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GuidoCavalcante


RIME





I


Fresca rosa novella

piacente primavera

per prata e per rivera

gaiamente cantando

vostro fin presio mando - a la verdura.


Lo vostro presio fino

in gio' si rinovelli

da grandi e da zitelli

per ciascuno camino;

e cantin(n)e gli auselli

ciascuno in suo latino

da sera e da matino

su li verdi arbuscelli.

Tutto lo mondo canti

po' che lo tempo vène

si come si convene

vostr'altezza presiata:

ché siete angelicata - crïatura.


Angelica sembranza

in voidonnariposa:

Dioquanto aventurosa

fue la mia disïanza!

Vostra cera gioiosa

poi che passa e avanza

natura e costumanza

ben è mirabil cosa.

Fra lor le donne dea

vi chiamancome sète;

tanto adorna parete

che eo non saccio contare;

e chi poria pensare - oltra natura?


Oltra natura umana

vostra fina piasenza

fece Dioper essenza

che voi foste sovrana:

Per che vostra parvenza

ver' me non sia luntana;

or non mi sia villana

la dolce provedenza!

E se vi pare oltraggio

che ad amarvi sia dato

non sia da voi blasmato:

ché solo Amor mi sforza

contra cui non val forza - né misura.



II


Avete 'n vo' li fior' e la verdura

e ciò che luce od è bello a vedere;

risplende più che sol vostra figura:

chi vo' non vedema' non pò valere.


In questo mondo non ha creatura

si piena di bieltà né di piacere;

e chi d'amor si temelu' assicura

vostro bel visi a tanto 'n sé volere.


Le donne che vi fanno compagnia

assa' mi piaccion per lo vostro amore;

ed io le prego per lor cortesia.


che qual più può più vi faccia onore

ed aggia cara vostra segnoria

perché di tutte siete la migliore.



III


Biltà di donna e di saccente core

e cavalieri armati che sien genti;

cantar d'augilli e ragionar d'amore;

adorni legni 'n mar forte correnti;


aria serena quand' apar l'albore

e bianca neve scender senza venti;

rivera d'acqua e prato d'ogni fiore;

oroargentoazzuro 'n ornamenti:


ciò passa la beltate e la valenza

de la mia donna e il su' gentil coraggio

si che rasembra vile a chi ciò guarda;


e tanto più d'ogn' altr' ha canoscenza

quanto lo ciel de la terra è maggio.

A simil di natura ben non tarda.



IV


Chi è questa che vènche ogn'om la mira

che fa tremar di chiaritate l'àre

e mena seco Amorsi che parlare

null'omo potema ciascun sospira?


O Deoche sembra quando li occhi gira

dical' Amorche io nol savria contare:

contanto d'umiltà donna mi pare

che ogn'altra ver' di lei io la chiami ira.


Non si poria contar la sua piagenza

che a le' si inchin' ogni gentil vertute

e la beltate per sua dea la mostra.


Non fu si alta già la mente nostra

e non si pose 'n noi tanta salute

che propiamente n'aviàn conoscenza.



V


Li miei foll' occhiche prima guardaro

vostra figura piena di valore

fuor quei che di voidonnami acusaro

nel fero loco ove ten corte Amore


e mantinente avanti lui mostraro

che io era fatto vostro servidore:

per che sospiri e dolor mi pigliaro

vedendo che temenza avea lo core.


Menàrmi tostosanza riposanza

in una parte là 'v' io trovai gente

che ciascun si doleva d'Amor forte


Quando mi vidertutti con pietanza

dissermi: - Fatto se'di talservente

che mai non déi sperare altro che morte - .



VI


Dehspiriti mieiquando mi vedete

con tanta penacome non mandate

fuor della mente parole adornate

di piantodolorose e sbigottite?


Dehvoi vedete che il core ha ferite

di sguardo e di piacer e d'umiltate:

dehio vi priego che voi il consoliate

che son da lui le sue vertù partite.


Io veggo a luï spirito apparire

alto e gentile e di tanto valore

che fa le sue vertù tutte fuggire.


Dehio vi priego che deggiate dire

a l'alma tristache parl' in dolore

comi ella fu e fie sempre d'Amore.



VII


L'anima mia vilment' è sbigotita

de la battaglia che e(l)l'ave dal core:

che si ella sente pur un poco Amore.

più presso a lui che non sòleella more


Sta come quella che non ha valore

che è per temenza da lo cor partita;

e chi vedesse comi ell' è fuggita

diria per certo: - Questi non ha vita - .


Per li occhi venne la battaglia in pira

che ruppe ogni valore immantenente

si che del colpo fu strutta la mente.


Qualunqu' è quei che più allegrezza sente

se vedesse li spiriti fuggir via

di grande sua pietate piangeria.



VIII



//tIII


Tu mi hai si piena di dolor la mente

che l'anima si briga di partire

e li sospir' che manda il cor dolente

mostrano agli occhi che non può soffrire.


Amorche lo tuo grande valor sente

dice: - E' mi duol che ti convien morire

per questa fiera donnache nïente

par che piatate di te voglia udire - .


Io vo come colui che è fuor di vita

che parea chi lo sguardache omo sia

fatto di rame o di pietra o di legno


che si conduca sol per maestria

e porti ne lo core una ferita

che siacomi egli è mortoaperto segno.



IX


Io non pensava che lo cor giammai

avesse di sospir' tormento tanto

che dell'anima mia nascesse pianto

mostrando per lo viso agli occhi morte.

