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Honoré de Balzac



UN TENEBROSO AFFARE

 

 

 

 

Al Signor di Margonne il suo ospite del castello di Saché riconoscente.

 

CAPITOLO 1

I DISPIACERI DELLA POLIZIA

 

 

 

L'autunno dell'anno 1803 fu uno dei più belli del primo periodo di questo secoloperiodo a cui diamo il nome d'Impero. In ottobrele piogge avevano rinfrescato i pratie a metà novembregli alberi erano ancora verdi e ricchi di foglie. Così il popolo cominciava a persuadersi che tra il cielo e Bonaparteallora proclamato console a vitaesisteva un'intesae a tale persuasione egli dovette parte del suo prestigio: cosa strana! il giorno in cuinel 1812il sole gli mancòcessarono le sue prosperità. Il quindici novembre del 1803verso le quattro del pomeriggioil sole gettava come una polvere rossa sulle cime centenarie di quattro filari d'olmi d'un lungo viale signorile; faceva brillare la sabbia e i ciuffi d'erba d'uno di quegli immensi crocicchi circolari che si trovano nelle campagne in cui la terra fuun tempoabbastanza a buon mercato da poter essere sacrificata all'ornamento. Il cielo era così purol'atmosfera così miteche una famiglia stava a prendere il fresco come d'estate. Un uomo vestito d'una giacca da caccia di traliccio verde coi bottoni verdicalzoni della stessa stoffascarpe dalla suola sottilee con uose di traliccio che gli arrivavano al ginocchiopuliva una carabina con l'attenzione che mettono in tale operazione i cacciatori espertinei loro momenti d'ozio.

L'uomo non aveva carnierené selvagginainsomma nessuno degli arnesi che annunciano la partenza o il ritorno dalla cacciae due donnesedute accanto a luilo stavano a guardare in predaparevaa un mal celato terrore. Chiunquenascosto in un cespuglioavesse potuto contemplare quella scenaavrebbe certo rabbrividito come rabbrividivano la vecchia suocera e la moglie di quell'uomo. Evidentemente un cacciatore non prende così minute precauzioni per uccidere selvagginae non adoperanel dipartimento dell'Aubeuna pesante carabina rigata.

- Vuoi andare a caccia di caprioliMichu? - gli disse la sua bella e giovane moglie sforzandosi di sorridere.

Prima di rispondereMichu osservò il suo cane chesdraiato al solecolle zampe stese innanzi e il muso sulle zampenella graziosa positura dei cani da cacciaaveva alzato la testa e fiutava innanzi a sé nel viale lungo un quarto di lega e verso un sentiero trasversale che metteva capo a sinistra in direzione della rotonda.

- No - disse Michu - ma di un mostro che voglio colpire senza falloun lupo cerviero. - Il caneun magnifico spagnolodal pelo bianco macchiato di brunoringhiò. " Bene "disse Michu parlando con se stesso spie! il paese ne formicola .

La signora Michu alzò dolorosamente gli occhi al cielo. Bella bionda dagli occhi azzurrifatta come una statua anticapensosa e raccolta in sépareva divorata da un dolore aspro e amaro.

L'aspetto del marito potevafino a un certo puntospiegare il terrore delle due donne. Le leggi fisionomiche sono esattenon solo nella loro applicazione al caratterema anche in relazione alla fatalità dell'esistenza. Ci sono fisionomie profetiche. Se fosse possibilee questa statistica vivente è molto importante per la Societàavere un disegno esatto di quelli che muoiono sul patibolola scienza di Lavater e quella di Gall proverebbero invincibilmente che nella testa di tutti coloroanche in quella degli innocentic'erano strani segni. Sìla Fatalità mette la sua impronta sulla faccia di quelli che devono morire d'una morte violenta qualsiasi! Oraquesto suggellovisibile all'occhio dell'osservatoreera stampato sul volto espressivo dell'uomo dalla carabina. Basso e grossobrusco e lesto come una scimmia benché di carattere calmoMichu aveva un volto biancoiniettato di sanguetozzo come quello d'un Calmucco e a cui i capelli rossi e crespi davano un'espressione sinistra. Gli occhi giallastri e chiari offrivanocome quelli delle tigriuna profondità interiore in cui lo sguardo che l'esaminava si perdevasenza incontrarvi né movimento né calore. Fissiluminosi e vitreiquegli occhi finivano per far paura. Il contrasto costante della immobilità degli occhi colla vivacità del corpo accresceva ancora l'impressione glaciale che Michu faceva alle prime. In quell'uomo un'azione pronta doveva essere al servizio di un pensiero unico; allo stesso modo chenegli animalila vita è automaticamente al servizio dell'istinto. Dal 1793portava la sua barba rossa a ventaglio. Se anchedurante il Terrorenon fosse stato presidente d'un club di Giacobiniquella particolarità della sua figura lo avrebbe da sola reso terribile a vedere. Quella faccia socratica dal naso camuso era sormontata da una fronte molto bellama così convessa che pareva strapiombasse sul volto. Le orecchie ben staccate possedevano una specie di mobilità come quella degli animali selvaticiche sono sempre sul chi vive. La boccasocchiusa per un'abitudine molto comune nei campagnolilasciava vedere denti forti e bianchi come mandorle ma irregolarmente disposti. Favoriti folti e lucenti inquadravano quella faccia bianca e qua e là violacea. I capelli tagliati corti davantilunghi sulle gote e dietro la testafacevano col loro rosso fulvo risaltare tutto quello che la sua fisionomia aveva di strano e di fatale. Il collo corto e grossoprovocava il coltello della Legge. In quel momentoil soleinvestendo obliquamente il gruppoilluminava in pieno le tre teste che il cane guardava di tanto in tanto. La scena si svolgeva del resto su un teatro magnifico. La rotonda è all'estremità del parco di Gondrevilleuna delle più ricche terre di Franciaesenza dubbiola più bella del dipartimento dell'Aube: magnifici viali d'olmicastello costruito su disegno del Mansardparco di mille e cinquecento arpenti recinto di muranove grandi fattorieuna forestamulini e praterie. Quella terra quasi regale apparteneva prima della Rivoluzione alla famiglia de Simeuse. Ximeuse è un feudo situato in Lorena. Il nome si pronuncia Simeusee si era finito per scriverlo come si pronunciava.

La grande fortuna dei Simeusegentiluomini attaccati alla casa di Borgognarisale al tempo in cui i Guisa minacciarono i Valois.

Richelieu prima e poi Luigi Quattordicesimo si ricordarono della devozione dei Simeuse alla faziosa casa di Lorena e li tennero lontani. Il marchese di Simeuse del tempovecchio Borgognonevecchio partigiano dei Guisache aveva fatto parte della lega e della fronda (aveva ereditato i quattro rancori della nobiltà contro la corte)venne a vivere a Cinq Cygne. Il cortigianorespinto dal Louvreaveva sposato la vedova del conte di Cinq- Cygneramo cadetto della famosa casa di Chargeboeufuna delle più illustri della vecchia contea di Champagnema che divenne egualmente celebre e più opulenta del ramo primogenito. Il marcheseuno degli uomini più ricchi del tempoinvece di rovinarsi a Cortecostruì Gondrevillene costituì le tenutee aggiunse a esse altre terreunicamente per farsi un bel luogo di caccia. Costruì anche a Troyes il palazzo di Simeusea poca distanza dal palazzo di Cinq-Cygne. Le due vecchie case e il Vescovado furono per molto tempo a Troyes le sole costruite in pietra. Il marchese vendette Simeuse al duca di Lorena. Suo figliosotto Luigi Quindicesimodissipò le economie e intaccò alquanto il ricco patrimonio; madiventato prima capo squadra e poi vice ammiraglioriparò le pazzie di gioventù rendendo segnalati servigi. Il marchese di Simeusefiglio di questo marinaioera morto sul patiboloa Troyeslasciando due gemelli che emigraronoe che in quel momento si trovavano all'esteroseguendo la sorte della casa di Condé. La vasta rotonda era un tempo il raduno di caccia del Gran Marchese. Si chiamava così nella famiglia il Simeuse che aveva creato Gondreville. Fin dal 1789Michu abitava il padiglione del raduno di cacciasituato nell'interno del parcocostruito al tempo di Luigi Quattordicesimoe detto il padiglione di Cinq-Cygne. Il villaggio di Cinq-Cygne si trova alla fine della foresta di Nodesme (corruzione di Notre-Dame)a cui conduce il viale a quattro filari d'olmi dove Couraut fiutava spie. Dalla morte del Grande Marchese il padiglione era stato lasciato nel più completo abbandono. Il vice-ammiraglio era vissuto più sul mare e a Corte che nella Champagnee suo figlio aveva dato il padiglione in rovina per dimora a Michu.

Questa nobile costruzione è in mattonicon porte e finestre inquadrate di pietra vermicolata. Dai due lati di esso s'apre un cancellobell'opera di fabbroma roso dalla ruggine. Dopo il cancello si stende un largoun profondo fossato da cui si slanciano alberi vigorosie i cui parapetti sono irti d'arabeschi in ferro che oppongono ai male intenzionati le loro innumerevoli punte.

Le mura del parco cominciano solo al di là della circonferenza formata dal crocicchio. Esternamentela magnifica mezza luna è disegnata da rialzi di terreno piantati d'olmiallo stesso modo in cui quella che le corrisponde nell'interno del parco è formata da boschetti d'alberi esotici. Così il padiglione occupa il centro del crocicchio circondato da questi due ferri di cavallo. Delle antiche sale del pianterreno Michu aveva fatto una scuderiauna stallauna cucina e una legnaia. La sola traccia che resta dell'antico splendore è un'anticamera pavimentata in marmo nero e biancoin cui si entra dalla parte del parcoper una di quelle porte-finestra a piccoli vetricome ce n'erano ancora a Versailles prima che Luigi-Filippo ne facesse l'ospedale delle glorie della Francia. Nell'internoil padiglione è diviso da una vecchia scala in legno tarlatoma piena di carattereche porta al primo pianodove si trovano cinque camereun po' basse di soffitto. Sopra si stende un'immensa soffitta. Questo venerabile edificio è sormontato da uno di quei vasti tetti a quattro versanti di cui la cresta è ornata da due mazzi di fiori di piomboe ha quattro di quegli abbaini a occhio di bove che Mansard giustamente prediligeva; perché in Francia l'attico e i tetti piani all'italiana sono un non senso contro cui il clima protesta. Michu ci riponeva il fieno. Tutta la parte del parco che è intorno al vecchio padiglione è all'inglese. A cento passiun ex lagodivenuto un semplice stagno molto pestilenzialeattesta la sua presenza sia con una leggera nebbia che si libra sopra gli alberi sia col gracidare di mille ranerospi e altri anfibi ciarlieri al tramonto del sole. La vetustà delle coseil profondo silenzio dei boschila prospettiva del vialela foresta in lontananzamille particolarii cancelli rosi dalla rugginele masse in pietra vellutata di muschitutto rende poetica quella costruzione che esiste ancora.

Nel momento in cui comincia questa storiaMichu stava appoggiato a uno dei parapetti muscosisul quale si vedevano la sua fiaschetta da polvereil suo berrettoil fazzolettoun giravitedegli stracciinsomma tutto il necessario per la sua sospetta operazione. La sedia della moglie stava addossata a fianco della porta esterna del padiglionesopra la quale si vedevano ancorariccamente scolpitele armi di Simeusecon la bella divisa: "Si meurs"! La madrevestita da contadinaaveva messa la sua sedia di fronte alla signora Michuperché vi appoggiasse i piedi e non prendesse umido.

- Il piccolo è in casa? - chiese Michu alla moglie.

- Gironzola intorno allo stagnova pazzo per le rane e gli insetti - disse la madre.

Michu fece un fischio da far tremare. La prontezza con cui il figlio accorse dimostrava il dispotismo dell'amministratore di Gondreville. Michudal 1789 in poima soprattutto dopo il 1793era press'a poco il padrone di quella terra. Il terrore che ispirava a sua mogliealla suoceraa un giovanissimo servo di nome Gauchere a una serva chiamata Mariannaera lo stesso che incuteva nel paese per dieci leghe di raggio. E' forse il momento di darne le ragioniche serviranno del resto a compiere il ritratto morale di Michu.

Il vecchio marchese di Simeuse s'era disfatto dei suoi beni nel 1790; ma il precipitare degli avvenimenti gli aveva impedito di mettere in mani sicure la sua bella terra di Gondreville. Accusato di essere in corrispondenza col duca di Brunswick e col principe di Cobourgil marchese di Simeuse e la moglie furono messi in prigione e condannati a morte dal tribunale rivoluzionario di Troyesche era presieduto dal padre di Marta. La bella tenuta fu dunque venduta come bene nazionale.

Al momento dell'esecuzione del marchese e della marchesafu notatanon senza una specie d'orrorela presenza del guardiano generale della terra di Gondrevillechedivenuto presidente del club dei Giacobini di Arcisera venuto a Troyes per assistervi.

Figlio d'un semplice contadino e orfanoMichulargamente beneficato dalla marchesa che gli aveva dato il posto di guardiano generaledopo averlo fatto allevare al castellofu dagli esaltati considerato un nuovo Bruto; ma in paese tutti cessarono di aver relazioni con lui dopo un tale tratto d'ingratitudine. Il compratore fu uno d'Arcis di nome Marionnipote d'un intendente della casa di Simeuse. Questiavvocato prima e dopo la Rivoluzioneebbe paura del guardianone fece il suo amministratore con tremila lire di stipendio e una percentuale sulle vendite. Michuche passava per avere già un diecimila scudisposòraccomandato dalla sua fama di patriotala figlia d'un conciatore di Troyesapostolo della Rivoluzione in tale città dove presiedette il tribunale rivoluzionario. Il conciatoreuomo di ferma convinzionecheper il caratteresomigliava a Saint-Justsi trovò più tardi implicato nella congiura di Babeufe si ucciseper sfuggire alla condanna. Marta era la più bella ragazza di Troyes. Perciò era stata costretta dal suo terribile padrea farenonostante la sua modestiada dea della Libertà in una cerimonia repubblicana. Il nuovo padrone non venne a Gondreville più di tre volte in sette anni. Suo nonno era stato l'intendente dei Simeusee tutta Arcis credette allora che il cittadino Marion fosse un presta-nome dei signori di Simeuse.

Finché durò il Terrorel'amministratore di Gondrevillepatriota sfegatatogenero del presidente del tribunale rivoluzionario di Troyesaccarezzato da Malin (dell'Aube)uno dei rappresentanti del Dipartimentosi vide oggetto d'un certo rispetto. Maquando la Montagna fu vintaquando il suocero si fu uccisoMichu divenne un capro espiatorio; tutti s'affrettarono ad attribuire a luicome al suocerodegli atti a cui eraquanto a luiperfettamente estraneo. L'amministratore s'irrigidì contro l'ingiustizia della folla e prese un atteggiamento ostile. I suoi discorsi si fecero audaci. Puredopo il 18 brumaioosservava il profondo silenzio che è la filosofia delle persone forti: non lottava più contro l'opinione generalesi contentava di agire; questa sua saggia condotta lo fece considerare un sornioneperché possedeva in terreni un patrimonio di circa centomila franchi.

Prima di tutto non spendeva niente; poi quella fortuna gli veniva legittimamentesia dalla successione del suocero che dai seimila franchi all'anno chetra stipendio e profittigli fruttava il suo posto. Amministratore da dodici anniognuno avrebbe potuto fare il conto delle sue economie; maquando al principio del Consolatocomprò per cinquantamila franchi una fattoriasorsero accuse contro l'antico membro della Montagna; gli abitanti di Arcis gli attribuivano l'intenzione di riabilitarsi con la ricchezza. Disgraziatamenteproprio quando ciascuno lo veniva dimenticandouna stupida storiainvelenita dal pettegolezzo campagnoloravvivò l'opinione generale sulla ferocia del suo carattere.

Una serauscendo da Troyes in compagnia di alcuni contadini tra cui si trovava il fattore di Cinq-Cygnegli cadde una carta sulla strada maestra; il fattore che veniva ultimosi china e la raccoglieMichu si voltavede la carta nelle mani di luiprende subito la pistola dalla cintolala carica e minaccia il fattoreche sapeva leggeredi bruciargli il cervello se l'apriva.

L'azione di Michu fu così rapidacosì violentala sua voce così terribilei suoi occhi così fiammeggiantiche tutti agghiacciarono di paura. Il fattore di Cinq-Cygne divenne naturalmente un nemico di Michu. La signorina di Cinq-Cygnecugina dei Simeusenon possedeva più per tutto patrimonio che una sola fattoria e abitava il castello avito di Cinq-Cygne. Viveva solo per i due gemelli suoi cuginicoi quali aveva giocato bambina a Troyes e a Gondreville. Il suo unico fratelloGiulio di Cinq-Cygneemigrato prima dei Simeuseera morto innanzi a Magonza; maper un privilegio alquanto raro e di cui parleremoil nome di Cinq-Cygne non si spegneva per mancanza di maschi. La storia tra Michu e il fattore di Cinq-Cygne fece un gran chiasso nel Circondarioe rese ancora più foschi i colori misteriosi che avvolgevano Michu come in una nuvola; non fu però la sola cosa che lo rendesse temibile. Qualche mese dopo tale scenail cittadino Marion venne col cittadino Malin a Gondreville. Corse allora voce che Marion stava per vendere la terra a Malin che era stato favorito dagli avvenimenti politicie che il Primo Console aveva da poco fatto Consigliere di Stato per ricompensarlo dei servigi resigli il 18 brumaio. I politici della piccola città di Arcis indovinarono allora che Marion era stato il presta-nome del cittadino Malin invece che dei signori di Simeuse. L'onnipotente Consigliere di Stato era il personaggio più importante di Arcis.

Aveva fatto andare alla Prefettura di Troyes uno dei suoi amici politiciaveva fatto esentare dal servizio militare il figlio d'uno dei fittavoli di Gondrevilleche si chiamava Beauvisagefaceva piaceri a tutti. La cosa non doveva dunque trovare opposizione in paesedove Malin regnava e regna ancora. Si era all'aurora dell'Impero. Quelli che leggono oggi le storie della Rivoluzione francese non sapranno mai quali immensi intervalli mettesse allora il pensiero pubblico tra gli avvenimenti di quel tempo così vicini tra loro. Il bisogno di pace e di tranquillità che ciascuno sentiva dopo così violenti turbamenti produceva una dimenticanza completa dei fatti anteriori più gravi. La Storia invecchiava alla sveltacontinuamente maturata da interessi nuovi e ardenti. Così nessunoeccettuato Michuandò a cercare i precedenti della cosache parve semplicissima. Marion chea suo tempoaveva comprato Gondreville per seicentomila franchi in assegnatilo rivendette per un milione di scudi; ma la sola somma sborsata da Malin fu quella per il diritto di Registro. Grévinun compagno di Malin nello studio di un avvocatofavoriva naturalmente questo maneggioe il Consigliere di Stato lo ricompensò col farlo nominare notaio ad Arcis. Quando questa notizia giunse al padiglioneportata da un fittavolo d'una fattoria situata tra la foresta e il parcoa sinistra del bel vialee detta GrouageMichu si fece pallido e uscì; andò a spiare Marion e finì per incontrarlo solo in un viale del parco. " - Il Signore vende Gondreville? - SìMichusì. Avrete una persona potente per padrone. Il Consigliere di Stato è amico del Primo Consoleè legato intimamente con tutti i ministrivi proteggerà. - Conservavate dunque la terra per lui? - Non dico questo - riprese Marion. - Non sapevo allora come investire il mio denaroe per mia sicurezzal'ho investito in beni nazionali; ma non mi conviene conservare la terra che apparteneva alla casa dove mio padre... - E' stato impiegatointendente - disse violentemente Michu. - Ma voi non la venderetevero? La voglio ioe posso pagarvela. - Tu? - Sìioseriamente e in oro di zeccaottocentomila franchi... Ottocentomila franchi? dove li hai presi ? - disse Marion. Questo non vi riguarda - rispose Michu.

Poiraddolcendo il tonoaggiunse sottovoce: - Mio suocero ha salvato molte persone! - Arrivi troppo tardiMichul'affare è concluso. - Lo sconchiuderetesignore! - gridò l'amministratore prendendo la mano del padrone e serrandogliela come in una morsa.

- Io sono odiatoe voglio diventare ricco e potente; mi occorre Gondreville! Sappiatelonon tengo alla vitae voi mi venderete la terra o io vi brucerò il cervello... - Ma mi ci vuole almeno il tempo di rigirarmi con Malinche non è una persona facile...- Vi dò ventiquattro ore. Se dite una parola di tutto questoper me tagliarvi la testa è lo stesso che tagliare una rapa... ¯. Marion e Malin lasciarono il castello nella notte. Marion ebbe paurae informò il Consigliere di Stato dell'incontro fattodicendogli di tener d'occhio l'amministratore. Era impossibile per Marion sottrarsi all'obbligo di restituire la terra a colui che l'aveva realmente pagatae Michu non pareva uomo né da comprendere né da ammettere una simile ragione. D'altra parteil servizio reso da Marion a Malin doveva essere e fu l'origine della sua fortuna politica e di quella di suo fratello. Malin fece nominarenel 1806l'avvocato Marion Primo Presidente d'una Corte Imperialeprocuròla Ricevitoria generale dell'Aube al fratello dell'avvocato. Il Consigliere di Stato disse a Marion di restarsene a Parigie avvertì il ministro di Polizia che mise sotto vigilanza il guardiano. Maper non spingerlo ad atti estremie forse per meglio sorvegliarloMalin lasciò Michu amministratoresotto la ferula del notaio di Arcis. Da quel momentoMichu che si fece via via più taciturno e pensierosoebbe la reputazione di un uomo capace di tutto. MalinConsigliere di Statofunzione che il Primo Console parificò a quella di ministroe uno dei redattori del Codiceera un personaggio importante a Parigidove aveva comprato uno dei più bei palazzi del sobborgo San Germanodopo avere sposato la figlia unica di Sibuelleun ricco fornitore quasi squalificatoche associò per la ricevitoria generale dell'Aube a Marion. Perciò era venuto una sola volta a Gondrevillefidandosi del resto completamente di Grévin per tutto quello che riguardava i suoi interessi. Alla fineche aveva da temere luiantico rappresentante dell'Aubeda un antico presidente del club dei Giacobini di Arcis? Purel'opinione già così sfavorevole a Michu nelle classi bassedivenne quella della borghesia; e MarionGrévinMalinsenza spiegarsi né compromettersilo segnalarono come un individuo molto pericoloso. Obbligate dal ministro della Polizia generale a sorvegliarlole autorità non fecero nulla per distruggere tale opinione. Si era finito col meravigliarsi in paese che Michu conservasse il suo posto; ma tale concessione fu attribuita al terrore che egli ispirava. Chi non è in grado di capire ora la profonda malinconia che si leggeva sul volto della moglie di Michu?

In primo luogoMarta era stata piamente allevata dalla madre.

Tutte e duebuone cattolicheavevano sofferto delle opinioni e della condotta del conciatore. Marta non si ricordava mai senza arrossire d'essere stata portata in giro per le vie di Troyes in costume di dea. Il padre l'aveva costretta a sposare Michula cui cattiva reputazione andava crescendoe che essa temeva troppo per poterlo giudicare. Purela donna si sentiva amata; e in fondo al cuore le si agitava per quell'uomo l'affezione più vera; non gli aveva mai visto fare qualcosa che non fosse giustomai le sue parole erano brutaliper lei almeno; e poi egli si sforzava d'indovinare tutti i suoi desideri. Il povero pariacredendo d'essere sgradito a sua moglierestava quasi sempre fuori casa.

Marta e Michudiffidando l'uno dell'altravivevano in quella che ora si dice "una pace armata". Martache non vedeva nessunosoffriva vivamente della riprovazione cheda sette annila colpiva come figlia d'un taglia-testee di quella che colpiva suo marito come traditore. Più d'una volta aveva sentito la gente della fattoria che si trovava nel piano a destra del vialefattoria che si chiamava Bellache ed era tenuta da Beauvisageuomo attaccato ai Simeusedire passando innanzi al padiglione:

"Ecco la casa dei Giuda!". La singolare somiglianza della testa dell'amministratore con quella del tredicesimo apostolosomiglianza che pareva che egli avesse voluto perfezionaregli aveva fruttato in tutto il paese quell'odioso soprannome. Perciò questa ostilità e vaghecostanti apprensioni per il futurorendevano Marta pensierosa e raccolta. Niente rende più tristi che una degradazione immeritata e da cui è impossibile risollevarsi.

Un pittore non avrebbe fatto un bel quadro di questa famiglia di paria in seno a uno dei più bei luoghi della Champagnein cui il paesaggio è generalmente triste?

- Francesco - gridò l'amministratore sollecitando il figlio.

Francesco Michuragazzetto di dieci annigodeva del parcodella foresta e ne prelevava da padrone minuscoli tributi: mangiava i fruttiandava a cacciae non aveva un pensiero al mondo; era la sola persona felice della famigliaisolata nel paese tra parco e foresta così com'era tenuta moralmente isolata dalla repulsione generale.

- Raccoglimi tutto quello che è lì - disse il padre al figliomostrandogli il parapetto - e chiudimi tutto. Guardami! tu vuoi bene a tuo padre e a tua madrenon è vero? Il fanciullo si gettò verso il padre per abbracciarlo; ma Michu fece un movimento per spostare la carabina e lo respinse. Bene! Tu qualche volta hai ciarlato su quello che si fa qui disse fissando su di lui i suoi occhi terribili come quelli d'un gatto selvatico. - Ricordati bene questo: rivelare la cosa più indifferente che si fa quia Gauchea quelli di Gouache o di Bellachee anche a Marianna che ci vuol benesarebbe uccidere tuo padre. Che non ti succeda mai piùe io ti perdono le tue indiscrezioni di ieri. - Il fanciullo si mise a piangere. - Non piangerema a qualunque domanda ti faccianorispondi come i contadini: "Non lo so!". C'è gente che gironzola in paesee che non mi piace. Va' pure! Avete sentito voi due? - disse Michu alle donne - anche voi acqua in bocca.

- Amico miocosa vuoi fare?

Michuche stava misurando attentamente una carica di polvere e la versava nella canna della carabinaappoggiò l'arma contro il parapetto e disse a Marta:

- Nessuno sa che io ho questa carabinamettiti davanti.

Courautrizzatosi sulle gambeabbaiava furiosamente.

- Bella e intelligente bestia! - esclamò Michu sono sicuro che ci sono delle spie...

Si ha la sensazione d'essere spiati. Couraut e Michuche sembravano avere una sola animavivevano insieme come l'Arabo e il suo cavallo vivono nel deserto. L'amministratore conosceva le modulazioni di voce di Couraut e le idee che esprimevanoallo stesso modo che il cane leggeva al padrone i pensieri negli occhi e li sentiva diffusi su tutto il suo corpo.

- Che ne dici? - esclamò a voce bassa Michu mostrando alla moglie due sinistri personaggi che apparvero in un contro-viale dirigendosi verso il piazzale.

- Che succede in paese? Sono Parigini? - disse la vecchia.

- Ah! Eccoci! - esclamò Michu. - Nascondi la carabina- disse all'orecchio della moglie - vengono verso di noi.

I due Parigini che attraversarono il piazzale erano figure checertosarebbero state tipiche per un pittore. Uno di essiquello che pareva un subalternoaveva stivali col risvoltoche ricadendo lasciava vedere polpacci miserini e calze di seta a disegni non troppo pulite. I calzonidi panno a costole di color albicocca con bottoni di metalloerano un po' troppo larghi; il corpo ci stava comodoe le pieghe logore indicavano colla loro disposizione un impiegato da tavolino. Il panciotto di picchécarico di ricami in rilievoapertocon un solo bottone sull'alto ventredava al personaggio un'aria tanto più disordinata in quanto i capelli neriarricciati a boccoligli nascondevano la fronte e scendevano lungo le gote. Due catene da orologio in acciaio pendevano sui calzoni. La camicia si ornava d'uno spillo a cammeo bianco e azzurro. Il soprabito color cannellasi raccomandava al caricaturista per una lunga falda chevista di dietroaveva una così perfetta somiglianza con un merluzzo che gliene fu dato il nome. La moda degli abiti a coda di merluzzo è durata dieci anniquasi quanto l'impero di Napoleone. La cravattalarga e a grandi e numerose pieghepermetteva all'individuo di sprofondarvi la faccia fino al naso. La faccia a bitorzoliil naso lungo color mattonei pomelli coloritila bocca sdentatama minacciosa e ingordale orecchie ornate di grossi orecchini d'orola fronte bassatutti questi particolari che sembrano grotteschierano resi terribili da due occhietti situati e tagliati come quelli dei maiali e d'una implacabile aviditàd'una crudeltà beffarda e quasi gioiosa. Quei due occhi investigatori e perspicacid'un azzurro glaciale e ghiacciatopotevano esser presi per il modello del famoso occhioil temibile emblema della poliziainventato durante la Rivoluzione. Aveva guanti di seta nera e un bastoncino in mano. Doveva essere un personaggio ufficialeperché aveva nel contegnonel modo di prender tabacco e di ficcarselo nel nasol'importanza burocratica d'un uomo di secondo pianoma che emargina ostensibilmentee che ordini venuti dall'alto rendono momentaneamente onnipotente.

L'altroil cui costume era dello stesso gustoma elegante ed elegantissimamente portatocurato nei minimi particolariche camminando faceva scricchiolare gli stivali alla Suwaroffinfilati sopra un pantalone aderenteportava sul soprabito uno spencermoda aristocratica adottata da quelli del partito di Clichydalla "gioventù dorata" e che sopravviveva a Clichy e alla "gioventù dorata". In quel tempo vi furono mode che durarono più dei partitisintomo d'anarchia che il 1830 ci ha già presentato.

Quel perfetto "moscardino" mostrava l'età di trent'anni. I suoi modi risentivano della buona compagniaportava gioielli di prezzo. Il collo della camicia gli arrivava agli orecchi. La sua aria fatua e quasi impertinente rivelava una specie di superiorità segreta. La faccia pallida sembrava non avesse una goccia di sangueil naso rincagnato e fine aveva la forma sardonica d'una testa di mortoe gli occhi verdi erano impenetrabili; il loro sguardo era così discreto come doveva essere la bocca sottile e serrata. Il primo faceva l'impressione d'un buon ragazzo paragonato a quel giovane asciutto e magro che frustava l'aria con una mazzetta di giunco il cui pomo d'oro brillava al sole. Il primo poteva tagliare lui stesso una testama il secondo era capace di avvolgerenelle reti della calunnia e dell'intrigola bellezzal'innocenzala virtùdi annegarle o avvelenarle freddamente. L'uomo rubicondo avrebbe consolato la sua vittima con dei lazzil'altro non avrebbe neppure sorriso. Il primo aveva quarantacinque annidoveva amare la buona tavola e le donne.

Quella specie d'uomini hanno tutti delle passioni che li rendono schiavi del loro mestiere. Ma il giovanotto non aveva passioni né vizi. Se faceva la spiaapparteneva alla diplomaziae lavorava per l'arte pura. Concepival'altro eseguiva; era l'ideal'altro era la forma.

- Dobbiamo essere a Gondrevillebuona donna? disse il giovane.

- Non si dice "buona donna" qui - rispose Michu. Abbiamo ancora la dabbenaggine di chiamarci "cittadina" e "cittadino"noialtri!

- Ah! - fece il giovane con l'aria più naturale senza parer seccato.

I giocatori hanno spessoin societàsoprattutto al gioco dell'"écarté"provato come il senso d'una disfatta interna al veder sedersi innanzi a loro al tavolo da giocoin un momento di fortunaun giocatorei cui modilo sguardola voceil modo di mescolare le carte predicevano loro un disastro. All'aspetto del giovaneMichu sentì una prostrazione profetica del genere. Fu colto da un presentimento di morteintravvide confusamente il patibolo; una voce gli gridò che quello zerbinotto gli sarebbe stato fatalebenché fino a quel momento non avessero niente in comune. Perciò la sua parola era stata rudevoleva essere e fu grossolano.

- Non appartenete al Consigliere di Stato Malin? chiese il secondo Parigino.

- Appartengo a me stesso - rispose Michu.

- Insommasignore mie - disse il giovanotto assumendo i modi più cortesi - siamo o no a Gondreville? Vi siamo aspettati dal signor Malin.

- Quello è il parco - disse Michu indicando il cancello aperto.

- E perchébella ragazzanascondete quella carabina? - disse il gioviale compagno del giovanotto che passando il cancello ne scorse la canna.

- Tu "lavori" sempreanche in campagna - esclamò sorridendo il giovane.

Tutti e due tornarono indietropresi da un senso di diffidenza che Michu comprese a dispetto dell'impassibilità dei loro visi; Marta lasciò che guardassero la carabinain mezzo all'abbaiare di Couraut perché aveva la convinzione che Michu meditasse qualche brutto tiro e fu quasi contenta della perspicacia degli sconosciuti. Michu diede alla moglie un'occhiata che la fece rabbrividireprese poi la carabina e si mise a introdurvi una pallaaccettando le fatali possibilità di quella scoperta e di quell'incontro; parve non tenere più alla vitae la moglie ne comprese la funesta decisione.

- Avete dunque dei lupi qui ? - disse il giovanotto a Michu.

- Ci son sempre lupi dove ci sono pecore. Voi siete nella Champagne e quella è una foresta; ma abbiamo anche cinghialiabbiamo animali grandi e picciniabbiamo un po' di tutto - disse Michu con aria beffarda.

- ScommettoCorentin - disse il più anziano dei due dopo aver scambiato un'occhiata con l'altro - che quest'uomo è il mio Michu...

- Non abbiamo mica pasciuto insieme le pecore disse l'amministratore.

- Noma abbiamo presieduto un club di Giacobinicittadino - ribatté il vecchio - voi ad Arcisio in un altro posto. Tu hai conservato la cortesia della Carmagnola; ma non è più di modagiovanotto.

- Il parco mi pare molto grandepotremmo smarrirci; se voi siete l'amministratorefateci condurre al castello - disse Corentin con tono perentorio.

Michu fischiò per chiamare il figlio e continuò a introdurre la palla. Corentin contemplava Marta con occhio indifferentementre il suo compagno sembrava incantato; ma notava in lei le tracce di un'angoscia che sfuggiva al vecchio libertinolui che s'era allarmato della carabina. Quelle due nature si dipingevano intere in quella piccolezza così grande.

- Ho un appuntamento di là dalla forestanon posso rendervi io stesso questo servizio; vi condurrà mio figlio al castello. Per dove siete venuti a Gondreville? Avete preso per Cinq-Cygne?

- Avevamocome voiqualcosa da fare nella foresta- disse Corentin senza ironia apparente.

- Francesco - gridò Michu - conduci questi signori al castello per i sentieriperché nessuno li vedanon prendono le vie battute.

Vieni qui prima - disse vedendo che i due forestieri avevano voltato le spalle e camminavano parlando tra loro a voce bassa.

Michu prese il figliolo baciò quasi santamente e con un'espressione che confermò i timori della moglieche sentì un freddo alle renie guardò la madre con gli occhi asciuttiperché non poteva piangere. - Va' - disse. E lo guardò finché non lo ebbe interamente perso di vista. Couraut abbaiò dalla parte della fattoria di Grouage. - Oh! è Violetta!- riprese. - Ecco la terza volta che passa da questa mattina. Che c'è dunque in aria? BastaCouraut!

Qualche momento doposi sentì il trotterello d'un cavallo.

Violettamontato sopra un cavalluccio di quelli di cui si servono i fittavoli dei dintorni di Parigimostròsotto un cappello di forma rotonda e a larghe tesela sua faccia color legno e fortemente grinzosala quale pareva ancora più scura. Gli occhi grigimaliziosi e brillanti ne dissimulavano la falsità del carattere. Le gambe asciuttecoperte di uose di tela bianca che arrivavano al ginocchiopendevano senza appoggiarsi alle staffee sembravano tirate giù dal peso delle grosse scarpe ferrate.

Sopra la giacca di panno turchinoportava un mantello a righe bianche e nere. I capelli grigi gli ricadevano in riccioli dietro la testa. Quel costumeil cavallo grigio basso di gambeil modo come Violetta ci stava su col ventre sporgente e la parte alta del corpo all'indietrola grossa mano screpolata e color terra che sosteneva una logora briglia tarlata e dentellatatutto dipingeva in lui un contadino avaroambiziosoche vuol possedere terre e che ne compra a qualunque prezzo. La bocca dalle labbra bluastretagliata come se un chirurgo l'avesse aperta con un bisturile innumerevoli rughe della faccia e della fronte impedivano la mobilità della fisionomia di cui solo i lineamenti parlavano.

Quelle linee duredeciseparevano esprimere minacciaa dispetto dell'aria umile che prendono tutti i campagnolie sotto cui nascondono le loro emozioni e i loro calcolicome gli Orientali e i Selvaggi ravvolgono i loro sotto una imperturbabile gravità. Da semplice contadino che andava a giornatadiventato fattore di Grouage con un sistema di cattiveria progressivalo usava ancora dopo aver raggiunto una posizione che superava i suoi antichi desideri. Voleva il male del prossimo e lo desiderava con ardore.

Violetta era invidioso senza dissimularlo; ma in tutti i suoi rigirirestava nei limiti della legalitàné più né meno di un'Opposizione parlamentare. Credeva che la sua fortuna dipendesse dalla rovina degli altrie tutti quelli che erano al di sopra di lui erano per lui nemici contro cui tutti i mezzi erano buoni. E' un carattere molto comune tra i contadini. Il suo grande affare del momento era di ottenere da Malin una proroga dell'affitto della sua fattoria che sarebbe spirato tra sei anni. Geloso della fortuna dell'amministratorelo sorvegliava da vicino; la gente del paese gli ascriveva a colpa le sue relazioni coi Michu; macon la speranza di far prorogare il suo affitto per altri dodici annil'astuto fattore spiava un'occasione di render servizio al Governo o a Malin che diffidava di Michu. Violettacon l'aiuto del guardiano particolare di Gondrevilledella guardia campestre e di qualche fascinaioteneva al corrente il commissario di polizia di Arcis delle minime azioni di Michu. Questo funzionario aveva tentatoma inutilmentedi mettere Mariannala serva di Michunegli interessi del Governo; ma Violetta e i suoi fidi sapevano tutto da Gaucheril servettosulla fedeltà del quale Michu contavae che lo tradiva per delle ineziepanciottiorecchinicalze di cotoneghiottonerie. Il ragazzo non supponeva del resto l'importanza delle sue ciarle. Violetta aggravava tutte le azioni di Michule rendeva criminali con le più assurde supposizioni all'insaputa dell'amministratoreche sapeva tuttavia la parte ignobile che il fattore rappresentava in casa suae si divertiva a mistificarlo.

- Quanti affari dovete avere a Bellachesiete un'altra volta qui!

- disse Michu.

- Un'altra volta! è una parola di rimproverosignor Michu. Non credo che vogliate fischiare ai passeri col vostro clarinetto! Non sapevo che aveste quella carabina...

- E' nata in uno dei miei campi dove nascono le carabine - rispose Michu. - Guardateecco come le semino.

L'amministratore prese di mira una viperina a trenta passi da lui e la troncò nettamente.

- E' per far la guardia al vostro padrone che avete quest'arma da bandito? ve l'avrà forse regalata lui.

- E' venuto apposta da Parigi per portarmela rispose Michu.

- Fatto sta che si parla moltoin tutto il paesedel suo viaggio; c'è chi dice che sia in disgrazia e che si ritira dagli affari; gli altri dicono che vuole vedere chiaro qui; infattiperché arriva senza dir nienteproprio come il Primo Console? Lo sapevate voi che veniva?

- Non sono abbastanza in buoni termini con lui per esserne avvertito.

- Non l'avete ancora visto dunque?

- Ho saputo del suo arrivo solo al mio ritorno dalla ronda nella foresta - rispose Michu che ricaricava la carabina.

- Ha mandato a chiamare il signor Grévin ad Arcistribunerannoqualcosa?

Malin era stato tribuno.

- Se andate dalla parte di Cinq-Cygne - disse l'amministratore a Violetta - prendetemi in groppavengo anch'io.

Violettatroppo pauroso per portare in groppa un uomo della forza di Michuspronò il cavallo. Il Giuda si mise la carabina in spalla e si slanciò nel viale.

- Con chi ce l'ha Michu? - disse Marta alla madre.

- Da quando ha saputo l'arrivo del signor Malin s'è fatto scuro - rispose quella. - Ma è umido fuoririentriamo.

Quando le due donne furono sedute sotto la cappa del caminosentirono Couraut.

- Ecco mio marito! - esclamò Marta.

InfattiMichu saliva la scala; la moglie inquieta lo raggiunse nella loro camera.

- Guarda se c'è nessuno - disse a Marta con voce turbata.

- Nessuno - rispose lei - Marianna è nei campi colla muccae Gaucher...

- Dov'è Gaucher? - riprese Michu.

- Non lo so.

- Non mi fido di quel bricconcello; sali in soffittafruga dappertuttoe cercalo in tutti gli angoli del padiglione.

Marta uscì; quando tornòtrovò Michu che con un ginocchio a terra pregava.

- Ma che hai insomma? - disse spaventata.

L'amministratore prese la moglie per la vital'attirò a séla baciò in fronte e le rispose con voce commossa: - Se non ci rivediamo piùsappipovera moglie miache ti amavo molto. Segui esattamente le istruzioni che troverai scritte in una lettera sotterrata ai piedi del larice di questa macchia - disse dopo una pausa indicandole un albero - si trova in un tubo di latta. Non toccarla che dopo la mia morte. Insommaqualunque cosa mi succedapensanonostante l'ingiustizia degli uominiche il mio braccio ha servito la causa di Dio.

Martache via via impallidivasi fece bianca come un cencioguardò il marito con l'occhio fisso e ingrandito dallo spaventovolle parlaree si trovò la gola asciutta. Michu scomparve come un'ombraaveva attaccato a un piede del letto Courautche si mise a ululare come ululano i cani disperati.

La collera di Michu contro il signor Marion aveva avuto seri motivima s'era appuntata contro un uomo molto più colpevole ai suoi occhisu Malini cui segreti s'erano rivelati agli occhi dell'amministratorepiù in grado di ogni altro d'apprezzare la condotta del Consigliere di Stato. Il suocero di Michu aveva possedutopoliticamente parlandola fiducia di Malinnominato Rappresentante dell'Aube alla Convenzione per l'interessamento di Grévin.

Non è forse inutile raccontare le circostanze che misero i Simeuse e i Cinq-Cygne in lotta con Maline che pesarono sul destino dei due gemelli e della signorina di Cinq-Cygnema più ancora su quello di Marta e di Michu. A Troyesil palazzo di Cinq-Cygne è di fronte a quello di Simeuse. Quando la plebagliascatenata da mani sapienti quanto prudentiebbe saccheggiato il palazzo di Simeusescoperti il marchese e la marchesa accusati di essere in corrispondenza coi nemici e li ebbe consegnati alla guardia nazionale che li condusse in prigionela folla coerente coi suoi principi gridò: "Dai Cinq-Cygne!". Non capiva che i Cinq-Cygne potessero essere innocenti del delitto dei Simeuse. Il degno e coraggioso marchese di Simeuseper salvare i suoi due figlidiciottenniche il loro coraggio poteva compromettereli aveva affidatiqualche momento prima della tempestaalla ziala contessa di Cinq-Cygne. Due domestici appartenenti alla casa di Simeuse tenevano rinchiusi i due giovani. Il vecchioche non voleva veder finire il suo nomeaveva raccomandato di tener tutto nascosto ai figliin caso di sventure estreme. Lorenzaallora dodicenneera amata egualmente dai due fratellie li amava anche lei egualmente. Come la maggior parte dei gemellii due Simeuse si rassomigliavano tantoche per molto tempo la madre li vestì di colori differenti per riconoscerli. Il primo natoil maggioresi chiamava Paolo-Marial'altro Maria-Paolo. Lorenza di Cinq-Cygnea cui il segreto della situazione era stato confidatofece molto bene la sua parte di donna; supplicò i cuginili blandìli trattenne fino al momento in cui la plebaglia circondò il palazzo Cinq-Cygne. I due fratelli compresero allora nello stesso momento il pericolo e se lo dissero con una stessa occhiata. La loro risoluzione fu presto presaarmarono i due domesticiquelli della contessa di Cinq-Cygnebarricarono la portasi misero alle finestredopo averne chiuse le persianecon cinque domestici e l'abate d'Hauteserreun parente dei Cinq-Cygne. Gli otto coraggiosi campioni fecero un fuoco terribile sulla folla. Ogni colpo uccideva o feriva uno degli assalitori. Lorenzainvece di desolarsicaricava i fucili con un sangue freddo straordinariopassava le palle e la polvere a quelli che ne mancavano. La contessa di Cinq-Cygne era caduta in ginocchio.

- Che fatemamma? - le disse Lorenza.

- Prego - rispose - per loro e per voi! - Frase sublimeche fu detta anche dalla madre del principe della Pace in un'occasione simile.

In un istante undici persone furono uccise e lasciate a terra tra i feriti. Simili avvenimenti raffreddano o esaltano la plebaglia che si accanisce alla sua opera o la interrompe. Quelli che si trovavano più innanzi indietreggiarono spaventati; ma la massa interache veniva per uccidererubareassassinarevedendo dei mortisi mise a gridare: "Assassini! omicidio!". I più prudenti andarono a chiamare il Rappresentante del popolo. I due fratelliistruiti allora dei funesti avvenimenti della giornatasospettarono che il Convenzionale volesse la rovina della loro casae il loro sospetto divenne presto una convinzione. Animati dalla vendettasi recarono sotto il portone e caricarono i fucili per uccidere Malin nel momento in cui si sarebbe presentato. La contessa aveva perduto la testavedeva già la sua casa in cenere e sua figlia assassinatae biasimava i suoi parenti dell'eroica difesa di cui tutta la Francia parlò per otto giorni. Lorenza aprì la porta all'ingiunzione fatta da Malin; vedendolail Rappresentante si fidò della sua qualità temutadella debolezza della ragazzettaed entrò.

- Comesignore - rispose Lorenza alla prima parola che egli disse per chieder ragione di quella resistenza - volete dare la libertà alla Franciae non proteggete la gente in casa propria! Vogliono demolire il nostro palazzoassassinarcie non dovremmo avere il diritto di respingere la forza con la forza!

Malin restò pietrificato.

- Voiil nipote d'un muratore impiegato dal Gran Marchese alle costruzioni del suo castello - gli disse Maria-Paolo - voi avete un momento fa lasciato trascinare in prigione nostro padredando retta a una calunnia!

- Sarà messo in libertà - disse Malin che si credette perduto vedendo i due giovani maneggiare convulsamente il fucile.

- Voi dovete la vita a questa promessa - disse solennemente Maria- Paolo.

- Ma se entro questa sera non verrà mantenutasapremo ritrovarvi!

- Quanto a quella gente che urla - disse Lorenza se non la fate allontanareil primo colpo sarà per voi. E orasignor Malinuscite!

Il Convenzionale uscì e arringò la moltitudineparlando dei sacri diritti del focolaredell'"habeas corpus" e del domicilio inglese. Disse che la Legge e il Popolo erano sovraniche la Legge era il popoloche il popolo doveva agir solo colla Leggee che la forza sarebbe restata alla Legge. La legge della necessità lo rese eloquentee riuscì a disperdere l'assembramento. Ma non dimenticò mai né l'espressione di disprezzo dei due fratelliné 1'"uscite!" della signorina di Cinq-Cygne. Perciòquando si trattò di vendere come beni nazionali la proprietà del conte di Cinq-Cygnefratello di Lorenzala distribuzione ne fu rigorosamente eseguita. Gli agenti del Distretto lasciarono a Lorenza solo il castelloil parcoi giardini e la fattoria detta di Cinq-Cygne. Secondo le istruzioni ricevute da MalinLorenza non aveva diritto che alla legittimaperché la Nazione subentrava nei diritti all'emigratosoprattutto quando questi portava le armi contro la Repubblica.

La sera di quella furiosa tempestaLorenza supplicò tanto i suoi due cugini perché partissero - temeva per loro un tradimento e le insidie del Rappresentante - che essi salirono a cavallo e guadagnarono i posti avanzati dell'esercito prussiano. Nel momento in cui i due fratelli raggiungevano la foresta di Gondrevilleil palazzo fu accerchiato; il Rappresentante veniva di persona e con molte forze ad arrestare gli eredi della casa di Simeuse. Non osò impadronirsi della contessa di Cinq-Cygne allora a letto e in preda a un'orribile febbre nervosané di Lorenzauna ragazzetta di dodici anni. I domesticitemendo la severità della Repubblicaerano scomparsi.

La mattina dopola notizia della resistenza dei due fratelli e della loro fuga in Prussiacome si dicevasi sparse nei dintorni; si fece un assembramento di tremila persone davanti al palazzo di Cinq-Cygneche fu demolito con una inesplicabile rapidità. La signora di Cinq-Cygnetrasportata al palazzo di Simeusevi morì in un accesso di febbre violenta. Michu era apparso sulla scena politica solo dopo tali avvenimentiperché il marchese e la marchesa restarono circa cinque mesi in prigione.

Durante quel tempoil Rappresentante dell'Aube ebbe una missione.

Ma quando il signor Marion vendette Gondreville a Malinquando tutto il paese ebbe dimenticato gli effetti dell'effervescenza popolareMichu comprese allora interamente MalinMichu credette almeno di comprenderlo; perché Malin ècome Fouchéuno di quei personaggi che hanno tanti lati e tanta profondità sotto ciascun latoche finché dura il gioco restano impenetrabili e non possono essere interpretati se non molto tempo dopo che il gioco è finito.

