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Anonimo


GIUFA'



Giufà e la berretta rossa.

Giufà non aveva nessuna voglia di lavoraree preferiva l'artedi Michelaccio: mangiarebere e andare a spasso. Sua madre si infuriava e continuava a ripetergli:

- Giufànon è questo il modo! Sei uno sfaccendato!Mangibevi e poi quel che succedesuccede!... Io non ne posso più: o ti vai a guadagnare il paneo ti butto fuori di casa!

Allora Giufà se ne andò a comprare dei vestiti nellebotteghe del corso. Prese un capo di abbigliamento da un mercanteuno da unaltroe si rivestì di tutto punto. Acquistò anche una bellaberretta rossa.

Giufàche era senza il becco d'un quattrinonon potendopagare diceva:

- Fammi creditouno di questi giorni salderò il conto.

Ripeté questa frase a ogni mercante.

Quando si vide ben vestito disse:

- Ahfinalmente ci siamo. Mia madre non dirà più chesono un poco di buono. Ma ora come farò a pagare i negozianti? Mi fingeròmorto e starò a vedere cosa succede!

Si gettò su un letto gridando:

- Muoio! Muoio! Sono morto!

Incrociò le mani e irrigidì i piedi.

- Figli! Figli! Che guaio! si mise a urlare sua madre. - Com'èpotuta capitare una disgrazia simile! Figlio mio!

La gentesentendo gridareaccorse a compatire la povera madre. Non appena si sparse la notizia della morte di Giufài mercantiandarono a casa sua e nel vederlo morto dicevano:

- Poverinomi doveva dare sei tarì per un paio di pantaloniche gli avevo venduto... Glieli regalo!

Tutti andarono a omaggiarloe così Giufà saldòi propri debiti. Ma quello che gli aveva venduto la berretta rossanon riuscendo a capacitarsenecontinuò a ripetere:

- Di certo io la berretta non gliela lascio!

Andò a rendere omaggio alle spoglie di Giufàe vide laberretta nuova fiammante che troneggiava sulla testa. Sapete che fece? La seraquando i becchini andarono a prendere Giufà per seppellirloentrò con loro in chiesa senza che nessuno se ne accorgesse.

Dopo un po' (era all'incirca mezzanotte) entrarono nella cattedrale dei ladri per spartirsi un sacchetto di denari che avevano rubato.

Giufà rimase immobile sul suo catafalco e il mercante sirintanòsenza fiataredietro una porta. I ladri sparpagliarono i denari sul tavolo: erano tutte monete d'oro e d'argento (si sa che l'argento scorreva come l'acquaa quei tempi). Fecero tanti mucchietti quanti erano loro. Restava però un soldo da dodici tarìe nonsi sapeva a chi dovesse andare.

- Ora per porre fine alle discussioni disse uno dei ladri - faremo così: tireremo le monete addosso a questo mortoe colui checentrerà la bocca si prenderà il dodici tarì1

- Bene! Bene!

Erano tutti d'accordo. Erano sul punto di iniziare la contesa quando Giufà vedendolisi alzò dal catalettogridando a granvoce:

- Mortiresuscitate tutti!

I ladri fuggirono a gambe levateabbandonando i quattrini. Appena restò soloGiufà si precipitò verso imucchietti di monete. Il mercanteche fino a quel momento era rimasto rintanato nel suo nascondigliocorse anche lui ad afferrare i denari sul tavolo. Alla fine i due decisero che se li sarebbero divisi a metà: marestavano cinque soldi. Al che Giufà disse:

- Questi li prendo io!

Replicò subito l'altro:

- Nospettano a me1

- Sono miei i cinque soldi1

- Vattenenon ti spettano. Questi cinque soldi sono miei!

Giufà afferrò una stanga e mentre stava per darla sullatesta del mercante disse:

- Dammi i cinque soldi! Voglio i cinque soldi!

I ladriintantonon volendo rinunciare a tutti quei denarisi aggirarono nei dintorni per vedere cosa facessero i morti. Si accostarono alla porta della chiesa: udendo il diverbio e tutto quel gran baccano per cinque soldi esclamarono:

- Accidenti! Chissà quanti morti sono usciti dai sepolcri!Hanno avuto solo cinque soldi ciascunoe ancora non bastano!

Detto questofuggirono a gambe in spalla! Allora Giufà presei cinque soldi e il sacchetto di denaroe se ne tornò a casa.




Il principe poeta.

C'era una volta un principe che si vantava di essere un grande poeta.

Alcuni ipocriti lo elogiarono al punto che finì perconvincersi di essere il principe dei poeti.

Un giornoal termine della lettura di una delle sue poesieGiufà rimase in silenzio mentre i soliti laudatori cominciarono adisquisire sull'efficacia di un certo genere retorico o sullo stile del verso.Il principe allora chiese a Giufà:

- Forse la mia poesia non ti piace?... Non ti sembra eloquente?

Giufà rispose:

- Non ha neanche un'infarinatura d'eloquenza!

Gli ipocriti levandosi indignati indussero il principe a gettarlo in prigione. Così Giufà restò in galera per un meseintero.

In un'altra occasione il principe recitò una nuova poesia.Giufà era tra i presenti: terminata la lettura tentò di andarsene alla chetichellama il principe lo sorprese e gli disse:

- Ehi tudove vai?

Giufà serafico rispose:

- In prigionesire!





Il giudice ubriaco.

Nel villaggio di Giufà viveva un giudice beone. Un giornodurante una passeggiata in campagna costui si ubriacòsi tolse ilmantello e il turbante e li gettò sul ciglio della strada. Giufàstava andando a fare acqua quando s'imbatté nel giudice ubriaco: prese il suomantello e lo indossòpoi continuò per la sua strada.

Al suo risveglio il giudice si trovò a dover tornare in paesesenza il mantello. Giunto al villaggio incaricò un usciere diritrovargli il suo indumento. L'uomo era appena partito quando incontrò Giufàche indossava il mantello. E così accompagnò Giufàdal giudice che gli chiese:

- Dove hai preso questo mantello?

Giufà rispose:

- Ieri sono andato in campagna con alcuni amici. Ho visto un ubriaco riverso per terra in una condizione abiettagli ho preso il mantello e l'ho indossato. Ho dei testimoniposso provare quello che dico e additare a voi e alla gente quell'ubriacone!

Il giudice sentenziò:

- Indossa questo mantello come meglio credi. A me non importa nulladel suo proprietario.






Giufà e lo zufolo

Una volta Giufà si vestì a festa per andare alla fiera.Tutti sapevano chi fosse Giufà e gli domandarono:

- Dove vai Giufà?

- Alla fiera.

Nel sentir questo una persona chiese a Giufà se potessecomprargli uno zufoloma non gli diede il denaro. Anche un altro chiese:

- Giufàvorrei che mi portassi uno zufolo.

- Signorsì rispose Giufà mentre tra sé e séborbottava:

- Di certo tu non vuoi zufolare!

Un altro gli domandò il medesimo favore:

- Giufà visto che vai alla fiera comprami uno zufolo e al tuoritorno te lo pagherò.

- Signorsì replicava sempre Giufàripetendo sottovoce:

- Di certo tu non vuoi zufolare.

Tra quelli che lo incontraronomolti gli chiesero il medesimo servigiogarantendogli che lo avrebbero pagato quando avrebbe consegnato loro lo zufolo.

Giufàche ad alta voce rispondeva affermativamentesempre biascicava:

- Di certo tu non vuoi zufolare.

Alla fine incontrò un conoscente che gli disse:

- Giufàfammi un piacere: comprami uno zufolo. Eccoti ildenaro1

- Ah! esclamò Giufà - tusìche vuoi zufolareveramente. Allora io ti porterò lo zufolo.

E infattiarrivando alla fierail suo primo pensiero fu quello di comprare lo zufolo per quel suo conoscente.



