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FrancescoGuicciardini

STORIAD'ITALIA

Volumeundicesimo





Cap.i

Vanetrattativea Romafra il pontefice e il duca di Ferrara. Il ducacon l'aiuto dei Colonna abbandona Roma. Milizie fiorentine svaligiateda soldati veneziani. Scacco dei francesi alla villa di Paterna.Difficili condizioni del regno di Francia assalito dagli inglesi.

Rimanevaal ponteficepoi che nelle maggiori sue avversità e pericoliebbecon successo non speratoottenuta la vittoria degli inimici ericuperato e ampliato il dominio della Chiesal'antica cupiditàdella città di Ferrarala quale era stata la prima materia ditanto incendio: contro alla quale benché ardentementedesiderasse di volgere l'arminondimenoo parendogli piúfacile la via della concordia che della guerra o sperando piúnelle arti occulte che nell'opere aperteprestò l'orecchieprima al marchese di Mantuache lo supplicava a concedere ad Alfonsoda Esti che andasse a dimandargli venia a Roma per riceverlo conqualche onesta condizione nella sua graziadipoi all'oratore del red'Aragonache pregava per lui come per parente del suo re (eraAlfonso nato di una figliuola di Ferdinando vecchio re di Napoli)eperché alle cose del re era piú a propositol'obligarselo con tanto beneficio che permettere che alla grandezzadella Chiesa si aggiugnesse anche quello stato. Affaticavansimedesimamente i Colonnesidivenuti amicissimi di Alfonsoperchéavendo il re di Francia dopo la giornata di Ravenna dimandatogliFabrizio Colonna suo prigioneavevaprima negando dipoiinterponendo varie scusedifferito tanto a concederloche per lamutazione succeduta delle coseera stato in potestà suarendergli gratissimamente e senza alcuno peso la libertà. Andòadunque Alfonso a Romaottenuto salvocondotto dal ponteficee permaggiore sicurtà la fede dataglicol consentimento delponteficein nome del re d'Aragona dal suo oratored'andare eritornare sicuramente: dove poi che fu pervenutoavendo il ponteficesospese le censureammesso nel concistoriodimandò umilmenteperdonanza; supplicando con la medesima sommissione di esserereintegrato nella sua grazia e della sedia apostolicae offerendovolere continuamente fare tutte quelle opere che appartenevano afedelissimo feudatario e vassallo della Chiesa. Udillo assaibenignamente il ponteficee deputò sei cardinali a trattareseco le condizioni della concordia: i qualipoi che piú dífu disputatogli aperseno che non intendeva il papa in modo alcunoprivare la Chiesa della città di Ferrara poi chelegittimamente gli era ricadutama che in ricompenso gli darebbe lacittà d'Astila qualericevuta per la partita de' franzesiin potestà della legail ponteficepretendendo appartenersialla Chiesa tutto il di qua da Poaveva mandato benché invanoil vescovo agrigentino a prenderne il possesso. La qual cosa negandoAlfonso costantementecominciòper questa dimanda tantodiversa dalle speranze dategliné meno per quel che di nuovoera succeduto a Reggioa temere che il pontefice non lointrattenesse artificiosamente in Roma per assaltare nel tempomedesimo Ferrara.

Avevail pontefice invitati i reggianii quali in tanta confusione dellecose non mediocremente temevanoche seguitando l'esempio de'parmigiani e de' piacentini si dessino alla Chiesae ordinato cheperché fussino piú efficaci i conforti suoiil ducad'Urbino con le genti venisse nel modonese. Tentava il medesimo perCesare Vitfrustandato personalmente in Reggio; e il cardinale daEstiil quale assente il fratello aveva la cura del suo statoconoscendo non potere conservare quella cittàe giudicandoessere meno pernicioso allo stato loro che venisse in potestàdi Cesareil quale non pretendeva a Ferrara e nelle cui cose sipoteva sperare maggiore varietàconfortava i reggiani ariconoscere piú presto il nome dello imperio: ma essirispondendo volere seguitare l'esempio del duca che era andato alpontefice non a Cesareintrodussono nella terra le genti dellaChiesa; le quali con arte occuporno ancora la cittadellacon tuttoche Vitfrust vi avesse già messi alcuni de' suoi fanti.Arrendessi similmente al duca d'Urbino la Carfagnana: il quale dipoiritornato a Bolognalicenziò tutti i fanti; perchéessendo stato molestissimo a' collegati che il pontefice avesseoccupata Parma e Piacenzafece il cardinale sedunense intendere alduca non essere necessario chepoi che era ottenuta la vittoriacontro a' comuni inimicipassasse piú innanzi. Ma dalladurezza del pontefice e dall'occupazione di Reggio insospettito nonmediocremente dimandò al papa per mezzo dell'oratore spagnuoloe di Fabrizio Colonnail quale era stato con lui in Romacontinuamentedi ritornarsene a Ferrara: alla quale dimanda eglimostrandosi renitentee affermando non nuocere il salvocondottoconcedutoper la differenza che aveva con la Chiesaa' creditoriparticolaride' quali molti lo ricercavano che amministrasse lorogiustiziarisposono apertamentel'oratore e Fabrizioche non sipersuadesse che al duca e a loro avesse a essere violata la fede; ela mattina seguenteper prevenire se il papa volesse fare nuoveprovisioniFabrizio montato a cavallo andò verso il portonedi San Giovanni in Lateranoseguitandolo non molto da lontano ilduca e Marcantonio Colonna. Trovò il portone guardato da moltipiú che non era consuetoi quali contradicendogli che nonpassasseegli piú potente di loroaspettato il duca in sullaportalo condusse sicuro a Marino; ricompensatocome comunemente sicredevail beneficio della libertà ricevuta da lui: perchéniuno dubitò che il ponteficese non fusse stato impedito da'Colonnesil'arebbe incarcerato. Dondeessendogli impedito ilcammino per terraritornò non molto poi per mare a Ferrara.

Avevaanchementre che queste cose si facevanoprocurato con Sedunense ilponteficeacceso come prima dall'odio contro alla libertà de'fiorentiniche le genti che aveano concedute al re di Franciafussino svaligiate; delle quali quelle che sotto Luca Savello eranocon l'esercitoin numero di cento vent'uomini d'arme e sessantacavalli leggieri (perché Francesco Torello con l'altre erarimasto alla custodia di Brescia)avevanoinnanzi che i franzesipassassino il fiume del Poottenuto il salvocondotto da Sedunense ela fede da Giampaolo Baglione e quasi tutti i condottieri vinizianidi potere ritornarsene in Toscana: ma essendosecondo la normaricevuta da essialloggiati a [Cremona]i soldati viniziani conconsentimento di Sedunense gli svaligiorno; il qualesecondo chealcuni affermanovi mandòperché piúsicuramente potessino farlodumila fanti: atteso che insieme conessi alloggiavano le compagnie de' Triulzi e del grande scudierelequali per essere quasi tutte di soldati italiani aveanomedesimoottenuto salvocondotto di passare. Svaligiate che furnomandòsubito Sedunense a dimandare a Cristofano Moro e a Polo Cappelloproveditori del senato la preda fattacome appartenente a svizzeri;i quali non la concedendoe andando un dí poi nel campo de'svizzeri per parlare a Sedunensefurno quasi come prigioni menati aIacopo Stafflier loro capitanoe da lui condotti al cardinale furnocostretti promettere in ricompenso della preda seimila ducatinonparendo conveniente che d'altri fusse il premio della sua perfidia:con la quale cercò anche che Niccolò Capponi oratorefiorentinoil quale ritiratosi a Casal Cervagio avea ottenutosalvocondotto da luigli fusse dato prigione dal marchese diMonferrato.

Stimolavain questo mezzo il senatodesideroso di attendere alla recuperazionedi Brescia e di Cremache le sue genti ritornassino; le quali ilcardinale intratteneva sotto colore che andassino insieme co'svizzeri nel Piemonte contro al duca di Savoia e il marchese diSaluzzoche aveano seguitato le parti del re di Francia. Ma essendodipoi cessata questa cagioneper la moltiplicazione grande delnumero de' svizzeri e perché manifestamente si sapeva che isoldati franzesi passavano di là da' montinon consentiva nédinegava si partissino; il che si dubitava procedesse per instanzafatta da Cesareacciò che essi non recuperassino quelleterre. Finalmenteessendo i svizzeri in Alessandriai vinizianipartitisi dal Bosco allo improviso passorno senza ostacolo alcuno ilPo alla Cava nel Cremonese; dissimulandocome si credettearequisizione del ponteficeil cardinaleil quale è certo gliarebbe potuti impedire. Passato il Po si divisonoparte contro aBrescia parte contro a Crema custodite per il re di Francia; maavendo i franzesi che erano in Brescia assaltatigli alla villa diPaternaperduti piú di trecento uominifurno costretti aritirarsi dentro: e i svizzeri rimasti soli nel ducato di Milano enel Piemonte attendevano a taglieggiare tutto il paesesicuriinteramente de' franzesi. Perché se bene il re di Franciaperla affezione intensa che aveva alla ducea di Milanomalvolentieri sidisponesse a lasciare del tutto le cose di Italia abbandonatenondimeno la necessità lo costrinse a prestare fede alconsiglio di coloro che lo confortorono chedifferito ad altro tempoquesto pensieroattendesse per quella state a difendere il regno diFrancia: conciossiaché il re d'Inghilterrasecondo leconvenzioni fatte col re cattolicoaveva mandato per mare seimilafanti inghilesi a Fonterabiaterra del regno di Spagna posta in sulmare Oceanoacciò che congiunti con le genti di quel reassaltassino il ducato di Ghiennae oltre a questo cominciava ainfestare con armata di mare le coste di Normandia e di Brettagna conspavento grande de' popoli; né di ritirare piú Cesareall'amicizia sua restava speranza alcunaperché per relazionedel vescovo di Marsiliastato a lui suo imbasciadoreintendevaavere l'animo alienissimo da lui; né per altro avergli datomolte speranze e trattate seco tante cose con somma simulazione cheper avere occasione di opprimerlo incautoo almeno percuoterlo conuno colpo quasi mortalecome nella revocazione de' fanti tedeschi sigloriava d'avere fatto.

Cap.ii

Aspirazionidiverse dei collegati; favori del pontefice agli svizzeri. Avversioneprocuratasi dai fiorentini con la neutralità. Loro incertezzae timori di fronte ai collegati. I francesi consegnano Legnago alcardinale Gurgenseed i veneziani occupano Bergamo. Accordi fra icollegati contro Firenze.

Assicurataadunque per questo anno Italia dall'armi del re di Franciadalle cuigenti ancora si guardavano Brescia Crema e Lignagoil Castelletto ela Lanterna di Genovail castello di Milano quello di Cremona ealcune altre fortezze di quello statoapparivano segni di diffidenzae disunione tra' collegatiessendo molto varie le volontà e ifini loro. Desideravano i viniziani ricuperare Brescia e Cremadebite per le capitolazionie per l'avere tanto sopportato de'pericoli e delle molestie della guerra; il che medesimamentedesiderava per loro il pontefice: Cesareda altra partedalla cuivolontà non poteva finalmente separarsi il re d'Aragonapensava d'attribuirle a sée oltre a questo a spogliare iviniziani di tutto quello che gli era stato aggiudicato per la legadi Cambrai. Trattavano Cesare e il medesimo rema con occulticonsigliche il ducato di Milano pervenisse in uno de' nipoticomuni. In contrarios'affaticavano scopertamente il pontefice e isvizzeri perché nel grado paterno fusse restituitocomesempre si era ragionato da principioMassimiliano figliuolo diLodovico Sforza; il quale dopo la ruina del padre era dimoratocontinuamente nella Germania: mosso il pontefice perché Italianon cadesse interamente in servitú tedesca e spagnuola[isvizzeri] perché per l'utilità propria desideravano chequello stato non fusse dominato da príncipi tanto potentimada chi non potesse reggersi senza gli aiuti loro: la qual cosadependendo quasi del tutto da' svizzeriin potestà de' qualiera quello statoe per il terrore delle loro armiil pontefice perconfermargli in questa volontàe per avere in tutte le coseparato questo freno col quale potesse moderare l'ambizione di Cesaree del re cattolicousava ogni industria e arte per farseglibenevoli. Perciòoltre all'esaltare publicamente il valoredella nazione elvezia insino alle stelle e magnificare l'opere fatteper la salute della sedia apostolicaaveva per onorargli donate lorole bandiere della Chiesa e intitolatoglicon nome molto gloriosoausiliatori e difensori della libertà ecclesiastica.Aggiugnevasi agli altri dispareri cheavendo il vicerérimesse in ordine le genti spagnuole che dopo la rotta si eranoinsieme con lui ritirate tutte nel reamee movendosi per passare conesse in Lombardianegavano il pontefice e i viniziani di riassumereil pagamento de' quarantamila ducati il mese intermesso dopo larottaallegando che per l'avere l'esercito franzese passato di làda' monti non erano piú sottoposti a quella obligazionelaquale terminavasecondo i capitoli della confederazioneogni voltache i franzesi fussino cacciati di Italia; e a questo si replicavain nome del re d'Aragonanon si potere dire cacciato il re di Italiamentre che erano in potestà sua BresciaCrema e tantefortezze. Querelavasi oltre a questo insieme con Cesare che ilponteficea sé proprio i premi della vittoria comuneattribuendo e quel che ad altri manifestamente apparteneva usurpandoavessecon ragioni o finte o consumate dalla vecchiezzaoccupateParma e Piacenzacittà possedute lunghissimo tempo da quegliche aveano dominato a Milano come feudatari dello imperio. Apparivasimilmente diversità d'animi nelle cose del duca di Ferraraardendo il pontefice della medesima cupiditàe da altra partedesiderando il re d'Aragona di salvarlosdegnato ancora che (come sicredeva) fusse stato tentato di ritenerlo in Roma contro alla fededata; onde il pontefice soprasedeva dal molestare Ferraraaspettandoper avventura che prima si componessino le cose maggiori: nelladeterminazione delle quali volendo [Cesare] interveniremandava inItalia il vescovo Gurgensedestinato a venirvi insino quando dopo lagiornata di Ravenna si trattava la pace tra 'l pontefice e il re diFranciaperché temeva non si facesse tra loro senza avere inconsiderazione gli interessi suoi; ma succeduta poi la mutazionedelle cose continuò nella deliberazione di mandarlo.

Venivanosimilmente in considerazione le cose de' fiorentinii quali pieni disospetto cominciavano a sentire i frutti della neutralitàusata improvidamentee a conoscere non essere sufficiente presidiol'abbondare la giustizia della causa dove era mancata la prudenza.Perché nella presente guerra non aveano offeso i collegatinéprestato al re di Francia aiuto alcuno se non quanto erano tenutialla difesa del ducato di Milano per la confederazione fattacomunemente col re cattolico e con lui; non aveano permesso fussinomolestati nel dominio loro i soldati spagnuoli fuggiti dellabattaglia di Ravenna (della qual cosa il re d'Aragona proprio avevarendute grazie all'imbasciadore fiorentino)anzi aveano interamenteadempiuto co' fatti le sue dimande: perchépoi che partíil concilio da Pisae i ministri suoi in Italia e il re medesimoaveva offerto allo imbasciadore di obligarsi a difendere la lororepublica contro a ciascunopure che si promettesse non difendereBologna non muovere l'armi contro alla Chiesa né dare favoreal conciliabolo pisano. Ma essiimpediti dalle discordie civili aeleggere la parte migliorené si accompagnorno col re diFranciaalle cose del quale arebbono giovato sommamentee laneutralitàdi giorno in giorno e con consigli ambigui einterrottiosservando ma non mai unitamente deliberando né divolerla osservare dichiarandooffesono non mediocremente l'animo delre di Francia il quale da principio si prometteva molto di lorol'odio del pontefice non mitigornoe al re d'Aragona lasciorno senzaaverne alcun ricompenso godere il frutto della loro neutralitàil quale per ottenere arebbe cupidamente convenuto con loro.

Dunqueil ponteficestimolato dall'odio contro al gonfalonieredaldesiderio antico di tutti i pontefici d'avere autorità inquella republicafaceva instanza perché si tentasse direstituire nella pristina grandezza la famiglia de' Medici: alla qualcosabenché con lo imbasciadore fiorentino usasse parolediverse da' fattiinclinava medesimamentema non già contanto ardoreil re d'Aragonaper sospetto che in qualunquemovimento non inclinassino per l'autorità del gonfaloniere alfavore del re di Francia; anzi si sospettava cheeziandio rimosso ilgonfalonierela republica governata liberamente avesseper ledependenze fresche e antichela medesima affezione. Ma e ladeliberazione di questa cosa si riservavainsieme coll'altreallavenuta di Gurgensecon cui era deliberato convenissino in Mantova ilviceré e i ministri degli altri collegati. Il quale mentrevenivamandò il pontefice a Firenze Lorenzo Pucci fiorentinosuo datario (quel che poi eletto al cardinalato si chiamò ilcardinale di Santi Quattro) a ricercareinsieme con l'oratore che viteneva il viceréche si aderissino alla legacontribuendoalle spese contro a franzesi: questo era il colore della sua venutama veramente lo mandava per esplorare gli animi de' cittadini. Soprala quale dimanda trattata molti dí non si faceva alcunaconclusioneofferendo i fiorentini di pagare a' confederati certaquantità di danari ma rispondendo dubiamente sopra la dimandadell'entrare nella lega e dichiararsi contro al re: della qualeambiguità era in parte cagione il credere (come era vero) chequeste cose si proponessino artificiosamentema molto piú larisposta fatta a Trento dal vescovo Gurgense all'oratore il qualeaveano mandato a rincontrarlo; perchémostrando non tenereconto di quello gli era ricordato (Cesareper la capitolazione fattaa Vicenza per mano suaessere tenuto alla loro difesa) affermavailpontefice avere in animo di molestarglie che pagando a Cesarequarantamila ducati gli libererebbe da questo pericolo: aggiugnevadurare ancora la confederazione tra Cesare e il re di Franciaperògli confortava a non entrare nella lega insino a tanto non vi entravaCesare. Non sarebbeno stati i fiorentini alieni da ricomperare condanari la loro quiete; ma dubitando che il nome solo di Cesareancora che Gurgense affermasse che la volontà suaseguiterebbono gli spagnuolinon bastasse a rimuovere la malaintenzione degli altristavano sospesiper potere con consiglio piúmaturo porgere gli unguenti a chi potesse giovare alla loroinfermità. Era forse questo considerato prudentemente; maprocedeva o da imprudenza o dalle medesime contenzionio daconfidare piú che non si doveva nell'ordinanza de' fanti delsuo dominioil non si provedere di soldati esercitatii qualisarebbono stati utili a potersi piú agevolmente difendere dauno assalto subito o a facilitare almeno il convenire co' collegatiquando avessino conosciuto essere difficile lo sforzargli.

Lequali cose mentre che si trattavano era già il vicerépervenuto co' soldati spagnuoli nel bolognese; nel quale luogomancandogli la facoltà di pagare i danari promessi a' fanticorsono con tanto tumulto allo alloggiamento suo minacciando diammazzarlo che a fatica ebbe tempo di fuggirsene occultamente andandoverso Modona: una parte de' fanti si voltò verso il paese de'fiorentinigli altri non mutorno alloggiamento ma stando senza leggesenza ordine senza imperio; pure dopo tre o quattro díquietaticon una parte de' danari promessigli animi loroeritornati il viceré e tutti i fanti all'esercitopromessonoaspettarlo nel luogo medesimo insino a tanto ritornasse da Mantovaove già era pervenutoGurgense. Al qualequando passava peril veronesei franzesi che guardavano Lignagorifiutate molteofferte de' vinizianiaveano data quella terra che da loro non sipoteva piú tenere; per comandamentosecondo che si credefatto prima da la Palissa cosí a loro come a tutti quegli cheguardavano l'altre terrea fine di nutrire la discordia tra Cesare ei viniziani: benché questo a' soldati succedetteinfelicementeperché usciti di Lignago furnonon avutorispetto al salvocondotto ottenuto da Gurgensedepredati dalle gentiviniziane che erano intorno a Bresciaove quando ritornorno dalBoscoricuperato senza fatica Bergamosi erano fermate ma noncombattevano la cittàperché (secondo si diceva) erastato proibito loro dal cardinale sedunense.

Nellacongregazione di Mantova si determinò che nel ducato di Milanovenisse Massimiliano Sforzadesiderato ardentemente da' popoliconcedendolo Cesare e il re d'Aragonaper la volontàcostantissima del pontefice e de' svizzeri; e che il tempo e il modosi stabilisse da Gurgense col pontefice: al quale doveva andare perstabilire amicizia tra Cesare e lui e per trattare la concordia co'vinizianie per mezzo dell'unione comune confermare la sicurtàdi Italia dal re di Francia. Trattossi nella medesima dietad'assaltare i fiorentinifacendone instanzain nome suo e delcardinaleGiuliano de' Medicie proponendo facile la mutazione diquello stato per le divisioni de' cittadiniperché moltidesideravano il ritorno loroe per occulto intendimento che (secondoaffermava)v'aveano con alcune persone nobili e potentie perchéi fiorentinidissipata una parte de' loro uomini d'arme inLombardiaun'altra parte rinchiusa in Brescianon aveano forzesufficienti a difendersi contro a uno assalto tanto repentino.Dimostrava il frutto cheoltre a' danari che offerivarisulterebbedella loro restituzione; perché la potenza di quella cittàlevata di mano di uno che dependeva interamente dal re di Franciaperverrebbe in mano di persone cheoffese e ingiuriate da quegli renon riconoscerebbono altra dependenza e congiunzione che quella de'collegati: del medesimo in nome del pontefice si affaticava Bernardoda Bibbiena che fu poi cardinalemandato dal pontefice per questacagionema nutrito insieme co' fratelli insino da puerizia nellacasa de' Medici. Era imbasciadore appresso a Gurgense GiovanvettorioSoderini giurisconsultofratello del gonfaloniere; al quale nédal viceré né in nome della lega era detta o dimandatacosa alcunama il vescovo Gurgensedimostrando questi pericolipersuadeva a convenire con Cesare secondo le dimande fatte primaeofferendo che Cesare e il re d'Aragona gli riceverebbono inprotezione: ma lo imbasciadore[non] avendo autorità diconvenirenon poteva se non significare alla republica e aspettarele risposte; né per lui né per altri si faceva instanzacol viceréné diligenza di interrompere le propostede' Medici. E nondimeno la cosa in se medesima non mancava di moltedifficoltà: perché il viceré non aveva esercitotanto potente chese non fusse necessitatodovesse volentieriesperimentare le forze sue; e Gurgenseper impedire che i vinizianinon recuperassino Brescia o facessino maggiori progressidesideravache gli spagnuoli passassino quanto piú presto si poteva inLombardia. Però si crede che se i fiorentiniponendo da parteil negoziare con vantaggi e con risparmiocome ricercavano gliimminenti pericoliavessino consentito di dare a Cesare i danaridimandatie aiutato con qualche somma di danari il vicerécostituito in somma necessitàarebbono facilmente schifataquesta tempesta; e che Gurgense e il viceré arebbono peravventura convenuto piú volentieri con la republicala qualeerano certi che attenderebbe le cose promesseche co' Medici i qualinon potevano dare cosa alcuna se prima non ritornavano coll'armi inFirenze. Ma essendoo per negligenza o per malignità degliuominiabbandonata quasi del tutto la causa di quella cittàfu deliberato che l'esercito spagnuolocol quale andassino ilcardinale e Giuliano de' Medicisi volgesse verso Firenze; chiamasseil cardinaleil quale il pontefice dichiarava in questa espedizionelegato della Toscanai soldati della Chiesa e quegli che piúgli paressino a proposito delle terre vicine.

