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Leon Battista Alberti

Cena familiare

 

Interlocutori: BattistaFrancesco e Matteo Alberti

Matteo: Se mai a me parse veroquanto si dice che el buono appetito rende la cena ottimacerto qui ora questo mi pare verissimoe così stimo affermeranno questi giovani quali eccitorono ancora in me maggior voglia di fare come loro con più alacrità evoluttà

Francesco: Contrario anzila affabilità e lo eccitare l'uno l'altro a festività ragionando sempre fusummo e ottimo condimento del convito. Che ne dici tuBattista?

Battista: Pur come voi. Alle cene quello che presta molta voluttà nel cibo si è la fame. A'nostri animi in tutta la vitacome dissero alcuni dottiniuno instrumentoniuna artemusica si trova suave quanto il ragionare fatto insieme de' cari amici. E vuolsi persatisfare al convitoprendere di ciò che vi s'appone con voluttàe recrearsi insiemecon iocundità e pronta festività. E così loderò in ogni cosa secondo e' tempiluogo efaccendache vi s'adoperi quanto li conseguitin le forze.

Matteo: Adunque aremo da non lodartiBattista.

Battista: Duolmi; e questo perché?

Matteo: Perché in questa nostra cena facesti né l'uno né l'altro: quasi nulla cenastie menofavellasti. E piacemi testé con queste parole averti eccitato a riso e ilarità. E così fà;queste tue cure litterariequali tengono te sempre occupatorepetira'le altrove.

Francesco: Come non ti ricordassero e' costumi suoi! Battista di sua natura raro se nonprovocato favellae per uso lungo suole spesso intermettere ancora intero il dì senzagustar cibo. La prima ragion della sanità consiste in conoscere e osservare quelloche suole o nuocere o giovare e indi moderarsi

Battista Niuna di questeniuna. Ma rimirando or l'uno or l'altro di questi nostri nipotiin me i'ne pigliava meco tacito gaudio e contentamentoriconoscendo in loro e' liniamenti emovimenti e aria dei nostri frategliloro padri. Vedoli di presenza e aspetto abilinonimmodestie spero saranno in ogni laude simili a' nostri maggiorie degni veroappellarsi Alberti. Vuolsi rendere grazia a Dio e laude a loro. Certo e' nostri Albertifurono- quale sia la cagione non è forse a me bene nota quanto io vorreie forsequi ora non è luogo da riferirla- certo furono pregiati e amati persino da chi non liconoscea se non per nomeonde a noi altri ancora ne resta buona commemorazionee grazia.

Matteo: Anzi in primae qui e in ogni presenza della nostra gioventùsarà da investigarequalunche ragione l'adirizzi a satisfare di dì in dì più a pieno alle nostre espettazioni edesideriiquando per carità e debito noi siamo loro padri e moderatori; e così loroiranno quinci da te vero convitaticioè pieni di ricordi e ammonimentiatti a benereggersi in vita con felicità. E per non perdere questa occasione attissima al nostrooffiziomi pare di riferire qui a tutti insieme quello che a ciascuno appartiene assiduoricordarsi. Uditegiovani Albertiudite da noi quali fussero le cagioni onde e' nostripassati furono amati e pregiatie affermate in voi con ogni studio e diligenza imitareogni loro instituto e ragione di tradursi a buona grazia e fama. Una delle cagioni fu elnumero degli uomini Albertila abundanza delle facultàlo assiduo acquistarsibenfaccendo e giovando a moltigran numero d'amici. Queste cosequali e quanto ecome si trattino e governinoassai lo mostrò più fa Battista ne' suo libri de Familia.Ma quello che molto mi piaceva inne' nostri passatie giudico che fussi ottimo aiutoa bene aversifu l'uso familiare e assidua conversazione e concatenata fratellanzafra loro insieme piena di carità e iusto offizio; come veggo qui oggi Battistadandociessemplo di sépari vorrebbe vedere da noi. E così faremo; imiteremo e' nostrimaggioriquali niuno dì vacava che essi non convenissero insiemeconferivano dellecose oneste e delle cose atte al bene della famiglia. Era fra loro el nome Albertopari a una loro repubblica; curavanlacorreggevanla con ogni vigilanza ecircuspezione. L'uscio di qualunche di lorol'animolo onoreogni cosa era fra lorocommune e quasi propriosì ad usosì a governo e mantenimento. Chi amava unosentiva sé accetto per questo a tutti gli altri; chi forse offendeva qualunche etiamminimo fra lorodispiaceva a tuttie massime a chi più sapeva e valeva. Pensatevoio figliuoli nostri; come può essere una famiglia in bene e non mal felicedovequesta amorevolezza e ragione di conformarsi insieme non sia? Ove potrà unafamiglia essere urtataquando questa volontà e consenso a tutti commune sarà inanimo con opera e prontezza bene confirmata?

