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VittorioAlfieri

DellaTirannide



Cuncti se scire fatentur
Quid fortuna ferat populised diceremussant
.
VirgilioEneidelib. XI



Impunequaelibet facere id est regem esse
SallustioGuerraGiugurtinacap. XXXI

 



PREVIDENZADELL'AUTORE



Dirpiù d'una si udrà lingua maligna
(Il dirlo èlieve; ogni più stolto il puote)
Che in carte troppeedi dolcezza vuote
Altro mai che tiranni io non dipigna:

Chetinta in fiel la penna mia sanguigna
Nojosamente un tasto solpercuote:
E che null'uom dal rio servaggio scuote
Ma ridermolti fa mia Musa arcigna.

Nonio per ciò da un sì sublime scopo
Rimuoverògiammai l'animoe l'arte
Debil quantunque e poco a sìgrand'uopo.

Némie voci fien sempre al vento sparte
S'uomini veri a noirinascon dopo
Che libertà chiamin di vita parte.





LIBROPRIMO


ALLALIBERTÀ

Soglionsiper lo più i libri dedicare alle persone potentiperchégli autori credono ritrarne chi lustrochi protezionechi mercede.Non sonoo DIVINA LIBERTÀspente affatto in tutti i modernicuori le tue cocenti faville: molti ne'loro scritti vanno or qua orlà tasteggiando alcuni dei tuoi più sacri e piùinfranti diritti. Ma quelle carteai di cui autori altro non mancache il pienamente e fortemente volereportano spesso in fronte ilnome o di un principeo di alcun suo satellite; e ad ogni modo pursempredi un qualche tuo fierissimo naturale nemico. Quindi non èmeravigliase tu disdegni finora di volgere benigno il tuo sguardoai moderni popolie di favorire in quelle contaminate carte alcunepoche verità avviluppate dal timore fra sensi oscuri edambiguied inorpellate dall'adulazione.


Ioche in tal guisa scrivere non disdegno; ioche per nessun'altracagione scrivevase non perché i tristi miei tempi mivietavan di fare; ioche ad ogni vera incalzante necessitàabbandonerei tuttavia la penna per impugnare sotto il tuo nobilevessillo la spada; ardisco io a te sola dedicar questi fogli. Nonfarò in essi pompa di eloquenzache in vano forse il vorrei;non di dottrinache acquistata non ho; ma con metodoprecisionesemplicitàe chiarezzaanderò io tentando di spiegarei pensieriche mi agitano; di sviluppare quelle veritàcheil semplice lume di ragione mi svela ed addita; di sprigionare insomma quegli ardentissimi desiderjche fin dai miei anni piùteneri ho sempre nel bollente mio petto racchiusi.
 Iopertantoquesto libercolettoqual ch'egli siaconcepito da me ilprimo d'ogni altra mia operae disteso nella mia gioventùnon dubito punto nella matura età (rettificandolo alquanto) dipubblicar come l'ultimo. Che se io non ritroverei forse più inme stesso a quest'ora il coraggiooper dir meglioil furorenecessario per concepirlomi rimane pure ancora il libero senno perapprovarloe per dar fine con esso per sempre ad ogni mia qualunqueletteraria produzione.





CapitoloPrimo
COSA SIA IL TIRANNO

 Ildefinire le cose dai nomisarebbe un credereo pretendere che ellefossero inalterabilmente durabili quanto essi; il che manifestamentesi vede non essere mai stato. Chi dunque ama il verodee i nomidefinire dalle cose che rappresentano; e queste variando in ognitempo e contradaniuna definizione può essere piùpermanente di esse; ma giusta saràogni qualvoltarappresenterà per l'appunto quella cosaqual ella si erasotto quel dato nome in quei dati tempi e luoghi. Ammesso questopreambolettoio mi era già posta insieme una definizionebastantemente esatta e accurata del tirannoe collocata l'avea intesta di questo capitolo: main un altro mio libercoloscritto dopoe stampato prima di questoessendomi occorso dappoi di doverdefinire il principemi son venuto (senza accorgermene) a rubare ame stesso la mia definizione del tiranno. Ondeper non ripetermilaommetterò qui in parte; né altro vi aggiungeròche quelle particolarità principalmente spettanti al presentemio temadiverso affatto da quell'altroDEL PRINCIPE E DELLE LETTERE ;ancorché tendente pur questo allo stesso utilissimo scopodicercare il veroe di scriverlo.
TIRANNOera il nome con cui i Greci (quei veri uomini) chiamavano coloro cheappelliamo noi re. E quantio per forzao per frodeo per volontàpur anche del popolo o dei grandiotteneano le redini assolute delgovernoe maggiori credeansi ed erano delle leggituttiindistintamente a vicenda o re o tiranni venivano appellati dagliantichi.
Divenne un tal nomecoll'andar del tempoesecrabile; etale necessariamente farsi dovea. Quindi ai tempi nostriqueiprincipi stessi che la tirannide esercitanogravemente pure sioffendono di essere nominati tiranni. Questa sì fattaconfusione dei nomi e delle ideeha posto una tale differenza tranoi e gli antichiche presso loro un Titoun Trajanoo qual altropiù raro principe vi sia stato maipotea benissimo esserchiamato tiranno; e così presso noiun Neroneun TiberiounFilippo secondoun Arrigo ottavoo qual altro mostro moderno siasiagguagliato mai agli antichipotrebbe essere appellato legittimoprincipeo re. E tanta è la cecità del modernoignorantissimo volgocon tanta facilità si lascia egliingannare dai semplici nomiche sotto altro titolo egli si vagodendo i tirannie compiange gli antichi popoli che a sopportaregli aveano.
 Tra le moderne nazioni non si dà dunqueil titolo di tirannose non se (sommessamente e tremando) a queisoli principiche tolgono senza formalità nessuna ai lorsudditi le vitegli averie l'onore. Re all'incontroo principisi chiamano quelliche di codeste cose tutte potendo pure adarbitrio loro disporreai sudditi non dimanco le lasciano; o non letolgono almenoche sotto un qualche velo di apparente giustizia. Ebenignie giusti re si estimano questiperchépotendo essiogni altrui cosa rapire con piena impunitàa dono si ascrivetutto ciò ch'ei non pigliano.
 Ma la natura stessadelle cose suggeriscea chi pensauna più esatta e migliordistinzione. Il nome di tirannopoiché odiosissimo egli èoramai sovra ogni altronon si dee dare se non a coloro(o sianessi principio sian pur anche cittadini) che hannocomunque sel'abbianouna facoltà illimitata di nuocere: e ancorchécostoro non ne abusasserosì fattamente assurdo e contro anatura è per se stesso lo incarico loroche con nessunoodioso ed infame nome si possono mai rendere abborevoli abbastanza.Il nome di reall'incontroessendo finora di qualche grado menoesecrato che quel di tirannosi dovrebbe dare a quei pochichefrenati dalle leggie assolutamente minori di essealtro non sonoin una data società che i primi e legittimi e soli esecutoriimparziali delle già stabilite leggi.
 Questa semplicee necessaria distinzione universalmente ammessa in Europaverrebbead essere la prima aurora di una rinascente libertà. Èil veroche nessuna cosa poi tra gli uomini riesce permanente eperpetua; e che (come già il dissero tanti savj) la libertàpendendo tuttora in licenzadegenera finalmente in servaggio; comeil regnar d'un solo pendendo sempre in tiranniderigenerarsifinalmente dovrebbe in libertà. Ma siccome per quanto iostenda in Europa lo sguardoquasi in ogni sua contrada rimiro visidi schiavi; siccome non può oramai la universale oppressionepiù ascendereancorché la non mai fissabile ruotadelle umane cose appaja ora immobile starsi in favor dei tiranniogni uomo buono dee crederee sperareche non sia oramai moltolontana quella necessaria vicendaper cui sottentrare al fin debbaall'universale servaggio una quasi universal libertà



CapitoloSecondo
COSA SIA LA TIRANNIDE

  TIRANNIDEindistintamente appellare si debbe ogni qualunque governoin cui chiè preposto alla esecuzion delle leggipuò farledistruggerleinfrangerleinterpretarleimpedirlesospenderle; odanche soltanto deluderlecon sicurezza d'impunità. E quindio questo infrangi-legge sia ereditarioo sia elettivo;usurpatoreo legittimo; buonoo tristo; unoo molti; a ogni modochiunque ha una forza effettivache basti a ciò fareètiranno; ogni societàche lo ammetteè tirannide;ogni popoloche lo sopportaè schiavo.
 Eviceversatirannide parimente si dee riputar quel governoin cuichi è preposto al creare le leggile può egli stessoeseguire. E qui è necessario osservareche le leggicioègli scambievoli e solenni patti socialinon debbono essere che ilsemplice prodotto della volontà dei più; la quale siviene a raccogliere per via di legittimi eletti del popolo. Se dunquegli eletti al ridurre in leggi la volontà dei più lepossono a lor talento essi stessi eseguirediventano costorotiranni; perché sta in loro soltanto lo interpretarledisfarlecangiarlee il male o niente eseguirle. Che la differenzafra la tirannide e il giusto governonon è posta (come alcunistoltamentealtri maliziosamenteasseriscono) nell'esservi o il nonesservi delle leggi stabilite; ma nell'esservi una stabilitaimpossibilità del non eseguirle.
 Non solamente dunqueè tirannide ogni governodove chi eseguisce le leggile fa;o chi le fale eseguisce: ma è tirannide piena altresìogni qualunque governoin cui chi è preposto all'eseguire leleggi non dà pure mai conto della loro esecuzione a chi le hacreate.
 Matante specie di tirannidi essendoviche sottodiversi nomi conseguono tutte uno stesso finenon imprendo io qui adistinguerle fra loronémolto menoa distinguerle daitanti altri moderati e giusti governi: distinzioniche a tutti sonnote.
Se più sopportabili siano i molti tirannio l'unsoloella è questione problematica assai. La lascieròanche in disparte per oraperché essendo io nato e cresciutonella tirannide d'un soloed essendo questa la più comune inEuropadi essa più volentieri e con minore imperizia miavverrà forse di ragionare; e con utile maggiore fors'anco pe'miei cotanti conservi. Osserverò soltanto di passoche latirannide di moltibenché per sua natura maggiormentedurevole (come ce lo dimostra Venezia) nondimeno a chi la sopportaella sembra assai men dura e terribileche quella di un solo. Di ciòne attribuisco la cagione alla natura stessa dell'uomoin cui l'odioch'egli divide contro ai moltisi scema; come altresì iltimore che si ha dei moltinon agguaglia mai quello che si hariunitamente di un solo; ed in finei molti possono bensìessere continuamente ingiusti oppressori dell'universalema non maiper loro privato capricciodei diversi individui. In codesti governidi piùche la corruzione dei tempilo avere scambiato ogninomee guasta ogni ideahanno fatto chiamar repubbliche; il popoloin codesti governinon meno schiavo che nella mono-tirannidegodenondimeno di una certa apparenza di libertàed ardisceprofferirne il nome senza delitto: epur troppo il popoloallorquando corrotto èignorantee non liberoegli si appagadella sola apparenza.
 Matornando io alla tirannide di unsolodico; che di questa ve n'ha di più sorti. Ereditaria puòessereed anche elettiva. Di questa seconda specie sonofra imodernilo stato pontificioe molti degli altri statiecclesiastici. Il popoloin tali governipervenuto all'ultimo gradodi politica stupiditàvede a ogni trattoper la morte delcelibe tirannoricadere in sua mano la propria libertàcheegli non conoscené cura; quindi se la vede tosto ritoglieredai pochi elettori che gli ricompongono un altro tirannoil quale haper lo più tutti i vizj degli ereditarj tirannie non ne hala forza effettiva per costringere i sudditi a sopportarlo. E questatirannide pure tralasceròcome toccata in sorte a pochissimiuomini; eper la loro smisurata viltàindegni interamente diun tal nome.
 Intendo io dunque di ragionare oramai di quellaereditaria tirannideche da lunghi secoli in varie parti del globopiù o meno radicatanon maio rarissimamente opasseggeramentericevea danni dalla risorta libertà; e nonveniva alterata o distruttase non se da un'altra tirannide. Inquesta classe annovero io tutti i presenti regni dell'Europaeccettuandone soltanto finora quel d'Inghilterra e la Pollonia neeccettuereise alcuna parte di essa salvandosi dallo smembramentoepersistendo pure nel volere aver servi e chiamarsi repubblicaservine divenissero i nobilie libero il popolo.

  MONARCHIAè il dolce nome che la ignoranzal'adulazionee il timoredavano e danno a questi sì fatti governi. A dimostrarne lainsussistenzacredo che basti la semplice interpretazione del nome.O monarchia vuol direla esclusiva e preponderante autoritàd'un solo; e monarchia allora è sinonimo di tirannide: o ellavuol direl'autorità di un soloraffrenato da leggi; lequaliper poter raffrenare l'autorità e la forzadebbononecessariamente anch'esse avere una forza ed autoritàeffettivaeguale per lo meno a quella del monarca; e in quel puntostesso in cui si trovano in un governo due forze e autorità inbilancia fra loroegli manifestamente cessa tosto di esseremonarchia. Questa greca parola non significa altro in sommafuorchéGoverno ed autorità d'uno solo; e con leggi; s'intende;perché niuna società esiste senza alcuna legge talquale: maci s'intende pur anco Autorità di un solo sopraalle leggi; perché niuno è monarcalà doveesiste un'autorità maggioreo egualealla sua.
Oraiodomando in qual cosa differisca il governo e autorità di unsolo nella tirannidedal governo e autorità d'un solo nellamonarchia. Mi si risponde: "Nell'abuso". Io replico: "Echi vi può impedire quest'abuso?" Mi si soggiunge: "Leleggi". Ripiglio: "Queste leggi hanno elle forza edautorità per se stesseindipendente affatto da quella delprincipe?" Nessuno più a questa obiezione mi replica.Dunqueall'autorità d'un solopotente ed armatoandandoannessa l'autorità di queste pretese leggi (e fossero elle puranche divine) ogniqualvolta le leggi e costui non concordanochefaranno le misereper se stesse impotenticontro alla potestàassoluta e la forza? Soggiaceranno le leggi: e tutto giornoinfattisoggiacciono. Mase una qualunque legittima forza effettivaverrà intromessa nello stato per crearedifendereemantenere le leggichiarissima cosa è che un tale governo nonsarà più monarchia; poiché al fare o disfare leleggi l'autorità d'un solo non vi basterà. Ondequestotitolo di monarchiaperfettissimo sinonimo di tirannidema non cosìabborrito finoranon viene adattato ai nostri governi per altrocheper accertare i principi della loro assoluta signoria; e peringannare i sudditilasciandoli o facendoli dubitare della loroassoluta servitù.
 Di quanto asseriscose ne osservicontinuamente la prova nella opinione stessa dei moderni re. Sigloriano costoro del nome di monarchie mostrano di abborrire queldi tiranni; ma nel tempo stesso reputano assai minori di loro queglialtri pochi principi o reche ritrovando limiti infrangibili al loropoteredividono l'autorità colle leggi. Questi assoluti resanno dunque benissimoche fra monarchia e tirannide non passadifferenza nessuna. Così lo sapessero i popoliche puretuttora colla loro trista esperienza lo provano! Ma i principieuropeidi tiranni tengono caro il poteree di monarchi il nomesoltanto: i popoli all'incontrospogliatiavvilitied oppressidalla monarchiala sola tirannide stupidamente abborriscono.
 Mai pochi uominiche re non sono né schiaviove per avventuranon tengano a vile del paro i principi tutti; i monarchicometiranni; ed i principi limitaticome perpetuamente inclinati adivenirlo; i pochi veri uomini pensantisi avveggono pure quanto siapiù onorevolepiù importantee più gloriosadignità il presiedere con le leggi ad un libero popolod'uominiche il malmenare a capriccio un vile branco dipecore.
Tralascio ogni ulteriore prova (che necessaria non è)per dimostrare che una monarchia limitata non vi può esseresenza che immediatamente cessi la monarchia; e che ogni monarchia nonlimitata è tirannideancorché il monarca in qualcheistantenon abusando egli in nessun modo del suo poter nuoceretiranno non sia. E tali prove tralascioper amor di brevitàe perché intendo di parlare a lettoria cui non ènecessario il dir tutto. Passerò quindi ad analizzare lanatura della mono-tirannidee quai siano i mezzi per cuicosìben radicatasi nell'Europainespugnabile ella vi si tiene oramai.



