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Vittorio Alfieri

La virtù sconosciuta

 

 

Paulum sepultae distat inertiae
Celata virtus
OrazioOde

 

 

 

L'autoredialoga con l'amico scomparsoFrancescosul tema dellamemoria e della gloria: Goribuon conversatore e uomo esemplareè morto senza lasciar nulla di scritto; è Gloria lasua? Esiste virtù che possa essere sconosciuta?



 

 

Interlocutori: Francesco GoriVittorio

Qual vocequale improvvisa e viva vocedal profondo sonno mi appella e mi trae? Mache veggio? al foscoe muto ardere della notturna mia lampada un raggiante infuocatochiarore si è aggiunto! Soavissimo odore per tutta lacameretta diffondesi... Son ioson io ben destoo in dolcesogno rapito?

Francesco: E che? non conosci lavocel'aspetto non vedi del già dolce tuo amico delcuoree dell'animo?

Vittorio: Oh vista! e fia vero?gli attoniti abbagliati miei occhi a gran pena in cotanta tualuce fissarti si attentano... Ma sìtu sei desso; quellatua voceche quand'eri mortaleamistade e virtù misuonavarispetto or m'infondee con dolcezza misto uno ignototremore.

Francesco: Riconfortati. DagliElisj vengo io a rivederticonsolartied alquanto star teco;dalle tue sì spesse lagrime e sospiri già ben dueanni chiamatooraconcedendolo il fatoalfin mi rivedi.

Vittorio: A gran pena i mieisensi ripiglio. - Ma già già quel timoreche dimaraviglia nascevadileguasi; ed al tuo caroe sospiratocospetto non può nel mio core albergar più temenza.

Assai cose mi rimaneano a dirtie adudire da tequando (ahi lasso me!) per poche settimane lasciarticredendomisenza saperloio l'ultimo abbraccio ti dava.Desolato ioed orbo mi sono da quel giorno funesto; néaltra scorta al ben vivereed alle poche e deboli opere del mioingegno mi rimasese non la calda memoria di tue possentiparolee di quella tua tanta virtùdi cui nobile edeccelsa prova al mondo lasciare ti avean tolto i nostri barbaritempil'umil tua patriaun certo tuo stesso forse ben giustodisdegnoed in fine l'acerba inaspettata tua morte.

Francesco: Nel reputarmi tu dicose grandi capaceforse all'affetto tuo smisuratopiùche al tuo bastante intendimentocredevi. Comunque ciòfossemorte ch'io non temevané bramava; morte che a medolse soltanto perchésenza neppur più vedertinegli ultimi miei momentiio lasciava te immerso fra le tempestedi mille umane passioni; ma puremorte che al mio cuore epensamento giovavapoiché da tanti sì piccioli enauseosi aspetti per sempre toglieamiogni tuo amichevole dubbiospettante a me disciolto ha per sempre.

Privato ed oscuro cittadino nacqui io dipicciolae non libera cittade; enei più morti tempidella nostra Italia vissutonulla vi ho fatto né tentatodi grande; ignoto agli altriignoto quasi a me stessopermorire io nacquie non vissi; e nella immensissima folla deinati-morti non mai vissutigià già mi ha ripostol'oblio.

Vittorio: Sprezzator di testesso io ti conobbi pur sempre già in vita; ed in ciòaltresìcome in ogni altra cosadel tutto ti conobbidissimilegià non dirò dai volgarima dai piùsommi uomini ancora: e perciò degno ti credevae ti credo(soffri ch'io il dica; adulazion qui non entra) degno d'esserprimo fra i sommi.

Morto sei; né di te tracciaalcuna in questo cieco mondo tu lascinol niegoper cui abbianoi presenti e futuri uomini a sapere con loro espresso vantaggioche la rara tua luce nel mondo già fu. Ignoto aicontemporanei tuoi tu viveviperché degni non erano diconoscerti forse; e ad un reo silenzio mal mio grado ostinandotid'essere a' tuoi posteri ignoto sceglieviperché forse lapresaga tua mentecon vero e troppo dolore antivedeache innulla migliori delle presenti le future generazioni sarebbero. Maioben rimembrartelo deitante volte pur ti dicevache uffizioe dovere d'ogni alto ingegno con umano cuore accoppiato si era iltentare almeno di renderle migliori d'alquantotramandando adesse sublimi verità in sublime stile notate.

Francesco: Sìmel dicevie il rimembro. Ma rispondevati io(ed al mio rispondereben misovvienetu muto rimanevie piangente) rispondevati io; che de'libribenché pochi sian gli ottimie ch'io tali fattimai non gli avreibastanti pure ve ne sono nel mondoa chivolesse ben leggerliper ogni cosa al retto e sublime viverenecessaria imparare. A ciò ti aggiungea; che ufficio edovere d'uomo altamente pensante egli era ben altrimenti il fareche il dire; che ogni ben fare essendoci interdetto dai nostripresenti vili governie il virtuoso e bello dire essendo statocosì degnamente già preoccupato da liberi uominiche d'insegnare il da lor praticato bene aveano assai maggiordritto di noitemerità pareami il volere dalla feccianostra presente sorger puro ed illibato d'esempio; e che viltàmi parea lo imprendere a dire ciòche fare da noi non siardirebbe giammai; e che stolto orgoglio in fin mi pareal'offendere i nostri conservi con liberi ed alti sensiche iloro non sonopoiché pur si stanno; i quai sensi in mepiù accattati da' libriche miei proprjriputerebberoessi; e con ragione forsevedendomi di sì alti sensisevero maestroe di sì vile vitaquale è lanostraarrendevol discepolo.

Vittorio: Che tufigliuol di testessoper te stesso altamente pensaviio ben lo seppichevivo conobbiti; saputo del pari lo avrebbero con lor vantaggio estupore quegli uomini tuttiche da' tuoi scritti conosciuto tiavessero. Ma in te più lo sdegno dei presenti tempi poteache l'amor di te stesso e d'altrui.

