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UgoFoscolo

Sonetti



Sollicitaeoblivia vitae

Hor.

Obliodella vita affannosa

 Orazio



[I]- Alla sera

Forseperché della fatal quiete
tu sei l'immago a me sìcara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estivee i zeffiri sereni

e quando dal nevoso aere inquiete
tenebree lunghe all'universo meni
sempre scendi invocatae lesecrete
vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co'miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno; e intantofugge
questo reo tempoe van con lui le torme

delle cureonde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pacedorme
quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.
 

[II]- Di se stesso

Nonson chi fui; perì di noi gran parte:
questo che avvanza èsol languore e pianto.
E secco è il mirtoe son le fogliesparte
del laurospeme al giovenil mio canto.

Perchédal dì ch'empia licenza e Marte
vestivan me del lorsanguineo manto
cieca e la mente e guasto il coreed arte
lafame d'oroarte e in me fattae vanto.

Che se pur sorge dimorir consiglio
a mia fiera ragion chiudon le porte
furor digloriae carità di figlio.

Tal di me schiavoed'altrie della sorte
conosco il meglio ed al peggior miappiglio
e so invocare e non darmi la morte. 



[III]- Per la sentenza capitale
proposta nel gran Consigliocisalpino
contro la lingua latina



Tenudrice alle museospite e Dea
le barbariche genti che ti handoma
nomavan tutte; e questo a noi pur fea
lieve la variaantiquainfame soma.

Ché se i tuoi vizie gli annie sorte rea
ti han morto il senno ed il valor di Roma
in teviveva il gran dir che avvolgea
regali allori alla servil tuachioma.

Or ardiItaliaal tuo Genio ancor queste
reliquieestreme di cotanto impero;
anzi il Toscano tuo parlar celeste

ognor più stempra nel sermon straniero
ondepiùche di tua divisa veste
sia il vincitor di tua barbarie altero.

[IV]- Di se stesso

Perchétaccia il rumor di mia catena
di lagrimedi spemee di amorvivo
e di silenzio; ché pietà mi affrena
se conlei parloo di lei penso e scrivo.

Tu sol mi ascoltiosolitario rivo
ove ogni notte amor seco mi mena
qui affido ilpianto e i miei danni descrivo
qui tutta verso del dolor lapiena.

E narro come i grandi occhi ridenti
arserod'immortal raggio il mio core
come la rosea boccae i rilucenti

odorati capellied il candore
delle divine membrae icari accenti
m'insegnaron alfin pianger d'amore.




[V]- Di se stesso all'amata

Cosìgl'interi giorni in lungo incerto
sonno gemo! ma poi quando labruna
notte gli astri nel ciel chiama e la luna
e il freddoaer di mute ombre è coverto;

dove selvoso è ilpiano e più deserto
allor lento io vagandoad una aduna
palpo le piaghe onde la rea fortuna
e amoree il mondohanno il mio core aperto.

Stanco mi appoggio or al troncond'un pino
ed or prostrato ove strepitan l'onde
con lesperanze mie parlo e deliro.

Ma per te le mortali ire e ildestino
spesso obbliandoa tedonnaio sospiro:
luce degliocchi miei chi mi t'asconde?  




[VI]- All'amata

Meritamenteperò ch'io potei
abbandonartior grido alle frementi
ondeche batton l'alpie i pianti miei
sperdono sordi del Tirreno iventi.

Speraipoiché mi han tratto uomini e Dei
inlungo esilio fra spergiure genti
dal bel paese ove or meni sìrei
me sospirandoi tuoi giorni fiorenti

sperai che iltempoe i duri casie queste
rupi ch'io varco anelandoe leeterne
ov'io qual fiera dormo atre foreste

sarien ristoroal mio cor sanguinente;
ahi vota speme! Amor tra l'ombreinferme
seguirammi immortaleonnipotente.  




