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CarloBini


MANOSCRITTODI UN PRIGIONIERO





Yousmile? t'is better thus than sigh.
Byron



V'èpiù ragione di ridere quando sei in fondoche quando sei incima; - almeno tu non temi più di dare la balta. Il risodell'uomo felice può essere smentito da un punto all'altro. LaFortuna non fa con­tratti perpetui con nessuno. Il suo corso èa spiralie non rettilineo. Oggi t'abbracciae ti mette sul capo undiadema; dimani ti taglia la testae la dà per baloccoal­l'abiettoche faceva da sgabello ai tuoi piedi.


Epigrafeche va per conto mio



CAPITOLOPRIMO


Ilcervello dell'uomo appena è in istato di eserci­tare lesue funzioni può rassegnarsi in tre scuole. Di queste unainfallibilmente ne conoscete- senz'altro le conoscerete anchetutteperché non sono arcani di astronomia; - son cosesemplicie dappertutto si sentono dire. Io nondimenoa scanso diequivocimi stimo in dovere di nominarvele tutte e tresecondol'ordine naturale in cui giacciono fino dal principio dei secoli.Elle pertanto son queste:


Scuoladella Fede;

Scuoladel Dubbio;

Scuoladell'Incredulità.

Ein una di queste tresuo malgrado o noha da rassegnarsi ilcervello. La prima è più frequen­tata di tutte; -la seconda più della terza; quest'ultima ha un numero benescarso di alunni. Il locale stesso è sì angusto che nonpotrebbe capirne una follae per entrarvi ci vogliono certi datirequi ­ sitiche non son comuni. Sic se res habet.V'è chi crede in tutto; v'è chi dubita di tutto;v'è chi non crede in nullaV'è chi crede che il Soleabbia gli occhiil naso e la bocca come abbiamo noi; - v'èchi dubita che il Sole non sia di fuocoma una massa enorme dighiaccio; - vi sono certi pochi dispe­rati che non credono innulla- né anche nel sasso dove urtano- né anchenell'acqua che li bagna. - La Verità dove siede? - Di graziavi pregonon fate a me questa dimandaperché" nonsaprei di dove cominciare a rispondervi. Quello che è veroscuola la pretende esclusivamente nel suo retto- e le ha destinatoun bel seggiolo e a brac­ciolidove non ci si vede mai nessuno asedere. Ma tutte le scuole vi spiegano il fenomeno in questa guisa:non sì può negarevoi non vedete nessunoe noi nonvediamo nessunoma v'è la sua propria ragione; - la Veritàè un ente invisibile. Forse la Verità imita ilCongresso degli Stati Uniti d'Americache tiene le sue sessioni orain questa ora in quella cittàregolandosi con una giustavicenda.

Ioper cominciare ab ovocome dicono i retoriprimamenteentrai nella scuola della Fedepalpan­do l'ombre come cosesensibilifino a che il tatto educato dall'uso non uscìd'inganno. Allora prote­stai nelle debito forme; - tolsi commiatoil meglio che seppie mi diedi alla scuola del Dubbio. Non operòla stanchezza o il capriccio; furon la coscien­za e il puntiglioche mi fecero divorziare colla Fede. La Fede me ne aveva fatte troppedelle fusa tortee troppo manifesteMi dava una cosa per biancaeal riscontro era bigia; - e quanto spessoper cagion suainveced'uno ho dovuto far due viaggiho dovuto fare un conto due volte!

Untempo io mi dava a credere che un effetto solo e determinato fosseprodotto sempre da una causa soladeterminataimmutabile. Un tempoio lo credeva- e la Logica anch'essa mi accennava col capo ad unacerta distanza. A me pareva allora che volesse darmi ragione- eforse invece voleva dirmi di no

Oggiil mio credo è sensibilmente variato quasi in tutti isuoi articolie tale è il frutto degli anni. Ma son io piùfelice? siete voi più felicivoiche spettaste con tantoanelito il benefizio del tempo? - Gli anni mi hanno guarito di certepoche malat­tieche non mi facevano né bene némalee mi hanno guarito di più altre malattieche miface­vano meglio della salute. Ora me ne accorgoma ètardi- e poi quel che è stato doveva essere. Gli anninoncontenti che il pomo dell'Asfaltide fosse pieno di ceneregli hannovoluto rapire la lusinga di una scorza lieta dì bellezza e diluce. Oh! la dot­trina degli anni! io la lascerei volentieri achi la vuolese il Fato non me l'avesse imposta come una camicia diforza. La dottrina degli anni smuove il cuore dal suo centroportandolo verso la testa. È una dottrina severageometricache cammina per terra colle mani e coi piedie dal tetto in su nonvede altro che nuvolee le stima buone solamente a far piovere.

Maveniamo al dunque. - Io voleva dire che un effetto solo non dipendesempre da una causa sola:

anzispesso può dipendere sempre da due cagioni diametralmenteopposte fra loro. - Un fulmine può scoppiare a ciel sereno-può scoppiare in burrasca. - Non so se in Fisica regga; mal'ho detto così per dare un certo rilievo al mio disegno- ein ogni caso sapete dove trovarmi; - io son qua per le debito scuse.- L'uomo può andare in prigione per i suoi meritiexempligratia per un furto- etiam può andarvi per un quipro quo. Un qui pro quo non è cosa da pigliarsia gabbo; alle volteè veropuò farvi ridere; -sovente an­cora può farvi corrugare la fronte. Un qui proquo può mettervi ai fatto d'un segreto che non avreste maisospettato; - può dare e toglier l'ale a una vittoria; - puòmandarti in prigionee viceversa può farti vescovo.




CAPITOLOSECONDO


Loconoscete voi Sancio Pansa? quel tipo verace di buon senso greggio eoriginaletale e quale co­me la natura se lo cava di manica? -Ma diamine! v'è mestieri di domandano? Prendete l'uomo il piùidiotae rammentategli Sancio Pansasi mette su­bito a ridere.Sancio Pansa è conosciuto in Europaè conosciuto inAmerica e sarà pur conosciuto in Africa e in Asiaquandoqueste due parti del globo vorranno leggere nei nostri libri. SancioPansa è il buon umore incarnato- grazioso nei suoi saligrazioso nelle sue balordagginigrazioso a piedigraziososull'asino. - Sancio Pansa ha ormai la sua nicchia nella storiae vista saldoinchiodatoimperterrito; - potete scuotere a vostrapostaSan­cio Pansa non si muovenon crolla. Egli e il suoasino occupano pacificamente tante miglia quadrate di famaquanto Ilprimo conquistatore di prima classe: citate pure AlessandrocitateCesare o Buo­naparte.

Eternegrazie a Cervantes che me lo diede a co­noscere! Io l'hobenedetto le mille volte Sancio Pansaperché mi ha fatto delbene. L'ho benedetto co­me il maestro che ml ha insegnato tantecoseche l'accigliata filosofia non sapeva Insegnarmi; l'hobe­nedetto come il sogno allegro delle mie veglie- come l'amicoche nell'ora nera veniva di mezzo a mettermi in pace meco stesso ecol prossimo. - Sia lieve la terra sulle sue ossa; sia lieve ancorasu quelle del suo asino. - Quest'ultima prece con­soleràil suo spirito quanto la prima.

SancioPansa dunque era quell'uomo. che voi tutti ben conoscete. Avevaanch'egli una madreperché Sancio Pansa fu una persona vera eviva di questo mondobattezzata e sepolta in Ispagna. Ora non miricordo appunto in qual parte del libro Sancio Pansa racconta che suamadreper arguzia di na­tura e per vecchiaiaera una donnapratica assai delle cose umane. Narra di piùche un giornora­gionando di nobiltàdi casate illustridi originian­tichesua madre chiuse il discorso affermando sin­ceramentedi non aver conosciuto al mondo se non due sole famiglie: quella dicoloro che hanno tuttoe quella di coloro che non hanno nulla. E lavecchia soggiungeva candidamente chenon so comel'istin­to laportava a dirsela più volentieri colla famiglia deipossidenti.

Dunquenota bene: chi va in prigione è povero o ricco.



CAPITOLOTERZO


Quandova in prigione un Signoreè un avveni­mento che nessunose lo aspettava. Tutti se ne fanno le maraviglie; tutti neparlano in mille vociin mille maniere. Chi bisbigliachi gridachi dice di sìchi dice di no.

Lacittà è seminata di gruppie per mezza gior­nataalmeno non fanno più nullase non ciarlare del casoe da ungruppo cacciarsi in un altro: pre­cisamente come quando seguel'eclisse del Sole Un Signore in prigione pare alla plebeimpossibile. - La plebechesomma fattain capo all'anno sta seimesi in prigione e sei mesi in una soffittaè inutilenon sene persuadeperché non ce ne vede mai dei signorio cosìdi rado che non se ne rammenta. Crede le prigioni fabbricateunicamente per sé; e se v'entra alcuno che non sia de' suoièun fatto che la percuotele sembra quasi un'usurpa­zione. -Tanta è la potenza dell'uso. - La plebe non crede che la colpapossa vestirsi di panno finee anche di porpora; - crede che lacolpa vada so­lamente vestita di cenciscalzae col capoignudo. - E sì che tutto giorno ha in bocca un proverbio pienodi verità che dice: L'abito non fa il monaco. Non giova: -quel proverbio erra per tradizione così sulla linguama lamente non l'accorda. - La plebe crede pur troppo nell'abitoecotesta persua­sione oggimai s'è ossificata con lei.

Tuttaviavolere o nodi radoma qualche volta un Signore va in prigione.

Egliappena ha varcato di tre o quattro passi la sogliasi voltarisoluto- fa il viso più imperioso del solito- squadra ilcarceriere dai capelli alle piante- poi gli ficca gli occhi negliocchi. - La­sciatelo fare: il Signore legge qualche cosa inque­gli occhi. È una lettura rapidache dura un attimoma basta- e il Signore se ne trova contento.

Sene trova contentoe mette mano alla borsa; - la dondola con due ditaun momento per aria- la fa suonare- dice qualche cosa che nonvuoi dir nulla- e il soprastante che è un gran chierco intutte le lingue- anche in quella dei muti- ri­sponde subito:comandicomandi- in quella stes­sa manierané piùné menoche rispondevano gli spiriti in quei secoli d'oroquando un mago o una strega con un tocco di verga o con un riboboloerano padroni dell'ariadella terrae dell'inferno. Mal abbial'Inquisizione che accese un così gran fuoco che distrussequesta ed altre meraviglie: di­strusse infine anche se stessa!

Voil'avete sentitoil soprastante ha risposto: co­mandicomandi. Edi fatti la metamorfosi da un punto all'altro è cosìimprovvisacosì universaleche sei tentato a giurarerinnovellato il regno degli incantesimi. In cinque minuti il Signoreè stato in­trodotto in un nuovo quartiere; e ilsoprastante gli ha chiesto perdonosecosì preoccupatocom'eraaveva sbagliato di numero. Il valentuomo aveva preso untredici per un quindici; e il Signore per tutta risposta gli habattuto due volte umanamente sulla spallanon mi ricordo se destra osinistra. Ora le stanze sono tree prima erano una. Sono larghearioseimbiancate di nuovocon qualche rabesco per maggiorvaghezzae le finestre arri­vano a mezza vita. Le finestre dannosur una buona stradadove passano carrozze e pedoniuomini e donnedove il Signore può fare anche all'amore-e senza scandalo.

Vivala metamorfosi quando va dal basso all'alto! - Fervet opus. -Le piume sottentrano al pagliericcio- le sedie all'unica panca- icristalli all'unico orciuolo di terra cotta. I valletti sudanoattenti e in silenzio. - << Fate piano con quello specchio-badate al canteraleè nuovo di zecca; - ehi! quel Napoleonenon è mica di piomboè d'alabastrovoi lo maneggiatecome una brocca- sagratissi­mo diavolo! - ci vuoi maniera-badateve lo dicochi rompe paga; - dove sono i vasi dei fiori? >>Così grida affannata la voce chioccia del soprastantee nonsi cheta più mai.

Inquesto mentre il Signore ha girato per tutti i versi la sua nuovaabitazione: - ha veduto e ri­veduto minutamente; ha disposto dovefar la tal cosadove far la tal altra: - dove dormire- dovevegliaredove pensare- dove non pensare. ha fatto di quando inquando diverse dimandee il so­prastante spesso gli ha rispostoun no invece d'un sìe viceversa. È un cattivo momentoper discorrer con lui; - ha l'animo troppo internato nell'assettodelle tre cameree cotesto pensiero gli ha rubato la mano. Ella èfinita- vuoi farsi onore- nes­suno lo frastorni- tanto nondà retta a nessuno.

LaudatoIddio! l'assetto è finito- si può respi­rare-respiro anch'io. Con un'occhiata i valletti son licenziatie se nevanno. Alla buon'ora. Adesso il soprastante è contento; - selo guardate bene nella staturavi pare un dito più alto. - Siasciuga il sudore della faccia- si raffazzona i capelli- componeio scompiglio delle vesti- scuote d'in­dosso la polvere- simette insomma in buono stato di comparire come un galantuomo. Dopo sirivolge al Signore con un mezzo sorriso tra la com­piacenza el'orgoglioe il Signore gli corrisponde tentennando con bel garbo latesta. Ora è tempo che anch'ei se ne vada. E di fatti vedetelolà col cappello in manoche se ne va all'indietro fino allaporta. E non crediate che se ne vada alla muta. Oh! il soprastante èun uomo di mondo. Sicura­menteha detto: servo devoto. Io l'hosentito con queste orecchie- e l'ha detto in tono di bassoassoluto.

Oramanca null'altro? - Non saprei: - v'è la prigionee ilSignore v'è dentro. Oh! le belle pri­gioni che son quelledove vanno i signori! La po­vera gente le scambierebbe volentiericon la sua libertà. Cosa manca al Signore là dentro? Ilsopra­stante gli ha pur detto: comandicomandi; - ed egli non hainteso a sordo. Gli dà noia il divariola novità dellocale? Può immaginarsi finita la scrit­ta della casaabitata primae che gli sia convenuto tornare in un'altra; - puòimmaginarsi il suo pa­lazzo in mano alle maestranze per bisognodi certi restaurie che per questo abbia condotto a pigioneprovvisoriamente una casacome veniva veniva. Gli dà noiaforse il non potere uscir fuori? - Benepuò mettersi- in capoche non ha voglia d'uscire- che l'acqua vien giù a rovesci- che si è stravolto un piede montando a cavallo- che cercala solitudine per comporre un'operaper farsi an­che un belnome. In somma a lui tocca a scegliere. - L'immaginazione è làcome un merciaiuolo alla fierae gli va mostrando uno dopo l'altro isuoi mille fantasmie si protesta ai vendere a buon mercato.



CAPITOLOQUARTO



Frabene e male una buona mezz'ora è passata. Cos'abbia fatto ilSignore frattantoio non ve lo posso dire. Io non sono Sant'Antonionon posso trovarmi al tempo stesso In due luoghi. Ho lasciato ilSignoree sono uscito col soprastante andandogli dietro dietro aduna giusta lontananza. Il soprastante ha girato due strade- poi èriuscito sur una piazza. Quivi a passi misurati s'è accostatoa uno stabile di bella apparenzache al primo piano portava unamostra dipinta nelle regole con certe parole cubitaliche dicevanoRestaurateur. Come ha messo il piede sul primo scalinohacavato fuori una scatola- ha preso tabacco- ha fatto unosternuto- poi s'è infilato su per le scale. E io die­trosenza perder tempo. To son l'ombra del soprastante; - non mica pernullavedete- ma son curioso anch'io- forse troppo; - giàsono stato sempre- curioso forse come una femminao co­me unconfessore.

Ilsoprastante ha aperta la bussola franco francocome se fosse statoil padroneo come un avven­tore dei buoni. Arrivato in mezzo hadato il buon giornoe del comparea un cert'uomoche stava chinatosopra una tavola a mettere in sesto non so quali vivande. Il compares'è riscosso- s'è rigirato in un fiate veduto ilsoprastanteha fatto subito bocca da rideree gli ha reso bene emeglio il buon giorno. Egli ha compreso istantaneamente di che sitrattava. Allora si sono strette le mani come due vecchie conoscenze- hanno parlato forte- si sono bisbigliati non so che nelleorecchie. Dopo di che il trattore ha lasciato quel che aveva da fare- si è messo in ordinee son venuti via di conserva. Eccoliinsieme alle carceri; - già salgono una scala- due scale-tre scale; eccoli sul pianerottolo. Il soprastante avantiiltrattore dietro. Ecco che il primo mette adagio adagio la chiave-la gira lentamentequasi che la serratura fosse di vetro- e primadi sospigner l'uscio ingentilisce la vocee la manda dentro dicendo:

-É permesso? si può passare?

-Oh bella! se non passate voiche avete le chiavichi deve passare?

-Vossignoria ha sempre ragione; ma io conosco con chi ho da trattaree i miei doveri non li so d'oggi.

-Benebene. Che abbiamo di nuovo?

-Son venuto a sentire quel che occorreconducendo meco quest'uomo.

-Avete fatto bene. Galantuomochi siete?

-Sono un trattore bello e buono ai servigi di Vossignoria.

-Ah! siete un trattore? siete una cosa più necessaria dellaprigione.

-Viva la faccia di Vossignoria! in questi luoghi vuoi essere borsaebuon umore.

-Come vi chiamate?

-Marco Trappolantiai servigi di Vossignoria.

-Avete un nome curioso.

-Eh! Signore! Che vuole? tanto il nome che il grado son cose chebisogna portarle come Dio ce le mette addosso. Se stesse a noisceglierenon an­drebbe così; - io mi sarei messo un nomelungo e liscio come una coda di cavalloe invece di cu­cinareper gli altri farei cucinare per me. Non so se dico bene; sono unignorante.

-Bisogna contentarsi. La Provvidenza ha sa­puto quello che hafatto. Ma veniamo al pranzo. Come mi tratterete?

-Vossignoria di certo non vorrà stare all'ordi­nario- miparrebbe un'offesa a proporglielo. Del resto la tratterò comemeritacome vuoi esser ser­vita. Non dubitil'arte la so finoin fondo; - com'ella vedeci sono invecchiato. Scelgache io sonqua tutto per lei. Vuoi cucina alla Francese? alla Pie­montese?la vuole all'Inglese?

-Per non confondermi le assaggerò tutte. L'or­dinario nonlo voglio; - mi appresterete un pranzo a parte secondo la notachevi darò. Pietanze sanee in abbondanza. Vino sincero; - miconten­toche me lo diate come l'avete ricevuto. Voglio sperareche col fatto smentirete la cattiva impressione che produce il suonodel vostro cognome. Scommetto che siete un galantuomo. Dite di no?

-Eh! non ho detto nulla- e come vede io non sono in prigione.

-Bravo! è una risposta che vale un paolo. Pren­dete (glidà un paolo). Andate- spicciatevi- ser­vitemibene- ed io penserò a voi.



CAPITOLOQUINTO



Voipotete rovesciare il quadrose il carcerato appartiene alla famigliadei poveri. Povero! - ma sentite che voce? - La combinazione stessadelle lettere che compongono un tal vocabolo è una cosa che dàaddosso; - il nome stesso è così fiaccoche non siregge ritto

No- io non ci credo- non ci credo neppure se me lo dicesse ellastessa. La Natura non ha fatto i poveri: - ella è buona-ella è savia- è madree non madrigna: siamo tuttisuoi figliuolie vuoi bene tanto al primo che all'ultimo. E se laNatura avesse mai stampato questa monetabisogna pur dire che nonavesse più creditoche avesse gli sbirri in casae dopo leprime mandate avrebbe fatto meglio a rompere il conio - avrebbe fattomeglio a fallire. Una moneta falsa è tuttavia di metallo- haun valorebenché minimo: - il povero è peggio- èuna moneta di fango.

Ipoverivianon ci volevano; - essi stessi ne vanno d'accordo. - Macome mai son diluviati in questo mondo ad Ingombrare le stradeivicolile piazzein guisa che il signore per poter passaredisperatamente è costretto di andare in carrozza? Ma come mai?Io mi ci sono stillato il cervelloe non son venuto a capo del come.L'ho dimandato perfi­no agli stessi poverie mi hanno rispostochieden­domi qualche cosa per amore di Dio.

Cosìè- la storia è come io ve la narro. Le tradizionigli archivila stampanon serbano traccia né del come nédel quando fosse fondata la setta dei poveri; - non serbano neppureil nome del fondatore. L'antiquaria ha cercato dappertutto- perterra- per mare- per ariama non ha tro­vato népergamenané medagliané altro docu­mentoche nedesse il minimo indizio. Per avventura la setta non fu mai in gradodi rizzare né an­che un tronco d'albero in memoria dellasua origine. Quel poco che ne sappiamo è che la setta ri­montacol suo principio verso un'epoca remota remotale mille miglialontana dal dominio della sto­riae conta un'antichitàcanuta tanto da dar gelosia a chi stima di attingere un merito aquesta sor­gente. Un gentiluomo è sempre prudente- matuttaviaper le buone regolecredo bene avvertirlo di non discendermai a cimento con un povero sulla primazia delle scambievoli origini.Bisognerebbe cercar nel passato e chi sa dove lo menerebbel'in­dagine. Chi l'assicura che non trovasse uno degli avi suoiin cotai luogo da fargli salire i rossori sul viso? Quando Adamozappava ed 'Eva filavadove era allora il gentiluomo?

Povero!- Questo nome ha un tal prestigio per mech'io non me ne possostaccare. E quanti sono! Trovatemi chi li sappia contareed io ipsofacto lo dichiaro matematico più valente di Galileo. Ipoetiper dare un'idea delle cose che non si possono numerarehannotolta l'immagine dalle arene del maree dalle stelle del cielo; -potevano toglierla ancora dai poveri della terrae cosìavrebbero avu­to un paragone di più. - Non v'è chedire- è la più vasta setta di quante apparissero mai- rima­sta sempre in seduta permanente- e riceve gli adeptialla rinfusa- senza chieder loro come si chiamino- senzaguardarli neppure in faccia. Non ha misteri- non ha sotterranei-cospira sotto la cappa del solenon ha timore della Police. Ellanon è una setta segretae qualsivoglia governo l'ammette.

Opoveri! - Voi siete ricchi di pazienza più che altri noncrede. Quando di sotto ai tetti delle vostre soffitte Voi vedete lestellechi non fosse povero bestemmierebbe- penserebbe al freddo- alla guazza- alla pioggia- al malore che gliene potrebbeincogliere. - E voi pensate invece che quegli astri scintillanti undì saranno casa vostra- che passerete dall'uno all'altro avostro talento- che avrete tutti i giorni domenica- che le animevostre potranno svoltolarsi a bell'agio sull'azzurro molle delfirmamento come sopra un tappeto. Così sognate ad occhiapertie non sentite la durezza del lettoe l'inclemenza dell'aria.La speranza pietosa di tanti bisognidi tanti doloricoll'ambrosiadel suo alito v'inebria- vi affascina il cuore- colle sue divinemelodie vi culla i sensi in una calma profonda. - O poveri! Voi sietericchi dl pazienzae Diose non sa darvi di megliovi mantengaperenne quel dono. Che se un giorno la perdestese rompeste le digheche al presente vi contengonoqual sarebbe allora la faccia delmondo? La gerarchia sociale resisterebbe al fiotto dei vostrimilioni? la piramide starebbequando si scommo­vesse la base?Cosa sarà la superficie di questo suoloquando il vulcanol'avrà lambita colle sue mille lingue di fuoco?



CAPITOLOSESTO



Maripigliamo il filo del nostro racconto. Dove siamo rimasti? Sarebbebella che me ne fossi scordato! Lasciatemi pensare un momento: buonibuoniho ritrovato il filo. - Madi graziastateci attenti ancorvoi- io sono avvezzo troppo a di vagaretanto che non mi sembraneppureQuando vedete ch'io prendo il largo per menarvi chi sa dove- forse in un pantano- forse sur un prato fiorito- alloratentatemi per un braccio- tira­temi una falda- rimettetemiinsomma sulla vera strada. Io n'ho bisogno- voi lo vedete da voi;-non posso camminar diritto- serpeggio sempre- ormai è unvizio che s'è convertito in una se­conda natura. - Perquesto ho stimato bene avvisarvene. - Uomo avvisatomezzo salvato.

Statutto benema un altro pocos'io non me ne accorgo per tempoilfilo mi sfuggiva novamente di mano. - Su dunqueall'opera.

Eccoil Povero viene. Vedetelo là in mezzo a quella massa dipopoloche lo preme e lo incalza nel suo tristo destinospensieratamentecome il Ca­vallone spinge sul lido una tavoladel naufragio. L'avete veduto? Non si distingue se sia sciolto ole­gatose gli sbirri sien quattro o seitanto è fittaquella massa di plebe. Che ronzioche schiamazzoche tempestad'urli e di voci! - Cos'ha fatto? - Come si chiama? È delpaese? - È forestiere? - È un ladro? - È unassassino? - Dove ha rubato? - Conoscete l'ammazzato? - Quanteferite? - E via discorrendo; e tutti dimandanoe tutti rispondono aun tempo. - Ma non potrebbe darsi che fossepiù che iniquoinfeliceche fosse innocente? - Po­trebbe darsima nessuno l'hapensatonessuno l'ha detto. Eil'infelicepercorre le vie difretta più che non vorrebbe; - il turbine popolare lomena. E chi l'ha vestito in quel modo così pietosamenteridicolo? Se la Miseria non gridasse; io l'ho vestito- tu direstiche il Capriccio ha mandato fuori la sua maschera piùgrottescail suo capo d'opera. Porta in capo una cosache tre annisono era già un cappello vecchio- ora è uno sgomentoa definirla. - E la camicia non è di canapanon è dilino- né di cotone- né di stoppa: - è d'unastoffa che non è stoffad'un colore che non è co­lore;una camicia che ha una manica e mezzo. Oh davvero è megliocontentarsi della pelle che ti die' tua madreche avere una camiciacome quella! - E i calzoni! che labirinto! - Non si sa se Sono adiritto o a rovesciose il davanti è di dietroo se il didietro è davanti; - Se in principio furono fatti di toppeod'una materia unicaperché ora le toppe sono piùgrandi della materia primitiva. E quante Sono! e come affollate! e simontano addosso una sull'altracome una turba di curiosi quando c'èda vedere uno spettacolo nuovo. E chi gli ha fatto quei calzoni?Giudicandoli al tagliopotrebbe averglieli fatti ancora un magnano.- Tutto questo non vuoi dir nulla; così vestito com'èviene avanti; - un piede ha calzato di mota- l'altro gli sta in unascarpa ; mezzo sìmezzo no. Eil'infeliceè vicino atoccare la metà del suo viaggio. È un viaggio che ipoveri fanno trequentemente- di rado scioltipiù spessolegatie non lo stampanoperché son modestiné lirode la smania di farsi un nome à tout prix. Èun viaggio che non fanno mai in vet­tura. È scritto che ilpovero vada sempre a piedi- sia che vada a nozzeall'ospedaleoin prigione. E per questo il Povero va colle sue gambe in pri­gione;- e deve andarvifosse anche paraliticostramazzato dalla febbrefosse anche zoppo. - Il povero non ha diritto che a una vettura sola:a quella che dal carcere lo porta al patibolo- dalla vitaall'eternità.

