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Giosuè Carducci



RIME E RITMI

 

 

 

 

ALLA SIGNORINA MARIA A.


O Piccola Maria
Di versi a te che importa?

Esce la poesia
O piccola Maria
Quando malinconia
Batte del cor la porta.

O piccola Maria
Di versi a te che importa?


NEL CHIOSTRO DEL SANTO

Sí come fiocchi di fumocandido
tenui sfilando passan le nuvole
su l'aëree cupolesovra
le fantastiche torri del Santo;

passan pe l' cielo turchinolimpido
fresco di pioggia recente; sonito
di mondo lontano par l'eco
tra le arcate che abbraccian letombe.

Tal su l'audacie de gli annigiovani
a me poeta passâro icantici
ed ora ne l'animo chiuso
solitaria ne mormora l'eco.

Sí come nubisícome cantici
fuggon l'etadi brevi de gliuomini:
dinanzi da gli occhi smarriti
ombra informeche vuoll'infinito?

JAUFRÉ RUDEL



Dal Libano trema e rosseggia
Su 'l mare la fresca mattina:
Da Cipri avanzando veleggia
La nave crociata latina.
A poppa di febbre anelante
Sta il prence di BlaiaRudello
E cerca co 'l guardo natante
Di Tripoli in alto il castello.

In vista a la spiaggia asïana
Risuona la nota canzone:
"Amore di terra lontana
Per voi tutto il core mi duol."
Il volo d'un grigio alcïone
Prosegue la dolce querela
E sovra la candida vela
S'affligge di nuvoli il sol.

La nave ammainaposando
Nel placido porto. Discende
Soletto e pensoso Bertrando
La via per al colle egli prende.
Velata di funebre benda
Lo scudo di Blaia ha con sé:
Affretta al castel: - Melisenda
Contessa di Tripoli ov'è?

Io vengo messaggio d'amore
Io vengo messaggio di morte:
Messaggio vengo io del signore
Di BlaiaGiaufredo Rudel.
Notizie di voi gli fûrporte
V'amò vi cantò nonveduta:
Ei viene e si muor. Vi saluta
Signorail poeta fedel. -

La dama guardò lo scudiero
A lungopensosa in sembianti:
Poi surseadombrò d'unvel nero
La faccia con gli occhistellanti:
- Scudier- disse rapida -andiamo.
Ov'è che Giaufredo simuore?
Il primo al fedele richiamo
E l'ultimo motto d'amore. -

Giacea sotto un bel padiglione
Giaufredo al conspetto del mare:
In nota gentil di canzone
Levava il supremo desir.
- Signor che volesti creare
Per me questo amore lontano
Deh fa cha a la dolce sua mano
Commetta l'estremo respir! -

Intanto co 'l fido Bertrando
Veniva la donna invocata;
E l'ultima nota ascoltando
Pietosa risté sul'entrata:
Ma prestocon mano tremante
Il velo gittandoscoprì
La faccia; ed al misero amante
- Giaufredo- ella disse - sonqui. -

Voltossilevossi co 'l petto
Su i folti tappeti il signore
E fiso al bellissimo aspetto
Con lungo sospiro guardò.
- Son questi i begli occhi cheamore
Pensando promisemi un giorno?
è questa la fronte oveintorno
Il vago mio sogno volò? -

Sí come a la notte dimaggio
La luna da i nuvoli fuora
Diffonde il suo candido raggio
Su 'l mondo che vegeta e odora
Tal quella serena bellezza
Apparve al rapito amatore
Un'altra divina dolcezza
Stillando al morente nel cuore.

- Contessache è mai lavita?
è l'ombra d'un sognofuggente.
La favola breve è finita
Il vero immortale èl'amor.
Aprite le braccia al dolente.
Vi aspetto al novissimo bando.
Ed orMelisendaaccomando
A un bacio lo spirto che muor. -

La donna su 'l pallido amante
Chinossi recandolo al seno
Tre volte la bocca tremante
Co 'l bacio d'amore baciò
E il sole da 'l cielo sereno
Calando ridente ne l'onda
L'effusa di lei chioma bionda
Su 'l morto poeta irraggiò.


IN UNA VILLA

O tra i placidi olivitra icedri e le palme sedente
bella Arenzano al riso de laligure piaggia;

operosa vecchiezza t'illustraserena t'adorna
signoril grazia e il dolce digiovinezza lume;

facil corre in te l'ora tra lieteaspettanze e ricordi
calmisí come l'auratra la collina e il mare.


PIEMONTE

Su le dentate scintillanti vette
salta il camosciotuona lavalanga
da' ghiacci immani rotolando perle
selvescroscianti:

ma da i silenzi de l'effusoazzurro
esce nel sole l'aquilaedistende
in tarde ruote digradanti il nero
volo solenne.

SalvePiemonte! A te con melodia
mesta da lungi risonantecome
gli epici canti del tuo popolbravo
scendono ifiumi.

Scendon pienirapidigagliardi
come i tuoi cento battaglioniea valle
cercan le deste a ragionar digloria
ville ecittadi:

la vecchia Aosta di cesaree mura
ammantellatache nel varcoalpino
èleva sopra i barbarimanieri
l'arco diAugusto:

Ivrea la bella che le rosse torri
specchia sognando a la ceruleaDora
nel largo senofosca intorno èl'ombra
di re Arduino:

Biella tra 'l monte e ilverdeggiar de' piani
lieta guardante l'ubere convalle
ch'armi ed aratri e a l'operafumanti
camini ostenta:

Cuneo possente e pazïenteeal vago
declivio il dolce Mondovíridente
e l'esultante di castella e vigne
suol d'Aleramo;

e da Superga nel festante coro
de le grandi Alpi la regal Torino
incoronata di vittoriaed Asti
repubblicana.

Fiere di strage gotica e de l'ira
di Federicodal sonante fiume
ellao Piemonteti donava ilcarme
novo d'Alfieri.

Venne quel grandecome il grandeaugello
ond'ebbe nome; e a l'umile paese
sopra volandofulvoirrequïeto
- ItaliaItalia -

egli gridava a' dissueti orecchi
a i pigri cuoria gli animigiacenti:
- ItaliaItalia - rispondeanol'urne
d'Arquàe Ravenna:

e sotto il volo scricchiolaronl'ossa
sé ricercanti lungo ilcimitero
de la fatal penisola a vestirsi
d'ira e diferro.

- ItaliaItalia! - E il popolode' morti
surse cantando a chiedere laguerra;
e un re a la morte nel pallor delviso
sacro e nelcuore

trasse la spada. Oh anno de'portenti
oh primavera de la patriaohgiorni
ultimi giorni del fiorentemaggio
oh trionfante

suon de la prima italica vittoria
che mi percosse il cuorfanciullo! Ond'io
vate d'Italia a la stagion piúbella
in grige chiome

oggi ti cantoo re de' mieiverd'anni
re per tant'anni bestemmiato epianto
che via passasti con la spada inpugno
ed il cilicio

al cristian pettoitalo Amleto.Sotto
il ferro e il fuoco del Piemontesotto
di Cuneo 'l nerbo e l'impetod'Aosta
sparve ilnemico.