La dote della figlia.

Una volta Giufà andò a vendere la sua vecchia asina almercatoma nessuno volle comprarglierla. A un certo punto un sensale si offrìdi venderla per luimettendosi a gridare:

- Quest'asina è un vero affare. Al prezzo di una ne compratedue perché è incinta!

Dopo poco tempo l'asina fu venduta a buon prezzo. Tornando a casaGiufà trovò i parenti del fidanzato di sua figlia checontrattavano la dote. Allora Giufà per aumentare il valore della ragazza disse solennemente:

- Guardate che fate un buon affare. Ne prendete due al prezzo di una perché mia figlia è incinta!




Giufà e la scommessa

Una volta un ricco proprietario volle togliersi un capriccio.

Era inverno. Incontrò un tale e gli disse:

- Se passi la notte in riva al marenudo come mamma t'ha fattoe all'alba sei ancora vivoti do cento oncema se muori perdi la scommessa.

A questo punto vennero chiamati dei testimoni:

- Andate anche voi in riva al mare per controllare costui!

Durante la notte passò un bastimento. Il poverettoche erasulla spiaggiatese le mani come a volersi scaldare alle luci di quella nave.

Quando al levarsi del giorno i testimoni andarono a fare rapporto al ricco proprietario gli dissero:

- Signoreil tale è rimasto nudo per tutta la notte. Amezzanotte però si è riscaldato con le luci di un bastimento che passava acento miglia dalla costa.

Allora il proprietario disse al tale:

- Hai perduto la scommessa perché ti sei riscaldato!

Il poveretto scoppiò a piangere e andò da Giufà.Questi gli chiese:

- Perché piangi?

- L'altra notte un ricco proprietario ha voluto togliersi uncapriccio scommettendo che non sarei riuscito a restare tutta la notte nudo sulla spiaggia. Ora sostiene che mi sono riscaldato perché hoteso le mani quando è passato un bastimento... E così hoperduto la scommessa! E' mai possibile?

Giufà allora gli disse:

- Non ti preoccupare! Ci penso io! Ma dimmise riesco a vincere la scommessa per tedividiamo i soldi?

- Sì!

Allora Giufà andò a comprare un secchio di carbone e unagnello. Mise il carbone acceso in un punto di Trapaniagli Scappuccini. Poi prese una griglia e la collocò dalla parte opposta della cittàai Cappuccini alla Loggia. Sistemò l'agnello sulla griglia. Ecosì cominciò a cuocere l'agnello senza fuoco. Tutta la gente chepassavavedendolo intento a fare una simile bestialitàcioècucinare l'agnello alla Loggia con il fuoco agli Scappuccinigli chiese cosa stesse facendo. Giufà rispose:

- Sto arrostendo questo agnello!

Fu allora che passò il proprietario che aveva proposto a queltizio la scommessa e gli domandò:

- Che cosa fai Giufà?

- Sto arrostendo questo agnello1

- E dov'è il fuoco?

- Agli Scappuccini.

- E com'è possibilerazza di animale1

- Ehsignore e animale invero esclamò Giufà - com'èpossibile che un tale si riscaldi al bagliore di un bastimento lontano cento miglia?Così come non è possibile arrostire questo agnellodicerto l'altro non poteva riscaldarsi al chiarore di un bastimento!

A questo punto Giufà raccontò ogni cosa alla gente e ilricco proprietario pagò la scommessa.



Giufà e il canta-mattino

Si racconta che una mattina all'albaGiufàmentre era ancoraa letto sentì il suono di uno zufolo e chiese alla madre:

- Chi è che passa?

La madre rispose:

- E' il canta-mattino.

Tutti i giorni il canta-mattino passava. Una mattina Giufà sialzò e ammazzò il suonatore di zufolo. Poi corse a dirlo alla madre:

- Mammaho ammazzato il canta-mattino.

Quando la madre capì che aveva ucciso l'uomo che suonava lozufoloandò a prendere il cadavere e lo gettò in un pozzovuoto. Nel frattempo un taleche aveva visto Giufà ammazzare ilcanta-mattinoriferì il fatto ai familiari e insieme andarono a denunciarlo.La madre di Giufàassai furbasi ricordò di avere unagnello. Lo preselo sgozzò e lo gettò nel pozzo. Gli sbirri e icomponenti della famiglia del canta-mattino andarono a cercare il morto a casa di Giufà. Il giudice gli chiese:

- Dove hai nascosto il morto?

Giufàche era scemorispose:

- L'ho gettato nel pozzo.

Allora legarono Giufà con una corda e lo calarono nel pozzo.Quando raggiunse il fondocominciò a cercare a tastoni.

Trovò della lana e chiese ai figli del morto:

- Vostro padre aveva la lana?

- Nonostro padre non aveva lana.

- Questo ha la lanaper cui non è vostro padre. Poi afferròuna coda e disse:

- Vostro padre aveva la coda?

- Nostro padre non aveva coda.

- Allora questo non è vostro padre.

Poi scoprì che quel corpo aveva quattro piedi e domandò:

- Quanti piedi aveva vostro padre?

- Nostro padre aveva due piedi.

- Questo ha quattro piediper cui non è vostro padre.

Poi toccò la testa e chiese:

- Vostro padre aveva le corna?

I figli risposero:

- Nostro padre non aveva corna.

- Questo ha le cornaper cui non è vostro padre.

Allora il giudice interloquì:

- Giufàsia che abbia le corna o la lanatu portalo su.

Gli uomini di giustizia tirarono fuori dal pozzo Giufà con uncorpo sulle spalle. E quando videro che si trattava di un agnellolasciarono Giufà libero.



Giufà e la chioccia

Si racconta che una volta la madre di Giufà prima di andare amessa gli disse:

- Giufàvado a messa. Bada alla chioccia che sta covando leuova: prendiladàlle da mangiare il pastonepoi rimettila subito acovare altrimenti le uova si raffreddano.

Allora Giufà dopo aver preparato un pastone con pane e vinoprese la chioccia e cominciò a imboccarla. Nel far ciò con fogafinì con l'ingozzare la chioccia al punto che questa morì. Nel vederel'animale stecchito disse:

- E ora cosa facciole uova si raffredderanno? Mi metterò ioa covare.

Così si tolse pantaloni e camicia e si accovacciò sulleuova. Nel frattempo la madreche era tornatalo chiamò:

- GiufàGiufà!

Giufà rispose:

- Chilachila. Non posso venire perché faccio la chioccia ecovo le uovaaltrimenti si raffreddano.

La madre si mise a urlare:

- Birbantebirbante! Le hai schiacciate tutte!

Giufàinfattisolo alzandosi si accorse che le uova eranodiventate una frittata.



Giufàtirati la porta!

Una voltaprima di andare a messala madre di Giufà glidisse:

- Giufàvado a messatirati la porta!

Quando la madre uscìGiufà si mise a tirare la porta elo fece con una tal forza che alla fine la scardinò. Allora Giufàsi caricò la porta sulle spalleraggiunse la madre in chiesa egettandole la porta ai piedidisse:

- Ecco la porta bell'e tirata!.



Mangiatevestitucci miei!

Giufà era un po' sciocco: perciò nessuno gli offrivamai nientené gli usava la cortesia di invitarlo.

Una volta andò a chiedere qualcosa in una masseria evistocom'era trasandatofurono sul punto di aizzargli i cani contro: se ne fuggì più morto che vivo. La madreche aveva capito la situazionegli procurò una bella giaccaun paio di pantaloni e un gilèdi velluto.

Giufà tornò allora a quella masseriavestito come uncampiere. Ebbe un'accoglienza strepitosa. Lo invitarono persino a pranzo.

