieses'io era un giovineche avea già tempo studiato in Padova; non gli sapea dire ilnomema porgeva assai contrassegni e di me e di que' tempienominava te pure - Davveroseguì a dire Micheleio mitrovava imbrogliato; gli risposi nonostante ch'ei s'apponeva: parlavaveneziano; ed è pure la dolce cosa il trovare in questesolitudini un compatriota - e poi - è così stracciato!insomma io gli promisi - forse può dispiacere al signore - mami ha fatto tanta compassionech'io gli promisi di farlo venire;anzi sta qui fuori. - E vengaio dissi a Michele - e aspettandolo misentiva tutta la persona inondata d'una subitanea tristezza. Ilragazzo rientrò con un uomo altomacilento; parea giovine ebello; ma il suo volto era contraffatto dalle rughe del dolore.Fratello! io era impellicciato e al fuoco; stava gittato oziosamentenella seggiola vicina il mio larghissimo tabarro; l'oste andava su egiù allestendomi da desinare - e quel misero; era appena infarsetto di tela ed io intirizziva solo a guardarlo. Forse la miamesta accoglienza e il meschino suo stato l'hanno disanimato allaprima; ma poi da poche mie parole s'accorse che il tuo Jacopo non ènato per disanimare gl'infelici; e s'assise con me a riscaldarsinarrandomi quest'ultimo lagrimevole anno della sua vita. Mi disse: Ioconobbi famigliarmente uno scolare che era dì e notte a Padovacon voi - e ti nominò - quanto tempo è ormai ch'io nonne odo novella! ma spero che la fortuna non gli sarà cosìiniqua. Io studiava allora - non ti diròmio Lorenzochiegli è. Dovrò io contristarti con le sciagure di unuomo che hai conosciuto felicee che tu forse ami ancora? ètroppo anche se la sorte ti ha condannato ad affliggerti sempre perme.

Eiproseguiva: Oggi venendo da Albengaprima di arrivare nel paese v'hoscontrato lungo la marina. Voi non vi siete avveduto com'io mivoltava spesso a considerarvie mi parea di avervi raffigurato; manon conoscendovi che di vistaed essendo scorsi quattro annisospettava di sbagliare. Il vostro servo poi mi accertò.

Loringraziai perch'ei fosse venuto a vedermi; gli parlai di te; e voimi siete anche più gratogli dissiperché m'aveterecato il nome di Lorenzo. - Non ti ripeterò il suo dolorosoracconto. Emigrò per la pace di Campo Formioe s'arruolòTenente nell'artiglieria Cisalpina. Querelandosi un giorno dellefatiche e delle angarie che gli parea di sopportaregli fu da unamico suo proferito un impiego. Abbandonò la milizia. Mal'amicol'impiegoe il tetto gli mancarono. Tapinò perl'Italiae s'imbarcò a Livorno. - Ma mentr'esso parlavaioudiva nella camera contigua un rammarichio di bambino e un sommessolamento; e m'avvidi ch'egli andavasi soffermandoe ascoltava concerta ansietà: e quando quel rammarichio tacevaeiripigliava. - Forsegli diss'iosaranno passaggeri giunti pur ora.- Nomi rispose; è la mia figlioletta di tredici mesi chepiange.

Eseguì a narrarmich'ei mentre era Tenente s'ammogliò auna fanciulla di povero statoe che le perpetue marcie a cui lagiovinetta non potea reggeree lo scarso stipendio lo stimolaronoanche più a confidare in colui che poi lo tradì. DaLivorno navigò a Marsigliacosì alla ventura: e sitrascinò per tutta Provenza; e poi nel Delfinatocercandod'insegnare l'Italianosenza mai potersi trovare né lavoro népane; ed ora tornavasi d'Avignone a Milano. Io mi rivolgo addietrocontinuòe guardo il tempo passatoe non so come sia passatoper me. Senza danaro; seguitato sempre da una moglie estenuataco'piedi lacericon le braccia spossate dal continuo peso di unacreatura innocente che domanda alimento all'esausto petto di suamadree che strazia con le sue strida le viscere degli sfortunatisuoi genitorimentre non possiamo acquetarla con la ragione dellenostre disgrazie. Quante giornate arsiquante notti assideratiabbiamo dormito nelle stalle fra' giumentio come le bestie nellecaverne! cacciato di città in città da tutti i governiperché la mia indigenza mi serrava la porta de' magistrationon mi concedeva di dar conto di me: e chi mi conoscevao non vollepiù conoscermio mi voltò le spalle. - E sìgli diss'ioso che in Milano e altrove molti de' nostri concittadiniemigrati sono tenuti liberali. - Dunquesoggiunsela mia fierafortuna li ha fatti crudeli unicamente per me. Anche le persone diottimo cuore si stancano di fare del bene; sono tanti i tapini! Ionon lo so - ma il tale - il tale (e i nomi di questi uomini ch'ioscopriva così ipocriti mi eranoLorenzotante coltellate nelcuore. chi mi ha fatto aspettare assai volte vanamente alla suaporta; chi dopo sviscerate promessemi fe' camminare molte migliasino al suo casino di diportoper farmi la limosina di poche lire:il più umano mi gittò un tozzo di pane senza volermivedere; e il più magnifico mi fece così sdruscitopassare fra un corteggio di famigli e di convitatie dopo d'avermirammemorata la scaduta prosperità della mia famigliaeinculcatomi lo studio e la probitàmi disse amichevolmenteche non mi rincrescesse di ritornare domattina per tempo. Tornatomiritrovai nell'anticamera tre servidoriuno de' quali mi disse che ilpadrone dormiva; e mi pose nelle mani due scudi e una camicia. Ahsignore! non so se voi siete ricco; ma il vostro aspettoe que'sospiri mi dicono che voi siete sventurato e pietoso. Credetemi; iovidi per prova che il danaro fa parere benefico anche l'usurajoeche l'uomo splendido di rado si degna di locare il suo beneficio fra'cenci. - Io taceva; ed ei rizzandosi per accommiatarsi riprese adire: I libri m'insegnavano ad amare gli uomini e la virtù; mai librigli uomini e la virtù mi hanno tradito. Ho dotta latesta; sdegnato il cuore; e le braccia inette ad ogni utile mestiere.Se mio padre udisse dalla terra ove sta seppellito con che gemitograve io lo accuso di non avere fatti i suoi cinque figliuolilegnajuoli o sartori! Per la misera vanità di serbare lanobiltà senza la fortunaha sprecato per noi tutto quel pocoche ei possedevanelle università e nel bel mondo. E noifrattanto? - Non ho mai saputo che si abbia fatto la fortuna deglialtri fratelli miei. Scrissi molte lettere; non però vidirisposta: o sono miserio sono snaturati. Ma per meecco il fruttodelle ambiziose speranze del padre mio. Quante volte io sono condottoo dalla notteo dalla fame a ricoverarmi in una osteria; maentrandovinon so come pagherò la mattina imminente. Senzascarpesenza vesti - Ah copriti! gli diss'iorizzandomi; e locoprii del mio tabarro. E Micheleche essendo venuto già incamera per qualche faccenda vi s'era fermato poco discostoascoltandosi avvicinò asciugandosi gli occhi col rovesciodella manoe gli aggiustava in dosso quel tabarro: ma con certorispettocome s'ei temesse d'insultare alla scaduta fortuna diquella persona così ben nata.

OMichele! io mi ricordo che tu potevi vivere libero sino al dìche tuo fratello maggiore avviando una botteghettati chiamòseco; eppure scegliesti di rimanerti con mebenché servo: ionoto l'amoroso rispetto per cui tu dissimuli gl'impeti mieifantastici; e taci anche le tue ragioni ne' momenti dell'ingiusta miacollera: e vedo con quanta ilarità te la passi fra le nojedella mia solitudine; e vedo la fede con che sostieni i travaglj diquesto mio pellegrinaggio. Spesso col tuo giovale sembiante mirassereni; ma quando io taccio le intere giornatevinto dal mionerissimo umoretu reprimi la gioja del tuo cuore contento per nonfarmi accorgere del mio stato. Pure! questo atto gentile verso queldisgraziato ha santificata la mia riconoscenza verso di te. Tu se' ilfigliuolo della mia nutricetu se' allevato nella mia casa; néio t'abbandonerò mai. Ma io t'amo ancor più poichémi avvedo che il tuo stato servile avrebbe forse indurita la bellatua indolese non ti fosse stata coltivata dalla mia tenera madreda quella donna che con l'animo suo delicatoe co' soavi suoi modifa cortese e amoroso tutto quello che vive in lei.

Quandofui solodiedi a Michele quel più che ho potuto; ed essomentre io desinavalo recò a quel derelitto. Appena mi sonorisparmiato tanto da arrivare a Nizza dove negozierò lecambiali ch'io né banchi di Genova mi feci spedire per Tolonee Marsiglia. - Stamattina quando eiprima di andarseneèvenuto con la sua moglie e con la sua creatura per ringraziarmiedio vedeva con quanto giubilo mi replicava: Senza di voi io sarei oggiandato cercando il primo spedale - io non ho avuto animo dirispondergli; ma il mio cuore dicevagli: Ora tu hai come vivere perquattro mesi - per sei - e poi? La bugiarda speranza ti guida intantoper manoe l'ameno viale dove t'innoltri mette forse a un sentieropiù disastroso. Tu cercavi il primo spedale - e t'era forsepoco discosto l'asilo della fossa. Ma questo mio poco soccorsonéla sorte mi concede di ajutarti davveroti ridarà piùvigore da sostenere di nuovo e per più tempo que' mali che giàt'avevano quasi consunto e liberato per sempre. Goditi intanto delpresente - ma quanti disagi hai pur dovuto durare perchéquesto tuo statoche a molti pure sarebbe affannosoa te paja sìlieto! Ah se tu non fossi padre e maritoio ti darei forse unconsiglio! - e senza dirgli parolal'ho abbracciato; e mentrepartivanoio li guardavastretto d'un crepacuore mortale.

(19.Jer sera spogliandomi io pensava: Perché mai quell'uomo emigròdalla sua patria? perché s'ammogliò? perché mailasciò un pane sicuro? e tutta la storia di lui pareva ilromanzo di un pazzo; ed io sillogizzava cercando ciò ch'egliper non strascinarmi dietro tutte quelle sciagureavrebbe potutofareo non fare. Ma siccome ho più volte uditoinfruttuosamente ripetere sì fatti perchéed ho vedutoche tutti fanno da medici nelle altrui malattie - io sono andato adormire borbottando: O mortali che giudicate inconsiderato tuttoquello che non è prosperomettetevi una mano sul petto e poiconfessate - siete più savjo più fortunati?