Finalmenteegli è giunto al portone d'ingresso- all'arco trionfaledella miseriadel delitto; dell'innocenza che la calunnia puòconvertire in delitto. E pur troppo vi sono trionfi di tutte lespeciee la plebe umana li accompagna tutti colla medesima calca-col medesimo spiritocolla medesima furiacolle medesime grida.Basta che sia un alimento alla feroce curiosità della plebe!sia pure la testa mozza di Luigi XVIo l'incoronazione diBuonaparte! Tra cibo e cibo non mette divario. - Il Povero ha passatoil suo arco di trionfo- trionfo di vergogna e di dolore. - La plebeè rimasta di fuorie non sa neppur ella cos'altro piùaspetti; ella non è sazia ancora.



CAPITOLOSETTIMO



IlPovero è avantie gli sbirri fanno il corteggio. Salgono escendono più volte; - voltano a de­stravoltano a manca;- è un intreccio che la mente alla prima non puòraccogliere in ordine; - in fine danno in un corridone lugubrelugubre dove si può vedere l'oscuritàcome disseMilton. Qui la vista non serveconviene andare a tentoni. Giunti infondo si fermano. Di lì a pochi minuti s'ode un rumor di passiche sempre più s'avvicina; - fi­nalmentesenza averlovedutocomparisce un uomo con un mazzo di chiavi- un uomo cosìper direcon un viso duroun viso cupoche accresce le ombre delluogo. Gli sbirri non gli dicono che due parolee poi se ne vanno.

Orail Povero e il soprastante sono in presenza l'uno dell'altro. - Manon ci segue una parolanon ci segue uno sguardo. Il povero non osail soprastante non se ne cura. Fra l'uno e l'altro giace un silenzioineccitabileuna indifferenza letargicacome fra il beccamorti e ilcadavere. Il soprastante tra la fretta e la rabbia apre un usciobasso più dell'uomo che deve passarvi- poi si tira un passoindietrocome per dire al Povero: - entrate. Il pover'uomocurvandosi mette il piè sulla sogliae il soprastante noncrede opportuno di accompa­gnarloma gli dà una spintaelo butta là come una cosa che non è più buona anulla. E così come dico arriva in fondo in un attimo; lastanza non è troppo lungae con una spinta. s'andrebbe anchepiù là' se il muro non si opponesse. Ora a qual Santoricorrere? I Santi anch'essi vogliono salmi e candele. Egli non ètentato di frugarsi le tascheperché non ha tasche; - equand'anche le avessecosa dovrebbe cercarvi mai? Egli dispererebbedi trovarci un piccioloposto ancora che li scudi belli e coniatipiovessero giù dal cielo come le gocce dell'acqua. E inveritàio credoed egli credeche non ci troverebbe unpicciolo; - forse un contoche non ha potuto pagaree che lo mandain prigione- forse un rosariose pure la Miseria col suo flatoardente non gli ha cancellato dall'anima quel segno lieve di fede chel'amor di sua madre v'impresse quando egli era un fanciullo.

Arrivatoin fondo si voltama come una macchi­na; sta un istante fra ilsì e il no; poi cerca di con­durre sulle labbra unsorrisoe tenta di farlo- ma il soprastante con un volto di pietragli disfà quel sorriso cominciato appena a incresparsi. Egliallora si smarrisce- tituba- gli sembra che il suolo si avvalli;- era pallido pallidoe in un lampo si colorisce d'un rossofebbrile; - cerca una parolae non la trova; - se avesse il cuorepacato la tro­verebbe di certoma un nodo di affetti gliscompi­glia la mentegli chiude la gola. Quegli affetti sonotroppie troppo forti; - si affacciano tutti in un gruppo- nonpossono sboccare. Peròse tu guardi attentosu quella facciav e un 'espressione di preghiera; - un senso profondo di supplica-non per sé- ma per altri. Vorrebbe dir mille cose- alcunepoi vorrebbe dirle pregandodirle anche piangendo; vorrebbe cheportassero a casa sua una parola di amoreuna consolazione; e seinvece dl un carceriere avesse un uomo d'innanzilo supplicherebbedi portare almeno un pane ai suoi figliuoli. Poveri suoi figliuoli!aspetteranno la seraquando tornato a casa gli asciugavano il sudoredella frontelo ricingevano di carezzedi bacidi mille dimande-e mangiavano insieme il pane delle sue fatiche; - aspetteranno laserae non lo vedranno venire. Oh! concepite voi l'angoscia diaspettare indarno la creatura che vi amae che vi nodrisce? Lasera è diventata nottee non lo vedono venire; poveri suoifigliuoli! Lo vanno a cercare di su e di giùne dimandano achi trovanolo chiamano ad alta vocema vanamente; s'è fattopiù tardi che maie il padre non viene. Santa Vergine! chesarà successo di lui? - Allora il dubbio “comincia le suetorture- li fa speraree disperare- piangere e ridere- lirende insani col vortice della sua fantasmagoria- vorticeinfernaleilluminato d'una luce lividadove passano rapide millefigure diversedove or sìor nocomparisce in fondo unabara. Poveri suoi figliuoli! pensano ancorache possa esser morto! Equella sera non hanno mangiatoné mangeranno. - E la fame nonè sola; - la fame ha fatto alleanza col crepacuore.



CAPITOLOOTTAVO



Ilpover'uomo non ha potuto profferire una parolae si èricacciato nel cuore tutte le sue passioni come altrettante spine.Credeva di dir tutto col voltoma un soprastantefosse dotto ancoranelle lingue orientali- fosse pure un Mezzofanti- non sa leggerela sventurao se la legge non le sa rispondere. Il soprastante nonha letto l'immenso volume di affetti che spiegava la tramutata facciadel carcerato; - o se l'ha lettoper tutta risposta gli fa sentireil cigolìo delle chiavie dei catenacci.

Ilsoprastante è partito. Va'va'miserabile! Tu sei piùabietto dei rettili e degli insetti che albergano lo squallore delletue case. Dio ti perdonise può: - Dio perdonise puòchi vien prima e dopo di te. Giudicesoprastantecarnefice! sieteuna trinità tenebrosa - siete un mostro a tre teste senzaocchiche gira una falce a destra e a sinistra. - Sapete voi dovesono gl'innocenti? Certamente sono a destra e a sinistra; - ma voimietete spietatamente da una parte e dall'altra. - Piuttosto cheesistere come voi è meglio essere scellerati: questi almenotrascorrono una carriera di delitto più breve. Il peccatoilbisognol'innocenza tradita sono il vostro patrimonio; se questesciagure non fosserovoi morreste di fame. Il letto dove dormite èun fascio d'ossa umane indistinto- l'armonia delle vostre sale èil gemito dei tormentati- il pane che mangiate gronda di lagrime-il vino che bevetese aveste parlato d'uomosentireste che sa disangue. Giudicesoprastantecarneficetrinità spaventosache facesti gemereche fai gemereche farai gemerese un dìla vendetta degli uomini non t'infrangeche dirai d'innanzi al tronodl Dioquando sulla bilancia de' tuoi misfatti metterà ilsangue innocente gridando: il sangue della virtù era quellodelle mie vene? Vi dissi io di versano? Ora pensate a pagarmelo. -

EDio per punirvi non aprirà i vostri codici ingegnosamenteferoci; - non v'immergerà in un oceano di fuoco; - vi lasceràcome siete; - voi meritate di rimaner tali. Dio non abbasseràl'ira sua sopra cose striscianti come voi. - Ei non vuoleci nondeve contaminarsi; - non calca le vipere. - Dio peserà levostre iniquità- poi ve la renderà; - ma voi non leporterete più come una piuma; - le porterete come un ciliziograve del giudizio di Dio- come un peso che potrebbe schiacciare ungiganteun mondotuttofuorché una cosa che non puòperire. Dio desterà la vostra coscienza all'immortalitàdel rimorso. - E allora vi rotolerete per lo spazio infinito; -cercherete un perdonoun confortouna stilla di rugiadaanche unamaledizionee non troverete che silenzio e deserto. Invocherete lamortee questa fiera che un dì vi obbediva sommessa come unaschiavaal vostro aspetto atterritafuggirà colle mani alleorecchie. Fulminati non d'altra penache della vostra stessaesistenzaabbandonati come la dispe­razionela vostra eternitànon sarà misurata che da due sensazioni; li rimorso e lasolitudine.

Etupover'uomosei rimasto impietritosoverchiato dalla foga delletue passioni. Il peggio è che non puoi piangere ancora; mapiangerai più tardi- non può mancare. - Una lacrimafu data alla gioiauna lacrima alla sciagura; - la prima rinfrescal'altra arde come la lava. - Piangerai più tardie il tuopianto sarà belloperché non sarà tutto per te;- piangerai pei tuoi figliper la madrese l'haiforse per unamoreforse ancora per una patria.

Eperché vi stringete nelle spallecome se il cuo­re delpovero non potesse palpitare per un nobile affettocome sel'intelligenza del povero non potesse valicare le regioni concedutealla mente umana? Sapete voi cosa racchiuda quel cranio? Quando menovei pensatepotreste rinvenirvi gli elementi da farne unMichelangioloun Byronun Bolivar. Conoscete voi la vita degliuomini grandi di tutti i tempie di tutte le nazioni? Plauto eraschiavoe girava il molino- ma la sua Musa fu salutata da unpopolo di eroi. E quando una povera donna alla sera cantava le suecanzoni di madre a un povero bambinoe sospirava guardandoloepensava che un giorno forse non avrebbe un cognome- sarebbe unmendicante- al più un lavoratore della campagnaavrebbecreduto mai di cullare ShakespeareRousseauFranklindi cullare ilCorreggioe Masaniello? avrebbe creduto maiche da quel vermeundì sarebbe sorta la farfalla destinata a libare fioriimmortali nei campi della Gloria e della Bellezza? - L'organismoumano rompe le leggi della gerarchia socialee quando l'Occasionebat­te sul vivo un popoloallora si scorge quale delle classipossa dar più scintille. Allora la Storia non è piùconfinata in un gabinetto a sommare le partite di frodi che laDiplomazia ha segnato nei numerosi suoi protocolli; non è piùstipendiata a descrivere una guerra querilmente sanguinosaove nonli vedono in cozzo che due bastoni di maresciallo. La Storia sislancia da quelle angustiee la superficie del mondo è la suapaginaed ogni linea che v'incide è un tratto di luce; -allora la Rivolu­zione francese sorge come una epopea magnificaimmensa sorge Mina e l'indipendenza spagnuola; sorge la lottatitanica della Grecia moderna. Oh gli ultimi eroi della Grecia nonerano cavalieri dello spron d'oro!

Sìpover'uomo; il tuo cuore può gemere per meper la patria eper te. Dacché non posso sollevare le tue miserieequelle dei tuoi tanti fratelliio non voglio toglierti un cuorecheforse avrai più buono e più generoso dei mio. Io nonvoglio toglierti quel­lo che non posso darti.

Certose tu fossi solo nel mondocome alcuni sononon so se per questopiù o meno miseri di noia quest'ora avresti già presoil tuo partito; - avresti mostrato fronte ferma alla cattiva fortuna;- avresti cantato non so quante canzoni; perché il povero inmezzo agli stenti e alla sua nuditàquando ha il cuorefrancocanta del continuo- canta allegramente come un uccellochesi alimen­ta di quel che trovae muta nido ogni sera.

Matu non sei solo; - e sei rimasto immobilecome tocco dalla folgore.Ora perché guardi le muraglie? perché crolli mestamentela testa? - Tu hai ragione: - non hai che due manie non son buone afare una breccia; - tu guardi l'inferriatama è doppiae civuole una scala a salirvi; - tu guardi la portama è grossafoderata di ferroe sigillata in maniera che non dà l'aditoneppure a un sospiro. Oh! il tuo sospiro non penetra di là nelmondo; e il mondo già non l'udrebbeo penserebbe che fossearia traverso uno spiraglio. E poicosa farebbe il mondo del tuosospiro? Il mondo vuoi goderee chiama breve la vitabreve tantoche a mala pena dà tempo di pensare a sé. E poiilmondo non ha inventato le carcerile torturei patibolinon hainventato mille delittiche la Natura umana non riconosce? - Requiemaeternam. - Ti hanno deposto in un sepolcroe non sei anchemorto; - t'hanno deposto in un sepolcrosenza lumi e senza canticome il suicida. E il mondo spensieratamente ti si agita dintorno colsuo dramma pieno di rumore e di vita.

Opover'uomo ­potessi tu almeno dormirepotessi almeno posare suquella tavola le tue membra stancheaccasciate da tanti affanni! Mail dolore non dorme mai; - veglia inesorabilmenteveglia come unmarito gelosoperché il mondo è suoperchéaddormentandosi teme d'allentare gli artigliteme che la preda glisfugga.



CAPITOLONONO



-Uf! non è anche finita con quel vostro Pove­ro? Quasiquasi gli date più noia voi che la sua di­sgrazia. -Queste parole mi pare di sentirmele già arrivare alle spalle.Ese devo dire il verocon quel mio Povero mi ci sono trattenuto unpoco più del dovere. Ma che volete? Il solo Dio è senzadi­fetti. Io l'ho questo viziopreso fin dai primi anni;quando comincionon la farei più finita. E non ho riguardoalla pazienza di quelli che mi stanno a sentire; - non serve chesbadiglinoche spurghinoche si dimeninotutt'altro; - allora vadopiù che mai per le lunghe; direste ch'io lo faccio apposta; epuò darsi: non lo sapete il proverbio? - Ogni vipera ha il suoveleno. - E tutto il male fos­se qui! lasciamo andare; - cisarebbe da discorrer troppo. Ma veramentese devo esser giustoconquei mio Povero mi ci sono trattenuto un poco più del dovere;- quando è veroè vero. Figuratevi! non ho neppurdesinato! Non ho potuto veder desinare il Signore! E oramai chi sa sesono più in tempo! E' la verità che i signori vannotardi a pran­zoe durano un pezzo; ma non c'è rimedio; -ho fatto tardi; - l'orologio mi condanna. Questo poi mi dispiace. Sontanto curioso! vorrei veder tutte le cose- anche quelle che mifacessero storcer la bocca. Non potete immaginarvi quanto pagherei apotere stare accantosenza esser vedutoa un Bar­gelloa undirettor di coscienze! Dio sa quanto pa­gherei! Badatenon fareiquei mestieri per cosa del mondo; - non mica che vi sia nulla dimale- ma per non entrare in intrighiper non avere a rispondereper non aver da far niente. Io sono il cri­stianello fuggifaticaper eccellenza; - mi basta di saperee non vado più in là.- Ma che faresti di tante cosequando tu l'avessi sapute? - Io lo soquel che ne farei. Farei tanti calcolitante figuretirerei tantelineechese voi non conoscete appieno chi sonomi pigliereste perun fattucchiere! Oh se potessi rubare quella bottiglia dove stavarinchiuso il diavolo zoppo! grave come voi mi vedetemi metterei alrepentaglio di andarla a rubare in cima a una cuccagna! Immaginatevoi che piacere di fare un viaggio sui tetti col mio diavoletto avedere tutti i fatti degli altri! Immaginate voi che sorpresa atrovare un amico la mattinae raccontargli che dormiva all'insù- che dormiva per parte- che aveva in capo un berrettoo unacuffia! che faceva una tal faccenda buona a farsi e non a ridirsiimmaginate voi che sorpresache piacere! Quando io ci pensovado inestasi! Altri sogna dì vincere un temoaltri d'esser fattogonfalonierealtri che i grani rincariscano; - io sogno sempre ildiavolo zoppoe se potessi averloanche un'ora sola del giornolopiglierei rovente come un ferro infuocato. Se poi volesse far mecovitalizioio vi so dire che farei di tutto per averloche fareimiracoli; mi adatterei a lavorare una parte della giornata- miadattereiper averloanche a camminar lesto.

Mavedete s'io dico il vero? Dianzi era tardi- ora a forza di darle èpiù tardi che maied io non mi sono anche mosso. Èinutile- io lo so- il pelo si perdema non il vizio. Andiamo perquel che saremo in tempo. Chi vuoi venir meco? Su viaqualchedunovenite; - ho piacere che tutti godano. Ehi! làgalantuomo!voi che mi avete l'aria di esser sempre digiunoche mi avete l'ariadi voler arrivare così fino a dimanivolete venire a sentiree a vedere? Guardate! un cane è già sotto allefi­nestre- ha levato il muso da terra- e guarda in sufiutandoaspettando la provvidenza. Ma voi ridete! Ah! io intendobene quel riso amaro che avete fatto; - il supplizio di Tantalo nonvi ag­grada. Il cane è corso per le sue buone ragioni;quella bestia è a miglior partito di voi. Un cane puòmangiare un ossose non gli danno la carne; - l'uomo pure mangerebbeun osso soventema i denti non gli servono.

Amiciio ci sono: - Vedo il Signore che lavoralavora con un coltellointorno a non so qual cosa- par che tagli un non so che di duro: -in che diavolo si affanna il Signore? - di qui non ci scorgo troppo- voglio farmi più appresso.

Pta!l'avete sentito? un tappo ha baciato i travi­celli; èsciampagnaper Dio!

Iolo sapeva- la pigrizia è la mia rovina; - ella mi si èfitta nell'ossae per cagion sua non sarò mai un uomo commeil faut. Sono arrivato alla fin del banchettoe potevo esservenuto al principio. Sono arrivato alle seconde mense volgarmentedette il dessert. Ci vuol pazienzama non posso dissimularmila perdita enorme che ho fatto. È una perdita seriaeffettivaIo che son tanto cu­rioso non ho potuto vedere ildesinare d'un signore dal cominciamento alla fine! io che ho vedutocosì di rado desinar dei signori- che vedo sempre amangiare dei poveri- e che perfino quando man­gio io stesso hodi faccia alla tavola uno specchio anticolungo lungoche mi ridicetutto appuntitoe senza pietà! È una stizza maledettache mi farebbe dare al diavolo; - non c'è maniera néanche di potersi illudere.

Iove l'ho detto- la pigrizia è la mia rovina; - che ci farestevoiche non ci avete niente che fare? io stessoio parteinteressatanon ci faccio nulla. Ma zitti! zitti! ve lo chiedo Incarità; - parmi di sentire aprir l'uscio pian piano; - ella ècosì; - l'orecchio non mi tradisce- è lungo piùdel bisogno; - la mia vocazione era di farmi dottoremio padre nonha voluto- io non ci ho colpa.

Ellaè così: - l'orecchio non mi tradisce; è stataschiusa la porta. Venitevenite; io non dico per ischerzo; ilcarceriere s'inoltra in punta di piedi- non fa un rumore- èleggiero come un alito; un gatto ne perderebbe al paragone; - ècaricoche non ne può più. Cosa ha messo su quellata­vola? - Ora ho visto bene: - è un bel lumeal­l'inglese; - ora ha posato un calamaiodella cartadellibri; poffare! di dove se la cava tanta roba? zitti! zitti! vediamoche si leva di seno; - oh bella! sono i giornali! e perchéno? - il Signore deve sapere come vanno gli affari- anch'egli ha ilsuo partito in politica-. e poi una somma sui fondi di Parigiun'altra su quelli di Londra; - se non gli premono i Toriesogli Whigsse non gli preme il juste milieula gaucheo la droitei consolidati gli premono: - premerebberoanche a voise ave­ste che fare coi fondi.

IlSignore guarda tranquillamente il soprastante in faccendee tiene unbicchier di Porto vicino due dita alla bocca. Il Signore ètranquillobevee lascia fare il soprastante.

-Or ora verrà il caffettiere. Vossignorla beverà un Mokastupendoe bollente. Sentirà che Rum! Giammaica di nome edi fatti.

IlSignore gli risponde additandogli una bottigliae un bicchiere. Ilsoprastante riveriscee butta giù stringendo gli occhi.

-Quegli avanzi li volete?

-Troppa graziaSignore

-Prendetelimi fate un piaceremi levate il cattivo odore di camera.

-Con Vossignoria io non so che obbedire.

E la sua parola non manca. Gli avanzi del pasto son lauti; - prendeprende e riprende. Soprastan­te! soprastante! tu credi chenessuno ti vedama io ti vedo. Quando si tratta dl prenderelagioia ti moltiplica le mani; - per pigliare tu sei Briareo. Vedete!piglia con tanta fogache ha messo per infino una posata fra gliavanzie se n'è accorto per miracolo. Ora è cosìpieno zeppo di robache vuoi essere un brutto impaccio a licenziarsicol solito inchino; - nondimeno vuoi fare il suo inchino; - eh!soprastante! hai avuto propriamente un San­to dalla tua! la testati pesa più che non credie poco è mancato che tu nonfaccia un capitombolo.

IlSignore ha riso veramente di cuoree si è le­vato datavola.



CAPITOLODECIMO



Chebuon odor di caffè! Sentiteil profumo vien fino a noi; -come mi lusinga le nari! Questa volta il soprastante l'ha dettagiusta; è un Levante legittimoe carico per bene; oh!non si sbaglia; io non so comema me ne intendo.

Attenzione!Attenzione! Il Signore si fa inverso la finestra; ecco làfisso fisso; - ha dato uno sguardo verso di noie poi l'ha ritiratocome se noi non fossimo nessuno: - eh! ve l'ho detto sem­pre;saranno buoniaffabili come voletemadàgli e ridàgliil ticchio del Signore vien sempre a galla. Che bella pipaeh! -bianca come il latte; - non è mica di gessoche abbiate acredere! - è spuma di maree sarà costata le bellemonete. E il ta­bacco? è Latakia pretto prettocome voi siete un uomo. - E che foglio legge? - che disgrazia l'essermiope! - Maestro Santilevatevi un po' di cavalcioni al naso quelvostro paio d'occhialiché voglio leg­gere il titolo delgiornale; - tanto voi non sapete leggere; - ho capito: Journal desDébats; ho capito; il Signore è del partitoministeriale; - non può essere a meno: chi ha dei fondi cosadeve fare? Cosa fareste voiche non ne avete? - Come legge attento!Si vede bene che vuole intendere. - E non è mica brutto ilSignore! - colore bianco e rossocarni frescheun viso tondounatesta tondaun bell'occhio tondo: eh! ci si vede l'uomoche se lagodee lascia arrugginirsi chi vuole; - è nel suo giustoembonpoint; se non capite il Franceseandate a scuola io locapisco. E quant'anni gli date? - Alto alto a vederlo io dico chepassa la trentina; - come no? sentitegiù per lìdev'essere; sbaglio di rado in quanto a fisionomie. - E il Signorenon ha moglieChi ve l'ha detto? l'ha presa non e anche un anno e dipar suo; - e che buona dote! e che bella i ragazzinase voi l'avesteveduta! poteva bersi in un bicchier d'acqua. - E le vuoi bene? Cosìcosì tra il freddo e il caldo; - badiamo veh' non la strapazzamicanon la ba­stonache non aveste a crederlo voi altrichemi­surate tutto sul vostro braccio- non la cura troppo; - eh ilSignore ha un affare vecchio! non lo può lasciare; ha provatoha riprovato- è stato impossibile; c'è una malìadi mezzo - forse qualche figliuolo; - ve ne fareste meraviglia? - Soncose di questo mondo; - chi non fa non falla.

Eintanto che le ciarle piovono a fiocchi come la neveil Signore hafinito di leggeree chiude non solo le finestrema le imposte puranche.

Caspita!quel chiudere ancora le imposte m e an­data giù male. Seavesse chiuso le finestre soltantocol vedere metà dai vetrie metà coll'indovinarefaute de mieuxmi sareicontentato. È agra davveroe bisogna esser curiosi perconvenirne. Vedete voi che stravaganze! Che il Signore faccia lasiesta è nelle regolelo vuole il bon tonlo vuole il benes­sere del corpo; ma non lasciarsi vederdormire è una stravaganza: - lo dico e lo sostengoora esempre- ahora y siempre. - Come farò a ren­derconto del come dorma il Signore? Se dorma supinoo dalle due bandese dorma vestito o spo­gliato? Poh! è una disgraziaèuna lacuna irrepa­rabile in questa istoriache non saprei comeriem­pirese non coll'andare a dormire pur io. E badate che ciriescoe son capace di farloVedete voiche stravaganze! quelchiudere le imposte mi ha fatto un danno del diavolo. Chi saquanto tesoro d'osser­vazioni avrei potuto raccogliere dalsonno! Vedeteio sono così sottilmente curiosoche dallafaccia e dai moti del dormiente mi sarei studiato d'investigare isogni che gli passeranno traverso il cervello. E poinon potevadarsi che fosse un di coloroche parlano fra il sonno? Chi sa cosaavrei potuto sa­pere? - coseche il Signore non avrebbe detteall'unico suo amicoche non avrebbe dette né anche all'ariache forse avrebbe stentato a dire al capez­zale del lettoquandoil prete ti dà un passaporto in latino per l'altro mondo:Proficiscereanima christiana; che significa: vatteneanimacristiana. Il tono è un poco assolutoma il tempo stringeenon ne avanza pei complimenti; stringe tantoche i morti non hannotempo di provvedessi di nullae dalla fretta perfino partono ignudi.- Ve­dete voiche stravaganze! sul più bello mi chiude infaccia le imposte! io ho perduto un tesoro! Per un curiosocredeteloqueste sono le pene dell'inferno.