Nelle circostanze più importanti della sua vitaMalin non mancava mai di consultare il fedele amico Grévinil notaio d'Arcisil cui giudizio sulle cose e sugli uomini eraa distanzanettochiaro e preciso. Tale abitudine è tutta la sapienza e la forza degli uomini secondari. Oranel novembre 1803le congiunture furono così gravi per il Consigliere di Statoche una lettera avrebbe compromesso i due amici. Malinche doveva essere nominato senatoretemette di spiegarsi dentro Parigi; lasciò il suo palazzo e venne a Gondrevilledando al Primo Console una sola delle ragioni che gli facevano desiderare di venircie che lo faceva apparire a Bonaparte pieno di zelomentre invece che dello Stato si occupava di se stesso. Oramentre Michu spiava e cercava nel parcoalla maniera dei Selvaggiun momento propizio alla sua vendettail politico Malinabituato a sfruttare per proprio conto gli avvenimenticonduceva il suo amico verso un praticello del giardino ingleseluogo deserto e favorevole a un colloquio misterioso. Cosìtenendovisi nel mezzo e parlando a voce bassai due amici erano a una distanza troppo grande per poter essere intesise qualcuno si fosse nascosto per ascoltarlie potevano cambiar conversazione se sopravvenissero degli indiscreti.

- Perché non restare in una stanza al castello? disse Grévin.

- Non hai visto i due uomini che mi ha mandato il Prefetto di Polizia?

Benché Fouché sia statonell'affare della cospirazione di PichegruGeorgesMoreau e Polignacl'anima del gabinetto consolarenon era tuttavia lui che dirigeva il ministero della Polizia e si trovava a essere allora semplice Consigliere di Stato come Malin.

- Quei due uomini sono le due braccia di Fouché. Unoil giovane zerbinotto la cui faccia somiglia a una boccia di limonatache ha l'aceto sulle labbra e l'agresto negli occhiha liquidato in quindici giorni l'insurrezione dell'Ovest dell'anno Sette. L'altro è un allievo di Lenoiril solo che possegga le grandi tradizioni della polizia. Avevo chiesto un agente qualunquee mi mandano questi due compari. Ah! GrévinFouché vuole senza dubbio veder chiaro nel mio gioco. Ecco perché ho lasciato quei signori che pranzavano al castello; osservino pure tuttonon ci troveranno né Luigi Diciottesimoné il minimo indizio.

- Oh! senti! - disse Grévin - ma a quale gioco giochi tu dunque?

- Eh! amico mioun doppio gioco è già molto pericoloso; ma riguardo a Fouché il mio è un gioco triploed egli ha forse fiutato che io sono nei segreti della casa di Borbone.

- Tu!

- Io - rispose Malin.

- Non ti ricordi dunque di Favras?

Questa domanda fece impressione al Consigliere.

- E da quando? - domandò Grévin dopo una pausa.

- Dopo il Consolato a vita.

- Maniente prove?

- Nemmeno tanto! - disse Malin facendo scattare l'unghia del pollice sotto uno degli incisivi.

In poche paroleMalin descrisse nettamente la posizione critica in cui Bonaparte metteva l'Inghilterra minacciata di morte dal campo di Boulognespiegando a Grévin la portata sconosciuta in Franciama sospettata da Pittdi quel progetto di sbarco; poi la posizione critica in cui l'Inghilterra stava per mettere Bonaparte. Una coalizione imponentePrussiaAustria e Russia finanziate dall'oro inglesedoveva mettere sotto le armi settecentomila uomini. Nello stesso tempo una cospirazione formidabile allargava nell'interno la sua rete e riuniva quelli della Montagnagli Chouansi Realisti e i loro principi.

- Finché Luigi Diciottesimo ha visto tre consoliha creduto che l'anarchia continuava e che grazie a un movimento qualsiasi avrebbe preso la rivincita del 13 vendemmiaio e del 18 fruttidoro - disse Malin; - ma il Consolato a vita ha smascherato i piani di Bonaparteche sarà presto imperatore. L'antico sottotenente vuol creare una dinastia! Oraquesta voltasi mira alla sua vitae il colpo è organizzato ancora meglio di quello di via San Nicasio.

PichegruGeorgesMoreauil duca d'EnghienPolignac e Rivièrei due amici del conte d'Artoisne fanno parte.

- Che miscuglio! - esclamò Grévin.

- La Francia è invasa sordamentesi vuol dare un assalto generale e si fa d'ogni erba un fascio! Cento uomini d'azionecomandati da Georgesdebbono attaccare la guardia consolare e il Console corpo a corpo.

- Ebbenedenunciali.

- Sono due mesi che il Consoleil suo ministro di Poliziail Prefetto e Fouché hanno in mano una parte di questa trama immensa; ma non ne conoscono tutta la vastitàe nel momento attualelasciano liberi quasi tutti i congiurati per venire a sapere tutto.

- Quanto al diritto - disse il notaio - i Borboni hanno molto più il diritto di idearecondurre ed eseguire un'impresa contro Bonaparteche Bonaparte non ne aveva di cospirare il 18 brumaio contro la Repubblicadi cui era figlio; assassinava sua madree loro vogliono rientrare in casa loro. Capisco chevedendo chiudere la lista degli emigratimoltiplicare le radiazioniristabilire il culto cattolicoe accumulare le ordinanze contro- rivoluzionariei principi abbiano capito che il loro ritorno diventa difficileper non dire impossibile. Bonaparte diventa il solo ostacolo al loro ritornoe vogliono abbattere l'ostacoloniente di più semplice. I cospiratorivintisaranno dei briganti; vittoriosisaranno eroie la tua perplessità mi pare molto naturale.

- Si tratta - disse Malin - di far gettare da Bonaparte ai Borboni la testa del duca d'Enghiencome la Convenzione ha gettato ai re la testa di Luigi Sedicesimoper coinvolgerlo quanto noi nel corso della Rivoluzione; o di abbattere l'idolo attuale del popolo francese e il suo futuro imperatoreper rialzare il vero trono sulle sue rovine. Io sono alla mercé d'un avvenimentod'un colpo di pistola fortunatod'una macchina infernale che riesca. Non m'hanno detto tutto. M'hanno proposto di far aderireal momento criticoil Consiglio di Statodi dirigere l'azione legale della restaurazione dei Borboni.

- Aspetta - rispose il notaio.

- Impossibile! Ho soltanto un momento per prendere una decisione.

- E perché?

- I due Simeuse cospiranosono in paese; debboo farli continuarelasciare che si compromettano e farmene sbarazzareo proteggerli sordamente. Avevo chiesto dei subalternie mi mandano linci di prim'ordine che sono passati per Troyes per avere la gendarmeria dalla parte loro.

- Gondreville è l'Uovo e la Cospirazione la Gallina - disse Grévin. - Né Fouchéné Talleyrandi tuoi due compagni di giocone fanno parte: sii leale con loro. Tutti quelli che hanno tagliato la testa a Luigi Sedicesimo sono nel Governola Francia è piena di compratori di beni nazionalie tu vorresti far ritornare quelli che ti richiederanno Gondreville? Se non sono degli imbecillii Borboni dovranno dimenticare tutto quello che abbiamo fatto. Avverti Bonaparte.

- Un uomo della mia posizione non denuncia - disse Malin con vivacità.

- Della tua posizione? - esclamò Grévin sorridendo.

- Mi offrono il ministero di Grazia e Giustizia.

- Mi rendo conto che sei abbacinatoe tocca a me di vedere chiaro in queste tenebre politichedi fiutarvi la porta d'uscita. Oraè impossibile prevedere gli avvenimenti che ricondurranno i Borboniquando un generale Bonaparte ha ventiquattro navi e quattrocentomila uomini. Quel che è più difficile nella politica attendistaè di sapere quando un potere pencolante cadrà; maragazzo mioquello di Bonaparte è nel periodo ascendente. Non potrebbe darsi che Fouché abbia voluto sondarti per conoscere la tue idee e sbarazzarsi di te?

- Nodell'ambasciatore sono sicuro. D'altra parte Fouché non m'avrebbe mandato due poliziotti similiche io conosco troppo per non entrare in sospetto.

- Mi fanno paura - disse Grévin. - Se Fouché non diffida di tese non vuol metterti alla provaperché te li ha mandati? Fouché non è uomo da giocare un tale tiro senza una ragione qualsiasi...

- Questo mi decide - esclamò Malin - non sarò mai tranquillo con questi due Simeuse; forse Fouchéche conosce la mia posizionenon vuole che gli sfugganoe vorrebbe arrivare per mezzo loro fino ai Condé.

- Eh! ragazzo mionon sarà sotto Bonaparte che daranno noie al possessore di Gondreville.

Alzando gli occhiMalin scorse tra il folto fogliame d'un grosso tiglio la canna d'un fucile.

- Non m'ero ingannatoavevo sentito il rumore secco d'un fucile che viene caricato - disse a Grévin dopo essersi messo dietro il tronco d'un grosso albero dove fu seguito dal notaio inquieto del brusco movimento del suo amico.

- E' Michu - disse Grévin - vedo la sua barba rossa.

- Non mostriamo d'aver paura - riprese Malin che se ne andò lentamente dicendo a più riprese: - Che vuole quest'uomo dai compratori di questa terra? Non mirava certo a te. Se ci ha sentitidebbo servirlo io! Avremmo fatto meglio ad andarcene nel piano. Chi diavolo avrebbe pensato a diffidare dell'aria!

- S'impara sempre qualcosa! - disse il notaio - ma era molto lontano e noi parlavamo a voce bassa.

- Ne dirò due parole a Corentin - rispose Malin.

Qualche momento dopoMichu rientrò in casa pallido e col viso contratto.

- Che hai? - gli disse la moglie spaventata.

- Niente - rispose vedendo Violetta la cui presenza fu per lui un colpo di fulmine.

Michu prese una sediasi mise davanti al fuoco tranquillamentee ci gettò una lettera tirandola fuori da uno di quei tubi di latta che hanno i soldati per chiuderci le loro carte. Quell'atto che permise a Marta di respirare come una persona sollevata da un peso enormesuscitò in Violetta una grande curiosità. L'amministratore posò la carabina sulla cappa del camino con un ammirevole sangue freddo. Marianna e la madre di Marta filavano alla luce d'una lampada.

- SuFrancesco - disse il padre - a letto! Vuoi andare a letto o no?

Prese brutalmente il figlio a mezzo corpo e lo portò via.

- Scendi in cantina - gli disse all'orecchio quando fu nella scala - riempi due bottiglie di vino di Macon dopo averne versato una terza partecon l'acquavite che è sull'asse delle bottiglie; poimescola mezza bottiglia di vino bianco con mezza d'acquavite. Fa' tutto perbeninoe metti le tre bottiglie sulla botte vuota che è all'entrata della cantina. Quando aprirò la finestraesci dalla cantinasella il cavallomontaci sue va' ad aspettarmi al Palo-dei-Pitocchi. - Quel furfantello non vuol mai andare a letto - disse l'amministratore rientrando vuol fare come i grandivuol vedere tuttoascoltare tuttosapere tutto. Voi date cattive abitudini ai mieipapà Violetta.

- Dio buono! Dio buono! - esclamò Violetta - chi vi ha sciolto la lingua? Non avete mai parlato tanto.

- Credete che io mi lasci spiare senza accorgermene? Non siete però dalla parte buonapapà Violetta. Seinvece di servire quelli che mi vogliono malesteste dalla parte miafarei per voi molto più che rinnovarvi l'affitto...

- Che altro ancora? - disse il contadino avido spalancando gli occhi.

- Vi venderei quel che possiedo e a buon mercato.

- Non c'è buon mercato quando si deve pagare disse sentenziosamente Violetta.

- Voglio andarmene da questo paesee vi darei la mia fattoria di Mousseaucostruzionisementibestiameper cinquantamila franchi.

- Sul serio?

- Vi va?

- Diaminebisogna vedere.

- Parliamone... Ma voglio la caparra.

- Non ho niente.

- Una parola.

- Ancora!

- Ditemi chi vi ha mandato qui.

- Tornavo di dove sono andato poco fae ho voluto darvi la buona sera.

- Tornavi senza il cavallo? Per quale imbecille mi prendi? Mentinon avrai la mia fattoria.

- Ebbene! è stato il signor Grévinche volete? mi ha detto:

Violettaabbiamo bisogno di Michuvallo a chiamare. Se non c'è aspettalo... Ho capito che dovevo restare qui questa sera...

- Gli spilungoni di Parigi erano ancora al castello?

- Ah! di certo non lo so; ma c'era gente in salotto.

- Avrai la mia fattoriamettiamoci d'accordo sui patti! Marta va' a prendere il vino del contratto. Prendi del miglior vino del Roussillonil vino dell'ex-marchese... Non siamo dei ragazzi. Ne troverai due bottiglie sulla botte vuota dell'entratae una bottiglia di vino bianco.

- Benissimo! - disse Violetta che non si ubriacava mai. - Beviamo!

- Voi avete cinquantamila lire sotto i mattoni della vostra cameraper quanto è lungo il lettome le darete quindici giorni dopo il contratto fatto presso Grévin... Violetta guardò fisso Michu e si fece pallido. - Ah? tu vieni a spiare un giacobino consumatouno che ha avuto l'onore di presiedere il club di Arcise credi che non ti prenderà al laccio? Ho degli occhiho visto i tuoi mattoni rimessi da pocoe ho concluso che non li avevi levati per seminare il grano. Beviamo.

Violetta turbato bevve un gran bicchiere di vino senza badare alla qualitàil terrore gli aveva cacciato come un ferro caldo nelle viscerel'acquavite vi fu bruciata dall'avarizia; avrebbe dato chi sa che per ritrovarsi a casa sua e cambiare di posto al tuo tesoro. Le tre donne sorridevano.

- Va bene dunque? - disse Michu a Violetta riempiendogli ancora il bicchiere.

- Ma sì.

- Sarai un proprietariovecchio briccone!

Dopo una mezz'ora di discussioni animate sul momento di entrare in possesso della fattoriasui menomi cavilli che si fanno tra loro i contadini quando concludono un affarein mezzo alle asserzioniai bicchieri di vino vuotatialle parole piene di promessealle negazioniai "non è vero? davvero! - parola mia! come dico! - che mi taglino il collo se... - che questo vino mi diventi veleno se quel che dico non è la pura verità..."Violetta caddecon la testa sulla tavolanon brilloma ubriaco morto; e appena aveva visto gli occhi suoi intorbidarsiMichu s'era affrettato ad aprire la finestra.

- Dov'è quel briccone di Gaucher? - domandò alla moglie.

- A letto.

- TuMarianna - disse l'amministratore - va' a metterti innanzi alla sua portae tienilo d'occhio. Voimamma- disse - restate giùsorvegliatemi questo spionestate all'ertae aprite solo alla voce di Francesco. Si tratta di vita e di morte! - aggiunse con voce profonda. - Per tutti quelli che sono sotto il mio tettoio non l'ho lasciato in tutta la notteecon la testa sulla ghigliottinalo sosterrete ancora. Andiamo - disse alla moglie - andiamomamminamettiti le scarpeprendi la cuffiae muoviamoci! Nessuna domandati accompagno io.

Da tre quarti d'oraquell'uomo aveva nel gesto e nello sguardo un'autorità dispoticairresistibileattinta alla fonte comune e sconosciuta a cui attingono il loro ascendente straordinario i grandi generali sul campo di battagliai grandi oratori che trascinano le folleediciamolo purei grandi criminali nei loro colpi d'audacia! Sembra allora che emani dalla testa e che la parola diffonda un'influenza invincibileche il gesto inietti la volontà dell'uomo negli altri. Le tre donne sapevano d'essere in una crisi terribile; senza esserne state avvertitela presentivano per la rapidità degli atti di quell'uomo il cui volto lampeggiavala cui fronte parlavai cui occhi brillavano allora come stelle; gli avevano visto gocce di sudore alla radice dei capellipiù d'una volta la sua parola aveva vibrato d'impazienza e di rabbia. Perciò Marta obbedì passivamente. Armato fino ai denticol fucile in spallaMichu saltò nel vialeseguito dalla moglie; e raggiunsero presto il crocicchio dove Francesco s'era nascosto tra i cespugli.

- Il piccolo ha buona testa - disse Michu al vederlo.

Fu la sua prima parola. Sua moglie e lui avevano fino allora corso senza scambiare una parola.

- Torna al padiglionenasconditi nell'albero più foltoosserva la campagnail parco - disse al figlio. - Noi siamo tutti a lettonon apriamo a nessuno. La nonna vigilae non si muoverà che quando ti sentirà parlare! Ricordati le mie parole. Si tratta della vita di tuo padre e di quella di tua madre. La giustizia non deve sapere mai che siamo usciti di casa. - Dopo queste frasi dette all'orecchio del figlioche filòcome un'anguilla nella melmaattraverso i boschiMichu disse alla moglie: - A cavallo!

Tieniti forte! La bestia può scoppiarne.

Appena furono dette queste paroleil cavallonel cui ventre Michu diede due colpi col piedee che strinse tra le ginocchia possentipartì colla celerità d'un cavallo da corsa: l'animale parve comprendere il padronee in un quarto d'ora la foresta fu attraversata. Michusenza aver deviato dalla strada più brevesi trovò sopra un punto del margine della foresta di dove le cime del castello di Cinq-Cygne si vedevano illuminate dalla luna. Legò il cavallo a un albero e salì lestamente la montagnola da cui si domina la valle di Cinq-Cygne.

Il castello che Marta e Michu stettero per un momento a guardarefa un effetto incantevole nel paesaggio. Benché non abbia nessuna importanza per dimensioni o architetturanon manca d'un certo pregio archeologico. Il vecchio edificio del quindicesimo secolosituato sopra un'alturacircondato da fossati profondilarghi e ancora pieni d'acquaè costruito in ciottoli e cementoma le sue mura hanno sette piedi di spessore. La sua semplicità ricorda ammirevolmente la vita rude e guerriera dei tempi feudali. Il castelloveramente sempliceconsiste in due grandi torri rossastreseparate da un lungo corpo di fabbrica forato da finestre di pietrala cui croce centrale scolpita rozzamente somiglia a un sarmento di vite. La scala è esternasituata nel mezzodentro una torre pentagonale dalla piccola porta ad ogiva.

Il pianterrenorimodernato nell'interno sotto Luigi Quattordicesimocome il primo pianoè sormontato da tetti immensicon abbaini dai timpani scolpiti. Di fronte al castello un prato vastissimo i cui alberi erano stati recentemente abbattuti. Dai due lati del ponte d'entrata si trovano due casette in cui abitano i giardinieriseparate da un magro cancellosenza carattereevidentemente moderno. A destra e a sinistra del pratodiviso in due da una stradina selciatasi stendono le scuderiele stallei fienilila legnaiail fornoi pollaile stanze dei domesticiricavate senza dubbio nei resti delle due ali simili al castello attualeche anticamente doveva essere quadratofortificato ai quattro angolidifeso da una enorme torre dall'atrio centinatoai piedi della qualeinvece di un cancelloc'era un ponte levatoio. Le due grandi torri di cui non erano state rase le cime conicheil campaniletto della torre mediana davano una fisionomia al villaggio. La chiesavecchia anch'essamostrava a qualche passo di distanza il suo campanile aguzzoche s'armonizzava con la massa del castello. La luna faceva risplendere tutte le cime e i coni intorno a cui la sua luce giocava e sfavillava. Michu guardò la dimora signorile in modo da capovolgere le idee della moglieperché il suo volto divenuto più calmo esprimeva la speranza e una specie d'orgoglio.

Il suo sguardo abbracciò l'orizzonte con una certa diffidenza; ascoltò la campagnadovevano essere le novela luna gettava i suoi raggi sul margine della forestae la montagnola specialmente era fortemente illuminata. La posizione parve pericolosa al guardiano generaleche ne discese come se avesse paura d'esser visto. Pure nessun rumore sospetto turbava la pace della bella vallata recinta da quel lato dalla foresta di Nodesme. Martaesauritatremantesi aspettava una conclusione qualsiasi dopo una tale corsa. A che cosa doveva servire lei? a una buona azione o a un delitto? In quel momento Michu si avvicinò all'orecchio della moglie.

- Devi andare dalla contessa di Cinq-Cygnechiederai di parlare a lei; quando le sarai davantila pregherai di venire da parte. Se nessuno può sentirvile dirai: Signorinala vita dei vostri due cugini è in pericoloe quello che vi spiegherà il perché e il comesta ad aspettarvi. Se essa ha paurase diffidaaggiungi:

Sono della cospirazione contro il Primo Consolee la cospirazione è scoperta. Non dire il tuo nomediffidano troppo di noi.

Marta Michu alzò la testa verso il maritoe gli disse:

- Tu li servi allora?

- Ebbene! e poi? - disse corrugando le sopracciglia e credendo a un rimprovero.

- Non mi capisci - esclamò Marta prendendo la larga mano di Michu e cadendo ai suoi ginocchimentre gli baciava la mano che fu presto bagnata di lacrime.

- Corripiangerai dopo - disse Michu abbracciandola con una forza brusca.

Quando non sentì più il passo della mogliea quell'uomo di ferro vennero le lacrime agli occhi. Aveva diffidato di Marta per le opinioni del padrele aveva nascosto i segreti della sua vita; ma la bellezza del carattere semplice della moglie gli si era rivelata d'un trattocome la magnanimità del suo aveva lampeggiato per lei. Marta passava dalla profonda umiliazione che produce la degradazione d'un uomo di cui si porta il nomealla felicità che dà la sua gloria; vi passava senza transizioninon c'era di che venir meno? In preda alle più vive inquietudiniavevacome gli disse poicamminato nel sangue dal padiglione fino a Cinq-Cygnee s'era in un momento sentita rapire in cielo tra gli angeli. Lui che non si sentiva apprezzatoche prendeva il contegno malinconico della moglie per mancanza d'affettoche la lasciava a se stessa vivendo fuoririversando tutta la sua tenerezza sul figlioaveva compreso in un momento tutto quello che significavano le lacrime di quella donna; essa malediceva la parte che la sua bellezzache la volontà paternal'avevano costretta a rappresentare. La felicità aveva brillato per loro della sua luce più bellain mezzo alla tempestacome un lampo. E lampo doveva essere! Ciascuno di loro pensava a dieci anni di disunione e se ne accusava. Michu restò in piediimmobilecol gomito appoggiato alla carabina e il mento sul gomitoperduto in un trasognamento profondo. Un momento simile fa accettare tutti i dolori del passato più doloroso.

Agitata da mille pensieri simili a quelli del maritoMarta ebbe allora il cuore oppresso dal pericolo dei Simeuseperché capì tuttoanche le figure dei due Pariginima non poteva spiegarsi la carabina. Si slanciò come una cerbiatta e raggiunse il sentiero del castellofu sorpresa di sentirsi dietro i passi d'un uomogettò un gridola larga mano di Michu le chiuse la bocca.

- Dall'alto della montagnolaho visto luccicare in lontananza i galloni d'argento dei cappelli! Entra per una breccia del fossato che si trova tra la torre della signorina e le scuderie; i cani non ti abbaieranno dietro. Passa nel giardinochiama la contessina dalla finestrafa' sellare il suo cavallodille di condurlo per il fossatoio ci saròdopo aver studiato il piano dei Parigini e trovato il modo di sfuggir loro.

Quel pericolo che ingrossava come una valangae che bisognava prevenirediede le ali ai piedi di Marta.

Il nome francocomune ai Cinq-Cygne e agli Chargeboeufè Duineff. Cinq-Cygne divenne il nome del ramo cadetto dei Chargeboeuf dopo la difesa d'un castello fattanell'assenza del padreda cinque ragazze di quella famigliatutte straordinariamente bianchee da cui nessuno se lo sarebbe aspettato. Uno dei primi conti di Champagne vollecon questo bel nomeperpetuare il ricordo del fatto finché vivesse la famiglia.

Da quello straordinario fatto d'armi in poile ragazze di quella famiglia furono fierema non sempre forse furono bianche.

L'ultimaLorenzaeracontrariamente alla legge salicaerede del nomedelle armi e dei feudi. Il re di Francia aveva approvato la carta del conte di Champagne in virtù della qualein quella famigliale donne trasmettevano la nobiltà e succedevano. Lorenza era dunque contessa di Cinq-Cygnesuo marito doveva prendere il suo nome e il suo blasone su cui si leggeva per divisa la sublime risposta fatta dalla maggiore delle cinque sorelle all'ingiunzione di consegnare il castello: "Morire cantando"! Degna delle belle eroineLorenza possedeva una carnagione d'un bianco che pareva una scommessa del caso. I minimi lineamenti delle sue vene azzurre si vedevano sotto la trama fine e compatta della sua epidermide.

La capigliaturadel più bel biondosi accordava meravigliosamente ai suoi occhi dell'azzurro più cupo. Tutto in lei apparteneva al genere vezzoso. Nel suo corpo fragilenonostante la persona esilea dispetto della sua carnagione di latteviveva un'anima temprata come quella d'un uomo del più bel caratterema che nessunonemmeno un osservatoreavrebbe indovinato all'aspetto d'una fisionomia dolce e d'un profilo convessoche offriva una vaga somiglianza con una testa di pecora. Tale straordinaria dolcezzabenché nobilepareva arrivare fino alla stupidità dell'agnello. "Sembro una pecora sognante!" diceva di se stessa qualche volta Lorenza con un sorriso. Lorenzache parlava pocosembrava non già pensierosama torpida. Se però si manifestava una circostanza seriala Giuditta nascosta si rivelava subito e diventava sublimee le circostanze non le erano purtroppo mancate. A tredici anniLorenzadopo gli avvenimenti che sapetesi ritrovò orfanainnanzi al posto dove il giorno prima sorgeva a Troyes una delle case più curiose dell'architettura del sedicesimo secoloil palazzo di Cinq-Cygne. Il signor d'Hauteserreuno dei suoi parentidivenuto suo tutorecondusse immediatamente l'erede in campagna. Il bravo gentiluomo di provinciaspaventato dalla morte dell'abate d'Hauteserresuo fratellocolpito da una palla sulla piazzanel momento in cui fuggiva travestito da contadinonon era in grado di difendere gli interessi della pupilla: aveva due figli nell'esercito dei principie ogni giornoal minimo rumorecredeva che i municipali di Arcis venissero ad arrestarlo. Fiera d'aver sostenuto un assedio e di possedere la storica carnagione bianca delle sue antenateLorenza disprezzava la savia poltroneria del vecchio curvatosi sotto il vento della tempestae non pensava che alla gloria. Perciò mise audacemente nel suo povero salotto di Cinq-Cygne il ritratto di Carlotta Cordayincoronato da ramoscelli di quercia intrecciati. Corrispondeva per mezzo d'un corriere espresso coi gemelli sfidando la legge che l'avrebbe punita di morte. Il messaggeroche anche lui rischiava la vitale portava le risposte. Lorenza non vissedopo le catastrofi di Troyesche per il trionfo della causa monarchica.

Dopo aver sanamente giudicato il signore e la signora d'Hauteserree riconosciuto in loro una natura onestama senza energiali escluse dalle leggi della sfera in cui viveva lei: era troppo intelligente e veramente indulgente per far loro una colpa del loro carattere; buonaamabileaffettuosa con loronon disse loro uno solo dei suoi segreti. Niente forma meglio l'animo come l'esser costretti a dissimulare continuamente anche in seno alla famiglia. Quando fu maggiorenneLorenza lasciò come in passato l'amministrazione dei suoi beni al bravuomo d'Hauteserre. Quando la sua giumenta favorita fosse stata ben governatala sua domestica Caterina vestita secondo il suo gustoe il servetto Gothard vestito convenientementepoco le importava del resto.

Dirigeva i suoi pensieri a un fine troppo elevato per potersi abbassare a occupazioni chein tempi diversile sarebbero senza dubbio piaciute. La toletta fu cosa di poca importanza per leie d'altra parte i suoi cugini erano lontani. Lorenza aveva un'amazzone verde bottiglia per le sue passeggiate a cavalloun vestito di stoffa comune a scollatura rotonda ornata d'una balza di ricamo e con alamari per andare a piedie per casa una veste da camera di seta. Gothardil suo piccolo scudiereuno svelto e coraggioso ragazzo di quindici annila scortavaperché essa era sempre in giro; e cacciava su tutte le terre di Gondrevillesenza che né i fittavoli né Michu vi si opponessero. Cavalcava mirabilmentee la sua valentia nella caccia aveva del miracolo.

Nella contradala chiamavano senz'altro la Signorinaanche durante la Rivoluzione.

Chi ha letto il bel romanzo "Bob-Roy" deve ricordare uno dei rari caratteri di donna per la cui concezione Walter Scott sia uscito dalla sua abituale freddezzadi Diana Vernon. Questo ricordo può servire a far comprendere Lorenzase aggiungete alle qualità della cacciatrice scozzese l'esaltazione repressa di Carlotta Cordayma sopprimendone l'amabile vivacità che rende così attraente Diana. La contessina aveva visto morire sua madrecadere l'abate d'Hauteserreil marchese e la marchesa di Simeuse morire sul patiboloil suo unico fratello era morto delle sue feritei suoi due cugini che servivano nell'esercito dei Condé potevano essere uccisi da un momento all'altrofinalmente il patrimonio dei Simeuse e dei Cinq-Cygne era stato divorato dalla Repubblicasenza che la Repubblica ci avesse guadagnato nulla. La sua gravitàdegenerata in apparente stuporeè comprensibile.

Il signor d'Hauteserre si mostrò del resto il tutore più probo e più accorto. Sotto la sua amministrazioneCinq-Cygne prese l'aspetto d'una fattoria. Il bravuomoche somigliava molto meno a un paladino che a un proprietario che sa far fruttare i suoi terreniaveva messo a coltura il parco e i giardini la cui estensione era di circa duecento arpentiricavandone il nutrimento per cavalli e domesticie legna per il riscaldamento.

Grazie alla più severa economiaalla sua maggiore etàla contessina aveva già recuperatoin seguito all'acquisto di titoli di Stato fatto con le renditeun discreto patrimonio. Nel 1798l'ereditiera possedeva ventimila franchi di rendita in titoli di Stato di cuiper la veritàgli arretrati erano dovutie dodicimila franchi a Cinq-Cygne i cui fitti erano stati rinnovati con considerevoli aumenti. Il signore e la signora d'Hauteserre s'erano ritirati in campagna con tremila lire di rendita vitalizia sulle tontine Lafarge; questo resticciuolo della loro ricchezza non permetteva loro di abitare altrove che a Cinq-Cygne; perciò il primo atto di Lorenza fu di dar loro il godimento a vita del padiglione che vi occupavano. I d'Hauteserrediventati avari per la loro pupilla come per se stessie chetutti gli annimettevano da parte i loro mille scudi pensando ai loro due figlifacevano all'ereditiera un trattamento miserabile. La spesa totale di Cinq-Cygne non oltrepassava cinquemila lire all'anno. Ma Lorenza che non s'abbassava alle minuzietrovava buono tutto. Il tutore e la mogliecedendo senza accorgersene all'influenza impercettibile di un tale carattere che si manifestava anche nelle minime coseavevano finito coll'ammirare - caso raro quella che avevano conosciuta bambina. Ma Lorenza aveva nei suoi modinella sua voce gutturalenel suo sguardo imperiosoquel non so chequel potere inesplicabile che fa sempre impressioneanche quando è solo forza apparenteperché negli sciocchi il vuoto somiglia alla profondità. Di qui viene forse l'ammirazione del popolo per tutto quello che non capisce. Il signore e la signora d'Hauteserrecolpiti dal silenzio abituale e impressionati dalla misantropia della contessinaerano sempre in attesa di qualcosa di grande. Facendo il bene con discernimento e senza lasciarsi ingannareLorenzabenché fosse un'aristocraticaotteneva dai contadini un gran rispetto. Il sessoil nomele disgraziel'originalità della sua vitatutto contribuiva a darle autorità sugli abitanti della valle di Cinq-Cygne. Essa partiva qualche volta per uno o due giorniaccompagnata da Gothard; e mai al ritornoné il signore né la signora d'Hauteserre la interrogavano sul motivo della sua assenza. Lorenzanotate benenon aveva in sé niente di bizzarro. La virago si nascondeva sotto la forma più femminile ein apparenzapiù debole. Il suo cuore era sensibilissimoma nelle idee aveva una risolutezza virile e una fermezza stoica. I suoi occhi chiaroveggenti non sapevano piangere. A vedere il suo polso bianco e delicato sfumato di vene azzurrenessuno avrebbe immaginato che poteva sfidare quello del cavaliere più consumato. La sua manocosì morbidacosì fluidamaneggiava una pistolaun fucilecol vigore d'un cacciatore esercitato. Per fuorinon usava altro cappello che quello che le donne usano per cavalcareun grazioso cappellino di castoro col velo verde che le cadeva innanzi al volto. Perciò il suo viso così delicatoil collo bianco avvolto in una cravatta neranon avevano mai sofferto delle sue corse all'aria aperta. Sotto il Direttorioe al principio del ConsolatoLorenza aveva potuto condursi così senza che nessuno si occupasse di lei; mada quando il Governo si veniva regolarizzandole nuove autoritàil prefetto dell'Aubegli amici di Maline lo stesso Malintentavano di screditarla. Lorenza non pensava che alla caduta di Bonapartela cui ambizione e trionfo avevano suscitato in lei come una rabbiama una rabbia fredda e calcolata. Nemica oscura e sconosciuta dell'uomo coperto di glorialo teneva di miradal fondo della sua valle e delle sue forestecon una fissità terribilepensava a volte di andarlo a uccidere nei dintorni di Saint-Cloud o della Malmaison. L'esecuzione di un tal progetto sarebbe già bastata a spiegare gli esercizi e le abitudini della sua vita; mainiziatadopo la rottura della pace di Amiensalla cospirazione degli uomini che tentarono di rivolgere il 18 brumaio contro il Primo Consoleaveva da allora in poi subordinato la sua forza e il suo odio al piano vastissimo e molto ben organizzato che doveva colpire Bonaparte all'estero con la vasta coalizione della Russiadell'Austria e della Prussia che l'Imperatore vinse ad Austerlitze all'interno con la coalizione degli uomini di tendenze più oppostema riuniti da un solo odio comunee di cui parecchi meditavanocome Lorenzala morte di luisenza spaventarsi della parola assassinio. Quella giovinettacosì fragile per chi la vedesse la prima voltacosì forte per chi la conosceva beneera dunque in quel momento la guida fedele e sicura dei gentiluomini che vennero dalla Germania a prender parte a quel serio attacco. Fouché si fondò su questa cooperazione degli emigrati di oltre Reno per coinvolgere nel complotto il duca d'Enghien. La presenza di questo principe nel territorio di Badena poca distanza da Strasburgodiede peso più tardi a tale supposizione. La grande questione di sapere se il principe ebbe veramente conoscenza dell'impresase doveva entrare in Francia dopo che fosse riuscitaè uno dei segreti su cuicome su qualche altroi principi di casa Borbonehanno conservato il più profondo silenzio. Via via che la storia di quel tempo invecchieràgli storici imparziali troveranno che il principe fu almeno imprudente a riavvicinarsi alla frontiera nel momento in cui doveva scoppiare un'immensa cospirazionenel segreto della quale tutta la famiglia reale è certamente stata. La prudenza che Malin aveva poco prima mostrato conferendo con Grévin all'aria apertala giovinetta la metteva nelle sue minime relazioni.

Riceveva gli emissariconferiva con loroo sui diversi margini della foresta di Nodesmeo di là dalla valle di Cinq-Cygnetra Sézanne e Brienne. Spesso faceva quindici leghe d'un tratto con Gotharde tornava a Cinq-Cygne senza che sul suo fresco visino si potesse scorgere la minima traccia di stanchezza né di preoccupazione. Aveva sulle prime sorpresonegli occhi del piccolo guardiano di muccheche aveva allora nove anniI'ingenua ammirazione che i bambini hanno per quello che è straordinario; ne fece il suo palafreniere e gli insegnò a governare i cavalli con la cura e l'attenzione che vi mettono gl'Inglesi. Riconobbe in lui il desiderio di far beneintelligenza e assenza d'ogni calcolo; mise alla prova la sua devozionee ne riscontrò in lui non solo lo spiritoma la nobiltànon concepiva infatti di poterne ricevere un compenso; coltivò quell'anima così giovanefu buona con luibuona con magnanimitàse lo affezionò affezionandosi a luidirozzando lei stessa quel carattere semi selvaggio senza togliergli la sua freschezza e la sua semplicità. Quando ebbe sufficientemente provato la fedeltà quasi canina che aveva coltivatoGothard divenne il suo ingegnoso e ingenuo complice. Il contadinelloche nessuno poteva sospettareandava da Cinq-Cygne fino a Nancye tornava a volte senza che nessuno sapesse che avesse lasciato il paese. Tutte le astuzie usate dalle spieegli le praticava. L'eccessiva diffidenza inculcatagli dalla sua padronanon alterava affatto la sua natura. Gothardche possedeva insieme l'astuzia delle donneil candore del fanciulloe l'attenzione perpetua del cospiratorenascondeva queste ammirevoli qualità sotto la profonda ignoranza e il torpore della gente di campagna. Quell'omino pareva scioccodebole e maldestro mauna volta all'operaera agile come un pescesfuggiva come un'anguillacomprendevacome i canida uno sguardo; annusava il pensiero. Il suo buon faccione tondo e rossogli occhi bruni addormentatii capelli tagliati come quelli dei contadiniil suo costumeil suo sviluppo molto ritardatogli lasciavano l'apparenza d'un fanciullo di dieci anni. Sotto la protezione della cugina cheda Strasburgo fino a Bar-sur-Aubevegliò su di loroi signori d'Hauteserre e di Simeuseaccompagnati da parecchi altri emigrativennero attraverso l'Alsaziala Lorena e la Champagnementre altri cospiratorinon meno coraggiosientrarono in Francia dalle scogliere di Normandia. Vestiti da operaii d'Hauteserre e i Simeuse avevano avanzatodi foresta in forestaguidati di luogo in luogo da persone scelte da Lorenza già da tre mesi in ciascun dipartimento tra le persone più devote ai Borboni e le meno sospettate. Gli emigrati dormivano il giorno e viaggiavano la notte. Ognuno di loro portava con sé due soldati devotidi cui l'uno andava innanzi e l'altro rimaneva indietro per proteggere la ritirata in caso di disgrazia. Grazie a tali precauzioni militariil prezioso distaccamento aveva raggiunto senza intoppi la foresta di Nodesme presa per luogo di raduno.

Ventisette altri gentiluomini entrarono anch'essi dalla Svizzera e attraversarono la Borgognaguidati verso Parigi con precauzioni simili. Il signor de Rivière contava su cinquecento uominidi cui cento giovani nobiligli ufficiali di quel battaglione sacro. I signori de Polignac e de Rivièrela cui condottacome capifu molto notevoleserbarono un segreto impenetrabile su tutti i complici che non furono scoperti. Perciò si può dire oggie questo concorda con le rivelazioni fatte durante la Restaurazioneche Bonaparte non conobbe la vastità dei pericoli che corse allorache l'Inghilterra non conosceva il pericolo in cui la metteva il campo di Boulogne; eppuremai in nessun tempola polizia fu meglio e più intelligentemente diretta. Al momento in cui questa storia cominciaun vigliaccocome se ne trovano sempre nelle cospirazioni che non si limitano a un piccolo numero d'uomini egualmente fortiun congiurato messo di fronte alla morte dava indicazioniper fortuna insufficienti quanto all'estensionema abbastanza precise sullo scopo dell'impresa.

Perciòcome aveva detto Malin a Grévinla polizia lasciava che i cospiratori da essa sorvegliati agissero in libertàper poter abbracciare tutte le ramificazioni del complotto. Tuttavia il governo ebbe in qualche modo la mano forzata da Giorgio Cadoudaluomo d'azioneche si regolava a modo suoe che s'era nascosto in Parigi con venticinque Chouans per assalire il Primo Console.

Lorenza univa nel suo pensiero l'odio e l'amore. Abbattere Bonaparte e restaurare i Borboninon significava forse riprendere Gondreville e far la fortuna dei suoi cugini? Questi due sentimentidi cui l'uno è il rovescio della medaglia dell'altrobastanosoprattutto a vent'annia mettere in azione tutte le facoltà dell'animo e tutte le forze della vita. Perciòda due mesiLorenza pareva agli abitanti di Cinq-Cygne più bella di quel che non fosse mai stata. Le gote le erano divenute roseela speranza dava in certi momenti un lampo di fierezza alla sua fronte; maquando si leggeva la "Gazzetta" della serain cui si susseguivano gli atti del Primo Consoleabbassava gli occhi per non lasciarvi leggere la minacciosa certezza della prossima caduta del nemico dei Borboni. Nessuno al castello pensava dunque che la contessina avesse rivisto i cugini la notte passata. I due figli del signore e della signora d'Hauteserre avevano passato la notte nella camera della contessinasotto lo stesso tetto del padre e della madre; perché Lorenzaper non destar sospettidopo aver fatto coricare i due d'Hauteserretra l'una e le due del mattinoera andata a raggiungere i cugini al luogo convenuto e li aveva guidati nel centro della foresta dove li aveva nascosti nella casetta abbandonata d'un guardaboschi. Sicura com'era sempre stata di rivederlinon mostrò la minima espressione di gioianiente tradì in lei le ansie dell'attesa; aveva poi saputo cancellare le tracce del piacere di averli rivistie restò impassibile. La bella Caterinafiglia della sua nutricee Gothardtutti e due al corrente del segretoconformarono la loro condotta su quella della loro padroncina. Caterina aveva diciannove anni. A quella etàcome a quella di Gotharduna giovinetta è esaltata e si lascia mozzare la testa senza dire una parola. Quanto a Gothardsentire il profumo che la contessina metteva nei capelli e sugli abitigli avrebbe fatto sopportare la tortura senza dire una parola. Nel momento in cui Martaavvertita dell'imminenza del pericoloscivolava colla rapidità d'un'ombra verso la breccia indicata da Michuil salotto del castello di Cinq-Cygne offriva lo spettacolo più pacifico. I suoi abitanti erano così lontani dal sospettare la tempesta che s'addensava su di loroche il loro atteggiamento avrebbe eccitato la compassione di chiunque avesse conosciuto la loro situazione. Nell'alto caminoornato d'uno specchio su cui danzavano sul vetro pastorelle in panieribrillava uno di quei fuochi come se ne fanno solo nei castelli situati sul margine dei boschi. A un angolo del caminetto su una grande poltrona in legno doratoricoperta di un magnifico lampasso verdela contessina stava quasi sdraiata nell'atteggiamento che dà una prostrazione completa. Tornata solo alle sei dai confini della Briedopo aver fatto da battistrada per far arrivare sani e salvi i quattro gentiluomini al luogo dove dovevano fare l'ultima tappa prima d'entrare in Parigiaveva sorpreso il signore e la signora d'Hauteserre alla fine del pranzo. Aveva molta fame e s'era messa a tavola senza togliersi né l'amazzone infangata né gli stivaletti. Pensava di cambiar abito dopo pranzoma s'era sentita prostrata di stanchezzae aveva lasciato cadere la sua bella testa scopertadai mille ricciolini biondisulla spalliera dell'immensa poltronatenendo i piedi su di un panchettino. Il fuoco asciugava gli schizzi di fango della sua amazzone e degli stivaletti. I guanti di pelle di dainoil cappellino di castoroil velo verde e il frustino erano lì sulla mensola dove li aveva gettati entrando. Essa guardava ora il vecchio orologio di Boule che si trovava sul ripiano del caminetto tra due candelabri a fioriper vedere dall'ora se i quattro cospiratori erano a lettoora il tavolino da gioco collocato innanzi al caminetto e occupato dal signor d'Hauteserre e dalla mogliedal curato di Cinq-Cygne e dalla sorella di quest'ultimo.

Se anche questi personaggi non facessero parte integrante del drammale loro teste avrebbero ancora il merito di rappresentare uno degli aspetti che l'aristocrazia prese dopo la sua disfatta del 1793. Da questo punto di vistala descrizione del salotto di Cinq-Cygne ha il sapore della storia vista nei suoi aspetti familiari e modesti.

Il gentiluomoche allora aveva cinquantadue annialtoasciuttosanguigno e di robusta salutesarebbe sembrato capace di vigore senza i suoi grandi occhi d'un azzurro di maiolica il cui sguardo rivelava una grande semplicità. C'era nel suo volto terminato da una bazza tra naso e boccauno spazio smisurato secondo le leggi del disegnoche gli dava un aria di sottomissionecon la quale armonizzavano i minimi particolari della sua fisionomia. Per dirne unala sua capigliatura grigiaschiacciata e resa compatta dal cappello che portava quasi tutto il giornoformava sulla sua testa come una calottadisegnandone il contorno a pera. La fronte piena di rughe per la vita di campagna e per le continue inquietudiniera piatta e senza espressione. Il naso aquilino dava un certo carattere alla faccia; il solo indizio di forza si trovava nelle sopracciglia folte che conservavano il loro colore nero e nel colorito vivo del volto; ma questo indizio non era menzogneroil gentiluomobenché semplice e mitepossedeva la fede monarchica e cattolicae nessuna considerazione lo avrebbe fatto cambiar partito. Il bravuomo si sarebbe lasciato arrestarenon avrebbe tirato sui municipalie se ne sarebbe andato buono buono al patibolo. Le sue tremila lire di rendita vitaliziasua sola risorsagli avevano impedito di emigrare. Obbediva dunque al governo di fatto; ma non aveva cessato di amare la famiglia reale e di desiderarne la restaurazione; avrebbe però rifiutato di compromettersi col partecipare a un tentativo in favore dei Borboni. Apparteneva alla schiera di quei realisti che hanno sempre ricordato d'essere stati battuti e derubati; cheda allora in poisono rimasti mutieconomipieni di rancorisenza energiama incapaci così di abiurare come di sacrificarsi; pronti a salutare la regalità trionfanteamici della religione e dei pretima decisi a sopportare tutte le vessazioni della disgrazia.

Non significa più avere un'opinionema essere testardi. L'azione è la cosa essenziale nei partiti. Senza ingegnoma lealeavaro come un contadino eppure nobile di modiardito nei suoi voti ma discreto in parole e azioniattento a trarre partito da tuttoe pronto a lasciarsi nominare sindaco di Cinq-Cygneil signor d'Hauteserre rappresentava ammirevolmente quegli onorati gentiluomini a cui Dio ha scritto in fronte la parola "miti"che lasciarono passare sulle loro case gentilizie e sulle loro teste le tempeste della Rivoluzioneche si rialzarono sotto la Restaurazione ricchi delle loro economie nascostefieri del loro attaccamento discreto e che tornarono alle loro campagne dopo il 1830. Il suo costumeespressivo involucro del caratteredipingeva l'uomo e il tempo. Il signor d'Hauteserre portava uno di quei pastrani color nocciolacon un piccolo collettoche l'ultimo duca d'Orleans aveva resi di moda al suo ritorno dall'Inghilterrae che furonodurante la Rivoluzionecome una transazione tra gli orribili costumi popolari e gli eleganti soprabiti dell'aristocrazia. Il suo panciotto di vellutoa righe fiorettateche ricordava quelli di Robespierre e di Saint-Justlasciava vedere la parte alta d'una lattuga a pieghine che ricadeva sulla camicia. Conservava i calzoni cortima i suoi erano di grosso panno turchino con fibbie d'acciaio brunito. Le calze in filaticcio di seta modellavano due gambe di cervocalzate di grosse scarpe mantenute da uose di panno nero. Aveva conservato il colletto di mussolina pieghettatachiuso sul collo con un fermaglio d'oro. Il bravuomo non aveva inteso fare dell'eclettismo politico adottando quel costume nello stesso tempo contadinescorivoluzionario e aristocraticoaveva con molta innocenza obbedito alle circostanze.

La signora d'Hauteserrequarantennee logorata dalle emozioniaveva un volto avvizzito che sembrava continuamente in posa per un ritratto; e la sua cuffia di merlettoornato da fiocchi di raso biancocontribuiva singolarmente a darle quell'aria solenne.

Usava ancora la cipria a dispetto del fazzoletto da collo biancodel vestito di seta color pulce a maniche piattedalla gonna larghissimatriste e ultimo costume della regina Maria- Antonietta. Aveva il naso sottileil mento puntutola faccia quasi triangolareocchi che avevano pianto; ma metteva un'ombra di rossetto che ravvivava i suoi occhi grigi. Prendeva tabaccoe ogni volta usava quelle graziose precauzioni di cui abusavano in passato le vanerelle; tutti i particolari della sua presa di tabacco costituivano una cerimonia che si spiega con una sola parola: aveva delle belle mani.