Orcredi tu vero tutto ciò ch'ei narrava? - Io? Credo ch'egli eramezzo nudoed io vestito; ho veduto una moglie languente; ho uditole strida di una bambina. Mio Lorenzosi vanno pure cercando con lalanterna nuove ragioni contro del povero perché si sente nellacoscienza il diritto che la Natura gli ha dato su le sostanze delricco. - Eh! le sciagure non derivano per lo più che da' vizj;e in costui forse derivarono da un delitto. - Forse? per me non losoné lo indago. Io giudicecondannerei tutti i delinquenti;ma io uomoah! penso al ribrezzo col quale nasce la prima idea deldelitto; alla fame e alle passioni che strascinano a consumarlo; aglispasimi perpetui; al rimorso con che l'uomo si sfama del fruttoinsanguinato dalla colpaalle carceri che il reo si mira semprespalancate per seppellirlo - e se poi scampando dalla giustizianepaga il fio col disonore e con l'indigenzadovrò ioabbandonarlo alla disperazione ed a nuovi delitti? è egli solocolpevole? la calunniail tradimento del secretola seduzionelamalignitàla nera ingratitudine sono delitti piùatrocima sono essi neppur minacciati? e chi dal delitto ha ricavatocampi ed onore! - O legislatorio giudicipunite: ma talvoltaaggiratevi ne' tuguri della plebe e ne' sobborghi di tutte le cittàcapitalie vedrete ogni giorno un quarto della popolazione chesvegliandosi su la paglia non sa come placare le supreme necessitàdella vita. Conosco che non si può rimutare la società;e che l'inediale colpee i supplizj sono anch'essi elementidell'ordine e della prosperità universale; però sicrede che il mondo non possa reggersi senza giudici né senzapatiboli; ed io lo credo poiché tutti lo credono. Ma io? nonsarò giudice mai. In questa gran valle dove l'umana specienascevivemuoresi riproduces'affannae poi torna a moriresenza saper come né perchéio non distinguo chefortunati e sfortunati. E se incontro un infelicecompiango lanostra sorte; e verso quanto balsamo posso su le piaghe dell'uomo: malascio i suoi meriti e le sue colpe su la bilancia di Dio.



Ventimiglia19 e 20 Febbraro

Tusei disperatamente infelice; tu vivi fra le agonie della mortee nonhai la sua tranquillità: ma tu dèi tollerarle per glialtri. - Così la Filosofia domanda agli uomini un eroismo dacui la Natura rifugge. Chi odia la propria vita può egli amareil minimo bene che è incerto di recare alla Società esacrificare a questa lusinga molti anni di pianto? e come potràsperare per gli altri colui che non ha desiderjné speranzeper sé; e che abbandonato da tuttoabbandona se stesso? - Nonsei misero tu solo. - Pur troppo! ma questa consolazione non èanzi argomento dell'invidia secreta che ogni uomo cova dell'altruiprosperità? La miseria degli altri non iscema la mia. Chi ètanto generoso da addossarsi le mie infermità? e chi ancovolendoil potrebbe? avrebbe forse più coraggio dacomportarle; ma cos'è il coraggio voto di forza? Non èvile quell'uomo che è travolto dal corso irresistibile di unafiumana; bensì chi ha forze da salvarsi e non le adopra. Oradov'è il sapiente che possa costituirsi giudice delle nostreintime forze? chi può dare norma agli effetti delle passioninelle varie tempre degli uomini e delle incalcolabili circostanzeonde decidere: Questi è un vileperché soggiace;quegli che sopportaè un eroe? mentre l'amore della vita ècosì imperioso che più battaglia avrà fatto ilprimo per non cedereche il secondo per sopportare.

Mai debiti i quali tu hai verso la Società? - Debiti? forseperché mi ha tratto dal libero grembo della Naturaquand'ionon aveva né la ragionené l'arbitrio diacconsentirviné la forza di oppormivie mi educòfra' suoi bisogni e fra' suoi pregiudizj? - Lorenzoperdona s'iocalco troppo su questo discorso tanto da noi disputato. Non vogliosmoverti dalla tua opinione sì avversa alla mia; vo' bensìdileguare ogni dubbio da me. Saresti convinto al pari di mese tisentissi le piaghe mie; il Cielo te le risparmi! - Ho io contrattoquesti debiti spontaneamente? e la mia vita dovrà pagarecomeuno schiavoi mali che la Società mi procacciasolo perchégli intitola beneficj? e sieno beneficj: ne godo e li ricompenso finoche vivo; e se nel sepolcro non le sono io di vantaggioqual beneritraggo io da lei nel sepolcro? O amico mio! ciascun individuo ènemico nato della Societàperché la Società ènecessaria nemica degli individui. Poni che tutti i mortali avesserointeresse di abbandonare la vitacredi tu che la sosterrebbero perme solo? e s'io commetto un'azione dannosa a' piùio sonopunito; mentre non mi verrà fatto mai di vendicarmi delle loroazioniquantunque ridondino in sommo mio danno. Possono ben essipretendere ch'io sia figliuolo della grande famiglia; ma iorinunziando e a' beni e a' doveri comuni posso dire: Io sono un mondoin me stesso: e intendo d'emanciparmi perché mi manca lafelicità che mi avete promesso. Che s'io dividendomi non trovola mia porzione di libertà; se gli uomini me l'hanno invasaperché sono più forti; se mi puniscono perché laridomando - non gli sciolgo io dalle loro bugiarde promesse e dallemie impotenti querele cercando scampo sotterra? Ah! que' filosofi chehanno evangelizzato le umane virtùla probitànaturalela reciproca benevolenza - sono inavvedutamente apostolidegli astutied adescano quelle poche anime ingenue e bollenti lequali amando schiettamente gli uomini per l'ardore di essere riamatesaranno sempre vittime tardi pentite della loro leale credulità.-

Eppurquante volte tutti questi argomenti della ragione hanno trovatochiusa la porta del mio cuoreperch'io tuttavia mi sperava diconsecrare i miei tormenti all'altrui felicità! Ma! - per ilnome d'Iddioascolta e rispondimi. A che vivo? di che pro ti son ioio fuggitivo fra queste cavernose montagne? di che onore a me stessoalla mia patriaa' miei cari? V'ha egli diversità da questesolitudini alla tomba? La mia morte sarebbe per me la meta de' guaie per voi tutti la fine delle vostre ansietà sul mio stato.Invece di tante ambasce continueio vi darei un solo dolore -tremendoma ultimo: e sareste certi della eterna mia pace. I malinon ricomprano la vita.

Epenso ogni giorno al dispendio di cui da più mesi sono causa amia madre; né so come ella possa far tanto. S'io mi tornassitroverei casa nostra vedova del suo splendore. E incominciava giàad oscurarsimolto innanzi ch'io mi partissiper le pubbliche eprivate estorsioni le quali non restano di percuoterci. Néperò quella madre benefattrice cessa dalle sue cure: trovaidell'altro denaro a Milano; ma queste affettuose liberalità lescemeranno certamente quegli agi fra' quali nacque. Pur troppo fumoglie mal avventurata! le sue sostanze sostengono la mia casa cherovinava per le prodigalità di mio padre; e l'età dilei mi fa ancora più amari questi pensieri. - Se sapesse!tutto è vano per lo sfortunato suo figliuolo. E s'ella vedessequi dentro - se vedesse le tenebre e la consunzione dell'anima mia!deh! non gliene parlareo Lorenzo: ma vita è questa? - Ah sì!io vivo ancora; e l'unico spirito de' miei giorni è una sordasperanza che li rianima sempree che pure tento di non ascoltare:non posso - e s'io voglio disingannarlala si converte indisperazione infernale. - Il tuo giuramentoo Teresaproferiràad un tempo la mia sentenza - ma finché tu se' libera; - e ilnostro amore è tuttavia nell'arbitrio delle circostanze -dell'incerto avvenire - e della mortetu sarai sempre mia. Io tiparloe ti guardoe ti abbraccio: e mi pare che così dalontano tu senta l'impressioni de' miei baci e delle mie lagrime. Maquando tu sarai offerita dal padre tuo come olocausto diriconciliazione su l'altare di Dio - quando il tuo pianto avràridata la pace alla tua famiglia - allora - non io - ma ladisperazione solae da séannienterà l'uomo e le suepassioni. E come può spegnersimentre vivoil mio amore? ecome non ti sedurranno sempre nel tuo secreto le sue dolci lusinghe?ma allora più non saranno sante e innocenti. Io non ameròquando sarà d'altrila donna che fu mia - amo immensamenteTeresa; ma non la moglie d'Odoardo - ohimè! tu forse mentrescrivo sei nel suo letto! - Lorenzo! - Ahi Lorenzo! eccolo queldemonio mio persecutore; torna a incalzarmia premermiainvestirmie m'accieca l'intellettoe mi ferma perfino lepalpitazioni del cuoree mi fa tutto ferociae vorrebbe il mondofinito con me. - Piangete tutti - e perché mi caccia fra lemani un pugnalee mi precedee si volge guardando se io lo sieguoe mi addita dov'io devo ferire? Vieni tu dall'altissima vendetta delCielo? - E così nel mio furore e nelle mie superstizioni io miprostendo su la polvere a scongiurare orrendamente un Dio che nonconoscoche altre volte ho candidamente adoratoch'io non offesidi cui dubito sempre - e poi tremoe l'adoro. Dov'io cerco ajuto?non in menon negli uomini: la Terra io la ho insanguinatae ilSole è negro.

Alfineeccomi in pace! - Che pace? stanchezzasopore di sepoltura. Hovagato per queste montagne. Non v'è alberonon tuguriononerba. Tutto è bronchi; aspri e lividi macigni; e qua e làmolte croci che segnano il sito de' viandanti assassinati. - Làgiù è il Rojaun torrente che quando si disfanno ighiacci precipita dalle viscere delle Alpie per gran tratto haspaccato in due questa immensa montagna. V'è un ponte pressoalla marina che ricongiunge il sentiero. Mi sono fermato su quelpontee ho spinto gli occhi sin dove può giungere la vista; epercorrendo due argini di altissime rupi e di burroni cavernosiappena si vedono imposte su le cervici dell'Alpi altre Alpi di neveche s'immergono nel Cielo e tutto biancheggia e si confonde - daquelle spalancate Alpi cala e passeggia ondeggiando la tramontanaeper quelle fauci invade il Mediterraneo. La Natura siede quisolitaria e minacciosae caccia da questo suo regno tutti i viventi.

Ituoi confinio Italiason questi! ma sono tutto dìsormontati d'ogni parte dalla pertinace avarizia delle nazioni. Ovesono dunque i tuoi figli? Nulla ti manca se non la forza dellaconcordia. Allora io spenderei gloriosamente la mia vita infelice perte: ma che può fare il solo mio braccio e la nuda mia voce? -Ov'è l'antico terrore della tua gloria? Miseri! noi andiamoogni dì memorando la libertà e la gloria degli avilequali quanto più splendono tanto più scoprono la nostraabbietta schiavitù. Mentre invochiamo quelle ombre magnanimei nostri nemici calpestano i loro sepolcri. E verrà forsegiorno che noi perdendo e le sostanzee l'intellettoe la vocesarem fatti simili agli schiavi domestici degli antichio trafficaticome i miseri Negrie vedremo i nostri padroni schiudere le tombe edisseppelliree disperdere al vento le ceneri di que' Grandi perannientarne le ignude memorie: poiché oggi i nostri fasti cisono cagione di superbiama non eccitamento dell'antico letargo.

