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PietroBembo



GliAsolani



PRIMO LIBRO


1.I.Suole a' faticosi navicanti esser caroquando la notteda oscuro etempestoso nembo assaliti e sospintiné stellascorgononécosa alcuna appar loro che regga la lor viacol segno della indianapietra ritrovare la tramontanain guisa chequale vento soffi epercuota conoscendonon sia lor tolto il potere e vela e governo làdove essi di giugnere procacciano oalmeno dove più la lorosalute veggonodirizzare; e piace a quelli che per contrada nonusata caminanoqualora essia partevenuti dove molte vie facciancapoin qual più tosto sia da mettersi non scorgendostannoin sul piè dubitosi e sospesiincontrare chi loro la dirittainsegnisì che essi possano all'albergo senza erroreo forseprima che la notte gli sopragiungapervenire. Per la qual cosaavisando ioda quello che si vede avenire tutto dìpochissimi essere quegli uominia' quali nelperegrinaggio di questanostra vita mortaleora dalla turba delle passioni soffiato e oradalle tante e così al vero somigliantiapparenze d'openionifatto incertoquasi per lo continuo e di calamita e di scorta nonfaccia mestieroho sempre giudicatograzioso ufficio per coloroadoperarsii qualidelle cose o ad essi avenute o da altri apparateo per se medesimi ritrovatetrattandoa gli altri uomini dimostranocome si possa in qualche parte di questo periglioso corso e di questastradaa smarrirecosì agevolenon errare. Perciò chequale più graziosa cosa può essere che il giovarealtrui? O pure che si può qua giù fareche ad uom piùsi convengache essere a molti uomini di lor bene cagione? E poiseè lodevole per séche è in ognimanieralodevolissimoun uom solo senza fallimento saper vivere noninteso e non veduto da personaquanto più è da crederechelodar si debba un altroil quale e sa esso la sua vita senzafallo scorgere e oltre a ciò insegna e dona modo ad infinitialtriuominiche ci vivonodi non fallire? Ma perciò che trale molte cagionile quali il nostro tranquillo navicar ci turbano eilsentiero del buon vivere ci rendono sospetto e dubbiososuole conle primiere essere il non saper noi le più volte qualeamorebuono sia e qual reoil che non saputo fa che noile cose chefuggire si devrebbono amando e quelle che sono da seguire nonamandoe tal volta o meno o più del convenevole ora schifandole e oracercandoletravagliati e smarriti viviamoho volutoalcuniragionamenti raccogliereche in una brigata di tre nostre valorosedonne e in parte di madonna la Reina di Cipripochi dìsonotre nostri aveduti e intendenti giovani fecero d'Amoreassaidiversamente questionandone in tre giornateaffine che ilgiovamentoe pro che essi hanno a me rendutoda loro che fatti gli hannosentendogliche nel vero non è stato pocopossanoeziandiorendere a qualunque altrocosì ora da me raccoltipiacessedi sentirgli. Alla qual cosa farecome che in ciascuna etàstiabene l'udire e leggere le giovevoli cose e spezialmente questaperciò che non amare come che sia in niuna stagione non sipuòquando si vede che da natura insieme col vivere a tutti gli uomini èdato che ciascuno alcuna cosa sempre amipure iochegiovane sonoigiovani uomini e le giovani donne conforto e invito maggiormente.Perciò che a molti e a molte di loro peraventura agevolmenteaverrà cheudito quello che io mi profero di scriverneessiprima d'Amore potranno far giudicio che eglidi loro s'abbia fattopruova. Il chequanto esser debba lor caroné io ora diròe essi meglio potranno ne gli altri loro più maturiannigiudicare. Ma di verosì come nel più delle cose l'usoè ottimo e certissimo maestrocosì in alcunee inquellemassimamente che possono non meno di noia essere che di dilettocagionesì come mostra che questa sial'ascoltarle oleggerlein altruiprima che a pruova di loro si vengasenza fallo moltevolte a molti uomini di molto giovamento è stato. Per laqualcosa bellissimo ritrovamento delle genti è da dir che sieno lelettere e la scritturanella qual noi molte cose passatechenonpotrebbono altramente essere alla nostra notizia pervenutetuttequasi in uno specchio riguardando e quello di loro che facciaper noiraccogliendoda gli altrui essempi ammaestrati ad entrare nelli nonprima o solcati pelaghi o caminati sentieri della vitaquasi provatie nocchieri e viandantipiù sicuramente ci mettiamo. Senzache infinito piacere ci porgono le diverse lezionidellequali glianimi d'alquanti uomininon altramente che faccia di cibo il corposi pascono assai sovente e prendono insieme da essedilettevolissimonodrimento. Ma lasciando questo da parte stare e alle ragionate cosed'Amoreche io dissivenendoacciò chemeglio si possa ognilor parte scorgere talequale appunto ciascuna fu ragionatastimoche ben fatto sia cheprima che io passidi loro più avanticome il ragionare avesse luogo si faccia chiaro.


1.II.Asolo adunquevago e piacevole castello posto ne gli stremi gioghidelle nostre alpi sopra il Trivigianoèsìcomeogniuno dee saperedi madonna la Reina di Cipricon la cuifamigliala quale è detta Corneliamolto nella nostra cittàonoratae illustreè la mia non solamente d'amistà e didimestichezza congiuntama ancora di parentado. Dove essendo ellaquestosettembre passato a' suoi diporti andataavenne che ella quivimaritò una delle sue damigiellela qualeperciò chebella ecostumata e gentile era molto e perciò che da bambinacresciuta se l'aveaassai teneramente era da lei amata e avuta cara.Perche vi fece l'apparecchio delle nozze ordinare bello e grandeeinvitatovi delle vicine contrade qualunque più onoratouomov'era con le lor donnee da Vinegia similmentein suoni e cantie balli e solennissimi conviti l'un giorno appresso all'altronemenava festeggiando con sommo piacer di ciascuno. Erano quivi tragli altriche invitati dalla Reina vennero a quelle festetregentili uomini della nostra cittàgiovani e d'alto cuorei qualida' loro primi anni ne gli studi delle lettere usati e inessi tuttaviadimoranti per lo più tempooltre a ciò ilpregio d'ogni bel costume aveanoche a nobili cavalieris'appartenesse d'avere. Costorper aventuracome che a tutte le donneche in que' conviti si trovaronosì per la chiarezza delsangue loro e sì ancora molto piùper la viva fama de'loro studi e del lor valore fosser cariessi nondimeno pure con tredi loro belle e vaghe giovani e di gentilicostumi ornateperciòche prossimani eran loro per sangue e lunga dimestichezza con esse eco' lor mariti aveanoi quali tutti etre di que' dì a Vinegiatornati erano per loro bisognepiù spesso e piùsicuramente si davano che con altrevolentieri sempre insollazzevoliragionamenti dolci e oneste dimore traendo. Quantunque Perottinochecosì nominare un di loro m'è piaciuto inquesti sermonipoco e rado parlassené fosse chi riso in bocca gli avessesolamente una volta in tutte quelle feste veduto. Ilquale eziandiomolto da ogniuno spesse volte si furavasì come colui chel'animo sempre avea in tristo pensiero; né quivivenutosarebbese da' suoi compagniche questo studiosamente feceroacciò che egli tra gli allegri dimorando si rallegrasseastretto esospinto al venirvi non fosse stato. Né puresolamente Perottino ho io con infinta voce in questa guisa nomatomale tre donnee gli altri giovani ancora; non per altro rispettosenon per tôrre alle vane menti de' volgari occasionei loroveri nomi nonpalesandodi pensar cosa in parte alcuna meno checonvenevole alla loro onestissima vita. Con ciò sia cosa chequesti parlarid'uno in altro passandoa brieve andare possono incontezza de gli uomini pervenirede' quali non pochi sogliono essercoloroche le cose sane le più volte rimirano con occhio nonsano.


1.III.Ma alle nozze della Reina tornandomentre che elle cosìandavano come io dissiun giorno tra gli altri nella finedeldesinareche sempre era splendido e da diversi giuochi d'uominiche ci soglion far ridere e da suoni di vari strumenti e da cantiorad'una maniera e quando d'altra rallegratodue vaghe fanciulle permano tenendosicon lieto sembiante al capo delle tavolelàdove la Reina sedeavenuteriverentemente la salutarono; e poi chel'ebbero salutataamendue levatesila maggioreunbellissimo liutoche nell'una mano teneva al petto recandosi e assai maestrevolmentetoccandolodopo alquanto spazio colpiacevole suono di quello lasoave voce di lei accordando e dolcissimamente cantandocosìdisse:


Iovissi pargoletta in festa e 'n gioco

De' miei pensierdi mia sorte contenta:

Or sì m'afflige Amor e mi tormenta

Ch'omai da tormentar gli avanza poco.


Credettilassaaver gioiosa vita

Da prima entrandoAmora la tua corte;

E già n'aspetto dolorosa morte:

O mia credenzacome m'hai fallita.


Mentread Amor non si commise ancora

Vide Colco Medea lieta e secura;

Poi ch'arse per Iasonacerba e dura

Fu la sua vita infin a l'ultim'ora.Detta dalla giovane cantatricequesta canzonela minoredopo un brieve corso di suono della suacompagna che nelle primenote già ritornavaal tenor di quellealtresì come ella la lingua dolcemente isnodandoin questaguisa le rispose:


Iovissi pargoletta in doglia e 'n pianto

De le mie scorte e di me stessa in ira:

Or sì dolci pensieri Amor mi spira

Ch'altro meco non è che riso e canto.


AreigiuratoAmorch'a te gir dietro

Fosse proprio un andar con nave a scoglio;

Così là 'nd'io temea danno e cordoglio

Utile scampo a le mie pene impetro.


Infinquel dìche pria la punse Amore

Andromeda ebbe sempre affanno e noia;

Poi ch'a Perseo si dièdiletto e gioia

Seguilla vivae morta eterno onore.


Poiche le due fanciulle ebber fornite di cantare le lor canzoniallequali udire ciascuno chetissimo e attentissimo era statovolendo essepartire per dar forse a gli altri sollazzi luogola Reinafattachiamare una sua damigiellala qualebellissima sopramodo e pergiudicio d'ogniun che la vide più d'assai che altra che inquelle nozze v'avessesempre quando ella separatamentemangiava didarle bere la servivale impose che alle canzoni delle fanciullealcuna n'aggiugnesse delle sue. Per che ellapresauna sua vivola dimaraviglioso suonotuttavia non senza rossore veggendosi in cosìpalese luogo dover cantareil che fare nonera usataquestacanzonetta cantò con tanta piacevolezza e con maniere cosìnuove di melodiache alla dolce fiammache lesue note ne' cuoridegli ascoltanti lasciaronoquelle delle due fanciulle furono spentie freddi carboni:


Amorla tua virtute

Non è dal mondo e da la gente intesa

Cheda viltate offesa

Segue suo danno e fugge sua salute.

Ma se fosser tra noi ben conosciute

L'opre tuecome là dove risplende

Più del tuo raggio puro

Camin dritto e securo

Prenderia nostra vitache no 'l prende

E tornerian con la prima beltade

Gli anni de l'oro e la felice etade.



1.IV.Ora soleva la Reina per lo continuofornito che s'era di desinare edi vedere e udire le piacevoli cosecon le suedamigielle ritrarsinelle sue cameree quivi o dormire ociò che più lepiacea di fare facendola parte più calda delgiornoseparatamente passarsie così concedere chell'altredonne di sé facessero a lor modoinfino a tanto che venuto làdal vesprotempo fosse da festeggiare; nel qual tempo tutte le donne egentili uomini e suoi cortigiani si raunavano nelle ampie saledelpalagiodove si danzava gaiamente e tutte quelle cose si facevanoche a festa di reina si conveniva di fare. Cantate adunquedalladamigiella e dalle due fanciulle queste canzoni e a tutti gli altrisollazzi di quella ora posto finelevatasi dall'altre donne laReinacome soleae nelle sue camere raccoltasie ciascuno similmentepartendorimase per aventura ultimele tre donnecheio dissico'loro giovani per le sale si spaziavano ragionandoe quindida'piedi e dalle parole portatead un veronepervenneroil quale da unaparte delle sale più rimota sopra ad un bellissimo giardinodel palagio riguardava. Dove comegiunseromaravigliatesi dellabellezza di questo giardinopoi che di mirare in esso alquanto alprimo disiderio sodisfatto ebberoora a questa parte ora a quella gliocchi mandando dal disopraGismondoche il più festevole erade' suoi compagni evolentieri sempre le donne in festa e onestogiuoco tenevaa loro rivoltosi così disse: - Care giovaniildormire dopo 'l cibo aquesta ora del dìquantunque in niunastagion dell'anno non sia buonopure la stateperciò chelunghissimi sono i giornicomequello che cosa piacevole èdagli occhi nostri volentieri ricevutoalquanto meno senza fallo cinuoce. Ma questo mese siincomincia egli a perder molto della suadolcezza passata e a farsi di dì in dì piùdannoso e più grave. Per chedove voi questavolta il mioconsiglio voleste pigliarele quali stimo che per dormire nellevostre camere a quest'ora vi rinchiudiateio direi chefosse benfattolasciando il sonno dietro le cortine de' nostri letti giacereche noi passassimo nel giardinoe quivi al rezzonelfrescodell'erbe riposticio novellando o di cose dilettevoli ragionandoingannassimo questa incresciosa parte del giornoinfinche l'ora delfesteggiare venuta nelle sale ci richiamasse con gli altri ad onorarela nostra novella sposa -.

Alledonnele quali molto più le ombre de gli alberi e gli accortiragionamenti de' giovani che il sonno delle coltre regali ele favoledell'altre donne dilettavanopiacque il consiglio di Gismondo. Perchescese le scaletutte liete e festose insieme conlui e coglialtri due giovani n'andarono nel giardino.


1.V.Era questo giardino vago molto e di maravigliosa bellezza; il qualeoltre ad un bellissimo pergolato di vitiche largo eombroso per lomezzo in croce il dipartivauna medesima via dava a gl'intranti diqua e di làe lungo le latora di lui ne ladistendeva; laqualeassai spaziosa e lunga e tutta di viva selce soprastratasichiudeva dalla parte di verso il giardinosolo chedove facea portanel pergolatoda una siepe di spesissimi e verdissimi ginevricheal petto avrebbe potuto giugnere col suosommo di chi vi si fosseaccostar volutougualmente in ogni parte di sé la vistapascendodilettevole a riguardare. Dall'altraonorati allorilungoil muro vie più nel cielo montandodella più altaparte di loro mezzo arco sopra la via facevanofolti e inmanieragastigatiche niuna lor foglia fuori del loro ordine parea cheardisse di si mostrare; né altro del muroper quantoessicapevanovi si vedeache dall'uno delle latora del giardino imarmi bianchissimi di due finestreche quasi ne gli stremi diloroeranolarghe e apertee dalle qualiperciò che il murov'era grossisimoin ciascun lato sedendo si potea mandar la vistasoprail piano a cui elle da alto riguardano. Per questa dunque cosìbella via dall'una parte entrate nel giardino le vaghe donne co'lorogiovani caminando tutte difese dal solee questa cosa equell'altra mirando e considerando e di molte ragionandopervenneroin un pratello che 'l giardin terminavadi freschissima eminutissima erba pieno e d'alquante maniere di vaghi fiori dipintoperentro e segnato; nello stremo del quale facevano gli allorisenzalegge e in maggior quantità cresciutidue selvette pari enereper l'ombre e piene d'una solitaria riverenza; e queste tra l'unae l'altra di loro più a drento davan luogo ad una bellissimafontenel sasso vivo della montagnache da quella parte serrava ilgiardinomaestrevolmente cavatanella quale una vena nonmoltogrande di chiara e fresca acquache del monte uscivacadendo edi leiche guari alta non era dal terrenoin un canalin dimarmoche 'l pratello dividevascendendosoavemente si facea sentire enel canale ricevutaquasi tutta coperta dall'erbemormorandos'affrettava di correre nel giardino.


1.VI.Piacque maravigliosamente questo luogo alle belle donneil quale poiche da ciascuna di loro fu lodatomadonnaBereniceche per etàalquanto maggiore era dell'altre due e per questo da esse onorataquasi come lor capoverso Gismondoriguardando disse: - Deh come malfacemmoGismondoa non ci esser qui tutti questi dì passativenuteché meglio in questogiardino che nelle nostre camerearemmo quel tempoche senza la sposa e la Reina ci corretrapassato. Orapoi che noi quiper lo tuo avedimento più cheper lo nostro ci siamovedi dove a te piace che si seggaperciòche l'andare altre parti delgiardin riguardando il sole ci vietacheinvidiosamentecome tu vedise le riguarda egli tuttavia.

Acui Gismondo rispose: - Madonnadove a voi così piacesseame parrebbe che questa fonte non si dovesse rifiutareperciòche l'erba è più lieta qui che altrove e piùdipinta di fiori. Poi questi alberi ci terranno sì il solecheper potere che egliabbiaoggi non ci si accosterà egligiamai -.

-Dunque - disse madonna Berenice - sediamvicie dove a te piacequivi si stia; e acciò che di niente si manchi al tuoconsiglioseguirecol mormorio dell'acque che c'invitano a ragionare e conl'orrore di queste ombre che ci ascoltanodisponti tua dir di quelloche a te più giova che si ragioniperciò che e noivolentieri sempre t'ascoltiamo epoi che tu ad essi cosìvagoluogo hai datomeritamente dee in te cadere l'arbitrio de'nostri sermoni -.

Dette queste parole da madonna Berenicee da ciascuna dell'altre dueinvitato Gismondo al favellareesso lietamentedisse: - Poscia chevoi questa maggioranza mi datee io la mi prenderò -.

Epoi chefatta di loro coronaa sedere in grembo dell'erbetta postisi furonochi vicino la bella fonte e chi sotto gliombrosi allori diqua e di là del picciol rioGismondoaccortamenterassettatosi e pel viso d'intorno piacevolmente le belledonneriguardatein questa guisa incominciò a dire: - Amabilidonneciascuno di noi ha udite le due fanciulle e la vagadamigiellache dinanzi la Reinaprima che si levassero le tavoledue lodandoAmore e l'altra di lui dolendosiassaivezzosamente cantarono le trecanzoni. E perciò che io certo sono che chiunque di lui siduole e mala voce gli dànon benconosce la natura delle cosee la qualità di lui e di gran lunga va errando dal dirittocamin del verose alcuna di voi èbelledonneo di noicheso che ce ne sonoche creda insieme con la fanciulla primiera cheAmore cosa buona non siadica sopraciò quello che ne glipareche io gli risponderòe dammi il cuore di dimostrargliquanto egli con suo danno da così fattaopenione ingannato sia.La qual cosa se voi faretee doverete voler farese volete che miosia quello che una volta donatom'aveteassai bello e spazioso campoaremo oggi da favellare -.

Ecosì dettosi tacque.


1.VII.Stettero alquanto sopra sé le oneste donneintesa la propostadi Gismondoe già mezzo tra se stessa si pentivamadonnaBerenice d'avergli data troppa libertà nel favellare. Pureriguardando chequantunque egli amoroso giovane esollazzevole fosseper tutto ciò sempre altro che modestamente non parlavasirassicurò e con le sue compagne cominciò asorridere diquesto fatto; le quali insieme con lei altresì dopo un brievepentimento rassicurates'accorseroraccogliendo leparole diGismondoche egli la fiera tristizia di Perottino pugneva e luiprovocava nel parlareperciò che sapevano che egli dicosaamorosa altro che male non ragionava giamai. Ma per questo nienterispondendo Perottino e ogniuno tacendosiGismondo in cotal guisariparlò: - Non è maravigliadolcissime giovanise voitacete; le quali credo io più tosto di lodareAmore che dibiasimarlo v'ingegnerestesì come quelle cui egli in niunacosa può aver diservite giamaise onesta vergogna esempre indonna lodevole non vi ritenesse. Quantunque d'Amore si possa perciascun sempre onestissimamente parlare. Made' miei compagni sìmi maraviglio io fortei quali doverebbonose bene altramentecredessero che fosse il veroscherzandoalmeno favoleggiar contraluiaffine che alcuna cosa di così bella materia siragionasse oggi tra noi; non che dovessero essi ciòfareessendovene uno per aventura quiche siedeil quale male d'Amorgiudicando tiene che egli sia reoe sì si tace -.

Quivinon potendosi più nascondere Perottinoalquanto turbatosìcome nel volto dimostravaruppe il suo lungo silenziocosìdicendo: - Ben m'accorgo ioGismondoche tu in questo campo mechiamima io sono assai debole barbero a cotalcorso. Per che megliofarai se tuin altro piano e le donne e Lavinello e mese ti pareprovocandomeno sassosi erincrescievoli aringhi ci concederai poterfare -.

Oraquivi furono molte parole e da Gismondo e da Lavinello detteche ilterzo compagno eraacciò che Perottinoparlasse; ma eglinonsi mutando di propositoostinatamente il ricusava. La qual cosamadonna Berenice e le sue compagneveggendolo 'ncominciaron tutteinstantemente a pregare che egli e per piacer di ciascuno e per amordi loro alcuna cosadicessedisiderose di sentirlo parlare; e tantointorno a ciò con dolci parole or una or altra ilcombatteronoche egli alla finevinto rendendosi disse loro così:- E il tacere e il parlare oggimai ugualmente mi sono discariperciòche né quello debbonéquesto vorrei. Ora vinca lariverenzadonneche io a' vostri commandamenti sono di portartenutonon già a quelli diGismondoil quale poteva con suoonoremiglior materia che questa non è proponendocie voi eme e se stesso ad un trattodilettaredove egli tutti insieme con suavergogna ci attristerà. Perciò che né voiudirete cose che piacevoli sieno ad udiree iodi noiose ragioneròe esso per aventura ciò che egli non cerca sì sitroverà; il qualecredendosi d'alcuna occasion dare a'suoiragionamenti col mioogni materia si leva via di poternon dicoacconciamentema pure in modo alcuno favellare. Perciòcheravedutosiper quello che a me converrà direin quantoerrore non iocui egli vi crede esserema esso siache ciòcredeseegli non ha ogni vergogna smarritaesso si rimarràdi prender l'arme contra 'l vero; e quando pure ardisse diprenderlesifare no'l potràperciò che non gli fiarimaso che pigliare.

-O armato o disarmato - rispose Gismondo - in ogni modo ho io a farlateco questa voltaPerottino. Ma troppo credise tu credi che a menon debba rimaner che pigliareil quale non posso gran fatto pigliarcosa che arma contra te non sia. Ma tunondimeno àrmatichéa me non parrebbe vincerese bene armato non ti vincessi -.


1.VIII.Riser le donne delle parole di due pronti cavalieri a battaglia. MaLisache l'una dell'altre due così mi piacque dinominareacui parea che Lavinello tacendosi occasione fugisse di parlarea luisorridendo disse: - Lavinelloa te fie divergognase tucombattendo i tuoi compagnicon le mani a cintola ti starai: egliconviene che entri in campo ancor tu -.

Acui il giovane con lieta fronte rispose: - Anzi non posso ioLisain cotesto campo più entrareche egli di vergogna nonmi sia.Perciò che come tu vedipoi che i miei compagni già sisono ingaggiati della battaglia tra loroonesta cosa non èche iocon un di lor mettendomil'altroa cui solo converriarimanerefaccia con due guerrieri combattitore. - Non t'èbuona scusacotestaLavinello - risposero le donne quasi con un diretutt'e tre; e poi Lisaraffermatesi l'altre dueche a leilasciavano larispostaseguitò: - E non ti varrànellonon volere pigliar l'armeil difenderti per cotesta via. Perciòche non sono questicombattimenti di manierache quello si debbaosservare che tu di'che da due incontro ad uno non si vada. Eglinon ne muoreniuno in così fatte battaglie: entravi pure eappigliati comunquemente tu vuoi -.

-LisaLisatu hai avuto un gran torto - rispose allora Lavinellocosì con un dito per ischerzo minacciandolagiochevolmente.Indiall'altre due giratosi disse: - Io mi tennitestédonnetutto buonoestimandoper lo vedervi intente allazuffa dicostor dueche a me non doveste volger l'animoné dare altrocarico di trappormi a queste contese. Oraposcia che aLisa non èpiaciuto che io in pace mi stiaacciò che almeno doler di menon si possano i miei compagnilasciamgli far da loro alor modo;come essi si rimarranno dalla mischianon mancherà chesìcome i buoni schermidori far soglionoche a sé riservanoilsezzaio assaltocosì io le lasciate arme ripigliandononpruovi di sodisfare al vostro disio. -


1.IX.Così detto e risposto e contentatodopo un brieve silenzio diciascunoPerottinoquasi da profondo pensiero toltosiverso ledonne levando il visodisse:

-Ora piglisi Gismondo ciò che egli si guadagnerà; e nonsi pentaposcia che egli questo argine ha rottose per aventura ealui maggiore acqua verrà addosso che bisogno non gli sarebbed'averee di voi altramente averrà che il suo aviso nonsaràstato. Chécome che io non speri di potere inmaniera alcunaquanto in così fatta materia si converrebbedi questo universaledanno de gli uominidi questa generalissimavergogna delle gentiAmoreo donneraccontarviperciò chenon che io il possache uno e debole sonoma quanti ci vivonopronti e accorti dicitori il piùnon ne potrebbono assaibastevolmente parlare; puree quel poco che io ne diròda cheio alcuna cosa ne ho a direparrà forse troppo a Gismondoilquale altramente si fa acredere che sia il veroche egli non èe a voi ancora potrà essere di molto risguardoche giovanisetene gli anni che sono avenireil conoscere in alcuna parte laqualità di questa malvagia fiera -.

Ilche poi che esso ebbe dettofermatosi e più alquantotemperata la vocecotale diede a' suoi ragionamenti principio:-Amorevalorose donnenon figliuolo di Venerecome si legge nellefavole de gli scrittorii quali tuttavia in questa stessa bugiatrase medesimi discordando il fanno figliuolo di diverse Idiecome sealcuno diverse madri aver potessené di Marte o diMercurio odi Volcano medesimamente o d'altro Idioma da soverchia lascivia eda pigro ozio de gli uominioscurissimi evilissimi genitorinellenostre menti procreatonasce da prima quasi parto di malizia e divizio; il quale esse menti raccolgono efasciandolo di leggierissimesperanzeposcia il nodriscono di vani e stolti pensierilatte chetanto più abondaquanto più nesugge l'ingordo eassetato bambino. Per che egli crescie in brieve tempo e divien taleche egli ne' suoi ravolgimenti non cape.Questicome chedi poconatovago e vezzoso si dimostri alle sue nutrici e maravigliosafesta dia loro della prima vistaeglinondimeno alterando si va lepiù volte di giorno in giorno e cangiando e tramutandoeprende in picciolo spazio nuove faccie enuove formedi maniera cheassai tosto non si pare più quello che egliquando e' nacquesi parea. Ma tuttaviaquale che eglisi sia nella fronteegli nullaaltro ha in sé e nelle sue operazioni che amaroda questaparolasì come io mi credoassaiacconciamente cosìdetto da chiunque si fu colui il quale prima questo nome gli dièforse a fine che gli uomini lo schifasserogiànella primafaccia della sua voce avedutisi ciò che egli era. E nel verochiunque il segueniuno altro guiderdone delle sue fatichericeve cheamaritudineniuno altro prezzo mercaniuno appagamento che doloreperciò che egli di quella moneta paga i suoiseguaciche eglihae sì n'ha egli sempre grande e infinita doviziae moltisuoi tesorieri ne mena seco che la dispensano edistribuiscono a largae capevole misuraa quelli più donandoneche di se stessi edella loro libertà hanno più donato allusinghevolesignore. Per la qual cosa non si debbono ramaricar gli uomini se essiamando tranghiottonosì come sempre fannomille amari esentono tutto 'l giorno infiniti doloricon ciò sia cosa checosì è di loro usanzané può altramenteessere; ma cheessi aminodi questo solo ben si debbono e possonsisempre giustamente ramaricare. Perciò che amare senza amaronon sipuòné per altro rispetto si sente giamai e sipate alcuno amaro che per amore. -


1.X.Avea dette queste parole Perottinoquando madonna Berenicecheattentissimamente le raccoglievacosì a luiincominciòtraponendosi: - Perottinovedi bene già di quinci ciòche tu fai; perciò cheoltra che a Gismondo dia l'animodipienamente alle tue proposte risponderesì come egli testéci disseper aventura il non conciederti le sconcie cose eziandioaniuna di noi si disdice. Se pure non c'è disdetto iltrametterci nelle vostre disputenella qual cosa io per me tuttaviaerrare nonvorrei o esser da voi tenuta senza rispetto e presontuosa.

-Senza rispetto non potrete voi essereMadonnané presontuosada noi tenuta parlando e ragionando- disse alloraGismondo - e levostre compagne similmentepoi che noi tutti venuti qui siamo perquesto fare. Per che tramettetevi ciascunasì come piùa voi piaceché queste non sono più nostre dispute cheelle esser possano vostri ragionamenti.

-Dunque - disse madonna Berenice - farò io sicuramente alle miecompagne la via -. Ecosì dettoa Perottinorivoltasiseguitò: - E certo se tu avessi detto solamentePerottinoche amare senza amaro non si possai' mi sarei taciutané ardireidinanzi a Gismondo di parlare; ma lo aggiugnervi cheper altro rispetto amaro alcuno non si senta che per amoresoverchiom'èparuto e sconvenevole. Perciò che così potevidireche ogni dolore da altro che d'amore cagionato non sia; o iobene le tueparole non appresi.

-Anzi le avete voi apprese bene e dirittamente- rispose Perottino -e cotesto stesso dico ioMadonnache voi dite:niuna qualitàdi doloreniun modo di ramarico essere nella vita de gli uominicheper cagion d'amore non siae da luisì comefiume da suofontenon si dirivi. Il che la natura medesima delle cosese noi laconsideriamoassai ci può prestamente farchiaro. Perciòchesì come ciascun di noi dee saperetutti i beni e tutti imaliche possono a gli uomini come che sia o dilettorecare o doloresono di tre maniere e non più: dell'animodella fortuna e delcorpo. E perciò che dalle buone cose dolorealcuno venir nonpuòdelle tre maniere de' malidalle quali esso ne vieneragioniamo. Gravose febbrinon usata povertàsceleratezza eignoranza che sieno in noie tutti gli altri danni a questisomiglianti che infinita fanno la loro schieraci apportanosenzafallo dolore e più e men grave secondo la loro e la nostraqualità; il che non averrebbe se noi non amassimo ilorocontrari. Perciò che se il corpo si duoled'alcunoaccidente tormentatonon è ciò se non perchéegli naturalmente ama la suasanità; ché se egli nonl'amasse da naturaimpossibile sarebbe il potersene alcun dolerenon altramente che se egli di seccolegno fosse o di soda pietra. Esed'alto stato in bassa fortuna cadutia noi stessi c'incresciamol'amore delle ricchezze il fa ede gli onori e dell'altre somiglianticoseche per lungo uso o per elezione non sana si pon loro. Onde sealcuno è che non le amisì come si legge di quelfilosofo che nella presura della sua patria niente curò disalvarsicontento di quello che seco sempreportavacostuicertamente de gli amari giuochi della fortuna non sente dolore. Giàla bella virtù e il giovevole intenderechealbergano ne'nostri animiamati sogliono da ciascuno essere per naturale instintoe disiderati; perché ogniunoda occultopungimento stimolatodella sua malvagità e della sua ignoranza ravedutosisiramarica come di cose dolorose. E se pure siconcedesse alcuno potersitrovareil qualeviziosamente e senza lume d'intelletto vivendonon s'attristasse alle volte del suomal vivere come che siaa costuisenza dubbioo per diffalta estrema di conoscimento o per infinitaostinazione della perdutausanzail virtuosamente vivere e lo essereintendente in niun modo non sarebbe caro. Né pur questosolamente cade ne gliuominima egli è ancora manifestamenteconosciuto nelle fiere; le quali amano i loro figliuoli assaiteneramente per lo generaleciascunamentre essi novellamentepartoriti in loro cura dimorano. Allorase alcun ne muore o vien lortolto come che siaessesi dogliono quasi come se umano conoscimentoavessero. Quelle medesimei loro figliuoli cresciuti e per se stessivalevolisepoi strozzare dinanzi a gli occhi loro si veggono esbranaredi niente s'attristanoperciò che esse non gliamano più. Di cheassai vi può esser chiaro chesìcome ogni fiume nasce da qualche fontecosì ogni dogliaprocede da qualche amore esì comefiume senza fonte non haluogocosì conviene esser vero quello che voi dicestecheogni dolore altro che d'amore non sia. Eperciò che non èaltro l'amaro che io dissiche il tormento e dolor dell'animo cheegli per alcuno accidente in sé patequelmedesimoconchiudendoMadonnavi raffermoche voi ripigliaste: che peraltra cagione amaro alcuno non si sente da gliuomininé sipateche per amore. -


1.XI.Taceva da queste parole soprapresa madonna Berenice e sopra essepensavaquando Gismondo sogghignando cosìdisse: - Senza falloassai agevolmente aresti tu oggi stemperata ogni dolcezza d'amore conl'amaro d'un tuo solo argomentoPerottinose egli ti fosseconceduto. Ma perciò che a me altramente ne parequando piùtempo mi fie dato da rispondertimeglio si vedrà se cotestatua cotanta amaritudine si potrà raddolcire. Ora insegnaciquanto quell'altra proposta sia veradovetu di' che amare senzaamaro non si puote.