A tavolatutti si dimostrarono ossequiosi nei suoi confronti. Quando servirono il ciboGiufànon sapendo come comportarsiconuna mano si portava le pietanze alla bocca e con l'altra si ficcava gli avanzi in tascanella coppola e nella giacca. E nel riporre il cibo negli indumentiripeteva:

- Mangiatevestitucci miei. Siete voi gli invitati!



Giufà e la statua di gesso.

Si racconta che una volta c'era una povera madre che aveva un figlio scemopigro e birbante chiamato Giufà. La donnachepossedeva alcune pezze di telaun giorno gli disse:

- Prendi un po' di telae vai a venderla in un paese lontanoa persone che parlano poco!

Giufà se ne andò con la tela sulla spalla. Arrivato inun paese si mise a gridare:

- Chi vuole la tela!

La gente era interessatama tutti avevano qualcosa da dire: adalcuni la pezza sembrava troppo grandead altri pareva troppo cara! Secondo Giufà i possibili acquirenti parlavano troppoper cui nongliela volle vendere. Mentre gironzolavaa un certo punto entrò inun cortile deserto dove c'era soltanto una statuaa cui chiese:

- Volete comprare la tela?

Poiché la scultura non dava alcuna rispostaGiufàdisse:

- Devo vendervi la tela perché parlate poco.

Allora prese la sua mercanzia e la stese sulla statua dicendo:

- Verrò domani per ritirare i soldi.

E se ne andò. L'indomani tornò per riscuotere il suocredito enon trovando i soldisi mise a gridare:

- Dammi i soldi della tela!

La statua taceva.

- Visto che non vuoi darmi i solditi faccio vedere io chi sono.

Andò a prendere una zappa e si mise a colpire la statua: nelcadere la scultura si ruppe e nella pancia Giufà trovò una broccapiena di denari. Mise i quattrini nel sacco e se ne tornò da sua madrea cui disse:

- Ho venduto la tela a uno che non parlava. Subito non mi ha dato i soldima l'indomani mattina quando son andato con la zappal'ho buttato a terral'ho ammazzato e ho trovato questi soldi.

La madreche era furbareplicò:

- Non dire niente a nessuno di tutto questo. Noi a poco a poco ci godremo questi denari!




Giufà e i ladri.

Una volta Giufà andò a raccogliere la legna con altriragazzi. Appena le fascine furono legatetuttiall'infuori di Giufàripresero la via del ritorno. Solo dopo aver accuratamente preparato la sua fascinaGiufà si incamminò verso il paese. Sentendosistancodurante il cammino si diresse verso una grotta per riposare. Lì glivenne da orinare e nell'espletare questa funzione fisiologica si formarono quattro rivoli.

- Scappatescappate puretanto vi conosco! esclamò Giufà.

Proprio in quel momentonella strada sottostantealcuni ladri fuggirono precipitosamente. Giufàvedendoli correredisse:

- Oh che bestie! Hanno avuto paura di me!

Prese la fascina e entrò nella grotta dove trovò unpentolone che bolliva. Allora afferrò un pezzo di carne e un po' di pane esi mise a mangiare. Poi frugò alla ricerca dei soldi abbandonati dailadri e trovò un sacco contenente monete d'oro. Fasciònuovamente la legna e dopo essersela caricata sulle spallefece ritorno a Trapani.Varcando la portail guardiano gli chiese:

- Giufàcosa porti?

- Legna rispose e se ne andò a casa da sua madre.

Mentre saliva le scalela vide parlare con i vicini. Si avvicinòe le disse:

- Madreentrate1

- OhGiufàsei stanco?

- Vieni qua e taci!

Giufà sfasciò la legna e le consegnò il sacco dimonete d'oro. Sua madreche non era affatto stupidanel nascondere il denaro disse:

- Non parlarne con nessuno perché se lo vengono a sapere gliuomini di giustiziafiniamo tutt'e due in galera!

Quando Giufà andò a lettola madre prese dell'uvapassa e dei fichi secchisalì sul tetto e si mise a lanciarli su Giufà.

- Madre! Madre1

- Cosa vuoi?

- Cadono fichi e uva passa1

- Prendilifiglio mio. Questa è la pioggia del Signore!

Accadde un giorno che madre e figlio litigarono:

- Dammi i soldi che ti ho portatoaltrimenti ti cito in tribunale!

La madre non gli diede ascoltoe allora Giufà andò dalgiudice:

- Eccellenzaho portato un sacco di monete d'oro a mia madree lei non vuole restituirmelo.

Quando la madre di Giufà fu chiamata dal giudicedisse alfiglio:

- Giufàsono stata convocata dal giudicetirati la porta!

Allora quell'idiota di Giufà scardinò la porta eandando dal giudice la portò con sé.

Il giudice disse alla madre:

- Voi dovete dare i soldi a vostro figlio.

- Eccellenzanon vede che mio figlio è folle: è venutocon la porta in spalla.

Ribatté Giufà:

- Signorela prova è che quel giorno piovevano fichi secchi euva passa.

Sentenziò allora il giudice:

- Perché vi rivolgete a me? Non vedete che vostro figlio èfolle?




Giufà e l'otre.

La madre di Giufàsapendo la difficoltà che presentavala costante presenza di un figlio similelo mise a lavorare come garzone da un taverniere.

Un giorno il taverniere lo chiamò:

- Giufà va' a lavare quest'otre a mare. Lavalo benealtrimenti te le do di santa ragione.

Giufà prese l'otre e andò in riva al mare. Lavalava elavafinì con il lavarlo per un'intera mattinata. Poi disse:

- E adesso a chi chiedo se è ben lavato?

In quel momento vide una nave che stava partendo: dalla tasca tirò fuori un fazzoletto e si mise a fare segnalichiamando i marinai:

- Ehi voi! Ehi voi! Venite qua! Venite qua!

Il capitanoaccorgendosi degli insistenti richiami di Giufàdisse:

- Torniamo ragazziforse abbiamo dimenticato qualcosa a terra!

Il bastimento riattraccò. Il comandante scese a terra e andòda Giufà.

- Che cosa c'è?

- Signoremi può dire se quest'otre è ben lavato?

Il capitano andò su tutte le furieafferrò un pezzo dilegno e gliele suonò di santa ragione. Giufà piangendo gli domandò:

- Cosa devo dire allora?

Rispose il capitano:

- Devi dire: "Signorefateli correre". E così cirifaremo del tempo perduto!

Giufàcon le spalle ancora calde dalle botteprese l'otre esi incamminò per la campagna continuando a ripetere:

- Signorefateli correre! Signorefateli correre.

Incontrò un cacciatore che teneva sotto tiro due conigli.Giufà ribadì ancora:

- Signorefateli correre! Signorefateli correre!

E i conigli scapparono.

- Ahfiglio d'una...! Anche tu ti ci metti! disse il cacciatore.

E prese a picchiarlo con la culatta dello schioppo. Giufà trale lacrime gli domandò:

- Cosa devo dire allora?

- Signorefateli uccidere!

Giufà prese l'otre e se ne andò ripetendo quella frase.Incontrò due litiganti e disse:

- Signorefateli uccidere1

- Ahinfame! Pure tu provochi! dissero i due einterrompendo illoro litigiosi misero a malmenarlo. Il povero Giufà con la bocca schiumante non riusciva più a parlaree dopo qualche attimodomandò singhiozzando:

- Cosa devo dire allora?

I litiganti risposero:

- Signorefateli separare1

- Signorefateli separare! prese allora a dire Giufà. -Signorefateli separare!

Cosìcamminando con l'otre in manoripeteva sempre quellafrase.

Continuando per la sua strada incontrò due giovani sposiappena usciti dalla chiesa. Quando sentì: - Signorefateli separare!Signorefateli separare!il giovane sposo si tolse la cintura e cominciò a picchiare Giufà dicendo:

- Uccellaccio del malaugurio! Mi vuoi far separare da mia moglie!...