Cap.iii

Miliziespagnuolecondottieri pontifici ed i Medici contro la repubblicafiorentina. Ambasceria dei fiorentini al viceré e richieste diquesto. Preparativi di difesa a Firenze e tentativi di accordi colpontefice. Dispareri in Firenze per le richieste del viceréconvocazione del consiglio maggiore e discorso del gonfaloniere;deliberazione del consiglio; il viceré sotto Prato; suainclinazione agli accordi.

Espeditele cose della dietail viceré tornato nel bolognese mossesubito le genti contro a' fiorentini; a' quali il non avere primasaputo quel che a Mantova si fusse deliberato aveva lasciatobrevissimo spazio di tempo a fare i provedimenti necessari.Congiunsesi con luigià vicino a' confiniil cardinale; ilqualenon avendo gli spagnuoli artiglierie da battere le muraglieaveva fatto muovere da Bologna [due] cannoni; e a lui erano venutiFranciotto Orsino e i Vitelli condottieri della Chiesa ma senza lecompagnie loroperché e a loro e agli altri soldati dellaChiesa l'aveva vietato il duca di Urbino: il qualecon tutto chenella corte sua fusse stato nutrito qualche anno Giuliano de' Medicie che sempre avesse fatto professione di desiderare la grandezzaloroaveva negatoquale si fusse la cagionedi accomodarglid'artiglierie e di aiuto alcuno de' soldati e sudditi suoie nonostante che il pontefice a lui e a' sudditi delle terre vicine dellaChiesa avesse con ampli brevi comandato il contrario.

Alvicerésubito che fu entrato nel dominio fiorentinovenneuno imbasciadore della republica; il quale dimostrando l'osservanzaavuta sempre al re d'Aragonaquali fussino state l'azioni loro nellaprossima guerrae quel che il suo re potesse sperare da quella cittàricevendola nella sua amicizialo pregò che innanziprocedesse piú oltre significasse quello che ricercava da'fiorentiniperché alle dimande convenienti e che fussinosecondo le forze loro gli sarebbe liberalmente corrisposto. Rispose:non essere la sua venuta deliberata solamente dal re cattolico ma datutti i confederatiper la sicurtà comune d'Italia;conciossiachémentre che il gonfaloniere stava in quellaamministrazioneniuna sicurtà si poteva avere che inqualunque occasione non seguitassino il re di Francia. Perciòin nome di tuttidimandare che il gonfaloniere fusse privato delmagistratoe si costituisse forma di governo che non fusse sospettaa' confederati; il che non poteva essere se il cardinale e Giulianode' Medici non erano restituiti nella patria: le quali coseconsentite sarebbono facilmente concordi nell'altre. Peròandasse a referire o altrimenti significasse a Firenze la mente suama non volere insino venisse la risposta soprasedere.

AFirenzeintesa la venuta degli spagnuoli e persuadendosi che daaltra parte gli avessino ad assaltare le forze del ponteficeera intutta la città grandissimo spaventotemendosi della divisionede' cittadini e della inclinazione di molti a cose nuove: avevanopoche genti d'armenon fanterie se non o fatte tumultuosamente oraccolte delle loro ordinanzela maggiore parte delle quali non eraesperimentata alla guerra; non alcuno capitano eccellente nella virtúo autorità del quale potessino riposarsi; gli altricondottieri taliche mai alla memoria degli uomini erano stati diminore espettazione agli stipendi loro. Nondimenoprovedendosollecitamente quanto in tanta brevità di tempo potevanoraccoglievano le genti d'arme divise in vari luoghisoldavano fantima tali quali si potevano averee scegliendo le piú utilibande di tutte l'ordinanze riducevano tutto lo sforzo a Firenzepersicurtà della città e per provedere di quivi i luoghidove si voltassino gli inimici. Né mancando di tentarebenchétardila via dell'accordooltre a quello che continuamente perl'oratore si trattava col viceréscrisseno al cardinale diVolterrache era a Gradoli in terra di Roma che trasferitosi alpontefice si ingegnassecon offerte con prieghi con ogni artediplacarlo. Il quale indurato (ma co' fatti contrari alle parole)rispondeva questa non essere impresa sua e farsi senza sue gentimache per non si provocare contro tutta la lega era stato costretto aconsentirlae comportare che il cardinale de' Medici facessecondurre l'artiglierie di Bologna: non avere potuto ovviare innanziche la si cominciassemolto meno poterla rimuovere poiché eragià cominciata.

Ilviceré intratanto disceso delle montagne a Barberinoterralontana quindici miglia a Firenzemandò per uno uomo suo asignificare non essere intenzione della lega alterare né ildominio né la libertà della cittàpure cheperla sicurtà d'Italiasi rimovesse il gonfaloniere delmagistrato; desiderare che i Medici potessino godere la patrianoncome capi del governo ma come privati e per vivere sotto le leggi esotto i magistratisimili in tutte le cose agli altri cittadini: laquale proposta essendo palese a tutta la città erano varie leopinioni degli uominicome sono vari i giudícile passioni eil timore. Biasimavano alcuni cheper il rispetto di uno solosiavesse a esporre tutta l'universalità de' cittadini e tutto ildominio a tanto pericolo; atteso che per la deposizione sua dalmagistrato non si perdeva o il consiglio popolare o la libertàpublicala quale non sarebbe difficile conservare da' Medicispogliati di riputazione e di facoltàquando volessinoeccedere il grado privato: doversi considerare in che modo potesseresistere la città all'autorità e alle forze di tantalega; sola non essere bastanteItalia tutta inimicaperdutainteramente la speranza di essere soccorsi da' franzesi; i qualiabbandonata vilmente Italiaavevano che fare a difendere il reameloroe consci della loro debolezza avevano alle dimande fatte da'fiorentini risposto essere contenti che si facesse accordo con lalega. Altri in contrario dicevano essere cosa ridicola a credere chetanto moto si facesse per odio solamente del gonfaloniereo perchéi Medici potessino stare in Firenze come privati cittadini; altraessere la intenzione de' collegatii qualiper avere la cittàunita alle voglie loro e poterne trarre quantità grandissimedi danarinon avevano altro fine che collocare i Medici nellatirannide ma palliare la loro intenzione con dimande meno acerbelequali contenevano nondimeno l'effetto medesimo. Perchéchesignificare altro il rimuovere in questo tempocon le minaccie e conlo spavento delle armiil gonfaloniere di palagioche lasciare lagregge smarrita senza pastore? che altroentrare in Firenze i Mediciin tanto tumultoche alzare uno vessillo il quale seguitassinocoloro che non pensavano ad altro che a spegnere il nome la memoriale vestigie del consiglio grande? il quale annullato era annullata lalibertà; e come si potrebbe ovviare che i Mediciaccompagnatifuora dall'esercito spagnuolo e seguitati dentro dagli ambiziosi esediziosinon opprimessinoil dí medesimo che entrassino inFirenzela libertà? Doversi considerare quel che potessinopartorire i princípi delle cose e il cominciare a cedere alledimande ingiuste e perniciose; né si dovere tanto temere de'pericoli che si dimenticassino della salute della cittàequanto fusse acerbo il vivere in servitú a chi era nato eallevato in libertà. Ricordassinsi con quanta generositàsi fussinoper conservare la libertàopposti a Carlo re diFrancia quando era in Firenze con esercito tanto potente; econsiderassino quanto era piú facile resistere a sípiccola genteprivata di danarisenza provisione di vettovagliecon pochi pezzi d'artiglieriae senza comodità alcuna dipoterese si difendessino dal primo impetosostentare la guerra; ela qualenecessitata a dimorare breve tempo in Toscanae mossadalle speranze date da' fuorusciti d'avere con un semplice assalto aottenere la vittoriacome vedesse cominciarsi vigorosamente aresistere inclinerebbe alla concordia con onestissime condizioni.Queste cose si dicevanone' circoli e per le piazzetra' cittadini;ma il gonfalonierevolendo che dal popolo medesimo si deliberasse larisposta che dal magistrato s'aveva a dare all'uomo mandato dalviceréconvocato il consiglio maggioreadunati che furno icittadiniparlò in questa sentenza:

-Se io credessi che la dimanda del viceré non concernesse altroche l'interesse di me soloarei da me medesimo fatto quelladeliberazione che fusse conforme al proposito mio; il quale essendostato sempre d'essere parato a esporre la vita per beneficio vostromi sarebbe molto piú facile a risolvermi di rinunziareperliberarvi da i danni e da i pericoli della guerrail magistrato cheda voi mi è stato dato: avendo massimein tanti anni che sonoseduto in questo gradostracco il corpo e l'animo per tante molestiee fatiche. Ma perché in questa dimanda può essere chesi tratti piú oltre che dell'interesse mioè paruto aquesti miei onorevoli compagni e a me che senza il consentimentopublico non si deliberi quello in che consiste tanto dello interessedi ognunoe che cosa tanto grave e tanto universale non si consiglicon quel numero ordinario di cittadini co' quali sogliono trattarsil'altre cose ma con voiche siete il principe di questa cittàe a' quali solo appartiene sí poderosa deliberazione. Nonvoglio io confortarvi piú in una parte che in un'altravostrosia il consiglio vostro sia il giudicioquel che delibererete saràaccettato e lodato da meche vi offerisco non solo il magistratoche è vostroma la persona e la propria vita; e miattribuirei a singolare felicità se io potessi credere chequesto fusse il mezzo della salute vostra. Esaminate quel che possaimportare la dimanda del viceré alla vostra libertàeDio vi presti grazia di alluminare e di fare risolvere alla miglioreparte le menti vostre. Se i Medici avessino disposizione d'abitare inquesta città come privati cittadinipazienti a' giudícide' magistrati e delle leggi vostresarebbe laudabile la lororestituzioneacciò che la patria comune si unisse in un corpocomune; se altra è la mente loro avvertite al pericolo vostroné vi paia grave sostenere spese e difficoltà perconservare la vostra libertà: la quale quanto sia preziosaconoscereste meglioma senza fruttoquando (io ho orrore di dirlo)ne fuste privati. Né sia alcuno che si persuada che il governode' Medici avesse a essere quel medesimo che era innanzi fussinocacciatiperché è mutata la forma e i fondamenti dellecose: alloranutriti tra noi quasi a uso di privati cittadiniricchissimi di facoltà secondo il grado tenevanonéoffesi da alcunofacevano fondamento nella benevolenza de'cittadiniconsigliavano co' principali le cose publichee siingegnavano col mantello della civiltà coprire piúpresto che scoprire la loro grandezza. Ma oraabitati tanti annifuora di Firenzenutriti ne' costumi stranieriintelligentiperquestopoco delle cose civiliricordevoli dello esilio e delleacerbità usate loropoverissimi di facoltà e offesi datante famiglieconsci che la maggiore parte anzi quasi tutta lacittà aborrisce la tirannidenon si confiderebbono di alcunocittadino: e sforzati dalla povertà e dal sospettoarrogherebbero tutte le cose a loro medesimiriducendosi non in sula benivolenza e in su l'amore ma in su la forza e in su l'armiinmodo tale che in brevissimo tempo questa città diventerebbesimile a Bologna quale era al tempo de' Bentivoglia Siena e aPerugia. Ho voluto dire questo a quegli che predicano il tempo e ilgoverno di Lorenzo de' Medicinel quale benché fussino durecondizioni e fusse una tirannide (benché piú mansuetadi molte altre) sarebbe stato a comparazione di questo una etàd'oro. Appartiene ora a voi il deliberare prudentemente e secondo lasalute della vostra patriaa me o rinunziare con animo costante elietissimo a questo magistratoo francamentequando voidelibererete altrimentiattendere alla conservazione e alla difesadella vostra libertà. -

Nonera dubbio quel che avesse a deliberare il consiglioper lainclinazione che aveva quasi tutto il popolo di mantenere il governopopolare: peròcon maraviglioso consenso fu deliberato che siconsentisse alla ritornata de' Medici come privati ma che sidenegasse il rimuovere il gonfaloniere del magistrato; e che quandogli inimici stessino pertinaci in questa sentenzache con le facoltàe con la vita si attendesse a difendere la libertà e la patriacomune. Peròvolti tutti i pensieri alla guerra e fattoprovedimento di danarimandavano gente alla terra di Pratopropinqua a dieci miglia a Firenze; la quale si credeva che primaavesse a essere assaltata dal viceré.

Ilqualepoiché a Barberino ebbe raccolto l'esercito el'artiglieriecondotte con difficoltà per l'asprezzadell'Apennino e perchéper mancamento di danarinon aveanoil provedimento debito o di guastatori e di instrumenti per condurlesi accostò (come si era creduto) a Prato; dove pervenutoquando cominciava il giornobatté il dí medesimoperqualche oracon falconetti la porta di Mercatale: alla qualeperessere dentro bene riparatanon fece frutto alcuno. Aveano ifiorentini messi in Prato circa dumila fantiquasi tuttidell'ordinanze lorogli altri raccolti in fretta d'ogni arte edesercizi vilipochissimi in tanto numero esperimentati alla guerra;e con cento uomini d'arme Luca Savellocondottiere vecchio ma che néper l'età né per l'esperienza era pervenuto a gradoalcuno di scienza militare; e gli uomini d'armequegli medesimi cheerano stati poco innanzi svaligiati in Lombardia. Aggiugnevasi cheper la brevità del tempo e per la imperizia di chi aveva avutoa provederlovi era piccola quantità di artiglieriescarsitàdi munizioni e di tutte le cose necessarie alla difesa. Col viceréerano [dugento] uomini d'arme e [cinque] mila fanti spagnuoli esolamente [due] cannoniesercito piccolo in quanto al numero e aglialtri apparati ma grande in quanto al valore; perché i fantierano tutti di quegli medesimi che con tanta laude si erano salvatidella giornata di Ravennai quali come uomini militariconfidandosimolto nella loro virtúdispregiavano sommamente la imperiziadegli avversari: ma essendo venuti senza apparecchiamento divettovagliené trovandone copioso il paese (perchécon tutto che a fatica fusse finita la ricoltaerano state condottea' luoghi muniti)cominciorno subito a sentirne il mancamento. Dallaqual cosa spaventato il viceré inclinava alla concordiachecontinuamente si trattava: che i fiorentiniconsentendo che i Mediciritornassino eguali agli altri cittadininé si parlando piúdella deposizione del gonfalonierepagassino al viceré perchépartisse del dominio fiorentino certa quantità di danari; laquale si pensava non passasse trentamila ducati. Perciò ilviceré aveva consentito salvocondotto agli imbasciadori elettiper questa espedizionee si sarebbe astenuto insino alla venuta lorodi assaltare piú Prato se di dentro gli avessino dato qualchecomodità di vettovaglie.

Cap.iv

Presae sacco di Prato. Deposizione del gonfaloniere in Firenze. Accordidei fiorentini col viceré. Riforma del governo in Firenze;restaurazione del governo de' Medici. Errori che condussero ifiorentini alla perdita della libertà. Resa del Castelletto diGenova.

Niunacosa vola piú che l'occasioneniuna piú pericolosa cheil giudicare dell'altrui professioniniuna piú dannosa che ilsospetto immoderato. Desideravano la concordia tutti i principalicittadiniassuefatti dietro agli esempli de' maggiori loro adifendere spesso la libertà dal ferro coll'oro; perciòfacevano instanza che gli imbasciadori eletti subitamente andassinoa' quali oltre all'altre cose si commetteva che di Prato si facesseporgere vettovaglia all'esercito spagnuoloacciò che ilviceré quietamente aspettasse se la concordia trattata avevaeffetto: ma il gonfaloniereo persuadendosicontro alla suanaturale timiditàche gli inimici disperati della vittoriadovessino da se stessi partirsi o temendo de' Medici in qualunquemodo ritornassino in Firenzeo conducendolo il fato a essere cagionedella ruina propria e delle calamità della sua patriaallungava artificiosamente la spedizione degli imbasciadoritalmenteche non andorno il dí nel quale secondo la deliberazione fattadoveano andare. Dunque il viceréastringendolo la penuriadelle vettovagliee incerto se piú verrebbono gliimbasciadorimutato la notte seguente l'alloggiamento dalla portadel Mercatale alla porta che si dice del Serragliodonde si va versoil montecominciò a battere co' due cannoni il muro a quellavicino: eletto questo luogo perché al muro era congiunto unterrato altodal quale si poteva facilmente salire alla rottura delmuro di sopra che si battevala qual facilità dal lato difuora diventava difficoltà dal lato di dentroperchéla rottura che si faceva sopra il terrato rimaneva di dentro moltoalta da terra. Roppesi a' primi colpi uno de' due cannonie l'altrocol quale solo continuavano di battereper lo spesso tirare aveaperduto tanto di vigore che alla muraglia pervenivano i colpi moltolenti e di piccolo effetto. Purepoi che ebbono per spazio di molteore fatta una apertura di poco piú che di dodici bracciacominciorno alcuni de' fanti spagnuoli montati in sul terrato asalire alla rottura e da quella in sulla sommità del murodove ammazzorno due de' fanti che lo guardavano. Per la morte de'quali cominciando gli altri a ritirarsivi salivano già ifanti spagnuoli colle scale; e benché dentro appresso al murofusse uno squadrone di fanti con gli scoppietti e con le piccheordinato per non lasciare alcuno degli inimici fermarsi in sul muro eper opprimere se alcuno temerariamente saltasse dentro o in altromodo discendessenondimenocome cominciorno a vedere gli inimici insulla muragliamessisi in fuga da loro medesimi abbandonorno ladifesa; onde gli spagnuolistupiti che in uomini vili e inespertipotesse regnare tanta viltà e sí piccola esperienzaentrati senza opposizione dentro da piú particominciorno acorrere per la terradove non era piú resistenza ma solamentegridafugaviolenzasaccosangue e uccisionigittando i fantispaventati l'armi in terra e arrendendosi a' vincitori: dall'avarizialibidine e crudeltà de' quali non sarebbe stata salva cosaalcuna se il cardinale de' Medicimesse guardie alla chiesamaggiorenon avesse conservata l'onestà delle donnele qualiquasi tutte vi erano rifuggite. Morirno non combattendoperchéalcuno non combattéma o fuggendo o supplicandopiúdi duemila uomini; tutti gli altri insieme col commissario fiorentinofurno prigioni. Perduto Pratoi pistolesinon si partendonell'altre cose dal dominio de' fiorentiniconvennono di darevettovaglia al viceréricevendo promessa da lui che nonsarebbono molestati.

Maa Firenzecome si intese il caso succeduto (per il quale gliimbasciadori che andavano al viceréessendo a mezzo ilcamminoritornorno indietro)fu negli animi degli uominigrandissima alterazione. Il gonfalonierepentitosi della vanitàdel suo consigliospaventato e perduta quasi del tutto lariputazione e l'autoritàretto piú presto che rettoree irresolutosi lasciava portare dalla volontà degli altrinon provedendo a cosa alcuna né per la conservazione di semedesimo né per la salute comune; altri desiderosi dellamutazione del governopreso ardirebiasimavano publicamente le cosepresenti: ma la maggiore parte de' cittadininon assueta all'armi eavendo innanzi agli occhi l'esempio miserabile di Pratobenchéamatrice del reggimento popolarestava per timore esposta a esserepreda di chi volesse opprimerla. Dalle quali cose fatti piúaudaci Paolo Vettori e Antonio Francesco degli Albizigiovaninobilisediziosi e cupidi di cose nuovei quali già moltimesi si erano occultamente congiurati con alcuni altri in favore de'Medicie per convenire con loro del modo di rimettergli erano statisecretamente a parlamento in una villa del territorio fiorentinovicina al territorio de' sanesi con Giulio de' Medicisi risolveronodi fare esperienza di cavare per forza il gonfaloniere del palazzopublico; e comunicato il consiglio loro con Bartolomeo Valorigiovane di simili condizioni e implicato per il troppo spenderecomeera anche Paoloin molti debitila mattina del secondo dídalla perdita di Pratoche fu l'ultimo dí di agostoentraticon pochi compagni in palazzodoveper il gonfaloniere che si erarimesso ad arbitrio del caso e della fortunanon era provisione néresistenza alcunae andati alla camera sualo minacciorono ditorgli la vita se non si partiva del palazzodandogli in tale casola fede di salvarlo. Alla qual cosa cedendo eglied essendo a questotumulto sollevata la cittàscoprendosi già molticontrari a lui e nessuno in suo favorefatti per ordine lorocongregare subito i magistrati che secondo le leggi avevano sopra igonfalonieri amplissima autoritàdimandorno che lo privassinolegittimamente del magistratominacciando che altrimenti lopriverebbeno della vita: per il quale timore avendolo contro allapropria volontà privatolo menorno salvo alle case di Paolodonde la notte seguente bene accompagnato fu condotto nel territoriode' sanesi; e di quivisimulando di andare a Roma con salvocondottoottenuto dal ponteficepreso occultamente il cammino d'Anconapassòper mare a Raugia; perché per ordine del cardinale suofratello era stato avvertito che il ponteficeo per sdegno o percupidità di spogliarlo de' suoi danariche era fama esseremoltigli violerebbe la fede. Levato il gonfaloniere del magistratola città mandò subito imbasciadori al vicerécol quale per opera del cardinale de' Medici facilmente si compose:perché il cardinale si contentò che degli interessipropri non si esprimesse altro che la restituzione de' suoie ditutti quegli che l'avevano seguitatoalla patriacome privaticittadinicon facoltà di ricomperare infra certo tempo i benialienati dal fisco ma rendendo il prezzo sborsato e i miglioramentifatti da coloro ne' quali erano stati trasferiti. Ma quanto alle cosecomunientrorono i fiorentini nella lega; obligoronsiseguitandoquello che i Medici aveano promesso per mercede del ritorno loro aMantovaa pagare al re de' romanisecondo le dimande di Gurgensequarantamila ducati; al viceréper l'esercitoottantamilala metà di presente il rimanente fra due mesie per séproprio ventimila; e che ricevuto il primo pagamento partisse subitodel dominio fiorentinorilasciando quel che aveva occupato. Fecionooltre a questo lega col re d'Aragonacon obligazione reciproca dicerto numero di gente d'arme a difesa degli statie che i fiorentiniconducessino agli stipendi loro dugento uomini d'arme de' sudditi diquel re: la qual condottabenché non si esprimessesidisegnava per il marchese della Paludea cui il cardinale avevapromesso o almeno dato speranza di farlo capitano generale delle armide' fiorentini.