-Quivi ne veniva io testé - rispose Perottino - e di quello cheio mi credo che ciascun di noi tuttavia in se stessopruoviragionandopotrei con assai brievi paroleGismondodimostrarloti. Ma poscia che tu pure a questi ragionamenti mitraestiame piace che più stesamente ne cerchiamo. Certissimacosa è adunqueo donneche di tutte le turbazioni dell'animoniuna ècosì noievolecosì graveniuna cosìforzevole e violentaniuna che così ci commuova e giricomequesta fache noi Amorechiamiamo; gli scrittori alcuna volta ilchiaman fuocoperciò chesì come il fuoco le cosenelle quali egli entra egli le consumacosì noi consuma edistrugge Amore; alcuna volta furorevolendo rassomigliar l'amante aquelli che stati sono dalle Furiesollecitatisì comed'Horeste e d'Aiace e d'alcuni altri si scrive. E perciò cheper lunga sperienza si sono aveduti niuna esserepiù certainfelicità e miseria che amaredi questi due sopranomisìcome di proprie possessionihanno la vita de gli amantiprivilegiataper modo che in ogni libroin ogni foglio misero amanteinfeliceamante e si legge e si scrive. Senza fallo essoAmore niuno èche piacevole il chiaminiun dolceniuno umano il nomògiamai: di crudeled'acerbodi fierotutte le carte sonpiene.Leggete d'Amore quanto da mille se ne scrive: poco o niente altro inciascun troverete che dolore. Sospirano i versi inalcuno; piangono dimolti i libri interi; le rimegl'inchiostrile cartei volumistessi son fuoco. Sospizioniingiurienimicizieguerre giàin ogni canzone si raccontanonella quale d'amor si ragioni; e sonoquesti in amore mediocri dolori. Disperazionirubellionivendettecateneferitemortichi può con l'animo non tristo o ancoracon gli occhi asciutti trappassare? Né pur diloro le lievi edivolgate favole solamente de' poetio ancora quelle cheperessempio della vitascritte da loro state sono piùgiovevolmentema eziandio le più gravi historie e gli annali piùriposti ne son macchiati. Che per tacere de gl'infelici amoridiPiramo e di Tisbedelle sfrenate e illecite fiamme di Mirra e diBibli e del colpevole e lungo error di Medea e di tutti ilorodolorosissimi finii qualiposto che non fosser verisìfurono essi almeno favoleggiati da gli antichi per insegnarci chetalipossono esser quelli de' veri amori; già di Paolo e diFrancesca non si dubita che nel mezzo de' loro disii d'una medesimamortee d'un solo ferro amenduesì come d'un solo amoretraffittinon cadessero. Né di Tarquinio altresìfingono gli scrittorial qualefu l'amoreche di Lucrezia il presee della privazion del regno e dell'essiglio insieme e della sua mortecagione. Né è chi pervero non tenga che le faville d'unTroiano e d'una Greca tutta l'Asia e tutta l'Europa raccendessero.Taccio mille altri essempisomigliantiche ciascuna di voi puòe nelle nuove e nelle vecchie scritture aver letti molte fiate. Perla qual cosa manifestamentesi vede Amore essere non solamente disospiri e di lagrimené pur di morti particolarima eziandiodi ruine d'antichi seggi e dipotentissime città e delleprovincie istesse cagione. Cotali sono le costui operazionio donnecotali memorie egli di sé halasciatoaffine che ne ragionichiunque ne scrive. Vedi tu dunqueGismondose vorrai dimostrarciche Amore sia buonochenon ti sia di mestiero mille antichi emoderni scrittoriche di lui come di cosa rea parlanoripigliare. -


1.XII.Detto fin qui da PerottinoLisa in seder levatasiche con la manoalla gota e col braccio sopra l'orlo della fonte tuttain sul latosinistro ascoltandolo si riposavacosì ne 'l dimandò edisse: - Perottinoquello che a Gismondo faccia mestierodiripigliare egli il si vedache t'ha a risponderequando ad essopiacerà o sarà tempo. A me ora rispondi tu. Se ècagione Amoredi tanti mali quanti tu di' che i vostri scrittori gliappongonoperché il fanno eglino Idio? Perciò chesìcome io ho letto alcunafiataessi il fanno adorar da gli uomini econsacrangli altari e porgongli voti e dannogli l'ali da volare incielo. Chiunque male faegli certamente non è Idioe chiunqueIdio èegli senza dubbio non può far male. Dunqueseti piacedimmi come questo fattosi stia. E per aventura che tu inciò a madonna Berenice e a Sabinetta non meno che a mepiaceraile quali possono altresìcome io altra volta sopraquesto dubbio aver pensatoné mai perciò non m'avennedi poterne dimandare così bene o pure cosìa tempocomefa ora. - Alle cui parole continuando le due donne e mostrando checiò sarebbe loro parimente caro a dover daPerottino udireessoalquanto prima taciutosicosì rispose:

-I poetiLisache furono primi maestri della vitane' tempi che gliuomini rozzi e salvatichi non bene insieme ancora siraunavanoinsegnati dalla naturache avea dato loro la voce e lo 'ngegnoacconcio a.cciò farei versi trovaronoco' qualicantandoamollivano la durezza di que' popoli cheusciti de gli alberi edelle spelunchesenza più oltre sapere che cosa sifosseroacaso errando ne menavan la loro vita sì come fiere. Néguari cantarono que' primi maestri le lor canzoniche essiseco netraevano quegli uomini selvaggiinvaghiti delle lor vocidove essin'andavano cantando. Né altro fu la dilettante cetarad'Orfeoche le vaghe fiere da' lor boschi e gli alti alberi dalle lor selve eda' lor monti le sode pietre e i precipitanti fiumi da' lorcorsiritoglievache la voce d'un di que' primi cantoridietro alla qualene venivano quegli uomini che con le fiere tra gli alberinelle selvee ne' monti e nelle rive de' fiumi dimoravano. Ma altre a.cciòperciò cheraunata quella sciocca gentebisognavainsegnarloro il vivere e mostrar loro la qualità delle coseacciòche seguendo le buone dalle ree si ritraesseroné capevainquegli animi ristretti la grandezza della natura e nelle lorosonnocchiose menti non poteva ragione entrareche lor sidicessetrovarono le favole altresìsotto il velame dellequali la veritàsì come sotto vetro traparentericoprivano. A questa guisa delcontinuo dilettandogli con la novitàdelle bugiee alcuna volta tra esse scoprendo loro il veroora conuna favola e quando conaltra gl'insegnarono a poco a poco la vitamigliore. In quel tempo adunque che il giovane mondo i suoi popolipoco ammaestratiaveafu Amore insieme con molti altri fatto Idiosìcome tu di'Lisanon per altro rispettose non per dimostrare aquellegrosse genti con questo nome d'Idio quanto nelle umane mentiquesta passione poteva. E veramente se noi vogliamoconsiderandotrapassar nel potereche Amore sopra di noi ha e sopra la nostravitaegli si vedrà chiaramente infiniti essere isuoi miracolia nostro gravissimo danno e veramente maravigliosicagione giustadella deità dalle genti dataglisì come io dico.Perciòche quale vive nel fuoco come salamandraquale ogni caldo vitalperdutone si raffredda come ghiaccioquale comeneve a sole sidistruggequale a guisa di pietrasenza polsosenza spiritomutolo e immobile e insensibile si rimane. Altri fia chesenza cuoresi viveràa donna che mille stratii ad ogni ora ne fa avendoldato; altri ora in fonte si trasmutaora in alberoora infiera; echiportato da forzevoli ventine va sopra le nuvolestando percadere tuttaviae chi nel centro della terra e ne gliabissi piùprofondi si dimora. E se voi ora mi dimandaste come io queste cosìnuove cose sappiasenza che elle si leggonovidico che io tutte leso per pruova ecome per isperienza dottocosì ne favello.Oltra che maravigliosa cosa è il pensare chenti equali sienole disagguaglianzele discordanzegli erroriche Amore nelle mentide' servi amanti traboccando accozza congravosa disparità.Perciò che chi non dirà che essi sieno sopra ogni altramiseria infeliciquando e allegrissimi sono edolorosissimi unastessa ora e da gli occhi loro cadono amare lagrime con dolce risomescolateil che bene spesso suoleavenire; o quando ardiscono etemono in uno medesimo instanteonde essiper molto disiderio pienidi caldo e di focosoardireimpallidiscono e triemano dalla gelatapaura; o quando da diversissime angoscie ingombrati e orgoglio eumiltà eimprontitudine e tiepidezza e guerra e pace parimentegli assalgono e combattono ad un tempo; o quandocon la linguatacendoe col voltoparlano e gridano ad alta voce col cuore? esperano e disperano e la lor vita cercano e abbracciano la lormorteinsiememente? e per lo continuo dando luogo in sé a duelontanissimi affettiil che non suole potere essere nelle altrecosee daessi straziatamente qua e là in uno stesso puntoessendo portatitra queste e somiglianti distemperatezze il senso sidilegua loroe il cuore? E fannoci a credere che vero sia quello chealcun filosofo già disseche gli uomini hanno due animeciascunoconl'una delle quali essi all'un modo vogliono e conl'altra vogliono all'altro; perciò che egli non pare possibileche con una solaanima si debba poter volere due contrari.


1.XIII.Le quali maniere di maravigliecome che tutte s'usino nell'oste cheAmor conducepure l'ultimache io dissiv'è piùsoventeche altra etra molta dissonanzia d'infiniti doloriella quasigiusta corda più spesso al suono della verità rispondesìcome quella che è la più propria di ciascunoamante e in sé la più veraciò è cheessi la lor vita cercano e abbracciano la lormorte tuttavia. Con ciòsia cosa che mentre essi vanno cercando i diletti loro e quelli sicredono seguitaredietro alle lor noieinviati e d'esse invaghiti sìcome di ben lorotra mille guise di tormenti disconvenevoli e nuovialla fin fine si procacciano diperirechi in un modo e chi in altromiseramente e stoltamente ciascuno. E chi negherà chestoltamente e miseramente nonperisca chiunqueda semplice folliad'amore avallatotrabocca alla sua morte così leggiero? Certoniunose non quei che 'lfanno; a' quali spesse volte tra persoverchio di dolore e per mancamento di consiglio è cosìgrave il vivereche pure non che laschifinoanzi essi le si fannoincontro volentieri: chi perché ad esso pare così piùspeditamente che in altra maniera poter finire isuoi dolorie chiper far venire almeno una volta pietà di sé ne gliocchi della sua donnacontento di trarne solamente duelagrime perguiderdone di tutte le sue pene. Non pare a voi nuova pazziaodonneche gli amanti per così lievi e istrane cagionicerchinodi fuggire la lor propria vita? Certo sì dee parere; ma egli èpure così. E non che io in me una volta provato l'abbiamaegli è buon tempo chese mi fosse stato conceduto ilmorirea me sarebbe egli carissimo stato e sarebbe ora piùche mai. Aquesto modoo donnes'ingegnano gli amanti contro alcorso della natura trovar via; la qualeavendo parimente ingeneratointutti gli uomini natio amore di loro stessi e della lor vita econtinua cura di conservarlasiessi odiandola e di se stessinimicidivenuti amano altruie non solamente di conservarla noncuranoma spesso ancoracontro a se medesimiincrudelitivolontariamente la rifiutano dispregiando. Ma potrebbeforse dire alcuno: ‘Perottinocoteste son favole aquistioned'innamorato più convenevolisì come le tuesonoche a vero argomentare di ragionevole uomo. Perciò chese a te fosse statocosì caro il morirecome tu di'chi ten'averebbe ritener potutoessendo così in mano d'ogni uomovivo il morirecome non èpiù il vivere in poter diquelli che son già passati? Queste parole piùfollemente si dicono che i fatti non si fanno dileggiere’.Maravigliosa cosa èo donnead udir quelloche io ora dirò; il chese da me non fosse stato provatoappena che io ardissid'imaginarlominon che di raccontarlo. Non èsì come in tutte l'altre qualità d'uominiultimadoglia il morire ne gli amanti; anziloro molte volte in modo èla morte dinegatache già dire si può che in somma estrema miseria felicissimo sia colui che puòmorire. Perciòche aviene bene spessoil che forse non udiste voidonnegiamainé credevate che potesse esserechementreessi dal molto elungo dolor vinti sono alla morte vicini e sentono già in séa poco a poco partire dal penoso cuore la lor vitatanto d'allegrezzae di gioia sentono i miseri del morireche questo piacereconfortando la sconsolata anima tanto piùquantoessi menosogliono aver cosa che loro piacciaritorna vigore ne gl'indebolitispiritii quali a forza partivanoe donasostentamento alla vita chemancava. La qual cosaquantunque paia nuovaquanto sia possibile adessere in uomo innamoratoio ve ne potrei testimonianza donarechel'ho provatae recarvi in fede di ciò versigià da meper lo adietro fattiche lodiscrivonose a me non fosse dicevolevie più il piagnere che il cantare. -


1.XIV.Quivicome da cosa molto disiata sopragiunta e tutta in se stessasubitamente recatasimadonna Berenice: - Deh -disse - se questo Idioti concedaPerottinoil vivere lietamente tutti gli anni tuoiprima che tu più oltre vada ragionandodicciquesti tuoiversi. Perciò che buona pezza è che io son vagasommissimamente d'udire alcuna delle tue canzonie certa sono chetule ne dicendodiletterai insiememente queste altre due chet'ascoltanoné meno di me son vaghe d'udirti; perciòche bensappiamo quanto tra gl'intendenti giovani sieno le tue rimelodate -.

Acui Perottinoun profondissimo sospiro con le parole mandando fuorain questa guisa rispose: - MadonnaquestoIdiomale per me troppobene conosciutoi miei anni lieti non può egli piùfare né farà giamaiquando ancora esso far lietiqueglidi tutti gli altri uomini potessesì come non puote. Perciòche la mia ingannevole fortuna di quel bene m'ha spogliatodopo ilquale niuna cosa mi può esserené sarà mainélieta né carase non quella una che è di tutte le coseultimo fine; la qualeio ben chiamo assai spessoma ella sordaconla mia fortuna accordatasinon m'ascoltaforse perché iosoverchio vivendorimanga per essempio de' miseri bene lungamenteinfelice. Ora poscia che io ho già preso ad ubidirvi e ho avoi fatto palesequello che nascondere arei potutoe sarebbe ilmeglio statoché men male suole essere il morirsi uom tacendochelamentandosiquantunque le mie rime da esser dette a donne lietee festeggianti non sianoio le pure dirò. - Mossono a pietàipieghevoli cuori delle donne queste ultime parole di Perottino;quando egliche con fatica grandissima le lagrime a gliocchiritennealquanto riavutosicosì incominciò adire:


Quand'iopenso al martire

Amorche tu mi daigravoso e forte

Corro per gir a morte

Così sperando i miei danni finire.


Mapoi ch'i' giungo al passo

Ch'è porto in questo mar d'ogni tormento

Tanto piacer ne sento

Che l'alma si rinforzaond'io no 'l passo.


Così'l viver m'ancide

Così la morte mi ritorna in vita:

O miseria infinita

Che l'uno apporta e l'altra non recide.


1.XV.Lodavano le donne e gli altri giovani la canzone da Perottinorecitatae esso interrompendoglisoverchio delle suelodeschifevolevolea seguitando alle prime proposte ritornarese nonche madonna Bereniceripigliando il parlare: - Almeno -disse - siidi tanto contentoPerottinopoi che l'essere lodato contra l'uso ditutti gli altri uomini tu pure a noia ti rechichedoveacconciamente ti venga così ragionando alcun de' tuoiversi ricordatonon ti sia grave lo sporloci; perciò che enoi tutte e treche del tuo onore vaghissime siamoe i tuoi compagnimedesimamentei quali son certa che come fratello t'aminoquantunqueessi altre volte possano le tue rime avere uditesollazzerai con tua pochissima fatica grandemente -.

Aqueste parole rispostole Perottino che come potesse il farebbecosìrientrò nel suo parlare: - E che si potrà dir quisenon che per certo tanto stremamente è misera la sorte de gliamantiche essivivendoperciò che vivononon possonovivereemorendoperciò che muoiononon possono morire? Iocertamente non so che altro succhio mi sprema di cosìnuovoassenzo d'amore se non quest'unoil quale quanto sia amarosiate contentegiovani donneil cui bene sempre mi fie carodiconoscere più tosto sentendone ragionare che gustandolo. Mao potenza di questo Idionon so qual più noievoleomaravigliosanon si contenta di questa loda né per somma lavuole de' suoi miracoli Amore; il qualeperciò che sipuòargomentare chesì come la morte può ne gliamanti cagionar la noia del viverecosì può bastare acagionarvi la vita la gioiache essi sentono del morirevuole talvolta in alcuno non solamente che esso non possa morire senza cagioneavere alcuna divitama fa in modo che egli di due manifestissimemortida esse fierissimamente assalitosì come di due vitesi vive. A memedesimo tuttaviadonnepare oltre ogni maniera nuovoquesto stesso che io dico; e pure è vero: certo cosìnon fosse eglistatoche io sarei ora fuori d'infinite altre penedove io dentro vi sono. Perciò che avendo già per litempi adietro Amore il miomisero e tormentato cuore in cocentissimofuoco postonel quale stando egli conveniva che io mi morissiconciò sia cosa chenon avrebbe la mia virtù potuto acotanto incendio resistereoperò la crudeltà di quelladonnaper lo cui amore io ardevacheio caddi in uno abondevolissimopiantodel quale l'ardente cuore bagnandosi opportuna medicinaprendeva alle sue fiamme. Equesto pianto averebbe per sé soloin maniera isnervati e infieboliti i legamenti della mia vita e cosìvi sarebbe il cuore allagatodentroche io mi sarei mortose statonon fosse cherassodandosi per la cocitura del fuoco tutto quelloche il piantostemperavacagione fu che io non mancai. In questaguisa l'uno e l'altro de' miei mali pro facendomie da duemortalissimiaccidenti per la loro contraoperazione vita venendomenesi rimase il cuore in istatoma quale stato voi vedetecon ciòsia cosache io non so quale più misera vita debba potereessereche quella di colui èil quale da due morti èvivo tenuto eperciò cheegli doppiamente muoreegli si vive.-


1.XVI.Così avendo detto Perottinofermatosi e poi a dire altropassar volendoGismondo con la mano in ver di lui apertasostandoloa madonna Berenice così disse: - Egli non v'attienMadonnaquello che egli v'ha testé promesso di sporvi delle suerimepotendol fare. Perciò che egli una canzone fe' già chedi questo miracolo medesimo raccontavaga e gentilee non lavidice. Fate che egli la vi dicache ella vi piacerà. -

Ilche uditola donna subitamente disse: - Dunque ci manchi tuPerottinodella tua promessa così tosto? O noi ticredavamouom di fede. - E con tai parole e con altre scongiurandol tuttenonsolamente a dir loro quella canzone della qualeGismondo ragionavamaancor dell'altrese ad uopo venissero di quello che egli dir voleail constrinseroe fattolsi riprometterepiù d'una voltaeglialla canzone venendo con voce compassionevole così disse:


Voimi poneste in foco

Per farmi anzi 'l mio dìDonnaperire;

E perché questo mal vi parea poco

Col pianto raddoppiaste il mio languire.

Or io vi vo' ben dire:

Levate l'un martire

Ché di due morti i' non posso morire.


Peròche da l'ardore

L'umor che ven de gli occhi mi difende

E che 'l gran pianto non ditempre il core

Face la fiamma che l'asciuga e 'ncende.

Così quanto si prende

L'un mall'altro mi rende

E giova quello stesso che m'offende.


Chese tanto a voi piace

Veder in polve questa carne ardita

Che vostro e mio mal grado è sì vivace

Perché darle giamai quel che l'aita?

Vostra voglia infinita

Sana la sua ferita

Ond'io rimango in dolorosa vita.


Edi voi non mi doglio

Quanto d'Amor che questo vi comporte;

Anzi di mech'ancor non mi discioglio".

Ma che poss'io? con leggi inique e torte

Amor regge sua corte.

Chi vide mai tal sorte:

Tenersi in vita un uom con doppia morte?



1.XVII.E così detto seguitò: - PartiLisache a questimiracoli si convenga che il loro facitore sia Idio chiamato? Partichenon senza cagione que' primi uomini gli abbiano imposto cotalnome? Perciò che tutte le cose che fuori dell'usonaturaleavengonole quali per questo si chiamano miracolichemaraviglia a gli uomini recano o intese o vedutenon possonprocedereda cosa che sopranaturale non siae tale sopra tuttel'altre è Dio. Questo nome adunque diedero ad Amoresìcome a colui lacui potenza sopra quella della natura ad essi pareache si distendesse. Ma io a dimostrarlotipiù vago de' mieimali che de glialtruinon ho quasi adoperato altrosì cometu hai vedutoche la memoria d'una menomissima parte de' mieiinfiniti e dolorosimartiri; i quali però insieme tuttiavengache essi di soverchia miseria fare essempio mi potessero a tutto ilmondo in fede dellapotenza di questo Idiose bene in maggior numeronon si stendessero che questi sonode' quali tu hai uditopureacomperazione di quelli di tutti gli altri uominiper nulla senzafallo riputar si possono o per poco. Che se io t'avessivolutodipignere ragionando le historie di centomila amanti che sileggonosì come nelle chiese si suole farenelle qualidinanzi ad unoIdio non la fede d'un uom soloma d'infinitisi vedein mille tavolette dipinta e raccontatacerto non altramentemaravigliata tene saresti che sogliano i pastoriquando essiprimieramente nella città d'alcuna bisogna portatia una oramille cose veggonoche son loro d'infinita maraviglia cagione. Néperché io mi creda che le mie miserie sien gravicome senzafallo sonoè egliperciò da dire che lievi sienol'altruio che Amore ne' cuori di mille uomini per aventura nons'aventi con tanto impetoconquanto egli ha fatto nel mioe cheegli cotante e così strane maraviglie non ne generiquante equali son quelle che egli nel mioha generate. Anzi io mi credo percerto d'avere di molti compagni a questa pruova per grazia del miosignorequantunque essinon così tutti vedere si possano daciascuno e conoscerecome io me stesso conosco. Ma è appressole altre questauna dellesciocchezze de gli amantiche ciascuno sicrede essere il più misero e di ciò s'invaghiscecomese di questa vittoria ne glivenisse coronané vuole perniente che alcuno altro vivail quale amando possa tanto al sommod'ogni male pervenirequantoegli è pervenuto. Amava Argiasanza fallo oltre modose alle cose molto antiche si può darfedela quale chi avesse uditaquando ella sopra le ferite del suomorto marito gittatasi piagnevasì come si dee pensare cheella facesseaverebbe inteso cheella il suo dolore sopra quellod'ogni altra dolente riponeva. E pure leggiamo d'Evadnala quale inquella medesima sorte dimiseria e in un tempo con lei pervenutasdegnando alteramente la propria vitail suo morto marito non piansesolamentemaancora seguìo. Fece il somigliante Laodomia nellamorte del suofece la bella asiana Panteafece in quella del suoamante lainfelice giovane di Sesto questa medesima pruovafeceroaltresì di molt'altre. Per che comprender si può ognistato d'infelicitàpotersi in ogni tempo con molti altrirassomigliare; ma non di leggier si veggonoperciò che lamiseria ama sovente di starnascosa. Tu dunqueLisadando alle mieangoscie quella compagnia che ti parrà poter daresenza cheio vada tutte le historieravolgendopotrai agevolmente argomentarela potenza del tuo Idio tante volte più distendersi di quelloche io t'ho co' mieiessempi dimostratoquanti possono esser quelliche amino come fo ioi quali possono senza fallo essere infiniti.Perciò che adAmore è per nienteche può esseresolo che esso vogliaad un tempo parimente in ogni luogodi cotaliprodezzea rischiodella vita de gli amantiin mille di loro insiemeinsieme far pruova. Egli così giuoca equello che a noi èd'infinite lagrime ed'infiniti tormenti cagionesuoi scherzi sono esuoi risi non altramente che nostri dolori. E già in modo hasé avezzo nel nostrosangue e delle nostre ferite invaghito ilcrudeleche di tutti i suoi miracoli quello è il piùmaravigliosoquando egli alcuno ne faamareil qual senta pocodolore. E perciò pochissimi sono quegli amantise pure alcunove n'èche io no 'l soche possanonelle lor fiamme servarmodo; dove in contrario si vede tutto 'l giornolasciamo stare chedi riposatidi riguardosidi studiosidifilosofantimolte volterischievoli andatori di notteportatori d'armesalitori di muraferitori d'uomini diveniamoma tutto dìveggiamo mille uominie quelli per aventura che per più costanti sono e per piùsaggi riputatiquando ad amar si conduconopalesemente impazzare.


1.XVIII.Ma perciò chefatto Idio da gli uomini Amore per questecagioni che tu vediLisaparve ad essi convenevoledovergli alcunaforma dareacciò che esso più interamente conosciutofosseignudo il dipinseroper dimostrarci in quel modonon solamenteche gli amanti niente hanno di suocon ciò sia cosa che essistessi sieno d'altruima questo ancorache essid'ogni loro arbitriosi spoglianod'ogni ragione rimangono ignudi; fanciullonon perchéegli si sia garzoneche nacque insiemeco' primi uominima perciòche garzoni fa divenire di conoscimento quei che 'l seguono equasiuna nuova Medeacon istraniveneni alcuna volta gli attempati ecanuti ribambire; alatonon per altro rispetto se non perciòche gli amantidalle penne de'loro stolti disideri sostentativolanper l'aere della loro speranzasì come essi si fanno acredereleggiermente infino al cielo.Oltre a.cciò una facegli posero in mano accesaperciò chesì come delfuoco piace lo splendore ma l'ardore è dolorosissimocosìla prima apparenza d'Amorein quanto sembra cosa piacevolecidilettadi cui poscia l'uso e la sperienza ci tormentanofuor dimisura. Il che se da noi conosciuto fosse prima che vi si ardesseoquanto meno ampia sarebbe oggi la signoria diquesto tiranno e ilnumero de gli amanti minore che essi non sono. Ma noi stessidelnostro mal vaghisì come farfalle ad essan'andiam perdiletto; anzi pure noi medesimi spesse volte ce l'accendiamoondepoiquasi Perilli nel proprio torocosì noi nelnostroincendio ci veggiamo manifestamente perire. Ma per dar fine allaimagine di questo Idiomale per gli uomini di sìdiversicolori della loro miseria pennellataa tutte queste coseLisache io t'ho dettel'arco v'aggiunsero e gli straliper darciadintendere che tali sono le ferite che Amore ci dàqualipotrebbono essere quelle d'un buono arciere che ci saettasse; lequaliperò in tanto sono più mortaliche egli tutte ledà nel cuoree questo ancora più avanti hanno di maleche egli mai non si stancaod a pietà si muoveperchéci vegga venir menoanzi egli tanto più s'affretta nelferirciquanto ci sente più deboli e piùmancare. Oraio mi credo assai apertamente avertiLisadimostrato quali fosserole cagioni che mosser gli uomini a chiamareIdio costuiche noi Amorechiamiamoe perché essi così il dipinserocome tu haiveduto; il qualese con diritto occhio si miranon che egli nel veronon sia Idioil che essere sarebbe sceleratezza pure a pensare nonche mancamento a crederloanzi eglinon è altro se non quelloche noi medesimi vogliamo. Perciò che conviene di necessitàche Amore nasca nel campo de' nostrivolerisenza il qualesìcome pianta senza terrenoegli aver luogo non può giamai. Èil vero checomunque noiricevendolonell'animo gli lasciamo averpiè e nella nostra volontà far radiciegli tantoprende di vigore da se stessoche poi nostro malgrado le piùvolte vi rimanecon tante e così pungenti spine il cuoreaffligendoci e così nuove maraviglie generandonecomebenchiaro conosce chi lo pruova.


1.XIX.Ma perciò che io buona via mi sono teco venuto ragionandotempo è da ritornare a Gismondoil quale io lasciaidalla tuavoce richiamatogià su ne' primi passi del mio caminoavendom'egli dimandato come ciò vero fosseche io dissicheamare senza amaro non si puote. Il che quantunque possa senzadubbio assai esser chiaro conosciuto per le precedenti ragionida chiper aventura non volesse a suo danno farsi sofistico contra 'l veropure sì perché a voidonnemaggiore utilità neseguale qualiperciò che femine siete e per questo meno nelvivere dalla fortuna essercitate che noi non siamopiù diconsiglio avetemestieroe sì perché a me giànel dolermi aviato giova il favellare bene in lungo de' miei malisìcome a' miseri suole avenirepiùoltre ancora ne parlerò;e così forse ad una ora a voi m'ubrigherò ragionando edisubrigherò consigliando e per le cosechepossono a chi nonl'entendesse di molta infelicità esser cagionediscorrendo eavisando -. Avea dette queste parole Perottino etacevasiapparecchiandosi di riparlarequando Gismondoriguardate l'ombredel sole che alquanto erano divenute maggiorialle donne rivoltosicosì disse: - Care donneio ho sempre udito dire che ilvincere più gagliardo guerriere fa la vittoriamaggiore. Perche di quanto più rinforza Perottino argomentando le sueragioni e più lungamente nella iniqua sua causas'affaticaaguzzando la punta del suo ingegnodi parlaredi tanto egli allemie tempie va tessendo più lodevole e piùgraziosacorona. Ma io temose io gli arò a risponderechenon mi manchi il tempose noi vorremosì come usati siamoall'ora delfesteggiare insieme con gli altri nel palagio ritrovarci.Perciò che il sole già verso il vespro s'inchina e anoi forse non fie guari piùd'altrettanto spazio di quidimorarci concedutodi quello che c'è passato poi che noi cisiamo; e l'ora è sì fuggevole e così cipiglianol'animo le vezzose parole di Perottinoche a me pare d'esserciapen'apena venuto -.

Acui Sabinettache la più giovane era delle tre donnee nelprincipio di questi ragionamenti postasi a sedere nell'erbettasottogli alloriquasi fuori de gli altri stando e ascoltandopoi chePerottino a favellare incominciòniente ancora aveaparlatoanzi acerbetta che nodisse: - Ingiuria si farebbe aPerottino se tuGismondoper cotesto dir volessi che egli aristrigneredovesse avere i suoi sermoni. Parlisi a suo bell'agio eglioggi quanto ad esso piace: tu gli potrai rispondere poscia domaniconciò sia cosa che e a noi fie più dilettevole ilpigliarci questo solazzo e diporto medesimamente dell'altre volteche qui abbiamopiù dì a starcie a te potràessere più agevole il rispondereche averai avuto questomezzo tempo da pensarvi. -


1.XX.Piacque a ciascuno l'aviso di Sabinettae così conchiuso chesi facessein quello medesimo luogo il seguente giornoritornandopoi che ogniun si tacquePerottino incominciò: - Sìcome delle vaghe e travagliate navi sono i porti riposo edellecacciate fiere le selve lorocosì de' quistionevoliragionamenti sono le vere conclusioni; né giovadove questemanchinomoltevoci rotonde e segnate raunando e componendole qualiper aventura più da coloro sono con istudio cercateche piùda sé laverità lontana sentonooccupar gli animi degli ascoltantise essi non solamente la fronte e il volto delleparolema il pettoancora e il cuor di loro con maestro occhiorimirano. Il che temo io forteo donnenon domani avenga aGismondoil quale piùdel suo ingegno confidandosi che avendorisguardo a quello di ciascuna di voi o pure alla debolezza della suacausa rispetto epensiero alcunospera di questa giostra corona.Nella quale sua speranza assai gli sarebbe la fortuna favorevolestatapiù lungospazio da prepararsi alla rispostaconcedendogli che a me di venire alla proposta non diedese eglialla verità non fosse nimico.E perché egli in me nonritorni quello che io ora appongo a luialla sua richiesta venendodico che quantunque volte adivieneche l'uom non possegga quello cheegli disideratante volte egli dà luogo in sé allepassioni; le qualiogni pace turbandoglisìcome cittàda' suoi nimici combattutain continuo tormento il tengono piùe men gravesecondo che più o men possenti i suoidisiderisono. E possedere qui chiamo non quello che suole essere ne' cavallio nelle veste o nelle casedelle quali il signore èsemplicementepossessor chiamatoquantunque non egli solo le usi o non sempre onon a suo modoma possedere dico ilfruire compiutamente ciòche altri amain quella guisa che ad esso è più agrado. La qual cosa perciò che è per sestessamanifestissimache io altramente ne quistioni non fa mestiero.Ora vorre' io saper da teGismondose tu giudichi che l'uomoamantealtrui possa quello che egli ama fruire compiutamente giamai. Se tudi' che sìtu ti poni in manifesto erroreperciòchenon può l'uom fruir compiutamente cosa che non sia tutta inlui; con ciò sia cosa che le strane sempre sotto l'arbitriodellafortuna stiano e sotto il caso e non sotto noie altriquantosia cosa istranadalla sua voce medesima si fa chiaro. Se tu di'chenoconfessare adunque ti bisogneràné ti potrannogli amanti difendereo Gismondoche chiunque amasenta esostengapassione a ciascun tempo. E perciò che non èaltro l'amaro dell'animo che il fele delle passioni che l'avelenanodi necessità siconchiude che amare senza amaro non èpiù fattibile che sia che l'acque asciughino o il fuoco bagnio le nevi ardano o il solenon dia luce. Vedi tu oraGismondoinquanto semplici e brievi parole la pura verità si rinchiude?Ma che vo io argomentandodi cosa che si tocca con mano? che dico iocon mano? anzi pur col cuore. Né cosa è che piùa drento si faccia sentire o più nelmezzo d'ogni nostramidolla penetrando traffigga l'anima di quello che Amore failqualesì come potentissimo venenoal cuorene manda la suavirtù e quasi ammaestrato rubator di stradanella vita de gliuomini cerca incontanente di por mano.


1.XXI.Lasciando adunque da parte con Gismondo i silogismio donnealquale più essi hanno rispettosì come a.llorguerriereche a voi che ascoltatrici siete delle nostre quistionicon voi mene verrò più apertamente ragionando quest'altra via.Eperciò cheper le passioni dell'animo discorrendomeglio civerrà la costui amarezza conosciutasì come quella cheegli sitrae dall'aloe loropoi che in esse col ragionare alquantogià intrati siamo e a voi piace che il favellare oggi sia mioil quale pocoinnanzi a Gismondo donato avevateseguitando di loro viparleròpiù lunga tela tessendovi de' lor fili. Sonoadunqueo donnele passioni dell'animo queste generali e non piùdalle quali tutte le altre dirivando in loro ritornano: soverchiodisideraresoverchio rallegrarsisoverchia tema delle future miseriee nelle presenti dolore. Le quali passioniperciò che sìcome venticontrari turbano la tranquillità dell'animo e ogniquiete della nostra vitasono per più segnato vocaboloperturbazioni chiamateda gli scrittori. Di queste perturbazioniquantunque propria d'Amore sia la primierasì come di quelloche altro che disiderionon èpure eglinon contento de' suoiconfinipassa nelle altrui possessionisoffiando in modo nella suafiaccolachemiseramente tutte le mette a fuoco; il quale fuocoglianimi nostri consumando e distruggendotrae spesse volte affine lanostravita ose questo non ne vienea vita peggior che morte senzafallo ci conduce. Ora per incominciar da esso disideriodicoquestoessere di tutte le altre passioni origine e capo e da questo ogninostro male procederenon altramente che faccia ognialbero da sueradici. Perciò che comunque egli d'alcuna cosa s'accende innoiincontanente ci sospigne a seguirla e a cercarlae cosìseguendola e cercandola a trabocchevoli e disordinati pericoli e amille miserie ci conduce. Questo sospigne il fratello acercare dallamale amata sorella gli abominevoli abbracciamentila matrigna dalfigliastro e alcuna voltail che pure a dirlo m'ègraveilpadre medesimo dalla verginetta figliuola: cose più tostomostruose che fiere. Le qualiperciò che vie più belloè iltacersi che il favellarnelasciando nella loro nondicevole sconvenevolezza stare e di noi favellandocosì vidicoche questodisio i nostri pensierii nostri passile nostregiornate dispone e scorge e trae a dolorosi e non pensati fini. Négiova spessevolte che altri gli si opponga con la ragioneperciòche quantunque d'andare al nostro male ci accorgiamonon pertanto cenesappiam ritenere ose pure alcuna volta ce ne riteniamoda capocome quelli che il male abbiam dentroal vomito conmaggior violenzadi stomaco ritorniamo. E aviene poi chesì come quel solenel qual noi gli occhi tenevamo stamane quando e'surgeaoradilungatosi fra 'l giorno abbaglia chi lo rimiracosì benescorgiamo noi da prima il nostro male alle voltequando e'nasceilquale medesimofatto grandeaccieca ogni nostra ragione econsiglio.