CapitoloTerzo
DELLA PAURA

 IRomani liberipopolo al quale noi non rassomigliamo in nullacomesagaci conoscitori del cuor dell'uomoeretto aveano un tempio allaPaura; ecreatala Deale assegnavano sacerdotie le sagrificavanovittime. Le corti nostre a me pajono una viva immagine di questoculto anticobenché per tutt'altro fine instituite. Il tempioè la reggia; il tiranno n'è l'idolo; i cortigiani nesono i sacerdoti; la libertà nostrae quindi gli onesticostumiil retto pensarela virtùl'onor veroe noistessi; son queste le vittime che tutto dì vis'immolano.
Disse il dotto Montesquieuche base e molladella monarchia ella era l'onore. Non conoscendo ioe non credendo acodesta ideale monarchiadicoe spero di provare; Che base e molladella tirannide ella è la sola paura.
E da primaiodistinguo la paura in due speciechiaramente fra loro diversesìnella cagione che negli effetti: la paura dell'oppressoe la pauradell'oppressore.
 Teme l'oppressoperché oltre quelloch'ei soffre tuttaviaegli benissimo sa non vi essere altro limiteai suoi patimenti che l'assoluta volontà e l'arbitrariocapriccio dell'oppressore. Da un così incalzante e smisuratotimore ne dovrebbe pur nascere (se l'uom ragionasse) una disperatarisoluzione di non voler più soffrire: e questaappenaverrebbe a procrearsi concordemente in tutti o nei piùimmediatamente ad ogni lor patimento perpetuo fine porrebbe. Eppureal contrarionell'uomo schiavo ed oppressodal continuo edeccessivo temere nasce vie più sempre maggiore ed estrema lacircospezionela cieca obbedienzail rispetto e la sommissione altiranno; e crescono a segnoche non si possono aver maggiori mai perun Dio.
 Mateme altresì l'oppressore. E nasce in luigiustamente il timore della coscienza della propria debolezzaeffettivae in un tempodell'accattata sterminata sua forza ideale.Rabbrividisce nella sua reggia il tiranno (se l'assoluta autoritànon lo ha fatto stupido appieno) allorché si fa egli adesaminare quale smisurato odio il suo smisurato potere debbanecessariamente destare nel cuore di tutti.
 La conseguenzadel timor del tiranno riesce affatto diversa da quella del timore delsuddito; oper meglio direella è simile in un sensocontrario; in quantoné egliné i popolinonemendano questo loro timore come per natura e ragione il dovrebbero;i popolicol non voler più soggiacere all'arbitrio d'un solo;i tirannicol non voler più sovrastare a tutti per via dellaforza. Ed in fattispaventato dalla propria potenzasempre malsicura quando ella è eccessivapare che dovrebbe il tirannorenderla alquanto meno terribile altruise non con infrangibililimitialmeno coll'addolcirne ai sudditi il peso. Manella guisastessa che i sudditi non diventano disperati e ferociancorchéaltro non resti loro da perdere se non una misera vita; cosìneppure il tiranno diventa mite ed umanoancorché altro nongli rimanga da acquistarese non la famae l'amore dei sudditi. Iltimore e il sospettoindivisibili compagni d'ogni forza illegittima(e illegittimo è tutto ciò che limiti non conosce)offuscano talmente l'intelletto del tiranno anche mite per indoleche egli ne diviene per forza crudelee pronto sempre ad offenderee a prevenire gli effetti dell'altrui odio meritato e sentito. Egliperciò crudelissimamente suole punire ogni menomo tentativodei sudditi contro a quella sua propria autorità ch'eglistesso conosce eccessiva; e non lo punisce allor quando eseguito siao intrapresoma quando egli supponeo finge anche di supporrecheun tal tentativo possa solamente essere stato concepito.
 Laesistenza reale di queste due paure non è difficile adimostrarsi. Di quella dei sudditiargomentando ciascuno di noidalla proprianon ne dubiterà certamente nessuno: della pauradei tiranniassai ne fan fede i tanti e così diversi sgherriche giorno e notte li servono e custodiscono.
 Ammessa questareciproca innegabile pauraesaminiamo quali debbano riuscire questiuomini che sempre tremano: e parliamo da prima dei sudditicioèdi noi stessiche ben ci dobbiamo conoscere; parleremo dei tiranniper congetturadappoi. E scegliamo nella tirannide quei pochiuominia cui e la robustezza delle fibree una miglior educazionee una certa elevazion d'animo (quanta ne comportino i tempi) e infine una minor dipendenzadovrebbero far conoscere più ilveroe lasciarli tremare assai meno che gli altri: investigati qualisianoe quali possanoe debbano essere questidal loro valoreargomenteremo per induzione quali siano ed esser debbano poi glialtri tutti. Questi pochissimidegni per certo di miglior sorteveggono pure ogni giorno nella tirannide il coltivatoreoppressodalle arbitrarie gravezzemenare una vita stentata e infelice. Unagran parte di essi ne veggono estrarre per forza dai loro tugurj perportar l'armi; e non già per la patriama pel loro e suomaggior nemicoe contro a se stessi: veggono costoro il popolo dellecittàl'una metà mendicoricchissimo l'altrae tuttoegualmente scostumato; veggono inoltrela giustizia vendutalavirtù dispregiatai delatori onoratila povertàascritta a delittole cariche e gli onori rapiti dal viziosfacciatola verità severamente proscrittagli averi la vital'onore di tutti nella mano di un solo; e veggono essereincapacissimo di tutto quel soloe lasciare egli poi il diritto diarbitrariamente disporne ad altri pochinon meno incapacie piùtristi: tutto ciò veggono palpabilmente ogni giorno quei pochienti pensantiche la tirannide non ha potuti impedire; e in ciòvederesommessamente sospirandosi tacciono. Maperché sitacciono? per sola paura. Nella tirannideè delitto il direnon meno che il fare. Da questa feroce massima dovrebbe almenorisultarneche in vece di parlaresi operasse; ma (pur troppo!) nél'uno né l'altro si ardisce.
 Se dunque a tal segnoavviliti sono i miglioriquali saranno in un tal governo poi glialtri? qual nome inventar si dovrà per distinguerli da coloroche nei ragguardevoli antichi governi cotanto illustravano il nome diuomo? Si affaticano tutto dì gli scrittori per dimostrarciche il caso e le circostanze ci vogliono sì fattamente diversida quelli; ma nessuno ci insegna in qual modo si possano dominare ilcaso e le circostanzené fino a qual punto questa diversitàintendere e tollerare si debba. Si affaticano per altra parte itirannie i loro tanti fautori più vili di essinelpersuaderci che noi non siamo più di quella generosa specieantica. Ecertofinché sopportiamo il loro giogo tacendoella è quasi minore infamia per noi il credere piuttosto inciò ai tiranniche non ai moderni scrittori.
 Tuttidunquee buoni e cattivie dotti e ignorantie pensatori estupidie prodi e codardi; tuttiqual più qual menotremiamo nella tirannide. E questa è per certo la verauniversale efficacissima molla di un tal governo; e questo èil solo legameche tiene i sudditi col tiranno.
 Si esaminiorase il timor del tiranno sia parimente la molla del suogovernaree il legame che lo tiene coi sudditi. Costuivede per lopiù gli infiniti abusi dello informe suo reggere; ne conosce ivizji principj distruttivile ingiustiziele rapineleoppressioni; e tutti in somma i tanti gravissimi mali dellatirannidemeno se stesso. Vede costuiche le troppe gravezze digiorno in giorno spopolano le desolate provincie; ma tuttavia non letoglie; perché da quelle enormi gravezze egli ne va ritraendoi mezzi per mantenere l'enorme numero de' suoi soldatispieecortigiani; rimedj tutti (e degnissimi) alla sua enorme paura. E vedeanch'egli benissimoche la giustizia si tradisce o si vende; che gliuffizj e gli onori più importanti cadono sempre ai peggiori; equeste cose tutteancorché ben le vedanon le ammenda purmai il tiranno. E perché non le ammenda? perchése imagistrati fossero giustiincorrottied onestiverrebbe tolto alui primo ogni iniquo mezzo di colorare le sue private vendette sottoil nome di giustizia. Ne avviene da ciòe da altre similicoseche dovendo egli mal grado suoe senza avvedersene quasireputare se stesso come il primo vizio dello statotraluceall'intelletto suo un fosco barlume di verità che gl'insegnache se alcuna idea di vera giustizia si venisse a introdurre nel suopopolola prima giustizia si farebbe di lui: appunto perchénessun altr'uomo (per quanto sia egli scellerato) non può maiin una qualunque società nuocere sì gravemente ed atanticome può nuocere impunemente ogni giorno quest'unonella propria tirannide. Ciascun tiranno dunqueal solo nome di veragiustiziatrema: ogni vero lume di sana ragione gli accresce ilsospetto; ogni verità luminosa lo adira; lo spaventano ibuoni; e non crede mai sicuro se stessose egli non affida ogni piùimportante carica a gente ben sua; cioè venduta e simile aluie ciecamente pensante al suo modo: il che importauna gente piùassai ingiustapiù tremantee quindi più crudeleepiù mille volte opprimentech'egli nol sia.
 «Maun tal principe si può dare» (dirammi taluno) «ilquale ami gli uominiaborrisca il vizioe non lasci trionfare nérimuneri altroche la sola virtù». Al che rispondo iocol domandare: «Può egli esistere un uomo buono ed amicodegli uominiil qualenon essendo stupidosi creda pureo fingadi credersiper diritto divinosuperiore assolutamente non solo adogni individuoma alla massa di tutti riuniti; e stimi non dover darconto delle opere sue e di séfuorché a Dio?» Iomi farò a credere che un tal ente possa essere un uomo buonoallor quando avrò visto un solo esempioper cuiavendocostui voluto veramente il maggior bene di quegli altri enti suoimadi una minore specie di luiegli avrà prese le piùefficaci misure per impedire che in quella sua società doveegli solo era il tuttoe gli altri tutti il nullaun qualche altroeletto da Dio al paro di luinon potesse d'allora in poi commettereillimitatamente e impunemente quel male stesso che egli sapeacertamente essersi commesso in quello stesso suo stato prima che eivi regnasse; e che egli certamente sapeaattesa la natura dell'uomodovervisi poi commettere di bel nuovo dopo il suo regno. Macomepotrà egli chiamarsi buono quell'uomoche dovendo e potendofare un così gran bene a un sì fatto numero d'uominipure nol fa? E per qual altra ragione nol fa eglise non perchéun tal bene potrebbe diminuire ai suoi venturi figli o successori delsuo illimitato orribil poteredel nuocere con impunità? E sinoti di piùche costui potrebbe con un tal nobile mezzoacquistare a se stessoin vece di quell'infame illimitato potere dinuocere ch'egli avrebbe distruttouna immensa e non mai finoratentata gloria; e la più eminente che possa cadere mai nellamente dell'uomo; di averecolle proprie legittime privazionistabilita la durevole felicità di un popolo intero. Orach'èegli dunque codesto buon principedi cui ci vanno ogni giornointronando gli orecchi la viltà ed il timore? un uomoche nonsi reputa un uomo; (ed infatti non lo è; ma in tutt'altrosenso ch'ei non l'estima) un enteche forse vuole il bene del corpodegli altricioè che non siano né nudinémendici; mache volendoli ciecamente obbedienti all'arbitrio d'unsolonecessariamente li vuole ad un tempo e stupidie vilieviziosie assai men uomini in somma che bruti. Un tale buon principe(che buono altramente non può esser mai chiunque possiede unausurpataillegittimaillimitata autorità) potrà egligiustamente da chi ragiona chiamarsi meno tiranno che il pessimopoiché gli stessi pessimi effetti dall'uno come dall'altroridondano? ecome talesi dovrà egli meno abborrire da chiconosce e sente il servaggio? Il conservareil difendere ad ognicostoil reputare come la più nobile sua prerogativa losterminato potere di nuocere a tuttinon è egli sempre unoimperdonabil delitto agli occhi di tuttiancorché pure chi èreo di tal pregio in modo nessuno mai non ne abusi? E si puòegli creder maiche codesto sognato buon principe possa andareesente dalla paurapoiché egli pure persiste nel rimanereper via della forzamaggior delle leggi? E può egli costuipiù che gli altri suoi pariesimere i sudditi dalla paurapoich'essi all'ombra di leggi in nulla sottoposte a soldatinonpossono securamente mai ridersi di niuno de' suoi assoluti capricciche volesse (anco istantaneamente) usurparsi il titolo sacro dilegge? Io crederei all'incontroche per lo più quei tiranniche hanno da natura una miglior indoleriescanoquanto all'effettoi peggiori pel popolo. Ed eccone una prova. Gli uomini buonisuppongono sempre che gli altri sian tali; i tiranni tutti per lo piùniente affatto conoscono gli uominipresi universalmente; ma nienteaffatto poi certamente conoscono quelli che non vedono maiepochissimo quelli che vedono. Oranon v'ha dubbioche gli uominiche si accostano a loro son sempre i cattiviperché un uomoveramente buono sfuggirà di continuocome un mostrolapresenza d'ogni altro uomola cui sterminata autoritàoltreal poterlo spogliar di ogni cosapuò anche per l'influenzadell'esempio e della necessitàcostringerlo a cessar di esserbuono. Ne avviene da ciòche al tiranno cattivo accostandosii cattivi uominivi si fanno l'un l'altro pessimi; ma i ribaldiaccostandosi all'ottimo tirannosi fingono allora buonie loingannano. E questo accade ogni dì; talché la tirannideper lo più non risiede nella persona del tirannomanell'abusiva e iniqua potenza di luiamministrata dalla necessariatristizia de'cortigiani. Madovunque risieda la tirannidepe'miseri sudditi la servitù riesce pur sempre la stessa; e anzipiù dura riesce per l'universale sotto il tiranno buonoancorché forse alquanto meno crudele riesca per gl'individui.
 Iltiranno buono forse non trema da principio in se stessoperchéla coscienza non lo rimorde di nessuna usata violenza; oper dirmeglioegli trema assai meno del reo: che infin ch'egli tieneun'autorità illimitatach'egli benissimo sa (per quantoignorante egli sia) non essere legittima mainon si puòinteramente esimere dalla paura. Ed in provaper quanto sia pacificoe sicuro al di fuori il tirannonon annulla pur mai i soldati al didentro. Maanche supponendo che il mite tiranno non tremi eglistessotremano pur sempre in nome di lui per se stessi quei pochipessimi cheusurpata sotto l'ombre del nome suo l'autoritàprincipescala esercitano. Quindi la paura vien sempre ad essere labasela cagioneed il mezzo di ogni tirannideanche sotto l'ottimotiranno.
 E non mi si alleghino TitoTrajanoMarc'AurelioAntonino; e altri similima sempre pochissimivirtuosi tiranni. Unaprova invincibile che costoro non andavano mai esenti dalla paurasièche nessuno di essi dava alle leggi autorità sovrala sua propria persona; e non la dava egliperchéespressamente sapea che ne sarebbe stato offeso egli primo: nessunodi essi annullava i soldati perpetuio ardiva sottoporgli adun'altra autorità che alla propria; perché convinto erache non rimaneva la persona sua abbastanza difesa senz'essi. Ciascunodunque di costoro era pienamente certo in se stessoche l'autoritàsua era illimitatapoiché sottoporla non voleva alle leggi; eche illegittima ell'erapoiché sussistere non potea senza ilterror degli eserciti. Domandose un tale ottimo tiranno si possadagli uomini reputare e chiamare un uomo buono? coluiche trovandosiin mano un potere ch'egli conosce viziosoillegittimoedannosissimonon solamente non se ne spoglia egli stessoma nonimprende almeno (potendolo pur fare con laude e gloria immensa) dispogliarne coloro che verran dopo lui: gentea cuiper non esserneessi ancora al possessonulla affatto si toglie coll'impedir loroquella usurpazione stessa; e massimamente venendo loro impedita daquei tiranni che figli non lasciano. Né sotto TitoTrajanoMarc'Aurelioe Antoninocessava la paura nei sudditi. La prova nesiache nessuno dei sudditi ardiva francamente dir loroche sifacessero (quali esser doveano) minori delle leggie che larepubblica restituissero.
 Ma facil cosa è adintendersi perché gli scrittori si accordino nel dar tantelodi a codesti virtuosi tiranni; e nel direche se gli altri tuttipotessero ad essi rassomigliarsiil più eccellente governosarebbe il principato. Eccone la ragione. Allorché una paura èstata estrema e terribileil trovarsela ad un sol tratto scemata deidue terzifa sìche il terzo rimanente si chiama e si reputaun nulla. Qual ente è egli dunque costuiche dalla sola suaspontanea e libera benignità possa e debba dipendereassolutamente la felicità o infelicità di tanti e tantimilioni di uomini? Costuipuò egli essere disappassionatointeramente? egli sarebbe stupido affatto. Può egli amartuttie non odiar mai nessuno? può egli non essere ingannatomai? può egli aver la possanza di far tutti i malie non nefare pur mai nessunissimo? può egliin sommareputar sédi una specie diversa e superiore agli altri uominie con tutto ciòanteporre il bene di tutti al ben di se stesso?
 Non credoche alcun uomo al mondo vi siache volesse dare al suo piùvero e sperimentato amico un arbitrio intero sopra il suo proprioaveresu la propria vitaed onore; nése un tal uom pur cifossequel suo verace amico vorrebbe mai accettare un cosìstrano pericoloso e odioso incarico. Oraciò che un sol uomonon concederebbe mai per sé solo al suo più intimoamicotutti lo concederebbero per se stessie pe' lor discendentie lo lascierebbero tener colla viva forzada un soloche amico loronon è né può essere? da un soloche essi per lopiù non conoscono; a cui pochissimi si avvicinano; ed a cuinon possono neppure i molti dolersi delle ingiustizie ricevute in suonome? Certouna tal frenesia non è mai cadutase nonistantaneamentein pensiero ad una moltitudine d'uomini: ose pureuna tale stupida moltitudine vi è stata maiche concedesse adun solo una sì stravagante autoritànon potea essacostringer giammai le future generazioni a raffermarla e soffrirla.Ogni illimitata autorità è dunque sempreo nellaorigine suao nel progressouna manifesta e atrocissima usurpazionesul dritto naturale di tutti. Quindi io lascio giudice ogni uomosequell'uno che la esercita può mai tranquillamente e senzapaura godersi la funesta e usurpata prerogativa di poter nuocereillimitatamente e impunemente a ciascuno ed a tutti: mentre ogniqualunque onesto privato si riputerebbe infelicissimo di potere insimil guisa nuocere al miglior suo amicoper dritto spontaneamenteconcedutogli: e mentrecertamenteogni amicizia fra costoroverrebbe a cessareall'incominciare della possibilità diesercitar un tal dritto.
 La natura dell'uomo è ditemere e perciò di abborrire chiunque gli può nuocereancorché giustamente gli nuoca. Ed in provafra que' popolidove l'autorità paterna e maritale sono eccessivesiritrovano i più spessi e terribili esempj della ingratitudinedisamoredisobbedienzaodioe delitti delle mogli e dei figli.Quindi èche il nuocere giustamente a chi male operaessendonelle buone repubbliche una prerogativa delle leggi soltanto; e imagistratisemplici esecutori di esseelettivi essendovi ed atempo; nelle buone repubbliche si viene a temer molto le leggisenzapunto odiarleperché non sono persona; si viene a rispettarnesemplicemente gli esecutorisenza moltissimo odiarliperchétroppi son essie tuttora si vanno cangiando; e si viene finalmentea non odiar né temere individuo nessuno.
 Maall'incontro la immagine dell'ereditario tiranno si appresenta sempreai popoli sotto l'aspetto di un uomoche avendo loro involato unapreziosissima cosaaudacemente lor nega che l'abbiano essi possedutagiammai; e tiene perpetuamente sguainata la spadaper impedire cheritolta gli sia. Può non ferire costui; ma chi può nontemerne? Possono i popoli non si curare di ridomandargliela; ma iltirannonon potendosi accertar mai della lor non curanzanon silascia perciò mai ritrovar senza spada. Non è dunquecoraggio contra coraggioma paura contro paurala molla che questausurpazione mantiene.
 Mamentre io della
PAURAsì lungamente favellogià già mi sento gridard'ogni intorno: «E quando fra due ereditarj tiranni sicombattequei tanti e tanti animosi uomini che affrontano per essila mortesono eglino guidati dalla pauraovver dall'onore?»Rispondo; che di questa specie d'onore parlerò a suo luogo;che anche gli orientalipopoli sempre servii quali a parer nostronon conoscono onoree che riputiamo di sì gran lungainferiori a noigli orientali anch'essi animosissimamente combattonope' loro tirannie danno per quelli la vita. Ne attribuisco in partela cagione alla naturale ferocia dell'uomo; al bollore del sangue chenei pericoli si accresce ed accieca; alla vanagloria ed emulazioneper cui nessun uomo vuol parere minore di un altro; ai pregiudizjsucchiati col latte; ed in ultimo lo attribuiscopiù che adogni altra cosaalla già tante volte nominata PAURA .Questa terribilissima passionesotto tanti e così diversiaspetti si trasfigura nel cuor dell'uomoch'ella vi si puòper anco travestire in coraggio. Ed i moderni eserciti nostrineiquali vengono puniti di morte quelli che fuggono dalla battaglianepossono fare ampia fede. Questi nostri eroi tiranneschiche perpochi bajocchi il giorno vendono al tiranno la loro viltàappresentati dai loro condottieri a fronte del nemicosi trovanoavere alle spalle i loro proprj sergenti con le spade sguainate; espesso anche delle artiglierie vi si trovanoaffinchéatterriti da tergocodesti vigliacchi simulino coraggio da fronte.Senza aver molto onorepotranno dunque cotali soldati anteporre unamorte non certa e onorevole ad una infame e certissima.



CapitoloQuarto
DELLA VILTÀ

 Dallapaura di tutti nasce nella tirannide la viltà dei più.Ma i vili in supremo grado necessariamente son quelliche siavvicinano più al tirannocioè al fonte di ogni attivae passiva paura. Grandissima perciòa parer miopassa ladifferenza fra la viltà e la paura. Può l'uomo onestoper le fatali sue natìe circostanzetrovarsi costretto atemere; e temerà costui con una certa dignità; vale adireegli temerà tacendosfuggendo sempre perfino l'aspettodi quell'uno che tutti atterriscee fra se stesso piangendoo conpochi a lui similila necessità di temeree la impossibilitàd'annullareo di rimediare a un così indegno timore.All'incontrol'uomo già vile per propria naturafacendopompa del timor suoe sotto la infame maschera di un finto amoreascondendolocercherà di accostarsid'immedesimarsiperquanto egli potràcol tiranno: e spererà quest'iniquodi scemare in tal guisa a se stesso il proprio timoree dicentuplicarlo in altrui.
 Ondeella mi pare ben dimostratacosache nella tirannideancorché avviliti sian tuttinonperciò tutti son vili.



CapitoloQuinto
DELL'AMBIZIONE

 Quelpossente stimoloper cui tutti gli uominiqual piùqualmenoricercando vanno di farsi maggiori degli altrie di sé;quella bollente passioneche produce del pari e le piùgloriose e le più abbominevoli imprese; l'ambizione in sommanella tirannide non perde punto della sua attivitàcome tantealtre nobili passioni dell'uomoche in un tal governo intorpiditerimangono e nulle. Mal'ambizione nella tirannidetrovandosiintercette tutte le vie e tutti i fini virtuosi e sublimiquantoella è maggiorealtrettanto più vile riesce eviziosa.
 Il più alto scopo dell'ambizione in chi ènato non liberosi è di ottenere una qualunque parte dellasovrana autorità: ma in ciò quasi del tutto siassomigliano e le tirannidi e le più libere e virtuoserepubbliche. Tuttaviaquanto diversa sia quell'autoritàparimente desiataquanto diversi i mezzi per ottenerlaquantodiversi i fini allor quando ottenuta siasiciascuno per se stesso lovede. Si perviene ad un'assoluta autorità nella tirannidepiacendosecondandoe assomigliandosi al tiranno: un popolo liberonon concede la limitata e passeggera autoritàse non se a unacerta virtùai servigj importanti resi alla patriaall'amoredel ben pubblico in sommaattestato coi fatti. Né i tuttipossono volere altro utile maiche quello dei tutti; né altripremiarese non quelli che arrecano loro quest'utile. È veronondimenoche possono i tutti alle volte ingannarsima per brevetempo; e l'ammenda del loro errore sta in essi pur sempre. Ma iltirannoche è uno soloed un contra tuttiha sempre uninteresse non solamente diversoma per lo più direttamenteopposto a quello di tutti: egli dee dunque rimunerare chi èutile a lui; e quindinon che premiareperseguitare e puniredebb'egli chiunque veramente tentasse di farsi utile a tutti.
 Mase il caso pure volesse che il bene di quell'uno fosse ad un tempo inqualche parte il bene di tuttiil tiranno nel rimunerarne l'autorepretesterebbe forse il ben pubblico; main essenzaegliricompenserebbe il servigio prestato al suo privato interesse. E cosìcoluiche avrà per caso servito lo stato (se pure unatirannide può dirsi mai statoe se giovar si può aiservinon liberandoli prima d'ogni cosa dalla lor servitù)colui pur sempre diràch'egli ha servito il tiranno; svelandocon queste parole o il vile suo animoo il suo cieco intelletto. Edil tiranno stessoove la paura suae la dissimulazione che n'èfiglianon gli vadano rammentando che si dee pur nominarealmenoper la formalo stato; il tiranno anch'egli diràperinnavvertenzadi aver premiato i servigj prestati a lui stesso.
 CosìGiulio Cesare scrittoreparlando di Giulio Cesare capitanoe futurotirannosi lasciava sfuggir dalla penna le seguenti parole: Scutoquead eum (ad Caesarem) relato Scaevae Centurionisinventa suntin eo foramina CCXXX: quem Caesarut erat DE SE meritus et derepublicadonatum millibus ducentisetc. Si vede in questopasso dalle paroleDE SE meritusquanto il buon Cesareessendosi pure prefisso nei suoi commentarj di non parlar di sestesso se non alla terza personane parlasse qui inavvertentementealla prima; e talmente alla primache la parola de republicanon veniva che dopo la parola DE SEquasi per formoletta dicorrezione. In tal modo scriveva e pensava il più magnanimo ditutti i tiranniallor quando non si era ancor fatto tale; quandoegli stava ancora in dubbio se potrebbe riuscir nella impresa: ed eracostui nato e vissuto cittadino fino a ben oltre gli anni quaranta.Orache penserà e dirà egli su tal punto un volgaretiranno? coluiche natoeducato talecerto di morire sul tronosene vive fino alla sazietà nauseato di non trovar mai ostacolia qualunque sua voglia?
 Risultami pareda quanto ho dettofin qui; che l'ottenere il favore di un solo attesta pur sempre piùvizj che virtù in colui che l'ottiene; ancorché quelsolo che lo accordapotesse esser virtuoso; poichéperpiacere a quel solobisogna pur essere o mostrarsi utile a luimentre la virtù vuole che l'uomo pubblico evidentemente siautile al pubblico. E parimente risulta dal fin qui detto; chel'ottenere il favore di un popolo liberoancorché corrottosia egliattesta nondimeno necessariamente in chi l'ottienealcunacapacità e virtù; poichéper piacere a molti edai piùbisogna manifestamente essereo farsi credereutilea tutti; cosacheo da vera o da finta intenzione ella nascasempre a ogni modo richiede una tal quale capacità e virtù.In vece che il mostrarsi piacevole ed utile a un solo potente colfine di usurparsi una parte della di lui potenzarichiede sempre eviltà di mezzie picciolezza di animoe raggiriedoppiezzee iniquità moltissimeper competere e soverchiarei tanti altri concorrenti per lo stesso mezzo ad una cosa stessa.
 Equanto asseriscomi sarà facile il provar con esempj. Eranogià molto corrotti i Romanie già già vacillavala lor libertàallorché Marioguadagnati a séi suffragj del popolosi facea console a dispetto di Silla e deinobili. Ma si consideri bene quale si fosse codesto Mario; quali equante virtù egli avesse già manifestate e nel foro enel campo; e tosto si vedrà che il popolo giustamente lofavorivapoiché (secondo le circostanze ed i tempi) le virtùsue soverchiavano di molto i suoi vizj. Erano i Francesinon liberi(che stati fino ai dì nostri non lo sono pur mai) ma in unacrisi favorevole a far nascere libertàed a fissare persempre i giusti limiti di un ragionevole principatoallorchésaliva sul trono Arrigo quartoquell'idolo dei Francesi un secolodopo morte. Sullyintegerrimo ministro di quell'ottimoprincipene godeva in quel tempoe ne meritavail favore. Masesi vuole per l'appunto appurare qual fosse la politica virtùdi codesti due uominiella si giudichi da quello che fecero. Sullyebbe egli mai la virtù e l'ardire di prevalersi di un talfavoree di sforzare con evidenza di ragioni inespugnabiliquell'ottimo rea innalzare per sempre le stabili e libere leggisopra di sé e dei suoi successori? e se egli ne avesse avutol'ardiresi può egli presumereche avrebbe conservato ilfavore di Arrigo? Dunque codesto favore di un tiranno anche ottimonon si può assolutamente acquistar dal suo suddito per via divera politica virtù; né si può (molto meno) pervia di vera politica virtù conservare.
 Esaminiamo orada prima i fonti dell'autorità. I mezzi per ottenerla nellerepubblichesono il difenderle e l'illustrarle; lo accrescernel'impero e la gloria; l'assicurarne la libertàove sane ellesiano; il rimediare agli abusio tentarlose corrotte elle sono; ein fineil dimostrar loro sempre la veritàper quantospiacevole ed oltraggiosa ella paja.
 I mezzi per ottenereautorità dal tirannosono il difenderloma più ancoradai sudditi che non dai nemici; il laudarlo; il colorirne i difetti;lo accrescerne l'impero e la forza; l'assicurarne l'illimitato potereapertamentes'egli è un tiranno volgare; lo assicurarglielosotto apparenza di ben pubblicos'egli è un accorto tiranno:e a ogni modoil tacere a lui sempree sovra tutte le altrequestaimportantissima verità: Che sotto l'assoluto governo di unsolo ogni cosa debb'essere indispensabilmente sconvolta e viziosa.Ed una tal verità è impossibile a dirsi da chi vuolmantenersi il favor del tiranno; ed è forse impossibile apensarsi e sentirsi da chi lo abbia ricercato maie ottenuto. Maquesta manifesta e divina veritàriesce non meno impossibilea tacersi da chi vuol veramente il bene di tutti: e impossibilefinalmente riesce a soffrirsi dal tirannoche vuolee dee volereprima d'ogni altra cosail privato utile di se stesso.
 Lecorti tutte son dunque per necessità ripienissime di pessimagente; ese pure il caso vi ha intruso alcun buonoe che talemantenervisi ardiscae mostrarsidee tosto o tardi costui cadervittima dei tanti altri rei che lo insidianolo temonoe loabborrisconoperché sono vivamente offesi dalla di luiinsopportabil virtù. Quindi èche dove un solo èsignore di tutto e di tuttinon può allignare altracompagniase non se scellerata. Di questa verità tutti isecolie tutte le tirannidihan fatto e faranno indubitabile fede;e con tutto ciòin ogni secoloin ogni tirannideda tutti ipopoli servi ella è stata e sarà pochissimo credutaemeno sentita. Il tirannoancorché d'indole buona sia eglirende immediatamente cattivi tutti coloro che a lui si avvicinano;perché la sua sterminata potenzadi cui (benché non neabusi) mai non si spogliavie maggiormente riempie di timore coloroche più da presso la osservano: dal più temere nasce ilpiù simulare; e dal simulare e tacerel'esser pessimo evile.
 Madall'ambizione nella tirannide ne ridonda spessoall'ambizioso un potere illimitato non meno che quello del tiranno; etaleche nessuna repubblica maia nessuno suo cittadinonépuò né vuole compatirne un sì grande. Perciòpare ai molti scusabile coluiche essendo nato in servaggioardiscepure proporsi un così alto fine; di farsi più grandeche lo stesso tirannoall'ombra della di lui imbecillitàodella di lui non curanza. Risponda ciascuno a questa obiezionecoldomandare a se stesso: "Un'autorità ingiustaillimitatarapitae precariamente esercitata sotto il nome d'un altroottenersi può ella giammaisenza inganno? Può ellaesercitarsi maisenza nuocere a moltie per lo meno ai concorrentiad essa?   Può ella finalmente mai conservarsisenza frode crudeltà e prepotenza nessuna?"
Si ambiscedunque l'autorità nelle repubblicheperché ella in chil'acquista fa fede di molte virtùe perch'ella presta largocampo ad accrescersi quell'individuo la propria gloria coll'util ditutti. Si ambisce nelle tirannidiperché ella vi somministrai mezzi di soddisfare alle private passioni; di sterminatamentearricchire; di vendicare le ingiurie e di farnesenza timor divendetta; di beneficare i più infami servigj; e di fare insomma tremare quei tanti che nacquero egualio superioria coluiche la esercita. Né si può in verun modo dubitarechenella repubblicae nella tirannidegli ambiziosi non abbiano questifra loro diversi disegni. Già prima di acquistare l'autoritàil repubblicano benissimo sa che non potrà egli sempreserbarla; che non potrà abusarneperché dovràdar conto di sé rigidissimo ai suoi eguali; e che l'averlaacquistata è una prova che egli era miglioreo piùatto da ciòche non i competitori suoi. Cosìnellatirannidenon ignora lo schiavoche quella autorità ch'egliambiscenon avrà nessun limite; ch'ella è perciòodiosissima a tutti; che lo abusarne è necessario perconservarla; che il ricercarla attesta la pessima indole delcandidato; che l'ottenerla chiaramente dimostra ch'egli era tra iconcorrenti tutti il più reo. Eppure codesti due ambiziosiqueste cose tutte sapendo già primasenza punto arrestarsicorrono entrambi del pari la intrapresa carriera. Orachi potràpure asserire che l'ambizioso in repubblica non abbia per meta lagloria più assai che la potenza? e che l'ambizioso nellatirannide si proponga altra metache la potenzala ricchezzae lainfamia?
 Manon tutte le ambizionihanno per loro scopo lasuprema autorità. Quindinell'uno e nell'altro governositrova poi sempre un infinito numero di semi-ambiziosia cui bastanoi semplici onori senza potenza; ed un numero ancor piùinfinito di vilia cui basta il guadagno senza potenza néonori. E milita anche per costoronell'uno e nell'altro governolastessa differenza e ragione. Gli onori nelle repubbliche non sirapiscono coll'ingannare un soloma si ottengono col giovare opiacere ai più: ed i più non vogliono onorarequell'unose egli non lo merita affatto; perché facendolodisonorano pur troppo se stessi. Gli onori nella tirannide (se onorichiamar pur si possono) vengono distribuiti dall'arbitrio d'un solo;si accordano alla nobiltà del sangue per lo più; allafida e total servitù degli avi; alla perfetta e ciecaobbedienzacioè all'intera ignoranza di se stesso; alraggiro; al favore; e alcune volteal valore contra gli esterninemici.
 Magli onori tutti (qualunque siano) sempre perloro natura diversi in codesti diversi governisono pur anchecomeognun vedeper un diverso fine ricercati. Nella tirannideciascunovuol rappresentare al popolo una anche menoma parte del tiranno.Quindi un titoloun nastroo altra simile ineziaappagano spessol'ambizioncella d'uno schiavicello; perché questi onorucci fanprovanon già ch'egli sia veramente stimabilema che iltiranno lo stima; e perché egli speranon già che ilpopolo l'onorima che lo rispetti e lo tema. Nella repubblicamanifesta e non dubbia cosa èper qual ragione gli onori sicerchino; perché veramente onorano chi li riceve.
 L'ambizioned'arricchirechiamata più propriamente
<big> CUPIDIGIA </big>non può aver luogo nelle repubblichefin ch'elle corrotte nonsono; e quando anche il sianoi mezzi per arricchirvi essendoprincipalmente la guerrail commercioe non mai la depredazioneimpunita del pubblico erarioancorché il guadagno sia unoscopo per se stesso vilissimonondimeno per questi due mezzi egliviene ad essere la ricompensa di due sublimi virtù; ilcoraggioe la fede. L'ambizione d'arricchire è la piùuniversale nelle tirannidi; e quanto elle sono più ricche edestesetanto più facile a soddisfarsi per vie non legittimeda chiunque vi maneggia danaro del pubblico. Oltre questomoltialtri mezzi se ne trovano; e altrettanti esser soglionoquanti sonoi vizj del tirannoe di chi lo governa.
 Lo scopoche sipropongono gli uomini nello straricchireè vizioso nell'uno enell'altro governo; e più ancora nelle repubbliche che nelletirannidi; perché in quelle si cercano le ricchezze eccessiveo per corrompere i cittadinio per soverchiar l'uguaglianza; inquesteper godersele nei vizj e nel lusso. Con tutto ciòmipare pur sempre assai più escusabile l'avidità diacquistarein quei governi dove i mezzi ne son men vilidovel'acquistato è sicuroe dove in somma lo scopo (ancorchépiù reo) può essere almeno più grande. In veceche nei governi assolutiquelle ricchezze che sono il frutto dimille brighedi mille iniquità e viltàedell'assoluto capriccio di un solopossono essere in un momentoritolte da altre simili brigheiniquità e viltào dalcapriccio stesso che già le davao che rapire lasciavale.
 Parmid'aver parlato di ogni sorta d'ambizioneche allignare possa nellatirannide. Conchiudo; che questa stessa passioneche è statae può essere la vita dei liberi statila più esecrabilpeste si fa dei non liberi.