Giufà non potendone più si finse morto. I parenti deifidanzati si avvicinarono per vedere se fosse veramente morto. Passarono alcuni momentie Giufà si riprese. Allora la gente gli disse:

- Ma dovevi proprio dir quelle parole a due sposi novelli?

- E allora cosa dovevo dire? chiese Giufà.

- Dovevi dire: "Signorefateli ridere! Signorefateli ridere!" Giufà prese l'otre e tornò alla taverna. Lungo lastradapassò davanti a una casa dove c'era un morto circondato da candele: i parenti piangevano a dirotto. Appena lo sentirono dire - Signorefateli ridere! Signorefateli ridere!pensarono che lo facesse apposta. Si fece avanti un tizio con un bastone che diede a Giufàuna caterva di legnate.

Allora Giufà capì che la cosa migliore era stare zittoe correre alla taverna. Il taverniere appena lo vide lo riempì di botteperché lo aveva mandato a lavare l'otre al mattino ed era tornato alleventitré.

Poi lo licenziò.



Giufà e la giustizia.

Giufà ne aveva sempre fatte di tutti i colorima una volta necombinò una talmente grossa che gli uomini di giustizia andarono ad arrestarlo. Il padre di Giufàinformato in anticipolo fece scomparire. All'arrivo delle guardie Giufà non si trovò:e così la faccenda si risolse in una bolla di sapone.

Ma il nome di Giufà era rimasto scritto sul libro nero della giustiziae gli sbirri continuarono a cercarlo. Quando un giorno il padre di Giufà decise di farlo tornare e tenerlo nascosto incasasi presentarono i gendarmi che gli domandarono:

- Dov'è Giufà?

Il padre rispose:

- Ma insommacome ve lo devo dire che mio figlio è morto? Miofiglio è morto e non se ne parla più!

Quando dal suo nascondiglio Giufà sentì dire al padreche era morto urlò:

- Questa è una vera impostura! Io sono ben vivo!




Giufà e la semola.

La madre di Giufà aveva una bambina alla quale voleva un granbenepiù che agli stessi occhi suoi. Un giornovolendo andare amessadisse al figlio:

- Giufàio vado a messa. La bambina dorme. Quando si svegliatu cucina il semolino e dalle da mangiare.

Giufà cucinò un pentolone di semola. Quando fu bencotta ne prese un'enorme cucchiaiata e la ficcò in bocca alla bambinachesubito cominciò a strillare.

La sua bocca era talmente ustionata che nel giro di pochi giorni lesi incancrenìportandola a morte. La madrearcistufa deicomportamenti di questo figlio idiotaafferrò un bastone e lo cacciòdi casa a legnate.




- Occhi di civetta ahiahi!

Giufà dovendo portare a casa del denarotemeva che glielorubassero.

Fu così che lo infilò in un saccocoprendolo con spineper far credere che non portasse nulla di importante. Si gettò ilfardello sulle spalle earrancandosi avviò verso casa.

Alcuni ragazziincontrandologli domandarono:

- Cosa porti Giufà?

- Occhi di civetta rispose alludendo al luccichio delle monete d'argento. Allora i ragazzi infilarono le mani nel sacco per toccare quegli occhi di civetta e si punsero:

- AhiAhi!

Giufà proseguì per la sua strada e incontròaltri ragazzi che gli chiesero:

- Cosa porti Giufà?

- Occhi di civetta.

Frugarono nel sacco:

- AhiAhi!

Fu così che Giufà giunse a casaportando il denaro asua madre.





Giufà e il giudice.

Si racconta che una mattina Giufà andò a raccogliereerbe selvatiche e fece ritorno al paese solo a notte fonda. Mentre camminava vide la luna che appariva e scompariva dietro le nubi. Giufà sisedette su un grosso masso a guardare la lunae quando appariva subito le diceva:

- Affacciati! Affacciati!

Al contrario quando si nascondeva la incalzava con le parole:

- Nasconditi! Nasconditi!

E non smetteva mai di ripetere:

- Affacciati! Affacciati! Nasconditi! Nasconditi!

In quel mentrepiù giù lungo la stradadue ladristavano squartando un vitello rubato. Quando sentirono - Affacciati e Nasconditi!temendo che fossero arrivati gli sbirrilasciarono la carne e fuggirono. Giufàvedendo quei due scappareandò finsulla strada e trovò il vitello squartato. Prese l'animalecominciò atagliare la carneriempì il suo sacco e ritornò sui suoi passi.Arrivato a casadisse a sua madre:

- Mammaapri1

- Perché sei arrivato così tardi?

- Ho tardato per portare la carne che domattina dovrete vendereperché mi serve del denaro.

La madre gli rispose:

- Domani tu andrai di nuovo in campagna e io venderò la carne.

Così l'indomani Giufà tornò in campagna e lamadre si mise a vender carne.

La serarientrandoGiufà chiese:

- Mammahai venduto la carne?

- Sìl'ho venduta alle mosche. A credito.

- E quando ti pagheranno?

- Quando avranno i soldi.

Dopo otto giorni le mosche non avevano ancora pagato. Allora Giufà andò dal giudice e disse:

- Signor giudice voglio che mi sia resa giustizia. Ho dato allemosche la carne a credito e non mi hanno ancora pagato.

Il giudice disse:

- Sentenzio che quando le vedi puoi ammazzarle.

Proprio in quel momento una mosca si posò sulla testa delgiudice.

Allora Giufà sferrò un pugno e ridusse a mal partitol'uomo di legge.





Giufà e le fate.

Una volta la madre di Giufà comprò una grande quantitàdi lino e gli disse:

- Giufàperché non ti metti a filare invece di staresempre a poltrire!

Di tanto in tanto Giufà prendeva una matassa di linomainvece di filare la gettava nel fuoco. Al che sua madre si arrabbiava e lo picchiava di santa ragione. Cosa poteva fare allora Giufà?

Con una fascina fece una palla e attorno vi avvolse il lino a mo' di conocchiaprese una scopa e la usò come fusoandando poi afilare sul tetto di casa. Mentre era intento a filare passarono tre fate che dissero:

- Com'è bravo Giufà! Si è messo a filare! Perchénon gli facciamo un regalo?

Allora la prima fata promise:

- Tutto il lino che toccherà sarà filato in una notte.

E la seconda fata disse:

- E tutto il lino che avrà filato diventerà telatessuta.

La terza fata aggiunse:

- Che in una sola notte possa sbiancare tutta la tela.

Giufà udì ogni parola. A seraquando la madre andòa dormire si avvicinò al lino e si accorse che appena lo toccava era giàfilato.

Poi fece l'atto di tessere e vide che la tela usciva giàtessuta dal telaio. Infine sbiancò tutte le pezze senza nessuna fatica.

Il mattino dopo mostrò alla madre le belle pezze di tela chelei andò a vendere guadagnando Molto denaro.

Tutto andò avanti così per parecchie notti sino aquando Giufà non si stancò e partì in cerca di un altro lavoro.




Giufà e il fabbro.

Una volta un fabbro assunse Giufà e gli disse di tirare ilmantice.

Giufàperòtirò talmente forte che spense ilfuoco. Allora il fabbro gli ordinò:

- Lascia il mantice e batti il ferro sull'incudine.

Giufà batté il ferro con una tal energia che questo sispezzò in mille schegge. Il fabbro si arrabbiò moltissimo ma non potélicenziare Giufà perché si era fatto assumere per un anno intero.

Così il fabbro fece una proposta a un pover'uomo:

- Se direte a Giufà che siete la Morte venuta a prenderlo vifarò un bel regalo.

Un giorno l'uomo incontrò Giufà e gli disse:

- Sono la Morte. Sono venuta a portarti via!

Giufà lo interruppe dicendo:

- Ahsiete la Morte!?