1.XXI.Ma non si contenta di tenerci Amore d'una sola vogliaquasi d'unaverga sollecitatianzi sì come dal disiderar dellecose tuttele altre passioni nasconocosì dal primo disiderio che sorgein noicome da largo fiumemille altri ne dirivanoequesti sono negli amanti non men diversi che infiniti. Perciò che quantunqueil più delle volte tutti tendano ad un finepureperchédiversi sono gli obbietti e diverse le fortune de gli amantidaciascuno senza fallo diversamente si disia. Sono alcuni chepergiugnere quando che sia la lor predapongono tutte le forze loro inun corsonel quale o quante gravi e dure coses'incontranoo quantevolte si cadeo quanti seguaci pruni ci sottomordono i miseri piedi!e spesse fiate aviene che prima siperde la lena che la caccia sitenga. Alcuni altripossessori della cosa amata divenutinientealtro disiderano se non dimantenersi in quello medesimo statoequivi fisso tenendo ogni loro pensiero e in questo solo ogni operaogni tempo loroconsumandonella felicità son miseri e nellericchezze mendici e nelle loro venture sciagurati. Altridipossessione uscito de' suoibenicerca di rientrarvie con milledure condizionicon mille patti iniquiin prieghiin lagrimeinstrida consumandosimentredel perduto contendepone in quistionpazzamente la sua vita. Ma non si veggono queste fatichequestiguaiquesti tormenti ne'primi disii. Perciò che sìcome nell'entrar d'alcun bosco ci pare d'avere assai speditosentieroma quanto più in esso penetriamocaminandotanto ilcalle più angusto divienecosì noi primieramente adalcuno obbietto dall'appetito invitatimentre a quello cipare didover potere assai agevolmente perveniread esso più oltreandando di passo in passo troviamo più ristretto epiùmalagevole il camino. Il che a noi è delle nostretribolazioni fondamentoperciò cheper vi pure poterpervenireogniimpedimento cerchiamo di rimuovere che il ci vietiequello che per diritto non si puòconviene che per oblico sifornisca.Quinci le ire nasconole quistionile offesee troppo piùavanti ne segue di maleche nel cominciamento non pare altruiesserpossibile ad avenire. E affine che io ogni cosa minutaraccontando non vadaquante volte sono da alcuno state perquestacagione le morti d'infiniti uomini disiderate? e per aventuraalcuna volta de' suoi più cari? Quante donne giàdall'appetitotrasportate hanno la morte de' loro mariti procacciata?Veramenteo donnese a me paresse poter dire maggior cosa chequestanon èio più oltre ne parlerei. Ma che si puòdir più? il letto santissimo della moglie e del maritotestimonio della piùsecreta parte della lor vitaconsapevolede' loro dolcissimi abbracciamentiper nuovo disio d'amore esseredel sangueinnocente dell'unocol ferro dell'altrotinto e bagnato.


1.XXIII.Ora facendo vela da questi duri e importuni scogli del disioil maredell'allegrezza fallace e torbido solchiamo.Manifesta cosa vi deeadunque essereo donneche tanto a noi ogni allegrezza si famaggiorequanto maggiore ne gli animinostri è stato di quelloil disio che a noi è della nostra gioia cagione; e tanto piùoltre modo nel conseguire delle cercate cose cirallegriamoquantopiù elle da noi prima sono state cerche oltra misura. E perciòche niuno appetito ha in noi tanto di forzanécon sìpossente impeto all'obbietto propostogli ci trasportaquanto quellofa che è dalli sproni e dalla sferza d'Amore puntoesollecitatoaviene che niuna allegrezza di tanto passa ogni giustosegnodi quanto quella de gli amanti passar si vedequandoessid'alcuno loro disiderio vengono a riva. E veramente chi sirallegrerebbe cotanto d'un picciolo sguardoo chi in luogo disommafelicità porrebbe due tronche parolette o un brieve toccar dimano o un'altra favola cotalese non l'amanteil quale èdiqueste stesse novelluzze vago e disievole fuor di ragione? certoche io credaniuno. Né perciò è da dire che inquesto a migliorcondizioneche tutti gli altri uominisiano gliamantiquando manifestamente si vede che ciascuna delle loroallegrezze le piùvolteoper dir megliosempreaccompagnano infiniti doloriil che ne gli altri non suole avenirein modo che quello che unavolta sopravanza nel sollazzo è loromille fiate renduto nella pena. Senza che niuna allegrezzaquandoella trapassa i termini delconvenevoleè sanae piùtosto credenza fallace e stolta che vera allegrezza si puòchiamare. La quale è ancora per questodannosa ne gli amantiche ella in modo gli lascia ebbri del suo veleno checome se essi inLete avessero la memoria tuffatad'ogni altra cosa fatti dimentichisalvo che del lor maleogni onesto ufficioogni studio lodevoleogni onorata impresaogni lordebito lasciato a dietroin questasola vituperevolmente pongono tutti i loro pensieri; di che nonsolamente vergogna e danno nesegue loroma oltre a.cciòquasi di se stessi nimici divenutiessi medesimi volontariamente sifanno servi di mille dolori. Quantenotti miseramente passavegghiandoquanti giorni sollecitamente perde in un solo pensieroquanti passi misura in vanoquantecarte vergando non meno le bagnadi lagrime che d'inchiostro l'infelice amante alcuna voltaprima cheegli una ora piacevole siguadagni? la qual per aventura senza noianon gli vienesì come di lamentevoli parole spesse volte e difocosi sospiri e di veropianto mescolatao forse non senza pericolostando della propria persona ose alcuna di queste cose no 'l toccacerto condoloroso pungimento di cuore che ella sì tostofuggendo se ne porti i suoi dilettii quali egli ha cosìlungamente penato peracquistare. Chi non sa quanti pentimentiquantiscorniquante mutazioniquanti ramarichiiquanti pensieri divendettaquantefiamme di sdegno il cuocono e ricuocono mille volteprima che egli un piacere consegua? Chi non sa con quante gelosieconquante invidiecon quanti sospetticon quante emulazioni e infine con quanti assenzi ciascuna sua brevissima dolcezzasiacomperata? Certo non hanno tante conche i nostri liti nétante foglie muove il vento in questo giardinoqualora egli piùverde sivede e più vestitoquanti possono in ogni sollazzoamoroso esser dolori. E questi medesimi sollazzise aviene alcunafiata chesieno da ogni loro parte di duolo e di maninconia votiilche non può esserema posto che sìallora peraventura ci sono eglinopiù dannosi e più gravi. Perciòche le fortune amorose non sempre durano in uno medesimo statoanzielle più sovente simutano che alcuna altra delle mondanesìcome quelle che sottoposte sono al governo di più lievesignore che tutte le altre nonsono. Il che quando avienetanto ciappare la miseria più gravequanto la felicità ci èparuta maggiore. Allora ci lamentiamo noid'Amoreallora ciramarichiamo di noi stessiallora c'incresce il viveresìcome io vi posso col mio misero essempio in questerime far vedere. Lequali se per aventura più lunghe vi parranno dell'usatofieper questoche hanno avuto rispetto alla gravezzade' miei malilaquale in pochi versi non parve loro che potesse capere.


1.XXIV.


Ipiù soavi e riposati giorni

Non ebbe uom mai né le più chiare notti

Di quel c'ebb'ioné 'l più felice stato

Alor ch'io incominciai l'amato stile

Ordir con altro pur che doglia e pianto

Da prima entrando a l'amorosa vita.


Orè mutato il corso a la mia vita

E volto il gaio tempoe i lieti giorni

Che non sapean che cosa fosse un pianto

In gravitravagliate e fosche notti

Col bel suggetto suo cangiâr lo stile

E con le mie venture ogni mio stato.


Lassonon mi credea di sì alto stato

Giamai cader in così bassa vita

Né di sì piano in così duro stile.

Ma 'l sol non mena mai sì puri giorni

Che non sian dietro poi tante atre notti:

Così vicino al riso è sempre il pianto.


Benebbi al riso mio vicino il pianto

E io non me 'l sapeache 'n quello stato

Così cantando e 'n quelle dolci notti

Forse avrei posto fine a la mia vita

Per non tardar al fel di questi giorni

Che m'ha sì inacerbito e petto e stile.


Amortu che porgei dianzi a lo stile

Lieto argomentoor gl'insegni ira e pianto

A che son giunti i miei graditi giorni?

Qual vento nel fiorir svelse 'l mio stato

E fe' fortuna a la tranquilla vita

Entro li scogli a le più lunghe notti?


U'son le prime mie vegghiate notti

Sì dolcemente? u' 'l mio ridente stile

Che potea rallegrar ben mesta vita?

E chi sì tosto l'ha converso in pianto?

C'or foss'io morto alorquando 'l mio stato

Tinse in oscuro i suoi candidi giorni.


Sparitoè 'l sol de' miei sereni giorni

E raddoppiata l'ombra a le mie notti

Che lucean più che i dì d'ogni altro stato.

Cantai un tempo e 'n vago e lieto stile

Spiegai mie rimee or le spiego in pianto

C'ha fatto amara di sì dolce vita.


Cosìsapesse ogniun qual è mia vita

Da indi in quach'e miei festosi giorni

Chi sola il potea farrivolse in pianto;

Che pago mi terrei di queste notti

Senza colmar de' miei danni lo stile;

Ma non ho tanto bene in questo stato.


Chéquella ferach'al mio verde stato

Diede di morso e quasi a la mia vita

Or fugge al suon del mi' angoscioso stile

Né maiper rimembrarle i primi giorni

O raccontar de le presenti notti

Volse a pietà del mio sì largo pianto.


Ecosola m'ascoltae col mio pianto

Agguagliando 'l suo duro antico stato

Meco si duol di sì penose notti;

E se 'l fin si prevede da la vita

Ad una meta van questi e quei giorni

E la mia nuda voce fia 'l mio stile.


Amantii' ebbi già tra voi lo stile

Sì vagoch'acquetava ogni altrui pianto:

Or me non queta un sol di questi giorni.

Così va chi 'n suo molto allegro stato

Non crede mai provar noiosa vita

Né pensa 'l dì de le future notti.


Machi vol si rallegri a le mie notti

Com'anco quellache mi fa lo stile

Tornar a vile e 'n odio esser la vita

Ch'io non spero giamai d'uscir di pianto.

Ella se 'l sache di sì lieto stato

Tosto mi pose in così tristi giorni.


Itegiorni gioiosi e care notti

Che 'l bel mio stato ha preso un altro stile

Per pascer sol di pianto la mia vita.


1.XXV.Voi vedeteo donnea che porto la seconda fortuna ci conduce. Maioquantunque la morte mi fosse più carapure vivochenteche la mia vita si sia. Molti sono statiche non sono potuti vivere:così viene a gli uomini grave dopo la moltaallegrezza ildolore. Ruppe ad Artemisia la fortuna con la morte del marito lafelicità de' suoi amoriper la qual cosa ella visse inpiantotutto il rimanente della sua vitae alla fine piangendo si morì:il che avenuto non le sarebbese ella si fosse mezzanamentene' suoipiaceri rallegrata. Abandonata dal vago Enea la dolorosa Elisa semedesima miseramente abandonò uccidendosiallaqual morte nontraboccavase ella meno seconda fortuna avuta avesse ne' suoiamorosi disii. Né parve alla misera Niobe peraltro sìgrave l'orbezza de' suoi figliuolise non perciò che ella asomma felicità l'avergli s'avea recato. Così avienechese lemisere allegrezze de gli amanti sono di sé sole benpieneo a morti acerbissime gli conducono o d'eterno dolore glifannoheredi; se sono di molta noia fregiateelle senza dubbio alcunoementre duranogli tormentano epartendoniente altrolascianoloro in mano che il pentimento; perciò che di tutte quellecose che a far prendiamoquando ci vanno con nostro dannofallitelapenitenza è fine. O amara dolcezzao venenata medicina de gliamanti non sanio allegrezza dolorosala qual di tenessun piùdolce frutto lasci a' tuoi possessori che il pentirsi; o vaghezzachecome fumo lievenon prima sei veduta chespariscinéaltro di te rimane ne gli occhi nostri che il piagnere; o ali chebene in alto ci levate perchéstrutta dal sole la vostraceranoi con gli omeri nudi rimanendoquasi novelli Icaricadiamo nelmare. Cotali sono i piaceridonnei quali amando sisentono.Veggiamo ora quali sono le paure.


1.XXVI.Fingono i poetii quali sogliono alcuna volta favoleggiando dir delveroche ne gli oscuri abissi tra le schieresconsolate de' dannati èuno fra gli altricui pende sopra 'l capo un sasso grossissimoritenuto da sottilissimo filo. Questialsasso risguardando e dellacaduta sgomentandosista continuamente in questa pena. Tale degl'infelici amanti è lo statoi qualisempre de' loropossibili danni stando in pensieroquasi con la grave ruina delleloro sciagure sopra 'l capoi miseri vivono ineterna paurae non soche per lo continuo il tristo cuore dicendo lorotacitamente glisollecita e tormentaseco stesso ad ogniora qualche maleindovinando. Perciò che quale è quello amante che degli sdegni della sua donna in ogni tempo non tema? oche ella forse adalcuno altro il suo amore non doni? o che per alcun mondoche millesempre ne sononon gli sia tolta a' suoiamorosi piaceri la via? Eglicertamente non mi si lascia credere che uomo alcuno vivail qualeamandocomunque il suo stato sistiamille volte il giorno non siasollecitomille volte non senta paura. E che poidi questesollecitudinihassene egli altro dannoche il temere? Certo sìe non unoma infinitiché questa stessa tema e pavento sonodi molti altri mali seme e radice. Perciòche per riparare alleruine chelasciate in pendentecrediamo che possano cadendostritolare la nostra felicitàmolti tortipontelli con glialtrui danni o forse con le altrui morti cerchiamo di sottoporre a'lor casi. Uccise il suo fratel cuginoche dallalunga guerra siritornavail fiero Egistotemendo non per la sua venuta rovinasseroi suoi piaceri. Uccise simigliantementel'impazzato Oreste il suoedinanzi a gli altari de gli idiinel mezzo de' sacrificantisacerdoti il fe' cadereperché in piè rimanessel'amoreche egli alla sorella portava. A me medesimo incresceo donnel'andarmi cotanto tra tante miserie ravolgendo. Pure seio v'ho adimostrare quale sia questo Amoreche è da Gismondo lodatocome buonoè uopo che io con la tela delle sue opereil vidimostri; delle quali per aventura tante ne lascio adietroragionandoquante lascia da poppa alcuna nave goccioled'acquamarinaquando più ella da buon vento sospinta corre atutte vele il suo camino.


1.XXVII.Ma passiamo nel doloreacciò che più tosto si venga afine di questi mali. Il qual dolorequantunque abbia le sueradicinel disideriosì come hanno le altre due passioni altresìpure tanto egli più e men cresciequanto prima irividell'allegrezza l'hanno potuto più o meno largamenteinaffiare. Assai sono adunque di quegli amanti i qualida unatortaguatatura delle lor donne o da tre parole proverbiose quasi datre ferite traffittinon pensando più oltre quanto ellespesse volteil soglian fare senza sapere il perchévaghed'alcuno tormentuzzo de' loro amantisi doglionosi ramaricanositormentanosenza consolazione alcuna. Altriperché a pro nonpuò venire de' suoi disiipensa di più non vivere.Altriperché venutovicompiutamente non godea questoapparente male v'aggiugne il continuo rancore e fallo veramenteesistente e grave. E moltiper morte delle lor donne a capo dellefeste loro pervenutis'attristano senza finee altro già chequelle fredde e pallide imaginidovunque essi gli occhi e il pensiervolgononon viene loro innanzi. A' quali tutti il temposìcome né anco il verno le foglie atutti gli alberila doglianon ne levaanzisì come ad alquante piante sopra le vecchiefrondi ne crescono ogni primavera dinuovecosì ad alquanti diquesti amanti duolo sopra duolo s'aumenta epiù che essi dopole loro amate donne vivonopiùvivono tormentati e miseramentedi giorno in giorno fanno le loro piaghe più profondepure insul ferro aggravandosi chegl'impiaga. Né mancherà poichiper crudeltà della sua donna dalla cima della suafelicità quasi nel profondo d'ogni miseriacadutoa doversidilungare nel mondo per farla ben lieta si dispone. E questi nel suoessiglio di niuna altra cosa è vago se non dipiagnerenientealtro disidera che bene stremamente essere infelice. Questo vuolediquesto si pascein questo si consolaaquesto esso stesso s'invia.Né solené stellané cielo vede mai che glisia chiaro. Non erbenon fontinon fiorinon corso dimormorantirivinon vista di verdeggiante bosconon auranon frescononombra veruna gli è soave. Ma solochiuso semprene' suoipensiericon gli occhi pregni di lagrimele meno segnate valli o lepiù riposte selve ricercandos'ingegna di far brieve lasuavitatalora in qualche trista rima spignendo fuori alcun de' suoirinchiusi doloricon qualche tronco secco d'albero o conalcunasoletaria fieracome se esse lo 'ntendesseroparlando eagguagliando il suo stato. Ora daratti il cuoreGismondodidimostrarci che cosa buona Amor sia? Che Amore sia buonoGismondodaratti l'animo dicci dimostrare?


1.XXVIII.Conosciuti adunque separatamente questi malio donnedel disideriodell'allegrezzadella sollecitudine e deldolorea me piace che noimescolatamente e senza legge alquanto vaghiamo per loro. E prima cheio più ad un luogo che ad unaltro m'inviimi si para davantila novità de' principii che questo malvagio lusinghiero dàloro ne gli animi nostriquasi se disollazzo e giuoconon di dogliae di lagrime e di manifesto pericolo della nostra vita fosseronascimento. Perciò che mille fiateadiviene che una parolettaun sorrisoun muover d'occhio con maravigliosa forza ci prendono glianimie sono cagione che noiogni nostro beneogni onoreognilibertà tutta nelle mani d'una donna riponiamoe piùavanti non vediamo di lei. E tutto 'lgiorno si vede che unportamentoun andareun sedere sono l'esca di grandissimi einestinguibili fuochi. E oltre a ciò quantevolte avennelasciamo stare le parti belle del corpodelle quali spesse fiate lapiù debole per aventura stranamente ci muovema quante volteavenne che d'un pianto ci siamo invaghiti? e di quelleil cui risonon ci ha potuti crollare di statouna lagrimettaci ha fatti correrecon frezzolosi passi al nostro male? A quanti la pallidezza d'unainferma è stata di piggior pallidezza principio?e lorochegli occhi vaghi e ardenti non presero ne' dilettevoli giardiniimesti e caduti nel mezzo delle gravose febbri legaronoe furono adessi di più perigliosa febbre cagione? Quanti giàfinsero d'esser presi enel laccio per giuoco entratipoi virimaseromal loro grado con fermissimo e strettissimo nodomiserabilmente ritenuti? Quanti volendo spegnere l'altrui fuocoasemedesimi l'accesero e ebbero d'aiuto mestiero? Quanti sentendoaltrui ragionar d'una donna lontanaessi stessi s'avicinaronomillemartiri? Ahi lasso mequesto solo vorre' io aver taciuto. -


1.XXIX.Appena ebbe così detto Perottinoche de gli occhi gli cadderoalquante subite lagrime e la presta parola gli morì inbocca.Ma poi chetacendosi ogniunovinti dalla pietà di quellavistaesso si riebbecosì con voce rotta e spessaseguitandoriprese a dire: - Di cotai favilleo donnepoi che vedegli animi nostri raccesi questo vezzoso fanciullo e fieroaggiugnenutrimento al suo fuocodi speranza e di disideriopascendolode' quali quantunque alcuna volta manchi la prima in noisì comequella che da istrani accidenti si creanon perciòmenoma il disiderio né cade sempre con lei. Perciò cheoltra che noiduragente mortaleda natura tanto più d'alcunacosa c'invogliamoquanto ella c'è più negatahaquesto Amore assai sovente in séchequanto sente piùin noi la speranza venir menotanto più con disideriisoffiando nelle sue fiamme le fa maggiori; le qualicome cresconocosì s'aumentano le nostre dogliee queste poi e in sospiri ein lagrime e in strida miseramente del petto sispargon fuorie lepiù delle volte in vano: di che noi stessi ravedutici tantosentiamo maggior dolorequanto più a' venti nevanno le nostrevoci. Così aviene chedelle nostre lagrime spargendolodiviene maravigliosamente il nostro fuoco più grave.Alloravicini ad uccidercimorte per estremo soccorso chiamiamo. Ma purecon tutto ciòquantunque il dolerci in questamaniera ciaccresca dolore e misera cosa sia l'andarsi così lamentandosenza fallo alcunoè tuttavia ne' grandi dolori alcunacosa ilpotersi dolere. Ma più misera e di più guai piena èin ogni modo il non poter noi nelle nostre doglie spandere alcunavoceo dire la nociva cagionequalora più disideriamo e abbiamdi dirla mestiero. Malvagissima e dolorosissima poi fuor di misurailconvenirci la doglia nascondere sotto lieto viso solo nel cuorenépoter dare uscita pure per gli occhi a gli amorosi pensieriiqualirinchiusi non solamente materia sostentante le fiamme sonomaaumentanteperciò che quanto più si strigne il fuocotantoegli con più forza cuoce. E questi tutti vengonoaccidenti non meno domestici de gli amanti che sien dell'aere i ventie le pioggiefamigliari. Ma che dico io questi? essi pure sonoinfiniti e ciascuno è per sé doloroso e grave.


1.XXX.Questi segue una donna crudeleil quale pregandoamandolagrimandodolente a mortetra mille angosciosipensieri durissimafa la sua vitasempre più nel disio raccendendosi. A coluiservente d'una pietosa divenutola fortuna niega ilpotere nelle suebiade por manoonde egli tanto più si snerva e si spolpaquanto più vicina si vede la disiderata cosa e piùvietatae sentesi sciaguratamentequasi un nuovo Tantalonel mezzo dellesue molte voglie consumare. Quell'altrodi donnamutabile fattomancipiooggi si vede contentodomani si chiama infelice equalile schiume marine dal vento e dall'ondesospinte ora innanzi vengono equando adietro ritornanocosì eglior alto or bassoorcaldo or freddotemendosperandoniuna stabilità non avendonel suo statosente e pate ogni sorte di pena. Alcun altrosolo dipoca e debole e colpata speranzapascendosisostenta miseramente apiù lungo tormento gli anni suoi. E fie chimentre ogni altracosa prima che la sua promessafede o il suo lieto stato crede doverepoter mancare e rompersis'avede quanto sono di vetro tutte lecredenze amorose enelsecco rimanendo de' suoi pensierista come seil mondo venuto gli fosse meno sotto a' piedi. Surgono oltre aquesterepentinamente mille altre guise di nuove e fiere coseinvolatrici d'ogni nostra quiete e donatrici d'infinite sollecitudinie di diversitormenti apportatrici. Perciò che alcuno piagne lasùbita infermità della sua donnala quale nel corpo dilei l'anima suamiseramente tormenta e consuma. Alcunod'un nuovorivale avedutosientra in subita gelosia e dentro tutto ardendo visidistruggecon agro e nimichevole animo ora il suo aversarioaccusando e ora la sua donna non iscusandoné sente pace senontantoquanto egli solo la si vede. Alcunodalle nuove nozzedella sua turbatonon con altro cuore gli apparecchi e le festechevi si fanno ricevené con più lieto occhio le mirache se elle gli arnesi fossero e la pompa della sua sepoltura. Altripiangono inmolte altre maniere tutto dìda subita occasion dipianto sventuratamente soprapresidelle quali se forse il caso o lavirtù alcunane toglie viain luogo di quella molte altre nerinascono più acerbe spesse volte e più gravi; onde viemen dura condizioneavrebbe chi con la fiera Hidra d'Hercole avesse lasua battaglia a dover fareche quegli non haa cui conviene dellesue forzecon la ferezza d'Amore far pruova. E quello che io dico degli uominisuole medesimamente di voidonneaveniree forsemanon l'abbiate voigiovania maledelle quali io non ragionocome che io mi parli con voiforsedicomolto più. Perciòche danatura più inchinevoli solete essere e piùarrendevoli a gli assalti d'Amore che noi non siamoe voi le vostrefiamme piùchiaramente ardono che noi le nostre non soglionfare; quantunque poi molti particolari accidentiche a ciascunasoprastannovie piùche noi non siamosopravedute vifacciano e riguardose.


1.XXXI.Oltre a ciò sono i primi ardorise ne gli animi fanciullis'apprendonosì come il caldo alle tenere frondicosìessiloro più dannosi; se nell'età matura si fannosentirepiù impetuosi senza fallo e più fierinonaltramente che il cielo soglia fareilquale tanto piùsconciamente si turbaquanto più lungamente chiaro e sereno èstato. A questo modoo giovani o attempati chenoi di questo maleinfermiamoa strano passoa dura condizionea molto fiero partitosta isposta la nostra vita. Ma tutti gliamorosi morbiquanto piùinvecchianosì come quelli del corpotanto meno sonorisanabili e meno alcuna medicina lor giova.Perciò che inamore pessima cosa è la lusinghevole usanzanella quale digiorno in giorno senza considerazione più entratiquasi nellabirinto trascorsi senza gomitolopoiquando ce ne piglia disiotornare a dietro le più volte non possiamo. E avienealcunafiata che in maniera ci naturiamo nel nostro maleche uscir di luieziandio potendonon vogliamo. Sono poioltre a tuttoquestolelunghe discordie crudeli; sono le brievi angosciose; sono lericonciliagioni non sicure; sono le rinovagioni de gli amoripassatiperigliose e graviin quanto più le seconde febbri soglionosopravenendo offendere i ricaduti infermi che le primiere;sono lerimembranze de' dolci tempi perduti acerbissimee di sommainfelicità è maniera l'essere stato felice. Durissimesono ledipartenzee quelle massimamente che con alcuna disiata nottee lamentata e con abbracciamento lungo e sospiroso elagrimevole sichiudononelle quali e' pare che i cuori de gli amanti si divellanodalle lor fibre o schiantinsi per lo mezzo in dueparti. Ohimèquanto amare sono le lontananzenelle quali niun riso si vede mainell'amanteniuna festa il toccaniun giuoco; mafisso alla suadonna stando ad ogni ora col pensieroquasi con gli occhi allatramontanapassa quella fortuna della sua vita indubbio del suostatoe con un fiume sempre d'amarissime lagrime intorno al tristocuore e con la bocca piena di dolenti sospiridove col corpo essernon puòcon l'animo vi sta in quella vecené cosavedecome che poche ne miriche non gli sia materiadi largo pianto.Sì come ora col mio misero essempio vi potetedonnefarchiaredi cui tale è la vitachente suonano lecanzonie vieancora piggiore; delle quali per aventura quest'altre dueappressole ramemoratepoi che tanto oltre sonopassatonon mi penteròdi ricordarmi.


1.XXXII.


Posciache 'l mio destin fallace e empio

Ne i dolci lumi de l'altrui pietade

Le mie speranze acerbamente ha spento

Di pena in pena e d'uno in altro scempio

Menando i giornie per aspre contrade

Morte chiamando a passo infermo e lento

Nebbia e polvere al vento

Son fatto e sotto 'l sol falda di neve;

Ch'un volto segue l'almaov'ella il fugge

E un penser la strugge

Cocente sìch'ogni altro danno è leve

E gli occhiche già fûr di mirar vaghi

Piangono e questo sol par che gli appaghi.


Orche mia stella più non m'assecura

Scorgo le membra via di passo in passo

Per camin duro e 'n penser tristo e rio;

Ch'io dico pien d'error e di paura:

Ove ne vodolente? e che pur lasso?

Chi mi t'invidiao mio sommo desio?".

Così dicendoun rio

Verso dal cor di dolorosa pioggia

Che può far lacrimar le petre stesse;

E perché sian più spesse

L'angoscie miecon disusata foggia

U' che 'l piè movou' che la vista giro

Altro che la mia donna unqua non miro.


Colpiè pur meco e col cor con altrui

Vo caminando e de l'interna riva

Bagnando for per gli occhi ogni sentero

Alor ch'io penso: ‘Ohimèche sonche fui?

Del mio caro tesoro or chi mi priva

E scorge in parteonde tornar non spero?

Deh perché qui non pero

Prima ch'io ne divenga più mendico?

Deh chi sì tosto di piacer mi spoglia

Per vestirmi di doglia

Eternamente? ahi mondoahi mio nemico

Destina che mi traiperché non sia

Vita dura mortalquanto la mia!’.


Ovemen' porta il calle o 'l piede errante

Cerco sbramar piangendoanzi ch'io moia

Le luciche desio d'altro non hanno;

E grido: "O disaventuroso amante

Or se' tu al fin della tua breve gioia

E nel principio del tuo lungo affanno".

E gli occhiche mi stanno

Come due stelle fissi in mezzo a l'alma

E 'l visoche pur dianzi era 'l mio sole

E gli atti e le parole

Che mi sgombrâr del petto ogni altra salma

Fan di pensieri al cor sì dura schiera

Che meraviglia è ben com'io non pera.


Nonpero giàma non rimango vivo;

Anzi pur vivo al dannoa la speranza

Via più che morto d'ogni mia mercede:

Morto al dilettoa le mie pene vivo;

Emancando al gioirnel duol s'avanza

Lo corch'ognior più largo a pianger riede;

E pensa e ode e vede

Pur leiche l'arse già sì dolcemente

E or in tanto amaro lo distilla

Né sol d'una favilla

Scema 'l gran foco de l'accesa mente

E me fa gir gridando: "O destin forte

Come m'hai tu ben posto in dura sorte".


Canzonomai lo tronco ne ven meno

Ma non la doglia che mi strugge e sforza;

Ond'io ne vergherò quest'altra scorza.


1.XXXIII.Tacquesifiniti quei versiPerottino epoco taciutosiappressoalcun doloroso sospiroche parea che di mezzoil cuore gli uscisseverissimo dimostratore delle sue interne penea questi altripassando seguitò e disse:


Lassoch'i' fuggo e per fuggir non scampo

Né 'n parte levo la mia stanca vita

Del giogoche la preme ovunque i' vada.

E la memoriadi ch'io tutto avampo

A raddoppiar i miei dolor m'invita

E testimon lassarne ogni contrada.

Amorse ciò t'aggrada

Almen fa con Madonna ch'ella il senta

E là ne porta queste voci estreme

Dove l'alta mia speme

Fu viva un tempo e or caduta e spenta

Tanto fa questo exilio acerbo e grave

Quanto lo stato fu dolce e soave.


Sein alpe odo passar l'aura fra 'l verde

Sospiro e piango e per pietà le cheggio

Che faccia fede al ciel del mio dolore;

Se fonte in valle o rio per camin verde

Sento cadercon gli occhi miei patteggio

A farne un del mio pianto via maggiore;

S'io miro in fronda o 'n fiore

Veggio un che dice: O tristo pellegrino

Lo tuo viver fiorito è secco e morto.

E pur nel penser porto

Leiche mi diè lo mio acerbo destino;

Ma quanto più pensando io ne vo seco

Tanto più tormentando Amor ven meco.


Overaggio di sol l'erba non tocchi

Spesso m'assidoe più mi sono amici

D'ombrosa selva i più riposti orrori;

Ch'io fermo 'l penser vago in que' begli occhi

Ch'i miei dì solean far lieti e felici

Or gli empion di miserie e di dolori.

E perché più m'accori

L'ingordo errora dir de' miei martiri

Vengo lorcom'io gli ho di giorno in giorno.

Poiquando a me ritorno

Trovomi sì lontan da' miei desiri

Ch'io restoahi lassoquasi ombra sott'ombra;

Di sì vera pietate Amor m'ingombra.


Qualordue fiere in solitaria piaggia

Girsen pascendo simplicette e snelle

Per l'erba verde scorgo di lontano

Piangendo a lor comincio: O lieta e saggia

Vita d'amantia voi nemiche stelle

Non fan vostro sperar fallace e vano:

Un boscoun monteun piano

Un piacerun desio sempre vi tene;

Io da la donna mia quanto son lunge?

Dehse pietà vi punge

Date udienzia inseme a le mie pene.

E 'n tanto mi riscuoto e veggio expresso

Che per cercar altrui perdo me stesso.


D'ermarivera i più deserti lidi

M'insegna Amorlo mio aversario antico

Che più s'allegradov'io più mi doglio.

Ivi 'l cor pregno in dolorosi stridi

Sfogo con l'ondee or d'un ombilico

E de l'arena li fo penna e foglio;

Indi per più cordoglio

Torno al bel visocome pesce ad esca

E con la mente in esso rimirando

Temendo e desiando

Prego sovente che di me gl'incresca;

Poi mi risento e dico: O penser casso

Dov'è Madonna?e 'n questa piango e passo

Canzontu viverai con questo faggio

Appresso a l'altrae rimarrai con lei;

E meco ne verranno i dolor miei.


1.1.XXXIV.In questa guisao donneAmore da ogni lato ci afflige; cosìda ogni partein ogni statofiammesospirilagrimeangoscietormentidolori sono de gl'infelici amanti seguaci; i qualiacciòche in loro compiutamente ogni colmo di miseria siritruovinon fannopace giamai né pure triegua con queste lor penefuori ditutte l'altre qualità di viventi posti dalla lor fieraeostinata ventura. Perciò che sogliono tutti gli animaliiqualicreati dalla naturaprocacciano in alcun modo di mantener lalorvitariposarsi dopo le fatiche e con la quiete ricoverar leforzeche sentono esser loro ne gli esercitii logore e indebolite.Lanotte i gai uccelli ne' lor nidi e tra le frondi soavi de glialberi ristorano i loro diurni e spaziosi giri; per le selvegiaccionol'errabonde fiere; gli erbosi fondi de' fiumi e le lievialghe marineper alcun spazio i molli pesci sostenendopoi gliritornano alleloro ruote più vaghi; e gli altri uominimedesimidiversamente tutto 'l giorno nelle loro bisognetravagliatila sera almenoagiatele membra ove che sia e ilvegnente sonno ricevutoprendono sicuramente alcun dolce delle lorofatiche ristoro. Ma gli amantimiserida febbre continua sollecitatiné riposoné intramissionené alleggiamentohanno alcuno de' lor mali: ad ogni ora sidoglionoin ogni tempo sonodalle discordanti lor curequasi Metii da' cavalli distraentilacerati. Il dì hanno tristo e a noi è loroil solesìcome quello che cosa allegra par loro che siacontraria alla qualitàdel loro stato; ma la notte assai piggiorein quantole tenebre piùgl'invitano al pianto che la lucecome quelle che alla miseria sonopiù conformi; nelle quali le vigilie sono lunghe ebagnateilsonno brieve e penoso e paventevole e spesse fiate non meno dellevigilie dal pianto medesimo bagnato. Checomunque s'adormenta ilcorpocorre l'animo e rientra subitamente ne' suoi dolorie conimaginazioni paurose e con più nuoveguise d'angustia tiene isentimenti sgomentati insidiosamente e tribolationde o si turba ilsonno e rompesi appena incominciatoose pure il corpo fiacco efievolesì come di quello bisognosoil si ritienesospirail vago cuore sognandotriemano gli spiritisollecitiduolsi l'animamaninconosapiangono gli occhi cattiviavezzi a non men dormendoche vegghiando la imaginazion fierae trista seguire. Così agli amantiquanto sono i lor giorni più amaritanto le nottivengono più dogliosee in esse per aventuratante lagrimeversanoquanti hanno il giorno risparmiati sospiri. Né mancaumore alle lagrimeper lo bene aver fatto lagrimandode gli occhi duefontane; né s'interchiude a mezzo sospiro la viao men rottie con minor impeto escono gli odierni del cuoreperché de gliesterni tutto l'aere ne sia pieno. Né per doglie il duolonéper lamenti il lamentoné per angoscie l'angoscia sifaminore; anzi ogni giorno arroge al danno e esso d'ora in ora divienpiù grave. Cresce l'amante nelle sue miseriefecondo disestesso a' suoi dolori. Questi è quel Tizio che pasce del suofegato l'avoltoioanzi che il suo cuore a mille morsi dinonsopportevoli affanni sempre rinuova. Questi è quello Isionechenelle ruota delle sue molte angoscie girandoora nella cimaoranel fondo portatopure dal tormento non si scioglie giamaianzitanto più forte ad ogni ora vi si lega e inchiodavisiquantopiùlegato vi sta e più girato. Non possoo donneaguagliar con parole le penecon le quali questo crudel maestro ciaffligese ionello stremo fondo de gl'inferni penetrandogliessempi delle ultime miserie de' dannati dinanzi a gli occhi non viparo: e questemedesime sonocome voi vedeteper aventura men gravi.Ma è da porre oggimai a questi ragionamenti modo e da nonvolerpiù oltra di quella materia favellaredella quale quantopiù si parlatanto piùa chi ben la consideraneresta a poter dire.