Languido il tuon de l'ultimocannone
dietro la fuga austriaca moría:
il re a cavallo discendeva contra
il sol cadente:

a gli accorrenti cavalieri inmezzo
di fumo e polve e di vittoriaallegri
trasseedun foglio dispiegatodisse
resa Peschiera.

Oh qual da i pettimemori de gliavi
alte ondeggiando le sabaudeinsegne
surse fremente un solo grido:Viva
il re d'Italia!

Arse di gloriarossa neltramonto
l'ampia distesa del lombardopiano;
palpitò il lago diVirgiliocome
velo di sposa

che s'apre al bacio del promessoamore:
pallidodritto su l'arcioneimmoto
gli occhi fissava il re: vedeval'ombra
del Trocadero.

E lo aspettava la brumal Novara
e a' tristi errori mètaultima Oporto.
Oh sola e cheta in mezzo de'castagni
villa delDouro

che in faccia il grande Atlanticosonante
a i lati ha il fiume fresco dicamelie
e albergò ne laindifferente calma
tanto dolore!

Sfaceasi; e nel crepuscolo de isensi
tra le due vite al re davanticorse
una miranda visïon: di Nizza
il marinaro

biondo che dal Gianicolo spronava
contro l'oltraggio gallico:d'intorno
splendeaglifiamma di piropo alsole
l'italo sangue.

Su gli occhi spenti scese al reuna stilla
lenta errò l'ombra d'unsorriso. Allora
venne da l'alto un vol di spirtie cinse
del re lamorte.

Innanzi a tuttio nobilePiemonte
quei che a Sfacteria dorme e inAlessandria
diè a l'aure primo iltricolorSantorre
di Santarosa.

E tutti insieme a Dio scortaronl'alma
di Carl'Alberto. - Eccoti il reSignore
che ne disperseil re che nepercosse.
Orao Signore

anch'egli è mortocomenoi morimmo
Dioper l'Italia. Rendine lapatria.
A i mortia i vivipe 'lfumante sangue
da tutt'icampi

per il dolore che le reggeagguaglia
a le capanneper la gloriaDio
che fu ne gli annipe 'lmartirioDio
che è nel'ora

a quella polve eroica fremente
a quella luce angelica esultante
rendi la patriaDio; rendil'Italia
a gl'italiani.


AD ANNIE

Batto a la chiusa imposta con unramicello di fiori
glauchi ed azzurricome i tuoiocchio Annie.

Vedi: il sole co 'l riso d'untremulo raggio ha baciato
la nubee ha detto -Nuvola biancat'apri.

Senti: il vento de l'alpe confresco susurro saluta
la velae dice - Candida velavai.

Mira: l'augel discende da l'umidocielo su 'l pésco
in fioree trilla - Vermigliapiantaodora.

Scende da' miei pensieri l'eternadea poesia
su 'l cuoree grida - Ovecchio cuorebatti.

E docile il cuore ne' tuoi grandiocchi di fata
s'affisae chiama - Dolcefanciullacanta.


A C. C.
MANDANDOGLI POEMI DI BYRON

Carlosu 'l risonante adrïacolido
A te viensene Aroldo il belcantore;
Non quale ei drappeggiòcon riso infido
Nel mantello di pari il suodolore

Ma quel raggiante di fatal valore
Surse d'un popol combattente algrido
Quando pensò raddurd'Alceo co 'l cuore
L'aquila d'Alessandro al greconido.

Quanti su quella bianca anglicafronte
Sogni passâr di gloria! Dal'Egeo
Sorridevan le sparse isole belle.

Ahi la Parca volò! Dimonte in monte
Pianse la lira de l'antico Orfeo
E tramontaro in buio mar lestelle.


BICOCCA DI SAN GIACOMO

Ecco il ridotto. Ancor non hal'aratro
raso dal suolo l'opera di guerra.
Ecco le linee del tonante vallo
e le trincee.

Contra il nemico brulicante alpiano
e lampeggiante da le valli infaccia
qui puntò Colli rapidomirando
le batterie.

Ecco le offese del nemico bronzo
ne la chiesettagiàsonante in coro
d'umili donne al vespero d'aprile
le litanie.

DimaniItaliapasseran dal'Alpi
prodi seimili in faccia al relevando
l'armi e i ridenti in giovinebaldanza
vóltiriarsi.

Voi non vedretevoi nonsentirete
prodi sepolti in queste verdizolle
quando tra questi clivi ruinava
la monarchia

che Filiberto dirizzòchesciolse
come polledra a l'aureannitrïente
via per l'Europa al corso il cuordi Carlo
Emmanuele.

Nobil teatro a l'inclita ruina
questo d'intorno. Sopra monti evalli
e su' vaganti in lucidi meandri
fiumi etorrenti

passa l'istoriaoperatriceeterna
tela tessendo di sventure eglorie;
uman pensiero a' novi casi audace
romperla creda.

E tuttavia silenzïosa fati
novi aggroppando ne la tramaantica
tesse e ritesse l'arduatessitrice
fra l'alpi e ilmare.

Rapida va de' secoli la spola.
Addiotra i sparsi Liguri romano
termine Ceva e nuova d'Aleramo
forza feudale!

Ohpria ch'Alasia al giovinelombardo
gli occhi volgesseinnamoratamente
ceruli e a lui sciogliesse de lachioma
l'oro fluente

povera vita e ricco amorchiedendo
a la spelonca d'Àrdenalasciate
lungi le selve di Germania e ilpadre
imperatore

là da quel varcoondesfidando vibra
l'esile torre il Castellinourlando
arabe torme dilagâr findove
Genova splende.

Sotto il falcato vol de lefischianti
al sol di maggio scimitarreazzurre
croci di Cristo ed aquile di Roma
cadean: ledonne

tendono in vano a l'are di Maria
Vergin le manipallidediscinte
via trascinate pe' capelli a'molti
letti del'Islam.

Ma s'apre a i venti su per lecastella
vigili lungo le selvose Langhe
la fida a Cristo e Cesare balzana
di Monferrato.

Nata d'amore e di valorcresciuta
gente di pugne e di canzoniamica
di lance e scudi infranti altasonando
la sirventese

deh come sparve luminosailcielo
consparso intorno di vermigliestelle
imperïal meteora d'Italia
in Orïente!

Dietro le vien co 'l Pocon lasua bianca
crocecon gli annipur di villain villa
drittasecurariguardandoinnanzi
un'altra gente.

Tra ciglia e ciglia sotto levisiere
balena il raggio del latinconsiglio.
Quaranta duci; e l'aquila del'Alpe
vola d'avanti.

Oh piú che 'l Po gliaspettaoh piú che il serto
di Berengario! A lor servon glieventi
e le disfatte: gli emuli d'ungiorno
pugnan perloro.

Chi è che cade e pareascendere ombra
là da le Langhe nuvolose?O grigia
in mezzo a le due BormideCosseria
croce di ferro!

Su le ruine del castello avito
ultimo arnese or di riparo a ivinti
del retre giornisenza vittosenza
artiglieria

contro al valor repubblicano incerchio
battente a fiotti di roventebronzo
supremo fior de l'alberd'Aleramo
stiè DelCarretto.

Su le ruine del castello avito
giovinebellopallidosenz'ira
ei maneggiava sopra i salïenti
la baionetta.