Cacciatoil gonfaloniere e rimossi per l'accordo i pericoli della guerradettono i cittadini opera a ricorreggere il governo in quelle cosenelle quali si era giudicata inutile la forma; ma con intenzioneuniversaleeccettuatine pochissimie questi o giovani o quasi tuttidi piccola considerazionedi conservare la libertà e ilconsiglio popolare. Però determinorno con nuove leggi che ilgonfaloniere non si eleggesse piú in perpetuo ma solamente peruno annoe che al consiglio degli ottantache si variava di seimesi in sei mesicon l'autorità del quale si deliberavano lecose piú graviacciocché sempre vi intervenissino icittadini di maggiore qualitàfussino aggiunti in perpetuotutti coloro che insino a quel dí avessino amministratiodentro o fuorii primi onori: dentroquegli che erano stati ogonfalonieri di giustizia o de' dieci della balíamagistratoin quella republica di grande autorità; fuoritutti quegliche eletti nel consiglio degli ottantaerano stati o imbasciadori apríncipi o commissari generali nella guerra; rimanendo fermiin tutte l'altre cose gli ordinamenti del medesimo governo. Le qualicose stabilitefu eletto per il primo anno gonfaloniereGiovambatista Ridolficittadino nobile e riputato molto prudenteriguardando il popolo (come si fa ne' tempi turbolenti) non tanto aquegli che per l'arti popolari gli erano piú grati quanto auno checon l'autorità grande che aveva nella cittàmassimamente appresso alla nobiltàe con la virtúpropriapotesse fermare lo stato tremante della republica. Ma troppoerano trascorse le cosetroppo potenti inimici avea la publicalibertà: nelle viscere del dominio l'esercito sospetto;dentroi piú audaci della gioventú cupidid'opprimerla. La medesima erabenché colle parole dimostrasseil contrariola volontà del cardinale de' Medici: il qualeinsino da principionon arebbe riputato premio degno di tantefatiche la restituzione de' suoi come privati cittadini; consideravaal presente di piú che né anche questo sarebbe cosadurabileperché insieme col nome suo sarebbono in sommo odiodi tutti per il sospetto che continuamente stimolerebbe gli altricittadini che essi non insidiassino alla libertàe molto piúper lo sdegno che avessino condotto l'esercito spagnuolo contro allapatriastati cagione del sacco crudelissimo di Pratoe che per ilterrore dell'armi la città fusse stata costretta a riceverecosí indegne e inique condizioni. Stimolavanlo al medesimocoloro che prima erano congiurati secoe alcuni altri che nellarepublica bene ordinata non aveano luogo onorato. Ma era necessarioil consentimento del viceré; il qualeaspettando il primopagamentoche per le condizioni della città si espedivadifficilmentesoggiornava ancora in Pratoné avevaquale sifusse la cagionel'animo inclinato che nella città si facessenuova alterazione. Nondimenodimostrandogli il cardinaleeprocurando che il marchese della Palude e Andrea Caraffa conte diSanta Severinacondottieri nell'esercito[facessino il medesimo]alla cittàche avea ricevuta tanta offesanon potere piúessere se non odiosissimo il nome spagnuoloe che in qualunqueoccasione aderirebbe sempre agli inimici del re cattolicoanziessere pericolo checome si discostasse l'esercitonon richiamasseil gonfaloniereil quale sforzata aveva cacciatomovendolo anche ilprovedersi con tanta difficoltà a' danari promessii quali sefussino stati piú pronti arebbe fatto maggiore fondamento nelgoverno liberoconsentí al desiderio del cardinale: il qualecomposte le cose con luivenne subito in Firenze alle case sue; oveparte con lui parte separatamenteentrorno molti condottieri esoldati italianinon avendo i magistratiper la vicinitàdegli spagnuoliardire di proibire che non vi entrassino. Dipoi ildí seguenteessendo congregato nel palagio publico per lecose occorrenti un consiglio di molti cittadinial quale erapresente Giuliano de' Medicii soldatiassaltata all'improviso laporta e poi salite le scaleoccuporono il palagiodepredando gliargenti che vi si conservavano per uso della signoria. La qualeinsieme col gonfalonierecostretta a cedere alla volontà dichi poteva piú coll'armi che non potevano i magistrati collariverenza e autorità disarmataconvocò subitocosíproponendo Giuliano de' Mediciin sulla piazza del palagiocolsuono della campana grossail popolo al parlamento; dove quegli cheandornoessendo circondati dall'armi de' soldati e de' giovani dellacittà che aveano prese l'armi per i Mediciconsentirono che acirca cinquanta cittadininominati secondo la volontà delcardinalefusse data sopra le cose publiche la medesima autoritàche aveva tutto il popolo (chiamano i fiorentini questa potestàcosí ampiabalía): per decreto de' quali ridotto ilgoverno a quella forma che soleva essere innanzi all'anno millequattrocento novantaquattroe messa una guardia di soldati ferma alpalagioripigliorono i Medici quella medesima grandezzamagovernandola piú imperiosamente e con arbitrio piúassoluto che soleva avere il padre loro.

Intale modo fu oppressa con l'armi la libertà de' fiorentinicondotta a questo grado principalmente per le discordie de' suoicittadini: al quale si crede non sarebbe pervenuta se (io passeròla neutralità imprudentemente tenutae l'avere ilgonfaloniere lasciato pigliare troppo animo agli inimici del governopopolare) non fusse stataeziandio negli ultimi tempinegligentemente procurata la causa publica. Perché nel red'Aragona non era da principio tanto desiderio di sovvertire lalibertà quanto di rimuovere la città dall'aderenza delre di Francia e di trarne alcuna quantità di danari per pagareallo esercito; perciòsubito che i franzesi abbandonorno ilducato di Milanocommesse al viceré chequando o le coseoccorrenti lo tirassino ad altra impresa o che per altra cagioneconoscesse difficile la restituzione de' Medicipigliando ladeliberazione dalle condizioni de' tempiconvenisse o no con lacittàsecondo che piú gli paresse opportuno. Questoera stato da principio il comandamento suo; ma di poi sdegnato controal pontefice per quel che aveva tentato a Roma contro ad Alfonso daEstie insospettito per le minaccie che publicamente faceva controal nome de' barbaridimostrò apertamente al medesimoimbasciadore fiorentino (che al principio della guerra era andato alui)e al viceré commesse che non tentasse di alterare ilgovernoo perché giudicasse essergli piú sicuroconservare il gonfaloniere inimicato dal ponteficeo perchétemesse che il cardinale de' Medicirestituitonon avesse maggioredependenza dal pontefice che da lui: ma non fu nota al viceréquesta ultima deliberazione se non il dí dappoi che era stataridotta la republica in potestà del cardinale. Per il qualediscorso apparisce che se i fiorentini avessinodopo che furnocacciati i franzesiprocurato diligentemente di assicurare mediantela concordia le cose loroo se si fussino fortificati di armi disoldati espertio non si sarebbe il viceré mosso contro aloroo trovata difficoltà nello opprimergli arebbe facilmentecomposto con danari. Ma era destinato non lo facessinoancora cheoltre a quello che si poteva comprendere per i discorsi umani fussinostati ammuniti dal cielo degli imminenti pericoli: perchénonmolto innanziuno folgorecaduto in sulla porta che da Firenze va aPratolevò d'uno scudo antico di marmo i gigli a oroinsegnadel re di Francia; un altrocaduto in sulla sommità delpalagio ed entrato nella camera del gonfalonierenon avea percossoaltro che un bossolo grande d'argento nel quale si raccoglievano ipartiti del sommo magistratoe dipoi sceso nella infima partepercosse di maniera una lapide grandeche a piè della scalasosteneva la macchina dell'edificioche uscitane illesa pareva fussestata cavata da' periti con grandissima destrezza e architettura.

Inquesti tempi medesimi o poco primabattendo i genovesi ilCastelletto di Genova con l'artiglierie che aveva prestate loro ilponteficeil castellanoricevuti diecimila [ducati] lo dette a'genovesi; non avendo speranza di essere soccorsoperché unaarmata spedita di Provenza innanzi che il re sapesse la rebellione diquella città per attendere a difenderlanon avendo avutoardire di porre in terraera ritornata indietro: ma per il re siteneva ancora la Lanterna; nella qualene' dí medesimiaveano alcuni legni franzesi messe vettovaglie e altri bisogni.

Cap.v

Cessioneda parte dei francesidi Brescia al viceré; cessione di Cremaai veneziani. Accoglienza al vescovo Gurgense a Roma. Trattative frail vescovo e i veneziani e fra il pontefice e gli ambasciatori del red'Aragona; la questione di Parma e di Piacenza. Confederazione fraCesare e il pontefice ed esclusione dei veneziani dalla lega. Solenneingresso in Milano di Massimiliano Sforza. Nuovi e vani sforzi delpontefice per la pace fra Venezia e Massimiliano Cesare.

Espeditele cose di Firenze e ricevuti i danari promessiil vicerémosse l'esercito per andare a Brescia; intorno alla quale cittàavendo mitigata la volontà de' svizzericombatteva l'esercitovinizianoalloggiato alla porta di San Giovanni; e battevano in untempo la città econ l'artiglierie piantate in sul monteoppositola fortezza: speravano medesimamente di essere messidentroper mezzo di uno trattatoper la porta delle Pile; il qualevenuto a luce restò vano. Ma giunto che fu l'esercitospagnuolo al castello di Gairo vicino a BresciaObignícapitano de' franzesi che vi erano dentroelesse di darla insiemecon la fortezza al vicerécon patto che tutti i soldati chevi erano dentro n'uscissino salvi con le cose loro ma con le bandierepiegate e con l'armi in asta abbassatee lasciate l'artiglierie; esi crede che Obigní anteponesse il viceré a' vinizianiper comandamento avuto prima dal re che piú tosto la desseagli spagnuoli o a Cesarenon per odio contro a essi ma persuggerire materia di contenzione con Cesare e col re d'Aragona. Ilmedesimo consiglio aveanoinnanzi che gli spagnuoli passassino inLombardiaseguitato i franzesi che guardavano Lignago; i qualidispregiate molte offerte de' vinizianil'aveano dato al vescovoGurgense: a cuinel tempo medesimo che il viceré entròin Bresciasi arrendé similmente Peschiera. E dimandavaGurgense la possessione di Bresciama al viceré piacque diritenerlaper alloraper la lega in cui nome l'aveva ricevuta.Diverso successo ebbono le cose di Cremaintorno alla quale eraRenzo da Ceri con una parte de' soldati viniziani: perchéappropinquandosi quattromila svizzeri mandati da Ottaviano Sforzavescovo di Lodigovernatore di Milanoper acquistarla in nome diMassimiliano Sforza futuro ducaBenedetto Cribrariocorrotto condoni e con la promessa di essere creato gentiluomo di Vinegialadette a' viniziani; consentendo monsignore di Duraso preposto allaguardia della roccaperché non confidava la sua salute allafede de' svizzeri.

Andòdipoi il vescovo Gurgense a Roma: l'animo del quale desiderando ilpontefice estremamente di conciliarsisforzando la sua naturalofece per tutto il dominio ecclesiastico ricevere con ogni specied'onore; fatteper tutto il camminoa lui e a tutti coloro che loseguitavanolautissime spese. Ricevevanlo per tutto le terre coneccessivi anzi inusitati onoripiene le strade di quegli che gliandavano incontrovisitato in molti luoghi da nuove imbascerie diprelati e persone onorate mandate dal pontefice; e arebbe voluto cheil collegio de' cardinali fusse andato a riceverlo alla porta diRoma. Ma recusando il collegiocome cosa non solo nuova ma piena disomma indignitàandorono insino in su' Pratiun mezzo migliofuora della portaa riceverlo in nome del pontefice il cardinaleagenense e quello di Strigonia; da' qualiandando in mezzo comeluogotenente di Cesarefu menato insino alla chiesa di Santa Mariadel popolo. Dalla qualepoi che da lui furno partiti i duecardinaliaccompagnato da moltitudine innumerabilesi presentòal ponteficeche nella sedia pontificale in abito solennel'aspettava nel concistorio publico: nel quale avevapochi díinnanziricevuti molto onoratamente dodici imbasciadori de'svizzerimandati da tutti i cantoni a dargli publicamentel'ubbidienza e a offerire che quella nazione voleva in perpetuodifendere lo stato della Chiesae a ringraziarlo che a quella avessecon tanto onore donato la spada il cappello l'elmetto e la bandierae il titolo di difensori della libertà ecclesiastica.

Allavenuta di Gurgense si cominciò a trattare lo stabilimentodelle cose comuni; di che il fondamento consisteva in rimuovere ledifferenze e contese particolariacciò che Italia rimanesseordinata in modo checon animo e consiglio unitosi potesseresistere al re di Francia. E in questo era la piú difficilela composizionetante volte trattatatra Cesare e il senatoviniziano: perché Gurgense consentiva che a' vinizianirimanessino PadovaTrevigiBresciaBergamoCrema ma che a Cesarerestituissino Vicenzarinunziassino alle ragioni di quelle terre cheriteneva Cesare; pagassingli di presente dugentomila fiorini di Renoe in perpetuociascuno anno per censotrentamila. Grave era a'viniziani il riconoscersi censuari di quelle terre le quali tantianni aveano posseduto come proprie; grave il pagamento de' danaricon tutto che il pontefice offerisse prestarne loro una parte; piúgrave il restituire Vicenzaallegando cheseparando il ritenerlaCesare il corpo del loro statogli privava della comodità dipassare dal capo e dall'altre membra principali all'altre membraeperciò rimanere loro incerta e malsicura la possessione diBresciaBergamo e Crema. Allegavano oltre a questoper fare larecusazione piú onestaavere data la fede a' vicentiniquando ultimamente si arrenderonodi non separargli giammai da loro.Trattavansi altre controversie tra il pontefice e gli imbasciadoridel re d'Aragonaproposte una parte piú per ricompenso dellequerele degli altri che per speranza d'ottenerle. Perché ilpontefice dimandava che quel resecondo si disponeva nellaconfederazionel'aiutasse ad acquistare Ferrara; dimandava lasciassela protezione di Fabrizio e di Marcantonio Colonnacontro a' qualiavea cominciato a procedere con l'armi spiritualiper avereviolentata la porta lateranensee ricettato Alfonso da Esti ribellesuo nelle terre delle quali il dominio diretto apparteneva allaChiesa; dimandava rinunziasse alle protezioniche avea accettatenella Toscanade' fiorentini de' sanesi de' lucchesi e di Piombinocome fatte in diminuzione delle ragioni dello imperio e come sospettea Italia in comune e in particolare alla Chiesaperché néagli altri potentati era utile che in Italia avesse tante aderenzeealla Chiesa molto pericoloso che una provincia congiunta col dominiodi quella dependesse dalla sua autorità. Alle quali cosereplicavano gli spagnuoli: non si recusare di aiutarlo contro aFerrarapurchésecondo l'obligazioni della medesima legapagasse i danari debiti all'esercito per il tempo passato eprovedesse per il futuro; non essere cosa laudabile il procederecontro a Fabrizio e Marcantonio Colonnaperché [per] ledependenze che avevano e perché erano capitani di autoritàil perseguitarli sarebbe materia di nuovo incendio; non potere il recattolicosenza pregiudicio grave dell'onore proprioabbandonargliné meritare tale rimunerazione le cose fatte in servigio delpontefice e suo dall'uno e l'altro di loro nella guerra contro al redi Francia. Né nascere da giusto zelo o da sospetto la quereladelle protezioni di Toscanama perché alla sua cupiditàrimanessino in preda SienaLucca e Piombino; accennando nondimenoche di queste si riferirebbe il re all'arbitrio di Cesare.Consentivano tutti i confederati unitamente che nel ducato di Milanoentrasse Massimiliano Sforzanon consentendo per ciò Cesaredi investirneloo di dargli nome di duca o alcuno titolo giuridico.Ma insorgeva la querela di Gurgense e degli spagnuolidell'occupazione di Parma e di Piacenzain pregiudicio delle ragionidello imperioin troppa grandezza de' pontefici e in troppadebolezza del ducato di Milano; il quale sarebbe stato necessariofare piú potente perché aveva semprea essere il primopercosso da' franzesi. Non avere ne' capitoli della lega parlato ilpontefice d'altro che di Bologna e di Ferrara; oracon ragioni dellequali non apparisca alcuna autentica memoriausurparsi quello che dagrandissimo tempo in qua non avesse mai la Chiesa romana possedutoné che anche si avesse certa notizia che l'avesse maiposseduteeziandio ne' tempi antichissimi; né mostrarsi delledonazioni degli imperadori altro che una semplice carta che potevaessere stata finta ad arbitrio di ciascunoe nondimeno il ponteficecome in cosa manifesta e notoriacon la occasione de' tumulti diLombardiaaversi amministrato ragione da se stesso.

Matutte queste dispute [non] difficilmente si risolvevano: solamenteturbava tutte le cose la differenza tra Cesare e i viniziani.Affaticavasene quanto poteva il ponteficeora confortandogli orapregandogli ora minacciandogli; desiderosocome primaper il benepublico di Italiadella conservazione de' vinizianie perchésperava potere cogli aiuti lorosenza l'armi spagnuoleespugnareFerrara. Affaticavansene gli imbasciadori del re d'Aragonatemendoche con pericolo comune non si desse causa a' viniziani di rivolgerel'animo a riunirsi col re di Francia; ma erano necessitati procederecautamente per non provocare Cesare a fare unione co' franzesilaquale il loro re aveva con tanta fatica separatae perché peraltre cagioni non voleva partirsi dalla amicizia sua. Affaticavansenegli imbasciadori de' svizzeri perchéobligati a difendere iviniziani convenuti a pagare loroper questociascuno annoventicinquemila ducatidesideravano non venire in necessità odi non osservare le promesse o di opporsi a Cesare in caso gliassaltasse. Finalmentenon si potendo rimuovere Gurgense dalladimanda di riavere Vicenza né disporre i viniziani a darladiscordando ancora nelle quantità de' danariil ponteficeilquale sopratutto desideravaper estinguere il nome e l'autoritàdel conciliabolo pisanoche Cesare approvasse il conciliolateranenseprotestò agli oratori loro che sarebbe costrettoa perseguitare quella republica con l'armi spirituali e temporali; ilquale protesto non gli movendovenne alla confederazione con Cesaresoloperché l'oratore spagnuolo recusò diintervenirvio non avendo commissione dal suo re o perchéquel reancora che avesse in animo di aiutare Cesarecercasse dipotere nutrire con qualche speranza i viniziani.

Narravasinel proemio della confederazioneche si publicò poisolennemente nella chiesa di Santa Maria del popoloche avendo iviniziani recusata ostinatamente la pacee il ponteficeper lenecessità della republica cristianaprotestato diabbandonargliCesare entrava e accettava la lega fatta l'anno millecinquecento undici tra il pontefice il re d'Aragona e i vinizianisecondo che allora gli era stata riserbata la facoltà;prometteva aderire al concilio lateranenseannullando il mandato erevocando tutte le procure e atti fatti in favore del conciliabolopisano; obligavasi non aiutare alcuno suddito o inimico della Chiesae specialmente Alfonso da Esti e i Bentivogli occupatori di Ferrara edi Bolognae di fare partire i fanti tedeschi che erano aglistipendi d'Alfonso e Federigo da Bozzole suo feudatario. Da altraparte il pontefice prometteva aiutare Cesare contro a' viniziani conl'armi temporali e spirituali insino a tanto avesse ricuperato tuttoquello che si conteneva nella lega di Cambrai: dichiaravasiiviniziani essere in tutto esclusi dalla lega e dalla tregua fatta conCesareperché aveano contravenuto a l'una e a l'altra in piúmodied essere inimici del ponteficedi Cesare e del re cattolicoriservando nondimeno luogo di entrare nella confederazione fra certotempo e sotto certe condizioni: non potesse il pontefice fareconvenzione alcuna con loro senza consentimento di Cesareo seCesare non avesse prima ricuperato quel che se gli apparteneva comedi sopra: non potessino né il pontefice né Cesaresenza consenso l'uno dell'altroconvenire con alcuno principecristiano: che durante la guerra contro a' viniziani non molestasseil pontefice Fabrizio e Marcantonio Colonnariservatogli ilprocedere contro al vescovo Pompeio e Giulioe alcuni altridichiarati rebelli: che per questa capitolazionese bene sitollerava il possedere ParmaReggio e Piacenzanon si intendessepregiudicato alle ragioni dello imperio. Publicata la confederazioneGurgense nella prossima sessione del concilio lateranense aderíal concilio in nome di Cesare e come luogotenente suo generale inItaliaannullando il mandatogli atti fatti e le procure; epresente tutto il conciliotestificò non avere mai Cesareassentito al conciliabolo pisanodetestando ciascuno che avesseusato il nome suo.

Partídipoi Gurgense da Roma per essere presente quando MassimilianoSforzavenuto per commissione di Cesare a Veronaprendeva lapossessione del ducato di Milano; la venuta del quale aspettare sidisponevano difficilmente il cardinale sedunense e gli imbasciadoridi tutta la nazione svizzerache erano a Milanoperchévolevano che nelle dimostrazioni e nella solennità degli attiche s'aveano a fare apparisse (quel che era negli effetti) i svizzeriessere quegli che aveano cacciato i franzesi di quello statoquegliper la virtú e opera de' quali lo riceveva Massimiliano.Ottenne nondimeno il vicerépiú con l'arti e con laindustria che con l'autoritàche si aspettasse. Il qualeratificato a Firenze in nome di Cesare la confederazione fatta inPratoe ricevuta certa somma di danari da' lucchesi accettati nellasua protezionepervenne a Cremona: nel qual luogo l'aspettavanoMassimiliano Sforza e il viceré[donde] andorno tutti insiemea Milanoper entrare il dí deputato in quella cittàcon le solennità e onori consueti a' nuovi príncipi:nel quale atto benché fusse disputa grande tra 'l cardinalesedunense [e il viceré]chi di loro gli avesseall'entraredella portaa consegnare le chiavi in segno della consegnazione delpossessonondimenocedendo finalmente il viceréilcardinale in nome publico de' svizzeri gli pose in mano le chiaviedesercitò quel díche fu degli ultimi dí didicembretutti gli atti che dimostravano Massimiliano ricevere lapossessione da loro. Il quale fu ricevuto con incredibile allegrezzadi tutti i popoliper il desiderio ardentissimo d'avere uno principeproprioe perché speravano avesse a essere simile all'avolo oal padre; la memoria dell'uno de' quali per le sue eccellentissimevirtú era chiarissima in quello statonell'altro il tediodegli imperi forestieri avea convertito l'odio in benivolenza. Lequali feste non ancora finitesi ricuperòarrendendosiquegli che vi erano dentrola rocca di Novara.

Nonaveva la confederazione fatta in Roma interrotta del tutto lasperanza della concordia tra Cesare e i viniziani. Perché ilpontefice avea mandato subito a Vinegia Iacopo Staffileo suo nunziocol quale erano andati tre imbasciadori de' svizzeriperpersuadergli alla concordia; e da altra parte il senatoperconservarsi la benivolenza del pontefice e non dare causa a Cesare diassaltargli con l'armiaveva commesso agli imbasciadori suoi cheaderissino al concilio lateranense esubito fatta la confederazionecomandato alle genti loro che si ritirassino nel padovano; e peròil vicerénon volendo turbare la speranza della paceaveavoltato l'esercito verso Milano: nondimeno perseverando le medesimedifficoltà della restituzione di Vicenza e de' pagamenti de'danari erano vane queste fatiche. La qual cosa era cagione che ilpontefice non assaltasse il duca di Ferrara: perché in talcaso arebbe sperato bastargli alla vittoria le forze sue e gli aiutide' vinizianicol nome solo di accostarvibisognandoglispagnuoli; altrimenti si risolveva a differire alla primaveraperchéera riputato difficile l'espugnare nel tempo della vernata Ferraraforte di sito rispetto al fiumee la quale Alfonso aveva moltofortificata e senza intermissione alcuna fortificava.