1.XXXV.Assai avete potuto adunque comprendero donneper quello che uditoaveteche cosa Amore si sia e quantodannosa e grave; il qualeincontro la maestà della natura scelerato divenutonoi uominicotanto a lei cari e da essadell'intellettoche divina parte èper ispeziale grazia donatiacciò che cosìpiùpura menando la nostra vitaal cielo con essos'avacciassimo disaliredi lui per aventura miseramente spogliandocici tiene colpiè attuffati nelle brutture terrene in manierache spessevolte disaventurosamente v'affoghiamo. Né solamente ne' menchiari o meno pregiati così facome voi uditeanziegli purcoloro che sono a più alta fortuna salitiné a doratiseggi né a corone gemmate risguardandocon meno riverenza epiùsconciamente sozzandoglisovrasta miseramente esopragrava. Per chese la nostra fanciulla di lui si duoleaccusandolodeeringraziarnela Gismondo; se non in quanto ella controcosì colpevole e manifesto micidiale de gli uomini porge pocolamentevolee troppo brieve querela. Ma ioo Amorea te mi rivolgodovunque tu ora per quest'aria forse a' nostri danni ti volise conpiùlungo ramarico t'accuso che ella non fecenon se ne deealcun maravigliarese non come io di tanto mi sia dalla gravepressurade' tuoi piedi col collo riscossoche io fuori ne possamandar queste voci; le quali tuttaviasì come di stanco efievoleprigionierea quello che alle tue molte colpea' tuoiinfiniti micidî si converrebbesono certissimamente e roche epoche. Tud'amaritudine ci pasci; tu di dolor ci guiderdoni; tu de gliuomini mortalissimo idio in danno sempre della nostra vita cimostridella tua deità fierissime e acerbissime pruove; tu de'nostri mali c'indisii; tu di cosa trista ci rallegri; tu ogni ora cispaventi conmille nuove e disusate forme di paura; tu in angosciosavita ci fai vivere e a crudelissime e dolorosissime morti c'insegnila via. Eora ecco di meo Amoreche giuochi ti fai? il qualelibero venuto nel mondo e da lui assai benignamente ricevutonelseno de'miei dolcissimi genitori sicura e tranquilla vita vivendosenza sospiri e senza lagrime i miei giovani anni ne menava feliceepurtroppo felicese io te solo non avessi giamai conosciuto. Tu midonasti a coleila quale io con molta fede servendo sopra la miavitaebbi carae in quella servitùmentre a lei piacque e di mela calsevissi buon tempovie più che in qualunque signorianonsi vivefortunato. Ora che sono io? e quale è ora la miavitao Amore? Della mia cara donna spogliatodal conspetto de'mieivecchi e sconsolati genitori divisoche assai lieta potevanoterminar la lor vita se me non avesser generatod'ogniconfortoignudoa me medesimo noioso e gravein trastullo dellafortuna lungo tempo di miseria in miseria portatoallo stremoquasifavola del popolo divenutomeco le mie gravi catene traendodietroassai debole e vinto fuggo dalle genticercando doveioqueste tormentate membra abandoni ciascun diele qualipiùdurevoli di quello che io vorreiancora tenendomi in vitavoglionoche io pianga bene infinitamente le mie sciagure. Ohimèche doverebbono più tostoalmeno per pietà de' mieimalidissolvendosi pascere oggimai della mia morte quel duro cuoreche vuole che io di così penosa vita pasca il mio. Ma iononguari il pascerò. -


1.XXXVI.Quinci Perottinopostasi la mano in senofuori ne trasse un piccioldrappocol quale eglisì come un'altra voltafatto avea poiche egli a ragionare incominciògli occhi che fortepiangevano rasciugandosi e essoche molle già eradivenutodelle sue lagrimeper aventura fiso mirandoin piùdirotto pianto si misequeste altre poche parole nel mezzo delpiagnere allegià dette aggiugnendo: - Ahi infelice dono dellamia donna crudelemisero drappo e di misero ufficio istrumentoassai chiaro midimostrò ella donandomiti quale dovea essere ilmio stato. Tu solo m'avanzi per guiderdone dell'infinite mie pene.Nont'increscapoi che se' mioche ioquanto arò a vivereche sarà pococon le mie lagrime ti lavi. - Cosìdicendocon amenduele mani a gli occhi il si poseda' quali giàcadevano in tanta abondanza le lagrimeche niun fu o delle donne ode' giovani cheritener le sue potesse. Il qualepoi che in quellaguisa per buona pezza chino stando non si moveada' suoi compagni edalledonneche già s'erano da seder levatefu molte volterichiamatoe alla fineperciò che ora parea loro di quindipartirsisollevato e dolcemente racconfortato. A cui le donneacciòche egli da quel pensiero si riavesseil drappo addimandaronovaghemostrandosi di vederloe quello avutoe d'una in altra mano recatoverso la porta del giardin caminandotutte più volteilmirarono volentieri. Perciò che egli era di sottilissimi filitessuto e d'ogn'intorno d'oro e di seta fregiatoe per drentoalcunoanimaluzzosecondo il costume grecovagamente dipinto v'aveae molto studio in sé di maestra mano e d'occhiodiscernevoledimostrava. Indi usciti del bel giardino i giovani e nelpalagio le donne accompagnateessiperciò che Perottino nonvolle queldì nelle feste rimaneredel castello scesero ed'uno ragionamento in altro passandoacciò che egli le suepungenti curedimenticassequasi tutto il rimanente di quel giornoper ombre e per rive e per piagge dilettevoli s'andarono diportando.



SECONDO LIBRO


2.I.A me parequando io vi pensonuovoonde ciò sia cheavendola natura noi uomini di spirito e di membra formatiqueste mortali edeboliquello durevole e sempiternodi piacere al corpo cifatichiamo quanto per noi si può generalmenteciascunoall'animo non così molti risguardano eper dir megliopochissimi hanno cura o pensiero. Perciò che niuno ècosì vileche la sua persona d'alcun vestimento non ricuoprae molti sono coloro chenelle lucide porpore e nelle dilicate sete enell'orostesso cotanto pregiato fasciandola e delle più raregemme illustrandolacosì la portanoper più di graziae più d'ornamento ledare; dove si veggono senza fine tutto ilgiorno di quegli uominii quali la lor mente non solo delle vere esode virtù non hannovestitama pure d'alcun velo o filo dibuon costume ricoperta né adombrata si tengono. Oltre a ciòsì aviene egli ancora cheper vaghezza di questo peso e fascioterrenoil quale pochi anni disciogliono e fanno in polve tornaredove a sostenimento dilui le cose agevoli e in ogni luogo propostecidalla natura ci bastavanonoi pure i campile selvei fiumiilmare medesimosollecitandocon molto studio i cibi piùpreziosi cerchiamoe per acconcio e agio di luipotendo ad esso unacapannuccia dallenevi e dal sole difendendolo sodisfarei piùlontani marmi da diverse parti del mondo raunandoin piùcontrade palagiampissimi gli fondiamo; e la celeste parte di noimolte voltedi che ella si pasca o dove abiti non curiamoponendolepureinnanzi più tosto le foglie amare del vizio che i fruttidolcissimi della virtùnello oscuro e basso uso di quello piùspesso rinchiusatenendolache nelle chiare e alte operazioni diquesta invitandola a soggiornare. Senza chequalora aviene che noialcuna partedel corpo indebolita e inferma sentiamocon milleargomenti la smarrita sanità in lui procuriamo di rivocare; agli animi nostrinon sani poco curiamo di dare ricovero e medicinaalcuna. Sarebbe egli ciò forse per questo cheperciòche il corpo piùappare che l'animo non fapiù altresìcrediamo che egli abbia di questi provedimenti mestiero? Il chetuttavia è poco sanamenteconsiderato. Perciò che nonche il corpo nel vero più che l'animo de gli uomini nonappaiama egli è di gran lunga in questoda.llui evidentementesuperato. Con ciò sia cosa che l'animo tante faccie haquantele sue operazioni sonodove del corpoaltro che una forma non simostra giamai. E questa in molti anni molti uomini appena non vedonodove quelle possono in brievetempo essere da tutto 'l mondoconosciute. E questo stesso corpo altro che pochi giorni non duralàdove l'animo sempiternosempiternamente rimanee può secolunghi secoli ritener quello di che noimentre egli nel corpodimoral'avezziamo. Alle qualicose e ad infinite altreche a questeaggiugner si potrebbonose gli uomini avessero quella considerazioneche loros'apparterrebbe d'averevie più bello sarebbe oggi ilviver nel mondo e più dolce che egli non èe noiconbastevole cura delcorpo averemolto più l'animo e le mentinostre ornando e meglio pascendole e più onorata dimora dandolorosaremmo diloro più degni che noi non siamoe molta curaporremmo nel conservarle sane ese pure alcuna volta infermasseroconmaggiore studio ci faticheremmo di riparare a' lor morbi che noinon facciamo. Tra' quali quanto sembri grave quello cheAmore addossoci recaassai si può dalle parole di Perottino nel precedentelibro aver conosciuto. Quantunque Gismondoforte da lui discordandomolto da questa openione lontano sia. Perciò che venute il dìseguente le belle donnesì comeordinato aveanoappresso 'lmangiare co' loro giovani nel giardinoe nel vago praticello accostela chiara fonte e sotto gliombrosi allori sedutesidopo alquantifestevoli motti sopra i sermoni di Perottino da' due compagni e dalledonnesollazzevolmente gittatiaspettando già ciascuno cheGismondo parlasseegli così incominciò a dire:


2.II.- Assai vezzosamente fece hierisagge e belle donnePerottino; ilquale nella fine della sua lunga querimonia ci lasciòpiangendoacciò che quelloche aver non gli parea con le parole potutoguadagnarele lagrime gli acquistasserociò è lavostrafede alle cose che egli intendea di mostrarvi. Le quai lagrimetuttaviaquello che in voi operasseroio non cerco: meveramentemossero elle a tanta pietà de' suoi maliche iocome poteste vederenon ritenni le mie. E questa pietà in menon pure hierisolamente ebbe luogo; anzi ogni volta che io alle suemolte sciagure consideroduolmene più che mezzanamenteesonomisempre gravi le sue fatichesì come di carissimo amicoche egli m'èforse non guari meno che elle si sieno a lui. Maquestemedesime lagrimeche in me esser possono meritevolmentelodatecome quelle che vengono da tenero e fratellevole animovedabene Perottino che in lui non sieno per aventura vergognose. Perciòche ad uomo nelle lettere infin da fanciullo assaiprofittevolmenteessercitatosì come egli èpiù si convienecalpestando valorosamente la nimica fortuna ridersi e beffarside'suoi giuochichelasciandosi sottoporre a.lleiper viltàpiagnere e ramaricarsi a guisa di fanciullo ben battuto. E se pureegliancora non ha da gli antichi maestri tanto di sano avedimentoappresoo seco d'animo dalle culle recatoche egli incontro a'colpid'una femina si possa o si sappia schermireché femina pareche sia la fortuna se noi alla sua voce medesima crediamoassaiavrebbe fatto men male e cosa ad uom libero più convenevolePerottinoseconfessando la sua debolezzaegli di sestesso dolutosi fosseche non è statodolendosi d'uno stranoavere inaltrui la propria colpa recata. Ma che? Egli pure cosìhavoluto eper meglio colorire la sua menzogna e il suo difettolamentandosi d'Amoreaccusandolodannandolorimproverandoloognifalloogni colpa volgendo in luis'è sforzato di farlovi inpoco d'ora di liberalissimo donatore di riposodidolcissimoapportator di gioiadi santissimo conservatore delle gentiche eglisempre è statorapacissimo rubator di quieteacerbissimorecator d'affannosceleratissimo micidiale de gli uomini divenire; ecome se egli la sentina del mondo fossein lui haogni bruttura dellanostra vita versatacon sì alte voci e così diversesgridandoloche a me giova di credere oggimai che eglipiùaveduto di quello che noi stimiamonon tanto per nasconderci le suecolpequanto per dimostrarci la sua eloquenzaabbiatra noi diquesta materia in così fatta guisa parlato. Perciò chedura cosa pare a me che sia il pensare che egli ad alcun di noichepure il pesco dalla mela conosciamoabbia voluto fare a credere cheAmoresenza il quale niun bene può ne gli uominiaver luogosia a noi d'ogni nostro male cagione. E certamenteriguardevolidonneegli ha in uno canale derivate cotante bugiee quelle cosìbene col corso d'apparente verità inviate dove gli bisognavache senza dubbio assai acqua m'arebbe egli addossofatta veniresìcome le sue prime minaccie sonaronose io ora dinanzi a cosìintendenti ascoltatrici non parlassicome voi setele quali ad ogniraviluppatissima quistione scioglierenon che alle scioltegiudicarecome questa di qui a poco saràsetebastanti. Laqual cosaacciò che senza più oltra tenervi incominciad aver luogoio a gli effetti me ne verròsolo che voialcunaattenzion mi prestiate. Né vi sia graveo donneilprestarlamiché più a me si conviene ella oggi che aPerottino hieri non fece.Perciò che oltre che lo snodare glialtrui groppi più malagevole cosa è che l'annodarglinon è statoiola verità dinanzi a gliocchiponendoviconoscere vi farò quello che è sommamentedicevole alla vostra giovane etade e senza il che tutto ilnostrovivere morte più tosto chiamar si può che vita;dove eglila menzogna in bocca recandovi dimostrò cosalaquale posto chefosse veranon che a gli anni vostri non convenevolema ella sarebbe vie più a' morti che ad alcuna qualitàdi vivi conforme. -


2.III.Avea così detto Gismondo e tacevasiquando Lisa verso madonnaBerenice baldanzosamente riguardando:

-Madonna- disse - egli si vuole che noi Gismondo attentamenteascoltiamoposcia che di tanto giovamento ci hanno adovere essere isuoi sermoni; la qual cosa se egli così pienamente ci atterràcome pare che animosamente ci promettacertasono che Perottino abbiaoggi non men fiero difenditore ad avereche egli hieri gagliardoassalitore si fosse. - Rispose madonnaBerenice a queste parole diLisa non so chee rispostoletutta lieta e aspettante d'udire sitaceva; là onde Gismondo così presea dire: - Una cosasolaleggiadre donnee molto semplice oggi ho io a dimostrarvienon solamente da me e dalla maggiorparte delle nostre fanciullechea questi ragionamenti argomento hanno datoma da quanti ci vivonoche io mi credaalmeno inqualche partesolo che da Perottinoconosciutase egli pure così conosce come ci ragiona; equesta è la bontà d'Amorenellaquale tanto di rio posehieri Perottinoquanto allora voi vedeste esì come oravederetea gran torto. Ma perciò che a meconvieneper lafolta selva delle sue menzogne passandoall'aperto campo delle mieverità far viaprima che ad altra parte iovengaa' suoiragionamenti rispondendoin essi porrem mano. E lasciando da partestare il nascimento che egli ad Amore dièdi cui io ragionarnon intendoquesti due fondamenti gittò hieri Perottino nelprincipio delle sue molte voci esopra essiedificando le sueragionitutta la sua querela assai acconciamente compose: ciòsono che amare senza amaro non si possaeche da altro non venganiuno amaro e non proceda che da solo Amore. E perciò che eglidi questo secondo primieramenteargomentòa voimadonnaBereniceravolgendosila quale assai tosto v'accorgeste quantoegligià nell'entrar de' suoiragionamenti andava tentonesìcome quegli che nel buio eradi quinci a me piace d'incominciarecon poche parolerispondendogliperciò che di molte a cosìscoperta menzogna non fa mestiero. Dico adunque cosìchefolle cosa è a dire cheogni amaro da altro non proceda ched'Amore. Perciò che se questo vero fosseper certo ognidolcezza da altro che da odionon verrebbe e non procederebbe giamaicon ciò sia cosa che tanto contrario è l'odioall'amorequanto è dall'amaro ladolcezza lontana. Ma perciòche da odio dolcezza niuna procedere non puòché ogniodioin quanto è odioattrista sempreogni cuore e addolorapare altresì che di necessità si conchiuda che da amoreamaro alcuno procedere non possa in niunmodo giamai. Vedi tuPerottinosì come io già truovo armi con le quali tivinco? Ma vadasi più avantie a più strette lotteconle tue ragioni passiamo. Perciò che dove tualle tremaniere de' mali appigliandotiargomenti che ogni doglia da qualcheamoresì come ogni fiume da qualche fontesi dirivavanamente argomentandoad assai fievole e falsa parte t'appigli confievoli e falseragioni sostentata. Perciò che se vuoi direchese noi prima non amassimo alcuna cosaniun dolore citoccherebbe giamaièadunque amore d'ogni nostra doglia fontee fondamentoe che per ciò ne segua che ogni dolore altro ched'amore non sia; dehperché non ci di' tu ancora cosìchese gli uomini non nascesseroessi non morrebbono giamaièadunque il nascere d'ogninostra morte fondamentoe perciò sipossa dire che la cagion della morte di Cesare o di Nerone altro cheil loro nascimentostata non sia? Quasi che le navi che affondano nelmarede' venti che loro dal porto aspirarono secondi e favorevolinon diquelli che l'hanno vinte nimici e contrarisi debbano con lebalene ramaricareperciò chese del porto non uscivanoelledalmare non sarebbono state ingozzate. E posto che il cadere in bassostato a coloro solamente sia noioso i quali dell'alto sonvaghinonperciò l'amore che alle ricchezze o a gli onori portiamosìcome tu dicestima la fortunache di loro ci spogliaci fadolere.Perciò che se l'amarle parte alcuna di doglia ci recassenell'animocon l'amor di loropossedendole noi o nonpossedendoleverrebbe il dolore in noi. Ma non si vede che noi ci dogliamose nonperdendole; anzi manifesta cosa è egliassai che in noi nullaaltro il loro amore adoperase non che quelle coseche la fortunaci dàesso dolci e soavi ce le fa essere:il che se non fosseil perderleche se ne facessee il mancar di loronon ci potrebbedolere. Se adunque nell'amar questi benidi fortuna doglia alcuna nonsi sentese non in quanto essa fortunanel cui governo sonoglipermutacon ciò sia cosa cheAmore più a gradosolamente ce gli faccia esseree la fortunacome ad essa piaceece gli rubi e ce gli diaperché giova egli ate di dire chedel doloreil quale le loro mutazioni recano a gli uominiAmore nesia più tosto che la fortuna cagione? Certo semangiando tu aqueste nozzesì come tutti facciamoil tuo servente controtua voglia ti levasse dinanzi il tuo piatello pieno dibuone e disoavi coseil quale egli medesimo t'avesse recatoe tu del cuoco tiramaricassie dicessi che egli ne fosse statocagioneche ilcondimento dilicato sopra quella cotal vivanda feceper che ella tifu recata e tu a mangiarne ti mettestipazzosenza fallo sarestitenuto da ciascuno. Ora se la fortuna nostro mal grado si ritoglieque' beni che ella prima ci ha donatide'quali ella è solarecatrice e rapitricetu Amore n'encolperaiche il conditor di loroèe non ti parrà d'impazzare? Certo nonvorrei dircosìma io pure dubitoPerottinoche oggimai non t'abbianoin cotali giudicii gran parte del debito conoscimentotolto le ingordemaninconie. Questo medesimamentesenza che io mi distenda nelparlaredelle ricchezze dell'animo e di quelledel corpo ti si puòrisponderequali unque sieno di loro i ministratori. E se le tuefiere alcun de' loro poppanti figliuoli perdendosi doglionoil casotristo che le pungenon l'amore che la natura insegna lorole fadolere. D'intorno alle quali tutte coseoggimai che ne posso io altrodireche di soverchio non siase non che mentre tu con questenuvole ti vai ombreggiando la tuabugianiuna soda forma ci hairitratta del vero? Se per aventura più forte argomento nonvolessimo già dire che fossedell'amaritudine d'Amore quellodove tu di' che Amore da questa voce Amaro assai acconciamente fucosì da prima dettoaffine che egli bene nella sua medesimafronte dimostrasse ciò che egli era. Il che io già nonsapeae credea che non lesomiglianze de' sermonima le sustanzedelle operagioni fossero da dovere essere ponderate e riguardate. Chese pure lesomiglianze sono delle sustanze argomentodi voidonnesicuramente m'increscele quali non dubito che Perottino non dicachedi danno siate alla vita de gli uominicon ciò sia cosa checosì sono inverso di sé queste due vociDonne eDannoconformicome sono quest'altre dueAmore e Amarosomiglianti.-


2.IV.Aveano a piacevole sorriso mosse le ascoltanti donne queste ultimeparole di Gismondoe madonna Berenice tuttaviasorridendoall'altredue rivoltasi così disse: - Male abbiam procacciatocompagnemie carepoi che sopra di noi cadono lecostoro quistioni.

Acui Sabinettadella quale la giovanetta età e la vagabellezza facevano le parole più saporose e più caretutta lieta epiacevole rispose: - Madonnanon vi date noia di ciò:elle non ci toccano pure. Perciò che dimmi tuGismondoqua'donnevolete voi che sien di danno alla vostra vita: le giovani o levecchie? Certo delle giovani secondo il tuo argomentare nonpotraidirese non che elle vi giovino; con ciò sia cosa cheGiovani e Giovano quella medesima somiglianza hanno in verso di séche tudelle Donne e del Danno dicesti. Il che se tu mi donia noibasta egli cotesto assai: le vecchie poi sien tue.

-Sieno pure di Perottino- rispose tutto ridente Gismondo - la cuitiepidezza e le piagnevoli querelepoi che le somiglianzehanno avalereassai sono alla fredda e ramarichevole vecchiezza conformi. Ame rimangano le giovanico' cuori delle qualilieti e festevoli e dicalde speranze pienis'avenne sempre il mioe ora s'aviene piùche giamaie certo sono che elle mi giovinosì come tu di'. -A queste così fatte parole molte altre dalle donne e da'giovani dette ne furonol'uno all'altro scherzevolmenteritornando levaghe rimesse de' vezzosi parlari. E di giuoco in giuoco per aventuragarreggiando più oltre andata sarebbe lavaga compagnianellaquale solo Perottino si tacease non che Gismondo in questa manieraparlando alla loro piacevolezzapose modo:


2.V.- Assai ci hannomottegiose giovanidal diritto camino de' nostriragionamenti traviati le somiglianze di Perottinolequaliperciòche a noi di più giovamento non sono che elle state sienoutili a luioggimai a dietro lasciandopiù avanti ancorade'suoi ramarichi passiamo. E perché avete assai chiaro vedutoquanto falsa l'una delle sue proposte siadove egli dice cheogniamaro altro che d'Amore non vieneveggasi ora quanto quell'altra siaveradove egli afferma che amare senza amaro nonsi puote. Nellaquale una egli ha cotante guise d'amari portate e raunateche assaiutile lavorator di campi egli per certosarebbese così beneil logliola felcei veprile lappolela cardai pruneggiuoli ele altre erbe inutili e nocive della suapossessione sciegliesse e inun luogo gittassecome egli ha i sospirile lagrimei tormentileangosciele penei dolor tutti e tuttii mali della nostra vitasciegliendoquegli solamente sopra le spalle de gl'innocenti amantigittati e ammassati. Alla qual cosafareacciò che eglid'alcuno apparente principio incominciasseegli prese argomento dagli scrittorie disse che quanti d'Amorparlanoquello ora fuoco eora furor nominando e gli amanti sempre miseri e sempre infelicichiamandoin ogni lor libroin ognilor foglio si dolgonosilamentano di luiné pure di sospiri o di lagrimema diferite e di morti de gli amanti tutti i loro volumi sonmacchiati. Ilche è da.llui con assai più sonanti parole detto checon alcuna ragionevole pruova confermatosì come quellochenon sente del vero. Perciò che chi non legge medesimamentein ogni scrittura gli amorosi piaceri? Chi non truova in ognilibroalcuno amante chenon dico le sue venturema pure le suebeatitudini non racconti? Delle quali se io vi volessi orarecitarequanto potrei senza molto studio ramentarmicerto pure inquesta parte sola tutto questo giorno logorereie temerei cheprimala voce che la materia mi venisse mancata. Ma perciò cheegli con le sue canzoni i gravi ramarichi de gli amanti e laferezzad'Amore vi volle dimostraree fece beneperciò cheegli non arebbe di leggiero potuto altrove così nuoviargomenti ritrovarecome che a' proprii testimoni non si credapurese a voidonnenon ispiaceràio altresì con alcunadelle mie quanto d'Amoresi lodino gli uomini e quanto abbiano dalodarsi di lui non mi ritrarrò di farvi chiaro. -


2.VI.Volea a Gismondo ciascuna delle donne rispondere e dire che eglidicessema Lisache più vicina gli eracon piùtostanarisposta fece l'altre tacere così dicendo: - Deh sìGismondoper Dio; e non che egli ci piacciama noi te nepreghiamo:anzi avea io per me già pensato di sollecitartenese tu non ti proferevi.

-Me non bisogna egli che voi preghiate o sollecitiate- risposeincontanente Gismondo - perciò che delle mie rimequalicheelle si sienosolo che a voi giovi d'ascoltarlea me di sporleviegli sommamente gioverà. E oltre acciòse voi videgnasteper aventura di lodarlemidove a Perottino parve che fossegraveio a molta gloria mi recherei e rimarre'vene sopra ilpregioubrigato.

-Cotesto farem noi volentieri- rispose madonna Berenice - sìveramente che farai ancora tu che noi così te possiamolodarecome potevam lui.

-Dura condizione m'avete impostaMadonna- disse alora Gismondo - eio senza condizione vi parlavatroppo più vagorichieditoredelle vostre lode che buono stimatore delle mie forze divenuto. Macertoavengane che puòio ne pure faròpruova.

Equesto dettopiacevolmente incominciò:


Néle dolci aure estive

Né 'l vago mormorar d'onda marina

Né tra fiorite rive

Donna passar leggiadra e pellegrina

Fûr giamai medicina

Che sanasse pensero infermo e grave

Ch'io non gli aggia per nulla

Di quel piacerche dentro mi trastulla

L'animadi cui tene Amor la chiave:

Sì è dolce e soave.


Pendeanodalla bocca di Gismondo le ascoltanti donnecredendo che piùoltre avesse ad andare la sua canzonae eglitacendosi diede lorsegno d'averla fornita. Là onde in questa maniera madonnaBerenice a lui rincominciò: - Lieta e vaghettacanzona dicestiGismondosenza fallo alcuno; ma vuoi tu essere per così pocacosa lodato?


-Madonna miano - rispose egli. - Ben vorrei che mi dicesse Perottinodove sono in questa quelli suoi cotanti doloricheegli disse che inogni canzone si leggeano. Ma prima che egli mi rispondaodaquest'altra ancora:


Nonsi vedrà giamai stanca né sazia

Questa mia pennaAmore

Di rendertisignore

Del tuo cotanto onore alcuna grazia.

A cui pensandovolentier si spazia

Per la memoria il core

E vede 'l tuo valore

Ond'ei prende vigore e te ringrazia.


Amorda te conosco quel ch'io sono:

Tu primo mi levasti

Da terra e 'n cielo alzasti

E al mio dir donasti un dolce suono;

E tu coleidi ch'io sempre ragiono

A gli occhi miei mostrasti

E dentro al cor mandasti

Pensier leggiadri e castialtero dono.


Tuseila tua mercécagion ch'io viva

In dolce foco ardendo

Dal qual ogni ben prendo

Di speme il cor pascendo onesta e viva;

E se giamai verrà ch'i' giunga a riva

Là 've 'l mio volo stendo

Quanto piacer n'attendo

Più tosto no 'l comprendoch'io lo scriva.


Vitagioiosa e cara

Chi da te non l'imparaAmornon have.


2.VII.Assai era alle intendenti donne piaciuta questa canzone e sopra essalodandoladiverse cose parlavano. MaGismondoa cui parea che l'orafuggissesì come quegli che avea assai lungamente a parlareinterrompendolein questamaniera i suoi ragionamenti riprese: -Amorose giovaniche le mie rime vi piaccianose così ècome voi ditea me piace eglisopra modo. Ma voi allora le vostrelode mi daretequando io ad Amore arò date le sue. Perciòche onesta cosa non è che voiprima me di così bellamerce paghiateche io il mio sì poco lavorio vi fornisca. Oravenendo a Perottinoquanto egli falsamenteargomentiche ne' versiche d'Amor parlano niente altro si legga che dolorevoi vedete. Népure queste tra le mie rimecheuno sono tra gli amantisolamente sileggono lodanti e ringrazianti il loro signorema molte altreancoradelle quali ioperciòche ad altre parti ho a venirené bisogna che lungo tempo in questa sola mi dimoriragionandosecondo che elle mi verranno inboccaalcuna neracconteròper le quali voi meglio il folle errore diPerottino comprenderete. E certo se egli avesse detto chepiùsono stati di quegli amanti che d'Amor si sono ne' loro scrittidolutiche quelli non sono stati che lodati di lui si sonoepiùragionevole sarebbe stato il suo parlaree io per pocogliele arei conceduto; né perciò sarebbe questo buonoargomento statoa farci credere che amare senza amaro non si possaperché non così molti d'Amor si lodasseroquantiveggiamo che silamentano di lui. Perciò chelasciamo stareche da natura più labili siamo ciascuno a ramaricarci dellesciagure che a lodarcidelle venturema diciamo cosìchequelli che felicemente amanotanta dolcezza sentono de' loro amoriche di quella solal'animo loro e ogni lor senso compiutamentepascendo e di ciò interissima sodisfazione prendendononhanno di prosané diversoné di carte vane e sciocchemestiero. Ma gl'infelici amantiperciò che non hanno altrocibo di che si pascere né altra viada sfogar le loro fiammecorrono a gl'inchiostri e quivi fanno quelli cotanti romori che sileggonosimili a questi di Perottinocheegli così caldamenteci ha raccontati. Onde non altramente aviene nella vita de gli amantiche si vegga nel corso de' fiumiadivenirei quali dove sono piùimpediti e da più folta siepe o da sassi maggioriattraversatipiù altresì rompendo e piùsonantiscendono e più schiumosi; dove non hanno chegl'incontri e da niuna parte il loro camino a sé vietatosentonoriposatamente leloro umide bellezze menando secopura echeta se ne vanno la lor via. Così gli amantiquanto piùnel corso de' loro disii hannogl'intoppi e gl'impedimenti maggioritanto più in essi rotando col pensiero e lunga schiuma de'loro sdegni traendo dietrofannoaltresì il suono de' lorlamenti maggiore; felici e fortunati e in ogni lato godenti de' loroamoriné da alcuna opposta difficultànell'andare adessi ritenutispaziosa e tranquilla vita correndonon usano difarsi sentire. La qual cosa se così èche èpercertoné potrà fare in maniera Perottino del veroco' suoi nequitosi argomenti che egli pure vero non siapotrassidire che lemolte ramaricazioni degli amanti infelici sien quelle chefacciano che esser non ne possano ancora de' felici? E chi dubitacheegli non si possa? Che perché in alcuno famoso tempiodipinte si veggano molte naviquale con l'albero fiacco e rotto econ levele raviluppatequale tra molti scogli sospinta o giàsopravinta dall'onde arare per perdutae quale in alcuna piaggiasdruscitatestimonianza donar ciascuna de' loro tristi e fortunosicasinon si può per questo dire che altrettante state nonsien quelle chepossono lieto e felice viaggio avere avutoquantunqueellesì come di ciò non bisognevolialcuna memoriadelle loro prosperee seconde navigazioni lasciata non abbiano.


2.VIII.Ora si può accorgere Perottino comesenza volere ioripigliare alcuno antico o moderno scrittorei suoi frigoliargomentiripigliati e rifiutati per se stessi rimangono. Ma per non tenervi ioin essi più lungamente che uopo ci siaoggimai ne gliamorosimiracoli e nelle loro discordanze passiamodove son quelli chevivono nel fuoco come salamandree quegli altri cheritornano in vitamorendo e muoiono similmente della lor vita. Alle quali maravigliesallo Idio che io non so che mi rispondereche io di Perottino non mimaravigliil qualeo folle credenza di farloci a credere che lorassicurasseo sfrenato disio diramaricarsi che lo trasportassenonsolamente non s'è ritenuto di così vane favoleraccontarci per verema egli ancora con lesue canzoni medesimequasi come se elle fossero le foglie della Sibilla Cumea o le vocidelle indovinatrici cortine di Phebocel'ha volute racconfermare. Laqual cosa tuttavia questo ebbe di bene in séche a noi le suecanzoniper quello che io di voim'accorsi e in me conosconon pocodi piacere e di diletto porseroramorbidando gl'inacerbiti nostrispiriti dall'asprezza de'suoi ruvidi e fieri sermoni. Le quali setanto di verità avessero in sé considerandolequantoudendole esse hanno avuto di novitàe di vaghezzaio incontrodi Perottino non parlerei. Ora che vi debbo io dire? Non sa egli perse stesso ciascun di noisenzache io parliche queste sonospezialissime licenzenon meno de gli amanti che de' poetifingerele cose molte volte troppo daogni forma di verità lontane?dare occasioni alla lingua o pure alla penna ben nuovebene peradietro da niuno intesebene trase stesse discordanti e alla naturamedesima importabili ad essere sofferute giamai? DehPerottinoPerottinocome se' tu follese tu credi che noi ti crediamo che agli amanti sia conceduto il poter quello che la natura non puòquasi come se essi nonfossero nati uominicome gli altri soggiacentialle sue leggi. Dico adunque che i tuoi miracoli altro già chemenzogne non sono.Perciò che niente hanno essi più divero in sédi quello che de' seminati denti dall'erranteCadmo o delle feraci formiche delvecchio Eaco o dell'animoso arringodi Phetonte si ragioni o di mille altre favole ancora di queste piùnuove. Né pure incomincitu questa usanza orama tutti gliamantiche hanno scritto o scrivonocosì fecero e fannociascunoo lieti o infortunati che essistati sieno o essere sitruovino de' loro amori; se pure i lieti a scrivere delle loro gioieo pure a parlarne si dispongono giamaiilche suole alcuna volta diquelli avenireche tra gli otii soavi delle Muse cresciutipoinelle dolci palestre di Venereessercitandosinon possono sovente nonricordarsi delle loro donne primiere. I quali le più volte diquelli medesimi affettifavoleggiano che fanno i dolorosinon perciòche essi alcuno di que' miracoli pruovino in sé che i miseri etristi dicono soventedi provarema fannolo per porgere diversisuggetti a gl'inchiostriacciò che con questi colori i lorofingimenti variandol'amorosa pintura riesca a gli occhi de'riguardanti più vaga. Perciò che del fuococol qualesi fatica Perottino di rinforzare lamaraviglia de gli amorosiavenimentiquali carte di qualunque lieto amante che scriva non sonopiene? né pur di fuocosolamentema di ghiaccio insieme e diquelle cotante disagguaglianzele quali più di leggiero nellecarte s'accozzano che nelcuore? Chi non sa dire che le sue lagrimesono pioggiae venti i suoi sospirie mille cotai scherzi e giuochid'amante non menfestoso che doglioso? chi non sa fare incontanentequella che egli ama saettatricefingendo che gli occhi suoiferiscano dipungentissime saette? La qual cosa per aventura piùacconciamente finsero gli antichi uominiche delle cacciatriciNinfefavoleggiarono assai spesso e delle loro boscareccie predepigliando per le vaghe Ninfe le vaghe donne che con le punte de'loropenetrevoli sguardi prendono gli animi di qualunque uomo piùfiero. Chi non suole ora sé ora la sua donna a mille altrepiùnuove sembianze ancorache queste non sonorassomigliare?Aperto e comune e ampissimo è il campoo donneper loqualevanno spaziando gli scrittorie quelli massimamente sopra tuttigli altri cheamando e d'Amore trattandosi dispongono dicoglierfrutto de' loro ingegni e di trarne loda per questa via. Perciòche oltra che egli si fingono le impossibili cosenonsolamente aciascun di loro staqualunque volta esso vuoleil pigliar materiadel suo scrivere o lieta o dolorosasì come più glivaper l'animo o meglio li mette o più agevolmente si fae sopraessa le sue menzogne distendere e i suoi pensamenti piùstranima essi ancora uno medesimo suggetto si recheranno a diversifinie uno il si dipignerà lietoe l'altro se lo adombreràdolorososì come una stessa maniera di ciboper dolce o amarache di sua natura ella si siacondire in modo si puòcheella ora questoe ora quell'altro sapore averàsecondo laqualità delle cose che le si pongon sopra.