Cosìgrido quand'io mi sento insuperbire nel petto il nome Italianoerivolgendomi intorno io cerconé trovo più la miapatria. - Ma poi dico: Pare che gli uomini sieno fabbri delle propriesciagure; ma le sciagure derivano dall'ordine universalee il genereumano serve orgogliosamente e ciecamente a' destini. Noi argomentiamosu gli eventi di pochi secoli: che sono eglino nell'immenso spaziodel tempo? Pari alle stagioni della nostra vita normalepajonotalvolta gravi di straordinarie vicendele quali pur sono comuni enecessarj effetti del tutto. L'universo si controbilancia. Le nazionisi divorano perché una non potrebbe sussistere senza icadaveri dell'altra. Io guardando da queste Alpi l'Italia piango efremoe invoco contro agl'invasori vendetta; ma la mia voce si perdetra il fremito ancora vivo di tanti popoli trapassatiquando iRomani rapivano il mondocercavano oltre a' mari e a' deserti nuoviimperi da devastaremanomettevano gl'Iddii de' vintiincatenevanoprincipi e popoli liberissimifinché non trovando piùdove insanguinare i lor ferrili ritorceano contro le proprieviscere. Così gli Israeliti trucidavano i pacifici abitatoridi Canaane i Babilonesi poi strascinarono nella schiavitù isacerdotile madrie i figliuoli del popolo di Giuda. CosìAlessandro rovesciò l'impero di Babiloniae dopo averepassando arsa gran parte della terrasi corrucciava che non vi fosseun altro universo. Così gli Spartani tre volte smantellaronoMessene e tre volte cacciarono dalla Grecia i Messeni che pur Grecierano della stessa religione e nipoti de' medesimi antenati. Cosìsbranavansi gli antichi Italiani finché furono ingojati dallafortuna di Roma. Ma in pochissimi secoli la regina del mondo divennepreda de' Cesaride' Neronide' Costantinide' Vandalie de'Papi. Oh quanto fumo di umani roghi ingombrò il Cielo dellaAmericaoh quanto sangue d'innumerabili popoli che né timorené invidia recavano agli Europeifu dall'Oceano portato acontaminare d'infamia le nostre spiagge! ma quel sangue saràun dì vendicato e si rovescierà su i figli degliEuropei! Tutte le nazioni hanno le loro età. Oggi sono tiranneper maturare la propria schiavitù di domani: e quei chepagavano dianzi vilmente il tributolo imporranno un giorno colferro e col fuoco. La Terra è una foresta di belve. La fameidiluvje la peste sono ne' provvedimenti della Natura come lasterilità di un campo che prepara l'abbondanza per l'annovegnente: e chi sa? fors'anche le sciagure di questo globoapparecchiano la prosperità di un altro.

Frattantonoi chiamiamo pomposamente virtù tutte quelle azioni chegiovano alla sicurezza di chi comanda e alla paura di chi serve. Igoverni impongono giustizia: ma potrebbero eglino imporla se perregnare non l'avessero prima violata? Chi ha derubato per ambizionele intere provincemanda solennemente alle forche chi per fameinvola del pane. Onde quando la forza ha rotti tutti gli altruidirittiper serbarli poscia a se stessa inganna i mortali con leapparenze del giustofinché un'altra forza non la distrugga.Eccoti il mondoe gli uomini. Sorgono frattanto d'ora in ora alcunipiù arditi mortali; prima derisi come freneticie soventecome malfattoridecapitati: che se poi vengono patrocinati dallafortuna ch'essi credono lor propriama che in somma non è cheil moto prepotente delle coseallora sono obbediti e temutie dopomorte deificati. Questa è la razza degli eroide' capisettee de' fondatori delle nazioni i quali dal loro orgoglio e dallastupidità de' volghi si stimano saliti tant'alto per propriovalore; e sono cieche ruote dell'oriuolo. Quando una rivoluzione nelglobo è maturanecessariamente vi sono gli uomini che laincomincianoe che fanno de' loro teschj sgabello al trono di chi lacompie. E perché l'umana schiatta non trova né felicitàné giustizia sopra la terracrea gli Dei protettori delladebolezza e cerca premj futuri del pianto presente. Ma gli Dei sivestirono in tutti i secoli delle armi de' conquistatori: e opprimonole genti con le passionii furorie le astuzie di chi vuoleregnare.

Lorenzosai tu dove vive ancora la vera virtù? in noi pochi deboli esventurati; in noiche dopo avere sperimentati tutti gli erroriesentiti tutti i guai della vitasappiamo compiangerli e soccorrerli.Tu o Compassionesei la sola virtù! tutte le altre sono virtùusuraje.

Mamentre io guardo dall'alto le follie e le fatali sciagure dellaumanitànon mi sento forse tutte le passioni e la debolezzaed il piantosoli elementi dell'uomo? Non sospiro ogni dì lamia patria? Non dico a me lagrimando: Tu hai una madre e un amico -tu ami - te aspetta una turba di miseria cui se' caroe che forsesperano in te - dove fuggi? anche nelle terre straniere tiperseguiranno la perfidia degli uomini e i dolori e la morte: quicadrai forsee niuno avrà compassione di te; e tu senti purenel tuo misero petto il piacere di essere compianto. Abbandonato datuttinon chiedi tu ajuto dal Cielo? non t'ascolta; eppure nelle tueafflizioni il tuo cuore torna involontario a lui - vaprostrati; maall'are domestiche.

Onatura! hai tu forse bisogno di noi sciaguratie ci consideri come ivermi e gl'insetti che vediamo brulicare e moltiplicarsi senza saperea che vivano? Ma se tu ci hai dotati del funesto istinto della vitasì che il mortale non cada sotto la soma delle tue infermitàed ubbidisca irrepugnabilmente a tutte le tue leggiperchépoi darci questo dono ancor più funesto della ragione? Noitocchiamo con mano tutte le nostre calamità ignorando sempreil modo di ristorarle.

Perchédunque io fuggo? e in quali lontane contrade io vado a perdermi? dovemai troverò gli uomini diversi dagli uomini? O non presento ioforse i disastrile infermitàe la indigenza che fuori dellamia patria mi aspettano? - Ah no! Io tornerò a voio sacreterreche prime udiste i miei vagitidove tante volte ho riposatoqueste mie membra affaticatedove ho trovato nella oscurità enella pace i miei pochi dilettidove nel dolore ho confidato i mieipianti. Poiché tutto è vestito di tristezza per mesenull'altro posso ancora sperare che il sonno eterno della morte - voisoleo mie selveudirete il mio ultimo lamentoe voi solecoprirete con le vostre ombre pacifiche il mio freddo cadavere. Mipiangeranno quegli infelici che sono compagni delle mie disgrazie - ese le passioni vivono dopo il sepolcroil mio spirito doloroso saràconfortato da' sospiri di quella celeste fanciulla ch'io credeva nataper mema che gl'interessi degli uomini e il mio destino feroce mihanno strappata dal petto.



Alessandria29 Febbraro

DaNizza invece d'innoltrarmi in Franciaho preso la volta delMonferrato. Stasera dormirò a Piacenza. Giovedìscriverò da Rimino. Ti dirò allora - Or addio.



Rimino5 Marzo

Tuttomi si dilegua. Io veniva a rivedere ansiosamente il Bertola (20.; dagran tempo io non aveva sue lettere - È morto.



Ore11 della sera

Loseppi: Teresa è maritata. Tu taci per non darmi la vera ferita- ma l'inferno geme quando la morte il combattenon quando lo havinto. Meglio cosìda che tutto è deciso: ed oraanch'io sono tranquilloincredibilmente tranquillo. - Addio. Roma mista sempre sul cuore.

Dalframmento seguente che ha la data della sera stessaapparisce cheJacopo decretò in quel dì di morire. Parecchi altriframmentiraccolti come questo dalle sue cartepaiono gli ultimipensieri che lo raffermarono nel suo proponimento; e però liandrò frammentendo secondo le loro date.

"Veggola meta: ho già tutto fermo da gran tempo nel cuore - il modoil luogo - né il giorno è lontano.

Cos'èla vita per me? il tempo mi divorò i momenti felici: io non laconosco se non nel sentimento del dolore: ed or anche l'illusione miabbandona - medito sul passato; m'affiso su i dì che verranno;e non veggo che nulla. Questi anni che appena giungono a segnare lamia giovinezzacome passarono lenti fra i timorile speranzeidesiderigl'ingannila noja! e s'io cerco la eredità che mihanno lasciatonon mi trovo che la rimembranza di pochi piaceri chenon sono piùe un mare di sciagure che atterrano il miocoraggioperché me ne fanno paventar di peggiori. Che senella vita è il dolorein che più sperare? nel nulla;o in un'altra vita diversa sempre da questa. - Ho dunque deliberato;non odio disperatamente me stesso; non odio i viventi. Cerco da moltotempo la pace; e la ragione mi addita sempre la tomba. Quante voltesommerso nella meditazione delle mie sventure io cominciava adisperare di me! L'idea della morte dileguava la mia tristezzaed iosorrideva per la speranza di non vivere più. - Sonotranquillotranquillo imperturbabilmente. Le illusioni sono svanite;i desiderj son morti: le speranze e i timori mi hanno lasciato liberol'intelletto. Non più mille fantasmi ora giocondi ora tristiconfondono e traviano la mia immaginazione: non più vaniargomenti adulano la mia ragione; tutto è calma. - Pentimentisul passatonoja del presentee timor del futuro; ecco la vita. Lasola mortea cui è commesso il sacro cangiamento delle cosepromette pace."

DaRavenna non mi scrisse; ma da quest'altro squarcio si vede ch'ei viandò in quella settimana.

"Nontemerariamentema con animo consigliato e sicuro. Quante tempestepria che la Morte potesse parlare così pacatamente con me - edio così pacato con lei!

Sull'urnatuaPadre Dante! Abbracciandolami sono prefisso ancor piùnel mio consiglio. M'hai tu veduto? m'hai tu forsePadreispiratotanta fortezza di senno e di cuorementr'io genuflussocon lafronte appoggiata a' tuoi marmimeditava e l'alto animo tuoe iltuo amoree l'ingrata tua patriae l'esilioe la povertàela tua mente divina? e mi sono scompagnato dall'ombra tua piùdeliberato e più lieto."

Sul'albeggiar de' 13 Marzo smontò a' colli Euganeie spedìa Venezia Michelegittandosistivalato com'erasubitamente adormire. Io mi stava appunto con la madre di Jacopoquando essacheprima di me si vide innanzi il ragazzochiese spaventata: E miofiglio? - La lettera di Alessandria non era per anco arrivataeJacopo prevenne anche quella di Rimino: noi ci pensavamo ch'ei sifosse già in Francia; perciò l'inaspettato ritorno delservo ci fu presentimento di fiere novelle. Ei narrava: Il padrone èin campagna; non può scrivereperché abbiamo viaggiatotutta nottedormiva quand'io montava a cavallo. Vengo per avvertireche noi ripartiremo; e credoda quel che gli ho udito direperRoma; se ben mi ricordoper Romae poi per Anconadove ciimbarcheremo: per altro il padrone sta bene; ed è quasi unasettimana ch'io lo vedo più sollevato. Mi disse che prima dipartire verrà a salutar la signora; e però ha mandatoqui me ad avvisare; anzi verrà qui domani l'altroe forsedomani. Il servo pareva lietoma il suo dire confuso accrebbe lenostre sollecitudini; né si acquetaron se non il dìappressoquando Jacopo scrissecome ripartirebbe per l'Isole giàVenetee che temendo di non ritornare forse piùverrebbe arivederci e a ricevere la benedizione di sua madre. - Questobiglietto andò smarrito.

Frattantonel dì del suo arrivo a' colli Euganeisvegliatosi quattr'oreprima di serascese a passeggiare sino presso alla chiesatornòsi rivestìe s'avviò a casa T***. Seppe da unfamigliare come da sei giorni erano tutti venuti da Padovae che amomenti sarebbero tornati dal passeggio. Era quasi serae tornavasia casa. Dopo non molti passi s'accorse di Teresa che veniva conl'Isabellina per mano; e dietro alle figliuoleil signore T*** conOdoardo. Jacopo fu preso da un tremitoe s'accostava perplesso.Teresa appena il conobbegridò: Eterno Iddio! e dandoindietro mezzo tramortita si sostenne sul braccio del padre suo.Com'ei fu pressoe che venne ravvisato da tuttiella non gli disseparola: appena il signore T*** gli stese la mano; e Odoardo lo salutòasciuttamente. Solo l'Isabellina gli corse addossoe mentre ei se laprendea su le bracciaessa baciavaloe lo chiamava il suo Jacopaesi voltava a Teresa additandolo; ed esso accompagnandosi a loroparlava sottovoce con la ragazzina. Niuno aprì bocca: Odoardosoltanto gli chiese se andasse a Venezia. - Fra pochi giornirispose. Giunti alla portasi accomiatò.