 

 

CapitoloSesto
DEL PRIMO MINISTRO



Adconsulatum non nisi per Sejanum aditus:
neque Sejani voluntas nisiscelere quaerebatur
.



Efra le più atroci calamità pubblichecagionatedall'ambizione nella tirannidesi deecome atrocissima e massimareputar la persona del primo ministroda me nel precedente capitolosoltanto accennatae di cui credo importante orae necessarissimoil discorrere a lungo.
 Questa fatal dignitàaltrettanto maggior lustro acquista a chi la possiedequanto èmaggiore la incapacità del tirannoche la comparte. Masiccome il solo favore di esso la crea; siccomead un tirannoincapace non è da presumersi che possa piacere pur mai unministro illuminato e capace; ne risulta per lo piùchecostui non meno inetto al governare che lo stesso tirannoglirassomiglia interamente nella impossibilità del ben faree digran lunga lo supera nella capacità desiderio e necessitàdel far male. I tiranni d'Europa cedono a codesti loro primi ministril'usufrutto di tutti i loro diritti; ma niuno ne vien loro accordatodai sudditi con maggiore estensione e in più supremo gradoche il giusto abborrimento di tutti. E questo abborrimento sta nellanatura dell'uomoche male può comportareche altrinato suoegualerapisca ed eserciti quella autorità caduta in sorte achi egli crede nato suo maggiore: autoritàche per altreillegittime mani passandoviene a duplicare per lo meno la suapropria gravezza.
 Ma questo primo ministrodal sapersisommamente abborritone viene egli pure ad abborrire altruisommamente; ond'egli gastigae perseguitae opprimeed annichilachiunque l'ha offeso; chiunque può offenderlo; chiunque ne hao glie ne viene imputatoil pensiero; e chiunque finalmentenon hala sorte di andargli a genio. Il primo ministro perciòfacilmente persuade poi a quel tiranno di legnodi cui ha saputofarsi l'anima egliche tutte le violenze e crudeltà ch'egliadopera per assicurare se stessonecessarie siano per assicurare iltiranno. Accade alle voltecheo per capriccioo per debolezzaoper timoreil tiranno ritoglie ad un tratto il favore e l'autoritàal ministro; lo esiglia dalla sua presenza; e gli lasciapersingolare benignitàle predate ricchezze e la vita. Ma questamutazione non è altroche un aggravio novello al miserosoggiogato popolo. Il che facilmente dimostrasi. Il ministroanteriorebenché convinto di mille rapinedi mille ingannidi mille ingiustizienon discade tuttavia quasi mai dalla suadignitàse non in quel puntoove un altro più accortodi lui gli ha saputo far perdere il favor del tiranno. Macomunqueegli giungaei giunge pure in somma quel giornoin cui al ministroè ritolta l'autorità e il favore. Allora bisognachelo stato si prepari a sopportare il ministro successoreil quale deepur sempre essere di alcun poco più reo del predecessore; mavolendosi egli far credere miglioreinnova e sovverte ogni cosastabilita dall'altroed in tutto se gli vuole mostrare dissimile.Eppure costui vuolee dee volere (come il predecessore) edarricchirsie mantenersi in caricae vendicarsie ingannareedopprimereed atterrire. Ogni mutazione dunque nella tirannidecosìdi tirannoche di ministroaltro non è ad un popoloinfelicemente servoche come il mutare fasciatura e chirurgo ad unaimmensa piaga insanabileche ne rinnuova il fetore e gli spasimi.
 Mache il ministro successore debba esser poi di alcun poco piùreo dell'antecessorecolla stessa facilità si dimostra. Persoverchiare un uomo cattivo accorto e potenteegli è purd'uopo vincerlo in cattività e accortezza. Un ministro ditiranno per lo più non precipitasenza che alcuno di quelliche direttamente o indirettamente erano autori della sua rovinaalui non sottentri. Oracome seppe egli costui atterrare quei tantiripariche avea fatti quel primo per assicurarsi nel seggio suo?certamentenon per fortuna lo vinsema per arte maggiore. Domando:"Se nelle corti una maggior arte possa supporre minori vizj inchi la possiede e felicemente la esercita".
 Lanon-ferocia dei moderni tiranniche in essi non è altro cheil prodotto della non-ferocia dei moderni popolinon comporta cheagli ex-ministri venga tolta la vitae neppure le ricchezzeancorch'elle siano per lo più il frutto delle loro iniquitàe rapine: né soffrono costoro alcun altro gastigoche quellodi vedersi lo scherno e l'obbrobrio di tuttie massime di quei viliche maggiormente sotto essi tremavano. Alcuni di questi vicetirannismessihanno la sfacciataggine di far pompa di animo tranquillonella loro avversa fortuna; e ardiscono stoltamente arrogarsi il nomedi filosofi disingannati. E costoro fanno ridere davvero gli uominisavjche ben sapendo cosa sia un filosofochiaramente veggonoch'egli non èné può essere mai statounvicetiranno.
 Ma perderei le paroleil tempoe la maestàda un così alto tema richiestase dimostrar io volessi che unente cotanto vile ed iniquo non può né essere statomainé divenireun filosofo. Proverò bensì(come cosa assai più importante) che un primo ministro deltiranno non è mainé può essereun uomo buonoed onesto: intendendo io da prima per politica onestà e veraessenza dell'uomoquella per cui la persona pubblica antepone ilbene di tutti al bene d'un soloe la verità ad ogni cosa. Enell'avere io definita la politica onestàparmi di averlargamente provato il mio assunto. Se il tiranno stesso non vuoleenon può volereil vero ed intero ben pubblicoil qualesarebbe immediatamente la distruzione della sua propria potenzaèegli credibile che lo potrà mai volereed operarecolui cheprecariamente lo rappresenta? coluiche un capriccio ed un cennoaveano quasi collocato sul tronoe che un capriccio ed un cenno nelo precipitano?
 Che il ministro poi non può essereprivatamente uomo onestointendendo per privata onestà lacostumatezza e la fedesi potrebbe pur anche ampiamente provareecon ragioni invincibili: ma i ministri stessicolle loro operetutto dì ce lo provano assai meglio che nessuno scrittoreprovarlo potrebbe con le parole. Si osservi soltantoche non esisteministro nessuno che voglia perder la carica; che niuna carica èpiù invidiata della sua; che niun uomo ha più nemici diluiné più calunnieo vere accuseda combattere:orase la virtù per se stessa possa in un governo nientevirtuoso resistere con una forza non sua al vizioal raggiroeall'invidiane lascio giudice ognuno.
 Dalla potenzaillimitata del tiranno trasferita nel di lui ministrosi viene aprodurre la prepotenza; cioè l'abuso di un potere abusivo giàper se stesso. Crescono la potenza e l'abuso ogniqualvolta vengonoinnestati nella persona di un sudditoperché questo tirannoelettivo e casuale si trova costretto a difendere con quella potenzail tiranno ereditario e se stesso. Una persona di più dadifendersirichiede necessariamente più mezzi di difesa; eun'autorità più illegittimarichiede mezzi piùillegittimi. Perciò la creazioneo l'intrusione di questopersonaggio nella tirannidesi dee senza dubbio riputare come la piùsublime perfezione di ogni arbitraria potestà.
 Edeccone in uno scorcio la prova. Il tirannoche non si è maicreduto né visto nessun egualeodia per innato timorel'universale dei sudditi suoi; ma non ne avendo egli mai ricevutoingiurie privategl'individui non odia. La spada sta dunquefinch'egli stesso la tienein mano di un uomoche per non essere statooffesonon sa cui ferire. Matosto ch'egli cede questo prezioso eterribile simbolo dell'autorità ad un sudditoche si èveduto degli egualie dei superiori; ad unocheper esseresommamente iniquo ed odiosodee sommamente essere odiato dai molti edai più; chi ardirà mai credere allorao asserireosperare che costui non ferisca?

 

 

CapitoloSettimo
DELLA MILIZIA



 Mao regni il tiranno stessoo regni il ministroa ogni modo sempre idifensori delle loro inique personegli esecutori ciechi e crudelidelle loro assolute volontàsono i mercenarj soldati. Diquesti ve ne ha nei moderni tempi di più specie; ma tutte peròad un medesimo fine destinate.
In alcuni paesi d'Europa siarruolano gli uomini per forza; in altricon minor violenzaemaggior obbrobrio per quei popolisi offrono essi spontaneamente diperdere la lor libertào (per meglio dire) ciò cheessi stoltamente chiamano di tal nome. Costoro s'inducono a questotraffico di se stessispinti per lo più dalla lordappocaggine e vizje lusingati dalla speranza di soverchiare edopprimere i loro eguali. Molti tiranni usano anche d'avere al lorsoldo alcune milizie stranierenelle quali maggiormente si affidano.Eper una strana contraddizioneche molto disonora gli uominigliSvizzeriche sono il popolo quasi il più libero dell'Europasi lasciano prescegliere e comprareper servir di custodi allapersona di quasi tutti i tiranni di essa.
 Mao stranieresiano o nazionalio volontarie o sforzatele milizie a ogni modoson sempre il bracciola mollala basela ragione solaemiglioredelle tirannidi e dei tiranni. Un tiranno di nuovainvenzione cominciò in questo secolo a stabilire e mantenereun esercito intero e perpetuo in armi. Costuinel volere unesercitoallorché non avea nemici al di fuoriampiamenteprovò quella già nota asserzione; che il tiranno hasempre in casa i nemici.
 Non era però cosa nuovache i tiranni avessero per nemici i loro sudditi tutti; e non eranuovo neppureche senza aver essi quei tanto formidabili esercitisforzassero nondimeno i lor sudditi ad obbedire e tremare. Matral'idea che si ha delle cosee le cose stessedi mezzo vi entrano isensi; ed i sensinell'uomoson tutto. Quel tiranno che nei secoliaddietro se ne stava disarmatose gli sopravveniva allora ilcapriccio o il bisogno di aggravare oltre l'usato i suoi sudditisoleva per lo più astenersene; perché mormorandone essio resistendoglipensava che gli sarebbe necessario di armarsi perfargli obbedire e tacere. Ma ai tempi nostriquell'autorità eforzache il padre o l'avo del presente tiranno sapeano bensìd'averema non se la vedeano sempre sotto gli occhi; quell'autoritàe forza viene ora ampiamente dimostrata al regnante da quelle tantesue schiereche non solo lo assicurano dalle offese dei sudditimache ad offenderli nuovamente lo invitano. Ondefra l'idea del poterenei passati tirannie la effettiva realità del potere neipresenticorre per l'appunto la stessa differenzache passa tra lapossibilità ideale d'una cosae la palpabile esecuzione diessa.
La moderna miliziacolla sua perpetuitàannullanelle moderne tirannidi l'apparenza stessa del viver civile; dilibertà seppellisce il nome perfino; e l'uomo invilisce a talsegnoche cose politicamente virtuosegiustegiovevolied altenon può egli né farené direnéascoltarné pensare. Da questa infame moltitudine di oziosisoldativili nell'obbedireinsolenti e feroci nell'eseguireesempre più intrepidi contro alla patria che contro ai nemicinasce il mortale abuso dell'esservi uno stato di più nellostato; cioè un corpo permanente e terribileche ha opinionied interessi diversi e in tutto contrarj a quelli del pubblico; e uncorpoche per la sua illegittima e viziosa istituzioneporta in sestesso la impossibilità dimostrata di ogni civile ben vivere.L'interesse di tutti o dei piùfra i popoli di ogni qualunquegovernosi è di non essere oppressio il meno che ilpossono: nella tirannide i soldatiche non debbono aver maiinteresse diverso da quello del tiranno che li pasce e che la lorosuperba pigrizia vezzeggia; i soldatihanno necessariamenteinteresse di opprimere i popoli quanto più il possono; poichéquanto più opprimonotanto più considerati sono essie necessarje temuti.
 Non accade nella tirannidecomenelle vere repubblicheche le interne dissensioni vengano ad esserviuna parte di vita; e chesaggiamente mantenutevi ed adoprateviaccrescano libertà. Ogni diversità di interesse nellatirannideaccresce al contrario la pubblica infelicitàe launiversal servitù: e quindi bisogna che il debole per cosìdire si annichilie che il forte si insuperbisca oltre ogni misura.Nella tirannide perciò le soldatesche son tuttoed i popolinulla.
 Questi prepotentio siano volontariamente osforzatamente arruolatisogliono esserequanto ai costumila piùvile feccia della feccia della plebe: e sì gli uni che glialtriappena hanno investita la livrea della loro duplicata servitùfattisi orgogliosicome se fossero meno schiavi che i loroconsimili; spogliatisi del nome di contadini di cui erano indegnisprezzano i loro egualie li reputano assai da meno di loro. E infattii veri contadini coltivatori nella tirannide si dichiaranoassai minori dei contadini soldatipoiché sopportano essiquesta genia militanteche ardisce disprezzargliinsultarglispogliarglied opprimerli. E a questa sì fatta geniapotrebbero lievemente resistere i popolise volessero pure conoscereun solo istante la loro forzapoiché si troverebbero tuttaviamille contr'uno.
 E se tanta pur fosse la viltà deglioppressiche colla forza aperta non ardissero affrontare questi lorooppressoripotrebbero anche facilmente con arte e doni corromperglie comprarli; che quel loro valore sta per chi meglio lo paga. Ma daun sì fatto mezzo ne ridonderebbero in appresso piùmali; tra cui non è il menomoil ritrovarsi poscia fra ilpopolo una sì gran moltitudine d'entiche soldati nonpotrebbero esser piùe che cittadini (ove anco il volessero)divenir non saprebbero.
 Vero èche il popolo liteme e quindi gli odia; ma non gli odia pur mai quanto egliabborrisce il tirannoe non quanto costoro sel meritano. Questa nonè una delle più leggiere proveche il popolo nellatirannide non ragionae non pensa: che se egli osservasseche senzacodesti soldati non potrebbe oramai più sussistere tirannonessunogli abborrirebbe assai più; e da quest'odio estremoperverrebbe il popolo assai più presto allo spegnere affattocotali soldati.
E non paja contraddizione il dire; che senzasoldati non sussisterebbe il tirannodopo aver detto di soprachenon sempre i tiranni hanno avuto eserciti perpetui. Coll'accrescere imezzi di usare la forzahanno i tiranni accresciuta la violenza intal modoche se ora quei mezzi scemasseroverrebbe di tanto ascemare nei popoli il timoreche si distruggerebbe forse latirannide affatto. Perciò quegli esercitiche non eranonecessarj prima che si oltrepassassero certi limitie prima che ilpopolo fosse intimorito e rattenuto da una forza effettiva epalpabilevengono ad essere necessarissimi dopo: perchénatura dell'uomo èche chiunque per molti anni ha avutodavanti agli occhi e ceduto ad una forza effettivanon si lasci piùintimorire da una forza ideale. Quindinel presente stato delletirannidi europeeal cessare dei perpetui esercitiimmantinentecesseran le tirannidi.
 Il popolo non può dunque maicon verisimiglianza sperare di vedersi diminuito o tolto questocontinuo aggravio ed obbrobriodello stipendiare egli stesso i suoiproprj carneficitratti dalle sue proprie visceree cosìtosto immemori affatto dei loro più sacri e naturali legami.Ma il popolo ha pur semprenon la speranza soltantoma la piena edimostrata certezza di torsi egli stesso questo aggravio edobbrobrioogniqualvolta egli veramente volendolo non chiederàad altrui ciò che sta soltanto in sua mano di prendersi.
 Ognitiranno europeo assolda quanti più può di questisatellitie più assai che non può; egli se necompiacese ne trastullae ne va oltre modo superbo. Sono costoroil vero e primo giojello delle loro corone: emantenuti a stento daisudori e digiuni del popolopreparati son sempre a beverne ilsanguead ogni minimo cenno del tiranno. Si accordain ragione delnumero dei loro soldatiun diverso grado di considerazione aidiversi tiranni. E siccome non possono essi diminuire i satellitiloro senza che scemi l'opinione che si ha della loro potenza; esiccome una persona abborritaove ella mai cessi di essere temutaapertamente si dileggia da primae tosto poscia si spegne; egli èda credersiche i tiranni non aspetteranno mai questo manifestodisprezzo precursore infallibile della loro intera rovinae chesempre dissangueranno il popolo per mantenere coi molti soldati sestessi.
 I tirannipadroni pur anche per alcun tempodell'opinionehanno tentato di persuadere in Europaed hannoeffettivamente persuaso ai più stupidi fra i loro sudditicosì plebei come nobiliche ella sia onorevole cosa la loromilizia. E col portarne essi stessi la livreacoll'impostura dipassare essi stessi per tutti i gradi di quellacoll'accordarlemolte prerogative insultanti ed ingiuste sopra tutte le altre classidello statoe massime sopra i magistrati tuttihanno con ciòoffuscato gl'intellettied invogliato gli stoltissimi sudditi diquesto mestiere esecrabile.
 Ma una sola osservazione basta adistruggere questa loro scurrile impostura. O tu reputi i soldaticome gli esecutori della tirannica volontà al di dentro; eallora può ella mai parerti onorevol cosa lo esercitare contrail padrei fratellii congiuntie gli amiciuna forza illimitataed ingiusta? O tu li reputi come i difensori della patria; cioèdi quel luogo dove per tua sventura sei nato; dove per forza rimani;dove non hai né libertàné sicurezzanéproprietà nessuna inviolabile; e alloraonorevol cosa ti puòella parere il difendere codesto tuo sì fatto paesee iltiranno che continuamente lo distrugge ed opprime quanto e assai piùche nol farebbe il nemico? e l'impedire in somma un altro tiranno diliberarti dal tuo? Che ti può egli togliere oramai quelsecondoche non ti sia stato già tolto dal primo? Anzipotràil nuovo tirannoper necessaria accortezzatrattarti da principiomolto più umanamente che il vecchio.
 Conchiudoadunque; Chenon si potendo dir patria là dove non ci èlibertà e sicurezzail portar l'armi dove non ci èpatria riesce pur sempre il più infame di tutti i mestieri:poiché altro non èse non vendere a vilissimo prezzola propria volontàe gli amicie i parentie il propriointeressee la vitae l'onoreper una causa obbrobriosa edingiusta.