Eppure degno non eriné seidiquesta morte seconda; e se io lena e polso mi avessise dalpietoso alto e giusto desio d'onorare eternando il tuo nomepariall'ardore le forze traessi; se in pochima caldi periodi mivenisse pur fatto di esprimere la quintessenzadireidellasublime tua anima; di quella fama che tu non curastiverreiforse io in tal guisa ad acquistartene parte; non tuttanomai;che ciò solo alla tua luce creatrice aspettavasinon allamia per sé stessa sì pocae che se nulla intant'opra valessetutto terrebbe dalla sublime dignitàdel soggetto.

Francesco: La tua amicizia per mein ciò ti lusinganon men che l'amor di te stesso. Famanon ottienee non meritachi per acquistarla instancabilmentenon spese il sudoreil sanguee la vita. Tu da te stesso lasperiben soco' tuoi scritti: a ciò t'incoraggiva puriocredendotiper tue circostanze ed etàpiù dime atto ad entrar nell'aringo; e gli stessi miei argomenti turitorcevi spesso contro di me per risolvermi ad impugnare lapenna. Se cosa del mondo piegar mi poteva a ciò faretusolo potuto l'avresti; ma la più verace ragione che mendistolsefuche a ciò non m'essendo io destinato findalla prima età miale poche forze del mio ingegno tutteal pensaree al dedurre rivolsi assai più che alloscrivere: onde lo stilequella possente magica arte delleparoleper cui sola vincitore e sovrano si fa essere il verolostile mancavami affatto.

Vittorio: E in ciòsoffri che io a te contraddicasommamente pur t'ingannavi. Natonel più puro grembo della tosca favellaauree parole nonti poteano mancar mai; pienoridondante di fortiveraciesublimi pensieriavresti senza avvedertene l'ottimo tuo naturalestile perfettissimo ridotto scrivendo; e da libro nessuno non loavendo imparatouscito sarebbe dal tuo robusto capo col gettodella originalità da imitazione nessuna contaminato.

Nuove cose in nuovi modi a te siaspettava di scrivere; ed hai purecol non volerloagli uominitolto il dilettoil vantaggioe la maraviglia; a me la infinitadolcezza di vederti degnamente conosciuto e onorato; a te stessola gloria ed il nome. Finché vivo dintorno a me ti vedea(me misero!) sulla fallace instabilità delle umane coseaffidandominella mente tua nobilee nel caldo tuo cuorecomein un vivo e continuo librotegli uomini tuttie me stessoimparava io a studiaree conoscere. Allettato dal tuo dottopiacevolesaggioeppure sì appassionato parlaresecuroio troppo nella tua ancor verde età riposandopiùa goderne pensavache a porne con sollecitudine in salvo ilmiglioreinsistendoincalzandotie anche bisognandoamichevolmente sforzandoti a scrivere per tuttie per meinvece di parlar per me solo; poiché tu con ogni altro uomoquasi del tutto chiuso vivevi. Di questa mia inescusabilesconsideratezza e notte e giorno piango io: questa èsolquestala verace tua morteche me addolora e dispera; questo èil fiero irreparabile comune e mio dannoche mi martira. Tesfuggito e sottratto alle nojeal servireal tremareallavecchiezzaalle infermitàe più di tutto aldolore immenso e continuo di conoscere il bene ed il grandeenon poterlo né ritrovar né eseguirete invidiobensìma te non compiango giammai.

Francesco: Venendo io dallamagione del disingannopotrei su questo umano delirioche amordi fama si appelladirti e dimostrarti tai coseche non solo ticonsolerebbero di questa tua ideale mia famada me nonacquistata(né acquistabile mai) ma ad un tempo istessoti trarrebbero forse del cuore l'ardentissimo desiderio che dellatua propria tu nutri nel petto.

Macessi il cieloche cosìdolce ed utile chimera io voglia giammai negli umani petti népur menomarenon che distruggerla. Cagione essa sola d'ogniumana bell'operasovra chi più è nato adintraprendere ed eseguire il bellopiù dispotica regni. Epur troppo già di essa il moderno pensare è nemico;e quindi la sempre maggiore scarsezza d'uomini grandie di altecose.

Non biasimo dunque in tené mioffendequesto amorevole tuo rammarico che della intera mianullità mi dimostri; ese a rivivere avessipercompiacerti e darti indubitabile prova che la tua stima misarebbe caldo incentivo al ben faremi proverei in quale stadiopotessi atleta riuscire. Posso io più espressamente tecoricredermi della passata mia infingardaggine?

Vittorio: Questo tardo tuopentimentoe la ragione che vi ti muovevieppiù sempremi accorano. Ora sappiche cercando ionon sollievoma pascoloal mio dolore colla tua amata memoriadi alcune tue carte framani cadutemi pensai di far usoun qualche saggio che tu seistato mandandone al pubblico colla stampa. Quelle sonoin cuicol vivacissimo pennello della tua bollentema giusta ed eruditafantasiatu descrivi presso che tutti i migliori dipinti dellatua città; la qualebenché poco si sappia dai piùne è pure abbondantissima.

Francesco: Nol fardehnolfarese davvero tu m'ami. Tu saiche per mio solo passatempo ediletto io giàcosì come dava la pennabuttava incarta l'effetto che mi parea ricever nell'animo dalla vista edesame di quelle pitture. Nessuna ideaneppur leggerissimadifar su ciò libri mi cadde mai nella mente; e benchécorra adesso questa smania di belle artied alcuninullapotendo essere per sé stessiné far del loroabbiano creata questa nuova arte di chiacchierar sull'altrui; tusai che io sempre ho reputato esser questa una mera impostura:perché il vero senso del bello si può assai piùfacilmente provareche esprimere. E a questi entusiasti di bellearti chi credere veramente potrà nel vederli cosìcaldi ammiratori di un Bruto dipintoe così freddilettori poi di un Bruto da Livio scolpito?

Il forte sentirecredilo a meegli èuna liquida sottile infiammabile qualitàche per ogninostra vena e fibra trascorreed a tutti i sensi si affaccia.Orche saran questi grandiche in altro nol sonoche nellapotenza degli occhi? Nol sono in quella neppure; s'infingonos'ingannanoper ingannare.