Cap.vi

Inglesie spagnuoli contro la Francia; occupazione del regno di Navarra daparte del re d'Aragona; minaccie del pontefice contro il re diFrancia; gli inglesi abbandonano l'impresa per dissidi col red'Aragona. Vano tentativo dei francesi di liberare il regno diNavarra. Scoperta della congiura del duca di Calabria per fuggirenell'esercito francese.

Parràforse alieno dal mio propositostato di non toccare le cosesuccedute fuora d'Italiafare menzione di quel che l'anno medesimosi fece in Francia; ma la dependenza di quelle da questee perchéa' successi dell'una erano congiunti molte volte le deliberazioni e isuccessi dell'altrami sforza a non le passare del tuttotacitamente. Eranoinsino al principio di maggiopassati con lenavi inghilesi e spagnuole a Fonterabiaultimo termine del reame diSpagna verso la Francia in sul mare Oceanoseimila fanti inghilesiper assaltare congiuntamente con le forze spagnuolesecondo leconvenzioni fatte tra 'l suocero e il generoil ducato di Ghiennapartesecondo gli antichi nomi e divisionidella provincia dellaAquitania; contro al quale movimento il re di Francianon sicuroancora dalle parti di Piccardiapreparava l'ordinanza nuova diottocento lancie che avea fattee soldava delle parti piúbasse della Alamagna non suddite a Cesare molti fanti: e conoscendoquanto importava alla difesa del ducato di Ghienna il reame diNavarrail qualedotale di Caterina di Foispossedeva insieme conlei Giovanni figliuolo d'Alibretsuo maritoaveva chiamato allacorte Alibret suo padre e cercato con diligenza grande dicongiugnerselo; alla qual cosa gli aveva dato grandissima opportunitàla morte di Gastone di Foisper causa del qualepretendente quelregno non appartenere alle femmine ma a sé piú prossimomaschio della famiglia di Foisaveva il re di Francia perseguitatoGiovanni. Da altra parte il re cattolicoil quale aveva voltato gliocchi a quel reamedimandava al re di Navarra che stesse neutraletra il re di Francia e luiconsentisse per il regno il passo allesue genti che dovevano entrare in Franciae che per sicurtàdi osservargli queste promesse gli desse in mano alcune fortezzepromettendo restituirgliene come prima fusse finita la guerra: lequali dimande conoscendo il Navarro dove tendessinoperchéera noto l'antico desiderio de' re di Spagna di occupare la Navarraeleggeva piú tosto di esporsi al pericolo incerto cheaccettare la perdita certasperando non dovergli mancare il soccorsopromessodi cavalli e [di fanti]del re di Franciaalle cose delquale era opportunissimo il ritenere la guerra in Navarra; e nelmedesimo tempoo per dare maggiore spazio di venire alle gentidestinate al suo soccorso o per liberarsi se poteva da questedimandetrattava col re d'Aragonail quale secondo il costume suoprocedeva in queste cose con grande arte. Ma non nocette piúal re di Navarra la industria e sollecitudine del re d'Aragona che lanegligenza del re di Francia; il qualeavendo preso animo perchégli inghilesi passati a Fonterabia non aveanogià molti dímosso cosa alcunae confidandosi che il re di Navarra potesse peralquanto di tempo con le forze proprie difendersiprocedettelentamente a mandargli il soccorso: donde avendovi il re d'Aragonail quale aveva astutamente nutrito le speranze del Navarrovoltatevicon somma celerità le genti preparate per unirsi con gliinghilesiil re di Navarranon essendo preparatodisperato dipotere resistere fuggí nella Bierna di là da' montiPirenei; e il reame di Navarra abbandonatoda alcune fortezze infuori che si guardavano per il re fuggitopervenne senza alcunaspesa e senza difficoltàe piú per la riputazionedella vicinità degli inghilesi che per le forze proprieinpotestà del re d'Aragona. Il qualenon potendo affermare dipossederlo legittimamente con altro titoloallegava l'occupazioneessere stata giuridicamente fatta per l'autorità della sediaapostolica: perché il ponteficenon saziato de' prosperisuccessi d'Italiaaveva poco innanzi publicata una bolla contro alre di Francia nella qualenominandolo non piú cristianissimoma illustrissimosottoponeva lui e qualunque aderisse a lui a tuttele pene degli eretici e scismaticiconcedendo a ciascuno facoltàdi occupare lecitamente le sostanze gli stati e tutte le cose loro; econ la medesima acerbitàsdegnato che nella città diLione fussino stati ricettati i cardinali e gli altri prelati fuggitida Milanoavea sotto gravissime censure comandato che la fierasolita a celebrarsi ogni anno quattro voltecon grandissimo concorsodi mercatantia Lionesi celebrasse in futuro nella città diGinevradonde già il re Luigi undecimoper beneficio delregno suol'aveva rimossa; e all'ultimo sottoposto allo interdettoecclesiastico tutto il reame di Francia. Ma il re d'Aragonapoichéebbe acquistato la Navarraregnobenché piccolo e di piccoleentrateper il sito suo molto opportuno e di sicurtà grandealle cose di Spagnaavea fisso nell'animo di non procedere piúoltrenon riputando a proposito suo la guerra col re di Francia dilà da' monti. Perciòe nel principio della giuntadegli inghilesi era stato tardo a preparare le forze suee dopol'acquisto di Navarrasollecitando gli inghilesi che unisse con lorole genti sue per andare insieme a campo a Baionacittà vicinaa Fonterabia e posta quasi in sul mare Oceanoproponeva altreimprese in luoghi distanti dal mare; allegandoBaiona esseretalmente fortificata e talmente proveduta di soldati che niunasperanza si poteva avere di ottenerla: alle quali cose contradicendogli inghilesiche dispregiavano qualunque acquisto nel ducato diGhienna senza Baionapoiché in queste dispute fu consumatomolto tempoinfastiditi gli inghilesi e riputandosi delusiimbarcatisi senza commissione o licenza del suo principese netornorno in Inghilterra. Donde il re di Franciarimanendo sicuro daquella partené temendo piú degli inghilesi chel'aveano assaltato per mareperchéalla finediventòcon l'armate marittime tanto potente che signoreggiava tutto il maredalla costa di Spagna insino alle coste di Inghilterradeliberòdi tentare di ricuperare la Navarra; dandogli animo a questooltrealla partita degli inghilesil'avere per i successi avversi diItalia ridotte tutte le sue genti nel regno di Francia.

Avevail re d'Aragonanel tempo che agli inghilesi dava speranza di farela guerrae per occupare tutto il reame di Navarramandato alcunegenti a San Giovanni Piè di Portoultimo confine del reame diNavarrae posto alle radici de' monti Pirenei di verso la Francia; edipoi cominciando ad augumentare le forze de' franzesi ne' luoghivicini v'aveva mandato con tutto il suo esercito Federico ducad'Alvacapitano generale della guerra: ma divenuto ultimatamentemolto superiore l'esercito franzesenel quale era venuto il delfinoCarlo duca di Borbone e Longavillasignori principali di tutta laFranciail duca di Alvafermatosi in alloggiamento forte tra 'lpiano e il monte aveva assai se proibisse che i franzesi nonentrassino nella Navarra. I qualinon potendo urtarlo in quel luogoper la fortezza del sitodeliberorno che il re di Navarra consettemila fanti del suo paesee con lui la Palissa con trecentolanciemovendosi da Salvatierra vicina a San Giovanni Piè diPortodove alloggiava tutto l'esercitopassassino per la via diValdironcales i monti Pireneie accostandosi a Pampalona metropolidella Navarranella quale i popolipreso animo dalla vicinitàde' franzesigià facevano per il desiderio del suo re moltesollevazionioccupassino il passo di Roncisvalleper il quale solosi conducevano alle genti spagnuole le vettovagliedelle quali nelluogo dove eranoper la sterilità del paesenon aveano copiaalcuna. L'effetto fu che il re di Navarra e la Palissaoccupatoprima il passo di... che è in sulla sommità de' montiPireneisforzorno il Borghetto terra posta a piè de' montiPireneidifesa da Baldes capitano della guardia del re d'Aragona conmolti fanti; e se colla celerità debita fussino andati aoccupare il passo di Roncisvallebastava la fame sola a espugnarel'esercito spagnuolocircondato da ogni parte dagli inimici e dapaesi oltre a modo difficili. Ma gli prevenne la celerità delduca d'Alva; il qualelasciati in San Gianni Piè di Portomille fanti e tutta l'artiglieriapassò a Pampalona per ilpasso di Roncisvalleinnanzi che essi vi entrassino. Onde frustratidi questa speranza il re di Navarra e la Palissaa' quali il delfinoavea di nuovo mandato [quattrocento] lancie e settemila fantitedeschisi accostorno a Pampalona con quattro pezzi d'artiglieriala quale con difficoltà grande per l'asprezza de' monti aveanocondotta; e dipoi dato l'assaltonon l'avendo ottenutacostrettidalla stagione del tempoche era del mese di dicembree dalmancamento delle vettovaglie per la sterilità del paeseripassorno i monti Pirenei; in su' qualiper la difficoltàde' passi e impedimenti de' paesanifurno costretti lasciarel'artiglierie: e nel tempo medesimo Lautrechche con trecento lanciee tremila fanti era entrato nella Biscaia predando e abbruciandotutto il paeseassaltata invano la terra di San Sebastianoripassati i monti tornò all'esercito. Il qualecessato iltimore e la speranza da ogni partesi dissolvé; rimanendolibero e pacifico tutto il regno di Navarra al re d'Aragona.

Nelqual tempo essendo venuto a luce che Ferdinandoche si chiamava ducadi Calavriafigliuolo già di Federico re di Napoliconvenutosecretamente col re di Franciatrattava di fuggire nell'esercitofranzesenon molto lontano dalla terra di Logrogno nella quale eraallora il refu mandato da lui nella fortezza di Sciativasolita ausarsi da' re aragonesi per carcere delle persone chiare o pernobiltà o per virtú; squartato per la medesima cagioneFilippo Coppola napoletanoil quale era andato occultamente al re diFrancia per queste cose; variando cosí la fortuna lo statodegli uomini che egli fusse squartato in servigio di colui dall'avolopaterno del quale il conte di Sarni suo padre era stato fattodecapitare. E faceva alle cose di Italia qualche momento l'essersiscoperta questa congiurala quale aveva avuto origine da un fratemandato occultamente a Ferdinando dal duca di Ferrara: perchéil re cattolico avendo già inclinazione di sodisfare alponteficesi accese molto piú per questo sdegno; in modo checomandò al viceré e all'oratore suo appresso alpontefice chequando a lui paressevoltassino l'esercito suo controa Ferraranon lo ricercando di altri danari che di quegli chefussino necessari a sostentarlo. Queste cose si feciono quello annoin Italia in Francia e in Ispagna.

Cap.vii

Speranzedi accordi del re di Francia e segrete trattative col vescovoGurgensecoi veneziani e col re d'Aragona. Suoi vani tentativi diaccordi con gli svizzeri. Dispareri nel consiglio del re di Franciaintorno alla politica da seguirsi rispetto ai veneziani e a Cesare;sforzi del re d'Aragona per conciliare i veneziani e Cesare.

Seguital'anno mille cinquecento tredicinon meno pieno di cose memorabiliche l'anno precedente. Nel principio del qualecessando l'armi daogni parteperché né i viniziani molestavano altri néalcuno si moveva contro a loroil viceré andato con tremilafanti a campo alla rocca di Trezzo l'ottennecon patto che con lecose loro partissino salvi quegli che vi erano dentro. Ma premevanogli animi di tutti i pensieri delle cose futuresapendosi che il redi Franciaessendo liberato dalle armi forestiere il regno suoepreso animo dall'avere soldato molti fanti tedeschi e accresciuto nonpoco il numero dell'ordinanza delle lancieniuna altra cosa piúpensava che alla recuperazione del ducato di Milano: la qualedisposizione benché nel re fusse ardentissimae desiderassesommamente accelerare la guerra mentre che le castella di Milano e diCremona si tenevano ancora per luinondimenoconsiderando quantadifficoltà gli facesse l'opposizione di tanti inimicinésicuro che la state prossima non l'assaltasse con apparatigrandissimi il re d'Inghilterradeliberava non muovere cosa alcunase o non separava dall'unione comune qualcuno de' confederati o nonsi congiugnesse co' viniziani. Delle quali cose che qualcuna potessesuccedere se gli eranoinsino l'anno precedentepresentate variesperanze. Perché il vescovo Gurgensequando da Roma andava aMilanoudito benignamente nel cammino uno familiare del cardinale diSan Severinomandatogli in nome della reina di Franciaaveva dipoimandato secretamente in Francia uno de' suoiproponendo che il res'obligasse ad aiutare Cesare contro a' vinizianicontraessesi ilmatrimonio tra la seconda figliuola del re con Carlo nipote diCesarealla quale si desse in dote il ducato di Milano; cedesse ilre alla figliuola e al futuro genero le ragioni le quali pretendevaavere al regno di Napolie perché la sicurtà di Cesarenon fussino le semplici parole e promesseche di presente venisse inpotestà sua la sposa; e che ricuperato che avesse il re ilducato di Milano fussino tenute da Cesare Cremona e la Ghiaradadda.Sperava medesimamente il re potersi congiugnere i vinizianisdegnatisommamente quando il viceré occupò Brescia e molto piúper le cose convenute poi a Roma tra 'l pontefice e Cesare: perciòinsino alloraaveva fatto venire occultissimamente alla corte AndreaGrittiil qualepreso a Bresciadimorava ancora prigione inFrancia; e operato che Gianiacopo da Triulziin cui moltoconfidavano i vinizianimandasse a Vinegiasotto simulazioned'altre faccendeun suo secretario. Offerivasigli similmente qualchesperanza di convenire col re di Aragona; il qualecome era consuetotrattare spesso le cose sue per mezzo di persone religioseavevaoccultamente mandato in Francia due fratiacciocchédimostrando avere zelo del bene publicocominciassino a trattare conla reina qualcosa attenente alla paceo universale o particolareintra i due re: ma di questo era piccola speranzasapendo il re diFrancia che egli si vorrebbe ritenere la Navarrae a lui essendomolto duro e pieno di somma indignità abbandonare quel recheper ridursi alla amicizia sua e sotto la speranza de' suoi aiuti eracaduto in tanta calamità.

Maniuna cosa piú premeva al re di Francia che il desiderio diriconciliarsi i svizzericonoscendo da questo dependere la vittoriacertissimaper l'autorità grandissima che aveva allora quellanazione per il terrore delle loro armie perché pareva cheavessino cominciato a reggersi non piú come soldati mercenariné come pastori ma vigilandocome in republica bene ordinatae come uomini nutriti nell'amministrazione degli statigli andamentidelle cosené permettendo si facesse movimento alcuno se nonsecondo l'arbitrio loro. Però concorrevano in Elvezia gliimbasciadori di tutti i príncipi cristiani; il pontefice equasi tutti i potentati italiani pagavano annue pensioni per esserericevuti nella loro confederazionee avere facoltà di soldareper la difesa propriaquando n'avessino di bisognosoldati diquella nazione: dalle quali cose insuperbitie ricordandosi checoll'armi loro avea prima Carlo re di Francia conquassato lo statofelice d'Italiae che coll'armi loro Luigi suo successore avevaacquistato il ducato di Milanorecuperata Genova e vinti ivinizianiprocedevano con ciascuno imperiosamente e insolentemente.E nondimeno al re di Franciaoltre a' conforti di molti particolaridella nazione e il persuadersi che gli avessino a muovere l'offertegrandissime di danaridava speranza che avendo quegli chegovernavano Milano convenuto cogli oratori de' svizzeriin nome diMassimiliano Sforzadi dare lorocome prima egli avesse ricevuta lapossessione del ducato di Milano e delle fortezzeducati centocinquantamilae per spazio di venticinque anni quarantamila ducaticiascuno annoricevendolo essi sotto la sua protezione e obligandosia concedere de' loro fanti a' suoi stipendinondimeno non avevanomai i cantoni ratificato. Perciònel principio dell'annopresentecon tutto che prima avesse tentato invano che gliimbasciadorii quali intendeva mandare a trattare di queste cosefussino uditiconsentí per poterlo fare di dare loro liberele fortezze di Valdilugana e di Lugarnaper ottenere con questoprezzo la udienza loro. Con tanta indignità cercavano ipríncipi grandi l'amicizia di quella nazione. Venne adunqueper commissione del re [monsignore] della Tramoglia a Lucernanelqual luogo era chiamata la dieta per udirlo; e benché raccoltocon lieta fronte conobbe presto esserein quanto al ducato diMilanovane le sue fatiche; perché pochi dí innanzisei de' cantoni avevano ratificato e suggellato i capitoli fatti conMassimiliano Sforzatre avevano deliberato di ratificaregli altritre mostravano di stare ancora ambigui. Perònon parlando piúdelle cose di Milanoproponeva che almanco aiutassino il re arecuperare Genova e Astiche nella capitolazione fatta conMassimiliano non si includevano. Alle quali dimande il Triulzio perdare favore fece instanza di potere andare alla dietasotto coloredi trattare cose sue particolari; e gli fu concesso il salvocondottoma con condizione che non trattasse di cosa alcuna attenente al re diFrancia: anzicome fu giunto a Lucernagli fu fatto comandamentoche non parlasse né in publico né in privato con laTramoglia. Finalmentecon consentimento comunefurono ratificati datutti i cantoni i capitoli fatti col duca di Milanodenegate tuttele dimande del re di Franciae aggiunto che non se gli concedessesoldare fanti di quella nazione per servirsene né in Italia néfuora d'Italia.

Perciòil reescluso da' svizzericonosceva essere necessario ilriconciliarsi o con Cesare o co' vinizianii quali nel tempomedesimo trattavano ancora [con] Cesare: perchécrescendonegli animi de' collegati il sospetto della riconciliazione loro colre di Franciaconsentiva Gurgense che essi ritenessino Vicenza. Madando animo al senato quelle medesime ragioni che facevano timoreagli inimicinegavano volere piú fare la pace se non sirestituiva loro Veronaricompensando Cesare con maggiore somma didanari: nella qual dimanda trovando difficoltàinclinatitanto piú all'amicizia franzeseconvennono col secretario delTriulzio di confederarsi col reriferendosi alle prime capitolazionifatte tra loroper le quali se gli dovevano Cremona e laGhiaradadda; ma il secretario espresse nella capitolazione che nientefusse valido se infra certo tempo non si approvava dal re. Nelconsiglio del quale erano varie disputequale fusse piú dadesiderareo la riconciliazione con Cesare o la confederazione co'viniziani. Questa piú approvavano Rubertetsecretario digrande autoritàil Triulzio e quasi tutti i principali delconsiglioallegando quel che l'esperienza presente avevacon tantodannodimostrato della incostanza di Cesarel'odio che aveva controal re e il desiderio di vendicarsi; penetrando massimeda autori nonleggieriessere state in questo tempo qualche volta parole suecheaveva fissa nell'animo la memoria di diciassette ingiurie ricevuteda' franzesie che essendogli venuta la facoltà di vendicarletutte non voleva perderne la occasione; né per altro effettotrattarsi queste cose da lui se non o per avereper mezzo dellariconciliazione fraudolentamaggiore comodità di nuocereoalmeno per interrompere quel che si sapeva trattarsi co' viniziani oper raffreddare le preparazioni della guerra; né si poterescusare né meritare compassione chi una volta ingannato da unotornava incautamente a confidarsi di lui. Replicava in contrario ilcardinale di San Severinomossocome dicevano gli avversaripiúper lo studio delle parti contro al Triulzio che per altre cagioni(perché in Milano aveva sempreinsieme co' fratelliseguitata la parte ghibellina): niuna cosa potere essere piúutile al re checol congiugnersi con Cesarerompere l'unione degliinimicimassime facendosi la congiunzione per mezzo tale che sipotesse sperare dovere essere durabile; essendo proprio de' príncipipreporre nelle loro deliberazioni sempre l'utilità allabenivolenza agli odii e all'altre cupidità. E quale cosapotere a Cesare fare beneficio maggiore che l'aiuto presente contro aviniziani? la speranza d'avere a succedere il nipote nel ducato diMilano? Separato Cesare dagli altrinon potereper l'interesse delnipote e per gli altri rispettiopporsi alla autorità sua ilre cattolico; né cosa alcuna potere piú spaventare ilpontefice che questa: e per contrario essere piena di indignitàla confederazione co' vinizianiavendo a concedere loro Cremona e laGhiaradaddamembri tanto propri al ducato di Milanoper larecuperazione de' quali aveva il re concitato tutto il mondo; enondimenose non si divideva la unione degli altrinon bastare aconseguire la vittoria la congiunzione co' viniziani. Prevalevafinalmente questa sentenza per l'autorità della reinadesiderosa della grandezza della figliuola; pur che si potesseottenere che insino alla consumazione del matrimonio si conservasseappresso alla madrela quale obligasse la fede sua di tenerla innome di Cesare come sposa destinata al nipotee di consegnarla almarito come prima l'età fusse abile al matrimonio: macertificato poi il reCesare non essere per convenire con questalimitazionepiú tosto queste cose essere state proposte dalui artificiosamente per dargli causa di procedere piúlentamente negli altri pensieririmosso l'animo da questa praticarivocò Asparot fratello di Lautrechpartito già dallacorte per andare a Gurgense con questa commissione. Da altra partecrescendo il timore dell'unione tra il re e i vinizianiil red'Aragona confortava Cesare alla restituzione di Veronaproponendogli il trasferireco' danari che arebbe da' viniziani econ l'esercito spagnuolola guerra nella Borgogna. Il medesimosentiva Gurgenseil qualesperando potere colla presenza muovereCesareritornò in Germania: seguitandolo non solo don PetroDurreavenuto secoma ancora Giovambatista Spinello conte diCarriatiimbasciadore del medesimo re appresso a' viniziani; avendoprima indotto il senatoacciocché nuove difficoltà noninterrompessino le speranze che si trattavanoa fare tregua conCesare per tutto il mese di marzodata la fede dagli oratoripredetti che Cesare restituirebbe Veronapur che a lui fussinopromessi in certi tempi dugento cinquantamila ducati e ciascuno annoducati cinquantamila.

Cap.viii

Mortedi Giulio II: giudizio dell'autore. Occupazione di Piacenza e diParma da parte del viceré. Elezione di Leone X; sue promessedi benevolenza verso i cardinali scismatici. Magnifica incoronazionedel nuovo pontefice.