 

 

CapitoloOttavo

DELLARELIGIONE

 

Quellaqualunque opinione che l'uomo si è fatta o lasciata fare daaltricirca alle cose che egli non intendecome sarebbero l'anima ela divinità; quell'opinione suol essere anch'essa per lo piùuno dei saldissimi sostegni della tirannide. L'idea che dal volgo siha del tiranno viene talmente a rassomigliarsi alla idea da quasitutti i popoli falsamente concepita di un Dioche se ne potrebbeindurreil primo tiranno non essere stato (come supporre si suole)il più fortema bensì il più astuto conoscitoredel cuore degli uomini; e quindi il primo a dar loro una ideaqualch'ella si fossedella divinità. Perciòframoltissimi popolidalla tirannide religiosa veniva creata latirannide civile; spesso si sono entrambe riunite in un ente solo; equasi sempre si sono l'una l'altra ajutate.
 La religionpaganacol suo moltiplicare sterminatamente gli Dei; e col fare delcielo una quasi repubblicae sottomettere Giove stesso alle leggidel fatoe ad altri usi e privilegj della corte celeste; doveaesseree fu in fattiassai favorevole al viver libero. La giudaicae quindi la cristiana e maomettanacoll'ammettere un solo Dioassoluto e terribile signor d'ogni cosadoveano esseree sonostatee sono tuttavia assai più favorevoli allatirannide.
Queste cose tuttegià dette da altritralasciocome non mie; e proseguendo il mio temache della moderna tirannidein Europa principalissimamente trattanon esaminerò tra lediverse religioni se non se la nostraed in quanto ella influisce sule nostre tirannidi.
La cristiana religioneche è quelladi quasi tutta la Europanon è per se stessa favorevole alviver libero: ma la cattolica religione riesce incompatibile quasicol viver libero.
A voler provare la prima di queste proposizionibasteràcredoil dimostrare che essa in nessun modo noninducené persuadené esorta gli uomini al viverliberi. Ed il primoe principale incitamento ad un effetto cosìimportantedovrebbero pur gli uomini riceverlo dalla lor religione;poiché non vi è cosa che più li signoreggi; chemaggiormente imprima in essi questa o quella opinione; e chemaggiormente gli infiammi all'eseguire alte imprese. Ed in fattinella pagana antichitài Giovigli Apollinile SibillegliOracolia gara tutti comandavano ai diversi popoli e l'amor dellapatria e la libertà. Ma la religion cristiananata in unpopolo non liberonon guerrieronon illuminatoe giàintieramente soggiogato dai sacerdotinon comanda se non la ciecaobbedienza; non nomina né pure mai libertà; ed iltiranno (o sacerdote o laico sia egli)interamente assimila aDio.
Se si esamina in qual modo ella si propagassesi vedràche sempre si procacciò più facilmente l'ingresso nelletirannidiche nelle repubbliche. Al cadere dell'imperio romano(incui ella non poté trovar seggiose non quando la militaretirannide v'ebbe intieramente annullato ogni vivere civile) quelletante nazioni barbare che l'occuparonostabilite poi nella Italianelle Gallienelle Spagnee nell'Africasotto i loro diversicondottieri abbracciarono indi a non molto la religion cristiana. Ela ragione mi par ne sia questa. Quei loro condottieri volendorimanere tiranni; e quei lor popoliavvezzi ad esser liberi quandonon erano in guerranon volendo obbedire se non come soldati acapitanoe non mai come schiavi a tiranno; in questa disparitàdi umori frapponendosi il cristianesimoegli vi apparivaintroduttore di una certa via di mezzoper cui si andava persuadendoai popoli l'obbediree ai capitani fatti tiranni si venivaassicurando l'imperio; ove questi una parte della loro autoritàdivider volessero coi sacerdoti. In prova di chesi osserviquell'altra parte di quelle stesse nazioni boreali rimastasi poverasemplicee libera nelle natie sue selveessere poi stata l'ultimopopolo d'Europa che ricevessepiù assai per violenza che pervia di persuasionela religion cristiana.
Le poche nazioni chefuori d'Europa la ricevetterovi furono per lo più indottedal timore e dalla forzacome le diverse piagge di America ed'Affrica; ma dallo stesso ferocissimo fanatismo con cui venivaabbracciata nella Cinae più nel Giapponesi puòmanifestamente dedurre quanto ella volentieri si allignie prosperinelle tirannidi.
I troppi abusi di essa sforzarono col tempoalcuni popoli assai più savj che imaginosia raffrenarlaspogliandola di molte dannose superstizioni. E costorodistinti poicol nome di ereticisi riaprirono con tal mezzo una strada allalibertàla quale fra essi rinacque dopo essere statalungamente sbandita d'Europae bastantemente vi prosperò;come gli Svizzerila Olandamolte città di GermanialaInghilterrae la nuova Americace lo provano. Ma i popolichenonla frenandovollero conservarla intera(non però mai qualeera stata predicata da Cristoma quale con artecon ingannoedanche con la violenza l'aveano i suoi successori trasfigurata) sichiusero essi sempre più ogni strada al riprocrear libertà.Addurrò oranon tuttema le principali ragioniper cui mipare quasi impossibile che uno stato cattolico possa o farsi liberoveramenteo rimaner talerimanendo cattolico.
Il culto delleimmaginila presenza effettiva nella eucaristiaed altri puntidogmaticinon saranno per certo mai quellichecreduti o noverranno ad influire sopra il viver libero politico. MaIL PAPAmaLA INQUISIZIONEIL PURGATORIOLA CONFESSIONEIL MATRIMONIO FATTOSIINDISSOLUBILE SACRAMENTO e IL CELIBATO DEI RELIGIOSI; sono queste lesei anella della sacra catenache veramente a tal segno rassodano laprofanache ella di tanto ne diventa più grave edinfrangibile. Edalla prima di queste sei cose incominciandodico:Che un popoloche crede potervi esser un uomoche rappresentiimmediatamente Dio; un uomoche non possa errar mai; egli ècertamente un popolo stupido. Ma senon lo credendoegli viene perciò tormentatosforzatoe perseguitato da una forzasuperiore effettivane accaderà che quella prima generazioned'uomini crederà nel papaper timore; i figliper abitudine;i nepotiper stupidità. Ecco in qual guisa un popolo cherimane cattolicodee necessariamenteper via del papa e dellainquisizionedivenire ignorantissimoservissimoestupidissimo.
Mami dirà taluno: "Gli eretici credonopure nella trinità; e questa al senso umano pare una cosacertamente ancora più assurda che le sopraccennate: non sonodunque gli eretici meno stupidi dei cattolici". Rispondo; cheanche i Romani credevano nel volo e nel beccar degli augellicosaassai più puerile ed assurda; eppure erano liberi e grandi; enon divennero stupidi e vilise non quandospogliati della lorlibertàcredettero nella infame divinità di CesarediAugustoe degli altri lor simili e peggiori tiranni. Quindilatrinità nostraper non essere cosa soggetta ai sensisicreda ella o nonon può influire mai sopra il viver politico:mal'autorità più o meno di un uomo; l'autoritàillimitata sopra le più importanti cosee velata dal sacroammanto della religioneimporta e moltee notabili conseguenze;tali in sommache ogni popolo che crede od ammette una taleautoritàsi rende schiavo per sempre.
Lo ammetterla senzacrederlache è il caso nostro presente in quasi tuttal'Europa cattolicami pare una di quelle umane contraddizioni sìstranamente ripugnanti alla sana ragionech'elle non possono esseregran fatto durevoli; e quindi non occorre maggiormente parlarne. Ma ipopoli che l'autorità del papa ammettono perché lacredonocome erano i nostri avied alcune presenti nazioninecessariamente la credono o per timoreo per ignoranza e stupidità.Se per queste ultime ragioni la credonochiaro è che unanazione stupida ed ignorante affattonon puònel presentestato delle coseesser libera: mase per timore la credono ipopolida chi vien egli in loro inspirato codesto timore? non dallepapali scomuniche certamentepoiché in esse non hanno fedecostoro; dalle armi dunque e dalla forza spaventati sarannoedindotti a finger di credere. E da quali armi mai? da qual vera forza?dalle armi e forza del tirannoche politicamente e religiosamentegli opprime. Dunquedovendo i popoli temere l'armi di chi ligovernain una cosa che dovrebbe essere ad arbitrio di ciascuno ilcrederla o none risulta che chi governa tai popolidi necessitàè tiranno; e che essiattesa questa loro sforzata credenzanon sononé possono farsi mai liberi. Ed in fattinéAtenené Spartané Romané altre vere edilluminate repubblichenon isforzarono mai i lor popoli a crederenella infallibilità degli oracoli; némolto menoarendersi tributarj e ciecamente obbedienti a niuno lontanosacerdozio.
LA INQUISIZIONEquel tribunale sì iniquo dicui basta il nome per far raccapricciare d'orroresussiste purtuttavia più o meno potente in quasi tutti i paesi cattolici.Il tiranno se ne prevale a piacer suo; ed allargao ristringe lainquisitoria autoritàsecondo che meglio a lui giova. Maquesta autorità dei preti e dei frati (vale a diredellaclasse la più crudelela più sciolta da ogni legamesocialema la più codarda ad un tempo) quale influenzaavrebbe ella per se stessaqual terrore potrebbe ella infondere neipopolise il tiranno non la assistesse e munisse colla propria suaforza effettiva? Orauna forza che sostiene un tribunale ingiusto etiranniconon è certamente né giusta nélegittima: dove alligna l'Inquisizionealligna indubitabilmente latirannia; dove ci è cattolicismovi è o vi puòessere ad ogni istante l'Inquisizione: non si può dunqueessere a un tempo stesso un popolo cattolico veramentee un popololibero.
Mache dirò io poi della CONFESSIONE? Tralascio ildirne ciò che a tutti è ben noto; che la certezza delperdono di ogni qualunque iniquità col solo confessarlariesce assai più di sprone che di freno ai delitti; e tantealtre cose tralascioche dall'usoo abuso di un tal sacramentomanifestamente ogni giorno derivano. Io mi ristringo a dire soltanto;che un popolo che confessa le sue opereparolee pensieri ad unuomocredendo di rivelarli per un tal mezzo a Dio; un popolochefra gli altri peccati suoi è costretto a confessare come unodei maggioriogni menomo desiderio di scuotere l'ingiusto giogodella tirannidee di porsi nella naturale ma discreta libertà;un tal popolo non può esser liberoné meritad'esserlo.
La dottrina del PURGATORIOcagione ad un tempo edeffetto della confessionecontribuisce non poco altresì adinvilireimpoveriree quindi a rendere schiavi i cattolici popoli.Per redimere da codesta pena i loro padri ed avicolla speranza diesserne poi redenti dai loro figli e nipotidanno costoro ai pretinon solamente il loro superfluoma anche talvolta il lor necessario.Quindi la sterminata ricchezza dei preti; e dalla loro ricchezzalalor connivenza col tiranno; e da questa doppia congiurala doppiauniversal servitù. Ondedi povero che suol essere in ogniqualunque governo il popolofatto poverissimo per questo mezzo dipiù nella tirannide cattolicaegli vi dee rimanere in talmodo avvilitoche non penserà né ardirà maitentare di farsi libero. I sacerdoti all'incontrodi poveri (benchénon mendici) che esser dovrebberofatti per mezzo di codesto lorpurgatorio ricchissimie quindi moltiplicati e superbisono semprein ogni governo inclinatianzi sforzati da queste loro illegittimesterminate ricchezzea collegarsi con gli oppressori del popoloe adivenire essi stessi oppressori per conservarle.
Dallaindissolubilità del MATRIMONIO FATTOSI SACRAMENTOnerisultano palpabilmente quei tanti politici maliche ogni giornovediamo nelle nostre tirannidi: cattivi maritipeggiori moglinonbuoni padrie pessimi figli: e ciò tuttoperchéquella sforzata indissolubilità non ristringe i legamidomestici; ma bensìcol perpetuarli senza addolcirliinteramente li corrompe e dissolve.
E finalmente poisiccomedall'essere i popoli cattolici sforzatamente perpetui conjuginonsogliono esser essi fra loro né mariti veriné mogliné padri; cosìdall'essere i preti cattolicisforzatamente PERPETUI CELIBInon sogliono mostrarsi néfratelliné figliné cittadini; che per conoscere epraticare virtuosamente questi tre statitroppo importa il conoscereper esperienza l'appassionatissimo umano stato di padre e marito.
Daqueste fin qui addotte ragionimi pare che ne risulti chiaramente(oltre la maggior ragione di tutteche sono i fatti) che un popolocattolico già soggiogato dalla tirannidedifficilissimamentepuò farsi liberoe rimanersi veramente cattolico. E peraddurne un solo esempioche troppi addurne potreinella ribellionedelle Fiandrequelle provincie povereche non avendo impinguati ilor preti si erano potute far ereticherimasero libere; le grasse eridondanti di fratidi abatie di vescovirimasero cattoliche eserve. Vediamo orase un popolo che già si ritrovi libero ecattolicosi possa lungamente mantener l'uno e l'altro.
Che unpopolo soggiogato da tanti e sì fatti politici erroriquantine importa il viver cattolicopossa essere politicamente liberoella è cosa certamente molto difficile: madove pure ei lofosseio credo che il conservarsi talesia cosa impossibile. Unpopoloche crede nella infallibile e illimitata autorità delpapaè già interamente disposto a credere in untirannoche con maggiori forze effettive e avvalorate dal suffragioe scomuniche di quel papa istessolo persuaderào sforzeràad obbedire a lui solo nelle cose politichecome giàobbedisce al solo papa nelle religiose. Un popoloche trema dellaInquisizionequanto più non dovrà egli tremare diquell'armi stesse che la Inquisizione avvalorano? Un popoloche siconfessa di cuorepuò egli non essere sempre schiavo di chipuò assolverlo o no? Dico di più; che dal ceto stessodei sacerdoti(ove un laico tiranno non vi fosse) ne insorgerebbeuno religioso ben tosto; o se da altra parte insorgesse un tirannolo approverebbero e seconderebbero i sacerdotisperandone ilcontraccambio da lui. Ed è cosa anche provata dai fatti; siveda perfino nelle semi-repubbliche italianei sacerdoti esservisaliti assai meno in ricchezza e in potenzache nelle tirannidiespresse di un solo. Un popolo finalmenteche si spropria dell'aversuotogliendolo a se stessoa' suoi congiuntie ai proprj suoifigliper darlo ai sacerdoti celibidiventerà coll'andar deltempo indubitabilmente così bisognoso e mendicoche egli saràpreda di chiunque lo vorrà conquistareo far servo.
Non sose al sacerdozio si debba la prima invenzione del trattare come cosasacrosanta il politico imperoo se l'impero abbia ciòinventato in favore del sacerdozio. Questa reciproca e simulataidolatriaè certamente molto vetusta; e vediamo nell'anticotestamento a vicenda sempre i re chiamar sacri i sacerdotie isacerdoti i re; ma da nessuno mai dei due udiamo chiamareo reputaremai sacrigl'incontestabili naturali diritti di tutte le umanesocietà. Il vero si èche quasi tutti i popoli dellaterra sono statie sono (e saranno semprepur troppo!) tolti inmezzo da queste due classi di uominiche sempre fra loro si sonoandate vicendevolmente conoscendo iniquee che con tutto ciòsi sono reciprocamente chiamate sacre: due classiche dai popolisono state spesso abborritealcuna volta svelatee sempre pureadorate.
È il vero altresìche in questo nostrosecolo i presenti cattolici poco credono nel papa; che pochissimopotere ha la inquisizion religiosa; che si confessano soltantogl'idioti; che non si comprano oramai le indulgenzese non dai ladrireligiosi e volgari: maal papaalla Inquisizioneallaconfessionee all'elemosine purgatorialiin questo secolofra ipresenti cattoliciampiamente supplisce la sola MILIZIA; e mispiego. Il tiranno ottiene ora dal terrore che a tutti inspirano isuoi tanti e perpetui soldatiquello stesso effetto che egli perl'addietro otteneva dalla superstizionee dalla totale ignoranza deipopoli. Poco gl'importa oramai che in Dio non si creda; basta altirannoche in lui solo si creda; e di questa nostra credenzamoltopiù vile e assai meno consolatoria per noiglie n'entranomallevadori continui gli eserciti suoi.
Vi sono nondimeno inEuropa alcuni tiranniche volendo con ipocrisia mascherare tuttel'opere loropigliano a sostenere le parti della religioneperfarsi pii reputaree per piacere al maggior numero che pur tuttorala rispettae la crede. Ogni savio tirannoed accortocosìdee pure operare; sia per non privarsi con una inutile incredulitàdi un così prezioso ramo dell'autorità assolutaqualeè l'ira dei preti amministrata da luie viceversala suaamministrata da essi; sia perché usando altrimentipotrebbeegli avvenirsi in un qualche fanatico di religioneil quale facessele veci di un fanatico di libertà: e quelli sono e men rari epiù assai incalzantiche questi. E perché mai sonoquelli men rari? attribuir ciò si dee all'essere il nome direligione in bocca di tutti; e in bocca di pochissimie in cuorequasi a nessunoil nome di libertà.
Il più sublimedunque ed il più utile fanatismoda cui veramente neridonderebbero degli uomini maggiori di quanti ve ne siano statigiammaisarebbe pur quelloche creasse e propagasse una religioneed un Dioche sotto gravissime pene presenti e future comandasseroagli uomini di esser liberi. Macoloro che inspiravano il fanatismonegli altrinon erano per lo più mai fanatici essi stessi; epur troppo a loro giovava d'inspirarlo per una religione ed un Dioche agli uomini severamente comandassero di essere servi.




CapitoloNono

DELLETIRANNIDI ANTICHEPARAGONATE COLLE MODERNE



Lecagioni stesse hanno certamente in ogni tempo e luogoconpiccolissime differenzeprodotto gli stessi effetti. Tutti i popolicorrottissimi hanno soggiaciuto ai tirannifra' quali ve ne sonostati dei pessimidei cattividei mezzanie perfino anco deibuoni. Nei moderni tempi i Caligolii Neronii Dionigii Falaridiecc.rarissimi sono: e se anche vi nasconoassumono costoro fra noiuna tutt'altra maschera. Ma meno feroce d'assai è anche ilpopolo moderno: quindi la ferocia del tiranno sta sempre inproporzione di quella dei sudditi.
Le nostre tirannidiin oltredifferiscono dalle antiche moltissimo; ancorché di queste e diquelle la milizia sia il nervola ragionee la base. Né soche questa differenza ch'io sto per notaresia stata da altriosservata. Quasi tutte le antiche tirannidie principalmente laromana imperialenacquero e si corroborarono per via della forzamilitare stabilita senza nessunissimo rispetto su la rovina totaled'ogni preventiva forza civile e legale. All'incontro le tirannidimoderne in Europa sono cresciute e si sono corroborate per via d'unpoteremilitare sì e violentoma pure fattoper cosìdirscaturire da quell'apparente o reale potere civile e legalechesi trovava già stabilito presso a quei popoli. Servirono a ciòdi plausibil pretesto le ragioni di difesa d'uno stato controall'altro; la conseguenza ne riuscì più sordamentetirannica che fra gli antichi; ma ella ne è pur troppo piùfunesta e durevoleperché in tutto è velatadall'ammanto ideale di una legittima civile possanza.
I Romanierano educati fra il sangue; i loro crudeli spettacoliche a tempodi repubblica virtuosamente feroci li rendevanoal cessar d'esserliberi non li faceano cessare per ciò di essere sanguinarj.NeroneCaligolaecc.ecc.trucidavano la madrela moglieifratellie chiunque a lor dispiacesse: ma NeroneCaligolae isimili a loromorivano pur sempre di ferro. I nostri tiranni nonuccidono mai apertamente i loro congiunti; rarissimamente versanosenza necessità il sangue dei sudditie ciò non fannose non sotto il manto della giustizia: ma anche i tiranni nostri sene muojono in letto.
Non negheròche a raddolcire gliuniversali costumi non poco contribuisse la religione cristiana;benché da Costantino fino a Carlo VI tanti tratti di stupidaignorante e non grandiosa ferocia si possono pur leggere nelle storiedi tutti quei popoli intermediarjche storia a dir vero nonmeritavano. Nondimeno attribuire si debbe in qualche parte ilraddolcimento universale dei costumie una certa urbanitànella tirannide diversamente modificataalla influenza dellacristiana religione. Il tirannoanch'egli ignorante per lo piùe superstiziosoe sempre codardoil tiranno anch'egli si confessa;e benché sempre vada assolto dalle oppressioni e dalle angariefatte ai suoi sudditinon lo sarebbe forse poi in questi nostritempi dell'aver trucidato apertamente la madre e i fratelliodell'aver messo a fuoco e a sangue una propria città eprovinciase non se ricomprando con enorme prezzoe con una totalsommissione ai sacerdotila disusata enormità di un tantomisfatto.
Se sia un bene od un maleche dall'essere raddolcititanto gli universali costumi ne risultino queste nostre tirannidiassai meno ferocima assai più durevoli e sicure che leantichene può esser giudice chiunque vorrà paragonaregli effetti e le influenze di queste e di quelle. Quanto a medovendone brevissimamente parlaredirei; che difficilmente puònascere ai tempi nostri un Nerone ed esercitar l'arte sua; ma cheassai più difficilmente ancora può nascere un Brutoein pubblico vantaggio la mano adoprare ed il senno.




CapitoloDecimo

DELFALSO ONORE



Mase le antiche tirannidi e le moderne si rassomigliano nell'aver essela paura per basela milizia e la religione per mezzidifferisconoalquanto le moderne dalle antiche per aver esse nel falso onoreenella classe della nobiltà ereditaria permanenteritrovato unsostegnoche può assicurarne la durata in eterno. Ragioneròin questo capitolo del falso onore; e alla nobiltàche ben selo meritariserberò un capitolo a parte.
L'onorenome datanti già definitoda tutti i popolie in tutti i tempidiversamente intesoe a parer mio indefinibile; l'onore verràora da me semplicemente interpretato così: La bramae ildirittodi essere onorato dai più. Ed il falsodistinguerò dal verofalsa chiamando quella brama d'onoreche non ha per ragione e per base la virtù dell'onoratoel'utile vero degli onoranti; e vera all'incontro chiameròquella brama di onoreche altra ragione e base non ammette se non lautile e praticata virtù. Ciò postoesaminiamo qual siaquesto onore nelle tirannidichi lo professia chi giovida qualvirtù nascae qual virtù ed utile eglipromuova.
L'onore nelle tirannidi si va spacciando egli stessocome il solo legittimo impulsoche spinge tutti coloro chepretendono di non operar per paura. Il tirannocontento oltre ognicredereche la paura mascherata sotto altro titolo venga nondimeno aprodurre un medesimoanzi un maggior effetto in suo prostraordinariamente seconda questa volgare illusione. Col semplicenome di onoreche sempre gli sta tra le labbraegli riesce pure aspingere i suoi sudditi a coraggiose e magnanime impresele qualiveramente onorevoli sarebberose fatte non fossero in suo privatovantaggioed in pubblico danno. Mase onore vuol dire; Il giustodiritto di essere veramente onorato dai buoni ed onesticome utileai più; e se la virtù sola può essere base aun tal dritto; come può egli il tiranno profferire mai un talnome? Lo ripetono anche i sudditi a gara; ma se la loro brama ediritto d'essere onorati si fondasse su la pratica della vera virtùpotrebbero eglino servireobbediree giovare a un tiranno che nuocea tutti? E noi stessi schiavi moderniove ricordare pure vogliamo lamemoria d'un uomo giustamente onorato per molte età da molti ediversi popolie che quindi moltissimo onore abbia avuto nel cuorefacciamo noi menzione di un Milziadedi un Temistocledi un Regoloovvero d'uno Spitridatedi un Sejanoo di altro prepotente schiavodi tiranno? Noi stessi dunque (e senza avvedercene) sommamenteonorando quegli uomini liberigrandie giustamente onorevoli edonorativeniamo manifestamente a mostrareche il vero onore era illoro; e che il nostroil quale in tutto è l'opposto diquelloè il falso; poiché niente onoriamo la memoriadi quei pretesi grandi in tirannide.
Mase l'onore nelletirannidi è falsoe seimmedesimatosi colla pauraegli èpure la principalissima molla di un tal governoda un falsoprincipio falsissime conseguenze risultar ne dovranno; e ne risultanoin fatti. L'onore nella tirannide imponeche mai non si manchi difede al tiranno. Impone l'onore nella repubblicache chiunquevolesse farsi tirannosia spento. Per giudicare qual sia tra questidue onori il veraceesaminiamo alla sfuggita questa fedeche ilservo non dee rompere al tiranno. Il rompere la data fedeècertamente cosache dee disonorar l'uomo in ogni qualunque governo:ma la fede dev'essere liberamente giuratanon estorquita dallaviolenzanon mantenuta dal terrorenon illimitatanon ciecanonereditaria; esovra ogni cosareciproca dev'esser la fede. Ognimoderno tirannoal riappiccarsi in fronte la corona del padreanch'egli ha giurato una fede qualunque ai suoi sudditiche giàrotta e annullata dal di lui padrelo sarà parimente edoppiamente da esso. Il tiranno è dunque di necessitàsempre il primo ad essere spergiuroe fedifrago: egli èdunque il primo a calpestarsi fra' piedi il proprio onoreinsiemecon le altrui cose tutte. Ed i suoi sudditi perderebbero l'onor loronel romper essi quella fede che altri ha manifestamente giàrotta? La pretesa virtùin questo caso frequente pur tantonelle tirannidista dunque direttamente in opposizione coll'onorvero; poichése un privato ti manca di fedeanche l'onorestesso delle tirannidi t'impone di fargliela a forza osservarepervendicare in tal modo il disprezzo ch'egli ha mostrato espressamentedi te nell'infrangerla. Manifestamente dunque falso èquell'onore che comanda di serbar rispettoed amoree fede a chinon serbao può impunemente non serbarealcuna di queste trecose a nessuno. Da questo falso onore nasce poi la falsissimaconseguenzache si venga a credere legittima infrangibile e sacraquell'autoritàche l'onore stesso costringe a mantenere edifendere.
A questo modonella tirannideguasti essendo econfusi i nomi di tutte le cosei capricci del tiranno messi incartacol sacro nome di leggi s'intitolano; e si rispettanoedeseguisconocome tali. Cosìa quella terra dove si nascesidà nella tirannide risibilmente il nome di patria; perchénon si pensa che patria è quella soladove l'uomo liberamenteesercitae sotto la securtà d'invariabili leggiquei piùpreziosi diritti che natura gli ha dati. Cosìsi ardiscenella tirannide appellare senato (col nome cioè dei liberiscelti patrizj di Roma) una informe raccolta di giudici trascelti dalprincipetogati di porporae specialmente dotti in servire. Cosìfinalmentesi viene a chiamare nella tirannide col titolo sacrod'onore la dimostrata impossibilità di essere giustamenteonorato dai buonicome di essere utile ai molti.
Mapermaggiormente accertarciche l'onor nostro sia il falsoparagoniamolo alquanto più lungamente a quello dellerepubbliche antichenelle sue cagionimezzied effetti; e certoarrossiremo noi tosto di profferire un tal nome; che se dicessimo nonessere egli a noi noto affattocon una tale ignoranza escuseremmoalmeno la infamia nostra in gran parte. Comandava l'onore antico aquei popoli liberidi dar la vita per la libertà; vale a direpel maggior vantaggio di tutti: ci comanda il moderno onore di dar lavita pel tiranno; vale a dire per colui che sommamente nuoce a noitutti. Voleva l'antico onoreche le ingiurie private cedesserosempre alle pubbliche: vuole il moderno che si abbiano le pubblicheper nullae che atrocemente si vendichino le private. Voleval'anticoche i suoi seguaci serbassero amore e fede inviolabile allapatria sola: il nostro la vuole e comanda pel solo tiranno. E nonfinireise i precetti di questo e di quelloin tutto contrarj fraloroannoverare volessi.
Ma i mezzi per essere onoratonon menodai popoli servi che dai liberisono pur sempre il coraggio e unacerta virtù: colla somma differenza nondimenoche l'onorenelle repubblichescevro da ogni privato interesseriesce di puraricompensa a se stesso; ma nelle tirannidi questo onore impiegatosiin pro del tirannovien sempre contaminato da mercedi e favorichepiù o meno distribuiti dal principeaccresconominoranooanchenegatispengono affatto l'onore nel cuore de' suoi servi.
Leconseguenze poi di questi due diversi onorifacilissime sono adedursi. Libertàgrandezza d'animovirtù domestiche epubblicheil nome e il felice stato di cittadino; ecco quali erano idolci frutti dell'antico onore: tiranniaferocia inutilevilcupidigiaservaggioe timore; ecco innegabilmente quali sono ifrutti del moderno. I Greci e' Romani erano in somma il prodotto delvero onor ben diretto; i popoli tutti presenti d'Europa(menogl'Inglesi) sono il prodotto del falso onore moderno. Paragonando fraloro questi popolila diversa felicità e potenza da essiacquistatale diverse cose operate da lorola fama che ottengonoequella che meritanosi viene ad avere un'ampia e perfetta misura diciò che possa nel cuor dell'uomo questa divina brama di esseregiustamente onoratoallorché dai saggi governi ella èbene indrizzata e accresciutao allorché dai tirannici ellaviene diminuitao traviata dal vero.
Mi si dirà cheobuono sia o cattivo il principioa ogni modo il sagrificar lapropria vitail mantenere la data fede a costo di essal'esporlaper vendicare le ingiurie privatetutto ciò suppone pursempre una somma virtù. Né io imprendo stoltamente anegareche nelle tirannidi vi sia moltissima gente capace di virtùe nata per esercitarla: piango solamente in me stesso di vederlafalsamente adoprarsi nel sosteneree difendere il vizioe quindinello snaturaree distruggere se stessa. E niuno politico scrittoreardirà certamente chiamare virtù uno sforzoancorchémassimamente sublimeda cuiin vece del pubblico benene debba poiridondare un male per tuttie la prolungazione del pubblicodanno.
Oraperché dunque quella stessa vitache tanti esì fatti uomini ripieni di falso onore vanno cosìprodigamente spendendo pel tirannoperché quella vita stessanon vien ella da loro sagrificatacon più ragione e con ugualvirtùper togliere a colui la tirannide? E quel valoreinutile (poiché non ne ridonda alcun bene) quell'efferatovalorecon cui nelle tirannidi si vendicano le private offeseperché non si adopera tutto contro al tirannoche tuttie inpiù supremo gradonon cessa pur mai un momento di offendere?E quella fede che così ostinatamente cieca si osserva verso ilnemico di tuttiperchécon egual pertinacia e con piùilluminata virtùnon si giura ella ed osserva inverso i sacried infranti diritti dell'uomo?
Nelle tirannidi dunquea talsegno ridotti son gl'individuichequalunque impulso dalla naturaabbiano ricevuto all'operar cose grandiessi edificano pur sempresul falsoogniqualvolta non sanno o non osano calpestare il modernoonoree riassumere l'antico.