Micheleche a nessun patto accettò di riposarsi in Venezia per nonlasciare solo il padronesi tornò a' colli un'ora incircadopo mezzanottee lo trovò seduto allo scrittojo rivedendo lesue carte. Moltissime ne bruciò; parecchie di minor conto lelasciava cadere stracciate sotto al tavolino. Il ragazzo si coricòlasciando l'ortolano perché ci badasse; tanto più cheJacopo non aveva in tutto quel dì desinato. Infatti poco dipoi gli fu recata parte del suo desinareed ei ne mangiòattendendo sempre alle carte. Non le esaminò tutte; mapasseggiò per la stanzapoi prese a leggere. L'ortolano chelo vedeva mi disseche sul finir della notte aprì lefinestree vi si fermò un pezzo: pare che subito dopo abbiascritto i due frammenti che sieguono: sono in diverse facciatema inun medesimo foglio.

"Orvia: costanza. - Eccoti una bragerascintillante d'infiammaticarboni. Ponvi dentro la mano; brucia le vive tue carni: bada; nont'avvilire d'un gemito. - A che pro? - E a che pro deggio affettareun eroismo che non mi giova?"

"Ènotte; altaperfetta notte. A che veglio immoto su questo libro? -Io non imparai se non la scienza di ostentare saviezza quando lepassioni non tiranneggiano l'anima. I precetti sono come le medicineinutili quando la infermità vince tutte le resistenze dellaNatura.

Alcunisapienti si vantano d'avere domate le passioni che non hanno maicombattuto: l'origine è questa della loro baldanza. - Amabilestella dell'alba! tu fiammeggi dall'orientee mandi a questi occhiil tuo raggio - ultimo! Chi l'avria detto sei mesi addietro quando tucomparivi prima degli altri pianeti a rallegrare la nottee adaccogliere i nostri saluti?

Spuntassealmeno l'aurora! - Forse Teresa si ricorda in questo momento di me -pensiero consolatore! Oh come la beatitudine d'essere amatoraddolcisce qualunque dolore!

Ahnotturno delirio! va - tu ricominci a sedurmi: passò stagione:ho disingannato me stesso; un partito solo mi resta."

Lamattina mandò per una Bibbia ad Odoardo il quale non l'aveva:mandò al parrocoe quando gli fu recatasi chiuse. A mezzodìsuonato uscì a spedire la seguente letterae tornò achiudersi.



14Marzo

Lorenzoho un secreto che da più mesi mi sta confitto nel cuore: mal'ora della partenza sta per suonare; ed è tempo ch'io lodeponga dentro il tuo petto.

Questoamico tuo ha sempre davanti un cadavere. - Ho fatto quanto io doveva;quella famiglia è da quel giorno men povera - ma il padre lororivive più?

Inuno di que' giorni del mio forsennato doloreson oggimai dieci mesiio cavalcando mi dilungai molte miglia. Era la sera; io vedevasorgere un tempo neroe tornando affrettavami: il cavallo divoravala viae nondimeno i miei sproni lo insanguinavano; e gli abbandonaitutte le briglie sul colloinvocando quasi ch'ei rovinasse e siseppellisse con me. Entrando in un viale tutto alberistrettolunghissimovidi una persona - ripresi le briglie; ma il cavallo piùs'irritava e più impetuosamente lanciavasi. - Tienti asinistragridaia sinistra! Quello sfortunato m'intese; corse asinistra; ma sentendo più imminente lo scalpitoe in quellostretto sentiero credendosi addosso il cavalloritornava sgomentatoa dirittae fu investitorovesciatoe le zampe gli frantumarono lecervella. In quel violento urto il cavallo stramazzòbalzandomi di sella più passi. Perché rimasi vivo edilleso? - Corsi ove intendeva un lamento di moribondo: l'uomoagonizzava boccone in una palude di sangue: lo scossi: non aveva névoce né sentimento; dopo minuti spirò. Tornai a casa.Quella notte fu anche burrascosa per tutta la Natura; la grandinedesolò le campagne; le folgori arsero molti alberie ilturbine fracassò la cappella di un crocefisso: ed io uscii aperdermi tutta la notte per le montagne con le vesti e l'animainsanguinatacercando in quello sterminio la pena della mia colpa.Che notte! Credi tu che quel terribile spettro mi abbia perdonatomai? - La mattina dopoassai se ne parlò: si trovò ilmorto in quel vialemezzo miglio più lontanosotto unmucchio di sassi fra due castagni schiantati che attraversavano ilcammino; la pioggia che sino all'alba cascò dalle alture atorrenti ve lo strascinò con que' sassi; aveva le membra e lafaccia a brani: e fu conosciuto per le strida della moglie che locercava. Nessuno fu imputato. Ben mi accusavano nel mio secreto lebenedizioni di quella vedova perché ho subitamente collocatala sua figlia al nipote del castaldo; e assegnato un patrimonio alfigliuolo che si volle far prete. E jer sera vennero a ringraziarmidi nuovo dicendomich'io gli ho liberati dalla miseria in cui datanti anni languiva la famiglia di quel povero lavoratore. - Ah! visono pure tanti altri miseri come voi; ma hanno un marito ed un padreche li consola con l'amor suoe che essi non cangierebbero per tuttele ricchezze della terra - e voi!

Cosìgli uomini nascono a struggersi scambievolmente!

Fuggonoda quel viale tutti i villanie tornandosi da' lavoriperiscansarlopassano per le praterie. Si dice che le notti vi sisentano spiriti; che l'uccello del mal-augurio siede fra quellearbori e dopo la mezzanotte urla tre volte; che qualche sera si èveduto passare una persona morta - né io ardiscodisingannarliné ridere di tali prestigj. Ma svelerai tuttodopo la mia morte. Il viaggio è rischiosola mia salute èincerta; non posso allontanarmi con questo rimorso sepolto. Que' duefigliuoli in ogni loro disgrazia e quella vedova sieno sacri nellamia casa. Addio.

Perentro la Bibbia si trovaronoassai giorni dopole traduzioni zeppedi cassature e quasi non leggibili di alcuni versi del libro di Jobdel secondo capo dell'Ecclesiastee di tutto il cantico di Ezechia.-

Allequattro dopo mezzodì si trovò a casa T***. Teresa eradiscesa tutta sola in giardino. Il padre di lei lo accolseaffabilmente. Odoardo si fe' a leggere presso un balcone; e dopo nonmolto posò il libro: ne aprì un altroe leggendos'incamminò alle sue stanze. Allora Jacopo prese il primolibro così come fu lasciato aperto da Odoardo; era il volumeIV delle tragedie dell'Alfieri: ne scorse una o due pagine; poi lesseforte:

Chisiete voi?... Chi d'aura aperta e pura

Quifavellò?... Questa? è caligin densa;

Tenebresono; ombra di morte... Oh mira;

Piùmi t'accosta; il vedi? Il Sol d'intorno

Cintoha di sangue ghirlanda funesta...

Oditu canto di sinistri augelli?

Lugubreun pianto sull'aere si spande

Cheme percotee a lagrimar mi sforza...

Mache? Voi purvoi pur piangete?...

Ilpadre di Teresa guardandolo gli diceva: O mio figlio! - Jacoposeguitò a leggere sommessamente: aprì a caso quellostesso volumee tosto posandoloesclamò:

...Nondiedi a voi per anco

Delmio coraggio prova: ei pur fia pari

Aldolor mio.

Aquesti versi Odoardo tornavae gli udì proferire cosìefficacemente che si ristette su la porta pensoso. Mi narrava poi ilsignore T*** che a lui parve in quel momento di leggere la morte sulvolto del nostro misero amico; e che in que' giorni tutte le paroledi lui ispiravano riverenza e pietà. Favellarono poi del suoviaggio; e quando Odoardo gli chiese se starebbe di molto a tornare:Sirisposepotrei quasi giurare che non ci rivedremo più.Non ci rivedremo noi più? dissegli il signore T*** con voceafflittissima. Allora Jacopocome per rassicurarlolo guardòin viso con aria lieta insieme e tranquilla; e dopo breve silenziogli citò sorridendo quel passo del Petrarca:

Nonso; ma forse

Tustarai in terra senza me gran tempo.

Ridottosia casa su l'imbruniresi chiuse; né comparì fuori distanza che la mattina seguente assai tardi. Porrò qui alcuniframmenti ch'io credo di quella nottequantunque io non sappiaassegnare veramente l'ora in cui furono scritti.

"Viltà?- Or tu che gridi viltà non se' uno di quegl'infiniti mortaliche infingardi guardano le loro catenee non osano piangereebaciano la mano che li flagella? Che è mai l'uomo? il coraggiofu sempre dominatore dell'universo perché tutto èdebolezza e paura.

Tum'imputi di viltàe ti vendi intanto l'anima e l'onore.

Vieni;mirami agonizzare boccheggiando nel mio sangue: non tremi tu? or chiè il vile? ma trammi questo coltello dal petto - impugnalo; edi' a te stesso: Dovrò vivere eterno? Dolore sommo fortemabreve e generoso. Chi sa! la fortuna ti prepara una morte piùdolorosa e più infame. Confessa. Or che tu tieni quell'armaappuntata deliberatamente sovra il tuo cuorenon ti senti forsecapace di ogni alta impresae non ti vedi libero padrone de' tuoitiranni?"



Mezzanotte

"Contemplola campagna: guarda che notte serena e pacifica! Ecco la Luna chesorge dietro la montagna. - O Luna! amica Luna. Mandi ora tu forse sula faccia di Teresa un patetico raggio simile a questo che tudiffondi nell'anima mia? Ti ho sempre salutata mentre apparivi aconsolare la muta solitudine della Terra: più volte uscendodalla casa di Teresa ho parlato con tee tu eri testimonio de' mieidelirj: questi occhi molli di lagrime più volte accompagnatain grembo alle nubi che ti ascondevano: ti hanno cercata nelle notticieche della tua luce. Tu risorgeraitu risorgerai sempre piùbella; ma l'amico tuo cadrà deforme e abbandonato cadaveresenza risorgere più. Or ti prego di un ultimo beneficio:quando Teresa mi cercherà fra i cipressi e i pini del monteillumina co' tuoi raggi la mia sepoltura."

"Bell'alba!ed è pure gran tempo ch'io non m'alzo da un sonno cosìriposatoe ch'io non ti vedoo mattinocosì rilucente! - magli occhi miei erano sempre nel pianto; e tutti i miei pensieri nellaoscurità; e l'anima mia nuotava nel dolore.

Splendisu splendio Naturae riconforta le cure de' mortali. Tu nonrisplenderai più per me. Ho già sentito tutta la tuabellezzae t'ho adoratae mi sono alimentato della tua gioja; efinché io ti vedeva bella e benefica tu mi dicevi con una vocedivina: Vivi. - Ma nella mia disperazione ti ho poi veduta con lemani grondanti di sangue; la fragranza de' tuoi fiori mi fu pregna divelenoamari i tuoi frutti; e mi apparivi divoratrice de' tuoifigliuoli adescandoli con la tua bellezza e co' tuoi doni al dolore.