Io mi diedi ad osservare e gustar lebelle arti alcun pocoma chiuso in me stesso; e ciò feciallor quando vidi e convinto mi fuiche l'osservare e il gustarele forti e magnanime imprese era in questi nostri tempi cagionedi più infelicità e dolore. Se uomo mai piansesirosee consumò in sé stesso per lo trovarsi le vietutte al forte operare impeditecerto sono io stato un diquelli. Vedi ora se con sì feroce tarlo nel cuore io possoaver amato le arti per altroche per deviaredirei cosìla troppa mia bile; né scritto di esse per altroche permio mero piaceresenza intenzion nessuna di riportarne la piùminima lode pur mai.

Vittorio: Ed appunto per ciòtraluce in questi tuoi scritti un certo veroe non affettato néingrandito senso del bellodal quale vorrei che con lorovergogna imparassero codesti moderni entusiastiche le granparolegrandi cose non sono; e che il caldo dell'anima di chi haosservato e sentito il bellonon trapassa veramente nel cuore dichi ne legge il resultatose non per via della piùnaturale semplicità.

Quindi io avea presso che risoluto in mestesso di dare in luce quelle tue sole descrizioni dei dipintidella sala del palazzo pubblico in Siena; i qualiper essere beifatti di storia d'amor patrioe di libertànon avrebberomeno testimoniato il tuo finissimo tatto nell'arteche il tuoforte entusiasmo per le vere e sublimi virtù; e mi pareadi vederviti in poche tue parole vivamente dipinto te stesso; emi bastava ciòper mostrare di te quasi un raggio alvolgo degli uomini: eper tutto in somma svelartia quel tuobrevissimo scritto disegnava io di far precedere una tuabrevissima vitain cui dimostrato avreima con modeste paroledel pari il tuo raro valoree la mia calda amicizia eammirazione vera per te.

Francesco: Vita? che dici? Per lanostra amicizia caldamente ten pregonol fare.

Le vite scriveansi altre volte de'santiaffinché le leggessero gl'idioti; e quelle degliuomini politicamente grandi in virtùaffinchéleggendole i pochi che di grandezza aveano alcun seme nel cuorepiù fortementee più tostomossi da nobilemaraviglia ed invidialo sviluppassero; e leggendole gli altrimoltissimi impotentise ne maravigliassero soltanto. Le vite siscrivono presentemente d'ogni principe che fatto abbia o disfattodelle leggie vinte o perdute delle battaglie; e d'ogni autoreche schiccherato abbia comunque alcuni fogli di carta.

Maquali che sian stati costorolabase pur sempre di questa loro terrena apoteosi si èl'essere essi stati conosciuti almenoo saputi: ma lo scriver lavita di uno che nulla ha fattoe che nessuno sa che sia statosarebbe giustamente reputato espressa follia: che se fra itermini della mediocrità d'ogni cosa in cui vissitu mirappresentassi dal verodirebbero i pochi che ti leggessero: Unacomune virtùmeritava ella vita? Seo con lusinga distileo con ingrandimento del verotu dalla sola e ciecaamicizia guidatoimprendessi a ritrarmidirebbero con piùragione i lettori: Mache ha egli fatto costuiper meritar sìgrandi laudi?

Tu vedi dunque che le vite voglionoessere scritte di coloro soltantoche o gran bene o gran maleagli uomini han fatto. Edegli antichi scrivendoperfettomodello di ciò ne ha lasciato il divino Plutarco: e ascrivere dei moderni (di cui un volume d'assai minor molefarebbesi) non è sorto ancora un Plutarco novello. Benchétutto dì delle vite si scrivanonon si dà peròvita a nessunoné la ottiene per sé lo scrittore.Saviamente dunquee da molto più verace mio amico faraidi me soltanto ricordandotise pur ti giovama tacitamente neltuo cuore; e nulla affatto di me mai scrivendo; perché inqualunque modo tu ponessi in carta questo tuo affetto per mepotresti con tuo dolore e mio danno dal tristo esito di un taletuo scritto ritrarne il disinganno della opinionein che tu mitieni.

Vittorio: E queste stesse coseche ora dicendo mi vaidehperché il mondo intero non leascolta? Dalla tua nobile e natural non curanza di te stessoquanta grandezza dell'alto tuo animo non trasparirebbe a queipochi che conoscono il veroe che non sempre giudicano le cosedall'effetto? Io per l'appunto nell'accennare al pubblico alcunituoi trattie brevemente sovra essi ragionandonutriva assaifondata speranza di poter con evidenza dimostrareche la virtùvi può essere anco nei più servili tempie nei piùviziosi governi; che tal virtù vi può esserelaqualeanche nulla operandoa quella che il più operassegiammaisi pareggi; e che in sommaquando ella nasce e dimoralà dove tutto l'impediscela distruggeo la scacciaegli è ufficio di retto uomonon che di verace amicoilmanifestarla a tutti per consolare e incoraggire i pochissimibuonie per vie più confondere e intimorire i moltissimirei. E se io dalla tua ignotissima vitadai privati e semplicituoi costumi mi riprometteva pure di trarresenza alterare ilveroluminosi saggi di fortezza ed altezza d'animodiumanissimo cuoredi acutissimo ingegnodi maschio e liberopetto; di ritrarne in somma un raro complesso delle piùpregiate cittadine virtù di Romao d'Atenevelate dacosì amabile modestiae in tempi cotanto ad esse contrarjcon sì discreta disinvoltura senza niuno offenderepraticate; non avrei io forse con un tale scritto potuto muoverela curiosità degli uomini tutti? non avrei io potuto lamalignità dei più ammutolire coll'evidenza? nonl'amore e la maraviglia di quelli destareche dalla piccolezzadel muto tuo stato vie più argomentandocome si deelagrandezza delle tue dotied a me pienamente credendo(perchéchi il vero scrive facilmente con colori di verità lodipinge) avrebbero la tua virtù non de' tempidoppiamentesentitae fors'anchecome nuova e inaudita cosa imitatal'avrebbero?