Battista: Io spesso mi maraviglioquando vidi in alcuna famiglia tantanon dico soloignoranzama inetta ostinazione di gareggiaremassime per acumulare a sé qualcheparte di peculio e levarlo da chi per molte ragioni questo doveva presso di lui esserecommune; onde poi asseguìta la impresatrovorno perdita maggiore che vittoria.Qualunque in ogni istoria mai volse conducere cosa alcuna degna in republicasempre in prima dede somma opera di multiplicarsi fautori e conspiratori. La naturadede alle famiglie ottimo fra loro e proprio vinculosopra tutti fermissimo: questo fula vera e dovuta consanguinitàonde fussero contro a' casi avversi più munitie dalleingiurie de' pessimi meno offesi. Tu contenzioso preferisti uno piccolo transitorioemolumento a tanta fermezza d'ogni tua fortuna e benee violasti la religione esantità della innata fratellanza. Chi traprenderà essere a te amicoquando tu ricusiessere amato da' tuoiquali amerebbono tese tu amassi loro? Quale sarà fra'cittadini sì infimo che stimi tee non pigli ardire a noiarti quando e' ti vegga recusatoe negletto da' tuoi? E' nati piccinini raffrenano e perturbano a' grandi l'ardenteimprese contro di te de' tuoi invidi e avversarii. Questo perché? Certo perché essiintendono che la vera e natural coniunzione fra quelli che sono d'uno sangue e nomeallevati insieme fa che quello che duole e muove l'unoin tempo ancora muove tuttigli altri; pàrli adonque cedere piuttosto che tirarsi adosso ruina da tante parti. E cosìsono e' ben collegati con vera benivolenzanon iniuriatemuti da' nimicie sono pariamati e seguiti da chi per loro spera migliorare e salvare suo stato.

Francesco: Chi dubita che questa counione e naturale confederazione sempre fu utile enecessaria alle famiglie? Che più? Sola la dimostrazione de essere d'uno animo tuttiinsieme e d'uno voleregli fa pregiare e riverirequando bene fussero discordi. Maspesso interviene che bisogna non fare poca stima delle sustanze sueonde facileinsurgono lite. E vedemmo qualche volta alle famiglie che simulare fra loro dissidioin casi avversi ne salvò parte.

Battista: E' mi sovienee parmi verissimotra' vicinitra la moglie e 'l maritotra' frateglimaisarà dissensionepurché uno di loro sia savio. Le gravi e dannose discordiecrescono quando ambo loro sono male consigliati. Le contenzioni delle borse nonhanno per sé forza di contaminare gli animi moderati. Chi per cupidità e gara le faràcapitali e convertiralle in odiosarà stoltissimo. Consigliarei si chiamassero certiamiciquali da voi intendessero e fra loro dicidessero la causae voi omnino lungifuggissi commutare insieme parole contenziose. Del contendere surge garadellagara ostinazionedella ostinazione ingiuriadella ingiuria iurgio e rissa e arme. Econoscesi che nello uso civile sono due tempi variil'uno quando alla famiglia sicerca nuova amplitudine e dignitàl'altro quando ella si trova fra e' pochi ne' primiluoghi onorata. Forse sarà non inutile fra 'l numero de' maligni per imminuire invidiamostrarsi in ogni cosa meno potere e meno valere che tu non puoi. Ma se la città fiaretta da' buonie più poteranno le leggi che le volontàcerto el bene fare tanto saràpiù gloriosoquanti più insieme concorreranno a fare pur bene.