Saròio dunque ingrato con te? protrarrò la vita per vederti sìterribilee bestemmiarti? Nono. - Trasformandotie acciecandomialla tua luce non mi abbandoni forse tu stessae non mi comandi adun tempo di abbandonarti? - Ah! ora ti guardo e sospiro; ma io tivagheggio ancora per la reminiscenza delle passate dolcezzeper lacertezza ch'io non dovrò più temertie perchésto per perderti. - Né io credo di ribellarmi da te fuggendola vita. La vita e la morte sono del pari tue leggi: anzi una stradaconcedi al nasceremille al morire. Se non ci imputi la infermitàche ne uccidevorrai forse imputarne le passioni che hanno glistessi effetti e la stessa sorgente perché derivano da tenépotrebbero opprimerci se da te non avessero ricevuto la forza? Nétu hai prefisso una età certa per tutti. Gli uomini dennonascereviveremorire: ecco le tue leggi: che rileva il tempo e ilmodo?

Nullaio ti sottraggo di ciò che mi hai dato. Il mio corpoquestainfinitesima parteti starà sempre congiunta sotto altreforme. Il mio spirito - se morrà con mesi modificheràcon me nella massa immensa delle cose - e s'egli è immortale!- la sua essenza rimarrà illesa.

Oh!a che più lusingo la mia ragione? Non odo la solenne vocedella Natura? Io ti feci nascere perché tu anelando alla tuafelicità cospirassi alla felicità universale; e quindiper istinto ti diedi l'amor della vitae l'orror della morte. Ma sela piena del dolore vince l'istintoche altro puoi tu fare se noncorrere verso le vie che io ti spiano per fuggir da' tuoi mali? Qualericonoscenza più t'obbliga mecose la vita ch'io ti diedi perbeneficioti si è convertita in dolore?

Chearroganza! credermi necessario! - gli anni miei sono nelloincircoscritto spazio del tempo un attimo impercettibile. Ecco fiumidi sangue che portano tra i fumanti lor flutti recenti mucchj d'umanicadaveri: e sono questi milioni d'uomini sacrificati a mille pertichedi terrenoe a mezzo secolo di fama che due conquistatori sicontendono con la vita de' popoli. E temerò io di immolare ame stesso que' dì pochi e dolenti che mi saranno forse rapitidalle persecuzioni degli uominio contaminati dalle colpe?"

Cercaiquasi con religione tutti i vestigi dell'amico mio nelle sue oresupremee con pari religione io scrivo quelle cose che ho potutosapere: però non ti dicoo Lettorese non ciò ch'iovidio ciò che mi fuda chi il videnarrato. - Per quantoio m'abbia indagatonon seppi che abbia egli fatto ne' dì 161718 Marzo. Fu più volte a casa T***; ma non vi si fernòmai. Usciva tutti que' dì quasi innanzi giornoe si ritiravaassai tardi: cenava senza dire parola: e Michele mi accertache aveanotti assai riposate.



Lalettera che siegue non ha datama fu scritta addì 19.

Parmi?o Teresa mi sfugge? - essa essa mi sfugge! Tutti - e le sta sempre alfianco Odoardo. Vorrei vederla solo una volta; e sappi ch'io mi sareigià partito - tu pure m'affretti ognor più! - ma sareipartitose avessi potuto bagnarle una volta la mano di lagrime. Gransilenzio in tutta quella famiglia! Salendo le scale temo d'incontrareOdoardo - parlandominon mi nomina mai Teresa. Ed è pur pocodiscreto! sempreanche dianzim'interroga quando e come partirò.Mi sono arretrato improvvisamente da lui - perché davvero miparea ch'ei sogghignasse; e l'ho fuggito fremendo.

Tornaa spaventarmi quella terribile verità ch'io già svelavacon raccapriccio - e che mi sono poscia assuefatto a meditare conrassegnazione: Tutti siamo nemici. Se tu potessi fare il processo de'pensieri di chiunque ti si para davantivedresti ch'ei ruota acerchio una spada per allontanare tutti dal proprio benee perrapire l'altrui. - Lorenzo; comincio a vacillar nuovamente. Maconviene disporsi - e lasciarli in pace.

P.S.Torno da quella donna decrepita di cui parmi d'averti narrato unavolta. La sconsolata vive ancora! solaabbandonata spesso gl'interigiorni da tutti che si stancano di ajutarlavive ancora; ma tutti isuoi sensi sono da più mesi nell'orrore e nella battagliadella morte.



Seguonodue frammenti scritti forse in quella notte; e pajono gli ultimi.

"Strappiamola maschera a questa larva che vuole atterrirci. - Ho vedutofanciulli raccapricciare e nascondersi all'aspetto travisato dellaloro nutrice. O Morte! io ti guardo e t'interrogo - non le cose ma leloro apparenze ci turbano: infiniti uomini che non s'arrischiano dichiamartiti affrontano nondimeno intrepidamente! Tu pure seinecessario elemento della Natura - per me oggimai tutto l'orror tuosi dileguae mi rassembri simile al sonno della seraquietedell'opre.

Eccole spalle di quella sterile rupe che frodano le sottoposte valli delraggio fecondatore dell'anno. - A che mi sto? Se devo cooperareall'altrui felicitàio invece la turbo: s'io devo consumarela parte di calamità assegnata ad ogni uomoio già inventiquattro anni ho vuotato il calice che avria potuto bastarmi peruna lunghissima vita. E la speranza? - Che monta? conosco io forsel'avvenire per fidargli i miei giorni? Ahi che appunto questa fataleignoranza accarezza le nostre passionied alimenta l'umanainfelicità.

Iltempo vola; e col tempo ho perduto nel dolore quella parte di vitache due mesi addietro lusingavasi di conforto. Questa piagainvecchiata è ormai divenuta natura: io la sento nel miocuorenel mio cervelloin tutto me stesso; gronda sanguee sospiracome se fosse aperta di fresco. - Or bastaTeresabasta: non ti pardi vedere in me un infermo strascinato a lenti passi alla tomba frala disperazione e i tormentie non sa prevenire con un sol colpo glistrazj del suo destino inevitabile?"

"Tentola punta di questo pugnale: io lo stringoe sorrido: qui; in mezzo aquesto cuor palpitante - e sarà tutto compiuto. Ma questoferro mi sta sempre davanti! - chi chi osa amartio Teresa? Chi osòrapirti? - Fuggimi dunque; non mi ti accostareOdoardo! -

O!mi vado strofinando le mani per lavare la macchia del tuo sangue - lefiuto come se fumassero di delitto. Frattanto eccole immacolatee intempo di togliermi in un tratto dal pericolo di vivere un giorno dipiù - un giorno solo; un momento - sciagurato! sarei vissutotroppo."



20Marzoa sera

Ioera forte: ma questo fu l'ultimo colpo che ha quasi prostrata la miafermezza! nondimeno quello ch'è decretato è decretato.Ma tumio Dioche miri nel profondotu vedi che questo èsacrificio più che di sangue.

Ellaerao Lorenzocon la sua sorellina; e parea che volesse scansarmi;ma poi s'assisee l'Isabellina tutta compunta se le posò sule ginocchia. Teresa - le dissi accostandomi e prendendole la mano: -mi riguardò: e quella bambina gettando il suo braccio sulcollo di Teresae alzando il viso le parlava sottovoce: Jacopo nonmi ama più. E la intesi - S'io t'amo? e abbassandomi eabbracciandola - t'amoio le dicevat'amo teneramente; ma tu non mivedrai più. O mio fratello! Teresa mi contemplava atterritaestringeva l'Isabellinae teneva pur gli occhi verso di me: - Tu cilascieraimi dissee questa fanciulletta sarà compagna de'miei giornie sollievo de' miei dolori: le parlerò sempredell'amico suo - dell'amico mio; e le insegnerò a piangere e abenedirti - e a queste ultime parolel'anima sua parevami ristoratadi qualche speranza; e le lagrime le pioveano dagli occhi; ed io tiscrivo con le mani calde ancor del suo pianto. - Addiosoggiunseaddioma non eternamente; di'? non eternamente - eccoti adempiuta lamia promessa e si trasse dal seno il suo ritratto - eccoti adempiutala mia promessa; addiovafuggie porta con te la memoria diquesta sfortunata - è bagnato delle mie lagrime e dellelagrime di mia madre. - E con le sue mani lo appendeva al mio colloe lo nascondeva dentro al mio petto. Io stesi le bracciae me lastrinsi sul cuoree i suoi sospiri confortavano le arse mie labbrae già la mia bocca - ma un pallore di morte si sparse su lasua faccia; ementre mi respingevaio toccandole la mano la sentiifreddatremantee con voce soffocata e languente mi disse: - Abbipietà addio - e si abbandonò sul sofàstringendosi presso quanto poteva la Isabellinache piangeva connoi. - Entrava suo padree il nostro misero stato avvelenòforse i suoi rimorsi.

Ritornòquella sera tanto costernato che Michele sospettò di qualchefiero accidente. Ripigliò l'esame delle sue carte; e molte nefaceva ardere senza leggerle. Innanzi alla Rivoluzione avea scrittoun commentario intorno al governo Veneto in uno stile antiquatoassolutocon quel motto di Lucano per epigrafe; Jusque datumsceleri. Una sera dell'anno addietro aveva letto a Teresa la Storiadi Lauretta; e Teresa mi disse poiche quei pensieri scucitich'eim'inviò con la lettera de' 29 Aprilenon n'erano ilcominciamentoma bensì sparsi dentro quell'operetta ch'essoaveva finitanarrando per filo i casi di Lauretta e gli avevascritti con istile men passionato. Non perdonò né aquesti né a verun altro scritto. Leggeva pochissimi libripensava moltodal bollente tumulto del mondo fuggiva a un trattonella solitudinee quindi scriveva per necessità di sfogarsi.Ma a me non resta se non un suo Plutarco zeppo di postille con varjquinterni frammessi ove sono alcuni discorsied uno assai lungo sula morte di Nicia; ed un Tacito Bodonianocon molti squarcifra glialtri l'intero libro secondo degli annali e gran parte del secondodelle storieda lui con sommo studio tradottie con carattereminutissimo pazientemente ricopiati ne' margini. I frammenti sovrascritti gli ho trascelti da' fogli stracciati ch'esso avevacome dinessun contogittati sotto al suo tavolino; e a' quali hoprobabilmente assegnato le date. - Ma il passo seguentenon so sesuo o d'altri quanto alle ideebensì di stile tutto suoerastato da lui scritto in calce al libro delle Massime di MarcoAureliosotto la data 3 Marzo 1794 - e poi lo trovai ricopiato incalce all'esemplare del Tacito Bodoniano sotto la data 1 Gennaro 1797- e presso a questala data 20 Marzo 1799cinque dì innanzich'egli morisse - eccolo:

"Ionon so né perché venni al mondo; né come; nécosa sia il mondo; né cosa io stesso mi sia. E s'io corro adinvestigarlomi ritorno confuso d'una ignoranza sempre piùspaventosa. Non so cosa sia il mio corpoi miei sensil'anima mia;e questa stessa parte di me che pensa ciò ch'io scrivoe chemedita sopra di tutto e sopra se stessanon può conoscersimai. Invano io tento di misurare con la mente questi immensi spazjdell'universo che mi circondano. Mi trovo come attaccato a un piccoloangolo di uno spazio incomprensibilesenza sapere perché sonocollocato piuttosto qui che altrove; o perché questo brevetempo della mia esistenza sia assegnato piuttosto a questo momentodell'eternità che a tutti quelli che precedevanoe cheseguiranno. Io non vedo da tutte le parti altro che infinitàle quali mi assorbono come un atomo."