CapitoloUndecimo

DELLANOBILTÀ



Havviuna classe di genteche fa prova e vanto di essere da moltegenerazioni illustreancorché oziosa si rimanga ed inutile.Intitolasi nobiltà; e si deenon meno che la classe deisacerdotiriguardare come uno dei maggiori ostacoli al viver liberoe uno dei più feroci e permanenti sostegni della tirannide.
Ebenché alcune repubbliche liberissimee Roma tra le altreavessero anch'elle in sé questo cetoè da osservarsiche già lo avevano quando dalla tirannide sorgeano a libertà;che questo ceto era pur sempre il maggior fautore dei cacciatiTarquinj; che i Romani non accordarono d'allora in poi nobiltàse non alla sola virtù; che la costanza tuttae tutte lepolitiche virtù di quel popolo erano necessarie per impedireper tanti anni ai patrizj di assumere la tirannide; e che finalmentepoi dopo una lunga e vana resistenzaera forza che il popolocredendo di abbattergliad essi pur soggiacesse. I Cesari in sommaerano patrizjche mascheratisi da Mariifingendo di vendicare ilpopolo contra i nobiliamendue li soggiogarono.
Dico dunque; chei nobili nelle repubblicheove essi vi siano prima ch'elle nascanoo tosto o tardi le distruggerannoe faran serve; ancorché nonvi siano da prima più potenti che il popolo. Main unarepubblicain cui nobili non vi sianoil popolo libero non dee maicreare nel proprio seno un sì fatale stromento di servitùné mai staccare dalla causa comune nessuno individuoné(molto meno) staccarne a perpetuitànessuna intera classe dicittadini. Pureper altra parte moltissimo giovando alla emulazionee non poco alla miglior discussione dei pubblici affaril'aver nellarepubblica un ceto minore in numeroe maggiore in virtù alceto di tuttipotrebbe un popolo libero a ciò provvedere colcrearsi questo ceto egli stessoe crearlo a vita od a tempoma nonereditario giammai; affinché possano costoro operare nellarepubblica quel tal bene che vi oprerebbe forse la nobiltàsenza poterne operare mai niuno dei maliche ella tutto giorno purvi opera.
Natura dell'uomo si èche quanto egli piùhatanto desidera piùe tanto maggiormente in grado si trovadi assumersi più. Al ceto dei nobili ereditarjavendo essi laprimazìa e le ricchezzealtro non manca se non la maggioreautoritàe quindi ad altro non pensano che ad usurparla. Pervia della forza nol possonoperché in numero si trovano pursempre di tanto minori del popolo. Per arte dunqueper corruzioneeper fraudetentano di usurparla. Mao fra loro tutti si accordanoeper invidia l'uno dell'altrorimanendo la usurpata autoritànelle mani di loro tuttiecco allora creata la tirannidearistocratica: ovvero tra quei nobili se ne trova uno piùaccortopiù valentee più reo degli altriche partene ingannaparte ne perseguita o distruggee fingendo di assumerele parti e la difesa del popolosi fa assoluto signore di tutti; edeccocome sorge la tirannide d'un solo. Ed eccocome ogni tirannideha sempre per origine la primazìa ereditaria di pochi: poichéla tirannide importando necessariamente sempre lesione e danno deipiùella non si può mai originare né lungamenteesercitare da tuttiche al certo non possono mai volere la lesioneed il danno di se stessi.
Conchiudo adunquequanto allaereditaria nobiltàche quelle repubblichein cui ella ègià stabilitanon possono durar libere di vera politicalibertà; e che nelle tirannidi questa vera libertà nonvi si può mai stabilireo stabilita durarvifinché virimangono de' nobili ereditarj: e le tirannidi nelle loro rivoluzioninon muteranno altro mai che il tirannoogniqualvolta nonabbatteranno con esso ad un tempo la nobiltà. CosìRomabenché cacciasse i tiranni Tarquinjrimanendovi puredopo svanito il comune pericoloassai più potenti i patrizjche il popoloRoma non fu veramente libera e grandeche allacreazione dei tribuni. Questo popolar magistratocontrastando dipari colla potenza patriziaed essendo abbastanza potente pertenerla a frenoe non abbastanza per distruggerla affattoper moltotempo sforzava i nobili a gareggiare col popolo in virtù; e nenacque perciò per gran tempo il bene di tutti. Ma il mal semepur rimanevae all'accrescersi della universale potenza e ricchezzarigermogliò più che mai rigogliosa ogni superbia ecorruzione nei nobili; e questi poicosì guastiin breve larepubblica spensero.
Fu dottamente e con sagace veritàosservatoprima dal nostro gran Machiavellie con qualche maggiorordine poi da Montesquieuche quelle gare stesse fra lanobiltà ed il popolo erano state per più secoli ilnerbola grandezzae la vitadi Roma: ma la sacra veritàcomandava pur ancoche si osservasse da codesti due grandichequelle dissensioni stesse ne erano state poi la intera rovina; e ilcomee il perchéampiamente da essi indagar si dovea. Ed iomi fo a credereche se tali due sommi avessero volutood osatospingere alquanto più oltre il loro riflessivo ragionamentoavrebbero essi indubitabilmente assegnato per principalissima cagionedi una tale intera rovina la ereditaria nobiltà. Che se ledissensionio per dir meglio le disparità di opinionisononecessarie in una repubblica per mantenervi la vita e la libertàbisogna pur confessare che le disparità d'interessidannosissime vi riesconoe di necessità mortifereogniqualvolta l'uno dei due diversi interessi interamente la vince.Orami pare innegabileche ogni primazìa ereditaria di pochigenera per forza in quei pochi un interesse di conservazione e diaccrescimentodiverso ed opposto all'interesse di tutti. Ed ecco ilvizio radicaleper cui ogniqualvolta in uno stato esisteràuna classe di nobili e di sacerdotia parte dal popolosarannoquesti lo scandalola corruzionee la rovina di tutti: e i nobiliper essere ereditarjriusciranno quasi più dannosi che isacerdotii quali sono elettivi soltanto: maper dire il veroabbondantemente suppliscono a ciò i sacerdoticolle loroereditarie impolitiche massimeche da ogni loro individuo in uncolla tonaca e col piviale si assumono; oltre cheper maggiormenteperfezionare questo comune dannole più cospicue sacerdotalidignità sogliono anche cadere esclusivamente nelle mani deinobili: dal che ne risultache i sacerdoti doppiamente dannosiriescono al pubblico bene.
E benché in Inghilterra vi sianoper orae nobili e libertànon mi rimuovo io perciòin nulla da questo mio su mentovato parere. Si osservi da primachein Inghilterra i veri nobili antichinelle spesse e sanguinoserivoluzioni erano presso che tutti spenti; che i nuovi nobiliuscitidi fresco dal popolo per favor del renon possono in un paese liberoassumere né in una né in due generazioni quellasuperbia e quello sprezzo del popolo stessofra cui serbano essiancora i loro parenti ed amici; quella superbiadicoche vienbevuta col latte dai nobili antichiinteramente staccati nellenostre tirannidi da tempo immemorabile dal popolodi cui sonolungamente stati gli oppressori e tiranni. Si osservi in oltreche inobili in Inghilterrapresi in se stessisono meno potenti delpopolo; e cheuniti col popolosono più che il re; ma cheuniti col renon sono però mai più che il popolo. Siosservi in oltreche se in alcuna cosa la repubblica inglese parepiù saldamente costituita che la romanasi ènell'essere in Inghilterra la dissensione permanente e vivificantenon accesa fra i nobili e il popolo come in Romama accesa bensìfra il popolo e il popolo; cioèfra il ministero e chi vi sioppone. Quindinon essendo questa dissensione generata da disparitàdi ereditario interessema da disparità di passeggeraopinioneella vien forse a giovare assai più che a nuocere;poiché nessuno talmente aderisce a una partech'egli nonpossa spessissimo passare dalla contraria; nessuna delle due partiavendovi interessi permanentemente oppostie incompatibili col verobene di tutti. Una nobiltà dunque così felicementerattemperatacome la inglese lo pareper certo riesce assai menonociva che ogni altra; e al potersi veramente far utile al pubblicoaltro forse non le mancherebbe che di non essere ereditaria. Unaclasse di uomini principalie non amovibili membri del governoov'ella fosse creata dalla vera virtù e dai liberi suffragj dituttivi riuscirebbe veramente onorevolee giustamente onorata; egrandissima emulazione di virtù si verrebbe ad accendere fra iconcorrenti ad essa. Mase disgraziatamente ereditaria una talclasse si ammetteancorch'ella si creasse da liberi e virtuosisuffragjtuttavia ad ogni individuo inglese che verrà creatonobile ereditariosi perderà per tal mezzo una intera stirpeche così viene staccata dall'interesse comunedeviata dalvantaggio di tuttie privata di ogni emulazione al ben fare. Quindièche i nobili in Inghilterraancorché alquanto menodannosi che nelle tirannidipotendovi pure essere moltiplicati dalre ad arbitrio suoe senza alcun limite; credendosi essi maggioridel popolo; essendovi e più ricchie più sazje piùoziosie più guasti assai che non è il popolo; inobili in Inghilterra saranno in ogni tempo maggiormente propensiall'autorità del reil quale creati gli ha e spegnerli nonpotrebbeche non all'autorità del popoloil quale non puòcreargli e li potrebbe pure distruggere. In Inghilterra perciò(come sempre sono stati altrove) i nobili sarannoo già sonoi corrompitori della libertà; oveprima di ciòabbattuti maggiormente non siano dal popolo. Manon essendo larepubblica il mio temaabbastanzae troppo lungamente forseho ioparlato fin qui dei nobili nelle repubbliche. Mi convien dunque oralungamente ragionare dei nobili nelle moderne nostretirannidi.
Distrutto il romano imperione furonocome ognun sadivise le provincie fra diversi popoli; ed infiniti stati daquell'immenso stato nascevano. Main tutti insorgeva una nuovaspecie di governo fino allora ignotain cui molti piccioli tirannirendendo omaggio ad un solo e maggioreteneanosotto il titolo difeudatarjnella oppressione e servitù i varj lor popoli.Alcuni di questi tiranni feudatarj divennero così potenticheribellatisi al loro sovranosi crearono stato a parte; e non pochidei presenti tiranni d'Europa son della stirpe di quei signorotti. Eper contraria vicendamolti dei tiranni sovrani si fecero altresìcol tempo abbastanza potentiper distruggere o spodestare affattoquei secondi tirannie rimanere essi soli sovrani. Comunque ciòfosseil soggiacere al tiranno maggioreo ai tirannellinonsollevò mai il popolo dal peso delle sue catene: anzièverisimile cheassicurato ed ingrandito il loro statoi tirannimaggioriavendo meno rispettipiù illimitata potenzaeminori nemicine divennero con molta più impunità esicurezza oppressori del loro misero gregge.
Maquanto eranostati da temersi pel tiranno quei nobili feudatarjfinchéaveano avuto autorità e forza; quanto erano stati ostacoloein un certo modo frenoalla compiuta tirannide di quel soloaltrettanto poi ne divennero essi la base e il sostegnotosto cherimasero spogliati dell'autorità e della forza. I tiranni siprevalsero da prima del popolo stesso per abbassare i signorotti; edil popolo che avea da vendicar tante ingiurievolonteroso seguitòl'animosità di quel solo e maggior tiranno contro ai tanti eminori. Alloraqual dei signorotti si dette per accordo al tirannoe quale contr'esso rivolse le armi. Mao patteggiatio vinti ch'eifosserotuttiod i piùcoll'andar del tempo soggiacquero.Non si estinse tuttavia interamente mai quel male che ridondava daquesta secondaria tirannide feudale; non si scemò punto laservitù per il popolo; notabilmente si accrebbe bensìl'autorità e la forza del tiranno. Conobbero i tiranni lanecessità di mantenere una classe fra essi ed il popolocheparesse alquanto più potente che il popoloe fosse assai menopotente di loro: e benissimo conobbero che distribuendo fra costorogli onori tutti e le carichediverrebbero questi col tempo i piùferoci e saldi satelliti della loro tirannide.
Nés'ingannarono in tal fatto i tiranni. I nobilispogliati affattodella loro autorità e forzama non interamente delle lororicchezze e superbiamanifestamente conobbero che non potevano essinella tirannide continuare ad essere tenuti maggiori del popolosenon se risplendendo della luce del tiranno. L'impossibilità diriacquistare l'antica potenza li costrinse ad adattare la loroambizione alla necessità ed ai tempi. Dal popoloche nons'era certamente scordato delle loro antiche oppressioni; dal popoloche gli abborriva perché li credeva ancora troppo piùpotenti di lui; dal popolo in sommatroppo avvilito per soccorrergliancor che il volessevidero chiaramente i nobili che non v'era luogoa sperarne mutazione alcuna favorevole a loro. Si gittarono dunqueinteramente in braccia al tiranno; ed egli non li temendo oramaievedendo quanto potevano riuscire utili alla propagazione dellatirannideli prelesse ad essere i depositarj e il sostegno.
Equesta è la nobiltàche nelle tirannidi d'Europa tuttogiorno poi vedesi così insolente col popoloe così vilcoi tiranni. Questa classein ogni tirannideè sempre la piùcorrotta; ella è perciò l'ornamento principalissimodelle cortiil maggior obbrobrio della servitùe il giustoludibrio dei pochi che pensano. Degeneri dai loro avi nella fierezzai nobili sono gl'inventori primieri d'ogni adulazioned'ogni piùvile prostituzione al tiranno: ma non tralignano già essinella superbia e crudeltà contro al popolo. Anzivie piùinferociti per la loro perduta potenza effettivalo tiranneggianoquanto più sanno e possono con i flagelli stessi del tirannose egli lo permette; e se egli lo vieta(il che di rado accadevafino allo stabilimento della perpetua milizia) non lasciano pure diopprimere il popolo di furto con quanta prepotenza piùpossono.
Madallo stabilimento in poi dei perpetui eserciti inEuropai tiranni vedendosi armati e effettivamente potentihannoincominciato a tenere in assai minor conto la nobiltàe asottoporla anch'essa alla giustizia non meno che il popoloallorquando ad essi così giovao piacedi fare. La vista politicadel tiranno nel volersi mostrare imparziale pe' nobilièstata di riguadagnarsi il popoloe di riaddossare ai nobilil'odiosità degli antecedenti governi. Ed io mi fo a credereche se il tiranno potesse amare una qualche classe dei sudditi suoiove fossero egualmente vili e obbedienti i nobili ed il popoloeglipure inclinerebbe più per il popolo; ancorché pursempre sentisseche a tenere il popolo a freno egli èin uncerto modonecessarissimo il naturale argine della nobiltàcioèdei più ricchi ed illustri. E di questosemiamoreo sia minore odio del tiranno pel popolone assegnerei laseguente ragione. La nobiltàper quanto sia ignorante e maleducatapurecome alquanto meno oppressa e più agiataellaha il tempo ed i mezzi di riflettere alquanto più che ilpopolo; ella si avvicina molto più al tiranno; ella ne studiae ne conosce più l'indolei vizje la nullità. Siaggiunga a questa ragioneil bisogno che il tiranno ancora pur crededi aver talvolta dei nobili; e da questo tutto si verràfacilmente ad intendere quell'innato odio contr'essiche sta nelcuor del tiranno; il quale non può né dee voler che sipensi; né puòmolto menoaggradire chiunque lo spia econosce. Nasce da questo intrinseco odio quella pompa di popolaritàche molti dei moderni tiranni europei van facendo; come anche letante mortificazioniche vanno compartendo ai lor nobili. Il popolosoddisfatto di vedere abbassati i suoi signorottine sopporta piùvolentieri il comune oppressoree la divisa oppressione. I nobilirodono la catena; ma troppo corrottieffemminati e deboli sonoperromperla. Il tiranno se ne sta fra' duedistribuendo ad entrambi avicendaframmiste a molte battiturealcune fallaci dolcezze; e cosìvie più sempre corrobora egli e perpetua la tirannide. Nondistrugge egli i nobilise non se a minuto i più antichiperriprocrearne dei nuovinon meno orgogliosi col popoloma piùsoggetti e arrendevoli a lui: e non li distrugge il tirannoperchéli crede (ed il sono) essenzialissima parte della tirannide. Non glitemeperch'egli è armato: non gli stimaperché liconosce: non gli amaperché lo conoscono. Il popolo nonmormora dei gravosi esercitiperch'egli non ragionae ne trema: macon molta gioja bensì per via degli eserciti vede i nobilistarsi non meno soggetti e tremanti di lui.
I nobili ereditarj sondunque una parte integrante della tirannideperché non puòallignar lungamente libertà veradove esiste una classeprimeggianteche tale non sia per virtù ed elezione. Ma lamilizia perpetuafattasi oramai parte della tirannide piùintegrante ancora di quel che lo sia la nobiltàha tolto ainobili la possibilità di far fronte al tirannoe diminuita inloro quella di opprimere il popolo.