Da due annil'antico precettore dei due Simeuseamico dell'abate d'Hauteserresi era ritirato nella cura di Cinq-Cygne per l'affetto che portava ai d'Hauteserre e alla contessina. Sua sorellala signorina Goujetricca di settecento franchi di renditali riuniva al magro stipendio della curae governava la casa del fratello. Né la chiesa né il presbiterio erano stati venduti perché di poco valore. L'abate Goujet abitava dunque a due passi dal castellogiacché il muro del giardino della cura e quello del parco costituivano in qualche punto un muro divisorio comune. Cosìdue volte la settimanal'abate Goujet e la sorella pranzavano a Cinq-Cygnedove tutte le sere venivano a far la partita coi d'Hauteserre. Lorenza non sapeva tenere in mano una carta. L'abate Goujetvecchio dai capelli bianchi e dal volto bianco come quello d'una vecchiadotato d'un sorriso amabiled'una voce dolce e insinuantecorreggeva l'inespressività del volto alquanto imbambolato con una fronte intelligente e con degli occhi molto arguti. Di statura media e ben fattoconservava l'abito nero alla franceseportava fibbie d'argento ai calzoni corti e alle scarpecalze di seta neraun panciotto nero su cui ricadeva il collarecosa che gli dava un'aria signorile e non toglieva niente alla sua dignità. L'abate chealla Restaurazionedivenne vescovo di Troyesabituato dalla sua vita passata a giudicare i giovaniaveva indovinato il forte carattere di Lorenzal'apprezzava in tutto il suo valoree aveva fin dalle prime volte mostrato per la giovinetta una rispettosa deferenza che contribuì molto a renderla indipendente a Cinq-Cygne e a far sottomettere a lei l'austera vecchia signora e il buon gentiluomoai qualistando alle usanzeessa avrebbe certamente dovuto ubbidire. Da sei mesil'abate Goujet osservava Lorenza col genio speciale dei pretiche sono le persone più perspicaci; esenza sapere che la giovinetta ventenne pensava ad abbattere Bonaparte quando le sue deboli mani attorcigliavano un alamare sciolto della sua amazzonela supponeva tuttavia agitata da un grande disegno.

La signorina Goujet era una di quelle donne il cui ritratto si fa in due parole che permettono anche ai meno dotati d'immaginazione di raffigurarsele: apparteneva al genere spilungone. Sapeva d'essere bruttaera la prima a ridere della propria bruttezza mettendo in mostra i suoi lunghi denti gialli come la sua carnagione e le sue mani ossute. Era interamente buona e gaia.

Portava il famoso giubbettino dei vecchi tempiuna gonna molto larga dalle tasche sempre piene di chiaviuna cuffia con nastri e una treccia di capelli finti. Aveva avuto molto presto quarant'anni; ma in compensodiceva leici si era fermata da venti anni. Venerava la nobiltàe sapeva conservare la sua dignitàpur tributando alle persone nobili i rispetti e gli omaggi dovuti.

La compagnia di queste due persone era venuta molto a proposito a Cinq-Cygne per la signora d'Hauteserreche non avevacome suo maritooccupazioni ruralinécome Lorenzail tonico d'un odio per sopportare il peso d'una vita solitaria. Del resto tutto era in qualche modo migliorato da sei anni. Il culto cattolico ristabilito permetteva di adempiere i doveri religiosiche hanno maggior risonanza nella vita di campagna che altrove. Il signore e la signora d'Hauteserrerassicurati dagli atti conservatori del Primo Consoleavevano potuto corrispondere coi loro figliaverne notizienon tremare più per loropregarli di sollecitare la loro radiazione per tornare in Francia. Il Tesoro aveva liquidato gli arretrati di renditae pagava regolarmente di semestre in semestre. I d'Hauteserre possedevano allora in più del loro vitalizio ottomila franchi di rendita. Il vecchio si applaudiva della giustezza delle sue previsioni: aveva impiegato insieme colla nipote le sue economieventimila franchi a comprare rendita di Statoprima del 18 brumaioche fececome è notosalire i titoli da dodici a diciotto franchi.

Per molto tempo Cinq-Cygne era restato nudovuoto e devastato. A ragion vedutail prudente tutore non aveva volutofinché durarono i moti rivoluzionaricambiarne l'aspetto; maalla pace d'Amiensaveva fatto un viaggio a Troyesper riportarne qualche resto dei due palazzi saccheggiatiche aveva ricomprato da rigattieri. Il salotto era stato allora ammobiliato da lui. Belle tende di lampasso bianco a fiori verdi provenienti dal palazzo Simeuse adornavano le sei finestre del salotto dove si trovavano allora tali personaggi. L'immensa sala era interamente rivestita di legno diviso in pannelliinquadrati da bacchette perlatedecorati agli angoli con mascheroni e dipinti in due toni di grigio. I quattro sopra-porte offrivano di quei soggetti a chiaroscuro che furono di moda sotto Luigi Quindicesimo. Il bravuomo aveva trovato a Troyes delle mensole dorateun divano in lampasso verdeun lampadario di cristallouna tavola da gioco di legno intarsiato e tutto quello che poteva servire alla restaurazione di Cinq-Cygne. Nel 1792tutto il mobilio del castello era stato rubatoperché il saccheggio dei palazzi ebbe il suo contraccolpo anche nella vallata. Ogni volta che il vecchio andava a Troyesne riportava qualche reliquia dell'antico splendoreora un bel tappeto come quello che era steso sul pavimento del salottoora un servizio di vasellame o di vecchie porcellane di Saxe e di Sèvres. Da cinque mesiaveva osato disotterrare l'argenteria di Cinq-Cygne che il cuoco aveva sotterrato in una sua casetta in fondo a uno dei lunghi sobborghi di Troyes.

Questo fedele servitoredi nome Durieue sua moglieavevano seguito sempre la fortuna della padroncina. Durieu era il factotum del castelloe sua moglie ne era la governante. Durieu si faceva aiutare in cucina dalla sorella di Caterinaalla quale veniva insegnando la sua arte e che prometteva di diventare una cuoca eccellente. Un vecchio giardinieresua moglieil figlio pagato a giornata e la figlia che faceva da vaccaiacompletavano il personale del castello. Da sei mesila Durieu aveva fatto fare in segreto una livrea coi colori dei Cinq-Cygne per il figlio del giardiniere e per Gothard. Benché il gentiluomo l'avesse sgridata per tale imprudenzaessa s'era concesso il piacere di vedere servito il pranzoil giorno di San Lorenzoper la festa di Lorenzaquasi come una volta. Questa penosa e lenta restaurazione delle cose formava la gioia del signore e della signora d'Hauteserre e dei Durieu. Lorenza sorrideva di queste cose che essa diceva puerilità. Ma il bravo d'Hauteserre pensava anche al solidoriparava gli stabilirialzava i muripiantava dappertutto dove ci fosse probabilità di farli venir su degli alberie non lasciava un palmo di terreno incolto. Così la vallata di Cinq-Cygne lo considerava un oracolo in fatto d'agricoltura. Aveva saputo riprendersi cento arpenti di terra che gli venivano contestatima che non erano stati vendutiné confusi dal Comune nei beni comunali; li aveva convertiti in praterie artificiali che nutrivano il bestiame del castelloe li aveva inquadrati di pioppi cheda sei annivenivano su d'incanto. Aveva l'intenzione di ricomprare alcune terree d'utilizzare le costruzioni del castello per farne una seconda fattoria che si prometteva di dirigere lui stesso.

Da due anni dunquela vita era diventata quasi felice al castello. Il signor d'Hauteserre usciva al levar del soleandava a sorvegliare i suoi operaiperché faceva lavorare in tutte le stagioni; tornava per la colazionesaliva poi sopra un cavalluccio di fattoree faceva il suo giro come un guardiano; poidi ritorno pel pranzofiniva la giornata col "boston". Tutti gli abitanti del castello avevano le loro occupazionila vita vi era regolata come in un monastero. Solo Lorenza la turbava coi suoi viaggi improvvisicon le sue assenzecon quelle che la signora d'Hauteserre chiamava le sue fughe. Pure esistevano a Cinq-Cygne due politichee qualche causa di dissenso. In primo luogoDurieu e sua moglie erano gelosi di Gothard e di Caterina che vivevano in maggiore intimità con la loro padroncinal'idolo della casa. Poi i due d'Hauteserreappoggiati dalla signorina Goujet e dal curatovolevano che i loro figlicome i gemelli de Simeusetornassero in Francia e prendessero parte alla felicità di quella vita pacificainvece di vivere stentatamente all'estero. Lorenza riprovava questa odiosa transazione e rappresentava la monarchia puramilitante e implacabile. I quattro vecchiche non volevano più veder compromessa una vita felicené quell'angolo di terra riconquistato sulle acque furiose del torrente rivoluzionariocercavano di convertire Lorenza alle loro dottrine veramente saggeperché sentivano che la resistenza che i loro figli e i due Simeuse opponevano al loro ritorno in Francia dipendeva molto da lei. Il disdegno superbo della loro pupilla spaventava quella povera gente che non s'ingannava se temeva quello che chiamavano "un colpo di testa". Il dissenso s'era manifestato apertamente il giorno dell'esplosione della macchina infernale di via San Nicasioil primo tentativo realista diretto contro il vincitore di Marengodopo il suo rifiuto di trattare colla casa di Borbone. I d'Hauteserre considerarono come una fortuna che Bonaparte fosse sfuggito al pericoloperché credevano che autori dell'attentato fossero stati i repubblicani.

Lorenza pianse di rabbia a veder salvo il Primo Console. La sua disperazione la vinse sulla sua abituale dissimulazioneaccusò Dio di tradire i figli di San Luigi!

- Io sarei riuscita! - gridò; poivedendo la profonda stupefazione scritta su tutte le facce a questa sua uscitasi rivolse all'abate Goujet: - Non si ha forse il diritto - disse - di ricorrere a tutti i mezzi contro l'usurpazione?

- Figliola mia - rispose l'abate Goujet - la Chiesa è stata molto attaccata e biasimata dai filosofi perché aveva un tempo sostenuto che si potevano usare contro gli usurpatori le armi che gli usurpatori avevano impiegato per riuscire; ma oggi la Chiesa deve troppo al Primo Console per non proteggerlo e non garantirlo contro questa massima che del resto è dovuta ai Gesuiti.

- E così la Chiesa ci abbandona! - aveva risposto Lorenza con espressione cupa.

Da quel giornotutte le volte che i quattro vecchi parlavano di sottomettersi alla Provvidenzala contessina lasciava il salotto.

Da qualche tempoil curatopiù sagace del tutoreinvece di discutere i principifaceva rilevare i vantaggi materiali del governo consolaremeno per convertire la contessa che per sorprenderle negli occhi espressioni che potessero illuminarlo sui suoi progetti. Le assenze di Gothardle corse moltiplicate di Lorenza e la preoccupazione chenegli ultimi giorniapparve alla superficie del suo voltoinfine una quantità di piccole cose che non potevano sfuggire nel silenzio e nella tranquillità della vita a Cinq-Cygnesoprattutto agli occhi inquieti dei d'Hauteserredell'abate Goujet e dei Durieututto aveva ridestato i timori di quei monarchici sottomessi. Ma siccome non accadeva niente e la più perfetta calma regnava da qualche giorno nella sfera politicala vita del piccolo castello era tornata pacifica. Ognuno aveva attribuito le corse della contessa alla sua passione per la caccia.

Si può immaginare il profondo silenzio che regnava nel parconei cortilifuorialle nove di seranel castello di Cinq-Cygnedove in quel momento le cose e le persone erano così armoniosamente coloritedove regnava la pace più profondadove l'abbondanza tornava e il buono e saggio gentiluomo sperava convertire con la continuità dei felici risultati la sua pupilla al suo sistema d'obbedienza. Quei monarchici continuavano a giocare a quel gioco del "boston" chesotto una forma frivoladiffuse in Francia le idee d'indipendenzache fu inventato in onore degli insorti d'Americae di cui tutti i termini ricordano la lotta incoraggiata da Luigi Sedicesimo. Continuando a fare indipendenze o miserieosservavano Lorenzachevinta presto dal sonnos'addormentò con un sorriso ironico sulle labbra: il suo ultimo pensiero aveva abbracciato il pacifico quadro di quel tavolino da gioco dove una parolache avesse fatto sapere ai d'Hauteserre che i loro figli avevano la notte scorsa dormito sotto il loro tettopoteva gettare il più vivo terrore. Quale giovinetta di ventitré anni non sarebbe statacome Lorenzaorgogliosa di rappresentare la parte del Destinoe non avrebbero provatocome leiun lieve senso di compassione per quelli che vedeva tanto inferiori a lei?

- Dorme - disse l'abate - non l'ho vista mai così stanca.

- Durieu m'ha detto che la sua giumenta è stanchissima - riprese la signora d'Hauteserre - il suo fucile non è servitoil focone era lucidonon è dunque andata a caccia.

- Ah! sacripante! - riprese il curato - questo non dice niente di buono.

- Bah! - esclamò la signorina Goujet - quando avevo ventitré anni e mi vedevo condannata a restar ragazzacorrevo e mi stancavo altro che questo. Capisco che la contessina se ne vada in giro senza pensare a uccidere selvaggina. Fra poco saranno dodici anni che non ha visto i cuginied essa vuol loro bene; eh! al suo postoiose fossi giovane e bella come leime ne andrei d'un fiato in Germania! E forse la povera piccina si sente attirata dalla frontiera.

- Siete sconvenientesignorina Goujet - disse il curato sorridendo.

- Ma - riprese questa - vedo che vi inquietate per l'andare e venire d'una ragazza e ve lo spiego.

- I cugini tornerannoessa si troverà ricca e finirà col calmarsi - disse il bravo d'Hauteserre.

- Dio lo voglia! - esclamò la vecchia signora prendendo la sua tabacchiera d'oro che dopo il Consolato a vita aveva rivisto la luce.

- Ci sono novità in paese - disse d'Hauteserre al curato - Malin da ieri sera è a Gondreville.

- Malin! - gridò Lorenza destata da quel nome a dispetto del suo profondo sonno.

- Sì - riprese il curato - ma riparte questa notte e si fanno mille congetture intorno a questo viaggio precipitoso.

- Quell'uomo - disse Lorenza - è il cattivo genio delle nostre due case.

La contessina aveva allora allora pensato ai cugini e ai d'Hauteserree li aveva visti minacciati. I suoi begli occhi si fecero fissi e smorti pensando ai pericoli che correvano a Parigi; si alzò bruscamentee risalì in camera sua senza dir niente. Essa abitava la stanza d'onoreaccanto a cui si trovavano un salottino e un oratoriosituati nella torretta che guardava la foresta.

Quand'ebbe lasciato il salottoi cani abbaiaronosi sentì suonare al cancello piccoloe Durieucon una faccia spaventatavenne a dire in salotto:

- Ecco il sindaco! c'è qualcosa di nuovo.

Il sindacoantico battistrada della casa Simeuseveniva qualche volta al castellodoveper politicai d'Hauteserre gli mostravano una deferenza a cui egli dava gran peso. Quell'uomochiamato Goulardaveva sposato una ricca bottegaia di Troyes i cui possedimenti si trovavano nel comune di Cinq-Cygnee che egli aveva accresciuto con tutte le terre d'una ricca Badia per acquistare la quale aveva speso tutti i suoi risparmi. La vasta Badia del Val-de-Preuxsituata a un quarto di lega dal castellogli forniva un'abitazione splendida quasi come Gondrevillee dove sua moglie e lui si trovavano come due sorci in una cattedrale.

- Goulardsei stato goloso! - gli disse ridendo la Signorina la prima volta che lo vide a Cinq-Cygne. Benché molto attaccato alla Rivoluzione e freddamente accolto dalla contessail sindaco si sentiva sempre legato dai vincoli del rispetto verso i Cinq-Cygne e i Simeuse. Perciò chiudeva gli occhi su tutto quello che avveniva al castello. Chiudere gli occhi significava per lui non vedere i ritratti di Luigi Sedicesimodi Maria-Antoniettadei principi di Franciadel fratello del redel conte d'Artoisdi Cazalèsdi Carlotta Corday che adornavano i pannelli del salotto; non scandalizzarsi che si augurassein sua presenza la fine della Repubblicache si ridesse dei cinque direttorie di tutte le combinazioni di allora. La posizione di quell'uomo checome molti nuovi ricchiuna volta fattosi un patrimoniotornava a credere nelle vecchie famiglie e voleva avvicinarsi a esseera stata allora allora messa a profitto dai due personaggi la cui professione era stata così prontamente indovinata da Michue cheprima di andare a Gondrevilleavevano esplorato il paese.

L'uomo dalle belle tradizioni dell'antica polizia e Corentinla fenice delle spieavevano una missione segreta. Malin non s'ingannava attribuendo un doppio gioco ai due artisti in farse tragiche; perciòprima forse di vederli all'operaè necessario mostrar la testa a cui servivano di braccio. Bonapartediventando Primo Consoletrovò Fouché capo della Polizia generale. La Rivoluzione aveva creato apertamente e con ragione un ministero speciale della Polizia. Maal suo ritorno da MarengoBonaparte creò la Prefettura di Poliziavi mise a capo Duboise chiamò Fouché al Consiglio di Stato dandogli per successore al ministero della Polizia il Convenzionale Cochondiventato poi conte di Lapparent. Fouchéche considerava il ministero della Polizia come il più importante in un governo di larghe vedutecon politica decisavide in questo cambiamento un atto di sfavoreo per lo meno di diffidenza. Quando ebbe riconosciutonegli affari della macchina infernale e della cospirazione di cui si tratta quila grande superiorità del grande uomo di StatoNapoleone gli rese il ministero della Polizia. Più tardipoispaventato dell'abilità che Fouché sfoggiò nella sua assenzaal momento dell'affare Walcherenl'Imperatore diede quel ministero al duca di Rovigoe mandò il duca d'Otranto a governare le provincie dell'Illiriaun vero esilio.

La singolare genialità che spaventò Napoleone non si rivelò subito in Fouché. L'oscuro Convenzionaleuno degli uomini più straordinari e più mal giudicati di quel temposi formò nelle tempeste. S'innalzòdurante il Direttorioall'altezza da cui gli uomini profondi sanno prevedere l'avvenire giudicando dal passatopoi a un trattocome certi attori mediocri che diventano eccellenti illuminati da una luce improvvisadiede prova di abilità durante la rapida rivoluzione del 18 brumaio. L'uomo dal viso pallidoallevato nelle dissimulazioni monasticheche possedeva i segreti della Montagna a cui aveva appartenutoaveva lentamente e silenziosamente studiato gli uominile cosegli interessi della scena politica; penetrò i segreti di Bonapartegli diede utili consigli e informazioni preziose. Soddisfatto d'aver dimostrato il suo tatto e la sua utilitàFouché s'era guardato bene dallo scoprirsi interamentevoleva restare alla testa degli affari; ma le oscillazioni di Napoleone a suo riguardo gli resero la sua libertà politica. L'ingratitudine o piuttosto la diffidenza dell'Imperatore dopo l'affare Walcheren spiega l'uomo chedisgraziatamente per luinon era un gran signoree la cui condotta si modellò su quella del principe di Talleyrand. In quel momento né i suoi antichi né i suoi nuovi colleghi supponevano l'ampiezza del suo genio puramente ministerialeessenzialmente governativogiusto in tutte le sue previsioni e d'una incredibile sagacia. Certooggiper ogni storico dell'Imperol'amor proprio eccessivo di Napoleone è una delle mille cause della sua caduta chedel restoè stata la crudele espiazione dei suoi torti. Si trovava nel diffidente sovrano una gelosia del suo giovane potere che influì sui suoi atti quanto il suo odio segreto contro gli uomini abilipreziosa eredità della Rivoluzionecoi quali avrebbe potuto formarsi un gabinetto depositario delle sue idee.

Talleyrand e Fouché non furono i soli che gli diedero ombra. Orala disgrazia degli usurpatori è di avere come nemici sia quelli che gli hanno dato la coronasia quelli ai quali l'hanno tolta.

Napoleone non convinse mai interamente della sua sovranità quelli che aveva avuto per superiori e per egualiné quelli che parteggiavano per il diritto: nessuno dunque si sentiva legato verso di lui dal giuramento. Malinuomo mediocreincapace d'apprezzare il tenebroso genio di Fouché né di diffidare della prontezza del suo colpo d'occhiosi bruciòcome una farfalla alla candelaandandolo a pregare confidenzialmente di mandargli degli agenti a Gondreville dove dissesperava di ottenere lumi sulla cospirazione. Fouchésenza spaventare il suo amico con domandesi chiese perché Malin andava a Gondrevilleperché non dava a Parigi e immediatamente le informazioni che poteva avere.

L'ex-oratorianonutrito di frodi e informato del doppio gioco di molti Convenzionalisi disse: "Da chi Malin può aver saputo qualcosaquando non sappiamo ancora gran cosa noi?". Fouché concluse dunque che c'era qualche complicità latente o aspettantee si guardò bene dal dirne nulla al Primo Console. Preferiva farsi di Malin uno strumento piuttosto che rovinarlo. Fouché teneva così per sé una gran parte dei segreti che sorprendevae si riservava sulle persone un potere superiore a quello di Bonaparte. Tale duplicità fu una delle lagnanze di Napoleone contro il suo ministro. Fouché conosceva le mariolerie a cui Malin doveva la sua terra di Gondrevillee che lo obbligavano a sorvegliare i signori di Simeuse. I Simeuse servivano nell'esercito di Condéla signorina di Cinq-Cygne era loro cuginaessi potevano dunque trovarsi nei dintorni e prendere parte all'impresala loro partecipazione implicava nel complotto la casa di Condé a cui s'erano votati. Il signor di Talleyrand e Fouché tenevano a illuminare quell'angolo oscurissimo della cospirazione del 1803.

Queste considerazioni furono fatte da Fouché rapidamente e con lucidità. Ma tra MalinTalleyrand e lui esistevano legami che lo costringevano a usare la maggior circospezionee gli facevano desiderare di conoscere perfettamente l'interno del castello di Gondreville. Corentin era attaccato senza riserve a Fouchécome il signor della Besnardière a Talleyrandcome Gentz a Metternichcome Dundas a Pittcome Duroc a Napoleonecome Chavigny al cardinale di Richelieu. Corentin funon il consigliere di Fouchéma la sua anima dannatail Tristano segreto di quel Luigi Undicesimo in miniatura; perciò Fouché lo aveva naturalmente lasciato al ministero della Poliziaper conservarvi dentro un occhio e un braccio. Il giovanotto dovevasi dicevaappartenere a Fouché per una di quelle parentele che non si confessanoperché lo ricompensava con profusione ogni volta che lo faceva agire.

Corentin s'era fatto un amico di Peyradeil vecchio allievo dell'ultimo Tenente di polizia; pure ebbe dei segreti per Peyrade.

Corentin ricevette da Fouché l'ordine d'esplorare il castello di Gondrevilled'inscriverne la pianta nella sua memoria e di farvi la ricognizione dei minimi nascondigli. Saremo forse obbligati a tornarvi - gli disse l'ex-ministroproprio come Napoleone disse ai suoi tenenti di esaminare bene il campo di battaglia di Austerlitzfino al quale contava di indietreggiare. Corentin doveva anche studiare la condotta di Malinrendersi conto della sua influenza in paeseosservare gli uomini che vi impiegava.

Fouché teneva per certa la presenza dei Simeuse nella contrada.

Spiando abilmente questi due ufficiali cari al principe di CondéPeyrade e Corentin potevano ricevere lumi preziosi sulle ramificazioni del complotto oltre Reno. In tutti i casiCorentin ebbe i fondigli ordini e gli agenti necessari per accerchiare Cinq-Cygne e spiare il paese dalla foresta di Nodesme fino a Parigi. Fouché raccomandò la maggiore circospezione e non permise la visita domiciliare a Cinq-Cygne che in caso d'informazioni positive date da Malin. Alla finecome informazionemise al corrente Corentin del personaggio inesplicabile di Michusorvegliato da tre anni. L'idea di Corentin fu la stessa di quella del suo capo: "Malin conosce la cospirazione!" - "Ma chi sa"si dissese Fouché non ne fa parte anche lui!.

Corentinpartito per Troyes prima di Malins'era messo d'accordo col comandante della gendarmeriae aveva scelto gli uomini più intelligenti dando loro per capo un abile capitano. Corentin indicò al capitano come luogo di ritrovo il castello di Gondrevilledicendogli di mandare verso nottesu quattro punti differenti della valle di Cinq-Cygne e a distanze abbastanza grandi tra loro per non dare l'allarmeun picchetto di dodici uomini. I quattro picchetti dovevano descrivere un quadrato e stringerlo intorno al castello di Cinq-Cygne. Lasciandolo padrone del castello durante la sua conversazione con GrévinMalin aveva permesso a Corentin di adempiere a una parte della sua missione.

Tornato dal parcoil Consigliere di Stato aveva così positivamente detto a Corentin che i Simeuse e i d'Hauteserre erano in paeseche i due agenti spedirono il capitano cheper gran fortuna dei gentiluominiattraversò la foresta per il viale mentre Michu ubriacava Violetta. Il Consigliere di Stato aveva cominciato con lo spiegare a Peyrade e Corentin l'agguato a cui era allora allora sfuggito. I due Parigini gli raccontarono allora l'episodio della carabinae Grévin mandò Violetta per ottenere qualche informazione su quello che avveniva al padiglione.

Corentin disse al notaio di condurreper maggior precauzioneil Consigliere di Stato a dormire in casa suanella cittadina di Arcis. Nel momento in cui Michu si lanciava nella foresta e correva a Cinq-CygnePeyrade e Corentin partirono dunque da Gondreville in un vecchio biroccino di viminitirato da un cavallo di postae guidato dal brigadiere di Arcisuno degli uomini più astuti della legionee che il comandante di Troyes aveva loro raccomandato di prendere con loro.

- Il miglior modo di metter le mani su tuttoè di avvisarli - disse Peyrade a Corentin. - Nel momento in cui saranno spaventati e vorranno mettere in salvo le loro carte o fuggir viapiomberemo su di loro come un fulmine. Il cordone dei gendarmi stringendosi intorno al castello farà l'effetto d'una rete da pesca. Così nessuno ci sfuggirà.

- Potete mandar loro il sindaco - disse il brigadiere - è compiacentenon vuol loro malenon diffideranno di lui.

Nel momento in cui Goulard stava per andare a lettoCorentinche fece fermare il biroccino in un boschettoera dunque venuto a dirgli confidenzialmente che fra pochi istanti un agente del governo sarebbe venuto a chiedergli di accerchiare il castello di Cinq-Cygne per impadronirsi dei signori d'Hauteserre e di Simeuse; chenel caso che fossero sparitivolevano assicurarsi se vi avevano dormito la notte precedenteperquisire le carte della signorina di Cinq-Cygnee arrestare forse la servitù e i padroni del castello.

- La signorina di Cinq-Cygne - disse Corentin - èsenza dubbioprotetta da grandi personaggiperché ho la missione segreta d'avvertirla di questa visitae di far di tutto per salvarlasenza compromettermi. Una volta sul terrenonon sarò padrone di farlonon sono soloperciò correte voi al castello.

La visita del sindaco a metà della serata stupì tanto più i giocatoriin quanto Goulard aveva una faccia stralunata.

- Dov'è la contessa?

- Sta andando a letto - disse la signora d'Hauteserre.

Il sindaco incredulo si mise ad ascoltare i rumori che si facevano al primo piano.

- Che avete oggiGoulard? - gli disse la signora d'Hauteserre.

Goulard non rinveniva dallo stupore a vedere quelle facce piene del candore che si può avere a qualsiasi età. All'aspetto di quella calmadi quella innocente partita di "boston" interrottanon capiva niente nei sospetti della polizia di Parigi. In quel momentoLorenzainginocchiata nel suo oratoriopregava fervidamente per il successo della cospirazione! Pregava Dio di dare aiuto e soccorso agli assassini di Bonaparte! Implorava Dio con amore perché spezzasse l'uomo fatale! Il fanatismo degli Armodiodelle Giudittedei Giacomo Clémentdegli Ankarstroëmdelle Carlotte Cordaydei Limoëlan animava quell'anima vergine e pura. Caterina preparava il lettoGothard chiudeva le impostedi modo che Marta Michuarrivata sotto la finestra di Lorenzae che vi gettava dei sassolinipoté esser notata.

- Signorinaci sono novità - disse Gothard vedendo una sconosciuta.

- Silenzio! - disse Marta a voce bassa - venite a parlar con me.

Gothard fu in giardino in meno tempo che non avrebbe messo un uccello per scendere da un albero a terra.

- Fra un istante il castello sarà accerchiato dalla gendarmeria.

Tu - disse a Gothard - sella senza far rumore il cavallo della signorina e fallo scendere per la breccia del fossatotra questa torre e le scuderie.

Marta trasalì vedendo a due passi da lei Lorenza che era venuta dietro a Gothard.

- Che c'è? - disse Lorenza semplicemente e senza parer turbata.

- La cospirazione contro il Primo Console è scoperta - rispose Marta all'orecchio della contessa - mio maritoche pensa a salvare i vostri due cuginimi manda a dirvi di venirvi a mettere d'accordo con lui.

Lorenza indietreggiò di tre passie guardò Marta.

- Voi chi siete? - disse.

- Marta Michu.

- Non so che volete da me - replicò freddamente la signorina di Cinq-Cygne.

- Dio mio!voi li uccidete. In nome dei Simeusevenite! - disse Marta cadendo in ginocchio e tendendo le mani a Lorenza. - Non c'è qui nessuna cartaniente che possa compromettervi? Dall'alto della forestamio marito ha visto or ora brillare i cappelli gallonati e i fucili dei gendarmi.

Gothard aveva cominciato coll'arrampicarsi in soffittascorse di lontano i ricami dei gendarmisentì attraverso il profondo silenzio della campagna il rumore dei loro cavalliruzzolò in scuderiasellò il cavallo della padronaai cui piedia una sola parola di luiCaterina avvolse degli stracci.

- Dove devo andare? - disse Lorenza a Marta il cui sguardo e la parola la colpirono coll'inimitabile accento della sincerità.

- Per la breccia! - disse Marta trascinando Lorenza- il mio nobile marito c'è giàe voi saprete quel che vale un Giuda!

Caterina entrò in fretta nel salottovi prese il frustinoi guantiil cappelloil velo della padronae uscì. La brusca apparizione e l'azione di Caterina erano un così parlante commento alle parole del sindacoche la signora d'Hauteserre e l'abate Goujet si scambiarono un'occhiata con cui si comunicarono l'orribile pensiero: "Addio alla nostra felicità! Lorenza cospiraessa ha rovinato i suoi cugini e i due d'Hauteserre!".

- Cosa volete dire? - domandò il signor d'Hauteserre a Goulard.

- Ma il castello è accerchiatofra poco subirete una visita domiciliare. Insommase i vostri figli sono quifateli fuggire insieme coi signori di Simeuse.

- I miei figli! - gridò la signora d'Hauteserre stupefatta.

- Noi non abbiamo visto nessuno - disse il signor d'Hauteserre.

- Tanto meglio! - disse Goulard. - Ma sono troppo affezionato alla famiglia di Cinq-Cygne e a quella di Simeuse per veder accadere loro qualche disgrazia. Se avete carte compromettenti...

- Carte?... - ripeté il gentiluomo.

- Sìse ne avetebruciatele - riprese il sindaco- io cercherò di trattenere gli agenti.

Goulard che voleva salvare la capra realista e il cavolo repubblicanouscìe i cani abbaiarono allora con violenza.

- Non siete più in tempoeccoli - disse il curato.- Ma chi avviserà la contessa? dov'è?

- Caterina non è venuta a prendere il suo frustinoi guanti e il cappello per farne delle reliquie - disse la signorina Goujet.

Goulard cercò di ritardare per qualche minuto i due agenti annunciando loro la perfetta ignoranza degli abitanti del castello di Cinq-Cygne.

- Voi non li conoscete - disse Peyrade ridendo in faccia a Goulard.

I due uomini così mellifluamente sinistri entrarono alloraseguiti dal brigadiere di Arcis e da un gendarme. La loro vista ghiacciò di spavento i quattro pacifici giocatori di "boston" che restarono ai loro postispaventati da un simile spiegamento di forze. Il rumore prodotto da una decina di gendarmii cui cavalli scalpitavanorimbombava sul piazzale.

- Non manca qui che la signorina di Cinq-Cygne disse Corentin.

- Ma essa dormecertamentein camera sua rispose il signor d'Hauteserre.

- Venite con mesignore - disse Corentin slanciandosi nell'anticamera e di lì sulla scala dove la signorina Goujet e la signora d'Hauteserre lo seguirono. Fidatevi di me - riprese Corentin parlando all'orecchio della vecchia signora - sono uno dei vostrivi ho già mandato il sindaco. Diffidate del mio collega e affidatevi a mevi salverò tutti.

- Ma di che si tratta? - domandò la signorina Goujet.

- Di vita o di morte! non lo sapete? - rispose Corentin.

La signora d'Hauteserre svenne. Con grande stupore della signorina Goujet e con gran disappunto di Corentinl'appartamento di Lorenza era vuoto. Sicuro che nessuno poteva fuggire né dal parco né dal castello nella valle di cui tutti gli sbocchi erano sorvegliatiCorentin fece salire un gendarme in ciascuna stanzaordinò di perquisire gli edificile scuderiee ridiscese in salottodove già Durieusua mogliee tutta la servitù s'erano precipitati in preda alla più violenta emozione. Peyrade studiava coi suoi occhietti azzurri tutte le fisionomierestando freddo e calmo in quel parapiglia. Quando Corentin riapparve soloperché la signorina Goujet assisteva la signora d'Hauteserresi sentì un calpestio di cavallia cui si mescolava il pianto d'un fanciullo.

I cavalli entrarono dal cancello piccolo. In mezzo all'ansietà generalesi vide un brigadiere che si spingeva innanzi Gothard con le mani legate e Caterina e li condusse innanzi agli agenti.

- Ecco dei prigionieri - disse. - Questo monello era a cavallo e fuggiva.

- Imbecille! - disse Corentin all'orecchio del brigadiere stupefatto - perché non averlo lasciato continuare? Avremmo saputo qualcosa seguendolo.

Gothard aveva adottato il metodo di mettersi a piangere come fanno gli idioti. Caterina restava in un atteggiamento d'innocenza e d'ingenuità che fece riflettere profondamente il vecchio agente.

L'allievo di Lenoirdopo aver paragonato l'uno all'altra i due ragazzidopo aver esaminato l'aria di semplicione del vecchio gentiluomo che egli prese per astuzial'intelligente curato che si baloccava coi gettonila stupefazione della servitù e dei Durieusi avvicinò a Corentin e gli disse all'orecchio: - Non abbiamo da fare con grulli!

Corentin rispose prima con uno sguardo indicandogli la tavola da giocopoi aggiunse: - Giocavano a "boston"! Preparavano il letto della padrona di casaessa è fuggitaloro son sorpresili metteremo alle strette.

Una breccia ha sempre una causa e un'utilità. Ecco come e perché quella che si trova tra la torre detta oggi della Signorinae le scuderieera stata praticata. Fin dalla sua installazione ad Hauteserreil bravo d'Hauteserre fece d'un lungo borro per cui le acque della foresta cadevano nel fossatoun sentiero che separa due grandi appezzamenti di terreno appartenenti alla riserva del castelloma solo per piantarci un centinaio d'alberi di noce che trovò in un vivaio. In undici anni quei noci erano diventati abbastanza folti da ricoprire quasi il sentiero già incassato tra rocce a picco di sei piedi d'altezzae per cui si andava a un boschetto di trenta arpenti acquistato da poco. Quando il castello ebbe tutti i suoi abitantiognuno di essi preferì passare per il fossato per raggiungere la strada comunale che seguiva le mura del parco e conduceva alla fattoriapiuttosto che fare il giro uscendo dal cancello. A furia di passarcila breccia si allargavasenza che fosse fatto appostadai due latisenza scrupolo di nessuno in quanto nel secolo diciannovesimo i fossati sono perfettamente inutili e il tutore parlava spesso di utilizzarli in qualche modo. Quella costante demolizione produceva terraciottolipietre che finirono per colmare il fondo del fossato. L'acqua dominata da quella specie di ghiaiata la copriva solo nei tempi di grandi piogge. Tuttaviamalgrado queste degradazionia cui tutti e anche la contessa avevano contribuitola breccia era piuttosto scoscesa per farvi scendere un cavallo e soprattutto per farlo risalire sulla strada comunale; ma pare chenei pericolii cavalli partecipino al pensiero dei padroni.

Mentre la contessina esitava a seguire Marta e le domandava spiegazioniMichuche dall'alto della sua montagnola aveva seguito le linee descritte dai gendarmi e compreso il piano delle spienon vedendo venir nessunodisperava del successo. Un picchetto di gendarmi si stendeva lungo il muro del parco a intervalli come sentinellelasciando tra uomo e uomo una distanza che permettesse loro di capirsi con la voce e con lo sguardoascoltare e sorvegliare i più lievi rumori e le minime cose.

Michubocconicon l'orecchio attaccato alla terramisuravaalla maniera degli Indianiil tempo che gli restava dalla forza del suono. "Sono giunto troppo tardi!" si diceva. "Violetta me la pagherà! Che tempo gli ci è voluto per ubriacarsi! Che fare?".

Sentiva il picchetto scendere dalla foresta per il sentiero che passava innanzi al cancello; con una manovra simile a quella del picchetto venuto dalla strada comunalestava per ricongiungersi a esso. "Ancora cinque o sei minuti!" si disse. In quel momento apparve la contessaMichu la prese con mano vigorosa e la gettò nel sentiero coperto.

- Andate diritto innanzi a voi! Conducila - disse alla moglie-al posto dov'è il mio cavalloe pensate che i gendarmi hanno buoni orecchi. Vedendo Caterina che portava il frustinoi guanti e il cappelloma soprattutto vedendo la giumenta e Gothardquell'uomo dalla concezione così pronta nel pericolorisolse di burlare i gendarmi con lo stesso successo con cui s'era burlato di Violetta.

Gothard avevacome per magiaobbligata la giumenta a scalare il fossato.

- Stracci ai piedi del cavallo?... meriti un bacio!- disse l'amministratore stringendo tra le braccia Gothard.

Michu lasciò che la giumenta andasse dalla sua padrona e prese i guantiil cappelloil frustino.

- Sei intelligentemi capirai - riprese. - Forza anche il tuo cavallo ad arrampicarsi su questa stradamontalo a bardossotirati dietro i gendarmi scappando a tutta velocità attraverso i campi verso la fattoriae raccoglimi tutto quel picchetto che si sta stendendo - aggiunse completando il suo pensiero con un gesto che indicava la via da seguire. - Tu ragazza mia - disse a Caterina - se arrivano altri gendarmi per la strada da Cinq-Cygne a Gondrevilleslanciati in una direzione contraria a quella di Gotharde raccoglili dietro di te verso la foresta. Insommafate in modo che noi non siamo disturbati nel sentiero incassato.

Caterina e l'ammirevole fanciullo che in questo affare doveva dare tante prove d'intelligenzaeseguirono la loro manovra in modo da far credere a ciascuna delle linee di gendarmi che la loro selvaggina prendeva il volo. La luce ingannatrice della luna non permetteva di distinguere né la staturané i vestitiné il sessoné il numero degli inseguiti. Corsero dietro loro in virtù del falso assioma: bisogna arrestare quelli che fuggono! la cui sciocchezza in affari d'alta polizia era stata allora allora energicamente dimostrata da Corentin al brigadiere. Michuche aveva contato sull'istinto dei gendarmipoté raggiungere la foresta poco dopo la contessina che Marta aveva guidato al posto indicato.

- Corri al padiglione - disse a Marta. - La foresta dev'essere sorvegliata dai Pariginiè pericoloso restare qui. Avremo bisogno di tutta la nostra libertà.

Michu slegò il suo cavalloe pregò la contessa di seguirlo.

- Non farò più un passo - disse Lorenza - se non mi date una prova dell'interesse che mostrate per noiperché insommavoi siete Michu.

- Signorina - rispose con voce dolce - la parte che rappresento vi sarà spiegata in due parole. Io sonoall'insaputa dei signori di Simeuseil guardiano del loro patrimonio. Ho a tal riguardo ricevuto istruzioni dal defunto loro padre e dalla loro cara madremia protettrice. Perciò ho finto d'essere un Giacobino arrabbiatoper render servigio aimieipadroncini; disgraziatamente ho cominciato troppo tardi questo gioco e non ho potuto salvare i vecchi! - Qui la voce di Michu si alterò. - Da quando i padroncini sono fuggitiio ho fatto pervenire loro le somme necessarie per vivere onorevolmente.

- Per mezzo della casa Breintmayer di Strasburgo? disse Lorenza.

- Sìsignorinai corrispondenti del signor Girel di Troyesun monarchico cheper sua fortunaha fatto come me il Giacobino. La carta che il vostro fattore raccolse una seraall'uscita da Troyessi riferiva a questa cosa e poteva comprometterci: la mia vita non apparteneva più a mema a lorocapite? Non potei subito farmi padrone di Gondreville. Nella mia posizionemi avrebbero tagliato la testa domandandomi dove avevo preso tanto danaro. Ho preferito ricomprare la terra un po' più tardi; ma quello scellerato di Marion era l'uomo di paglia d'un altro scelleratodi Malin. Gondreville però tornerà lo stesso ai suoi padroni. E' cosa che riguarda me. Quattr'ore faavevo Malin sotto il tiro del mio fucileoh! era fritto! Perdinci! una volta mortoluiGondreville andrà all'incantosi venderà e voi potrete comprarlo.

In caso che io fossi mortomia moglie vi avrebbe consegnato una lettera che ve ne avrebbe dato i mezzi. Ma quel brigante diceva al suo compare Grévinun'altra canagliache i signori di Simeuse cospiravano contro il Primo Consoleche si trovavano in paese e che era meglio consegnarli e sbarazzarseneed esser tranquilli a Gondreville. Orasiccome avevo visto venire due spie patentateho scaricato la mia carabinae non ho perso tempo a correre quipensando che voi dovete sapere dove e come avvisare i giovanotti.

Ecco tutto.

- Voi siete degno d'esser nobile - disse Lorenza tendendo la mano a Michu che voleva inginocchiarsi per baciarla. Lorenza vide la sua mossa e la prevenne dicendogli: - In piediMichu! - con una voce e uno sguardo che lo fecero felice quanto era stato infelice per dodici anni.

- Voi mi ricompensate come se avessi già fatto quel che mi resta da fare - disse. - Li sentite gli ussari della ghigliottina?

Andiamo a parlare altrove. - Michu prese la briglia della giumenta mettendosi dalla parte da cui la contessa si presentava di spallee le disse: - Non pensate ad altro che a reggervi in sellaa frustare la vostra cavalcatura e a garantirvi la faccia dai rami d'albero che ve la vorranno frustare.

Poi diresse la giovinetta per una mezz'ora al gran galoppoora allontanandosi dal sentiero che battevanoora tornando indietroora attraversando la via attraverso radure per far perdere la tracciaverso un luogo dove si fermò.

- Non so più dove siamoio che conosco la foresta quasi come voi - disse la contessinaguardandosi intorno.

- Siamo proprio nel centro - rispose Michu. Abbiamo due gendarmi dietro di noima siamo in salvo!

Il luogo pittoresco dove Michu aveva condotto Lorenza doveva essere così fatale ai principali personaggi di questo dramma e a Michu stessoche il dovere d'uno storico è di descriverlo. Quel paesaggio del resto è diventato celebrecome si vedrànei fasti giudiziari dell'Impero.

La foresta di Nodesme apparteneva a un monastero detto di Notre- Dame. Il monasteropresosaccheggiatodemolitodisparve interamentefrati e beni. La forestaoggetto di cupidigiaentrò a far parte del dominio dei conti di Champagneche più tardi lo pignorarono e lo lasciarono vendere. In sei secolila natura ricoprì le rovine col suo ricco e sfarzoso mantello verdee le cancellò così beneche l'esistenza d'uno dei più bei conventi non era più indicata che da una lieve eminenzaombreggiata da begli alberie chiusa in giro da cespugli fitti e impenetrabili chedal 1797Michu s'era industriato di rendere ancora più fitti piantandovi acacie spinose negli intervalli privi d'arbusti. Ai piedi dell'eminenza si trovava uno stagno che faceva supporre una sorgente interratala quale in altri tempi aveva certamente fatto scegliere quel luogo come sede del monastero. Il possessore dei titoli della foresta Nodesme era stato il solo che aveva potuto stabilire l'etimologia di questo nome vecchio di otto secolie scoprire che un tempo c'era stato un convento nel centro della foresta. Ai primi brontolii di tuono della Rivoluzioneil marchese di Simeuseche per una contestazione aveva dovuto ricorrere ai suoi documentivenuto a sapere per caso tale particolaritàsi mise con un secondo fine facilmente comprensibilea ricercare il posto dell'antico monastero. Il guardiano che conosceva a palmo a palmo la forestaaveva naturalmente aiutato il padrone nelle sue ricerchee la sua sagacia di guardaboschi gli aveva fatto riconoscere la situazione del monastero. Osservando la direzione dei cinque principali sentieri della forestadi cui alcuni erano cancellativide che tutti facevano capo alla montagnola e allo stagno dove un tempo si doveva venire da Troyesdalla valle di Arcisda quella di Cinq- Cygnee da Bar-sur-Aube. Il marchese volle sondare la montagnolama per questa operazione non poteva servirsi che di gente estranea al paese. Incalzato dalle circostanze abbandonò le ricerchee Michu conservò l'idea che il rilievo di terreno nascondeva o dei tesori o le fondazioni della Badia. Michu continuò quell'impresa archeologica; sentì che il terreno risuonava vuoto a livello dello stagnotra due alberiai piedi del solo punto scosceso del rilievo. Una bella notte venne munito d'una zappae a via di lavoro mise allo scoperto la porta d'una cantina in cui si scendeva per dei gradini di pietra. Lo stagnoche nel suo punto più infossatoha tre piedi di profonditàforma come una spatola il cui manico sembra uscire dal rilievo di terrenoe farebbe credere che da quella roccia fittizia esca una fontana le cui acque si perdono infiltrandosi nella vasta foresta. Quella paludecircondata d'alberi acquaticiontanisalicifrassiniè il punto d'incontro dei sentieriresto di antiche strade e di viali di boscooggi deserti. Quell'acqua viva e che pare stagnantecoperta di piante dalle larghe fogliedi crescioneoffre uno specchio d'acqua interamente verde appena distinguibile dalle sue rive dove cresce un'erba fine e folta. E' troppo lontana da ogni abitazione perché nessun animalealtro che selvaticovenga a dissetarvisi. Convinti che non poteva esserci niente sotto la paludee scoraggiati dalle rive inaccessibili del rilievo di terrenoi guardiani privati o i cacciatori non avevano mai visitato né sondato quell'angolo che apparteneva al più antico taglio della foresta e che Michu riserbò per un bosco d'alberi d'alto fustoquando venne il momento di utilizzarlo. In fondo alla cantina si trova un sotterraneo a voltapulito e sanotutto in pietra da tagliodel genere di quelli che si chiamavano l'"in pace"la prigione dei conventi. La salubrità del sotterraneolo stato di conservazione di quel resto di scalinata e di quella volta si spiegava colla sorgente che i demolitori avevano rispettata e con una muraglia verosimilmente di un grande spessorein mattoni e cemento simile a quelle dei Romaniche tratteneva le acque che venivano dall'alto. Michu coprì di grosse pietre l'entrata di quel nascondiglio; poiper assicurarsene il segreto e renderlo impenetrabiles'impose la legge di risalire il rilievo alberatoe di scendere nella cantina dallo scoscendimentoinvece di arrivarvi per la palude. Nel momento in cui i due fuggiaschi vi arrivaronola luna lanciava la sua bella luce d'argento alle cime degli alberi centenari del monticellogiocava tra i magnifici ciuffi delle lingue di bosco diversamente ritagliate dai sentieri che sboccavano lìalcune arrotondatealtre puntutequesta terminata da un solo alberoquella da un boschetto.

Di lìl'occhio si addentrava irresistibilmente in fuggevoli prospettive in cui gli sguardi seguivano o la curva d'un sentieroo la vista sublime d'un lungo viale di forestao una muraglia di verzura quasi nera. La luce filtrando attraverso i rami del crocicchio faceva brillarenei posti lasciati liberi dal crescione e dalle ninfeequalche diamante di quell'acqua tranquilla e ignorata. Il gracidare delle rane turbò il profondo silenzio di quel bell'angolo di foresta il cui profumo selvatico risvegliava idee di libertà.

- Siamo davvero in salvo? - disse la contessa a Michu.

- Sìsignorina. Ma abbiamo ciascuno il nostro compito. Andate a legare i cavalli agli alberi che sono sulla cima di quella collinettae annodate un fazzoletto intorno alla loro bocca - disse tendendole il frustino; - il mio e il vostro sono intelligenti e capiranno che debbono tacere. Quando avrete finitoscendete diritto sopra l'acqua per quello scoscendimentobadate che la vostra amazzone non s'impigli in qualche ramomi troverete in basso.

Mentre la contessa nascondeva i cavallili legava e imbavagliavaMichu tolse le pietre e scoperse l'entrata del sotterraneo. La contessa che credeva di conoscer la forestafu molto sorpresa di vedersi sotto una volta di cantina. Michu ricollocò le pietre in modo che formassero una volta coll'abilità d'un muratore.

Quand'ebbe finitoil rumore dei cavalli e delle voci dei gendarmi risonò nel silenzio della notte; ma egli batté con tutta tranquillità l'acciarinoaccese un ramicello d'abete e condusse la contessa nell'in pace dove si trovava ancora un pezzo della candela che gli era servita per esplorare il sotterraneo. La porta di ferro che aveva parecchie linee di spessorema che era in qualche punto bucata dalla ruggineera stata restaurata dal guardiano e si chiudeva esteriormente per mezzo di sbarre di ferro che entravano dai due capi in buchi. La contessastanca mortasedette sopra un banco di pietrasopra al quale esisteva ancora un anello ingessato nel muro.

- Abbiamo un salotto per discorrere - disse Michu.- Ora i gendarmi possono girare quanto voglionoil peggio che potrebbe accaderci sarebbe che si prendessero i cavalli.

- Toglierci i cavalli - disse Lorenza - sarebbe uccidere i miei cugini e i signori d'Hauteserre! Vediamoche cosa sapete voi?

Michu raccontò il poco che era riuscito a sentire della conversazione tra Malin e Grévin.