Poichéin quella notte de' 20 Marzo ebbe ripassato al tutto i suoi foglichiamò l'ortolano e Michele perché glieli sgombrasseroda' piedi. Poi li mandò a dormire. Pare ch'esso abbia vegliatol'intera notte; perché allora scrisse la lettera precedenteesul far del giorno andò a destare il ragazzo commettendogliche procacciasse un messo per Venezia. Poi si sdrajò tuttovestito sul letto; ma per poca ora; da che un villano mi dissed'averlo alle 8 di quella mattina incontrato su la strada d'Arquà.Prima di mezzodì era tornato nelle sue stanze. V'entròMichele a dire che il messo era lì pronto: e lo trovòseduto immobilmentee come sepolto in tristissime cure: s'alzò;si fe' presso alla soglia di una finestra; e standosi ritto scrissesotto la stessa letteraa caratteri quasi illeggibili.

Verròad ogni modo - se potessi scriverle - e voleva scrivere: pur se lescrivessi non avrei più cuore di venire - tu le dirai cheverròche essa vedrà il suo figliuolo; - non altro -non altro: non le straziare di più le viscere; avrei molto daraccomandarti intorno al modo di contenerti per l'avvenire con essa edi consolarla. - Ma le mie labbra sono arse; il petto soffocato;un'amarezzauno stringimento - potessi almen sospirare! - Davvero;un gruppo dentro le faucie una mano che mi preme e mi affanna ilcuore. - Lorenzoma che posso più dirti? sono uomo - Dio mioDio mioconcedimi anche per oggi il refrigerio del pianto.

Sigillòil foglio e lo consegnò senza verun soprascritto. Guardòil cielo per gran pezzo; poi s'assisee incrociate le braccia su loscrittojovi posò la fronte: più volte il servo glichiese se voleva altro; ei senza rivoltarsigli fe' cenno con latestache no. Quel giorno incominciò la seguente lettera perTeresa.



Mercoledìore 5

Rassègnatia' decreti del Cielo e troverai qualche felicità nella pacedomesticae nella concordia con quello sposo che la sorte ti hadestinato. Tu hai un padre generoso e infelice: tu devi riunirlo atua madre la quale solitaria e piangente forse chiama te sola: tudevi la tua vita alla tua fama. Io solo - io solo morendo troveròpacee la lascierò alla tua casa: ma tu povera sfortunata!

Sonopur assai giorni ch'io prendo a scriverti e non posso continuare! Osommo Iddiovedo che tu non mi abbandoni nella ora suprema; e questacostanza è maggiore de' tuoi beneficj. Morirò quandoavrò ricevuto la benedizione da mia madree gli ultimiabbracciamenti dall'amico mio. Da lui tuo padre avrà le tueletteree tu pure gli darai le mie: saranno testimonio della santitàdel nostro amore. Nocara giovine; non sei tu cagione della miamorte. Tutte le mie passioni disperate; le disavventure delle personepiù necessarie alla vita mia; gli umani delitti; la sicurezzadella mia perpetua schiavitù e dell'obbrobrio perpetuo dellamia patria venduta - tutto insomma da più tempo era scritto; etudonna angelicapotevi soltanto disacerbare il mio destino; manon placarlooh! non mai. Ho veduto in te sola il ristoro di tutti imiei mali; ed osai lusingarmi: e poiché per una irresistibileforza tu mi hai amatoil mio cuore ti ha creduta tutta sua; tu mihai amatoe tu m'ami - ed ora che ti perdoora chiamo in ajuto lamorte. Prega tuo padre di non dimenticarsi di me; non peraffliggersibensì per mitigare con la sua compassione il tuodoloree per ricordarsi sempre che ha un'altra figlia.

Matu novera amica di questo sfortunatotu non avrai cuore mai diobbliarmi. Rileggi sempre queste mie ultime parole ch'io posso diredi scriverti col sangue del mio cuore. La mia memoria ti preserveràforse dalle sciagure del vizio. La tua bellezzala tua gioventùlo splendore della tua fortuna saranno sprone per gli altriper tea contaminare quella innocenza alla quale hai sacrificato la tuaprima e cara passione; e che pure ne' tuoi martirj ti fu sempre soloconforto. Quanto mai v'è di lusinghiero nel mondo congiureràalla tua rovina; a rapirti la stima di te; ed a confonderti fra laschiera di tante altre donne le quali dopo d'avere rinnegato ilpudorefanno traffico dell'amore e dell'amiciziaed ostentano cometrionfi le vittime della loro perfidia. Tu nomia Teresa; la tuavirtù risplende nel tuo viso celesteed io la ho rispettata;e tu sai ch'io t'ho amato adorandoti come cosa sacra. - O divinaimmagine dell'amica mia! o ultimo dono prezioso ch'io contemploeche m'infonde più vigoree mi narra tutta la storia de'nostri amori! Tu stavi facendo questo ritratto il primo dìch'io ti vidi: ripassano ad uno ad uno dinanzi a me tutti que' giorniche furono i più affannosi e i più cari della mia vita.E tu l'hai consecrato questo ritratto attaccandolo bagnato del tuopianto al mio petto - e così attaccato al mio petto verràcon me nel sepolcro. Ti ricordio Teresale lagrime con cui loaccolsi? Oh! io torno a versarlee sollevano la trista anima mia.Che se alcuna vita resta dopo l'ultimo sospiroio la serberòsempre a te solae l'amor mio vivrà immortale con me. -Ascolta intanto una estremaunicasacrosanta raccomandazione; e tene scongiuro per l'amor nostro infeliceper le lagrime che abbiamosparseper la religione che tu senti verso i tuoi genitoria' qualiti sei pur immolata vittima volontaria - non lasciare senzaconsolazione la povera madre miache forse verrà a piangermiteco in questa solitudine dove cercherà riparo dalle tempestedella vita. Tu sola sei degna di compiangerla e di consolarla. Chi leresta più se tu l'abbandoni? Nel suo dolorein tutte le suesventurenelle infermità della sua vecchiaja ricordati semprech'essa è mia madre.

Amezzanotte suonata si partì per le poste da' colli Euganei: earrivato su la marina alle 8 del giornosi fe' traghettare da unagondola a Venezia sino alla sua casa. Quand'io vi giunsi lo trovaiaddormentato sopra un sofà e di un sonno tranquillo. Come fudestomi pregò perché io spicciassi alcune suefaccendee saldassi un suo debito a certo librajo. Non possomidiss'eglitrattenermi qui che tutt'oggi.

Benchéfossero quasi due anni ch'io nol vedevala sua fisionomia non miparve tanto alterata quant'io m'aspettava; ma poi m'accorsi cheandava lento e come strascinandosi; la sua voceun tempo pronta emaschiausciva a fatica e dal petto profondo. Sforzavasi nondimenodi discorrere; e rispondendo a sua madre intorno al suo viaggiosorridea spesso di un mesto sorriso tutto suo: ma avea un'ariacircospettainsolita in lui. Avendogli io detto che certi suoi amicisarebbero venuti quel dì a salutarlorisposeche nonvorrebbe rivedere anima nata; anzi scese egli stesso ad avvertirealla porta perché si dicesse ch'ei non accoglierebbe visite. Erisalendo mi disse; Spesso ho pensato di non dare né a te néa mia madre tanto dolore; ma io avevo pur obbligo e anche bisogno dirivedervi - e questocredimiè l'esperimento piùforte del mio coraggio.

Pocheore prima di serasi alzòcome per partire; ma non glisofferiva il cuore di dirlo. Sua madre gli si approssimòementr'ei rizzandosi dalla seggiola andavale incontro con le bracciaaperteessa con volto rassegnato gli disse: Hai dunque risolutomiocaro figliuolo?

Sìsì; le rispose abbracciandola e frenando a stento le lagrime.

Chisa se potrò più rivederti? io sono oramai vecchia estanca.

Cirivedremoforse - mia cara madreconsolatevici rivedremo - pernon lasciarci mai più; ma adesso: - ne può far fedeLorenzo.

Ellasi volse impaurita verso di meed ioPur troppo! le dissi. E lenarrai come le persecuzioni tornavano a incrudelire per la guerraimminente; e che il pericolo sovrastava a me puremassime dopoquelle lettere che ci furono intercette: (e non erano falsi sospetti;perché dopo pochi mesi fui costretto ad abbandonare la patriamia.. Ed essa allora esclamò: Vivi mio figliuolobenchélontano da me. Dopo la morte di tuo padre non ho più avutoun'ora di bene; sperava di consolare teco la mia vecchiezza! - ma siafatta la volontà del Signore. Vivi! io scelgo di piangeresenza di tepiuttosto che vederti - imprigionato - morto. Isinghiozzi le soffocavano la parola.

Jacopostrinse la mano e la guardava come se volesse affidarle un secreto;ma ben tosto si ricomposee le chiese la sua benedizione.

Edella alzando le palme: Ti benedico - Ti benedico; e piaccia anche aDio Onnipotente di benedirti.

Avvicinatisialla scala s'abbracciarono. Quella donna sconsolata appoggiòla testa sul petto del suo figliuolo.

Sceseroed io con loro; la madre come giunsero all'uscio di casae videl'aria apertasollevò gli occhie li tenne fissi al cieloper due o tre minutie parea che pregasse mentalmente con tutto ilfervore dell'anima sua; e che quell'atto le avesse ridato la primarassegnazione. E senza versare più lagrimabenedisse di nuovocon voce sicura il figliuolo; ed ei le ribaciò la manoe labaciò in volto.

Iostava piangente: dopo avermi abbracciatomi promise di scrivermiemosse il passodicendomi: Presso alla madre mia ti sovverraisantamente della nostra amicizia. E rivoltosi alla madrela guardòun pezzo senza far motto; e partì. Giunto in fondo allastradasi rivolsee ci salutò con la mano e ci miròmestamentecome se volesse dirci che quello era l'ultimo sguardo.

Lapovera madre ristette su la porta quasi sperando ch'ei tornasse arisalutarla. Ma togliendo gli occhi lagrimosi dal luogo dond'ei sel'era dileguatos'appoggiò al mio braccio e risalivadicendomi: Caro Lorenzomi dice il cuore che non lo rivedremo maipiù.

Unvecchio sacerdote di assidua famigliarità nella casadell'Ortise che gli era stato maestro di grecovenne quella sera eci narròcome Jacopo era andato alla chiesa dove Lauretta fusotterrata. Trovatola chiusavoleva farsi aprire a ogni patto dalcampanaro; e regalò un fanciullo del vicinato perchéandasse a cercare del sagrestano che aveva le chiavi. S'assiseaspettandosopra un sasso nel cortile. Poi si levò es'appoggiò con la testa su la porta della chiesa. Era quasisera; quando accorgendosi di gente nel cortilesenza piùaspettaresi dileguò. Il vecchio sacerdote aveva risaputoqueste cose dal campanaro. Seppi alcuni giorni dopoche Jacopo sulfare della notte era andato a visitare la madre di Lauretta. Eramidiss'ellaassai tristo; non mi parlò mai della mia poverafigliuolané io l'ho nominata mai per non accorarlo di più:scendendo le scalemi disse: Andatequando potretea consolare miamadre.