CapitoloDuodecimo

DELLETIRANNIDI ASIATICHEPARAGONATE COLL'EUROPEE



Pareche molte tirannidi d'oriente smentiscano quanto ho detto finoracirca alla necessità dei nobili inerente all'essenza dellatirannide; non vi essendo in esse alcuna nobiltà ereditaria;né ammettendo esse a prima vista altra distinzione di ordiniche un signor solo e tutti gli altri servi egualmente. Ea dir verol'Asia in ogni tempo non solo non conobbe libertàmasoggiacque quasi sempre tutta a tirannidi inauditeesercitate inregioni vastissime; in cui non si scorge nessun viver civilenessunastabilitàe nessune leggiche non soggiacciano al capricciodel tirannoeccettuatene tuttavia le religiose. Ma iocon tuttociònon dispero di poter dimostrare che la tirannide in ognitempo e luogo è tirannide; e che usando ella gli stessi mezziper mantenersiproduceancorché sotto diverso aspettoglistessissimi effetti.
Non esaminerò perché siano talii popoli dell'oriente; le ragioniche riuscirebbero assai piùcongetturali che dimostrativeo ne sono state assegnateo loverranno da altri più dotti e profondi che non son io. Mapartendo dal datoio dico; che la paurala miliziae la religioneinnegabilmente sono esse pure le tre basi e molle delle tirannidiasiatichecome delle europee; e che sono esse il più saldoappoggio di quelli e di questi tiranni. Il falso onoredi cuiampiamente ho parlatonon pare da prima occupare alcun luogo nellamente e nel cuore degli orientali; ma purese bene si esaminasivedrà che lo conoscono anch'essi e lo praticano. Per queipopoli il tiranno è un articolo vero di fede; essi tengono lareligione assai più in pregio di noi: quindi in tutto ciòche spetta all'uno o all'altra dimostrano d'avere moltissimo onore.Non ci è esempio di maomettani che si facciano cristiani cometutto dì v'è esempio di cristiani che rinnegano.
Intal modoa tutto ciò che la nobiltà ereditariae lamilizia perpetua (quali le abbiamo in Europa) potrebbero operare dipiù in favore delle orientali tirannidivi suppliscono dunqueampiamente le asiatiche religioni; e massime la maomettanach'èpiù credutapiù osservatae assai più potenteancorache non lo sia oramai in nessun luogo la nostra.
Maancorché la nobiltà ereditaria non sussista in granparte d'oriente (toltine però la Cinail Giapponee moltistati dell'Indieil che certamente non è picciola partedell'Asia) nondimeno nei paesi maomettani gli strumenti principalidella tirannide sonocome nella cristianitài sacerdotiicapi della miliziai governatori delle provinciee i barbassori dicorte: e costoro tuttibenché non vi siano nati nobilisidebbono pure riputare come una classeche essendo più che ilpopolo e meno che il tirannoe accattando dal tiranno il lustro el'autoritàviene per l'appunto ad occupare lo stessissimoluogo nelle tirannidi asiaticheche occupa la nobiltàereditaria nelle europee. Vero èche fra quei nobili d'Asiamorendo essi di morte naturale o violentacessa nei loro figli lanobiltà: ma tosto pure alle loro cariche ne sottentran deglialtrie quanti mai ne verrannotuttiancorché d'origineplebeaassumeranno tosto il pensare dei nobili; il quale non èaltro che di opprimere i popolie tenersi col tiranno. Ed anziquesti nobili recentidi tanto più feroci sarannoquantol'uomo che è nato più vileche è stato piùoppressoe che ha conosciuto più egualidiviene assai piùsuperbo e feroce ogniqualvolta egliper altra via che quella dellavirtùperviene ad innalzarsi sovr'essi. Ma certamente lavirtù non potrà essere mai la scala agli onori eall'autoritàin nessuna tirannide.
L'effetto vien dunquead essere lo stesso in oriente come in occidente; poiché frail popolo e il tiranno entrano pur sempre di mezzo i nobili (oereditarj siano o fattizj) e la permanente milizia: due classisenzadi cui non v'è né vi può esser tirannide; ecolle quali non v'èné vi può essere lungamentemai libertà.
Ma mi si dirà forseche in ognidemocraziaod in qualsivoglia mista repubblicai sacerdotiimagistratied i capi della miliziasono parimente sempre maggioridel popolo. A ciò è da rispondersidistinguendo:Costoro nella repubblica sono ciascuno maggiori d'ogni privatoindividuo; ma minori dell'universaleessendo eletti da tuttio dalpiù gran numero; essendo eletti per lo più a tempoenon a vita; sottoposti alle leggie costretti a darequando chesiaun rigido conto di se stessi. Ma costoronella tirannidesonomaggiorie d'ogni individuoe dell'universale; perché sonoeletti da un solo che può più di tutti; perchénon danno conto del loro operarese non a lui; e perché insomma niun'altra cosa vien loro apposta a delitto dal tirannofuorché l'aver dispiaciutoo arrecato danno a lui solo: ilche chiaramente vuol dire per lo piùl'aver giovatootentato di giovarea tutti od ai più.
Mase io abbastanzaho dimostrato (come a me pare) che nelle tirannidi dell'oriente itiranni adoperano gli stessi mezzi che in questeesaminiamo oraquali siano le apparenti differenze tra gli effetti; perché visiano; e se elle siano in favore o in disfavore deglieuropei.
Mostransi di rado al pubblico gli orientali tirannieinaccessibili sono in privato; i nostri veggiamo ogni giorno: ma ilvederli non scema però in noi la paurané in essi lapotenza; e benché lo avvezzarci a quell'oggetto diminuiscaalquanto la stupida venerazione per essol'odio nondimeno dee pursempre rimanere il medesimoe di gran lunga maggiore il fastidio ela noja.
Difficilissimo è l'accostarsi ai tirannid'oriente; ai nostria qual con lettere o supplichea quale inpersonapossiamo assai facilmente ogni giorno accostarci: mae chene ridonda? son forse fra noi meno oppressi gl'innocenti ed i buoni?son forse più conosciuti i reiallontanatiopuniti?
Gl'impieghigli onorile dignità si conferisconoin oriente agli schiavi più graditi al padrone. Il solocapriccio li donae il solo capriccio li ritoglie; ma un ministro oqualunque altroche spogliato venga di alcuno importante impiegoviene altresì privato per lo più della vita. E lostesso capriccio conferisce nel nostro occidente gli stessi onori edignità a quegli schiavi più dotti nell'arte di piaceree compiacere al tiranno: e tanto più vili schiavi costoroedegni in ciò veramente di esserloquantonon essendo glieuropeicome gli orientalinati nella servitù effettiva deiserraglidi buon animo spontaneamente vanno porgendo le mani ed ilcollo al più obbrobrioso di tutti i gioghi. Mase i nostritiranninel toglier loro la carica non li privano a un tempo dellavitaciò forse non accade per altra ragionese non perchéquesti scelti servi europeia sì manifeste prove si sonodimostrati per viliche i tiranni nostri in nessun modo non possononé debbonoin nulla temerli.
Nelle tirannidi dell'orientepochissime leggioltre alle religiosevi sussistono: moltissime sene ha nelle nostre; ma ogni giorno si mutanos'infrangonosiannullanoe per fin si deridono. Qual è men vergognosa edinfame a soffrirsi delle due seguenti usurpazioni? o d'uno che tioltraggia e ti opprimeperché tunon credendo che altrimentiuna società esistere potesseglie ne hai concedutoillimitatamente la signoriané hai provveduto in nessunamaniera a moderargliela; o d'uno che ti fa lo stesso e anche peggiobenché tu abbi provveduto con impotenti leggie congl'inutili suoi giuramentiche egli opprimere ed oltraggiare non tipotesse?
Negli orientali governi nulla vi ha di sicurose non lasola servitù: mache v'ha egli di sicuro nei nostri? Itiranni europei sono di gran lunga più umani? cioèhanno i tiranni europei molto minore il bisogno di essere crudeli.Nell'orientele scienze e le lettere proscrittei regni spopolatila stupidità e miseria del popolonessuna industrianessuncommercio; non son tutte questee tante altrele innegabili provedel vizio distruttivoche sta in quei governi? Rispondodistinguendo di nuovo. La religion maomettanacome più inertee meno curante della nostrariesce altresì molto piùdistruttiva di essa. Ma in quelle parti d'orientedove non ci èmaomettismocome specialmente alla Cina e al Giapponetutti questisoprammentovati lagrimevoli effettiche stoltamente noi assegniamoalla sola orientale tirannidein un'altra orientale e niente minoretirannidevi si vedono cessare; o almeno non v'esistere maggiori chenelle tirannidi europee.
Parmi adunqueche sia da conchiudere;che la tirannide nell'Asiae principalmente nel maomettismosuolriuscire più oppressiva che nell'Europa: ma bisogna ad untempo stesso confessare; che il tiranno e quelli che fan le suepartiassai meno sicuri vivono in Asia che non in Europa. Quindidall'essere le nostre tirannidi alquanto più mitise a noi neridonda pure qualche vantaggioamaramente ci vien compensato dallamaggiore infamia che sta nel serviresapendolo; e dalla quasiimpossibilitàin cui il nostro effemminato vivere ci ponedidistruggeredi mutare o di crollare almeno d'alquanto le nostretirannidi. Noi coltiviamo le scienzele lettereil commerciolearti tutteed ogni civile costume; negar non si può: ma noicoltinoi dottinoi in somma che siamo il fiore degli abitanti diquesto globonoi soffriam pure tacitamente quello stesso tirannoche soffrono (è vero) ma che pur anche talvolta robustamentedistruggono quegli asiatici popolirozziignorantiea parernostrodi tanto più vili di noi. Chi non sa che vi èstatae che vi può essere libertànon conosce e nonsente la servitù; e chi questa non sentescusabilissimo èse la soffre. Ma che direm noi di que' popoliche sannoe sentonoe fremono di essere servi; e la servitù pure si godonoetacciono?
La differenza dunqueche passa fra l'Asia e l'Europasi è; che i tiranni orientali tutto possonoe tutto fanno; masono anche spesso privati del trono ed uccisi: gli occidentalitiranni possono tuttofanno soltanto ciò che a loro occorredi faree stanno quasi sempre inespugnabilisecurie impuniti. Ipopoli d'Asia di niuna loro cosa sicuri possessori sen vivono; macredono in parte che così debba essere; e dove in certo modocontro all'universale si eccedasi vendicano almeno del tirannobenché mai non ispenganoné minorinola tirannide. Ipopoli d'Europa niuna cosa possedono con maggior sicurezza che quellidell'Asiabenché vengano spogliati del loro in una diversa epiù cortese maniera; ma questi sanno quali siano i drittidell'uomo; ed ignorar non li possonopoiché li vedonofelicemente esercitati da alcune pochissime nazioniche vivonolibere in mezzo alla universal servitù: e benché ognigiorno si veda nelle tirannidi europee (massime in quanto spetta allepecuniarie gravezze) eccedere dal tiranno ogni modonondimeno percodardia e viltà dei nostri popoli non si ardisce mai tentarenessuna lodevol vendettanon che si ardiscano tentare di riassumerei naturali diritticosì inutilmente da lor conosciuti.



CapitoloDecimoterzo
DEL LUSSO



Noncredoche mi sarà difficile il provareche il moderno lussoin Europa sia una delle principalissime cagioniper cui la servitùgravosa e dolce ad un tempovien poco sentita dai nostri popoliiquali perciò non pensano né si attentano di scuoterlaveramente. Né intendo io di trattare la questioneoramai datanti egregj scrittori esauritase sia il lusso da proscriversi ono. Ogni privato lusso eccedentesuppone una mostruosadiseguaglianza di ricchezze fra' cittadinidi cui la parte ricca giànecessariamente è superbanecessitosa e avvilita la poveraecorrottissime tutte del pari. Ondeposta questa disuguaglianzasaràinutilissimo e forse anche dannoso il voler proscrivere il lusso: néaltro rimedio rimane contr'essoche il tentare d'indirizzarlo pervie meno ree ad un qualche scopo men reo. M'ingegnerò io bensìdi provare in questo capitolo; che il lussoconseguenzanaturalissima della ereditaria nobiltànelle tirannidi riesceanch'egli una delle principalissime basi di esse; e che dove ci èmolto lusso non vi può sorgere durevole libertà; e chedove ci è libertàintroducendovisi moltissimo lussoquesto in brevissimo tempo corromperla dovràe quindiannullarla.
Il primo e il più mortifero effetto del privatolussosi è; che quella pubblica stima che nella semplicitàdel modesto vivere si suole accordare al più eccellente invirtùnello splendido vivere vien trasferita al piùricco. Né d'altronde si ricerchi la cagione della servitùin tutti quei popolifra cui le ricchezze danno ogni cosa. Ma purela uguaglianza dei beni di fortuna essendo presso ai presenti europeiuna cosa chimerica affattosi dovrà egli conchiudere che nonvi può essere libertà in Europaperché lericchezze vi sono tanto disuguali? e possono elle non esserloattesoil commercioe il lucro delle pubbliche cariche? Rispondo; chedifficilmente vi può essere o durare una vera politicalibertàlà dove la disparità delle ricchezzesia eccessiva; ma che puredue mezzi vi sono per andarlastrascinando (dove ella già fosse allignata) in mezzo a unatale disparitàancorché il lusso sterminatore tutto dìla libertà vi combatta. Il primo di questi mezzi saràche le buone leggi abbiano provvedutoo provvedanoche la eccessivadisuguaglianza delle ricchezze provenga anzi dalla industriadalcommercioe dall'artiche non dall'inerte accumulamento dimoltissimi beni di terra in pochissime personealle quali nonpossono questi beni pervenire in tal copiasenza che infiniti altricittadini non siano spogliati della parte loro. Con un tale compensole ricchezze dei pochi non occasionando allora la povertàtotale dei piùverrà pure ad esservi un certo stato dimezzoper cui quel tal popolo sarà diviso in pochiricchissimiin moltissimi agiatied in pochi pezzenti. Tuttaviaquesta divisione non può quasi mai nascereo almenosussisterese non in una repubblica; in vece che la divisione inalcuni ricchissimie in moltissimi pezzentidee nasceree tutto dìsi vede sussisterenelle tirannidile quali di una taledisproporzione si corroborano. Il secondo mezzo di rettificare illussoe diminuirne la maligna influenza sul dritto vivere civilesarà di non permetterlo nelle cose privatee d'incoraggirlo eonorarlo nelle pubbliche. Di questi due mezzi le poche repubbliched'Europa si vanno pur prevalendoma debolmente ed invano; comequelle che sono corrottissime anch'esse dal fastoso e pestiferovivere delle vicine tirannidi. E questi altresì sono i duemezziche i nostri tiranni non adopranoe non debbono adoprar maicontro al lusso; come quelli che in esso ritrovano uno dei piùfidi satelliti della tirannide. Un popolo misero e molleche sisostenta col tessere drappi d'oro e di setaonde si cuoprano poi ipochi ricchi orgogliosi; di necessità un tal popolo viene astimar maggiormente coloroche più consumandonegli dan piùguadagno. Cosìviceversail popolo romano che solea ritrarreil suo vitto dalle terre conquistate coll'armie fra lui distribuitepoi dal senatosommamente stimava quel console o quel tribunoperle di cui vittorie più larghi campi gli venivanocompartiti.
Essendo dunque dal privato lusso sovvertite in talmodo le opinioni tutte del vero e del retto; un popoloche onora estima maggiormente coloroche con maggiore ostentazione di lusso loinsultanoe che effettivamente lo spoglianobenché inapparenza lo pascano; un tal popolopotrà egli avere ideadesideriodirittoe mezzidi riassumere libertà?
E que'grandi(cioè chiamati tali) che i loro averi a garaprofondonoe spesso gli altruiper vana pompa assai piùcheper vero godimento; quei grandio sia ricchia cui tantesuperfluità si son fatte insipidema necessarie; que' ricchiin sommache a mensaa vegliaa' festinied a lettotraggono fragli orrori della sazietà la loro effemminatatediosaedinutile vita; que' ricchipotrann' eglinopiù che lavilissima feccia del popoloinnalzarsi a conoscerea pregiaredesideraree volere la libertà? Costoro primi nepiangerebbero; e assumere non saprebbero esistenza nessunase nonavessero un intero ed unico tirannoche perpetuando il dolce loroozioalla lor dappocaggine comandasse.
Inevitabile dunqueenecessario è il lusso nelle tirannidi. E crescono in essetutti i vizj in proporzione del lussoche è il principe loro;del lussoche tutti li nobilitacoll'addobbarli; che a tal segnoconfonde i nomi delle coseche la disonestà dei costumichiamasi fra' ricchigalanteria; l'adulareun saper vivere; l'esservileprudenza; l'essere infamenecessità. E di questi vizjtuttie dei molti più altri ch'io taccioi quali hanno tuttiper basee per immediata cagione il lussochi maggiormente ne godechi ne ricava più manifesto e immenso il vantaggio? I tiranniche da essi ricevonoe per via di essi in eterno si assicuranoilpacifico ed assoluto comando.
Il lusso dunque (che io definirei;L'immoderato amore ed uso degli agj superflui e pomposi)corrompe in una nazione ugualmente tutti i ceti diversi. Il popoloche ne ritrae anch'egli qualche apparente vantaggioe che non sa enon rifletteche per lo più la pompa dei ricchi non èaltro che il frutto delle estorsioni fatte a luipassate nelle cassedel tirannoe da esso quindi profuse fra questi secondi oppressori;il popoloè anch'egli necessariamente corrotto dal tristoesempio dei ricchie dalle vili oziose occupazioni con che siguadagna egli a stento il suo vitto. Perciò quel fasto deigrandi che dovrebbe sì ferocemente irritarloal popolo piacenon pocoe stupidamente lo ammira. Che gli altri ceti debbano esserecorrottissimi dal lusso che praticanoinutile mi pare ildimostrarlo.
Corrotti in una nazione tutti i diversi cetièmanifestamente impossibile che ella diventi o duri mai liberase daprima il lusso che è il più feroce corruttore di essanon si sbandisce. Principalissima cura perciò del tirannodebb'essereed è(benché alle volte la stoltaostentazione del contrario ei vada facendo) l'incoraggirepropagareed accarezzare il lussoda cui egli ritrae più assaigiovamento che da un esercito intero. E il detto fin quibasti perprovare che non v'ha cosa nelle nostre tirannidiche ci faccia piùlietamente sopportare e anche assaporare la servitùche l'usocontinuo e smoderato del lusso: come purea provare ad un tempochedove radicata si è questa pestenon vi può sorgere odallignar libertà.
Si esamini orase làdove giàè stabilita una qualunque libertàpossa allignare illusso; e qual dei due debba cedere il campo. S'io bado alle storiein ogni secoloin ogni contradavedo sempre sparire la libertàda tutti quei governi che han lasciato introdurre il lusso deiprivati; e mai non la vedo robustamente risorgere fra quei popoliche son già corrotti dal lusso. Masiccome la storia di tuttociò che è stato non è forse assolutamente laprova innegabile di tutto ciò che può essere; a mepareche alla disuguaglianza delle ricchezze nei cittadini nonancora interamente corrottiin quel brevissimo intervallo in cuipossono essi mantenersi talii governi liberi non abbiano altrorimedio da opporre più efficace che la semplice opinione.Quindi volendo essi concedere a queste mal ripartite ricchezze unosfogo che ad un tempo circolare le facciae non distrugga del tuttola libertàpersuaderanno ai ricchi d'impiegarle in operepubbliche; onoreranno questo solo loro fastoannettendo un'idea didisprezzo a qualunque altro uso che ne facessero i ricchi nella loroprivata vitaoltre quella decenza e quegli agj ragionevolirichiesti dal loro statoe compatibili colla pubblica decenza. Iliberi governi persuaderanno ad un tempo agli uomini poveri(nonintendo con ciò direai pezzenti) che non è delitto néinfamia l'esser tali; e lo persuaderan facilmentecoll'accordare aquesti non meno che agli altri l'adito a tutti gli onori ed uffizj. Enon per insultare alla miseria escludo io principalmente inecessitosi; ma perché costorocome troppo corrottibilieper lo più vilmente educatinon sono meno lontani dallapossibilità del dritto pensare e operaredi quel che losianoper le ragioni appunto contrariei ricchissimi.
Ma questesaggie cautele riusciranno pur anche inutili a lungo andare. Lanatura dell'uomo non si cangia; dove ci sono ricchezze grandi edisugualmente ripartiteo tosto o tardi dee sorgere un gran lussofra i privatie quindi una gran servitù per tutti. Questaservitù difficilmente da prima si può allontanare da unpopolo dove alcuni ricchissimi sianoe poverissimi i più; maquando poi ella si è cominciata a introdurreprovato chehanno i ricchissimi quanto la universal servitù riescafavorevole al loro lussovivamente poi sempre si adopranoaffinch'ella non si possa più scuoter mai.
Sarebbe dunquemestieria voler riacquistare durevole libertà nelle nostretirannidinon solamente il tiranno distruggerema pur troppo anchei ricchissimiquali che siano; perché costorocol lusso nonestirpabilesempre anderan corrompendo se stessi ed altrui.




CapitoloDecimoquarto

DELLAMOGLIE E PROLE DELLA TIRANNIDE





Comein un mostruoso governodove niun uomo vive sicuro né delsuoné di se stessove ne siano pure alcuni che ardiscanoscegliere una compagna della propria infelicitàe perpetuareardiscano la propria e l'altrui servitù col procrearvi deifiglidifficil cosa è ad intendersiragionando; edimpossibile parrebbe a credersise tutto dì nol vedessimo.Dovendone addur le ragionidirei; che la naturain ciò piùpossente ancora che non è la tirannidespinge gl'individui adabbracciar questo conjugale stato con una forza più efficacedi quella con cui la tirannide da esso gli stoglie. E non volendo ioora distinguere se non in due soli ceti questi uomini soggiogati daun tale governocioè in poveri e ricchi; direiche siammogliano nella tirannide i ricchiper una loro stolta persuasioneche la stirpe loroancorché inutilissima al mondo e spessoanche oscuravi riesca nondimeno necessariae gran parte del di luiornamento componga; i poveriperché nulla sannonullapensanoe in nulla possono oramai peggiorare il loro infelicissimostato.
Lascio per ora da parte i poveri; non già perchésprezzabili sianoma perché ad essi nuoce assai meno il farcome fanno. Parlerò espressamente de' ricchi; non per altraragionese non perché essendoo dovendo costoro esseremeglio educati; avendo essi in qualche picciola parte conservato ildiritto di riflettere; e non potendo quindi non sentire la loroservitù; debbono i ricchiquando non siano del tutto stolidimoltissimo riflettere alle conseguenze del pigliar moglie nellatirannide. E per fare una distinzione meno spiacenteo menooltraggiosa per gli uominiche non è quella di poveri ericchila farò tra gli enti pensantied i non pensanti. Dicodunqueche chi pensae può campare senza guadagnarsi ilvittonon dee mai pigliar moglie nella tirannide; perchépigliandovelaegli tradisce il proprio pensarela veritàsestessoe i suoi figli. Non è difficile di provare quanto ioasserisco. Suppongoche l'uomo pensante dee conoscere il vero;quindi indubitabilmente si dee dolere non poco in se stesso di essernato nella tirannide; governoin cui nulla d'uomo si conserva oltrela faccia. Oracolui che si duole di esservi natoavrà egliil coraggioo per dir megliola crudeltàdi farvisirinascere in altrui? di aggiungere al timore che egli ha per sestessol'avere a temere per la mogliee quindi pe' figli? Parmi ciòun moltiplicare i mali a tal segnoche io non potrò pur maicredereche chi piglia moglie nella tirannidepensie conoscapienamente il vero.
Il primo oggetto del matrimonio egli èsenza dubbiodi avere una fedele e dolce compagna delle privatevicendela quale dalla morte soltanto ci possa esser tolta.Supponendo ora il non supponibilecioè che in una tirannidenon fossero corrotti i costumionde questa compagna potesse non averaltra cura né desiderioche di piacere al marito; chi puòassicurare costuiche ella dal tirannoo dai suoi tanti potentisatellitinon gli verrà sedottacorrottao anche tolta?Collatinoparmiè un esempio chiaro abbastanza perdimostrare la possibilità di un tal fatto: ma gli alti effettiche da quello stupro ne nacquerosono ai tempi nostri assai menosperabilibenché le cagioni tutto dì ne sussistano. Miodo già dire; Che il tiranno non può voler la moglie ditutti; che è caso anche raro nei nostri presenti costumich'egli cerchi a sedurne due o tre; e che questo farà egli conpromessedonied onori ai maritima non mai con l'aperta violenza.Ecco le scellerate ragioni che rassicurano il cuore dei presentimaritii quali niun'altra cosa temono al mondoche di non esseressi quei felici che compreranno a prezzo della propria infamia ildiritto di opprimere i meno vili di loro. Molti secoli dopoCollatinonelle Spagnerozze ancora e quindi non molto corrotteunaltro regio stupro ne facea cacciare i tiranni indigenie chiamarnede' nuovi stranieri. Ma nei tempi nostri illuminati e dolcissimiunostupro con violenza accader non potrebbeperché non v'èdonna che si negasse al tiranno; e la vendetta qualunquese eglipure accadessene riuscirebbe impossibile; perché non v'èpadre o fratello o maritoche non si stimasse onorato di un taldisonore. E la verità qui mi sforza a dir cosache nelletirannidi moverà al riso il più degli schiavima chein qualche altro cantuccio del globodove i costumi e la libertàrifugiati si sianomoverà ad un tempo doloremaravigliaeindegnazione; ed èche se pure ai dì nostri vi fossequel tale insofferente e magnanimoche con memorabile vendettafacesse ripentire il tiranno di avergli fatto un così graveoltraggiol'universale lo tratterebbe di stolidod'insensatoe ditraditore; e stranezza chiamerebbero in lui il non voler con moltimanifesti vantaggi sopportar dal tiranno quella ingiuria stessachetutto dì si suolesenza utile niunoricevere e sopportar daiprivati. Inorridisco io stesso nel dover riferire queste arguteviltàche sono il più elegante condimento del modernopensare; e checon vocabolo franceselietamente chiamansi SPIRITO:ma nella forza del vero talmente confidoche io ardisco sperare chetornerà pure un tal giornoin cuinon meno ch'io nelloscrivere di tali costumiinorridiranno i molti nel leggerli.
Senell'ammogliarsi dunque il primo scopo si è d'aver moglie; ovenon si voglia pure confondere (come di tante altre cose si fa) ilmantenerla coll'averla; avere non si puòperché se nonla tolgono al marito il tirannoo alcuno de' tanti suoi sgherriaiquali invano si resisterebbegliela tolgono infallibilmente icorrotti scellerati universali costumiconseguenza necessarissimadell'universal servitù.
Orache dirò io dei figli?Quanto più cari essere sogliono i figli che la moglietantopiù grave e funesto è l'errore di chi procreandolisomministra al tiranno un sì possente mezzo di più peroffenderlointimorirloed opprimerlo; come a se stesso procaccia unmezzo di più per esserne offeso ed oppresso. E da una delledue susseguenti sventure è impossibile cosa di preservarsi. Oi figli dell'uomo pensante si educheranno simili al padre; e perciòsenza dubbioinfelicissimi anch'essi: o dal padre riescon dissimilie infelicissimo lui renderanno. Nati per le triste loro circostanzeal servirenon si possonosenza tradirglieducare al pensare; manati pur sempre per natura al pensarenon può lo sventuratopadresenza tradire la verità il suo onore e se stessoeducargli al servire.
Qual partito rimane adunque nella tirannideall'uomo pensantequando egliper somma sfortuna e inescusabilesconsideratezzaha dato pur l'essere ad altri infelici? È dital sorta l'erroreche il pentimento non vale; così terribiline sono gli effetti e così inevitabiliche le vie di mezzonon bastano. Bisognerebbe dunque nelle tirannidio soffocare iproprj figliuoli appena son natio abbandonargli alla pubblicaeducazione ed al volgar non-pensare. Questo partito da quasi tutti imoderni padri si sieguee non è men crudele dell'altromamolto è più vile bensì. Ea chi mi dicesse (ciòche anch'io pur troppo soancorch'io padre non sia) che troppo allanatura ripugna il trucidare i proprj figliuolirisponderei; cheripugna alla natura nostra non meno il ciecamente servireall'arbitrio e alla violenza d'un solo: e se poi così bene alservir ci avvezziamoquesto infame pregio in noi non si accrescesenon se in proporzione che si scemano in noi tutti gli altri naturalie veri pregi dell'uomo. Quindi èche i filosofi pensatori frai popoli liberi nessuna differenzao pochissimahan posto infra lavita d'un brutoe quella d'un uomoche non sia per aver mailibertàvolontàsicurezzacostumied onore verace.E tali pur troppo debbono riuscire quei figliche stoltamenteprocreati si sono nella tirannide; a cui se il padre non toglie lavita del corponecessariamente toglie loro una più nobilevitaquella dell'intelletto e dell'animo: ovverose sventuratamentel'una e l'altra in essi del pari coltivaaltro non fa un tal miseropadreche educar vittime per la tirannide.
Conchiudo; che chi hamoglie e prole nella tirannidetante più volte èreplicatamente schiavoe avvilitoquanti più sonogl'individui per cui egli è sforzato sempre a tremare.