Non sent'o pace né riposo alquanto

poscia che Amore e madonna trovai

lo qual mi disse: - Tu non camperai

ché troppo è lo valor di costei forte - .

La mia virtù si part'o sconsolata

poi che lassò lo core

a la battaglia ove madonna è stata:

la qual degli occhi suoi venne a ferire

in tal guisache Amore

ruppe tutti miei spiriti a fuggire.


Di questa donna non si può contare:

ché di tante bellezze adorna vène

che mente di qua giù no la sostene

si che la veggia lo 'ntelletto nostro.

Tant' è gentil chequand' eo penso bene

l'anima sento per lo cor tremare

si come quella che non pò durare

davanti al gran valor che è i . llei dimostro.

Per gli occhi fere la sua claritate

si che quale mi vede

dice: - Non guardi tu questa pietate

che è posta invece di persona morta

per dimandar merzede? -

E non si n'è madonna ancor accorta!


Quando il pensier mi vèn che io voglia dire

a gentil core de la sua vertute

io trovo me di si poca salute

che io non ardisco di star nel pensero.

Amorc'ha le bellezze sue vedute

mi sbigottisce siche sofferire

non può lo cor sentendola venire

ché sospirando dice: - Io ti dispero

però che trasse del su' dolce riso

una saetta aguta

c'ha passato il tuo core e il mio diviso

Tu saiquando venistiche io ti dissi

poi che l'avéi veduta

per forza convenia che tu morissi - .


Canzontu sai che de' libri d'Amore

io t'asemplai quando madonna vidi:

ora ti piaccia che io di te me fidi

e vadi 'n guisi a leiche ella t'ascolti;

E prego umilemente a lei tu guidi

li spiriti fuggiti del mio core

che per soverchio de lo su' valore

eran distruttise non fosser vòlti

e vanno solisenza compagnia

e son pien' di paura.

Però li mena per fidata via

e poi le dioquando le se' presente:

- Questi sono in figura

d'un che si more sbigottitamente - .



X


Vedete che io son un che vo piangendo

e dimostrando - il giudicio d'Amore

e già non trovo si pietoso core

cheme guardando- una volta sospiri.


Novella doglia mi è nel cor venuta

la qual mi fa doler e pianger forte;

e spesse volte avèn che mi saluta

tanto di presso l'angosciosa Morte

che fa 'n quel punto le persone accorte

che dicono infra lor: - Quest' ha dolore

e giàsecondo che ne par de fòre

dovrebbe dentro aver novi martiri - .


Questa pesanza che è nel cor discesa

ha certi spirite' già consumati

i quali eran venuti per difesa

del cor dolente che gli avea chiamati.

Questi lasciaro gli occhi abbandonati

quando passò nella mente un romore

il qual dicea: - DentroBiltàche e' more;

ma guarda che Pietà non vi si miri!. -




XI


Poi che di doglia cor conven che io porti

e senta di piacere ardente foco

e di virtù mi traggio a si vil loco

dirò comi ho perduto ogni valore.

E dico che' miei spiriti son morti

e il cor che tanto ha guerra e vita pocco;

e se non fosse che il morir mi è gioco

fare'ne di pietà pianger Amore.

Maper lo folle tempo che mi ha giunto

mi cangio di mia ferma oppinïone

in altrui condizione

si che io non mostro quant'io sento affanno:

là 'nd'eo ricevo inganno

chè dentro da lo cor mi passi Amanza

che se ne prota tutta mia possanza.



XII


Perché non fuoro a me gli occhi dispenti

o toltisi che de la lor venduta

non fosse nella mente mia ventua

a dir: - Ascolta se nel cor mi senti - ?


Che una paura di novi tormenti

mi aparve allorsi crudel e aguta

che l'anima chiamò: - Donnaor ci aiuta

che gli occhi ed io non rimagnàn dolenti!


Tu gli ha' lasciati siche venne Amore

a pianger sovra lor pietosamente

tanto che si ode una profonda voce


la quale dice: - Chi gran pena sente

guardi costuie vedrà il su' core

che Morte il porta 'n man tagliato in croce- - .



XIII


Voi che per li occhi mi passaste il core

e destaste la mente che dormia

guardate a l'angosciosa vita mia

che sospirando la distrugge Amore.


E vèn tagliando di si gran valore

che' deboletti spiriti van via:

riman figura sol en segnoria

e voce alquantache parla dolore.


Questa vertù d'amor che mi ha disfatto

da' vostr' occhi gentil' presta si mosse:

un dardo mi gittò dentro dal financo.


Si giunse ritto il colpo al primo tratto

che l'anima tremando si riscosse

veggendo morto il cor nel lato manco.




XIV


Se mi ha del tutto oblïato Merzede

già però Fede - il cor non abandona

anzi ragiona - di servire a grato

al dispietato - core.

Equal si sente simil meciò crede;

ma chi tal vede - (certo non persona)

che Amor mi dona - un spirito 'n su' stato

chefigurato- more?

Ché quando lo piacer mi stringe tanto

che lo sospir si mova

par che nel cor mi piova

un dolce amor si bono

che eo dico: - Donnatutto vostro sono - .




XV


Se Mercé fosse amica a' miei disiri

e il movimento suo fosse dal core

di questa bella donna(e) il su' valore

mostrasse la vertute a' miei martiri


d'angosciosi dilett' i miei sospiri

che nascon della mente ov'è Amore

e vanno sol ragionando dolore

e non trovan persona che li miri


giriano agli occhi con tanta vertute

che il forte e il duro lagrimar che fanno

ritornerebbe in allegrezza e 'n gioia.