2.IX.Perciò che quantunque molti amantifingendo la lontananza delloro cuorea lagrime e a lamenti e a dolorosi martiri lasi tirinosì come potete avere udito molte fiatenon è perquesto che io altresì in una delle mie fingendolaamaraviglioso giuocoe a dilettevole sollazzo non me l'abbia recata. Eacciò che io a voto non ragioniudite ancora de' mieimiracoli alcuno:


Presoal primo apparir del vostro raggio

Il corche 'n fin quel dì nulla mi tolse

Da me partendoa seguir voi si volse;

E come quei che trova in suo viaggio

Disusato piacernon si ritenne

Che fu ne gli occhionde la luce uscia

Gridando: A queste parti Amor m'invia.Vedete voi sì comefingono gli amanti che i loro cuori con piacere e con gioia di loropure partir da loro si possono? Ma questonon è ad essi cosamolto ancora maravigliosa. Di più maraviglia è quelloche segue:


Inditanta baldanza appo voi prese

L'ardito fuggitivo a poco a poco

Ch'ancor per suo destin lasciò quel loco

Dentro passandoe più oltra si stese

Che 'n quello stato a lui non si convenne;

Fin che poi giunto ov'era il vostro core

Seco s'assise e più non parve fore.Già potete vederenon solamente che i nostri cuori da noi si partonoma che essi sannoeziandio far viaggio. Udite tuttavia ilrimanente:


Maqueicome 'l movesse un bel desire

Di non star con altrui del regno a parte

O fosse 'l ciel che lo scorgesse in parte

Ov'altro signor mai non devea gire

Làonde mosse il miolieto sen'venne:

Così cangiaro albergoe da quell'ora

Meco 'l cor vostro e 'l mio con voi dimora.Non sono questimiracoli sopra tutti gli altri? due cuori amantida i loro pettipartitidimorarsi ciascuno nell'altruie ciò lorononpuresenza noiama ancora da celeste dono avenire? Ma che dico io questi?Egli vi se ne potrebbonoda chiunque ciò farvolessetantirecare innanzi giochevoli e festevoli tuttiche non se ne verrebbe acapo agevolmente. E perciò questo poco averdetto volendo chemi bastioggimai i tuoi fieri e gravi miracoliPerottinoquantofacciano per te tu ti puoi avedere. I quali peròtuttavia sesono veriperciò che tu e i simili a tetristi e miseriamantine parliate o scriviateveri debbono essere similmentequestialtri vaghi e caripoi che di loro io e i simili a melieti efelici amantiparlandone o scrivendone ci trastulliamo: per cheniunaforza i tuoi ad Amor fanno che egli dolce non possa esserepiùdi quello che facciano i miei che egli non possa essereamaro. Se sonofavoleelle a te si ritornino per favolequali si partironoe secone portino la tua così ben dipinta imagineanzipure laimaginata dipintura del tuo Idio; della quale se tu scherzandoragionato non ci avessi quello tanto che detto ne haiio daveroalcuna cosa ne parlereie arei che parlarne. Ma poi che del tuofallo tu medesimo ti riprendestidicendociper amenda diluichenel vero non solamente Amore non è Idioma che egli pure nonè altro che quello che noi stessi vogliamose io oranuovatenzona ne recassi sopranon sarebbe ciò altro che unritessere a guisa dell'antica Penelope la poco innanzi tessuta tela.-


2.X.Tacquesidette queste paroleGismondoe raccogliendo prestamentenella memoria quello che dire appresso questodoveaprima che egliriparlasseegli incominciò a sorridere seco stesso; il chevedendo le donneche tuttavia attendevano cheegli dicessedivenneroancora d'udirlo più vaghe. E madonna Berenicealleggiato disé un giovane alloroil quale nello stremodella sua selvettapiù vicino alla mormorevole fontequasi più ardito chegli altriin due tronchi schietti cresciutoal bel fianco dileidoppia colonna facevae sopra se medesima recatasidisse: - BenevaGismondopoi che tu sorridilà dove io piùpensavache ti convenisse di star sospeso. Perciò chese ionon m'ingannosì sei tu ora a quella parte de' sermoni diPerottinopervenutodove egliargomentando dell'animoci conchiuseche amare altrui senza passione continua non si puote. Il qualnodocome che egli si stiaio per me volentier vorreie perdonimiPerottinoche tu sciogliere così potessi di leggierocomefuall'antica Penelope agevole lo stessere la poco innanzi tessutatela. Ma io temo che tu il possa; così mi parvero a fortesubbioquegli argomenti avolti e accomandati.

-Altramente vi parranno già testéMadonna - risposeGismondo. - Né perciò di quello che essi infino a quiparuti vi sonome ne maraviglio io molto. Anzi oradovendo io diquesti medesimi favellarvisì come voi dirittamentegiudicavatea quel risoche voi vedeste mi sospinse il pensare comesia venuto fatto a Perottino il poter così bene la fronte disì parevole menzognadipignere ragionandoche ella abbiatroppo piùche di quello che ella èdi veritàsembianza. Perciò che se noi alle sue parolerisguardiamoeglici parrà presso che vero quello che egli vuole che vero cipaia che siain maniera n'ha egli col suo sillogizzareil bianco invermiglio ritornato. Perciò che assai pare alla veritàconforme il dire cheogni volta che l'uom non gode quello cheegliamaegli sente passione in sé; ma non può l'uom goderecompiutamente cosa che non sia tutta in lui: adunque l'amarealtruinon può in noi senza continua passione aver luogo. Ilchese per aventura pure è verosaggio fu per certol'ateniese Timonedel qual si legge cheschifando parimente tuttigli uominiegli con niuno volea avere amistàniuno ne amava.E saggi sarem noialtresì sequesto malvagio affannatore degli animi nostri da noi scaciandogli amicile donnei fratelliipadrii proprii figliuolimedesimisì come i piùstranieriugualmente rifiutandola nostra vita senza amorequasipelago senza ondapasseremo; soloche dove noia guisa di Narcisoamatori divenir volessimo di noi stessi. Perciò che questotanto credo io che Perottino non civietipoi che in noi noi medesimisiam sempre. La qual cosa se voi farete e ciascuno altro per séfaràda questi suoi argomentiammaestratocerto sono che eglia brieve andare non solamente Amore averà alla vita de gliuomini tolto viama insieme conesso lui ancora gli uomini stessilevatone alla lor vita. Perciò che cessando l'amare che ci sifacessano le consuetudini tra sé de'mortalile qualicessandonecessaria cosa è che cessino e manchino eglino conesso loro insiememente. E se tu qui Perottinomi dicessi che io dicosì fatto cessamento non temaperciò che Amore ne gliuomini per alcun nostro proponimento mancar nonpuòcon ciòsia cosa che ad amar l'amicoil padreil fratellola moglieilfigliuolo necessariamente la natura medesima cidisponeche bisognavadunque che tu d'Amore più tosto ti ramaricassi che dellanatura? Lei ne dovevi incolpareche non ci hafatta dolce quella cosache necessaria ha voluto che ci sia; se tu pure così amara lati credi come tu la fai. Nella qual tuacredenza dove a te piaccia dirimanertisenza fallo agiatissimamente vi ti puoi spaziare a tuomodoche compagno che vi.ccivenga per occuparlatidi veroche iomi credanon averai tu niuno. Perciò che chi è di cosìpoco diritto conoscimentochecredalasciamo stare uno che ami teoamico o congiunto che egli ti siama pure che l'amare un valorosouomouna santadonnaamar le pacile leggii costumi lodevoli e lebuone usanze d'alcun popolo e esso popolo medesimonon dico didoloreo d'affannoma pure di piacere e di diletto non ci sia? Ecerto tutte queste cose sono fuor di noi. Le qualiposto che io pureticoncedessi che affanno recassero a' loro amantiperciò cheelle non sieno in noivorresti tu però ancora che io ticoncedessiche l'amare il cielo e le cose belle che ci son sopra e Diostessoperché egli non sia tutto in noicon ciò siacosa cheessendoegli infinitoessere tutto in cosa finita non puòsì come noi siamoci fosse doloroso? Certo questo non diraitu giamaiperciòche da cosa beatasì come sono quelledi là sunon può cosa misera provenire. Non èadunque veroPerottinoche l'amoreche alle cose istrane portiamoper questo che elle istrane sienoc'impassioni.


2.XI.Ma che diresti tu ancora se iotutte queste ragioni donandotiamichevolmentee buono facendoti quello stesso che tuargomenticheamare altrui non si possa senza doloreti dicessi che questo amar ledonneche noi uomini facciamoe che ledonne fanno noinon èamare altruima è una parte di sé amare eper dirmegliol'altra metà di se stesso? Perciò che non haituletto che primieramente gli uomini due faccie aveano e quattro mani equattro piedi e l'altre membra di due de' nostri corpisimilmente? Iquali poipartiti per lo mezzo da Giovea cui voleano tôrrela signoriafurono fatti cotalichenti ora sono. Maperciòche eglino volentieri alla loro interezza di prima sarebbono volutiritornarecome quelli che in due cotanti poteano inquella guisa e dipiù per lo doppio si valevano che da poi non si sono valutisecondo che essi si levavano in piècosì ciascunoallasua metà s'appigliava. Il che poi tutti gli altri uomini hannosempre fatto di tempo in tempoe è quello che noi oggi Amoreeamarci chiamiamo. Per che se alcuno ama la sua donnaegli cerca lasua metàe il somigliante fanno le donnese elle amano ilorosignori. Se io così ti favellassiche mi risponderesti tuoPerottino? Per aventura quello stesso che io pure ora d'intornoa'tuoi miracoli ragionando ti rispondeaciò è chequesti son giuochi de gli uominidipinture e favole e loro sempliciritrovamentipiù tosto e pensamenti che altro. Non sono questedipinture de gli uomininé semplici ritrovamentiPerottino.La natura stessaparla e ragiona questo cotanto che io t'ho dettononalcuno uomo. Noi non siamo interi né il tutto di noi medesimiè con noisesoli maschi o sole femine ci siamo. Perciòche non è quello il tuttoche senza altrettanto star non puòma è il mezzo solamente enulla piùsì come voidonnesenza noi uomini e noi senza voi non possiamo. La qual cosaquanto sia vera già di quinci veder sipuòche ilnostro essere o da voi o da noi solamente e separatamente non puòaver luogo. Oltre che eziandio quando beneseparatamente cinascessimocertonatinon potremmo noi vivere separatamente.Perciò che se ben si consideraquesta vitache noi viviamodi fatiche innumerabili è pienaalle quali tutte portare nél'un sesso né.ll'altro assai sarebbe per sé bastantemasotto esso mancherebbe; non altramente che facciano là oltrel'Alessandria tale volta i camelidi lontani paesi lenostremercatanzie portanti per le stanchevoli arenequando avieneper alcun caso che sopra lo scrigno dell'uno le some di duepongono iloro padronichenon potendo essi durarecadono e rimangono amezzo camino. Perciò che come potrebbono gliuomini arareedificarenavicarese ad essi convenisse ancora quegli altriessercitii fare che voi fate? O come potremmo noidare ad un tempo leleggi a' popoli e le poppe a' figliuoli e tra i loro vagimenti lequistioni delle genti ascoltare? o drento a'termini delle nostrecasenelle piume e ne gli agi riposandomenare a tempo le gravosepregnezze e a cielo scoperto incontro agli assalitoriper difesa dinoi e delle nostre cosecol ferro in mano e di ferro cintidiscorrendo guerreggiare? Che se noi uomininon possiamo e i vostriuffici e i nostri abbracciaremolto meno si dee dir di voiche diminori forze sete generalmente che noinon siamo. Questo vide lanaturao donnequesto ella da principio conoscea epotendoci piùagevolmente d'una maniera solaformare come gli alberiquasi una nocepartendo ci divise in duee quivi nell'una metà il nostro enell'altra il vostro sessofingendoneci mandò nel mondo inquella guisaabili all'une fatiche e all'altrea voi quella parteassegnandoche più è allevostre deboli spalleconfacevolee a noi quell'altra sopraponendoche dalle nostre piùforti meglio può essere che dalle vostreportata; tuttavia consì fatta legge accomandandoleci e la dura necessità inmaniera mescolando per amendue loroche e a voidella nostra e a noidella vostra tornando uopol'uno non può fare senza l'altro;quasi due compagni che vadano a cacciade'quali l'uno il paniere el'altro il nappo rechiche quantunque essi caminando due coseportinol'una dall'altra separatenonperciò poiquandotempo è da ricoverarsifanno essi ancora cosìpurecon la sua separatamente ciascunoanzi sotto adalcuna ombrariposatisiamendue si pascono vicendevolmente e di quello delcompagno e del suo. Così gli uomini e le donnedestinati a duediverse bisogne portareentrano in questa faticosa caccia delviveree per loro natura taliche a ciascun sesso diciascuna dellebisogne fa mestieroe sì poco poderosi cheoltre alla suametà del cariconessun solo può essere bastante;sìcome le antiche donne di Lenno e le guerreggevoli Amazonecon loro grave danno sentironoche ne fêr pruovale qualimentrevollero e donne essere e uomini ad un tempoper quanto le lorobalìe si stenderonoe l'altrui sesso affine recarono e illoro.


2.XII.Per che se a stato alcuno venire né in istato mantenersinégli uomini né le donne non possono gli uni senza gli altrinéha in sé ciascun sesso più che la metàdi quello che bisogno fa loro o al poter vivere o al poter venirealla vitapoi che non è iltutto quellosì come iodissiche senza altrettanto star non puòma è ilmezzo solamentenon so io vedereo donnecome noipiù chemezzi ci siamo e voi altresìe come voi la nostra metàsì come noi la vostranon vi siatee infine come la femina eilmaschio sieno altro che uno intero. E certo non pare egli a voicosì semplicemente risguardando e estimandoche i vostrimaritil'una parte di voi medesime portino sempre con esso loro? Dehnon vi pare egli tuttavia che da' vostri cuori si diparta non soche efinisca ne gli loroche sempredovunque essi vadanoquasi catenagli vi congiunga con inseparabile compagnia? Così èsenzafallo alcuno: essi sono la vostra metà e voi la lorosìcome io quella della mia donna e essa la mia. La quale se io amocheamo per certo e sempre ameròma se io amo lei e se ella meamanon è tuttavia che alcun di noi ami altruima se stesso;ecosì aviene de gli altri amantie sempre averrà. Oraper non far più lunga questa tenzonase gli amanti amando traloro amanose stessiessi deono poter fruire quello che essi amanosenza dubbio alcunose quello è vero che tu argomentavichefruire nonsi possa solamente dell'altrui. E se essi possono fruirquello che essi amanopoi che il non poter fruire è soloquello chec'impassionanon veggo io che ne segua quella conchiusioneche tu ne traeviche Amore tenga l'animo de gli uomini sollecitoecome ci dicestiperturbato. Cotale è il nodomadonnaBereniceche voi poco avanti come io sciogliere potessidubitavate;cotale è la tela di Perottino a quel forte subbioche voi dicesteaccomandata; la qual nel vero a me pare che piùtosto una diquelle d'Aragneche a quella di Penelope stata conformedire si possa che sia. Ma non per tutto ciò si penteo donnené siritiene in parte alcunaraffrenando la trascorrevolefollia de' suoi ragionamentiPerottino; anzi pure per questomedesimocampo dell'animo più alla scapestrataquasi morbidogiumento fuggendosicon la lena delle parole vie più lunghi epiù stoltidiscorrimenti ne fail suo male medesimodilettandolo. Ma sì come suole alcuna volta del viandanteavenireil quale alla scieltadi due strade pervenutomentre e' sicrede la sua pigliareper quella che ad altre contrade il portamettendosiquanto egli più aldestinato luogo s'affrettad'appressarsitanto più da esso caminando s'allontanacosìPerottino a dir d'Amore per le passionidell'animo già entratomentre egli si studia forse avisando di giugnere al veroquanto piùs'affanna di ragionarnetanto egli piùper lo non dirittosentiero avacciandosisi diparte e si discosta da lui. La qual cosaquantunque con semplici parole così esserevi potesse daciascuno assai apertamente venir dimostratanondimeno sìperché alle segnate historie di Perottino non paredisdicevoleche io un poco più partitamente ne ragionie sì ancoraperché il così fattamente favellarne alla materia èrichiestodove con vostro piacer siaalquanto piùordinatamente parlandochente sia il suo errore m'accosteròdi farvi chiaro. -


2.XIII.A questo rispostogli dalle belle donne che tanto di loro piacere eraquanto era di suoe che dove a lui nonincrescesse il favellarecomunque egli il facessea loro l'ascoltarlo non increscerebbegiamaiesso cortesemente ringraziatenelee già atteso daciascunapoi che egli ebbe il braccio sinistro alquanto inverso leattendenti donne sporto in fuoripregandole cheattentamentel'ascoltasseroperciò chedove poche delle parole che egli adire avea si perdesseniente gioverebbe l'averparlatodel pugno chechiuso era due dita forcutamente levando inverso il cielocosìincominciò e disse: - In due partiodonnedividono l'animonostro gli antichi filosofi: nell'una pongono la ragionela qualecon temperato passo muovendosi loscorge per calle spedito e sicuro;dall'altra fanno le perturbazionicon le quali esso travalicandodiscorre per dirottissimi edubbiosissimi sentieri. E perciòche ogni uomoquello che bene pare ad esso che siae di tenerdisidera etenutosi rallegra dipossederee similmente niuno èche il pendente male non sollecitie pochi sono coloro che ilsopracaduto non graviquattrofanno gli affetti dell'animo altresì:DisiderioAllegrezzaSollecitudine e Dolore; de' qualidue dalbeneo presente o futuroedue medesimamente dal maleo avenuto opossibile ad avenirehanno origine e nascimento. Ma perciòche e il disiderar dellecosedove con sano consiglio si faccia èsanodove da torto appetito proceda è dannoso; e ilrallegrarsi non è biasimato inalcunose non in quanto egli hai termini del convenevole trapassati; e lo schifar de' mali cheavenir possonosecondo che noi obene o male temiamocosìegli e di lodevole piglia qualità e di vituperosoquinciaviene che questi tre affetti in buoni e in nonbuoni dividendoaquella parte dell'animoche con la ragione s'inviadanno l'onestodisideriol'onesta allegrezzal'onestotemere; all'altra gli stremiloroche sono il soverchio disiderareil soverchio rallegrarsilasoverchia paura. Il quartoche è de'mali presenti lamaninconianon dividono come gli altri; ma perciò che diconod'alcuna cosache avenga nella vitail prudente ecostante uomo néaffligersi né attristarsi giamaie soverchio e vano sempreessere ogni dolore delle avenute cosequesto soloaffetto interopongono nelle perturbazioni. Così aviene che tre sono le saggee regolate maniere de gli affetti dell'animoequattro le stolte eintemperate. Oltre a ciòperciò che certissima cosa èche male alcuno la natura far non puòe che solamentebuonesono le cose da lei procedentile tre manieresì come quelleche buone sonoaffermano ne gli uomini essere naturalialtresìle quattro dicono in noi fuori del corso della natura aver luogo;quelle ragionevoli affetti secondo naturaqueste contronaturadisordinate perturbazioni chiamando e nominando. Sono adunque duesìcome di sopra s'è dettole strade dell'animoodonne: l'unadella ragioneper la quale ogni naturale movimento s'incamina;l'altra delle perturbazioniper cui hanno i nonnaturali a' lorotraboccamenti la via. Ora non credo io che voi crediate che alcun nonnaturale movimento possa con la ragionedimorareperciò chedimorando con esso leibisognerebbe che egli fosse naturale; manaturale come può esser cosa chenaturale non sia? Né èda dire altresì che affetto alcuno naturale si mescoli nelleperturbazionicon ciò sia cosa chemescolandosi tra loro glibisognerebbe essere non naturale; ma naturale e non naturale percerto niuna cosa essere puotegiamai. Divise adunque le passionidell'animo e trattate nella maniera che udito aveterecatevi questosovente per la memoriache affetto naturale alcuno non può negli animi nostri con le perturbazioni aver luogo. Ora ritorniamo aPerottinoil quale poseAmore nelle perturbazionie ragioniamo così:che se Amore è cosa che contro natura venga in noinon puòaltrove essere ilcativello che dove l'ha posto Perottino; ma se eglipure è affetto a gli animi nostri donato dalla naturasìcome cosa a cui buonaconviene essere altresìcon la naturacaminandonon potrà in maniera alcuna nelle perturbazioni reee ne gli affetti dell'animosinistri e orgogliosi trapassare. Ora chevi voglio ioavedute giovanio pure che vi debbo io piùoltre dire? Bisogna egli che io vidimostri che naturale èl'amore in noi? Questo si fe' pur dianziquando noi dell'amore chea' padria' figliuolia' congiuntia gliamici si portaragionavamo. Senza che io mi credo che non pur voiche donne sieteanzi ancora questi allori medesimiche ciascoltanose essi parlarpotesserone darebbono testimonianza. -


2.XIV.Di poco avea così detto Gismondoquando Lavinelloil qualelungamente s'era taciutocon queste parole gli si fe'incontro: -Cattivi testimoni aresti trovatiGismondose questi alloriparlasseroa quello che tu intendi di provarci. Perciò cheseessi ritratto fanno al primo loro pedalesì come ènatura delle pianteessi non amarono giamai. Perciò che nonamò altresìquella donna che primieramente diè altronco formadel quale questi tutti sono rampollise quello vero èche se ne scrive.

-Male stimiLavinelloe male congiugni le cose da natura separate -rispose incontanente Gismondo. - Perciò che questiallori benefanno ritratto al primo loro pedalesì come tu di'ma nonalla donnala quale se stessa lasciòquandoellaprimieramente la buccia di lui prese.

Questicome anco quello feceamano e sono amati altresìessi laterra e la terra loroe di tale amor pregni partoriscono allor tempoora talliora orbacheora frondisecondo che essoda cui tuttinacqueropartorivané mai ha fine il loro amoresenoninsieme con la lor vita. Il che volesse Idio che fosse ne gli uominiche Perottino non arebbe forse ora cagion di piagnerecosìamaramentecome egli fa vie più spesso che io non vorrei. Mala donna non amò già essendo amatasì come turagioni; laqual cosa perciò che fu contro naturaforse meritòella di divenir troncocome si scrive. E certo che altro èlasciando lemembra umanealbero e legno farsichegli affettinaturali abandonando molli e dolcissimiprendere i non naturalichesonocosì asperi e così duri? che se questi alloriparlassero e le nostre parole avessero intesea me giova di credereche noi oraudiremmo che essi non vorrebbono tornare uominipoi chenoi contro la natura medesima operiamola qual cosa non avieneinloro; non che essi buoni testimoni non fosseroLavinelloa quelloche io ti ragiono.


2.XV.È adunquené bisogna che io ne quistionio donnenaturale affetto de gli animi nostri Amoree per questo dinecessitàe buono e ragionevole e temperato. Onde quante volte aviene chel'affetto de' nostri animi non è temperatotantevolte nonsolamente ragionevole né buono è piùma egli dinecessità ancora non è Amore. Udite voi ciò cheio dico? Vedetevoi a che parte la pura e semplice verità m'haportato? Che dunque èpotrestemi voi direse egli non èAmore? ha egli nomealcuno?. Sì bene che egli n'hae moltieper aventura quelli stessi che Perottino quasi nel principio de' suoisermoni gli dièpuredi questo medesimo ragionando quellocheegli d'Amor si credea favellare: fuocofuroremiseriainfelicitàeoltre a questiseio porre ne gli posso unoegli si puòpiù acconciamente che altro chiamare ogni maleperciòche in Amoresì come pocoappresso vi fie manifestoogni benesi rinchiude. Che vi posso io dire più avanti? Név'ingannino queste semplici vocio donneche senza fatica escono dibocca altruid'amored'amanted'innamoratoche voi crediate cheincontanente Amor sia tuttoquello che è detto Amoree tuttisieno amanti quelli che per amanti sono tenuti e per innamorati.Questi nomi piglia ciascuno perlo più co' primi disiii qualiesser possono non meno temperati che altramente ecosì presicomunque poi vada l'operaessopure se gli ritieneaiutato dallasciocca e bamba oppenione de gli uomini chesenza discrezion farealcuna con diverseappellazioni alle diverse operazion lorocosìchiamano amanti quelli che male hanno disposti gli affetti dell'animoloro nelledisiderate cose e cercatecome quelli che gli han bene.Ahi come agevolmente s'ingannano le anime cattivelle de gli uominiequanto è leggiera e folle la falsa e misera credenza de'mortali. Perottinotu non ami; non è amorePerottinoiltuo; ombra seid'amantepiù tosto che amantePerottino.Perciò che se tu amassitemperato sarebbe il tuo amoreeessendo egli temperatoné di cosa che avenuta ne sia tidorrestiné quello che per te avere non si puòdisidereresti tu o cercheresti giamai. Perciò cheoltre chesoverchio e vano è sempre il dolore per séstoltissimacosa è e fuori d'ogni misura stemperataquello che avere nonsipossapur come se egli aver si potesseandare tuttaviadisiderando e cercando. La qual follia volendo significarci ipoetifecero i Giganti che s'argomentassero di pigliare il cieloguerreggianti con gl'Idiia cui essi non erano bastanti. Che se lafortunat'ha della tua cara donna spogliatodove tu amante di leivoglia essereposcia che altro fare non se ne puònon ladisiderareequello che perduto vedi esseretieni altresì perperduto. Amala semplice e puramentesì come amare si possonomolte cosecome che d'averle niuna speranza ne sia. Ama le suebellezzedelle quali tanto ti maravigliasti già e lodastilevolentieri; e dove ilvederle con gli occhi ti sia toltocontentatidi rimirarle col pensieroil che niuno ti può vietare. E infine ama di lei quello che oggipoco s'ama nel mondomercé delvizio che ogni buon costume ha discacciatol'onestà dicosommo e spezialissimo tesoro diciascuna saviala qual sempre ci deeesser carae tanto più ancora maggiormentequanto piùcare ci sono le donne amate danoi; sì come io m'ingegnai difare giàche ella fosse a me cara nella persona della miadonnanon men di quello che la suabellezza m'era graziosaquantunque ne' primi miei disiisì come veggiamo tutto dìa' cavalli non usati essere la sella e il frenoella dura e gravettami fosse alquanto nell'animo a sopportare. Di che io allora ne feciin testimonio questa canzone; la qualetanto più volentieri visporrògraziose giovaniquanto a voiche non meno onestesete che belleella più che alcuna dell'altregià dettes'acconviene.

Sì rubella d'Amorné sì fugace

Non presse erba col piede

Né mosse fronda mai Ninfa con mano

Né trezza di fin oro aperse al vento

Né 'n drappo schietto care membra accolse

Donna sì vaga e bellacome questa

Dolce nemica mia.


Quelche nel mondoe più ch'altro mi spiace

Rade volte si vede

Fanno in costeipur sovra 'l corso umano

Bellezza e castità dolce concento.

L'una mi prese il cor come Amor volse

L'altra l'impiagasì leggiera e presta

Ch'ei la sua doglia oblia.


Solain disparteov'ogni oltraggio ha pace

Rosa o giglio non siede

Che l'alma non gli assembri a mano a mano

Avezza nel desio ch'i' serro drento

Quel vago fiorcui par uom mai non colse.

Così l'appaga e parte la molesta

Secura leggiadria.


Caroarmellinch'innocente si giace

Vedendoal cor mi riede

Quella del suo penser gentile e strano

Bianchezzain cui mirar mai non mi pento:

Sì novamente me da me disciolse

La vera maga mia chedi rubesta

Cangia ogni voglia in pia.


Belfiumealor ch'ogni ghiaccio si sface

Tanta falda non diede

Quanta spande dal ciglio altero e piano

Dolcezzache pò far altrui contento;

E sé dal dritto corso unqua non tolse.

Né mai s'inlaga mar senza tempesta

Che sì tranquillo sia.


Comesi spegne poco accesa face

Se gran vento la fiede

Similemente ogni piacer men sano

Vaghezza in lei sol d'onestate ha spento.

O fortunato il veloin cui s'avolse

L'anima saga e leich'ogni altra vesta

Men le si convenia.


Questavita per altro a me non piace

Che per leisua mercede

Per cui sola dal vulgo m'allontano;

Ch'avezza l'alma a gir là 'v'io la sento

Sì ch'ella altrove mai orma non volse;

E più s'invagaquanto men s'arresta

Per la solinga via.


Dolcedestinche così gir la face

Dolci del mio cor prede

Ch'altrui sì pressoa me 'l fan sì lontano;

Asprezza dolce e mio dolce tormento

Dolce miracolche veder non suolse

Dolce ogni piagache per voi mi resta

Beata compagnia.


QuantoAmor vagapar beltate onesta

Né fu giamainé fia.


2.XVII.Oraperciò che da ritornare è làonde cidipartimmoquinci comprender potetedonnee quale sia l'errorediPerottino e dove egli l'ha preso. Perciò che dovendo eglimettersi per quella via dell'animo che ad Amor lo scorgessenelfavellareeglientrando per l'altro sentieroalla contrariaregione è pervenutoper lo quale caminandoin quelle tantenoie sivenne incontratoin quelle penein que' giorni tristiinquelle notti così dolorosein quelli scorniin quellegelosiein coloro cheuccidono altrui e talora per aventura sestessiin que' Meziiin que' Tiziiin que' Tantaliin quelliIsionitra' quali ultimamentequasi come se egli nell'acqua chiaraguatato avesseegli vide se stesso: ma non si riconobbe benechéaltramente si sarebbedoluto e vie più vere lagrime arebbemandate per gli occhi fuora che egli non fece. Perciò checredendo sé essere amante einnamoratomentre egli pure nellasua forma s'incontra imaginandoegli è un solitario cervodivenutoche poia guisad'Atteonei suoi pensieri medesimiquasisuoi veltrivanno sciaguratamente lacerando; i quali egli piùtosto cerca di pascereche di fuggirevago di terminare innanzi tempola sua vitapoco mostrando di conoscer quanto sia meglio il viverecomunquealtri vivache il morirequasi come se esso oggimai saziodel mondo niuno altro frutto aspettasse più di cogliere per loinnanzide gli anni suoii quali non hanno appena incominciato amandar fuora i lor fiori. Che quantunque così smaghino lacostuigiovanezzadonnee così guastino le lagrimecome voivedetenon perciò venne egli prima di me nel mondoil qualepure oltrea tanti anni non ho varcatiquanti sarebbero i giorni delminor mesese egli di due ancora fosse minore che egli non è.Ecotestuicome se egli al centinaio s'appressassea guisa degl'infermi perdutichiama sovente chi di queste contrade levandoloinaltri paesi ne 'l rechiforse avisandosiper mutare ariadirisanare. O sciagurato Perottinoe veramente sciagurato poi chetustesso ti vai la tua disaventura procacciando enon contento dellatuacerchi di teco far miseri insiememente tutti gli uomini.Perciòche tutti gli uomini amanoe necessariamente ciascuno. Che se gliamanti sempre accompagnano quegli appetiti cosìtrabocchevoliquelle allegrezze così dolorosequelle così tristeforme di pauraquelle cotante angoscie che tu di'senza fallononsolamente tutti gli uomini fai miserima la miseria medesimacostrigni ad essere per se stesso ciascun uomo. Taccio le penediquelle maraviglie così fiere del tuo Idioche tu ciraccontastile quali non che a.ffar la vita de gli uomini bastasserotrista ecattivamadi meno assaigl'inferni tutti n'averebbono etutti gli abissi di soverchio. O istoltoquanto sarebbe meglio porfineoggimai alla non profittevole maninconiache ogni giorno andaremeno giovevole ramarichio rincominciando; e alla tua salvezzadarriparomentre ella sostiene di riceverloche ostinatamente alla tuaperdezza trovar via; e pensare che la natura non ti dièalmondoperché tu stesso ti venissi cagion di tortenechetra queste lamentanze favolose vaneggiando e quasi al ventocozzandodal vero sentimento e dalla tua salute medesima farti lontano.

Malasciamo oggimai da canto con le sue menzogne Perottinoil qualehieri dal molto dolor sospinto e molto d'Amorlamentandosialquantopiù lunga m'ha oggi fatta tenere questa parte della rispostache io voluto non arei. Né siamo noi cosìstoltidonneche crediamo il dolore altro che da Amore non essereche pure partealcuna non ha con luio che pensiamo cheamare non si possa senzaamaroil qual sapore per niente ne gli amorosi condimenti non puòaver luogo. E poscia che l'arme diPerottinole quali egli contro adAmore con sì fellone animo impalmate s'aveanell'altruiscudosì come quelle che di piomboeranosi sono rintuzzateagevolmenteveggiamo ora quali sono quelle che Amore porge achiunque si mette in campo per lui;come che Perottino si credessehieri che a me non rimanesse che pigliare. Quantunque io nétutte le mi creda poter prendereché di troppo mi terrei dapiù che io non sononése io pure il potessimibasterebbe egli il dì tutto intero a ciò farenonchequesto poco d'ora meriggiana che m'è data. Tuttavia doveegli non fossedilettose giovaniche voi voleste che ioalcun'altracosa ancora ne sopraragionassi alle raccontate.


2.XVIII.- Di nulla vogliam ritenerti- rispose madonna Bereniceprima delvolere delle compagne raccertatasi - nécrediamo che faccialuogo altresì. E a noi si fa tardi che quelloche tuincominciando il ragionare ci promettestisi fornisca. Matu peraventura non t'affrettare. Perciò checome che a te paiad'avere già assai lungamente favellatose al sole guarderaiiltempo che t'avanza è molto infino alle fresche ore. Néte ne dei maravigliareperciò che più per tempo civenimmo oggi quichenoi non femmo hieri. Senza chequando bene piùalquanto ci dimorassimosì il poteremmo noi fareperciòche il festeggiarenon incominciò a pezza hieria quello chenoi credavamoquando di qui ci levammo con voi. Per che sicuramenteGismondoa tuo grandissimo agio potrai ancora di ciòche piùdi dire t'aggraderàlungamente ragionare. - Il giovanealquale erano leparole della donna piaciutesì come quegli chetuttavia incominciava mezzo seco stesso venir temendo non dallastrettezza deltempo fosse a' suoi ragionamenti poca ampiezzaconcedutaveduto per l'ombre che gli allori facevano che cosìera come elladicevae sperando di quivi più lunga dimorapoter fareche fatto il giorno passato non aveanocontento giàera per seguitare. Eecco dal monte venir due colombe volandobianchissime più che nevele qualidi fitto sopra i capidella lieta brigata il lor volorattenendosenza punto spaventarsi siposero l'una appresso l'altra in su l'orlo della bella fontanadoveper alquanto spaziodimoratemormorando e basciandosi amorosamentestetteronon senza festa delle donne e de' giovaniche tutti chetilemiravano con maraviglia. E poi chinato i becchi nell'acquacominciarono a beree di questo a bagnarsi sì dimesticamenteinpresenza d'ogniunoche alle donne pareano pure la più dolcecosa del mondo e la più vezzosa. E mentre che elle cosìsibagnavanofuori d'ogni temenza sicureuna rapace aquila di non soonde scesa giù a piomboprima quasi che alcuno avedutose nefossepreso l'una con gli artigline la portò via. L'altraper la paura schiamazzatasi nella fonte e quasi dentro perdutanepurealla fine riavutasi e malagevolmente uscita fuori sbigottita e debolee tutta del guazzo gravesopra i visi della riguardantecompagnia ilmeglio che poteva battendo l'alitutti spruzzandoglilentamentes'andò con Dio. Avea traffitte le compassionevolidonne lasubita presura della colombae fu il romore tra lor grande di cosìfatto accidentené poteano rifinare di maravigliarsicomequella innocente uccella fosse di mezzo tutti loro cosìsciaguratamente stata rapitala maladetta aquila mille volte e piùperciascuna bestemmiandosinon senza ramarico de' giovani altresì;e tra lor tutti mescolatamente chi della sciagura dell'una e chidellospavento dell'altra e chi della vaghezza d'amendue e della lorodimestichezza ragionavae ebbevi di quelli che piùaltamenteestimando vollono credere che ciò che veduto aveano a caso nonfosse avenuto; quando Gismondoposcia che videle donne rachetateincominciò: - Se la nostra colomba fosse ora dalla suarapitrice in quella guisa portatanella quale fu già ilvagoGanimede dalla suaessere potrebbe men discaro alla sua compagnad'averla perdutae noi a.ttorto aremmo la fieraaquila biasimatadicui cotanto ramaricati ci siamo. Oraperciò che il dolercipiù oltra in quelle cose che per noi amendar non sipossono èopera senza fallo perdutaqueste nostre doglianze con quelle diPerottino dimenticandonella bontà d'Amorepervenire oggimaialle promesse che io vi fecientriamo. - Allora Lisaprima che egliandasse più avantitutta piena di dolce vezzopiù pertentarlo che per altro:

-A mal tempo - disse - lasci tuGismondoi tuoi ragionamentiprimieridopo il casoche ci ha ora tutti tenutisospesilasciandonegli. Perciò che se dolore è questoche noi sentiamod'avere in piè alla sua nimica la nostramisera bestiuola vedutae amore quell'altroche della sua vaghezzan'avea presiassai pare che ne segua chiaro che insieme e amare edolere cipossiamo; e potrassi qui contra te dir quello che si dicetutto dìche di gran lunga il più delle volte sono dalfatto le parolelontane -.