CapitoloDecimoquinto

DELL'AMORDI SE STESSO NELLA TIRANNIDE



Latirannide è tanto contraria alla nostra naturach'ellasconvolgeindebolisceod annulla nell'uomo presso che tutti gliaffetti naturali. Quindi non si ama da noi la patriaperchéella non ci è; non si amano i parentila moglieed i figliperché son cose poco nostre e poco sicure; non vi sono veriamiciperché l'aprire interamente il suo cuore nelle coseimportantipuò sempre trasmutare un amico in un delatorepremiatoe spesso anche (pur troppo!) in un delatore onorato.L'effetto necessarioche risulta nel cuor dell'uomo dal non potereamar queste cose su mentovatesi èdi amare smoderatamentese stesso. E parmiche ne sia questa una delle principali ragioni:dal non essere securonasce nell'uomo il timore; dal continuotemerenascono i due contrarj eccessi; o un soverchio amoreo unasoverchia indifferenza per quella cosa che sta in pericolo: nellatirannidetemendo sempre noi tutti per le cose nostre e per noimaamando (perché così vuol natura) prima d'ogni altracosa noi stessine veniamo a poco a poco a temere sommamente pernoie ogni dì meno per quelle cose nostreche non fannoparte immediata di noi. Nelle repubbliche vereamavano i cittadiniprima la patriapoi la famigliaquindi se stessi: nelle tirannidiall'incontrosempre si ama la propria esistenza sopra ogni cosa.Perciò l'amor di se stesso nella tirannide non è giàl'amore dei proprj dirittiné della propria glorianédel proprio onore; ma è semplicemente l'amor della vitaanimale. E questa vitaper una non so qual fatalitànellostesso modo che la vediamo tenersi tanto più cara dai vecchji quali oramai l'han perdutache non dai giovania cui tuttarimane; così tanto più riesce cara a chi servequantoella è men sicurae val meno.




CapitoloDecimosesto

SESI POSSA AMARE IL TIRANNOE DA CHI



Coluiche potrà impunemente offendere tuttie non essere maiimpunemente offeso da chi che siasarà per necessitàtemutissimoe quindi per necessità abborrito da tutti. Macostui potendo altresì beneficarearricchireonorare chi piùgli piacechiunque riceve favori da lui non può senza unavile ingratitudinee senza essere assai peggiore di luinon amarlo.Rispondo a ciòche il tutto è verissimo; e piùd'ogni cosa vero èche chiunque riceve favori dal tirannosuol essergli sempre ingrato nel cuore; ed è quasi sempreassai peggiore di lui.
Dovendone assegnar le ragionidirei; cheil troppo immenso divario fra le cose che il tiranno può daree quelle che può togliererende necessario ed estremo loabborrimento nei molti oltraggiatie finto e stentato l'amore neipochi beneficati. Egli può dare ricchezzeautoritàeonori supposti; ma egli può togliere tutto ciò ch'eidàe di più la vitae il vero onore; coseche non èin sua possanza di dare egli mai a nessuno.
Con tutto ciòla totale ignoranza dei proprj diritti può benissimo farnascere in alcuni uomini questo funesto erroredi amare in un certomodo colui che spogliandoli delle loro più sacre prerogatived'uomonon toglie però loro la proprietà di alcunealtre cose minori; il chea parer di costoroegli potrebbe puranche legittimamenteo almeno con impunitàpraticare. Ecerto uno stranissimo amore fia questoe in tutto per l'appuntoparagonabile
a quell'amore che si verrebbe ad aver per una tigreche non ti divorasse potendolo. Cadranno in questo stupido affetto legenti rozze e povereche non hanno altra felicitàse nonquella di non vedere mai il tirannoe di neppure conoscerlo; ecostoro assai poco verranno a temerloperché pochissimo aloro rimane da perdere: onde una certa tal quale giustizia venendoloro amministrata in nome di essola loro irriflessiva ignoranza faloro credereche senza il tiranno neppur quella semi-giustiziaotterrebbero. Ma non potranno certamente mai pensare in tal modocoloroche tutto dì se gli accostanoe che ne conosconol'incapacità o la reità; ancorché ne ritragganoessi splendoreonorie ricchezze. Troppo è nota a questipochi la immensa potenza del tirannotroppo care tengono essi quellericchezze che ne han ricevuteper non temere sommamente colui che lepuò loro nello stesso modo ritogliere: e il temere e l'odiaresono interamente sinonimi.
Ma pureil timorepigliando nellecorti la maschera dell'amorevi si viene a comporre un mistomostruosissimo affettodegno veramente dei tiranni che lo ispiranoe degli schiavi che lo professano. Quello stesso Sejanoche nellagrotta crollante e vicinissima a rovinaresalvava la vita a Tiberiocon manifesto pericolo della propriaavendone egli dappoi ricevutiinfiniti altri favoricongiurava pur contro lui. Sejanoamava egliTiberio in quel punto in cui pose se stesso a un così evidentepericolo per salvarlo? certo no: Sejano in quel punto serviva dunquealla propria sua ambizionenello stesso modo che ogni giorno vediamonei nostri eserciti i più splendidi e molli e corrottiofficiali di essi affrontare la mortenon per altro se non per farprogredire la loro ambizioncellae per maggiormente acquistarsi lagrazia del tiranno. Sejanoabborriva egli maggiormente Tiberioquando gli congiurò contrache quando il salvò? assaipiù certamente abborrivalo dopoperché la immensitàdelle cose da lui ricevutegli facea più da presso e conmaggior terrore rimirare la immensitàpiù grandeancoradelle cose che quello stesso Tiberio gli poteva ritogliere.Quindinon si credendo Sejano in sicurose egli non ispegnevaquella sola potenza che avrebbe potuto trionfar della suanon dubitòposcia puntoanzi con lungo e premeditato disegnoimprese atogliersi il tiranno dagli occhi. Né ai Tiberjin qualunquetempo o luogo essi nascano e regninotoccar mai potranno altri amicise non i Sejani. Se dunque il tiranno è sommamente abborritoda quegli stessi ch'egli beneficache sarà egli poi da queitanti che direttamente o indirettamente egli offende o dispoglia?
Lasola intera stupidità dei poveri e rozzi e lontanipuòdunque (come ho di sopra dimostrato) amare il tirannoappunto perchénessuno di questi lo vede né lo conosce; e questo amarlo vainterpretatoil non affatto abborrirlo. Da ogni altra personaqualunquenella tirannidesi può fingere bensì eanche far pompa di amare il tiranno; ma veramente amarlonon mai.Questa servile bugiarda ed infame pompa verrà per lo piùpraticata dai più vili; e da quelli perciòi qualimaggiormente temendolomaggiormente lo abborriscono.




CapitoloDecimosettimo

SEIL TIRANNO POSSA AMARE I SUOI SUDDITIE COME



Nellostesso modo con cui si è di sopra dimostratoche i sudditinon possono amare il tirannoperché essendo egli tropposmisuratamente maggiore di loro non corre proporzione nessuna fra ilbene ed il male che ne possono essi ricevere; nel modo stesso mi saràfacile il dimostrareche il tiranno non può amare i suoisudditi; perchéessendo essi tanto smisuratamente minori diluinon ne può egli ricevere alcuna specie di bene spontaneoriputandosi egli in dritto di prendere qualunque cosa essi volesserodargli. E si noti così alla sfuggitache lo amareo sia eglidi amiciziao d'amoreo di benignitào di gratitudineod'altro; lo amare si è uno degli umani affettiche piùdi tutti richiedese non perfettissima uguaglianzarapprossimazionealmeno e comunanzae reciprocità fra gli individui. Ammessaquesta definizione dell'amare umanociascuno rimane giudiceseniuna di tutte queste cose sussistere possa infra il tiranno e i suoischiavi; cioèfra la parte sforzante e la partesforzata.
Corre nondimeno una gran differenzain questa reciprocamaniera del non-amarsiinfra il tiranno ed i sudditi. Questicometutti(qual più qual menoquale direttamente qualeindirettamentequale in un tempo e quale nell'altro) come offesitutti e costretti dal tirannotutti lo abborriscono per lo piùe così dev'essere: ma il tirannocome un ente non offendibiledall'universalefuorché per manifesta ribellione contra dilui; il tiranno non abborrisce se non se quei pochissimi che eglivede o suppone essere nel loro cuore insofferenti del giogo; che secostoro mai si attentassero di mostrarlola vendetta del tirannoimmediatamente verrebbe ad estinguerne l'odio. Non odia dunque iltiranno i suoi sudditiperché in veruna maniera essi nonl'offendono: e qualora si ritrova in trono per caso un qualchetiranno d'indole mite ed umanaegli si può pur anche usurparela fama di amarli; né in tal casoda altro una tal famaprovienese non dall'essere la natura di quel principeper sestessamen rea di quel che lo sia per se stessa l'autorità ela possibilità impunita del nuocereche è posta inlui. Ma iosbadatamentequasi ometteva una validissima ragione percui il tiranno dee anch'egli (e non poco) se non abborriredisprezzare almeno quella parte de' suoi sudditi che egli vedeabitualmente e conosce; ed è questa; che quella parte di essiche gli si fa innanzie che cerca di avere alcuna comunicazione coltirannoella è certamente la più rea di tutte; edeglidopo una certa esperienza di regnone viene manifestamenteconvinto. Quanto alla parte ch'egli non conosce né vedee chein veruna maniera non lo offendeio mi fo a credere che il tirannodotato di umana indole la possa benissimo amare: ma questoindefinibile amore di colui che può giovare e nuoceresommamenteper quelli che non possono a lui giovare nénuocerenon si può assomigliare ad alcun altro amoreche aquello con cui gli uomini amano i loro cani e cavalli; cioèin proporzione della loro docilitàubbidienzae perfettaservitù. Ma certamente assai minor differenza soglion porre ipadroni fra essi e i loro cani e cavallidi quella che ponga iltirannoancorché moderatoinfra se stesso e i suoi sudditi.Cotesto suo amore per essi non sarà dunque altroche unoltraggio di più da lui fatto alla trista specie degliuomini.




CapitoloDecimottavo

DELLETIRANNIDI AMPIEPARAGONATE COLLE RISTRETTE



Chesiano più orgogliosi e superbi i tiranni delle estesetirannidicome assai più potentila intendo: mache glischiavi delle estese tirannidi ardiscano reputarsi da più chegli schiavi delle ristretteparmi esser questo il piùespresso delirio che possa entrare nella mente dell'uomo; ed unaevidentissima prova mi pareche gli schiavi non pensano e nonragionano. Se la ragione potesse ammettere alcuna differenza fraschiavo e schiavoella sarebbe certamente in favore del minorgregge. Quanti più sono gli uomini che ciecamente obbedisconoad un solotanto più vili e stupidi ed infami riputare sidebbonovie più sempre scemandosi la proporzione tral'oppressore e gli oppressi. Quindi nell'udire io le millanterie d'unFranceseo d'uno Spagnuoloche riputar si vorrebbe un ente maggioredi un Portogheseo di un Napoletanoparmi di udire una pecora delregio armento schernire la pecora d'un contadinoperchéquesta pasce in una mandra di diecied ella in una mandra dimille.
Se dunque differenza alcuna vi passa fra le tirannidigrandi e le piccioleella non istà nella essenza della cosache una sola è per tutto; ma nella persona bensì deltiranno. Qualunque di essi si troverà soverchiare oltremodo inpotenza i vicini tirannine diverrà verisimilmente piùprepotente coi sudditidovendo egli nelle sue ampie circostanzemolto minori rispetti adoprare: ma per altra parteavendo egli piùnumero di sudditipiù importanti affaripiù onori dadistribuirepiù ricchezze da pigliarsi e da dare(e nonavendo con tutto ciò maggior senno) quella sua autoritàriuscirà alquanto men fastidiosa nelle cose minutemaegualmente inettaed assai più gravosanelle importanti. Iltiranno picciolo dovendo all'incontro usare infiniti rispetti co'suoi vicinisforzato sarà di rimbalzo ad osservarne anchequalcuno più co' suoi sudditi: onde egli nell'offenderlimassimamente nella robadovrà procedere alquanto piùguardingo. Mavolendo egli pur dare sfogo alla sua autoritàsoverchiantefacilmente verrà ad impacciarsi nei piùminuti affari dei privati; ed affacciandosidirei cosìallosportello di ogni casavorrà sapernee frammettersi nei piùminimi pettegolezzi di quelle.
Nelle tirannidi ampie i miserisudditi saranno dunque maggiormente angariatinelle ristrette piùinfastiditi; ed ugualmente infelici in entrambe: perché agliuomini non arreca minor danno e dolore la nojache l'oppressione.



LIBROSECONDO



CapitoloPrimo
INTRODUZIONE AL LIBRO SECONDO



 Horagionato nel passato libroquanto più seppi brevementedelle cagioni e mezzi della tirannide; e accennata ho di volo unaminima parte degli effetti che ne derivano. Non intendo io di averdetto su ciò tutto quel che può dirsi; ma quanto bensìmi parve più importantee meno detto da altri. Piùbrevemente ancora ragioneròin questo secondo librodei modicon cui si possa sopportar la tirannide volendolao non volendolascuoterla.



CapitoloSecondo
IN QUAL MODO SI POSSA VEGETARE NELLA TIRANNIDE

 Ilvivere senz'animaè il più breve e il piùsicuro compenso per lungamente vivere in sicurezza nella tirannide;ma di questa obbrobriosa morte continua (che io per l'onore dellaumana specie non chiamerò vitama vegetazione) non possonévoglio insegnare i precetti; ancorché io gli abbiasenzavolerli pure impararepur troppo bevuti col latte. Ciascuno per séli ricavi dal proprio timoredalla propria viltàdalleproprie circostanze più o meno servili e fatali; e in finedal tristo e continuo esempio dei piùciascun li ricavi.

CapitoloTerzo
COME SI POSSA VIVERE NELLA TIRANNIDE



 Iodunque parlerò a quei pochissimiche degni di nascere inlibero governo fra uominisi trovano dalla sempre ingiusta fortunadirei balestratiin mezzo ai turpissimi armenti di colorochenessuna delle umane facoltà esercitandonessuno dei drittidell'uomo conoscendoo serbandonesi vanno pure usurpando di uominiil nome.
 Edovendo io pur dimostrare a que' pochissimiinqual modo si possa vivere quasi uomo nella tirannidesommamente miduole che io dovrò dar loro dei precetti pur troppo ancoracontrarj alla libera loro e magnanima natura. Oh quanto piùvolentierinato io in altri tempi e governim'ingegnerei di dar(non coi dettima coi fatti bensì) gli esempj del viverlibero! Mapoiché vano è del tutto il dolersi dei maliche sono o pajono privi di un presente rimediofacciasi come nelleinsanabili piaghea cui non si cerca oramai guarigionema solamenteun qualche sollievo.
 Dico per tanto; che allorchél'uomo nella tirannidemediante il proprio ingegnovi si trovacapace di sentirne tutto il pesoma per la mancanza di proprie edaltrui forze vi si trova ad un tempo stesso incapace di scuoterlo;dee allora un tal uomoper primo fondamentale precetto star semprelontano dal tirannoda' suoi satellitidagli infami suoi onoridalle inique sue carichedai vizjlusinghee corruzioni suedallemura terreno ed aria perfinoche egli respirae che lo circondano.In questa sola severa total lontananzanon che tropponon maiesagerata abbastanza; in questa sola lontananza ricerchi un tal uomonon tanto la propria sicurezzaquanto la intera stima di semedesimoe la purità della propria fama; entrambe sempreopiù o menocontaminateallorché l'uomo in qualunquemodo si avvicina alla pestilenziale atmosfera delle corti.
 Debitamentecosìed in tempoallontanatosi l'uomo da essesentendosiegli purissimoverrà ad estimare se stesso ancor piùche se fosse nato libero in un giusto governo; poichéliber'uomo egli ha saputo pur farsi in uno servile. Se costuioltreciònon si trova nella funesta necessità di doversiservilmente procacciare il vittopoiché la nobile fiamma digloria non è spenta affatto nel di lui cuore dalla perversitàde' suoi tempinon potendo egli assolutamente acquistare la gloriadel farericerchicon ansietà bollore ed ostinazionequelladel pensaredel diree dello scrivere. Macome pensaree direescrivere potrà egli in un mostruoso governoin cui l'una soladi queste tre cose diventa un capitale delitto? Pensareper propriosollievoe per ritrovare in quel giusto orgoglio di chi pensa unnobile compenso alla umiliazion di chi serve: direai pochissimiavverati buonie come talidegnissimi di compassionedi amiciziae di conoscere pienamente il vero: scriverefinalmenteper propriosfogoda prima; madove sublimi poi riuscissero gli scrittiognicosa allora sagrificare alla lodevole gloria di giovar veramente atutti od ai piùcol pubblicare gli scritti.
 L'uomoche in tal modo vive nella tirannidee degno così manifestasidi non vi essere natosarà da quasi tutti i suoi conservi osommamente sprezzatoovvero odiatissimo: sprezzato da quellicheper non aver idea nessuna di vera virtùstoltamente credonoda meno di loro chiunque vive lontano dal tiranno e dai grandi; cioèda ogni vizioviltàe corruzione: odiato da quegli altriche avendo mal grado loro l'idea del retto e del beneper esecrabileviltà d'animoe reità di costumisfacciatamenteseguono il peggio. Mae quello sprezzo di una gente per se stessadisprezzabilissimasarà una convincente provache un taluomo è veramente stimabile; e l'odio di questi altri per sestessi odiosissimiindubitabil prova saràche egli merita el'amore e la stima de' buoni. Quindi non dee egli punto curare nélo sprezzoné l'odio.
 Mase questo sprezzo equest'odio degli schiavi si propaga fino al padronequel vero e solouomoche ne merita il nomee i doveri ne compieper via dellosprezzo può essere sommamente avvilito nella tirannide; epervia dell'odiopuò esservi ridotto a manifesto e inevitabilpericolo. Questo libricciuolo non è scritto pe' codardi.Coloroche con una condotta di mezzo fra la viltà e laprudenzanon se ne possono viver sicurivenendo pur ricercati nellaloro oscura e tacita dimora dalla inquirente autorità deltirannoarditamente si mostrino tali ch'ei sono; e basti per lorodiscolpa il poter direche non hanno essi ricercato i pericoli; machetrovatilinon debbononé vogliononé sannosfuggirli.

CapitoloQuarto
COME SI DEBBA MORIRE NELLA TIRANNIDE



 Benchéla più verace gloriacioè quella di farsi utile conalte imprese alla patria ed ai concittadininon possa aver luogo inchinato nella tirannideinoperoso per forza ci vive; nessunotuttavia può contendere a chi ne avesse il nobile ed ardentedesideriola gloria di morire da liberoabbenché pur natoservo. Questa gloriaquantunque ella paja inutile ad altruiriescenondimeno utilissima sempreper mezzo del sublime esempio; ecomerarissimaTacitoquell'alto conoscitore degli uominila giudicapure esser somma. Alla eroica morte di Traseadi Senecadi CremuzioCordoe di molti altri Romani proscritti dai loro primi tirannialtro in fatti non mancavache una più spontanea cagioneperagguagliar la virtù di costoro a quella dei Curzjdei Decjedei Regoli. E siccomelà dove ci è patria e libertàla virtù in sommo grado sta nel difenderla e morire per essacosì nella immobilmente radicata tirannide non vi puòessere maggior gloriache di generosamente morire per non viverservo.
 Parmi adunqueche nei nostri scellerati governiipochissimi uomini virtuosi e pensanti vi debbano vivere da prudentifinché la prudenza non degenera in viltà; e morire dafortiogniqualvolta la fortunao la ragionea ciò licostringa. Un cotal poco verrà ammendata cosìcon unalibera e chiara mortela trapassata obbrobriosa vita servile.

CapitoloQuinto
FINO A QUAL PUNTO SI POSSA SOPPORTAR LA TIRANNIDE



 Mafino a qual segno si possa sopportar l'oppressione di un tirannicogovernodifficile riesce a prefiggersi: poiché non a tutti ipopoliné a tutti gl'individuigli stessi oltraggi portanoun egual colpo. Nondimenoparlando io sempre a coloroche nonmeritando oltraggio nessunovivissimamente quindi sentono nel piùprofondo cuore i più leggieri eziandio; ed essendo costoro ipochissimi (che se tali i moltissimi fosseroimmediatamente ognipubblico oltraggiator cesserebbe) a costoro dico; che si puòda lor sopportare che il tiranno tolga loro gli averiperchénessun privato avere vale quell'estremo universale scompiglioche nepotrebbe nascere dalla loro dubbia vendetta. Così perversisono i presenti tempiche da una privata vendettaancorchéfelicemente eseguitanon ne potrebbe pur nascer mai nessun veropermanente bene pel pubblicoma se gli potrebbe accrescer bensìmoltissimo il danno. Ondevolendo io che i buoninella stessatirannidesianoper quanto essere il possonocittadini; e volendoche ai loro conservio giovinoo inutilmente almeno non nuocano; aibuoni non darei mai per consiglio di sturbare inutilmente la paceosia il sopore di tuttiper far vendetta delle loro tolte sostanze.
 Male offese di sangue nella persona dei più stretti parenti odamiciallorch'elle siano manifestamente ingiusteed atroci; e cosìle offese nel proprio verace onore; io non ardirei mai consigliare achi ha faccia d'uomo di tollerarle. Si può vivere senza lesostanzeperché nessuno muore di necessità; e perchél'uomoper l'esser poveronon riesce perciò mai vile a sestessoove egli non lo sia divenuto pe' suoi vizj e reità: manon si può sopravvivere alla perdita sforzata ed ingiusta diuna teneramente amata persona; némolto menoalla perditadel proprio onore. Quindidovendo assolutamente un tal uomo morireed essendo estrema la ingiuria ricevutanon può egli nédee più allora conservare rispetti; eche che avvenire nepossail forte dee sempre morir vendicato: e chi nulla temepuòtutto.
 Per unica prova di quanto asseriscoaddurròla sola riflessioneche di quante tirannidi sono state distrutteodi quanti tiranni sono stati spentiper destare quel primo impetouniversale necessarissimo a ciònon vi fu mai altra piùincalzante ragione che le ingiurie fatte dal tiranno nell'onoreprincipalmentequindi nel sanguepoi nell'avere. Questoinsegnamento non è dunque mio; ma egli sta nella natura degliuomini tutti. Ma purea chi dovessee volessevendicare una simileingiuriaconsiglierei pur sempre di farsi solo all'impresae diomettere interamente ogni pensiero alla propria salvezzae come nonaltoe come vanoe come sempre dannoso ad ogni magnanima importantevendetta. E chi non si sente capace di questa totale omissione di sestessonon si reputi stoltamente capacené degnodieseguire una sì alta vendetta; e si persuadache meritavaegli veramente l'oltraggio che ha ricevuto; e pazientemente quindisel goda. Mase l'offeso si trova del pari dotato di alto animo ed'illuminato intelletto; se da quella sua privata vendetta ne ardisceegli concepire e sperare la universale permanente libertà;tanto più allora si muova egli (ma sempre pur solo) alcompiere la prima e la più importante impresa; ometta egliparimente ogni pensiero della propria salvezza; tutte quellerisentite parolechecon grave ed inutil pericolo per sé eper l'impresaegli avrebbe mosso agli amici per indurgli acongiurare con luitutte le cangi in un solo importantissimotacitoe ben assestato colpo: e lasci poi all'effetto che ne deenecessariamente ridondarel'incarico di estendere e di corroborar lacongiura; e al solo destino ogni cura della propria salvezzaabbandoni. Ma cogli esempli più estesamente mi spiego.
 Ilpopolo di Roma si sollevò contro ai tirannicongiuròfelicemente contr'essie la tirannide al tutto distrusseallorchéfinalmente si mossedopo tante altre battiturecolpito dalcompassionevole atroce spettacolo di Lucrezia contaminata daltirannoe di propria mano svenata. Mase Lucrezia non avesse in sestessa generosamente compiuta la prima vendettaegli è dacredersi che Collatinoo Brutoinutilmente forsee con gravedubbio e pericoloavrebbero congiurato contro ai tiranni: perchéil popoloe il più degli uomininon son mai commossinéper metà puredalle più convincenti ragioniquanto losono da una giusta e compiuta vendetta; massimamenteallorchéad essa si aggiunge un qualche spettacolo terribile e sanguinosocheai loro occhi apprestatosii loro cuori fortemente riscuota. Sedunque Lucrezia non si fosse uccisa da séCollatinocome ilpiù fieramente oltraggiatoavrebbe dovuto perdererisolutamente se stesso uccidendo l'adultero tiranno; e se egli intale impresa perivadoveva lasciar poi a Bruto l'incarico dimuovereper via di quella sua giusta uccisioneil popolo a libertàe a furore. Mase non fosse stato così pubblico ed importantequest'ultimo tirannico oltraggio; e seper essere questo aggiunto amolti altrinon fosse stata oramai matura la liberazione del popolodi Roma; i parenti e gli amici di Collatino avrebbero forsecongiuratoma contra i soli Tarquinj: in vece che Collatinosenzapunto congiurare con altriavrebbe egli solo certamente potutouccidere il tirannoe quindi forse anche salvare se stesso; econgiunto poscia con Brutoavrebbe liberato anco Roma.
 Èdunque da notarsi in codesto accidenteche l'uomo oltraggiatogravemente nella tirannidenon dee mai da prima congiurare con altriche con se stesso; perché almeno assicura egli così lapropria privata vendetta; econ quel terribile spettacolo che egliappresta ai suoi cittadinilascia in qualche aspetto di probabilitàe assai più maturala pubblicaa chi la volesse e sapesseeseguirla. All'oppostocol congiurare in molti per fare la primaprivata vendettaelle si perdono spessissimo entrambe. Quell'uomodunqueche capace si reputa di ordire e spingere una alta e giovevolcongiurail cui fine debba essere la vera politica libertànon la imprenda giammaise non se dopo moltissimi universalioltraggi fatti dal tirannoe immediatamente dopo una qualche privataatroce vendetta contr'essifelicemente eseguita da uno deigravemente oltraggiati. E cosìchi si sente davvero capace disolennemente vendicare un proprio privato importantissimo oltraggiosenza cercarsi compagnialtamente e pienamente lo vendichi; e lasciposcia ordir la congiura da chi vien dopo: che s'ella riesce a buonfinel'onore ne sarà pur sempre in gran parte anche suo;bench'egli rimanesse spento già prima: e se la pubblicaconsecutiva congiura poi non riescetanto maggiore ne risulteràa lui privato la gloriae la maraviglia degli uominiche vedrannola sua privata congiura aver da lui solo ottenuto un pienissimoeffetto.
 Ma le congiureancorch'elle riescanohanno per lopiù funestissime conseguenzeperché elle si fannoquasi sempre contro al tirannoe non contra la tirannide. Ondepervendicare una privata ingiuriasi moltiplicano senza alcun progl'infelici; eo sia che il tiranno ne scampio sia che un nuovogli succedasi viene ad ogni modo per quella privata vendetta ecentuplicar la tirannidee la pubblica calamità.
Quell'uomodunqueche dal tiranno riceve una mortale ingiuria nel sangueonell'onoresi dee figurare che il tiranno lo abbia condannatoinevitabilmente a morire; ma che nella impossibilitàin cuiegli èdi scamparnegli rimane pure la intera possibilitàdi vendicarsene primae di non morir quindi infame del tutto. Néaltro deve egli pensare in quel puntose non chetra i precetti deltirannoil primo e il solo non mai trasgredito da luisi èdi vendicarsi di quelli che ha offeso egli stesso. Sia dunque ilprimo precetto di chi più gravemente è stato offeso daluiil prevenire a ogni costo con la sua giusta vendetta la nongiusta e feroce d'altrui.