Francesco: Questo lungo tuo sfogoho io conceduto alla calda amistà: le lodi che dare a mevivo non avresti ardito(troppo m'amavi per farmi cotantoarrossire) niuno ascoltandocisoffro che alla ombra mia tu ledii; me non offendonoperché a te un verace affetto ledetta; me non lusinganoperché da ogni mortale umanapicciolezza son tolto: e purché a chi che sia tu mai nonle narriio godo assaiche la memoria mia sì saldo edonorato loco entro il tuo petto ritenga. Quelle virtù chea me prestipoiché sì ben le conosci ed apprezzifa che sian tue; e non nel tuo scrivere soltantoma nellapratica della vitaper quanto i tempi il comportano: epoichétanto me stimipensa dunque a tutta meritar la mia stima; pensache io da te non rivolgo mai gli occhie che ogni tuo piùinterno e nascosto senso io leggo e discopro.

Vittorio: E ciò sia: e senon sempreanzi le più rade voltescorgerai nel mio purtroppo picciolo cuore sane ed alte cagioni che il muovano; aquest'una di parlar di ted'amartie apprezzarti più checosa del mondoson certo che niuna vile cagionenessun bassofine vedrai che mi muova.

Mapoiché tu mi vieti che iofaccia di te mai menzione nel mondoed or ora tu stessoparlandominotasti il mio ardirecol quale io in faccia tilaudavacosa che a te vivo non avrei fatta io mai; piacciati permia consolazionesollievoe istruzione rendere a me soloragione di molte tue particolarità di cui non mi sonoattentato in vita richiedertela. E ciò non sia prova chel'uno amico all'altro nulla tacesse; ma chesiccome basedell'amistà nostra non erano le mutue lusinghema l'amordel veronon tutte quelle cose ricercavamo noi l'un dall'altroalle quali per soddisfar pienamente era d'uopo sagrificare inalcuna parte alla verità la modestia. Quindi io delle tuevirtù ogni giorno ne andava discoprendo qualcunama ilfonte di esse non sempre ti pregava io di scoprirmi. Rispondimiora dunque su alcune; e come quegli che è

Sciolto da tutte qualitati umane

non mi tacere omai nullate nescongiuroancorché alla dilicata e modesta tua indolecostar ne potesse non poco.

Francesco: Ogni cosa faròper compiacertiin questo brevissimo tempo in cui la tua vista ame vien concessa dal fato: ma non bene tu festi di nonrichiedermene francamente in vita; alto segno d'amicizia veradato mi avresti; ed io altissimo rendere tel potea snudandoti ilvero-vero dell'anima mia. E forse spessissimo la fonte di ciòche virtù chiamavie che tal ti pareaavresti vistoesser tale da dovermi costar lo svelartelonon modestianomabensì ardire molto e vergogna.

Vittorio: Conosco la umananatura e me stesso. Di meo di tutt'altr'uomociò credoesser vero che or tu mi accenni; ma di te non lo credo; o menoassaiche d'uomo nessuno del mondo.

Né ingannarmi tu puoi a quest'oradi te stesso parlandomicome forse in vita fatto lo avresti (nondiconarrandomi il falsoma non tutto il vero del sublime tuoanimo discoprendomi) per non offender forsediscreto troppolaminoranza del mio. Ora dunque tacermi nulla tu puoi di te stesso:divisi siamoe il siam per semprepur troppo! nulla di te mirimane che la memoria del valor tuo; fa dunque che me l'abbia iointera.

E da prima rispondimi: Tu nato nonnobilema cittadino in tempi che questo nobilissimo nomedi cuisi fregiava un Scipioneper non v'essere più vera cittàvien dato in suono di sprezzo alla classe posta fra i nobili e ilpopolodehdimmi; tu nato non nobileco' nobili che in cuoregiustamente sprezzar tu dovevicomedonde cavavi quel tuodignitoso contegnoper cui tacitamentesenza peròoffenderli maiti venivi a mostrare tu il vero patrizioed essinel tuo cospetto confessarsi pareano d'esser meno che plebe?

Francesco: Delicato tasto mitocchie questo soltanto ben festi forse di non ricercarmi invita. Risponderotti pur ora assai francamente.

Ancorché nella natura umanainevitabile sia (benché ascondibilee dai piùscaltri amatori di sé stessi nascoso) quell'odio che siporta ai maggiori di noio creduti talinon odiava io perciòi nobiliperché paragonandomi con essiin nessuna cosami ritrovava io minore di loroed in molte maggiore. Dal mionegoziodovepiù per rispetti di famigliache peravidità di guadagnomi stava trafficando di setavedevaio spesso pel maggior foro della città scioperatiecarichi oppressi d'ozio e di noja codesti nobili passeggiare; edio li vedea standomi tal volta con Tacitoo con altro sommoclassico in mano: come mai odiarli potea? Tacitoo altro librodicevamiche né ioné essi in questi governieravamoné essere potevamo giammai veri uomini: niunadifferenza passava tra essi e me nel servirese non che iod'esser servo sapevae doleamenee vergognava; essi nolsapeanoo se ne gloriavano. Indegno sarei stato del tutto dipoter essere un vero uomose più assai compatita nonavessi tal gente che odiata. E in ciò ti svelo schietto ilmio cuore; o fosse naturao fosse in me frutto del moltoleggeree del più pensareio gli uomini tutti amavadavvero: i pochi buoniperché tali; i tanti reiperchérei non son quasi mai per sé stessima per fatalitàdi circostanzee insufficienza di leggi. Odiava io bensìsommamente quelle prime cagioniche gli uomini fannoo lascianoesser reima non gli uomini mai. Era dunque tale lo statodell'anima miache io neppure i più disprezzabilidispregiava; nessuna cosa abborriva fuorché la violenzausata agli uomini fuor dell'aspetto di legittima legge; moltoconoscevae poco apprezzava me stesso; e non invidiava purenessunocotanti vedendone a me sovrastare; e non desideravaaltro al mondo che il poter praticar la virtù: di quellaparloche sola è la verapoiché agli altri uominigiova; quellache conoscer si puòma immedesimarsela nonmaise non col continuopubblicoliberoe laudato eserciziodi essa. Tale era iostandomi umilmente a bottega; e non avevaaltro sollievo al mondoche l'andar leggendo i pochi ottimilibri; ed altro martirio al mondo non aveva ad un tempoche ilparagonare mee i miei tempicon quegli uomini e tempidi cuileggeva.