Potessialmeno sentirlo russare! mi contenterei anche di questo. Ma chevolete? I signori non russano Oibò! la bienséancenon lo permette. Dormono leggieri leggieriche non è cosada credersi. Dormono con tanta disinvolturache io n'ho veduti diquelliche tutti credevano destie pure dormivano. Come vada io nonlo so- ma il suo perché ci dev'esser sotto. Bastaquando iosarò signorevenitee ve ne dirò la ragione.

Nonv'è rimedio; - il meglio è darsi pace. Vuoi dormire ilSignore senza che nessuno lo veda? Ebbenech'ei dorma; io non glieloposso proibire. Si­lenzio dunque; lasciatelo dormire.



CAPITOLOUNDICESIMO



Mipar mill'anni che passi quest'ora! Uh! le fi­nestre son semprechiuse- nessuno si fa vivo. Non so più quel che fare; - sonoandato su e giù lungo la strada come un pendoloe le gambe siprotestanonon ne vogliono più sapere. Che dia­volo! quelSignore non ha discrezione; ora potrebbe alzarsi! - il sonnosoverchio ingrossa il sangueequel che è peggiofa ottusala testa. È vero ch'ei può farne di meno- ha unabuona borsa- ha più del bisogno. Giova tanto poco la testa:per i più non la vedrei necessariase non fosse che laportassero per farsela tagliare. A me fin qui non ha reso che ildolor di capoe Dio voglia che resti lì. - Ma le finestre sonsempre chiuse! O pazienza! pazienza! è passato un carrocheha fatto rintronare anche i tegolima il Signore non l'ha sentito.Si vede bene che ha una buona coscienza! dormire di quella fatta!come farà stanotte? felice lui! non ha debitinon hainquietudinie però fa tutta una tirata. Eh! non sonbagattelle! son due ore buone che dorme! - il Sole è andatosottoche non è poco; - già già si fa buio. Oh!si destimio bel Signoreche farà un'opera meritoria per me.Se potesse segnarsi ch'io son qua fuorae mi struggo per luigiàsi sarebbe levato. Sìho un bel dire; egli dormee lasciavegliar chi vuole.

Tantotonòche piovve. Ho sentito rumore- qualche sedia rimossadal luogo. Eccole finalmente riaperte quelle benedette finestre! Nonentro più in me dall'allegrezza! Potrò novamente vederqualche cosa- potrò raccontarla. Mi son sentito ri­nascere;- viva il mio buon Signore! egli ha dor­mito di pro- si scorgeagli occhialla facciaalle membra che stira saporosamente. Orabeve un bel bicchier d'acqua; eh! ci vuole un bel bicchier d'acqua; -sta nelle regole di chi sa ben vivere. - La buona vita fa la buonamorteOra si affaccia alla finestra canterellando un'arietta; - mipar della Gazza ladrase non m'inganno; - e intanto siaggiusta sulla fronte una bella ciocca di capelli castanie intantorespira l'aria fresca della serache finisce di risvegliarloe lorimette nello stato di prima.

Appenail mio Signore è ben destoscuote risolu­tamente la testain atto di accingersi a qualche faccenda di rilievo. Staremo a vederequello che saprà fare il Signore. Intanto dal movimento dellabocca mi accorgo che ha dato un ordine a qualcheduno ch'io non possovedereperché rimane nel buio. Già me lo immagino;sarà il soprastante. Già ho capito il tenoredell'ordine; era di accendere il lume; - non pensate mica un lumesolo; - tutt'al­tro! - questo non usa che in casa vostraquandonon è Luna pienaperché allora prendete quel dellaLunache non ha bisogno di essere smoccolatoe dura tutta la notte;- ma avranno acceso benis­simo la mezza dozzina di lumie piùancora. Guar­date che luce larga e brillante prorompe fuor dellestanze! Non vi sentite rallegrare a guardarla? Èincontrastabile- i lumi son seise non son otto; - vorreste negarla luce?

Mastiamo attenti a quello che vuol fare il Si­gnore. Eccoegli hatolto in mano un bel mazzo di penne nuove; - eccone tempera unane tem­pera due- ne tempera tre. Badate là- orapren­de un quaderno di cartae la esamina di contro al lume. PerBacco! è fine davvero quella cartae in­dorata sugliorli! Eh! non vuoi mica scrivere al fat­tore; - si vede chiaroche scrive a dei pezzi grossi!

Nonvi movete. Che ve ne andate di già? - ora viene il meglio.Eccoil mio Signore s'è messo al tavolino; - ecco che ha giàcominciato. Fin qui non v'è molto da raccapezzarema purqualche piccola cosa. Per un curioso tutto è buono - ilminimo che mena a delle scoperte importanti. Dall'ombrache sidisegna sul murovedo la sua testa via via inclinarsi e rilevarsi; -vedo tuffar la penna; - ora s'è grattato dietro all'orecchiodestro; - ha stracciato un foglio; - la lettera non veniva a modosuo; - un foglio nuovoe da capo. Ora sì che tira via- hatrovato la strada- non si ferma un istante- la passione gli guidala ma­no. Oh! se la passione crescesse! se io impegnasse aprofferire ad alta voce quello che pensae che mette in cartatacitamente! Dall'allegrezza farei un salto mortale. E badatespessosuccede; e quando la passione dice davveronon v'è piùritegno. Dimandatene agli scrittori; - pare che quel dir fortel'ideache vanno a scriverela faccia completacome la mente laconcepisce. E di fatti è così; la declamazione èil colorito del pensiero. Ma zitti! zitti! il Signore s'impegna; -sento un mormorio; - cresceràse Dio vuole- diventeràvoce scol­pita; - diventadiventa! - Oh! io son un uomo feliceio credo nella mia buona stella! - Ascoltiamo; - uh! se non fosse ilventoche me le man­gia mezzesentirei tutte le parole; ma micontento; - ascoltiamo: ... una nera calunnia... cosìnon si tratta un gentiluomo... badare a ciò che si fa...sco­prire la cabala... guai a lui!... so maneggiare una spada...Siamo il più... sostegno dell'ordine.. la ca­naglia inprigionesta bene; ha... d'un freno;... l'anarchia regnerebbe...le... classi vanno rispettate... ripresema non punite... lacanaglia si crede qualche... e la Ragion di Stato è…principii son conosciuti... innocente... non deroga a se stesso...riparazione pubblica... conveniente alla mia condizio­ne.. servo- Cavaliere Scipione Frullanotti Marzocchi.

Oh!vediamose la metto insieme; - ho tanto in mano da ripromettermenebene.


<<Eccellenza!

<<Finodi stamane io sono stato tradotto nelle prigioni di questa cittàsenza poterne indovinare la vera cagione. Vado convinto che VostraEccellenzaappena saputo il casodarà tutte le disposizioninecessarieperché io sia quanto prima rimesso in libertà.Credo fermamente che una nera calunnia abbia motivata una tal misura.Però così non si tratta un gentiluomo. Conviene badarea ciò che si fa in materie tanto delicate. Impegno lagiustizia di Vostra Eccellenza a scoprire la cabalae l'uomo perfidoche l'ha tramata. Guai a lui! se arrivo un giorno a conoscerlo; - somaneggiare una spadae sul terreno vedremo a chi sta il buondiritto. Noi gentiluomini siamo il più saldo sostegnodell'ordinee meritiamo assolutamente riguardoChe vada la canagliain prigionesta bene; ha bisogno d'un frenoe senza questol'anarchia regnerebbe. Vostra eccellenza conoscee senteche lealte classi vanno rispettatee quando cadono in fallo vanno ripresema non punite così volgarmente. Se nola cana­glia sierede qualche cosa- l'ordine si confondee la Ragion di Stato èperduta. Io fortunatamente non sono nel caso di aver commesso nessunfallo. I miei principii son conosciuti abbastanza; - sono innocente;- e un gentiluomo par mio per nessuna bassezza non deroga a sestesso. Mi dirigo pertanto a Vostra Eccellenzaperché l'onormio abbia una riparazione pubblicaimmediatae conveniente alla miacondizione. Al tempo stesso Vostra Eccellenza accolga le protestedella mia più alta considera­zione.

<<Divostra Eccellenza

<<Umilissimoe Devotissimo Servo

<<Cav.Scipione Frullanotti Marzocchi>.


Ah!mi sento riavere. Mi è costata faticama pure l'ho messainsieme. Eh! quando mi piccomi picco. Ho fatto più d'unnotomista quando da pochi fram­menti d'ossa ricompone in uninsieme perfetto la struttura d'un corpo qualunque. Sìhofatto più d'un notomista; - il corpo è una cosa certae definita; - lo spirito è varioincertoe mobilissimo. Soncontento come una pasquacontento come un sonettista quando hatrovato una bella chiusa! Sìne son contentone vadosuperbo- confrontiamo la mia coll'originalee scommetto che non cicorre una sillaba.

Mavache l'ho fatta bella! Un po' col rimettere insieme la letteraunpo' col compiacermeneil tempo è trascorsoe il mio Signoreha scritto le rimanentied ora v'è sopra a calcare ilsigillo. Ma vache l'ho fatta buona! e adesso come si stilla! èuna rotturache non si accomoda; - chi è che sappia leggereuna lettera già sigillata? Potessi averla nelle manifareil'estremo di mia possa; - ma valle a toccarese ti riesce! - Eccolelà! io magari le toccherei! - ma il Signore non ci èper nulla in questo mondo? - Eh! non c'è rimedio! eccole là!- il morto è sulla bara; - quattro giuste giuste; - possosfogarmi a leggere la sopraccartamercé delle lettere lungheun mezzo dito: - basta! è meglio poco che nulla; - eccole là!son quattro in filané più né meno; si leggonocome di giorno; - la pri­ma al Marchesel'altra al Ministrolaterza all'Arcipretela quarta alla Contessa. Poffare! si vede beneche al Signore è già venuta a noia la prigionechevuole uscirne per fas e per nefas. Tutto vien messo inmototutto a contributoper uscir di pri­gione; - la togae laspada; lo scrignola cantina e la donna. - In prigione ci hanno astare i poveri e i matti. Voi parlate come un libromio belSi­gnore. Sìvenite fuorianch'io lo desidero; - cosìpotrò vedere più da vicino i fatti vostri. Voin'uscirete senz'altroavete troppe ragioni dalla vo­stra; -solamente quei titoliche a profferirli sol­tanto fanno tremarei chiavistelli! SImio bel Si­gnorevoi n'uscirete e presto; -io lo desidero an­ch'ioper voie per me.

Mache sia quella carticina breve breveelegante eleganteche ilSignore guarda e riguardadi sotto e di soprasì che aguardarla gli sfavillano gli occhi? Forse un biglietto da visita? Eh!giusto! è un billet doux- è una cosa che mipassa l'anima per non averla sentita. Scrivermi un billet douxsotto gli occhie non poterlo sentire! Se ci penso un mo­mentodi piùaddio cervelloaddio tutto. Un billet doux! nonvi par di dir nullaun billet doux? Io che per leggere unbillet doux non avrei quasi scru­polo di portarlo! Iochese potessi leggerli tuttinon vorrei far più altro;lascerei tuttoil teatrola tavernala scienzai crocchil'amorei vizi e le virtù; - non mangereinon dormireifarei la vita di un martiremi ridurrei magro come un Cristo diCimabue! Oh! se ci penso dell'altrovoi ne vedrete delle belle! -una e una due; - ma questa è più agra dell'altra; -questae l'affar delle imposte mi fanno dubitare della mia buonastella.

Certola mia buona stella in questi due casi si è portata male; unacometa non poteva farmi di peggio; - e poiché ella ha preso lamala piegastimerei prudenziale di levar le tende da questa stradaonde non m'avesse a incogliere un qualche malanno più grave.Già l'ora è tarda; - saranno l'undici al tocco e nontoccoe non passa più un'anima. Tuttaviase devo confessarmigiustome ne vado malvolentieri. Non so chi mi legama ci stareitutta Ta notte. Ma zitto! sento salire una scala- sento girarmollemente una chiave; - vedete cosa vuoi dire un minuto? Un minutospesso decide tutto; spesso non ci è tesoro che possa pagareil valor d'un minuto- E chi sarà in un'ora sì tarda?- Oh bellaè il solito soprastantecolla solita voceecolla solita frase:

-È permesso? si può passare?

-Appunto voi; passatepassate.

-Ho forse tardato troppo?

-Nosiete venuto in tempo; ho finito in questo momento. Eccovi unmazzo di lettere; dimania un'ora competenteche sieno tuttespedite. Non fate sbaglivi raccomandoson cose che premono.

-Vossignoria non dubiti di nulla; conosco ad una ad una le persone acui vannoe senza adulazione posso dire che Vossignoria non potrebbeesser meglio appoggiata; - son persone che fanno e disfannoe doponon c'è nulla a ridire. Ella già non ha bisogno ditutto questo; si vede bene l'equivoco; si vede bene che hanno presoun granchioe non vorrei esser nei piedi di chi s'è preso unsimile arbitrio. Specialmente quando lo saprà la Contessaècapace di sputar fuoco. Io son vecchio di queste cosee so comevanno a finire. Alberghi come questi non sono per la gente par suo.Quando io la vidi arrivaretrasecolaicredetti di travedere. Sifigurison quarant'anni che faccio il mestiere! si figurise nonconosco un uomo alla cera; appena lo vedocomprendo subito di quelche si tratta; di questo posso vantarmene. Stia allegra Vossignoria;- riposi bene; - se stanotte ha bisognonon faccia che chiamare; iodormo qui vicinoe son sempre all'erta.

-Non andate anche via. Ho un'altra commissione da darvi. Vi siete giàscordato l'affare di cui vi ho parlato stamani?

-Perdoni Vossignoriasono uno smemoriato. Ora però mi ricordodi tutto. Il numeromi pare1613?

-Certamentee dev'essere un palazzo con due riuscite. Eccovi laletterina; fate che si recapiti con bel garbo. Già non ciandrete voi?

-Eh! diavolo! che mi crede ammattito affatto? Son uomo di mondoanch'ioe nessuno mi deve insegnare. Non pensisi lasci servire Cimando la mia Rosinae la cosa vien fatta d'incanto. Ha null'altro dacomandarmi?

-Null'altro per ora.

-Dunque la lascio in libertà; riposi bene; - buona notte.

-Buona notte.

Edio Scrittoreche sono in. prigione anch'ioe non ho nessuno che mela diagiacché la buona notte mi è capitata sotto lapenname la do dà me stessoe faccio conto di andarmene aletto.



CAPITOLODODICESIMO



-Ma il Povero dov'è rimasto? - Che v'importa del Povero? Seinvece di essere freddamente cu­riosivoi foste pietosi anche amezzonon mi avre­ste lasciato andare solo solo a cantarglil'esequie; ma mi sareste venuti dietrovi sareste arrampicati l'unosull'altro per arrivare alle sbarre della pri­gione- avresteconsolato quel misero colla vista d'un volto umano- vista piùcara del cielo in quella oscura solitudine; - lo avreste chiamato pernome- gli avreste gittato un paneuna parola soave di compianto; -avreste infuso olio e vino nella feritacome il Samaritanodell'Evangelo; - e invece avete fatto peggio del Fariseo- non glisiete passati neppure d'accanto. Che v'importa del Povero? Non sietevoi freddamente curiosi? Non siete voi egoisti? Non siete voi venutimeco a veder la vita del Signore in prigione per alimentare un cuposentimento d'invidia? Non v'ho io veduti percossi da un brivido allospettacolo degli ori e degli argentidegli arredi preziosidellelaute vivande? Non ho io sentito le vostre vocile vostreesclamazioniche la passione mandava fuori velocemente come dardie il calcolo non aveva tem­po neppure di coprir loro le vergogne?- Non ho io veduto passare sulle vostre fronti un nuvolo di pensieridiversima tutti armati di artigli? Ecco perché veniste mecoa vedere il Signore. Non siete voi egoisti? Il Povero non aveva nullada farsi invidiare- invece aveva bisogno d'una consolazionee d'untozzo di pane. - Ecco perché non siete venuti meco a visitareil Povero. Non siete voi egoisti? Ed io non sono un egoista? Io nonmi fido della mia pietà; ese l'ultima somma è piùsicura della primaparmi di aver trovata la vera chiave del motivoper cui mi son trattenuto tanto tempo con quel mio Povero. Sentitese vi torna. Ho veduto che nessuno si curava dell'infelice- eallora io mi son mosso- gli sono andato d'intornoper l'idead'esser soloper contradizione. - Ho fatto come Diogeneche andavaal teatro quando tutti n'uscivano. Certoper contradizione; - esela cosa è così come io la espongoallora alla pietàtocca il secondo luogose pure un luogo le tocca. Non sono io pureun egoista? non è la contradizione un egoismo? - Labeneficenza stessa non è sovente un egoismo? Perché incerti Stati si sviluppa più che altrove lo Spirito diassociazionelo spirito di sovvenimento? - Perché l'ambizioneè palpataperché l'indomani un giornale deduce apubblica notizia il benefizioe il nome di chi l'ha fatto. GesùCristo conobbe questo peccato dell'umana naturae per questo inculcòcome un dovere sacrocome un precetto di religione inviolabileilfare l'elemosina quando nessuno vede; tentando così con undogma di vincere una tendenza dell'animatentando di assuefarel'umanità a fare il bene sempree sinceramentenon a balziquando lo comanda l'ostentazionela debolezzao qualsivoglia altrointeresse. Il tentativo fu fatto; ora a voi sta il giudicare se ilbuon successo l'abbia coronato. Mettetevi una mano al cuoreegiudicate

Avetedeciso? - Il primo prossimo è sé medesimo. - Questogrido fu infuso nel sanguee circola per le vene di ogni mortale; -ponetelo pure in qualsivoglia grado di società; - prendetemipure il selvaggio errante per le foresteo l'uomo incivilitopacificoabbientedell'America settentrionale. E se i proverbi sonola traduzione sommaria di una lunga e costante esperienzaquesto èil Vangelo di tutti i proverbi passatipresenti e futuri. Lamag­gior parte vede l'egoismo sotto una faccia unica; e quandovuole personificarloper esempiopiglia per il collo un avarol'alza da terralo squassa mostrandoloe grida: specchiatevieccol'egoista. - La maggior parte non capisce nulla in questa materia. -Quel taleche lapidasse il genere umano a furia di doblonisarebbeanch'egli un egoista. Il sacrifizio stessoche vien citato come ilcontrapposto dell'egoismoè pure un egoismo; e il generosoche muore spontaneo per la difesa di un principio moraleo per lasalute di un popolomuore per l'amore dl un sentimentoche glirappresenta più della vita; muoreperchésopravvivendo alla sua ideala vita gli sarebbe uno schernounpesoun dolore intollerabile; muoreperché nel suo specialeorganismo in certi dati casi la vita è una perditala morte èun guadagno. L'egoismo è un poligono d'infiniti latiunascala di tutti i toniun'iride di tutti i colori primitiviecomposti. L'egoismo è l'uomoo per dir meglio il motodell'uomo. Togliete l'egoismo all'uomovoi ne fate una pietra; nonha più ragione di operare né il bene né il male.L'egoismo è l'unico movente delle azioni umane. Distruggerlonon potetea meno che non imponeste all'uomo una novellaorganizzazione; potete bensì modificarlose vi piace; potetemodificarlosottomettendolo alla influenza potentissima dellaeducazione. L'educazione è buona o cattivacome sapete; - edipartendosi da questi due limitil'egoismo può esprimeretutte le gradazioni della virtùtutte quelle del vizio. Labuona educazione lo modificaeducandolo a combinare il beneindividuale col bene generaleCosì l'uomo doviziosochealtrimenti avrebbe mandato in fumo un milioneorna invece la suacittà di utili istituzionie in capo all'anno riscattacentinaia d'anime dalla schiavitù del peccato e dellaignoranza. E questo perché? Vuoi dire che la buona educazionecon un'arte squisita ha modificato in lui l'Egoismo. Vanitàaffascinandogli gli occhi con un bel fantasmae trasportandoglil'ambizione da un oggetto in un altro. - La trista educazione lasciaandare l'egoismo come un toro infuriatoe gli aggiunge stimolisovente; allora ei non cerca che un bene personalesenza badare alsentiero che percorre; - e per avere una borsa d'orotaglia ancheuna vitapurché la trovi di mezzo fra sé e la borsa.Così dipartendosi da questi due limitil'egoismo puòrivestire la gioia serena dell'angioloo il riso funereo deldemonio; - può essere la Ragione o il Fanatismola cicuta ola rosa- può essere adorato o maledetto. Leonidache sisacrifica alle Termopilitocca l'apogeo dell'egoismo virtuosoemerita un altaree le ghirlande frescheimmortalidella storia.Neroneche cerca un aumento di piacere nell'agonia della creaturaumanamerita un rogoe le stigmate della infamia.

L'egoismoè il Proteo del Bene e del Male.



CAPITOLOTREDICESIMO



Avetefinito? volete fare una cosa da uomo? scendete di cattedrae tornateal vostro proposito; - sarà meglio per tutti. Coteste cosedicui avete preteso ragionaresono state dette e ridette in prosa e inrima- son cose vecchie quanto l'egoismo; e che per questo? -mostratemene il frutto; - coi discorsi si fa poco o nulla; col fiatosolo non si può che spegnere un lume. Che importa a voisegli uomini sono piuttosto in un modo che in un altro? Li avete fattivoi? Lasciateci pensare a chi tocca. Che serve inquietarsi peibianchi e pei neri? Gli uomini son padroni di stare come vogliono.Volete diventar sistematico? Vi troverete a de' begli scon­certi.Fino che son teoriele cose camminano be­ne; - vincete semprevoi- come quel giuocatore che giuocava da sé. Alla praticapoi s'impara a. di­stinguere i bufali dalle oche. Io lo so comevorreste gli uomini; - li vorreste tutti di tre braccia- distruttura slanciata- un bel viso color di rosa- occhio ceruleo-zazzera bionda- vestiti di una tunica bianca- calzati di verde-e che proffe­rissero da mane a sera orazioni giaculatorie di amorfraterno. E vi dico che a prima giunta sarebbe un bel colpo d'occhio- in seguito poi non so. Ma che volete? le stampe non l'avete voieil vo­stro desiderio non può avere sfogo; - e invece divedere tanti uomini di getto secondo la vostra ideavoi vedete unmiscuglio bizzarro oltremodoun caos che non finisce più mai.Vedete nani e gigan­ti; uomini bianchirossinericolor diramedi cento colori; - vestiti di mille stoffevestiti benevestiti male; uomini ignudi- chi bestemmiachi dice Messachi stasempre zitto- e via discorrendo. E per questo? perché unavostra idea non ha sfogovorreste andare a finire in un pozzo? Oibònon vi fate tentare. Il mondo va preso come il vento- va preso comeviene. Volete contra­stare con la corrente? - pensateci prima duevolte- il minor rischio è quello di annegare. Tanto voi lovedete; - non si sa chi abbia ragionese il Tortoo il DirittoSel'uno vince oggil'altro vince domani; è un circolo vizioso- è la serpeche si piglia in bocca la coda... non ci siconosce né principioné fine. Tant'èdopotante prediche e tante esperienzea veder le cose come sonomi vienfatto quasi di credere in una Provvidenza. Il Bene e il Male sono idue sproni del mondoe lo tengono in carreggiata. Se pungessesoltanto il Maleil mondo perderebbe l'equilibrio ecadrebbe tutto da una partee così viceversa del Bene. Se poivoi persistete nella vostra ideae questi patti non vi accomodanoallora sapete come fare; - voi che veniste a caso in questo mondosiete però il padrone di uscirne quando volutee di andare inun mondo migliore a perorare le vostre ragioni. Non dubitatealconfini della vita non ci son dogane. Ma forse non avete voi gli annidell'esperienzanon conoscete le storienon avete viaggiato eveduto le nazioni in faccia come elle sono? - Bon! cosa neconcludete? - Che l'Errore è un guanciale morbido a modo e aversocome può esser la Veritàe che metà delmondo dorme i suoi sonni placidi sopra questocome l'altra metàli dorme su quell'altro. Mi faccio intendere? parlate schiettoperché io amo di ragionareNon avete osservato che i popolitengono della natura degli uccelli? che altri ama il Solealtri amala notte? che due principi diversi possono descrivere insieme unaparallela continuaindefinitasenza mai toccarsi? che la Libertàpuò affacciarsi al suo balconee dalla finestra accantosentirsi dare il buon giorno dalla Inquisizione? Chi èconvinto coscienziosamente d'un sistema cattivovive tranquillo comechi è convinto d'un buono; - non esiste fra loro che undivario metafisico. - L'uomo poicheper legge della suaorganizzazioneè superiore o inferiore al sistema che locirconda- non può negarsi- ei ci vive a disagio- ebbenevi è il suo rimedio- scuota la polvere delle sue iscarpeese ne vada gridando come Scipione: ingrata Patrianon avrai lemie ossa. V'è il suo rimedio: il Francese Carlista puòandare in Ispagna- il Liberale Spagnulo può venirsene inFrancia. La terra è larga abbastanza: - Nemo propheta inpatria sua. - Lo vedo anch'iochesenza sottoporre l'umanitàall'archipendolo delle vostre geometriestarebbero tiene tante bellecose! Per esempiosarebbe bene che la Fortuna si levasse una voltala benda dagli occhi per vedere almeno chi piglia; - sarebbe bene chela Giustizia tenesse una stadera solae non una per il povero e unaper il ricco; - sarebbe bene che il Giudice quando va in Tribunaleappiccicasse al cappellinaio anche le sue passioni per riprenderselequando va a pranzo; poiché bere un fiasco di vino di piùnon è un terremotodell'altro vino si trova; ma una testa dipiù o di meno è una cosa seriaattesoché l'uomonon n'abbia che una; - vi ripetostarebbero bene tante belle cose!starebbe bene anche ch'io non fossi in prigione; - e per questo- seio vado sui mazziforse non sono sempre in prigione? Che serveostinarsie dar di cozzo nel destino? Tornerete indietro colla testainfranta; e finché non giunga il tempo ad hocilvostro sangue non sarà considerato; - i contemporanei appenasi prenderanno la briga di guardare se il vostro sangue era delsolito coloreo no.