Matteo: O Dio! che questo succedesse! Ma in quella terra se oggi ne fusse alcuna simile aquelle antiche nominatedove ogni cosa publica più era venale che le privateoveda' primi anni e' cittadini quasi come in una scola imparorono e continuoosservorono essere variie in ogni cosa perseverorono dar parole fuori contrarie allavolontà intimae fare senza verecundia niuna delle cose promessequale omo saràsì stolto che non tema parere buono fra loroo instituisca essere dissimile dagli altri?

Battista: VediMatteoio sono certo che tu sempre volesti e vorrai essere più simile a' buoniche a' non buoni. Felicissimagiocondissima commemorazione poter dire a sé stessi:cognoscomi che io sono buono. E se ad alcuni animali come al camello non piacebere l'acqua se prima e' non la intorbidasappi costui che tempo l'aspettaovesofferirà molta e lunga sete; ma come chi navicamutati e' ventimutate le veleeseguite altra dirittura se questo corso vi porta a portocioè a quiete e onesto ozio:dove questo non seguaracogli e statti summo e sicurissimo dove tu adirizzi e' tuoiconcetti; fàtti bene volere da' tuoida' cittadini e da tutti con buone arti e aprovataintegrità. La umanità e facilità e probità porgono scala e ale a superare in cielo.

Matteo: Udisti voi giovaniudisti voi?

Francesco: Dirò pure forse più che non richiede questo luogo. Di molte cose si ragionae non sinegano a parole; quali se fussero infatto meno dificiliei! quanto sarebbe la vita econdizione de' mortali ancora meno misera. Fra' savii e pazzifra' buoni e ' malifra'ricchi e' bisognosifra i tiranni e' subietti non patisce la natura che benivolenza vi siastabilese fra loro non è quello che li componga e tenga insieme. Bisógnavi qualchecondizione per la quale minuendo all'uno e acrescendo all'altrofra loro seguitiparità; e se a me non pessimo fia necessità usare e contrattarmi con moltidei qualitu conosci e' loro pensierivita e fattibastaramm'egli quanto che tu dici? Che puòuno buono mutare di sése non in peggio?

Battista: Secondo il fine che tu proponialmeno fia mutabile la volontànon da bene a malema da soffrire piuttosto incomodo che turpitudine. Io persuasi a me già più tempoche invero a' buoni nulla possa nuocere se non tanto quanto diventassino menobuoni. Più ferma e certa cosa ène la salvezza che porge Idio a' buoniche non sonogli odii fra quegli che tu racontavi. Ma torniamo onde facemmo digressione. DicestiMatteoche l'uso de' nostri familiari insieme con carità fu gran cagione a farglipregiare; così pare anche a noise già qui Francesco non fussi in altra sentenza.

Francesco: A me pare il similema sopratutto e' buoni costumi acquistarono loro molta grazia.Io posso affermare questo; mai fu famiglia in questa nostra città più costumataeforse per questo in prima fu ben voluta e nominata.

Matteo: Ben dici il veroed è cosìe dobbiancene gloriare e proporci d'essere simili a loro.Che direte? Era per Italia ridutto in proverbio; quando voleano approvare in alcunola molta umanità e prestanza de' lodatissimi costumidiceano: "costui è tale come sefussi nato e allevato fra gli Alberti".

Battista: E merito. In prima furono e' nostri osservantissimi della religione e reverentissimi a'loro maggiori.

Francesco: Per confirmare el ditto tuoAltobianco mio padre spesso mi referiva che per darsiquanto e' doveva simile a' sua maggiorimai volle essere veduto sedere in publicopresente messer Antonio cavaliere suo fratello e gli altridei quali uno è qui dottoree nel numero de' cherici con offizii publici in degnità non ultimo; mai presentenondico alcuno padre e capo di famigliama piùpresente Lionardoo Benedetto suofratello consubrino per età maggioremai fu veduto asedersi. E così noi tutti semprerendemmo reverenza a' maggiori come a' padrie così loro amorono sempre noicome figliuoli.