Eintanto la madre di lui fu in quella sera atterrita di piùfiero presentimento. Io nell'autunno scorsotrovandomi a' colliEuganeiaveva letto in casa del signore T*** parte d'una lettera(21. nella quale Jacopo tornava con tutti i pensieri alla suasolitudine paterna. E allora Teresa rappresentò a chiaroscurola prospettiva del laghetto de' cinque fontie accennò sulpendio d'un poggetto l'amico suo che sdrajato su l'erba contempla iltramontare del Sole. Richiese d'alcun verso per iscrizione il padresuoe le fu da lui suggerito questo di Dante:

Libertàva cercando ch'è sì cara

Mandòposcia in dono il quadretto alla madre di Jacoporaccomandandosi chenon gli dicesse mai donde veniva; infatti egli non l'avea mairisaputo: ma quel giorno ch'ei fu in Venezia s'accorse del quadrettoappesoe di chi lo aveva fatto; non ne fe' motto: bensìrimastosi nella camera tutto solosmosse il cristalloe sotto alverso:

Libertàva cercando ch'è sì cara

scrissel'altro che gli vien dietro:

Comesa chi per lei vita rifiuta.

Efra il cristallo e la scannellatura di dentro della cornice trovòuna lunga treccia di capelli che Teresaalcuni giorni prima dellesue nozzes'era tagliati senza che veruno il sapessee ripostilinella cornice in guisa che non trasparissero ad occhio vivente.L'Ortis a que' capelli congiunsequando li videuna ciocca de' suoie gli annodò insieme col nastro nero che portava attaccatoall'oriuolo; e rimise il quadretto a suo posto. Poche ore dopolamadre sua vide il verso aggiuntos'avvide anche della trecciaedella ciocca e del nodo nero ch'ei forse disavvedutamente o perfretta non aveva potuto rimpiattare che non paresse. Il dìseguente me ne parlò; ed io vidi come questo accidente leaveva prostrato il coraggio con che dianzi essa avea sostenuta lapartenza del suo figliuolo.

Ondeper acquetarla mi deliberai di accompagnarlo sino ad Ancona; epromisi che le scriverei giornalmente. Esso frattanto tornavasi aPadovae smontò in casa del professore C***dove riposòil resto della notte. La mattina accomiatandosigli furono dalprofessore esibite lettere per alcuni gentiluomini delle isole giàVenete i quali nel tempo addietro gli erano stati discepoli. Jacoponé le accettòné le rifiutò. Tornòa piedi a' colli Euganeie ricominciò a scrivere.



Venerdìore 1

EtuLorenzo mio - leale e unico amico - perdona. Non ti raccomandomia madre; ben so che avrà in te un altro figliuolo. O madremia! ma tu non avrai più il figlio sul petto del quale speravidi riposare il tuo capo canuto - né potrai riscaldare questelabbra morenti co' tuoi baci? e forse tu mi seguirai! - Io vacillavao Lorenzo. Or è questa la ricompensa dopo ventiquattro anni disperanze e di cure? Ma sia cosi! Iddio che ha tutto destinato nonl'abbandonerà - né tu! Ah finché io non bramavache un amico fedeleio vissi felice. Il cielo te ne rimeriti! Ma etu pure non ti aspettavi ch'io ti pagassi di lagrime. Pur troppo tipagherei a ogni modo di lagrime! or tu non proferire sulle mie cenerila crudele bestemmia: Chi vuol morire non ama nessuno - Che nontentai sopra di me? che non feci? che non dissi a Dio? ah la mia vitapur troppo sta tutta nelle mie passioni; e se non potessidistruggerle meco - oh a che angoscea che spasimia quantipericolia quali furoria che deplorabile cecitàa chedelitti non mi strascinerebbero a forza! Un giornoo Lorenzoprimach'io decretassi la morte miaio stava genuflesso implorando dalCielo pietàe le mie lagrime pioveano abbondanti - e in quelpunto mi si sono improvvisamente inaridite le lagrimee il cuore mis'è inferocitoe avresti detto che mi venisse mandato appuntodal Cielo un delirio ad assalirmi; - e mi rizzai; e scrissi allagiovine misera che io me ne andava ad aspettarla in un altro mondoeche non tardasse a raggiungermie l'ammaestrava del come e delquando e dell'ora. - Ma poi non forse la compassionenon lavergognané il rimorsoné Iddio - bensì l'ideache non è più la vergine di due mesi fae che èdonna contaminata dalle braccia d'un altroha incominciato a farmipentire di sì atroce disegno. Vedi come la vita miasarebbe avoi tutti più dolorosa che la mia morte; e infame forse a voitutti. Invece se mi divido per sempre da Teresa degno di leilamemoria mia serberà certamente il suo cuore degno di meebenché serva di un altro potrà almeno sperare -speranza forse vanissima - che un dì l'anima sua verràlibera a unirsi per sempre alla mia. - Ma addio. Queste carte ledarai tutte al suo padre. Raduna i miei libri e serbali a memoria deltuo Jacopo. Raccogli Michele a cui lascio il mio oriuoloquesti mieipochi arredi e i danari che tu troverai nel cassettino del mioscrittojo. Vieni ad aprirlo tu solo: c'è una lettera perTeresa; e ti prego di riporla fra le sue mani tu stesso. Addioaddio.



Continuòla lettera per Teresa.

Tornoa te mia Teresa. Se mentre io viveva era colpa per te l'ascoltarmi;ascoltami almeno in queste poche ore che mi disgiungono dalla morte;e le ho riserbate tutte a te sola. Avrai questa lettera quando iosarò sotterrato; e da quella ora tutti forse incomincierannoad obbliarmifinché niuno più si ricorderà delmio nome - ascoltami come una voce che vien dal sepolcro. Tupiangerai i miei giorni svaniti al pari di una visione notturna;piangerai il nostro amore che fu inutile e mesto come le lampade cherischiarano le bare de' morti. - Oh sìmia Teresa; dovevanopure una volta finir le mie pene; e la mia mano non tremanell'armarsi del ferro liberatorepoiché abbandono la vitamentre tu m'amimentre sono ancora degno di tee degno del tuopiantoed io posso sacrificarmi a me soloed alla tua virtù.No; allora non ti sarà colpa l'amarmi; e lo pretendo il tuoamore; lo chiedo in vigore delle mie sventuredell'amor mioe deltremendo mio sacrificio. Ah se tu un giorno passassi senza gettareun'occhiata su la terra che coprirà questo giovine sconsolato- me misero! io avrei lasciata dietro di me l'eterna dimenticanzaanche nel tuo cuore!

Tucredi ch'io parta. Io? - ti lascierò in nuovi contrasti con temedesimae in continua disperazione? E mentre tu m'amied io t'amoe sento che t'amerò eternamenteti lascierò per lasperanza che la nostra passione s'estingua prima de' nostri giorni?No; la morte solala morte. Io mi scavo da gran tempo la fossae misono assuefatto a guardarla giorno e nottee a misurarla freddamente- e appena in questi estremi la Natura rifugge e grida - ma io tiperdoed io morrò. Tu stessatu mi fuggivi; ci sicontendeano le lagrime. - E non t'avvedevi tu nella mia tremendatranquillità ch'io voleva prendere da te gli ultimi congediech'io ti domandava l'eterno addio?

Chese il Padre degli uomini mi chiamasse a rendimento di contiio glimostrerò le mie mani pure di sanguee puro di delitti il miocuore. Io dirò: Non ho rapito il pane agli orfani ed allevedove; non ho perseguitato l'infelice; non ho tradito; non hoabbandonato l'amico; non ho turbata la felicità degli amantiné contaminata l'innocenzané inimicati i fratellinéprostrata la mia anima alle ricchezze. Ho spartito il mio pane conl'indigente; ho confuse le mie lagrime alle lagrime dell'afflitto; hopianto sempre su le miserie dell'umanità. Se tu mi concedeviuna patriaio avrei speso il mio ingegno e il mio sangue tutto perlei; e nondimeno la mia debole voce ha gridato coraggiosamente laverità. Corrotto quasi dal mondodopo avere sperimentatitutti i suoi vizj - ma no! i suoi vizj mi hanno per brevi istantiforse contaminatoma non mi hanno mai vinto - ho cercato virtùnella solitudine. Ho amato! tu stessatu mi hai presentata lafelicità; tu l'hai abbellita de' raggi della infinita tualuce; tu mi hai creato un cuore capace di sentirla e di amarla; madopo mille speranze ho perduto tutto ed inutile agli altrie dannosoa memi sono liberato dalla certezza di una perpetua miseria. GodituPadrede' gemiti della umanità? pretendi tu che sopportimiserie più potenti delle sue forze? o forse hai conceduto almortale il potere di troncare i suoi mali perché poitrascurasse il tuo dono strascinandosi scioperato tra il pianto e lecolpe? Ed io sento in me stesso che agli estremi mali non resta chela colpa o la morte. - ConsolatiTeresa; quel Dio a cui tu ricorricon tanta pietàse degna d'alcuna cura la vita e la morte diuna umile creaturanon ritirerà il suo sguardo neppure da me.Sa ch'io non posso resistere più; e ha veduto i combattimentiche ho sostenuto prima di giungere alla risoluzione fatale; ed haudito con quante preghiere l'ho supplicato perché miallontanasse questo calice amaro. Addio dunque - addio all'universo!O amica mia! la sorgente delle lagrime è in me dunqueinesausta? io torno a piangere e a tremare ma per poco; tutto inbreve sarà annichilito. Ahi! le mie passioni vivonoedardonoe mi possedono ancora: e quando la notte eterna rapiràil mondo a questi occhiallora solo seppellirò meco i mieidesiderj e il mio pianto. Ma gli occhi miei lagrimosi ti cercanoancora prima di chiudersi per sempre. Ti vedròti vedròper l'ultima voltati lascierò gli ultimi addioe prenderòda te le tue lagrimeunico frutto di tanto amore!

Iogiungeva alle ore 5 da Veneziae lo incontrai pochi passi fuoridella sua portamentr'ei s'avviava appunto per dire addio a Teresa.La mia venuta improvvisa lo costernò; e molto più ilmio divisamento di accompagnarlo sino ad Ancona. Me ne ringraziavaaffettuosamente e tentò ogni via di distormene; ma veggendoch'io persisteva si tacque; e mi chiese di andare seco lui fino acasa T***. Lungo il cammino non parlò; andava lentoed avevain volto una mestissima sicurezza: ah doveva io pure avvedermi che inquel momento egli rivolgeva nell'animo i supremi pensieri! Entrammopel rastrello del giardino; ed ei soffermandosialzò gliocchi al cieloe dopo alcun tempo proruppe guardandomi: Pare anche ate che oggi la luce sia più bella che mai?

Avvicinandosialle stanze di Teresaio intesi la voce di lei: - ma il suo cuorenon si può cangiare: - né so se Jacopo che m'era dietrouno o due passiabbia udito queste parole; non ne riparlò.Noi vi trovammo il marito che passeggiavae il padre di Teresaseduto nel fondo della stanza presso ad un tavolino con la fronte sula palma della mano. Restammo assai tempo tutti muti. Jacopofinalmente. Domattinadissenon sarò più qui - erizzandosisi accostò a Teresa e le baciò la manoedio vidi le lagrime su gli occhi di lei; e Jacopo tenendola ancora permano la pregava perché facesse chiamare la Isabellina. Lestrida e il pianto di questa fanciulla furono così improvviseed inconsolabili che niuno di noi poté frenare le lagrime.Appena ella udì ch'ei partivagli si attaccò al colloe singhiozzando gli ripeteva: o mio Jacopo perché mi lasci? omio Jacopo torna presto: né potendo egli resistere a tantopietàposò l'Isabellina fra le braccia di Teresa chenon proferì mai parola - Addioegli disseleaddio - e uscì.Il signore di T** lo accompagnò sino al limitare della casa elo abbracciò più volte e lo baciò gemendo.Odoardo che gli era a lato ne strinse la manoaugurandoci il buonviaggio.