- Sono in viaggio per Parigivi entreranno stamani- disse la contessa quando Michu ebbe finito.

- Perduti! - esclamò Michu. - Capite che quelli che entrano e quelli che escono saranno sorvegliati alle barriere. Malin ha il più grande interesse a che i miei padroni si compromettano per ucciderli.

- E io che non so niente del piano generale dell'impresa! - esclamò Lorenza. - Come avvisare GeorgesRivière e Moreau? dove saranno? Ma pensiamo solo ai miei cugini e ai d'Hauteserreraggiungeteli a qualunque costo.

- Il telegrafo è più svelto dei migliori cavalli disse Michu - e di tutti i nobili che si sono cacciati in questa cospirazionei vostri cugini saranno i meglio inseguiti; se li ritrovodobbiamo nasconderli quice li terremo fino alla fine dell'affare; il loro povero padre aveva forse un presentimento quando mi pose sulla traccia di questo nascondigliosapeva che i suoi figli ci si sarebbero salvati.

- La mia giumenta viene dalle stalle del conte d'Artoisè nata dal suo migliore cavallo inglesema ha già fatto trentasei leghemorirebbe senza avervi portato a destinazione - disse Lorenza.

- Il mio è buono - disse Michu - e se voi avete fatto trentasei legheio non dovrei dunque farne che diciotto?

- Ventitré - disse Lorenza - perché sono da cinque ore in viaggio!

Li troverete oltre Lagnya Coupvrai di dove debbono all'alba uscire travestiti da marinaicontano di entrare in Parigi sopra barche. Ecco - riprese - togliendosi dal dito la metà della fede della madre - la sola cosa a cui presteranno fedeho dato loro l'altra metà. Il guardiano di Coupvraipadre d'uno dei loro soldatili tiene nascosti questa notte in una baracca da carbonai abbandonatain mezzo ai boschi. Sono otto in tutto. I signori d'Hauteserre e quattro uomini accompagnano i miei cugini.

- Signorinanessuno correrà dietro a dei soldatioccupiamoci solo dei signori di Simeusee lasciamo che gli altri si salvino come potranno. Non è già molto avvertirli del pericolo?

- Abbandonare i d'Hauteserre? mai! - disse Lorenza.- Debbono morire o salvarsi tutti insieme!

- Dei gentiluomini di piccola nobiltà? - riprese Michu.

- Sono soltanto cavalieri - rispose la ragazza - lo soma sono imparentati coi Cinq-Cygne e coi Simeuse. Riconducete i miei cugini e i d'Hauteserreconsigliatevi con loro sul miglior modo di raggiungere la foresta.

- I gendarmi ci sono già! li sentite? si consigliano anche loro.

- Insommavoi siete già stato due volte fortunato questa seraandate! e riconducetelinascondeteli in questa cavernavi saranno al sicuro da ogni ricerca! Non posso esservi di nessun aiuto - disse poi con rabbia - sarei come un faro che indicherebbe la strada al nemico. La polizia non andrà mai a pensare che i miei parenti possano tornare a questa forestaquando mi vedranno tranquilla. Cosìtutto sta a trovare cinque buoni cavalli per venire in sei ore da Lagny alla nostra forestacinque cavalli da lasciar poi morti in una boscaglia.

- E il danaro? - rispose Michu che mentre ascoltava la contessina rifletteva profondamente.

- Ho dato cento luigi questa notte ai miei cugini.

- Rispondo di loro - esclamò Michu. - Una volta nascostidovete privarvi di vederli; mia moglie o il mio piccolo porteranno loro da mangiare due volte la settimana. Masiccome non rispondo di mesappiatein caso di disgraziasignorinache la trave maestra della soffitta del mio padiglione è stata forata con un trivello. Nel foro che è turato con un grosso cavicchiosi trova la pianta d'un angolo della foresta. Gli alberi che sulla pianta vedrete segnati con un segno rosso hanno sul terreno un segno nero alla base. Ciascuno di quegli alberi è un segnale. La terza vecchia quercia a destra dei segnali nascondedue piedi innanzi al troncodei tubi di latta sotterrati a sette piedi di profonditàche contengono ciascuno centomila franchi in oro.

Quegli undici alberiundici e non piùrappresentano tutta la ricchezza dei Simeuseora che Gondreville è stato loro tolto.

- Ci vorranno cento anni perché la nobiltà si riabbia dai colpi ricevuti! - disse lentamente la signorina di Cinq-Cygne.

- C'è una parola d'ordine? - domandò Michu.

- Francia e Carlo! per i soldati. Lorenza e Luigi! per i signori d'Hauteserre e di Simeuse. Dio mio! averli riveduti ieri la prima volta dopo dodici anni e saperli oggi in pericolo di mortee quale morte! Michu- disse con un'espressione di malinconia - siate prudente in queste quindici ore quanto siete stato devoto per questi dodici anni. Se ai miei cugini capitasse una disgraziaio morirei. No - disse - vivrei tanto da uccidere Bonaparte.

- Saremo in due per questoil giorno in cui tutto sarà perduto.

Lorenza prese la rude mano di Michu e gliela strinse fortemente all'inglese. Michu cavò l'orologioera mezzanotte.

- Usciamo a qualunque costo - disse Michu. - Guai al gendarme che vorrà sbarrarmi il passaggio. E voinon vi sia per comandosignora contessatornate a briglia sciolta a Cinq-Cygnevi sonocercate di tenerli a bada.

Sbarazzata l'uscitaMichu non sentì più nulla; si gettò coll'orecchio a terrae si rialzo precipitosamente: Sono sull'orlo della foresta verso Troyes! - disse - glie la farò in barba!

Aiutò la contessa a usciree rimise a posto il mucchio di pietre.

Quando ebbe finitosi sentì chiamare dalla dolce voce di Lorenzache volle vederlo a cavallo prima di risalire sul suo. L'uomo rude aveva le lacrime agli occhi mentre scambiava un'ultima occhiata con la sua padroncina cheleiaveva gli occhi asciutti.

"Teniamoli a badaha ragione!" si disse quando non sentì più nulla. E si slanciò al gran galoppo verso Cinq-Cygne.

Al sentir minacciati di morte i suoi figlila signora d'Hauteserreche non credeva finita la Rivoluzione e conosceva la giustizia sommaria di quei tempiriprese sensi e forze per la violenza stessa del dolore che glieli aveva fatti perdere.

Ricondottavi da un'orribile curiositàdiscese in salotto il cui aspetto offriva allora un quadro veramente degno del pennello d'un pittore. Sempre seduto alla tavola di giocoil curato giocherellava macchinalmente coi gettoniosservando alla sfuggita Peyrade e Corentin cheritti all'uno degli angoli del caminettoparlavano tra loro a voce bassa. Più volte lo sguardo penetrante di Corentin incontrò lo sguardo non meno penetrante del curato; macome due avversari che si sentono egualmente forti e che tornano in guardia dopo aver incrociate le spadel'uno e l'altro guardavano presto altrove. Il bravuomo d'Hauteserrepiantato come un airone sulle gamberestava a fianco del grossograssoalto e avaro Goulardnell'atteggiamento che gli aveva dato lo stupore.

Benché vestito da borgheseil sindaco aveva sempre l'aria d'un domestico. Tutti e due guardavano con una sguardo ebete i gendarmi tra cui continuava a piangere Gothardle cui mani erano state così vigorosamente legate che erano violacee e gonfie. Caterina non abbandonava il suo atteggiamento pieno di semplicità e ingenuitàma impenetrabile. Il brigadiere chesecondo Corentinaveva fatta la sciocchezza d'arrestare i due ragazzinon sapeva più se doveva andarsene o restare. Stava tutto pensieroso in mezzo al salottocon la mano appoggiata sull'impugnatura della sciabolae con l'occhio sui due Parigini. I Durieustupefattie tutta la servitù del castello formavano un gruppo ammirevole d'inquietudine. Senza il pianto convulso di Gothardsi sarebbe sentito volare una mosca.

Quando la madrespaventata e pallidaaprì la porta e apparve quasi tirata dalla signorina Goujeti cui occhi rossi avevano piantotutte le facce si voltarono verso le due donne. I due agenti speravano e gli abitanti del castello temevano di veder entrare Lorenza. Il movimento spontaneo dei servi e dei padroni parve prodotto come da uno di quei meccanismi che fanno compiere a figure di legno un solo e unico gesto o una strizzatina d'occhi.

La signora d'Hauteserre fece tre lunghi passi precipitosi verso Corentine gli disse con voce interrotta ma violenta:

- Per pietàsignoredi che sono accusati i miei figli? E credete che siano venuti qui?

Il curatoche al vedere la vecchia signorapareva si fosse detto: "Farà qualche sciocchezza!" abbassò gli occhi.

- Il mio dovere e la missione che compio qui mi proibiscono di dirvelo - rispose Corentin con aria amabile e canzonatrice.

Il rifiutoche la detestabile cortesia di quel vagheggino rendeva ancora più implacabilefece rimanere di sasso la vecchia madre che cadde sopra un seggiolone accanto all'abate Goujetgiunse le mani e fece un voto.

- Dove avete arrestato questo piagnucolone? chiese Corentin al brigadiere designando il piccolo scudiero di Lorenza.

- Nella strada che conduce alla fattorialungo i muri del parcoil bricconcello stava per raggiungere il bosco dei Closeaux.

- E la ragazza?

- Quella? è stato Oliviero ad acchiapparla.

- Dove andava?

- Verso Gondreville.

- Si volgevano le spalle? - disse Corentin.

- Si - rispose il gendarme.

- Non sono il servitorello e la cameriera della cittadina Cinq- Cygne? - disse Corentin al sindaco. - Si-rispose questi.

Dopo aver scambiato qualche parola in segreto con CorentinPeyrade uscì conducendo con sé il brigadiere.

In quel momento il brigadiere di Arcis entròsi accostò a Corentin e gli disse sottovoce: - Conosco bene la localitàho cercato dappertutto nelle stanze della servitù; a meno che non siano sottoterranon c'è nessuno. In questo momento picchiano sui pianciti e sulle pareti coi calci dei fucili.

Peyrade che rientrava fece cenno a Corentin di andar con luie lo condusse a vedere la breccia del fossato segnalandogli il sentiero incassato che vi corrispondeva.

- Abbiamo indovinato la manovra - disse Peyrade.

- E io ve la dirò - replicò Corentin. - Il bricconcello e la ragazza hanno attirato quegli imbecilli di gendarmi per assicurare l'uscita alla selvaggina.

- La verità la sapremo solo quando sarà giorno riprese Peyrade. - Il sentiero è umidol'ho fatto sbarrare ai due capi da due gendarmi; quando ci si vedràriconosceremodall'impronta dei piedichi sono quelli che sono passati di lì.

- Ecco le tracce d'uno zoccolo di cavallo - disse Corentin - andiamo alle scuderie.

- Quanti cavalli ci sono qui? - domandò Peyrade al signor d'Hauteserre e a Goulard rientrando in salotto con Corentin.

- Susignor sindacovoi lo sapeterispondete? gli gridò Corentin vedendo che il funzionario esitava a rispondere.

- Ma c'è la giumenta della contessail cavallo di Gothard e quello del signor d'Hauteserre.

- Noi ne abbiamo visto solo uno in scuderia - disse Peyrade - La signorina è uscita a cavallo - disse Durieu.

- Esce spesso di nottela vostra pupilla? - disse il libertino Peyrade al signor d'Hauteserre.

- Spessissimo - rispose con semplicità il bravuomo- il signor Sindaco può dirvelo.

- Tutti sanno che ha dei capricci - rispose Caterina. - Stasera guardava il cielo prima d'andare a lettoe io credo che le vostre baionette che brillavano lontano l'abbiano incuriosita. Ha voluto saperemi ha detto quando è uscitase si trattava d'un'altra rivoluzione.

- Quand'è uscita? - domandò Peyrade.

- Quando ha visto i vostri fucili.

- E dov'è andata?

- Non lo so.

- E l'altro cavallo? - domandò Corentin.

- I geeen ...daaarmi me me me ...me l'hanno ...hanno preeeso - disse Gothard.

- E dove andavi tu? - gli disse uno dei gendarmi.

- Seegui... vo... la mia pa... pa... drona alla fattoria.

Il gendarme alzò la testa verso Corentin aspettando un ordinema quel linguaggio era insieme così falso e così verocosi profondamente innocente e così abileche i due Parigini si guardarono l'un l'altro come per ripetersi la frase di Peyrade:

"Non sono mica grulli!".

Il gentiluomo pareva non avesse abbastanza intelligenza da capire un epigramma. Il sindaco era stupido. La madreimbecille per maternitàfaceva agli agenti domande d'una innocenza stupida.

Tutti i servi erano stati realmente sorpresi durante il sonno. In presenza di tali piccoli fattie giudicando quei diversi caratteriCorentin capì subito che il suo solo avversario era la signorina di Cinq-Cygne. Per abile che siala Polizia ha innumerevoli svantaggi. Non soltanto è costretta ad apprendere tutto quello che il cospiratore sama deve anche supporre mille cose prima di giungere alla vera. Il cospiratore pensa continuamente alla propria sicurezzamentre la Polizia non è sveglia che in certi momenti. Senza i tradimentinon ci sarebbe niente di più facile che cospirare. Un cospiratore ha più intelligenza lui solo che la Polizia coi suoi immensi mezzi d'azione. Sentendosi arrestati moralmente come lo sarebbero stati fisicamente da una porta che avessero creduto di trovare apertache avessero scassinata e dietro cui vi fossero stati degli uomini a far forza senza parlareCorentin e Peyrade vedevano indovinato e reso vano il loro piano senza sapere da chi.

- Affermo - venne a dire loro all'orecchio il brigadiere d'Arcis - che se i due signori di Simeuse e d'Hauteserre hanno passato la notte quidevono aver dormito nei letti del padredella madredella signorina di Cinq-Cygnedella servadei domestici o hanno passeggiato nel parcoperché non c'è la minima traccia del loro passaggio.

- Ma chi ha potuto prevenirli? - disse Corentin a Peyrade. - Solo il Primo ConsoleFouchéi ministriil prefetto di polizia e Malin sanno qualcosa.

- Lasceremo delle pecore in paese - disse Peyrade all'orecchio di Corentin.

- Tanto più che siamo in Champagne - replicò il curato che non poté fare a meno di sorridere nel sentire la parola pecore e che indovinò tutto da quella sola parola sorpresa.

"Dio mio!" pensò Corentin che rispose al curato con un altro sorrisoc'è un solo uomo intelligente qui, posso intendermi solo con lui, farò degli approcci.

- Signori... - disse il sindaco che voleva pur dare una prova di devozione al Primo Console e che si rivolgeva ai due agenti.

- Dite cittadinila Repubblica esiste ancora ribatté Corentin guardando il curato con aria di canzonatura.

- Cittadini - riprese il sindaco - nel momento in cui sono entrato in questo salotto e prima che avessi aperto boccaCaterina vi si è precipitata per prendere il frustinoi guanti e il cappello della padrona.

Un sordo mormorio d'orrore uscì dal fondo di tutti i pettieccettuato quello di Gothard. Tutti gli occhimeno quelli dei gendarmi e degli agentiminacciarono Goulardil denunciatoregettandogli fiamme.

- Benecittadino sindaco - gli disse Peyrade. Ora ci vediamo chiaro. La cittadina Cinq-Cygne è stata avvisata in tempo- aggiunse guardando con visibile diffidenza Corentin.

- Brigadieremettete le manette al ragazzo - disse Corentin al gendarme - e portatelo in una stanza separata. Chiudete anche la ragazzina - aggiunse indicando Caterina. - Tu va a presiedere alla perquisizione delle carte - riprese rivolgendosi a Peyrade a cui parlò all'orecchio. - Fruga dappertuttonon aver riguardo a niente. - Signor Abate - disse confidenzialmente al curato - ho importanti comunicazioni da farvi. - E lo condusse in giardino.

- Ascoltatesignor abatevoi mi parete avere tutto l'ingegno d'un vescovoe (nessuno ci ascolta) mi capite; io non posso più sperare che in voi per salvare due famiglie cheper stupidagginestanno per cadere in un abisso da cui non potranno tirarsi fuori.

I signori di Simeuse e d'Hauteserre sono stati traditi da una di quelle infami spie che i governi introducono in tutte le cospirazioni per conoscerne gli scopii mezzi e le persone. Non mi confondete col miserabile che m'accompagnaè della Polizia; ma ioho un impiego onorevole nel gabinetto consolare e ne conosco le ultime decisioni. Non si desidera la morte dei signori di Simeuse; Malin vorrebbe vederli fucilarema il Primo Consolese essi sono quivuol fermarli sull'orlo dell'abisso perché ama i buoni militari. L'agente che m'accompagna ha tutti i poteriio non son nulla in apparenzama io so dov'è il complotto. L'agente è d'accordo con Malinche senza dubbio gli ha promesso la sua protezioneun posto e forse danarose riesce a trovare i due Simeuse e a consegnarli. Il Primo Consoleche è davvero un grand'uomonon favorisce i pensieri di cupidigia. Non voglio sapere se i due giovanotti sono qui - disse scorgendo un gesto del curato - ma possono esser salvati in un solo modo. Voi conoscete la legge del 6 floreale anno decimoche contiene l'amnistia degli emigrati che sono ancora all'esteroa condizione che tornino in Francia prima del primo vendemmiaio dell'anno undicesimovale a dire in settembre dell'anno scorsoma i signori di Simeusecome i signori d'Hauteserrehanno avuto posti di comando nell'esercito di Condée perciò cadono nelle eccezioni previste da quella legge; la loro presenza in Francia è perciò un delitto e bastanelle circostanze in cui ci troviamoper farli apparire complici di un orribile complotto. Il Primo Console ha sentito il vizio di queste eccezioni che fanno dei nemici irreconciliabili al suo governo; vorrebbe far sapere ai signori di Simeuse che non sarà fatto nulla contro di loro se gli rivolgono una petizione in cui gli diranno che tornano in Francia con l'intenzione di sottomettersi alle leggipromettendo di prestare giuramento alla Costituzione. Capite bene che questo documento si deve trovare in mano sua prima che vengano arrestati e portare una data antecedente di qualche giornoe posso portarlo io. Non vi chiedo dove sono i giovanotti - disse vedendo il curato fare un nuovo gesto di diniego - disgraziatamente siamo sicuri di trovarlila foresta è sorvegliatale entrate di Parigi e la frontiera pure.

Ascoltatemi bene! se questi signori sono tra la foresta e Parigisaranno presi; se sono a Parigili troveranno; se tornano indietroi disgraziati saranno arrestati. Il Primo Console ama gli antichi nobili e non può soffrire i Repubblicanie questo si spiega: se vuole un tronodeve uccidere la Libertà. Che questo segreto resti tra noi. Cosìvedete! Aspetterò fino a domanisarò cieco: ma guardatevi dall'agente; quel maledetto provenzale ha fatto un patto col diavoloè nel segreto di Fouchécome io sono in quello del Primo Console.

- Se i signori di Simeuse sono qui - disse il curato - darei dieci pinte del mio sangue e un braccio per salvarli; ma se la signorina di Cinq-Cygne è la loro confidentenon ha commessolo giuro per la mia salute eternala minima indiscrezione e non m'ha fatto l'onore di consultarmi. Sono in questo momento contentissimo della sua discrezionese tuttavia si può parlare di discrezione.

Abbiamo giocato ieri seracome tutti i giornial "boston"nel più profondo silenziofino alle dieci e mezzae non abbiamo né visto né sentito niente. Non passa un bambino in questa valle solitaria senza che tutti lo vedano e lo sappianoe da quindici giorni non c'è capitata nessuna persona estranea. Orai signori di Simeuse e d'Hauteserre formano loro quattro soltanto una specie di truppa. Il bravuomo e sua moglie si sono sottomessi al Governoe hanno fatto tutti gli sforzi immaginabili per ricondurre i loro figli presso di loro; hanno scritto loro ancora l'altro ieri.

Perciòsull'anima mia e sulla mia coscienzac'è voluta la vostra irruzione qui per scuotere la ferma persuasione che ho che si trovano in Germania. Detto tra noisoltanto la contessina qui non rende giustizia alle eminenti qualità del signor Primo Console.

"Volpone!" pensò Corentin. - Se quei giovanotti vengono fucilatilo avrete voluto voialtri! - rispose ad alta voce - io me ne lavo ora le mani.

Aveva condotto l'abate Goujet in un luogo fortemente illuminato dalla lunae lo guardò bruscamente dicendo tali parole. Il prete era grandemente afflittoma come un uomo sorpreso e completamente all'oscuro.

- Ma cercate di capiresignor abate - riprese Corentin - che i loro diritti sulla terra di Gondreville li rendono doppiamente colpevoli agli occhi delle persone di secondo piano! Insommavorrei che avessero da fare con Dio e non coi santi.

- C'è dunque un complotto? - domandò ingenuamente il curato.

- Ignobileodiosovilee così contrario allo spirito generale della Nazione - riprese Corentin - che sarà oggetto d'un obbrobrio generale.

- La signorina di Cinq-Cygne è incapace di una vigliaccheria! - esclamò il curato.

- Guardatesignor abate - riprese Corentin - ci sono per noi (resti anche questo tra noi) prove evidenti della sua complicità; ma non ce ne sono ancora abbastanza per la giustizia. La contessina è fuggita al nostro avvicinarci... Eppure vi avevo mandato il sindaco...

- Sìma per uno che tiene tanto a salvarlivenivate un po' troppo immediatamente dietro al sindaco - disse l'abate.

A questa parolai due uomini si guardaronoe tutto fu detto tra loro; appartenevano l'uno e l'altro a quei profondi anatomisti del pensiero a cui basta una semplice inflessione di voceuno sguardouna parola per indovinare un'animaallo stesso modo che l'uomo selvaggio indovina un nemico a indizi invisibili per l'occhio d'un Europeo.

"Ho creduto di saper qualcosa da luie mi sono scoperto" pensò Corentin.

"Che briccone!" disse fra sé il curato.

Mezzanotte suonava al vecchio orologio della chiesa nel momento in cui Corentin e il curato rientrarono nel salotto. Si sentiva aprire e chiudere le porte delle stanze e degli armadi. I gendarmi disfacevano i letti. Peyradecon la pronta intelligenza della spiafrugava e sondava tutto. Quel saccheggio eccitava insieme il terrore e l'indignazione dei fedeli servitorisempre immobili e in piedi. Il signor d'Hauteserre scambiava con la moglie e con la signorina Goujet sguardi di compassione. Un'orribile curiosità teneva tutti desti. Peyrade discese e venne in salotto tenendo in mano una cassetta in legno di sandalo scolpitoche doveva un tempo essere stato riportato dalla Cina dall'ammiraglio di Simeuse. La graziosa scatola era piatta e aveva le dimensioni d'un volume in quarto.

Peyrade fece un cenno a Corentine lo condusse nel vano d'una finestra: - Ci sono! - gli disse. - Quel Michuche poteva pagare ottocentomila franchi in oro Gondreville a Marione che voleva poco fa uccidere Malindev'essere l'uomo dei Simeuse; l'interesse che gli ha fatto minacciare Marion deve essere lo stesso che gli ha fatto prendere di mira Malin. M'è parso capace di avere delle ideene ha avuta una solaè informato della cosae sarà venuto ad avvertirli qui.

- Malin avrà parlato della cospirazione col suo amico notaio - disse Corentin continuando le induzioni del suo collega - e Michuche si trovava imboscatolo avrà senza dubbio sentito parlare dei Simeuse. Infattise ha rimandato il suo colpo di carabinalo avrà fatto per prevenire una disgrazia che gli sarà sembrata più grande della perdita di Gondreville.

- Ci aveva subito riconosciuti per quel che siamo disse Peyrade. - Perciòsul momentol'intelligenza di quel contadino m'è parsa quasi miracolosa.

- Oh! questo prova che egli stava in guardia rispose Corentin. - Madopo tuttoragazzo mionon ci facciamo illusioni: il tradimento puzza moltoe la gente primitiva lo sente da lontano.

- Questo ci rende più forti - disse il Provenzale.

- Fate venire il brigadiere di Arcis - gridò Corentin a uno dei gendarmi. - Mandiamo al suo padiglione disse a Peyrade.

- Violettail nostro informatorec'è già - disse il Provenzale.

- Siamo partiti senza averne avuto notizie - disse Corentin. - Avremmo dovuto portar con noi Sabatier. In due siamo pochi.

Brigadiere - disse vedendo entrare il gendarme e chiudendolo tra Peyrade e lui - non ve la fate fare in barba come poco fa il brigadiere di Troyes. Michu ci pare che c'entri parecchio nella cosa; andate al suo padiglioneabbiate l'occhio a tuttoe rendetecene conto.

- Uno dei miei uomini ha sentito dei cavalli nella foresta nel momento in cui venivano arrestati i due giovani domesticie io ho messo quattro giovanotti in gamba alle calcagna di chi volesse nascondervisi - rispose il gendarme.

Uscìe il rumore del galoppo del suo cavallorimbombò sul piazzale e diminuì rapidamente.

"Via! essi vanno verso Parigi o tornano indietro verso la Germania" si disse Corentin. Sedettetirò dalla tasca del suo spencer un taccuinoscrisse a lapis due ordinili suggellò e fece cenno a uno dei gendarmi di avvicinarsi: - A tutto galoppo a Troyessvegliate il prefettoe ditegli di approfittare delle prime luci del sole per telegrafare.

Il gendarme partì a gran galoppo. Il senso di quel movimento e l'intenzione di Corentin erano così chiari che tutti gli abitanti del castello ne ebbero il cuore stretto; ma questa nuova inquietudine fu in qualche modo un colpo di più nel loro martirioperché in quel momento avevano gli occhi sulla preziosa cassetta.

Pur parlandoi due agenti spiavano il linguaggio di quelle occhiate di fiamma. Una specie di rabbia fredda commuoveva i cuori insensibili di quei due esseri che assaporavano il terrore generale. L'uomo di polizia ha tutte le emozioni del cacciatore; ma facendo agire le forze del corpo e dell'intelligenzalà dove l'uno cerca di uccidere una lepreuna pernice o un caprioloper l'altro si tratta di salvare lo Stato o il principedi guadagnare una larga gratificazione. Perciò la caccia all'uomo è superiore all'altra caccia di quanto distano gli uomini dagli animali.

D'altra partela spia ha bisogno di elevare la sua parte a tutta la grandezza e l'importanza degli interessi ai quali si vota.

Senza aver nulla a che fare con tale mestiereognuno può dunque comprendere che l'anima vi impiega altrettanta passione quanta il cacciatore ne mette a inseguire la selvaggina. Cosìpiù avanzavano verso la lucepiù quei due uomini divenivano ardenti; ma il loro contegnoi loro occhi restavano calmi e freddiallo stesso modo che i loro sospettile loro ideeil loro piano restavano impenetrabili. Maper chi avesse seguito gli effetti del fiuto morale di quei due segugi sulle tracce dei fatti sconosciuti e nascostiper chi avesse compreso i movimenti d'agilità canina che li portavano a trovare la verità per mezzo del rapido esame delle probabilitàc'era di che rabbrividire!

Come e perché quegli uomini di genio si trovavano così in basso quando avrebbero potuto essere così in alto? Quale imperfezionequal vizioquale passione li degradava così? Si è forse uomo di polizia come si è pensatorescrittoreuomo di Statopittoregenerale: a condizione cioè di non saper fare altro che spiarecome gli altri non fanno altro che parlarescrivereamministraredipingere o combattere? Gli abitanti del castello avevano in cuore un solo e stesso voto: il fulmine non cadrà su questi infami? Avevano tutti sete di vendetta. Perciòsenza la presenza dei gendarmivi sarebbe stata una rivolta.

- Nessuno ha la chiave dello scrignetto? - domandò il cinico Peyrade interrogando l'assemblea tanto col movimento del suo nasone rosso che con le parole.

Il Provenzale notònon senza un senso di paurache non c'era più nessun gendarme. Corentin e lui si trovavano soli. Corentin trasse di tasca un piccolo pugnale e si accinse a introdurlo nella spaccatura della scatola. In quel momento si sentì prima sul sentieropoi sul selciato del piazzaleil rumore orribile d'un galoppo disperato; ma quel che fece maggiore spavento fu la caduta e il sospiro del cavallo che s'abbatté di colpo ai piedi della torretta di mezzo. Una commozione simile a quella che produce un fulmine scosse tutti gli spettatoriquando si vide Lorenza che era stata annunciata dal fruscio dell'amazzone; i servi s'erano subito allineati per lasciarle il passo. Nonostante la rapidità della corsaaveva risentito il dolore che doveva darle la scoperta della cospirazione: tutte le sue speranze erano crollate!

Aveva galoppato tra rovine pensando alla necessità di sottomettersi al governo consolare. Perciòsenza il pericolo che correvano i quattro gentiluomini e che fu il topico che vinse la sua stanchezzasarebbe caduta addormentata. Aveva quasi ammazzato la sua giumenta per venire a frapporsi tra la morte e i suoi cugini. Scorgendo l'eroica ragazzapallidacoi lineamenti contratticol velo da una parteil frustino in manosulla soglia da cui il suo sguardo di fuoco abbracciò tutta la scena e la capì a fondoognuno capìal movimento impercettibile che mosse la faccia acida e torbida di Corentinche i due veri avversari si trovavano di fronte. Un terribile duello stava per cominciare. Vedendo la cassetta tra le mani di Corentinla contessina alzò il frustinosi slanciò su di lui con tanta prestezzae gli diede sulle mani un colpo così violentoche la cassetta cadde a terra; Lorenza la presela gettò in mezzo alla brace e si mise innanzi al caminetto in atteggiamento minacciosoprima che i due agenti si fossero riavuti dalla sorpresa. Il disprezzo le fiammeggiava negli occhila fronte pallida e le labbra sdegnose insultavano quegli uomini più del gesto aristocratico con cui aveva trattato Corentin da bestia velenosa.

Il bravuomo d'Hauteserre si sentì cavalieretutto il sangue gli affluì alla facciae rimpianse di non avere una spada. I servitori trasalirono prima di gioia. La vendetta tanto invocata aveva fulminato uno di quegli uomini. Ma la loro felicità fu loro ricacciata in fondo all'anima da una terribile paura: sentivano i gendarmi che andavano e venivano nelle soffitte. La "spia"sostantivo energico nel quale si confondono tutte le sfumature che distinguono gli uomini della poliziagiacché il pubblico non ha mai voluto specificare nella sua lingua i diversi caratteri di quelli che s'occupano di questa farmacia necessaria a tutti i governila spia dunque ha questo di magnifico e di curiosoche non s'arrabbia maiha l'umiltà cristiana del preteha gli occhi abituati al disprezzo e lo oppone da parte sua come una barriera alla folla degli sciocchi che non lo comprendono; ha la fronte di bronzo per le ingiurieprocede verso la sua mèta come un animale il cui guscio solido non è vulnerabile che dai cannoni; ma anchecome gli animalis'infuria tanto più quando è colpito in quanto aveva creduto la sua corazza impenetrabile. Il colpo di frustino da parte di quella sublime e nobile giovinettaquel movimento pieno di disgusto lo umiliònon soltanto agli occhi di quel piccolo mondoma anche ai suoi propri occhi. Peyradeil Provenzalesi slanciò verso il focolarericevette una pedata da Lorenza; ma le prese il piedeglielo alzò e la costrinseper pudorea rovesciarsi sulla poltrona dove poco fa aveva dormito.

Fu il burlesco in mezzo al terrorecontrasto frequente delle cose umane. Peyrade si scottò la mano per impadronirsi della cassetta che bruciava ma l'ebbela posò per terra e vi sedette sopra.

Questi piccoli avvenimenti si svolsero con rapiditàsenza una parola. Corentinriavutosi dal dolore causatogli dal colpo di frustinotenne ferma la signorina di Cinq-Cygne prendendole le mani.

- Non m'obbligatebella cittadinaa impiegar la forza contro di voi - disse con la sua insultante cortesia.

L'azione di Peyrade ebbe per risultato di spegnere la cassetta con una compressione che soppresse l'aria.

- Gendarmi a noi - gridò restando nella sua bizzarra posizione.

- Promettete di esser brava? - disse insolentemente Corentin a Lorenza raccogliendo il pugnale e senza commettere l'errore di minacciarla con esso.

- I segreti di questa cassetta non riguardano il Governo - rispose Lorenza con un misto di malinconia nella sua aria e nel suo accento. - Quando avrete letto le lettere che ci sonovi vergogneretenonostante la vostra infamiadi averle lette; ma vi vergognate ancora di qualcosa voialtri? - domandò dopo una pausa.

Il curato diede a Lorenza un'occhiata come per dirle: "Calmateviin nome di Dio!".

Peyrade si alzò. Il fondo della cassettache era stato a contatto coi carboni ardenti ed era quasi interamente bruciatolasciò sul tappeto un'impronta bruciacchiata. Il coperchio della cassetta era già carbonizzatoi lati cederono. Quel grottesco Scevolache aveva allora allora offerto al dio della Poliziala Paurail fondo dei suoi calzoni color albicoccaaprì i due lati della scatola come se fosse un libroe fece scivolare sul tappeto della tavola da gioco tre lettere e due ciocche di capelli. Stava per sorridere guardando Corentinquando s'accorse che i capelli erano di due bianchi differenti. Corentin lasciò la signorina di Cinq- Cygne per venire a leggere la lettera da cui i capelli erano caduti.

Anche Lorenza si alzòsi mise accanto alle due spie e disse:

- Oh! leggete ad alta vocesarà la vostra punizione.

Siccome leggevano soltanto con gli occhilesse lei stessa la lettera seguente:

"Cara LorenzaAbbiamo saputomio marito e iodella vostra bella condotta nella triste giornata del nostro arresto. Sappiamo che volete bene ai nostri due gemelli adorati quanto noi stessi ne vogliamo loro; perciò incarichiamo voi d'un deposito prezioso e insieme triste per loro. Il signor esecutore ci ha tagliato or ora i capelliperché moriremo fra qualche istantee ci ha promesso di farvi pervenire i soli due ricordi che ci sia possibile lasciare ai nostri amati orfani. Consegnate loro questi resti di noili darete loro in tempi migliori. Abbiamo deposto su di essi un ultimo bacio e la nostra benedizione. Il nostro ultimo pensiero sarà per i nostri figli prima e poi per voialla fine per Dio!

Vogliate loro molto bene.

Berta di Cinq-Cygne.

Giovanni di Simeuse".

A tutti vennero le lacrime agli occhi alla lettura di quella lettera.

Lorenza disse ai due agenticon voce fermae dando loro un'occhiata da impietrirli: - Siete meno pietosi del signor esecutore.

Corentin rimise tranquillamente i capelli nella letterae posò la lettera da una parte sulla tavola collocandovi sopra il cestino dei gettoni perché non volasse via. Quella freddezza in mezzo alla commozione generale era spaventosa. Peyrade apriva le altre due lettere.

- Oh! quanto a queste - riprese Lorenza - sono presso a poco simili.

Avete udito il testamentoeccone ora l'esecuzione. D'ora innanzi il mio cuore non avrà più segreti per nessunoecco tutto.

1794Andernachprima della battaglia.

"Mia cara Lorenzavi amo per tutta la vita e voglio che ne siate persuasa; manel caso in cui dovessi moriresappiate che mio fratello Paolo-Maria vi ama quanto me. La mia sola consolazione morendo sarà di esser certo che sposerete un giorno mio fratellosenza vedermi deperire per gelosia come certamente accadrebbe sevivendo tutti e duevoi lo preferiste a me. Dopo tutto sarebbe una preferenza molto naturaleperché vale più di meeccetera.

Maria-Paolo".

- Ecco l'altra - riprese con un incantevole rossore.

Andernachprima della battaglia.

"Mia buona Lorenzaio sono un po' triste; ma Maria-Paolo ha nel suo carattere troppa gaiezza per non piacervi molto più di me. Un giorno dovrete scegliere tra noi dueebbene! benché vi ami con una passione..." - Voi dunque eravate in corrispondenza con emigratidisse Peyrade interrompendo Lorenza e mettendo per precauzione le lettere tra lui e la luce per verificare se non contenevano tra le linee una scrittura in inchiostro simpatico.

- Sì - disse Lorenza ripiegando le preziose lettere la cui carta era ingiallita. - Ma in virtù di qual diritto violate così il mio domiciliola mia libertà personale e tutti gli affetti domestici?

- Ah! già - disse Peyrade. - Con qual diritto? dobbiamo dirvelobella aristocratica - riprese tirando fuori di tasca un ordine del ministro della Giustiziacontrassegnato dal ministro dell'Interno. - Tenetecittadinai ministri si sono immaginato questo...

- Potremmo chiedervi - le disse Corentin all'orecchio - con quale diritto alloggiate in casa vostra gli assassini del Primo Console?

Voi m'avete dato sulle dita un colpo di frustino che mi autorizzerebbe a dare un giorno o l'altro una mano per spacciare i vostri cuginiio che venivo per salvarli.

Al solo movimento delle labbra e allo sguardo che Lorenza diede a Corentinil curato capì quel che diceva quel grande artista sconosciutoe fece alla contessa un cenno di diffidare che fu visto solo da Goulard. Peyrade dava dei colpettini al coperchio della scatola per accertarsi che non fosse composto di due pezzi che avessero tra loro un vuoto.

- Oh! Mio Dio - disse Lorenza a Peyrade strappandogliela di mano- non lo rompeteguardate.

Prese uno spillospinse la testa d'una figurinale due tavolette si separaronoe quella che era vuota mostrò le due miniature dei signori di Simeuse in uniforme dell'esercito di Condédue ritratti su avorio fatti in Germania. Corentinche si trovava di fronte un avversario degno di tutta la sua colleraattirò con un gesto in un angolo Peyrade e confabulò segretamente con lui.

- E voi li gettavate al fuoco - disse l'abate Goujet a Lorenza indicandole con lo sguardo la lettera della marchesa e i capelli.

Per tutta rispostala giovinetta alzò significativamente le spalle. Il curato comprese che essa sacrificava tutto per tenere a bada le spie e guadagnar tempoe alzò gli occhi al cielo con un gesto d'ammirazione.

- Ma dov'è stato arrestato Gothardche sento piangere? - gli disse Lorenza a voce abbastanza alta da essere sentita.

- Non lo so - rispose il curato.

- Era andato alla fattoria?

- La fattoria! - disse Peyrade a Corentin.

- No - riprese Corentin - questa ragazza non avrebbe affidato la salvezza dei cugini a un fattore. Ci tiene a bada. Fate quel che vi dicoin modo chedopo aver commesso l'errore di venire quine riportiamo almeno qualche schiarimento.

Corentin andò a mettersi davanti al caminettorialzò le falde puntute del suo abito per riscaldarsie prese l'ariail tonoi modi d'un uomo in visita.

- Signorepotete andare a letto e la vostra servitù pure. Signor sindacoi vostri servigi ci sono ora inutili. La severità dei nostri ordini non ci permetteva di agire diversamente da quello che abbiamo fatto; maquando tutti i muri che mi sembrano molto spessi saranno stati esaminatice ne andremo anche noi.

Il sindaco salutò la compagnia e uscì. Né il curatoné la signorina Goujet si mossero. I servi erano troppo inquieti per non voler conoscere la sorte della loro padroncina. La signora d'Hauteserre che dall'arrivo di Lorenzala studiava con la curiosità d'una madre disperatasi alzòla prese per un bracciola condusse in un angolo e le disse a voce bassa:

- Li avete visti?

- Come avrei potuto lasciar venire i vostri figli sotto questo tetto senza che lo sapeste? - rispose Lorenza. Durieu - disse - vedete se è possibile salvare la mia povera Stella che respira ancora.

- Ha fatto molta strada - disse Corentin.

- Quindici leghe in tre ore - rispose al curato che la contemplava stupefatto. - Sono uscita alle nove e mezzae sono tornata all'una passata.

Guardò l'orologio a pendolo che segnava le due e mezza.

- Così - riprese Corentin - non negate d'aver fatto una corsa di quindici leghe.

- No - disse Lorenza. - Confesso che i miei cugini e i signori d'Hauteserrenella loro perfetta innocenzacontavano di chiedere di non venire eccettuati dall'amnistiae tornavano a Cinq-Cygne.

Perciòquando ho avuto luogo di credere che il signor Malin voleva avvolgerli in qualche tradimentosono andata ad avvisarli di tornare in Germania dove saranno prima che il telegrafo di Troyes li abbia segnalati alla frontiera. Se ho commesso un delittone sarò punita.

Questa rispostaprofondamente meditata da Lorenzae così verosimile in tutte le sue partiscosse le convinzioni di Corentinche la contessina osservava con la coda dell'occhio. In quel momento così decisivoe quando tutti gli animi erano in qualche modo sospesi a quei due voltie tutti gli sguardi andavano da Corentin a Lorenza e da Lorenza a Corentinil rumore d'un cavallo al galoppo che veniva dalla foresta risuonò sulla stradae per il cancello sul selciato del piazzale. Una terribile ansietà si dipinse su tutti i volti.

Peyrade entrò con gli occhi brillantiandò in fretta al suo collega e gli disse a voce abbastanza alta perché la contessa lo sentisse:

- Abbiamo preso Michu.

Lorenzaa cui l'angosciala stanchezza e la tensione di tutte le sue facoltà intellettuali davano un color di rosa alle guanceriprese il suo pallore e cadde quasi svenutafulminatasopra un seggiolone. La Durieula signorina Goujet e la signora d'Hauteserre si slanciarono presso di leiche soffocava; con un gesto Lorenza indicò che tagliassero gli alamari dell'amazzone.

- C'è cascataquelli vanno a Parigi - disse Corentin a Peyrade - cambiamo gli ordini.

Uscirono lasciando un gendarme alla porta del salotto. L'astuzia infernale dei due uomini aveva riportato un terribile vantaggio prendendo Lorenza nella trappola d'una delle loro astuzie abituali.

Alle sei del mattinoappena giornoi due agenti tornarono. Dopo aver esplorato il sentiero incassatos'erano assicurati che i cavalli vi erano passati per andare nella foresta. Aspettavano i rapporti del capitano della gendarmeria incaricato di esplorare il paese. Lasciando il castello accerchiato sotto la sorveglianza d'un brigadiereandarono a far colazione da un oste di Cinq- Cygnema dopo aver dato l'ordine di mettere in libertà Gothard che non aveva smesso di rispondere a tutte le domande con torrenti di lacrimee Caterina che restava nella sua silenziosa immobilità. Caterina e Gothard entrarono nel salottoe baciarono le mani di Lorenza che stava distesa sulla poltrona.

Durieu venne a dire che Stella non sarebbe mortama che aveva bisogno di molte cure.

Il sindacoinquieto e curiosoincontrò Peyrade e Corentin nel villaggio. Non volle permettere che impiegati superiori facessero colazione in una meschina osteriae li condusse a casa sua. La badia era a un quarto di lega. CamminandoPeyrade osservò che il brigadiere d'Arcis non aveva fatto pervenire nessuna notizia di Michu né di Violetta.

- Abbiamo da fare con persone di qualità - disse Corentin - sono più forti di noi. Il prete c'entra certamente.

Nel momento in cui la signora Goulard faceva entrare i due impiegati in una vasta sala da pranzosenza fuocoarrivò il tenente della gendarmeriacoll'aria alquanto spaventata.

- Abbiamo incontrato il cavallo del brigadiere nella foresta di Arcissenza il padrone - disse a Peyrade.

- Tenente - gridò Corentin - correte al padiglione di Michu e vedete cosa ci accade! Avranno ucciso il brigadiere.

Questa notizia nocque alla colazione del sindaco. I Parigini mandarono giù tutto con una rapidità di cacciatori che mangiano in una fermatae tornarono al castello nel carrozzino di vimini tirato dal cavallo di postaper potersi portare rapidamente in tutti i punti dove la loro presenza sarebbe stata necessaria.

Quando i due uomini ricomparvero nel salottoin cui avevano gettato il turbamentolo spaventoil dolore e le più crudeli ansietàvi trovarono Lorenza in veste da camerail gentiluomo e la mogliel'abate Goujet e la sorella raggruppati intorno al fuocotranquilli in apparenza.

"Se avessero preso Michulo avrebbero portato qui"s'era detto Lorenza. Mi dispiace di non essere stata padrona di me stessad'aver dato qualche lume ai sospetti di quegli infami; ma tutto può esser riparato".

- Saremo ancora per molto vostri prigionieri? chiese ai due agenti con aria canzonatrice e disinvolta.

"Come può sapere qualcosa della nostra inquietudine su Michu?

nessuno di fuori è entrato nel castelloci prende in giro" si dissero con un'occhiata le due spie.

- Non v'importuneremo ancora molto - rispose Corentin - fra tre ore vi presenteremo le nostre scuse per aver turbato la vostra solitudine.

Nessuno rispose. Quel silenzio sprezzante raddoppiò la rabbia interna di Corentinsul conto del quale Lorenza e il curatole due intelligenze di quel piccolo mondoerano oramai edificati.

Gothard e Caterina apparecchiarono accanto al fuoco per la colazionea cui presero parte il curato e la sorella. Né i padroni né i domestici fecero nessuna attenzione alle due spie che passeggiavano in giardinonel cortilesulla stradae tornavano di tanto in tanto in salotto.

Alle due e mezza tornò il tenente.

- Ho trovato il brigadiere - disse a Corentin steso a terra nella strada che porta dal padiglione detto di Cinq-Cygne alla fattoria di Bellachesenza nessuna ferita altro che un'orribile contusione al capoverosimilmente prodotta dalla caduta. E' statodice luistrappato di sopra il cavallo così rapidamentee gettato indietro con tanta violenzache non riesce a spiegarsi come sia accaduto; i suoi piedi hanno abbandonato le staffealtrimenti sarebbe mortoil cavallo spaventato lo avrebbe trascinato attraverso i campi; lo abbiamo affidato a Michu e a Violetta...

- Come! Michu si trova nel suo padiglione? - disse Corentin che guardò Lorenza.

La contessa sorrideva con uno sguardo finecome una donna che si prende una rivincita.

- L'ho visto or ora che concludeva un contratto che hanno cominciato ieri sera - riprese il tenente. - Violetta e Michu mi sono parsi ubriachi; ma non c'è da stupirsenehanno bevuto tutta la nottee non sono ancora d'accordo.

- Ve l'ha detto Violetta? - gridò Corentin.

- Sì - disse il tenente.

- Ah! bisognerebbe far tutto da sé - gridò Peyrade guardando Corentin che diffidava quanto Peyrade dell'intelligenza del tenente.

Il giovane rispose al vecchio con un cenno della testa.

- A che ora siete arrivato al padiglione di Michu?- disse Corentin vedendo che la signorina di Cinq-Cygne aveva guardato l'orologio sopra il caminetto.

- Verso le due - disse il tenente.

Lorenza abbracciò in un medesimo sguardo il signore e la signora d'Hauteserrel'abate Goujet e la sorella che si credettero sotto un manto azzurro; la gioia del trionfo le sfavillava negli occhiarrossì e gli occhi le si empirono di lacrime. Forte contro le maggiori disgraziela giovinetta non poteva piangere che di gioia. In quel momento fu sublimesoprattutto per il curato chequasi afflitto dalla virilità del carattere di Lorenzavi scorse allora l'immensa tenerezza della donna; ma la sensibilità giacevain leicome un tesoro nascosto a una profondità infinita sotto un blocco di granito. In quel momento un gendarme venne a chiedere se doveva far entrare il figlio di Michu che era stato mandato dal padre per parlare ai signori di Parigi. Corentin rispose con un cenno affermativo. Francesco Michul'astuto cucciolo che cacciava per istinto di razzaera nel cortile dove Gothardmesso in libertàpoté parlare un momento con lui sotto gli occhi del gendarme. Il piccolo Michu fece la sua commissione facendo scivolare qualcosa in mano a Gothard senza che il gendarme se ne accorgesse. Gothard s'infilò dietro Francesco e arrivò fino alla signorina di Cinq-Cygne per consegnarle innocentemente la sua fede intera che essa baciò ardentementeperché comprese che Michu le dicevamandandoglielache i quattro gentiluomini erano al sicuro.

- "Il mi papà" vi fa domandare dove dobbiamo mettere il "brigadere" che non sta "punto bene"?

- Che dice d'avere? - disse Peyrade.

- Mal di capoè andato in terra come un ciocco. Per un "giandarme"che sa montare a cavallo l'è durama avrà inciampato. Ha un bucooh! grande come un pugno dietro la testa.

Pare che ha avuto la fortuna di cadere sopra un cattivo sassopoverino! Ha un bell'essere "giandarme"soffre lo stessoda far compassione.

Il capitano della gendarmeria di Troyes entrò nel cortilesmontò da cavallofece segno a Corentin chericonoscendolosi precipitò verso la finestra e l'aprì per non perdere tempo.

- Che c'è?

- Siamo stati giocati come degli imbecilli! Abbiamo trovato cinque cavalli morti di stanchezzacol pelo irto di sudorein mezzo al gran viale della forestali ho fatti piantonare per sapere di dove vengono e chi li ha forniti. La foresta è accerchiataquelli che ci si trovano non potranno uscirne.

- A che ora credete che quei cavalieri siano entrati nella foresta?

- A mezzogiorno e mezzo.

- Neppure una lepre deve uscirne senza che sia vista - gli disse Corentin all'orecchio. - Vi lascio qui Peyradee vado a vedere il povero brigadiere. - Resta in casa del sindacoti manderò un uomo svelto per darti il cambio disse all'orecchio del Provenzale. - Dovremo servirci della gente del paeseesaminate tutte le facce.

- Si volse verso la compagnia e disse: - Arrivederci! - con un tono da far spavento. Nessuno salutò gli agentiche uscirono.