-E voi avete finito? Il vostro è un discorso diabolicoe siscorge beneche siete di coscienza larga come i Gesuiti. Dovresteessere un gran partigiano del quieto vivere- uno scettico. Loscetticismo è il sistema degl'infingardi. Badatenon vogliomica dire che abbiate spropositato; anzi avete aggruppato con talarte le figure del vostro quadro che ai più sembreràplausibile. Avete esposto del fattiavete detto delle veritàavete enunciato anche qualche sofismae stringendo poi non avetenegato nullanon avete conceduto nulla. Io ve l'ho dettosiete unoscettico. E credete chea guardare minutamente da vicinoil buconella calza si trovae quel vostro discorso in parte potrebbesfumare. Sicurobisognerebbe intraprendere una lunga polemicaemettersi al largocosa che io non ho intenzione di fareespecialmente con voi- con voi che sareste uomo da addormentarvi amezzo la disputache con una stretta di spalle non fate piùdifferenza dal Sole d'Affrica a quel di Norvegia. Quanto poi alvostro pretendere che l'uomo si perda dietro ad un'idea che non puòmandare ad effettoavrete ragione nella massimama avete torto nelfattoe senza' avvedervene avete dato nella reteche volevatescansare; voi filosofo sperimentale questa vol­ta mi sieteriuscito un idealista; - avete preteso che la mente umana sisottragga da un fattoche spesso la incatena indissolubilmente. Nonl'avete mai voi osservato questo fatto? o l'avete dissimulato peraver ragione? può darsi anche questoperché sietemalizioso la vostra parte. Non avete mai osservatoche in ognitempoe in ogni nazionenascono uomini fatalmente avvinghiati aun'idea fissa- un'idea talvolta capace anche a falciare la vitad'una generazione; - un'idea che amano col furore della gelosia; chenon lasciano maibenché la veggano confinar col patibolo?Questi uomini nell'epoca loro hanno due facce: una sublimee l'altragrottesca; e la storia contemporanea li chiama pazzi od eroisecondoda chi è scritta la storia. Al giudizio pacatoimperterritodei posteri spetta determinare una delle due facceuna delle duedenominazioni.




CAPITOLOQUATTORDICESIMO


Mail Povero dov'è rimasto? è morto di angoscia o di fame?Chi sa? tutto può darsi. - Le carceri vivono alla buonanontengono storici al loro stipendionon registrano né datenénominé avvenimenti; le scene che si svolgono nel loro grembosono scene d'un altro mondo- d'un'esistenza sotterranea- e temonola luce come cosa nemica; - pure così all'ingrosso le carcerisi rammentano di alcune notti- d'un viso truce- d'un pugnaleod'un laccio- d'un gemito cordiale- d'una caduta pesante; sirammentano ancora di certuni entrati sani e gagliardiche diii apoco si fecer lentamente cadaveri per difetto d'acquae di pane. -Fu questa dimenticanzao caso pensato? - Non precipitiamo nei nostrigiudizi. - Dio è il revisore delle coscienze; e Dioche puòconvertire in uno scherno il diadema e la testa del prepotenteungiorno vorrà conoscere il pro e il contra diqueste ed altre bisogne.

Madunque è morto quel pover'uomo? E così solosoloeinfelicecome avrà fatto a reggere il peso dell'agonia? - ese avrà chiesto un sorso di acqua per mitigare la febbre dellesue viscerechi gli avrà bagnato la bocca? - e se l'asma losoffocavachi l'avrà sollevato a mezza vita? - Chi gli avràasciugato la frontee scaldate l'estremità irrigidite? - Chigli avrà dato una croce a baciare? - Chi avrà rispostoamorosamente al delirio d'una testa che si sfasciache vede ilDiavoloche vede i Santiche vede un'ombra neraun'ombra biancamille stranezzeche lacerano il cuore di chi sentee per un trattopercuotono di smarrimento la ragione di chi le considerafosse pureuna ragione di ferro? Chi gli avrà aperte le finestreperchébeva un ultimo alito d'aria puraperché veda il cielo e lasperanza? Oh! la speranza è un letto di piume al moribondoove egli a quando a quando dimen­tica le spine sulle quali sìgiace! è un'ala candidis­sima sulla quale l'anima delmorente va a posarsi via viaprovandosi così per tempo aslanciarsi alla vita degli angioli! - E i suoi figliuoli? perchéDio non rompe le porte della prigioneonde passino i suoi figliuoli?Poveri suoi figliuoli! non poterli be­nedirenon poterli vederenon poterli palpare! Poveri suoi figliuoli! d'ora innanzi chi daràloro del pane? Misero padre! questo pensiero ti sta come una lastrainfuocata sul cuore; - è l'unica striscia di ragione e dimemoria che sia rimasta intatta nel naufragio della tua mente; questopensiero è la tua vera agonia; - agonia di coscienzae disensibilità - questo pensiero ti fa dubitare di Dioti fasorridere infernalmente. Misero padre! hai tu commesso un delittoinfinito per meritarti un tormento infinito?

Madunque è morto quel pover'uomo? e chi gli ha asciugatol'ultima lacrima? chi gli ha chiuso gli occhi? chi l'ha baciatocadavere?

Ilpover'uomo non è morto ancora- almeno giova sperarlo. E s'eifosse mortochi l'avrebbe potuto sapere fin ora? Presso a poco ètrascorsa una giornatae il soprastante non ha anche apertoquell'uscio. Cosa importa al soprastante se il Povero sia morto ovivopurché sia in prigione? Cosa importa al potente cheesista un povero di più o di meno? Non è egli ilpadrone del carceredell'esilioe della scure? l'arbitro della vitae della mortedel Torto e del Diritto? Il potente di rado èiniziato ai misteri della sciagura; e una volta che sianon èpiù po­tente; - ma s'ei potesse sapere e sentire quantidolori gemonoquante lacrime piangono sotto ai suoi piediforsegitterebbe lo scettro con quel ribrezzo come se avesse tenuto unaspide. Chi mai l'educa a simpatizzare coi suoi fratelli di carne?Chi gli insegna che il dolore solo è re della terra in eternoe che la Sorte dona colla destra e toglie colla sinistra? Chi glirammenta l'uguaglianza solenneuniversaledel sepolcro? Chi loconsiglia a compa­tire le debolezzele colpee gli affannid'una schiat­ta dannata a travolgersi fra l'ignoranza e ilbisogno? Chi gli fa sapere che l'errore è un elemento organicodell'umana naturae che un uomo solo non è mai infallibile?Chi lo sospinge a chinar verso terra lo scettro a guisa di leva persuscitare i prostratie non a gravano come un flagello? - Invece isuoi cortigiani recidono qualunque legame fra lui e il popolo; - lochiudono fuori dell'umanità; - lo chiudono in un palazzoassiepato di ferri appuntati contro il lamento e la preghieradell'infe­lice; - gli fanno vedere il mondo traverso un pri­smacolorato d'oro e di porpora; - gli empiono l'aule di festa ed'armonia continua; - gl'intristiscono il cuore con un senso monotonodi prosperità ottusa e solitaria- talché se unsospiro per accidente gli ferisce l'orecchiodimanda: - perchésospira quel miserabile? - è egli così fiacco? io nonho mai sospirato. - Lo persuadono a riguardare i precetti moderatorid'una santa filosofia come atti di ribellione; gli fanno crederech'ei sia stato creato a calpestare uno strato di teste umane. - Glicomprano un poetagli comprano uno storicoper adularlo in prosa ein versi- nel bene e nel male; lo posano sopra un 'ara; - glimettono in mano il fulmine della legge assolutae poi l'adorano; -tanto chese egli non si vedesse diffuso sul capo il manto infinitodei cielicrederebbe d'essere Dio. E quando gli hanno pervertitetutte le facoltà del cuore e dello spiritogl'insegnano agiuocare indifferentemente colla vita dei popoli come fa ilmatematico sulla sua lavagnache trasporta a suo talento i numeri dauna estremità all'altrae per uno sbaglio o per bizzacancella talvolta la cifra d'un milione. Ohla potenza senza frenod'umane simpatie è un dono funesto! Trista è la potenzache può emulare Dio nel distruggeree non nel creare; e chepuò annientare una generazionee non può risuscitareun verme quando l'ha spento!




CAPITOLOQUINDICESIMO


-Devo dirla come la penso? Per un tratto del vostro discorso mi avetefatto una paura dia­bolica; io credeva che voi voleste volare; -io tremava per voima poi mi sono rassicurato; - vi ho guardato ipiedie li ho veduti immobili e fissi come chiodi. - Per altroavete fatto un gran fare; - sbracciavate- sbuffavate; - gli occhifuori dell'orbita- il volto infiammato- le vene della fronterigonfie; - vi pare a voi? - è la maniera di farsi venir maleE che paroloni! sesquipedalia verba; e che voce avete fatto!ne ho sempre rintronate le orecchie! voi eravate in un accesso! miavete fatto paura! io già pensava a una cavata di sangue.

Voleteun consiglio da amico? Smettete cotesto stile- non è pervoi- non ci guadagnerete che l'asma. Voi non siete un uomoesaltato- non potete esserlo- avete troppo umore. Io loso; - vorreste esser poeta; - ognuno ambisce di esser quel che nonpuò. Invece di un buon cappello di feltro vorreste una bellaghirlanda d'alloro- per mille ragionienon fosse altropercampar la testa dalle saette. Ma datevi pacel'alloro non èper voi; - se ve ne regalassero anche un alberonon sapreste maitrarne una corona di poeta; - gran mercése voi ne cavasteuna frasca da osterie. - Io lo so; - vorreste esser poetae vorreiesserlo anch'io; - ma come fareste quando il filo non arriva? - Vicompatisco; - avete letto Dantel'AriostoByronSchillerGoethe;li avete gustati- li avete sentiti; vi compatisco; vorreste anchevoi avere un 'anima temprata come l'arpa eoliache ad ogni minimofiato rendesse armonia; - vorreste avere un'anima limpidatrasparentein cui l'universo si rifiettesse come in uno specchio.Ma è tutt'uno- non siete nato- i poeti nascono belli efatti: Vates nascuntur. Ditemi voi- dove andarono a scuolaOmeroOssianBurns? - E poi sentite questi due versiche paionofatti a posta per voi:


Incui Natura non lo volle cure

Nondirian mille Romee mille Ateni.


Avetecapito? - ebadateson versi di un classicistache credevanell'Arte forse più del dovere. - Smettete- vi ripeto-sarà meglio per voi. Consultate bene l'indole vostrae quellaseguite; - non farete mai male. Perchése avete corta lavistavolete farmi l'astronomo? Fate il sartore piuttostochecucirete a punti piccoli e bene unitie così vi acquistereteuna lode moderataè veroma pure una certa lode. - Non fatel'astronomo; - potreste scambiare un fanale col mondo di Saturnoeallora - risum teneatisamici? - Smettete lo stile eroico-non è per voi; invece di fare della poesiafate dellarettorica- cosa veramente insoffribile in un secolo come il nostro.Non ve l'ho detto io sempre? il cavalcare non è per voi;credete di fare la figura di un San Giorgioe invece siete una ballaa cavallo. Non ve ne abbiate a male- andate a piedi- è lavostra condanna. Cosa ci volete fare? Tantopoeta non sarete mai; vimanca l'ispirazione. Se l'esser poeta consistesse nel tornir bene unversocome usava nel cinquecento e nel settecento- vada; avetel'orecchio abbastanza armonicoequando vi piacesapete scegliereuna frase elegante. Ma tutto questo non è poesia- èun lavoro da monache. Avete bensì l'anima spruzzata di poesia- ma quella vena largainesausta- che costituiva Dante e compagni- voi non l'avete. - Non bisogna pretendere di far tutto- anche ilGenio ha i suoi limiti. - Newtonche poteva leggere a suobeneplacito la facciata immensa dei firmamentosi smarrì neipochi fogli dell'Apocalissee riuscì un infelice teologo. -Chi nasce artefice per tessere un drappo prezioso- chi nascetignuola per guastarlo. E la tignuola - è inutile- non sache rodere. Ve lo dica un Professor dal fiocco rossoquando sipropose anch'egli di fare una stoffa! - Fece una tal cosa cheanch'egli ne avrebbe risose non fosse stato giudice e parte. Ma nonfu così quando si trattò di rodere; - vero èbensìche in ultimo torse la boccaperché le tintedelle vesti corrose contenevano troppo d'acido. - Smettete- noncesserò mai di ripetervelo- lo stile poetico; - credete disuonare la tromba epicae invece non fate che gonfiar le guance. Voinon siete veramente né poetané oratorenéstoriconé filosofoné tignuola; - siete un non socheche non lo sappiamo né io né voi. - Quando laNatura vi architettavainvece di farvi la testasopra pensiero feceuna gabbia da grilli; - poi si accorse del falloma non volletornare indietroe lasciò il lavoro come stava; pureperchéla gabbia avesse uno scopouna conveniente destinazionela riempìliberamente di grillie così voi siete riuscito quel chesiete. Dovete convenirne per maledetta forza- l'enfasiil far diPindaroa voi non si addice; - voi non potete aspirare che a unacerta ironiaa una certa maliziatalvolta a un poco di graziaauno stile negligente giusto appunto come siete voi. Datemi ascolto:scrivete sempre alla buona; alla sans soucie terminate lastoria del Povero carcerato.




CAPITOLOSEDICESIMO


Ecosì mandando al diavolo tutti i saccentie adoprando lostile che meglio mi aggradaripiglio la mia storia tante volteinterrotta.

Ilpover'uomo non è morto ancora; - prova ne sia ch'io l'hoveduto. - Come mai? - mi direte. Ecco come; mentre quel ser saccentemi dava quei tanti consigliche io non gli aveva chiestifaceva­mocamminoe questo era il meglio; a un terzo del discorsosiamogiunti dinanzi alla carceree di lì a minuti è stataapertaond'io ho potuto vedere agiatamente i fatti miei tali e qualicome vado a dirveli. - Il pover'uomocome sapetenon è mortoancora; e s'ei fosse morto (questo lo dico per rispondere a chidianzi trepidava tanto per lui)s'ei fosse mortocerto sarebbemorto senza nessuno d'intorno- solitario come una bestia del bosco.Chi volete che fosse passato per assisterlo in quel transitoangoscioso? Fra il Povero e la Pietà sta di mezzo unaprigionee la Giustizia ne difende l'in­gresso come la spada delcherubino alle mura dell'Eden.

Ilpover'uomo non era più stupidocome quan­do io lolasciai; - mi pareva anzi irritato- e forse troppo. Le sue passionierano rimontate- le passioni fanno come la marea. Allora sìmi pareva che più di prima egli avesse bisogno d'un amicochecon modi cordiali e con suoni di conforto si pro­vasse diacchetare quella tempesta che gli ruggiva dentroe gli capovolgevala ragione. Egli passeg­giava furiosamente per tutti i versi icinque passi della sua stanza; - spesso si dava nella fronte con unapalma- spesso batteva coi piedi la terra; - ora fischiavaturbinosamenteora cantava in una lingua e in una musica affattonuova; - ora s'incrociava le mani sul pettonascondendosi le pupilleterribilmente sotto le ciglia. Una volta si mise una mano sul cuore efece atto di strapparseloe di lanciarlo in aria con un gridodisperatamente salvatico- uno di quei gridi che atterriscono l'uomoe la fiera- il grido della madre che fuga il leonee gli cava ilfiglio di bocca- uno di quei gridi che devono far pentire Dio diaver creato la sensibilità. Dipoi si riconcentròefece pochi passi adagio adagioe senza intenzione; - quindi sembravastancoe si pose a sedere sopra uno scalino col capo fra leginocchia. - Col capo in quella manieraio non potei vedere sepregassese bestemmiassese piangesse. Forse egli faceva queste trecose confusamente insieme; - forse era assorto in una di quelleestasiprodotte dall'ambascia profondain cui l'anima abbandona ilcorpoe s'ingolfa in una nuova esistenzain un mondo incognitopieno di forme stranenon mai vedutenon mai pensate- dovel'anima giace immemore di quello che fudi quello che è; - esolamentetra il sì e il nosogna che in qualche parte ledolgama non sa dovenon saprebbe cercarvinon è tentata afarlo.

Aun tratto mi scosse un forte sospiro misto di singulto; - e vidi cheil pover'uomo si era rialzato girando penosamente la testa versol'inferriata. - E l'inferriata confina col palcoe la persona nonpuò salirvi. - Gli sia contesa anche la vista del cielo: -così hanno dettoe così hanno fatto. - Un raggioscarso di Sole entrava malvolentieri tra mezzo alle sbarreesdrucciolava giù in fondolentomalinconicoscoloritovestito anch'esso da po­vero. Forse quel raggio era pietosoetramutava così la sua pompa per mettersi d'accordo col Povero- per non unirsi all'oltraggio degli uomini.

Arrivatoa questo puntoio non vidi più nulla. Il soprastante chiuse epartì. - Io non vidi più nullae l'ebbi a caro. Quandoil dolore percuote a gran masse l'anima umanaè una vista chesi può reggere; - e talvolta è uno spettacolodignitosoquando l'anima sviluppa un vigore proporzionato alla forzadelle percosse; e quel combattimento tra il mortale e il Destinotrail signore e io schiavoha un non so che di sublimeche lusinga lanostra superbia. Ma quando il dolore prende lo scalpello delnotomistae comincia a incidere il cuore di dentro e di fuori conmille tagli diversie lo cincischia con mille disoneste feritequello spettacolo allora ha un non so che di fastidiosoe dicrudeleche gli occhi non lo sopportanoeoffesi come sonovolentieri si chiudono.

Ionon vidi più nullae l'ebbi a caro. - Il Soprastante eravenuto a visitare la carceree non il carcerato; solamente avevaportato seco un vaso d'acqua frescae l'aveva deposto per terra.

Dunquequel pover'uomo morrà di fame- perché d'acquaofresca o calda che sianon si vive; a mala pena si vive di pane.Anche Gesù la intendeva così: - Non de solo panevivit homo.

-Nono; rassicuratevi; questa volta non morrà di fame; un panegli sarà dato. Ridete? - io vi comprendo- sarà unpane dato come un colpo a un nemico; sarà un pane durodurodavvero; - ma che vuoi dire? - Ei l'ammollirà colle lacrime: -perché no? forse non è infelice? - la corda del piantoforse non è la prima corda del cuoree non trema forse alsoffio più lieve? - L'ammollirà colle lacrime- non nedubitate; - non v'ho io già detto che sa piangere? esel'alterezza gli vietasse di piangere per sénon ha i suoifigliuolinon ha forse una madrenon ha un amoreuna patria?

Iopiango- voi piangete- tutti piangono. Questo è tal verboche ognuno sa e deve coniugare senza bisogno di grammatica. Lasventura è qua maestra per tutti

OSventura! perché sei? chi ti creava? quando nascesti? - seiuna vendetta? - sei forse un errore? sfuggisti forse al pensiero diDio in un'ora nera quando a Lui pure gemeva lo spirito addolorato? -La terra ne' suoi continui rivolgimenti ha veduto sparire tantenazionitante glorietante religionima la tua è rimastapur sempre? - Il tempo che coll'ala instancabile corre rovinando ciòche gli si para di frontequando giunge d'innanzi al tuo simulacrochiude l'alae oltrepassa adorando. Tu sei una pianta perennechenon temi vicenda di stagione; il sereno e la procella egualmente tiali­mentano. - Il Genio avvalorato dal grido delle plebi umane hatentato sovente di atterrare il tuo Numema indarno. La Fatalitàti protegge- e i conati del Genio e delle moltitudini si sonospez­zati contro di tecome la spuma contro la rupe. - La terraè il tuo altare; - i potenti sono i tuoi ponteficie ticantano inni ferocie ti danno in sa­crificio milioni divittime; - ma tu sei implacabile - tu divori vittime e sacerdoti. -Il mondo è tuo retaggio assoluto; - e se il tuo spirito godeaggi­rarsi fra le rovine- gode pure insinuarsi come il serpentefra l'erbe e i fiori. Tu puoi rivestire an­che l'aspettodell'allegrezza; - e non v'e una razza stranamente infeliceche hasempre il sorriso sul voltoe il pianto eterno nel cuore? - questison più d'ogni altro infeliciappunto perché nonsembrano. - La vita ti appartiene intera; - tuo è il primovagito dell'infante- tue le tradite speranze del giovane- tuo ilgemito estremo della vecchiaia; e vi è chi dice che tuperseguiti perfino il mortale in un'altra esistenza. - Non v'ènessunoche trapassi da questo pellegrinaggio ai riposi della tombasenza avere offerto nel tuo santuario il suo obolo- senza avertidato almeno una lacrima- una lacrima spremuta dal più purosangue del cuore. Tu non ammetti privilegie stampi il tuo marchiorovente tanto sulla fronte alla virtù quanto sulla fronte aldelitto; - ogni condizione deve piegarsi sotto la tua vergatanto ilconquistatoreche stende la sua spada sui popoli come il raggio delPianetaquanto l'umile bifolcoche nasce e muore ignorato comel'eco della sua valle. Anche il povero matto- che a spese dellaragione si riparava in un mondo di larve e d'illusionie credevafrancarsi dalle leggi della comune esistenza- an­che il poveromatto deve adorarti; - e quando la morte è vicina a rapirselotu gli doni un istante lucido d'intellettoonde anch'egli senta latua presenzae ti paghi il suo tributo di dolore. O Sventura! tu nonsei punto generosatu non hai coraggio di risparmiare néanche il povero matto.





CAPITOLODICIASSETTESIMO


Iprimi giorni che l'uomo passa in prigionesono per l'anima sua comegiorni nebbiosi: - l'anima non ha peranche fatto l'occhio a quelclima; - vede confusamentetalvolta non vede gli oggettitalvoltali vede doppi; - il suo palato non ha sapore; - un ronzìocontinuo gli alberga le orecchie; - lo spirito giace storditoe nonsa pensare; - il cuore sente di star sotto a un fascio enorme disensa­zionima non sa darne ragione. Se la mente non gli crollaè una prova sodisfacente della sua buo­na tempra; - se ilcorpo non gli si ammalaè una prova sodisfacente che il corpofu tessuto cornme il faut. Sia come vuolsiperò incotesta altera­zione dello stato normale dell'anima l'uomo cigua­dagna qualche cosa; la noia non trova luogo di abbarbicassicosì di leggieri; - il pensieroche agisce eccentricamentenon è quell'avvoltoio insaziabilecome quando il senno siaggira sopra il suo pernio naturale; - e il dolore vibra il suopungiglione so­pra una carne mortificata. Questo stato diesalta­zionein cui tutte le nostre potenze superando ilcoperchio hanno dato dl fuoriha prodotto per legge di reazione unapace stancaun soporeun dormiveglia nell'anima nostrachevolentieri ella afferrerebbe di nuovo quando si destae la pienezzadel giorno le mostra a diritto e a rovescio la sua posizione. Ma lanatura vive d'eccezione a controgenioe quanto più prestopuògradatamente rien­tra nel suo letto.

Unavoltaper altroche il carcerato si è stro­picciati gliocchie li ha spalancatied è desto ben benee si accorgee tocca con mano di esser in prigionela prima cosa che sente èla sconvenienza di una simil dimorae il primo pensiero che se gliaffaccia è quello di andarsene. Io stessoche sono un uomotutto pacechese il vento mi porta via il cappelloaspetto che sifermie non gli corro dietroio stesso- Dio mel perdonie chi mici ha messo- ho pensatoprima d'ogni altra cosadi andarmene. Evi ho pensato così a lungoe con tanta intensitàchemi meraviglio come questo pensiero nel chinarmi non mi sia caduto giàdal cervello in forma di lima. E se qualche spirito maligno non miruba questo mio cranioportandoselo in un altro mondo a farvi soprale sue esperienzeo a giuocarvi alle bocce; ma invece verràin potere del sistema di Galle di Spurzheim; quei signori notinobenee cerchino fra le tante protuberanze buone e cattivechétroveranno uno scavo fatto dall'idea della fugauna figura tale equale come l'ho descritta qui sopra.

Pertantonoi siamo d'accordo: il primo pen­siero del carcerato èquello di andarsene. I mezzi poi per andarsene sono due: unonaturalissimoe di riuscita infallibileed è quello diandarsene quan­do ti metteranno fuori; - l'altro naturale pureglima non al grado del primoed è quello di fuggire. - Tupuoi fuggire con due metodi: - o fuggire da te col rompere la portao col segare i ferri della finestra; - o corrompendo a furia d'oro icustodi. Il primo metodo costa assai meno del secondo; il secondoassai più del primo. E tutto questo per tua regola e governo.

Iodopo molte considerazioni fatte colla coscien­zae non a casoho meco stesso deliberato effettivamente di rimanermifinchéun qualcheduno non venga a cavarmi. Giàfiguratevi voimihanno messo in un Forte munito di soldatie di cannonie sottochiave d'un Profosso munito di 12 Articoli stabiliti contro di meecontro di lui; il Forte poi l'hanno messo in un'isola. - Ora andate afuggirese vi riesce! - Io mi protesto da capoche non ho voglia némodo di andarmene; e quando anche conseguissi la fugasareicostretto a tornarmene indietroperché fuori è lastessa prigione; - avrei di più da pagare il fitto d'unastanzamentre adesso me ne godo un paioe di pigione non se nediscorrea meno che non facessero all'ultimo tutto un conto-Napoleoneè verofuggì- ma voi sapete chi eracostui; e se nol sapete voialtri l'hanno saputo; - e poieglifuggiva per delle buone ragioni; - fuggiva per rimettersi in capo unberretto da impe­ratoreed io non potrei mettermi in capo che unberretto da notte; fuggiva per riafferrane la coda della Fortunachenovamente gli capricciava dinnanzie gli faceva le smorfie dainnamorata; - e poi egli era padrone del Forte dove io sonracchiu­soe il Forte non era padrone di lui. - Ma ioche sonouna cosa con un nomee con un casatoe niente di piùfacciosapere a tutti una volta per sempre che ho meco stesso deliberatoeffettivamente di rimanermifinché non mi diranno: - vattene.- Io sopporterò la mia prigionecome una escrescenzache perun accidente mi sia venuta sulla persona- come la paziente pizzugasopporta quella casa d'osso che la Natura gli ha collocata sul dorso.