Scesero al morto cavaliereintorno
da l'erme torri nel ceruleovespro
l'ombre de gli avi; ma non ilcompianto
de' travadori

ruppe i silenzi de la valleungiorno
tutta sonante di liuti e gighe
dietro i canori peregrin dalcolle
di Tenda almare.

Altri messaggi ed altrimessaggeri
manda or la Francia. Ride sul'eterne
nevi de l'Alpi l'iride levata
de i trecolori.

Di balza in balzaangel diguerravola
la marsigliese. Svegliansi algaloppo
de' cavalieri d'Augereau gliossami
liguri e celti.

E Bonaparte dice a' suoidaMonte
Zemolo uscendo al Tanaro sonante
- SoldatiAnnibal superòquest'Alpi
noi le girammo-.

Di greppo in greppo su 'l cavallobianco
saetta il còrso.Spiovongli le chiome
in doppia lista nere per l'adusto
pallido viso

e neri gli occhi scintillandoimmoti
fóran dal fondo delpensier le cose.
Accenna. E come fulmine Massena
urta ed inonda

ove Corsaglia al Tanaro si sposa
dal mezzo fiede Seruriersinistro
batte Augereau. Gloria a' tuoifortio ponte
di San Michele!

Avanza sotto il tricolor vessillo
l'egualitadeavanzano i plebei
duci che il sacro feudale impero
abbatteranno.

Ma qui si pugna per l'onorsimuore
qui per la patria. E ben risorgee vince
chi per la patria cade ne lasanta
luce de l'armi.

RecaAlbertinapur di guardiain guardia
il parvoletto Carignano. In lui
tócca la madre Rivoluzïone
per l'avvenire

l'ultimo capo dal vittorïoso
ramo di Carlo Emmanuele. Il serto
gitta oltre Po Vittorioedittatore
leva la spada.

E a te dimaniUmberto reinconspetto
l'Alpi d'Italia schierano gliarmati
figli a la guerra. Il popolofidente
te guarda eloro.

Noi non vogliamoo Repredar lebelle
rive straniere e spingere vagante
l'aquila nostra a gli ampi voliavvezza:
mase laguerra

l'Alpe minacci e su' due marituoni
altoo fratellii cuori! altole insegne
e le memorie! avantiavantioItalia
nuova edantica.


LA GUERRA

Cantano i miti - Fuse Prometeo
nel primigenio fango animandolo
la forza d'insano leone:
l'uomo levandosi ruggíguerra.

Dal rosso Adamo crebbe a l'esilio
il lavorante primo: soverchio
gli parve nel mondo un fratello:
truce rise su 'l percosso Abele.

Quindi gorgoglia sangue ne isecoli
la faticosa storia de gli uomini
dal Pàrthenon grande a latua
casa candidaVashingtòno.

Su l'orso a terra stesorizzandosi
il troglodita brandí nel'aere
la clavada i muscoli al cuore
fervere sentendo la battaglia.

I feri figli giocando al vespero
nel sol rossastro luccicar videro
tra i massi cruenti la selce
e l'acuirono per la strage.

Poi de le cose di fuor le imagini
calde riflesse nel mental fosforo
per mezzo l'april vaporante
ebri rapïanglibarcollando

da i palafitti laghida i fumidi
antri scavati. Ahiverzicarono
le biadepria magre su 'l colle
nel lavacro de le vene umane.

Dal superato colle i superstiti
guardâro: i fiumi vastil'oceano
moltisonole caliganti
alpi percossero di stupore

i petti aneli verso il dominio
le menti accese del vagoincognito.
Il pin fu gettato su l'onde
da i cerchi di pietre in vetta almonte

tornâro i foschi dèide le patrie
da i chiusi ostelli le donnerisero:
e quindi la guerra perenne
cavalla indomitacorse il mondo.

Pria che 'l falcato ferro del'arabo
profeta il culto suada a i popoli
de l'unico Allah solitario
e intorno al sepolcroscoverchiato

del crocifisso ribelle a Ieova
arda il duello grave ne' secoli
tra l'Asia e l'Europaonde fulse
a gli ozi barbari luce e vita;

oh ben pria manda l'aureaPersepoli
gli adoratori del fuoco agl'idoli
controonde sonò Maratone
inclita storïa ne le genti

e Zeus su 'l trono de gliAchemenidi
nume pelasgo d'Omero e Fidia
ascese co 'l bello Alessandro
ed Aristotele meditava.

Dal Flavio Autari che illongobardico
destriero e l'asta spinge nelIonio
sereno ridentegli dopo
lungo errare armatoalventuriere

che uscito a vista del GrandeOceano
cavalca l'onde nuove terribili
armato di spada e di scudo
pe 'l regio imperïo de laSpagna

una fatale sublime insania
per i desertiverso gli oceani
trae gli uomini l'un control'altro
co' numico 'l mistico avvenire

con la scïenza. Su lePiramidi
il Bonaparte quaranta secoli
ben chiama. Colà dovemummie
dormono inutili Faraoni

al musulmano solenneal tacito
fellah curvatotra sfere ecircoli
ei parla i diritti de l'uomo:
ondeggiano in alto i tre colori.

Ohtra le mura che ilfratricidio
cementò eternepace èvocabolo
mal certo. Dal sangue la Pace
solleva candida l'ali. Quando?


NICOLA PISANO

I.

Al sorriso d'april che da la tarda
Vetrata rompe e illumina la messa
Par che di greca leggiadriariarda
Il marmo funeral de la contessa.

Su la divota gente al suoldimessa
La voce va de l'organo gagliarda
E sorge e tuona e mormoracompressa
E il sol dardeggia. E Nicolòriguarda.

Per la dischiusa porta la marina
Vedesi lungi tremolareinvia
Odori il ventol'infiorato china

Mandorlo i rami. E tra la litania
Che invoca e pregain umiltàdivina
Da la gloria di Fedra esce Maria.



II.

è la chiamata de le afflittegenti
Sotto le spade barbare ne'pianti
L'aspettata da i popoli redenti
Ne i segni a la vittoriasventolanti.

è il fior d'Iesse chevinceva i lenti
Verni semitie i petali roranti
Di lacrimosa pietra apre a iportenti
Trasfigurato ne gli elleniincanti.

Oh di che mira passïonpercossa
Stiè l'alma a lo scultorquando montare
Dal greco avello de le tedescheossa

Benigna visïon che tuttoammalia
Il ciel d'intornoei vide sul'altare
La nova e santa Venere d'Italia!



III.

E da le spalle d'Ampelo a l'altare
Traversando fu visto Dïonisio
Maestoso ne l'atto con un riso
Di gioia spirital pontificare.

E da le forme di beltàpreclare
Il verginal Ippolito diviso
Ecco i pulpiti salee dritto efiso
Di sereno vigor simbolo appare.

Poiquando il coro delle donne al'ore
Del vespro in alto i canti e gliocchi ergea
De gl'incensi tra il morbidovapore

Col vampeggiar de la mistica idea
Ne i seni a le feconde italenuore
L'eroica bellezza discendea.



IV.
Da la foce de l'Arno e de le spente
Città d'Etruria da le sedior liete
Di primaveraal vento d'orïente
Navi di Pisascioglietesciogliete.