Poi afferrò l'uomolo infilò dentro un sacco e lotrascinò fino alla fucina. Mise il sacco sull'incudine e mentre stava per batterlo conil maglio chiese:

- Allora quanti anni ho ancora da vivere?

- Vent'anni gridò l'uomo da dentro il sacco.

- Non mi bastano.

- Trentaquarantaquanti ne vuoi tu!

Ma Giufà continuò a battere sino a quando il poverettonon morì.


Giufà e il prete.

La madrenon volendo più vedere Giufà lo mandòa servire da un prete.

Il prete gli chiese:

- Quanto vuoi come salario?

- Voglio soltanto un uovo al giorno e pane sufficiente per il companatico. Solo questoma alla condizione che non mi licenzierete prima che la civetta canti nell'edera.

Il prete pensò soddisfatto: "Non è facile trovare un altro servitore a cosìbuon mercato!" La mattina dopo gli diede un uovo e una pagnotta. Giufàcominciò a mangiare l'uovo con la punta di uno spillo. Ogni volta che leccava lo spillostaccava un enorme boccone di pane.

- Ehi! gridò a un certo punto. - Portatemi dell'altro panequesto non basta!

Il prete fece portare una cesta piena di pani. E così ognimattina.

"Povero me" pensò il prete "costui mi ridurràpresto in miseria!" Si era ancora in pieno inverno e bisognava attendere parecchi mesi prima che la civetta cantasse. Allora il prete disperato disse a sua madre:

- Madrequesta sera dovrete nascondervi tra l'edera e imitare ilverso della civetta.

La sera stessa la vecchia si nascose tra l'edera e cominciò afare:

- Miumiu.

Allora il prete disse a Giufà:

- Sentila civetta canta tra l'edera: ora tu sei licenziato!

Giufà fece fagotto per tornare dalla madre. Quando passòdavanti all'edera ebbe uno scatto d'ira e si mise a scagliarle contro delle grosse pietre. Nascosta tra il fogliame c'era ancora la madre del prete che continuava a fare - Miumiu. Così Giufàammazzò la vecchia gridando:

- Civetta della mala stagionesoffri dolori e pene!




Giufà e i maiali.

Quando Giufà tornò dalla madrela poveretta gridò:

- Giufà non ti voglio più vedere! Domani ti cercheròun altro lavoro!

La mattina seguente la madre andò da un proprietario terrieroe fece assumere Giufà come guardiano di maiali. L'uomo mandòGiufà in un bosco molto lontano e gli ordinò di accudire i maiali e diriportarli indietro soltanto quando questi sarebbero stati ben pasciuti. Giufà rimase per quattro mesi nel boscoe quando i maiali furono assai grassi e pronti per esser trasformati in leccornietornò acasa.

Sulla strada del ritorno incontrò un macellaio al qualechiese:

- Volete comprare questi bei maiali? Ve li darò a metàprezzo se mi consegnerete le orecchie e le code!

Il macellaio acquistò l'intera mandria. Sborsò un saccodi denaro ecome d'accordodiede a Giufà anche le orecchie e le code.

Giufà andò allora nei pressi di una paludeprese dueorecchie e le fissò nel fangopoi a due palmi di distanza mise una coda.Continuò cosi finché non ebbe esaurito orecchie e code.

Poi corse dal proprietario terriero gridando disperato:

- Ah padroneche disgrazia mi è capitata. Avevo allevato contanta cura i vostri maialierano cosi grassi e belli! Eravamo giàsulla via del ritorno quando sono caduti dentro a una palude: dalla fanghiglia ora sporgono soltanto le orecchie e le code!

Il padrone e la sua gente si recarono in gran fretta alla palude per tentare di salvare i maiali. Nel cercare di tirarli fuori li afferravano per un orecchio o una codama dopo ogni tentativo gli restava in mano soltanto un moncherino.

- Vedete padrone gridò Giufà - come erano belli ivostri maiali.

Avevano tanto grassoe tutto è andato perduto nella palude!

Così il proprietario tornò a casa senza maialimentreGiufà portò il denaro a sua madre e per un po' di tempo rimase con lei.




Giufà e il vescovo.

Una volta il vescovo promise un compenso di quattrocento once all'orefice che avesse cesellato il più bel crocefisso. Ma ilvescovo aggiunse che colui che ne avesse presentato unoa suo giudiziobrutto sarebbe stato decapitato. Un orefice gli portò un bel crocefisso: il vescovo disse che non gli piaceva e fece tagliare la testa all'artigianotenendosi il crocefisso. Il giorno seguente un altro orefice ne mostrò uno ancora più belloma alpoveretto toccò la stessa sorte di chi lo aveva preceduto. La vicenda si ripetée altri orefici furono decapitati. Quando Giufà conobbe questasituazioneandò da un orefice e gli disse:

- Maestromi dovete fare un crocefisso molto bellocosìbello da non averne di eguale. Ma badate benedeve avere un ventre sproporzionatamente gonfio.

Quando il crocefisso fu terminato Giufà lo prese e lo portòal vescovo che appena lo vide esclamò:

- Come ti viene in mente di portarmi un simile mostro! Te la farò pagare cara1

- Eccellenza disse Giufà - ascoltate cosa mi èsuccesso. Prima di venire quiquesto crocefisso era di una bellezza rara. Mi trovavoper strada quando gli si è gonfiato lo stomaco per lo sdegno.Mentre mi avvicinavo a casa vostra lo stomaco continuava a gonfiarsi semprepiùe il suo gonfiore è andato sproporzionatamente aumentando nelsalire le scale. Vedeteil Signore è in collera con voi per tutto ilsangue innocente che è stato versato. Se non mi date subitoquattrocento once e non pagate un'indennità alle vedove degli oreficilacollera di Dio ricadrà su di voi!

Il vescovoterrorizzatodiede a Giufà le quattrocento once elo incaricò di chiamare le vedove per dar loro una pensione.Giufàparlando alle vedovedisse:

- Quanto mi date se vi faccio avere una pensione dal vescovo?

Fu così che ogni vedova gli diede una forte somma e Giufàportò a sua madre un sacco di denaro.




Giufà e il ladro.

Una volta un ladro era andato a rubare in casa di Giufà. Dopoaver caricato la refurtiva sulle spalleuscì. Giufàche loaveva vistolo seguì portando con sé le masserizie lasciate dalmalandrino.

Camminando per la viail ladro si accorse di essere seguito e sigirò a chiedere:

- Ehitu! Cosa vuoi?

Giufà rispose:

- Mi trasferisco a casa tua! Tu hai preso una parte dei miei mobili e io porto il rimanente. Domani mattinase Dio vuolele donne e i bambini ci raggiungeranno. Sono così contenti di lasciare unacasa vuota come la nostra!

Quando il ladro udì queste parole si preoccupò a talpunto che disse:

- Prendi pure la tua robama liberami dai tuoi guai!



Giufàil mercante e l'oste.

Un giorno un mercante si era fermato a mangiare in un'osteria. Aveva ordinato una gallina e due uova.

Alla fine del pranzo si accordò con l'oste dicendogli cheavrebbe pagato il conto ritornando dal suo viaggio.

Tre mesi dopo il mercante tornò all'osteria e ordinònuovamente una gallina e due uova. Poi chiese il conto all'oste che disse:

- Noi abbiamo un lungo conto in sospesoma io mi accontenteròdi soli cento dirham! (1) Il mercante sorpreso esclamò:

- Cosa volete dire! Due galline e quattro uova non possono certo costare cento dirham?!

L'oste rispose:

- Se la gallina che avete mangiato tre mesi fa avesse fatto ognigiorno le uova e poi le avesse covate sarebbero nate tante altre gallinefacendomi guadagnare cento dirham!

I due cominciarono a litigaree la loro diatriba finì intribunale.

Il giudiceche si era accordato con l'ostechiese al mercante:

- Voi avevate pattuito il prezzo del pranzo tre mesi fa?