Battista: Qualunque non inetto sia e bene allevatosenza dubio conosce che questo gli èdebito e somma laude. Chi rende onore ad altriacquista onestamento a séecco laragione. Quello incorretto giovane non fece il debito suo con degna reverenza versoel padrequanto da lui richiedevano gli altri cittadini. Quel biasimo di chi fu? Non dicolui a chi non fu renduto a dignitàma tutto e solo di chi non satisfece all'officiosuo. Tucontrocontribuisti a chi meritava onore; fu pari tutto tuonon d'altriloonestamento e lode. Ben sapevo io che 'l mio rizzarmiscoprirmiovviarlisalutarlinon portava a que' miei alcuna cosa per quale essi dovessino riferirmene meritoaltroché rallegrarsi conoscendo che chi vedeva in me quella osservanza e officiositàmi riputava degno d'essere amato; e mancando in me quello che mi si richiedevam'era dagli altri biasimoe da me stessi rimordimento.

Francesco: Que' tuo Romani in ogni cosa mal correttioggi molto errano in questo; stimano e'padri meno ch'e' suo vicinie quinci crescono con molta lascivia e vizii.

Battista: Ben per questo costituirono que' popoliquali s'e' suoi minori sino a certa etàpeccavanoe' magistrati punivano il padregastigavano e' precettori che non licorressoro in tempo.

Matteo: Questo bisognerebbe oggi in questa nostra città; sarebbono meno linguacciutipiùescogitatimeno insolentipiù moderati nelle voglie loro; fuggirebbono l'assedio ecorruttela de' viziosida' quali depravati imparano essere ghiottiinverecundigiucatorie senza alcuna riverenza o timor del biasimo. Ed ècci tanta copia e sìpronta e petulante di questi seduttoriministri e maestri di tutte l'arti pessime emalificiiche per loro rari giovani crescono senza turpitudine.

Francesco: Ben dici el vero. Omini pestiferifraudolentiimprontiimportunisfacciatiassedianola gioventùe più nuoceno a questi nominati uomini da bene che a' plebei e menfortunatiquanto presso di loro trovano più che rapire.

Battista: Io udiva questo che tu di' fuori di qui; ora in presenza non vorrei vederlotroppo miperturberebbe. Dura faccenda moderare la gioventùveroma io in ogni altra cosasarei con loro facile e indulgentepurché fussero non sfrenati e simili a quelli chesdegnano e' maggiorie ostinati credono solo a sée curano solo satisfare alle vogliesue. Non gli potrei riputare da benesendo non buoni e costumati. Chi dirò io che siada bene? Colui che merita graziafavoreaiutolaude e ogni bene. Chi meritaricever questo? Lo immodesto? petulco? lascivo? inonesto? temerario? arrogante?temulente? scelerato? Certo no. Quello che tu concederai a uno putido gaglioffosarà scritto alla tua umanità più che alla necessità di colui. Ma uno vizioso indomitoquale solo odacreda e diesi a quelli suoi confederati seduttoridegni d'ogni supliciocostui non merita essere guardato dalla plebenonché riputato fra gli omini da bene.E se vizio alcuno in qualunque età e stato si trova dannosocerto questo dagli antichichiamato aleacome sono carte e dadisempre fu perniziosissimo. Qual prudentenon ricuserà ne' suo traffichi uno giucatore? Pel giuoco chi acquistò mai altro chenome di fraudolente e fabricator d'inganni? Del giuoco viene niuno piaceregraveperditemolestissime cure e infestissima sollecitudineassidue perturbazioni. TuFrancescoalcuna volta ti dilettano mie simili perquisizioni e invenzioni. Vedipregotiquanto facci a proposito. Fingo che qui sia uno giovane giucatore incorretto.Dimmifigliuolose sul nostro ponte fussi un furiosoquale commosso ad iragraffiassemordesse chi se gli apressòe io dicessi: "spoglia e' panni tuoi e io e' mieileghia'gli insieme e stimularemo questo furioso; a cui di noi e' farà peggiocostuitorni nudo a' suoie restino e' panni tutti al compagno"- pigliaresti questo partito?CheMatteose uno tale giovane qui fussiche credi risponderebbe?

Matteo: E' mi pare quasi scorgere da lungi dove tu intenda capitaree risponderotti per lui.Ma prima fammi el partito compiuto. Se l'uno di noi ricevessi picchiate pari all'altro?