[VII]- Il proprio ritratto
1802

Solcataho fronteocchi incavati intenti
crin fulvoemunte guanceardito aspetto
labbro tumido accesoe tersi denti
capochinobel colloe largo petto;

giuste membra; vestirsemplice eletto;
ratti i passii pensiergli attigliaccenti;
sobrioumanolealprodigoschietto;
avverso almondoavversi a me gli eventi:

talor di linguae spesso diman prode;
mesto i più giorni e soloognorpensoso
prontoiracondoinquietotenace:

di vizi riccoe di virtùdo lode
alla ragionma corro ove al corpiace:
morte sol mi darà fama e riposo.  




[VII-bis]- Il proprio ritratto
1824

Solcataho fronteocchi incavati intenti
crin fulvoemunte guanceardito aspetto
tumidi labbri ed al sorriso lenti
capo chinobel colloirsuto petto;

membra esatte; vestir sempliceeletto;
ratti i passii pensiergli attigli accenti;
sobrioostinatoumanprodigoschietto
avverso al mondoavversi a megli eventi.

Mesto i più giorni e soloognorpensoso;
alle speranze incredulo e al timore
il pudor mi favile e prode l'ira:

cauta in me parla la ragion; ma ilcuore
ricco di vizj e di virtùdelira -
Mortetu midarai fama e riposo.  




[VIII]- A Firenze

Etu ne' carmi avrai perenne vita
sponda che Arno saluta in suocammino
partendo la città che del latino
nome accoglieafinor l'ombra fuggita.

Già dal tuo ponte all'ondaimpaurita
il papale furore e il ghibellino
mescean gran sangueove oggi al pellegrino
del fero vate la magion si addita.

Perme carafeliceinclita riva
ove sovente i pie' leggiadrimosse
colei che vera al portamento Diva

in me volgeva sueluci beate
mentr'io sentia dai crin d'oro commosse
spirarambrosia l'aure innamorate.  




[IX]- A Zacinto

Népiù mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpofanciulletto giacque
Zacinto miache te specchi nell'onde
delgreco mar da cui vergine nacque

Veneree fea quelle isolefeconde
col suo primo sorrisoonde non tacque
le tue limpidenubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque

cantòfatalied il diverso esiglio
per cui bello di fama e disventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu nonaltro che il canto avrai del figlio
o materna mia terra; a noiprescrisse
il fato illacrimata sepoltura.  




[X]- In morte del fratello Giovanni

Undìs'io non andrò sempre fuggendo
di gente ingenteme vedrai seduto
su la tua pietrao fratel miogemendo
il fior de' tuoi gentili anni caduto.

La Madre orsol suo dì tardo traendo
parla di me col tuo cenere muto
ma io deluse a voi le palme tendo
e sol da lunge i miei tettisaluto.

Sento gli avversi numie le secrete
cure che alviver tuo furon tempesta
e prego anch'io nel tuo portoquiete.

Questo di tanta speme oggi mi resta!
Stranieregentialmen le ossa rendete
allora al petto della madre mesta.  




[XI]- Alla Musa

Purtu copia versavi alma di canto
su le mie labbra un tempoAoniaDiva
quando de' miei fiorenti anni fuggiva
la stagion primaedietro erale intanto

questache meco per la via delpianto
scende di Lete ver la muta riva:
non udito or t'invoco;ohimè! soltanto
una favilla del tuo spirto è viva.

E tu fuggisti in compagnia dell'ore
o Dea! tu pur milasci alle pensose
membranzee del futuro al timor cieco.

Peròmi accorgoe mel ridice amore
che mal ponno sfogar radeoperose
rime il dolor che deve albergar meco.  




[XII]- A se stesso

Chestai? già il secol l'orma ultima lascia
dove del tempo sonle leggi rotte
precipitaportando entro la notte
quattro tuoilustri e obblio freddo li fascia.

Che se vita èl'errorl'irae l'ambascia
troppo hai del viver l'ore prodotte;
or meglio vivi e con fatiche dotte
a chi diratti antico esempilascia.

Figlio infelicee disperato amante
e senzapatriaa tutti aspro e a te stesso
giovine d'anni e rugoso insembiante

che stai? breve è la vitae lunga èl'arte;
a chi altamente oprar non è concesso
famatentino almen libere carte.  