V'èancora un altro mezzo d'evasione; ma io mi attento poco a proporvelo:e quando voi lo sapreteconfesserete che non è da tutti. Èun mezzo mirabilmente semplice; non ha d'uopo d'oroo d'argentoodi compagni; non ha d'uopo dì schiudere una portanédi rompere un ferro; tu rompi una venae tutto è finito. - Eallorase il nulla non ti assorbetu vai a vagare pei campidell'infinitoda dove volgendoti indietroo la terra non tiapparisceo tu scorgi sull'estremo orizzonte un punto brunoimpercettibile come il capo d'una formica. E allora esclami: dov'èla mia prigione? dove sono quelli che gemevanoquelli che facevanogemere? Oh la terra è una cosa falsagli uomini una folla dilarveil potente una larva con uno scettro di fumouna larva piùalta delle altreperché ha trovato uno sgabello a salire. -Tu rompi una venae tutto è finito. il magistrato puòripiegare la sua toga. - chi vuoi giudicare? L'infelice si èappellato dal giudizio del verme a quello di Dio. - La giustizia puòringuainare la sua spada. - Chi vuoi percuotere una gleba? percuotase vuole. Il vinto con un poco di sangue ha trionfato del vincitore.- Il tiranno gli aveva posto un piede sul collo; - lo serbava vivoper legarselo dietro al carro della vittoria; - e poi per attaccarloa un patibolo a sfogo delle sue vendette; - a pasto di una plebematta e feroce; ma l'infelice ha fatto un motoun moto solo; e ilpiede del tiranno più non calca una vittima; - non calca cheuna massa di fango. - L'infelice con un moto solo l'ha vinto ederiso: - allora ei lo maledice e l'ammira; - allora in un eccesso dipas­sione impotente grida come il Filippo di Schiller:


Rendetemivivo quel morto; voglio che mi stimi



CAPITOLODICIOTTESIMO


Ilsuicidio è lecito o no? - I pareri non sono unanimi. Rousseauda quell'ingegno completo che egli eraha circondata la questione datutti i latimettendo in rilievo con singolare eloquenza il proed il contra del suicidio; però il calore dellaconvinzionee la maggior potenza di raziocinio in lui si riscontranoin pro del suicidio. - Nell'antichitàin certe epoche e sottol'influenza di certi sistemiil suicidio era una massima e unapratica così generalmente consentita che l'uomo si ammazzava asuo beneplacitosenza che la società ponesse mente a quelfatto. - Il suicidio era allora considerato come un caso di mortenaturale. - Oggi una discreta filosofia non impugnanéapprova assolutamente la legalità del suicidio. - Si parte daimomenti che hanno prodotto l'azionee secondo quelli si stabilisceil valore dell'azionela maggiore o mi­nore legalità delsuicidio. Un'altra filosofiapiuttosto proterva che noconcede ilsuicidio soltanto alla folliae nega che in ogni altra situazionel'uomo abbia potere di gettare la vitané quando gli pesaoltre le sue forzené quando oscilla tra la morte el'infamia. A sostegno dell'assunto loro si fondano sulla forza deivincoli socialie sulla premessa che la vita sia un dono di Dioperil che nessuno possa disporre del dono senza l'acquiescenza deldonatore. Io comprendo poco la questione così come la basano.Io ho sempre pensato che un dono non sia veramente tale quandocontiene delle condizioni che vincolano la volontà di chi loriceve. Quando io ho fatto un donoho inteso di abbandonarequalunque minima idea di proprietà sulla cosa donataCosìio la intendoe se fosse altrimentimi pare che il vocabolo nonvada d'accordo coll'idea. Se avessero detto piuttosto che la vita èun imprestito fatto da Dioallora forse la questione poserebbe sopratermini più esatti. Se la vita pertanto è una proprietàliberissima dell'individuocome credo che siaperché nonpotrà disporne a sua voglia anche per contraddizione a chi nonvorrebbe? perché non potrà disfarsene specialmentequando questa proprietà ha cessato di rendergli un fruttoegli sta invece a perdita continua? Non fate voi lo stesso di tutte leproprietà che vi noccionoe non vi danno più un utile?Non siete voi padroni di amputare il mem­bro ammalatochepotrebbe corrompere il resto del corpo? E l'uomo a cui ècancrenato il cuore non è padronetagliando un filo ormailogorodi finir le sue pene? La legge primaria del nostro organismoè di fuggire il doloree si può fuggire in mille modi:voi lo fuggite vivendoaltri lo fugge morendo. Pretendete che tuttigodano in un modo uniconel modo che godete voi? Voi potete piùra­gionevolmente impugnare la legalità della pena dimorteperché si tratta di agire sull'altrui proprietàperché può esservi eccedenza di giustiziaperchéstante la imbecillità degli umani giudizipuò esservianche offesa manifesta. Ma l'individuo che aliena la cosa sua liberaseparataindipendentecommette un'azione le più volte utilea sé e indifferente sem­pre per gli altri. E se la vitafosse anche un dono di Diocosa può importarglise l'uomocrede bene d'impiegarlo piuttosto in una maniera che in un'altra?Porse perchéuccidendosivive dieci anni meno di quello chepoteva vivere? E che importano a Dio dieci anni più o menoalui che misura tutto coll'eternitàche ha destinato tutto amorire per rifar da capo? E perché l'uomo non potràesercitare sopra questo dono il medesimo. diritto che è statodato alla tisial coleraa una puntura di viperaal pugnaledell'omicida?


Chese voi mi parlate di vincoli socialivi dirò io; dove sonoquesti vincolie chi li ha stabiliti? Se sono una cosa che emergespontanea dalla na­tura umanaallora vi dirò che le cosenaturali van­no da sénon si contraddicono maie le loroleggi non hanno da temere infrazione. Ma se invece fossero unpregiudizio contro naturauna convenzione ideale sancita ne' tempitrascorsiallora vi dirò che i posteri non son tenuti distare alle decisioni di un erroreperché sia anticoe chepossono annul­lare qualunque legge incompatibile coll'utile ecolla ragionee perché quello che stava bene cent'anni sonooggi sta male. La società è un contratto ta­citoregolato da una scambievole convenienza di condizioni fra le parti:se così non èla società non regge piùsulle basi approssimativamente eque di un contratto; - invece stasopra un piede di vio­lenza; e allora somiglia più chealtro il supplizio di Mezenzioun corpo vivo legato a un cadavere.Se in società io godoe voi soffritedov'è fra noi laforza dei vincoli? A qual fine voi dovete star meco? forse perchéio vi veda soffrire? Perché quando non ho la potestà ola volontà di mettervi al pari mio dovrò anche torvi ildiritto di andar­vene dove non vi sarà societàove ne sarà una più giusta? Come può immaginarsisocietà e mutua corrispondenza di doveri sociali fra l'uomoche spende un milione all'anno e l'uomo che non è sicuro dimangiare ogni giorno una scarsa misura di pane impastato di fiele edi lacrime? Donde il primo cava il diritto di dire al secondo: vivi;te lo impone il dovere? Dio stessose l'uomocome ho dettononfosse arbitro della sua proprietàgli torrebbe percompassione la vita. Certo io ammiro la testa che porta fieramente lasventuracome un re la corona. Ma lo fa non per sommissione a undovere che non esiste; lo fa perché ha sortito una tempravigorosa d'animache lo rende capace a resistere. Ma l'infelice cuisi son disseccate tutte le fonti del piacereche vive dolorosamenteper sée inutile per il prossimoche trova a morire tuttol'interesse che gli altri trovano a vivereperché un infelicesiffatto deve rimanere al suo posto? Non vedete che la sua missione èfinita? che l'equilibrio del patto sociale è stato alterato?Fareste voi meco un contratto in cui si stipulasse a me il riposoavoi la fatica; a me le rosea voi le spine? Perché vivetevoi? perché la vita vi arride; perché considerandolaanche come un malese la mettete in bilancia colla mortequesta pervoi è un male più gravee fa traboccar la bilancia. -Spogliatevi di ogni ipocrisia; voi non vivete per un dovere; viveteper un calcolo. - L'infelice ha pesato l'esistenza e la morte; -l'esistenza era più grave; ed in senso inverso ha i medesimidiritti che voi; egli muore per un calcolo. - Ma voi direte: egli nondeve cedere così per poco; deve combattere; deve tentar divivere. - Se voi sapeste quanto lungamente ha combattutosareste menrigidi. - Egli ha combattuto a lungoe con tutta l'energiadell'istintoperché la vita non si getta via sbadigliando; eavanti di rodere la catena dell'istintoci vuoi tempo e dolore piùche non credete. - lo ebbi un amico di ragione saldad'ingegnocapacedi cuore generoso; era amato e stimato da tutti e lo sentivacon riconoscenza; - ma non si sa comefin dai primi anniin cotestapianta s'insinuasse il verme del suicidio che cominciò aminarea minare tanto che all'ultimo la lasciò inaridita enuda di qualunque fronda. Resisté molti annima indarno; -egli doveva e voleva morire. - Vani furono i conforti delle persone alui care: - vani i tentativi che faceva egli stesso per sottrarsialla vocazione fatale. Provò i piaceri dello spirito-provò quelli dei sensi- non avevan sapore; - per lui nonaveva sapore che la noia; - vedeva il mando di dietro a un vetroaffumicato. - Gli amici gli si mettevano d'intorno con ogni sorta diargomenti per levano da quel proposito; ed egli non ricusava ladisputaanzi l'accettava di buon gradoe l'esauriva con un ordinedi ragionamento maravigliosoe gli amici tornavano via quasiconvinti a far lo stesso. Egli non era disperato; - era freddo edeterminato a morirecome noi siamo a vivere. - lo ed altrigiungemmo più volte ad ottenere perfino da lui una tregua diqualche mese al suicidio; - 'ed egli accordava sorridendo la tregua:- ma finalmente la volle finiree in una sera di state con un colpodi pistola sì uccise. - Sul primo mi spiacque vivamente; poiripensandoci sopraesclamai come Lutero: beatus quia quiescit.

Andatea rammentare a un uomo come questo il dovere sociale ed eirisponderà: rinverginatemi il cuoreravvivate il raggio allastella pallida del tramontoed io vivrò volentieri con voi. -Potete voi farlo? Sappiate che l'anima umana può essereaffetta da una tisi incurabile come il corpo. E se voi non avetefarmaci da risanarmiperché volete che io viva cosìdolentemente ammalato? Il meglio è finir presto.

Eil miserabile che si annega per estrema mise­riache ha cercatoil lavoro per ogni officina e da per tutto l'hanno respintoche habussato ad ogni portae tutti per soccorso gli hanno dato un Diove ne mandi (moneta che non si trova chi la baratti)chedoveva far altrose non gittare un fardello che le sue forze piùnon valevano a sopportare? Dio o la Filosofia possono prescriverel'impossibile? Possono prescriverlopurché non ne aspettinopoi l'esecuzione. - Certo quell'infelicetentati invano tutti imezzi di sussistenza innocentepoteva farsi assassino; - rapirel'oro e la vita a quanti s'imbattevano in luie da ultimo incapparenel boia che avrebbe fatto giustizia. Il boia però collostringergli la gola - fino a che morte ne segua - non avrebbescemata una dramma del male già seguito. - O Filosofiase tufossi meno proterva e più umanainvece di gravare la fossadel suicida d'una maledizioneo del tuo disprezzodaresti lodeoalmeno compatiresti l'infelicecheposto fra il delitto e la mortesceglieva quest'ultima. - Volete restringere la sfera del suicidioconfinandola ai pochi casi di essocommessi per debolezzao pernoiaai casi rarissimi di questa azione commessa per eroismo?Spendete meno massimespendete più fatti: - allargate le viedella vitasgombratele di tante spineche vi seminò l'erroree l'ingiustizia. Con che titolo l'ozioso opulento verrà afilosofare aspramente sul corpo del suicida per miseria- eglichegiornalmente in una bottiglia di sciampagna­ beve almenocinque giorni dell'esistenza di un povero?

Certeleggi barbareperché inique e stolteperché inutilipretesero di percuotere il suicida con una pena. Le pene non hannoscopo ed esercizio che di fronte alla sensibilità. -Affliggete le cose insensibilise vi riesce; e allora avreteragione. Allora Serse quando flagellò l'Ellesponto feceun'azione de­gna di Socrate. - Il suicidiosottraendolo allaspeculazione e concedendolo alle sensazioni delle mas­seèargomento di mille diversi giudizi. - Date a vedere sulle tavole delcamposanto il corpo del suicida; - ecco la fama percorre le piazze ele strade e bandisce che un uomo si è ammazzato di propriopugno. - Le turbe accorronofanno cerchiofanno calcafannopopolo; compongono l'opinione com­pletadal colore piùsaliente alla gradazione più sfumata..

Unaragazza tutta tremante d'ansia e di curiosi­tà comel'anima vergine allo spettacolo di una cosa non veduta mais'internas'affacciasi curva un momento sul morto e poi si voltaper partiree sulla freschezza vivida della guancia è insortoun livido leggieroleggiero; l'occhio è lucido piùdell'usatocome quando è vicino a piangere; e facendosistrada frammezzo alla folla esclama: peccato! che bei giovane! - Uncrocchio ben numeroso ragiona del nome e del cognome del morto; delcome andava vestito; del dove stava di casadelle sue abitudiniecc. - Un popolano mette ruvidamente le mani sulla ferita permostrarla al compagno e col suo grosso buon senso conchiude: a pagaree a morire c'è sempre tempo. - Uno scettico dice al vicino chegli domanda le cagioni del fatto: io non ne so nulla; era padrone distareè stato padrone di andare; - forse volevate rattenerlo?- E il vicinomal soddisfattogli volta le spalle. - Un teologo lomette all'infernoe sigilla la sua decisione con una presa ditabacco. Una vecchiarella gli mormora addosso un de pro­fundispregando sua divina Maestà che lo mandi almeno alpurgatorio. Un ciarlatano allunga la fisonomia e vi fa sopra unamassima. Un uomo di cuore non apre bocca e vi versa una lagrima.

Ecome vedete l'opinione pubblica non offre dati da fondare un sistemasull'unità del principio. - Chi biasima in forza di un dirittoereditato; - chi approva per simpatia; - chi per raziocinio; - chicompatisce: - i più son curiosie lasciano il fatto com'èsenza definirlo. Iofacendo un sistema per conto mioripeto quantoho avanzato in addietroche la vita è la prima proprietàdell'uomoproprietà assolutaindipendente e separata condistinzione si profonda dall'altrui proprietà che non v'èrischiò di liti sui confini; e da una proprietà diquesta natura deriva inevitabilmente l'esercizio di un dirittoillimitato sulla medesima. Che ponendo ancora la vita. come un donodi Dioegli non ha prescritto il modo speciale con cui deve finirsi.- Non si trova in nessun libro che abbia vietato il suicidio; e sepure una volta ha parlatoha detto: non uccidere: e qui vabeneperché si tratta della cosa altruima non ha mai detto:non ti uccidere. Egli ha donata la vita e l'ha destinata afinire. Sul modo poi è affatto indifferentee per lui ilsuicidio è un genere di morte come un altro. Se il resto degliuomini vivessero eternie il suicida morisseallora il suicidio sipotrebbe considerare come una contradizione al suo concetto: mapoiché tutti dobbia­mo morireegli è indifferentesulla specie d'im­barco che noleggiamo per giungere a questoporto. - Dio ha donata la vitama non s'è riserbati i modiparticolari per metterla a fine: ha lasciato questi modi alla nostraorganizzazione e a quella rete di infiniti accidenti in cui siamoravvolti. Credereste voi che egli occupi la sua eternità e isuoi attributi a scegliere per voi l'apoplessiaper me il mal dipetto? Il pensarlo sarebbe forse una cosa empia e certamenteridicola. Lo spirito della sua legge è creazione e distruzionein perpetuo: - basta che l'uomo nasca e muoiae la sua legge èadempita.

Affermatala legalità del suicidioè facile fissarne i diversigradi di stima. - Le azioni hanno un va­lore intrinseco che dirado può sfuggire all'aritmetica della morale. Voi potetecompatire il suicida che si ammazza per debolezza; potete biasimarechi s'ammazza in conseguenza del giuoco o d'altre dissipazioniapprovate come un conto che torna il suicidio fatto per noiao rattodal tisicoche arrivato al terzo stadiocrede bene di risparmiarsiun qualche mese di agonia infallibile; - potrete ammi­rare ilsuicidio prodotto dall'eroismo. Potrete distinguerlo in tre calcoli- fallacegiusto e sublime. Di tutti questi elementi potretefare una piramidedandole per base la debolezza e per comignolo lavirtù.

Discendendopoi dalle teoriche al fattoosser­viamo che piùordinariamente questo fenomeno si verifica o nell'estrema energia onell'estrema spos­satezza dell'umana natura. Di rado tocca ilgrado intermedio; - di rado un uomo dotato di facoltàtemperate mette le mani nel proprio sangue. Egli è buono asopportare molti disastriche fiaccano il debole; - egliin forzadelle sue misurate facoltànon si trova mai avviluppato inquel nodo di eventi che sforzano l'uomo superiore a sparire dallascena del mondo celandosi in un sepolcro. L'uomo moderato puòconvenientemente transigere con una lunga serie di fatti. L'uomodebole vive a caso- e se i fatti gli passano rasente senza urtanodi frontepuò invecchiare pacificamentee morir nel suoletto. Ma se un fatto lo prende dì fronteegli èperdutoegli non ha vigore bastante da sviarlo e rimetterlo sul suocammino. Una cosa lieveun nonnullaanche una risatain uncervello così fatto diventa un'idea fissa; e allora la folliacompie la paralisi delle sue forze moralied egli è costrettoa morire senza poterne dar conto a chi glielo dimandasse. Io hoconosciuto un giovane leggiadro di formed'indole mitema vuoto ditestache si fucilòperché i genitoriche l'amavanoassainon gli permisero di farsi dragone. - Ma l'anima atletica d'uneroe trascorre una scala lunghissima dì eventie nullal'arresta; - la sua gagliardia rompe spesso la correntechestrascinerebbe in rovina ogni altra forza fuorché la sua; -poi ad un tratto si trova di faccia una combinazione intricataprofondadove freme l'onnipotenza del Destino. Allora il Genio siconosce perduto- ma non cede sul subito; si sviluppa una lotta dagigante a gigante- e la lotta dura finché le forze da unaparte resistono; - finalmente il Genio soccombe- il Destino superaperché il Destino è ciò che deve essere. Chedeve fare allora l'eroe? - progredire è impossibileperchéuna barriera di adamante gli chiude i passi; - rovinare in fondo èimpossibileperché la natura del Genio è di salirefinché può. Allora l'eroe decide di morirenon giàperché vuoi morirema perché non può piùvivere. Non è il delirioche spinge; è la coscienzache sceglie. Il Genio si scava la fossa su quel gradinodove laFatalità gli ha reciso l'ale; - e si scava la fossa perinsegnare che il sistema del Bene va portato innanzi finché sipuòe non va rinnegato colla codardia del tornare indietro.Certo il suo concetto era di salire al som­mo della scala epiantarvi lo stendardo della vit­toria. Dio non ha voluto- egliè morto. Egli non poteva vivere sospeso fra il cielo e laterra.

Catonesta per la repubblica- e combatte all'usurpatore a palmo a palmo ilterreno; ma questipiù felice di luilo incalza di provinciain provincia- lo soffoca coll'alito ardente della vit­toria.Catone finalmente è in Uticachiuso in cir­colo magicodonde gli sarà impossibile uscire come dalla tomba. - Giàsi sente fremere a tergo il delitto e la fortuna di Cesare. Ma i fatinon sono per lui- egli lo sa. Non v e più scampo- non v'èpiù spazio- non v'è battaglia più da tentare;- la Virtù contro il Fato è un vetro contro una massadi ferro. Catone deve moriree morrà. Poteva rendersi aCesare- ed ci l'avrebbe perdonato- l'avrebbe anche onoratoperché Cesare era un tirannoma un tiranno di genio. Catoneera come quei metalliche si spezzanoma non si piegano. Dovevamorire per dimostrare che la Virtù è un fattosensibilee non un nome vuoto; doveva morireperché la suaragione gl'insegnava pacatamente la morte come un doverela vitacome un tradimento. Se non fosse mortoné i contemporanei néi posteri avrebbero saputo in che più credere. La sua morte fuuna protesta eloquente contro l'usurpazione felice- una guarentigiadel diritto - un confortouno stimolo ai superstiti; e dal suosangue usciva una voceun insegnamento solenne a morire piuttostoche a disertare una causa santa.

EBruto da quei sangue raccolse quella vocee se la pose nel cuore.Quella voce gl'intimò primamente a non disperare della salutedella patria- a tentare la sorte incerta delle armie cosìfece; - poi quando a Filippi fu perduta l'ultima battaglia dellelibertà latineinterrogò quella vocee gli disse dimorireE Bruto moriva incontaminatocome devono morire le animesublimi. - Comprese la san­tità della sua missione- lagrandezza dell'esempio che andava a dare- il frutto immenso di cuiquesto sarebbe stato fecondo nell'avvenire. Il suicidio in lui non fuil consiglio d'uno stretto egoismofu un sacrifizio fatto alladignità dell'umana morale. Se fosse vissutoavrebbe commessopeggio che una viltà; - avrebbe messo in dubbio i dirittidell'uomo; - avrebbe sanzionata la scelleraggine trionfante; neavrebbe in certo modo velate le vergogne: - così la lasciònuda- così col suo sangue si appellò pei dirittidelle nazioni alla ven­detta dei posteri rigenerati; - cosìpiuttosto che concederla agli stupri della tirannidevolle condurseco la Virtù vergine nella tomba. Brutoanima esaltataeinflessibile nell'amore del grande e del giustoera portato alsuicidio dalla necessità e dal dovere. Non gli rimaneva a farepiù nulla né di buono né di grande; - non glirimaneva né anche di sedersi sulle rovine della patriaesciogliervi un canto funereo; - le rovine della patria erano ormai loscanno dei Cesari. - Doveva fuggire? Il pensiero solo è unsacrilegio; - ma e in qual parte di mondo fuggire? Il mondo era unaprovincia romanae qualunque nazione avrebbe portato a gara la testadel Bruto in aggiunta ai consueti tributi. - Doveva ri­correrealla clemenza di Augusto? Oh! l'ultimo dei Romani non potevaricorrere al primo dei tiranni. La Fatalità aveva incatenatolui alla Repubblicae la Repubblica a luiErano due in un destinosolo; - dovevano esistere insiemeperire insiemee peri­rono. Epoi conoscete voi la clemenza di Augusto? Ve lo dica Perugia. -Augusto non aveva che ta­lento e libidine d'imperio; - del restoineccitabile come una pietra; un alito di passione non aveva maiincrespato quel mare morto dell'anima sua. Un giorno fece un contoebarattò la testa di Cicerone suo amico contro quella d'un uomoche appena conoscevacome farebbe un fanciullo dei suoi ba­locchi;e sotto manto d'amore carezzava Cleopatra per menarsela a Roma incatene in un giorno di festa e d'orgoglio. Augusto avrebbe messo latesta di suo padre per puntello a un piede del tronose quel piedenon avesse posato in piano.

Ilsuicidio di Catonedi Bruto e di mille martiri della veritàè un eroismo- un fatto di natura trascendentaleche sfuggeal compasso di una volgare filosofia. È il punto culminantedell'umana grandezzaè il sacrifizio. L'invidia sola puòtentare d'impiccolire le proporzioni colossali d'un tanto fenomenoma la ragione sdegna l'analisie si contenta di venerare. Ilsuicidio è vero che in questi casi stacca un fiore dallacorona della Virtù; ma la Gloria raccoglie tosto quel fiore-ne fa una stellae l'aggiunge al suo serto immortale.