Inquesta agitazione di cose e in tempi tanto gravi sopravenne lainfermità del ponteficepieno (perché dall'avereottenuto le cose desiderate non si diminuiscono ma si accresconosempre i disegni) di maggiori voglie e concetti che forse fusse statoinnanziper tempo alcuno. Perché aveva deliberato di farealprincipio della primaverala impresa tanto desiderata di Ferrara; laquale cittàessendo abbandonata da tutti gli aiutiedovendovi andare oltre alle genti sue l'esercito spagnuolosicredeva avesse a fare piccola resistenza: aveva comperatosecretamenteper prezzo di trentamila ducati da Cesare la cittàdi Siena per il duca d'Urbino; al qualeper conservarsi intera lagloria d'avere pensato schiettamente alla esaltazione della Chiesanon aveada Pesero infuoravoluto mai concedere cosa alcuna dellostato ecclesiastico; conveniva prestare a Cesare quarantamila ducatiricevendone in pegno Modena; minacciava i lucchesi che ne' travaglidel duca di Ferrara avessino occupato la Garfagnanainstando ladessino a lui; e sdegnato col cardinale de' Medici per parergli cheaderisse piú al re cattolico che a sée per conosceredi non potere disporre come si aveva presupposto di quella cittàgià aveva nuovi disegni e nuove pratiche per alterare lo statodi Firenze: sdegnato col cardinale sedunenseperché di statie di beni di diverse persone nello stato di Milano aveva attribuito asé entrata di piú di trentamila ducati l'annogliaveva tolto il nome del legato e chiamatolo a Roma: avevaacciòche le cose del duca di Urbino in Sienaper la intelligenza de'vicinifussino piú stabilicondotto di nuovo Carlo Baglioneper cacciare Giampaolo di Perugia congiuntissimo di affinitàco' figliuoli di Pandolfo Petruccisuccessori della grandezzapaterna: voleva costituire in Genova nuovo doge Ottaviano Fregosorimosso Ianus di quella degnità; consentendo a questo glialtri Fregosi perchéper il grado il quale v'avevano tenuto isuoi maggioripareva che piú a lui si appartenesse: pensavaassiduamente come potesse o rimuovere di Italia o opprimere conl'aiuto de' svizzerii quali soli magnificava e abbracciaval'esercito spagnuoloacciò cheoccupato il regno napoletanoItalia rimanesse (queste parole uscivano frequentemente della boccasua) libera da' barbari; e a questo fine aveva impedito che isvizzeri non si confederassino col re cattolico. E nondimenocome sein potestà sua fusse percuotere in un tempo medesimo tutto ilmondocontinuando nel solito ardore contro al re di Franciacontutto che avesse udito uno messo della reinaconcitava il re diInghilterra alla guerra; al quale aveva ordinato cheper decreto delconcilio lateranensesi trasferisse il nome del re cristianissimo;sopra la qual cosa era già scritta una bollacontenendosi inessa medesimamente la privazione dalla degnità e dal titolo dire di Franciaconcedendo quel regno a qualunque lo occupasse. Inquesti tali e tanti pensierie forse ancora in altri piúocculti e maggiori (perché nello animo tanto feroce non eraincredibile concetto alcuno quantunque vasto e smisurato)l'oppressedopo infermità di molti giornila morte. Dallaquale sentendosi prevenirefatto chiamare il concistorioal qualeper la infermità non poteva intervenire personalmentefececonfermare la bolla publicata prima da lui contro a chi ascendesse alpontificato per simoniae dichiarare la elezione del successoreappartenere al collegio de' cardinali e non al concilioe che icardinali scismatici non vi potessino intervenire: a' quali disse cheperdonava l'ingiurie fatte a sée che pregava Dio cheperdonasse loro le ingiurie fatte alla sua Chiesa. Supplicòpoi al collegio de' cardinali cheper fare cosa grata a séconcedessino la città di Pesero in vicariato al duca diUrbino; ricordando che per opera principalmente di quel duca erastataalla morte di Giovanni Sforzaricuperata alla Chiesa. Inniuna altra cosa dimostrò affetti privati o propri; anzisupplicando instantemente madonna Felice sua figliuolae per suaintercessione molti altriche creasse cardinale [Guido] daMontefalco perché erano nati di una medesima madrerisposeapertamente non essere persona degna di quel grado: e ritenendo intutte le cose la solita costanza e severitàe il medesimogiudicio e vigore d'animo che aveva innanzi alla infermitàricevuti divotamente i sacramenti ecclesiasticifinílanotte innanzi al vigesimo primo dí di febbraio essendo giàpropinquo il giornoil corso delle fatiche presenti. Principed'animo e di costanza inestimabile ma impetuoso e di concettismisuratiper i quali che non precipitasse lo sostenne piú lariverenza della Chiesala discordia de' príncipi e lacondizione de' tempiche la moderazione e la prudenza. Degnocertamente di somma gloria se fusse stato principe secolareo sequella cura e intenzione che ebbe a esaltare con l'arti della guerrala Chiesa nella grandezza temporale avesse avuta a esaltarla conl'arti della pace nelle cose spirituali: e nondimenosopra tutti isuoi antecessoridi chiarissima e onoratissima memoria; massimamenteappresso a coloro i qualiessendo perduti i veri vocaboli dellecosee confusa la distinzione del pesarle rettamentegiudicano chesia piú officio de' pontefici aggiugnerecon l'armi e colsangue de' cristianiimperio alla sedia apostolica chel'affaticarsicon lo esempio buono della vita e col correggere emedicare i costumi trascorsiper la salute di quelle animeper laquale si magnificano che Cristo gli abbia costituiti in terra suoivicari.

Mortoil ponteficeil viceré di Napoliandato co' soldatispagnuoli verso Piacenzacostrinse quella città a ritornarecome già solevasotto l'imperio de' duchi di Milano:l'esempio de' piacentini seguitornoper il medesimo terroreiparmigiani. Da altra parteil duca di Ferrararicuperate subito leterre di Romagnasi accostò a Reggio; ma non si movendodentro cosa alcuna non ebbe ardire di fermarvisiperchél'esercito spagnuolo si era disteso ad alloggiare tra Piacenza eReggio. Niuno altro movimento fu nello stato della Chiesanésentí Roma o il collegio de' cardinali alcuna di quelledifficoltà che avea sentite nella morte de' due prossimipontefici: peròfinite secondo l'uso l'esequieentroronopacificamente nel conclave ventiquattro cardinali; avendo primaconceduto che il figliuolo del marchese di Mantovache era appressoa Giulio per staticolibero dalla fede datapotesse ritornarsene alpadre.

Nelconclave fu la prima cura moderare con capitoli molto strettil'autorità del futuro ponteficeesercitatacome dicevanodal morto troppo impotentemente: benché non molto poi (comedegli uomini alcuni non hanno ardire di opporsi al principealtriappetiscono di farselo benevolo) gli annullorno da loro medesimiquasi tutti. Elessono il settimo dínon discrepando alcunoin pontefice Giovanni cardinale de' Mediciil quale assunse il nomedi Leone decimodi età d'anni trentasette; cosasecondo laconsuetudine passatamaravigliosae della quale fu principalecagione la industria de' cardinali giovaniconvenutisi molto primatacitamente insieme di creare il primo pontefice del numero loro.Sentí di questa elezione quasi tutta la cristianitàgrandissimo piacerepersuadendosi universalmente gli uomini cheavesse a essere rarissimo ponteficeper la chiara memoria del valorepaterno e per la famache risonava per tuttodella sua liberalitàe benignità; stimato casto e di integerrimi costumi; esperandosi che a esempio del padre avesse a essere amatore de'letterati e di tutti gl'ingegni illustri: la quale espettazioneaccresceva l'essere stata fatta l'elezione candidamentesenzasimonia o sospetto di macula alcuna. E pareva già che Iddiocominciasse ad approvare questo pontificatoperché il quartodí dalla elezione vennono in sua potestà i cardinaliprivati di Santa Croce e di San Severino. I qualiintesa la morte diGiulioandavano per mare a Romaaccompagnati da... Solierimbasciadori del re di Francia; ma intesa nel porto di Livornooveerano sortiessere eletto il cardinale de' Medici in nuovoponteficeconfidatisi nella sua benignitàe specialmenteSanseverino nella amicizia stretta che aveva avuto seco e colfratelloimpetrato salvocondottodal capitano di Livornoil qualenon si stendeva oltre a' limiti della sua giurisdizionediscesono interrae dipoinon ricercata altra sicurezzaspontaneamente andornoa Pisa: nella quale città raccolti onoratamentee dipoicondotti a Firenzeerano onestamente custoditidi maniera che nonaveano facoltà di partirsi: cosí desiderando ilpontefice. Il qualemandato il vescovo d'Orvietogli confortòcon parole molto benigne cheper sicurtà loro e per pacedella Chiesasoprasedessino in Firenze insino a tanto sideterminasse in che modo avessino a andare a Roma; e cheessendostati privati giuridicamente e confermata la privazione nel conciliolateranensenon andassino piú in abito di cardinaliperchéfacendo segni d'umiliarsifaciliterebbono a lui il ridurresecondoche aveva in animo di farein porto le cose loro.

Fula prima azione del nuovo pontificato la incoronazione suafattasecondo l'uso degli antecessori nella chiesa di San GiovanniLateranocon tanta pompacosí dalla famiglia e corte suacome da tutti i prelati e da molti signori che vi erano concorsi edal popolo romanoche ciascuno confessò non avere mai vedutoRomadopo le inondazioni de' barbaridí piú magnificoe piú superbo che questo. Nella quale solennità portòil gonfalone della Chiesa Alfonso da Esti; il qualeottenuta lasospensione dalle censureera andato a Romacon speranza grande dicomporreper la mansuetudine del ponteficele cose sue: portòquello della religione di Rodi Giulio de' Mediciarmatoin su unogrosso corsiere; inclinato dalla volontà sua alla professionedell'armi ma tirato da' fati alla vita sacerdotalenella qualeavesse a essere esempio maraviglioso della varietà dellafortuna. E fece questo dí piú memorabile e di maggioreammirazione il considerare che colui che ora pigliavacon sírara pompa e splendorele insegne di tanta degnità era statonel dí medesimol'anno dinanzifatto miserabilmenteprigione. Confermò questa magnificenza appresso al volgo laespettazione che si aveva di luipromettendosi ciascuno che Romaavesse a essere felice sotto uno pontefice ornato di tanta liberalitàe di tanto splendore; perché era certo essere stati spesi dalui in questo dí centomila ducati: ma gli uomini prudentidesiderorno maggiore gravità e moderazionegiudicando néconvenire tanta pompa a' ponteficiné essere secondo lacondizione de' tempi presenti il dissipare inutilmente i danariaccumulati dal precessore.

Cap.ix

Treguafra il re di Francia e il re d'Aragona. Preoccupazioni in Italia perla conclusione della tregua. Ragioni che spingono il re di Franciaalla nuova impresa d'Italia. Confederazione fra i veneziani e il redi Francia.

Mané la mutazione del pontefice né altri accidentibastavano a stabilire la quiete d'Italiaanzi già apertamentecominciavano a indirizzarsi le cose alla guerra. PerchéCesarealieno totalmente dalla restituzione di Veronaparendoglirimanere privato della facilità di entrare in Italiacontutto che fusse stata prolungata la tregua per tutto apriledisprezzò le condizioni dell'accordo trattato a Milano; einfastidito della instanza che gli facevano gli oratori del recattolicodisse al conte di Carriati cheper la inclinazione che dalui si dimostrava a' vinizianiconveniva che fusse chiamato piúpresto imbasciadore viniziano che spagnuolo: ma augumentòmolto piú questa disposizione la tregua la quale tra i recristianissimo e cattolico fu fattaper uno annosolamente per lecose di là da' monti; per la quale al re di Francialiberatoda' sospetti di verso Spagnasi dava facilità grandissima dirinnovare la guerra nel ducato di Milano. Aborriva in ognitempo ilre cattolico d'avere la guerra di là da' monti co' franzesiperché non essendo potente di danarie per questo costrettoad aiutarsi delle forze de' signori e de' popoli di Spagnao nonaveva gli aiuti pronti o bisognava che nel tempo della guerra stessecon loro quasi come in subiezione: ma in questo tempo massimamenteera confermato il suo antico consiglioperché colla quiete sistabiliva meglio il regno nuovamente acquistato di Navarrama moltopiú perchéessendo dopo la morte della reina Isabellanon piú re ma governatore di Castiglianon aveva tantofondata ne' tempi turbolenti l'autorità sua; e aveva vedutol'esperienza frescamente nella difesa di Navarradella quale se benefusse stato felice il fine non era però cheper la lentezzade' soccorsinon si fusse ridotto in molti pericoli. A' quali nonvolendo piú ritornarecontrassenon sapendo ancora la mortedel ponteficela tregua; con tutto che non fusse publicata innanzisapesse l'elezione del nuovo. E allegavaper giustificazione diquesta inaspettata deliberazioneessergli stata violata la lega dalpontefice e da' vinizianiperché dopo la giornata di Ravennanon avevano mai voluto pagare i quarantamila ducaticome eranotenuti mentre che il re di Francia possedeva cosa alcuna in Italia:egli solo avere pensato al bene comune de' confederati néattribuito a sé i premi della vittoria comunenépossedere in Italia una piccola torre piú di quello chepossedeva innanzi alla guerra; ma il papa avere pensato alparticolare e fatte sue proprie le cose comunioccupato ParmaPiacenza e Reggioné pensato ad altro che a occupare Ferrara;la quale sua cupidità aveva disturbato l'acquistare lefortezze del ducato di Milano e la Lanterna di Genova: avere egliinterposta tutta la sua diligenza e autorità per la concordiatra Cesare e i vinizianima il pontefice essersi per gli interessipropri precipitato a escludergli dalla lega; nella qualcosa averefatto imprudentemente gli oratori suoiche non avendo consentitoperché cosí sapeano essere la mente suache e' fussenominato nel capitolo nel quale si introduceva la confederazionel'avessino lasciato nominare in quello nel quale si escludevano iviniziani; né avere in questo maneggio corrisposto i vinizianial concetto che si aveva della prudenza loroavendo tenuto tantoconto di Vicenza cheper non perderlanon avessino voluto liberarsida' travagli della guerra: essergli impossibile nutriresenza ipagamenti che gli erano stati promessil'esercito che aveva inItaliae manco essergli possibile sostenere tutta la guerra a'confini de' regni suoicome conosceva desiderare e procurare tuttigli altri: né dissimulare il pontefice il desiderio giàindirizzato di torgli il regno di Napoli. E nondimeno non muoverloqueste ingiurie a pensare di abbandonare la Chiesa e gli altri diItaliaquando trovasse la corrispondenza convenientei qualisperava checommossi da questa tregua col resarebbeno piúpronti a convenire seco per la difesa comune. Inserí nelloinstrumento della tregua il nome di Cesare e del re di Inghilterracon tutto che con loro non avesse comunicato cosa alcuna; e fu cosaridicola che ne' medesimi dí che la si bandiva solennementeper tutta Spagna venne uno araldo a significargliin nome del red'Inghilterragli apparati potentissimi che e' faceva per assaltarela Francia e a sollecitare che egli medesimamente movessesecondoche aveva promessola guerra dalla parte di Spagna.

Latregua fatta in questo modo spaventò sommamente in Italia glianimi di coloro a' quali era molesto lo imperio de' franzesitenendosi quasi per certo da tutti che il re di Francia non avesse atardare a mandare l'esercito di qua da' monti e cheperl'ostinazione di Cesare alla pacei viniziani avessino a unirsiseco; a' quali resistere pareva molto difficileperchél'esercito spagnuoloancora che dallo stato di Milano afflitto daspese infinite avesse tratto alcuna volta qualche somma di danarinon aveva piú modo a sostentarsi. Del nuovo pontefice non sicomprendeva ancora quale fusse la intenzione: perchébenchésecretamente desiderasse che la potenza del re di Francia avesse pertermine i montinondimenonuovo nel pontificatoe confuso non menoche gli altri dalla tregua fatta dal re cattolico nel tempo che sicredeva avesse applicati i pensieri alla guerrastava coll'animomolto sospeso; sdegnato ancora chericercando con grande instanzache alla Chiesa fussino restituite Parma e Piacenzail darnesperanza era prontol'esecuzione procedeva lentamente; desiderandotutti gli altri conservarle al ducato di Milanoe per avventurasperando che il desiderio di recuperarle lo inducesse alla difesa diquello stato. Parevano piú certo e piú potente presidioi svizzeri maconsiderando non potersi né da MassimilianoSforza né da altri pagare i danari chesecondo leconvenzionierano necessari al muoverglisi temeva che nel maggiorebisogno ricusassino di scendere nello stato di Milano.

Daaltra parte il re di Franciafatta che ebbe la treguadeliberòdi mandare l'esercito in Italiadandogli speranza alla vittoria leragioni dette di sopra; alle quali s'aggiugneva il sapere che ipopoli dello stato di Milanovessati da tante taglie e rapine de'svizzeri e dagli alloggiamenti e pagamenti fatti agli spagnuolidesideravano ardentemente di ritornare sotto il dominio suoavendoper l'acerbità degli altriconosciuto esserein comparazionelorodesiderabile lo imperio de' franzesi. Anzi molti gentiluominiparticolari di quel ducatoper messi propriindiritti chi al re chial Triulzio (il quale il reacciocché di luogo piúpropinquo trattasse co' milanesiavea mandato a Lione)confortavanoa non differire a mandare l'esercito; promettendosubito che avessepassato i montidi pigliare scopertamente l'armi per lui. Némancavano gli stimoli assidui del Triulzio e degli altri fuoruscitichesecondo il costume di chi è fuori della patriaproponevano la impresa dovere essere molto facilemassimamentecongiugnendosi seco i viniziani. E lo costrigneva ad accelerare ilconfidare di prevenirecolla fine di questail principio dellaguerra del re di Inghilterra: la quale non poteva cominciare se nondopo il corso di qualche meseperché quel regnoessendo giàmolti anni stato in paceera sproveduto d'armadured'artiglierie equasi di tutte le cose necessarie alla guerranon aveva cavalli dacombattere perché gli inghilesi non conoscono altra miliziache la pedestree quella non essendo esperimentataera necessitatoperché voleva passare in Francia potentissimosoldare numerogrande di fanti tedeschi: cose che senza lunghezza di tempo non sipotevano spedire. Costrigneva similmente il read accelerareiltimore che le fortezze non si perdessino per mancamento divettovaglie; e specialmente la Lanterna di Genovala quale pochi díinnanzi non gli era succeduto di rinfrescare per una nave mandata aquesto effetto: la quale da Arbingainsino dove era stataaccompagnata da tre navi e da uno galeoneentrata nell'alto mare colvento prosperoper la forza del quale passata per mezzo de' legnigenovesi si era accostata al castellosurta in sull'ancore e dato ilcavo alla fortezzagià cominciava a scaricare le vettovagliee le munizioni che avea portate; ma Andrea Doriaquel che poi futanto felice e famoso in sul mareentrato con pericolo grandeconuna nave grossa della quale era padronetra la Lanterna e la navefranzesee tagliato il cavo dato alla fortezza e i cavi delleancorecombattendo egregiamente e nel combattere ferito nel voltola conquistò.

Deliberatoadunque il re non differire il dare cominciamento alla guerra (alqual fineper essere parato a ogni occasioneavea prima mandatomolte lancie ad alloggiare nella Borgogna e nel Dalfinato) ristrinsele cose trattate già molti mesi co' vinizianima allentatealquanto dall'una parte e dall'altraperché e il re avevatenuto sospeso ora la speranza della pace con Cesare ora il dimandareessi pertinacemente Cremona e la Ghiaradaddae nel senato eranostati vari pareri. Perché molti di autorità grandenella republica proponevano la concordia con Cesaredimostrandoessere piú utile alleggerirsi al presente da tante spese eliberarsi da' pericoliper potere piú prontamente abbracciarel'occasioni che si offerissinocheessendo la republica affaticatae indebolite le sostanze de' privatiimplicarsi in nuove guerre incompagnia del re di Francia; della amicizia del quale quanto fussefedele e sicura avevano sí fresca l'esperienza: nondimenoparendo alla maggiore parte rare volte potere venire tale occasionedi recuperare l'antico stato loroe che la concordia con Cesareritenendosi Veronanon gli liberasse dalle molestie e da' pericolisi risolverono a fare la confederazione col re di Francialasciatoda parte il pensiero di Cremona e della Ghiaradadda. La quale perAndrea Grittiche già sosteneva piú la persona diimbasciadore che di prigionefu conchiusa nella corte del re: nellaqualepresupposta la liberazione di Bartolomeo da Alviano e diAndrea Grittisi obligorono i viniziani di aiutarecon ottocentouomini d'arme mille cinquecento cavalli leggieri e diecimila fantiil re di Francia contro a qualunque se gli opponesseallarecuperazione di Asti di Genova e del ducato di Milano; e il re siobligò ad aiutare loro insino a tanto ricuperassinointeramente tutto quello possedevanoinnanzi alla lega di Cambraiin Lombardia e nella marca trivisana; e che al re s'appartenessinoCremona e la Ghiaradadda. La quale confederazione subito che fustipulataandorno a Susa Giaiacopo da Triulzi e Bartolomeod'Alvianol'uno per andare poi per la via piú sicura aVinegial'altro per unire quivi l'esercito destinato alla guerrache era mille cinquecento lancie ottocento cavalli leggieri equindicimila fanti (ottomila tedeschigli altri franzesi); tuttisotto il governo di [monsignore] della Tramogliadeputato dal reperché le cose procedessino con maggiore riputazionesuoluogotenente.

Cap.x

Dubbidel re di Francia per il contegno e gli atti del pontefice. Cautocontegno di questo. Ambiguo contegno del viceré. Primeirrequietudini in Milano per l'avvicinarsi dei francesi. La partenzadel viceré dalla Trebbia e suo improvviso ritorno. Suoatteggiamento d'attesa degli avvenimenti.

Facevain questo tempo medesimo il recon sommi prieghiinstanza colpontefice che non gli impedisse la recuperazione del suo ducatoofferendogli non solamente che dopo la vittoria non procederebbe piúoltre ma che sempre farebbe la pace ad arbitrio suo. Le quali cosebenché il pontefice udisse benignamente e cheacciòche con maggiore fede fussino ricevute le parole sueusasse atrattare col re l'opera e il mezzo di Giuliano suo fratellonondimeno molte cose lo facevano sospetto al re: la memoria dellecose precedenti al pontificato; l'avere il ponteficesubito che fuassuntomandato a lui Cintio suo familiare con uno breve e con umanecommissionima tanto generali che arguivano non avere l'animoinclinato a lui: l'avere il pontefice consentito che Prospero Colonnafusse eletto capitano generale del duca di Milanoil che Giulioperl'odio contro a' Colonnesiaveva sempre vietato. Insospettivalomolto piúche il pontefice aveva significato al re diInghilterra volere continuare nella confederazione fatta con Cesarecol re cattolico e con luie alle comunità de' svizzeri avevascritto quasi dimostrando di esortargli alla difesa d'Italia; nédissimulava volere continuare con loro la confederazione fatta daGiulioper la qualericevendo ogni anno ventimila ducati da luisierano obligati alla protezione dello stato ecclesiastico. Era anchesegno del suo animo il non avere ricevuto in grazia il duca diFerrarama differita con varie scuse la restituzione di Reggioinsino a tanto che a Roma venisse il cardinale suo fratello; ilqualeper fuggire le persecuzioni di Giulio e l'instanza del re diFrancia che andasse al concilio pisanose ne era andato ad Agria suovescovado in Ungheria. Ma piú che di alcuna di queste coserendeva sospetto il pontefice l'averebenché piúoccultamente gli fusse stato possibileconfortato il senatoviniziano a convenire con Cesarecosa tutta contraria all'intenzionedel re; il quale aveva ancora interpetrato in mala parte che 'l papadimostrando di muoversi non per altro che per l'officio pontificalegli aveva scritto uno breve esortatorio a non muovere l'armiainclinare a finire la guerra con onesta composizionecosa che per sestessa il re non arebbe biasimata seper il medesimo desiderio dellapaceavesse confortato il re di Inghilterra a non molestare laFrancia.