CapitoloSesto
SE UN POPOLOCHE NON SENTE LA TIRANNIDELA MERITIO NO



 Quelpopolo che non sente la propria servitùènecessariamente taleche non concepisce alcuna idea di politicalibertà. Puresiccome la totale mancanza di questa naturaleidea non proviene già dagli individuima bensì dalleinvecchiate loro circostanzeche son giunte a segno di soffocare inessi ogni lume primitivo della ragion naturale; la umanitàvuoleche al loro errore si compatiscae che non si disprezzinoaffatto costoroancorché disprezzati siano e disprezzabili.Nati nella servitùdi servi padrinati anch'essi di servidonde oramaidonde potrebber costoro aver ritratto alcuna idea dilibertà primitiva? Naturale ed innata nell'uomo ella èmi si dirà da taluno; mae quante altre cose non menonaturalidalla educazionedall'usoe dalla violenzanon vengonoin noi indebolite o cancellate interamente ogni giorno?
 Nellaromana repubblicain cui ogni Romano nascea cittadino e riputavasiliberovi nasceano pur anco fra i soggiogati popoli alcuni schiaviche non poteano ignorar di esser taliogni giorno vedendo davanti asé i loro padroni esser liberi; e coloro si credeano pur diesser servie nati per esserlo; e ciò soltantoperchéerano educatie di padre in figlio sforzatia riputarsi tali. Orase nel seno stesso della più splendida politica libertàche siasi mai vista sul globoquegli uomini ignoranti e avviliticredeano di dover essi soli esser servinon sarà maravigliache nelle nostre tirannididove non si profferisce né il nomepure di libertàveri servi si credano quei che vi nascono; oper dir meglioche non conoscendo essi libertànon conoscanoné anche servaggio.
 Parmi perciòche i popolinostri si debbano assi più compiangere che non odiare osprezzare; essendo essi innocentementee per sola ignoranzacomplici senza saperlo del delitto di serviredi cui ben ampia giàe terribile ne van sopportando la pena. Ma l'odiolo sprezzoe sealtro sentimento vi ha più obbrobrioso e ferocetutti sidebbono bensì dai pochi enti pensanti fieramente rivolgerecontro a quella picciola classe di uominichenon essendo stolidiaffatto né inettied accorgendosi benissimo di viver servinella tirannidesfacciatamente pure ogni giorno il verose stessie gli altri tutti tradisconocorrendo a gara ad adulare il tirannoad onorarloa difenderloed a porgere primi l'infame collo a' suoilacci; e ciòcol sol patto che doppiamente da essi avvinto edoppresso ne rimanga il misero ed innocente popolo; presso cuiperottenere il lor barbaro intentocaldissimi propagatori con astuziasi fanno di ogni dannosa ignoranza.
 Espingendo io piùoltre questa importante differenza fra quella parte di schiavi chenella tirannide si fa istrumento d'oppressionee quella che (senzasaperne il perché) si fa vittimaardisco asserire una cosache parrà forse ai molti non verama che io credo pureverissima. Ed è; che dalla fedeltà stessadalla cecitàe ostinazione maggiorecon cui i popoli nella tirannide difendono illoro tirannosi debbe arguire che essi farebbero altrettanti e piùsforzi per la libertàse mai l'acquistassero; e se fin dallefascein vece del nome del tirannocome cosa sacra avessero uditosempre religiosamente insegnarsi il nome di repubblica.
 Ilvizio dunque della tirannidee il maggiore obbrobrio della servitùnon risiede nel popolo; che in ogni governo è sempre la classela meno corrotta; ma interamente risiede in quei pochi che il popoloingannano. Ed in provasi osservi che ogniqualvolta il tirannoeccede quel modo comportabile dalla umana stupiditàil primosempreanzi il solo per lo più che risentirsi ardisca delleestreme ingiuriesi è il più basso popoloil qualepurenella pienissima sua ignoranzastoltamente reputa il tirannoessere quasi un Dio. All'incontrogli ultimi sempre ad offendersi ea ricercarne vendettaancorché ingiuriatissimi siano daltirannoson quelli della più illustre classeed i suoi piùfamigliarii quali pure indubitabilmente convinti sonoch'egli èassai meno che un uomo.
 Onde conchiudo; che nella tirannidemeritano solo di esser servi quei pochiche avendo in sè laidea di libertà(e quindi o la forza o l'arte per tentarealmeno di riacquistarla per séfacendola ad un temporiacquistare ad altrui) antepongono tuttavia di vivere in servitù;ed anzi se ne pregiano essi; equanto più sanno e possonovicostringono il rimanente dei loro simili.

CapitoloSettimo
COME SI POSSA RIMEDIARE ALLA TIRANNIDE



 Lavolontào la opinione di tutti o dei piùmantienesola la tirannide: la volontà e l'opinione di tutti o dei piùpuò sola veramente distruggerla. Mase nelle nostre tirannidil'universale non ha idea d'altro governocome si può egliarrivare ad infondere in tuttio nei piùquesto nuovopensiero di libertà? Risponderòpiangendoche mezzobrevemente efficace a produr tale effettonessuno ve ne ha; e chene' paesi dove la tirannide da molte generazioni ha preso radicemoltissime ve ne vuole prima che la lenta opinion la disvelga.
 Egià mi avveggoche in grazia di questa fatal veritàmi perdonano i tiranni europei tutto ciò che finora intorno adessi mi è occorso di ragionare. Maper moderare alquantoquesta loro non meno stolta che inumanissima giojaosserverò;che ancorché non vi siano efficaci e pronti rimedj contro latirannideve ne sono molti tuttavia ed uno principalissimorapidissimoed infallibilecontra i tiranni.
 Stanno irimedj contro al tiranno in mano d'ogni qualunque più oscuroprivato: ma i più efficaci e brevi e certi rimedj contra latirannidestanno (chi 'l crederebbe?) in mano dello stesso tiranno:e mi spiego. Un animo feroce e liberoallor quando èprivatamente oltraggiatoo quando gli oltraggi fatti all'universalevivissimamente il colpisconopuò da sé solo in unistante e con tutta certezza efficacemente rimediare al tirannocolferro: ese molti di questi animi allignassero nelle tirannidibenpresto anco la moltitudine stessa cangerebbe il pensieroe siverrebbe così a rimediare ad un tempo stesso alla tirannide.Masiccome gli animi di una tal tempra sono cosa rarissimaeprincipalmente in questi scellerati governi; e siccome lo spegnere ilsolo tiranno null'altro opera per lo piùche accrescere latirannide; io sono costrettofremendoa scrivere qui una durissimaverità; ed èche nella crudeltà stessanellecontinue ingiustizienelle rapinee nelle atroci disonestàdel tirannosta posto il più breveil più efficaceil più certo rimedio contra la tirannide. Quanto piùreo e scellerato è il tirannoquanto più oltre spingemanifestamente l'abuso dell'abusiva sua illimitata autorità;tanto più lascia egli luogo a sperareche la moltitudinefinalmente si risenta; e che ascolti ed intenda e s'infiammi delvero; e ponga quindi solennemente fine per sempre a un cosìferoce e sragionevol governo. È da considerarsiche lamoltitudine rarissimamente si persuade della possibilità diquel male che ella stessa provato non abbiae lungamente provato:quindi gli uomini volgari la tirannide non reputano per un mostruosogovernofinché uno o più successivi mostri imperantinon ne han fatto loro funesta ed innegabile prova con mostruosieccessi inauditi. Se in verun conto mai un buon cittadino potessedivenire ministro d'un tirannoed avesse fermato in se stesso ilsublime pensiero di sagrificare la propria vitae di piùanche la propria famaper sicuramente ed in breve tempo spegnere latirannidecostui non avrebbe altro migliore né piùcerto mezzoche di consigliare in tal modo il tirannodi secondaree per fino talmente instigare la sua tirannesca naturacheabbandonandosi egli ad ogni più atroce eccesso rendesse ad untempo del pari la sua persona e la sua autorità odiosissima einsopportabile a tutti. E dico io espressamente queste tre parole; Lasua personala sua autoritàe a tutti; perchéogni eccesso privato del tiranno non nuocerebbe se non a lui stesso;ma ogni pubblico eccessoaggiuntosi ai privatiegualmente a furoremovendo l'universale e gl'individuinuocerebbe ugualmente allatirannide ed al tiranno; e li potrebbe quindi ad un tempo stessointeramente entrambi distruggere. Questo infame ed atrocissimo mezzo(che io primo il conosco per tale) indubitabilmente pure sarebbecome sempre lo è statoil solo efficace e brevissimo mezzo aduna impresa così importante e difficile. Inorridito ho neldirlo; ma vie più inorridiscono in pensare quai siano questigovernine' quali se un uomo buono operar pur volesse colla maggiorcertezza e brevità il sommo bene di tuttisi troverebbecostretto a farsi prima egli stesso scellerato ed infameovvero adesistersi dall'altramente ineseguibile impresa. Quindi ècheun tal uomo non si può mai ritrovare; e che questosopraccennato rapido effetto dell'abuso della tirannide non si puòaspettare se non per via di un ministro scellerato davvero. Maquestinon volendo perdere del proprio altro che la fama (che giàper lo più mai non ebbe); e volendo egli assolutamenteconservare la usurpata autoritàle predee la vita; questilascierà bensì diventare il tiranno crudele e reoquanto è necessario per fare infelicissimi i sudditima nonmai a quell'eccesso che si bisognerebbe per tutti destargli a furoree a vendetta.
 Da ciò provieneche in questomansuetissimo secolo cotanto si è assottigliata l'arte deltiranneggiareed ella (come ho dimostrato nel primo libro) siappoggia su tante e così ben velate e varie e saldissime basiche non eccedendo i tirannio rarissimamente eccedendo i modicoll'universalee non gli eccedendo quasiché mai co' privatise non sotto un qualche velo di apparente legalitàlatirannide si è come assicurata in eterno.
 Or eccoch'io già mi sento dintorno gridare: "Maessendo questetirannidi moderate e soffribiliperché con tanto calore edastio svelarle e perseguirle?" Perché non sempre le piùcrudeli ingiurie son quelle che offendono più crudelmente;perché si debbono misurare i mali dalla loro grandezza e dailoro effettipiù che dalla lor forza; perchéinsommacolui che ti cava ogni giorno poche oncie di sangue ti uccidea lungo andare ugualmente che colui che ad un tratto ti svenama tifa stentare assai più. Tutte le facoltà dell'animonostro intorpidite; tutti i diritti dell'uomo menomati o ritolti;tutte le magnanime volontà impedite o deviate dal vero; emille e mille altre simili continue offeseche troppo lungo epomposo declamatore parreise qui ad una ad una annoverarle volessi;ove la vita vera dell'uomo consista nell'anima e nell'intellettoilvivere in tal modo tremandonon è egli un continuo morire? Eche rileva all'uomoche nato si sente al pensare e all'operarealtamentedi conservare tremante la vita del corpogli averiel'altre sue cose (e queste né anco sicure) per poi perderesenza speranza di riacquistarli giammaituttiassolutamente tuttii più nobili e veri pregi dell'anima?

CapitoloOttavo
CON QUAL GOVERNO GIOVEREBBE PIÙ DI SUPPLIRE ALLATIRANNIDE



 Magià già mille altre obbiezioni non meno importantim'insorgono d'ogni intorno: e queste saranno le ultime alle quali iomi creda in dovere di alquanto rispondere. "Più facilcosa è il biasimare e il distruggereche non il rettificare ecreare. Che la tirannide sia un governo esecrabile e vizioso in sestessogià ben lo sapevano tutti coloro che stupidi affattonon sono; e per quelli che il sonoinutilissimo era il dimostrarlo.Le storie tutte fanno fede della massima instabilità deiliberi governi: onde riesce cosa intieramente vana il dimostrare chenon si dee soffrir la tirannidese infallibili mezzi non s'insegnanoper eternare la libertà".
 Questeo similiobbiezioni (che ne potrei riempire inutilmente le pagine) èassai facile il farlee non così facile l'impugnarle. Quantoalla primarispondo di volo; che io non credo niente inutile ildimostrare ai non affatto stupidinon già che la tirannidesia un governo esecrabile e vizioso in se stessopoich'essi diconodi saperloma che quella specie di governo sotto cui essi vivonoeche sotto il blandissimo nome di monarchia si vanno godendoaltro infatti non è se non una intera e schietta tirannideaccomodataai tempi; tirannide niente meno insultante e gravosa per gli uominiche qualsivoglia altra antica od asiaticama assai piùsaldamente fondatae assai più durevole quindie fatale.
 Allaseconda obbiezione mi conviene rispondere alquanto piùlungamente. Il dimostrare qual sia il malequali ne siano lecagionii mezzied in parte gli effettivien certamente ad essereun tacito insegnamento di ciò che potrebbe essere il bene; chein tutto è il contrario del male. "Se dunque venissefatto pur mai di estirpar la tirannide in alcuna ragguardevol partedi Europacome per esempio in tutta la Italiaqual tempra digoverno vi si potrebb'egli introdurreche non venisse dopo alcuntempo a ricadere in tirannide di uno o di più?"
 Seiocolla dovuta modestia e coscienza delle poche mie proprie forzemi fo a rispondere a questo importante quesitodico; che quando siritrovasse l'Italia nelle circostanze a ciò necessariequegl'Italiani che a quei tempi si troveranno aver meglio letto econsiderato tutto ciò che da Platone in poi è statoscoperto e insegnato da tanti uomini sommi circa alla meno viziosaforma dei governi; quegl'Italiani d'allorache avran meglio studiatoe conosciuto nelle diverse storiee nei diversi paesi dello stessolor secolola natural'indolei costumie le passioni degliuomini; quelli soli potranno allora con adequato senno provvedere aciò che operare allor si dovrebbe pel meglio; cioèpelmeno male.
Se ioall'incontropresuntuosamente risponderevolessi al quesitomi troverei costretto di farlo col pormi adun'altra operae intitolarla DELLA REPUBBLICA; nella qualeindividuatamente ed a lungo mi proverei a ragionare su tale materia.Maquando pur anche mi credessi io di avere e sennoe lumiedottrinaed ingegno da ciò; bisognerebbe nondimeno sempreche io (per non acquistarmi gratuitamente alla prima il nome distolto) in fronte di un tal libro mi protestassich'ella èimpossibil cosa fra gli uomini di nulla stabilir di perfetto ed'inalterabile; e principalmente in un tal genere di cosecherichiedendo continuamente sforzo e virtù(atteso il contrarioe continuo impulso della umana naturache assai più èpropensa al bene dei privati individuie quindi tosto al male ditutti o dei più) vanno insensibilmente ogni giorno menomandosie corrompendosi per se stesse. E sarei anche sforzato in quella miaprefazione di aggiungerviche quegli ordini che convengono ad unostatodisconvengono spessissimo all'altro; che quelli che bene siadattano al principiare di uno stato novellonon operano poiabbastanza nel progrediree alle volte anzi nuocono nel continuare;che il cangiargli a seconda col cangiarsi degli uomini dei costumi edei tempiella è cosa altrettanto necessariaquantoimpossibile a prevedersie difficilissima ad eseguirsi in tempo. Emille e mille altre simili cose io mi troverei costretto a premetterea quella REPUBBLICA mia; le quali cose per essere già statedette meglio ch'io non le direi maimassimamente da quel nostrodivino ingegno del Machiavellinon solamente inutili per se stesseriuscirebberoma pur troppocontra l'intenzione dell'autoreunapreventiva dimostrazione sarebbero della inutilità di un tallibro. E per quanto poi quella mia teorica repubblica potesse parersaggiaragionatae adattabile a' tempiluoghireligioniopinionie costumi diversi; ella non verrebbe tuttavia mai ad essereeseguibile in nessunissimo cantuccio della terrasenza quivi primaricevere da un saggio legislatore effettivo quelle tante e talimodificazioni e mutazioniche necessarie sarebbero per quella dataeffettiva società; la quale certamente in alcuna cosadifferirà da alcuna delle supposizioni dell'idealelegislatore. Ma quando anche poi una tale scritta repubblica venisseeffettivamente nel suo intero adattata ad un qualche popolotutta laumana saviezza (non che la pochissima mia) non perverrebbe pur mai astabilirvi in tal modo un governoche il casocioè unavvenimento non prevedutonon avesse la forza di poterloinaspettatamente assai peggiorarecome anche di poter migliorarloomutarloo affatto distruggerlo.
 Stoltissima superbiasarebbe or dunque la miase un tale assunto imprendessisapendo giàprimache quando anche pure mi lusingassi di poter dire delle cosenon detteper lo meno inutile riuscirebbe il mio libro. Tuttavia nonmeno scusabile che folle una mia tale superbia sarebbe (come dichiunque altro a simile impresa oramai si accingesse)ogniqualvoltaun tal libro non avesse stoltamente per fine la gloria letteraria elegislatricema fosse semplicemente un virtuoso e ben intenzionatosfogo di un ottimo cittadino: e come taleinutile allora nonriuscirebbe del tutto.
 Dalle cose finora da meper quantoho saputorapidamente presentare al lettorene potrebbe frattantos'io non erroridondar questo bene: cheove una repubblicainsorgente in questio nei futuri tempisopra le rovine d'alcunadistrutta tirannidebadasse a spegnereo a menomare quanto piùle fosse possibile la pestifera influenza di quelle tante cagionidella passata servitù da me ampiamente nel primo librodimostratesi può credere che una tale insorgente repubblicaverrebbe ad ottenere alcun pesoe stabilità. Che se iominutamente ho dimostrato come sia costituita la tirannideindirettamente avrò dimostrato forsecome potrebbe esserecostituita una repubblica. E il primo di tutti i rimedj contro allatirannideancorché tacito e lentoegli è pur sempreil sentirla; e sentirla vivamente i molti non possono(abbenchéoppressi ne siano) là dove i pochi non osino appiendisvelarla.
 Maquanto è necessario l'impetol'audaciae (per così dire) una sacra rabbiaper disvelarecombatteree distruggere la tirannidealtrettanto ènecessaria una sagace e spassionata prudenzaper riedificare suquelle rovine; onde difficilmente l'uomo stesso potrebbe esser attoegualmente a due imprese pur tanto diverse nei loro mezzibenchésimilissime nella lor meta. Ed ioper amor del veroson purecostretto a notar qui di passoche le opinioni politiche (come lereligiose) non si potendo mai totalmente cangiare senza che molteviolenze si adoprinoogni nuovo governo è da principio purtroppo sforzato ad essere spesso crudelmente severoe alcune volteanche ingiustoper convincere o contenere con la forza chi nondesiderao non capisceo non amao non vuole innovazioni ancorchégiovevoli. Aggiungeròcheper maggiore sventura delle umanecoseè altresì più spesso necessaria laviolenzae qualche apparente ingiustizia nel posar le basi di unlibero governo su le rovine d'uno ingiusto e tirannicoche non perinnalzar la tirannide su le rovine della libertà. La ragionea parer mioè patente. La tirannide non sottentra allalibertàse non se con una forza effettivae talmentepreponderanteche col solo continuo minacciare facilmente contienel'universale. E mentre con l'una mano brandisce un ferro spietatoella spande coll'altra a piena mano quell'oro che ha colla spadaestorquito. Ondedistrutti alcuni pochi capi-popolocorrottinemolti altri piùche già guasti erano e preparati alservaggioil rimanente obbedisce e si tace. Mala nascente libertàcombattuta ferocissimamente da quei tanti che s'impinguavano dellatirannidefreddamente spalleggiata dal popolocheoltre alla suapropria lieve naturaper non averla egli ancora gustatapocol'apprezza e mal la conosce; la nascente libertàdivinaimpareggiabile fiammache in pochi petti arde pura nella suaimmensitàe che da quei soli pochi viene alquanto inspirata ea stento mantenuta nel petto agghiacciato dei più; ov'essa perqualche beata circostanza perviene a pigliare alcun corponondovendo trascurar l'occasione di metterese puòprofonde esalde radicisi trova pur troppo costretta ad abbattere quei tantirei che cittadini ridivenir più non possonoe che pur possonotanti altri impedirneo guastarne. Deplorabile necessitàacui Romafelice maestra in ogni sublime esempioebbe pur anche laventura di non andar quasi punto soggetta; poiché dallagrimevole straordinario spettacolo dei figli di Bruto fatti ucciderdal padreella ricevea fortemente quel lungo e generoso impulso dilibertàche per ben tre secoli poi la fece sì grande ebeata.
 Ritornando ora al proposito mioconchiudo con questocapitolo il librocol dire; che non vi essendo alla tirannide altrodefinitivo rimedio che la universal volontà e opinione; e nonpotendosi questa cangiare se non lentissimamente e incertamente pelsolo mezzo dei pochi che pensanosentonoragionanoe scrivono; ilpiù virtuoso individuoil più costumatoil piùumanosi trova pur troppo sforzato a desiderar nel suo cuoreche itiranni stessicoll'eccedere ogni ragionevole modopiùrapidamente e con maggior certezza cangino questa universal volontàe opinione. E se al primo aspetto un tal desiderio pare inumanoiniquoe perfino scelleratosi consideri che le importantissimemutazioni non possono mai succedere fra gli uomini (come dianzi honotato) senza importanti pericoli e danni; e che a costo di moltopianto e di moltissimo sangue (e non altramente giammai) passano ipopoli dal servire all'essere liberipiù ancorachedall'esser liberi al servire. Un ottimo cittadino può dunquesenza cessar di esser taleardentemente desiderare questo malpasseggero; perchéoltre al troncare ad un tratto moltissimialtri danni niente minori ed assai più durevoline deenascere un bene molto maggiore e permanente. Questo desiderio non èreo in se stessopoiché altro fine non si propone che il veroe durevol vantaggio di tutti. E giunge avventuratamente pure quelgiornoin cui un popologià oppresso e avvilitofattosilibero felice e potentebenedice poi quelle stragiquelle violenzee quel sangueper cui da molte obbrobriose generazioni di servi ecorrotti individui se n'è venuta a procrear finalmente unaillustre ed egregiadi liberi e virtuosi uomini.



PROTESTADELL'AUTORE

 Nonla incalzante povertade audace
Scarsa motrice a generosaimpresa;
Non l'aura vanain cui gli stolti han pace
D'ognilor brama in debil fuoco accesa;

 Nonl'ozio servoin che la Italia giace;
Cagionah! noquestenon furch'intesa
M'ebber la mente all'alto onor verace
Difar con penna ai falsi imperj offesa.

 UnDio feroceignoto un Dioda tergo
Me flagellava infin daquei primi anni
A cui maturo e impavido mi attergo.

 Népace han mainé treguai caldi affanni
Del mio liberospirtoov'io non vergo
Aspre carte in eccidio dei tiranni.