- Che dirà Fouché d'una visita domiciliare che non ha dato risultati? - gridò Peyrade quando aiutò Corentin a salire nel carrozzino di vimini.

- Oh! non è detta l'ultima parola - rispose Corentin all'orecchio di Peyrade. Mostrò Lorenzache li guardava attraverso i piccoli vetri dei finestroni del salotto:- Ne ho fatta crepare una che valeva quanto leie che mi aveva un po' troppo stuzzicato! Se ricade nelle mie manile pagherò il colpo di frustino.

- L'altra era una mala femmina - disse Peyrade - e quella lì si trova in una posizione...

- Faccio forse distinzioni? tutto è pesce nel mare!- disse Corentin facendo segno al gendarme che guidava di frustare il cavallo di posta.

Dieci minuti dopoil castello di Cinq-Cygne era interamente e completamente evacuato.

- In che modo vi siete disfatti del brigadiere? disse Lorenza a Francesco Michu che aveva fatto sedere e a cui dava da mangiare.

- Mio padre e mia madre m'avevano detto che si trattava di vita e di morteche nessuno doveva entrare in casa nostra. Dunqueho sentitodal movimento dei cavalli nella forestache avevo da fare con quei cani di gendarmie ho voluto impedire che entrassero in casa. Ho preso le grosse corde che abbiamo in soffittale ho attaccate a uno degli alberi che si trovano allo sbocco di ogni sentiero. Alloraho tirato la corda all'altezza del petto d'un uomo a cavallol'ho stretta attorno all'albero di frontenel sentiero dove ho sentito il galoppo d'un cavallo. La strada così si trovava sbarrata. Il trucco è riuscito. Non c'era più la lunail brigadiere è andato in terrama non è morto. Che volete? hanno la pelle durai gendarmi! Insommasi fa quel che si può.

- Tu ci hai salvati! - disse Lorenza abbracciando Francesco Michu e riconducendolo al cancello. Lìvedendo che non c'era nessunogli disse all'orecchio: - Hanno da mangiare?

- Proprio ora ho portato loro una pagnotta di dodici libbre e quattro bottiglie di vino. Ora per sei giorni non ci muoveremo.

Tornando in salottola giovinetta si vide l'oggetto delle mute domande del signore e della signora d'Hauteserredella signorina Goujet e del curatoche la guardavano con ammirazione e ansietà.

- Ma dunque voi li avete rivisti? - gridò la signora d'Hauteserre.

La contessa si mise un dito sulle labbra sorridendoe salì in camera per mettersi a letto; perchéuna volta ottenuto il trionfosi sentiva spossata di stanchezza.

La via più breve per andare da Cinq-Cygne al padiglione di Michuera quella che portava da quel villaggio alla fattoria di Bellachee che metteva capo al crocicchio dove le spie erano apparse il giorno prima a Michu. Perciò il gendarme che conduceva Corentin seguì la stessa via che aveva preso il brigadiere di Arcis. Durante il tragittol'agente cercava in che modo un brigadiere poteva essere stato gettato giù di sella. Si rimproverava d'aver mandato un solo uomo in un punto così importantee da questo errore traeva un assioma per un Codice di polizia che veniva facendo per suo proprio uso. "Se si sono sbarazzati del gendarme"pensavasi saranno disfatti anche di Violetta. I cinque cavalli morti hanno evidentemente riportato dai dintorni di Parigi nella foresta, i quattro cospiratori e Michu.

- Michu ha un cavallo? - disse al gendarme che era della brigata di Arcis.

- Ah! e un ottimo cavalluccio - rispose il gendarme- un cavallo da caccia che viene dalle scuderie dell'ex-marchese di Simeuse.

Benché abbia quindici anniè meglio di prima. Michu gli fa fare venti leghe e l'animale ha il pelo asciutto come il mio cappello.

Oh! ne ha molta curae non ha voluto venderlo per una bella somma.

- Com'è il suo cavallo?

- Mantello bruno che dà sul neromacchie bianche sopra gli zoccolimagrotutto nervicome un cavallo arabo.

- Hai visto mai cavalli arabi ?

- Son tornato dall'Egitto un anno fae ho montato cavalli di mammelucco. Ho undici anni di servizio in cavalleriasono stato al Reno col generale Steingeldi lì in Italiae ho seguito il Primo Console in Egitto. Così sto per passare brigadiere.

- Quando io sarò nel padiglione di Michuva' dunque alla scuderiae se tu vivi da undici anni coi cavallidevi saper vedere quando un cavallo ha corso.

- Guardateproprio lì il nostro brigadiere è stato gettato a terra - disse il gendarme mostrando il luogo dove la strada sboccava nel crocicchio.

- Dirai al capitano di venirmi a prendere a questo padiglioneandremo insieme a Troyes.

Corentin smontò e restò qualche tempo a osservare il terreno.

Esaminò i due olmi che si trovavano di faccial'uno addossato al muro del parcol'altro sul rialzo di terreno del crocicchio che attraversava la strada vicinale; poi vide quello a cui nessuno aveva badatoun bottone d'uniforme nella polvere della stradae lo raccattò. Entrando nel padiglionescorse Violetta e Michu seduti a tavola in cucina e che continuavano a disputare. Violetta si alzòsalutò Corentine gli offrì da bere.

- Grazievorrei vedere il brigadiere - disse il giovanotto che a prima vista indovinò che Violetta era ubriaco da più di dodici ore.

- Mia moglie lo assiste di sopra - disse Michu.

- Ebbenebrigadierecome state? - disse Corentin che s'era slanciato sulla scala e che trovò il gendarmecon la testa avvolta in una compressae coricato sul letto della signora Michu. Il cappellola sciabola e il fornimento stavano sopra una sediaMartafedele ai sentimenti d'una donna e non sapendo del resto la prodezza di suo figlioassisteva il brigadiere in compagnia della madre.

- Aspettiamo il signor Varletil medico di Arcis disse la signora Michu - Gaucher è andato a chiamarlo.

- Lasciateci un momento - disse Corentin sorpreso di quello spettacolo da cui risultava chiara l'innocenza delle due donne. - Come siete stato colpito? - domandò guardando l'uniforme.

- Al petto - rispose il brigadiere.

- Vediamo i vostri arnesi di cuoio - disse Corentin.

Sulla cinghia gialla orlata di biancoche una legge recente aveva dato alla gendarmeria detta nazionalefissando i minimi particolari della sua uniformesi trovava una placca alquanto simile alla placca attuale delle guardie campestri e su cui la legge aveva ordinato d'incidere queste singolari parole: "Rispetto alle persone e alle proprietà"! La corda aveva necessariamente urtato contro la cinghia e l'aveva vigorosamente sfregata.

Corentin prese il soprabito e guardò il punto in cui mancava il bottone trovato sulla strada.

- A che ora siete stato raccolto? - domandò Corentin.

- Maappena giorno.

- Vi hanno portato subito qui sopra? - disse Corentin notando lo stato del letto che non era stato disfatto.

- Sì.

- Chi vi ha portato ?

- Le donne e il piccolo Michu che m'ha trovato senza conoscenza.

"Benissimo! non sono andati a letto"si disse Corentin. "Il brigadiere non ha ricevuto né una fucilata né una bastonataperché il suo avversarioper colpirlo avrebbe dovuto essere alla sua altezza e sarebbe stato a cavallo; non ha potuto dunque essere buttato giù di sella che da un ostacolo opposto al suo passaggio.

Un pezzo di legno? non è possibile. Una catena di ferro? avrebbe lasciato dei segni".

- Che avete sentito? - disse ad alta voce al brigadiere e avvicinandosi per esaminarlo.

- Sono stato buttato giù così bruscamente...

- Avete una scorticatura sotto il mento.

- Mi pare - rispose il brigadiere - di aver avuta la faccia sfregata da una corda...

- Ci sono - disse Corentin. - Hanno teso una corda da un albero all'altro per sbarrarvi il passaggio...

- E' molto probabile - disse il brigadiere.

Corentin discese ed entrò nella sala.

- Ebbenevecchio furfantefiniamola - diceva Michu parlando a Violetta e guardando la spia. - Centoventimila franchi per tuttoe siete il padrone delle terre. Vivrò di rendita d'ora innanzi.

- Com'è vero Dionon ne ho che sessantamila.

- Ma giacché vi offro una dilazione per il resto! Stiamo qui da ieri senza poter concludere questo affare... Terre di prima qualità.

- Le terre sono buone - rispose Violetta.

- Vino! Marta - gridò Michu.

- Non avete bevuto abbastanza? - gridò la madre di Marta. - Questa è la quattordicesima bottiglia da ieri sera alle nove...

- Siete lì da questa mattina alle nove? - disse Corentin a Violetta.

- Noscusate. Da ieri seranon mi sono mossoe non ho guadagnato niente: più mi fa berepiù esagera nel prezzo.

- Nei contratti chi alza il gomito fa alzare i prezzi - disse Corentin.

Una dozzina di bottiglie vuoterespinte in fondo alla tavolaattestavano la verità di quel che aveva detto la vecchia. In quel momentoil gendarme fece di fuori un cenno a Corentin e gli disse all'orecchio sul passo della porta:

- Non c'è il cavallo nella scuderia.

- Avete mandato vostro figlio sul vostro cavallo in città - disse Corentin rientrando - non tarderà a tornare.

- Nossignore - disse Marta - è andato a piedi.

- E che avete fatto del vostro cavallo?

- L'ho prestato - rispose Michu in tono asciutto.

- Venite quibuona lana - fece Corentin parlando all'amministratore - ho da dini due parole all'orecchio.

Corentin e Michu uscirono.

- La carabina che stavate caricando ieri alle quattro doveva servire a uccidere il Consigliere di Stato: Grévinil notaiovi ha visto; ma non possiamo pizzicarvi su questo: c'è stata molta intenzione e pochi testimoni. Poi avetenon so comeaddormentato Violettae voivostra moglieil vostro ragazzoavete passato fuori la notte per avvertire la signorina di Cinq-Cygne del nostro arrivo e fare scappare i suoi cugini che avete portato quinon so ancora in che posto. Vostro figlio o vostra moglie hanno gettato molto intelligentemente a terra il brigadiere. Insomma ci avete battuti. Siete un gran temerario. Ma non è detta l'ultima parolae non resteremo ultimi. Volete venire a una transazione? i vostri padroni ci guadagneranno.

- Venite di quaparleremo senza che nessuno ci senta - disse Michu portando la spia nel parco fino allo stagno.

Quando Corentin vide lo stagnoguardò fisso Michuche contava senza dubbio sulla sua forza per gettare quell'uomo in sette piedi di melma sotto tre piedi d'acqua. Michu rispose con uno sguardo non meno fisso. E fu assolutamente come se un boa flaccido e freddo avesse sfidato uno di quei rossi e selvaggi giaguari del Brasile.

- Non ho sete - rispose il bellimbusto che restò sull'orlo della prateria e mise la mano nella sua tasca laterale per prendervi il suo pugnaletto.

- Non possiamo capirci - disse Michu freddamente.

- Filate dirittomio carola Giustizia vi terrà d'occhio.

- Se non ci vede più di voic'è pericolo per tutti- disse l'amministratore.

- Rifiutate? - disse Corentin con tono espressivo.

- Preferirei aver cento volte la testa tagliatase si potesse tagliar cento volte la testa a un uomoche mettermi d'accordo con un tipo come te.

Corentin risalì subito in vettura dopo aver squadrato Michuil padiglione e Couraud che gli abbaiava dietro. Diede qualche ordine passando a Troyese tornò a Parigi. Tutte le brigate di gendarmeria ebbero una consegna e delle istruzioni segrete.

Durante i mesi di dicembregennaio e febbraiole ricerche furono attive e continue nei più piccoli villaggi. Si ascoltò in tutte le osterie. Corentin seppe tre cose importanti: un cavallo simile a quello di Michu fu trovato morto nei pressi di Lagny. I cinque cavalli sotterrati nella foresta di Nodesme erano stati venduti cinquecento franchi l'unoda fattori e mulinaia un uomo chesecondo la segnalazionedoveva essere Michu. Quando la legge sui ricettatori e complici di Georges fu promulgataCorentin restrinse la sorveglianza alla foresta di Nodesme. Poiquando Moreaui monarchici e Pichegru furono arrestatinon si videro più facce forestiere in paese. Michu perse allora il postoil notaio di Arcis gli portò la lettera con la quale il Consigliere di Statodiventato Senatorepregava Grévin di farsi dare la consegna dall'amministratore e di congedarlo. In tre giorniMichu si fece rilasciare una quietanza in regolae divenne libero. Con grande meraviglia del paeseandò a vivere a Cinq-Cygne dove Lorenza lo prese per fattore di tutte le riserve del castello. Il giorno della sua installazione coincise fatalmente con l'esecuzione del duca d'Enghien. Si seppe nello stesso momento in quasi tutta la Francia l'arrestola condanna e la morte del principeterribili rappresaglie che precedettero il processo di PolignacRivière e Moreau.

 

 

 

CAPITOLO 2

LA RIVINCITA DI CORENTIN

 

 

 

Nell'attesa che la fattoria destinata a Michu fosse costruitail falso Giuda prese alloggio nel padiglione al di sopra delle scuderiedalla parte della breccia famosa. Michu si procurò due cavallil'uno per sé l'altro per il figlioed entrambi si unirono a Gothard per accompagnare la signorina di Cinq-Cygne in tutte le sue passeggiate; le qualicome si supponeavevano lo scopo di rifornire di vettovaglie i quattro gentiluomini e provvedere a che non mancassero di nulla. Francesco e Gothardaiutati da Couraud e dai cani della contessaesploravano i dintorni del nascondiglio e si assicuravano che nelle vicinanze non ci fosse nessuno. Lorenza e Michu portavano i viveri che Martasua madre e Caterina preparavano all'insaputa dei domesticial fine di concentrare il segretopoiché nessuno di loro metteva in dubbio che nel villaggio ci fossero delle spie.

Cosìper prudenzala spedizione non ebbe mai luogo più di due volte alla settimanae sempre in ore diverseuna volta di giorno e una volta di notte. Queste precauzioni durarono quanto il processo RivièrePolignac e Moreau. Quando il Senato-consulto che chiamava all'Impero Napoleone e la famiglia Bonaparte e nominava Napoleone Imperatore fu sottoposto all'accettazione del popolo franceseil signor d'Hauteserre mise la firma sul registro che gli venne a presentare Goulard. Infine si apprese che il Papa sarebbe venuto a consacrare Napoleone. Da quel giorno la signorina di Cinq-Cygne non si oppose più a che i due giovani d'Hauteserre e i suoi cugini inviassero una domanda per essere cancellati dalla lista degli emigrati e riprendere i loro diritti di cittadini. Il buon uomo corse subito a Parigi e andò a trovare il già marchese di Chargeboeuf che conosceva il signor di Talleyrand. Questo ministroallora in favorefece pervenire la petizione a Giuseppina e Giuseppina la trasmise al marito che chiamavano ImperatoreSireMaestàprima ancora di conoscere il risultato dello scrutinio popolare. Il signor di Chargeboeufil signor d'Hauteserre e l'abate Goujetche era venuto a Parigi anche luiottennero un'udienza da Talleyrand e questi promise loro il suo appoggio. Napoleone aveva già concesso grazia ai principali attori della grande cospirazione realista diretta contro di luima sebbene i quattro gentiluomini fossero soltanto sospettinell'uscire da una seduta del Consiglio di Statol'Imperatore chiamò nel suo gabinetto il senatore MalinFouchéCambacérèsLebrun e DuboisPrefetto di polizia.

- Signori - disse il futuro Imperatore che portava ancora la divisa di Primo Console - abbiamo ricevuto dai signori di Simeuse e d'Hauteserreufficiali dell'armata del principe di Condéuna domanda di essere autorizzati a rientrare in Francia.

- Ci sono già - disse Fouché.

- Come altri mille che io incontro a Parigi rispose Talleyrand.

- Credo - rispose Malin - che quelli lìnon li abbiate incontrati affattoperché stanno nascosti nella foresta di Nodesme dove si credono a casa loro.

Si guardò bene però dal dire al Primo Console e a Fouché le parole alle quali doveva la vita; mafondandosi sui rapporti di Corentinconvinse il Consiglio della partecipazione dei quattro gentiluomini al complotto di Rivière e Polignacdando loro per complice Michu. Il Prefetto di polizia confermò le asserzioni del senatore.

- Ma quel Michu come avrebbe saputo che la cospirazione era stata scopertaquando l'Imperatorei suoi Consiglieri e io eravamo i soli a conoscere il segreto?

Nessuno badò all'osservazione di Dubois.

- Se stanno nascosti in una foresta e in sette mesi non li avete trovati - disse l'Imperatore a Fouché - hanno già espiato i loro torti.

- Basta che siano nemici miei - disse Malinspaventato dalla perspicacia del Prefetto di polizia - perché io imiti la condotta di Vostra Maestà; chiedo dunque la loro cancellazione e mi costituisco loro avvocato presso Vostra Maestà.

- Per voi saranno meno pericolosi reintegrati che emigratipoiché avranno prestato il giuramento di obbedire alla costituzione dell'Impero e alle leggi - disse Fouchéguardando fisso Malin.

- Di che minacciano il signor senatore? - domandò Napoleone.

Talleyrand parlò per qualche istante a bassa voce con l'Imperatore e la cancellazione e la reintegrazione dei signori di Simeuse e d'Hauteserre sembrarono allora accordate.

- Sire - disse Fouché - sentirete forse ancora parlare di quella gente.

Talleyrandper le sollecitazioni del duca di Grandlieuaveva dato in nome di quei signori la loro parola di gentiluomini - e tale parola esercitava un certo fascino su Napoleone - che essi non avrebbero intrapreso nulla contro l'Imperatore e che facevano atto di sottomissione senza riserve mentali.

- I signori d'Hauteserre e di Simeuse non vogliono più combattere contro la Francia dopo gli ultimi avvenimenti. Hanno poca simpatia per il governo imperiale e sono di quelle persone che Vostra Maestà dovrà conquistare; ma si contentano di vivere in terra francese obbedendo alle leggi - disse il ministro.

Poi mise sotto gli occhi dell'Imperatore una lettera che aveva ricevuto e nella quale questi sentimenti erano espressi.

- Chi parla con tanta franchezzadev'essere sincero - disse l'Imperatore guardando Lebrun e Cambacérès. Avete altre obiezioni da fare? - domandò a Fouché.

- Nell'interesse di Vostra Maestà - rispose il futuro ministro della Polizia generale - chiedo di essere incaricato di trasmettere a quei signori la loro cancellazione soltanto quando sarà stata definitivamente accordata - disse ad alta voce.

- E sia - rispose Napoleone notando una specie di preoccupazione sul volto di Fouché.

Il piccolo consiglio fu scioltosenza che l'affare paresse conclusoma ebbe il risultato di lasciare nella memoria di Napoleone un'ombra di dubbio sui quattro gentiluomini. Il signor d'Hauteserreche credeva nel successoaveva scritto una lettera nella quale annunciava la buona notizia. Gli abitanti di Cinq- Cygne non furono dunque sorpresi al vedere alcuni giorni dopo Goulard che veniva a dire alla signora d'Hauteserre e a Lorenza di mandare i quattro gentiluomini a Troyes dove il prefetto avrebbe consegnato loro il decreto che li reintegrava nei loro diritti di cittadiniquando avessero prestato il giuramento di aderire alle leggi dell'impero. Lorenza rispose al sindaco che avrebbe fatto avvertire i cugini e i signori d'Hauteserre.

- Non sono qui dunque? - disse Goulard.

La signora d'Hauteserre guardò ansiosamente la giovane che usciva lasciando il sindaco per andare a consultare Michu. Questi non vide alcun inconveniente a scarcerare subito gli emigrati.

LorenzaMichusuo figlio e Gothard partirono dunque per la foresta conducendo un cavallo di piùperché la contessa doveva accompagnare i quattro gentiluomini a Troyes e tornare insieme con loro. Tutti i domesticiche avevano appreso la buona notiziasi erano raccolti sul prato per veder partire la gioiosa cavalcata. I quattro giovani uscirono dal nascondigliomontarono a cavallo senza essere vistie presero la via di Troyesaccompagnati dalla signorina di Cinq-Cygne. Michuaiutato da suo figlio e da Gothardrichiuse l'entrata della cantina e tutti e tre tornarono a piedi. Per la stradaMichu si ricordò di aver lasciato nella cantina i piatti e i bicchieri d'argento che avevano servito ai suoi padronie ci tornò solo. Giungendo in riva alla paludesentì delle voci nella cantina e andò direttamente verso l'entrata passando fra i cespugli.

- Venite senza dubbio a cercare l'argenteria - gli disse Peyrade sorridendo e mostrando il grosso naso rosso tra il fogliame.

Senza sapere perchédato insomma che i giovani erano salviMichu sentì un dolore in tutte le articolazionitanto fu viva in lui quella specie di apprensione vagaindefinibileche è causata da una sventura imminente; tuttavia andò avanti e trovò Corentin sulla scala con un candelino in mano.

- Non siamo cattivi - disse Corentin a Michu avremmo potuto acciuffarvi una settimana fama sapevamo che erano stati cancellati... Siete un uomo in gambavoi! ci avete dato tanto filo da torcere che vogliamo almeno soddisfare la nostra curiosità.

- Darei non so che cosa - esclamò Michu - per sapere come e da chi siamo stati traditi.

- Se questo vi dà molto da pensarefiglio mio disse sorridendo Peyradeguardate i ferri dei vostri cavalli e vedrete che voi stessi vi siete traditi.

- Senza rancore - disse Corentinfacendo cenno al capitano dei gendarmi di avvicinarsi coi cavalli.

- Quel miserabile fabbro parigino che ferrava i cavalli così bene all'inglese e che ha lasciato Cinq-Cygne era uno dei loro! - esclamò Michu - è bastato loro far osservare e seguire sul terrenoquando era umidoda uno dei loro travestito da carbonaio o da bracconierele tracce dei nostri cavalli ferrati con qualche ferro speciale. Abbiamo avuto il fatto nostro.

Michu si consolò ben prestopensando che la scoperta del nascondiglio era senza pericoloora che i gentiluomini tornavano a essere Francesi e recuperavano la libertà. Nondimeno egli aveva ragione in tutti i suoi presentimenti. La Polizia e i Gesuiti hanno la virtù di non abbandonare mai né i loro amici né i loro nemici.

Il buon d'Hauteserre tornò da Parigi e fu molto sorpreso di non esser stato il primo a dare la buona notizia. Durieu preparava il più succulento dei pranzi. I domestici si vestivano e aspettavano con impazienza i proscrittii quali arrivarono verso le quattrofelici e al tempo stesso umiliatiperché per due anni dovevano restare sotto la sorveglianza dell'alta poliziaobbligati a presentarsi ogni mese alla prefettura e tenuti a dimorare nel comune di Cinq-Cygne. "Vi manderò il registro da firmare"aveva detto loro il Prefetto. "Poifra qualche mesedomanderete l'annullamento di queste condizioniche sono state imposte d'altronde a tutti i complici di Pichegru. Io appoggerò la vostra domanda". Queste restrizionimolto opportune del restorattristarono un poco i giovani. Lorenza si mise a ridere.

- L'Imperatore dei Francesi - disse - è un uomo un po' maleducatoche non ha ancora l'abitudine di concedere grazie.

I gentiluomini trovarono al cancello tutti gli abitanti del castello e sulla strada buona parte della gente del villaggiovenuta per vedere quei giovani che per le loro avventure si erano resi famosi nel Dipartimento. La signora d'Hauteserre tenne a lungo abbracciati i suoi figlicol volto bagnato di lacrime; non poté dir nulla e rimase istupidita ma felice per una parte della serata. Non appena i gemelli di Simeuse apparvero e scesero da cavalloci fu un grido generale di sorpresacausato dalla loro meravigliosa somiglianza: lo stesso sguardola stessa vocele stesse maniere. L'uno e l'altro fecero esattamente lo stesso gesto levandosi sulla sella e passando la gamba al di sopra della groppa del cavallo per smontare e così nel gettare le briglie. Il loro modo di vestireassolutamente ugualeaiutava anch'esso a prenderli per veri Menecmi. Portavano gli stivali alla Suwaroffassestati al collo del piedei calzoni aderenti di pelle biancala giacca da caccia verde coi bottoni di metallola cravatta nera e i guanti di daino. I due giovaniche avevano allora trentun annierano secondo un'espressione di quel tempodue affascinanti cavalieri. Di statura mediama ben formatiavevano gli occhi viviornati di lunghe ciglia e nuotanti in un fluido come quelli dei bimbii capelli nerila fronte bella e il colorito di un bianco olivastro. Il loro parlaredolce come quello delle donnecadeva deliziosamente dalle belle labbra rosse. Le loro manierepiù eleganti e cortesi di quelle dei gentiluomini di provinciamostravano che la conoscenza degli uomini e delle cose aveva dato loro quella seconda educazionepiù preziosa ancora della primache rende compiti. Durante l'esilionon essendo grazie a Michumancato loro il denaroavevano potuto viaggiare ed erano stati bene accolti alle corti straniere. Il vecchio gentiluomo e l'abate trovarono in loro un po' di alterigia: manella loro situazioneera forse l'effetto di un bel carattere. Avevano le eminenti piccole qualità di un'educazione accurata e davano prova di una destrezza superiore in tutti gli esercizi del corpo. La sola diversità che li potesse far distinguereconsisteva nelle loro idee. Il minore attraeva per la sua gaiezzacome il maggiore per la sua malinconiama questo contrastopuramente moralenon si scorgeva se non dopo una lunga intimità.

- Ahfiglia mia! - disse Michu all'orecchio di Marta - come non sacrificarsi a questi due giovani?

Martache ammirava i gemelli come donna e come madrefece col capo un grazioso cenno al maritostringendogli la mano. I domestici ebbero il permesso di abbracciare i loro nuovi padroni.

Nei sette mesi di reclusione ai quali i quattro giovani si erano condannatiavevano commesso parecchie volte la necessaria imprudenza di una passeggiataperò sotto la sorveglianza di Michudi suo figlio e di Gothard. Durante quelle passeggiateilluminate da belle nottiLorenzariattaccando il presente al passato della loro vita comuneaveva sentito l'impossibilità di scegliere tra i due fratelli. Un amore uguale e puro per i due gemelli le divideva il cuore. Le pareva di avere due cuori. Da parte loroi due Paoli non avevano osato affatto parlarsi della loro imminente rivalità. Si erano forse affidati tutti e tre al caso? Lo stato d'animo in cui eraagiva senza dubbio su Lorenzapoichédopo un momento di visibile esitazionedette il braccio ai due fratelli per entrare nel salotto e fu seguita dal signore e dalla signora d'Hauteserre che trattenevano e interrogavano i loro figli. In quel momento tutti i domestici gridarono: "Evviva i Cinq-Cygne e i Simeuse!". Lorenza si voltòsempre tra i due fratellie fece un amabile gesto per ringraziare. Quando queste nove persone cominciarono a osservarsipoiché in ogni riunioneanche nel cuore della famigliagiunge sempre il momento in cuidopo una lunga assenzaci si osservaal primo sguardo che Adriano d'Hauteserre volse a Lorenzae che fu sorpreso dalla madre e dall'abate Goujetsembrò loro che il giovane amasse la contessa. Adrianoil minore dei d'Hauteserreaveva un'anima tenera e dolce. In lui il cuore era rimasto adolescente malgrado le catastrofi che avevano provato l'uomo. Simile in questo a molti soldatinei quali la continuità dei pericoli lascia l'anima vergineegli si sentiva impacciato dalle belle timidezze della gioventù. In ciò era completamente diverso dal fratellouomo dall'aspetto rudegran cacciatoresoldato intrepido e risolutoma rozzo e senza agilità d'intelligenza come senza delicatezza nelle cose del cuore. L'uno era tutto animal'altro tutto azione; ma entrambi possedevano allo stesso grado quel sentimento dell'onore che basta alla vita dei gentiluomini. Brunopiccolomagro e asciuttoAdriano d'Hauteserreappariva nondimeno molto forte; mentre suo fratellodi statura altapallido e biondosembrava debole. Adrianodi temperamento nervosoera forte d'animo; Robertosebbene linfaticosi compiaceva di mettere alla prova la sua forza puramente fisica. Le famiglie mostrano talvolta simili bizzarriele cui cause potrebbero ispirare interessema qui vi si accenna soltanto per spiegare perché Adriano non doveva incontrare un rivale in suo fratello. Roberto ebbe per Lorenza l'affetto di un parente e il rispetto di un nobile per una fanciulla della sua casta. Per il suo modo di sentireil maggiore dei d'Hauteserre apparteneva a quella specie di uomini che considerano la donna come dipendente dall'uomoriducendo al fisico il suo diritto alla maternitàe chiedendole molte perfezioni senza farne loro alcun merito. Secondo loroammettere la donna nella Societànella Politica e nella Famigliaè uno sconvolgimento sociale. Oggi siamo così lontani da questa vecchia opinione dei popoli primitiviche quasi tutte le donneanche quelle che rifiutano la funesta libertà offerta dalle nuove settese ne potranno risentire; ma Roberto d'Hauteserre aveva la disgrazia di pensare così. Roberto era l'uomo del medio-evoil minore un uomo d'oggi. Questa differenzainvece d'impedire l'affetto tra i due fratellilo aveva al contrario rafforzato.

Fin dalla prima seraqueste sfumature furono colte e apprezzate dal curatodalla signorina Goujet e dalla signora d'Hauteserrei qualimentre giocavano al loro "boston" intravvedevano qualche difficoltà nell'avvenire.

A ventidue annidopo le riflessioni della solitudine e le angosce di una vasta impresa mancataLorenzatornata donnaprovava un immenso bisogno di affetto; essa spiegò tutte le grazie del suo spirito e fu affascinante. Rivelò l'incanto della sua tenerezza con l'ingenuità di una fanciulla di quindici anni. Negli ultimi tredici anninon era stata donna che nella sofferenzama ora se ne voleva risarciresi mostrò dunque amorosa e civettuola così come era stata fino allora grande e forte. Sicché i quattro vecchiche erano rimasti in salottofurono molto inquieti per il nuovo contegno di quella graziosa figliola. Quale forza non avrebbe avuto la passione in una giovane dall'animo così nobile e fiero? I due fratelli amavano ugualmente la stessa donna e con una tenerezza cieca; quale dei due Lorenza avrebbe scelto? Scegliere l'unonon era uccidere l'altro? Contessa titolare di quel blasoneessa portava al marito un titolobei privilegi e un lungo lustro. Forsepensando a questi vantaggiil marchese di Simeuse si sarebbe sacrificato per fare sposare Lorenza al fratelloil qualesecondo le antiche leggiera povero e senza titolo. Ma il minore avrebbe voluto privare il fratello di una felicità così grande com'era quella di avere Lorenza per moglie?

Lontaniquesta lotta d'amore aveva avuto pochi inconvenienti; d'altra parteper tutto il tempo che i due fratelli furono in pericoloil caso delle battaglie poteva eliminare questa difficoltà. Ma che sarebbe accadutouna volta riuniti? Quando Maria-Paolo e Paolo-Mariagiunti entrambi all'età in cui le passioni infieriscono in tutta la loro forzasi sarebbero divisi gli sguardile espressionile attenzioni e le parole della cuginanon sarebbe sorta fra loro una gelosia le cui conseguenze avrebbero potuto essere funeste? Che sarebbe diventata la bella esistenza uguale e concorde dei due gemelli? A queste supposizionifatte a una a una da ciascunodurante l'ultima partita di "boston"la signora d'Hauteserre rispose che non credeva che Lorenza avrebbe sposato uno dei cugini. La vecchia signora aveva avuto durante la serata uno di quei presentimenti inesplicabiliche sono un segreto fra le madri e Dio. Lorenzanell'intimo suonon era meno spaventata al vedersi da sola a solo coi cugini. Al dramma agitato della cospirazioneai pericoli che avevano corso i due fratelliai patimenti dell'esiliosuccedeva un dramma al quale essa non aveva mai pensato. La nobile fanciulla non poteva ricorrere al mezzo violento di non sposare né l'uno né l'altro dei due gemellied era troppo onesta per sposarsi serbando in fondo al cuore una passione irresistibile. Restare nubilelasciare i due cugini senza decidersio prendere per marito colui che le sarebbe stato fedele nonostante i suoi capriccifu una decisione non tanto cercata quanto intravista.

Mentre si addormentavasi disse che la cosa più saggia era di affidarsi al caso. Il casoin amoreè la provvidenza delle donne.

Il mattino seguenteMichu partì per Parigi e tornò alcuni giorni dopo con quattro bei cavalli per i suoi nuovi padroni. Sei settimane dopo si sarebbe aperta la cacciae la giovane contessa aveva saggiamente pensato che le violente distrazioni di questo eserciziosarebbero state un soccorso contro le difficoltà dei colloqui da sola a solo al castello. Accadde dapprima un fatto imprevisto che sorprese i testimoni di quegli strani amorieccitando la loro ammirazione. Senza alcun accordo premeditatoi due fratelli rivaleggiarono verso la cugina in cure e in tenerezzetrovandovi un piacere dell'anima che sembrava appagarli. Fra loro e Lorenzala vita fu così fraterna come fra loro due. Niente di più naturale. Dopo un'assenza tanto lungasentivano la necessità di osservare la cuginadi conoscerla bene e di farsi conoscere bene da leil'uno e l'altrolasciandole il diritto di scelta. In questa prova erano sostenuti da quel mutuo affetto che faceva della loro doppia vitauna vita sola. L'amorecome la maternitànon sapeva distinguere tra i due fratelli.

Lorenza fu costrettaper riconoscerli e non ingannarsia donar loro cravatte differentiuna bianca al maggioreuna nera al minore. Senza questa perfetta somiglianzasenza questa identità di vitatale situazione sembrerebbe giustamente impossibile. Non si spiegherebbe neppurese non con il fatto in séil quale è uno di quelli a cui non crediamo se non li vediamo; e quando li abbiamo vedutilo spirito è più imbarazzato a spiegarseli di quanto non lo fosse a crederli. Lorenza parlavae la sua voce risuonava allo stesso modo in due cuori egualmente amorosi e fedeli. Esprimeva un'idea ingegnosapiacevole o bellae il suo sguardo incontrava il piacere espresso da altri due sguardi che la seguivano in tutti i suoi movimentiinterpretavano i suoi minimi desideri e le sorridevano sempre con nuove espressioni gaie nell'unoteneramente malinconiche nell'altro. Quando si trattava della donna amatai due fratelli avevano quei mirabili moti spontanei in armonia con l'azione del cuorei qualisecondo l'abate Goujet giungevano al sublime. Cosìspessose occorreva andare a cercar qualche cosa o se si richiedeva uno di quei riguardi che agli uomini piace tanto di avere per la donna amatail maggiore lasciava al minore il piacere di adempiervirivolgendo alla cugina uno sguardo allo stesso tempo commovente e fiero. E il minore ci metteva dell'orgoglio a pagare questa specie di debiti. Questa gara di nobiltàin un sentimento in cui l'uomo giunge fino alla feroce gelosia dell'animaconfondeva tutte le idee delle persone attempate che la contemplavano.

Questi minuti particolari attiravano spesso le lacrime negli occhi della contessa. Una sola sensazionema che può essere fortissima in certi temperamenti privilegiatipuò dare un'idea delle emozioni di Lorenza; la si comprenderà se si rammenta l'accordo perfetto di due voci belle come quelle della Sontag e della Malibranin qualche armonioso duettoo l'unisono completo di due strumenti maneggiati da esecutori di genioe i cui suoni melodiosi entrano nell'anima come i sospiri di un solo essere appassionato. Qualche voltavedendo il marchese dì Simeuse volgere uno sguardo profondo e malinconico al fratello che parlava e rideva con Lorenzail curato lo credeva capace di un immenso sacrificioma ben presto sorprendeva nei suoi occhi il lampo di una passione invincibile. Ogni volta che uno dei gemelli si trovava solo con Lorenzapoteva credere di essere amato esclusivamente. "Mi sembra allora che essi siano uno solo"diceva la contessa all'abate Goujet che la interrogava sullo stato del suo cuore. Il prete riconobbe allora in lei una totale mancanza di civetteria. Lorenzain realtà non credeva di essere amata da due uomini.

- Mamia cara - le disse una sera la signora d'Hauteserre il cui figlio moriva in silenzio d'amore per la contessa - bisogna pure scegliere!

- Lasciate che siamo felici - rispose Lorenza. Dio ci salverà da noi stessi!

Adriano d'Hauteserre nascondeva in fondo al cuore una gelosia divorante e custodiva il segreto delle sue torture poiché comprendeva bene quanto poca speranza avesse. Si contentava della felicità di vedere quell'incantevole creatura la qualedurante i pochi mesi che durò questa lottabrillò in tutto il suo splendore. Infatti Lorenzadivenuta civettuolaebbe tutte le cure che le donne amate prendono di se stesse.

Seguì la moda e corse più di una volta a Parigi per farsi più bella con qualche novità elegante. Infineper dare ai cugini anche le più piccole gioie del focolare domesticodelle quali essi erano rimasti privi per così lungo tempofece del suo castellononostante le alte grida del tutorel'abitazione più comoda che ci fosse allora nella Champagne.

Roberto d'Hauteserre non capiva nulla di quel dramma silenzioso.

Non si accorgeva dell'amore di suo fratello per Lorenza. Quanto alla fanciullaegli si divertiva a schernire la sua civetteriapoiché egli confondeva questo detestabile difetto col desiderio di piacere; ma s'ingannava così nelle cose del sentimentodel gusto e dell'alta cultura. Perciòquando l'uomo del medio evo entrava in scenaLorenza ne faceva subitoa sua insaputal'"ingenuo" del dramma; e rallegrava i cugini discutendo con Roberto e trascinandolo a piccoli passi nel pantano dove affondava la grossolanità e l'ignoranza. Eccelleva in quelle spiritose mistificazioni le qualiper essere perfettedevono lasciare la vittima felice. Tuttaviaper quanto rozza fosse la sua naturaRobertodurante quel bel tempoil solo felice che dovevano conoscere quelle tre amabili creaturenon intervenne mai fra i Simeuse e Lorenza con una parola virile che forse avrebbe deciso la questione. Fu colpito dalla sincerità dei due fratelli.

Indovinò senza dubbio quanto una donna potesse tremare al pensiero di concedere all'uno prove di tenerezza che l'altro non avesse avuto o che potessero rattristarlo; quanto l'uno dei due fratelli fosse felice d'ogni bene concesso all'altroe quantoin fondo al cuorene potesse allo stesso tempo soffrire. Il rispetto di Roberto spiega mirabilmente una situazione che avrebbe certo ottenuto dei privilegi nei tempi di fede in cui il sovrano pontefice aveva il potere di intervenire tagliando il nodo gordiano di questi rari fenomeni simili ai misteri più impenetrabili. La rivoluzione aveva ritemprato quei cuori nella fede cattolica; perciò la religione rendeva quella crisi più terribile ancorapoiché la grandezza dei caratteri aumenta la gravità delle situazioni. Quindi né il signore e la signora d'Hauteserrené il curato e sua sorella si aspettavano niente di volgare dai due fratelli o da Lorenza.

Questo drammache restò misteriosamente chiuso nei limiti della famiglia in cui ciascuno lo osservava in silenzioebbe un corso allo stesso tempo così rapido e così lentocomportava tante gioie insperatepiccole lottepreferenze delusesperanze fallaciattese crudelispiegazioni rinviate al domanidichiarazioni muteche gli abitanti di Cinq-Cygne non badarono affatto all'incoronazione dell'Imperatore. D'altronde quelle passionitrovarono una tregua nella violenta distrazione della cacciachestancando eccessivamente il corpotoglieva le occasioni di viaggiare nelle pericolose lande del sogno. Né Lorenza né i cugini pensavano agli affariperché ogni giorno aveva un interesse vivo.

- In verità - disse un giorno la signorina Goujet io non so chidi tutti questi innamoratiami di più.

Adrianoche si trovava solo nel salotto con i quattro giocatori di "boston"levò gli occhi su di loro e divenne pallido. Da qualche giorno non teneva alla vita se non per il piacere di vedere Lorenza e di sentirla parlare.

- Io credo - disse il curato - che la contessanella sua qualità di donnaami con molto più abbandono.

Lorenzai due fratelli e Robertotornarono alcuni istanti dopo.

I giornali erano arrivati da poco. Vedendo l'inefficacia delle cospirazioni tentate all'internoI'Inghilterra armava l'Europa contro la Francia. Il disastro di Trafalgar aveva rovesciato uno dei piani più straordinari che il genio umano abbia inventatoe per mezzo del quale l'Imperatore avrebbe pagato la sua elezione alla Francia con le rovine della potenza inglese. In quel momento si levava il campo di Boulogne. Napoleonei cui soldati eranocome sempreinferiori di numerosi preparava ad attaccar battaglia con l'Europa su campi dove non era ancora apparso. Il mondo intero si preoccupava dell'esito di quella campagna.

- Questa volta soccomberà - disse Roberto che finiva di leggere il giornale.

- Ha contro di lui tutte le forze dell'Austria e della Russia - disse Maria-Paolo.

- E non ha mai combattuto in Germania - aggiunse Paolo-Maria.

- Di chi parlate? - domandò Lorenza.

- Dell'Imperatore - risposero i quattro gentiluomini.

Lorenza gettò sui suoi due innamorati uno sguardo di sdegno che li umiliòma che fece felice Adriano. L'innamorato non corrisposto fece un gesto di ammirazione ed ebbe uno sguardo di orgoglio con cui diceva abbastanza chiaramente cheluipensava solo a Lorenza.

- Lo vedete? L'amore le ha fatto dimenticare l'odio- disse l'abate Goujet a bassa voce.

Fu quello il primol'ultimo e l'unico rimprovero in cui incorsero i due fratelli; main quel momentoessi si trovarono inferiori in amore alla cuginala qualedue mesi dopoapprese il meraviglioso trionfo di Austerlitz solo dalla discussione che il buon d'Hauteserre ebbe coi suoi figli. Fedele al suo progettoil vecchio voleva che i figli domandassero di entrare nell'esercito; senza dubbio sarebbero stati assunti col loro grado e avrebbero potuto ancora avere una bella fortuna militare. Ma il partito monarchico puro era diventato il più forte a Cinq-Cygne. I quattro gentiluomini e Lorenza si burlarono del vecchio prudente che sembrava fiutasse disgrazie nell'avvenire. Forse la prudenza non è tanto una virtù quanto l'esercizio di un senso dello spiritose è possibile accoppiare le due parole; ma certamente verrà un giorno in cui i fisiologi e i filosofi ammetteranno che i sensi sonoper così direla guaina di una viva e penetrante azione che proviene dallo spirito.

Dopo la conclusione della pace tra la Francia e l'Austriaverso la fine del febbraio 1806un parente che al tempo della domanda di cancellazionesi era adoperato per i signori di Simeuse e doveva in seguito dar loro grandi prove di devozioneil già marchese di Chargeboeufle cui proprietà si estendevano dalla Seine-et-Marne all'Aubearrivò dalle sue terre a Cinq-Cygne in una specie di calesse che in quel tempo veniva chiamato per scherzo berlinotta. Quando la povera vettura infilò il breve selciatogli abitanti del castelloi quali facevano colazionescoppiarono a ridere; mariconoscendo la testa calva del vecchioche usciva fra le cortine di cuoio della vecchia berlinottail signor d'Hauteserre lo nominòe allora tutti si alzarono per andare incontro al capo della famiglia Chargeboeuf.

- Abbiamo il torto di farci prevenire - disse il marchese di Simeuse a suo fratello e ai d'Hauteserre - dovevamo andare noi a ringraziarlo.

Un domestico vestito da contadinoche era a cassettapiantò in un tubo di cuoio greggio una frusta da carrettieree saltò giù per aiutare il marchese a scenderema Adriano e il minore dei Simeuse lo prevenneroaprirono la portiera che era attaccata con bottoni di cuoio enonostante le sue protestetrassero fuori il buon uomo. Il marcheseaveva la pretesa di far passare la sua vecchia berlinotta gialla dalla portiera di cuoio per una vettura eccellente e comoda. Il domesticoaiutato da Gothardgià staccava i due buoni grossi cavalli dalla groppa lucenteche servivano senza dubbio tanto ai lavori dei campi quanto alla vettura.

- Con questo freddo? Ma voi siete un prode dei tempi antichi - disse Lorenza al vecchio parenteprendendogli il braccio e conducendolo verso il salotto.

- Non toccava a voi venire a trovare un vecchio fantoccio come me - disse egli con finezza rivolgendo così un rimprovero ai suoi giovani parenti.

"Perché è venuto?" si domandò il buon d'Hauteserre.

Il signor di Chargeboeufgrazioso vecchietto di sessantasette annicoi calzoni chiarile piccole gambe gracili coperte di calze a disegniera incipriatoaveva il codinoe portava un colletto ad ali di piccione. La sua giacca da caccia di panno verde coi bottoni d'oro era ornata di galloni d'oro; e il panciotto bianco abbagliava per gli enormi ricami d'oro. Questo costumeancora di moda tra le persone di etàsi addiceva al suo volto che somigliava assai a quello di Federico il Grande. Egli non metteva mai il tricorno per non sciupare l'effetto della mezza luna disegnata sul cranio da uno strato di cipria. Si appoggiava con la destra a una canna a becco di corvotenendo allo stesso tempo la canna e il cappello con un gesto degno di Luigi Quattordicesimo. Il degno vecchio si sbarazzò del suo mantello di seta ovattata e si adagiò in una poltronatenendo fra le gambe il tricorno e la cannain una posa il cui segreto era appartenuto agli eleganti cortigiani di Luigi Quindicesimoe che lasciava le mani libere di giocherellare con la tabacchieragioiello sempre prezioso. Così il marchese trasse una ricca tabacchiera dalla tasca del panciottoche si chiudeva con una banda ricamata ad arabeschi d'oro. Mentre preparava la sua presa e offriva in giro tabacco con un altro gesto aggraziatoseguito da sguardi affettuosinotò il piacere che la sua visita causava. Mostrò allora di comprendere perché i giovani emigrati avevano mancato al loro dovere verso di lui. Aveva l'aria di dirsi: "Quando si fa all'amorenon si fanno visite".

- Vogliamo tenervi con noi almeno per qualche giorno - disse Lorenza.

- E' impossibile - rispose il signor di Chargeboeuf. - Se non fossimo così separati dagli avvenimentipoiché voi avete superato distanze molto più grandi di quelle che ci tengono lontani gli uni dagli altrisaprestemia carache ho figlienuore e nipoti.

Tutta questa gente sarebbe inquieta non vedendomi tornare questa serae ho da fare ben diciotto leghe.

- Ma avete ottimi cavalli - disse il marchese di Simeuse.

- Oh! vengo da Troyesdove ho avuto da fare ieri.

Dopo le domande d'obbligo sulla famigliasulla marchesa di Chargeboeuf e su quelle cose in realtà indifferentima di cui la cortesia vuole che ci si interessi vivamentesembrò al signor d'Hauteserre che il signor di Chargeboeuffosse venuto per impegnare i suoi giovani parenti a non commettere alcuna imprudenza. Secondo il marchese di Chargeboeufi tempi erano molto cambiati e nessuno poteva sapere che sarebbe stato dell'Imperatore.

- Oh! - disse Lorenza - diventerà Dio.

Il buon vecchio parlò di concessioni da fare. A sentirlo discorrere della necessità di sottomettersicon molto più sicurezza e autorità di quanto non ne mettesse lui in tutte le sue dottrineil signor d'Hauteserre guardò i figli con aria quasi supplichevole.

- Voi servireste quell'uomo? - domandò il marchese di Simeuse al marchese di Chargeboeuf.

- Ma sìse fosse necessario nell'interesse della mia famiglia.

Infine il vecchio fece intravvederema vagamentequalche lontano pericolo; e quando Lorenza lo pregò di spiegarsiegli ingiunse ai quattro gentiluomini di non andare più a caccia e di starsene a casa tranquilli.

- Voi considerate sempre come vostre le terre di Gondreville - disse il signor di Chargeboeuf ai signori di Simeuse - e così mantenete vivo un odio terribile. Vedodalla vostra meravigliache ignorate che a Troyesdove si ricordano del vostro coraggiohanno cattive intenzioni verso di voi. Nessuno si fa scrupolo di raccontare come siete sfuggiti alle ricerche della Polizia Generale dell'Imperoe gli uni vi lodanogli altri vi credono nemici dell'Imperatore. Qualche settario fanatico si meraviglia della clemenza usata da Napoleone verso di voi. Ma questo non è niente. Avete tratto in inganno persone che si credevano più furbe di voie le persone di basso stato non perdonano mai. Presto o tardila Giustiziache nel vostro Dipartimento procede dal vostro nemicoil senatore Malinpoiché egli ha posto dappertutto le sue creature anche negli uffici ministerialila sua giustizia dunquesarà molto contenta di vedervi implicati in un processo rovinoso. Un contadino attaccherà briga con voi quando sarete nel suo campoavrete le armi carichesiete troppo vivie una disgrazia è presto accaduta. Nella vostra situazione bisogna avere cento volte ragione per non aver torto. Non vi parlo così senza un motivo. La Polizia sorveglia sempre il Circondario in cui siete e mantiene un commissario in questo piccolo buco di Arcisapposta per proteggere il senatore dell'impero contro le vostre imprese.

Egli ha paura di voi e lo dice.

- Ma ci calunnia! - esclamò il minore dei Simeuse.