Come stuolo di cigni in ondechete
Avanti Febo suo signor movente
Bianche l'azzurro Egeosoavemente
Navi di Pisacorretecorrete.

Vien dal verde paese di Cibele
D'etesie mormoranti aure unconforto
Che fuga dietro sé tempocrudele;

E spirito novel di porto in porto
Aleggia e canta da le vostre vele
- O terrao cielo marPan èrisorto -.


CADORE

I.
Sei grande. Eterno co 'l sole l'iride
de' tuoi colori consola gliuomini
sorride natura a l'idea
giovin perpetüa ne le tue

forme. Al baleno di queifantasimi
roseo passante su 'l torvo secolo
posava il tumulto del ferro
ne l'alto guardavano le genti;

e quei che Roma corse e l'Italia
struggitor freddofiammingocesare
sé stesso oblïavaipennelli
chino a raccogliere dal tuopiede.

Di': sotto il peso de' marmiaustriaci
in quel de' Frari grigiosilenzio
antico tu dormi? o diffusa
anima erri tra i paterni monti

qui dove il cielo tefronteolimpia
cui d'alma vita ghirlandòun secolo
il ciel tra le candide nubi
limpido cerulo bacia e ride?

Sei grande. E pure là daquel povero
marmo piú forte mi chiamae i cantici
antichi mi chiede quel baldo
viso di giovine disfidante.

Che è che sfididivinogiovane?
la pugnail fatol'irrompenteimpeto
dei mille contr'uno disfidi
anima eroicaPietro Calvi.

Dehfin che Piave pe' verdibaratri
ne la perenne fuga de' secoli
divalli a percuotere l'Adria
co' ruderi de le nere selve

che pini al vecchio San Marcodiedero
turriti in guerra giú tral'Echinadi
e il sole calante le aguglie
tinga a le pallide dolomiti

sí che di rosa nel chetovespero
le Marmarole care al Vecellio
rifulganpalagio di sogni
eliso di spiriti e di fate

sempredehsempre suoniterribile
ne i desideri da le memorie
o Calviil tuo nome; e balzando
pallidi i giovini cerchin l'arme.



II.
Non teCadoreio canto su l'arcadeavena che segua
de l'aure e l'acque ilmurmure:
te con l'eroico verso che seguail tuon de' fucili
giú per le valli iocelebro.

Oh due di maggioquandosaltatosu 'l limite de la
strada al confine austriaco
il capitano Calvi - fischiavan lepalle d'intorno -
biondodirittoimmobile

leva in punta a la spadapurfiso al nemico mirando
il foglio e 'l patto d'Udine
e un fazzoletto rossosegnale diguerra e sterminio
con la sinistra sventola!

Pelmo a l'atto e Antelao da'bianchi nuvoli il capo
grigio ne l'aere sciolgono
come vecchi giganti che l'elmochiomato scotendo
a la battaglia guardano.

Come scudi d'eroi che splendonnel canto de' vati
a lo stupor de i secoli
raggianti nel candoredi controal sol che pe 'l cielo
salei ghiacciaiscintillano.

Sol de le antiche glorieconquanto ardore tu abbracci
l'alpi ed i fiumi e gliuomini!
tu fra le zolle sotto le nereboscaglie d'abeti
visiti i morti e susciti.

- Nati su l'ossa nostreferitefigliuoliferite
sopra l'eterno barbaro:
da' nevai che di sangue tingemmocrosciatemacigni
valanghestritolatelo -.

Tale da monte a monte rimbomba lavoce de' morti
che a Rusecco pugnarono;
e via di villa in villa confremito ogn'ora crescente
i venti la diffondono.

Afferran l'armi e a festa igiovani tizïaneschi
scendon cantando Italia:
stanno le donne a' neri veroni dilegno fioriti
di geranio e garofani.

Pieve che allegra siede tra'colli arridenti e del Piave
ode basso lo strepito.
Auronzo bella al pianostendentesi lunga tra l'acque
sotto la fóscaAjàrnola

e Lorenzago aprica tra i campideclivi che d'alto
la valle in mezzo domina
e di borgate sparso nascose tra ipini e gli abeti
tutto il verde Comelico

ed altre ville ed altre frapascoli e selve ridenti
i figli e i padri mandano:
fucili impugnanlancebrandiscono e roncole: i corni
de i pastori rintronano.

Di tra gli altari viene l'anticabandiera che a Valle
vide altra fuga austriaca
e accoglie i prodi: al nuovo solrugge e a' pericoli novi
il vecchio leon veneto.

Udite. Un suon lontano discendeapprossimasale
correcrescepropagasi;
un suon che piange e chiamachegridache pregache infuria
insistenteterribile.

Che è? chiede il nemicovenendo a l'abboccamento
e pur con gli occhiinterroga.
- Le campane del popol d'Italïasono: a la morte
vostra o a la nostra suonano-.

AhiPietro Calvial piano tepoi fra sett'anni la morte
da le fosse di Mantova
rapirà. Tu venisticercandolacome a la sposa
celatamente un esule.

Quale già d'Austrial'armital d'Austria la forca or ei
guarda
sereno ed impassibile
grato a l'ostil giudicio chemilite il mandi a la sacra
legïon de gli spiriti.

Non mai piú nobil almanon mai sprigionando lanciasti
a l'avvenir d'Italia
Belfioreoscura fossad'austriache forchefulgente
Belfioreara di màrtiri.

Oh a chi d'Italia nato mai caggiadal core il tuo nome
frutti il talamo adultero
tal che il ributti a calci da ilari aviti nel fango
vecchio querulo ignobile!

e a chi la patria neganel cuornel cervellonel sangue
sozza una forma brulichi
di suicidioe da la bocca laidabestemmiatrice
un rospo verde palpiti!



III.
A te ritornasí come l'aquila
nel reluttante dragon sbramatasi
poggiando su l'ali pacate
a l'aereo nido torna e al sole

a te ritornaCadoreil cantico
sacro a la patria. Lento nelpallido
candor de la giovine luna
stendesi il murmure de gli albeti

da tecarezza lunga su 'l magico
sonno de l'acque. Di biondiparvoli
fioriscono a te le contrade
e da le pendenti rupi il fieno

falcian cantando le fiere vergini
attorte in nere bende la fulvida
chioma; sfavillan di lampi
ceruli rapidi gli occhi: mentre

il carrettiere per le precipiti
vie tre cavalli regge ad uncarico
di pino da lungi odorante
e al cídolo fervePerarolo

e tra le nebbie fumanti a'vertici
tuona la caccia: cade il camoscio
a' colpi sicurie il nemico
quando la patria chiamacade.

Io vo' rapirtiCadorel'anima
di Pietro Calvi; per la penisola
io voglio su l'ali del canto
aralda mandarla. - Ahi malridesta

ahi non son l'Alpi guancialpropizio
a sonni e sogni perfidiadulteri!
lèvatifiní lagazzarra:
lèvatiil marzïogallo canta! -

Quando su l'Alpi risalga Mario
e guardi al doppio mare Duilio
placatoverremoo Cadore
l'anima a chiederti del Vecellio.

Nel Campidoglio di spogliefulgido
nel Campidoglio di leggisplendido
ei pinga il trionfo d'Italia
assunta novella tra le genti.