CAPITOLODICIANNOVESIMO


PoffareDio! ho scritto queste quattordici pagine tutte d'un fiatoe contanto impeto che me ne trovo stordito. Ho lasciato fare il piùal sentimentoe alla penna; - al cervello è toccata la minimaparte. Non so se sia bene; - comunque siasiè andata così.Mi son voluto lasciare andaredove il flutto voleva portarmi- holasciato le vele in balia del vento. Se invece di arrivare in portoho dato in secconon ve ne prema; - il danno è tutto mio.Quando me ne vada il peggiovuoi dire che non avrò ragionato.Benissimo; - è una cosa che mi succede spessoanche quando hole più serie intenzioni di fare il contrario. - Per me èuna baia. - Quandoque bonus dormitat Homerus. Non lo dico persuperbia di paragone- lo dico così per citaree per farvedere che anch'io sono stato in collegiodove in quattro annim'insegnarono a non sapere il latino. Non lo dico per superbia diparagone. Omero era ciecoe poeta; io invece ho due begli occhienon sono né poeta né prosatore. Scrivo per capriccio -per far diventar nero un foglio bianco. Scrivo perché non hoda ciarlare con nessuno; ché se io potessi anche con unavecchiaanche con un bambinonon pensatenon toccherei la penna.An­date a leggerese vi riescequello che ho scritto quando ionon era in prigione! Certo potrei parlar meco stesso- ma non voglioavvezzarmiciper. ché uscendo di prigione con questo vizioeportan dolo meco in societàmi potrebbero prender per matto.Assai in fatto di giudizio non godo di un credito troppo esteso! -allora la storia sarebbe bella e finitaD'altrondequando ioscrissi le suddette quattordici pagine avevo il cuore pieno pieno -non so di che - ma veramente pieno- e bi­sognava sfogarlo. Sefossi stato un romanticoavrei scritto una ballata malinconica; seun classicistaavrei scritto un'elegia; - se un musicoavreican­tato qualche melodia del Bellini. Ma io non sono nulla ditutto questo- non so che fischiare; - però lo faccio quandoho l'umor neroo quando una coppia di grilli mi mettono in festa diballo la fantasia. - Del restove lo ripetoho scritto quel che iosentiva; - il calcolo ci è entrato per un mo­mentoe poifuori. L'anima ha qualche quarto d'ora in cui se ne vuole star solasola con le sue sensa­zioniliete o dolorose che sienoe guaise la mente vuoi venirne a parte! - guasta tuttocome qualche visoantipatico spesso mette il freddo e il silenzio in un crocchiocordiale d'amici. D'altra parte è impos­sibile star sempresopra una nota- equand'anche ti riuscisseverresti noioso atuttie i casigliani ti caccerebbero dal casamento. La vitaa volerche sia bellaa voler che sia gaiaa voler che sia vitadev'essereun arcobaleno- una tavolozza con tutti i colori- un sabato doveballano tutte le streghe. Il sollazzo e la noiail pianto e il risola ragione e il deliriotutti devono avere un biglietto per questofestino. Che serve far della vita una riga diritta di­rittalunga lungasottile sottilenoiosa noiosae color della nebbia? E'un volersi reggere sopra un piede solo- è un mettere l'animaumana nella stessa situazione in cui si pose lo Stilitache stettequarant'anni in cima a una colonna. Vuoi essere un'orchestra pienaenon un piffero solo; - varietà vuoi essere. Viva la varietà!Per tutti questi motiviio ho scritto quattordici pagine senzapensaree non me ne pento. Giorgio Spugna mio dilettissima amico miha ripetuto sovente queste notabili pa­role: << L'uomo cheè sempre savio vai poco più dell'uomo che èsempre pazzo; - est modus in rebus; - l'arte di pensare èun'arte che va stimata e riverita; è una fatica concessaall'uomo e negata alla bestia; - ma il farlo sempre si assomigliaall'avaroche conta e riconta perpetuamente i suoi scudi; - qualchevolta bisogna spendere; - il co­perchio rompe il coperchio; -qualche volta bi­sogna non pensare per riflessione; se noall'ultimospesso invece di una scoperta psicologica ti trovi diaver pescato un'emicrania >>. Così mi diceva GiorgioSpugnafilosofoche si è fatto da sésenza bisognodi librisenza bisogno di Pisadi Bologna e di Padova. Non giàche Giorgio Spugna sia ritroso al viaggiare- anzi è questoun suo desiderio vivissimoe giuoca sempre al lotto per vedere se ungiorno o l'altro potesse mettersi in corso; e mi ha giurato piùvolte che se ottiene il suo intentovuoi fare il giro del globocomponendo un trattato di pratica comparata sui migliori vinidell'uno e del­l'altro emisfero. Mi ha detto ancora che girofa­cendo non avrebbe scrupolo di mettere in carta le sueosservazioni di qualunque altra manieradacché egli purepossiede un cannocchiale fatto da sécol quale guarda tuttigli atti di questa umana tragicommedia. - Ma io noi farei-soggiungeva Giorgio- giusto appunto perché mi èvenuto fatto di osservare che le opinionianche buttate làcolla stessa insouciance colla quale soffio il fumo della miapipapossono cadere in frodo peggio del ta­baccoe la multa nonè lieveed è certa sempre la perdita della merceetalvolta anche quella della persona; per questo io noi fareieprocurerei al summum di tenermele a mente per ridirtele poitesta testa nel giolito d'un simposionell'intervallo fra unbicchiere e l'altro. - E credete che Giorgio Spugna è piùfilosofo di quel che non parepreci­samente perché nonpare un filosofo. E ripeterò con lui: qualche volta bisognaspendere. Che direste d'un uomo che stesse da mattina a sera aguardar l'orologio per far buon uso del tempo? Per lo meno perderebbeil tempo a vederlo passare. Mettetevi in tasca l'orologioe fate leVostre faccende; l'oro­logio consultatelo di quando in quandosecondo il bisogno. Bisogna fare tutti la sua parte; e se colti­vateuna cosa solae l'altra trascurategodete meno e le altre vi vannoa male. Così è come io ve la dicoe vi esorto acredercio almeno potete fidar più sul mio senno quand'iodiscorro alla buonae senza pretensioniche quando mi metto in ariadi ragio­nare. Soprattutto rammentatevi il nome e le opi­nionidi Giorgio Spugna. Ei se lo meritaed a me farete cosa cara.




CAPITOLOVENTESIMO


Ioho detto nel capitolo XVII che sono in pri­gionee lo confermonel capitolo XX. Oggi finiscono trentaquattro giornie non isbaglio;in mancanza del lunario li ho contati due volte sulle dita.

Achi me l'avesse detto il 2 di settembre io avrei riso in faccia di uncotal riso da venirne a duello. Eppure io ci sono!

Benedettii primi giorni della mia prigionia! - Io era così semprefresco del passatoche sovente mi riusciva d'illudermi. Soventesopra pensiero chia­mava ad alta voce la servaperché mirecasse una cosa o l'altra; e sentendo che nessuno mi rispon­devaio mi accertava allora della prigione; ma ci rideva soprae non erapiù altro. Sovente sopra pensiero in un batter d'occhiom'indossava la giubbami calcava in capo il cappelloe tuttoin­furiato andava per uscire; - ma giunto alla porta mi accorgevache il chiavistello stava per di fuori- segno evidente dellaprigione; - ed io al so­lito ci rideva soprae non era piùaltro. Benedetti i primi giorni della mia prigionia!

Oggiperò è ben diversa la cosa. Io son mesto e spossatodalla noia - e così penetrato fino al mi­dollo dalconvincimento di essere in prigioneche questo pensiero dinanzi agliocchi e alla mente mi brulica in infinite formecome uno sciame diatomi innumerevoli traverso un raggio di luce; e così mi si èdentro inchiodatoche nei primi tempi della mia nuova libertàper avventura crederò sempre d'essere in prigione.

Iosono mestoe spossato dalla noia. La noia taci­tamente hatramato per me una così gran tela che io non vedo parte dondesalvarmi. Io son la mosca di quella telae più che mi dibattoper uscirnee più vi do dentro.

Oh!la noia è una parola sola- una parola breveche non contapiù di quattro lettere- ma il provarla è tal volumeche uomo al mondo non sfoglierebbe così per temponécosì di leggieri. La noia è l'asma dell'anima- èuna ruggine che può consumare la meglio temperata lamache sidia; - è una cosache dai capelli alle piante ti fascia lacute d'un senso umidofastidiosoti perverte l'oc­chioe ti faveder tutto in bigio; - toglie il sa­pore al gusto- lafragranza ai fiori- la dol­cezza all'armonia. Schiaccia l'acumedell'intellettoe lo rende bestialmente stupido- e insugherisce ilcuoremortificandone la squisita sensibilitàdisseccandovidentro la lacrima del piacere e del dolore. Oh! la noia è ilpiù insopportabile dei nostri doloriperché èil dolore della stanchezza; perché non ec­cita in noi unaforza che valga a combatterlo. Essa non è un vulcanoma copredi freddissime ceneri il sorriso della natura intera.

Ele ho tentate tutte per medicarlama senza pro. - Il leggere non migiova; - sto mezz'ora sopra un verso- e poi gitto il libro. Non hopiù coraggio né anche di scrivere i miei ghiribizzi; imiei grilli son morti d'inedia; - essi volevano l'erba fresca delpratoe l'alito dell'aria aperta. - Non mi giova il passeggiare; -vado in su e in giù per dodici passi della mia prigionee dilì a poco torno a se­dermi colla vertigine. - Se miaffacciovedoè veroun bel cieloma le sbarreche mitraversano l'occhiome lo tingono di color di ferro; - vedo uncerchio di montie mi paion sepolcri; - vedo una mandra di soldatiche la disciplina militare ha sa­puto convertire in altrettantiarcolai. - Pallida mi apparisce la verdura degli ortie dei vignetie il canto degli uccelli mi suona lamento.

Alaspoor Yorick! Io mi curvo sotto un pesoche non posso piùreggereho fatto di tutto per sollevarmene. Ho contato le battutedel mio polsoe ho dovuto smettere; - ho fatto la guerraagl'insettiche mi son compagnie ho dovuto smettereperchéson troppi; - ho contato i travicelli delle mie due camerettee sonodiciotto e mezzo; - i travi grossie son otto; - ho contato perfinoi mattonie son tre­cento novantuno. Io non ho più pacee non so come averne. Non posso più pensare né alpassato né all'avvenirespazi così vastie cosìcomodi per il diporto dello spirito. Son confinato nel presente- eil presente di un carcerato non è già il Tempo coll'alisnelle velocissime- è una figura di piom­bo sdraiata inun canto.

EloiEloilamma sabactani. E come fare per il resto di tempochedovrò starmi in prigione? Aves­sero almeno detto; - cistarai tre mesisei mesiun anno- manco male; - ogni sera con unso­spiro esclamerei: - v'è un giorno di meno! - Se iopotessi avere dell'oppioforse sarei felicee certa­mentetranquillo; - l'anima mia dolcemente asso­pita passerebbe le suegiornate in un mondo aereomultiforme- un mondo cosìdovizioso d'illusionie d'immaginiche la più alta fantasiadell'uomo desto può concepirne appena una frazione ben minima.Ma non posso sperare nell'oppio; - i miei custodi l'hanno in concettodel veleno e non me lo farebbero vedere né anche dipinto. Eper questo io ho desiderato le mille volte una febbre acutache milevasse fuori di me fino al giorno della mia scarcerazione. Ma lafebbre anch'essache pur non dipenderebbe dai miei custodinon vuoivenire - non vi è rimedio; è un caliceche bisognaberee né anche Dio potrebbe rimuovermelo dalla bocca.

Eccoqui; tutti i giorni sono i medesimimisu­rati dalle medesimevicende. Alle Otto la mattina il solito caffettiere colla solitacolezione; - al tocco il solito pranzo portato dai due solitiselvaggiche si son rubati il nome di camerieri. Il pranzo ècom­posto sempre della solita zuppae di tre pietanzechesembran tre morsipresso a poco sempre uni­formie di rado unadi quelle variatain un uccello strano- una specie d'uccellocheavrà che fare coll'ornitologiama non so se abbia dirittoall'in­gresso d'una cucina; - una specie d'uccelloche a casamia non ho mai veduto né per ariané sullo spiedo. Ionon so dove trovi quegli uccelli il trat­tore; - mi pareimpossibile che un cacciatore li troviese li trovache abbia ilcoraggio di spen­dervi sopra una botta. Ma io ho veduto spesso iltrattore sur un campanilee di certo ci vi andava per quegliuccellie per noi.

Eil Profosso? Mutassero almeno il Profosso una volta la settimanacome avevano cominciato dapprima! Ma dopo una volta non l'hanno piùfatto. Eccolo là- è sempre il medesimo Profosso-col medesimo viso - col medesimo passo- col me­desimo vestitobianco mostreggiato di rosso- colle medesime chiavicoi medesimi12 articolista­biliti contro di mee contro di lui- colmedesimo suono di voce. Fin qui il Profosso non è ancorain­freddatoper sentirgli fare almeno una voce diversa. L'unicamutazioneche segua in lui qualche voltaè quella da uncasco a una berretta. E un uomo anche egli convinto della disciplina- convinto dei suoi superiori- persuaso che le basto­nate sienoun dovere a darlee a riceverlecome voi siete persuaso a grattarviin quella parte ove vuole il prurito. - Oh! le strane fantasie dellanoia! Quante volte non ho io desideratoper non vedere sempre ilmedesimo Profossodi vederlo un giorno con un occhio soloun altrogiorno con tre; un giorno con due nasiun altro giorno colla boccasulla fronte; una domenicaquando mi accompagna alla Messachecamminasse colle mani e coi piedi; un lunedì di vedermelovestito da donna; un gio­vedì colla testa voltata dallespalleun venerdì senza testa. Ma il Profosso non si mutamai- è inesorabile; e ogni giorno viene a menarmi fuori perprendere un'ora d'ariacom'egli dicee spesso mi tocca inveceun'ora d'acqua. E sul primo anche questo era un conforto- ora non èpiù. É sempre il medesimo Forte della Stella- lemedesime salite- le medesime scese- i medesimi sassi ri­bellie pronti ad offenderti- i medesimi cannoni- i medesimi soldati; -non si trova un uomoo una donnase tu li pagassi a peso d'oro.

IlProfosso è una disperazione; - quando io gli chiedo se ci ènessuna nuova del mondomi ri­sponde sempre che non vi ènulla di nuovo. Possi­bile mai! - bisognerebbe che tutto il mondofosse in prigione. - Eccolo là il Profosso! èinconverti­bile. - Viene tre volte al giorno nella mia stanzauguale ugualesenza pendere un capello da quello che era la vigilia;e mi dice se può entrarequando è già entrato;eallorché se ne vami domanda se io voglio nulla. Egli lofa per doverenon ci mette ironia- così voglio credere; -ma quella dimanda mi fa il sangue più agro. O Profosso!Profosso! Se tu sapessi quello che lo vogliocertamente non me lodimanderesti due volte. D'ogni tre volte due almeno io voglio che tuvada al diavolo.

Ela notte? - non me la rammentateper l'amore che portate a voistessiLa notte è per me l'eternità di un dannato. Lanotte con quel suo vasto si­lenziocosì propizia aifantasmi poeticial meditare profondoper me non significa nulla; emi scende sull'animafreddapiattae pesante come una la­pide.Invoco il sonno coi nomi più lusinghierima vanamente.Disteso sopra un letto né cattivo né buonomi volto adestrami volto a sinistrami giaccio supinomi giaccio bocconimando fuori un Gesù miomando fuori una parola arovescioma il sonno non viene. La notte la noia non è sola;- chiama sull'armi le zanzaree mi fanno una guerra mortale dafedeli alleate. Finalmente prendo un poco di sonno- ma torpidovuotosenza balsamo di ripososenza sogni. Potessi almeno farmi de'sogni! ché la mattina di poi m'ingegnerei a farne la storiaea metterli in bello stile.

Sulprincipioquando veniva la notte io mi con­solava standomi allafinestra a godermi lo spirare dei venticellie lo spettacolo solenned'un bel cielo italiano. Madopo quello che avvenne una seraoraappena cade il crepuscolo io chiudo le impostee disperatamente micaccio nel letto. Sentite quello che mi accadde una sera. Io me nestavacome v'ho dettoimmergendomi lo spirito nella conside­razioned'una gloriosa naturaassorto in uno di quei momenti d'estasi ed'oblionei quali l'uomo non è più una poveracretama è pellegrino del­l'Infinito; e guardandosospeso sopra di me quel­l'azzurro immensoserenogioiosomagnifico di stelle e di misterimi sentiva sollevaremi sentivaintenerire: - a un tratto mi venne fissato l'occhio sulla Lunachespuntava in un lato del firmamentopallida amabilmente e modesta; -allora il mio sentimento cominciò a svilupparsi in una formapiù precisapiù palpabileed io volli esprimerlo conun inno e cominciai:


Èmesto il raggio della Luna e Dio

Lotemprò in armonia colla sventura.


Macome fui a questo puntouna fata leggiera leggieracoll'ali colordell'iridemi trasvolò din­nanzimi fece un inchinoemi diede la buona notte. - Era la Musa. - Io sul subito non me neaccorsie non seppi interpretare in buona parte quel suo consiglio.Quindiper non dirvi le bugieavrò ripe­tuto almeno uncento di volte quei due versi in ca­denza accademicama il terzonon venne mai. Alla fine ripensai più pacatamente alla figuravedutae tra il dispetto e l'umiliazione mi coricai.

Ionon conosco a prova il martello della gelosia- mafaccia purel'estremo di sua possanon può arrivare altra noia.

OTorquato Tasso! io non ti chiedo nulla che valga; - non ti chiedoquella corona di stelleonde tu cingesti in Palestina la Musaitalica; solo chiedoreverentementeche tu mi dica come facestiquando al magnanimo Alfonso piacque decretarti pazzoechiuderti per lunghi anni in un ospedalecome facesti in quei lunghianni a pensare alle sette gior­nate del Alfonso Creatomentreio in trentaquat­tro giornise qualche volta ho pensato almondoho pensato dì disfarlonon già per istizzamaperché mi sembra mal fatto.

OSilvio Pellico! io non ti domando la tenera ispirazioneche saràun palpitò del cuore finché l'Amore sarà unapassione dell'uomo; ma ti domando soltanto d'insegnarmi donde traestila tua decenne pazienzaa costo di fare un facsimile delletue Prigioni che io non t'invidio punto né descrittené in pratica.


N.B.- Questo capitolo naturalmente è fuori dellagiurisdizione della critica; egli non ha pretensioni; - è ilcapitolo della noia.





CAPITOLOVENTUNESIMO


-E del mondo che n'è stato? - Cosa volete ch'io ne sappiaioche son qua nel Limbo? Io ho lasciato il mondo con un segno atraverso; come si fa d'un libronon finito di leggere. E chi sa seal­l'uscire troverò più il segno? Chi sa che cosasia seguito del mondo? - potrebbe essere stato scosso da una sequenzadi terremoti- allagato da un nuovo diluvio- potrebbe essere anchesparitoed io non saperne nulla! Che cosa volete sapereo sentirequassù nel Limbodove si sta un piano almeno sopra le nuvole?

Chisa che cosa possa esser seguito? Quando io lo lasciaiera unamatassa arruffata davvero- e tutti aguzzavano l'occhio a trovarneil bandolo; - e forse è il mio beneche adesso io non ci siadentro. Voi sapete come vanno le cose laggiù. Io non sonomolto destro a girarminé posso allungare il passo un'onciapiù dell'usato; - e quando il mondo è in baruffacredete che una gamba lesta vale un diamantee una testa leggiera sitrasporta via più comodamente. Guardate Archimedeche vi­vevaalla buonapensando che gli uomini non fos­sero quello che sono- che fidava nella sapienzae non sapevaquel vecchio dabbenechedue bestie son buone a mettere in prigione un filosofoe a trattarloanche peggio! Guardate Archimedee specchiatevi in lui! PrendevanoSiracusa d'assaltoed ei non se ne accorgeva; - un soldato romanogli entrava nella cameraed ei non se ne accorgeva; - il soldatoromano d'una testa gliene faceva dueed Archimede non ebbe tempo diaccorgerseneperché invece di vivere nel mondo coi lombiprecintie col bastone in manoviveva alla buona nella Geometria.Oh! Il mondo è una mala cosa!


Tantopeggiora più quanto più invetera:


-diceva il Sannazzaroor son trecento e più anni. Figuratevioggi!

Chisa che cosa è seguito del mondo? se vien sempre composto dicinque parti; se le.stagioni son sempre quelle che erano; - se idebiti son sempre debiti; - se i ganci son diventati diritti? - E chimi dice se in fondo in fondo avesse ragione D. Mi­guel o D.Pedro? Se Ferdinando VII sia morto o vivoe se in Ispagna siaprevalsa la legge salica o la successione della Infante? E comenaviga Grey colla Riforma? E Wellington coi Tories e col suoWaterloo? E i radicali? E l'Irlanda? E Talleyrand è laicoosi è fatto vescovo? è sempre zoppo? si trova in gradodi servire un nuovo padronese il caso glielo mandasse? Talleyrandvi parrà capric­ciosoincoerente; ma non è vero; -i suoi sistemi si rannodano tutti a un principio unicoincontrastabile; - girano tutti sopra un pernio solo- laperpetuità della paga. - E che fa Lafayetteottimo cittadinose voletema infelice politico dagli anni venti agli ottanta? - ELuigi Filippoquel bisticcio fe­licemente platonico di re ecittadino? - Che fa questo primo re dei Francesi e forse ultimo? E ilnaso di Argout è cresciutoo scemato? e i forti di­staccativanno avanti o sono rimasti alle fonda­menta? - manca la calcemancan le pietre? parlino se ban bisogno; - in bocca chiusa nonv'entran mosche. - E la repubblica è sempre nell'uovo? equante uova si trovano vuote? domandatelo a una massaia. E la Berrynon batte più la campagna? - vuoi come Annibale lasciarsiinvilire dagli ozii di Capua? e il suo Dieudonné comecresce? E che fanno i Francesi tutti quanti; questo popolo difarfalle insanguinate? E i bollori dì Svizzera a che ter­minesono? - e i Protocolli sul Belgio sono anche arrivati a duemila? E laGermania come procede? Non vi somiglia la pizzuga scolpita sulleporte del duomo di Pisa? Vi ricordate del motto latino che le stasotto? A me è uscito di mente. - E il Con­gresso diToeplitz aggiornato è trasportato non so dovehacominciato le sue sessioni? E Costantino­poli non è ancorala capitale della Russia calda? E il viceré d'Egitto quietasinceramente coi suoi mammalucchi? E gli Stati Uniti d'America chihanno surrogato al morto presidente Jackson Forever? e... e...non finirei mai più questa lunga inte­meratasediscretamente non mi frenassi. - Però da tutte queste domandevedete se io stava in giorno colla politica. - Ora che mi risponde?Eh! non si fa più vivo nessuno. - Io sono nei Limbo e nonposso conversare nemmeno coi Patriarchi; poiché egli èun bei pezzo che se ne andarono in Paradiso. - E quassù noncapita un giornale né anche a portarcelo. Io non pretendereila Tribuna o il Nazionale- olbò! costorotuttavia son troppo roturierse non possono penetrare incerti luoghi de bonne facon: mi contenterei d'avere l'Ètoileo la Quotidienneo se vuoi pure la Gazzetta diFirenzegazzetta placida e innocente come un idillio di Gessnere che Ferdinando III giudiziosamente chiamava la Gazzetta deifattori. Ma a chi chie­derla? Io non parlo che col Profossoed egli è tale da dlinandarmi se la Gazzetta èun utensile buono per il giorno o per la nottee se Firenze èuomo o donna; e schiarito che fosseallora cava fuori i 12 articolie mi chiude la bocca. - Vedete voi quanti nodi ho fra le mani dasciogliere e non posso far nulla! - E son nodi gordianie forse aquest'ora la spada li scioglie.

Siacome vuolsi; però io non posso rimaner sospeso a questo punto;e quel lasciar la figura condotta a mezzo senza farle le gambe otorteo diritteè cosa che non mi fa dormire tutta la notte.In con­seguenzapoiché m'è conteso di vederel'anda­mento proprio degli affari come vali passeròtutti novamente in rivista e ad ogni punto farò una par­latacon l'intenzione che 'le cose sieno accomodate secondo i mieipensamenti.

Ecominciando dal Portogallo dirò; Don Pedro e Don Miguelmeglio era per voi e per gli altri che non foste nati mai: che cosaavete fatto di buono nel tratto del viver vostro? Avete rinnovato lescene disoneste di Eteocle e Polinice; - avete riaperte a piùriprese le piaghe Sempre fresche e non ancora ben rimarginate di unpaese già troppo Sciagurato. - Invece di sottrarlo dai tantimaliche l'igno­ranzala guerra e la dominazione straniera gliavevano impostolo avete più che mai imbarbaritoin­sanguinatoinservilito. - Voi non siete l'uno meno peggiodell'altro; siete due veri fratelli; due lupi legittimi; név'è divariose non che l'uno è nato prima e l'altro ènato doponon v'è divario che nel pelame. Se il popoloinfelice che voi lacerate colle vostre contese potesse afferrare unbarlume istantaneo dì giudiziometterebbe in un otream­beduee poi darebbe l'otre all'Oceano per vedere dove i ventiSapessero portarvi.

Edirò a Ferdinando VII: o reche se non coi piedicolla testaalmeno sei da gran tempo nella tombabada a quello che faibada alSangue che per cagion tua è in procinto di Spargersi. Quandosi abolisce una leggeconviene sostituirvene una migliore;altrimenti si commette un delitto in po­litica. Tu abolisci lalegge salica; ma se non riempi quel vuoto con una cosa piùsaviapiù solidapiù giovevole all'universaleilmeglio è che tu ti ri­manga. Se tu abolisci la legge perun meschino egoi­smoper surrogare una donna soltanto aun'antica consuetudinebada alle molte disgrazie che prepari allaSpagnaforse ormai troppo disastrata. Una donna merita un bacioenon una guerra civile. - In questa terribile alternativa il meglio èche tu osservi un patto fondamentale giurato dai tuoi maggiori.

Diròa lord Grey: voilord Greycolla vostra ri­forma credete diaver fatto troppoe a molti pare che abbiate fatto troppo poco. - Leriforme vanno fatte complete o non vanno mai tentate. Voi avete forsecominciata la rivoluzioneche credevate schi­varerivoluzioneche riescirà sanguinosaimpla­cabilegiusto appuntoperché le vostre riforme a mezzo non hanno contentato nessuno;- non hanno fatto che irritare i due partiti. - Se voi aveste fattouna riforma completae placato il parti­to più largoavreste compressa definitivamente la mi­norità eassicurata la quiete dello Stato. Le rivo­luzioni stanno nellanatura dell'umana società; ché se fosse altrimentinoisaremmo sempre al secolo di Saturno a nutrirci d'acqua di ghiande; machi ha nelle mani il potere potrebbe prevenire qua­lunquerivoluzione di sangueove si applicasse in buona fede a osservare ibisogni e il moto indicato dalla maggiorità d'una nazioneesu questi dati re­golasse i pubblici provvedimenti. - VoilordGreycredete d'essere l'aquila del liberalismo e siete qual­checosa meno di Leopoldo I e di Giuseppe IIso­vrani assoluti.Questinati in un secolo ben diverso e circondati da ben altripopoliprecorrevano il voto e il bisogno comunee davano spontaneitante e tali riforme che i contemporanei non osavano ne anchedesiderare. E chi sa quanto sarebbero andati in avantise unprecipizio d'eventi non veniva di mezzo a rompere i bei disegni.

Edirò a Wellington: e voisignor Wellington cessate una voltadi ristuccarci perpetuamente con quel vostro Waterloo. - Voi aveteche fare in quella faccenda quanto l'ultimo dragone del vostrireggimenti. Non foste voi che vinceste colà; ma fu il bracciodi tanti popoli suscitati colla lusinga di una generale indipendenzache fiaccò su quelle pia­nure il monarca europeo. Che chene dicano i poeti laureati e i vostri commensali voi nonavrete mai fama dì un gran guerriero. - Noi avevamonell'ul­time guerre centinaia di sergenti italiani cheposti sulvostro teatroavrebbero fatto meglio e più presto di voi. -La storiase pur vi serba una lineasarà per darvi unaparola dì lode in occasione che vi faceste sostenitore di unagiusta leggequando concorreste caldamente all'emancipazione deicat­tolici.