L'umiltà dei natali doluta forsemi sarebbe oltre modose avendo io una vera patriami avesseciò escluso dal poterla serviree giovarle; il chedovevera patria funon accadde pur mai: ma dove la chiarezza delsangue prerogativa altra non dàche di lasciar rimirarpiù da presso la fucina vilein cui le comuni catene ditutti si tempranosomma ventura io reputai il non averlasortita; poiché quindi alla oscurità del mionascere io poteva più assai facilmente congiungere lapurità della mianon ardirò già dir liberama ignorata e indipendente esistenza. Da tutto ciòforsenacquesenza che io me ne avvedessiquel mio contegnoqualch'ei fosseco' nobilidi cui tu mi chiedi ragione.

Vittorio: Oh anima veramentesublimeche tutto innalza quanto ella tocca! animache pernulla aver fattoed ogni cosa sentitotanto è maggiored'ogni altrae direidi sé stessa!

Francesco: Dehmodera questituoi affettuosi trasporti. Tanti altri uomini vi saràchecosì pensano e praticano tutto dì...

Vittorio: Ed ecco ancoraun'altra particolar tua grandezza. Gli uomini conoscied itempi; e sì pure ti ostini a reputare non rara cosa lavirtùed il vero. Senza avvedertenetu giudichi altruida te stesso; e cosìsenza volerlote sovra ogni altrofai grande.

Madimmi ancora: come mai col cuore ela mente così pieni e infiammati del bello (cioèdel vero); con una tempra di carattere così magnanimamentesdegnosoimpazientee bollente; come potevi tu essere coidottio pretesi talicotanto modesto; cogli ignoranti cosìumano; coi saputi così discreto; e coi soverchiatori infine cotanto signor del tuo sdegno?

Francesco: Non fare mainédir nulla invanofu sempre la principale mia massima. E siccomeper mostrarmi io erudito(se pure stato lo fossi) già nonavrei in tutti costoro scemato l'orgoglioma di gran lunga bensìaccresciuto in essi l'odio e la rabbia della lor dimostratainsufficienzami solea perciò tacereo non parlaresenon richiesto: e ciò brevemente faceae accompagnandosempre le parole mie col mi pare; formolache tengono essicotanto cara in altruimentre pure non esce mai di lor bocca.Manon crederai tu per ciòche io avessi concepito ilpuerile e basso disegno di piacere a tutticompiacendo ai piùche son di costoro; no; di pochissimi vollie giovommiaverl'amore e la stima; degli altri soltanto non volli aver l'odioil qualeanche non meritatosempre ad un uomo buono riesce unospiacevole carico; e sempre suppone che molti hai offeso: equand'anche ciò facciasinon se ne accorgendo l'uomoocol solo valer più degli altrio col lasciarlo conoscerea ogni modo viver dovendo fra gli uominie non potendo lorogiovare offendendolise pure d'alcun pensiero si è fattotesorova goduto per séo coi pochissimi amicieinteramente dissimulato coi rimanenti. Queste regole del beneoper dir megliodel queto viverealquanto debilette parrannoalla tua indomita impetuosa indole: manon si vuolenési può vivere in Siena e nella presente Italiacome giàin Romain Spartae in Atene: e siccome in quelle cittàmolti forseche per sé amata non l'avrebberopraticavanood onoravano almeno la virtùperchéciò voleva la imperiosa opinione dei più; cosìnelle presenti cittàdove i più non la conosconoovvero l'abborrisconoè forza il fingere di nonconoscerlao di non apprezzarla molto più che essil'apprezzino.

Confesso peròche tra quellequattro specie d'uomini che mi hai mentovatei dottigl'ignorantie i saputimi hanno fatto ridere alcuna voltaepiù spesso a compassione destato; ma i soverchiatori mihanno assai volte infiammato di sdegno: non udirono per ciòessi mai da me quelle brevissime e forti veritàche divergogna e confusione riempiendolilievemente ammutoliti gliavrebbero; tacque il mio labbroe non ch'io parlare temessimavano il reputava del tutto; parlò con essi tacitamente ilmio aspetto; e ciò mi bastò per non essere quasimai soverchiato.

Vittorio: Ciò ch'io piùpregio in te ed ammirosi èche tu nato buonoe fattopoi ottimo dal molto pensaree dal molto conoscere le umanecosegodevi pur d'esserlo per te stesso; e se mostrar tale tidovevisempre di alquanto minor valore che il tuo non eratimostravi. Tu fra questi presenti uomini mi parevi quasi una gemmanel fangoche per meno rilucere vi si nasconde; ma per esserbruttata non perde già ella il suo splendore e virtù;e chiunque la raccoglie e tergesel vede. Da questo tuo parlareben ora comprendo perché allor quando l'acerba morterapivatiancorché da pochissimi ben conosciutoe datutti dissimiletu eri pur pianto e desiderato da tutti. Lavirtùbenché occultagli animi dunque tuttied imen virtuosipienamentee mal grado lorosoggioga. Ma vero èch'ella era di sì gran vaglia la tuache occulta parendonon l'era. Ignote eran forse le tue parti sublimi di veraceantica virtù che ti avrebbero fatto di tua propria lucebrillare in mezzo ai più sommi uomini di Roma libera; maquelle virtù secondarieche altro non sono se non senegazione di vizje che nella presente nostra meschinitàpur somme si chiamano(evisti i governi nostriforse elle ilsono) quelle possedevi pur tuttee ogni giornocome correntemonetasenza avvedertenele spendevi. Quindi nasceva ilrispettoquindi l'universale amore sì grande e veraceche quando io mi accompagnava con te per le viedal piùinfimo fino al più grandeio vedeva in ogni voltomanifestamente nel salutarti scolpita quella tacita venerazioneche non si può aver dagli uomini mai per altr'uomose nonper chi non ha macchia nessuna. Nel volto dei buoniche eranoper lo più i bassila rimirava io mista d'amore; in queldegli altri traspariva fra un nuvoletto di sdegno; ma cosìpicciolo egli erache io l'avrei creduto acceso piùcontro sé stessiche contro di te: guai peròguaise coloro ti avessero creduto ricco delle tue tante altrevirtù! ti si perdonavano le triviali e moraliperchéad ognuno parea di poterlevolendolopraticare. Tacitamentefrattanto io osservava in me stessoe giubilava di doppia giojaravvisando in te due così ben distintie cosìraramente accozzati personaggi: il Gori di tuttie il Gori di séstesso; e direiil Gori miose questa parola mio incontrapposto del tutti non suonasse qui forse orgoglio ebaldanza.