Ma si è al cor dolente tanta noia

e all'anima trista è tanto danno

che per disdegno uom non dà lor salute.



XVI


A me stesso di me pietate vène

per la dolente angoscia che io mi veggio:

di molta debolezza quand'io seggio

l'anima sento ricoprir di pene


Tutto mi struggoperche io sento bene

che d'ogni angoscia la mia vita è peggio;

la nova donna cu' merzede cheggio

questa battaglia di dolor' mantene:


però chequand' io guardo verso lei

rizzami gli occhi dello su' disdgno

si feramenteche distrugge il core.


Allor si parte ogni vertù da' miei

e il cor si ferma per veduto segno

dove si lancia crudeltà d'amore.



XVII


Si io prego questa donna che Pietate

non sia nemica del su' cor gentile

tu dio che io sono sconoscente e vile

e disperato e pien di vanitate.


Onde ti vien si nova crudeltate?

Già risomiglia chi ti vedeumile

saggia e adorna e accorta e sottile

e fatta a modo di soavitate!


L'anima mia dolente e paurosa

piange ne li sospir' che nel cor trova

si che bagnati di pianti escon fòre.


Allora par che ne la mente piova

una figura di donna pensosa

che vegna per veder morir lo core.



XVIII


Noi siàn le triste penne isbigotite

le cesoiuzze e il coltellin dolente

che avemo scritte dolorsamente

quelle parole che vo' avete udite.


Or vi diciàn perché noi siàn partite

e siàn venute a voi qui di presente:

la man che ci movea dice che sente

cose dubbiose nel core apparite;


le quali hanno destrutto si costui

ed hannol posto si presso a la morte

che altro non v'è rimaso che sospiri.


Or vi preghiàn quanto possiàn più forte

che non sdegn(i)ate di tenerci noi

tanto che un poco di pietà vi miri.



XIX


Io prego voi che di dolor parlate

cheper vertute di nova pietate

non disdegn(i)ate - la mia pena udire.


Davante agli occhi miei vegg'io lo core

e l'anima dolente che si ancide

che mor d'un colpo che li diede Amore

ed in quel punto che madonna vide.

Lo su' gentile spirito che ride

questi è colui che mi si fa sentire

lo qual mi dice: - E' ti convien morire - .


Se voi sentiste come il cor si dole

dentro dal vostro cor voi tremereste:

che elli mi dice si dolci parole

che sospirando pietà chiamereste.

E solamente voi lo 'ntendereste:

che altro cor non poria pensar nè dire

quant'è il dolor che mi conven soffrire.


Lagrime ascendon de la mente mia

si tosto come questa donna sente

che van faccendo per li occhi una via

per la qual passa spirito dolente

che entra per li (occhi) miei si debilmente

che oltra non puote color discovrire

che il 'maginar vi si possa finire.



XX


O tuche porti nelli occhi sovente

Amor tenendo tre saette in mano

questo mio spirto che vien di lontano

ti raccomanda l'anima dolente


la quale ha già feruta nella mente

di due saette l'arcier sorïano;

a la terza apre l'arcoma si piano

che non mi aggiunge essendoti presente:


perché saria dell'alma la salute

che quasi giace infra le membramorta

di due saette che fan tre ferute:


la prima dà piacere e disconforta

e la seconda disia la vertute

della gran gioia che la terza porta.



XXI


O donna mianon vedestù colui

che 'n su lo core mi tenea la mano

quando ti respondea fiochetto e piano

per la temeza de li colpi sui?


E' fu Amorechetrovando noi

meco ristetteche venia lontano

in guisa d'arcier presto sorïano

acconcio sol per uccider altrui.


E' trasse poi de li occhi tuo' sospiri

i qua' me saettò nel cor si forte

che io mi part' sbigotito fuggendo.


Allor mi aparve di sicur la Morte

acompagnata di quelli martiri

che soglion consumare altru' piangendo.



XXII


Veder potestequando v'inscontrai

quel pauroso spirito d'amore

lo qual sòl apparir quand'om si more

e 'n altra guisa non si vede mai.


Elli mi fu si pressoche io pensai

che ell' uccidesse lo dolente core:

allor si mise nel morto colore

l'anima trista per voler trar guai;


ma po' sostennequando vide uscire

degli occhi vostri un lume di merzede

che porse dentr' al cor nova dolcezza;


e quel sottile spirito che vede

soccorse gli altriche credean morire

gravati d'angosciosa debolezza.



XXIII


Io vidi li occhi dove Amor si mise

quando mi fece di sé pauroso

che mi guardar comi io fosse noioso:

allora dico che il cor di divise;


e se non fosse che la donna rise

io parlerei di tal guisa doglioso

che Amor medesmo ne farei cruccioso

che fe' lo immaginar che mi conquise.


Dal ciel si mosse un spiritoin quel punto

che quella donna mi degnò guardare

e vennesi a posar nel mio pensero:


elli mi conta si d'Amor lo vero

che(d) ogni sua virtù veder mi pare

si comi io fosse nello suo cor giunto.



XXIV


Un amoroso sguardo spiritale

mi ha renovato Amortanto piacente

che assa' più che non sòl ora mi assale

e stringemi a pensar coralemente


della mia donnaverso cu' non vale

merzede né pietà né star soffrente

ché soventora mi dà pena tale

che 'n poca parte il mio cor vita sente.