Ecertamente non era vano il sospetto del reperché ilpontefice desiderava sommamente che i franzesi non avessino piúsedia in Italiao perché gli paresse piú utile per lasicurtà comune o per la grandezza della Chiesa o perchégli risedesse nell'animo la memoria delle offese ricevute dallacorona di Francia: alla quale se bene il padre e gli altri suoimaggiori fussino stati deditissimie n'avessino in vari accidentiriportato comodità e onorenondimeno era piú frescoche i suoi fratelli ed egli erano stati cacciati di Firenze per lavenuta del re Carlo; e che questo presente refavorendo il governopopolareo gli aveva sempre dispregiati o se alcuna volta si eradimostrato inclinato a loro l'aveva fatto per usargli comeinstrumenti a tirare per questo sospetto i fiorentini a convenzioniutili a sé propriodimenticandosi di loro interamente.Aggiugnevasi per avventura lo sdegno di essere statodopo lagiornata di Ravennamenato prigione a Milano e che il re avevacomandato fusse condotto in Francia. Ma quantunqueo per questecagioni o per altreavesse questa disposizioneil non vedere ifondamenti potenticome arebbe desideratoa resistere lo facevaprocedere cautamente e dissimulare quanto poteva il concetto suoudendo sempre cupidamente le dimande e le instanze che gli eranofatte contro al re.

Perchéi svizzeriinclinatissimi a muoversi per difendere il ducato diMilanoofferivano muoversi con numero molto maggiore purchégli fusse porta quantità mediocre di danari; la qualeper laimpotenza degli altrinon si poteva sperare se non dal pontefice. Madel viceré erano incerti i consiglivarie e occulte leparole: perché ora offeriva al pontefice di opporsi a'franzesidiscendendo egli medesimamente apertamente nella causamandando a unirsi con lui le sue genti e pagando per tre mesiquantità non piccola di fanti; e perché piúfacilmente si credessechiamati i suoi soldati del parmigiano e delreggianosi era fermato con l'esercito in sul fiume della Trebbiaed essendo ancora alcuni de' suoi soldati alla guardia di Tortona edi Alessandriai quali mai non avea mossi; ora affermava averericevuto comandamento del suo renel tempo medesimo che glisignificò l'avere fatta la treguadi ridurre l'esercito nelreame di Napoli. Altrimenti parlava Ieronimo Vich oratore appresso alponteficeconfermandosi in questo con quello che prometteva il suore: che pigliando il pontefice la difesa di Milanoeglinon avendorispetto alla tregua fattaromperebbe la guerra in Francia; il chediceva essergli lecito senza violare la fede data. Perciòmolti credettono che quel retemendo che per la tregua fatta niunofusse per opporsi al re di Franciaavesse comandato al viceréchein caso non vedesse gli altri concorrere caldamente alla difesadel ducato di Milanoche cercando di non provocare con ingiurienuove il re di Franciariducesse l'esercito a Napoli: per la qualcagione medesima dimostrava al re d'avere l'animo inclinato allapaceofferendo di indurvi eziandio Cesare e il re di Inghilterra; eper renderlo manco acerbo secoin caso recuperasse Milanoglifaceva promessa quasi certa che 'l suo esercito non se gliopporrebbe. Perciò il viceréavendo in animo dipartirsirichiamò i soldati che sotto il marchese di Pescaraerano in Alessandria e in Tortonasignificando (come fu fama) neltempo medesimo al Triulzio la sua deliberazioneacciò che ilre di Francia ricevesse in grazia la partita. Ma non eseguísubito questo consiglioperché i svizzeriardentissimi alladifesa del ducato di Milanoaveano per publico decreto mandaticinquemila fanti e davano speranza di mandarne numero molto maggiore;anzi dimostrandoil contrariomandò Prospero Colonna atrattare co' svizzeri in qual luogo si avessino a unire insiemecontro a' franzesio perché avesse ricevuto avviso a Cesareessere stata molestissima la tregua fattao dal suo re nuovecommissioni che seguitasse la volontà del pontefice; il qualecombattendo in lui da una parte la piccola speranza dall'altra lapropria inclinazioneperseverava ancora nelle medesime perplessità.E nondimenoessendo i svizzeri venuti nel tortoneseove Prosperoaveva data intenzione che il viceré verrebbe a unirsiinterponendo varie scusegli ricercò che venissino a unirsiin sulla Trebbia: dalla quale domanda essi comprendendo la diversitàdella volontà dalle parolerisposono ferocemente nonricercare questo il viceré per andare a mostrare la fronteagli inimici ma per voltare con sicurtà maggiore le spallenon importare niente a' svizzeri se aveva timore di combattere co'franzesiquel medesimo stimare il suo andare il suo stare il suofuggirsi; essi bastare soli a difendere il ducato di Milano contro aciascuno.

Magià tumultuava tutto il paese: il conte di Musocco figliuolodi Giaiacopo eranon si opponendo alcunoentrato in Asti e poi inAlessandria; i franzesipartiti da Susasi facevano innanzi; ilduca di Milanonon essendo stato a tempo a entrare in Alessandriasi uní co' svizzeri appresso a Tortona; ove essendo statosignificato loro apertamente dal viceré che aveva deliberatodi partirsise ne andorono a Novara. I milanesialla fama dellapartita del vicerémandorono imbasciadori a Novara a scusarsicon lui senon avendo chi gli difendesseper fuggire gli ultimimali convenissino co' franzesi; il quale dimostrò di accettarebenignamente la loro escusazioneanzi gli commendò che allasalute della patria comune pietosamente pensassino. In sulla qualeoccasione Sacramoro Viscontedeputato all'assedio del castellorivoltatosi alla fortuna de' franzesivi messe dentro vettovaglie.

Partíadunque il viceré dalla Trebbia con tutto l'esercitonelquale erano mille dugento uomini d'arme e ottomila fantiperritornarsene nel reamecome disperate le cose di Lombardiae peròpensando solamente alla salvazione dell'esercito: ma il dímedesimomentre che camminavaricevute tra Piacenza e Firenzuolalettere da Romavoltate subitamente le insegnetornò nelmedesimo alloggiamento. La cagione fu che il ponteficeal qualeerano state quasi ne' dí medesimi restituite Piacenza e Parmadeliberato di tentare se per mezzo de' svizzeri si potesse difendereil ducato di Milanodette occultissimamente a Ieronimo Moroneimbasciadore del duca appresso a séquarantaduemila ducatiper mandare a' svizzeri; ma sotto nomese pure pervenisse a notiziadi altriche ventimila fussino per conto delle pensioniventiduemila per quello che i tre cantoni pretendevano dovere averedallo antecessoreil quale aveva sempre ricusato di pagargli.

Perla ritornata del viceré in sulla Trebbia e per la fama dellavenuta di nuovi svizzerii milanesipentitisi di essersi mossitroppo prestodavano speranza a Massimiliano Sforza di ritornaresotto il dominio suoogni volta che i svizzeri e l'esercitospagnuolo si unissino in sulla campagna. Le quali speranze pernutrireil viceréappresso al quale era Prospero Colonnagittava il ponte in sul Popromettendo continuamente di passare manon lo mettendo a effetto; perchépensando principalmentealla salute dell'esercitodeliberava procedere secondo i successidelle coseparendogli molto pericoloso dovere avere alla fronte ifranzesialle spalle l'esercito veneto; il qualeoccupata giàla città di Cremona e gittato il ponte alla Cava in sul Pogli era vicino.

 

Cap.xi

Primeimprese dei venezianie dedizioni di città del ducato diMilano ai francesi. Fazioni vittoriose dei tedeschi nel veronese.Genova ridotta alla devozione del re di Francia.

EraBartolomeo d'Alviano andato da Susaper lungo circuitoa Vinegia;doveavendo ne' loro consiglipoi che della rotta di Ghiaradaddaebbesenza contradizioneriferita la colpa nel conte di Pitiglianoparlato magnificamente della presente guerrafu eletto dal senatoper capitano generalecon le medesime condizioni con le quali avevaquel grado ottenuto il conte di Pitigliano eper avventurail dímedesimo (tanto spesso si ride la fortuna della ignoranza de'mortali) nel qualequattro anni innanziera venuto in potestàdegli inimici: onde subito andato all'esercitoche si raccoglieva aSan Bonifazio nel veroneseessendo seco Teodoro da Triulzi comeluogotenente del re di Franciasi accostò con grandissimaceleritàil dí medesimo che l'esercito franzese simosse da Susaalle porte di Verona; nella quale città avevanocongiurato alcuni per riceverlo dentro. Ma il dí seguenteentrorno in Veronaper il fiume dell'Adicecinquecento fantitedeschi; ed essendo venuto a luce quel che dentro si trattaval'Alvianoperduta la speranza di ottenerladeliberòcontroall'autorità del proveditore venetodi andare verso il fiumedel Poper impedire gli spagnuoli osecondo i progressi delle coseunirsi co' franzesi. Né significò questa deliberazioneal senato se non poi cheper uno alloggiamentosi fu discostato daVerona: perchécon tutto che allegasse dependere interamentela somma del tutto da quel che succederebbe del ducato di Milano eprocedendo in quello avversamente a' franzesi le cosevano essere enon durabile ciò che in altro luogo si tentasse o ottenesseeperò doversi quanto era possibile aiutare quivi la vittoriadel re di Francianondimeno temevané vanamenteche ilsenato non contradicessenon tanto per desiderio che primas'attendesse alla recuperazione di Verona e di Brescia quanto perchéalcuni degli altri condottieri dannavano il passare il fiume delMinciose prima de' progressi de' franzesi non s'aveva piúparticolare notizia; dimostrandose sopravenisse qualche sinistroquanto sarebbe difficile il ritirarsi salviavendo a passare per ilveronese e mantuanopaesi o sudditi o divoti a Cesare.Arrenderonsigliimpaurite da' suoi minacciValeggio e la terra diPeschiera: ondespaventatoil castellano dette la roccaricevutapiccolissima quantità di danari per sé e per alcunifanti tedeschi che vi erano dentro. Entrorno ne' dí medesimiin Bresciain favore de vinizianialcuni de' principali dellamontagna con molti paesanie nondimeno l'Alvianobenchépregato dagli imbasciadori bresciani che lo trovorno a Gamberaefacendone instanza il proveditore vinizianonon volle consentire diandare a Bresciaper dimorarvi pure un dí solo a fine sirecuperasse la fortezzaguardata in nome del viceré: tantoera l'ardore di proseguire senza alcuna intermissione la primadeliberazione. Con la quale celerità venuto alle porte diCremonae trovando che nel medesimo tempo vi entravapure in favoredel re di FranciaGaleazzo Palavicino chiamato da alcuni cremonesinon volendo comunicare ad altri la gloria d'averla ricuperataroppee messe in preda le genti sue; ed entrato dentro svaligiòCesare Fieramoscache con trecento cavalli e cinquecento fanti delduca di Milano vi era rimasto a guardia. Né accadeva perderetempo per la recuperazione della fortezzaperché sempre erastata tenuta per il re di Franciaproveduta poco innanzi divettovaglie da Renzo da Ceri; il quale nel ritornare a Cremaove erapreposto alla guardiaavendo scontrati a Serzana dugento cavallid'Alessandro Sforza gli aveva rotti: donde fermatosi alla Cava in sulPocol ponte ordinato per passarenon proibí che i suoisoldati non molestassino alcuna volta le terre del pontefice. Andòdi poi a Pizichitone; avendo giàper la mutazione di CremonaSonzinoLodi e l'altre terre circostanti alzate le bandiere de'franzesi. Ma primasubito che recuperò Cremonaaveva mandatoRenzo da Ceri a Brescia con una parte delle gentiper provedere allostabilimento di quella città e alla ricuperazione dellafortezza; e molto piú per raffrenare i successi prosperi de'tedeschi. Perchéquasi subito che egli si discostò daVeronaRoccandolfcapitano de' fanti tedeschie con lui FederigoGonzaga da Bozzoleusciti di Verona con secento cavalli e duemilafantierano andati a San Bonifazioove l'Alviano aveva lasciatisotto Sigismondo Caballo e Giovanni Forte trecento cavalli leggieri esecento fanti; i qualisparsi per il paese senza alcuna disciplinamilitaresentita la venuta degli inimicisi erano fuggiti aCologna; ove i tedeschi seguitandoglientrati per forza nella terrafattigli tutti prigionila saccheggiorno e abbruciorno: il medesimofeciono poi a Soaviroppono il ponte fatto da' viniziani insull'Adicee arebbono con l'impeto medesimo occupata Vicenza se nonvi fusse entrato dentro subitamente numero grandissimo di paesani. Iquali progressi faceva di maggiore considerazione l'essersi divulgatoche dal contado di Tiruolo venivano a Verona nuovi fanti.

Nelqual tempo medesimo si accostò per mare a Genova l'armata delre di Franciacon nove galee sottili e altri legni; e per terracolfavore de' rivieraschi della loro parte e con altri soldati condottico' danari del reAntoniotto e Ieronimo fratelli degli Adornimossisi con grandissima occasioneper la discordia nata poco innanzitra' Fieschi e il doge di Genovacon cui erano stati prima uniticontro agli Adorni: perchéo per quistione nata a caso o persospetto sopravenutoIeronimofigliuolo di Gianluigi dal Fiescouscendo del palagio publicoera stato ammazzato da Lodovico e daFregosino fratelli del doge. Per la quale ingiuriaOttobuono eSinibaldo suoi fratelliritiratisi alle loro castellae poco dipoiconvenutisi col re di Francia e cospirando con gli Adornisiaccostorno da altra parte con quattromila fanti a Genova. Non era ildoge potente a resistere per se stesso alla parte Gattesca e Adornacongiunte insiemené per la celerità degli avversaripoteva essere a tempo il soccorso che aveva chiesto al viceré;e inclinò del tutto le coseche mille fanti de' suoifermatisi in su' monti vicininon potendo resistere al numeromaggiorefurno rotti. Onde il dogeinsieme con Fregosinoavendo afatica avuto tempo di salvare la propria vitafuggí per marelasciato Lodovicol'altro fratelloalla custodia del Castellettoei vincitori entrorno in Genova: dove i fratelli de' Fieschitraportati dall'impeto della vendettafeciono ammazzare e dipoilegato crudelmente alla coda di un cavallostrascinare per tutta lacittà Zaccheria fratello del dogerimasto prigione allabattaglia fatta in su' monti; il quale era insieme cogli altriintervenuto alla morte del fratello. Cosí ridotta Genova alladivozione del re di Franciafu fatto in nome suo governatoreAntoniotto Adorno; e l'armata franzese forní di gente e divettovaglie la Lanternae di poi saccheggiata la Spezie si fermòa Portovenere.

Cap.xii

Ifrancesidopo vari assalti alla cittàsi accampano a duemiglia da Novara. Parole di Mottino agli svizzeri per esortarli adassalire gli alloggiamenti nemici. Vittoria degli svizzeri e copiosifrutti di essa. Vicende della guerra dei veneziani.

Nonrimaneva piú niente al re di Franciaalla recuperazioneintera degli stati perduti l'anno dinanziche Novara e Como; lequali due città sole si tenevano ancora in nome diMassimiliano Sforza in tutto il ducato di Milano. Ma eracon infamiagrande di tutti gli altridestinata la gloria di questa guerra nona' franzesi non a' fanti tedeschi non all'armi spagnuolenon allevinizianema solamente a' svizzeri: contro a' quali l'esercitofranzeselasciato in Alessandria presidio sufficiente per sostenerele cose di là dal Posi accostò a Novara; feroce pertanti successiper la confusione degli inimici rinchiusi dentro allemurae per il timore già manifesto degli spagnuoli.Rappresentavasioltre a queste cosealla memoria degli uomini quasicome una immagine e similitudine del passato: questa essere quellamedesima Novara nella quale era stato fatto prigione Lodovico Sforzapadre del duca presente; essere nel campo franzese quegli medesimicapitani... della Tramoglia e Gianiacopo da Triulzie appresso alfigliuolo militare alcune delle medesime bandiere e de' medesimicapitani di quegli cantoni che allora il padre venduto aveano. Ondela Tramoglia avea superbamente scritto al re che nel medesimo luogogli darebbe prigione il figliuolonel quale gli aveva dato prigioneil padre. Batterno i franzesi impetuosamente con l'artiglierie lemurama in luogo donde lo scendere dentro era molto difficile epericolosoe dimostrando tanto di non gli temere i svizzeri che maipatirno si chiudesse la porta della città di verso il campo.Gittato in terra spazio sufficiente della muragliadettono quegli difuora molto ferocemente la battagliadalla quale si difesono congrandissimo valore quegli di dentro; onde i franzesiritornati aglialloggiamentiinteso che il dí medesimo erano entrati inNovara nuovi svizzerie avendo notizia aspettarsi Altosassocapitano di fama grandecon numero molto maggioredisperati dipoterla piú spugnaresi discostorno il dí seguente duemiglia di Novarasperando oramai di ottenere la vittoria piúper i disordini e mancamento di danari agli inimici che per l'impetodell'armi. Ma interroppe queste speranze la ferocia e ardentissimospirito di Mottino uno de' capitani de' svizzeri; il qualechiamatala moltitudine in sulla piazza di Novaragli confortò conferventissime parole che non aspettato il soccorso di Altosassoilquale doveva venire il prossimo díandassino ad assaltare gliinimici a' loro alloggiamenti. Non patissino che la gloria dellavittoriala quale poteva essere propriafusse comuneanzidiventasse tutta d'altri; imperocchécome le cose seguentitirano a sé le precedentie l'augumento cuopre la parteaugumentatanon a essi ma a quegli che sopravenivano siattribuirebbe tutta la laude.

-Quanto la cosa disse Mottino - pare piú difficile e piúpericolosa tanto riuscirà piú facile e piúsicuraperché quanto piú sono gli accidenti improvisie inaspettati tanto piú spaventano e mettono in terrore gliuomini. Niente meno aspettano i franzesial presenteche 'l nostroassalto: alloggiati pure ogginon possono essere alloggiati se nondisordinatamente e senza fortezza alcuna. Solevano gli esercitifranzesi non avere ardire di combattere se non aveano appresso ifanti nostri; hannoda qualche anno in quaavuto ardire dicombattere senza noi ma non mai contro a noi: quanto spaventoquantoterrorequando si vedranno furiosamente e improvisamente assaltatida coloro la virtú e ferocia de' quali soleva essere il cuoree la sicurtà loro! Non vi muovino i loro cavallile loroartiglierie; perché altra volta abbiamo esperimentato quantoessi medesimi confidino in queste cose contro a noi. Gastone di Foistanto feroce capitanocon tante lancie con tanti cannoninon cidette egli sempre alla pianura la via quandosenza cavalli senzaaltre armi che le picchescendemmodue anni sonoinsino alle portedi Milano? Hanno seco ora i fanti tedeschie questo è quelloche mi muoveche mi accende: avendo in un tempo medesimo occasionedi dimostrare a colui checon tanta avarizia con tantaingratitudinedispregiò le nostre fatiche il nostro sangueche mai fecené per sé né per il regno suopeggiore deliberazione; e dimostrare a coloro che pensorno l'operaloro essere sufficiente a privarci del nostro panenon essere pari ilanzchenech a' svizzeriavere la medesima lingua la medesimaordinanzama non già la medesima virtú la medesimaferocia. Una sola fatica èdi occupare l'artiglieriemal'alleggerirà non essere poste in luogo fortificatol'assaltarle all'improvisole tenebre della notte. Assaltandoleimpetuosamenteè piccolissimo spazio di tempo quello nelquale possono offenderti; e questointerrotto dal tumulto daldisordine dalla subita confusione. L'altre cose sono somma facilità;non ardiranno i cavalli venire a urtare le nostre picche; molto menoquella turba vile de' fanti franzesi e guasconi verranno a mescolarsicon noi. Apparirà in questa deliberazione non meno la prudenzanostra che la ferocia. È salita in tanta fama la nostranazione che non si può piú conservare la gloria delnostro nome se non tentando qualche cosa fuora dell'espettazione euso comune di tutti gli uomini; e poi che siamo intorno a Novarailluogo ci ammunisce che non possiamo in altro modo spegnere l'anticainfamiapervenutaci quando con Lodovico Sforza militavamo allamedesima Novara. Andiamo adunquecon l'aiuto del sommo Diopersecutore degli scismatici degli scomunicati degli inimici del suonome. Andiamo a una vittoriase saremo uominisicura e facile;della quale quanto pare che sia maggiore il pericolo tanto saràil nome nostro piú glorioso e maggiore: quanto sono maggiorenumero gli inimici che noitanto piú ci arricchiranno lespoglie loro. -

Alleparole di Mottino gridò ferocemente tutta la moltitudineapprovando ciascuno col braccio disteso il detto suo; e dipoi eglipromettendo la vittoria certacomandò che andassino ariposarsi e procurare le persone loroper mettersiquando col suonode' tamburi fussino chiamatinegli squadroni. Non fece mai lanazione de' svizzeri né la piú superba né la piúferoce deliberazione: pochi contra moltisenza cavalli e senzaartiglierie contro a uno esercito potentissimo di queste cosenonindotti da alcuna necessitàperché Novara era liberatadal pericoloe aspettavano il dí seguente non piccoloaccrescimento di soldatielessono spontaneamente di tentare piútosto quella via nella quale la sicurtà fusse minore ma lasperanza della gloria maggiore che quella nella quale dalla sicurtàmaggiore risultasse gloria minore. Uscirno adunque con impetograndissimodopo la mezza nottedi Novarail sesto dí digiugnoin numero circa diecimiladistribuitisi con questo ordine:settemila per assaltare l'artiglierieintorno alle qualialloggiavano i fanti tedeschi; il rimanente per fermarsicon lepicche alteall'opposito delle genti d'arme. Non eranoper labrevità del tempo e perché non si temeva tanto prestodi uno accidente talestati fortificati gli alloggiamenti de'franzesi; e al primo tumultoquando dalle scolte fu significata lavenuta degli inimiciil caso improviso e le tenebre della nottedimostravano maggiore confusione e maggiore terrore. Nondimenoe legenti d'arme sí raccolsono prestamente agli squadroni e ifanti tedeschii quali furno seguitati dagli altri fantisi messonosubitamente negli ordini loro. Già con grandissimo strepitopercotevano l'artiglierie ne' svizzeri che venivano per assaltarlefacendo tra loro grandissima uccisionela quale si comprendeva piútosto per le grida e urla degli uomini che per beneficio degli occhil'uso de' quali impediva ancora la notte; e nondimeno con fierezzamaravigliosanon curando la morte presente né spaventati peril caso di quegli che cadevano loro allatoné dissolvendol'ordinanzacamminavano con passo prestissimo controall'artiglierie: alle quali pervenutisi urtorno insiemeferocissimamenteessi e i fanti tedeschicombattendo congrandissima rabbia l'uno contro all'altroe molto piú perl'odio che per la cupidità della gloria. Aresti veduto (giàincominciava il sole ad apparire) piegare ora questi ora quegliparere spesso superiori quegli che prima parevano inferioridi unamedesima parte in un tempo medesimo alcuni piegarsi alcuni farsiinnanzialtri difficilmente resistere altri impetuosamente insultareagli inimici: piena da ogni parte ogni cosa di mortidi feritedisangue. I capitani fare ora fortissimamente l'ufficio di soldatipercotendo gli inimici difendendo se medesimi e i suoiora farevalorosissimamente l'ufficio di capitaniconfortandoprovedendosoccorrendoordinandocomandando. Da altra partequiete e oziograndissimo dove stavano armati gli uomini d'arme; perchécedendo al timore ne' soldati l'autorità i conforti icomandamenti i prieghi l'esclamazioni le minaccie del la Tramoglia edel Triulzionon ebbono mai ardire di investire gli inimici cheaveano innanzi a loroe a' svizzeri bastava tenergli fermi perchénon soccorressino i fanti loro. Finalmentein tanta ferocia in tantovalore delle parti che combattevanoprevalse la virtú de'svizzeri; i qualioccupate vittoriosamente l'artiglierie e voltatelecontro agli inimicicon esse e col valore loro gli messono in fuga.Con la fuga de' fanti fu congiunta la fuga delle genti d'armedellequali non apparí virtú o laude alcuna. Solo Rubertodella Marciasospinto dall'ardore paternoentrò con unosquadrone di cavalli ne' svizzeri per salvare Floranges e Denesiosuoi figliuolicapitani di fanti tedeschiche oppressi da molteferite giacevano in terra; e combattendo con tale ferocia che non chealtro pareva cosa maravigliosa a' svizzerigli condusse vivi fuoridi tanto pericolo. Durò la battaglia circa due orecon dannogravissimo delle parti. De' svizzeri morirno circa mille cinquecentotra quali Mottinoautore di cosí glorioso consiglio;percossomentre ferocemente combattevanella gola da una picca.Degli inimicinumero molto maggiore: dicono alcuni diecimila; ma de'tedeschi fu morta la maggiore parte nel combattere: de' fantifranzesi e guasconi fu morta la maggiore parte nel fuggire. Salvossiquasi tutta la cavallerianon gli potendo perseguitare i svizzeriiquali se avessino avuti cavalli gli arebbono facilmente dissipati:con tanto terrore si ritiravano. Rimasono in preda a' vincitori tuttii carriaggiventidue pezzi d'artiglieria grossa e tutti i cavallidiputati per uso loro. Ritornorno i vincitori quasi trionfantiil dímedesimoin Novara; e con tanta fama per tutto il mondo che moltiaveano ardireconsiderato la magnanimità del propositoildispregio evidentissimo della mortela fierezza del combattere e lafelicità del successopreporre questo fatto quasi a tutte lecose memorabili che si leggono de' romani e de' greci. Fuggirono ifranzesi nel Piemonte; dondegridando invano il Triulziopassornosubitamente di là da' monti.