Francesco: Ed ioper provartiche amico vero in morte ti sono come già in vita ti fuirender ti voglionon grazie per lodima biasimo: e dirtivoglioche se pure in me tu commendi l'aver cogli antichipensatoe ai moderni non dispiaciutoin ciò soloimitarmi dovresti. Giacché pure incominciato hai discriveree del tutto forse non sei fuor di stradalibero esublime sfogo nelle sole tue carte concedi alla splendida esoverchia tua bile; sottilmentee con discrezione negli scrittiadoprataella è codesta bile il più incalzantemaestro d'ogni alto insegnamento: ma fra gli uomini viventiraffrenarla si debbe: nessuno mai correggerai coll'offenderlo; némaggiore de' tuoi stessi minori mostrarti potraise maggiore inprima non ti fai di te stesso. Pensa coi classici;coll'intelletto e coll'anima spaziase il puoiinfra Greci eRomani; scrivise il saicome se da quei grandi soli tu dovessiesser letto; ma vivie parlaco' tuoi. Di questo secolo servileed oziosotuttoben soti è nausea e noja; nullat'inalza; nulla ti punge; nulla ti lusinga: manécangiarlo tu puoiné in un altro tu esisterese non colpensieroe coi scritti. Pensa dunqueancor tel ridicopensaescrivia tuo senno; ma parlae vivied opera cogli uomini asenno dei più. E su ciò fortemente t'incalzoperché ti vorrei amato dai pochi bensìe dai solibuoni stimatoma non odiato mai da nessuno.

Vittorio: Comune non èquesto pregiopoich'egli era il tuo. Io non ho in me quellaumanitàagevolezzae blanda naturache era pur tuttatua: sovrana doteper cuisenza lusingané sforzonessunoin vece di abbassar te fino agli altriparevi gli altriinnalzar fino a te. E questacrediloè l'arte solachefa e lascia convivere i grandi co' piccioli: ma dei veri grandiparlo ioe dei veri piccioli; che mai non son quellichiamatitali dal mondo.

Mache laudo io in te queste socialivirtù secondariementre un solo esempio ch'io recassid'una delle altre tuebasterebbe per porti sovra ogni uomo delnostro secolo guasto? Qual fu la cagione della immatura tuamorte? la pietà verae il raro amore che pel tuo fratellonutrivi. In questi tempiin cui noi tutti pur troppo dal voracelusso incalzatinoi tutti quasinon che piangere di vero cuorela morte dei nostricrudelmente la desideriamood almenl'aspettiamo; la insaziabile abbominevol peste della cupiditàdelle ricchezze altrui (peste altre volte nelle sole case dei remeritamente albergata) oradacché dai moltiplicatibisogni più servi siam fattiinvaso anche ha i piùumili tetti: etolto il nobilee sempre di noi men servoagricoltoreil quale nella sua numerosa famiglia la ricchezzaamore e felicità sua piena riponegli altri tuttibarbaramente s'invidiano fra loro la vita; del troppo longevopadre la invidiano i figlidella moglie il maritodel fratelloil fratello; e nessuno in somma ben vivo si reputafin che nonha i suoi tutti sepolto. Ma tudiverso in tutto da tuttifostianco in ciò diverso dai pochi sommi uominiche per lo piùtenerissimi esser non sogliono dei loro congiunti: né dirsaprei se in te fosse maggiore la sublimità della menteoquella del cuore. Questo fratello tuominore di te in ogni cosacome negli annidi cui tuquasi amoroso padrecotanta curapigliavi; per cui solo attendevi a quel tuo così a tedispiacevole trafficoche necessario non t'era per vivereagiatoe di tanto disturbo ti riusciva per viver pensante;questo tuo fratello in sommaottimo giovine e di nobil'indoleanch'eglima in nessuna cosa superiore né al suo statoné ai tempied in nessunissima a te vicinoegli era purela sola remoral'ostacolo solo alla tua intera felicità:poiché tucome saggioin null'altro riponendola che nelviver liberoe pensare e dire a tuo sennodisegnaviacquistartelaemendando il tuo nascerecol ricercarla e goderlain quelle contrade dove ella in tutta securtà si ritrova es'alligna. Eppure quando la mortepercotendo da prima il tuofratellopareva aprirtene la viapoteva nel tuo petto assai piùla pietà e il dolor per altruiche non l'amor per testesso. Non t'adiraredehse io qui a virtù grande tiascrivo que' sensiche in migliori tempie fra miglior genteverrebbe tenuto mostruosità il non averli: ma cosìrara cosa mi pare fra noi la cagion di tua mortee di cosìnaturale e nuova grandezza ripienache ai nostri tempi dove névivere né morire da grandi mai non si puòparmidirei cosìche la natura in te solo sfoggiando impresoabbia a deridere le tirannidi nostre; col tuo chiaro esempiomostrandoche ogni picciol tetto può esser campo amagnanimità e virtùancorché ad esse toltone venga ogni altro pubblico campo. E se il dolore di un fratellosemplicemente di sanguee non di virtùcotanto purepotea nella ben nata e calda tua animachi negarmi ardiràche tuin altra più felice contrada natoper la patriaper la virtùe per la verace gloriadi ogni piùsublime sforzo non saresti stato capace?