Ma quando sento che si dolce sguardo

dentro degli occhi mi passò al core

e posevi uno spirito di gioia


di farne a lei mercédi ciò non tardo:

cosi pregata fossi ella d'Amore

che un poco di pietà no i fosse noia!



XXV


Posso degli occhi miei novella dire

la qual è tale che piace si al core

che di dolcezza ne sospir' Amore.


Questo novo plager che il meo cor sente

fu tratto sol d'una donna veduta

la qual è si gentil e avenente

e tanta adornache il cor la saluta.

Non è la sua biltate canosciuta

da gente vileché lo suo colore

chiama intelletto di troppo valore.


Io veggio che negli occhi suoi risplende

una vertù d'amor tanto gentile

che ogni dolce piacer vi si comprende;

e move a loro un'anima sottile

respetto della quale ogn'altra è vile:

e non si pò di lei giudicar fòre

altro che dir: - Quest' è novo splendor - .


Va'ballatettae la mia donna trova

e tanto li domanda di merzede

che gli occhi di pietà verso te mova

per quei che 'n lei ha tutta la sua fede;

e si ella questa grazia ti concede

mandi una voce d'allegrezza fòre

che mostri quella che t'ha fatto onore.



XXVI


Veggio negli occhi de la donna mia

un lume pien di spiriti d'amore

che porta uno piacer novo nel core

si che vi desta d'allegrezza vita.


Cosa mi avenquand' io le son presente

che io non la posso a lo 'ntelletto dire:

veder mi par de la sua labbia uscire

una si bella donnache la mente

comprender no la puòche 'mmantenente

ne nasce un'altra di bellezza nova

da la qual par che una stella si mova

e dica: - La salute tua è apparita - .


Là dove questa bella donna appare

si ode una voce che le vèn davanti

e par che d'umiltà il su' nome canti

si dolcementechesi io il vo' contare

sento che il su' valor mi fa tremare;

e movonsi nell'anima sospiri

che dicon: - Guarda; se tu coste' miri

vedra' la sua vertù nel ciel salita - .



XXVII


Donna me prega- per che eo voglio dire

d'un accidente - che sovente - è fero

ed è si altero - che è chiamato amore:

si chi lo nega - possa il ver sentire!

Ed a presente - conoscente - chero

perche io no sper - che om di basso core

a tal ragione porti canoscenza:

ché senza - natural dimostramemto

non ho talento - di voler provare

là dove posae chi lo fa creare

e qual sia sua vertute e sua potenza

l'essenza - poi e ciascun suo movimento

e il piacimento - che il fa dire amare

e si omo per veder lo pò mostrare.


In quella parte - dove sta memora

prende suo stato- si formato- come

diaffan da lume- d'una scuritate

la qual da Marte - vènee fa demora;

elli è creato - ed ha sensato - nome

d'alma costume - e di cor volontate.

Vèn da veduta forma che si intende

che prende - nel possibile intelletto

come in subietto- loco e dimoranza.

In quella parte mai non ha pesanza

perché da qualitate non descende:

resplende - in sé perpetual effetto;

non ha diletto - ma consideranza;

si che non pote largir simiglianza.

Non è vertute- ma da quella vène

che è perfezione - (ché si pone - tale)

non razionale- ma che sentedico;

for di salute - giudicar mantene

ch la 'ntenzione - per ragione - vale:

discerne male - in cui è vizio amico.

Di sua potenza segue spesso morte

se forte - la vertù fosse impedita

la quale aita - la contraria via:

non perché oppost' a naturale sia;

ma quanto che da buon perfetto tort'è

per sorte- non pò dire om che aggia vita

ché stabilita - non ha segnoria.

A simil pò valer quand'om l'oblia.


L'essere è quando - lo voler è tanto

che oltra misura - di natura - torna

poi non si adorna - di riposo mai.

Movecangiando - colorriso in pianto

e la figura - co paura - storna;

poco soggiorna; - ancor di lui vedrai

che 'n gente di valor lo più si trova.

La nova- qualità move sospiri

e vol che om miri - 'n non formato loco

destandosi ira la qual manda foco

(Imaginar nol pote om che nol prova)

né mova - già però che a lui si tiri

e non si giri - per trovarvi gioco:

né cert'ha mente gran saver né poco.

De simil tragge - complessione sguardo

che fa parere - lo piacere - certo:

non pò coverto - starquand'è si giunto.

Non già selvagge - le bieltà son dardo

ché tal volere - per temere - è sperto:

consiegue merto - spirito che è punto.

E non si pò conoscer per lo viso:

compriso - bianco in tale obietto cade;

echi ben aude- forma non si vede:

dungu' elli menoche da lei procede.

For di colored'essere diviso

assiso - 'n mezzo scuroluce rade

For d'ogne fraude - dicodegno in fede

che solo di costui nasce mercede.


Tu puoi sicuramente gircanzone

là 've ti piaceche io t'ho si adornata

che assai laudata - sarà tua ragione

da le persone - c'hanno intendimento:

di star con l'altre tu non hai talento.



XXVIII


Pegli occhi fere un spirito sottile

che fa 'n la mente spirito destare

dal qual si move spirito d'amare

che ogn'altro spiritel(o) fa gentile.


Sentir non pò di lu' spirito vile

di contanta vertù spirito appare:

quest' è lo spiritel che fa tremare

lo spiritel che fa la donna umile.