Ottenutala vittoriaMilano e l'altre terre che si erano aderite a' franzesimandorno a dimandare perdonoil quale fu concedutoma obligandosi apagare quantità grande di danari; i milanesi dugentomiladucatigli altri secondo le loro possibilità; e tutti sipagavano a' svizzeria' quali della vittoria acquistata colla virtúe col sangue loro si doveva giustamente non meno l'utilità chela gloria. I qualiper ricôrre tutto il frutto che si potevaentrorono poi nel marchesato di Monferrato e nel Piamonteincolpatid'avere ricettato l'esercito franzese; doveparte predando partecomponendo i miseri popolima astenendosi da violare la vita el'onorefeciono grandissimi guadagni. Né furno del tutto glispagnuoli privati de' premi della vittoria: perché essendoricorsi al vicerédopo il fatto d'armeIanus prossimamentecacciato di Genova e Ottaviano Fregoside' quali ciascuno ambiva diessere dogeil vicerépreposto Ottavianoper il quales'affaticava sommamenteper l'antica amiciziail ponteficeericevuta da lui promessa di pagarecome fusse entrato in Genova[cinquanta] mila ducatigli concedette tremila fanti sotto ilmarchese di Pescara; esso col resto dell'esercito andò aChiesteggiodimostrandose fusse necessariodi passare piúinnanzi; ma come il marchese e Ottaviano si appropinquorno a Genovai fratelli Adorni conoscendosi impotenti a resistere se ne partirono:e Ottavianoentrato dentrofu creato doge di quella città.La quale nell'anno medesimo vedde preposti al suo governo i franzesiIanus Fregosogli Adorni e Ottaviano.

MaBartolomeo d'Alvianocome ebbe sentita la rotta dell'esercito del redi Franciatemendo di non essere subito seguitato dagli spagnuolisi ritirò senza dilazione a Pontevico; lasciatiper nonperdere tempoper la strada alcuni pezzi di artiglieria che siconducevano piú tardamente. Da Pontevicolasciato Renzo daCeri in Crema e abbandonata Bresciaperché era inutilediminuire l'esercitonel quale erano rimasti secento uomini d'armemille cavalli leggieri e cinquemila fantiprocedendo colla medesimaceleritàe con tanto timore e disfavore del paese chequalunque piccola gente gli avesse seguitati si sarebbono rotti daloro medesimisi condusse alla Tomba presso all'Adicenon siessendo mai riposato in luogo alcuno se non quanto lo costrigneva lanecessità del ricreare gli uomini e i cavalli. Fermossi allaTombaessendo cessata la paura perché niuno lo seguitavadove dette opera di fare condurre a Padova e a Trevigi quanta piúquantità potette di biade del veronese; e nel tempo medesimomandò Giampaolo Baglionecon sessanta uomini d'arme e milledugento fantia Lignago. Il qualericevuto subito dagli uominidella terra ove non era presidio alcunodette la battaglia allarocca guardata da cento cinquanta fanti tra spagnuoli e tedeschibattutala prima con l'artiglierieda quella parte che è voltain verso la piazza. Nel quale assalto non so che potesse piúo la virtú o la fortuna: perché mentre si combattevacominciata per sorte ad ardere la munizione per alcuni instrumenti difuochi artificiati gittati da quegli di fuoraabbruciò unaparte della rocca; nel qual tumulto entrati dentroparte per il murorotto parte con le scalei fanti che davano la battagliapreso ilcapitano spagnuoloammazzorno o feciono prigioni tutti quegli che vierano dentro. Preso Lignagogittò l'Alviano il ponte insull'Adice; e dipoiessendogli stata data da alcuni veronesisperanza di tumultuare contro a' tedeschiandò ad alloggiarealla villa di San Giovanni distante quattro miglia da Verona; dondeaccostatosi la mattina seguente alla porta che si dice di SanMassimopiantò con grandissimo furore l'artiglierie allatorre della porta e al muro congiunto a quellaattendendo se inquesto tempo nascesse dentro qualche tumulto. Rovinate circa quarantabraccia di muraglia oltre alla torrela quale cadde di maniera chefece uno argine fortissimo alla portadette molto ferocemente labattaglia. Ma in Verona erano trecento cavalli e tremila fantitedeschi sotto Roccandolfcapitano di molto nomei qualivalorosamente si difendevano; dalla rottura del muro al discendere interra era non piccolo spazio di altezza; né per i veronesi sifacevasecondo le speranze datemovimento: onde l'Alvianovedendola difficoltà dell'espugnarlaritirò i fanti suoidalle murae già aveva cominciato a discostare l'artiglierie.Ma mutata in un momento sentenza (credettesi per imbasciata ricevutada quegli di dentro)fatti ritornare i fanti alla muragliarinnovòcon maggiore ferocia che prima l'assalto. Ma erano le medesime cheprima le difficoltà dell'ottenerlala medesima tiepidezza incoloro che l'aveano chiamato; in modo che disperata del tutto lavittoriaammazzati nel combattere piú di dugento uomini de'suoitra' quali Tommaso Fabbro da Ravenna conestabile di fantilevate con maravigliosa prestezza dalle mura l'artiglierieritornòil dí medesimo allo alloggiamento dal quale la mattina si erapartito: non lodata in questo dí né per il consiglio néper l'eventoma celebrata sommamente per tutta Italiala suaceleritàche in un giorno solo avesse fatto quel che confatica gli altri capitani in tre o quattro giorni sogliono fare.Dette poi il guasto al contadotentando se con questo timore potevacostrignere i Veronesi ad accordarsi. Ma già veniva innanzi loesercito spagnuolo: perché il viceréintesa che ebbela perdita di Lignagoné ritardato piúper ilprospero successodalle cose di Genovadubitando cheo per timoredel guasto o per la mala disposizione de' cittadiniVerona nonaprisse le porte a' vinizianideliberò soccorrere senzadilazione le cose di Cesare. Però passato alla Stradella ilfiume del Poe arrendutesegli senza difficoltà le cittàdi Bergamo e di Brescia e similmente la terra di Peschierasi pose acampo alla rocca guardata da dugento cinquanta fanti; la qualecontutto che secondo l'opinione comune si fusse potuta difendere ancoraqualche dívenne per forza in sua potestàrimanendoprigione il proveditore viniziano e i fanti che non furno ammazzatinel combattere. Ritirossi l'Alvianoper l'approssimarsi deglispagnuoliad Alberé di là dallo Adice; richiamatiperriempiere il piú poteva l'esercitonon solamente alcuni fantiche erano nel Polesine di Rovigo ma quegli ancora che aveva lasciatiin Lignago. E poco dipoiessendosi i fanti tedeschi uniti a SanMartino col vicerée andandorecuperato LignagoaMontagnanai viniziania' quali in quelle parti non rimaneva piúaltro che Padova e Trevigiintenti a niuna altra cosa che allaconservazione di quelle cittàordinorno che l'esercito sidistribuisse in quelle: in Trevigi dugento uomini d'arme trecentocavalli leggieri e dumila fanti sotto Giampaolo Baglioneappresso alquale erano Malatesta da Sogliano e il cavaliere della Volpe; inPadova l'Alviano col rimanente dell'esercito. Il qualeattendendo afortificarei bastioni fatti ristaurando e a molte opere imperfetteperfezione dandofacevaoltre a questoacciò che gliinimici non potessino accostarvisi se non con gravissimo pericolo edifficoltàe con moltitudine grandissima di guastatorispianare tutte le case e tagliare tutti gli alberiper tre migliadintorno a Padova.

Cap.xiii

Attodi sottomissione dei cardinali scismatici. Aiuti del pontefice aCesare. Apprensioni dei veneziani e loro pronte decisioni.

Mamentre che le cose dell'armi procedevano in questa formailpontefice si affaticava con somma industria per stirpare la divisionedella Chiesa introdotta dal concilio pisano; la qual cosa dependendototalmente dalla volontà del re di Franciasi ingegnava conmolte arti di placare l'animo suoaffermando essere falsa la famadivulgata dello essere stati mandati da lui danari a' svizzeriedimostrando non avere altro desiderio che della pace universale e diessere padre comune di tutti i príncipi cristiani. Dolerglisopra modo che la dissensione sua colla Chiesa privasse lui dellafacoltà di dimostrargli quanto naturalmente fusse inclinatoalla amicizia suaperché per l'onore della sedia apostolica edella persona sua propria era necessitato a procedere separatamentecon luiinsino a tanto cheessendo ritornato alla ubbidienza dellaChiesa romanagli fusse lecito riceverlo come re cristianissimo eabbracciarlo come figliuolo primogenito della Chiesa. Desiderava ilreper gli interessi proprila unione del suo regno colla Chiesadimandata instantemente da tutti i popoli e da tutta la cortee allaquale era molto stimolato dalla reina; e conoscevaoltre a questonon potere mai sperare congiunzione col pontefice nelle cosetemporali se prima non si componevano le differenze spirituali. Peròo prestando fede o fingendo di prestarne alle sue parolegli mandòimbasciadore per trattare queste cose il vescovo di Marsilia: allavenuta del quale il pontefice feceper decreto del conciliorestituire la facoltà di purgare la contumaciaper tuttonovembre prossimoa' vescovi franzesi e altri prelati contro a'qualicome scismaticil'antecessore aveva rigidissimamenteproceduto per via di monitorio; e la mattina medesima nella qualecosí si determinò fu letta nel concilio una scritturasottoscritta di mano di Bernardino Carvagial e di Federico da SanSeverinonella qualenon si nominando cardinaliapprovavano tuttele cose fatte nel concilio lateranensepromettevano di aderire aquello e di ubbidire il ponteficeonde in conseguenza confessavanoessere stata legittima la privazione loro dal cardinalato; la qualefatta da Giulioera stata confermataesso viventedal medesimoconcilio. Erasi trattato prima di restituirglima differito per lacontradizione degli oratori di Cesare e del re d'Aragonae de'cardinali sedunense ed eboracensei quali detestavano come cosaindegna della maestà della sedia apostolica e di pessimoesempioil concedere venia agli autori di tanto scandolo e di unodelitto tanto pernicioso e pieno di tanta abominazione; ricordando lacostanza di Giulio ritenuta contro a loroné per altro cheper il bene publicoinsino all'ultimo punto della vita. Ma ilpontefice inclinava alla parte piú benignagiudicando piúfacile spegnere in tutto il nome del concilio pisano con la clemenzache col rigoree per non esacerbare l'animo del re di Franciailquale instantemente supplicava per loro; né lo riteneva odioparticolarenon essendo stata la ingiuria fatta a luianziinnanzial pontificatostati congiuntissimi i fratelli ed egli con Federico.Per le quali ragioniseguitando il proprio giudicioaveva fattoleggere innanzi a' padri del concilio la scrittura della loroumiliazionee dipoi statuí il dí alla restituzione; laquale fu fatta con questo ordine: entrorno Bernardino e Federico inRoma occultamente di nottesenza abito e insegne di cardinali; e lamattina seguentedovendo presentarsi innanzi al pontefice residentenel concistorioaccompagnato da tutti i cardinalieccettuati ilsvizzero e l'inghilese che ricusorno di intervenirvipassornoprimavestiti da semplici sacerdoti colle berrette nereper tutti i luoghipublici del palagio di Vaticanonel quale la notte erano alloggiati;concorrendo moltitudine grandissima a vederglie affermando ciascunodovere [essere]questo vilipendio cosí publicoacerbissimotormento alla superbia smisurata di Bernardino e alla arroganza nonminore di Federico. Ammessi nel concistoriodimandorno genuflessicon segni di grandissima umiltàperdono al pontefice e acardinaliapprovando tutte le cose fatte da Giulio e nominatamentela loro privazionee la elezione del nuovo pontefice come fattacanonicamente e dannando il conciliabolo pisano come scismatico edetestabile. Della quale loro confessione poiché fu estrattaautentica scrittura e sottoscritta di loro manolevati in piedefeciono riverenza e abbracciorono tutti i cardinalii quali non simosseno da sedere: e dopo questovestiti in abito di cardinalifurono ricevuti a sedere nello ordine medesimo nel quale sedevanoinnanzi alla loro privazione: ricuperata con questo atto solamente ladegnità del cardinalatoma non le chiese e l'altre entrateche solevano possedereperché molto primacome vacantierano in altri state trasferite.

Sodisfecein questo attose non in tuttoalmeno in parteil pontefice al redi Francia; ma non gli sodisfaceva nell'altre azioniperchésollecitamente procurava la concordia tra Cesare e i vinizianicomecosa per gli accidenti seguiti non difficile a ottenere: perchési credeva che Cesareinvitato dalle occasioni di là da'montiinclinasseper potere piú speditamente attendere allarecuperazione della Borgogna per il nipotead alleggerirsi di questopeso; e molto piú si sperava che lo desiderassino i vinizianispaventati per la rotta de' franzesi e perché sapevano che ilre di Franciaessendo imminenti molti pericoli al regno propriononpoteva piú l'anno presente pensare alle cose d'Italia.Sentivano appropinquarsi l'esercito spagnuolo e doversi unire conquello le genti che erano in Veronaessi esausti di danaridebolidi soldatispecialmente di fantiavere soli a resistere senza cheapparisse scintilla alcuna di lume propinquo: e nondimeno rispondevacostantissimamente il senatonon volere accettare concordia alcunasenza la restituzione di Vicenza e di Verona. Ricercò inquesto tempo Cesare il pontefice che gli concedesse dugento uominid'arme contro a' viniziani; la quale dimandabenché gli fussemolestissimadubitando che il concedergli non fusse molesto al re diFranciané gli parendo a proposito di Cesare o suo diventaresospetto a' viniziani per una causa di sí piccola importanzanondimenoperseverando Cesare ostinatamentegli mandò ilnumero dimandatosotto Troilo SavelloAchille Torello e MuzioColonna; non volendocol recusarefare segno di non volereperseverare nella confederazione contratta col pontefice passatoeparendogli non essere ritenuto da obligo alcuno co' viniziani: iqualioltre che l'esercito loroquando l'Alviano era appresso aCremonaavevapoco amichevolmentepredato per il parmigiano epiacentinonon aveano mai eletti imbasciadori a prestargli secondol'uso antico l'ubbidienzase non da poi che i franzesivintieranoritornati di là da' monti. Spaventò questadeliberazione i vinizianinon tanto per l'importanza di talesussidio quanto per timore che da questo principio il pontefice nonprocedesse piú oltreriputandolo ancora per segnomanifestissimo che mai piú avesse a separarsi dagli inimici; enondimeno non variorno da' primi consiglianzidisposti mostrarequanto potevano il volto alla fortunacommessono al proveditore dimare che era a Corfú cheraccolti quanti piú legnipotesseassaltasse i luoghi marittimi della Puglia: benchépoco di poiconsiderando meglio quel che importasse provocare tantoil re d'Aragonaper la potenza sua e perché aveva sempredimostrato confortare Cesare alla concordiarivocorno come piúanimosa che prudente questa deliberazione.

Cap.xiv

Indecisionidei tedeschi; fortunata impresa di Renzo da Ceri. Propositi degliAdorni e del duca di Milano di mutare il governo in Genova passatadopo Novarasotto l'influenza spagnuola. Fallita impresa di tedeschie di spagnuoli contro Padova. Fazioni di guerra nei territori diBergamo e di Crema. Azioni di tedeschi di spagnuoli e di soldati delpontefice contro Venezia.

Soggiornavail viceré a Montagnananon determinato ancora quello s'avessea fare; perché erano alti i concetti de' tedeschidifficilile impreseche sole rimanevano a fareo di Padova o di Trevigiele forze molto inferiori alle difficoltàperché intutto l'esercito non erano oltre a mille uomini d'arme non molticavalli leggieri e diecimila fanti tra spagnuoli e tedeschi: la qualedeliberazione avendosi finalmente a referire alla volontà delvescovo Gurgenseche fra pochi dí doveva essere all'esercitos'aspettava la sua venuta. Nel qual tempo essendo in Bergamo uncommissario spagnuolo che riscoteva la taglia di venticinquemiladucatiimposta a quella città quando si arrendé alviceréRenzo da Ceri vi mandò da Crema una parte de'suoi soldati; i quali entrativi di notte con aiuto di alcuni dellaterrapreso il commissario con quella parte di danari che avevariscossise ne ritornorno a Crema.

Fecesisimilmentein questi medesimi dípreparazione per turbare dinuovo le cose di Genova; essendo conformi a questo le volontàdel duca di Milano e de' svizzeri. A' quali ricorsi Antoniotto eIeronimo Adorniavevano ricordato al duca la dipendenza che i padriloro aveano avuta con Lodovico suo padreche con le spalle degliAdorni aveva recuperato e tenuto molti anni quieto il dominio diGenovadel quale era stato fraudolentemente spogliato da' dogiFregosi; e avere gli Adorni partecipato della mala fortuna degliSforzeschiperché nel tempo medesimo che Lodovico aveaperduto il ducato di Milano erano stati gli Adorni cacciati diGenovaperò essere conveniente che similmente partecipassinodella buona: durare la medesima benivolenzala medesima fede; nédovere essere imputati senon uditi in luogo alcuno abbandonatid'ogni speranzaeranonon spontaneamente ma per necessitàricorsi a quel re dal quale prima erano stati scacciati. Ricordassesida altra parte dell'odio antico de' Fregosiquante ingiurie e quantiinganni avessino fattial padre Batistae il cardinale Fregosil'uno dopo l'altro dogi di Genova; e considerasse come potevano avereconvenienza o confidarsi di Ottaviano Fregosoil quale oltreall'antico odio ricusava d'avere superiore in quella città. A'svizzeri avevano proposti stimoli di utilitàdi sicurtàdi onore: pagarese per opera loro fussino restituiti alla patriaquantità di danari pari a quella che aveva pagata il Fregosoagli spagnuoli; essersi per la virtú loro conservato il ducatodi Milano e a essi appartenerne il patrocinioperciò dovereconsiderare quanto fusse contrario alla sicurtà di quellostato che Genovacittà vicina e tanto importantedominasseun doge dependente interamente dal re di Aragona; ed essere statomolto indegno del nome e della gloria loro l'avere permesso cheGenovafrutto della vittoria di Novarafusse ceduta in utilitàdegli spagnuolii qualimentre che i svizzeri andavano con tantaferocia a percuotere nelle palle fulminate dalle artiglierie de'franzesimentre cheper dire megliocorrevano incontro alla mortesedevano oziosi in sulla Trebbiaaspettando come da una vedettasecondo il successo delle coseo di vituperosamente fuggire o difraudolentemente rubare i premi della vittoria acquistata coll'altruisangue. Da queste cagioni accesimoveva già il duca le gentisue e i svizzeri quattromila fanti; ma le minaccie del vicerécontro al duca e l'autorità del ponteficea cui sommamenteerano a cuore le cose di Ottavianogli fece desistere.

Erain questo mezzo il viceré andato alla Battaglialuogodistante da Padova sette miglia; dove Carvagialcavalcandoinavvertentemente con pochi cavalli a speculare il sito del paesefupreso da Mercurio capitano de' cavalli leggieri de' viniziani. Alqual tempovenuto il vescovo Gurgense all'esercitosi consultavaquello si dovesse fare; e proponeva Gurgense l'andare a campo aPadovadimostrando sperare tanto nella virtú de' tedeschi edegli spagnuoli contro agli italiani che avessino finalmente asuperare tutte le difficoltà. Essere poco meno laboriosal'espugnazione di Trevigima diversissimo il premio della vittoria;perché l'ottenere solamente Trevigi era alla somma delle cosedi piccolo momentoma per la spugnazione di Padova assicurarsiinteramente le terre suddite a Cesare dalle molestie e da' pericolidella guerrae privarsi di ogni speranza i viniziani d'avere mai piúa ricuperare le cose perdute. In contrario sentivano il vicerée quasi tutti gli altri capitanigiudicando piú tostoimpossibile che difficile lo sforzare Padovaper le fortificazioniquasi incredibilimunitissima d'artiglierie e di tutte le coseopportune alla difesae proveduta molto abbondantemente di soldati;e nella quale erano venuticome l'altre volte aveano fattomoltigiovani della nobiltà viniziana. Dicevano la terra esseregrandissima di circuitoe per questoe per la moltitudine de'difensori e per l'altre difficoltàbisognare circondarla ecombatterla con due eserciti; e nondimenonon che altronon n'avereun solo sufficientenon essendo grande il numero de' loro soldati edi questii tedeschiinsoliti a sopportare malvolentieri la tarditàde' pagamentinon troppo pronti: non abbondare di munizionie averecarestia di guastatoricosa molto necessaria a tanto arduaespugnazione. Ma fu finalmente necessario che le ragioni addotte dalviceré e dagli altri cedessino alla volontà del vescovoGurgense. Per la qualel'esercito accostandosi a Padova andòad alloggiare a Bassanelloin sulla riva destra del canalediscostoun miglio e mezzo da Padova; nel qual luogo essendo molto infestatoil campo da alcuni cannoni doppi piantati in su uno bastione dellaterra passato il canalealloggiorno alquanto piú lontanidalla terra; donde mandati i fanti alla chiesa di Sant'Antonioamezzo miglio appresso a Padovacominciornoper accostarsi conminore pericoloa lavorare le trincee appresso alla porta diSant'Antonio. Ma l'opere erano grandissimeed estremo in paesedonde tutti gli abitatori erano fuggitiil mancamento de'guastatori: però il lavorare procedeva lentamente; nésenza pericoloperché i soldatiuscendo spesso fuorae didí e di notteall'improvisofacevano danno a quegli chelavoravano. Aggiugnevasi la penuria della vettovaglia perchéessendo solo una piccola parte della terra circondata dagli inimicigli stradiotti avendo comodità di uscire dall'altre partidella cittàcorrendo liberamente per tutto il paeseimpedivano tutto quello che si conduceva al campo; impedito anche dacerte barche armate messe a questo effetto da' viniziani nel fiumedell'Adiceperché gli uomini portati da quelle non cessavanoora in questo luogo ora in quell'altrodi infestare tutta lacampagna. Per le quali difficoltà proposto di nuovo dal vicerélo stato delle cose nel consigliociascuno apertamente giudicòessere minore infamia ricorreggere la deliberazione imprudentementefatta col levare il campo cheperseverando nell'erroreesserecagione che ne risultasse maggiore danno accompagnato da vergognamaggiore. La quale opinione riferita dal viceré in presenza dimolti capitani a Gurgenseche aveva recusato di intervenire nelconsigliorispose cheper non essere sua professione la disciplinamilitarenon si vergognava di confessare di non avere giudicio nellecose della guerra; e che se aveva consigliato l'andare a campo aPadova non era proceduto perché in questa deliberazione avessecreduto a se medesimoma avere creduto e seguitato l'autoritàdel viceréil quale e per lettere e per messi propri n'avevaconfortato piú volte Cesaree datogli speranza grandissimad'ottenerla. Finalmentenon si rimovendo né per le querele néper le dispute le difficoltàanzi crescendo a ogn'ora ladisperazione dello spugnarlasi levò il campopoi chediciotto dí era stato alle mura di Padova; ed essendo nellevarsi e poi nel camminare infestato continuamente da' cappellettisi ritirò a Vicenzavota allora d'abitatori e preda di chiera superiore alla campagna.