- Vi calunnialo credoio! Ma che cosa crede la gente? Ecco l'importante. Michu puntò il suo fucile sul senatoreche non l'ha dimenticato; e dopo il vostro ritorno la contessa ha preso Michu al suo servizio. Per molte personee per la maggior parte del pubblicoMalin ha dunque ragione. Voi non sapete quanto la posizione degli emigrati sia delicata di fronte a chi possiede i loro beni. Il Prefettoche è un uomo di discernimentomi ha detto qualche parola ieri a vostro riguardo che mi ha preoccupato.

Insommaio non vorrei vedervi qui..

Questa risposta fu accolta da un profondo stupore. Maria-Paolo suonò vivamente.

- Gothard - disse al ragazzo che entrava - andate a chiamare Michu.

L'antico fattore di Gondreville non si fece aspettare.

- Michuamico mio - disse il marchese di Simeuse S vero che volevi uccidere Malin?

- Sìsignor marchesee quando ritorneràlo aspetterò al varco.

- Sai che siamo sospettati di averti spinto all'agguato e che nostra cuginaprendendoti per fattoreè accusata di aver avuto parte nel tuo piano?

- Dio mio! - esclamò Michu - sono dunque maledetto? Non potrò mai sbarazzarvi tranquillamente di Malin?

- Noragazzo miono - riprese Paolo-Maria. - Ma è necessario che tu lasci il paese e il nostro servizio. Ci occuperemo di te; ti metteremo in condizioni di aumentare la tua ricchezza. Vendi tutto quello che possiedi qui e realizza i tuoi fondi. Ti manderemo a Triestepresso un nostro amico che ha vaste relazioni e ti impiegherà molto utilmente fino a quando non verranno tempi migliori per tutti noiqui.

Agli occhi di Michuche restava come inchiodato al pavimentovennero le lacrime.

- C'erano testimoni quando ti sei appostato per tirare a Malin? - domandò il marchese di Chargeboeuf.

- Grévinil notaiostava parlando con luied è ciò che mi ha impedito di ucciderloe fu una fortuna! La signora contessa sa perché - rispose Michu guardando la sua padrona.

- Questo Grévin non è il solo a saperlo? - domandò il signor di Chargeboeuf che sembrava contrariato dall'interrogatoriosebbene fosse fatto in famiglia.

- Lo sa pure quella spia che una volta è venuto per imbrogliare i miei padroni - rispose Michu.

Il signor di Chargeboeufsi alzò come per guardare il giardinoe disse: - Avete saputo trarre un gran vantaggio da Cinq-Cygne. - Poiuscì seguito dai due fratelli e da Lorenza ai quali non sfuggì il senso di quelle parole.

- Voi siete franchi e generosima sempre imprudenti - disse loro il vecchio. - Che io vi avverta di una diceria pubblica che dev'essere una calunnianiente di più naturale; ma ecco che voi ne fate una verità per persone deboli come il signore e la signora d'Hauteserree per i loro figli. Ah! ragazziragazzi! Dovreste lasciare qui Michu e andarvene voi! Ma in ogni casose restate in questo paese scrivete due parole al senatore riguardo a Michuditegli che avete appreso ora da me le voci che corrono sul conto del vostro fattore e che lo avete licenziato.

- Noi! - esclamarono i due fratelli - scrivere a Malinall'assassino di nostro padre e nostra madreallo sfrontato spoliatore del nostro patrimonio!

- Tutto questo è vero; ma egli è uno dei più grandi personaggi della corte imperialeè il re dell'Aube.

- Luiche ha votato la morte di Luigi Sedicesimonel caso in cui l'armata di Condé fosse entrata in Franciaaltrimenti la reclusione perpetua - disse la contessa di Cinq-Cygne.

- Luiche forse ha consigliato la morte del duca d'Enghien! - esclamò Paolo-Maria.

- Eh ! ma se volete ricapitolare i suoi titoli di nobiltà - esclamò il marchese - lui che ha tirato Robespierre per la giacca per farlo cadere quando ha visto che quelli che si sollevavano erano i più numerosilui che avrebbe fatto fucilare Bonapartese avesse fallito il colpo del 18 brumaiolui che rimetterebbe i Borboni sul trono se Napoleone barcollasselui che il più forte troverà sempre al suo fiancopronto a porgergli la spada o la pistola con la quale si finisce un avversario che fa paura! Ma...

ragione di più.

- Siamo caduti molto in basso - disse Lorenza.

- Ragazzi - disse il vecchio marchese di Chargeboeuf prendendoli tutti e tre per la mano e traendoli in disparteverso un praticellocoperto in quei giorni da un leggero strato di neve - voi andrete in collera a sentire il parere di un uomo prudentema ve lo devo dareed ecco ciò che farei al vostro posto: prenderei per mediatore un vecchio fantocciocome me per esempioe lo incaricherei di chiedere un milione a Malin in cambio di una ratificazione della vendita di Gondreville... Oh! acconsentirebbe certamente se la cosa restasse segreta. Voi avresteal tasso attualecento mila franchi di renditae andreste a comprarvi qualche bella terra in un altro angolo della Francialascereste amministrare Cinq-Cygne al signor d'Hauteserree tirereste a sorte a chi di voi due sarebbe il marito di questa bella ereditiera. Ma le parole di un vecchio sono agli orecchi dei giovani come le parole dei giovani agli orecchi dei vecchiun rumore il cui senso sfugge.

Il vecchio marchese fece cenno ai suoi tre parenti che non voleva rispostae ritornò nel salotto dovedurante la loro conversazioneerano venuti l'abate Goujet e sua sorella. La proposta di tirare a sorte la mano della cugina aveva indignato i due Simeusee Lorenza era come disgustata dall'amarezza del rimedio che il parente indicava. Perciòsenza cessare di essere compitifurono tutti e tre meno graziosi verso il vecchio.

L'affetto si era raffreddato. Il signor di Chargeboeufche sentì quella freddezzagettò più voltesulle tre amabili creature uno sguardo pieno di compassione. Sebbene la conversazione divenisse generaleegli tornò sulla necessità di sottomettersi agli avvenimenti e lodò il signor d'Hauteserre perché insisteva a volere che i suoi figli prestassero servizio.

- Bonaparte - disse - fa dei duchi. Ha creato i feudi dell'Impero e farà dei conti. Malin vorrebbe essere conte di Gondreville. E' un'idea che può - aggiunse guardando i signori di Simeuse-esseni utile. - O funesta - disse Lorenza.

Non appena i cavalli furono attaccatiil marchese uscì accompagnato da tutti. Quando fu in vetturafece cenno a Lorenzaed essa venne a posarsi sulla predella con la leggerezza di un uccello.

- Non siete una donna qualunquee dovreste comprendermi - le disse all'orecchio. - Malin ha troppi rimorsi per lasciarvi tranquillivi tenderà qualche insidia. Almeno siate prudenti in tutte le vostre azionianche nelle più leggere! Infine venite a una transazioneecco la mia ultima parola.

I due fratelli rimasero ritti accanto alla cuginain mezzo al pratoguardando immobili la carrozza che girava la cancellata e correva sulla strada di Troyespoiché Lorenza aveva riferito loro le ultime parole del buon uomo. L'esperienza avrà sempre il torto di mostrarsi in una vecchia carrozzain calze a disegnie con un codino sulla nuca. Nessuno di quei giovani cuori poteva comprendere il profondo cambiamento che si operava in Francial'indignazione eccitava loro i nervi e l'onore ribolliva loro nelle vene con il nobile sangue.

- Il capo dei Chargeboeuf! - disse il marchese di Simeuse - un uomo che ha per motto "Venga uno più forte!" ("Adsit fortior!")uno dei più bei gridi di guerra.

- E' diventato un manzo - disse Lorenza sorridendo con amarezza.

- Non siamo più ai tempi di san Luigi - riprese il minore dei Simeuse.

- "Morire cantando!" - esclamò la contessa. - Il grido delle cinque fanciulle che fecero la nostra casa sarà il mio.

- E il nostro è: "Qui muoio!". Perciò non daremo quartiere! - riprese il maggiore dei Simeuse - poichése ci mettiamo a rifletteretroveremmo che il Bue nostro parente ha saggiamente ruminato ciò che è venuto a dirci. Gondreville diventare il nome d'un Malin!

- La casa! - esclamò il minore.

- Mansard l'ha ideata per la nobiltà e il Popolo ci farà i suoi figli! - disse il maggiore.

- Se questo dev'essere preferirei veder bruciare Gondreville! - esclamò la signorina di Cinq-Cygne.

Un uomo del villaggio che veniva a vedere un vitello che gli vendeva il buon d'Hauteserresentì questa frase uscendo dalla stalla.

- Rientriamo - disse Lorenza sorridendo - stavamo per commettere un'imprudenza e dar ragione a un bue a proposito di un vitello.

Mio povero Michu- disse poi entrando nel salotto - avevo dimenticato la tua scappatama neppure noi siamo in odore di santità nel paeseperciò tu non comprometterci. Hai qualche altro peccatuccio da rimproverarti?

- Mi rimprovero di non aver ucciso l'assassino dei miei vecchi padroni prima di accorrere in aiuto dei giovani.

- Michu! - esclamò il curato.

- Ma non lascerò il paese - continuò Michu senza badare all'esclamazione del curato - se non quando avrò saputo che voi siete al sicuro. Vedo gironzolare certi tipi che non mi piacciono affatto. L'ultima volta che siamo andati a caccia nella forestami si è avvicinata quella specie di guardia campestre che mi ha sostituito a Gondrevillee mi ha domandato se quella terra fosse nostra. "Oh! ragazzo mio"gli ho dettoè difficile disabituarsi in due mesi dalle cose che si sono fatte per due secoli.

- Hai fatto maleMichu - disse il marchese di Simeuse sorridendo di piacere.

- E che ha rispostolui ? - domandò il signor d'Hauteserre.

- Ha detto - riprese Michu - che avrebbe informato il senatore delle nostre pretese.

- Conte di Gondreville! - riprese il maggiore dei d'Hauteserre. - Ah! che bella mascherata! Infattisi dice Maestà a Bonaparte.

- E Altezza a monsignor il Granduca di Berg - disse il curato.

- Chi è costui? - fece il signore di Simeuse.

- Muratil cognato di Napoleone - disse il vecchio d'Hauteserre.

- Bene - riprese la signorina di Cinq-Cygne. - E si dice Maestà anche alla vedova del marchese di Beauharnais ?

- Sìsignorina - disse il curato.

- Dovremmo andare a Parigia veder tutto questo! esclamò Lorenza.

- Ahimè! signorina - disse Michu - io ci sono andato per mettere mio figlio al liceoe vi posso giurare che non c'è da scherzare con ciò che chiamano la Guardia imperiale. Se tutto l'esercito è fatto su quel modellola cosa può durare più di noi.

- Si parla di famiglie nobili che prestano servizio- disse il signor d'Hauteserre.

- E secondo le leggi in vigorei vostri figli riprese il curato - saranno obbligati a essere militari. La legge non conosce più né cetiné nomi.

- Quell'uomo con la sua corteci fa più male della Rivoluzione con la sua mannaia! - esclamò Lorenza.

- La Chiesa prega per lui - disse il curato.

Queste paroledette di filaerano tanti commenti ai saggi consigli del vecchio marchese di Chargeboeuf; ma quei giovani avevano troppa fedetroppo onore per accettare una transazione.

Si dicevano anche ciò che in ogni epoca si sono detti i partiti vinti: che la prosperità dei partito vincitore sarebbe finitache l'Imperatore era sostenuto soltanto dall'esercitoche presto o tardi il Fatto avrebbe ceduto dinanzi al Dirittoecceteraeccetera. Nonostante queste previsionicaddero nella fossa scavata ai loro piedie che persone prudenti e docili come il buon d'Hauteserre avrebbero evitata. Se gli uomini volessero essere sinceririconoscerebbero che mai la sventura si è abbattuta su di loro senza che essi ne abbiano ricevuto un qualche avvertimento manifesto od occulto. Molti non hanno compreso il senso profondo di tale avvertimento misterioso o visibile se non dopo il disastro.

- In ogni casola signora contessa sa che non posso lasciare il paese senza aver reso i conti - disse Michu sotto voce alla signorina di Cinq-Cygne.

Per tutta risposta essa fece un cenno d'intesa al fattoreche se ne andò. Michuche vendette subito le sue terre a Beauvisageil fattore di Bellachenon poté riscuotere prima di una ventina di giorni. Dunqueun mese dopo la visita del marchese di ChargeboeufLorenzache aveva rivelato ai cugini l'esistenza della loro fortunapropose loro di scegliere il giorno di mezza quaresima per ritirare il milione sotterrato nella foresta. La grande quantità di neve caduta aveva impedito fino allora Michu di andare a cercare il tesoro; ma egli teneva a compiere questa operazione insieme coi suoi padroni. Michu voleva assolutamente lasciare il paeseaveva paura di se stesso.

- Malin è arrivato improvvisamente a Gondrevillesenza che si sappia perché - disse il fattore alla padrona - e io non potrei resistere alla tentazione di far mettere in vendita Gondreville in seguito al decesso del proprietario. Mi credo quasi colpevole a non seguire le mie ispirazioni.

- Per quali ragioni avrà lasciato Parigi in pieno inverno?

- Tutta Arcis ne parla - rispose Michu. - Ha lasciato la famiglia a Parigied è accompagnato solo dal suo cameriere. Il signor Grévinnotaio di Arcisla signora Marionmoglie del Ricevitore generale dell'Aubee cognata del Marion che ha prestato il nome a Malingli tengono compagnia. Lorenza considerò la mezza quaresima come un giorno eccellenteperché le permetteva di liberarsi dei domestici. Le mascherate attiravano i contadini in città e nessuno rimaneva nei campi. Ma la scelta del giorno servì precisamente alla fatalità che s'è riscontrata in molte azioni criminose. Il caso fece i suoi calcoli con tanta abilità quanta ne mise la signorina di Cinq-Cygne nel fare i suoi. L'inquietudine del signore e della signora d'Hauteserrea sapersi padroni di un milione e cento mila franchi in oro in un castello situato al margine di una forestasarebbe stata così grandeche i due figliconsultatifurono anch'essi del parere di non dir loro nulla. La spedizione fu concertata in segreto fra GothardMichui quattro gentiluomini e Lorenza. Dopo molti calcolisembrò possibile mettere quarantotto mila franchi in un lungo sacco sulla groppa di un cavallo. Tre viaggi sarebbero bastati. Per prudenzasi convenne dunque di mandare tutti i domesticila cui curiosità poteva essere pericolosaa Troyesa vedere i divertimenti della mezza quaresima. CaterinaMarta e Durieusui quali si poteva contaresarebbero restati a custodire il castello. I domestici accettarono ben volentieri la libertà che si dava loroe partirono prima dell'alba. Gothardaiutato da Michugovernò e sellò i cavalli di buon'ora. La carovana prese per la via dei giardini di Cinq-Cygnee di là padroni e servitori raggiunsero la foresta. Nel momento in cui montavano a cavallopoiché la porta del parco era così bassa che ognuno aveva dovuto fare il parco a piedi tenendo il cavallo per la brigliail vecchio Beauvisagefattore di Bellachesi trovò a passare.

- Andiamo! - esclamò Gothard - viene qualcuno.

- Oh! sono io - disse l'onesto fattore spuntando. Salutesignori.

Andate dunque a caccia nonostante i divieti della prefettura? Non sarò io a protestarema state in guardia! Se avete degli amiciavete anche dei nemici.

- Oh! - disse sorridendo il grosso d'Hauteserre Dio voglia che la nostra caccia riescae tu ritroverai i tuoi padroni.

Queste parolealle quali gli eventi dettero un tutt'altro significatovalsero a Roberto uno sguardo severo di Lorenza. Il maggiore dei Simeuse credeva che Malin avrebbe restituito le terre di Gondreville in cambio di una indennità. Quei ragazzi volevano fare il contrario di ciò che aveva loro consigliato il marchese di Chargeboeuf. Robertoil quale condivideva le loro speranzeci pensava dicendo quelle fatali parole.

- In ogni casoacqua in boccavecchio mio - disse a Beauvisage Michu che partì l'ultimo prendendo la chiave della porta.

Era una di quelle belle giornate della fine di marzo quando l'aria è asciuttala terra nettail cielo puroe l'aria intiepidita forma una specie di controsenso con gli alberi senza foglie. Il tempo era così mite che già si scorgevano delle macchie di verde qua e là nella campagna.

- Noi andiamo a cercare un tesoromentre siete voicuginail tesoro della nostra casa - disse sorridendo il maggiore dei Simeuse.

Lorenza camminava innanziavendo a ciascun lato del cavallo uno dei cugini. I due d'Hauteserre la seguivanoseguiti a loro volta da Michu. Gothard andava innanzi a tutti per esplorare la strada.

- Poiché stiamo per recuperarealmeno in partele nostre ricchezzesposate mio fratello - disse a bassa voce il minore. - Vi adorae voi sarete tanto ricca quanto devono esserlo i nobili di oggi.

- Nolasciate a lui tutta la sua fortunae io sposerò voiio che sono abbastanza ricca per due - rispose Lorenza.

- Così sia - esclamò il marchese di Simeuse. - E io vi lascerò per andare in cerca di una donna degna di essere vostra sorella.

- Dunque mi amate meno di quel che credevo riprese Lorenza con un'espressione di gelosia.

- No; vi amo tutti e due più di quanto mi amiate voi - rispose il marchese.

- Così vi sacrifichereste? - domandò Lorenza al maggiore dei Simeuse volgendogli uno sguardo che esprimeva una momentanea preferenza.

Il marchese tacque.

- Ebbene! Allora io non penserei che a voie questo sarebbe insopportabile per mio marito - riprese la fanciullaalla quale quel silenzio strappò un moto d'impazienza.

- E io come potrei vivere senza di te? - esclamò il minore guardando il fratello.

- Ma non potete sposarci tutti e due - disse il marchese. Eaggiunse col tono brusco di un uomo colpito al cuore - è tempo di prendere una decisione.

Spinse il cavallo in avantiperché i due d'Hauteserre non sentissero. Il cavallo di suo fratello e quello di Lorenza fecero lo stesso movimento. Quando ebbero messo un sufficiente intervallo fra loro e gli altri treLorenza volle parlarema le lacrime furono dapprima il suo solo linguaggio.

- Me ne andrò in un convento - disse alla fine.

- E lascereste finire i Cinq-Cygne? - disse il minore dei Simeuse.

- Einvece di un solo infelice che acconsente a esserlone fareste due! Noquello di noi due che sarà soltanto vostro fratello si rassegnerà. Quando abbiamo saputo che non eravamo così poveri come credevamoci siamo spiegati - disse guardando il marchese. - Se sono io il preferitotutta la nostra fortuna appartiene a mio fratello. Se sono l'infeliceegli me la cedeinsieme coi titoli di Simeusepoiché lui diventerà Cinq-Cygne! In ogni casocolui che non sarà felice avrà i mezzi di farsi uno stato. Poise si sente morir di doloreandrà a farsi uccidere in guerraper non rattristare i due sposi.

- Siamo veri cavalieri del medio evosiamo degni dei nostri padri! - esclamò il maggiore. - ParlateLorenza.

- Non vogliamo rimanere così - disse il minore.

- Non credereLorenzache il sacrificio manchi di ogni voluttà - disse il maggiore.

- Miei cari - disse Lorenza - non sono capace di decidermi. Voglio bene a tutti e due come se foste un essere soloe come vi voleva bene vostra madre! Dio ci aiuterà. Io non sceglierò. Ci affideremo al casoma ad una condizione.

- Quale?

- Chi di voi due diverrà mio fratello mi resterà vicino fino a quando non gli avrò permesso di lasciarmi. Voglio essere io sola a giudicare se la partenza sarà opportuna.

- Sì - dissero i fratelli senza spiegarsi l'idea della cugina.

- Il primo di voi due al quale la signora d'Hauteserre rivolgerà la parola questa sera a tavoladopo il Benedicitesarà mio marito. Ma nessuno di voi userà la frodeprovocando la signora d'Hauteserre a interrogarlo. - Giocheremo lealmente - disse il minore.

Ognuno dei due fratelli baciò la mano di Lorenza. La certezza di una soluzione che tanto l'uno quanto l'altro poteva credere favorevole a sérese i due gemelli estremamente allegri.

- In ogni modocara Lorenzatu farai un conte di Cinq-Cygne - disse il maggiore.

- E noi due giocheremo a chi non sarà Simeuse disse il minore.

- Io credo chedi questo passola signora non resterà a lungo ragazza - disse Michu dietro ai due d'Hauteserre. - I miei padroni sono molto allegri. Se la padrona fa la sua sceltanon partovoglio trovarmi alle nozze!

Nessuno dei due d'Hauteserre rispose. Improvvisamente una gazza spiccò il volo fra i due d'Hauteserre e Michuil qualesuperstizioso come gli esseri primitivicredette di sentir suonare le campane di un mortorio. La giornata cominciò dunque lietamente per gli innamoratichequando sono insieme nei boschiraramente badano alle gazze. Michucon la pianta fra le maniriconobbe i posti; i quattro gentiluomini si erano muniti ciascuno di una zappa: le somme furono trovate. La parte della foresta dove esse erano state nascoste era solitarialontana dal traffico e da ogni abitazione; perciò la carovana carica d'oro non incontrò nessuno. E fu una disgrazia. Venendo da Cinq-Cygne per cercare gli ultimi duecento mila franchila carovanaincoraggiata dal successoprese una strada più diretta di quella percorsa nei viaggi precedenti. La strada passava per un'altura da cui si vedeva il parco di Gondreville.

- Un incendio! - disse Lorenza scorgendo una colonna di fuoco bluastro.

- E' qualche fuoco di festa - rispose Michu.

Lorenza che conosceva ogni sentiero della forestalasciò la carovana e corse a spron battuto fino al padiglione di Cinq-Cygnel'antica abitazione di Michu. Sebbene il padiglione fosse deserto e chiusoil cancello era apertoe le tracce del passaggio di molti cavalli attrassero lo sguardo di Lorenza. La colonna di fumo s'innalzava da un prato del parco inglese dove essa suppose che bruciassero delle erbe.

- Ah! ci siete anche voisignorina - esclamò Violetta che uscì a gran galoppo dal parco sul suo cavalluccioe si fermò davanti a Lorenza. - Ma è una burla di carnevalenon è vero? non lo uccideranno.

- Chi?

- I vostri cugini non vogliono la sua morte.

- La morte di chi?

- Del senatore.

- Sei pazzoVioletta!

- Ebbeneche fate qui allora?

All'idea di un pericolo corso dai suoi cuginil'intrepida cavalcatrice dette di sprone e arrivò sul terreno nel momento in cui si caricavano i sacchi.

- Attenzione! Non so che cosa accadama torniamo a Cinq-Cygne!

Mentre i gentiluomini erano occupati a trasportare il tesoro messo in salvo dal vecchio marcheseuna strana scena aveva luogo nel castello di Gondreville.

Alle due del pomeriggioil senatore e il suo amico Grévin facevano una partita a scacchi davanti al fuoconel salone del pianterreno. La signora Grévin e la signora Marion conversavano all'angolo del caminetto sedute sopra un divano. Tutti i domestici del castello erano andati a vedere una curiosa mascherata annunciata molto tempo prima nel circondario di Arcis. C'era andata anche la famiglia del guardiano che aveva preso il posto di Michu nel padiglione di Cinq-Cygne. Il cameriere del senatore e Violetta si trovavano perciò soli al castello. Il portinaiodue giardinieri e le loro mogli si trovavano ai loro posti; ma il loro padiglione era situato all'entrata dei cortilialla fine dello stradale di Arcise la distanza che separava quell'edificio dal castello non permetteva di udire un colpo di fucile. D'altronde quei domestici se ne stavano sulla soglia della porta e guardavano nella direzione di Arcische è a una mezza lega di lìcon la speranza di veder arrivare la mascherata. Violetta aspettava in una vasta anticamera il momento di essere ricevuto dal senatore e Grévinper trattare il rinnovo dell'affitto. In quel momentocinque uomini mascherati e inguantatii qualinella staturanei modi e nel portamentosomigliavano ai signori d'Hauteserreai due Simeuse e a Michupiombarono sul cameriere e su Violettali imbavagliarono e li legarono a due sedie nella dispensa.

Nonostante la rapidità degli aggressoril'operazione non fu fatta senza che il cameriere e Violetta gettassero un grido. Il grido fu inteso nel salonee le due donne lo vollero interpretare come un grido di spavento.

- Ascoltate! - disse la signora Grévin - sono ladri.

- Bah! è un grido di mezza-quaresima! - disse Grévin - arrivano maschere al castello.

Questa discussione dette il tempo ai cinque sconosciuti di chiudere le porte che davano sul cortile d'onoree di rinchiudere il cameriere e Violetta. La signora Grévindonna testardavolle assolutamente sapere la causa del rumore; uscì e cadde nelle mani delle cinque maschereche la conciarono come avevano conciato Violetta e il cameriere; poi irruppero nel salonedove i due più forti s'impadronirono del conte di Gondrevillelo imbavagliarono e lo portarono via attraverso il parcomentre gli altri tre imbavagliavano e legavano anche la signora Marion e il notaio ciascuno a una poltrona. L'esecuzione di questo attentato non durò più di mezz'ora. I tre sconosciutiraggiunti ben presto da quelli che avevano rapito il senatorerovistarono il castello dalle cantine alle soffitte. Aprirono tutti gli armadi senza forzare le serrature; esplorarono i murie furono insomma i padroni fino alle cinque di sera. Allora il cameriere finì di lacerare coi denti le corde che legavano le mani di Violettae questisbarazzato del suo bavagliosi mise a gridare aiuto. A sentir quelle gridai cinque sconosciuti uscirono nel giardinosaltarono su cavalli simili a quelli di Cinq-Cygnee fuggironoma non tanto velocemente da impedire a Violetta di scorgerli. Dopo aver liberato il cameriereche sciolse le donne e il notaioVioletta inforcò il suo cavalluccio e corse dietro ai malfattori.

Arrivando al padiglionefu stupefatto tanto di vedere aperti i due battenti del cancelloquanto di trovare la signorina di Cinq- Cygne alla vedetta.

Quando la giovane contessa fu sparitaVioletta fu raggiunto da Grévin a cavalloaccompagnato dalla guardia campestre del comune di Gondrevillea cui il portinaio aveva dato un cavallo delle scuderie del castello. La moglie del portinaio era andata ad avvertire la gendarmeria di Arcis. Violetta riferì subito a Grévin il suo incontro con Lorenza e la fuga dell'audace fanciullail cui carattere profondo e deciso era ad essi ben noto.

- Faceva la spia - disse Violetta.

- E' possibile che siano stati i nobili di Cinq-Cygne a fare il colpo? - esclamò Grévin.

- Come! - rispose Violetta - non avete riconosciuto il grosso Michu? E' lui che si è gettato addosso a me. Ho sentito la sua mano. D'altronde i cinque cavalli erano proprio quelli di Cinq- Cygne.

Vedendo le tracce dei ferri dei cavalli sulla sabbia del crocicchio e nel parcoil notaio lasciò la guardia campestre al cancelloperché badasse alla conservazione delle preziose improntee mandò Violetta a chiamare il giudice di pace di Arcis per farle constatare. Poi tornò senza indugio al salone del castello di Gondrevilledove giungevano il tenente e il sotto- tenente della gendarmeria imperiale accompagnati da quattro uomini e da un brigadiere. Il tenente eracom'è facile supporreil brigadiere al qualedue anni primaFrancesco aveva rotto la testae a cui Corentin aveva fatto conoscere il suo malizioso avversario. L'uomodi nome Giguetil cui fratello prestava servizio e divenne uno dei migliori colonnelli di artiglieriaera apprezzato come un buon ufficiale di gendarmeria. In seguito fu promosso comandante dello squadrone dell'Aube. Il sotto-tenentedi nome Welffaveva un tempo condotto Corentin da Cinq-Cygne al padiglionee dal padiglione a Troyes. Strada facendoil Parigino aveva sufficientemente informato l'Egiziano di quello che egli chiamava l'astuzia di Lorenza e di Michu. I due ufficiali dovevano dunque mostraree mostrarono infatti un grande zelo contro gli abitanti di Cinq-Cygne. Malin e Grévinl'uno per conto dell'altroavevano lavorato tutti e due al Codice detto di brumaio anno quartoopera giudiziaria della Convenzione detta nazionalepromulgata dal Direttorio. Perciò Grévinche conosceva a fondo quella legislazionepoté operare in quel processo con una terribile celeritàma con una prevenzione che divenne certezza riguardo alla responsabilità di Michudei signori d'Hauteserre e di Simeuse. Oggi nessunotranne qualche vecchio magistratoricorda l'organizzazione di quella giustizia che Napoleone rovesciava proprio allora promulgando i suoi Codici e istituendo la magistratura che regge al presente la Francia.

Il Codice di Brumaio anno quarto riservava al direttore del giurì del Dipartimento d'istruire immediatamente il delitto commesso a Gondreville. Notateper incidenzache la Convenzione aveva cancellato dalla lingua giudiziaria la parola crimine. Essa non ammetteva che infrazioni alla leggeinfrazioni comportanti ammendeprigioniapene infamanti o afflittive. La morte era una pena afflittiva. Nondimenola pena di morte doveva essere soppressa dopo la pace ed essere sostituita con ventiquattro anni di lavori forzati. La Convenzione dunque stimava che ventiquattro anni di lavori forzati equivalessero alla pena di morte. Che dire di un Codice penale che infliggeva i lavori forzati a vita?

L'ordinamento preparato allora dal Consiglio di Stato di Napoleone sopprimeva la magistratura dei direttori del giurì che riunivanoinfattipoteri enormi. Riguardo all'istruttoria e all'atto di accusail direttore del giurì era allo stesso tempo agente della polizia giudiziariaprocuratore del regiudice istruttore e Corte Reale. Soltanto che la sua procedura e il suo atto di accusa erano sottoposti al visto di un commissario del Potere Esecutivo e al verdetto di otto giurati ai quali egli esponeva i fatti risultanti dalla sua istruttoriache ascoltavano i testimoni e gli accusati e pronunciavano un primo verdettochiamato verdetto d'accusa. Il direttore doveva esercitare sui giuratiriuniti nel suo gabinettouna influenza tale che essi potevano essere soltanto i suoi collaboratori. Questi giurati costituivano il giurì di accusa. Ma ve ne erano altri che componevano il giurì presso il tribunale criminaleincaricato di giudicare gli accusati. Per distinguersi dai giurati di accusasi chiamavano giurati di giudizio. Il tribunale criminaleal quale Napoleone aveva dato da poco il nome di Corte criminalesi componeva di un Presidentedi quattro giudicidel pubblico Accusatoree di un commissario del Governo. Tuttavia dal 1799 al 1806vi furono delle Corti dette specialiche in certi Dipartimenti giudicavano senza giurati certi misfattied erano composte da giudici presi dal tribunale civile che si riuniva in Corte Speciale. Questo contrasto della giustizia speciale con la giustizia criminale comportava questioni di competenza che venivano decise dal tribunale di cassazione. Se il Dipartimento dell'Aube avesse avuto la sua Corte Specialeil giudizio dell'attentato commesso contro un senatore dell'Impero le sarebbe stato senza dubbio deferito; ma un dipartimento così tranquillo era esente da questa giurisdizione eccezionaleGrévin dunque mandò in tutta fretta il sotto-tenente dal direttore del giurì di Troyes. L'Egiziano corse a briglia scioltae tornò a Gondreville portando in vettura di posta quel magistrato quasi sovrano.

Il direttore del giurì di Troyes era un antico tenente di Podesteriaantico segretario stipendiato di uno dei comitati della Convenzioneamico di Malin che gli aveva procurato l'impiego. Il magistratodi nome Lechesneaubene esperto nella vecchia giustizia criminaleavevacome Grévinmolto aiutato Malin nei suoi lavori giudiziari alla Convenzione. Perciò Malin lo aveva raccomandato a Cambacérèsil quale lo aveva nominato Procuratore generale in Italia. Sfortunatamente per la sua carrieraLechesneau aveva avuto una relazione con una gran dama di Torinoe Napoleone era stato costretto a destituirlo per evitargli un processo correzionale intentato dal marito a causa della sottrazione di un figlio adulterino. Lechesneau dunqueche doveva tutto a Maline indovinava l'importanza di un simile attentatoaveva condotto il capitano della gendarmeria e un picchetto di dodici uomini.

Prima di partireegli si era inteso naturalmente col prefettoil qualepoiché era già nottenon poté servirsi del telegrafo. Fu quindi spedita una staffetta a Parigi per informare di quel delitto inaudito il ministro della Polizia Generaleil Gran Giudice e l'Imperatore. Lechesneau trovò nel salone di Gondreville le signore Marion e Grévin Violettail cameriere del senatoree il giudice di pace assistito dal suo cancelliere. Le perquisizioni erano state già fatte nel castello. Il giudice di paceaiutato da Grévinraccoglieva con diligenza i primi elementi dell'istruttoria. Il magistrato fu subito colpito dalla perfetta organizzazione rivelata dalla scelta del giorno e dell'ora. L'ora impediva di cercare immediatamente indizi e prove. In quella stagione alle cinque e mezzomomento in cui Violetta aveva potuto inseguire i delinquentiè quasi notte; eper i malfattorila notte è spesso l'impunità. Scegliere un giorno di festaquando tutti sarebbero andati a vedere la mascherata di Arcise il senatore si sarebbe trovato solo in casanon significava evitare i testimoni?

- Rendiamo giustizia alla perspicacia degli agenti della Prefettura di polizia - disse Lechesneau. - Non hanno mai cessato di metterci in guardia contro i nobili di Cinq-Cygnee ci hanno avvertiti che prima o poi essi avrebbero tentato qualche brutto colpo.

Sicuro della sollecitudine del prefetto dell'Aubeil quale per far cercare le tracce dei cinque uomini mascherati e del senatoreaveva spedito staffette in tutte le prefetture intorno a TroyesLechesneau cominciò a porre le basi della sua istruttoria. Questo lavoro fu eseguito rapidamente da due teste giudiziarie così forti com'erano quelle di Grévin e del giudice di pace. Il giudice di pacedi nome Pigoultantico primo scrivano dello studio in cui Malin e Grévin avevano imparato i cavilli del foro a Parigifu nominato tre mesi dopo Presidente del tribunale di Arcis. Per quanto concerneva MichuLechesneau conosceva le minacce fatte in precedenza da quell'uomo al signor Marione l'agguato a cui il senatore era sfuggito nel suo parco. Questi due fatti dei quali l'uno era conseguenza dell'altrodovevano essere le premesse dell'attuale attentatoe indicavano l'antico guardiano come il capo dei malfattoritanto più che Grévinsua moglieVioletta e la signora Marion dichiaravano di aver riconosciuto fra i cinque individui mascherati un uomo somigliante in tutto a Michu. Il colore dei capelli e dei favoriti e la statura tarchiata dell'individuo rendevano quasi inutile il suo travestimento. Del restochi altroall'infuori di Michuavrebbe potuto aprire il cancello di Cinq-Cygne con una chiave? Il guardiano e sua moglieinterrogati non appena furono tornati da Arcisdeposero di aver chiuso a chiave i due cancelli. E i cancelliesaminati dal giudice di paceassistito dalla guardia campestrenon avevano mostrato nessuna traccia di effrazione.

- Quando lo mettemmo alla portaavrà certamente consegnato le doppie chiavi del castello - disse Grévin. - Ma deve aver meditato qualche colpo disperatopoiché in venti giorni ha venduto i suoi benie ne ha intascato il prezzo nel mio studio avant'ieri.

- Gli avranno gettato tutta la faccenda sulle spalle - esclamò Lechesneau colpito da quella circostanza. - E' stato sempre la loro anima dannata.

Chi meglio dei signori di Simeuse e d'Hauteserrepoteva conoscere gli abitanti del castello? Nessuno degli assalitori si era ingannato nelle sue ricercheavevano girato dapertutto con una sicurezza che provava che la masnada sapeva bene quello che volevae sapeva soprattutto dove andare a prenderlo. Nessuno degli armadi che essi avevano lasciato aperti era stato forzato; dunque i malfattori ne avevano le chiaviecosa strana! non si erano concessa la minima ruberia. Non si trattava dunque di furto.

InfineViolettadopo aver riconosciuto i cavalli del castello di Cinq-Cygneaveva trovato la contessa in agguato davanti al padiglione del guardiano. Da questo insieme di fatti e deposizionirisultavanoanche per il giudice più imparzialepresunzioni di colpevolezzaa carico dei signori di Simeused'Hauteserre e di Michuche degenerarono in certezza per un direttore di giurì. Ora che volevano fare del futuro conte di Gondreville? Costringerlo a una retrocessione della sua terraper l'acquisto della quale l'amministratorefin dal 1799annunciava di avere i capitali? A questo punto le cose cambiavano d'aspetto.

Il sapiente criminalista si domandò quale poteva essere lo scopo delle attive ricerche fatte nel castello. Se si fosse trattato di una vendettai delinquenti avrebbero potuto uccidere Malin. Forse il senatore era già morto e sotterrato. Il ratto però indicava un sequestro di persona. Perché il sequestro dopo le ricerche compiute al castello? Certoera una pazzia credere che il ratto di un dignitario dell'Impero sarebbe rimasto per lungo tempo segreto! La rapida pubblicità che doveva avere un simile attentatone annullava i benefici.

A queste obiezioniPigoult rispose che non sempre la Giustizia poteva indovinare tutti i moventi degli scellerati. In ogni processo criminalefra il giudice e il delinquenteesistevano zone oscure; nella coscienza ci sono abissi in fondo ai quali l'occhio umano non penetra se non mediante la confessione del colpevole.

Grévin e Lechesneau crollarono il capo in segno di approvazionesenza per questo cessare di rivolgere lo sguardo alle tenebre che tenevano a rischiarare.

- Eppurel'Imperatore ha loro concesso la grazia disse Pigoult a Grévin e alla signora Marion - e li ha cancellati dalla listasebbene essi fossero dell'ultima cospirazione ordita contro di lui!

Lechesneausenza più indugiarespedì tutta la gendarmeria nella foresta e nella valle di Cinq-Cygnefacendo accompagnare Giguet dal giudice di paceil qualeai termini del Codicedivenne il suo ufficiale ausiliare di polizia giudiziaria; lo incaricò di raccogliere nel comune di Cinq-Cygne gli elementi dell'istruttoriadi procedere se occorresse a tutti gli interrogatorieper maggior diligenzadettò rapidamente e firmò il mandato di arresto di Michua carico del quale le prove sembravano evidenti. Partiti i gendarmi e il giudice di paceLechesneau riprese l'importante lavoro dei mandati d'arresto da spiccare contro i Simeuse e i d'Hauteserre. Secondo il Codicequesti atti dovevano contenere tutte le accuse che pesavano sui colpevoli. Giguet e il giudice di pace si recarono così rapidamente a Cinq-Cygne che incontrarono i domestici del castello i quali tornavano da Troyes. Arrestati e condotti dinanzi al sindacodove furono interrogaticiascuno di essiignorando l'importanza della rispostadisse di aver ricevuto il giorno prima il permesso di andare a Troyes per tutta la giornata. A una domanda del giudice di paceognuno rispose ugualmente che era stata la signorina a offrir loro di prendersi quel divertimento al quale essi non avevano pensato. Queste deposizioni parvero così gravi al giudice di paceche inviò l'Egiziano a Gondreville a pregare Lechesneau di venire a procedere lui stesso all'arresto dei gentiluomini di Cinq-Cygnecon lo scopo di operare simultaneamentedato che egli si trasferiva alla fattoria di Michuper sorprendervi il preteso capo dei malfattori. Questi nuovi elementi sembrarono tanto decisiviche Lechesneau partì subito per Cinq-Cygneraccomandando a Grévin di far conservare accuratamente le impronte lasciate dai cavalli nel parco. Il direttore del giurì sapeva bene quale piacere avrebbe causato a Troyes la sua procedura contro antichi nobilinemici del popolodivenuti nemici dell'Imperatore. In tale disposizione d'animoun magistrato prende facilmente dei semplici indizi per prove evidenti. Tuttaviamentre andava da Gondreville a Cinq-Cygne nella carrozza del senatoreLechesneauil quale sarebbe riuscito certamente un grande magistrato senza la passione che era stata la causa della sua disgraziapoiché l'Imperatore si era fatto morigeratotrovò l'audacia dei giovani e di Michu troppo folle e poco in armonia col senno della signorina di Cinq-Cygne. Fra séegli suppose scopi diversi da quello di strappare al senatore una retrocessione di Gondreville. In ogni ufficioe anche nella magistraturaesiste quella che si deve chiamare la coscienza del mestiere. I dubbi di Lechesneau venivano da questa coscienza che ogni uomo mette a compiere i doveri che egli amae che accompagna gli scienziati nella scienzagli artisti nell'artei giudici nella giustizia. Perciò i giudici offrono agli accusati più garanzie che i giurati. Il magistrato si affida soltanto alle leggi della ragionementre il giurato si lascia trascinare dalle onde del sentimento. Il direttore del giurì rivolse a se stesso molte domandeproponendosi di cercare le risposte soddisfacenti proprio nell'arresto dei colpevoli. La notizia del rapimento del senatoresebbene agitasse di già la città di Troyesera ancora ignorata ad Arcis alle otto di seraperché erano tutti a cenaquando si venne a chiamare i gendarmi e il giudice di pace; a Cinq-Cygne poi nessuno la conosceva e per la seconda volta la valle e il castello venivano circondatima questa volta dalla Giustizia e non dalla Polizia: le transazionipossibili con l'unasono spesso impossibili con l'altra.

Lorenza aveva soltanto dovuto dire a Martaa Caterina e ai Durieu di rimanere nel castello senza uscire né guardare fuoriper essere strettamente obbedita da loro. A ciascun viaggioi cavalli si erano fermati nella strada incassatadi fronte alla brecciae di làRoberto e Michui più robusti della compagniaavevano potuto trasportare in segreto i sacchiattraverso la brecciain una cantina situata sotto la scala della torre detta della Signorina. Arrivati al castello verso le cinque e mezzoi quattro gentiluomini e Michu si misero subito a sotterrarvi l'oro. Lorenza e i d'Hauteserre giudicarono conveniente di murare il sotterraneoe Michu si incaricò di questa operazione facendosi aiutare da Gothardil quale corse alla fattoria a prendere alcuni sacchi di gesso che vi erano rimasti fin dal tempo della costruzione; e Marta tornò a casa per consegnare in segreto i sacchi a Gothard.

La fattoria costruita da Michu si trovava sull'altura di dove una volta egli aveva scorto i gendarmie ci si andava per la strada incassata. Michuche aveva una gran famesi sbrigò tanto cheverso le sette e mezzaaveva già finito il suo lavoro. Tornava a passo svelto per impedire che Gothard portasse un ultimo sacco di gesso di cui aveva creduto di aver bisogno. La fattoria era già accerchiata dalla guardia campestre di Cinq-Cygnedal giudice di pacedal suo cancelliere e da tre gendarmii qualisentendolo veniresi nascosero e lo lasciarono entrare.

Michu scorse Gothard con un sacco sulle spallee gli gridò da lontano:

- Ho finitoragazzoriportalo dove l'hai presoe vieni a mangiare con noi.

Michucol sudore alla frontee col vestito macchiato di gesso e dei detriti fangosi di pietre silicee provenienti dai rottami della brecciaentrò tutto contento nella cucina della sua fattoriadove la madre e Marta scodellavano la zuppa aspettandolo.

Nel momento in cui Michu apriva il rubinetto della fontana per lavarsi le manisi presentò il giudice di paceaccompagnato dal cancelliere e dalla guardia campestre.

- Che volete da noisignor Pigoult? - domandò Michu.

- In nome dell'Imperatore e della Leggevi arresto! - disse il giudice di pace.

I tre gendarmi si mostrarono allora conducendo Gothard. A vedere i cappelli gallonatiMarta e sua madre si scambiarono uno sguardo di terrore.

- Ah! E perché? - domandò Michu che sedette a tavola dicendo alla moglie: - Dammi da mangiaremuoio di fame.

- Lo sapete - rispose il giudice di paceil qualedopo aver esibito il mandato d'arresto al fattorefece segno al cancelliere di cominciare il verbale.

- Ebbene? Stai a bocca apertaGothard? Vuoi mangiare o no? - disse Michu. - Lascia che scrivano le loro sciocchezze.

- Ammettete lo stato in cui sono i vostri indumenti ? - domandò il giudice di pace. - E non potete negare le parole che avete detto a Gothard nel cortile.

Michuservito dalla mogliela quale era stupefatta del suo sangue freddomangiava con l'avidità dell'affamatoe non rispondeva affatto: aveva la bocca piena e il cuore innocente.

Quanto a Gotharduna terribile paura gli aveva fermato l'appetito.

- Suvvia! - disse la guardia campestre all'orecchio di Michu - che ne avete fatto del senatore? A sentir quelli della giustiziasi tratta per voi della pena di morte.

- Ah! mio Dio! - gridò Marta che aveva afferrato le ultime parolee cadde come fulminata.

- Violetta ci avrà giocato qualche brutto tiro! esclamò Michu rammentando le parole di Lorenza.

- Ah! sapete dunque che Violetta vi ha visti disse il giudice di pace.

Michu si morse le labbrae risolse di non dire più nulla. Gothard imitò il suo silenzio. Vedendo che erano inutili gli sforzi per farlo parlare e conoscendo d'altra parte quella che nel paese chiamavano la perversità di Michuil giudice di pace ordinò di ammanettarlocome pure Gotharde di condurli al castello di Cinq-Cygnedove si diresse anche lui per raggiungere il direttore del giurì.

I gentiluomini e Lorenza avevano troppo appetitoe il pranzo aveva per loro un interesse troppo forteperché lo ritardassero facendo toletta. Venneroleivestita ancora con l'amazzoneessicon la giacca di panno verdei calzoni di pelle biancae gli stivali alla scudieraa raggiungere in salotto il signore e la signora d'Hauteserrei quali erano alquanto inquieti. Il buon uomo si era accorto del va e vieni e soprattutto della diffidenza di cui era l'oggetto perché Lorenza non aveva potuto consegnarlo come i domestici. Dunqueal momento in cui l'uno dei suoi figli aveva evitato di rispondergli allontanandosi in frettaera venuto a dire alla moglie: - Ho paura che Lorenza ci metta di nuovo negli impicci!

- Che sorta di caccia avete fatta oggi? - domandò la signora d'Hauteserre a Lorenza.

- Ah! un giorno saprete a che brutta impresa hanno partecipato i vostri figli - rispose la fanciulla ridendo.

Queste parolesebbene dette per celiafecero fremere la vecchia signora. Caterina annunciò che il pranzo era servito. Lorenza dette il braccio al signor d'Hauteserree sorrise dello scherzo malizioso che faceva ai cuginicostringendo l'uno dei due a offrire il braccio alla vecchia signoramutata in oracolo dal loro patto.

Il marchese di Simeuse condusse a tavola la signora d'Hauteserre.

La situazione divenne allora tanto solennechefinito il "Benedicite"Lorenza e i due cugini provarono delle violente palpitazioni di cuore. La signora d'Hauteserreche distribuiva la minestrafu colpita dall'ansia dipinta sul volto dei due Simeuse e dall'alterazione che mostrava il viso di Lorenza.

- Ma è accaduto qualche cosa di straordinario esclamò la vecchia signora guardandoli tutti.

- A chi parlate? - domandò Lorenza. - A tutti voi.

- Quanto a memamma - disse Roberto - ho una fame da lupo.

La signora d'Hauteserreancora turbataporse al maggiore dei Simeuse un piatto che essa destinava al minore.

- Sono come vostra madresbaglio sempresebbene portiate cravatte differenti. Credevo di servire vostro fratello.

- Lo servite meglio di quanto crediate - disse il minore impallidendo. - Eccolo conte di Cinq-Cygne.

Il povero ragazzofino allora così gaiodivenne triste per sempre; ma trovò la forza di guardare Lorenza sorridendoe di dominare il suo mortale rimpianto. In un attimol'innamorato s'inabissò nel fratello.

- Come! La contessa avrebbe fatto la sua scelta? esclamò la vecchia signora.

- No - disse Lorenza - abbiamo lasciato decidere alla sortee voi ne siete stata lo strumento.

E rivelò il patto stipulato la mattina. Il maggiore dei Simeuseche vedeva il volto del fratello farsi sempre più pallidoprovava ogni tanto il bisogno di gridare: - Sposalaandrò a morire. - Nel momento in cui veniva servita la fruttagli abitanti di Cinq- Cygne sentirono bussare alla finestra della sala da pranzo che dava sul giardino. Il maggiore dei d'Hauteserre andò ad aprire ed entrò il curato i cui calzonis'erano laceratimentre scalava il muro del parco.

- Fuggitevengono ad arrestarvi!

- Perché?

- Non lo so ancorama procedono contro di voi.

Queste parole furono accolte da una risata generale.

- Ma siamo innocenti - esclamarono i gentiluomini.

- Innocenti o colpevoli - disse il curato - saltate a cavallo e passate la frontiera. Di là avrete modo di provare la vostra innocenza. Si può revocare una condanna in contumaciama non una condanna in contraddittorioottenuta dalle passioni popolari e perpetrata dai pregiudizi. Rammentatevi le parole del presidente di Harlay: "Se mi accusassero di aver rubato la torre di Notre- Damecomincerei col fuggire".

- Ma fuggire non è lo stesso che dichiararsi colpevoli? - disse il marchese di Simeuse.

- Non fuggite!... - disse Lorenza.