E poi da questo spirito si muove

un altro dolce spirito soave

che sieg(u)e un spiritello di mercede:


lo quale spiritel spiriti piove

ché di ciascuno spirit' ha la chiave

per forza d'uno spirito che il vede.



XXIX


Una giovane donna di Tolosa

bell'e gentild'onesta leggiadria

è tant'e dritta e simigliante cosa

ne' suoi dolci occhidella donna mia


che fatt' ha dentro al cor disiderosa

l'animain guisa che da lui si svia

e vanne a lei; ma tant'e paurosa

che non le dice di qual donna sia.


Quella la mira nel su' dolce sguardo

ne lo qual face rallegrare Amore

perché v'è dentro la sua donna dritta;


po' tornapiena di sospir'nel core

ferita a morte d'un tagliente dardo

che questa donna nel partir li gitta.




XXX


Era in penser d'amor quand' l' trovai

due foresette nove.

L'una cantava: - E' piove

gioco d'amore in noi - .


Era la vista lor tanto soave

e tanto quetacortese e umile

che io dissi lor: - Vo'portate la chiave

di ciascuna vertù alta e gentile.

Dehforesetteno mi abbiate a vile

per lo colpo che io porto;

questo cor mi fue morto

poi che 'n Tolosa fui. -


Elle con gli occhi lor si volser tanto

che vider come il cor era ferito

e come un spiritel nato di pianto

era per mezzo de lo colpo uscito.

Poi che mi vider cosi sbigottito

disse l'unache rise:

- Guarda come conquise

forza d'amor costui! -


L'altrapietosapiena di mercede

fatta di gioco in figura d'amore

disse: - iL tuo colpoche nel cor si vede

fu tratto d'occhi di troppo valore

che dentro vi lasciaro uno splendore

che io nol posso mirare.

Dimmi se ricordare

di quegli occhi ti puoi - .


Alla dura questione e paurosa

la qual mi fece questa foresetta

io dissi: - E' mi ricorda che 'n Tolosa

donna mi apparveaccordellata istretta

Amor la qual chiamava la Mandetta;

giunse si presta e forte

che fin dentroa la morte

mi colpir gli occhi suoi - .


Molto cortesemente mi rispuose

quella che di me prima avea riso.

Disse: - La donna che nel cor ti pose

co la forza d'amor tutto il su' viso

dentro per li occhi ti mirò si fiso

che Amor fece apparire.

Se t'è greve il soffrire

raccomàndati a lui - .


Vanne a Tolosaballatetta mia

ed entra quetamente a la Dorata

ed ivi chiama che per cortesia

d'alcuna bella donna sie menata

dinanzi a quella di cui t'ho pregata;

e si ella ti riceve

dille con voce leve:

- Per merzé vegno a voi - .




XXXI


Gli occhi di quella gentil foresetta

hanno distretta - si la mente mia

che altro non chiama che le'né disia.


Ella mi fere siquando la sguardo

che io sento lo sospir tremar nel core:

esce degli occhi suoiche me (...) ardo

un gentiletto spirito d'amore

lo qual è piento di tanto valore

quando mi giungel'anima va via

come colei che soffrir nol poria.


Io sento pianger for li miei sospiri

quando la mente di leii mi ragiona;

e veggio piover per l'aere martiri

che struggon di dolor la mia persona

si che ciascuna vertù mi abandona

in guisa che io non so là 'v'io mi sia:

sol par che Morte mi aggia 'n sua bal'a.


Si mi sento disfattoche Mercede

già non ardisco nel penser chiamare

che io trovo Amor che dice: - Ella si vede

tanto gentilche non pò 'maginare

che om d'esto mondo l'ardisca mirare

che non convegna lui tremare in pria;

ed iosi io la sguardassene morria -


Ballataquando tu sarai presente

a gentil donnasai che tu dirai

de l'angoscia(to) dolorosamente?

Dio : - Quelli che mi manda a voi trà guai

però che dice che non spera mai

trovar Pietà di tanta cortesia

che a la sua donna faccia compagnia - .



XXXII


Quando di morte mi conven trar vita

e di pesanza gioia

come di tanta noia

lo spirito d'amor d'amar mi invita?


Come mi invita lo meo cor d'amare

lassoche è pien di doglia

e di sospir' si d'ogni parte priso

che quasi sol merzé non pò chiamare

e di vertù lo spoglia

l'afanno che mi ha già quasi conquiso?

Canto piacerebeninanza e riso

me'n son doglio e sospiri:

guardi ciascuno e miri

che Morte mi è nel viso già salita!


Amorche nasce di simil piacere

dentro lo cor si posa

formando di disio nova persona;

ma fa la sua virtù in vizio cadere

si che amar già non osa

qual sente come servir guiderdona.

Dunque d'amar perché meco ragiona?

Credo sol perchè vede

che io domando mercede

a Morteche a ciascun dolor mi adita.


Io mi posso blasmar di gran pesanza

più che nessun giammai:

ché Morte d'entro il cor me tragge un core

che va parlando di crudele amanza

che ne' miei forti guai

mi affanna là ond'io prendo ogni valore.

Quel punto maladettosia che Amore

nacque di tal manera

che la mia vita fera

li fuedi tal piacerea lui gradita.



XXXIII


Io temo che la mia disaventura

non faccia si che io dica: - Io mi dispero -

però che io sento nel cor un pensero

che fa tremar la mente di paura


e par che dica: - Amor non t'assicura

in guisache tu possi di leggero

a la tua donna si contar il vero

che Morte non ti ponga 'n sua figura - .