QuiviGismondo verso le donne sorridendo disse: - Vedete argomento dicostei. Ma non sei però tu per levarmi la veritàdimanoLisacosì agevolmente come la nostra semplice colombal'aquila di testé feceché io ne la difenderò.Tuttavolta tu miritorni in quelle siepidelle quali n'eravamo uscitipur dianziquando io ti conchiusi che del perdere delle cose che noiamiamonon è Amoreche di loro vaghi ci fama la fortunache ce ne spogliacagione. Per che e amare e dolerecome tu di'bene cipossiamoma dolerci per cagion d'Amore non possiamo. Oltrache l'amoreche tra le passioni dell'animo si mescolanon èamorecome che egli sia detto amore e per amore tenuto dalle piùgenti. Per che non sono io per disposto di piùoltradistendermi da capo nelle già dette ragioni d'intorno aquesto fatto o in similidi quello che allora mi stesicome che iomolte ven'avessi dell'altre. Elle assai essere ti possono bastantidove tu per aventura in su l'ostinarti non ti mettessi; il che suoleesserealle volte diffetto nelle belle donnenon altramente chesoglia essere ne' be' cavalli il restio.

-Se solamente ne' be' cavalli - rispose Lisa tutta nel viso divenutavermiglia - cadesseGismondoil restioio che bella nonsono - eera tuttavia bella come un bel fiore - mi crederei dover potere oraparlare a mio sennosenza che tu per ostinatam'avessi. Ma perciòche ancora ne' mal fatti cotesto vizioe più spesso peraventura che ne gli altrisuole caperesicuramentetu hai trovata lavia da farmi oggi star cheta; ma io te ne pagherò ancora. -


2.XIX.Poscia che tra di queste parole e d'altre e del rossor di Lisa si fualquanto riso fra la lieta compagniaGismondotuttigli altriragionamenti che sviare il potessero troncatidirittamente a' suoine venne in questa maniera: - La bontà d'Amoreodonnedellaquale io ora ho a ragionarviè senza fallo infinitanéperché se ne quistionisi dimostra ella a gli ascoltantituttagiamai. Nondimeno quello che scorgere favellando se ne puòcosì più agevolmente si potrà comprenderesenoi quanto ellagiovi e quanto ella diletti ragioneremo; con ciòsia cosa che tanto ogni fonte è maggiorequanto maggiori sonoi fiumi che nedirivano. Dico adunquedal giovamento incominciandoche senza fallo tanto ogni cosa è più giovevolequantoella di più beni ècausa e di più maggiori. Maperciò che non di molti e grandissimi solamente ma di tutti ibeni ancoraquanti unque se ne fannosotto 'l cieloè causa eorigine Amoresi dee credere che egli giovevole sia sopra tutte lealtre cose giovevoli del mondo. Iostimo che a voi sembrigiudiciosemie donneche io troppo ampiamente incominci a dir d'Amore efacciagli troppo gran capoquasi come se porre sopra le spalle d'unmezzano uomo la testa d'Atalante volessi. Ma io nel vero parlo quantosi deee nienteper aventura più. Perciò che ponetemente d'ogni'intornobelle giovanie mirate quanto capevole èil mondoquante maniere diviventi cose e quanto diverse sono in lui.Niuna ce ne nasce tra tantela quale d'Amor non abbiasìcome da primo e santissimopadresuo principio e nascimento. Perciòche se Amore due separati corpi non congiugnesseatti a generar lorsimilinon ci sene generarebbe né ce ne nascerebbe maialcuna. Che quantunque per viva forza comporre insieme si potessero ecollegar dueviventipotenti alla generazionepure se Amore non visi mescola e gli animi d'amendue a uno stesso volere non disponeeglinopotrebbono così starsi mill'anniche essi nongenerarebbono giamai. Sono per le mobili acque nel loro tempo i pescimaschiseguitati dalle bramose feminee essi loro si concedonoparimentee così danno modomedesimamente volendoallapropagazione della spezie loro. Seguonsi per l'ampio aere i vaghiuccelli l'un l'altro. Seguonsi per le nascondevoli selve e per lelorodimore le vogliose fiere similmente. E con una legge medesimaeternano la lor brieve vitatutti amando tra loro. Né pureglianimanti soliche hanno il sensosenza amore venire a stato nonpossono né a vitama tutte le selve de gli alberi piede néformanon hanno né alcuna qualità senza lui. Chécome io dissi di questi allorise gli alberi la terra non amassero ela terra loroadessi già non verrebbe fatto in maniera alcunail potere impedalarsi e rinverzire. E queste erbuccie stesseche noituttaviasedendo premiamoe questi fiori non arebbono nascendo illoro suolo così vagocome egli èe cosìverdeggiante rendutoforse per darci ora più bel tapeto dilorose naturalissimo amore i lor semi e le lor radici non avessecol terreno congiunte inmaniera cheelleno da lui temperato umoredisiderando e esso volontariamente porgendoglielesi fossero insiemeal generareaccordati disiderosamente l'uno l'altro abbracciando. Mache dico io questi fiori o queste erbe? Certo se i nostri genitoriamatitra lor non si fosseronoi non saremmo ora quiné purealtrovee io al mondo venuto non sareisì come io sonosenon peraltro almeno per difendere oggi il nostro non colpevole Amoredalle fiere calunnie di Perottino.


2.XX.Né pure il nascere solamente dà a gli uomini Amoreodonneche è il primo essere e la prima vitama lasecondaancora dona loro medesimamentené so se io mi dico cheella sia pure la primierae ciò è il bene essere e labuona vitasenzala quale per aventura vantaggio sarebbe il nonnascere o almeno lo incontanente nati morire. Perciò cheancora errarebbono gliuominisì come ci disse Perottino cheessi da prima facevanoper li monti e per le selve ignudi e pilosi esalvatichi a guisa difieresenza tettosenza conversazione d'uomosenza dimestichevole costume alcunose Amore non gli avesseinsiemeraunandodi comune vita posti in pensiero. Per la qual cosane' loro disiderii alle prime voci la lingua snodandolasciatolostriderealle parole diedero cominciamento. Né guariragionarono tra loroche essigli abitati tronchi de gli alberi ele rigidespilunche dannatedirizzarono le capanne ele dure ghiandetralasciandocacciarono le compagne fiere. Crebbe poi a poco apocoAmore ne' primi uomini insieme col nuovo mondo ecrescendo eglicrebbero l'arti con lui. Allora primieramente iconsapevoli padriconobbero i loro figliuoli da gli altruie i cresciuti figliuolisalutarono i padri loro; e sotto il dolce giogo dellamoglie e delmarito n'andarono santamente gli uomini legati con la vergognosaonestà. Allora le ville di nuove case s'empieronoe le cittàsi cinsero di difendevole muroe i lodati costumi s'armarono diferme leggi. Allora il santo nome della riverendaamiciziail qualeonde nasca per se stesso si dichiaraincominciò a seminarsiper la già dimesticata terra eindi germogliando ecresciendoa spargerla di sì soavi fiori e di sì dolci frutticoronarnelache ancora se ne tien vago il mondo; come che poiditempo in tempo tralignandoa questo nostro maligno secolo il veroodore antico e la prima pura dolcezza non sia passata. Inque' tempinacquero quelle donneche nelle fiamme de' loro morti maritianimosamente salironoe la non mai bastevolmentelodata Alcesteequelle coppie si trovarono di compagni così fide e cosìcaree dinanzi a gli occhi della fiera Diana fra Pilade eOreste fula magnanima e bella contesa. In que' tempi ebbero le sacre lettereprincipioe gli amanti accesi alle lor donnecantarono i primi versi.Ma che vi vo io di queste coseleggiere e deboli alle ponderoseforze d'Amorelungamenteragionando? Questa machina istessa cosìgrande e così bella del mondoche noi con l'animo piùcompiutamente che con gliocchi vediamonella quale ogni cosa ècompresase d'Amore non fosse pienache la tiene con la suamedesima discordevolecatena legataella non durerebbenéavrebbe lungo stato giamai. È adunquedonnesì comevoi vedetecagion di tutte le coseAmore; il che essendo eglidinecessità bisogna dire che egli sia altresì di tutti ibeniche per tutte le cose si fannocagione. Eperciò checome io dissicolui è più giovevole che è dipiù beni causa e di più maggioriconchiudere oggimaipotete voi stesseche giovevolissimo è Amore sopra tutte legiovevolissime cose. Ora parti egliPerottinoche a me non siarimaso che pigliare?o pure che non sia rimasa cosala quale io presanon abbia? -


2.XXI.Quiviprima che altro si dicessetrapostasi madonna Berenice e conla sua sinistra mano la destra di Lisachepresso le sedeasirochievolmente prendendo e strignendocome se aiutar di non so chene la volessea Gismondo si rivolsebaldanzosa e sì gli disse:- Poscia che tuGismondocosì bene dianzi ci sapestimordereche Lisa oggimai più teco avere a farenon vuoleeper aventura che tu a questo fine il facestiacciò che menodi noia ti fosse data da noie io pigliar la voglio per lamiacompagnacome che tuttavia poco maestra battagliera mi sia. Ma cosìti dico chese Amore è cagione di tutte le cosecome tu cidi'e che per questo ne segua che egli sia di tutti i beniche pertutte le cose si fannocagioneperché non ci di' tuancorache egli cagion sia medesimamente di tutti i mali che si fanno perloro? la qual cosa di necessità conviene esserese iltuoargomentare dee aver luogo. Che se il dire delle orazioniche iofodee essere scritto ad Amoreperciò che per Amore iosonnatail male medesimamenteche io dicodee essere a luiportatoperciò che se io non fossi natanon ne 'l direi. Ecosì de glialtri uomini e dell'altre cose tutte ti possoconchiudere ugualmente. Ora se Amore non è meno origine ditutti i maliche egli siadi tutti i beni fondamentoper questaragione non so io vedere che egli così nocevolissimo comegiovevolissimo non sia.

-Sì sapete sìMadonnache io mi creda - risposeincontanente Gismondo - Perciò che non vi sento di cosìlabolememoriache egli vi debba già essere di mente uscitoquello che io pure ora vi ragionai. Ma voi ne volete la vostracompagnavendicare di cosa in che io offesa non l'hoin quelledispute medesimedelle quali n'eravamo uscitialtresì comeellaritornandomi. Perciò che non vi ricorda egli che io dissicheperciò che ogni cosa naturale è buonaAmorecomequello chenatural cosa èbuono eziandio è semprenépuò reo essere in alcuna maniera giamai? Per che egli del beneche voi fate è bencagionesì come colui che per benfare solamente vi mise nel mondo; ma del malese voi ne fateche ionon credo perciòadalcun disordinato e non naturale appetitoche muove in voila colpa ne date e non ad Amore. Questa vitachenoi viviamoaffine che noi bene operiamo c'è datae nonperché male facendo la usiamo; come il coltelloche allabisogne de gli uomini fal'artefice e dàllo altruise voi aduccidere uomini usaste il vostro e io il mioa noi ne verrebbe lacolpasì come del misfattocommettitorinon all'artefice cheil ferrodel commesso male istrumentoad alcun mal fine non fece.Ma passiamose vi piacealla dolcezza d'Amore. Quantunqueo donnegrandissimo incarico è questo per certoa volere con paroleasseguire ladimostrazione di quella cosa chequale sia e quantasisente più agevolmente che non si dice. Perciò che sìcome il dipintorebene potrà come che sia la bianchezzadipignere delle nevima la freddezza non maisì come cosa ilgiudicio della qualealtatto solamente concedutosotto l'occhio nonvienea cui servono le pinturesimilmente ho io testé quantosia il giovamentod'Amore dimostrarvi pure in qualche parte potutomale dolcezze che cadono in ogni senso ecome sorgevole fontanaassaipiù ancora che questa nostra non èsoprabondanoin tutti loronon possono nell'orecchio soloper molto che noi neparliamoin alcuna guisa capere. Ma una cosa mi confortache voimedesime per isperienza avete conosciuto e conosciete tuttaviaqualielle sonoonde io non potrò ora sì poco toccarneragionandoche non vi sovenga il molto; il che per aventura tantosaràquanto se del tutto si potesse parlare. Ma dondecomincierò ioo dolcissimo mio signore? E che prima diròio di te e delle tuedolcezze indicibiliincomparabiliinfinite?Insegnalemi tuche le faie sì come io debbo andarecosìmi scorgi e guida per loro.Ora per non mescolare favellando quelleparti che dilettar ci possono separatamentedelle dolcezze de gliocchiche in amoresogliono essere le primiereprimieramente eseparatamente ragioniamo. -


2.XXII.Il che avendo detto Gismondocon un brieve silenzio fatta piùattenta l'ascoltante compagniacosì incominciò: -Nonsono come quelle de gli altri uomini le viste de gli amantio donnené sogliono gl'innamorati giovani con sì pocofruttomirare ne gli obbietti delle loro lucicome quelli fannochenon sono innamorati. Perciò che sparge Amore col movimentodellesue ali una dolcezza ne gli occhi de' suoi seguacila qualed'ogni abbagliaggine purgandoglifa che essistati semplici perloadietro nel guardaremutano subito modo emirabilmenteartificiosi divenendo al loro ufficiole cose che dolci sono avedereessi veggono con grandissimo dilettolà dove delledolcissime gli altri uomini poco piacere sentono per vederle e il piùdellevolte non niuno. E come che dolci sieno molte cosele qualitutto dì miriamopure dolcissime sopra tutte le altrecheveder sipossano per occhio alcuno giamaisono le belle donnecomevoi siete. Non per tanto elle dolcezza non porgono se non a gliocchide gli amanti lorosì come que' soli a' quali Amore donavirtù di passar con la lor vista ne' suoi tesori. E se purealcuna neporgonoche tuttavolta non è uom quegli a cui giàin qualche parte la vostra vaga bellezza non piacciaa rispetto diquella de gliamanti ella è come un fiore a comperazione ditutta la primavera. Perciò che aviene spesse volte che alcunabella donna passadinanzi a gli occhi di molti uominie da tuttigeneralmente volentieri è veduta: tra' qualise uno o due ven'ha che con diletto piùvivo la riguardinocento poi sonquelli per aventura che ad essa non mandano la seconda o la terzaguatatura. Ma se tra que'cento l'amante di lei si sta e vedelache aquesta opera non suole però essere il sezzaioad esso pareche mille giardini di rosese gli aprano allo 'ncontro e sentesiandare in un punto d'intorno al cuore uno ingombramento tale disoavitàche ogni fibra nericeve ristoropossente ascacciarne qualunque più folta noia le possibili disaventuredella vita v'avessero portata e lasciata. Eglila mira intentamente erimira con infingevole occhioe per tutte le sue fattezzediscorrendocon vaghezza solo da gli amanticonosciutaora risguardala bella trecciapiù simile ad oro che ad altrola quale sìcome sono le vostrené vi sia grave che iodelle belle donneragionando tolga l'essempio in questa e nelle altre parti da voilaqualedicolungo il soave giogo della testadalle radici ugualmentepartendosi e nel sommo segnandolo con diritta scriminaturaper lederetane parti s'avolge in più cerchi;ma dinanzigiùper le tempiedi qua e di là in due pendevoli ciocchettescendendo e dolcemente ondeggianti per le gotemobiliad ognivegnente aurapare a vedere un nuovo miracolo di pura ambrapalpitante in fresca falda di neve. Ora scorge la serenafronteconallegro spazio dante segno di sicura onestà; e le cigliad'ebano piane e tranquillesotto le quali vede lampeggiar dueocchineri e ampi e pieni di bella gravitàcon naturale dolcezzamescolatascintillanti come due stelle ne' lor vaghi e vezzosigiriil dì che primieramente mirò in loro e la suaventura mille volte seco stesso benedicendo. Vede dopo questi lemorbide guanciela loro tenerezza e bianchezza con quella del latteappreso rassomigliandose non in quanto alle volte contendono conlacolorita freschezza delle matutine rose. Né lascia di vederla sopposta boccadi picciolo spazio contentacon due rubinettivivie dolciaventi forza di raccendere disiderio di basciargli inqualunque più fosse freddo e svogliato. Oltre a.cciòquella parte delcandidissimo petto riguardando e lodandoche allavista è palesel'altra che sta ricoperta loda molto piùancora maggiormentecon acuto sguardo mirandola e giudicandola: mercédel vestimento corteseil quale non toglie perciò sempre a'riguardanti lavaghezza de' dolci pomi cheresistenti al morbidodrapposoglion bene spesso della lor forma dar fedemal gradodell'usanzache gli nasconde. - Trassero queste parole ultime gliocchi della lieta brigata a mirar nel petto di Sabinettail qualeparea cheGismondo più che gli altri s'avesse tolto adipignerein maniera per aventura la vaga fanciullasì comequella che garzonissimaerae tra per questo e per la calda stagioned'un drappo schietto e sottilissimo vestitala forma di duepoppelline tonde e sodee crudette dimostrava per la consenzienteveste. Per che ella si vergognò veggendosi riguardaree piùarebbe fattose non chemadonna Bereniceaccortasi di ciòsubitamente disse: - Cotesto tuo amanteGismondoper certo moltobaldanzosamenteguata e per minutopoi che egli infino dentro alsenoil quale noi nascondiamoci mira. Me non vorrei già cheegli guatasse cosìper sottile.

-Madonnatacete- rispose Gismondo - ché voi ne avete unabuona derrata. Perciò che se io volessi dir più avantiiodirei che gli amanti passano con la lor vista in ogni luogo eperquello che appareagevolmente l'altro veggonoche stanascoso. Perche nascondetevi pure a gli altri uomini a vostro sennoquanto piùpoteteché a gli amanti non vi potete voinasconderedonnemie bellené dovete altresì. E poi diràPerottino che ciechi sono gli amanti. Cieco è egliche nonvede lecose che da veder sonoe non so che sogni si vanon dicoveggendoché veder non si può ciò che non èanzi pure ciò chenon può esserema dipingendo: ungarzone ignudocon l'alicol fuococon le saettequasi una nuovachimera fingendosinonaltramente che se egli mirasse per uno diquelli vetri che sogliono altrui le maraviglie far vedere.



TERZO LIBRO


3.I.Non si può senza maraviglia considerarequanto sia malagevoleil ritrovare la verità delle cose che in quistion cadonotutto'l giorno. Perciò che di quantecome che siapuòalcun dubbio nelle nostre menti generarsiniuna pare che se ne vedasìpoco dubbiosasopra la quale e in pro e in contro disputarenon si possa verisimilmentesì come sopra la contesa diPerottinoe di Gismondonelli dinanzi libri raccoltas'èdisputato. E furono già di colorochedi ciò chevenisser dimandatiprometteanoincontanente di rispondere. Némancarono ingegniche in ogni proposta materia disputassero eall'una guisa e all'altra. Il chediede per aventura occasione adalcuni antichi filosofi di credereche di nulla si sapesse il vero eche altro già che sempliceopenione e stima avere non sipotesse di che che sia. La qual credenza quantunque e in que' tempifosse dalle buone scuolerifiutatae ora non truovi gran fattocheio mi credaricevitoripure tuttavia è rimaso nelle mentid'infiniti uomini una tacita ecomune doglianza incontro la naturache ci tenga la pura midolla delle cose così riposta e dimille menzognequasi di millebucciecoperta e fasciata. Per chemolti sono chedisperando di poterla in ogni quistion ritrovareinniuna la cercano elacolpa alla natura portandolasciata lacognizione delle cosevivono a caso; altri poie vie piùmolti ancora ma di menocolpevole sentimentoi qualidallamalagevolezza del fatto invilitio ad altrui credono ciò checiascuno ne dice ea qualunquesentenza udire sono quasi dall'ondeportatiin quella sì come in uno scoglio si fermanoo essine cercano leggiermente e diquelloche più tosto viene lorotrovatocontentinon vanno più avanti. Ma de' primieri non èda farne lungo sermonei quali ame sembrano a male recarsi che essisieno nati uomini più tosto che fiereposcia che eglinoquella parte che da esse ci discostarifiutandoprivano del suo finel'animo e del nostro maggiore ornamento spogliano e scemano la lorovita. A quest'altri si puòben dire primieramente che egli nonsi dee così di leggiero a rischio dell'altrui erranza porre emandar la sua fedequando sivede che alcuni da particolare affezionesospintialtri dalla instituzione della vita o dalla disciplina de'seguitati studi presi e quasilegatia ragionare e a scrivered'alcuna cosa si muovonoe non perché essi nel vero credano estimino che così sia (senza che sìsuole egli eziandionon so come alle volte avenire cheo parlando o scrivendo d'alcunacosaci sott'entra nell'animo a poco apoco la credenza di quellomedesimoche noi trattiamo); e poiche egli non bastaposcia cheessi ne cercanoleggiermentecercarne e d'ogni primo trovamentocontentarsi; perciò che se a gli altriche ne hanno cerconon si dee subitamente crederetutto quello che essi ne diconoperchési sono ingannar potutiné a noi doveremo crederesubitamenteche ingannare altresì cipossiamo; e sìancora perciò che la debolezza de' nostri giudicii èmoltae di poche cose aviene che una prima e non moltoconsiderata econ lunghe disputazioni essaminata openione sia ben sana. Che se alladebolezza de' nostri giudicii s'aggiugne laoscurità del veroche naturalmente pare che sia in tutte le cosevedranno chiaroquesti cotali niuna altra differenza essere traessi e quelli che dinulla cercanoche sarebbe tra chiassalito da contrari venti soprail nostro disagevole portonon sperandodi poterlo pigliarelevassedal governo la mano e del tutto in loro balìa si lasciassenédi porto né di lito procacciandoe chicon speranza didoverlo poter pigliarepure al terreno si piegassema dove fosseroi segni che la entrata dimostrano noncurasse di por mente. La qualcosa non faranno quegli uomini e quelle donne che me ascolteranno;anziquanto essi vedrannoessere e maggiore la oscurità nellecose e ne' nostri giudicii minore e meno penetrevole la vedutatantopiù né a gli altriquistionanti ogni cosa crederannosenza prima diligente considerazione avervi sopranéquandodel vero in alcun dubbiocercherannoappagheranno se stessi percercarne pocoe meno a quelloche trovato averanno ne' primicercaricomunqueloro paia potersene sodisfaresi terranno appagatiestimando che se più oltre ne cercherannoaltro ancora netroverrannocome quel tanto hanno fattoche più lorosodisfarà. Né essi della natura si verran dolendocomequelli fannoperciò che ellanon ci abbia in aperto posta laverità delle conoscibili cosequando ella nél'argentoné l'oroné le gemme ha in palese postemanel grembo della terra per le vene de gli aspri monti e sotto la renade' correnti fiumi e nel fondo de gli alti marisì come inpiùsegreta partesotterate. Che se ella questi più cariabbellimenti della nostra caduca e mortal parte hacome sivedenascosiche dovea ella fare della veritànon bellezzasolamente e adornamentoma luce e scorta e sostegnodell'animomoderatrice de' soverchievoli disiidelle non vereallegrezzedelle vane paure discacciatrice e delle nostre menti ne'suoi doloriserenatrice e d'ogni male nimica e guerriera? Le cose daogniuno agevolmente possedute sono a ciascuno parimente vilielerare giungono vie più care. Quantunque io stimo che sarannomolti che mi biasimeranno in ciòche io alla parte diquesteinvestigazioni le donne chiamialle quali piùs'acconvenga ne gli uffici delle donne dimorarsiche andare diqueste cosecercando. De' quali tuttavia non mi cale. Perciòche se essi non niegano che alle donne l'animo altresì come agli uomini siadatonon so io perché più ad esse che anoi si disdica il cercare che cosa egli siache si debba per luifuggireche seguitare; esono queste tra le meno aperte quistioniequelle per aventura d'intorno alle qualisì come a pernitutte le scienze si volgonosegni e berzagli d'ogni nostra opera epensamento. Che se esse tuttavolta a quegli ufficiche diranno que'tali esser di donnaleloro convenevoli dimore non togliendone glistudi delle lettere e in queste cognizioni de' loro otii ogni altraparteconsumerannoquello che alquanti uomini di ciò ragioninonon è da curareperciò che il mondo in loro loda neragioneràquando che sia. E ora le quistioni eziandio diLavinelloil terzo giorno a maggior coronache quelle de' suoicompagni nonfuronorecitateascoltiamo.


3.II.Perciò checercandosi il dì dinanzi delle tre donneper quelle che dimorar con esso loro soleanonello andare cheellefecero nelle festee trovato che elle erano nel giardino e lacagione risaputasipervenne la novella di bocca in bocca agliorecchi della Reinala quale ciò udendo e sentendo chebelle cose si ragionavano tra quella brigatama più avanti diloro nonsapendole perciò alcuna ben diremossa dal chiarogrido che i tre giovani aveano di valenti e di scienziatine leprese talento divolere intendere quali stati fossero i lororagionamenti. Per che la seraposcia che festeggiato si fu e cenatoe confettatonéaltro attendendosi che quello che la Reinacommandasseavendo ella tra le più vicine a sé madonnaBereniceil viso e le paroleverso lei dirizzando lietamente disse: -Chente v'è paruto il nostro giardinomadonna Berenicequestidìe che ce ne sapetedire? perciò che noi abbiamointeso che voi con vostre compagne vi sete stata.

-Molto beneMadama - rispose la donnaal dire di lei levatasiinchinevolmente. - Egli m'è paruto talequale bisognavacheegli mi paresseessendo di Vostra Maestà -.

Equivi dettone quello che dir se ne poteva cortesementee talvolta iltestimonio di Lisa e di Sabinetta mescolandovichemolto lontane nonl'eranofece tutte l'altre donneche l'udivano e veduto nonl'aveanoin maniera disiderose di vederlocheloro si facea giàtardi che la Reina si levasseper potervi poi andare quella seraancora col giornoil quale tuttavia di gran passos'inchinava versoil Marrocco per nascondersi. Ma la Reina leggiermente avedutasenepoi che madonna Berenice si tacque: -Nel vero - disse - egli ci suoleessere di diporto e di piacere assai. E perciò che buoni dìsono che noi non vi siamo stateequeste donne per aventurapiglierebbono un poco d'aria volentierinoi vi potemo andare tutteora per lo fresco -.

Ecosì levatasi e presa per mano madonna Berenicecon tuttel'altre scesa le scale e nel bel giardino entratalasciatenemolteandare chi qua chi là sollazzandosicon lei ad una dellebelle finestre riguardanti sopra lo spazievole piano si pose asederee sì le disse: - Voi ci avete ben detto di questo giardinomolte cosele quali noi sapevamocome che voi ce l'avetefattemaggiori che elle non sono. Ma de' vostri ragionamentichefatti v'avetede' quali niuna cosa sappiamo e nondimenointendiamoche sono suti così belli e così vaghinon ci aveteperciò detto cosa niuna. Fatecene partecepaché eglici sarà caro-. Per che ella non sapendo come negargliele edopo altre parole e dopo molte lode date a' tre giovanifattadolcemente suascusache ella pure a ripensare tra se stessa il tuttodi tanti e tali ragionamenti non si sarebbe di leggiero arrischiatanon che diraccontargli a Sua Maestà si fosse tenuta bastantedalla maggioranza data primieramente a Gismondo e dalla suacagionecominciatasinon ristette prima di direche ellatutte leparti de' sermoni di Perottino e di quelli di Gismondobrievementeraccogliendola somma delle loro questioni al meglio cheella seppe le ebbe ispostaavendo sempre risguardo che come donnaecome a Reina gli esponea. La Reinauditola e parendole la macchia el'ombra aver veduta di belle e convenevoli dipinturesentendo cheLavinello avea a dire il dì seguentesi dispose di volerloudire ancora essa e d'onorare sì bella compagniaquel dìcheella poteacon la sua presenza; e dissegliele. Il che alla donna fumolto caroparendole chese la Reina vi venisseognimateriadovesse potere essere tolta via a chiunque di così fattiragionamenti e di tale dimora fosse venuto in pensiero diparlarnemeno che convenevolmente. Erasi già col fine delleparole di madonna Berenice ogni luce del dì partita dal nostrohemisperoele stelle nel cielo aveano cominciato a riprendere daogni parte la loro; per checon quella di molti torchila Reina el'altredonnerisalite le scales'andarono alle loro camere perriposarsi. Nelle quali come fu con le sue compagne madonnaBerenicedetto loro ciò che con la Reina ragionato avea tantaora e il suo pensieromandarono di presente per li tre giovani; iqualivenutidisse madonna Berenice a Lavinello: - Lavinelloeglit'è pure venuto fatto quellodi che oggi Gismondo timinacciò:sappi che ti converrà dire in presenza dimadonna la Reina domane. - E fatto loro intendere come la cosa eraita e alquantosopra ragionatonelicenziatiglia' bisogni dellanotte e al sonno diedero le sue ore.


3.III.Ma venuto il dì e desinatosi e ciascuno alle sue dimoreritornatopresa la Reina quella compagnia di donne e digentiliuominiche le parve dover pigliarecon le tre donne e co'tre giovani n'andò nel giardino emessasi ancor lei a sederesopra laverde e dipinta erbetta all'ombra de gli alloricomel'altrein su due bellissimi origlieriche quivi posti dalle suedamigiellel'aspettavanoe ciascuno altro delle donne e de gli uominisecondo la loro qualitàchi più presso di lei e chimenorassettatisialtro che il dire di Lavinello non s'attendeva: ilqualefatta riverenza alla Reinaincominciò: - Poscia che iointesiMadonnaesser piacere di Vostra Maestà che io inpresenza di voi ragionassi quelloche alla picciola nostra brigatadi questi due dì averea ragionare mi credeastetti buonapezza sopra mealla debolezza del mio ingegno e all'importanza dellecose propostemi e alconvenevole di Vostra Altezza ripensando; epareami avere mal fatto quando ioalle nostre donne e a' mieicompagnipromettendo di direaccettai questo peso. Perciò chequantunque io allora estimassi come che sia poter per aventurasodisfareal loro disionondimento tosto che io mi pensai che le mieparole alle vostre orecchie doveano perveniree la imagine di voimiposi innanzisubitamente e le mie forze più brievi e lamateria più ampia essere m'apparvono d'assaiche elle nonm'erano perlo adietro parute. Per che io mi tenni essere a strettopartito infino a tanto cheall'infinita vostra naturale umanitàrivolto ilpensieroda lei confortato ripresi animoestimando di nondover potere errare ubidendoviperciò che io d'ogni miopossibilefallo ne la conoscea vie maggiore. Oltre che poipiùaltre parti d'intorno a questo fatto consideratecompresi che se lafortunaavendo risguardo alla grandezza delle cose che dir sipoteanoavea loro maggiore ascoltatrice e più alta giudiceapparecchiataciò a me non dovea essere discaroquando da voie perdonodove io errassie aiutodove io mancassivenireabondevolmente mi potea e non altro. Senza chese io risguardopiù avantibuona arra mi può esser questa di dovereancorapoter vincere la presente quistione da Gismondo propostacieda lui e da Perottino disputatail vedere allo ascoltamento de'mieiamorosi ragionamenti datami la Reina di Ciprila qual cosa nonavenne de gli loro. Vagliami adunque il così preso divoiaugurioMadonnain quella parte che io il prendoe aspiri orain ciò che io debbo dire il dolce raggio della vostrasalutevoleassidenzanell'ampio favor della quale distendendo le sueali il mio picciolo e pauroso ardirecon buona licenza di voiioincomincierò.


3.IV.Comportevoli poteano essere amendue le openioniMadonnahieri a voidalle nostre donne e loro questi giorni da'miei compagni recitateedi volontà si sarebbe la lor lite terminar potuto senza nuovogiudicio alcunosel'uno dalla noia el'altro dalla gioiache essiamando sentonosollecitatila giusta misura nel giudicare passatanon avessero e la libertà del direportata ciascuno in troppostretto e rinchiuso luogo. Perciò cheper comprendere inbrieve spazio tutto quello in che essioccuparono lunga orasecomehanno voluto dimostrarcil'uno che Amore sempre è reonépuò esser buonoe l'altro che eglisempre è buononépuò reo essereavessero così detto che egli èbuono e che egli è reoe oltre a.cciò non si fosseroitiristrignendodi meno si sarebbe potuto fare di dare ora questodisagio a Vostra Maestà d'ascoltarmi. Perciò che nelvero cosìèche Amoredi cui ragionato ci s'èpuò essere e buono e reosì come io m'accostaròdi far lor chiaro. E quantunquediqueste loro tali e cosìfatte openionimanifestamente ne segua convenirsi di necessitàconfessare che almeno l'una non sia veraperciò che esse trasé si discordanonon pertanto eglino sopra ciò incotal guisa le vele diedero de i loro ragionamentichesenza fallo el'una e l'altra sono potute a gli ascoltanti parer vereo almenoquale sia la men vera sciorre non si puòagevolmente; il chetuttavia che amendue sieno false non è picciol segnocon ciòsia cosa che la veritàquando ella è toccasagliequasi favilla fuori delle bugiesubitamente manifestandosi a chi vimira. E certo molte cose hae raccolte Perottinomoltenovellemoltiargomenti recati per dimostrarci che Amore sempre è amarosempre è dannoso; molti dall'altra parte Gismondoin farci acredere che egli altro che dolcissimo e giovevolissimo essere nonpossa giamai. L'uno dogliosol'altro festoso è stato.Queglipiangendo ha fatto noi piagnerequesti motteggiando ci ha fattiridere più volte. E mentre che in diverse maniereciascuno econ più amminicoli s'è ingegnato di sostentare la suasentenzadove gli altri per trarne il vero disputanoche indubbiosiaessi con le loro dispute l'hanno posto in quistione dove eglinon v'era. Ora non aspettino i miei compagni che io aciascuna partem'opponga delle loro conteseche sono per lo più disoverchio. Io di tanto con loro garreggieròdi quantofiebastevole a fargli racconoscenti delle loro torte e mal prese vie.