Francesco: Ritorrebbe ciascuno e' suoi

Matteo: Ben dici. Adonque rispondonon lo pigliarei

Battista: Perché no? E poi aresti e' miei e insieme aresti e' tuoi.

Matteo: Anzitu aresti le tue picchiate e io le mie. E chi mi sicura che io torni sanza perditanonché con guadagno?

Battista: Prudente rispostae se vi penseremotroveremo che 'l giuocosimile a uno di quellefurie poeticheancora incende furore in chi se gli dia. E parvi poco furore?Giuocano dove a caso soviene lorospesso su qualche desco sordido e puzzulenteinluogo alioquin frequentatoné si curano essere veduti e biasimati da molti. E' primifurono certi ribaldi: concorsevi numero di vilissimi mercennarii: questo nostro omoda benenato per essere ornamento della patriama per corruttela degli sceleratidisviato e dedicato al giuocosubito dimentica sé stessie vinto e tratto dalla miseriasuanon si può conteneremescolasi in quel fastidio: surgonvi altercazionivedesi dalunge el tumultoodonsi voci e parole pazzeodiosebruttissime: concorre la plebe ebiasima chi più errae sempre da' savii e da e' men savii per più rispetti in quellacolluvie sarà più vituperato chi fia per el nome de' suoi meno degno d'essere vedutoin tale errore fra loro. Aggiugni che dal ponte e dal furioso si partiranno subito chevederanno el suo male. Questo giucatore mai si parte dal giuoco se non ultimosuperatoe partirassi forse dal ponte colui coll'occhio enfiato e lividocolla bocca edenticolla gota e orecchi stracciatacol petto tutto percossocosenon negodannose maisì al corpo; ma pel giuoco la parte in noi più da curarla molto piùpatisce; perduta la recognizione del debito suonon cura sé stessisotterrasi nelvituperionon vedendo quel che ne seguiti a quella brutezzama tumido di cupiditàlivido de invidia e concusso qui e qui da varie essagitazioni d'animoora perricuperare quello che è perdutoora per acrescere la vincita- che posso io direaltro? - arabbiae così come prima precipitò sé stessi in questo malecosì doppo lacalamità senza niuno utile urta sé stessi con acerbissimo pentimento.

Francesco: Rispondi Matteotu che traprendesti farvi risposta. Pàrti che Battista dica el vero?Paionti diletti questi nel giuoco da seguirlio crucciamenti da fuggirli?

Matteo: E chi ne dubita? Essecrabilida biastemarli. Ma io potrei dire che molti in la suagioventù pure allettati parte da avariziaparte dalle insidie e assedio de' corruttoricominciorono el giuoco solo per piaceree poi col tempo talora si ramendorono eliberoronsi da quella servitù.