De la gran doglia che l'anima sente

si parte da lo core uno sospiro

che va dicendo: - Spiritifuggite - .


Allor d'un uom che sia pietoso miro

che consolasse mia vita dolente

dicendo: - Spiriteinon vi partite! -



XXXIV


La forte e nova mia disaventura

mi ha desfatto nel core

ogni dolce penserche io avead'amore.


Disfatta mi ha già tanto de la vita

che la gentilpiacevol donna mia

dall'anima destrutta si è partita

si che io non veggio là dov'ella sia.

Non è rimaso in me tanta bal'a

che io de lo su' valore

possa comprender nella mente fiore.


Vènche mi uccideun(o) sottil pensero

che par che dica che io mai no la veggia:

questo (è) torment disperato e fero

che strugg' e dole e 'ncende ed amareggia.

Trovar non posso a cui pietate cheggia

mercé di quel signore

che gira la fortune del dolore.


Pieno d'angosciain loco di paura

lo spiritodel cor dolente giace

per la Fortuna che di me non cura

c'ha volta Morte dove assai mi spiace

e da speranzache è stata fallace

nel tempo che e' si more

mi ha fatto perder dilettevole ore.


Parole mie disfatt' e paurose

là dove piace a voi di gire andate;

ma sempre sospirando e vergognose

lo nome de la mia donna chiamate.

Io pur rimango in tant'aversitate

chequal mira de fòre

vede la Morte sotto al meo colore.



XXXV


Perche io no spero di tornar giammai

ballatettain Toscana

va' tuleggera e piana

dritte'a la donna mia

che per sua cortesia

ti farà molto onore.


Tu porterai novelle di sospiri

piene di doglio e di molta paura;

ma guarda che persona non ti miri

che sia nemica di gentil natura:

ché certo per la mia disaventura

tu saresti contesa

tanto dal lei ripresa

che mi sarebbe angoscia;

dopo la morteposcia

pianto e novel dolore.


Tu sentiballatettache la morte

mi stringe siche vita mi abbandona;

e senti come il cor si sbatte forte

per quel che ciascun spirito ragiona.

Tanto è distrutta già la mia persona

che io non posso soffrire:

se tu mi vuoi servire

mena l'anima teco

(molto di ciò ti preco)

quando uscirà del core.

Dehballatetta miaa la tu' amistate

quest'anima che trema raccomando:

menala teconella sua pietate

a quella bella donna a cu' ti mando.

Dehballatettadille sospirando

quando le se' presente:

- Questa vostra servente

vien per istar con voi

partita da colui

che fu servo d'Amore - .


Tuvoce sbigottita e debletta

che esci piangendo de lo cor dolente

coll'anima e con questa ballatetta

va' ragionando della strutta mente.

Voi troverete una donna piacente

di si dolce intelletto

che vi sarà diletto

starle davanti ognora.

Animie tu l'adora

semprenel su'valore.



XXXVI


Certe mie rime a te mandar vogliendo

del greve stato che lo meo cor porta

Amor aparve a me in figura morta

e disse: - Non mandarche io ti riprendo


però chese l'amico è quel che io 'ntendo

e' non avrà già si la mente accorta

che udendo la 'ngiuliosa cosa e torta

che io ti fo sostener tuttora ardendo


ched e' non prenda si gran smarrimento

che avante che udit' aggia tua pesanza

non si diparta da la vita il core.


E tu conosci ben che io sono Amore;

però ti lascio questa mia sembianza

e pòrtone ciascun tu' pensamento. -



XXXVII


Vedesteal mio parereonne valore

e tutto gioco e quanto bene om sente

se foste in prova del segnor valente

che segnoreggia il mondo de l'onore


poi vive in parte dove noia more

e tien ragion nel cassar de la mente;

si va soave per sonno a la gente

che il cor ne porta senza far dolore.


Di voi lo core ne portòveggendo

che vostra donna la morte cadea:

nodriala dello cordi ciò temendo.


Quando v'apparve che se 'n gia dolendo

fu il dolce sonno che allor si compiea

ché il su' contraro lo ven'a vincendo.



XXXVIII


Si io fosse quelli che d'amor fu degno

del qual non trovo sol che rimembranza

e la donna tenesse altra sembianza

assai mi piaceria siffatto legno.


E tuche se' de l'amoroso regno

là onde di merzé nasce speranza

riguarda se il mio spirito ha pesanza:

che un prest' arcier di lui ha fatto segno


e tragge l'arcoche li tese Amore

si lietamenteche la sua persona

par che di gioco porti signoria.


Or odi maraviglia che el disia:

lo spirito fedito li perdona

vedendo che li strugge il suo valore.



XXXIX


Se vedi Amoreassai ti priegoDante

in parte là 've Lapo sia presente

che non ti gravi di por si la mente

che mi riscrivi si elli il chiama amante


e se la donna li sembla avenante

che e' si le mostra vinto fortemente:

ché molte fiate cosi fatta gente

suol per gravezza d'amor far sembiante.


Tu sai che ne la corte là 'v'e regna

e'non vi può servir om che sia vile

a donna che là entro sia renduta:


se la sofrenza lo servente aiuta

può di leggier cognoscer nostro sire

lo quale porta di merzede insegna.



XL


Danteun sospiro messagger del core

subitamente mi assalio dormendo

ed io mi disvegliai allortemendo

ched e' non fosse in compagnia d'Amore.