Francesco: Dehbasti. Non so seil solo dolore del premorto fratello mi uccidessee nol credo;ma certo il mio corpogià non robustissimogran crollone riceveva. Doleami il fratellopoco curava io di me stessoetu presente non eri; propizio era il punto. All'età mianon m'era possibile oramai di rinascere a vera vita; tu sai cheil dolor di non vivere quale potuto forse l'avreiandavaconsumando i miei giorni; l'aggiunta dell'estraneo dolore fuquella forse che colmò la misura; e morteche in petto mialbergava pur sempretrovò in quelI'istante tuttedischiuse le vie a diffondersi pel debil mio corpo. E ciòfu il meglio per me: alle tante mie noje non v'ho aggiuntovecchiezzae i suoi fastidj moltissimi.

Vittorio: Ahcrudele! ma nonera già il meglio per meche nel perdertila metàe la miglioredell'esser mio smarrita ho per sempre; e altrosollievo non serboche il sempre pascermi piangendo della tuamemoria ed immagine.

Francesco: Doler non mi possodell'immenso amor tuo; ma ti biasmerò bensì moltodel lasciarti così in preda al doloree del dirmiopensareche in me tu perdesti la metà del tuo essere. Nelfior de' tuoi anni; acquistata (ancorché a carissimoprezzo) a te stesso quella libertàche se a farti verocittadino insufficiente è pur semprepoiché talnon sei natoa non impedirti di essere e dimostrarti uomo purbasta; ed in oltre dolcemente ripieno il tuo cuore di nobile edegno amore; infelice a tai patti reputar non ti dei: néio ti concedo che tu sii colla fortuna tua ingiusto ed ingrato.Che di me ti dolga mi è dolce; poiché il moderatodolore agli animi teneri e grandi è pascoloche ad essianco arreca un loro particolare diletto; ma che tu ten disperinol voglio. Assai gran parte ti resta di quelle cose cheall'umano cuore più giovano: anzi tutte ti restanopoichéquella stessa santa amistà che tra noi passavae chepurenol niegoè così importante e necessariosollievo alla umana miseriatu la ritrovi tuttorae sotto piùpiacevol e lusinghiero aspettonel cuore dell'amata tua donna.Con essa delle più alte cose parlare ti è dato;ella tutte le intendele assaporale sente. Sovrano impulso alben fare dal dolce e sublime suo conversare trarraie l'haitratto finora.

Vittorio: O dolcissimo amicotumi parli di cosache sola di seguitarti impedivami; argomentarpuoi quindi s'io l'ami. Sostegni della mia vitad'ogni opera miaentrambi voi l'anima siete; e tusìbenché toltodagli occhi mieitu il sei tuttavia; e se in essa te tuttoritrovato non avessii soli legami d'amore a ritenermi in vitaeran pochi. Ma spessotu il saicrudelmente costretto son io dilasciarla; e son quelli i momenti terribili del mio piùferoce delirio. Di te mi ritrovo io privo per sempredi essatroppo più a lungo ch'io sostenere nol posso; in predasolamente a me stesso in tal guisa rimastome stesso invanoricercoe non trovo. Ed ecco come alla accesa mia fantasia altrosfogo o rimedio non soccorreche il piantoo le rime. Ed eccocomeora desiandoora immaginando di vederti e parlartiio hovissuti questi due anni dacché mi sei tolto. Ma pur troppoin me sento un funesto presagio che questa prima volta saràla sola ed ultimain cui mi fia dato il favellarti e l'udirti: eil crudel fato alle eterne sue leggi per or derogandoquest'unaforse conceduta non mi hache come un lieve compensoall'inopinato e barbaro modo con cui rapito mi fosti.

Francesco: Vero è(cosìpur nol fosse!) che prima ed ultima volta fia questain cuiscambievolmente vederci ed udirci potremo oramai; ma la fervidamemoria che di me tu conservimi ti renderà bene spessopresenteed in parte così verrai a deludere leinesorabili leggi di morte. Dal vano pianto io ti scongiurodunque a cessare; non ardirò dirti interamente lo stessoquanto alle tue tante rime; sì delle poche che per me haifatte o faraisì delle moltee troppeche per la tuadonna scrivesti e scrivi tuttora. Ma siccome tu fama da esse nonpretendi né aspettipiù nobile e dolce sfogo dellamestizia dell'animo tuoamichevolmente ti dico che ritrovare nonpuoi. E molto mi piace che dell'amata tua donnapiù assaiche i crin d'oro e i negr'occhine vai laudando la candidissimaalmail dolce costumegli alti sensie il nobile acuto emodesto ingegno. Ma sienoten pregocodeste rime il tuopensiero secondo; le tragedie vadano innanzi; e pensache allanostra Italia ben altramente bisognano altezza d'animo e forzache non soavità di sospiri. Non ti stancare di adoperarsovr'esse la lima penosa; e un certo discreto numero non neeccedere. Il bollore degli anni impiegato hai finora nel bollordel creare; i rimanentiche l'età intiepidisce piùsemprealla freddezza della lima consecrali; eper ultimo pregomiocui ben fitto ti scongiuro di sempre portarti nel cuoregiunto che sarai ad una certa discreta etàconosciti edatti per vecchioanche anzi d'esserlo; e le Muse abbandonaprima ch'elle ti lascino. Né in ciò ti voglioconcedere che coi più grandi scrittori tu pecchi; convintosiiche varcato dall'uomo il nono lustroo poco più inlàogni poeta che scriveva togliendo a sé stessola già acquistata fama.

Vittorio: Il nobile e giustoconsiglioche interamente pure al mio pensare si adattada tericonoscere il voglioecome d'ogni altro tuo pregoa me fardi questo una legge inviolabile. Due cose sole a chiederti mirimane; ed è l'una; se non isdegneresti che io in alcunaparte ti ponessi una semplice marmorea lapidecon sopravi pocheparoleove testimoniando al mondo il mio immenso amore per teil tuo alto valore almen vi accennassi.

Francesco: Negar non tel vogliose ciò al tuo dolore è sollievo; ma se con ciòsperi di farmi più noto al mondoti pregherò purdi nol fare. Ad ogni uomo si pongono tutto dì dellelapidie inosservate meritamente elle passano. Ogniancheottimo versoche sulla tomba di un estinto si legganonequivale mai al semplice nome di chi alcuna chiara cosa operava:nulla rimane di chi nulla feceancorché vi si sforzi incontrario ogni più alto ingegno. Tomba dunque assai degnae la sola ch'io bramiottenuta ho io finché voi vivetenel tuo cuoree nell'altroche al tuo sì strettamenteallacciato è per sempre. Estinti voicon voi non dorrammidi affatto perirese così vuole il vostro destino: ma sela fama pure delle opere tue dal sepolcro ti traequellapicciola parte di essa me ne basta che disgiungersi non puòdalla tua in chi tanto amastie cotanto ti amava.