- Sempre sublimi follie - esclamò il curatomesso alla disperazione. - Se avessi la potenza di Diovi rapirei. Ma se mi trovano quiin questo statoritorceranno contro di voi e contro di me questa strana visita. Fuggo per la stessa strada per cui sono venuto. Riflettetesiete ancora in tempo! Gli agenti della giustizia non hanno pensato al muro comune col presbiterio e vi hanno accerchiati da ogni altra parte.

Il rumore dei passi della folla e delle sciabole dei gendarmi riempì il cortile e giunse fino alla sala da pranzoalcuni istanti dopo che il povero curato fu uscito; il suo consiglio non ebbe maggior successo di quelli del marchese di Chargeboeuf.

- La nostra vita in comune è una mostruosità disse melanconicamente il minore dei Simeuse a Lorenza - e noi sentiamo un amore mostruoso. Questa mostruosità è penetrata anche nel vostro cuore. Forse perché le leggi della natura sono in essi trasgreditetutti i gemelli di cui si conosce la storiasono stati infelici. Quanto a noivedete con quale ostinazione la sorte ci perseguita. Ecco che la vostra decisione viene fatalmente ritardata.

Lorenza era inebetita. Sentì come un ronzio le parolesinistre per leiche il direttore del giurì pronunciava: - In nome dell'Imperatore e della Leggearresto i signori Paolo-Maria e Maria Paolo SimeuseAdriano e Roberto d'Hauteserre. Questi signori - egli aggiunse indicando a quelli che lo accompagnavano le tracce di fango sui vestiti degli accusati - non negheranno di aver passato a cavallo una parte della giornata.

- Di che li accusate? - domandò fieramente la signorina di Cinq- Cygne.

- Non arrestate anche la signorina? - disse Giguet.

- La lascio in libertàdietro garanziafinché non saranno state più ampiamente esaminate le prove a suo carico.

Goulard offrì la sua garanziachiedendo semplicemente alla contessa la parola d'onore che non sarebbe fuggita. Ma Lorenza fulminò l'antico battistrada di casa Simeuse con uno sguardo sprezzante che le fece di quell'uomo un nemico mortalee una lacrima spuntò dai suoi occhiuna di quelle lacrime che rivelano un inferno di dolori. I quattro gentiluomini si scambiarono un'occhiata terribile e rimasero immobili. Il signore e la signora d'Hauteserretemendo di essere stati ingannati dai quattro giovani e da Lorenzaerano in uno stato d'indicibile stupore.

Inchiodati alle loro poltronequei genitoriche si vedevano strappare i loro figlidopo aver tanto temuto per loro e dopo averli riconquistatiguardavano senza vedereascoltavano senza sentire.

- Debbo proprio chiedervi d'esser voi il mio garantesignor d'Hauteserre? - gridò Lorenza al suo antico tutore che fu riscosso da quel gridoper lui chiaro e straziante come il suono della tromba del giudizio finale.

Il vecchio si asciugò le lacrime che gli venivano agli occhicomprese tutto e disse alla sua parente con voce fioca: - Scusatemicontessavoi sapete che io vi appartengo anima e corpo.

Lechesneaucolpito al principio dalla tranquillità con la quale i colpevoli pranzavanoritornò sull'opinione che si era fatta dapprima della loro colpevolezzaquando vide lo stupore dei genitorie l'aria pensosa di Lorenza che cercava d'indovinare quale tranello le avessero teso.

- Signori - disse Lechesneau cortesemente - siete troppo bene educati per opporre un'inutile resistenza; seguitemi tutti e quattro alle scuderieperché è necessario staccare alla vostra presenza i ferri dei vostri cavalli i quali diventeranno al processo indizi importanti e dimostreranno la vostra innocenza o la vostra colpa. Venite anche voisignorina?...

Il maniscalco di Cinq-Cygne e il suo garzone erano stati richiesti da Lechesneau di venire in qualità di esperti. Durante l'operazione che si faceva nelle scuderieil giudice di pace arrivò conducendo Gothard e Michu. Per staccare i ferri a ciascun cavalloriunirli e contrassegnarli per procedere al confronto delle orme che i cavalli dei malfattori avevano lasciato nel parcoci volle del tempo. Tuttavia Lechesneauinformato dell'arrivo di Pigoultlasciò gli accusati con i gendarmi e venne nella sala da pranzo per dettare il verbale. Il giudice di pace gli mostrò in quale stato era il vestito di Michu mentre gli raccontava le circostanze dell'arresto.

- Avranno ucciso il senatore e avranno chiuso il cadavere in un muro - disse infine Pigoult a Lechesneau.

- Temo di sìora - rispose il magistrato. - Dove hai portato il gesso? - domandò a Gothard.

Gothard si mise a piangere.

- La giustizia lo spaventa - disse Michui cui occhi lanciavano fiamme come quelli di un leone preso in una rete.

Tutti i domestici che erano stati trattenuti dal sindacoarrivarono in quel momento e ingombrarono l'anticamera dove Caterina e i Durieu piangendo dissero loro quanta importanza avessero le risposte che avevano dato. A tutte le domande del direttore e del giudice di paceGothard rispose con singhiozzi; piangendo finì col farsi venire una specie di convulsione che li spaventòe perciò lo lasciarono in pace. Il bricconcelloquando non si vide più sorvegliatoguardò sorridendo Michue questi lo approvò con un'occhiata. Lechesneau lasciò il giudice di pace per andare a sollecitare gli esperti.

- Signore - domandò infine la signora d'Hauteserre rivolgendosi a Pigoult - potete spiegarci il motivo di questi arresti?

- Questi signori sono accusati di aver rapito il senatore a mano armata e di averlo sequestratopoiché nonostante le apparenzenon crediamo che lo abbiano ucciso.

- E in quale pena incorrerebbero gli autori di questo delitto? - domandò il buon d'Hauteserre.

- Siccome le leggi alle quali il codice attuale non derogaresteranno in vigorec'è la pena di morte - rispose il giudice di pace - La pena di morte! - esclamò la signora d'Hauteserree svenne.

In quel momento si presentò il curato con la sorella la quale chiamò Caterina e la Durieu.

- Ma noi non l'abbiamo neppure vedutoil vostro maledetto senatore! - gridò Michu.

- Però la signora Marionil signore e la signora Grévinil cameriere del senatore e Violetta hanno visto voi rispose Pigoult con l'agro sorriso del magistrato convinto.

- Non ci capisco nulla - disse Michuche rimase stupito a quella risposta e che da allora cominciò a credersi impigliatoinsieme coi suoi padroniin qualche trama ordita contro di loro.

ln quel momento tutti tornarono dalle scuderie. Lorenza accorse alla signora d'Hauteserre cheriprendendo i sensile disse:

- C'è la pena di morte!

- Pena di morte!... - ripeté Lorenza guardando i quattro gentiluomini.

Questa parola sparse un terrore del quale approfittò Giguetsecondo le istruzioni ricevute da Corentin.

- Tutto può accomodarsi ancora - egli disse traendo il marchese di Simeuse in un angolo della sala da pranzo - forse non è che uno scherzo! Che diavolo! Voi siete stati militarie fra soldati ci s'intende. Che ne avete fattodel senatore? Se lo avete uccisoè detto tutto; ma se lo avete sequestratoliberatelo; vedete bene che avete fallito il colpo. Io sono certo che il direttore del giurìd'accordo col senatoreannullerà la procedura.

- Io non comprendo assolutamente nulla alle vostre domande - rispose il marchese di Simeuse.

- Se voi la prendete su questo tonola cosa andrà lontano - disse il tenente.

- Cara cugina- disse il marchese di Simeuse - noi andiamo in prigionema state tranquillatorneremo fra qualche ora: in questa faccenda ci sono dei malintesi che si chiariranno subito.

- Ve lo augurosignori - disse il magistrato facendo cenno a Giguet di condurre via i quattro gentiluominiGothard e Michu. - Non li portate a Troyes; teneteli al vostro posto di guardiaad Arcis; domaniall'albadevono essere presenti alla verifica dei ferri dei loro cavalli con le impronte lasciate nel parco.

Lechesneau e Pigoult non partirono che dopo aver interrogato Caterinail signore e la signora d'Hauteserre e Lorenza. I DurieuCaterina e Marta dichiararono di aver veduto i loro padroni soltanto a colazione; il signor d'Hauteserre dichiarò di averli visti alle tre. A mezzanottequando Lorenza si vide fra il signore e la signora d'Hauteserredavanti all'abate Goujet e a sua sorellasenza i quattro giovani cheda diciotto mesierano la vita di quel castelloil suo amore e la sua gioiastette a lungo in un silenzio che nessuno osò interrompere. Mai afflizione fu più profonda o più completa. Infine udirono un sospiro e si volsero.

Martache era rimasta dimenticata in un angolosi alzòdicendo:

- La morte! Signora!... ce li ucciderannoe sono innocenti.

- Che avete fatto! - disse il curato.

Lorenza uscì senza rispondere. Aveva bisogno di esser sola per ritrovare la sua forza in quell'improvvisa sciagura.

 

 

 

CAPITOLO 3

UN PROCESSO POLITICO SOTTO L'IMPERO

 

 

 

A trentaquattro anni di distanzadurante i quali ci sono state tre grandi rivoluzionisoltanto i vecchi si ricordano oggi dello strepito inauditoche fece in Europa il ratto di un senatore dell'Impero francese. Nessun processotranne quelli di Trumeaulo speziale di piazza Saint-Michele della vedova Morindurante l'Imperoquelli di Fualdès e di Castaingdurante la Restaurazione; quelli della signora Lafarge e di Fieschisotto il governo attualeuguagliò in interesse e curiosità quello dei giovaniaccusati del ratto di Malin. Un simile misfatto contro un membro del suo Senatoeccitò la collera dell'Imperatoreal quale l'arresto dei colpevolil'attuazione del delitto e il risultato negativo delle ricerche vennero comunicati quasi nello stesso tempo. Né la forestasebbene rovistata fino in fondoné l'Aube e i dipartimenti circonvicinisebbene percorsi in tutta la loro estensionemostrarono il minimo indizio del passaggio o del sequestro del conte di Gondreville. Il gran giudicechiamato da Napoleonevenne dopo aver assunto informazioni presso il ministro di poliziae gli spiegò quale fosse la posizione di Malin di fronte ai Simeuse. L'Imperatore occupato allora in cose gravitrovò la spiegazione del delitto nei fatti antecedenti.

- Quei giovinotti sono pazzi. Un giureconsulto qual è Malin sa bene come si annulla una concessione strappata con la violenza.

Sorvegliate quei nobili per sapere come faranno a rilasciare il conte di Gondreville.

Ingiunse di spiegare la più grande sollecitudine nel punire un misfatto nel quale egli vedeva un attentato contro le sue istituzioniun fatale esempio di resistenza agli effetti della Rivoluzioneun colpo contro la grande questione dei beni nazionalie un ostacolo a quella fusione dei partiti che fu la costante preoccupazione della sua politica interna. Infine egli credeva di essere stato giocato da quei giovani che gli avevano promesso di vivere tranquillamente.

- La predizione di Fouché si è avverata - esclamò l'Imperatore ricordando la frase sfuggita due anni prima all'attuale ministro della polizia il quale l'aveva detta soltanto sotto l'impressione del rapporto fatto da Corentin su Lorenza.

Sotto un governo costituzionalein cui nessuno s'interessa a una Cosa pubblica cieca e mutaingrata e freddanon riusciamo a figurarci lo zelo che una parola dell'Imperatore infondeva alla sua macchina politica o amministrativa. Quella potente volontà sembrava comunicarsi tanto alle cose quanto agli uomini. Detta la sua parolal'Imperatoresorpreso dalla coalizione del 1806dimenticò la faccenda. Pensava a nuove battaglie da impegnaree si occupava di ammassare i suoi reggimenti per vibrare un gran colpo al cuore della monarchia prussiana. Ma il suo desiderio di veder fare pronta giustizia trovò il mezzo più valido nell'incertezza che impacciava la posizione di tutti i magistrati.

In quel tempo Cambacérèsnella sua qualità di arcicancellieree il gran giudice Régnier preparavano l'istituzione dei tribunali di prima istanzadelle corti imperiali e della Corte di Cassazione; agitavano la questione dei costumi ai quali Napoleone teneva tanto e con ragionefacevano la revisione del personale e ricercavano i resti dei parlamenti aboliti. Naturalmentei magistrati del dipartimento dell'Aube pensarono che dare prova di zelo nel processo per il ratto del conte di Gondreville sarebbe stata una raccomandazione eccellente. Per i cortigiani e per la massale supposizioni di Napoleone divennero allora certezze.

La pace regnava ancora sul continente e l'ammirazione per l'Imperatore era unanime in Francia: egli lusingava gli interessile vanitàle personele cosetutto insommaperfino i ricordi.

Quell'impresa parve dunque a tutti un attentato alla felicità pubblica; e perciò i poveri gentiluomini innocenti furono coperti dall'obbrobrio generale. In piccolo numero e confinati nelle loro terrei nobili deploravano fra di loro quel processoma nessuno osava aprir bocca. Come opporsiinfattiallo scatenarsi dell'opinione pubblica? In tutto il dipartimento si ricordavano le undici persone uccise nel 1792 attraverso le persiane di palazzo Cinq-Cygnee se ne aggravava la posizione degli accusati. Si temeva che gli emigratifattisi arditiesercitassero tutti violenze sui compratori dei loro beniper prepararne la restituzione protestando in quel modo contro un'ingiusta spoliazione. Quei nobili furono dunque trattati da brigantiladriassassiniesoprattuttola complicità di Michu divenne loro fatale. Quest'uomo che aveva tagliatolui o il suocerotutte le teste cadute nel Dipartimento durante il Terroreera l'oggetto dei racconti più ridicoli. L'esasperazione fu tanto più viva in quanto che Malin aveva procurato l'impiego a quasi tutti i funzionari dell'Aube. Nessuna voce generosa si levò per contraddire la voce pubblica. Insomma i disgraziati non avevano nessun mezzo legale per lottare contro le prevenzioni; poichésottoponendo ai giurati tanto i capi d'accusa quanto il giudizioil codice di brumaio anno quarto non aveva potuto dare agli accusati l'immensa garanzia del ricorso in Cassazione per causa di legittima suspicione. Due giorni dopo l'arrestoi padroni e i servitori del castello di Cinq-Cygne furono citati a comparire davanti al giurì di accusa. Cinq-Cygne fu lasciato in custodia al fattoresotto la sorveglianza dell'abate Goujet e della sorellai quali vi si stabilirono. La signorina di Cinq-Cygneil signore e la signora d'Hauteserre vennero a occupare la casetta che possedeva Durieu in uno di quei vasti sobborghi che si stendono intorno alla città di Troyes. Lorenza si sentì stringere il cuore quando riconobbe il furore della follala malignità della borghesia e l'ostilità dell'amministrazione in molti di quei piccoli fatti che accadono sempre ai parenti delle persone implicate in un processo criminalenelle città di provincia in cui esso si giudica. Invece di parole incoraggianti o piene di compassionesi sentono conversazioni sorprese in cui si manifestano spaventevoli desideri di vendetta; testimonianze di odio invece degli atti della stretta cortesia o del riserbo imposto dalla decenza; ma soprattutto un isolamento del quale si dolgono gli uomini comunie che si avverte tanto più prontamente in quanto la sventura suscita la diffidenza. Lorenzache aveva ritrovato tutta la sua forzacontava sulla luce dell'innocenza e disprezzava troppo la folla per lasciarsi intimorire dal silenzio di disapprovazione col quale veniva accolta. Sosteneva il coraggio del signore e della signora d'Hauteserrepur pensando alla battaglia giudiziaria chedata la rapidità della proceduradoveva ben presto ingaggiarsi davanti alla corte criminale. Ma stava per ricevere un colpo che non si aspettava e che diminuì il suo coraggio. Nella sventura e fra l'ostilità generalenel momento in cui quella famiglia afflitta si vedeva come in un desertoun uomo grandeggiò improvvisamente agli occhi di Lorenza e mostrò tutta la bellezza del suo carattere. Il giorno successivo a quello in cui l'atto di accusaapprovato con la formula "c'è luogo a procedere" che il capo del giurì scriveva in calcefu inviato al pubblico accusatoree il mandato di arresto spiccato contro gli accusati fu convertito in ordine di catturail marchese di Chargeboeuf venne coraggiosamente nel suo vecchio calesse in soccorso della giovane parente. Prevedendo la rapidità della giustiziail capo di quella grande famigliasi era recato in fretta a Parigi di dove conduceva uno dei più accorti e onesti procuratori dei tempi passatiBordinche fuper dieci annia Parigi l'avvocato della nobiltàe il cui successore fu il celebre avvocato Derville. Il degno procuratore scelse subito per avvocato il nipote di un antico presidente del parlamento di Normandia che intendeva dedicarsi alla magistratura e che aveva compiuto gli studi sotto la sua tutela. Il giovane avvocatoper adoperare una denominazione abolita che l'Imperatore stava per rimettere in usofu nominatoinfattidopo il processosostituto del procuratore generale a Parigie divenne uno dei nostri più celebri magistrati. Il signor di Grandville accettò la difesa come un'occasione di esordire brillantemente. In quel tempo gli avvocati erano sostituiti da difensori nominati d'ufficio. Così il diritto di difesa non era limitatotutti i cittadini potevano perorare la causa dell'innocenzanondimeno gli accusati prendevano gli antichi avvocati per difendersi. Il vecchio marchesespaventato a veder Lorenza così disfatta dal doloresi comportò con un garbo e un tatto ammirevoli. Non fece nessuna allusione ai consigli che aveva dato inutilmentema presentò Bordin come un oracolo i cui pareri dovevano essere seguiti alla letterae il giovane di Grandville come un difensore nel quale si poteva avere piena fiducia.

Lorenza tese la mano al vecchio marchese e strinse quella di lui con una vivacità che lo incantò. - Avevate ragione- gli disse.

- Volete ascoltare i miei consigliora? - domandò il marchese.

La giovane contessae così pure il signore e la signora d'Hauteserre fecero un cenno di assenso.

- Ebbene! venite a casa miaè al centro della città e vicino al tribunale; voi e i vostri avvocati vi ci troverete meglio che qui dove state un po' strettie troppo lontani dal campo di battaglia. Di qui dovreste attraversare la città ogni giorno.

Lorenza accettòe il vecchio la condusse insieme con la signora d'Hauteserre a casa suacheper quanto durò il processofu anche la casa dei difensori e degli abitanti di Cinq-Cygne. Dopo pranzo chiuse le porteBordin si fece raccontare esattamente da Lorenza l'accadutopregandola di non omettere nessun particolaresebbene qualcuno degli antefatti fosse stato riferito dal marchese di Chargeboeuf a Bordin e al giovane difensoredurante il viaggio da Parigi a Troyes. Bordin ascoltòscaldandosi i piedi al fuoco del caminettosenza darsi la minima importanza; e il giovane avvocatoda parte suanon poté fare a meno di dividersi fra l'ammirazione per la signorina di Cinq-Cygne e l'attenzione che richiedevano gli elementi del processo.

- E' tutto? - domandò Bordin quando Lorenza ebbe raccontato gli avvenimenti del dramma tali e quali questa narrazione li ha presentati fin qui. - Sì - rispose la contessa.

Il silenzio più profondo regnò allora per qualche istante nel salotto di palazzo Chargeboeuf dove si svolgeva questa scenauna delle più gravi che possano aver luogo nella vitae anche delle più rare. Ogni processo è giudicato dagli avvocati prima che dai giudicicosì come la morte del malato è presentita dai medici prima della lotta che gli uni sosterranno contro la naturagli altri contro la giustizia. Lorenzail signore e la signora d'Hauteserre e il marchese di Chargeboeuf guardavano il volto scuro e butterato dal vaiolo di quel vecchio procuratore che stava per pronunciare parole di vita o di morte. Il signor d'Hauteserre si asciugò il sudore sulla fronte. Lorenza guardò il giovane avvocato e lo vide afflitto.

- Ebbenemio caro Bordin? - disse il marchese porgendogli la tabacchiera nella quale il procuratore prese distrattamente un pizzico.

Bordin si strofinò i polpacci rivestiti di grosse calze di filaticcio di seta nerapoiché era in calzoni di panno nero e portava un abito che somigliava per la forma agli abiti detti alla francese; volse uno sguardo malizioso ai suoi clienti sforzandosi di dargli un'espressione timorosama li agghiacciò.

- Devo analizzarvi tutto questo e parlarvi francamente? - disse il procuratore.

- Ma parlate dunque! - disse Lorenza.

- Tutto quello che avete fatto di benesi rivolge contro di voi - disse allora il vecchio giureconsulto. - I vostri parenti non si possono salvaresi potrà soltanto far diminuire la pena. Il fatto che voi abbiate ordinato a Michu di vendere i suoi benisarà considerato come la prova più evidente delle intenzioni criminose che avevate contro il senatore. Avete mandato i vostri domestici a Troyes apposta per essere solie questo sarà plausibiletanto più che è la verità. Il maggiore dei d'Hauteserre ha detto a Beauvisage una parola terribile che vi rovina tutti. Voi nel vostro cortile ne avete detta un'altrala quale provava già molto tempo prima il vostro malanimo contro Gondrevillee proprio voi vi trovavate in osservazione al cancello nel momento in cui si faceva il colpo. Se non vi arrestanoè per non mettere una nota commovente nel processo.

- La causa non si può difendere - disse il signor di Grandville.

- Soprattutto perché non si può più dire la verità - riprese Bordin. - Michui signori di Simeuse e d'Hauteserre devono limitarsi a dichiarare di essere andati nella foresta con voi durante una parte della giornata e di essere venuti a colazione a Cinq-Cygne. Ma se noi possiamo provare che ci eravate tutti alle trequando il delitto aveva luogoquali sono i vostri testimoni?

Martala moglie di un accusatoi Durieu e Caterinapersone al vostro servizioil signore e la signorapadre e madre di due accusati. Queste testimonianze non valgonola legge non le ammette a vostro caricoil buon senso le respinge a vostro favore. Seper disgraziadiceste di essere andati a cercare un milione e centomila franchi in oro nella forestamandereste in galera come ladri tutti gli accusati. Pubblico accusatoregiuratigiudiciuditorioe tutta la Francia crederebbero che abbiate preso quell'oro a Gondrevillee che abbiate sequestrato il senatore per fare il colpo. Ammettendo l'accusa così com'è in questo momentola faccenda non è chiaramanella sua pura veritàdiventerebbe limpida: i giurati spiegherebbero col furto tutte le parti oscureperché monarchico oggi vuol dire brigante!

Questo caso rappresenta una vendetta che la situazione politica rende ammissibile. Gli accusati incorrono nella pena di mortema essa non è infamante agli occhi di tutti; invece introducendovi una sottrazione di danaroche non sembrerà mai legittimaperdereste i benefici di quella simpatia che ispirano i condannati a morte quando il loro delitto appare scusabile. Al principioquando potevate mostrare i vostri nascondiglila pianta della forestai tubi di latta e l'oroper giustificare l'impiego della vostra giornatavi sarebbe stato possibile cavarvela innanzi a giudici imparzialimacome stanno le cose orabisogna tacere.

Dio voglia che nessuno dei sei accusati abbia compromesso la causama cercheremo di trarre partito dagli interrogatori .

Lorenza si torse le mani dalla disperazione e levò gli occhi al cielo con uno sguardo desolatopoiché solo allora scorgeva in tutta la sua profondità il precipizio in cui i suoi cugini erano caduti. Il marchese e il giovane difensore assentivano al terribile discorso di Bordin. Il buon d'Hauteserre piangeva.

- Perché non hanno ascoltato il consiglio dell'abate Goujet che voleva farli fuggire? - disse la signora d'Hauteserre esasperata.

- Ah! - esclamò l'antico procuratore - se potevate farli fuggiree non lo avete fattoli avete uccisi voi stessi. La contumacia dà tempoe col tempo l'innocenza viene alla lucema questo processo mi sembra il più tenebroso di quanti io ne abbia visti in vita miaeppure ne ho sbrogliati parecchi.

- Nessuno ci vede chiaroe neppure noi - disse il signor di Grandville. - Se gli accusati sono innocentiil colpo è stato fatto da altri. Cinque persone non vengono in un paese come per incantonon si procurano cavalli ferrati come quelli degli accusatinon prendono in prestito le loro sembianzee non mettono Malin in una fossaapposta per rovinare Michui signori d'Hauteserre e di Simeuse. Gli sconosciutii veri colpevoliavevano un qualche interesse a mettersi nei panni dei cinque innocenti; per ritrovarliper cercarne le traccedovremmo averecome il governotanti agenti e tanti occhi quanti sono i comuni nel raggio di venti leghe.

- E' una cosa impossibile - disse Bordin - non bisogna neppure pensarci. Da quando la società ha inventato la giustizianon ha mai trovato il mezzo di dare all'innocenza accusata un potere uguale a quello di cui dispone il magistrato contro il delitto. La giustizia non è bilaterale. La Difesa che non ha né spiené polizianon dispone della potenza sociale in favore dei suoi clienti. L'innocenza non ha per sé che il ragionamento; e il ragionamentoche può colpire i giudicispesso non può nulla sugli animi prevenuti dei giurati. Il paese è tutto contro di voi.

Gli otto giurati i quali hanno sancito l'atto di accusa erano proprietari di beni nazionali. E nei nostri giurati di giudizio avremo persone che sarannocome i primicompratori o venditori di beni nazionalioppure impiegati. Insomma avremo una giuria interamente devota a Malin. Perciò ci vuole un sistema organico di difesanon ve ne allontanate o perite pur essendo innocenti.

Sarete condannati. Ricorreremo alla corte di cassazionee cercheremo di portar le cose in lungo. Senel frattempoposso raccogliere prove in vostro favoreinoltrerete il ricorso di grazia. Ecco l'anatomia del processo e il mio parere. Se vinciamo (poiché in un processo tutto è possibile)sarà un miracoloma il vostro avvocatofra tutti quelli che conoscoè il più capace di fare questo miracoloe io lo aiuterò.

- Il senatore deve aver lui la chiave di questo enigma - disse allora il signor di Grandvillepoiché si sa sempre chi è che ci vuol male e perché ci vuol male. Lo vedo lasciar Parigi alla fine dell'invernovenire a Gondreville solosenza seguitochiudersi in casa col notaioe consegnarsiper così dire a cinque uomini che se ne impadroniscono.

- Certo - disse Bordin - la sua condotta è per lo meno altrettanto strana della vostra; ma di fronte a un paese sollevato contro di noicome farci accusatorida accusati che eravamo? Ci occorrerebbe la benevolenzal'aiuto del Governoe mille prove di più di quante ne richieda una situazione ordinaria. Scorgo premeditazionee la più raffinatanei nostri ignoti avversari i quali dovevano conoscere la situazione di Michu e dei signori di Simeuse nei riguardi di Malin. Non hanno detto una sola parola e non hanno rubato! Questa è prudenza. Nonon sono malfattoriquelli che si nascondono sotto quelle maschere. Ma andate a dire queste cose ai giurati che ci daranno!

Questa perspicacia nei processi privatiche rende così grandi certi avvocati e certi magistratisorprendeva e confondeva Lorenza; essa si sentiva stringere il cuore da quella terribile logica.

- Su cento processi criminali - riprese Bordin non ve ne sono neppure dieci che la Giustizia sviluppi in tutta la loro estensionee ce n'è forse un buon terzo il cui segreto le rimane sconosciuto. Il vostro processo è di quelli che sono indecifrabili per gli accusati e per gli accusatoriper la Giustizia e per il pubblico. Quanto al sovranoha altre gatte da pelareperché pensi a soccorrere i signori di Simeuseanche se essi non avessero voluto abbatterlo. Ma chi diavolo mai ce l'ha con Malin?

E che vogliono da lui?

Bordin e il signor di Grandville si guardarono: avevano l'aria di dubitare della veracità di Lorenza. Quell'atto causò alla fanciulla uno dei più cocenti fra i mille dolori di quella faccenda; perciò essa volse ai due difensori uno sguardo che dissipò in loro ogni sospetto.

Il giorno dopola procedura fu rimessa ai difensori i quali poterono comunicare con gli accusati. Bordin riferì alla famiglia checome persone ammodoessi "si erano comportati bene"per usare un termine del mestiere.

- Il signor di Grandville difenderà Michu - disse Bordin.

- Michu?... - esclamò il signor di Chargeboeuf sorpreso da quel cambiamento.

- E' il nodo del processoe il pericolo è in lui replicò il vecchio procuratore.

- Se è il più espostola cosa mi sembra giusta! esclamò Lorenza.

- Intravvediamo qualche probabilità di difesa disse il signor di Grandville - e le studieremo bene. Se potremo salvarlisarà perché il signor d'Hauteserre disse a Michu di riparare uno dei pali della barrieranella strada incassatae che un lupo è stato visto nella foresta. Davanti a una corte criminale tutto dipende dal dibattimento e il dibattimento verterà su piccole cose che vedrete diventare immense.

Lorenza cadde in quell'abbattimento interiore che deve mortificare l'animo di ogni persona d'azione e di pensieroquando è dimostrata l'inutilità dell'azione e del pensiero. Non si trattava più di abbattere un uomo o un governo con l'aiuto di gente devota e di simpatie fanatiche avvolte nelle ombre del mistero: vedeva ora tutta la società armata contro di lei e contro i suoi cugini.

Non si prende d'assaltoda soliuna prigionenon si liberano i prigionieri in mezzo a un popolo ostile e sotto gli occhi di una polizia tenuta desta dalla pretesa audacia degli accusati. Perciòquandospaventato dallo sbigottimento della nobile e coraggiosa fanciulla che la sua fisionomia rendeva ancora più stupidoil giovane difensore cercò di ridarle coraggioessa rispose:

"Tacciosoffro e attendo". L'accentoil gesto e lo sguardo fecero di questa risposta una di quelle cose sublimi alle quali occorre solo un più vasto teatroper diventare celebri. Poco dopo il buon d'Hauteserre diceva al marchese di Chargeboeuf:

- Mi sono data tanta pena per i miei due infelici ragazzi! Ho già rifatto per loro una rendita di circa ottomila franchi in titoli di stato. Se avessero voluto prestar serviziosarebbero giunti ai gradi più alti e potrebbero oggi fare un matrimonio vantaggioso.

Ecco tutti i miei progetti andati a monte.

- Comepotete pensare ai loro interessi - gli disse la moglie- quando si tratta del loro onore e della loro vita?

- Il signor d'Hauteserre pensa a tutto - disse il marchese.

Mentre gli abitanti di Cinq-Cygne aspettavano che iniziasse il dibattimento alla corte criminalee sollecitavano senza poterlo ottenereil permesso di vedere i prigionierial castello nel più profondo segreto accadeva un fatto assai grave. Marta era tornata a Cinq-Cygne subito dopo aver fatto la sua deposizione davanti al giurì d'accusa; e la deposizione era stata così insignificante che non venne chiamata dal pubblico accusatore davanti alla corte criminale. Come tutte le persone di eccessiva sensibilitàla povera donna restava seduta nel salotto dove teneva compagnia alla signorina Goujetin uno stato di stupore che faceva pietà. Per leicome d'altronde per il curato e per tutti quelli che non sapevano in qual modo gli accusati avessero impiegato la giornatala loro innocenza appariva dubbia. In certi momentiMarta credeva che Michui suoi padroni e Lorenza si fossero vendicati del senatore. L'infelice donna conosceva abbastanza la devozione di Michu per comprendere chedi tutti gli accusatiegli era il più esposto al pericolosia a causa dei suoi precedentisia a causa della parte che avrebbe preso all'esecuzione. L'abate Goujetsua sorella e Marta si perdevano fra le probabilità alle quali questa opinione dava luogo; maa forza di meditarleessi lasciavano che il loro spirito si attenesse a un senso qualunque. Il dubbio assoluto richiesto da Descartes non si può ottenerlo nel cervello dell'uomopiù che non si possa ottenere il vuoto nella naturae l'operazione spirituale per cui esso avrebbe luogosarebbecome l'effetto della macchina pneumaticauna situazione eccezionale e mostruosa. In qualsiasi materia si crede sempre a qualche cosa.

Ora Marta aveva tanta paura che gli accusati fossero colpevoliche il suo timore equivaleva a una credenzae questo stato d'animo le fu fatale. Cinque giorni dopo l'arresto dei gentiluominiverso le dieci di seranel momento in cui stava per andare a lettofu chiamata nel cortile dalla madre che arrivava a piedi dalla fattoria.

- Un operaio di Troyes ti vuole parlare da parte di Michue ti aspetta nella strada incassata - disse a Marta.

Tutte e due per far presto passarono attraverso la breccia.

Nell'oscurità della notte e del luogonon fu possibile a Marta distinguere altro che la forma di una persona che risaltava sulle tenebre.

- Parlatesignoraperché io sappia che siete proprio la signora Michu - disse quella persona con voce molto inquieta.

- Sono proprio io - rispose Marta. - Che volete da me?

- Bene - disse lo sconosciuto. - Datemi la manonon abbiate paura. Vengo - aggiunse chinandosi all'orecchio di Marta - da parte di Michu per consegnarvi due righe. Sono un custode delle carcerie se i miei superiori si accorgessero della mia assenzasaremmo tutti perduti. Fidatevi di me. Tempo fa quel brav'uomo di vostro padre mi diede quest'impiego là dentroe perciò Michu ha contato su di me.

Mise una lettera in mano a Marta e disparve verso la foresta senza aspettare risposta. Marta ebbe come un brivido pensando che senza dubbio stava per apprendere il segreto della faccenda. Corse con la madre alla fattoria e si chiuse dentro per leggere la lettera seguente:

"Mia cara Martapuoi contare sulla discrezione dell'uomo che ti porterà questa lettera; non sa né leggerené scrivere ed è uno dei più sicuri repubblicani della cospirazione di Babeuf- tuo padre si servì spesso di luied egli vede in Malin un traditore.

Dunquemia cara moglienoi abbiamo rinchiuso il senatore nella cantina dove avevamo già nascosto i nostri padroni. Il miserabile non ha viveri che per cinque giorniesiccome è nel nostro interesse che egli vivanon appena avrai letto queste righegli porterai da mangiare almeno per altri cinque giorni. La foresta deve essere sorvegliataperciò prendi le stesse precauzioni che prendevamo per i nostri padroncini. Non dire una sola parola a Malinnon gli parlare affattoe mettiti una delle maschere che troverai sopra un gradino del sotterraneo. Se non vuoi mettere a repentaglio la nostra vitaserberai il più assoluto silenzio sul segreto che sono costretto a confidarti. Non dire una sola parola alla signorina di Cinq-Cygne la quale potrebbe impaurirsi. Non aver timore per me. Siamo certi del buon esito del processo. Al momento opportunolo stesso Malin ci salverà. Infinenon appena avrai letto questa letteranon c'è bisogno di dirti che la devi bruciareperché mi costerebbe la vita se altre persone ne leggessero una sola riga.

Ti abbraccio.

Michu".

L'esistenza della cantina situata sotto l'alturanel mezzo della forestanon era conosciuta che da Martada suo figlioda Michudai quattro gentiluomini e da Lorenza; almeno così doveva credere Martaalla quale il marito non aveva detto nulla del suo incontro con Peyrade e Corentin. Perciò la letterache d'altronde le parve scritta e firmata da Michunon poteva venire che da lui. Certose Marta avesse immediatamente consultato la sua padrona e i suoi due consiglierii quali conoscevano l'innocenza degli accusatilo scaltro procuratore avrebbe trovato qualche indizio del perfido intrigo che aveva impigliato in una rete i suoi clienti: invece Martasoggetta al primo impulso come la maggior parte delle donne e convinta da considerazioni che le saltavano agli occhigettò la lettera nel camino. Tuttaviaspinta da un'improvvisa ispirazione di prudenzatrasse dal fuoco la parte non scritta del foglione tagliò le prime cinque righeil cui senso non poteva compromettere nessunoe le cucì nell'orlo della gonna. Spaventata al sapere che il prigioniero stava digiuno da ventiquattr'orevolle portargli vinopane e carne quella notte stessa. La curiosità non le permettevacome non glielo avrebbe permesso l'umanitàdi rimandare al domani. Scaldò il forno eaiutata dalla madrefece una torta di riso e un pasticcio di lepre e di anitraarrostì due polliimpastò e cosse lei stessa due pagnotte rotonde e prese due bottiglie di vino. Verso le due e mezza del mattinosi avviò portando tutto in una sportaverso la foresta in compagnia di Couraud chein tutte quelle spedizionifaceva con ammirevole intelligenza da esploratore. Fiutava gli estranei a distanze enormiequando aveva riconosciuto la loro presenzatornava accanto alla padrona ringhiando bassoguardandola e volgendo il muso dalla parte del pericolo.

Verso le tre Marta giunse alla paludedove lasciò di sentinella Couraud. Dopo una mezz'ora di lavoro per sbarazzare l'entratasi avvicinò con una lanterna cieca e col volto coperto dalla maschera che aveva infatti trovato sopra un gradino alla porta della cantina. La prigionia del senatore sembrava essere stata premeditata da lungo tempo. Un foro di un piede quadratoche Marta non aveva mai visto primaera stato rozzamente praticato nell'alto della porta di ferro che chiudeva la cantina; ma perché Malin non potessecol tempo e la pazienza di cui dispongono i prigionierismuovere la stanga di ferro che sbarrava la portal'avevano assicurata con un catenaccio. Il senatoreche si era alzato sul suo letto di muschiogettò un sospiro scorgendo un volto mascheratoe indovinò che non si trattava ancora della sua liberazione. Osservò Martacome glielo permetteva l'ineguale chiarore di una lanterna ciecae la riconobbe dalle vestidalla corpulenza e dai gesti. Quandoattraverso il forogli passò il pasticcioMalin lasciò cadere il pasticcio per afferrarle le mani e con una rapidità straordinaria tentò di strapparle dalle dita due anellila fede e un anellino datole dalla signorina di Cinq- Cygne.

- Non negherete di essere voimia cara signora Michu - disse Malin.

Marta serrò il pugno non appena sentì le dita del senatoree gli diede un colpo vigoroso nel petto. Poisenza dire una parolaandò a tagliare un bastone abbastanza fortecon cui tese al senatore il resto delle provviste.

- Che vogliono da me? - domandò il prigioniero.

Marta scomparve senza rispondere. Nel tornare verso casasi trovòverso le cinqueal margine della forestae fu avvertita da Couraud che un importuno si avvicinava. Tornò suoi suoi passi e si diresse verso il padiglione dove aveva abitato così a lungo; maquando spuntò sul vialefu vista da lontano dalla guardia campestre di Gondreville; decise allora di andar diritto verso di lui.

- Siete molto mattinierasignora Michu - disse la guardia accostandosi.

- Siamo così disgraziati - rispose Marta - che sono costretta a fare i lavori di una donna di servizio; vado a Bellache a cercare delle sementi.

- Non avete dunque sementi a Cinq-Cygne? - disse la guardia.

Marta non risposee proseguì la sua strada. Arrivata alla fattoria di Bellachepregò Beauvisage di darle diverse sementidicendogli che il signor d'Hauteserre le aveva raccomandato di prenderle da lui. Quando Marta se ne fu andatala guardia di Gondreville venne alla fattoria per sapere ciò che Marta era venuta a cercare. Sei giorni dopoMartadiventata prudenteandò appena fu mezzanotte a portare le provviste per non essere sorpresa dalle guardie che evidentemente sorvegliavano la foresta.

Dopo aver portato per la terza volta i viveri al senatorefu presa da una specie di terrore sentendo leggere dal curato gli interrogatori pubblici degli accusatipoiché allora il dibattimento era cominciato. Trasse in disparte l'abate Goujetedopo avergli fatto giurare che avrebbe custodito il segreto su ciò che essa stava per dirgli come se fosse in confessionegli mostrò il brano della lettera che aveva ricevuta da Michu riferendogliene il contenutoe gli rivelò il segreto del nascondiglio in cui si trovava il senatore. Il curato domandò subito a Marta se avesse qualche lettera del marito per poter confrontare le due scritturee Marta andò alla fattoria dove trovò la citazione di comparire come testimone davanti alla Corte. Quando essa tornò al castellol'abate Goujet e sua sorella erano stati citati anche lorosu richiesta degli accusati. Furono dunque obbligati a recarsi subito a Troyes. Così tutti i personaggi del drammaanche quelli che ne erano in qualche modo soltanto le comparsesi trovarono riuniti sulla scena dov'erano allora in gioco i destini di due famiglie.

Sono poche le località della Francia in cui la Giustizia trae dalle cose quel prestigio che dovrebbe accompagnarla sempre. Dopo la religione e la politicanon è forse la più grande macchina della società? Dappertuttoanche a Parigila meschinità del localela cattiva disposizione degli ambienti e la mancanza di decoronella nazione più vanitosa e teatrale che oggi vi sia in fatto di monumentidiminuiscono l'azione di questo enorme potere.

La disposizione è la stessa quasi in tutte le città. In fondo a una lunga salasopra un palcosi vede un tavolo coperto di panno verdedietro il quale in poltrone volgari siedono i giudici. A sinistrail seggio del pubblico accusatoreeal suo fiancolungo il murouna lunga tribuna fornita di sedie pei giurati. Di fronte ai giurati si estende un'altra tribuna dove si trova il banco degli accusati e dei gendarmi che fanno loro la guardia. Il cancelliere prende posto ai piedi del palcoaccanto al tavolo sul quale si depongono i corpi del reato. Prima che fosse istituita la giustizia imperialeil commissario del governo e il direttore del giurì avevano un seggio e un tavolo per ciascunol'uno a destra e l'altro a sinistra del tavolo della corte. Due uscieri vanno e vengono nello spazio che rimane davanti alla corte per la comparizione dei testimoni. I difensori stanno sotto la tribuna degli accusati. Una balaustrata di legno unisce le due tribune verso l'altro capo della salae forma un recinto in cui si mettono i banchi per i testimoni che hanno già depostoe per i curiosi privilegiati. Poidi fronte al tribunalesopra la porta d'entratac'è sempre una brutta tribuna riservata alle autorità e alle donne del dipartimento scelte dal presidentedal quale dipende il servizio di polizia dell'udienza. Il pubblico non privilegiato rimane in piedi nello spazio compreso fra la porta della sala e la balaustrata. Questo è l'aspetto normale dei tribunali e delle corti di assise d'oggigiornoin Franciaed era quello della corte criminale di Troyes.

Nell'aprile del 1806né i quattro giudici e il presidente che componevano la cortené il pubblico accusatorené il direttore del giurìné i difensorinessunoeccetto i gendarmiportava una divisa o un segno distintivo che migliorasse la nudità delle cose e l'apparenza assai meschina delle persone. Mancava il crocifissoe non dava il suo esempio né alla giustiziané agli accusati. Tutto era triste e volgare. L'apparatocosì necessario all'interesse socialeè forse una consolazione per il criminale.

L'affluenza del pubblico fu quella che è stata e che sarà sempre in tutte le occasioni di questo generefinché i costumi non saranno riformati e finché la Francia non avrà riconosciuto che l'ammissione del pubblico all'udienza non significa la pubblicitàe che la pubblicità data al dibattimento costituisce una pena così esorbitanteche se il legislatore avesse potuto prevederlanon l'avrebbe inflitta.

I costumi sono spesso più crudeli delle leggi. I costumisono gli uominimentre la legge è la ragione di un paese. Ma i costumiche spesso non hanno ragionesono più forti della legge. La gente si affollò intorno al palazzo di giustiziatanto che il presidentecome accade in tutti i processi celebrifu costretto a mettere picchetti di soldati a guardia delle porte. L'uditorio che restava in piedi dietro la balaustrataera così pigiato che soffocava. Il signor Grandvilleche difendeva Michu; Bordinil difensore dei signori di Simeusee un avvocato di Troyes che patrocinava la causa dei signori d'Hauteserre e di Gothardi meno compromessi dei sei accusatifurono al loro posto prima che si aprisse la sedutae i loro volti spiravano fiducia. Come il medico non lascia veder nulla della sua apprensione al malatocosì l'avvocato mostra sempre un volto pieno di speranza al suo cliente. E' uno dei rari casi in cui la menzogna diviene virtù.

Quando gli accusati entraronosi levò un mormorio favorevole all'aspetto dei quattro giovani i qualidopo venti giorni di prigioniapassati nell'inquietudineerano un po' impalliditi. La perfetta somiglianza dei due gemelli suscitò il più forte interesse. Forse ognuno pensava che la natura dovesse esercitare una protezione speciale su una delle sue più curiose raritàe tutti si sentivano tratti a riparare all'ingiustizia del destino verso di loro. Il loro contegno nobilesemplicesenza il minimo indizio di vergognama anche senza spavalderiacommosse profondamente le donne. I quattro gentiluomini e Gothard si presentavano con gli stessi vestiti che portavano quando furono arrestatima Michui cui indumenti facevano parte dei corpi del reatoaveva indossato il suo abito migliore: una redingote bluun panciotto di velluto bruno alla Robespierree una cravatta bianca. Il poveruomo pagò il fio della sua bruttezza. Quando volse il suo sguardo giallochiaro e profondo all'assembleache ebbe un fremitogli fu risposto con un mormorio di raccapriccio.

L'uditorio credette di veder la mano di Dio nella sua comparizione sul banco degli accusatidove suo suocero aveva fatto sedere tante vittime. Quell'uomo veramente grande guardò i suoi padroni reprimendo un sorriso ironico. Aveva l'aria di dire: "Vi nuoccio!". I cinque accusati scambiarono saluti affettuosi coi loro difensori. Gothard faceva ancora l'idiota.

Quando i difensoriilluminati su questo punto dal marchese di Chargeboeufche aveva preso coraggiosamente posto accanto a Bordin e al signor di Grandvilleebbero fatto con sagacia le contestazioniquando la giuria fu costituitae l'atto di accusa fu lettogli accusati vennero separati per procedere al loro interrogatorio. Tutti risposero con notevole accordo. Dopo essere andati la mattina a fare una passeggiata a cavallo nella forestaerano tornati all'una a Cinq-Cygne per far colazione; dopo pranzodalle tre alle cinque e mezzoavevano ripreso la via della foresta. Questo fu il fondo comune delle risposte degli accusati; le varianti derivarono dalla speciale posizione di ciascuno.

Quando il presidente pregò i signori di Simeuse di dire per quali motivi erano usciti così presto la mattinatutti e due dichiararono chefin dal loro ritornopensavano di ricomprare Gondrevillee chenell'intenzione di trattare con Malinarrivato il giorno primaerano usciti con la cugina e con Michuallo scopo di esaminare la foresta per farsi un'idea della somma da offrire. Durante quel tempoi signori d'Hauteserrela cugina e Gothard avevano data la caccia a un lupo che i contadini avevano veduto. Se il direttore del giurì avesse seguito nella foresta le tracce dei loro cavalli con la stessa attenzione con cui aveva esaminato quelle dei cavalli che avevano attraversato il parco di Gondrevilleavrebbe avuto la prova che la mèta della loro gita era ben lontana dal castello.

L'interrogatorio dei signori d'Hauteserre confermò quello dei signori di Simeuse e si trovò in armonia con le risposte da essi date durante l'istruttoria. La necessità di giustificare la loro passeggiata aveva suggerito a ciascun accusato l'idea di attribuirla alla caccia. Alcuni contadinipochi giorni primaavevano segnalato un lupo nella forestae ciascuno di loro se ne fece un pretesto.

Tuttavia il pubblico accusatore rilevò delle contraddizionifra i primi interrogatori in cui i signori d'Hauteserre dicevano di essere andati a caccia tutti insiemee le dichiarazioni fatte durante l'udienzasecondo le quali i signori d'Hauteserre e Lorenza sarebbero andati a cacciamentre i signori di Simeuse avrebbero fatto la stima della foresta.

Il signor di Grandville fece osservare chesiccome il delitto non era stato commesso che fra le due e le cinque e mezzogli accusati dovevano essere creduti quando spiegavano in che modo avevano impiegato la mattinata.

Il pubblico accusatore rispose che gli accusati avevano interesse a nascondere i preparativi per sequestrare il senatore.

L'abilità della difesa apparve allora agli occhi di tutti. I giudicii giurati e l'uditorio compresero presto che la vittoria sarebbe stata disputata con ardore. Sembrava che Bordin e il signor di Grandville avessero previsto tutto. L'innocenza deve rendere un conto chiaro e plausibile delle sue azioni. Il dovere della Difesadunqueè di opporre un romanzo verosimile al romanzo inverosimile dell'Accusa. Per il difensoreil quale ritiene innocente il suo clientel'Accusa diventa una favola.

L'interrogatorio pubblico dei quattro gentiluomini spiegava sufficientemente i fatti in loro favore. E fin qui tutto andava bene. Ma l'interrogatorio di Michu fu più gravee ingaggiò la lotta. Tutti allora capirono perché il signor di Grandville aveva preferito difendere il servitore piuttosto che i padroni.

Michu riconobbe di aver minacciato Malinma negò di averlo fatto con la violenza che si diceva. Quanto all'agguato teso a Malin disse che passeggiava semplicemente nel parco; il senatore e il signor Grévin potevano aver avuto paura nel veder la bocca del suo fucile e attribuirgli una posizione ostile quando essa era inoffensiva. Fece osservare chedi seraun uomo che non ha l'abitudine della caccia può credere che un fucile sia puntato contro di luimentre invece si trova sulla spalla a riposo. Per giustificare lo stato del suo vestito al momento dell'arrestodisse che era caduto nella brecciatornando a casa. "Siccome era già buio quando passavoho lottato in un certo modo con le pietre che crollavano sotto di mementre mi aiutavo a risalire sulla strada incassata". Quanto al gesso che Gothard gli portavarispose come nei precedenti interrogatoriche esso era servito a fissare un palo della barriera nella strada incassata.