Po' mi giraie vidi il servitore

di monna Lagia che ven'a dicendo:

- AiutamiPietà! - si che piangendo

Io presi di merzé tanto valore


che io giunsi Amore che affilava I dardi.

Allor l'adomandai del su' tormento

ed elli mi rispuose in questa guisa:


- Dio al servente che la donna è prisa

e tengola per far su' piacimento;

e se no il crededio che a li occhi guardi - .



XLI


Io vegno il giorno a te 'nfinite volte

e trovoti pensar troppo vilmente:

molto mi dòl della gentil tua mente

e d'assai tue vertù che ti son tolte.


Solevanti spiacer persone molte;

tuttor fuggivi l'annoiosa gente;

di me parlavi si coralemente

che tutte le tue rime avie ricolte.


Or non ardiscoper la vil tua vita

far mostramento che tu' dir mi piaccia

né 'n guisa vegno a teche tu mi veggi.


Se il presente sonetto spesso leggi

lo spirito noioso che ti caccia

si partirà da l'anima invilita.



XLII


Certo non è de lo 'ntelletto acolto

quel che staman ti fece disonesto:

or come già('n) men (che non) dicopresto

t'aparve rosso spirito nel volto?


Sarebbe forse che t'avesse sciolto

Amor da quella che è nel tondo sesto?

o che vil razzo t'avesse richesto

a por te lieto ov' io son tristo molto?


Di te mi dole: di me guata quanto

che me 'n fiede la mia donna 'n traverso

tagliando ciò che Amor porta soave!


Ancor dinanzi mi è rotta la chiave

del su' disdegno che nel mio cor verso

si che n'ho l'irae d'allegrezza è pianto.




XLIII


Gianniquel Guido salute

ne la tua bella e dolce salute.

Significàstimiin un sonetto

rimatetto

il voler de la giovane donna

che ti dice: - Fa' di me

quel che t'è

riposo - . E però ecco me

apparecchiato

sobarcolato

e d'Andrea coll'arco in mano

e'ccogli strali e' cco moschetti

Guarda dove ti metti!

ché la Chiesa di Dio

si vuole di giustizia fio.



XLIV(a)

Bernardoda Bologna a Guido Cavalcanti


A quella amorosetta foresella

passò si il core la vostra salute

che sfigur'o di sue belle parute:

dond' io l'adomanda': - PerchéPinella?


Udistù mai di quel Guido novella? -

- Si fecita' che appena l'ho credute

che si allegaron le mortai ferute

d'amor e di su' fermamento stella


con pura luce che spande soave.

Ma dimmiamicose te piace: come

la conoscenza di me da te l'ave?


Si tosto comi Io il vidi seppe il nome!

Ben écosi con' si dicela chiave.

A lui ne mandi trentamilia some - .



XLIV(b)

GuidoCavalcanti al detto Bernardo risponde


Ciascuna fresca e dolce fontanella

prende in Lisciano(o) chiarezz' e vertute

Bernardo amico miosolo da quella

che ti rispuose a le tue rime agute:


però chein quella parte ove favella

Amor delle bellezze c'ha vedute

dice che questa gentiletta e bella

tutte nove adornezza ha in sé compiute.


Avegna che la doglia Io porti grave

per lo sospiroché di me fa lume

lo core ardendo in la disfatta nave


mand' io a la Pinella un grande fiume

pieno di lammieservito da schiave

bell' e adorn' e di gentil costume.



XLV


Se non ti caggia la tua santalena

giù per lo còlto tra le dure zolle

e vegna a man(o) d'un forese folle

che la stropicci e rèndalati a pena:


dimmi se il frutto che la terra mena

nasce di seccodi caldo o di molle;

e qual è il vento che l'annarca e tolle;

e di che nebbia la tempesta è piena;


e se ti piace quando la mattina

odi la boce del lavoratore

e il tramazzare della sua famiglia.


Io ho per certo chese la Bettina

porta soave spirito nel core

del novo acquisto spesso ti ripiglia.



XLVI


In un boschetto trova' pasturella

più che la stella - bellaal mio parere.


Cavelli avea biondetti e ricciutelli

e gli occhi pien' d'amorcera rosata;

con sua verghetta pasturav' agnelli;

(di)scalzadi rugiada era bagnata;

cantava come fosse 'namorata:

er' adornata - di tutto piacere.


D'amor la saluta' imaantenente

e domaandai si avesse compagnia;

ed ella mi rispose dolzemente

che sola sola per lo bosco gia

e disse: - Sacciquando l'augel pia

allor disïa - il me' cor drudo avere - .


Po' che mi disse di sua condizione

e per lo bosco augelli aud'o cantare

fra me stesso dissi Io : - Or è stagione

di questa pasturella gio' pigliare - .

Merzé le chiesi sol che di basciare

ed abracciar- se le fosse 'n volere.


Per man mi presed'amorosa voglia

e disse che donato mi avea il core;

menòmmi sott' una freschetta foglia

là dov'io vidi fior' d'ogni colore;

e tanto vi sent'o gioia e dolzore

che il die d'amore - mi parea vedere.



XLVII


Da più a uno face un sollegismo:

in maggiore e in minor mezzo si pone

che pruov necessario sanza rismo;

da ciò ti paarti forse di ragione?


Nel proffererche cade 'n barbarismo

difetto di saver ti dà cagione;

e come far poteresti un sofismo

per silabate cartefra Guittone?