3.V.Dico adunqueMadonnache con ciò sia cosa che Amore nientealtro è che disioil quale come che sia d'intorno aquello chec'è piaciuto si giraperciò che amare senza disio nonsi puòo di goder quello che noi amiamo od'altramentegoderneche noi non godiamoo di goderne sempreo dibeneche noi con la volontà all'amate cose cerchiamo; e disioaltronon è che amoreperciò che disiderare cosa chenon s'ami non è di nostra possané può esserein alcun modo: ogni amore eogni disio sono quel medesimo e l'uno el'altro. E questi sono in noi di due maniere solamenteo naturali odi nostra volontà.Naturali sonosì come è amareil vivereamare lo intendereamare la perpetuagione di se medesimii figliuolie le giovevolicose che la natura senza mezzo alcuno cidàe sempre durano e sono in tutti gli uomini ad un modo. Dinostra volontà sono poiquegli altriche in noi separatamentesi creanosecondo che essa volontàinvitata da gli obbiettimuove a disiderare or uno oraltroor questa cosa or quellaor moltoor poco; e questi disii e scemano e cresconoe si lasciano e siripiglianoe bastano enon bastanoe in quest'animo d'una maniera ein quello sono d'altrasì come noi medesimi vogliamo eacconci siamo a dar lorone' nostri animi alloggiamento e stato. Manon a ventura né a caso ci furono così date questeguise di disiiMadonnache io viragionoanzi con ordinatoconsiglio di chiunque s'è coluiche è di noi e ditutte le cose prima e verissima cagione. Perciò chevolendoegli che la generazion de gli uominisì come anco quelle degli altri animalis'andasse col mondo perpetuandoricoverandosi ditempo in tempos'avide essere di necessità crear in tutti noialtresìcome in loroquesto amor di vitache iodissie de'figliuoli e delle cose che giovano e fanno a nostro migliore e piùperfetto stato; il quale amore se stato non fossesarebbe co' primiuomini la nostra spezie finitache ancor dura. Ma perciò cheavendoci esso a maggiori cose e a più alto finecreatichefatto gli altri animali non aveaaggiunse ne' nostri animi le partidella ragionefu di mestieroacciò che ella in noi vanaeoziosa non rimanesseche egli la volontàche io dissieziandio aggiugnesse in noi libera e di nostro arbitriocon la qualeedisiderare e non disiderare potessimo d'intorno alle altre cosesecondo che a noi venisse parendo il migliore. Così avienechenelle naturali e primiere nostre voglie tutti amiamo e disideriamoad un modosì come fanno gli altri animali medesimiiqualiprocacciano di vivere e di bastare al meglio che essi possonociascuno; ma nelle altre non cosìperciò che io talene potròamareche non amerà Perottinoe tale ameràegliche io per aventura non ameròo egli molto l'ameràdove io l'amerò poco.Ora è da saper quello di che hieriGismondo ci ragionòcheperciò che la natura nons'ingannai disiiche naturali sonosonosimilmente buoni semprené possono rei essere in alcuna maniera giamai; ma gli altriil che non ci ragionò già hieri Gismondoperciòche la nostra volontà può ingannarsie piùsovente il fa che io non vorreie buoni e rei esser possono altresìcome sonoi fini a cui ella dirizza il disio. E di questa maniera didisii è quello di cui ci propose il ragionare Gismondoe ilquale Amoregeneralmente chiamano le genti tutto dìe per loquale noi Amanti comunemente ci chiamiamo; con ciò sia cosache secondol'arbitrio di ciascuno amiamo e disamiamoe diversamenteamiamoe non necessariamente sempre e tutti quel medesimo e adunmodosì come aviene ne' naturali disii. Per che egli e buonoe reo esser puòsecondo la qualità del fine che dallanostravolontà gli è dato. Quantunque Gismondo persostegno delle sue ragioniche cadeanoco' naturali disii ne 'lmescolassevolendoci dimostrar per questo che egli buono fossesemprené potesse malvagio essere in alcun tempo. Perciòche chi non sache se io gentile e valorosa donna amerò e dilei lo 'ngegnol'onestàla cortesiala leggiadria e l'altreparti dell'animopiù chequelle del corponé quelledel corpo per séma in quanto di quelle dell'animo sonofregio e adornamentochi non sadicochese io così ameròil mio amore sarà buonoperciò che buona saràla cosa da me amata e disiderata? E allo 'ncontrose io adamaredisonesta e stemperata donna mi disporròo pure di casta e ditemperata quelloche suole essere obbietto d'animodisonesto estemperatocome si potrà dire che tale amore malvagio e fellonon siacon ciò sia cosa che quello che si cerca èinse medesimo fello e malvagio? Certosì come a chi in quellaguisa amale più volte aviene che quelle venture lo seguonoche cidisse Gismondo che seguivano gli amanti: risvegliamentod'ingegnosgombramento di sciocchezzaaccrescimento divalorefuggimento d'ogni voglia bassa e villana e delle noie dellavita in ogni luogo in ogni tempo dolcissimo e salutevolissimoriparocosì a chi in questa maniera disiaaltro che maleavenire non gliene puòperciò che bene spessoquell'altre sciagure lo'ncontranonelle quali ci mostròPerottino che incontravano gli amanticotante e così gravi:scornisospettipentimentigielosiesospirilagrimedolorimanchezza di tutte le buone operedi tempod'onored'amicidiconsigliodi vita e di se medesimoperdezza e distruggimento.


3.VI.Ma non credere tuttaviaGismondoperciò che io cosìparloche io per aventura stimi buono essere lo amare nellaguisa chetu ci hai ragionato. Io tanto sono da tequanto tu dalla veritàlontanodalla quale ti discosti ogni volta che fuori de'termini de'duo primi sentimenti e del pensiero ti lasci dal tuo disideriotraportaree di loro amando non stai contento. Perciòche èverissima openionea noi dalle più approvate scuole de gliantichi diffinitori lasciatanulla altro essere il buono amore chedibellezza disio. La qual bellezza che cosa è se tu con tantadiligenza per lo adietro avessi d'intendere procacciatocon quantacihai le parti della tua bella donna voluto hieri dipigneresottilmentené come fai ameresti tu giànéquelloche ti cerchiamandoaresti a gli altri lodato come hai.Perciò che ella non è altro che una grazia che diproporzione e di convenenza nasce ed'armonia nelle cosela qualequanto è più perfetta ne' suoi suggettitanto piùamabili essere ce gli fa e più vaghie è accidentenegli uomini non meno dell'animo che del corpo. Perciò che sìcome è bello quel corpole cui membra tengono proporzionetralorocosì è bello quello animole cui virtùfanno tra sé armonia; e tanto più sono di bellezzapartecipi e l'uno e l'altroquanto inloro è quella graziache io dicodelle loro parti e della loro convenenzapiùcompiuta e più piena. È adunque il buono amoredisideriodi bellezza talequale tu vedie d'animo parimente e di corpoe aleisì come a suo vero obbiettobatte e stende lesue ali perandare. Al qual volo egli due finestre ha: l'unache a quelladell'animo lo mandae questa è l'udire; l'altrache aquelladel corpo lo portae questa è il vedere. Perciò che sìcome per le formeche a gli occhi si manifestanoquanta èlabellezza del corpo conosciamocosì con le vociche gliorecchi ricevonoquanta quella dell'animo sia comprendiamo. Néadaltro fine ci fu il parlare dalla natura datoche perchéesso fosse tra noi de' nostri animi segno e dimostramento. Ma perciòcheil passare a' loro obbietti per queste vie la fortuna e il casosovente a' nostri disiderii tôr possonoda lorosìcome spessoavienelontanandocichécome tu dicestia cosache presente non ci sial'occhio né l'orecchio non si stendequella medesimanaturache i due sentimenti dati n'aveaci diedeparimente il pensierocol quale potessimo al godimento delle unebellezze edelle altrequandunque a noi piacessepervenire. Con ciòsia cosa chesì come ci ragionasti tu hieri lungamentee lebellezzedel corpo e quelle dell'animo ci si rappresentano colpensarvie pìgliasseneogni volta che a noi medesimi piacesenza alcunoostacolo godimento. Orasì come alle bellezzedell'animo aggiugnere né fiutandoné toccandonégustando non si puòcosìnon si può népiù né meno eziandio a quelle del corpoperciòche questi sentimenti tra le siepi di più materiali obbiettisirinchiudonoche non fanno quegli altri. Che perché tufiutassi di questi fiori o la mano stendessi tra quest'erbe ogustassinebene potresti tu sentire quale di loro è odorantequale fiatosoquale amaroquale dolcequale asperoquale morbidoma chebellezza sia la lorose tu non gli mirassi altresìmica non potresti tu conoscerepiù di quello che potesseconoscere un cieco labellezza d'una dipinta imagineche davantirecata gli fosse. Per che se il buono amorecome io dissièdi bellezza disioe sealla bellezza altro di noi e delle nostresentimenta non ci scorge che l'occhio e l'orecchio e il pensierotutto quello che è da gliamanti con gli altri sentimenticercatofuori di ciò che per sostegno della vita siprocaccianon è buono amorema è malvagio;e tu inquesta parte amatore di bellezza non saraio Gismondoma di sozzecose. Perciò che sozzo e laido è l'andare dique'diletti cercandoche in straniera balìa dimorano e averenon si possono senza occupazione dell'altrui e sono in se stessiedisagevoli e nocenti e terrestri e limacciosipotendo tu di quelliavereil godere de' quali nella nostra potestà giace egodendonenulla s'occupache alcuno tenga proprio suoe ciascuno èin sé agevoleinnocentespiritalepuro. Questi bastava chetu hieri ciavessi lodatio Gismondoquesti potrai tu ad ogni tempocon le prose e con le rime inalzareché sopra il convenevolesenzafallo alcuno essi giamai non saranno inalzati. Di quegli altrise tu pure ragionar ci volevibiasimandogli a tuo potere eavallandoglidovevi tu farloche il buono amore aresti lodatoacconciamente in questa guisadove tu l'hai sconciamente in quellamanieravituperato. Il qualeperciò che grande idio si diceessereio ti confortereiGismondoche tu ora il contrario facessiin amendadel tuo erroredi quello che fe' già Stesicoro negli antichi tempi in amenda del suo; perciò cheavendo eglico' suoi versi lagreca Helena vituperatae fatto per questo ciecoda capo in sua loda ricantandonetornò sano; così tuoggi contrariamentetanto di loro ci rifavellassi disprezzandogliquanto tu hieri ci hai apprezzandogli ragionatoe sì riaveraitu la luce del dirittogiudicioche hai perduta. -


3.VII.Tacque Lavinello così un pocodetto che egli ebbe infin quiecome aviene che si fa ragionandosostatosiricoglieva spirito perriparlarequando la Reinasoavemente alquanto sopra sérecatasicosì a.llui con sereno aspetto cominciòedisse: - Bene avete fattoLavinelloper certo a sovenirci ora diquellopoeti e versi ricordandocidi che per aventura lavaghezzade' vostri ragionamentitacendol voici arebbe tenuta obliosa.Perciò cheavendo i vostri compagnisì comenoiabbiamo intesotra gli loro ragionamenti di questi dìcotante e così belle rime mescolateche le vostre donne uditehannononvolete ancor voi ora alcuna delle vostre mescolare etramettere in questi parlariche noi eziandio ascoltiamoposcia chele loronon abbiamo ascoltate?

-Se io rime avessiMadonna- rispose con riverente fronte Lavinello- le quali di tanto fossero di quelle de' miei compagnipiùvaghedi quanto sete voi delle nostre donne maggioreio peraventura potrei oggi senza biasimo d'arroganza recitarnealcunasìcome essi fecero hieri e dianz'hieri le molte loroche voi dite. Maio non le ho pure di gran lunga al nostro piccioloprimier cerchiobastevolinon che elle ardissero di lasciarsi in così ampioteatroquale la vostra presenza èin alcuna guisasentire.Per che piaccia più tosto a Vostra Maestà di non miporre addosso quel pesoche io portar non posso.

-Voi di troppo ci onorate - riprese la Reina - con la vostra grandeumanitàe le vostre donne si potranno di voi dolerelequalinoi come sorelle onoriamo. Malasciando ciò andarevoi dicerto ci fareste ingiuriase di quello non voleste rallegrarcidiche hanno i vostri compagni le loro ascoltatrici rallegrate e diche tuttavia sentiamo che sete abondevole e dovizioso ancor voi -.

Perla qual cosa non trovando Lavinello via come onestamente ricusaregliele potessedopo altre parolesì di madonnaBerenicechela Reina cortesemente pregava che al tutto lo facesse dire alcunacanzonee sì di Gismondoche diceva che eglin'era maestroesso così disse: - Io diròMadonnapoi che cosìpiace a Vostra Maestà; e dirò pure come io potròe posciache a questo fare mi chiamate orache io delle tre innocentimaniere di diletti che bene amando si sentonovi ragionavaquellodiloroche tre mie canzoni nate ad un corpo ne raccogliessero giàin parte vi racconteròacciò che io cosìpiùtosto questorischievole passo valicatol'altra parte de' mieiragionamenti possa con più sicuro piede fornire. - E ciòdettocosì incominciò laprimiera:


3.VIII.


Perché'l piacer a ragionar m'invoglia

E di sua propria man mi detta Amore

Né da l'unné da l'altro ardisco aitarmi;

Sgombrimisi del petto ogni altra voglia

E sol questa mercede appaghi il core

Tanto ch'io dica e possa contentarmi;

C'aver dinanzi sì bel viso parmi

Sì pure voci e tanto alti pensieri

Cheperch'io mai non speri

Per forza di mio ingegno o per altr'arte

Cose leggiadre e nove

Che 'n mill'anni volgendo il ciel non piove

Qual'io le sento al corstender in carte

Pur le mie ferme stelle

Portan ad or ad or ch'io ne favelle.


Erane la stagion che 'l ghiaccio perde

Da le violee 'l sol cangiando stile

La faccia oscura a le campagne ha tolta

Quando tra 'l bel cristallo e 'l dolce verde

Mi corse al cor la mia donna gentile

Che correr vi dovea sol una volta.

Mia ventura in quel punto avea disciolta

La treccia d'oroe quel soave sguardo

Lietocortese e tardo

Armavan sì felici e cari lumi

Che quant'io vidi poi

Vago amoroso e pellegrin fra noi

Rimembrando di lortenni ombre e fumi;

E dicea fra me stesso:

Amor senz'alcun dubbio è qui da presso.


Bendiss'io 'l verche come 'l dì col sole

Così con la mia donna Amor ven sempre

Che da' begli occhi mai non s'allontana;

Poi senti' ragionando dir parole

E risonar in sì soavi tempre

Che già non mi sembiâr di lingua umana:

Correa da parte una chiara fontana

Che vide l'acque sue quel dì più vive

Avanzar per le rive

E 'ncontro i raggi de le luci sante

Ogni ramo inchinarsi

Del bosco intorno e più frondoso farsi

E fiorir l'erbe sotto le sue piante

E quetar tutti i venti

Al suon de' primi suoi beati accenti.


Quantedolcezze con amanti unquanco

Non eran state certo infin quel giorno

Tutte fûr mecoe non la scorsi apena:

Vincea la neve il vestir puro e bianco

Dal collo a' piedie 'l bel lembo d'intorno

Avea virtù da far l'aria serena;

L'andar toglieva l'alme a la lor pena

E ristorava ogni passato oltraggio;

Ma 'l parlar dolve e saggio

Che m'avea già da me stesso diviso

E i begli occhi e le chiome

Che fûr legami a le mie care some

De le cose parean di paradiso

Scese qua giuso in terra

Per dar al mondo pace e torli guerra.


Dehse per mio destin voci mortali

E son di donna pur queste bellezze

Beato chi l'ascolta e chi la mira;

Ma se non sonchi mi darà tante ali

Ch'io segua leis'aven ch'ella non prezze

Di star là 've si piagne e si sospira?.

Così pensavae 'n quanto occhio si gira

Vidi un che 'l dolce volto dipingea

Partee parte scrivea

Ne l'alma dentro le parole e 'l suono

Dicendo: Queste omai

Penne da gir con lei tu sempre arai.

Alor mi scossi equal io qui mi sono

Tal la mia donna bella

M'era nel petto in viso e in favella.


Rimantiquicanzonpoi che de l'alto

Mio tesoro infinito

Così poveramente t'hai vestito.


3.IX.Detta questa canzonevolea Lavinello a' suoi ragionamenti ritornarema la Reinache del suo dire di tre canzoni natead un corpo nons'era dimenticataessendonele questa piaciutavolle che eglieziandio alle altre due passasseonde egli laseconda in questa guisaincominciando seguitòe disse:


Sene la prima voga mi rinvesca

L'anima desiosae pur un poco

Per levarmi da lei l'ale non stende

Meraviglia non èdi sì dolc'esca

Movono le faville e nasce il foco

Ch'a ragionar di voidonnam'accende.

Voi sete dentroe ciò che fuor risplende

Esser altro non pò che vostro raggio;

Ma perch'io poi non aggio

In ritrarlo ad altrui le rime accorte.

Ben ha da voi radice

Tutto quel che per me se ne ridice.

Ma le parole son debili e corte;

Che se fosser bastanti

Ne 'nvaghirei mille cortesi amanti.


Peròche da quel dìch'io feci imprima

Seggio a voi nel mio coraltro che gioia

Tutto questo mio viver non è stato;

E se per lunghe prove il ver s'estima

Quantunque ch'io mi viva o ch'io mi moia

Non spero d'esser mai se non beato

Sì fermo è 'l piè del mio felice stato.

E certo sotto 'l cerchio de la luna

Sorte gioiosa alcuna

E un benquanto 'l mionon si ritrova;

Ché s'altri è lieto alquanto

Immantenente poi l'assale il pianto;

Ma io non ho dolor che mi rimova

Da la mia festa pura

vostra mercéMadonnae mia ventura.


Ese duro destin a ferir viemmi

Con più forza talordi là non passa

Da la spogliaond'io vo caduco e frale;

Ché 'l piacerdi che Amor armato tiemmi

Sostiene il colpo e gir oltra no 'l lassa

Là 've sedete voiche 'l fate tale.

Però s'io vivo a tempoche mortale

Fora ad altruinon è per proprio ingegno:

Io per me nacqui un segno

Ad ogni stral de le sventure umane;

Ma voi sete il mio schermo

E perch'io sia di mia natura infermo

Sotto 'l caso di me poco rimane.

Lassoma chi pò dire

Le tante guise poi del mio gioire?


Chespesso un giro sol de gli occhi vostri

Una sol voce in allentar lo spirto

Mi lassa in mezzo 'l cor tanta dolcezza

Che no 'l porian contar lingue né inchiostri;

Né così 'l verde serva lauro o mirto

Com'ei le forme d'ogni sua vaghezza;

E ho sì l'alma a questo cibo avezza

Ch'a lei piacer non pòné la desvia

Cosa che voi non sia

O col vostro penser non s'accompagne

E quando il giorno breve

Copre le rive e le piagge di neve

E quando 'l lungo infiamma le campagne

E quando aprono i fiori

E quando i rami poi tornan minori.


Giglicaltavioleacanto e rose

E rubini e zafiri e perle e oro

Scopros'io miro nel bel vostro volto.

Dolce armonia de le più care cose

Sento per l'aere andar e dolce coro

Di spiriti celestis'io v'ascolto.

Tutto quel che dilettainseme accolto

E posto col piacerche mi trastulla

Se di voi pensoè nulla.

Né giurerei ch'Amor tanto s'avanzi

Perc'ha la face e l'arco

Quanto per voimio prezioso incarco;

E or me 'l par vederch'a voi dinanzi

Voli superbo e dica:

Tanto son ioquanto m'è questa amica.


Nétu per gircanzonad altro albergo

Del mio ti partirai

Se quanto rozza sei conoscerai.


3.X.E poi di questa passò Lavinello eziandio alla terza senzadimorae disse:


Dapoich'Amor in tanto non si stanca

Dettarmi quelond'io sempre ragioni

E 'l piacer più che mai dentro mi punge

Ancor dirò; ma se dal vero manca

La voce miaMadonna il mi perdoni

Che 'n tutto dal nostr'uso si disgiunge.

E come salirei dov'ella aggiunge

Io basso e grave e ella alta e leggera?

Basti matino e sera

L'alma inchinarlequanto si convene

E qualche pura scorza

Segnaralor che 'l gran desio mi sforza

Del suo bel nomee le più fide arene

Acciò che 'l mar la chiami

E ogni selva la conosca e ami.


Questofaccia il desir in parte sazio

Che vorria alzarsi a dir de la mia donna;

Ma tema di cader lo tene a freno.

E se per le sue lode unqua mi spazio

Ch'è ben d'alto valor ferma colonna

Non è però ch'io creda dirne a pieno.

Ma perch'altrui lo mio stato sereno

Cerco mostrarche sol da lei deriva

Forza è talor ch'io scriva

Com'ogni mio pensier indi si miete:

O di quella soave

Aurache del mio cor volge la chiave

O pur di voiche 'l mio sostegno sete

Stelle lucenti e care

Se non quando di voi mi sete avare.


Voidate al viver mio l'un fido porto

Ché come 'l sol di luce il mondo ingombra

E la nebbia sparisce inanzi al vento

Così mi ven da voi gioia e conforto

E così d'ogni parte si disgombra

Per lo vostro apparir noia e tormento.

L'altro è quando parlar Madonna sento

Che d'ogni bassa impresa mi ritoglie

E quel laccio discioglie

Che gli animi stringendo a terra inclina;

Tal ch'io mi fido ancora

Quand'io sarò di questo carcer fora

Far di me stesso a la morte rapina

E 'n più leggiadra forma

Rimaner de gli amanti exempio e norma.


Ilterzo è 'l mio solingo alto pensero

Col qual entro a mirarla e cerco e giro

Suoi tanti onorche sol un non ne lasso;

E scorgo il bel sembiante umile altero

E 'l risoche fa dolce ogni martiro

E 'l cantarche potria mollire un sasso.

O quante cose qui tacendo passo

Che mi stan chiuse al cor sì dolcemente!

Poi raffermo la mente

In un giardin di novi fiori eterno

E odo dir ne l'erba:

A la tua donna questo si riserba;

Ella potrà qui far la state e 'l verno.

Di cota' viste vago

Pascomi sempre e d'altro non m'appago.


Echi non sa quanto si gode in cielo

Vedendo Dio per l'anime beate

Provi questo piacerdi ch'io li parlo.

Da quel dì inanzi mai caldo né gelo

Non temeràné altra indignitate

Ardirà de la vita unque appressarlo;

E pur ch'un poco mova a salutarlo

Madonna il dolce e grazioso ciglio

Più di nostro consiglio

Non avrà uopo e vincerà il destino

Ché quelle vaghe luci

A salir sopra 'l ciel li saran duci

E mostreranli il più dritto camino

E potrà gir volando

Ogni cosa mortal sotto lasciando.


Ovene vaicanzons'ancora è meco

L'una compagna e l'altra?

Già non sei tu di lor più ricca o scaltra.


3.XI.Ispeditosi Lavinello del dire delle tre canzonii suoi primieriragionamenti così riprese: - Questo pocoMadonnacheio v'hofin qui dettosarebbe alle nostre donne potuto per aventura bastareper dimostramento della menzogna che l'uno el'altro de' miei compagnisotto le molte falde delle loro dispute aveano questi giornisìcome udito aveteassai acconciamentenascosa; ma non a voinépure alla vostra fanciullache così vagamente l'altr'hierialle tavole di Vostra Maestà cantandocimostrò quelloche io dire ne doveaposcia che i miei compagniper le pedatedell'altre due mettendosiaveano a tacerlo. Nellaqual cosa tuttaviaben provide senza fallo alcuno al mio gran bisogno la fortuna diquesti ragionamenti. Perciò che andando ioquesta mattina pertempoda costor toltomi e del castello uscitosolo in su questipensieriposto il piè in una vietta per la qualequesto collesi saleche c'è qui dietrosenza sapere dove io m'andassipervenni a quel boschettochela più alta parte dellavagamontagnetta occupandocresce ritondo come se egli vi fosse statoposto a misura. Non ispiacque a gli occhi miei quelloincontroanzirotto il pensar d'amore e in sul piè fermatomiposcia che iomirato l'ebbi così dal di fuoridalla vaghezza dellebelleombre e del selvareccio silenzio invitatomi prese disiderio dipassar tra loroe messomi per un sentieroil quale appenasegnatodalla vietta ove io era dipartendosinella vaga selva entravae perentro passandonon ristetti primasì m'ebbe in unoaperto nonmolto grande il poco parevole tramitello portato. Dove come io fuicosì dall'uno de' canti mi venne una capannucciavedutae pocoda lei discosto tra gli alberi un uom tutto solo lentamentepasseggiarecanutissimo e barbuto e vestito di pannosimile allecorteccie de' querciuolitra' quali egli era. Non s'era costuiaveduto di meil quale in profondo pensiero essendosìcome ame parea di vederetale volta nello spaziare si fermava estatoched egli era così un pocoa passeggiare lento lentosiritornava; e così più volte fatto aveaquando io mipensai che questi potesse essere quel santo uomoche io avea uditodire chea guisa di romito si stava in questo dintornovenutovi permeglio poterenello studio delle sante lettere dimorandopensareallealte cose. Per che volentieri mi sarei fatto più avantiper salutarlo ese egli era colui che io istimava che egli fossericordandomiche io avea oggi a dire dinanzi a Vostra Maestàper avere da lui eziandio alcun consiglio d'intorno a' mieiragionamenti. Perciòche io avea inteso che egli erascienziatissimo e checon tutto che egli fosse di santa e disagevolevitasì come quegli che diradici d'erbe e di coccolesalvatiche e d'acqua e sempre solo viveaegli era nondimenoaffabilissimoe poteasi di ciòche altriavesse volutosicuramente dimandarloché egli a ciascuno sempre dolce eumanissimo rispondea. Ma villania mi parea fare atorlo da' suoipensieri; e così mirandolo mi stava in pendente. Néstetti guariche egli si volse verso la parte dove io eraeveggendomioccasione mi diede a quello che io cercava; perciòcheincontro passandoglicon molta riverenza il salutai.


3.XII.Stette nel mio saluto alquanto sopra sé il santo uomo e poiverso me con miglior passo facendosidisse: "Dunque seitu purequi orail mio Lavinello". E questo dettoravicinatomisi e dime amendue le gote soavemente prendendomi basciò lafronte.Nuova cosa mi fu senza fallo alcuno l'essere quivi cosìamichevolmente ricevuto e per nome chiamato da coluidel qualeioalcuna contezza non aveané sapea in che modo egli avere dime la si potesse. Per che da subita maraviglia soprapresoemirandocotal mezzo con vergogna il santo uomo pure per vedere se ioracconoscere ne 'l potessie non racconoscendolosìcomequello che io altra volta veduto non aveastetti per buono spaziosenza nulla direinfino a tanto che eglicon un dolcesorrisodelmio maravigliare mostrò che s'accorgesse. Là onde iopreso ardirecosì risposi: - Qui è oraPadreLavinello percertosì come voi ditenon so se a casovenutoci o pure per volere del cielo. Ma voi il fate sopra modomaravigliarené sapensare come ciò siache voi luiconosciateil quale né in questo luogo fu altra volta piùné vi videche egli sappiagiamai -.Allora il buon vecchioche già per mano preso m'aveamovendo verso la capanna ilpassocon lieto e tranquillo sembiantedisse: - Io non voglioLavinelloche tu di cosa che ad alto possa piacere ti maravigli. Maperciò che tucome io veggoa pièqui dal castellovenutosalendo il colle puoi avere alcuna fatica sostenuta piùtosto che nosì come dilicato che mi pare che tusiiandiamcicolàe sì sederai e io ti terrò volentiericompagniache non sono perciò il più gagliardo uom delmondoe quelloche io so di tesedendo e riposandoti faròchiaro -. Indi con pochi valchi sotto alcune ginestre guidatomichedinanzi lapicciola casa eranosopra il piano d'un tronco d'alberoil qualelungo le ginestre postoa lui e a' suoi osti semplice ebastevoleseggio faceasi pose a sedere e volle che io sedessi; e poiche m'ebbe alquanto lasciato riposareincominciò: -Tanto èlargo ecupo il pelago della divina providenzao figliuoloche lanostra umanitàin esso mettendosiné termine alcunovi truované inmezzo può fermarsi; perciò chevela di mortale ingegno tanto oltre non porta e fune di nostrogiudicioper molto che ella vi sistendanon basta a pigliar fondo;in maniera che bene si veggono molte cose tutto dì avenirevolute e ordinate da leima comeelle avengano o a che finenoi nonsappiamosì come ora in questo mio conoscertidi che timaravigliè avenuto -. E cosìseguendo mi raccontòchedormendo egli questa notte prossimanamente passatagli era nelsonno paruto vedermi a sé veniretale quale io venniedettogli chi io era e tutti gli accidenti di questi due passatigiorni e le nostre dispute e il mio dover dired'oggi alla presenza diVostra Maestà e quello che io in parte pensava di dirneche èquanto testé udito aveteraccontatoglidimandarlo di ciòche ne gli paresse e che esso d'intorno a questo fatto dicessese alui convenisse ragionarnecome a meconveniva. Là onde eglicon questa imaginazione destatosi e levatosibuona pezza v'aveapensato e tuttaviaquando io ilsopragiunsivi pensava. Di che eglia guisa di conosciuto mi ricevette e a sé già per lacontezza della notte fatto dimestico efamigliare. Crebbe in centodoppi la mia dianzi presa maravigliaudendo il santo uomoe lacredenzache io vi recaidella suasantitàdivenne senzafine maggiore. E così tutto d'orrore e di riverenza pienocome esso tacque: - Ben veggo io- dissi -Padreche io non senzavolere de gl'Idii qui sonoa' quali voi cotanto sietequanto sivedecaro. Oraperciò che si deecredere che essi con l'avutavisione v'abbiano dimostrato essere di piacer loro che voi a questomio maggiore uopo aiuto econsiglio mi prestiatecredo io acciòche la nostra Reinadolce cura della loro maestànon come ioposso ma come essivoglionos'onoripiacciavi al voler loro disodisfareché al mio oggimai non debbo io dir più -. -Anzi pure a Colui piaccia alquale ogni ben piaceche io al tuodisiderio possa con la sua volontà sodisfare - rispose ilsanto uomo. E così risposto e gliocchi verso il cielo alzati eper picciolo spazio con fiso sguardo tenutoveglia me rivolto inquesta guisa riprese a dire:


3.XIII.- Grande fascio avete tu e i tuoi compagni abbracciatoLavinelloame oggimai non meno di figliuol caroa dird'Amore e della suaqualità prendendo: sì perché infinita èla moltitudine delle cose che dire vi si posson soprae sìancoramaggiormente perciò che tutto il giorno tutte le gentine quistionanoquelle parti ad esso dandoche meno gli siconverrebbedaree quelle che sono sue certissimepropriissimenecessariissime tacendo e da parte lasciando per non sue; la qualcosa cifa poi più malagevole il ritrovarne la veritàcontro le openioni de gli altri uominiquasi allo 'ndietrocaminando. Non pertanto nondee alcuno di cercarne spaventarsi eperché faticoso sia il poter giugnere a questo segnoritrarsida farne pruova. Perciò che dipoche altre cose puòavenireo forse di non niunache lo intendere ciò che ellesono più ci debba esser caroche il sapere checosa èAmore. Il che quanto a voi sia ora nelle dispute de' tuoi compagni ein quello che tu stimi di poterne dire avenutoe chipiù oltresi sia fatto di questo intendimento e chi menone rimetto io amadonna la Reina il giudicio. Ma dello avere avuto ardiredi cercarnebella loda dare vi se ne conviene. Tuttavolta se a te giova che ioancora alcuna cosa ne rechi sopra e più avanti sene cerchifacciasi a tuo sodisfaccimentopure che non istimi che la veritàsotto queste ginestre più che altrove si stia nascosa.Ea.ffine che tu in errore non istii di ciò che detto haicheAmore e disidero sono quello stessoio ti dico che egli nel vero nonècosì. Ma veggasi prima che cosa in noi o pure cheparte di noi è Amore; dapoiche egli non sia disiderotifarò chiaro. Èadunque da sapere chesì comenella nostra intellettiva parte dell'animo sono pure tre parti oqualità o spezieciascuna di lorodifferente dall'altre eseparata (perciò che v'è primieramente l'intellettoche è la parte di lei acconcia e presta allo 'ntendere epuònondimeno ingannarsi; v'è per secondo lo intendereche iodicoil quale non sempre ha luogoché non sempres'intendonole intelligibili coseanzi non ha egli se non tantoquanto esso intelletto si muove e volge con profitto d'intorno aquello che a lui èproposto per intendersi e per sapersi; èvvidopo queste ultimamente e di loro nasce quella cosa o luce o imagineo veritàchedire la vogliamoche a noi bene intesa sidimostrafrutto e parto delle due primierela qual tuttaviase èmale intesané veritàné imagine né lucedire si puòma caligine e abbagliamento e menzogna)cosìné più né menosono nella nostra vogliosapartedel medesimo animo pure tre spezieper gli loro ufficii propriae dall'altre due partita ciascuna. Con ciò sia cosa che v'èdiprima la volontàla qual può e volere parimente edisvolerefonte e capo delle due seguenti; e che v'è dopoquesta il voleredicui parloe ciò è il disporsi amettere in opera essa volontà o molto o pocoo ancoracontrariamenteche è disvolendo; e chev'è per ultimoquelloche di queste due si genera: il chese piaceamore èdettose dispiaceodio per lo suo contrarionecessariamente siconvien dire. Nasce adunque amoreLavinelloe creasi nella guisache tu hai vedutoe è in noi o di noiquella parteche tuintendi. Ora che egli non sia disiderio in questo modo potrai vedere.Perciò che bene è vero che disiderarcosa per noi non sipuòche non s'amima non perciò ne viene che nons'ami cosache non si disideri altresì; perciò chesen'amano molte e non si disideranoe ciò sono tutte quelleche si posseggono; chétosto che noi alcuna cosa possediamoa noimanca di lei il disiderio in quella parte che noi la possediamoe in luogo di lui sorge e sottentra il piacere. Ché altri nondisideraquello che egli hama egli se ne diletta godendone; etuttavia egli l'ama e hallo caro vie più che prima: sìcome fai tuil qualementre ancor bene l'arte del verseggiare e delrimare non sapevisì l'amavi tu assaisì come cosabella e leggiadra che ella èeinsieme la disideravi; ma orache l'hai e usar la saitu più non la disiderima solamentea te giova e ètti caro di saperla e amilamolto ancor piùche tu prima che la sapessi e possedessila non facevi. La qual cosameglio ti verrà parendo verase tu a quelloche odio e timorsiano parimente risguarderai. Perciò che quantunque temere diniuna cosa non si possache non s'abbia inodiopure egli non èche alle volte non s'odii alcuna cosa senza temerla. Ché tupuoi avere in odio i violatori delle mogli altruiedi loro tuttavianon temiperciò che tu moglie non haiche essere ti possaviolata. E io in odio ho i rubatori dell'altrui ricchezzenéperciò di lor temoché io non ho ricchezza da temernecome tu vedi. Per la qual cosa ne segue chesì come odio puòin noiessere senza timorecosì vi può amore esseresenza disio. Non è adunque disio Amorema è altro.


3.XIV.Tuttavia io non voglioLavinelloragionar teco e disputare cosìsottilmente come per aventura farei tra filosofi e nellescuole. E siaper mese così a te piaceamore e disidero quello stesso. Maio sapere da te vorreiposcia che tu questa nottedetto m'hai cheamore può essere e buono e reosecondo la qualità degli obbietti e il fine che gli è datoperché èche gliamanti alle volte s'appigliano ad obbietti malvagi e cattivi.Non è egli per ciòche essi nello amare più ilsenso seguono che laragione? -.