- No! rispose il mercante.

Allora il giudice gli domandò:

- In questo periodo di tempo è possibile che una gallinacovando due uova riesca a produrne altre cento e poi da queste nascanoaltrettante galline?

- Sìè possibile rispose il mercante - ma la gallinadeve essere vivamentre quella era sgozzata e cotta. Anche le uova erano bollite!

Il giudice condannò ugualmente il mercante a pagare centodirham.

Allora questi chiese se era possibile rimandare l'esecuzione della sentenza al giorno successivo perché voleva portare una provaa suo favore. Il giudice e l'oste acconsentirono. Il mercante si precipitòa raccontare il fatto a Giufà e gli chiese di prendere le suedifese.

Il mattino seguente il mercante si recò dal giudice e disse:

- Giufà porterà la prova!

Passò molto tempo e quandodopo una lunga attesafinalmentearrivò Giufàil giudice si mise a urlare:

- Perché sei arrivato così tardifacendoci aspettaretutto questo tempo?

Giufà con calma gli rispose:

- La pregomio signorenon s'infuri. Stavo venendo qui quando è arrivata a casa mia una persona con cui divido la proprietà diun terreno da semina. Ho dovuto cuocere due sacchi di grano per il mio socioin quanto doveva seminare. E' per questo che sono arrivato in ritardo!

Il giudice beffandosi di lui disse:

- Che strano metodo di coltivazione! Chi ha mai sentito che bisogna bollire il grano prima di seminarlo!

E Giufà ribatté pronto:

- E chi ha mai sentito che le uova cotte e le galline bollite si riproduconosi moltiplicanoe che per questa ragione èpossibile chiedere cento dirham a un mercante?!

Il giudice restò senza parole e il mercante se ne andòvittorioso.





Giufà e l'uomo-asino.

Un giorno Giufà comprò un asino al mercato e lo legòcon una corda.

Poi si avviò verso casa tirandosi dietro l'animale. Stradafacendo Giufà non si accorse che due ladri lo avevano seguito. A uncerto punto un lestofantedopo aver sciolto la corda dal collo dell'asinose l'era legata intorno al propriomentre il suo compare era fuggito con la bestia. Quando Giufà si voltò econ grandestuporevide che al posto dell'asino c'era un uomogli chiese:

- Dov'è l'asino?

L'uomo rispose:

- Sono io1

- Ma com'è possibile?! esclamò Giufà.

- E' possibile. Un giorno avevo disobbedito a mia madre e lei chieseal Signore di tramutarmi in asino. La mattina dopo quando mi svegliaiero ormai diventato un asino! Poi mia madre mi vendette al mercatodove mi comprò quell'uomo che oggi mi ha venduto a te! Oragraziea Diomia madre mi ha perdonato e così sono tornato a essere unuomo!

A queste parole Giufà disse:

- Soltanto Dio è forte e possente! Tu sei un uomocome potraiessermi utile? Va'va' per la tua strada!

E mentre slegava la corda aggiunse:

- Guai a te se farai arrabbiare un'altra volta tua madre! E che Diomi ricompensi con il suo bene!

La settimana dopo Giufà tornò al mercato per comprareun asino e trovò lo stesso animale che aveva acquistato sette giorni addietro. Si accostò e gli sussurrò all'orecchio:

- Ahmonellaccio. Hai nuovamente disobbedito a tua madre! Non tiavevo raccomandato di non farla arrabbiare? Ti meriti proprio di essere quello che sei!






L'ospite di Giufà.

Giufà aveva comprato due galline per offrirle a un ospite cheera andato a fargli visita. Diede le galline alla moglie per cucinarle: mentre le preparava lei ne assaggiò un poco. Quando all'ora dipranzo Giufà le chiese di servirlela moglie disse:

- Volete forse mangiare senza pane?

Appena Giufà uscì a comprare il panela donna entrònella stanza dove l'ospite aspettava e gli domandò:

- Sapete per quale ragione mio marito vi ha invitato qui?

- No1

- Dovete sapere che Giufà è pazzo. Quando simanifestano i primi segni della sua follia si batte il petto e agita le mani. Per curare questo maleil dottore gli ha prescritto di mangiare un orecchio umano.

Perciò Giufà vi ha fatto venire qui: per tagliarvil'orecchio e mangiarselo!

Al ritorno Giufà ordinò alla moglie:

- Servici!

La moglie ribatté:

- A dire il veroappena sei uscito il tuo ospite si è alzatoha preso le galline e le ha avvolte in un fazzoletto!

Nel sentir queste parole Giufà si batté il pettoproprio come la donna aveva appena finito di spiegare. Allora l'ospite temendo per il proprio orecchiofuggì terrorizzato. Quando la moglie mostròl'ospite in fugaGiufà si mise a rincorrerlo gridando:

- Tientene unama dammi l'altra!

Si riferiva alle gallinema l'altro correndo a perdifiato gli urlava di rimandoalludendo alle orecchie:

- Se riesci ad acchiapparmile puoi prendere tutte e due!

Nel frattempo la moglie di Giufà si gustava le galline insiemeal suo amante.





Il giudizio dell'asino.

Un giorno un vicino di casa andò a chiedere a Giufà diprestargli il suo asino. Giufà si dimostrò esitante nel prendere unadecisione. Poi entrò in casa e quando ne uscì spiegò al vicino:

- Sono spiacente amico mioho riferito la tua richiesta all'asino ma si rifiuta di venire con te perché dice: "Servo la genteporto i loro pesi e in cambio non ricevo che botte e imprecazioni!" Il vicino nel sentire le parole di Giufàchiese stupito:

- Da quando in qua gli asini parlano ed esprimono la loro opinione!?

E Giufà ribatté pronto:

- Il mio asino non vede e non sentema quanti asini parlano ed esprimono idee e giudizi!






Gli asini di Giufà.

Giufà aveva comprato dieci asini. Montò sopra a uno esi avviò verso casa trotterellando in coda al branco.

Dopo un po' di tempo decise di contarli ma essendosi dimenticatodella bestia su cui montavagli risultarono solo nove asini. Scese dall'asino preoccupato e ricominciò la conta: erano dieci.Risalì sull'asinotornò a contarli: nove.

Dopo aver ripetuto più volte questa operazionesi disse:

- E' meglio andare a piedi e guadagnare un asinopiuttosto che perderne uno per stare seduto!

E così si incamminò dietro ai suoi asiniarrivando inpaese stanco morto.





Giufà e la luna.

Una volta Giufà si trovò a passare nei pressi di unpozzo e vide la luna riflessa nell'acqua. Gli parve che la poveretta fosse caduta nel pozzo. Riflettendo sul da farsi si disse:

- Devo scendere a salvarla!

Allora andò a cercare un ganciolo fissò all'estremitàdi una cordalo gettò nel pozzo e legò l'altro capo della corda auna grossa pietra. E si mise a tirare con tutte le forze sino a quando la corda non si spezzò e lui rovinò a gambe all'aria. Da quellaposizione vide la luna in cielo ed esclamò:

- Mi sarò fatto malema in compenso ho salvato la luna dall'annegamento!







Giufà e il padre.

Un giorno il padre di Giufà gli chiese di andare a comprareuna testina di agnello cotta allo spiedo. Giufà eseguì lacommissionema invece di far ritorno a casa si sedette per strada e mangiòprima un orecchiopoi un occhio e infine il cervello. Quanto era avanzato della testa lo portò al padreche gli domandò:

- Che vergogna è mai questa?

- E' la testa che mi avevi chiesto1

- E dov'è l'occhio?

- Era cieco.

- E l'orecchio?

- Era sordo.

- E la lingua dov'è?

- Era muto.

- E il cervello?

- Non ne aveva.

- Va' a restituire questa testa a chi te l'ha venduta e prendine un'altra1

- Ma quando il pizzicagnolo me l'ha venduta era senza difetti!