Battista: Farannolo se in loro poterà parte alcuna di ragione e vero conoscimento. A questibisogna solo diliberarloe fuggire luoghi e persone e occasioni onde seguinti similierrorie darsi ad altri onesti spassio a quelli mestieri onde con più certezza e buonagrazia e' satisfaccino alla cupiditàacumulandosi con onestà giusto peculio. Delgiuocofra tanto numero di barattierinon caverai uno o forse un altroche non restimendico pel giuoco e invecchi svilito e nudo. Questo onde avvenganon è oscuro adiscernerlo. Non riesce al giuoco la 'mpresaparte per sua propria naturaparte perquello che doppo al giuoco ne seguita. Eccotutti noi qui useremo convenire insiemea giuoco: trovansi questo dì fra noi fiorini mille: ciascuno di noi propone e studiaquanto in sé siavincere. Dimmionde persuadesti tu che a te più che a me seguitivincitase in te non sarà qualche arte fraudolente e apparecchio atto a ingannarmi?Potrò forse risistere alla fraude di questo unoma se due o più faranno setta insiemecontro meche potrò io? Nulla. Ma e' modi con che uno solo può rubarme al giuocochi mai gli raconterebbe? Lasciamo adietro gli altri giuochi in quali sono infinitedecezioni e tradimenti (raro fu giucatore non prono e pronto a essere traditore)madiciam solo de' dadi. In questicirca la materia del dadoquesta parte d'osso estucco gravequest'altra lievegiunte insieme e poste con accuratissimo artificio;certi punti posti due volte in uno dadoin un altro niuna; a questi una faccia aspra obene spianata e bene angularequest'altra tersalisciacurva cogli angoli quasi tondionde bene posson direcome colui giucando: "el tuo nonne el mio indugia a rivenire".Agiugni l'artificio della mano; scambiano e' dadirinfondano e scemano le poste conprestezza di mano e coperto furto. Insomma tutto el giuoco non ama altro chefraudetradimento e preda. Lodasi per questo quello di cui si dice che diede alfigliuolo suo per ogni altro modo inemendibilemaestri espertissimida' quali essoimparassi e conoscessi questa arte che tanto li delettava. Seguinne che 'l giovaneaperto discernendo le infinite insidie e' latenti lacci che s'adoperano giucandorevocò sé stessi e corresse tanto errore e più non giucò. Tugiovane male espertoper inconsiderazione credulopur prometti a te stessi buona e perpetua fortunacontro tante e sì artificiose falsità e tradimenti: portasti più somma tu solo che tuttigli altrie così desti in preda te stessi a' tuoi insidiatori. Diraiin questa cosa può lafortuna; vincesiperdesicosì passiamo tempo. Anzi perdete el tempo e voi stessi.Ma concedoti; pogniamo che tu perdendo perdi pocoe vincendo vinci più. Laperditase bene raconteraisarà e molta e spessa; la vincitacontrorarissima. Elmal tuo quale sussegue a poco a pocotanto più nuoce quanto tu meno lo senti.Ultimo te n'avedraiquando ti troverrai sanza quella somma allora utileoranecessaria a' bisogni tuoionde alienasti la possessione e resti indebitato. Noncomparirai in publicola casa tua ti sarà uno carcerecontristera'ti in solitudinegliamici e noti antichi ti rifuteranno e avilirannoe' nimici ne saranno lieti e befferanti;tu da te stessi riceverai tormenti intollerabilirepetendo in questa miseria gli spassigli amicilo onore e gli altri beni perduti per tua colpa e stoltiziae forse per tedio dite stessi viverai errando per le selvequasi come fiera per dolore furiosa. Omiserabile condizione! Che vita sarà la tua? Chi comunicherà teco alcuna suaamministrazione o traffico? Qual de' maggiori ti commetterà alcuna degnafaccenda? Qual padrenon dico ti darà per moglie la figliuolama quando mai patiràche 'l figliuolo suo a te sia familiare? Certo miserabile condizioneda eleggere lamorte per fuggirla. Ma pogniamo contro che ad alcuno di voi qualche volta lafortuna succeda in giuoco: vincesti. Furono subito le torme de' tuoi seguaci seduttori:dàcci vincita; spendi in quella e quell'altra cosa superflua e lasciva. Vince domaniquell'altro; pur simile fanno a lui. Non compie l'anno chedissipata tutta la sommacomuneindi a niuno resta un quattrino.

Francesco: Non basterebbe il dì a raccontare tutte le perversità e ruine che porge il giocoessecrabile! Uomini vilissimiabiettissimi i giucatori! Vuolsi odiare il giuoco e lungifuggire chi se gli dia.

Matteo: Uditefigliuoliudite e così fate voi. Siete d'indole e presenza certo elegantenobilee in questo simili a' vostri maggiori; d'ingegno prontod'intelletto acuto e da naturaproni e parati a farvi amare e reputare. Donate a questa nostra età questoespettatissimo da voi e massimo gaudio e ultimo contentamento; eccitate voi stessidedicate l'animo a virtùamate i buonipigliate gloria in voi stessi dei buoni costumiimitate i vostri maggiorida' quali avete domestico essemplo per asseguire pari famae nome; intraprendete buoni esserciziiseguite i degni studiidate opera di benemeritare di voi stessidella famiglia vostradella patriafaccendo come fecero ivostri maggioriuomini religiosissimicostumatissimiornatissimi di molta e singolarevirtù.

Battista: Così faretefigliuoli. I buoni costumi danno dolce grazia a' fanciullimolta laude a'giovaniferma autorità agli uomini maturionoratissima dignità a' più attempati. Adogni età e stato i costumi buoni sono ornamento e splendore di tutta la vita.