Edirò ai Francesi: popolo inquietopopolo mer­curialetuscrivi e gridi d'esserti messo a capo dell'incivilimento moderno. Ionon te lo nego e non te lo concedo; - è una questione chevuole troppo tempo e troppe testimonianze. Non pertantocono­scendobastevolmente la tua storia domesticanon posso rattenermi dalconsigliarti ad apprendere quel dettato di Cristoperché cadeveramente in acconcio alle tue condizioni: - medicecura teipsum. - Metti da una parte la propagandafinché tu nonabbia maggior diritto di assumerlae sappi che le nazioni si muovonoper necessità propria e non per ciancie altrui. Pensa invecepiù da vicino ai casi tuoi. Che ti sembra di quel tuo recittadino che non è né cittadino né re? Certotre giornate di sangue e diecimila cadaveri meritavano un migliorguiderdone. Ora che hai provato l'ipocritaè egli piùbuono del Borbone della prima razza? Non ha egli violato i patti piùvolte e più vituperosamente che non fece quell'altro? Nonrassomigli forse le rane della favolache non contente di untravicelloa suon di schiamazzi ottennero alfine un serpente?L'altro almeno regnava in nome di Dio e della forza! Questi dice diregnare in nome del popolo che continuamente avviliscee un dìtradirà. Ma in nome di qual popolo? Il vero popolo non avevaanche avuto tempo di tergensi bene la fronte ab­brustolita dalfuoco della battagliache si trovò sul dorsosenza saperneil comequesto re che vuoi cavalcare e non sa cavalcare. L'altro perconsentaneità di massime si teneva d'accordo coll'Europa: -questi senza fare un bene al di dentrocolle sue meno codarde eparalitiche al di fuori ti ha messo in odio di tuttie quando lalega europea verrà contro di tesarà il primo afuggireo stringerà le destro dei tuoi nemicidividendo conessa le tue vestimenta. Non conoscevi l'ipocrita prima di co­ronarlo?Ebbene ora che tu l'hai conosciutoora che al di fuori ti ha resoridicoloe che al di dentro ha corrotto e violato tuttoche vuoi tufarne? Vuoi seguitare a tenerloperché seguitando egli aingoiare furiosamente il tuo oro e il tuo argentotu ti troviridotto a far le monete di cuoio? Egli non è renécittadino. Non ha la legittimità del lignaggio come Carlo Xné la legittimità del genio come Na­poleone. - Egliè un usurpatore. - Chi non sa governare è unusurpatore. - Fanne un canonicoperché la sua faccia lodestina a quello stato: o se norendilo alla fazione che l'hacreato; alla fazione che ha saputo dissimulare per 15 anni le sueturpitudini e da ultimo ha giuocato una partita di sangue umano perguadagnarsi una pensione o uno sgabello in Senato. - Poi prendi lui ela fa­zione e mettili ai confini: - e allora pensa naturalmentealle tue convenienzee se puoifa' da te; se noscegliti un capocol tuo voto intimoinviolatoe da' sulla voce ai sofisti. - Einquesto casose ti piacepuoi richiamare il giovinetto che varamin­gando in esilio senza una colpa. - Forse egliedu­catodall'infortuniopotrà battere uno scudo da cinque franchi dimiglior lega d'un Luigi Filippo.

Edirò ai Belgi: popolo belga! fra male gatte ècapitato il sorcio. - Tu sei veramente mal ridotto.- Tu fai compassione a vederti. - Se non l'haifatti prestareun Abbaco e sommae vedrai che la protezione francese ti costa assaipiù della nimicizia olandese. Esci dallo stato provvisorio inche ti vai disfacendo. - Fa' che cessi quel visibilio di proto­collicompilati a tuo conto. Solamente le spese della carta bollata soncosì forti da far fallire una miniera. Rimanda a casa sua lasignorina d'Orléanse dacché hai fatto tantopagalemagari la vettura. In quanto poi a quel tuo Leopoldoa quel re dicartapestadagli un bel passaporto per Parigio per andare dovemeglio gli piace: di poi Deus providebit. Da cosa nasce cosae il tempo la governa.

Edirò agli Svizzeri: popolo di pastori e di soldaticomponetepacificamente le vostre discordie e fate ad ognuno la sua parte. -Non vi accecate nell'ira e non chiamate un arbitro nelle vostrecontese. - L'arbitro potrebbe mangiarvi l'ostricadonando il guscioa ciascuna delle parti: - questo è un fatto antico e moderno.

Ealla Germania non dirò nullaperché non so parlare intedesco.

Edirò ai Russi: se voi prendete Costantinopolifarete una cosaottima. Surrogherete una civiltà nascente a una barbarie giàputrida; - e piante­rete la croce ove già stava la luna.Cacciate la luna d'Europa! - La luna è una cosa matta. - Voisiete destinati dalla vostra posizione a padroneg­giare laTurchia europea; - forse a padroneggiare più in là. -Se i Turchi volevano mantenersi e re­sistere via via al fiottodegli eventidovevano fare come gli altri- istruirsiprogressivamente e mettersi al livello comune. - Invece hanno volutori­manersi a sedere; - hanno fissato l'ignoranza per precettodivinoora ne raccolgono il frutto. - La conquista della Turchiaeuropea è un fatto di natu­ra per voioltrediché èun disegno tracciato fino dai tempi di Pietro il Grande esuccessivamente sempre più colorito dagli altri czar. Ilsultanopoicinque anni dopo una guerra dalla parte vostra chel'ebbe condotto quasi al finale esterminiovi ha chiamatospontaneamente nella sua capitaledandosi nelle vostre braccia contutto lo stato. - Bastala poetica del Divano è cosìgelosa di séche non s'è mai fatta vedereed io nonho mezzi di giudicarla. - Non pertanto vi dirò nuovamente: - oRussise voi non avete quest'anno preso Costantinopoliloprenderete quest'altroed io me ne congratulo con voi ora perallora.

Edirò all'America del Nord: salve in eternobeata contrada; tunon hai bisogno di consigli; tu sei troppo superiore agli avvenimentiche pos­sono venir da noi: tu dai un esempio maraviglioso disapienza e di virtùche il vecchio mondo po­trebbeapprenderese fosse men guasto e meno incredulo- lo verreivolentieri sulla tua pacifica terra a riposare uno spiritotravagliatoe un corpo stancose non amassi tanto questa poveraItalia che mi die' i natali e una invincibile simpatia delle suetante sciagure.

<<Riprendi il filoma o poco o assaifa' che tutte questeconsiderazioni stieno attorno a un'ossatura di qualche cosasia unastatua o un mostro. - Quando si ha un fine a conseguirepiùdi leggieri percorriamo la via. - Così decretato e sentenziatonelle carceri della nostra residenza alla Stellaoggi 10 ottobre1833. - Francesco Domenico Guer­razzi >>.

Ilconsiglio dell'amico è sanoe si fonda sopra un precetto diarte che nessuno che abbia fior di. senno potrà mai impugnare;- ma l'uomo fa quello che può e non quello che deveo vuole.Oltre a ciò dal 10 ottobre al dì d'oggiche ne abbiamo3 di no­vembreio non ho più saputo scrivere una riga. Inquesto tratto di tempo il mio cuore e il mio spi­rito sono statiin tanto fermentoche io non saprei con qual mezzo significare. -Ora sono stancoe di tanto travaglio mi è rimasto nell'animail senso di una grave percossa e una romba prolungata e profonda.Perché non posso io narrare nella sua pienezza quello che hosentito nei giorni trascorsi? Se l'industria degli uomini potessetrovare un'arte che lucidasse istantaneamente in tutta la loroefficacia i moti moltiplicati e veloci di una grande pas­sionela scienza dei cuore sarebbe completae il velo di tanti misterisarebbe squarciato. La parola è troppo scarsa e tropposemplice; appena basta per delineare gli svolgimenti pacati delpensiero umano. Perché l'uomo si rivelasse intero comeesi­stebisognava assegnare la parola al calcolo; e allapassione dare un linguaggio complessivoun linguaggio che con unsegno solo esprimesse il suonoil gestoil colorein somma diròcosì la ma­teria e lo spirito di una sensazione. - Inveceal presente la più parte dei sentimenti fremono e muoionoisolati nel cuore dell'individuo senza che possano Sporgere in fuorialla vista di tuttisenza che possano in un attimo comunicarsi dauomo a uomocome la favilla elettrica. - La parola è un beldono; ma non rende la ricchezza del nostro in­terno; - èun riflesso smorto e tiepidissimo del sentimentoe sta allasensazione come un sole di­pinto al sole della natura.



CAPITOLOVENTIDUESIMO


Iosono stato sempre tentato a credere che anima e corpo sieno una solafaccenda; che l'anima sia la risultanza sommaria delle nostrefunzioni orga­niche; - e che scompigliato una volta l'ordinesim­metrico della nostra organizzazione vada tutto in fumonumeri e somma. - Noi vediamo che l'uomo ha anima più o menoperfetta in proporzione che possiede un organismo più o menoperfetto. - Noi vediamo che quando il minimo accidente sconvolge ilnostro tessuto fisicol'anima seconda immediata­mente cotestaalterazione. Noi vediamo l'anima detirare nell'ebbrezzanellafebbrenella pazzia; - os­serviamo sovente l'uomo prode nelfiore della forza e codardo nella vecchiaia; - osserviamo il talentoche è l'effluvio il più puro dell'anima descrivere lasua curva a passo pari cogli anni. - Nei bambini noi vediamo un'animain abbozzoche si spiega gra­datamente collo sviluppo dellemembra. - Noi ve­diamo che l'anima dell'uomo vinto dal sonno èun'anima diversa da quella dell'uomo che veglia. - Io sono statoassorto nel transito profondo di una morte imminente e non aveva piùsentore di corpo né d'anima. - Io sono stato otto giorni diseguito immerso nel calore di una febbre malignae quegli ottogiorni sono per me una lacunauna parentesi in bianco nel trattodella mia esistenzase pur l'esistenza vuolsi calcolare dalsentimento. E quantunquestando a rigore di logicain natura nonesistano paragoniperché due oggetti disparati non possonomai equivalere pienamente l'uno a l'altrotuttavia io credo chel'ente complessivo di corpo e d'anima per via di approssimazionepossa paragonarsi a un violino. - Il violino è il corpoilsuono è l'anima. - Spezzate il violino e non v'è piùstrumento né suono.

Madicono molti che l'anima attende appunto di liberarsi dai legami delcorpo per riassumersi in­tera nella purezza della sua essenza evivere in un altro mondo una vita immortale senza più esseresottoposta alle tante e diverse modificazioni della natura. Costoroperò si dipartono da un'ipotesi e non hanno l'indizio di unfatto minimo sul quale basarla. Invecechi crede nel sistemacontrario si appoggia ad una serie di fatti apparentemente visibili epalpabili. - Se tu osservi com'è in realtà che con uncolpo nella testa l'anima simultaneamen­te rimane percossa e perun tratto le sue facoltà ri­mangono sospeseragion vuoleche tu infierisca che quando la morte con un colpo finale distruggele molle che tengono in giuoco la nostra macchinal'anima purerimanga simultaneamente distrutta. Quello che succede in partesipuò argomentare con una tal quale sicurezza che debbasuccedere nel tutto- è una legge di proporzione. -D'altronde ripugna al calcolo dell'intendimento umano che l'animalaquale in certo modo si ecclissa per un'emicraniadebba rimanersiintatta e più potente di primaper esempioal toccodell'apoplessiache spegne la vita colla rapidità delfulmine. - Oltre di che sapete voi in buona fede concepire l'animafuori del corpo così nudanuda e priva di qua­lunqueforma e sostanza? Per me questo è un ac­cozzo di paroleche la lingua può mormorarema non è un'idea che lamente possa afferrare e defi­nire. - La mente nostra non hapotenza di conce­pire un numeroche non esprima nessunaquantità. L'uomo non può e non deve credere se nonquello che entra nei limiti del suo intendimentoe deve rifiutarequello che sta al di fuori di questi limitiperché non hamezzi di verificarloperché se co­mincia a credere quelloche non intendenon saprà più mai quando avràdinnanzi l'errore e quando la verità..- Di làdall'orizzonte segnato all'intelligenza giace il mondo della fedemondo di fantasmi e di tenebree chi procura sospingervi dentrol'umanità è un cervello malatoo è unimpostore. E la fede non è il riposo dello spirito umanoma èun'inerzia funesta che ne ferma il movimento e lo fa impu­tridire.- La fede è la verga magica del furbo colla quale si fa largonel mondoed impone agli uomini di credere a sangue freddo sìfatte stranezze che un pazzo al punto culminante della sua frenesiamal saprebbe immaginare. - Socrate che più che filo­sofoera un ottimo cittadino e ricercava il vero fin dove poteva trovarloconsigliava agli Ateniesi che non disputassero mai né di Dioné dell'anima .

Oltredi ciò non osserviamo noi cheper legge generale costantetutto quello che ha principioha pur fine? E l'anima che senzadubbio ebbe un prin­cipiose continuasse immortale non sarebbeuna manifesta contradizione alla legge osservata? Ma e non sarebbepossibile che riguardo all'anima fosse accaduto quello che èaccaduto di tante altre nozioni semplicissime e naturalile qualicoll'andare del tempo avendo deviato dalla loro prima originesisono tramutate sensibilmente nella forma e nella sostanza ecomplicate dl errore e di elementi etero­genei affatto alla loroessenza? Per esempiola voce latina - inferno - nella primaaccezioneche era la più semplice e la più verasignificava - di sotto- cioè mortodacché imorti stanno di sotto. In seguito la furfanteria degli impostorireli­giosi agglomerò tante novelle e tante finzioniin­torno a quest'unica voceche i tratti originali di­sparveroe la voce si convertì in un sistema lugubreinformestudiatoper atterrire la niente e la co­scienza degli ignoranti. Io pensoche lo studio delle lingue antiche serva mirabilmente a rintracciarel'origine di molte delle nostre nozioni. - Le lingue anticheesprimevano la sembianza delle cose con' una evidenza e con unaverità di gran lunga superiore alle moderneperché gliuomini di una so­cietà poco avanzatanon avendo mezzi didivagare nella metafisica che vuoi dire scienza oltre la na­turanecessariamente si tenevano inviscerati nella natura fisica esensibile che li circondava. Quindi ve­niva loro una lingua tuttadi rilievo- quindi i monumenti delle lingue antiche di rado o maiespon­gono pensieri ragionati in astrattoma ogni loro paroladipinge sempre una cosa sentita profonda­mente perché lesensazioni degli uomini di una società primitiva sono piùrigorose e congiunte per un anello immediato agli oggetti che leprodu­cono. - A conferma di tutto questo potete leggere laBibbiaOssianle poesie degli scandinavi e i documenti che siriferiscono ai selvaggi di America e a tutti i popoli di primanatura. La lingua latina non è di certo una lingua modernaperché oltre alla sua antichità non indifferentelamaggior parte dei suoi vocaboli ebbero radice nella linguavetu­stissima dei popoli italianiche preesistevano tanto tempoavanti al dominio romano- popoli che sono dei primi a figurare nelmondo storico. Ora tornando sull'anima osservo che in latino la voce- spiritus - che vuoi dire animanel suo propriosignificato vuoi dire soffio. - E Plauto in una delle suecommedie usa un'espressione vera­mente singolare; volendo fardire ad uno dei suoi personaggi - ti puzza il fiato- gli fa dire:-- ti puzza l'anima; espressione senz'altro poco conve­nientema caratteristica per i suoi tempisignifi­cando che in alloracomunemente intendevano per anima il fiato o il respiro. - E laGenesi anch'essa narra che Dio soffiò per le narici l'anima inAdamoe difatti il naso è l'ordigno il più usitato eil più opportuno per respirare. - La cosa dev'essere an­datacosì: quegli uomini primitivi osservando che il corpoquand'era morto più non respiravana­turalmentestabilirono che il fiato fosse l'anima. Questa opinione perònon intendo che possa recarsi in buona fede come provaincontrastabiledac­ché gli antichi in fatto di scienzahanno dovuto er­rare spesso e necessariamenteperché lascienza è l'esperienzae l'esperienza è un manto chesi trama a fila di secoli; e più il manto si distende e piùla scienza è completa e sicura. Nondimeno io ho osservato cheanche il volgo d'oggi crede come gli uomini dei tempi remotiequantunque in forza d'un dogma religioso dica di avere un'animadesti­nata a una vita futurainterrogato poi come com­prendequest'animanon sa dove rifarsi a rispon­deree finisce coldire che l'anima è il fiato. - Del resto la scienza checonfuta gli argomenti pei quali si asserisce l'anima perituranon hafinora saputo gettare i fondamenti inconcussi della sua immor­talitàed è veramente curioso che un numero d'uo­mini tantoignorantiquanto sapientii quali con­vengono nell'ammetterel'esistenza di un fenomenonon riescano poi a circoscriverlo in unaformula unica e precisa. Ma soggiungono i sostenitori del­l'animaimmortale: la causa che noi difendiamo non va lasciata cadere cosìper pocopoiché ella è connessa ad una questione dipiù alta importanza; - ella è connessa all'esistenzadell'ordine morale. - Se si toglie di mezzo l'immortalitàdell'animaquest'ordine più non esistee tutto rimane indo­minio al cieco movimento della materiatutto ri­manepreda del caso. E allora quale avranno riparo le tante ingiustizieche succedono in questo basso mondoquale avrà premio lavirtù perseguitatae quale avrà pena il delittotrionfantese dopo morte non concedete una vita futura in un mondomi­gliore? Però io non vedo la ragione sufficiente cheaffinché sussista una cosas'abbia ad ammettere l'esistenzadi una cosa precedentela quale ha delle apparenze validissime dinon esistere. - Confesso che l'argomento allegato non èdispregevole; per altro ha sembianza d'essere ricavato piuttostodalle cose considerate come dovrebbero essere che dalle coseconsiderate come sono; - confesso che se non è un argomentogiusto in fattoegli è almeno giusto in diritto. Ma sapetevoi positivamente se Dio esistao se esista nel concetto che aveteimma­ginato? Conoscete voi la sua natura intimae se ella siabuona o cattiva o indolente? Conoscete voi la legge primaria egenerale ond'egli governa que­st'opera incomprensibile da noichiamata universo? Forse egli combinando il disegno di una immensaarmonia vi ha intrecciato il dolore e la gioia come due elementiefficaci ad un vastissimo effettosenza darsi briga di certiparticolari che percuotono gra­vemente la nostra povera naturaeper lui sono im­percettibili. Chi ha fabbricato l'orologio non sitor­menta a pensare se le ruote si travaglian penosamentee sela lancetta percorra a bell'agio il suo giro; - purchél'orologio nel suo tutto compia la sua destinazionel'artefice èlieto del suo meccani­smo. - Forse Dio considera chi gode e chigeme come due suonatori di due diversi strumentie pur­chévada l'orchestranon cerca più in là. - Certo adipartirsi dai dati che abbiamo sott'occhio pochi davvero avrannocagione di benedirlo: - ma sap­piamo noi se egli si curi d'esserebenedetto o ma­ledetto? E se egli ha fatto male questo mondocome voi stessi ne convenitequali guarentigie avete che abbia fattomeglio quell'altro? Non po­trebbe darsi che l'avesse fatto anchepeggio? Voi dite che i suoi fini sono imperscrutabilie tanto bastaper non affermare sul conto suo nulla di positivo sia nel presenteche nell'avvenire. E nel vero egli non ha mai parlato; non ha mairivelato né il suo modo d'esisterené il suo modo digiudicare gli accidenti che risultano dall'immensa complicazione delsuo lavoro. - E chi è fra noi che osi di farsi suo interprete?La cosa finita e caduca non può essere l'organo della cosaInfinita ed eterna. D'altra parte voi me lo distinguete per un entegiusto e be­nefico; - ed allora io non vedo ragionevolezza ecoerenza in un ente sì fatto a tribolare l'uomo vir­tuosoin un mondo per ricompensarlo in un altro. Un fare come questo mi sapiuttosto di capriccio. - Io scorgerei più visibili le ormedella sua giu­stiziase facesse star bene il virtuoso in questomondo e lo facesse star meglio In un altro. Almeno così ècostretta a conchiudere la logicaquando il puntiglio d'un sistemanon la spinge a fuorviare.

Echi dice a voi che riposate tanto sulla giustizia di un mondoavvenireche le azioni da noi distinte col nome di bene e di malenon sieno al cospetto di Dio due fatti diversima indifferenticomedue coloricome agli occhi vostri il verde e l'azzurro? E poi labontà e la malvagità dell'animoprincipi sui quali ciappoggiamo tantoio temo chetranne rarissime eccezioniinveced'essere qualità positive ed inerenti continuamente almedesimo individuosieno piuttosto un affare di situazioneequalità nobilissime e dipendenti affatto dalle occasioni nellequali ci troviamo avviluppati. - Oggi io sono in prigione e senzacolpama se un giorno sarò po­tentechi sa quanti esenza colpa farò gemere nel carcere stesso nel quale gemostasera? La storia dell'umanità osservata severamente nel suovasto insieme e nelle sue singole partivi presunta un saliscendi dioffese e di vendette; vi offre lo spei­tacolo di due partiti cheor l'uno or l'altro si ten­gono un piede di ferro sul colloefin ora ha se­gnato mai nei suoi annali l'epoca della equitàe della pace? La storia è una Sibillache consultatacoscienziosamente ha dato fin ora questo responso: - Se voi non fosteoppressi sareste oppressori. - I cristiani perseguitatinei primisecoli predicavano pacificamente la dottrina dell'agnello di Dio; -poiquando il Vento fresco della fortuna li levò in altomareconversero la croce in una spada a due tagligli altari inroghi e l'ostia incruenta in vittime umane. La strage deiseptembriseursfatta a nome di un popolo e della filosofianon fu meno atroce ed iniqua della S.te Barthélemyfattaa nome di un re e del fanatismo. - La giustizia di un mondo avveniresarebbe forse compatibile col dogma del libero arbitrio; ma potrestevoi giurare che le azioni nostre dipendono effettualmente dal liberoarbitrio? E che vale questo libero arbitriose le passioni e gliavvenimenticome spesso accadesi scatenano più forti dilui? In un caso somigliante egli è peggio che inutiledacchésottopone la Volontà umana a sostenere la fatica di unabattaglia che deve perdere. E a che vale questo libero ar­bitriose tutti conveniamo che il giudizio umano è spesso infermo eagguatato continuamente dall'er­rore? Se voi foste Dioqualgastigo assegnereste a colui che guidato da un'idea torta hacancellato in buona fede dal libro della vita l'esistenza dicento­mila uomini?

Mainvece molti asseriscono dopo lunghe ricerche esercitate nell'indoledelle azioni nostre che una fatalità onnipotente regge i frenidel genere umano allora a che la giustizia di un mondo avvenire? Ioper me credo che la razza umana sarà meno calpestata einfelice quandoinvece di fantasticare sull'avvenire e giacere efarsi un guanciale della Provvidenza si terrà conpiù saviezza al presentee tentando mille esperimentisistudierà di trovare una forma di stato sociale in cui ad ogniindividuo sia permesso senza danno del prossimo di muo­versiliberamente e con piena sicurezza nella sfera descritta dalla suanatura. Conviene stabilire in società una media proporzionaleuna condizio­ne di cosein virtù della quale le leggileopinionii costumi suppliscano a quello che manca al debole econtengano l'esuberanza del forte quand'ei la volge a detrimento de'suoi simili: - se noil miglior partito è di spegnere i lumie prendere la gra­gnuola o il sul di primavera quando lor piacedi venire.

Chese voi mi dite: l'uomo è composto. di cuore e d'intellettoeil cuore vive una vita a parteed ha bisogno di una speranzadi unaillusionedi un. alimentose no si corrugas'inaridisce e muoreprima del tempoio vi risponderò che dite saviamente. - Ed ioancora spero e m'illudom'inebrio spesso di un sogno d'oro pertenere a bada la vita. Ed è per questo che sovente concorronella opinione di co­loro che stimano la pazzia godere alcunivantaggi sulla ragione. - La ragione di tatti può trascorrerecerti gradi di certezza- certi altri di probabilità; - ma sequindi passa le sogliemette il piede in un mondo incognitoin unmondo di vertigini che la girano come un trastulloallora la ragioneo di­venta pazzia o torna indietro stanca e schernita. La pazziaal contrariodal bel principio si lancia per l'infinitonaviga apiene vele e fornisce il suo lungo viaggio con un senso profondo disicurezzacon un'idea continuata di verità. Un pazzo puòimma­ginare a vita di essere un'aquiladi volare verso il solee di farsene sua dimora; un uomo sano può immaginarlo perventi minuti; poi dà col piede in una fossa e cadee siaccorge a prova di essere incatenato alla terra sua genitrice; allaterra che fra breve dovrà divorano. Ed io ancoralo ripetospero e m'illudo e sento il bisogno di stendere una coltre sullarealtàperché essa è troppo dura e mi lascia leossa indebolite. - E per questo latola re­ligionequand'ellasi cosa è buona. - volge a consolarea qualche cosa èbuona.