Giufà e il falco.

Un giorno Giufà si trovò a passare accanto ad alcuniragazzi che giocavano con un falco morto. Comprò la bestia per un dirham ese la portò a casa. Quando la madre lo videgli domandò:

- Oh che tu possa viverema cosa te ne farai di questa bestia morta?

Giufà rispose:

- Tacise fosse stata viva non avrei potuto comprarla nemmeno per cento dirham!





La camicia di Giufà.

Una volta un uomo disse a Giufà:

- Ho sentito un urlo provenire da casa vostra.

Giufà rispose:

- La mia camicia è caduta dall'alto.

- E' caduta dall'alto? E allora...?

- Stupido che non sei altronella camicia c'ero io!





Giufà al bagno pubblico.

In una giornata freddamentre Giufà usciva dal bagnopubblicofu investito da una folata di vento. Si toccò i testicoli e siaccorse che uno era scomparsorattrappito dal gelo. Tornò al bagno esi mise a perquisire la gente chestupitagli chiese:

- Ma che cosa ti prende?

Giufà rispose:

- Mi hanno rubato un testicolo!

Nel frattempo il testicoloriscaldandosiera tornato nella sua posizione abituale. Quando Giufà lo ritrovòsi prostròa terra per ringraziare Dioesclamando:

- Tutto ciò che la mano non può portare via non va maiperduto!





Giufà e l'avaro.

Una volta Giufà chiese a un avaro:

- Perché non mi inviti mai alla tua tavola?

- Perché sei lesto a ingoiare e rapido a masticare: non appenahai finito di mandare giù un bocconesei già pronto peringhiottirne un altro1

- Bene amico mioper farmi invitare a casa tua devo prometterti di prostrarmi a pregare due volte tra un boccone e l'altro?






Giufà da giovane.

Da giovane Giufà faceva sempre il contrario di quello che glichiedeva il padre. Il povero genitore era a conoscenza di ciòma peruna volta desiderò di ottenere una cosa fatta nel verso giusto. Cosìvolle provare a chiedere a Giufà di fare l'esatto opposto di quantoegli pensava.

Un giorno i due stavano tornando dal mulino con l'asino carico di sacchi di farinaquando si trovarono a dover attraversare un fiume.

L'animale era troppo carico e non riusciva a salire sul ponte. Allora il padre stabilì che sarebbe salito lui sul pontementre ilfiglio avrebbe guadato il fiume tirandosi dietro l'asino. Giufà era ametà del guado quando il padre si accorse che i sacchi erano sbilanciatida una parte e gli gridò:

- Non aggiustare i sacchi poiché non pendononon cadrannonell'acqua!

Giufà allora si rivolse al padre dicendo:

- Papàho sempre fatto il contrario di ciò che michiedevima questa volta farò come vuoi tu!

E così lasciò cadere i sacchi nel fiume.





Le due mogli di Giufà.

Giufà aveva due mogli. Un giornoche erano andate a farglivisitala più giovane gli chiese:

- Ami più me o lei?

E subito dopo la più anziana gli fece la medesima domanda.Erano due donne devotee Giufà si trovava in un tale imbarazzo che allafine decise di rispondere ambiguamente:

- Vi amo tutt'e due allo stesso modo!

Ma le donne non sembravano persuase della rispostae la piùgiovane lo incalzò con un'altra domanda:

- Se ci trovassimo in mezzo a un lago e fossimo sul punto diannegarechi salveresti per prima: me o lei?

Giufà esitò un poco. Poiassumendo un atteggiamentoserio e imparzialesi rivolse alla più anziana dicendo:

- Credo che tu sappia nuotarenon è verocara?






La moglie di Giufà.

Durante la notte la moglie di Giufà approfittava del sonno delmarito per andare a trovare il suo amante. I vicini di casa avvertironoGiufà della trescae così una sera lui restò sveglio adattendere che la moglie uscisse. Appena la donna si allontanòlui chiuse laporta e si sedette ad aspettarla. Al ritorno la moglie trovò la portachiusa e il marito che l'insultava. Allora cominciò a supplicarlo diapriresino a quandodisperatalo minacciò:

- Se non aprimi getto nel pozzo!

Dopo aver pronunciato queste paroleprese una grossa pietra e la gettò nell'acqua. Giufà la chiamòpoi uscìa vedere cosa fosse successo. La cercò ma non riuscì a trovarla. Nelfrattempo la moglie era rientrata in casa e aveva sbarrato la porta. Ora era Giufàche cercava di riconciliarsima la moglie urlava:

- Ogni notte mi lasci sola e vai con le altre donne! Voglio che i vicini sappiano come mi tratti!







Giufà e i tre monaci.

Un giorno tre monaci partirono in cerca degli uomini piùsapienti del Paese. Arrivati al villaggio di Giufà chiesero:

- C'è un sapiente in questo villaggio?

La gente rispose affermativamente. Poi andò a chiamare Giufà.

Poco doposul dorso del suo asino giunse Giufàa cui unmonaco pose un quesito:

- Dov'è il centro della terra?

Giufà rispose:

- Esattamente dove il mio asino posa il piede destro. Se non micredimisura la terra!

L'interlocutore stralunò. Allora il secondo monaco chiese aGiufà:

- Quante sono le stelle?

- Tante quanti sono i peli del mio asino. Se non ci credi puoicontare sia le stelle che i peli1

- Ma si contano i peli dell'asino? esclamò stupefatto ilmonaco.

- E si contano le stelle in cielo? ribatté Giufà.

Il terzo monaco domandò:

- Quanti sono i peli della mia barba?

- Tanti quanti ne ha il mio asino sulla coda. Se non ci credi strappai peli della tua barba e poi quelli dell'asino: dividili in due mucchietti e contali! Vedremo chi di noi ha ragione!

I tre monaci ripartirono affascinati dalla sagacia di Giufà e soddisfatti delle sue risposte acute.







La pentola è morta.

Una volta Giufà chiese in prestito una pentola larga al suovicino di casa. Dopo averla usata per cucinarevi mise dentro una pentola stretta e la restituì al legittimo proprietarioche glichiese:

- Come mai questa pentola strettaGiufà?

- E' la figlia della pentola largal'ha partorita a casa mia!

In un'altra occasione chiese nuovamente in prestito la pentolamanon la restituì. Allora il vicino gli domandò:

- Dov'è la pentola?

- È morta mentre partoriva1

- Ma le pentole muoiono?

Ribatté Giufà:

- Perchéforse le pentole partoriscono? Chi accetta ilguadagno deve sopportare anche la perditaamico mio!






Il chiodo di Giufà.

Una volta Giufàpur avendo messo in vendita la sua casanonvoleva cedere un chiodo piantato nel muro. Contrattava la casa a condizione di poter visitare il suo amato chiodo in qualsiasi momento della giornata. Un acquirente accettò questa condizione e compròla casa.

La mattina dopo Giufà andò a trovare il chiodo e ilnuovo proprietario lo invitò a fermarsi a colazione. Lo stesso giornoall'ora dipranzoGiufà si presentò nuovamente per ammirare il suochiodo. Il proprietario lo invitò a pranzo. La seraall'ora di cenaGiufà tornò a guardare il suo chiodo e il padrone gli offrì le suepietanze.

Nei momenti di riposoo durante le ore del sonnosempre all'improvviso Giufà arrivava per controllare il suo chiodo.Le visite continuarono ininterrotte fino al punto che l'acquirente non riuscì più a sopportarle. Tuttavia questi non poteva vietare a Giufàdi recarsi a visitare il suo chiodo per via di quella clausola accettata al momento dell'acquisto. Alla finepoiché non riuscìa frenare l'invadenza di Giufàdecise di cedergli tutto. Se ne andòsenza nemmeno chiedergli la restituzione di una parte della somma che aveva pagato.