Eragià notte; e non sì tosto fummo a casa egli comandòa Michele di allestire il forzieree mi pregò istantementeperché tornassi a Padova a pigliare le lettere esibitegli dalprofessore C***. E partii sul fatto.

Allorasotto la lettera che la mattina avea apparecchiata per meaggiunsequesto proscritto:

Poichénon ho potuto risparmiarti il cordoglio di prestarmi gli ufficjsupremi - e già m'eraprima che tu venissirisolto discriverne al parroco - aggiungi anche questa ultima pietà aitanti tuoi beneficj. Fa ch'io sia sepoltocosì come saròtrovatoin un sito abbandonatodi notte senza esequiesenzalapidesotto i pini del colle che guarda la chiesa. Il ritratto diTeresa sia sotterrato col mio cadavere.

25Marzo1799

L'amicotuo

JACOPOORTIS



Uscìnuovamente: e trovandosi alle ore 11 appiè di un monte duemiglia discosto dalla sua casabussò alla porta di uncontadinoe lo destò domandandogli dell'acquae ne bevvemolta.

Ritornatoa casa dopo la mezzanotteuscì tosto di stanzae porse alragazzo una lettera sigillata per meraccomandandogli di consegnarlaa me solo. E stringendogli la mano: Addio Michele! amami; e lo miravaaffettuosamente - poi lasciatolo a un trattorientròserrandosi dietro la porta. Continuò la lettera per Teresa.



Ore1

Hovisitato le mie montagneho visitato il lago de' cinque fontihosalutato per sempre le selvei campiil cielo. O mie solitudini! orivoche mi hai la prima volta insegnato la casa di quella fanciullaceleste! quante volte ho sparpagliato i fiori su le tue acque chepassavano sotto le sue finestre! quante volte ho passeggiato conTeresa per le tue spondementr'io inebbriandomi della voluttàdi adorarlavuotava a gran sorsi il calice della morte.

Sacrogelso! ti ho pure adorato; ti ho pure lasciati gli ultimi gemitiegli ultimi ringraziamenti. Mi sono prostratoo mia Teresapresso aquel tronco; e quell'erba ha dianzi bevute le più dolcilagrime ch'io abbia versato mai; mi pareva ancora calda dell'orma deltuo corpo divino; mi pareva ancora odorosa. Beata sera! come tu seistampata nel mio petto! - io stava seduto al tuo fiancoo Teresaeil raggio della luna penetrando fra i rami illuminava il tuo angelicoviso! io vidi scorrere su le tue guance una lagrima; e la hosucchiatae le nostre labbrae i nostri respirisi sono confusiel'anima mia si trasfondea nel tuo petto. Era la sera de' 13 Maggioera giorno di giovedì. Da indi in qua non è passatomomento ch'io non mi sia confortato con la ricordanza di quella sera:mi sono reputato persona sacrae non ho degnata più alcunadonna di un guardo credendola immeritevole di me - di me che hosentita tutta la beatitudine di un tuo bacio.

T'amaidunque t'amaie t'amo ancor di un amore che non si puòconcepire che da me solo. È poco prezzoo mio angelolamorte per chi ha potuto udir che tu l'amie sentirsi scorrere intutta l'anima la voluttà del tuo bacioe piangere teco - iosto col piè nella fossa; eppure tu anche in questo frangenteritornicome solevidavanti a questi occhi che morendo si fissanoin tein te che sacra risplendi di tutta la tua bellezza. E frapoco! Tutto è apparecchiato; la notte è giàtroppo avvanzata - addio - fra poco saremo disgiunti dal nullaodalla incomprensibile eternità. Nel nulla? Sì. - Sìsì; poiché sarò senza di teio prego il sommoIddiose non ci riserba alcun luogo ov'io possa riunirmi teco persemprele prego dalle viscere dell'anima miae in questa tremendaora della morteperché egli m'abbandoni soltanto nel nulla.Ma io moro incontaminatoe padrone di me stessoe pieno di teecerto del tuo pianto! PerdonamiTeresase mai - ah consolatievivi per la felicità de' nostri miseri genitori; la tua mortefarebbe maledire le mie ceneri.

Chese taluno ardisse incolparti del mio infelice destinoconfondilo conquesto mio giuramento solenne ch'io pronunzio gittandomi nella nottedella morte: Teresa è innocente. - Ora tu accogli l'anima mia.

Ilragazzoche dormiva nella camera contigua all'appartamento diJacopofu scosso come da un lungo gemito: tese l'orecchio persincerarsi s'ei lo chiamava; aprì la finestra sospettandoch'io avessi gridato all'uscioda che stava avvertito ch'io sareitornato sul far del dì; ma chiaritosi che tutto era quiete ela notte ancor fittatornò a coricarsi e si addormentò.Mi disse poi che quel gemito gli aveva fatto paura: ma che non vibadò più che tanto perché il suo padrone solevaalle volte smaniare fra il sonno.

LamattinaMichele dopo aver bussato e chiamato un pezzo alla portasconficcò il chiavistello; e non udendosi rispondere nellaprima cameras'innoltrò perplesso; e al chiarore dellalucerna che ardeva tuttaviagli si affacciò Jacopoagonizzante nel proprio sangue. Spalancò le finestre chiamandogentee perché nessuno accorrevas'affrettò a casadel chirurgoma non lo trovò perché assisteva a unmoribondo; corse al parrocoed anch'esso era fuori per lo stessomotivo. Entrò ansante nel giardino di casa T*** mentre Teresascendeva per uscire di casa con suo maritoil quale appunto dicevalecome dianzi avea risaputo che in quella notte Jacopo non eraaltrimenti partito; ed ella sperò di potergli dire addioun'altra volta: e scorgendo il servo da lontano voltò il visoverso il cancello donde Jacopo soleva sempre veniree con una manosi sgombrò il velo che cadevale sulla frontee rimiravaintentamentecostretta da dolorosa impazienza di accertarsi s'ei purveniva: e le si accostò a un tratto Michele domandando aiutoperché il suo padrone s'era feritoe che non gli parea ancoramorto: ed essa ascoltavalo immobile con le pupille fitte sempre versoil cancello: poi senza mandare lagrima né parolacascòtramortita fra le braccia di Odoardo.

Ilsignore T*** accorse sperando di salvare la vita del suo miseroamico. Lo trovò steso sopra un sofà con tutta quasi lafaccia nascosta fra' cuscini: immobilese non che ad ora ad oraanelava. S'era piantato un puguale sotto la mammella sinistra ma sel'era cavato dalla feritae gli era caduto a terra. Il suo abitonero e il fazzoletto da collo stavano gittati sopra una sedia vicina.Era vestito del gilède' calzoni lunghi e degli stivali; ecinto d'una fascia larghissima di seta di cui un capo pendevainsanguinatoperché forse morendo tentò di svolgerseladal corpo. Il signore T*** gli sollevava lievemente dal petto lacamiciache tutta inzuppata di sangue gli si era rappressa su laferita. Jacopo si risentì; e sollevò il viso verso dilui; e riguardandolo con gli occhi nuotanti nella mortestese unbracciocome per impedirloe tentava con l'altro di stringergli lamano - ma ricascando con la testa su i guancialialzò gliocchi al cieloe spirò.

Laferita era assai largae profonda; e sebbene non avesse colpito ilcuoreegli si affrettò la morte lasciando perdere il sangueche andava a rivi per la stanza. Gli pendeva dal collo il ritratto diTeresa tutto nero di sanguese non che era alquanto polito nelmezzo; e le labbra insanguinate di Jacopo fanno congetturare ch'einell'agonia baciasse la immagine della sua amica. Stava su loscrittojo la Bibbia chiusae sovr'essa l'oriuolo; e pressovarjfogli bianchi; in uno de' quali era scritto: Mia cara madre: e dapoche linee cassateappena si potea rilevareespiazione; e piùsotto; di pianto eterno. In un altro foglio si leggeva soltantol'indirizzo a sua madrecome se pentitosi della prima lettera neavesse incominciata un'altra che non gli bastò il cuore dicontinuare.

Appenaio giunsi da Padova ove m'era convenuto indugiare più ch'ionon volevafui sopraffatto dalla calca de' contadini ches'affollavano muti sotto i portici del cortile; ed altri miguardavano attonitie taluno mi pregava che non salissi. Balzaitremando nella stanzae mi s'appresentò il padre di Teresagettato disperatamente sopra il cadavere; e Michele ginocchione conla faccia per terra. Non so come ebbi tanta forza d'avvicinarmi e diporgli una mano sul cuore presso la ferita; era mortofreddo. Mimancava il pianto e la voce; ed io stava guardando stupidamente quelsangue: finché venne il parroco e subito dopo il chirurgoiquali con alcuni famigliari ci strapparono a forza dal fierospettacolo. Teresa visse in tutti que' giorni fra il lutto de' suoiin un mortale silenzio. - La notte mi strascinai dietro al cadavereche da tre lavoratori fu sotterrato sul monte de' pini.

 

 

Note

1."Chiamata da' contadini la campana del De profundisperchémentre suonasogliono recitare questo salmo per le anime de'trapassati."

2."Questo è un verso della Bibbiama non ho saputo trovareper l'appunto donde fu tratto."

3.Petrarca.

4."Lettera omessa in tutte le edizioni posteriori alla prima nellaquale unicamente si legge."

5.Petrarca.

6.DanteInf.canto V.

7.Dante.

8.EpittetoManualeXXII.

9.Regum Lib. IIcap. XII4.

10.Esodo XX5.

11.Malach. III3.

12."Anche questo biglietto fu omesso nelle edizioni susseguentialla prima dove unicamente si legge."

13."Di questo rimorso d'omicidio che spesso prorompe dal secretodel misero giovineil lettore vedrà la ragione verso la finedel libroin una lettera datata 14 Marzo."

14."Da prima questo racconto parevami esagerato dalla fantasiacosternata di Jacopo; ma poi vidi che nello stato Cisalpino non viera codice criminale. Si giudicava con le leggi de' caduti governi; ein Bologna co'j decreti ferrei de' Cardinaliche minacciavano dimorte ogni furto qualificato eccedente le cinquantadue lire. Ma iCardinali mitigavano quasi sempre la pena; il che non puòessere conceduto a' tribunali della Repubblicaesecutorinecessariamente inflessibili delle leggi: così spesso laGiustizia impassibile è più funesta della arbitrariaEquità."

15."Vedi alla fine di questo volume la lettera 14 Marzo"

16."Dante accenna questa battaglia nel X dell'Inferno; e que' versiforse suggerirono all'Ortis di visirare Montaperto Ma il lettore puòtrarne ampie notizie dalle croniche di G. Villanilib. IV83."

17."Questa esclamazione dell'Ortis dee mirare a quel passo diTacito: "Cocceo Nervaassiduo col Principein tutta umana edivina ragione dottissimoflorido di fortuna e di vitasi pose incuor di morire. Tiberio il riseppee instò interrogandolopregandolo sino a confessare che gli sarebbe di rimorso e di macchiase il suo famigliarissimo amico fuggisse senza ragioni la vita. Nervasdegnò il discorso; anzi s'astenne d'ogni alimento. Chi sapeala sua mentediceva ch'ei più dappresso veggendo i mali dellarepubblicaper ira e sospetto vollefinché era illibatoenon cimentatoonestamente finire". Ann. VI."

18.DanteInf.VI4.

19."Questo squarciobenché si trovi senza datain diversofoglioe per caso fuori della serie delle letrere; nondimeno dalcontesto apparisce scritto dallo stesso paese il dì dopo inaggiunta al racconto."

20."Autore di poesie campestri."

21."La lettere di Firenze7 settembre."