CARLO GOLDONI

I.
A teporgente su l'argenteo Sile
Le braccia a l'avo da l'opimacuna
Ne la festante ilaritàsenile
Parve la vita accorrere con una

Marïonetta in mano. Al sold'aprile
Te fuggente la logica importuna
Presago accolse il comico navile
Veleggiando la tacita laguna.

E Florindi e Lindori e Pantaloni
Fûr la famiglia tua:d'entro i suoi scialli
Rosaura ti dicea - Bon díputelo -.

Fumavan su la tolda i maccheroni
Su l'albero le scimmie e ipappagalli
Garrían. Su l'Adria rideagrande il cielo.



II.
Fortuna e vita girano il lor vario
Stil. Quando Marte del suo ferreostampo
Italia offusca e al tuon de'bronzi e al lampo
Fa di battaglia le cittàscenario

Tuda le mani del ladron sicario
Tragedo uscendo con serenoscampo
Conduci a mendicar di campo incampo
L'eroica cecità diBelisario.

Oh errante con la moglie entrogli oscuri
Guadi e i passi dubbiosi ed itremanti
Perigli de la notteecco ilmattino!

Dal mondo de la luna eccoArlecchino
Al brigadier di Spagnae in notee canti
Maria Teresa a gli Ussari e a'Panduri.



III.
Eccoe tra i palchi onde l'oligarchia
Sputa in plateaVeneziaecco daquesto
Povero allegro venturier modesto
A te la scena popolar si cria.

La commedia de l'arte si dormia
Ebra vecchiarda; ed ei con un suogesto
Le spiccò su dal fiancodisonesto
La giovinetta veritàgiulía.

Poi tra i Baffi accosciati ne'bordelli
Ed i Farsetti lividi di leggío
Da le gondole trasse e da'campielli

La sanità plebea... Tuttovanío
Come uno stormo di migrantiaugelli
Senza gloria né pan.Veneziaaddio!



IV.
Deh come grige pesano le brume
Su Lutezia che il vernodiscolora
Mentre ancor de l'ottobre aldolce lume
Ride San Marco ed il Canals'indora!

Ed ei pur di su 'l memore volume
Al suo passato risorride ancora
E la vita e la scena ed ilcostume
Di cordïal gioconditàrinfiora.

Ahila tragediaorribilvisïone
Al gran comico autor chiudel'etate!
Cadde: e Venezia non vide finire

Piagnucolando comme donna Cate
E di palagiocome Pantalone
Dal reo Lelio cacciatoil dogeuscire.


A SCANDIANO

De la pronta stagion ne i dípiú tardi
Che le rose sfioriro e i laüreti
Quando cavalleria cinge i codardi
E al valor civiltà mettedivieti

A teScandianfaro gentil cheardi
Ne l'immensa al pensiero epicaTeti
O rocca de' Fogliani e de'Boiardi
Terra di sapïenti e dipoeti

Io vengo: a tergo mi lasciai lagrama
Che il mondo dice poesialasciai
I deliri a cui par che dietroagogni

L'età malata. Io sento chemi chiama
De' secoli la vocee risognai
La verità dei grandiantichi sogni.


ALLA FIGLIA DI FRANCESCO CRISPI
X GENNAIO MDCCCXCV

Ma non sotto la stridula
Procella d'onte che non fûrpiú mai
Ma nonsicana vergine
Tu la splendida fronteabbasserai.

Pria che su rosea traccia
Amor ti chiamiinnalzao bellafiglia
Innalza al padre in faccia
Gli occhi sereni e le stellanticiglia.

Ei nel dolce monile
De le tue braccia al bianco capointorno
Scordi il momento vile
E de la patria il tenebrosogiorno.

Ne l'amoroso e pio folgoreggiare
De gli occhi il lui levati
L'ampio riso rivegga ei del suomare
Ne' dí pieni di fati;

Quandonovello Procida
E piú vero e miglioreinnanzi e indietro
Arava ei l'onda sicula:
Silenzio intornoa lui su 'lcapo il tetro

De le borbonie scuri
Balenar ne i crepuscolifiammanti;
In cuore i dí futuri
Garibaldi e l'Italia: avantiavanti!

O isola del sole
O isola d'eroi madreSicilia
Fausta accogli la prole
Di lui che la tirannica vigilia

T'accorciò. Seco venga a'lidi tuoi
Fe' d'opre alte e leggiadre
O isola del soleo tu d'eroi
Sicilia antica madre.


ALLA CITTÀ DI FERRARA
NEL XXV APRILE DEL MDCCCXCV

I.
Ferrarasu le strade che Ercole primolanciava
ad incontrar le Muse pellegrinearrivanti
e allinearon elle gli emuli vialid'ottave
storïando la tomba diMerlino profeta
comeo Ferrarabello ne lasplendida ora d'aprile
ama il memore sole tuasolitaria pace!
Non passo i luminosi misterivïola né voce
d'uomo: da i suburbani pioppiil tripudio corre
de gli uccelli su l'aura del pianlungi florido. Come
ne le scendenti spire de laconchiglia un'eco
d'antichi piantiun suono dilungo sospiro profondo
dal grande oceano ond'ellastrappata fupermane;
cosí per le tue piazzedilette dal soleo Ferrara
il nuovo peregrino tende leorecchie e ode
da' marmorei palagi su 'l Podiscendere lenta
processïone e canto d'unfantastico epos.

Chi èchi è cheviene? Con piangere dolce di flauti
tra nuvola di cigni volanti dal'Eridano
ecco il Tasso. Lampeggiapalazzospirtal de' dïamanti
e tufatta ad accôrresol poeti e duchesse
o porta de' Sacratisorridi nelflorido arco!
d'Italia grandeantical'ultimo vate viene.
Ei fugge i colli dove monacaletedio il consunse
ei chiede i luoghi dovegioventú gli sorrise.
Castello d'Estein vano d'arpievaticane fedato
abbassa i pontileva l'aquilabianca. Ei torna.
Non Alfonso caduco gli mova al'incontronon mova
Leonoramatura verginesenz'amore;
ma Parisina ardente dal sanguenatal di Francesca
che del vago Tristano legge gliamori e l'armi;
maposando la destra su 'l fidolevrierLeonello
verde vestito; parla di Cesareal Guarino.



II.
O dileguanti via su la marina
tra grigie arene e fise acque distagni
cui scarsa omai la querciaombreggia e rado
il cignalfruga

terre pensose in torvo aëregreve
su cui perenne aleggia il mito ecova
leggende e canta a i secoliquerele
ditemi dove

rovescioil crin spiovendoglidal sole
mal carreggiato (e candide tendea
al mareggiante Eridano lebraccia)
cadde Fetonte

ardendocome per sereno cielo
stella volante che di lume unsolco
traesi dietro: chiamanoed inalto
miran le genti.

Ov'è che prone su 'lfratel piangendo
l'Eliadi suore lacrimârl'elettro
e crebber pioppesibilando a'venti
sciolte lechiome?

Ov'è che a lutto delfanciullo amato
lai lungi il re de' Ligurilevando
tra le populee meste fronde el'ombra
de le sorelle

vecchiezza indusse di canutepiume
e abbandonata la dogliosa terra
seguí le belle sorridentiin cielo
stelle co 'lcanto?