Giufà il giusto.

Una volta un povero si trovò a passare davanti alla porta diun rosticciere che stava cucinando della carne molto aromatica. Ilpovero era molto affamato: comprò una pagnotta e per gustarla conl'odore dell'arrostoandò a sedersi accanto alla rosticceria.

Il rosticciere si accorse di ciò e uscì dal negozio perchiedere all'uomo il pagamento dell'odore dell'arrosto. Il povero non volle pagare. Il rosticciere allora lo afferrò per la collottola elo condusse dal giudice Giufàa cui disse:

- Signor giudicequest'uomo ha mangiato una pagnotta con l'odore del mio arrosto. Quando gli ho chiesto di pagarmisi è rifiutatodi saldare il debito!

Giufàdopo aver riflettuto un po'domandò:

- Quante piastre (1) vuoi per l'odore dell'arrosto?

Il rosticciere rispose:

- Cinque piastre!

Giufà tirò fuori una moneta d'argento da cinquepiastrela fece tintinnare sulla lastra di marmo e poi chiese al rosticciere:

- Hai sentito il tintinnio del denaro?

Il rosticciere rispose:

- Sìsignor giudice!

Giufà il giusto allora disse:

- Beneprendilo! Questo è il prezzo per l'odore del tuoarrosto!





Il cane affamato.

Giufà era in viaggio quando gli venne voglia di riposarsi e siandò a sedere sotto un albero. Nel volgere lo sguardo verso il troncovide un vecchio che piangeva disperato: disteso per terra davanti a lui c'era un cane.

Giufà provò compassione per l'uomo eavvicinandoglisiper conoscere la sua vicendapensò che come al solito avrebbe potuto farequalcosa di utile.

Giufà esitò nel domandargli a che cosa fosse dovuta lasua mestizia.

Poi l'uomocon voce tremula e soffocata dai singhiozzigli rispose:

- Il mio caneoh il mio cane! Il solo amico fedele tra i perfidi:non posso vederlo in questa spaventosa condizione1

- Ma buon uomocos'ha il vostro cane?

- Il poverino sta per esalare il suo ultimo respiro. Morirà inpreda ai morsi della fame!

Giufà si rammaricò che non avanzasse nulla delle sueprovviste per il viaggio. Non avendo alcunché da offrire al cane andò aconsolare l'uomo. Quando gli fu vicino notò la sua bisaccia gonfia e glichiese:

- Fratello mioche cosa c'è dentro questa bisaccia?

- Le provviste per il mio viaggio1

- Che ti venga un accidente! Tutte queste pagnotte per te e nemmenouna per salvare la vita al tuo fedele amico?

L'uomo spalancò gli occhi e disse:

- Hai ragione. Lui è di certo il più caro e fedeleamicoma lo stretto legame che ci unisce non va oltre la chiusura di quella bisaccia!






La visita.

Una personalità di alto rango si mostrava talmente magnanimacon Giufà che quando lo incontrava eccedeva in cortesie. Giufà decise ungiorno di fargli visita. Mentre stava andando a trovarlolo vide affacciato alla finestra. Quando l'uomo si accorse dell'arrivo di Giufàsi ritirò all'interno. Giufà bussò alla portapoi disse:

- Se il Maestro non è impegnatosono venuto a fargli visita!

Una voce gli rispose:

- Il Maestro è appena uscito! Quando saprà che in suaassenza siete venuto a onorarlo di una vostra visitase ne dispiaceràmolto!

Dopo aver ascoltato queste paroleGiufà disse ad alta voce:

- Molto bene. Però la prossima volta che esce ricordate alMaestro di non lasciare la testa alla finestraaltrimenti la gente crede chesia in casa e sospetta che si stia comportando male!





La scala.

Una volta Giufà si caricò una scala sulle spalla perpoter superare il muro di un giardino. Dopo aver scavalcato il muroportò lascala in giardino per poter rubare la frutta. Ma proprio in quell'istantearrivò il giardiniere chevedendolo con la scala sullespallegli chiese:

- Che cosa stai facendo?

Giufà rispose:

- Voglio vendere la scala! La vendo all'astasi parte da quaranta piastreti interessa? E' di tuo gusto? La vendo per pochi soldi!

E iniziò a lodare la propria scala come un banditore almercato. Il giardiniere gli disse:

- Fratello mioma si vendono le scale in un giardino?

Giufà rispose:

- Idiotauna scala si può vendere dovunque!






I topi mangiano il ferro.

Un volta Giufà doveva partire per un lungo viaggio. Poichépossedeva molto ferrodecise di lasciarlo al sicuro da un suo vicino.

Ritornando andò a chiedere il ferro alla persona che l'avevain custodia che gli disse:

- Mi spiace molto amico mioma la mia casa è invasa dai topi:figurati che hanno mangiato tutto il tuo ferro!

Giufà chiese stupito:

- Che tu abbia timor di Diovecchio mioma i topi mangiano ilferro?

Il vicino rispose:

- Sì! E' proprio quello che è accaduto! Se non mi crediseguimi in magazzino: vedrai con i tuoi occhi che i topi hanno mangiato tutto il ferro!

Giufà rifletté a lungo e poi disse con tono scherzoso:

- Tuin ogni casosei sincero. Poiché ciò èaccaduto a casa tua chi può negare che i topi mangiano il ferro così comemangiano il lardolo zucchero e il pane? Un castigo di Dio!

Dopo alcuni giorni Giufà si mise ad aspettare un figlio delvicino.

Incontrandololo condusse a casa sua dove lo nascose. Il mercante si preoccupò per l'assenza del figlio epoiché non riuscìa rintracciarloperse la ragione. Il giorno dopo Giufà sipresentò a casa del vicino e gli disse:

- Mi spiace molto che tuo figlio si sia perdutoma ciò che mi rattrista maggiormente è il fatto che non tornerà!

Il mercante si mise a urlare:

- Come fai a saperlodimmi!

Giufà replicò:

- Ho visto un uccello che lo ghermiva e poi volava via!

Allora il mercante prendendo per la spalla Giufà disse:

- Un uccello che rapisce un bambino piccolo? Che tu abbia timor diDiovecchio mio. Racconta la storia in un altro modo!

Giufà sorridendo ribatté:

- Sei tu che devi avere timor di Dio e raccontarla in un altro modovecchio mio!

Il vicino esclamò:

- Perchéche cosa ho detto?

- Hai detto che i topi mangiano il ferro!

Il vicino allora capì che Giufà aveva nascosto ilbambinocosì come lui aveva celato il ferro. Lo condusse in un grande magazzino sotterraneo e gli disse:

- Oh tu"uccello" astutoprendi il tuo ferro e ridammimio figlio!



Un parto veloce.

Giufà era sposato da appena tre mesi quando la mogliechiedendo di

venir accompagnata da un'ostreticagli annunciò che era inprocinto di partorire.

Giufà le disse:

- E' normale che le donne facciano un figlio in nove mesi. Chissà questo cosa sarà mai?

La moglie furibonda rispose:

- Certo che è curioso! Oh uomoda quanto ci siamo sposati?Non sono forse passati tre mesi?

- Sì.

- E tuda quanto tempo sei sposato con me? Da tre mesino? E così diventano sei... Non è così?

- Sì.

- E da quanto tempo il figlio è nel mio ventre? Non sono forsetre mesi? Ed ecco che con questi si completano i nove mesi!

Giufà rifletté a lungo e poi disse:

- Hai ragionenon avevo fatto un conto così preciso. Scusamise ho sbagliato!




Giufà vende.

Una volta Giufà si mise a vendere uova. Comprava nove uova perun dirham e ne vendeva dieci per la stessa somma. Allora alcuni gli chiesero:

- Perché perderciGiufà?

- A me basta che la gente dica che sono un mercante e che gli amicimi vedano vendere e comprare!