[XII]- Alla Donna gentile

 igileè il cor sul mio sdegnoso aspetto
E qual tu il pingiArtefice elegante
Dal dì ch'io vidi nel mio patrio tetto
Libertà con incerte orme vagante.

 rmivaneggioe il docile intelletto
Contesi alle febee Verginisante;
Armiarmi grido; e Libertade affretto
Piùognor deluso e pertinace amante.

 oceinerme che può? Marte raccende
Vediloall'opre e a sacraira le genti:
Siede Italiae al flagel l'omero tende.

 Purse nell'onta della Patria assorte
Fien mie speranzee i dìtaciti e spenti
Per te il mio volto almen vince la morte.




SONETTIIN MORTE DEL PADRE


[XIII]- I.

 Padrequand'io per la tua muta tomba
Che da sett'anni te per sempreasconde
Passo gemendo e il gemer si confonde
Al bronzo che dimorte il suon rimbomba;

 Tristamemoria allor nel senmi piomba
E ti veggo del letto fra lesponde
Quel calice libar che in cor t'infonde
L'ultimoistante che a te intorno romba:

 Eveggo il scarso lacrimato pane
Che dal tuo dipartir a' tuoiFiglioli
E alla Vedova tua più non rimane.

 Eveggo.... ahi lasso! tutto veggoe tutto
Che sei morto mi dicee che a noi soli
Non altro avanza che miseria e lutto.



[XIV]- II.

 Erala notte; e sul funereo letto
Agonizzante il genitor vid'io
Tergersi gli occhie con pietoso aspetto
Mirarmie dir insuon languido: Addio.

 Indiobbliato ogni terreno obbietto
Erger la fronte ed affisarsi indio
Mentre avvolta dai crin batteasi il petto
La Madrerispondendo al pianto mio.

 Evolte a noi le luci lacrimose
Deh basti! disse: e alla mal fermapalma
Appoggiò il capotacque e si nascose.

 Etacque ognun: ma già spirata l’alma
Cessò ilsilenzioe alle strida amorose
La notturna gemeaterribilcalma.


[XV]- II bis

 Rotteda tetro raggio le tenèbre
Cingeano il genitor che sigiacea
Agonizzando sul letto funèbre
E i moribondisguardi al ciel volgea.

 Ein me che dal sudor freddo tergea
Sua smorta fronte affisso lepalpèbre
E aprì le labbrae addio dir mivolea....
Ma un Ahi sol trasse dall'ime latebre.

 Poimie querele udendo lacrimose
Deh basti! dissee alla malferma palma
Appoggiò il capotacquee si nascose.

 Eanch'io pur tacqui.... ma spirata l'alma
Cessò il silenzioe alle strida pietose
La notturna gemea terribil calma.



[XVI]- III.

 Fututto pianto: e con un grido acuto
In braccio al Figlio disperatacorse
La trista mogliee a me stretta s'attorse
Quasichiedendo a sua sventura ajuto.

 Parlarvoll'io: maogni accento perduto
Un bacio solo il labbro mio leporse
E seco infin che trista l'alba sorse
Abbracciato io mistetti muto muto.

 Alei scorrean mie lacrime sul seno
Tacitamente; e come ellastaccosse
Vidimi il volto di sue stille pieno.

 Daquel dì sempre all'urna del consorte
Surta di nottesquallida si mosse
A dir sue pene e ad invocar la morte.



[XVII]- IV.

 Oh!qual'orror! un fremito funèbre
Scuote la terra ed apresila Fossa
Ove in mezzo a tetrissime tenèbre
Stanbiancheggiando del mio padre l'ossa.

 Leguato allor con incerte palpebre;
Scendo d'un salto e alla feralpercossa
Gemono le profonde alte latebre
Ove ogni parte dellatomba è smossa.

 Egià stendo la man; già il cener santo
Raccolgo....ahi tremo.... la più cupa notte
Mi casca intornoe il corgelo mi stringe:

 Epar che un suonoun piantomi rimbrotte
Ond'io mi fuggoetutto mi dipinge
L' ossal'orrorl'oscuritade il pianto.