Perpetuo quindi un gemito vagava
su la tristezza di Padusa immota
ne le fósche acque. ILiguri selvaggi
spingean lecimbe

lungo ululando in negre vestiosopra
i calvi dossi a l'isole emergenti
in solchi per il desolato lago
sedean cantando

lugubremente dove Argenta siede
oggi. Né ancora Dïomedeavea
di delfic'oro e argivo onorvestita
d'Adria reina

Spina pelasga. Ahi nome vano orsuona!
Sparídel vespro visïonein faccia
a la sorgente con in man la croce
ferrea Ferrara.

SalveFerrara! Dove stan lebelle
torri d'Ateste e case d'Arïosti
eran paludie i Língonicoloni
davan le reti

al mare incerto e combattean lapreda
quando campati innanzi la ruina
del latrante Unno i Veneti e dalFòro
giulio iRomani

sí come i Liguri avi da lebelve
ne le disperse stazïonlacustri
qui confuggiro e ripararon l'alto
seme di Roma.

SalveFerraraco 'l tuo fato inpugno
ultima natacreatura nova
de l'Apennindel Podelfaticoso
dolore umano!

Poi che di sangue vínilorinfusa
pugne cercando e libertàtrovasti
risse e tirannia l'orïente- O bianca
aquilavieni!-

chiamasti. E venne. Ah ponte diCassano
ah rive d'Addaquanto gridocorse
l'aure lombardeallor che su 'lfurore
d'Ezzelin domo

ringuainando placido la spada
Azzo Novello salutò conmano
la sventolante rossa croce per le
itale insegne!

D'allora un lume d'epopea corona
l'aquila d'Este; e quando ne lesale
le marchesane udian Isotta e ifieri
giovaniOrlando

un mesto suon di rapsodia veniva
giú d'Aquileia daldisfatto piano
venía co 'l Pocantataglida' flutti
d'Ocno e diManto

l'itala antica melodia di Maro;
e le vïole de' trovieri a untratto
tacean; la dama sospiravainalto
guardava ilsire.

E a teFerraracome giàd'alpestre
sostanza i fiumi ti recârtributo
onde tu stesti nel gran piano esaldo
crebbe SanGiorgio

a te da i monti a te da lecolline
d'Italia verdi profluíl'ingegno
e la bollente d'igneo vigore
materia umana.

A te gli Strozzi vennero dal'Arno
tósco parlando e ti cantârlatina;
e gli Arïosti da Bolognaaccorta
gente di guerra

e di faccendache a stupor delmondo
diêr la sirena del volubiltono;
venne da Reggio la diletta a Febo
gente Boiarda;

e da gli Euganei vennero pensosi
Savonarolie da Verona bella
la diva Grecia rivelandoumíle
venne ilGuarino.

Onde stagione fu di gloriaecorse
con il tuo fiumeo fetonteaFerrara
ampioserenperpetuosonsnte
l'italo canto.



III.
Ahi ahi l'ora nefanda! Dal Tebrofiutando la preda
la lupa vaticana s'abbatte sul'Eridano.
De la bocca agognante con l'atramefite ella fuga
turbato l'usignolo tra gliallori cantando.
D'Armida e di Rinaldo cantava:cantava Clorinda
con l'elmo e l'auree trecceedErminia soave.
Salgono su per l'aere dal cantole imagini: bionde
malïarde sorprese dallusingato amore:
vergini sospiroseche timide iceruli sguardi
giranchinando il viso pallidodi desio.
Tutte fuggîr le belledavanti a la lupache tetra
digrigna i bianchi dentimetteululati e avanza.
Tutti su' grandi scudi velaro iguerrieri le croci
e dileguâr fantasmi perle insorte tenèbre.
La lupacon un guizzo del rabidoartiglio la bianca
aquila ghermí al pettola strazïò ne l'ale.

Maledetta sie tumaledettasempredovunque
gentilezza fioriscenobiltadeapre il volo
sii maledettao vecchia vaticanalupa cruenta
maledetta da Dantemaledettape 'l Tasso.
Tu lo spegnestitu; malatal'Italia traesti
co 'l suo poeta a l'ombraperfida de' cenobii.
Pallidogrigiocurvobarcollanteal braccio il sostiene
un alto prete rosso di porporae salute.
O Garibaldivieni! L'espïazïoned'Italia
con la virtú d'Italia suquesto colle adduci.
Corra nobile sangue d'Arganti eTancredi novelli
risorti da Camillo per laSolima nostra.
Che Sant'Onofrio? è questala vetta superba di Giano
fortezza de' Quiriticunasanta d'Italia:
onde ioFerraramadre del'itale muse seconda
questo vindice canto su 'lnostro Po t'invio.


MEZZOGIORNO ALPINO

Nel gran cerchio de l'alpisu 'lgranito
Squallido e scialbosu'ghiacciai candenti
Regna sereno intenso ed infinito
Nol suo grande silenzio ilmezzodí.

Pini ed abeti senza aura di venti
Si drizzano nel sol che glipenetra
Sola garrisce in picciol suon dicetra
L'acqua che tenue tra i sassifluí.


L'OSTESSA DI GABY

E verde e fosca l'alpe e limpidoe fresco è il mattino
e traverso gli abeti tremolad'oro il sole.
Cantan gli uccelli a provastormiscono le cascatelle
precipita la scesa nel vallonedi Niel.

Ecco le bianche case. La giovineostessa a la soglia
ridesaluta e mesce loscintillante vino.
Per le fórre de l'alpetrasvolan figure ch'io vidi
certo nel sogno d'una canzond'arme e d'amori.


ESEQUIE DELLA GUIDA E. R.

Spezzato il pugno che vibròl'audace
Picca tra ghiaccio e ghiaccioildomatore
De la montagna ne la bara giace.

Giú da la Saxe in funeraltenore
Scende e canta il corteo: diconoi preti
- La requie eterna dona a luiSignore -

- E la luce perpetua l'allieti -
Rispondono le donne: ondeggia alvento
Il vessil de la morte in fra gliabeti.

Or sí or no su rotte aureil lamento
Vien dal martorioor síor no si vede
Scender tra' boschi il coro gravee lento.

Esce in apertoe al cimiterprocede.
Posta la bara fra le crocipria
Favella il prete: - Iddio t'abbiamarcede

Emiliore della montagna: e pia
Avei l'almae ogni dí letue preghiere
Ascendevano al grembo di Maria -.

Le donne sotto le gramaglie nere
Co 'l viso in terra piangono auna volta
Sopra i figli caduti e da cadere.

A un tratto la caligine ravvolta
Intorno al Montebianco ecco sisquaglia
E purga nel sereno aeredisciolta:

Via tra lo sdrucio de lanuvolaglia
Ertoaguzzoferoce si protende
Ementre il ciel di sua minacciataglia

Il Dente del gigante al solrisplende.


LA MOGLIE DEL GIGANTE

IL NETTUNO

Bianchiverniestati ardenti
Quante mai pesâr su me!
Trapassar maree di genti
Vidi e nuvole di re.

Bella miadal fondo algoso
Del mar nostro vieni su!
In te vuole il suo riposo
La mia bronzea gioventú.


LA SIRENA
Dal confin che il sol rallegra
Qual mai voce risonò?
Di quast'acque immense l'egra
Solitudin lascerò.