-Non per altroche io mi creda- risposi - Padreche per cotesto -.

-Ora se io ti dimanderò allo 'ncontro - seguitò il santouomo - perché aviene che gli amanti eziandio s'invogliano degliobbietti convenevoli e saninon mi risponderai tu ciòavenire per questoche essiamandoquello che la ragione dettaloro piùseguonoche quello che il senso pon loro innanzi? -.

-Così vi risponderò- dissi io - e non altramente -.

-È adunque - diss'egli - ne gli uomini il seguir la ragione piùche il sensobuonoe allo 'ncontro il seguire il senso piùche laragionereo -.

-È - dissi io - senza fallo alcuno -.

-Ora mi di'- riprese egli - che cagione fa che ne gli uomini seguireil senso più che la ragione sia reo? -.

-Fallo - risposi - ciòche essi la cosa migliore abandonanoche è la ragionee essa lascianoche appunto è lalorolàdove alla men buona s'appiglianoche è ilsensoe esso seguonoche non è il loro -.

-Che la ragione miglior cosa non sia che il sensoio - diss'egli -non ti niegoma come di' tu che il senso non è il loro? nonèegli de gli uomini il sentire? -.

-A quello che io avedere me ne possaPadrevoi ora mi tentate-risposi - ma io nondimeno v'ubidirò -; e dissi: - Sìcomenelle scale sono gradide' quali il primiero e più bassoniuno n'ha sotto séma il secondo ha il primo e il terzo hal'uno e l'altro eil quarto tutti e trecosì nelle cose cheDio create ha infino alla spezie de gli uominidalla più vileincominciandoessere si vedeavenuto. Perciò che sono alcuneche altro che l'essere semplice non hannosì come sono lepietre e questo morto legnochenoi ora sedendo premiamo. Altre hannol'essere e il viveresì come sono tutte le erbetutte lepiante. Altre hanno l'essere e lavita e il sensosì comehanno le fiere. Altre poi sonoche hanno l'essere e la vita e ilsenso e la ragionee questi siam noi. Maperciò che quellacosa più si dice esser di ciascunoche altri meno hacomeche l'essere e il vivere sieno parimente delle piantenon si dicetuttavia se non che il vivere è il loroperciò chel'essere delle pietre è e di molte altre cose parimentedellequali nonè poi la vita. E quantunque l'essere e il vivere e ilsentire sieno delle fierecome io dissimedesimamente ciascunononpertantoil sentire solamente si dice essere il loroperciòche il vivere esse hanno in comune con le piante e l'essere hanno incomune conle piante e con le pietredelle quali non è ilsentire. Simigliantemente perché l'essere e il vivere e ilsenso e la ragione sieno innoidire per questo non si può chel'essere sia il nostro o il vivere o il sentireche sono dalle tremaniereche io dicoavutemedesimamente e non pur da noima dicesiche è la ragionedi cui le tre guise delle create cose sottonoi non hanno parte -.

-Se così è- disse allora il santo uomo - che laragione sia de gli uomini e il senso delle fiereperciò chedubbio non è chela ragione più perfetta cosa non siache il sensoquelli che amando la ragione seguonone' loro amori lacosa più perfettaseguendofanno in tanto come uominiequelli che seguono il sensodietro alla meno perfetta mettendosifanno come fiere -.

-Così non fosse egli da questo canto- risposi io - Padrevero cotesto che voi ditecome egli è -.

-Adunque possiamo noi la miglior parte nello amare abandonando-diss'egli - che è la nostraalla men buona appigliarciche èl'altrui? -.

-Possiamo - rispos'io - per certo -.

-Ma perché è - diss'egli - che noi questo possiamo? -.

-Perciò che la nostra volontà- risposi - con la qualeciò si fa o non faè libera e di nostro arbitriocomeio dissie nonstretta opiù a questo che a quello seguirenecessitata -.

-Ora le fiere - seguitò egli - possono elleno ciòaltresì fareche la miglior parte e quella che è laloro abandonino e a dietrolascino giamai? -.

-Io direi che esse abandonare non la possono- risposi - se non sonoda istrano accidente violentate. Perciò che ad essevolontàlibera non è datama solo appetitoil qualedalla formadelle cose istrane con lo strumento delle sentimenta invitatosempredietro al senso si gira. Perciò che il cavalloquandunquevolta a bere ne lo 'nvita il gustoveduta l'acquaegli vi va eabere si chinadovela briglia ritraendonon gliele vieti coluiche gli è sopra -.


3.XV.- Quanto vorrei che tu altramente m'avessi potuto rispondereLavinello - disse il santo uomo. - Perciò chese noipossiamone' nostri amorialla men buona parte appigliandocila miglioreabandonaree le fiere non possonoesse nonoperando come piante enoi operando come fierepiggior condizione pare che sia in questo lanostrafigliuoloa quello che nesegueche non pare la loro; equesta nostra volontà liberache tu di'a nostro male cisarà suta datase questo è vero. Epotrassi credere chela naturaquasi pentita d'avere tanti gradi posti nella scala dellespezieche tu di'poscia che ella ci ebbecreati col vantaggio dellaragionepiù ritorre non la ne potendoquesta libertàci abbia data dell'arbitrioaffine che in questamaniera noi medesimila ci togliessimodel nostro scaglione volontariamente a quellodelle fiere scendendo; a guisa di Pheboilqualeposcia che ebbealla troiana Cassandra l'arte dell'indovinare donatapentitosi equello che fatto era frastornare non sipossendole diede che ellanon fosse creduta. Ma tu per aventura che ne stimi? parti egli checosì sia? -.

-IoPadrequello che me ne paia o non paianon so dire- risposi -se io non dico che tanto a me ne parequanto pare avoi. Ma purevolete voi che io creda che la natura si possa pentereche non puòerrare? -.

-Mai noche io non voglio che tu il creda - disse il santo uomo. -Ben voglio che tu considerifigliuoloche la naturalaquale nelvero errar non puònon avrebbe alla nostra volontàdato il poteredietro al senso sviandocifarci scendere allaspezieche sotto noi èse ella dato medesimamente non l'avesseil poteredietro alla ragione inviandocia quella farci salire chec'èsopra. Perciò che ella sarebbe stata ingiustaavendo nelle coseda sé in uso e in sostentamento di noicreateposta necessità disempre in quelli privilegi servarsiche ella concessi ha loro; a noiche signori ne siamo e a' qualiesse tutte servonoavere datoarbitrio d'arrischiare il capitale dalei donatoci sempre in perditama in guadagno non mai. Né èda credere che alle tante e cosìpossenti maniere d'allettevolivaghezzeche le nostre sentimenta porgono all'animo in ogni stato inogni tempo in ogni luogoperché noi dietro all'appetitoavallandoci sozze fiere diveniamoella ci abbia concesso libero eagevole inchinamento; e a quelleche lo 'ntelletto ci mette innanziaffine che noi con la ragione inalzandoci diveniamo Idiiella ilpoter poggiare ci abbia tolto enegato. Perciò cheoLavinelloche pensi tu che sia questo eterno specchio dimostrantesia gli occhi nostricosì uno semprecosì certocosìinfaticabilecosì luminosodel soleche tu miri? equell'altro della sorellache uno medesimo non è mai? eglitanti splendori che da ogni parte si veggono di questacirconferenza che intorno ci si giraora queste sue bellezze oraquellealtre scoprendocisantissimacapacissimamaravigliosa? Ellenon sono altrofigliuoloche vaghezze di Colui che è di loroed'ogni altra cosa dispensatore e maestrole quali egli ci mandaincontro a guisa di messaggiinvitantici ad amar lui. Perciòchedicono i savi uomini cheperciò che noi di corpo e d'animoconstiamoil corposì come quello che d'acqua e di fuoco editerra e d'aria è mescolatodiscordante e caduco da' nostrigenitori prendiamoma l'animo esso ci dà purissimo eimmortale e diritornare a lui vagoche ce l'ha dato. Ma perciòche egli in questa prigione delle membra rinchiuso più annistache egli lumenon vede alcunomentre che noi fanciullidimoriamoe posciadalla turba delle giovenili voglie ingombratone' terrestri amoriperdendosi può del divino dimenticarsiesso in questa guisa il richiamail sole ogni giornole stelle ogninottela lunavicendevolmente dimostrandoci. Il quale dimostramentoche altro èse non una eterna voce che ci sgrida: "Ostoltichevaneggiate? Voi ciechid'intorno a quelle vostre falsebellezze occupatia guisa di Narciso vi pascete di vano disioenonv'accorgete che elle sono ombre della verache voi abandonate. Ivostri animi sono eterni: perché di fuggevolevaghezzagl'innebbriate? Mirate noicome belle creature ci siamoepensate quanto dee esser bello Coluidi cui noi siam ministre".


3.XVI.E senza dubbiofigliuolose tuil velo della mondana caligginedinanzi a gli occhi levandotivorrai la veritàsanamenteconsiderarevedrai alla fine altro che stolto vaneggiamento nonessere tutti i vostri più lodati disii. Che per tacerediquegli amorii quali di quanta miseria sien pieni li perottinianiamanti e Perottino medesimo essere ce ne possono abondevoleessempioche fermezzache interezzache sodisfazione hanno perciòquegli altri ancorache essi cotanto cercar si debbano epregiarequanto Gismondo ne ha ragionato? Senza fallo tutte queste vaghezzemortali che pascono i nostri animivedendoascoltando e per l'altresentimenta valicando e mille volte col pensiero entrando e rientrandoper loroné come esse giovino soio vederequando elle a pocoa poco in maniera di noi s'indonnanoco' loro piaceri pigliandociche poi ad altro non pensiamoe gli occhi alle vili cose inchinaticon noi medesimi non ci raffrontiamo giamaie infinesì comese il beveraggio della maliosaCirce preso avessimod'uomini cicangiamo in fiere; né in che guisa esse così pienamentedilettino so io considerare: pogniamoancora che falso diletto non siail loroquando elle sì compiute essere in suggietto alcunonon si vedononé vedranno maicheesse da ogni partesodisfacciano chi le ricevee pochissime sono le più checomportevolmente non peccanti. Senza che essetutte ad ogni brievecaldicciuolo s'ascondono di picciola febbre che ci assagliao almenogli anni vegnenti le portan viaseco legiovanezzala bellezzalapiacevolezzai vaghi portamentii dolci ragionamentii cantiisuonile danzei convitii giuochi e glialtri piaceri amorositraendo. Il che non può non essere di tormento a coloro che neson vaghie tanto ancor piùquanto piùessi a que'diletti si sono lasciati prendere e incapestrare. A' quali se lavecchiezza non toglie questi disiiquale piùmiseradisconvenevolezza può essere che la vecchia etàdi fanciulle voglie contaminaree nelle membra tremanti e deboliaffettare igiovenili pensieri? Se gli togliequale sciocchezza èamar giovani così accesamente coseche poi amare quellimedesimi nonpossono attempati? e credere che sopra tutto e giovevolee dilettevole sia quelloche nella miglior parte della vita nédiletta négiova? Ché miglior parte della vita nostra èper certo quellafigliuoloin cui la parte di noi miglioreche èl'animodal servaggiode gli appetiti liberataregge la men buonatemperatamenteche è il corpoe la ragione guida il sensoil quale dal caldo dellagiovanezza portato non l'ascoltaqua e làdove esso vuole scapestratamente traboccando. Di che io ti possoampissimatestimonianza dareche giovane sono stato altresìcome tu ora sei; e quando alle coseche io in quegli anni piùlodar solea edisideraretorno con l'animo ripensandoquello ora ditutte me ne pareche ad un bene risanato infermo soglia pareredellevoglie che esso nel mezzo delle febbri aveache schernendoseneconosce di quanto egli era dal convenevole conoscimento egustolontano. Per la qual cosa dire si può che sanità dellanostra vita sia la vecchiezza e la giovanezza infermità; ilche tuquando a quegli anni giugneraivederai così esserverose forse ora veder no 'l puoi.

Matornando al tuo compagnoche ha le molte feste de' suoi amanticotanto sopra 'l cielo tolte ne' suoi ragionamentilasciamo stare chele minori di loro asseguire non si possano senza mille noie tuttaviama quando è che eglinel mezzo delle suepiù compiutegioienon sospiri alcun'altra cosa più che prima disiderando?o quando aviene che quella conformità delle vogliequellacomunanza de' pensieridella fortunaquella concordia di tutta unavita in due amanti si troviquando si vede niunoessere che ognigiorno seco stesso alle volte non si discordie talora in manierachese uno lasciare se medesimo potessecome due possono l'unol'altromolti sono che si lascierebbono e un altro animo sipiglierebbono e un altro corpo? E pervenireLavinelloeziandio a'tuoi amoriio di certo gli loderei e passerei nella tua openione inpartese essi a disiderio di piùgiovevole obbiettot'invitasseroche quello non èche essi ti mettono innanzie non tanto per sé soli ti piacesseroquanto perciòcheessi ci possono a miglior segno fare e meno fallibile intesi. Perciòche non è il buono amore disio solamente di bellezzacome tustimima è della vera bellezza disio; e la vera bellezza nonè umana e mortaleche mancar possama è divinaeimmortalealla qual per aventura ci possono queste bellezzeinalzareche tu lodidove elle da noi sieno in quella manieracheesser debbonoriguardate. Ora che si può dire in loro lodaper ciòche pure sopra il convenevole non sia? con ciòsia cosachedel loro allettamento presisi lascia il vivere inquesta umana vita come Idii. Perciò che Idii sono quegliuominifigliuoloche le cose mortali sprezzano come divini e alledivine aspirano come mortaliche consiglianoche discorronocheprevedonoche hanno alla sempiternità pensamentoche muovonoe reggono e temprano il corpoche è loro in governo datocome de glidati nel loro fanno e dispongono gli altri Idii. O pureche bellezza può tra noi questa tua esserecosìpiacevole e così pienacheproporzion di partiche in umanoricevimento si trovinoche convenenzache armoniache ella empieregiamai possa ecompiere alla nostra vera sodisfazione e appagamento? OLavinelloLavinellonon sei tu quello che cotesta forma tidimostrané sono gli altri uomini ciò che di fuoriappare di loro altresì. Ma è l'animo di ciascuno quelloche egli èe non la figurache coldito si puòmostrare. Né sono i nostri animi di qualitàche essicon alcuna bellezzache qua giù siaconformare si possano edilei appagarsi giamai. Che quando bene tu al tuo animo quante nesono potessi por davanti e la scielta concedergli di tutte loroeriformare a tuo modo quelleche in alcuna parte ti paresseromancantinon lo appagheresti perciòné men tristo tipartiresti da'piaceri che avessi di tutte presiche da quegli tisoglia partire che prendi ora. Essiperciò che sonoimmortalidi cosa chemortal sia non si possono contentare. Ma perciòche sì come dal sole prendono tutte le stelle lucecosìquanto è di bello oltralei dalla divina eterna bellezza prendequalità e statoquando di queste alcuna ne vien loro innanzibene piacciono esse loro evolentieri le miranoin quanto di quellasono imagini e lumicinima non se ne contentano né se nesodisfanno tuttaviapure dellaeterna e divinadi cui esse sovengonoloro e che a cercar di se medesima sempre con occulto pungimento glistimoladisiderosie vaghi. Per che sì come quando alcunoinvoglia di mangiare preso dal sonno e di mangiar sognandosinon sisatollaperciòche non è dal sensoche cerca dipascersila imagine del cibo volutama il cibocosì noimentre la vera bellezza e il veropiacere cerchiamoche qui non sonole loro ombreche in queste bellezze corporali terrene e in questipiaceri ci si dimostranoaggogniandonon pasciamo l'animoma loinganniamo. La qual cosa è da vedere che per noi non sifacciaacciò che con noi ilnostro buon guardiano non s'adirie in balìa ci lasci del malvagioveggendo che per noi piùamore ad una poca buccia d'unvolto si porta e a queste misere emanchevoli e bugiarde vaghezzeche a quello immenso splendoredelquale questo sole èraggioe alle sue vere e felici esempiterne bellezze non portiamo. E se pure questo nostro vivere èun dormiresì come coloro iquali a gran notte addormentaticon pensiero di levarsi la dimane per tempo e dal sonno sopratenutisi sognano di destarsi e dilevarsiper che tuttavia dormendo silevano e presa la guarnaccia s'incomiciano a vestirecosìnoinon delle imagini esembianze del cibo e di questi aombratidiletti e vanima del cibo istesso e di quella ferma e soda e puracontentezza nel sonnomedesimo procacciamo e a pascere incominciancenecosì sogniandoacciò che poirisvegliatialla Reinadelle Fortunate isolepiacciamo. Ma tu forse di questa Reina altravolta non hai udito -.

-NonPadre- diss'io - che me ne paia ricordarené intendodi qual piacimento vi parliate -.

-Dunque l'udirai tu ora - disse il santo uomoe seguitò:


3.XVIII.- Hanno tra le loro più secrete memorie gli antichi maestridelle sante coseessere una Reina in quelle isoleche iodicoFortunatebellissima e di maraviglioso aspetto e ornata di cari epreziosi vestiri e sempre giovane. La qual marito nonvuole giàe servasi vergine tutto tempoma bene d'essere amata e vagheggiatasi contenta. E a quegli che più l'amano ellamaggior guiderdonedà de' loro amorie convenevolesecondo la loro affezioneagli altri. Ma ella di tutti in questa guisa ne fapruova. Perciòche venuto che ciascuno l'è davantiche è secondo cheessi sono da lei fatti chiamare or uno or altroessaconunaverghetta toccatigline gli manda via. E questiincontanente chedel palagio della Reina sono uscitis'addormentanoe cosìdormonoinfino a tanto che essa gli fa risvegliare. Ritornano adunque costorodavanti la Reina un'altra volta risvegliatie i sogniche hanno fattidormendo porta ciascuno scritti nella fronte taliquali fatti glihannoné più né menoi quali essaleggeprestamente. E coloro i cui sogni ella vede essere statisolamente di cacciagionidi pescagionidi cavaglidi selvedifiereessada sé gli scaccia e mandagli a stare cosìvegghiando tra quelle fierecon le quali essi dormendo si sono distar sognatiperciòche dice chese essi amata l'avesseroessi almeno di lei si sarebbono sognati qualche voltail che posciache essi non hannofatto giamaivuole che vadano e sì sivivano con le lor fiere. Quegli altri poi a' quali è parutone' loro sogni di mercatantare o digovernare le famiglie e lecomunanze o di fare somiglianti cosetuttavvia poco della Reinaricordandosiessa gli fa essere altresìquale mercatantequale cittadinoquale anziano nelle sue cittàdi cure e dipensieri gravandogli e poco di loro curandosiparimente. Ma quelli chesi sono sognati con leiessa gli tiene nella sua corte a stare e aragionar seco tra suoni e canti e sollazzid'infinito contentochipiù presso di sé e chi menosecondo che essi con leisognando più o meno si sono dimorati ciascuno.Ma io peraventuraLavinellooggimai troppo lungamente ti dimoroil qualepiù voglia dei avere o forse mestiero di ritornartialla tuacompagniache di più udirmi. Senza che oltre a ciò ate gravoso potrà essere lo indugiare a più alto sole lapartitacheoggimai tutto il cielo ha riscaldato e vassi tuttaviarinforzando -.

-A me voglia né mestiero fa punto che siaPadre- diss'io -ancora di ritornarmie dove a voi noioso non sia ilragionaresicuramente niuna cosa mi ricorda che io facessi giamaicosì volentiericome ora volentieri v'ascolto. Né disole che sormonti vipigliate pensieroposcia che io altro che ascendere non hoil che ad ogni ora far si può agevolmente -.

-Noioso a gli antichi uomini non suole già essere il ragionare- disse il buon vecchio - che è più tosto un diportodellavecchiezza che altro. Né a me può noiosa essercosa che di piacere ti sia. Per che seguasi -. E cosìseguendodisse:


3.XIX.- Dirai adunque a Perottino e Gismondofigliuoloche se essi nonvogliono essere tra le fiere mandati a vegghiarequando essi sirisveglierannoessi miglior sogno si procaccino di fareche quellonon èche essi ora fanno. E tuLavinellocrediche non saraiperciò caro alla Reinache io dicoposcia che tu poco di leisognandotitra questi tuoi vaneggiamenti consumi piùtostosenza proche tu in alcuna vera utilità di te usi e spendail dormire che t'è dato. E infine sappi che buono amore non èiltuo. Il qualeposto che non sia malvagio in ciòche con lebestievoli voglie non si mescolasì è egli non buonoin questocheegli ad immortale obbietto non ti tirama tienti nelmezzo dell'una e dell'altra qualità di disiodove il dimoraretuttavia non èsanocon ciò sia cosa che nel pendentedelle rive standopiù agevolmente nel fondo si sdrucciolache alla vetta non si sale. Echi è colui che a' piacerid'alcun senso dando fedeper molto che egli si proponga di noninchinare alle ree coseegli non siaalmeno alle volte per ingannopresoconsiderando che pieno d'inganni è il sensoil qualeuna medesima cosa quando ci fa parerbuonaquando malvagiaquandobellaquando sozzaquando piacevolequando dispettosa? Senza checome può esserealcun disio buonoche ponga ne' diletti dellesentimenta quasi nell'acqua il suo fondamentoquando si vede cheessi avutiinvilisconoe tormentano non avutie tutti sonobrevissimi e di fugitivo momento? Né fanno le belle e segnateparoleche dacotali amanti sopra ciò si diconoche pure cosìnon sia. I qua' diletti tuttavoltase il pensiero fa continuiquanto sarebbe menmale che noi la mente non avessimo celeste eimmortaleche non èavendoladi terreno pensieroingombrarla e quasisepellirla? Ella data non ci fuperché noil'andassimo di mortal veleno pascendoma di quella salutevoleambrosiail cui saporemai non tormentamai non inviliscesempre èpiacevolesempre caro. E questo altramente non si fache a quellodio i nostrianimi rivolgendoche ce gli ha dati. Il che farai tufigliuolose me udirai; e penserai che esso tutto questo sacrotempioche noimondo chiamiamodi sé empiendoloha fabricatocon maraviglioso consiglio ritondo e in se stesso ritornante e di semedesimobisognoso e ripieno; e cinselo di molti cieli di purissimasustanza sempre in giro moventisi e allo 'ncontro del maggiore tuttiglialtriad uno de' quali diede le molte stelleche da ogni partelucesseroe a quellidi cui esso è contenitoreunan'assegnò perciascunoe tutte volle che il loro lume daquello splendore pigliasseroche è reggitore de' loro corsifacitore del dì e della notteapportatore del tempogeneratore e moderatore di tutte le nascenti cose. E questi lumi feceche s'andassero per li loro cerchiravolgendo con certo e ordinatogiroe il loro assegnato camino fornissero e fornitorincominciasseroquale in più brieve tempoe quale in meno. Esotto questi tutti diede al più puro elemento luogo e appressoempié d'aria tutto ciò che è infino a noi. Enelmezzosì come nella più infima partefermòla terraquasi aiuola di questo tempio; e d'intorno a.llei sparse leacqueelementoassai men grave che essa non èma vie piùgrave dell'ariadi cui è poscia il fuoco più leggiero.Quivi diletto ti sarà estimare inche maniera per questequattro parti le quattro guise della loro qualità si vadanomescolandoe come esse in un tempo eaccordanti sieno e discordantitra loro; mirare gli aspetti della mutabile luna; riguardare allefatiche del sole; scorgere gli altri giridell'erranti stelle e diquelle che non sono così erranti edi tutti le cagionileoperagioni considerandoportar l'animo per lo cieloequasi con lanatura parlandoconoscere quanto brieve e poco è quello chenoi qui amiamoquando il più lungo spazio diquesta nostravita mortale due giorni appena non sono d'uno de' veri anni di questicieli e quando la minore delle conosciutestelle di quel tanto e cosìinfinito numero è di tutta questa soda e ritondacircunferenzache terra è dettamaggioreper cui noicotantoc'insuperbiamodella quale ancora quello che noi abitiamo èa rispetto dell'altrostretta e menomissima particiuola.Senza chequa ogni cosa v'è debole e inferma: ventipioggeghiaccinevifreddicaldi vi sonoe febbri e fianchi e stomachi egli altricotanti morbii quali nel votamento del buon vasomale per noidall'antica Pandora scoperchiatoci assalirono; dove làognicosa v'è sana e stabile e di convenevole perfezion pienachéné morte v'è né aggiugnené vecchiezzavi pervienenédifetto alcuno v'ha luogo.


3.XX.Ma vie maggior diletto ti sarà e più senza finemaravigliosose tu da questi cieli che si veggono a quelli che nonsiveggono passeraie le vere cose che ivi sono contempieraid'unoad altro sormontandoe in questo modo a quella bellezzache sopraessi e sopra ogni bellezza èinalzeraiLavinelloi tuoidisii. Perciò che certa cosa è tra coloroche usatisono dimirare non meno con gli occhi dell'animo che del corpooltraquesto sensibile e material mondodi cui e io ora t'ho ragionatoeciascuno ne ragiona più spessoperciò che si miraessere un altro mondo ancora né materiale né sensibilema fuori d'ognimaniera di questo separato e puroche intorno ilsopragira e che è da lui cercato sempre e sempre ritrovatoparimentedivisoda esso tuttoe tutto in ciascuna sua partedimorantedivinissimointendentissimoilluminatissimo e essostesso di se stesso emigliore e maggiore tanto piùquantoegli più si fa alla sua cagione ultima prossimano; nel qualcielo bene ha eziandio tuttoquello che ha in questoma tanto sonoquelle cose di più eccellente statoche non son questequanto tra queste sono le celestia miglior condizioneche leterrene. Perciò che ha esso la sua terracome si vede questoavereche verdeggiache manda fuorisue pianteche sostiene suoianimali; ha il mareche per lei si mescola; ha l'ariache li cigne;ha il fuoco; ha la luna; ha il sole; hale stelle; ha gli altri cieli.Ma quivi né seccano le erbené invecchiano le piantené muoiono gli animaliné si turba il marenés'oscural'aerené riarde il fuoconé sono a continuirivolgimenti i suoi lumi necessitati o i suoi cieli. Non ha quelmondo d'alcunmutamento mestieroperciò che né statené vernoné hieriné dimanenévicinanzané lontananzané ampiezzanéstrettezzalo circonscrivema del suo stato si contentasìcome quello che è della somma e per se stessa bastevolefelicità pieno; dellaquale gravido egli partoriscee il suoparto è questo mondo medesimo che tu miri. Fuori del qualeseper aventura non ci pareche altro possa esserea noi adivien quelloche adiverrebbe ad unoil qualene' cupi fondi del mare nato ecresciutoquivisempre dimorato si fosseperciò che egli nonpotrebbe da sé istimare che sopra l'acque v'avesse altre cosené crederebbe chefrondi più belle che algao campi piùvaghi che di renao fiere più gaie che pescio abitazionid'altra maniera che di cavernosepietreo altre elementa che terra eacqua fossero e vedessersi in alcun luogo. Ma se esso a noi passassee al nostro cieloveduto de' prati e delle selve e de' colli ladipintissima verdura e la varietà de gli animaliquali pernodrirci e quali per agevolarcinativeduto le cittàle casei templi che vi sonole molte artila maniera del viverela puritàdell'ariala chiarezza del solechespargendo la sua luce per locielo fa il giornoe gli splendori della notteche nella sua oscuraombra e dipinta la rendono emeravigliosae le altre cosìdiverse vaghezze del mondo e così infiniteesso s'avedrebbequanto egli falsamente credea e nonvorrebbe per niente alla suaprimiera vita ritornare. Così noi miserid'intorno a questabassa e fecciosa palla di terra mandati aviverebene miriamo l'aeree gli uccelli che 'l volano con quella maraviglia medesimacon laquale colui farebbe il mare e i pesciche lo natano parimentee perle bellezze eziandio discorriamo di questi cieli che in partevediamo; ma che oltre a questi altrecose sieno vie più dadovere a noi essereche le nostre a quel marino uomo non sarebbonoe maravigliose e careo in chemodo ciò sianella nostrapovera stimativa non cape. Ma se alcuno Idio vi.cci portasseLavinelloe mostrasseleciquelle cosesolamente vere cose ciparrebbonoe la vitache ivi si vivessevera vitae tutto ciòche qui èombra e imagine di loro essere enon altro; e giùin queste tenebre riguardando da quel serenogli altri uominichequi fosserochiameremmo noi miseri e di loroci prenderebbe pietànon che noi più a così fatto vivere tornassimo dinostra volontà giamai.


3.XXI.Ma che ti posso ioLavinelloqui dire? Tu sei giovane enon socomequasi per lo continuo pare che nellagiovanezza non appiglinoquesti pensieri ose appiglianosì come pianta in aduggiatoterreno essi poco allignano le più volte.Ma se pure nel tuogiovane animo utilmente andassero innanzidove tu al fosco lume didue occhipieni già di mortequa giùt'invaghiche sipuò istimare che tu a gli splendori di quelle eterne bellezzefacessicosì verecosì purecosì gentili? Ese la voced'una linguala quale poco avanti non sapea fare altro chepiagnere e di qui a poco starà muta sempreti suoleesseredilettevole e caraquanto si dee credere che ti sarebbe caroil ragionare e l'armonia che fanno i cori delle divine cose traloro?E quandoa gli atti d'una semplice donnicciuolache qui empieil numero dell'altreripensandoprendi e ricevisodisfaccimentoquale sodisfaccimento pensi tu che riceverebbe il tuoanimose egli da queste caliggini col pensiero levandosi e puroeinnocente a quelli candori passandole grandi opere del Signoreche là su reggemirasse e rimirasse intentamente e ad essoconcasto affetto offeresse i suoi disii? O figliuoloquesto piacere ètantoquanto comprendere non si può da chi no 'l pruovaeprovar non si puòmentre di quest'altri si fa caso. Perciòche con occhi di talpasì come i nostri animi sono di questevogliefasciatinon si può sofferire il sole. Quantunqueancora con purissimo animo compiutamente non vi s'aggiugne. Masìcomequando alcuno strano passando dinanzi al palagio d'un recomeche egli no 'l vedané altramente sappia che egli re siapensafra se stesso quello dovere essere grande uomo che quivi staveggendo pieno di sergenti ciò che v'èe tantomaggiore ancoralo stimaquanto egli vede essere quegli medesimisergenti più orrevoli e più ornaticosì tuttoche noi quel gran Signore converuno occhio non vediamopure possiamdire che egli gran Signore dee essereposcia che ad esso glielementi tutti e tutti icieli servono e sono della sua maestàfanti. Per che gran senno faranno i tuoi compagnise essi questoPrence corteggierannoper lo innanzisì come essi fatto hannole loro donne per lo adietroe ricordandosi che essi sono in untempioad adorareoggimai si disporrannoché vaneggiato hannoeglino assaieil falso e terrestre e mortale amore spogliandosisi vestiranno ilvero e celeste e immortale: e tuse ciòfaraialtresì. Perciò che ogni bene sta con questodisio e da lui ogni male è lontano.Quivi non sono emulazioniquivi non sono sospettiquivi non sono gielosiecon ciò siacosa che quello che s'amaper molti chelo aminonon si toglie chealtri molti non lo possano amare e insieme godernenon altramenteche se un solo amandolo negodesse. Perciò che quella infinitadeità tutti ci può di sé contentaree essatuttavia quella medesima riman sempre. Quivi aniuno si cerca ingannoa niuno si fa ingiuriaa niuno si rompe fede. Nulla fuori delconvenevole né si procacciané si conciedenési disidera. E al corpo quello che è bastevole si dàquasi un'offa a Cerberoperché non latrie all'animo quelloche più è luirichiesto si mette innanzi. Né adalcuno s'interdice il cercar di quello che egli amané adalcun si toglie il potere a quel dilettoaggiugnerea cui egli amandos'invia. Né per acquané per terra vi si va; némuroné tetto si sale. Né d'armati fa bisognonédiscortané di messaggiero. Idio è tutto quellocheciascun vedeche il disidera. Non irenon scorninon pentimentinonmutazioninon false allegrezzenon vane speranzenon dolorinon paure v'hanno luogo. Né la fortuna v'ha poterenéil caso.Tutto di sicurezzatutto di contentezzatutto ditranquillitàtutto di felicità v'è pieno.


3.XXII.E queste cose di qua giùche gli altri uomini cotanto amanoper lo asseguimento delle quali si vede andare cosìspessotutto 'l mondo sottosopra e i fiumi stessi correre rossi d'umanosangue e il mare medesimo alcuna fiatail che questonostro miserosecolo ha veduto molte volte e ora vede tuttaviagl'imperii dico ele corone e le signorieesse non si cercano perchi là su amapiù di quello che si cerchida chi può in gran setel'acqua d'un puro fonte averequella d'un torbido e paludosorigagno.Là dove allo 'ncontro la povertàgli esiliilepresure se sopravengonoil che tutto dì vede avenire chi civiveesso conridente volto ricevericordandosi chequale pannocuopra o quale terra sostenga o qual muro chiuda questo corponon èdacurarepure che all'animo la sua ricchezzala sua patriala sualibertàper poco amore che egli loro portinon sia negata. Einbrievené esso ai dolci stati con soverchio diletto si faincontroné dispettosamente rifiuta il vivere ne gli amari;ma sta nell'una enell'altra maniera temperato tanto tempoquanto alSignorche l'ha qui mandatopiace che egli ci stia. E dove glialtri amanti evivendo sempre temono del moriresì come dicosa di tutte le feste loro discipatriceeposcia che a quel varcogiunti sonoilpassano sforzatamente e maninconosiegliquando v'èchiamatolieto e volentieri vi va e pargli uscire d'un misero elamentosoalbergo alla sua lieta e festevole casa. E di vero che altrosi può dire questa vitala quale più tosto morte èche noi quiperegrinando viviamoa tante noieche ci assalgono daogni parte così spessoa tante dipartenzeche si fanno ognigiorno dallecose che più amiamoa tante mortiche si vedonodi coloro dì per dì che ci sono per aventura piùcaria tante altre cosechead ogni ora nuova cagione ci recano didolercie quelle più molte volteche noi più di festae più di sollazzo doverci essereriputavamo? Il che quanto inte si faccia verotu il sai. A me certo pare mill'anni che iodalloinvoglio delle membrasviluppandomi e di questo carcere volando fuorapossada così fallace albergo partendomilà onde iomi mossi ritornare eaperti quegli occhi che in questo camino sichiudonomirar con essi quella ineffabile bellezzadi cui sonoamantesua dolcemercégià buon tempo; e oraperchéio vecchio siacome tu mi vediella non m'ha perciò meno chein altra età caroné mirifiuterà perchéio di così grosso panno vestito le vada innanzi. Quantunque néio con questo panno v'andròné tu con quellov'andrainé altro di questi luoghi si porta alcun seco dipartendosi chei suoi amori. I quali se sono di queste bellezze statichequa giùsonoperciò che elle colà su non salgonoma rimangonoalla terra di cui elle sono figliuoleelle ci tormentanosìcomeora ci sogliono quelli disii tormentarede' quali godere non sipuò né molto né poco. Se sono di quelle di làsu statiessimaravigliosamente ci trastullanoposcia che ad essepervenuti pienamente ne godiamo. Ma perciò che quella dimoraèsempiternasi dee credereLavinelloche buono amore siaquellodel quale goder si può eternamentee reo quell'altrocheeternamente ci condanna a dolere -.

-Queste cose ragionatemi dal santo uomoperciò che tempo erache io mi dipartissiegli a me rimise il venirmene -. Il cheposciache ebbe detto Lavinelloa' suoi ragionamenti pose fine.