Parlandodi religione che consola intendo la reli­gione naturalesentimento purosemplice e neces­sario che emerge dal cuore. Lereligioni rivelatetenendo conto almeno di quelle esistite edesistenti finorapiù o meno abbrutiscono l'intellettoe semetti in bilancia il terrore e il conforto che danno all'animailterrore supera troppoe se calcoli il bene e il male che hannoprodottoil male si eleva ad una cifra troppo enorme. Le religionirivelate sono il medesimo sentimento che costituisce la reli­gionenaturalema trasfigurato oscenamente ed involto in mille accessoriche non gli appartengono. - Qualsivoglia religione non è mail'opera imma­ginata di pianta da un ardito imperatore; -l'indi­viduo ridotto ai soli suoi mezzi non può conseguiremai tanto effettoma via via la forza delle cose di­strugge unacredenza paralitica per troppa vec­chiaiae allora sorge un uomopotenteche osser­vando il sentimento religioso ingenito eperenne nel cuore umanol'afferragli dà rilievo e locir­conda di quelle immagini e di quelle finzioni contemperate algrado d'ignoranza dell'epoca in cui vive; quindi la religionerivelata è sempre un'im­postura ne' suoi accessorima ilsuo primo germe è vero e permanente nel sentimento universale.- La religione naturale è un sentimento che sgorga dallaspeciale organizzazione del cuore e dalle tante calamità cheaffliggono la vita dell'uomo; - è un sentimento presso checomune; nondimeno alcuni ne vanno esenti. Vi sono alcuni in forzad'orga­nismo privi del senso religiosocome vi sono alcuni prividel senso musicalee a costoro quand'anche tu potessi dimostrareDioe l'avvenire colla preci­sione dell'algebrahanno un cuoreche non rende l'eco il più debole a questi suoni. Peròla più parte degli uomini che ragionando non troverebbe altroche il nullao il dubbioserba Dio e la speranza nell'anima.Tuttavia la religione naturaleo rivelatanon è unraziocinio. - L'analisi invece di corro­borarla tendedirettamente a distruggerla. Ed è per questo che i capisèttaesigono specialmente sui punti fondamentali un grado di fede.L'analisi negli ultimi tempi la tolse affatto di mezzo ad una grandenazionee le conseguenze concatenate d'un impo­nente raziociniogiunsero a surrogare al culto di Dio il culto della ragione. Ma ilculto della ragione era fuori di dubbio prematuroera troppo solo etroppo aridoné bastava a colmare il vuoto lasciato. Lareligione sbandita dai domini della mente viveva pur sempre nelcuoree forse più forteperché meglio riconcentrata;quindi prorompeva da ogni parte; quindi mi piace Robespierre checonsiderate le condizioni attuali del popoloridonava a Diol'esistenzain ciò dimostrandosi egregio politico e sagaceconoscitore dell'umana natura. Il cuore e la sventura produssero lareligione naturalela re­ligione della speranza e dell'avveniree la manter­ranno finché vi saranno deboli ed infelici. Éindi­spensabile che 1' uomo conculcato e vissuto nel pianto sperinel futuro un vindice ed una ricom­pensa dei suoi dolori. Eperché i deboli e gl'infelici formano il maggior numeroquindi è che moltis­simi sono i credenti e rarissimi gliatei. - Ma il sentimento solo è un pegno sufficiente dellaverità? Per risolvere adeguatamente il problema bisognerebbedeterminare se i calcoli del cuore sieno più securi di quellidell'intelletto.

Tuttequeste cose però da me tracciate così fiac­camentee ristrette in uno spazio sì angusto sono state svolte da unamoltitudine di nobili ingegni in tanta larghezza di sviluppoe la'noie dei volumi è cresciuta a tal grado che se la veritàpotesse ar­rampicarsi in cimae sedervisiavrebbe il trono piùalto fra tutti i re della terra; se non che taluno teme che gemainvece sepolta sotto tanta mole. - Così è - le son cosetutte controverse ab aeterno e per avventura non saranno maiconsentite in una opinione uniforme. Tuttaviaconcedendo ancora chedopo morte il corpo e l'anima si dividanoe il primo rimanga a farpolveree l'altra se ne voli dove Dioo il Diavolo la soffierannoio giurerei che prima del corpo l'anima non è nulla affatto.Poiché se ella fosse una qualche cosaio credo che. nonconsentirebbe mai a venire in questo mondo a quei patti coi quali cisi vive.

Seprima di nascere in Livorno il 1° dicembre 1806e farmibattezzare in Duomo col nome di Carlo Anzano Ranieriio fossi statoun'anima dav­veroo avessi saputo il conto mionon avrei maidato il voto per entrare in un corpo come quello in cui mi trovo -ove mi sembra di star peggio che in una trappola.- Primieramente ionon sarei en­trato in nessun corpoall'incontro avrei volutogo­dere la libertà dello spazio percorrendoincessan­temente le strade dell'aria senza bisogno di passa­porti- di bauli - di andare alla locanda senza tema dei ladri - senzatema che il fango mi lor­dasse i calzaricose tutte che di radoo maisi schivano in questo mondo. E perché avrei dovutochiudermi in un corpo a menai - e una vita brevetristaoscurasoffocata? a sentirmi stringere o pestare in una calcaa patireil caldo e il gelo? il dolor dei dentile colichee mille altrimalori che la Provvidenza costituiva al corpo in dote inaliena­bile?- E perché io animaio spirito indefinitoio soffio eternoio intelligenza liberatrasparenteveloceio scintilla d'unafiamma immortaleavrei dovuto chiudermi in una cassa così malfatta? E perché in cinque poveri sentimentie talvolta an­chein trepoiché la creatura può nascere sorda e ciecanel medesimo tempo? a che fine avrei dovuto commettere contro di metanto strazio? A che quid? dice un tale a Livornoterribilelatinistae terribile cancelliere in un tempo. Se io anima avessifatto di motu proprio un consimile errorein veritàdispererei trovare avvocato capace a difendermifosse purel'avvocato del Diavolo che difende le cause più tristeperfino il peccato mortale.

Iodunque non sarei entrato giammai in un corpo di qualunque specie sifossee se la mala ventura così avesse volutoe se unaimperdona­bile curiosità mi avesse sospinto a cogliere ilpomo amarissimo dall'albero della vitaavrei scelto bene altramente.Avanti di tutto invece di scendere in una casetta in via delle Galere(sinistro presagio se reggesse sempre la religione degli auguri)com­posta non so se di due stanze o di tresarei piut­tostocalato in un antico e magnifico palazzo. - E questo è undesiderio poco filosoficopoco giusto ancora - ed io sono amicodell'eguaglianza più che noi dimostroe benché sia unpoveroa petto dei milioni di poveri che mi ondeggiano intornononson tanto povero - e se si potesse sincera­mente conseguireecompatire una discreta eguagliava nell'universaleconsentirei ditutto cuore a scendere un gradino più giù; - almenocosì la penso in questo momento. Ma dacché uno strettoindividuale egoismo ha rubato la manoe signo­reggia assolutomi risento anch'io di cotesti influssie dacché neiproponimenti del bene ho sentito dir sempre: - cominciate voifrattantoio non sono ancor lesto; - anch'io mi ritrovo trasci­natodal cattivo esempioanch'io son tentato dì go­dere senzavoltarmi indietro a vedere chi soffre; e se io scorgo un povero chetrema di freddola più grande spesa di sensibilità cheio faccia è quella di dire: poverettoio compatisco; vorreiche tutti stessero benesenza riflettere che dal lusso inutile deivestimentinon dirò mieima di tale e tal'altra personan'uscirebbe il vestito bastevole a coprire la nudità di due otre poveri che nascendo ignudi come noisortivano il diritto divestirsi come noi. Ma tale è il cuore umano: e poichélo stato sociale di oggidì presenta fra il dare e l'avere unosbilancioche mette paurapoiché la società non èun ordineun equilibriouna giustiziama un vorticeunpara­pigliaun conflitto- è una palla giuocata da pochigiuocatorinatura vuole che ognuno aspiri ad es­sere ilgiuocatore piuttosto che la palla; e quando non v'è forza diassociazioneassenso di voti uni­formeanche l'uomo benefico ècostretto a farsi crudele dal sistema sociale che lo avviluppa; o sesi muove solo a rimediare un male immensocomunecommette unastoltezzabuona se vuoima pure una stoltezza; versa una stillad'acqua sopra un in­cendio vastissimo e all'ultimo consumandosinell'im­potenza aggiunge una unità al numero innumera­biledegl'infelici che voleva sollevare.

Ionon predico il pessimismoperché non l'ho nel cuoree pensoche non sia in natura. Bisogna sempre distinguere fra natura esocietà; la natura umana è la tela bianca di un quadro;su quella tela potete dipingere le figure angeliche di Raffaelloo imostruosi grotteschi del Callotta. La società è unedificio innalzato dagli uomini. Io dico che adesso viviamo in epocasiffatta in cui la bontà o viene aggirata dal vorticeorimane inerte. Nondimeno l'edifizio sociale è atto a sentireimportanti restauriè atto ancora ad esser crollato daifon­damentie forse non è lontano il tempo nel quale lasocietà di qualche parte del globo sarà confusa in uncaos universale d'onde risorgerà un mondo or­dinato a piùbella armonia. La società presente è falsaingiustaputrida in ogni sua fibra; o deve perireo deve rinascere sottospoglie migliori. La luce non è più ferma sulle cimedel monte come una voltaè penetrata nelle forre piùchiuse e ha rivelato le molle più interne di questa macchina.La cieca fede è sbandita e con lei l'ignoranza; le sorgentison passate purifican­dosi traverso il dubbio; e il dubbiocheda una parte è la tortura dell'intellettodall'altra èil padre della scienza e del diritto. La scienza è lo spiritovivificante delle moderne opinionie sembra che voglia assidersiregina dell'avvenire; la scienza di per sé sola non èun compenso sufficiente al disagio dei sistemi attuali; e se sirimanesse in astratto senza un'applicazionesenza produrre unfruttosarebbe anzi una cosa' funesta. Allargando la co­scienzadel male ne avrebbe allargata la sensibilità: ma la scienzascuopre i malie i rimedie addita le fonti d'onde attingere laforza necessaria a conseguire l'intento voluto. Oggi molto èstato discusso- molto è stato conchiuso; - quello che unsecolo innanzi era un'ipotesioggi è un assioma. La scienzadei diritti e dei doveri scambievoli è retag­gio comune;per altro i mali durano tuttavia e vanno ogni di piùpeggiorando. Ora con tanta ugua­glianza di. educazione moraleein uno stato così vio­lento d'ineguaglianza materialecome volete che le cose durino in pace e lungamente? In societàvi è troppo ristagno di potere e di ricchezze; un trattoimmenso di terreno è rimasto in secco; - oggi ha cominciato ascrepolare; domani ognuna di quelle lievi fessure sarà unavoragine. Bisogna che tutto sia fluidoche tutto circoli; lacircolazione è la vita dell'uomo e dell'universo. - Ilcombattimento se­guirà non so quandoma seguiràinevitabile e finale- il combattimento dei diseredati contro gliusurpatori. Ognuno ormai vuoi parteciparepiù o menoalpatrimonio che la natura largiva a tuttie che pochi carpivanounicamente per sé. Così vuole la scienzascienzaprodotta dall'oppressionedalla ne­cessità delle coseedal temponon dai sistemi di tale o tale altra scuola. - L'azioneesercitata più là de' suoi limiti produce sempre lareazione. Le masse non sviluppano questa scienza con tantasottigliezza di analisima la sentonoma l'hanno nel sangueel'enunciano col fremitocoll'impa­zienzacon un linguaggioprofondo di passione. - L'uomo d'ingegno si vede d'intorno una siepedì fatti imponenti- ne indaga lo spirito e quindi fa unastoria di cause e di effetti che nessuno può impugnareovenon abbia voglia o interesse di travedere. I potenti poi s'adiranocoll'uomo d'in­gegnocome se egli fosse la causa efficiente diquello stato di cose; e lo perseguitanoe lo impri­gionanol'esilianospesso l'impiccano; e non sanno che l'individuogrande opiccolo che siaè il pro­dotto del secolo in cui nascenon mai il produttore. - I potenti somigliano quei preti che volevanobru­ciar vivo Galileoperché in virtù del suogenio aveva scoperto nel firmamento certe leggi eterne innegabiliche stavano in contrasto con certi passi della BibbiaQuei preti nondovevano inirnicarsi con Galileo. - Galileo era innocente - leggevala facciata del cielo come Dio l'aveva scritta. - Quei preti dovevanoinvece riconoscere la veritào distruggere il firmamentoperché la Bibbia avesse ragione. I potenti non possonoragionevolmente perseguitare l'uomo d'ingegno che osserva il suosecoloe ne pone i dati e le conseguenze; - distrug­gano lospirito del secolose hanno forza che valgao pieghinospontaneamente all'imperio della neces­sitào attendanola lottaet rira bien qui rira le dernier.

Quandoarrivano i tempi grossi in una nazionei potentinon so per qualefatalitàsmarriscono immantinente il lume dell'intellettoespesso agitati dalle furievedono da per tutto una congiurae dannomano agli arrestiagli esigliai supplizi tal­volta. - Il sennoe le leggi tacciono; - regna il sospetto. - Io sono d'avviso che:abbiano torto e la faccenda potrebbe governarsi altramente collacer­tezza di miglior successo. Ogni secolo ha un carat­tereinciso e distintoche si rivela all'occhio di chi osserva gli eventisenza caligine di false passioni. - Ogni secolo chiude nelle sueviscere una parola d'ordine che invocata fedelmente risponde chiara esonante. Da questi punti di partenza deve muovere la ragione distatoscienza che non ha per fondamento una serie di fini aforismiuna serie di osservazioni già fattema che ha per animaun'indagine continuae progressiva dell'opinione sempre rinascente evolubile. La politica non è un'arte definita come l'arte deldisegnoche proce­de da un subietto determinato: èun'arte mobilis­simaperché procede da una materiamobilissima. La politica è il governo dell'opinione; puòret­tificare per il meglio il suo subiettonon alteranosensibilmente o distruggerlo. quando arrivano i tempi grossi nonesistono congiureo se alcuna ne esisteè un pleonasmo- èuna bolla che produce l'intensità della febbre; - non èa quel segno effi­meroisolatoche deve rivolgersi l'attenzionedel governanti. - Quando avranno fatta svanire dalla cute la bollarimane pur sempre la febbreche ogni dì piùingagliardisce. Che se poi i tempi son quieti e non accennano anovitàuna congiura non dà timorenon significanullaanzi significa che l'opinione nel suo maximum èsempre intattae coloro che congiurano danno pegno d'impotenzaassoluta; perché temendo da una parte la com­pressione delpoteree dall'altra l'inerzia e la resistenza dell'opinionepubblicasono costretti a ce­larsi come il ladro fra le tenebreridotti in pochipenetrati efficacemente di un dato principio. - Oradi che temere dl un pugno di individuiche in forza della loroposizione son condannati a non far nullache non hanno mezzi dipropagare la loro ideache non osano manifestarsi? Costoro confa­tiche inaudite e un lungo tratto di tempo potrannoraggranellare centoduecentose volete mille indi­vidui sparsisopra una vasta superficiee gran mercé se nel numero nontrovano chi per imprudenza o per debolezza o per altro motivo in unattimo non mandi in fumo il lavoro di lunghi anni. - Ma ponete pureche il fatto rimanga nella sua integrità: e che puòfare così celatocosì ristrettocosì incognitoalla maggioranza del popolo? Non vi rende l'immagine di colui che conun trapano volesse perforare il San Bernardo? Se voi scoprite unacongiura siffatta io non vi consiglierò di pre­miarlaperché sarebbe una pazza pretensionema il meglio chepossiate fare è di renderla ridicola e di fiaccarla per semprecon una opportuna mode­razione. - Non date corpo alle ombrenondate valore effettivo a tal monetache lasciata per terra cosìcom'èpochi o punti troverete che la raccol­gano. Unsupplizio o una pena esorbitante concilia non so quale interesse afavor del pazientee lascia delle traccie indelebili nel cervellodel popolotraccie che lo conducono a investigarea meditareasentire quello che fuori di questa circostanza non avrebbe maimeditato né sentito. Il terrore dà un certo effettouncerto rilievo alle cose più Insi­gnificantiquando questehanno per fine o per pre­testo un'intenzione grande e lodevole; -e con questi mezzi una baia assume a poco a poco forme venerate direligione. La ragione di stato nella dominazione dispotica èun'arte troppo difficileper­ché quasi sempre muovecontro natura e segue l'in­dole di tutte le arti. - Bisognacontenerla in certi limitie se li trapassal'arte si dissolve eperisce. - Il despota bisogna che insegni a dormire; guai a lui seinsegna a morireè una lezione che ben tosto gli torneràcontro. Bisogna persuadere al po­polo che voi siete eternamentesicuriche nulla vi può smuovere dalla base ove sietecollocati; - guai se mostrate loro che avete trematose mostrateloro che v'è un'altra forza indipendente dalla vostralaquale può sbalzarvi di seggio e mettervi in fran­tumi. -Che se poi gli elementi sociali di una data epoca vanno indissoluzionecredeteloallora non v'è chi congiurie setrovate una mano di cospira­toriguardateli bene in taccia e viaccorgerete subito di quello che si tratta; se volete impiccarlisiete padroni; la corda sta per voi; - ma tenete per fermo che ècorda male spesa; - rimandateli a casa. - I vostri annali segnerannouna volta un atto di senso comune. - In una aperta dissoluzione dielementi sociali nessuno cospira- e tutti cospi­rano; - èuna forza indipendente dall'individuoche agisce in quel tempo; -l'uomo si sente me­nar via e non sa il comee invano sisforzerebbe di dar col petto nella corrente. - È la coscienzaumana che si desta da un lungo secolo di oblio e chiede i suoidiritti e li ottiene; - è l'elettricismo di una volontàunicache invade tutta una nazione; è il tempo in cui l'uomolegge con uno sguardo nell'occhio dell'altr'uomoche non ha maivistoun pensiero simile al suo- un consenso- una promessa chesarà mantenuta. - E allorao po­tentise versate delsanguevoi non toccate dalle mille miglia lo scopo voluto: - lemoltitudini non vedono più un reo nel giustiziato; - essedicono: noi tutti siamo rei come lui; quel sangue non fa che seminarela vendetta. - Poste le cose in questo mododavvero io non so qualconsiglio proporviperché siete materia intrattabile. - Ionon oso confortarvi a rientrare pacificamente nel seno dell'umanafamigliaperché sdegnate di essere uominiperchéquantunque la forza delle cose vi chiami a morte inevitabilevoletemorire dibattendovi in un odio feroce e impotenteperchévolete che il trionfo dei comuni diritti costi lacrime e sangueperché volete fino agli estremi obbedire al cattivo Dio che viistituiva flagello degli uomini. - Io non oso dirvi: o potentivoisiete troppo padroni della scelta; - avete sempre in mano i dadidella guerra e della pace; - tutto sta nel trarre. - Se voletepotete scendere i primi nell'ordine nuovo- potete risparmiare unaserie di grandi Sciagure; ma bi­sogna scendervi dì buonafedee mantenere rigida­mente i patti giurati. - Non dubitategli uomini son meno cattivi di quello che si pensa e che si scrive:se non fosse cosìcome avrebbero tanta pa­zienza? Mabisogna osservare i patti giurati: - è l'unico modo diaffermare la paceperché quando l'universale ètollerabilmente soddisfatto i partiti o non si muovonoo hanno pocospazio da muo­versi e poca durata. - Ma se io vi facessi questobel discorso mi dareste retta? o piuttosto non mi fareste stare inprigione un anno più del tempo che intendete di farmici stare?Altre volte le nazioni parlarono così e i potenti accettaronoma con re­strizione gesuiticacol pensiero e coll'opera semprediretti a tornare indietroe allora le dighe si rup­pero: laguerra subentrò alla pacela forza al diritto; la vendettascrisse le leggi e fu un dramma rapido e turbinoso di vittorie e disconfitte; un dramma di sangue e di tenebre dove il boia sorseprotago­nista terribileil medesimo boia che tagliò pertutti; che tagliò la testa di Luigidi BaillydiRobespierre. E un ordine nuovo di cose dove ci menerà? Avantidi certo. - Contemplata la storia nei suoi risultati complessiviunprogresso di meglio nella vita sociale si verifica. La vita socialed'oggipresa ancora com'èè ben diversa e miglioreche non era quella dell'antica civiltàquella del medio evoquel­la ancora di un secolo innanzi. - Queste sono provestatistichee non pretensioni di sistemi. Un miglio­ramentomateriale è penetrato anche a traverso gl'ingombri che g]ioppone lo stato di societàco­stituito com'è dipresente- e il desiderio e i ten­tativi di star meglio sonoanch'essi in progresso. lo non affermo che l'uomo saràpienamente felice; - il cuore umano ha certe leggi organiche chesussisteranno immutabilifinché egli si muova - certi dolorilo faranno gemere in qualunque etàin qua­lunquecondizione. Ma la vita delle nazioni può e deve migliorare.Fino a qual punto è impossibile determinano; forse dopo unlungo trapassare di stadio a stadioquando a forza di attrito tuttigli angoli acuti dell'umana famiglia si saranno appia­natigiungeremo ad uno stato di tolleranza univer­sale. - Latolleranza non so se sia totalmente un frutto della ragione o dellastanchezzaprobabil­mente dell'una e dell'altra. - Dopo lunghicimenti fatti a prova di secolidi ferro e di fuocoper avven­turaun giorno faremo siffatto ragionamento: Uo­mini di tutte lecontrade e di tutte le opinioniperché ci diamo la cacciaperché c'insanguiniamo interminabilmente? La terra èlarga abbastanza e tutti gli anni fecondapuò pascerci tuttipuò sep­peilirci tutti. - Se l'amore potesse essere ilnostro Dio e avere il mondo per altarela vita meriterebbe d'essereeternae l'uomo ben di rado avrebbe da piangere: ma dacchél'amore è così scarsa dotee bisogna serbarne la piùparte a noi stessimet­tiamo in comune il poco che ne avanza eper il resto tolleriamoci; - l'umana sapienza consiste neltol­lerare. - Lasciamo piegare a destra chi v'èincli­natoa sinistra chi vuole andarvila terra è largaabbastanza: è un Pantheon capace a contenere tutti gl'idoli -Tu puoi adorare un Priapoio una cipollae pacificamente. Ognunosarà salvo secondo i suoi meriti. - Perché consumare unbreve anelito di vita a dilaniarci per una larva? Siamo noi eterniperché almeno la vittoria abbia un premio corri­spondentea tanti misfatti? La stessa meta attende tutti- chi calpesta e chiè calpestato; - e fra breve. Con un mezzo volger di secolovinti e vinci­tori formeranno uno strato di polvere indistinta-un pavimento alle danze o alle battaglie dei nostri nepoti. Con unmezzo volger di secolo la terra non serba più sia un'ormainnocentesia un'orma di sangue. Prendete le ceneri del genio equelle della folliale ceneri del padrone e quelle del servitoreson quattro mucchi in fila uguali di quantitàdi coloredisapore; scegliete. - Dov'è l'occhio mortale che discerna Danteda BrandanoNapoleone dal suo cocchiere? Perchéinsanguinar­ciperché darci la caccia? perchéassottigliare in­fernalmente l'ingegno onde inscrivere nei nostricodici tanti delitti che non emergono dall'essenza delle cosema daun cuor depravato e feroce? - Consultiamo la natura nuda e verginecome ella si rivela alla mente del giustoe saremo meno sven­turati.- Consultiamo la natura umana senza velo di disprezzodi cupidigiadi prepotenza; consultia­mola anatomicamente nel suo statooriginale e osserveremo che si può spogliare dal fango ondel'ha ricoperta un falso sistema sociale e rivestirla d'una certaluceuna luce che non dobbiamo rapire al solecome Prometeoperchéella ha sorgente nel­l'anima umana. - E l'arte sta nel trovarla eil genio la sa trovarema noi abbiamo finora croci­fisso ilgenio invece di coronare. - Intanto tolle­riamoci: v'èspazio per tuttie permettiamo che ognuno vi si volga a suo grado.Il genio può trasfondere nei suoi quadri l'armonia e l'iridedell'universo; - la follia può rideree saltar per le piazze;- Il forte può andare a caccia al cinghiale- il debole puòrecitare il suo rosarioe tutti pacifica­mente. - La terra èlarga abbastanza; - L'umana sapienza sta nel tollerare.




MIAMADRE


Indovinatechi amo più di tutti sulla terra? Io amo mia Madre; - io l'amopiù della Patriacui dono il mio sangue se lo vuole- piùdella mia T***ch'io amo pur tanto. - Povera mia Madre! Se voi laconoscesteforse non ci capireste nulla. Nonon è una donnaelegante- non sa di musica- non sa il francese- non hacerimonie; - è una donna quieta come un ciel serenouna donnaalla buonache crede in Dioche va ogni giorno alla Messaapregare prima per me e poi per sé: è una donna allabuonache crede in tutto; - crede che l'olio versato porti Sciagura;- crede che il vino versato porti fortuna. E' una povera donnacheama il suo figliuolo come voi amate voi stessi. - Io mi confesso comedavanti a Dio. Non amo tanto mio padre; è un buon uomo; - mala mia povera Madre è bene altra cosa. - Io non amo mia Madreper il latte che mi ha datoperché del latte non me nerammento; - ma quando mio padre talvolta mi sgridavaella miconsolava- mi asciugava le la­crimemi baciavami dava untrastullomi riconduceva alla gioia. Quand'io andava a scuolae miera innamorato dei librimia Madre mi dava Il denaro ondecomprarmeli. - Mia Madre mi ama come il suo cuoreio sono il suocuore. Mi guarda con una compiacenza- s'inorgoglisce di mecome lagiovane sposa della sua corona di rose nel dì delle nozze. Edio l'amo ugualmente. Io ho un sembiante duro- e quando sento dentronon sono punto espansivo; - ma gli occhi mi parlano- e mia Madreguidata dall'istinto mi guarda sempre negli occhie ne rimanconsolata. Povera mia Madre! ora tu non puoi più guardarmiechi sa per quanto! - io aveva il vizio di addormentarmi col lumeaccesoe mia Madre si levava di notte a levanoperché temevaun pericolo. E alla mattina entrava nella mia stanza a vedermiinpunta di piedie rattenendo il respiro per non rompermi il sonno. -E quando parlava di me alle vecchie sue conoscentidiceva che io eraun angiolo- ed io risapendolo rideva di cuorepensando che ilmondo ml chiamava un diavolo. - Povera mia Madre! Dio ti renda quellamercedeche merita il tuo tanto amore!

Unasera io fui ferito di tre stilettate; - tutti credevano ch'iomorissi; anch'io credeva. Fui por­tato a casa agonizzante; caddiin deliquioe vi stetti più ore. Al risensarmichi trovaipresso al letto? - Era mia Madree così vicina a meche dicerto intendeva col suo fiato caldo d'amore di vincere il gelo dellamorte. Mi parve l'Angiol custode. Mi ravvivai- cominciai con lei uncolloquio lungovelocepassionatosublime; - mia Madre mirispondeva interrottamente; - io nell'esaltazione non me ne accorsi:mia Madre era convulsa; - ella non può piangere. Se io me nefossi avvedutoforse sarei morto. Mia madre dacché mi hannostrappato al suo seno è stata assalita da un palpito cosìviolento di cuoreche è andata vicino a morte. O povera miaMadre! perdonami il tuo dolore! potessi avere almeno contato i tuoipalpiti per rammentarmene!



Quifinisce il Manoscritto di un Prigioniero; nellapagina interna della coperta si leggono questi due versi:


Laprigione è una lima si sottile

Cheaguzzando il pensier ne fa uno stile.