O tu azzurro il crine e il dosso
Bel cavalloa mea me!
Vo' vedere il sole rosso
E la faccia del mio re.


IL NETTUNO
Il mio petto si confonde
Di lassezza e di desir.
Bella miaper le glauche onde
Non ti sento anche salir?

Bella miaquando in ciel dorme
La caligine lunar
Ne la veglia de le forme
Ci vogliamo disposar.


LA SIRENA
Ahimio re! l'informe eterno
Demogorgone non vuol
E la tenebra d'inferno
Mi sorprende in faccia al sol.

Ahimio re! la tua carezza
Chiedo in vanson tratta giú;
E fu in van la mia bellezza
Com'è in van la tua virtú.


PER IL MONUMENTO DI DANTE A TRENTO
XIII SETT. MCCCXXI

Súbito scosso de le membrasue
Lo spirito volò: sovr'essoil mare
Oltre la terraal sacro montefue.

A traverso il bagliorcrepuscolare
Video gli parve rivederlaporta
Di san Pietro nel montevaneggiare.

- Aprite - disse. - Coscïenzaporta
Il mio voleree tra i superbi iovegno
Ben che la stanza mia qui saràcorta.

E passerò nel benedettoregno
A riveder le note forme sante
Ché Dio e il canto mio mene fa degno -.

Voce da l'alto gli rispose -Dante
Ció che vedesti fu e nonè: vanío
Con la tua visïonmondoraggiante

Ne gl'inni umani de la vostraClio:
Dal profondo universo unico regna
E solitario sopra i fati Dio.

Italia Dio in tua balíaconsegna
Sí che tu vegli spirito sulei
Mentre perfezïon di tempivegna.

Va'batticaccia tutti falsidèi
Fin ch'egli seco ti richiami inalto
A ciò che novo paradisocrei -.

Cosí di tempi e genti invario assalto
Dante si spazia da bencinquecento
Anni de l'Alpi sul tremendospalto.

Ed or s'è fermoe parch'aspettia Trento.


LA MIETITURA DEL TURCO

Atenegiugno - I turchi incominciarono
a mietere inTessaglia e continuano a
saccheggiare. (Disp. telegr.)

Il Turco miete. Eran le testearmene
Che ier cadean sotto il ricurvoacciar:
Ei le offeriva boccheggianti eoscene
A i pianti de l'Europa aimbalsamar.

Il Turco miete. In sangue laTessaglia
Ch'ei non arava or or glibiondeggiò:
- Aia - diss'ei - m'è ilcampo di battaglia
E frustando i giaurri iotrebbierò -.

Il Turco miete. E al morbidotiranno
Manda il fior de l'ellenichebeltà.
I monarchi di Cristo assisteranno
Bianchi eunuchi a l'arèmdel Padiscià.


LA CHIESA DI POLENTA

Agile e solo vien di colle incolle
quasi accennando l'ardüocipresso.
Forse Francesca temprò quili ardenti
occhi alsorriso?

Sta l'erta rupee non minaccia:in alto
guardae ripensail barcaioltorcendo
l'ala de' remi in fretta dalnotturno
Adrïa:sopra

fuma il comignol del villanchegiallo
mesce frumento nel fervente rame
là dove torva l'aquila delvecchio
Guido covava.

Ombra d'un fiore è labeltàsu cui
bianca farfalla poesia volteggia:
eco di tromba che si perde avalle
è lapotenza.

Fuga di tempi e barbari silenzi
vince e dal flutto de le coseemerge
soladi luce a' secoli affluenti
farol'idea.

Ecco la chiesa. E surse ella cheignoti
servi morian tra le romana plebe
quei che fûr poscia iPolentani e Dante
fecegli eterni.

Forse qui Dante inginocchiossi?L'alta
fronte che Dio miró dapresso chiusa
entro le palmeei lacrimava ilsuo
bel SanGiovanni;

e folgorante il sol rompea da'vasti
boschi su 'l mar. Del profugo ala mente
ospiti batton lucidi fantasmi
dal paradiso:

mentredal giro de' brevi archil'ala
candida schiusa verso l'orïente
giubila il salmo In exitucantando
Israel deAegypto.

Itala gente da le molte vite
dove che albeggi la tua notte eun'ombra
vagoli spersa de' vecchi annivedi
ivi il poeta.

Ma su' dischiusi tumuli perquelle
chiese prostesi in grigio sago ipadri
sparsi di turpe cenere le chiome
nere fluenti

al bizantino crocefissoatroce
ne gli occhi bianchi lividamagrezza
chieser mercé de l'altastirpe e de la
gloria di Roma.

Da i capitelli orride formeintruse
a le memorie di scapelli argivi
sogni efferati e spasimi delbieco
settentrïone

imbestïati degeneramenti
de l'orïenteal guizzo dela fioca
lampadain turpe abbracciamentoattorti
zolfo edinferno

goffi sputavan su la prosternata
gregge: di dietro al battisteroun fulvo
picciol cornuto diavolo guardava
e subsannava.

Fuori stridea per monti e pianiil verno
de la barbarie. Rapido saetta
nero vascellocon i venti e undio
ch'ulula apoppa

fuoco saetta ed il furor d'Odino
su le arridenti di due mari aspecchio
moli e cittadi a Enosigeo lebraccia
biancheporgenti.

Ahiahi! Procella d'ispidepolledre
àvare ed unne e cavaliertremendi
sfilano: dietro spigolandoallegra
ride la morte.

GesùGesù!Spalancano la terra
bocca i sepolcri: a' venti a'nembi al sole
piangono rese anch'esse de' beati
màrtiril'ossa.

E quel che avanza il Vínilobarbuto
ridiscendendo da i castelliimmuni
sparte - reliquieceneredeserto -
con l'alabarda.

Schiavi percossi e dispogliatiavoi
oggi la chiesapatriacasatomba
unica avanza: qui dimenticate
qui non vedete.

E qui percossi e dispogliatianch'essi
i percussori e spogliatori ungiorno
vengano. Come ne la spumeggiante
vendemmia iltino

fervee de' colli italici labianca
uva e la nera calpestata e franta
sé disfacendo il forte eredolente
vino matura;

quinel conspetto a Diovendicatore
e perdonantevincitori e vinti
quei che al Signor pacificòpregando
Teodolinda

quei che Gregorio invidïavaa' servi
ceppi tonando nel tuo verbooRoma
memore forza e amor novo spiranti
fanno ilComune.

Salveaffacciata al tuo balcondi poggi
tra Bertinoro alto ridente e ildolce
pian cui sovrasta fino al marCesena
donna di prodi

salvechiesetta del mio canto! Aquesta
madre vegliardao turinnovellata
itala gente da le molte vite
rendi la voce

de la preghiera: la campanasquilli
ammonitrice: il campanil risorto
canti di clivo in clivo a lacampagna
Ave Maria.

Ave Maria! Quando su l'aure corre
l'umil salutoi piccioli mortali
scovrono il capocurvano lafronte
Dante edAroldo.

Una di flauti lenta melodia
passa invisibil fra la terra e ilcielo:
spiriti forse che furonche sono
e che saranno?