Ottennonoin questo mezzo le genti del duca di Milanoin sussidio delle qualiil viceré avea mandato Antonio de Leva con mille fantiPontevicoa guardia della qual terra erano dugento fanti de'viniziani; i qualinon spaventati né dalle artiglierie nédalle mine e avendo sostenuto valorosamente l'assaltofurno allafine di uno mese costretti ad arrendersi per mancamento divettovaglie. E circa questo tempo medesimo Renzo da Ceriuscito diCremaroppe Silvio Savello; il qualemandato dal duca di Milanoandava colla sua compagnia e quattrocento fanti spagnuoli a Bergamo:e poco dipoiessendo ritornato a Bergamo un commissario spagnuolo ariscuotere danariRenzo vi mandò trecento cavalli ecinquecento fanti; i quali presono insieme il commissario e la roccanella quale si era fuggito co' danari riscossiessendovi dentropochissimi difensori. Per la qual cosa si mossono da Milanoperricuperare Bergamosessanta uomini d'arme trecento cavalli leggierie settecento fanti con dumila uomini del monte di Brianza sottoSilvio Savello e Cesare Fieramosca; i quali avendo scontrati nelcammino cinquecento cavalli leggieri e trecento fanti mandati daRenzo a Bergamogli messono in fuga facilmente: per il che gli altriche prima aveano occupato Bergamo l'abbandonornolasciata solamenteguardia nella rocca posta in sul monte fuora della cittàlaquale si dice la Cappella.

Soggiornornoalquanti dí il viceré e Gurgense a Vicenzamandata unaparte degli spagnuoli sotto Prospero Colonna a saccheggiare Bascianoe Morosticonon per alcuno delitto loro ma perché collesostanze degli infelici popoli si andasse il piú che si potevasostentando l'esercitoal quale mancavano i pagamenti; perchéCesare stava sempre oppresso dalle medesime difficoltàil red'Aragona solo non poteva sostenere tanto pesoe il ducato diMilanogravato eccessivamente da' svizzerinon poteva porgere adaltri cosa alcuna. A Vicenza stava l'esercito con grandissimaincomoditàper le molestie continue de' cappellettii qualiscorrendo dí e notte tutto il paeseimpedivano il condurvi levettovaglie se non accompagnate da grossa scorta; la qualeperchéavevano pochissimi cavalli leggieriera necessario facessino gliuomini d'arme. E peròper fuggire questo tormentoGurgensese ne andò co' fanti tedeschi a Veronamale sodisfatto delviceré; il quale seguitandolo a minori giornate si fermòad Alberé in su l'Adicedove soprastette qualche giorno perdare comodità a' veronesi di fare la semente e la vendemmia:non cessando però le molestie de' cappellettii quali in sule porte di Verona tolseno a' tedeschi i buoi che conducevanol'artiglieria. Avea prima pensato il viceré di distribuirel'esercito alle stanze nel bresciano e nel bergamascoe nel tempomedesimo molestare Cremache sola tenevano i viniziani di làdal fiume del Mincio; e questodivulgatoaveva assicurato i paesicircostanti in modo che il padovano era pieno d'abitatori e di robe:per la qual cosail viceré che non aveva altra facoltàdi nutrire l'esercito che le predemutato consiglio e chiamati ifanti tedeschiandò a Montagnana e a Esti; donde andato allavilla di Bovolenta e fatta grandissima preda di bestiamiabbruciornoi soldati quella villa e molti magnifici palazzi che eranoall'intorno. Da Bovolentainvitandogli la cupidità delpredaree dando loro animo l'essere i fanti de' vinizianidistribuiti alla guardia di Padova e di Trevigideliberò ilvicerébenché contradicendo Prospero Colonna come cosatemeraria e pericolosaapprossimarsi a Vinegia. Peròpassatoil fiume del Bacchiglione e saccheggiata Pieve di Saccopopoloso eabbondante castelloe dipoi andati a Mestri e di quivi condotti aMarghera in sull'acque salsetirornoacciocché fusse piúchiara la memoria di questa spedizionecon dieci pezzi d'artiglieriagrossa verso Vinegia; le palle dei quali pervennono insino almonasterio del tempio [di San] Secondo: e nel tempo medesimopredavano e guastavano tutto il paesedel quale erano fuggiti tuttigli abitatori; facendo iniquissimamente la guerra contro alle muraperchénon contenti della preda grandissima degli animali edelle cose mobiliabbruciavano con somma crudeltà MestriMarghera e Leccia Fucina e tutte le terre e ville del paesee oltrea quelle tutte le case che aveano piú di ordinaria bellezza oapparenza: nelle quali cose non appariva minore la empietà de'soldati del pontefice e degli altri italianianzi tanto maggiorequanto era piú dannabile a loro che a' barbari incrudelirecontro alle magnificenze e ornamenti della patria comune.

Cap.xv

Affrettatae difficile ritirata delle truppe tedesche nel Veneto. Inaspettatarotta dei veneziani sotto Vicenza.

Main Vinegiavedendo il dí fummare e la notte ardere tutto ilpaeseper gli incendi delle ville e palagi loro e sentendo dentroalle case e abitazioni proprie i tuoni dell'artiglierie degliinimicinon piantate per altro che per fare piú chiara la suaignominiaerano concitati gli animi degli uomini a grandissimaindegnazione e dolore; parendo a ciascuno acerbissimo oltre a misurache tanto fusse mutata la fortuna chein cambio di tanta gloria e ditante vittorie ottenute per il passatoin Italia e fuoriper terrae per marevedessino al presente uno esercitopiccolo acomparazione dell'antiche forze e potenza loroinsultare síferocemente e contumeliosamente al nome di cosí gloriosarepublica. Dalle quali indegnità violentata la deliberazionedi quel senatoostinato insino a quel giorno di fuggirequantunquegrandi speranze gli fussino proposteil fare esperienza dellafortunaacconsentí alle persuasioni efficaci di Bartolomeod'Alviano chechiamati tutti i soldati e commossi tutti i villanidella pianura e delle montagnesi tentasse di impedire il ritornoagli inimici; la qual cosa l'Alviano dimostrava molto facileperchéessendo temerariamente trascorsi tanto innanzie messisi in mezzotra VinegiaTrevigi e Padovanon potevanoe massime essendocaricati di tanta predaritirarsi senza gravissimo pericoloper laincomodità delle vettovaglie e per l'impedimento de' fiumi ede' passi difficili. E già gli spagnuolisentito il movimentoche si facevaaccelerando il camminare erano pervenuti a Cittadellala quale non avendo potuto occupare perché vi erano entratimolti soldatialloggiorno di sotto a Cittadella appresso allaBrentaper passare alla villa Conticellanel qual luogo si potevaguadare. Ma gli ritenne da tentare di passare l'opposizionedell'Alvianoil quale si era posto dall'altra parte con le gentiordinate negli squadroni e con l'artiglierie distese in su la rivadel fiumeprovedendo sollecitamente non solo a quel luogo ma a piúaltridondese non avessino avuto resistenzasarebbe stato facileil passare. Ma il vicerécontinuando nelle dimostrazioni divolere passare dalla parte di sottoalla quale l'Alviano aveavoltate tutte le forze suepassò la notte seguente senzaostacolo al passo detto di Nuovacrocetre miglia sopra a Cittadelladonde si indirizzorno con celerità grande verso Vicenza; mal'Alvianovolendo opporsi al passo del fiume del Bacchiglione gliprevenne. Unironsi seco appresso a Vicenza dugento cinquanta uominid'arme e dumila fanti venuti da Trevigi sotto Giampaolo Baglione eAndrea Gritti; ed era il consiglio de' capitani viniziani noncombattere a bandiere spiegate in luogo aperto con gli inimiciiquali venivano verso Vicenzama guardando i passi forti e i luoghiopportuni impedire loro il camminarea qualunque parte sivolgessino. A questo effetto aveano mandato Giampaolo Manfroneconquattromila comandatia Montecchio; a Barberano per impedire la viade' monticinquecento cavalli con molti altri paesani; e fattooccupare da' villani tutti i passi che andavano nella Magnafortificatigli con fosse con tagliate con sassi e con alberiattraversati per le strade. A guardia di Vicenza lasciòl'Alvianocon sufficiente presidioTeodoro da Triulzi; egli colresto dell'esercito si fermò all'Olmoluogo vicino a Vicenzaa due migliain sulla strada che va a Verona: impedito talmente quelpasso e un altro vicinocon tagliate e con fossi e con l'artiglieriedistese a' luoghi opportuniche era quasi impossibile il passarlo.Cosíimpedito il cammino destinato verso Veronaerasimilmente difficile agli spagnuoli che camminavano lungo i montiallargarsi per il paese paludoso e pieno d'acquedifficile pigliarela via del montestretta e occupata da molti armati; in modo checircondati dagli inimici quasi da ogni partealla fronte alle spallee per fiancoe seguitati continuamente da moltitudine grande dicavalli leggierinon aveano deliberazione se non difficile e moltopericolosa. Alloggioronosopravenendo la notteda poi che alquantofu scaramucciatovicini a un mezzo miglio allo alloggiamento deviniziani; oveconsultato la notte i capitani quel cheintra tantedifficoltà e pericolidovessino fareelessono per menopericoloso volgere le insegne verso la Magnaper ritornarsene per lavia di Trento a Verona; benchéper la lunghezza del cammino eper la piccola guardia v'aveano lasciatapresupponevano quasi percerto che prima vi entrerebbono i viniziani. Cosí si mossonoin sul fare del díverso Bassanovoltando le spalle agliinimicidi che niuna cosa è piú spaventosa e piúperniciosa agli esercitieancora che camminassino ordinatamentecon tanto piccola speranza di salute che stimavano il perdere tutti icarriaggi e i cavalli meno utiliessere il minore male che potesseloro succedere. Non s'accorse della levata lorofatta tacitamentesenza suono di trombe e di tamburicosí presto l'Alvianoperché la nebbia foltissima che era la mattina gli impediva lavista: ma come prima se ne fu accortogli seguitò con tuttol'esercitonel quale si dicevano essere mille uomini d'arme millestradiotti e semila fanti; infestandogli sempre da ogni parte glistradiotti e numero infinito di villaniche scendendo dalle montagnegli percotevano con gli archibusionde col pericolo augumentavasempre la difficoltà del camminaremaggiore per lamoltitudine de' carri e de' carriaggi e per la quantità grandedella predae perché procedevano per istrade anguste eaffossatele quali non aveano avuta comodità di allargarecolle spianate; ma gli conservava ordinatibenchécamminassino con passo acceleratooltre alla virtú de'soldatila sollecita diligenza de' capitani: e nondimenoessendoproceduti in tante angustie circa due migliapareva a essi stessidifficillimo il continuare molto cosí.

Manon fu paziente la temerità degli inimici ad aspettare che simaturasse sí bella occasionecondotta già quasi allasua perfezione. L'Alvianoimpotente come sempre a raffrenare semedesimoassaltònon tumultuosamente ma con l'esercitoordinato a combattere e con l'artiglierieil retroguardo degliinimiciguidato da Prospero Colonna. Piú certa fama èchetardando l'Alviano ad assaltargli... Loredano uno de'proveditoricon ferventi parole lo morse: perché non davadentro? perché lasciava andarne salvi gli inimici giàrotti? dalle quali parole precipitato il ferocissimo capitanodettefuriosamente il segno della battaglia. Altri affermano essere statoautore del fatto d'arme Prospero Colonnaper consiglio del quale ilviceré avere piú tosto [tentato] sperimentare lafortuna incerta del combattere che seguitare per altro modo lasperanza piccolissima di salvarsi. E aggiungono cheavendo fattosegno di volere ritornare verso Vicenzal'Alviano avea fatto fermarene' borghi di Vicenza Giampaolo Baglione colle genti venute daTrevigiesso col resto dell'esercito si era fermato a Creaziaduemiglia appresso a Vicenzaove è uno piccolo colle dondecomodamente si potevano usare contro agli inimici l'artiglierie; a'piedi di quello una valle capace dell'esercito in ordinanzaallaquale si perveniva per una sola strada stretta appresso a' colliequasi circondata da paludi: il quale luogo Prospero conoscendo esserepiú incomodo agli inimiciconfortò che in quel luogos'assaltassino. Comunque si siaProsperocominciando virilmente acombatteree mandato a chiamare il viceré che guidava labattagliae movendosi nel tempo medesimoper comandamento delmarchese di Pescarai fanti spagnuoli da una parte e i tedeschidall'altrapercossi con grandissimo impeto i soldati de' vinizianigli messono in fuga quasi subitamente; perché i fanti nonsostenendo la ferocia dello assaltogittate le picche in terracominciorno vituperosamente subito a fuggire: essendo i primi esempioagli altri di tanta infamia i fanti romagnuolide' quali eracolonnello Babone di Naldo da Bersighella. La medesima bruttezzaseguitò il resto dell'esercitoniuno quasi combattendo omostrando il volto agli avversari: smarrita non che altroper lafuga cosí subitala virtú dell'Alviano; il qualelasciò senza combattere la vittoria agli inimicia' qualirimasono l'artiglierie e tutti i carriaggi. Dissiporonsi i fanti indiversi luoghi; degli uomini d'arme fuggí una parte allamontagnauna parte si salvò in Padova e in Trevigidoveanche rifuggirono l'Alviano e il Gritti. Furno ammazzati FrancescoCalzoneAntonio Pio capitano vecchioinsieme con Gostanzo suofigliuoloMeleagro da Furlí e Luigi da Palmae poco meno chemorto Paolo da Santo Angeloil quale si salvò pieno diferite. Presi Giampaolo Baglione e Giulio figliuolo di GiampaoloManfroneMalatesta da Sogliano e molti altri capitani e uominionorati; e con peggiore fortuna il proveditore Loredanoperchécombattendosi tra due soldati di qual di loro dovesse essereprigioneuno di essi bestialmente l'ammazzò. Rimasono intuttofra morti e presicirca quattrocento uomini d'arme equattromila fantiperché a molti fu impedito il fuggire dallapalude: e fece nella fugail danno maggiore che Teodoro da Triulzichiuse le porte di Vicenzaacciò che i vinti e i vincitorialla mescolata non vi entrassinonon vi ammesse alcuno; onde moltimettendosi a passareannegorno nel fiume vicinoe tra questi ErmesBentivoglio e Sacramoro Visconte. Questa fu la rotta che ricevettonoil settimo dí d'ottobrei viniziani appresso a Vicenza;memorabile per l'esempio che dette a' capitani che ne' fatti d'armenon confidassino de' fanti italiani non esperimentati alle battagliestabilie perchéquasi in uno istante di tempoandòla vittoria a coloro che aveano piccolissima speranza di salute: laquale arebbe messo in pericolo o Trevigi o Padovabenché inquesta l'Alviano in quello il Gritti si fussino rifuggiti con lereliquie dell'esercito; ma ripugnavaoltre alla fortezza delleterrela stagione dell'anno già vicina alle pioggienépotere i capitani disporre ad arbitrio loro i soldatinon pagatianuove imprese. E nondimeno i vinizianiafflitti da tanti mali espaventati da accidente tanto contrario alle speranze lorononmancavano di provedere quanto potevano a quelle città: nellequalioltre agli altri provedimentimandornocome erano consuetine' pericoli piú gravimolti della gioventú nobile.

Cap.xvi

Ilpontefice arbitro nel compromesso fra i veneziani e Cesare.Continuano le azioni di guerra fra i veneziani e le milizie diCesare. Nuovi tentativi degli Adorni e dei Fieschi contro Genova;questioni fra fiorentini e lucchesi; resa dei castelli di Milano e diCremona e tentativo dei genovesi contro la Lanterna tenuta daifrancesi.

Dall'armidopo la giornatasi ridussono le cose a' pensieri della concordiatrattata appresso al pontefice; al quale era andato il vescovoGurgensesotto nome principalmente di dargli l'ubbidienza in nome diCesare e dell'arciduca; seguitandolo Francesco Sforza duca di Bariper fare l'effetto medesimo in nome di Massimiliano Sforza suofratello. E benché Gurgense rappresentasse come l'altre voltela persona di Cesare in Italianondimenopretermesso il fastoconsuetoera entrato in Roma modestamente né voluto usare peril cammino le insegne del cardinalatomandategli insino a Poggibonzidal pontefice. Alla venuta del cardinale Gurgense fu fattocompromesso da lui e [da] gli oratori vinizianidi tutte ledifferenze tra Cesare e la loro republicanel pontefice; macompromesso piú tosto in nome e in dimostrazione che ineffetto e in sostanzaperché niuno volle comprometterenell'arbitro sospettoper l'importanza della cosase non ricevutapromessa da lui separatamente e secretamente di non lodare senza suoconsentimento. Fatto il compromessosospese per uno breve l'offesetralle parti; il chebenché fusse accettato da tutti conlieta frontefu dal viceré male osservatoperchévenuto tra Montagnana ed Estinon avendo dopo la vittoria fattoaltro che prede e correriee mandata una parte de' soldati nelPulesine di Rovigofaceva in tutti questi luoghi molti danniorascusandosi che erano territorio di Cesare ora dicendo aspettareavviso da Gurgense. Né ebbe il compromesso piú feliceil fine che avesse avuto il mezzo e il principioper le difficoltàche nel trattare le cose si scopersono; perché Cesare nonconsentiva alla concordia se non ritenendo parte delle terre e perl'altre ricevendo quantità grandissima di danarie percontrario i viniziani dimandavano tutte le terre e offerivano piccolasomma di danari. E si credeva che il re cattolicobenchépalesemente dimostrasse di desiderarecome già aveva fattoquesta concordiaora occultamente la dissuadesse; interpretandosicheper difficultarla piúavesse nel tempo medesimo lasciatoBrescia in mano di Cesare: la quale il viceréaffermandoritenerla per renderlo piú inclinato alla pacenon gli avevainsino a quel dí voluto consentire. Le cagioni sicongetturavano variamenteo perché avendo offeso tanto iviniziani giudicasse non potere avere piú con loro sinceraamicizia o perché conoscesse la riputazione e grandezza sua inItalia dependere da mantenere vivo quell'esercito; il qualepercarestia di danarinon poteva nutrire se non opprimendo etaglieggiando i popoli amicie correndo e predando per il paesedegli inimici.

Lasciòadunque imperfetta la cosa il pontefice; e poco dipoi i tedeschioccuporno furtivamente per mezzo di fuorusciti Maranoterramarittima nel Friulie poi presono Montefalcone: e benché ivinizianidesiderosi di recuperare Maranopropinquo a sessantamiglia a Vinegial'assaltassino per terra e per marenondimenoessendo in ogni luogo simile la loro fortunafurono da ciascunadelle parti danneggiati. Solamentein questo tempoRenzo da Cericon somma laude sostentava alquanto il nome delle armi loro: ilqualecon tutto che in Cremadove era a guardiafusse peste ecarestia non leggieree cheessendo le genti spagnuole e milanesidistribuitesiper la stagione del tempoalle stanze per le terrecircostantisi potesse dire quasi assediataassaltato all'improvisoCalcinaiaterra del bergamascosvaligiò Cesare Fieramoscacon quaranta uomini d'arme e dugento cavalli leggieri della compagniadi Prospero Colonna; e pochi dí poientrato di notte inQuinzanoprese il luogotenente del conte di Santa Severina e visvaligiò cinquanta uomini d'armee in Trevi dieci uominid'arme di quegli di Prospero.

L'altrecose di Italia procedevano in questo tempo medesimo quietamente:eccetto che gli Adorni e i Fieschi con tremila uomini del paeseeforse con favore occulto del duca di Milanopresa la Spezie e altriluoghi della riviera di levantesi accostorno alle mura di Genova;ma succedendo le cose infelicementesi partirno quasi come rottiperduta parte delle genti che v'aveano menate e alcuni pezzi diartiglierie. Apparirono anche in Toscana princípi di nuoviscandoli: perché i fiorentini cominciorno a molestare ilucchesiconfidandosi che per timore del pontefice ricomprerebbonola pace con la restituzione di Pietrasanta e di Mutronee allegandonon essere conveniente godessino il beneficio di quellaconfederazionela qualeprestando occultamente aiuto a' pisaniaveano violata. Della qual cosa querelandosi i lucchesi col ponteficee col re cattolicoin cui protezione eranoe non vedendo resultarnealcuno rimediofurno contenti finalmenteper fuggire i maggiorimalifarne compromesso nel pontefice; il qualeavuta similmenteautorità da' fiorentinipronunziò che i lucchesiiquali prima aveano restituita al duca di Ferrara la Garfagnanalasciassino quelle terre a' fiorentinie che tra loro fusse inperpetuo pace e confederazione.

Allafine di questo annole castella di Milano e di Cremonaavendoprimaperché cominciavano a mancare le vettovagliepatteggiato di arrendersi se infra certo tempo non erano soccorsevennono in potestà del duca di Milano; il quale in quello diMilano messe a guardia parte fanti italiani parte svizzeri. Néaltro si teneva piú per il re di Francia in Italia che laLanterna di Genova; la quale i genovesi tentornonella finedell'anno medesimodi gittare in terra colle mineaccostandosi aquella con uno puntone di legname lungo trenta braccia e largo venticapace di trecento uominifasciato tuttoper resistere a' colpidelle artiglieriedi balle di lana: cosa di grande artificio einvenzionema che tentatacome fanno spesso simili macchinenonsuccedette.