Vittorio: Noi dunque quanto allalapide seguiteremo il dettato del nostro addolorato cuore; senzascordarci però della sublimità vera di questi tuoiultimi detti.

L'estremo mio pregodi cui sconsolatooltre modo ne andrei se a me tu il negassisi èche tipiaccia concedermi che io intitoli al tuo per me sacro nome lamia Congiura de' Pazzi; tragediain cui quanto piùaltamente ho saputoquei sensi stessi ho spiegatiche dal tuoinfiammato petto sì spesse volte prorompere udiva conenergia e brevità tanta di maschie e sugose parole.

Francesco: Ciò che incodesta tragedia non debolmenteparmiesprimestinon nego iod'averlo già fortemente sentito; ed in ciò eravamonoi pari: ma ella è ben tua la tragediae come cosa tuae degna di tel'accetto io; e come cara e somma dimostrazionedel tuo affetto la tengo; purché con troppe laudi nonvogli in quella dedica più onore né parteascriverne a medi quello che a me se ne aspetti. In vitarimembramidi ciò ti parlava fin da quando a me destinatal'avevie ricevutala io; benché le fortissime veritàche là entro si leggonopoteano di danno riuscirmi nonlievefinché costretto era io di vivermi entro il miocarcer natio: alla tirannideil sainon meno dispiace chi direosa il veroche chi riceverlo ardisce. Ma tuamico mio non menodiscreto che caldotra le altre ragioni per cui ne sospendestila stampafu anche una quelladi non volerminé latragedia datami toglierenécol darmelaintorbidare inparte nessuna la tranquillitào per dir meglioil soporedella servile e tremante mia vita. Tugenerosoper me tiassumesti di esser timido e vile; ed assai forte provain ciòfaredella tua rara ed immensa amicizia mi davi. Ma puretu ilsaiche io a ricevere la tragedia tua era pronto; e che ogni miodannose toccarmene alcun men doveaio riputava guadagnoqualor per te lo soffriva.

Vittorio: Il pianto mi strappidal cuore; parlarené respirare più quasi nonposso. Ogni tuo consiglio prego e voleresarà pienamenteadempito da me... Maoimè! già già tidilegui !... Dehti arresta;... odimi ancora...

Francesco: Tutto udii; tuttodissi. Irresistibile forza dagli occhi tuoi mi sottrae. Felicevivie possanza nessuna di tempo dal tuo cor mi scancelli.

Fine del dialogo

 

Posto avea di mia vita assai granparte
Nella soave tua schietta amistade;
E mi sei tolto inassai verde etade
Mentr'io credei per pochi dìlasciarte!
Dalla tua propria man vergate carte
Mi feanvivere in tutta securtade;
Quandoimprovvisocome il fulmincade
Giunge la nuova che lo cor mi parte.
Chi pensatol'avrebbe? in dirti addio
Era l'estremo! e rivederti iomai
Più non doveva in questo mondo rio!
Masugliocchi pur troppo ognor mi stai;
E vie più caldo accendiin me il desio
Delle virtùche in te solo trovai.

Oh più assai che Fenice amicoraro
Che amavi menulla da me volendo;
Che di vitatempravi a me l'amaro
Meco i miei studj e i piantidividendo;
Dehsapess'io laudarti in stil sìchiaro
Che dal sepolcro il tuo nome traendo
Io nelmandassi riverito e caro
All'altre etàcui di piacerpiù intendo!
Ciò per te stesso far potutoavresti
Meglio assai ch'iose avversi i tempi e il loco
Nont'erandove occulti dì vivesti.
Ben d'ingiusta fortunaè crudo il giuoco;
Voler che il fango vile in luceresti
E ignoto e muto il più sublime fuoco.

Oltre all'ottavo lustro un annoappena
Varcando iva lo amico del mio cuore
Quando ilfratello suo morendo il mena
Seco in tombasì grave ein'ha dolore.
Eppur l'infermoche duo dìpremuore
Doppio aver lascia e libertade piena
Al miocheesemplo di fraterno amore
Perde a sì fera vista epolso e lena.
Né già gli è tolto nelgerman l'amico;
Ancor ch'ottimi entrambieran dispari
D'almad'ingegnod'indolee di brama.
Pietà fu sola (e inverdel tempo antico)
Che orbato ha Sienae med'uno deirari
Ch'ebber alte virtudied umil fama.

Era l'amicoche il destin mifura
Picciol di corpoe di leggiadre forme;
Brune chiomeocchi ardentiatto conforme;
E scritto in viso: Io son d'altanatura.
Liberissimo spirto in prigion dura
Natoei vistava qual leon che dorme;
Ma il viver nostro fetido edifforme
Ben conoscea quell'alma ardita e pura.
Null'uomquasi apprezzando(a dritto forse)
Nullo pur ne odïava;e a tutti umano
Sol ben oprando ei stessoi reirimorse.
Troppa era ei macchia al guasto mondoinsano:
Invidiacredoi lividi occhi torse
E a Mortecruda lo accennò con mano.

Deh! Torna spesso entro a' miei sogniosolo
Vero amico ch'io avessi al mondo mai:
Deh! dal tuoavello torna a udir mie' guai;
Che il pianger teco a me purscema il duolo.
Fuor del carcer terren seguìto avolo
Ti avrei quel dìche a forza io mistrappai
Dall'amata; quel dìch'io invan chiamai
Tecui già muto racchiudeva il suolo:
Ma colei chedell'uom sempre s'indonna
Spemevuol ch'io sorvivaeaspetti l'ora
Che riunir dovrammi alla mia donna.
Fra noiti albergaombra adorataallora.
Calda memoria in noi mainon assonna;
Chete vivoin tre corpi un'alma fora.