Un oblio lene de la faticosa
vitaun pensoso sospirar quïete
una soave volontà dipianto
l'anima invade.

Taccion le fiere e gli uomini ele cose
roseo 'l tramonto ne l'azzurrosfuma
mormoran gli alti verticiondeggianti
Ave Maria.


SABATO SANTO
PER IL NATALIZIO DI M. G.

Che giovinezza novache lucidigiorni di gioia
per la cerula effusa chiaritàde l'aprile

cantano le campane con onde evolate di suoni
da la città su' poggilontanamente verdi!

Da i superati inferniredimitoil crin di vittoria
candidoradïanteCristorisorge al cielo:

svolgesi da l'inverno il novelloannoe al suo fiore
già in presagio la messegià la vendemmia ride.

Ospite nova al mondoson oggivent'anniMaria
tu t'affacciasti; e i primituoi vagiti coverse

doppio il suon de le scioltecampane sonanti a la gloria:
ora e tu ne la gloria de l'etàbella stai

stai com'uno di questi arboscellischietti d'aprile
che a l'aura dolce danno ilbianco roseo fiore.

Volgasi intorno al capo tuogiovindehl'augure suono
de le campane anch'oggi diprimavera e pasqua!

cacci il verno ed il freddocacci l'odio tristo e
l'accidia
cacci tutte le forme de ladiscorde vita!


IN RIVA AL LYS
A S. F.

A piè del monte la cuineve è rosa
In su 'l mattino candido evermiglio
Lucidafrescalievearmonïosa
Traversa un'acqua ed ha nome dalgiglio.

Io qui seggoFerrarie lafamosa
Riva d'Arno ripenso e il tuoconsiglio;
E di por via la piccioletta prosa
E altamente cantar partitopiglio.

Ma il Lys m'avvisa - Al nulla siconfonde
Questo mio cantoe non se nerammarca;
Pur di tanto maggior venas'effonde -.

Ond'iola fronte di superbiascarca
Torno al mio cuore; e a' monti al'aure a l'onde
Ridico la canzon del tuoPetrarca.


ELEGIA DEL MONTE SPLUGA

Noforme non eran d'aer coloratoné piante
garrule e mosse al vento: ninfeeran tutte e dee.

E quale iva salendo volubile ecerula come
velata emerse Teti da l'Egeogrande a Giove:

e qual balzava da la palpitantescorza de' pini
roseal'agil donando floridachioma a l'aure:

e qual da la cintura d'in cima a'ghiacci dïasprati
scioglieanastri d'argentolecascatelle allegre.

Sola in vett'a un gran masso diquarzo brillante al meriggio
in disparte sedeviLoreleypellegrina:

solcavi l'aurea chioma conl'aureo pettinelunga
la chioma iva per l'alpeviridea dentro il sole.

In un tempio a larghe ombre dilarici acuti le Fate
stavanocchi fiammanti ne lagemma de' visi:

serti di quercia al crine su lenere clamidi nero
scettri avean d'oro in mano:riguardavano me.

- Orco umanoche sali da' pianifumanti di tedio
noi la ti demmo: aveva gliocchi color del mare.

Or tu ne vieni solo. Che festi dinostra sorella?
l'hai divorata? - E fiseriguardavan pur me.

- Notemibili Fatenosoavininfelo giuro:
ella è volata fuori dela veduta mia.

Ma la sua forma vivema palpital'alma sua vita
ne le mie venein cima de lamia mente siede.

Con la imagine sua dinanzi da gliocchi tuttora
che mi ardecon la voce chedentro il cor mi ammalia

suono di primavera su 'l tepidoaprile dormente
erro soletto il mondotutto dilei l'impronto.

Eccovoi Fate e ninfeparetemie sietelei sola:
anzi in mia visïone v'hocreato io di lei.

Ma ella dove esiste? - Lamentiscoppiaronoe via
sparver le ninfe in ariaviasotterra le Fate.

E vidi su gli abeti danzar liscoiattolie udii
sprigionate co' musi lemarmotte fischiare.

E mi trovai soletta làdove perdevasi un piano
brullo tra calve rupi: quasi unanfiteatro

ove elementi un giorno lottaronoe secoli. Or tace
tutto: da' pigri stagni pigrosi svolve un fiume:

erran cavalli magri su le magreacque: aconito
perfido azzurro fioreveste lagrigia riva.


SANT'ABBONDIO

Nitido il cielo come in adamante
D'un lume del di làtrasfuso fosse
Scintillan le nevate alpi insembiante
D'anime umane da l'amor percosse.

Sale da i casolari il fumoondante
Bianco e turchino fra le piantemosse
Da lieve aura: il Madesimocascante
Passa tra gli smeraldi. In vestirosse

Traggono le alpigianeAbbondiosanto
A la tua festa: ed è mitee giocondo
Di lordel fiume e de gli abetiil canto.

Laggiú che ride de lavalle in fondo?
Pacemio cuor; pacemio cuore.Oh tanto
Breve la vita ed è síbello il mondo!


ALLE VALCHIRIE
PER I FUNERALI DI ELISABETTAIMPERATRICE REGINA

Bionde Valchiriea voi dilettasferzar de' cavalli
sovra i nembi natandol'ertecriniere al cielo.

Via dal lutto uniformedalpiangere lento de i cherchi
rapite or voivolantidiWittelsbach la donna.

Ahi quanto fato grava su l'altatua casa crollante
su la tua bianca testa quantodoloreAbsburgo!

Paceo veglianti ne la caligindi Mantova e Arad
ombreed o scarmigliatifantasimi di donne!

ViaValchiriecon voi la biondaqual voi di cavalli
agitatrice a riva piúcortese! là dove

sotto Corcira bella l'azzurroJonio sospira
con suo ritmo pensoso verso gliaranci in fiore.

Sorge la bianca luna da' montid'Epiro ed allunga
sino a Leuca la face tremolantesu 'l mare.

Ivi l'aspetta Achille. TergeteValchirietergete
dal nobil petto l'orma delpugnale villano;

e tergete da l'almavoi piesanatrici divine
il sogno spaventosolugubrede l'impero

Sveglisi ne' freschi anni la puravindelica rosa
a un dolce accordo novo ditinnïenti cetre.

Qual piú soave mailamusa di Heine risuona:
che da l'erma risponde Leucadesospirando?

Tien la spirtale riva un'altraserena quïete
come d'elisio sotto la graziosaluna.


PRESSO UNA CERTOSA

Da quel verdemestamentepertinace tra le foglie
Gialle e rosse de l'acaciasenzavento una si toglie:
E con fremito leggero
Par che passi un'anima.

Velo argenteo par la nebbia su 'lruscello che gorgoglia
Tra la nebbia ne 'l ruscello cadea perdersi la foglia.
Che sospira il cimitero
Da' cipressifievole?

Improvviso rompe il sole sopral'umido mattino
Navigando tra le bianche nubil'aere azzurrino:
Si rallegra il bosco austero
Già de 'l verno prèsago.

A meprima che l'inverno stringapur l'anima mia
Il tuo risoo sacra luceodivina poesia!
Il tuo cantoo padre Omero
Pria che l'ombra avvolgami!


CONGEDO

Fior tricolore
Tramontano le stelle in mezzo almare
E si spengono i canti entro ilmio core.