Per te non fu giammai una figura;

non fòri ha posto il tuo un argomento;

induri quanto più disci; e pon' cura


ché 'ntesi ho che compon' d'insegnamento

volume: e fòr principio ha da natura.

Fa' che om non rida il tuo proponimento!



XLVIII (a)


Una figura della Donna mi

si adoraGuidoa San Michele in Orto

chedi bella sembianzaonesta e pia

de' peccatori è gran rifugio e porto.


E qual con devozion lei si umil'a

chi più languiscepiù n'ha di conforto:

li 'nfermi sana e' domon' caccia via

e gli occhi orbati fa vedere scorto.


Sana 'n publico loco gran langori;

con reverenza la gente la 'nchina;

d(i) luminara l'adornan di fòri.


La voce va per lontane camina

ma dicon che è idolatra i Fra' Minori

per invidia che non è lor vicina



XLVIII(b)

GuidoOrlandi a Guido Cavalcanti


Si avessi dettoamicodi Maria

grat'a plena et pia:

- Rosa vermiglia se'piantata in orto -

avresti scritta dritta simigli a.

Et veritas et via:

del nostro Sire fu magionee porto


della nostra salutequella dia

che prese Sua contia

(che) l'angelo le porse il suo conforto;

e certo sonchi ver' lei si umil'a

e sua colpa grandia

che sano e salvo il favivo di morto.


Ahiqual conorto - ti darò? che plori

con Deo li tuo' fallori

e non l'altrui: le tue parti diclina

e prendine dottrina

dal publican che dolse I suo' dolori.


Li Fra' Minori - sanno la divina

(I)scrittura latina

e de la fede son difenditori

li bon' Predicatori:

lor pridicanza è nostra medicina.


XLIX(a)

GuidoCavalcanti a Guido Orlandi


La bella donna dove Amor si mostra

che è tanto di valor pieno ed adorno

tragge lo cor della persona vostra:

e' prende vita in far co-llei soggiorno


perc' ha si dolce guardia la sua chiostra

che il sente in India ciascun lunicorno

e la vertude l'arma a fera giostra;

vizio posi dir no I fa crudel ritorno


che ell' è per certo di si gran valenza

che già non manca I-llei cosa da bene

ma' che Natura la creò mortale.


Poi mostra che 'n ciò mise provedenza:

che al vostro intendimento si convene

farper conoscerquel che a lu' sia tale.



XLIX(b)

Rispostadi Guido Orlandi a Guido Cavalcanti


A suon di trombeanzi che di corno

vorria di fin' amor far una mostra

d'armati cavalierdi pasqua un giorno

e navicare senza tiro d'ostra


ver' la Gioiosa Gardagirle intorno

a sua difensanon cherendo giostra

a teche se' di gentilezza adorno

dicendo il ver: per che io la Donna nostra


di su ne prego con gran reverenza

per quella di cui spesso mi sovene

che a lo su' sire sempre stea leale


servando in sé l'onorcome si avene.

Viva con Deo che ne sostene ed ale

né mai da Lui non faccia dipartenza.




L(a)


Di vil matera mi conven parlare

(e) perder rimesilabe e sonetto

si che a me ste(sso) giuro ed imprometto

a tal voler per modo legge dare.


Perché sacciate balestra legare

e coglier con isquadra archile in tetto

e certe fiate aggiate Ovidio letto

e trar quadrelli e false rime usare


non pò venire per la vostra mente

là dove insegna Amorsottile e piano

di sua manera dire e di su' stato.


Già non è cosa che si porti in mano:

qual che voi siateegli è d'un'altra gente:

sol al parlar si vede chi v'è stato.


Già non vi toccò lo sonetto primo:

Amore ha fabricato ciò che io limo.



L(b)

GuidoOrlandi a Guido Cavalcanti


AmicoIo saccio ben che sa' limare

con punta lata maglia di coretto

di palo in frasca come uccel volare

con grande ingegno gir per loco stretto


e largamente prendere e donare

salvar lo guadagnato (ciò mi è detto)

accoglier genteterra guadagnare.

In te non trovo mai che uno difetto:


che vai dicendo intra la savia gente

faresti Amore piangere in tuo stato.

Non credopoi non vede: quest'è piano.


E ben dio il verche non si porta in mano

anzi per passïon punge la mente

dell'omo che ama e non si trova amato.


Io per lung' uso disusai lo primo

amor carnale: non tangio nel limo.



LI


GuataManettoquella scrignutuzza

e pon' ben mente comi è divisata

e comi è drittamente sfigurata

e quel che pare quand'ella si agruzza!


Orsi ella fosse vestita d'un'uzza

con cappellin' e di vel soggolata

ed apparisse di d'e accompagnata

d'alcuna bella donna gentiluzza


tu non avresti niquità si forte

né sarestii angoscioso si d'amore

né si involto di malinconia


che tu non fossi a rischio de la morte

di tanto rider che farebbe il core:

o tu morrestio fuggiresti via.



LII


Novelle ti so direodiNerone:

che' Bondelmonti trieman di paura

e tutti Fiorentin' no li assicura

udendo dir che tu ha' cuor di leone:


e' più trieman di te che d'un dragone

veggendo la tua facciache è si dura

che no la riterria ponte né mura

se non la tomba del re Pharaone.


Dehcon' tu fai grandissimo peccato:

si alto sangue voler discacciare

che tutte vanno via sanza ritegno!


Ma ben è ver che ti largàr lo pegno

di che pot(e)rai l'anima salvare:

si fosti pazïente del mercato!