Il pubblico accusatore e il presidente gli chiesero di spiegare come mai egli si trovava allo stesso tempo nella breccia del castello e in capo alla strada incassata per fissare un palo alla barriera soprattutto quando il giudice di pacei gendarmi e la guardia campestre dichiaravano di averlo sentito venire da basso.

Michu rispose che il signor d'Hauteserre gli aveva fatto dei rimproveri perché non aveva eseguito quella piccola riparazione cui teneva a causa delle difficoltà che quella strada poteva suscitare con il comune; era andato dunque ad annunciargli che aveva rimesso in sesto la barriera.

Effettivamente il signor d'Hauteserre aveva fatto mettere una barriera in capo alla strada incassata per impedire che il comune se ne impadronisse. Vedendo quale importanza assumeva lo stato del suo vestitoe il gesso di cui non si poteva spiegare l'impiegoMichu aveva inventato quel sotterfugio. Sein un processola verità somiglia spesso a una favolaanche una favola somiglia molto alla verità. Il difensore e l'accusatore attribuirono tutti e due un gran valore a quella circostanza cheper gli sforzi del difensore e i sospetti dell'accusatore divenne principale.

All'udienzaGothardistruito senza dubbio dal signor di Grandvilleconfessò che Michu lo aveva pregato di portargli dei sacchi di gessopoiché fino allora si era sempre messo a piangere quando lo interrogavano.

- Perché né voi né Gothard avete condotto subito il giudice di pace e la guardia campestre a quella barriera? domandò il pubblico accusatore.

- Perché non ho mai pensato che potessero accusarmi di un delitto capitale - rispose Michu.

Fecero uscire tutti gli accusatieccetto Gothard. Quand'egli fu soloil presidente lo esortò a dire la verità nel suo stesso interessefacendogli osservare che la sua pretesa idiozia era cessata. Nessuno dei giurati lo credeva imbecille. Tacendo davanti alla cortepoteva incorrere in una grave pena; invecedicendo la veritàsarebbe stato fuori causa. Gothard pianseesitòpoi finì col dire che Michu lo aveva pregato di portargli parecchi sacchi di gesso; ma ogni volta lo aveva trovato davanti alla fattoria.

Gli domandarono quanti sacchi avesse portati. - Tre - rispose Gothard.

Gothard e Michu furono messi a confronto per sapere se fossero trecompreso quello che gli portava al momento dell'arrestociò che riduceva i sacchi a dueoppure se fossero tresenza contare l'ultimo. Ma il confronto si concluse a favore di Michu. Per i giuratinon erano serviti che due sacchima essi sembravano già convinti su questo punto. Bordin e il signor di Grandville credettero necessario di saziarli di gesso e di stancarli tanto che non capissero più nulla. Il signor di Grandville presentò delle conclusioni tendenti a ciò che fossero nominati degli esperti per esaminare lo stato della barriera.

- Il direttore del giurì - disse il difensore - si è contentato di andare sul posto non tanto per farvi una severa perizia quanto per vedervi un sotterfugio di Michu; masecondo meegli ha mancato ai suoi doveri e il suo errore deve tornarci utile.

La corte infatti diede ad alcuni esperti l'incarico di accertare se uno dei pali della barriera fosse stato fissato di recente. Da parte suail pubblico accusatore voleva averla vinta su questa circostanzaprima che fosse fatta la perizia.

- Voi - egli disse a Michu - avreste scelto l'ora in cui non ci si vede piùdalle cinque e mezzo alle sei e mezzoper riparare la barriera da solo?

- Il signor d'Hauteserre mi aveva rimproverato!

- Ma - riprese il pubblico accusatore - se avete adoperato il gesso alla barrieradovete esservi servito di un mastello e di una cazzuola. Orase siete andato a dire così presto al signor d'Hauteserre che avevate eseguito i suoi ordininon potete spiegare come mai Gothard vi portava ancora del gesso. Avete dovuto passare davanti alla vostra fattoriadepositare i vostri utensili e avvertire Gothard.

Questi argomenti fulminanti produssero nell'uditorio un silenzio orribile.

- Suvviaconfessatelo - riprese l'accusatore - non è un palo quello che avete interrato.

- Credete dunque che sia il senatore? - disse Michu con un'aria profondamente ironica.

Il signor di Grandville domandò formalmente al pubblico accusatore di spiegarsi su questo punto. Michu era accusato di ratto e di sequestro di personanon di omicidio. Nessun'altra contestazione poteva essere più grave di questa. Il Codice di brumaio anno quarto proibiva al pubblico accusatore d'introdurre nuovi capi d'accusa nei dibattimenti; egli dovevapena l'annullamentoattenersi ai termini dell'atto di accusa.

Il pubblico accusatore rispose che Michuprincipale autore del misfattoavendo preso su di sé ogni responsabilità nell'interesse dei suoi padronipoteva aver avuto bisogno di murare l'entrata del luogo ancora sconosciuto in cui gemeva il senatore.

Incalzato dalle domandeassalito davanti a Gothardmesso in contraddizione con se stessoMichu batté un gran pugno sul parapetto della tribunae disse: - Io non c'entro affatto nel ratto del senatore e voglio credere che i suoi nemici lo abbiano semplicemente rinchiuso; ma se ricompariràvedrete che il gesso non è servito a niente.

- Bene - disse l'avvocato volgendosi al pubblico accusatore - avete fatto più voi in difesa del mio cliente che tutto quello che potevo dire io.

La prima udienza fu tolta con questa audace dichiarazioneche sorprese i giurati e dette un vantaggio alla difesa. Perciò gli avvocati della città felicitarono con entusiasmo il giovane difensore. L'accusatore pubblicoinquieto per quella asserzionetemette di essere caduto in un tranello; e infatti era incappato in una rete abilmente tesa dai difensorie alla quale aveva posto mano anche Gothardrecitando mirabilmente la sua parte. In cittàquelli che facevano dello spirito dissero che il processo si era ingessatoche il pubblico accusatore aveva rovinato la sua posizionee che i Simeuse diventavano candidi come gesso. In Francia si scherza su tutto: sul patiboloalla Beresinaalle barricatee qualche francese scherzerà certamente anche alle grandi assise del giudizio universale.

Il giorno dopo furono interrogati i testimoni a carico: la signora Marionla signora GrévinGrévinil cameriere del senatore e Violettale cui deposizioniin seguito agli avvenimenti narratisi possono facilmente immaginare. Tutti riconobbero i cinque accusaticon più o meno esitazione riguardo ai quattro gentiluominima con certezza riguardo a Michu. Beauvisage riferì le parole che erano sfuggite a Roberto d'Hauteserre. Il contadino che era andato per comprare il vitelloridisse la frase della signorina di Cinq-Cygne. I peritiinterrogaticonfermarono i loro rapporti sul confronto dell'orma dei ferri con quelli dei cavalli dei quattro gentiluominii quali ferrisecondo l'accusaerano assolutamente uguali. Questa circostanza fu naturalmente l'oggetto di un violento dibattito fra il signor di Grandville e il pubblico accusatore. Il difensore se la prese col maniscalco di Cinq-Cygnee riuscì a fargli dire che ferri simili erano stati da lui venduti alcuni giorni prima a certi forestieri. Il maniscalcodichiarò inoltre che non ferrava in quella maniera soltanto i cavalli del castello di Cinq-Cygnema molti altri in paese.

Infineil cavallo di cui si serviva abitualmente Michuera stato ferratocontro il solitoa Troyese l'impronta di quel ferro non si trovava affatto fra quelle constatate nel parco.

- Il sosia di Michu ignorava questa circostanza disse il signor di Grandville guardando i giurati - e l'accusa non ha accertato che Michu si sia servito di uno dei cavalli del castello.

D'altronde egli annientò la deposizione di Violetta per quel che riguardava la somiglianza di cavalli visti di lontano e di dietro!

Nonostante gli incredibili sforzi del difensoreMichu soccombeva sotto la massa delle testimonianze a carico. L'accusatorel'uditoriola corte e i giurati sentivano tutti come aveva presentito la difesa che la colpevolezza del servitore significava anche quella dei padroni. Bordin aveva indovinato bene quale fosse il nodo del processo quando aveva dato il signor di Grandville per difensore a Michu; ma la difesa rivelava in tal modo i suoi segreti. Così tutto ciò che riguardava l'antico amministratore di Gondreville ispirava il più vivo interesse. D'altronde Michu si comportò ammirevolmentedispiegando in quei dibattiti tutta l'accortezza di cui lo aveva dotato la naturaea forza di guardarloil pubblico riconobbe la sua superiorità; macosa strana! credette più fermamente che egli fosse l'autore del misfatto. I testimoni a discaricoi quali agli occhi dei giurati e della legge erano meno importanti di quelli a caricosembrarono fare il loro doveree furono ascoltati soltanto per scrupolo di coscienza. In primo luogo né Martané il signore e la signora d'Hauteserre prestarono giuramento; poi Caterina e i Durieu si trovarono nello stesso caso. Il signor d'Hauteserre disse di aver effettivamente dato a Michu l'ordine di rimettere al posto il palo abbattuto; e la dichiarazione degli espertii quali lessero in quel momento il loro rapportoconfermò la deposizione del vecchio gentiluomoma essi dettero ragione anche al direttore del giurì dichiarando che non era possibile determinare in quale tempo quel lavoro fosse stato fatto: potevano essere passate da allora parecchie settimane come soltanto venti giorni. L'apparizione della signorina di Cinq-Cygne eccitò la più viva curiositàma rivedendo i suoi cugini sul banco degli accusati dopo ventitré giorni di separazioneessa provò un'emozione così violenta che ebbe l'aria di una colpevole. Sentì un terribile desiderio di essere accanto ai gemellie fu costrettacome disse più tardia usare tutta la sua forza per reprimere il furore che la spingeva a uccidere il pubblico accusatoreper essere agli occhi di tutti incriminata insieme con loro. Raccontò con semplicità cometornando a Cinq-Cygnee vedendo del fumo nel parcoaveva creduto fosse un incendio. Per molto tempo aveva pensato che quel fumo provenisse da erbacce bruciate.

- Tuttavia - essa disse - mi sono ricordata più tardi di un particolare che segnalo all'attenzione della Giustizia. Ho trovato negli alamari della mia amazzonee fra le pieghe del mio collettoframmenti simili a quelli di carte bruciateportati dal vento.

- C'era molto fumo? - domandò Bordin.

- Sì - rispose la signorina di Cinq-Cygne - credevo che fosse un incendio.

- Questo può far cambiar faccia al processo - disse Bordin. - Chiedo alla corte di ordinare un'inchiesta sui luoghi dove si è sviluppato l'incendio.

Il presidente ordinò l'inchiesta.

Grévinrichiamato a istanza dei difensorie interrogato su questa circostanzadichiarò di non saper nulla. Ma fra Bordin e Grévin ci fu uno scambio di sguardi che li illuminò a vicenda.

- Il processo è tutto qui - si disse il vecchio procuratore.

"Hanno indovinato!" pensò il notaio.

Maognuno dal canto suoi due furbi matricolati pensarono che l'inchiesta era inutile. Bordin si disse che Grévin sarebbe stato muto come un pescee Grévin si congratulò con se stesso per aver fatto scomparire le tracce dell'incendio. Per esaurire questo argomentoche sembrava secondario e perfino puerile nel dibattitoma capitale nella giustificazione che la storia deve a quei giovanii periti incaricati di visitare il parcodichiararono di non aver notato nessun posto in cui fossero tracce d'incendio. Bordin fece citare due contadini i quali deposero di aver lavoratoagli ordini della guardia campestreuna porzione del prato dove l'erba era bruciata; ma dissero di non aver affatto osservato da quale sostanza provenissero le ceneri. La guardiarichiamata a istanza dei difensoridisse di aver ricevuto dal senatoreal momento in cui passava dal castello per andar a vedere la mascherata di Arcisl'ordine di lavorare quella parte del prato che il senatore aveva notato la mattina facendo una passeggiata.

- Vi avevano bruciato delle erbe o delle carte?

- Io non ho visto nulla che potesse far credere che avessero bruciato delle carte - rispose la guardia.

- Insomma - dissero i difensori - se ci hanno bruciato erbacce qualcuno deve averle portate e datovi fuoco.

La deposizione del curato di Cinq-Cygne e quella della signorina Goujet fecero un'impressione favorevole. Uscendo dal vespro e passeggiando verso la forestaavevano visto i gentiluomini e Michu a cavallo che uscivano dal castello e s'incamminavano alla volta della foresta. Il ministero e la probità dell'abate Goujet davano peso alle sue parole.

L'orazione del pubblico accusatoreche si sentiva sicuro di ottenere una condannafu come sono le requisitorie di questa specie. Gli accusatori erano implacabili nemici della Franciadelle istituzioni e delle leggi. Avevano sete di disordini.

Sebbene fossero stati implicati negli attentati alla vita dell'Imperatore e avessero fatto parte dell'armata di Condéil magnanimo sovrano li aveva cancellati dalla lista degli emigrati.

Ed ecco il prezzo che essi pagavano alla sua clemenza. Insomma tutte le esagerazioni oratorie che si sono ripetute in nome dei Borboni contro i Bonapartistie che si ripetono oggi contro i Repubblicani e i Legittimisti in nome del ramo cadetto. Questi luoghi comuni che avrebbero un senso in un governo duraturosembreranno per lo meno comici quando la storiali troverà sempre uguali in ogni epocasulla bocca del pubblico ministero. A questo proposito si può ripetere il detto ispirato dai rivolgimenti più antichi: "L'etichetta è cambiatama il vino è sempre lo stesso!".

Il pubblico accusatoreche fu d'altronde uno dei più insigni procuratori generali dell'Imperoattribuì il delitto all'intenzione che gli emigratirientrandoavrebbero avuto di protestare contro l'occupazione dei loro beni. E seppe far fremere l'uditorio sulla situazione del senatore. Poi raccolse le provele mezze prove e le probabilitàcon un talento stimolato da una sicura ricompensa al suo zeloe si sedette tranquillamente aspettando il fuoco dei difensori.

Il signor di Grandville non patrocinò nessun'altra causa criminale all'infuori di questama essa gli fece un nome. Prima di tutto trovò per la sua arringa quello slancio di eloquenza che ammiriamo oggi in Berryer. Inoltre era convinto dell'innocenza degli accusati e questo è uno dei più forti incitamenti alla parola.

Ecco i punti principali della sua difesache i giornali del tempo riportarono per intero. Prima di tutto rimise nella sua vera luce la vita di Michu. Fu un bel racconto in cui risuonarono i più grandi sentimenti e che destò molte simpatie. Ci fu un momento in cui a Michuche si vedeva riabilitato da una voce eloquentevennero le lacrime agli occhi e gli rigarono il terribile volto.

Apparve allora quello che realmente era: un uomo sempliceastuto come un fanciulloma un uomo la cui vita non aveva avuto che un solo pensiero. L'animo suo fu improvvisamente svelato soprattutto dal suo pianto che produsse un grande effetto sulla giuria.

L'abile difensore afferrò questo movimento d'interesse per entrare nella discussione dei capi di accusa.

- Dov'è il corpo del delitto? - domandò l'avvocato- dov'è il senatore? Voi ci accusate di averlo imprigionatoanzi murato con pietre e gesso! Ma allora soltanto noi sappiamo dov'egli è; esiccome voi ci tenete in prigione da ventitré giorniegli è morto di fame. Noi lo abbiamo uccisoe voi non ci avete accusato di omicidio. Ma se egli viveabbiamo dei complici; se abbiamo dei complici e se il senatore è vivoperché dunque non lo facciamo comparire? Una volta falliti i piani che voi ci attribuiteperché aggraveremmo inutilmente la nostra posizione? Quandocol pentimentopotremmo farci perdonare una vendetta mancataci ostineremmo a tener rinchiuso un uomo dal quale non possiamo ottenere più nulla? Non è assurdo? Portate via il vostro gessoil suo effetto è mancato disse l'avvocato al pubblico accusatore - perché o noi siamo delinquenti imbecilliil che voi non credeteo siamo innocentivittime di circostanze inesplicabili tanto per noi quanto per voi! Dovete piuttosto cercare il mucchio di carte che è stato bruciato in casa del senatoree che rivela interessi ben più forti dei nostrie che indicherebbe il motivo del suo ratto. - Trattò questa ipotesi con un'abilità meravigliosa.

Insistette sulla probità dei testimoni a discaricoi quali erano animati da una così viva fede religiosae che credevano all'immortalità dell'anima e alle pene eterne. In questo punto fu sublime e seppe commuovere profondamente. - Ma come! proseguì il difensore – questi assassini pranzano tranquillamente nell'apprendere dalla loro cugina il ratto del senatore! Quando l'ufficiale di gendarmeria suggerisce loro i mezzi per accomodare tuttoessi rifiutano di liberare il senatoree non sanno che cosa si voglia da loro! - Fece allora presentire un mistero la cui chiave si trovava nelle mani del Tempoche avrebbe rivelato l'ingiustizia di quell'accusa. Una volta su questo terrenoegli ebbe l'audace e ingegnosa idea di supporsi giuratoriferì la sua discussione coi colleghisi rappresentò talmente infelicesedopo esser stato la causa di una crudele condannafosse stato riconosciuto l'erroredipinse così bene i suoi rimorsie tornò con tanta forza sui dubbi che la difesa gli avrebbe ispiratoche lasciò i giurati in una terribile ansietà.

I giurati non erano ancora abituati a questo genere di allocuzioni; essi ebbero allora il fascino della novitàe la giuria ne fu scossa. Dopo la calda arringa del signor di Grandvillei giurati dovettero ascoltare il sottile e specioso procuratoreil quale moltiplicò le considerazionimise in evidenza tutte le parti tenebrose del processo e lo rese inesplicabile. Fu così abile che impressionò lo spirito e la ragionecosì come il signor di Grandville aveva commosso il cuore e l'immaginazione. Insomma seppe avvincere i giurati con tanta forza di convinzione che il pubblico accusatore vide crollare il suo edificio. La cosa fu talmente chiara che l'avvocato dei signori d'Hauteserre e di Gothard si rimise alla prudenza dei giurati vedendo che nei loro riguardi l'accusa veniva abbandonata.

L'accusatore domandò di rinviare la sua replica al giorno dopo.

InvanoBordinil quale leggeva l'assoluzione negli occhi dei giuratise essi avessero deliberato sotto l'impressione di quelle arringhe si opposeper motivi di diritto e di fattoa che per un'altra notte ancora si struggesse nell'ansia il cuore dei suoi innocenti clienti. La corte deliberò.

- L'interesse della società mi sembra uguale a quello degli accusati - disse il presidente. - La corte mancherebbe a ogni nozione di equità se respingesse una simile domanda della Difesadeve dunque accoglierla anche quando viene presentata dall'Accusa.

- Tutto dipende dal caso - disse Bordin guardando i suoi clienti.

- Questa sera sareste assoltidomani potete essere condannati.

- In ogni caso - disse il maggiore dei Simeuse non possiamo fare altro che ammirarvi.

La signorina di Cinq-Cygne aveva le lacrime agli occhi. Dopo i dubbi espressi dai difensorinon credeva a un simile successo.

Tutti vennero a congratularsi con leia darle come sicura l'assoluzione dei suoi cugini. Ma quel processo stava per avere il più violentosinistro e inatteso colpo di scena che abbia mai mutato faccia a una causa penale!

Alle cinque di mattinail giorno dopo l'arringa del signor di Grandvilleil senatoresciolto dai ferri durante il sonno per opera di liberatori sconosciutifu trovato sulla strada maestra di Troyesmentre andava in città senza saper nulla del processo né del chiasso che il suo nome faceva in Europae felice di respirare all'aria aperta. L'uomo che stava al centro di quel dramma fu così stupefatto da ciò che gli riferironocome furono stupefatti di vederlo quelli che lo incontrarono. Gli dettero il calesse di un fattoreed egli giunse rapidamente a Troyes dal prefetto. Questi avvertì subito il direttore del giurìil commissario del governo e il pubblico accusatorei qualiin seguito al racconto che fece loro il conte di Gondrevillemandarono a prendere Martache era ancora a lettopresso i Durieumentre il direttore del giurì motivava e spiccava un mandato di arresto contro di lei. La signorina di Cinq-Cygnela quale era in libertà soltanto dietro garanziafu strappata anche lei a uno di quei rari momenti di sonno che essa otteneva in mezzo alle sue costanti angoscee fu trattenuta alla prefettura per esservi interrogata. Al direttore delle carceri fu inviato l'ordine di vietare agli accusati ogni comunicazioneanche con gli avvocati. Alle dieciil pubblicoche si era già adunatoapprese che l'udienza era stata rinviata all'una del pomeriggio.

Questo cambiamento (che coincideva con la notizia della liberazione del senatore)l'arresto di Marta e della signorina di Cinq-Cygnee il divieto di comunicare con gli accusatigettarono il terrore nel palazzo Chargeboeuf. Tutta la città e i curiosi venuti a Troyes per assistere al processogli stenografi dei giornalie anche il popolino furono in preda a un'emozione facile a comprendere. Verso le diecil'abate Goujet andò a trovare il signorela signora d'Hauteserre e i difensori. In quel momento facevano colazione come potevano farla in simili circostanze. Il curato trasse in disparte Bordin e il signor di Grandvillee riferì loro le confidenze di Marta e il brano della lettera che essa aveva ricevuto. I due difensori si scambiarono uno sguardo e Bordin disse al curato: Non dite niente a nessuno. Tutto mi sembra perduto. Mostriamoci almeno sereni.

Marta non era abbastanza forte per resistere al direttore del giurì e al pubblico accusatore uniti insieme. D'altronde le prove contro di lei abbondavano. Su indicazione del senatoreLechesneau aveva mandato a cercare la crosta inferiore dell'ultima pagnotta che Marta aveva portatoe che egli aveva lasciato nella cantinacome anche le bottiglie vuote e parecchi altri oggetti. Durante le lunghe ore della sua prigioniaMalin aveva fatto delle congetture sulla sua situazione e cercato gli indizi che potessero metterlo sulle tracce dei suoi nemici. Naturalmente egli comunicò le sue osservazioni al magistrato. La fattoria di Michucostruita di recentedoveva avere un forno nuovo; siccome i mattoni erano stati congiunti secondo un certo disegnosi poteva avere la prova che il pane era stato cotto in quel fornoprendendo l'impronta del piano le cui linee si ritrovavano in rilievo sulla crosta.

Inoltrele bottiglie suggellate con cera verdeerano senza dubbio simili alle bottiglie che si trovavano nella cantina di Michu. Queste sottili osservazioniriferite al giudice di paceche andò a fare le perquisizioni alla presenza di Martadettero i risultati previsti dal senatore. Vittima dell'apparente bonomia con la quale Lechesneauil pubblico accusatore e il commissario del governo le fecero intravvedere che soltanto una confessione completa avrebbe potuto salvare la vita di suo maritoal momento in cui fu schiacciata da prove così evidentiMarta confessò che il nascondiglio dove il senatore era stato messoera conosciuto soltanto da Michudai signori di Simeuse e d'Hauteserree che essa aveva portato i viveri al senatorea tre ripresedi notte.

Lorenzainterrogata sulla circostanza del nascondigliofu costretta a confessare che Michu lo aveva scoperto e glielo aveva mostrato prima del processo per sottrarre i gentiluomini alle ricerche della polizia. Terminati questi interrogatorila giuria e gli avvocati furono subito avvertiti che si riprendeva l'udienza. Alle tre il presidente apriva la seduta annunciando che il dibattito ricominciava su elementi nuovi. Il presidente fece vedere a Michu tre bottiglie di vinogli domandò se le riconosceva per suee gli mostrò che la cera delle due bottiglie vuote era identica a quella di una bottiglia pienapresa la mattina alla fattoria dal giudice di pacealla presenza di sua moglie. Michu non volle riconoscerle per sue; ma i nuovi corpi di reato furono apprezzati dai giuratiai quali il presidente spiegò che le bottiglie vuote erano state trovate poco prima nel luogo dove il senatore era stato tenuto prigioniero. Ciascun accusato fu interrogato relativamente alla cantina situata sotto le rovine del monastero. Dopo una nuova deposizione di tutti i testimoni a carico e a discaricofu accertato che il nascondiglio scoperto da Michu era conosciuto soltanto da luida Lorenza e dai quattro gentiluomini. Si può immaginare l'effetto prodotto sull'uditorio e sui giurati quando il pubblico accusatore annunciò che il sotterraneo conosciuto soltanto dagli accusati e da due testimoniera servito da prigione al senatore. Si fece entrare Marta. La sua apparizione causò le ansie più vive nell'uditorio e negli accusati. Il signor di Grandville si alzò per opporsi a che la moglie testimoniasse contro il marito. Ma il pubblico accusatore fece osservare checome lei stessa aveva confessatoMarta era complice del delitto: perciò non era obbligata né a prestar giuramentoné a testimoniare; doveva soltanto essere interrogata nell'interesse della verità.

- D'altronde non abbiamo che da dar lettura del suo interrogatorio davanti al direttore del giurì - disse il presidente che fece leggere dal cancelliere il verbale steso la mattina. - Confermate queste dichiarazioni? - domandò il presidente.

Michu guardò la mogliee Martache capì il suo errorecadde svenuta. Si può dire senza esagerazione che un fulmine scoppiava sul banco degli accusati e sui loro difensori.

- Non ho mai scritto dal carcere a mia mogliee non conosco nessuno dei custodi - disse Michu.

Bordin gli passò il frammento della lettera e Michu non fece che gettarvi un'occhiata. - Hanno contraffatto la mia scrittura - esclamò.

- Negare è la vostra ultima risorsa - disse il pubblico accusatore.

Allora fu fatto entrare il senatore con tutte le cerimonie prescritte per il suo ricevimento. La sua entrata fu un colpo di scena. Malinche i magistrati chiamavano conte di Gondrevillesenza alcuna pietà per gli antichi proprietari di quella bella dimoraguardòper invito del presidentegli accusati con la più grande attenzione e lungamente. Riconobbe che i vestiti dei suoi rapitori erano esattamente quelli dei gentiluominima dichiarò cheavendo perduto i sensi al momento del rattonon poteva affermare che gli accusati fossero i colpevoli.

- C'è di più - disse Malin - io sono convinto che questi quattro signori non c'entrano affatto. Le mani che mi hanno bendato gli occhi nella foresta erano rozze. Perciò disse Malin guardando Michu - crederei piuttosto che sia stato il mio antico amministratore a incaricarsi di questo servizioma prego i signori giurati di pesare bene la mia deposizione. I miei sospetti a questo riguardo sono molto lievie non ho la minima certezza.

Ed ecco perché. I due uomini che si sono impadroniti di memi hanno messo a cavalloin groppadietro colui che mi aveva bendato e i cui capelli erano rossi come quelli dell'accusato Michu. Per quanto singolare sia la mia osservazionedevo parlarneperché essa costituisce la base di una convinzione favorevole all'accusatoche io prego di non offendersene. Legato al dorso di uno sconosciutoho dovutononostante la velocità della corsasentire il suo odore. Ebbenenon ho riconosciuto quello che è proprio di Michu. Quanto alla persona che per tre volte mi ha portato i viverisono certo che essa è Martala moglie di Michu. La prima voltal'ho riconosciuta da un anello che le ha dato la signorina di Cinq-Cygnee che essa non aveva pensato di togliersi. La giustizia e i signori giurati vaglieranno le contraddizioni che s'incontrano in questi fatti e che io non riesco ancora a spiegarmi.

Un mormorio favorevoleun'approvazione unanime accolse la deposizione di Malin. Bordin sollecitò dalla corte il permesso di rivolgere alcune domande a un testimone così prezioso.

- Il signor senatore crede dunque che il sequestro della sua persona sia dovuto a motivi diversi da quelli attribuiti dall'accusa agli accusati ?

- Certo! - rispose il senatore. - Ma ignoro questi motivipoiché dichiaro chedurante i venti giorni della mia prigionianon ho visto nessuno.

- Credete - domandò allora il pubblico accusatore che nel vostro castello di Gondreville ci fossero documentititoli o valori che potessero rendere necessaria una perquisizione da parte dei signori di Simeuse?

- Non lo penso - rispose Malin. - Ma in ogni caso credo questi signori incapaci di impadronirsene con la violenza. Per ottenerlinon avrebbero dovuto che chiedermeli. - Il signor senatore non ha fatto bruciare delle carte nel suo parco? domandò improvvisamente il signor di Grandville.

Il senatore guardò Grévin. Dopo aver scambiato col notaio uno sguardo rapido e acuto che fu sorpreso da Bordinrispose che non aveva fatto bruciare nessuna carta. Avendogli il pubblico accusatore domandato informazioni sull'agguato del quale per poco non era stato vittima nel parcoe se egli non si fosse ingannato sulla posizione del fucileil senatore disse che Michu si trovava allora in agguato sopra un albero. Questa rispostache si accordava con la testimonianza di Grévinprodusse una viva impressione. I gentiluomini rimasero impassibili durante la deposizione del loro nemico che li opprimeva con la sua generosità. Lorenza soffriva la più orribile agonia; eogni tanto il marchese di Chargeboeuf la tratteneva per il braccio. Il conte di Gondreville si ritirò salutando i quattro gentiluomini che non gli resero il saluto. Questa piccola cosa indignò i giurati.

- Sono perduti! - disse Bordin all'orecchio del marchese.

- Ahimè! sempre a causa della loro fierezza rispose il signor di Chargeboeuf.

- Il nostro compito è diventato troppo facilesignori - disse il pubblico accusatore levandosi in piedi e guardando i giurati.

Egli spiegò che i due sacchi di gesso erano serviti a murare la sbarra di ferro necessaria per agganciare il catenaccio che chiudeva la porta della cantina e la cui descrizione si trovava nel verbale steso la mattina da Pigoult. Dimostrò facilmente che soltanto gli accusati conoscevano il sotterraneomise in evidenza le menzogne della difesa e ne distrusse gli argomenti con le nuove prove che erano arrivate così miracolosamente. Nel 1806si era ancora troppo vicini all'Essere supremo del 1793 per parlare di giustizia divina; il pubblico accusatore risparmiò quindi ai giurati l'intervento del cielo. Disse infine che la Giustizia avrebbe tenuto gli occhi addosso ai complici sconosciuti che avevano liberato il senatoree sedette aspettando con fiducia il verdetto.

I giurati credettero a un mistero; ma erano persuasi che la chiave di questo mistero fosse in mano agli accusatii quali tacevano per un motivo privato di grandissima importanza.

Il signor di Grandvilleper il quale era evidente che una trama era stata ordita a danno dei suoi clientisi alzòma pareva accasciatosebbene lo fosse non tanto per le testimonianze sopravvenutequanto per la manifesta convinzione dei giurati.

Superò forse l'arringa del giorno innanzi. La seconda fu più logica e più serrata della prima. Ma egli sentiva il suo calore respinto dalla freddezza della giuria: parlava inutilmentee se ne accorgeva! Situazione terribileglaciale. Fece notare quanto la liberazione del senatoreavvenuta come per opera di magiae certamente senza l'aiuto di nessuno degli accusatineppure di Martacorroborava i suoi primi ragionamenti. Certoil giorno primagli accusati potevano sperare nell'assoluzionee secome supponeva l'accusaerano padroni di trattenere o rilasciare il senatorenon lo avrebbero liberato che dopo il verdetto. Tentò di far comprendere che soltanto nemici nascosti nell'ombra potevano aver fatto quel colpo.

Cosa strana! Il signor di Grandville turbò solo la coscienza del pubblico accusatore e dei magistratipoiché i giurati lo ascoltavano soltanto per dovere. L'uditorio stessoallora sempre favorevole agli accusatiera convinto della loro colpevolezza.

C'è anche un'atmosfera delle idee. In tribunalele idee della folla pesano sui giudicisui giurati e viceversa. Vedendo questa disposizione di animiche si riconosce o si senteil difensore arrivò nelle sue ultime parole a una specie di esaltazione febbrilecausata dalla sua convinzione.

- In nome degli accusativi perdono fin da ora un fatale errore che niente varrà a dissipare! - esclamò. - Una potenza sconosciuta e machiavellica si prende gioco di noi tutti. Marta Michu è vittima di un'odiosa perfidiae la società se ne accorgerà quando le sventure saranno irreparabili.

Bordin si fece forte della deposizione del senatore per chiedere l'assoluzione dei gentiluomini.

Il presidente ricapitolò con imparzialità il dibattimento tanto più che i giurati erano visibilmente convinti. Fece anzi pendere la bilancia in favore degli accusatibasandosi sulla deposizione del senatore. Ma questa indulgenza non comprometteva il successo dell'accusa. Alle undici di serasecondo le differenti risposte del capo del giurìla corte condannò Michu alla pena di mortei signori di Simeuse a ventiquattro annie i due d'Hauteserre a dieci anni di lavori forzati; Gothard fu assolto. Tutta la sala volle vedere il contegno dei cinque colpevoli nel momento supremo in cuisciolti e condotti davanti alla corteavrebbero ascoltato la condanna. I quattro gentiluomini guardarono Lorenza la quale volse loro con gli occhi asciutti l'ardente sguardo dei martiri.

- Piangerebbe se fossimo stati assolti - disse il minore dei Simeuse al fratello.

Nessun accusato oppose mai a una condanna ingiusta fronte più serena e contegno più nobile di quelle cinque vittime di un orribile complotto.

- Il nostro difensore vi ha perdonati! - disse il maggiore dei Simeuse rivolgendosi alla Corte.

La signora d'Hauteserre cadde malata e rimase tre mesi a letto a palazzo Chargeboeuf. Il buon d'Hauteserre tornò quietamente a Cinq-Cygne; maminato da uno di quei dolori di vecchi che non hanno nessuna delle distrazioni concesse alla gioventùebbe spesso dei momenti di amnesia che provavano al curato che quel povero padre era sempre al giorno dopo il fatale arresto. Quanto alla bella Martanon ci fu bisogno di giudicarla; morì in carcereventi giorni dopo la condanna del maritoraccomandando suo figlio a Lorenzafra le cui braccia spirò. Reso pubblico il giudizioavvenimenti politici di grandissima importanza soffocarono il ricordo del processo e non se ne parlò più. La societàcome l'oceanoriprende il suo livello e il suo moto dopo un disastroe ne cancella le tracce coll'agitarsi dei suoi interessi divoranti.

Senza la sua fermezza d'animo e la convinzione che i cugini erano innocentiLorenza poteva soccombere; invece dette nuove prove della magnanimità del suo caratteree sorprese il signor di Grandville e Bordin per l'apparente serenità che le estreme sventure danno alle anime belle. Vegliava e curava la signora d'Hauteserre e andava tutti i giorni per due ore al carcere. Disse che avrebbe sposato uno dei suoi cugini quando fossero stati all'ergastolo.

- All'ergastolo! - esclamò Bordin. - Ma signorinanon pensiamo ad altro ora che a chiedere la grazia all'Imperatore.

- Chiedere grazia per loroe a un Bonaparte? esclamò Lorenza con orrore.

Al vecchio e degno procuratoregli occhiali caddero dal nasoma egli li afferrò a voloe guardò la fanciulla la qualeorasomigliava a una donna; comprese quel carattere in tutta la sua integritàprese per il braccio il marchese di Chargeboeuf e gli disse: - Signor marchesecorriamo a Parigi a salvarli senza di lei!

Il ricorso dei signori di Simeused'Hauteserre e di Michu fu il primo processo che dovette giudicare la Corte di Cassazione. Il giudizio fu dunque per fortuna ritardato dalle cerimonie per l'insediamento della Corte.

Verso la fine di settembredopo tre udienze occupate dalle arringhe e dal procuratore generale Merlinche prese la parola lui stessoil ricorso fu respinto. La Corte imperiale di Parigi era istituita; il signor di Grandville vi era stato nominato sostituto del procuratore generale e siccome il dipartimento dell'Aube si trovava nella giurisdizione di quella Cortegli fu possibile fare nell'ambito del suo ministero qualche tentativo in favore dei condannati; stancò Cambacérèssuo protettore. Bordin e il signor di Chargeboeufla mattina dopo il verdettoandarono al suo palazzoal Maraisdove lo trovarono in luna di mielepoiché nel frattempo si era sposato. Nonostante gli avvenimenti che si erano verificati nell'esistenza del suo antico avvocatoil signor di Chargeboeuf vide benedal dispiacere del giovane sostitutoche egli rimaneva fedele ai suoi clienti. Certi avvocatiartisti della loro professionefannodelle loro causele loro amanti.

Ma il caso è raronon vi ci fidate. Non appena fu solo con i suoi clienti nel suo studioil signor di Grandville disse al marchese:

- Non ho aspettato la vostra visitaho già adoperato tutto il credito di cui godo. Non tentate di salvare Michunon otterreste neppure la grazia per i signori di Simeuse. Una vittima è necessaria.

- Mio Dio! - disse Bordin mostrando al giovane magistrato le tre domande di grazia - posso assumere la responsabilità di annullare la domanda del vostro antico cliente? Gettare questo foglio nel fuocovuol dire tagliar la testa a Michu.

Bordin tese il foglio firmato in bianco da Michuil signor di Grandville lo prese e lo guardò.

- Non possiamo annullarlo; masappiatelo! se chiedete tuttonon otterrete nulla.

- Abbiamo il tempo di consultare Michu? - domandò Bordin.

- Sì. L'ordine di esecuzione compete all'ufficio del Procuratore Generalee possiamo darvi qualche giorno di tempo. Uccidono gli uomini - egli disse con una certa amarezza ma lo fanno correttamentesoprattutto a Parigi.

Il signor di Chargeboeuf aveva già avuto dal Gran Giudicedelle informazioni che davano un peso enorme alle tristi parole del signor di Grandville.

- Michu è innocentelo soe lo dico - riprese il magistrato; - ma che può fare uno solo contro tutti? E pensate che il mio compitooggiè di tacere. Devo fare innalzare il palco sul quale il mio antico cliente sarà decapitato.

Il signor di Chargeboeuf conosceva abbastanza Lorenza per sapere che non avrebbe acconsentito a salvare i suoi cugini sacrificando Michu. Perciò il marchese fece un ultimo tentativo. Aveva fatto chiedere un'udienza al ministro degli affari esteri per sapere se in alta diplomazia ci fosse un mezzo di salvezza. Portò con sé Bordin che conosceva il ministro e gli aveva reso qualche servigio. I due vecchi trovarono Talleyrand assorto nel contemplare il fuoco del suo caminettoi piedi in avantila testa appoggiata alla manoil gomito sul tavoloil giornale per terra. Il ministro aveva finito di leggere il verdetto della Cassazione.

- Vogliate accomodarvisignor marchese - disse il ministro - e voiBordin - aggiunse indicandogli un posto davanti a lui al suo tavolo - scrivete:

"SireQuattro gentiluomini innocentima dichiarati colpevoli dalla giuriavedono la loro condanna confermata dalla vostra Corte di Cassazione.

Vostra Maestà Imperiale non può più che graziarli. Questi gentiluomini chiedono questa grazia alla Vostra augusta clemenza soltanto per aver l'occasione di render utile la loro morte combattendo sotto i vostri occhie si diconodi Vostra Maestà Imperiale e Reale... con rispetto... ecceteraeccetera".

- Soltanto i principi sanno render servigio in questo modo - disse il marchese di Chargeboeuf prendendo dalle mani di Bordin la preziosa minuta della petizione da far firmare ai quattro gentiluomini e per la quale si propose di ottenere auguste raccomandazioni.

- La vita dei vostri parentisignor marchese disse il ministro - è affidata ora alla fortuna delle battaglie; cercate di arrivare il giorno dopo una vittoriae saranno salvi!

Prese la pennascrisse egli stesso una lettera confidenziale all'Imperatoreun'altra di dieci righe al Maresciallo Duroc; poi suonòchiese al segretario un passaporto diplomaticoe disse tranquillamente al vecchio procuratore: Qual è la vostra sincera opinione su questo processo?

- Non sapete dunquemonsignorechi ci ha raggirati così bene?

- Lo suppongoma vorrei esserne certo - rispose il principe. - Tornate a Troyesconducetemi la contessa di Cinq-Cygnedomaniquialla stessa orama in segretoe passate dall'appartamento della signora di Talleyrand che avvertirò della vostra visita. Se la signorina di Cinq-Cygneche sarà collocata in modo da vedere l'uomo che avrò in piedi davanti a melo riconosce per uno che è stato al castello al tempo della cospirazione dei signori di Polignac e di Rivièrequalunque cosa io dicaqualunque cosa egli rispondanon faccia un gestonon dica una parola! D'altra partevoi non dovete pensare ad altro che a salvare i signori di Simeusee non andate a impicciarvi con quel cattivo soggetto di guardacaccia.

- E' un uomo d'animo sublimemonsignore! - esclamò Bordin.

- Oh! dell'entusiasmoe proprio in voiBordin! Allora quest'uomo è qualcuno. Il nostro sovrano ha un prodigioso amor propriosignor marchese - disse cambiando discorso - mi licenzierà per poter far pazzie senza esser contraddetto. E' un gran soldato che riesce a mutare le leggi del tempo e dello spazio; ma non può cambiare gli uominie vorrebbe rimpastarli a suo uso. E oranon dimenticate che la grazia per i vostri parenti sarà ottenuta da una sola persona... la signorina di Cinq-Cygne.

Il marchese partì solo per Troyese riferì a Lorenza come stessero le cose. Lorenza ottenne dal Procuratore imperiale il permesso di vedere Michue il marchese l'accompagnò fino alla porta del carceredove rimase ad aspettarla. Ne uscì con gli occhi pieni di lacrime.

- Pover'uomo! - disse - senza badare che aveva i ferri ai piedivoleva gettarmisi ai ginocchiper pregarmi di non pensare più a lui! Ah! marchesedevo difendere la sua causa. Sìandrò a baciare i piedi al loro Imperatore. E se non riescoebbenefarò in modo che quest'uomo viva eternamente nella nostra famiglia.

Presentate la sua domanda di grazia per guadagnar tempovoglio avere il suo ritratto. Andiamo.

Il giorno dopoquando il ministro apprese dal segnale convenuto che Lorenza era al suo postosuonò. L'usciere venne e ricevette l'ordine di far entrare il signor Corentin.

- Mio carosiete un uomo molto abile - gli disse Talleyrand - e voglio prendervi al mio servizio.

- Monsignore...

- Ascoltate. Servendo Fouché avrete denaroma non l'onore e neppure un impiego confessabile; invece servendomi semprecome avete fatto ultimamente a Berlinovi farete un nome.

- Monsignore è molto buono...

- Avete dato prova di genio nella vostra ultima impresa a Gondreville...

- Di che cosa parla monsignore? - disse Corentin prendendo un'aria né troppo fredda né troppo sorpresa.

- Signore - rispose seccamente il ministro - non sarete mai nienteavete paura...

- Di che cosamonsignore?

- Della morte! - disse il ministro con la sua bella voce profonda.

- Addiomio caro.

- E' lui - disse il marchese di Chargeboeuf entrando; - ma per poco non abbiamo ucciso la contessasi sente soffocare.

- Non c'è che lui per giocare simili tiri - rispose il ministro. - Signorevoi correte il rischio di non riuscire riprese il principe. - Fate in modo che tutti vi vedano prendere la via di Strasburgoio vi manderò un doppio passaporto in bianco.

Cercatevi due sosiacambiate strada abilmente e soprattutto cambiate vettura. Lasciate arrestare a Strasburgo i vostri sosia al vostro posto e guadagnate la Prussia attraverso la Svizzera e la Baviera. Non una parolasiate prudente. La Polizia è contro di voie voi non sapete che cosa sia la Polizia!...

La signorina di Cinq-Cygne offrì a Roberto Lefebvre una somma sufficiente per indurlo a venire a Troyes a fare il ritratto di Michue il signor di Grandville promise al pittoreallora celebretutte le agevolazioni possibili. Il signor di Chargeboeuf partì nella sua vecchia berlina con Lorenza e un domestico che parlava tedesco. Maverso Nancyraggiunse Gothard e la signorina Goujet che li avevano preceduti in un eccellente calesse; prese il calesse e dette loro la berlina. Il ministro aveva ragione. A Strasburgoinfattiil Commissario generale di polizia rifiutò il visto al passaporto dei viaggiatori opponendo degli ordini assoluti. Nello stesso tempoil marchese e Lorenza uscivano dalla Francia per Besançon coi passaporti diplomatici. Lorenza attraversò la Svizzera nei primi giorni di ottobre senza prestar la minima attenzione a quei magnifici paesi. Restava in fondo al calessein quel torpore in cui cade il condannato quando ha saputo l'ora del supplizio. Tutta la natura si copre allora come di un velo vaporosoe le cose più comuni prendono un'aspetto fantastico. Il pensiero: "Se non riescosi uccidono"le ricadeva sull'anima comenel supplizio della ruotacadeva un tempo la sbarra del boia sulle membra della vittima. Si sentiva sempre più affrantaperdeva tutta la sua energia nell'attesa del momento crudelerapido e decisivoin cui si sarebbe trovata faccia a faccia con l'uomo dal quale dipendeva la sorte dei quattro gentiluomini.Aveva preso il partito di non reagire all'abbattimento per non consumare senza scopo le sue forze.

Incapace di comprendere questo calcolo delle anime forti e che si traduce diversamente all'esternopoiché nelle attese supreme certi spiriti superiori si abbandonano a una strana gaiezzail marchese aveva paura che Lorenza non arrivasse viva fino a quell'incontrosolenne soltanto per loroma che certamente sorpassava le comuni proporzioni della vita privata. Per Lorenzaumiliarsi davanti a quell'uomoche era l'oggetto del suo odio e del suo disprezzo voleva dire la morte di tutti i suoi sentimenti generosi.

"Dopo"così diceva a se stessala Lorenza che sopravviverà non somiglierà più a quella che sta per morire.

Tuttavia fu molto difficile ai due viaggiatori non accorgersi dell'immenso movimento di uomini e di cose nel quale si trovaronouna volta entrati in Prussia. La campagna di Jena era cominciata.

Lorenza e il marchese vedevano le magnifiche divisioni dell'esercito francese distendersi in parata come alle Tuileries.

In quello sfarzo di splendore militareche non può raffigurarsi se non con le parole e le immagini della Bibbial'uomo che animava quelle masse presenell'immaginazione di Lorenzaproporzioni gigantesche. Ben prestoparole di vittoria echeggiarono alle sue orecchie. Le armate imperiali avevano ottenuto due notevoli successi. Il principe di Prussia era stato ucciso il giorno prima che i due viaggiatori arrivassero a Saalfeldmentre tentava di raggiungere Napoleone che andava con la rapidità del fulmine. Finalmenteil tredici ottobredata di cattivo auguriola signorina di Cinq-Cygne costeggiava un fiume in mezzo ai corpi della Grande Armatanon vedendo che confusionerimandata da un villaggio all'altro e di divisione in divisionespaventata al vedersi sola con un vecchioe sballottata in un oceano di cento cinquanta mila uomini che facevano fronte ad altri cento cinquanta mila. Stanca di veder sempre quel fiumedi sopra le siepi di un sentiero fangoso che essa seguiva su una collinane chiese il nome a un soldato.

- E' la Saale - rispose il soldato indicando l'armata prussiana raggruppata in grandi masse dall'altra parte di quel corso d'acqua.

Si faceva notte. Lorenza vedeva accendersi fuochi e brillare le armi. Il vecchio marcheseintrepido e cavallerescoguidava lui stessoaccanto al suo nuovo domesticodue buoni cavalli acquistati il giorno prima. Il vecchio sapeva bene chearrivando su un campo di battaglianon avrebbe trovato né postiglioni né cavalli. A un trattol'audace calesseoggetto di sorpresa per tutti i soldatifu fermato da un gendarme della gendarmeria dell'armatache era corso a briglia sciolta verso il marchese gridando: - Chi siete? dove andate? che cercate?

- L'Imperatore - disse il marchese di Chargeboeuf ho un importante dispaccio del ministro per il gran maresciallo Duroc.

- Ebbenenon potete restare qui - disse il gendarme.

Ma la signorina di Cinq-Cygne e il marchese furono costretti a restare lìtanto più che stava per far notte.

- Dove siamo? - domandò la signorina di Cinq-Cygne fermando due ufficiali che vide veniree la cui uniforme era nascosta da un soprabito di panno.

- Siete in testa all'avanguardia dell'armata francesesignora - le rispose uno dei due ufficiali. - Non potete restare quiperché se il nemico facesse una mossa e l'artiglieria entrasse in azionevi trovereste tra due fuochi.

- Ah! - disse Lorenza con aria indifferente.

A questo ah!l'altro ufficiale disse: - Come mai questa donna si trova qui?

- Aspettiamo - rispose Lorenza - un gendarme che è andato ad avvertire il signor Durocper la cui intercessione potremo parlare all'Imperatore.

- Parlare all'Imperatore?... - disse il primo ufficiale. - Non ci pensate neppure! Alla vigilia di una battaglia decisiva!

- Ah! avete ragione. Non devo parlargli che dopo domanila vittoria lo renderà indulgente.

I due ufficiali andarono a mettersi a venti passi di distanzae rimasero immobili sui loro cavalli. In quel momentoil calesse venne circondato da uno squadrone di generalimaresciallie ufficialitutti estremamente brillanti e che rispettarono la vetturaappunto perché essa era lì.

- Mio Dio! - disse il marchese alla signorina di Cinq-Cygne - ho paura che abbiamo parlato proprio all'Imperatore.

- L'Imperatore! - disse un colonnello-generale - ma eccolo!

Lorenza scorse allora a pochi passi di distanza avanti e solo colui che aveva esclamato: "Come mai questa donna si trova qui?".

Uno dei due ufficialil'Imperatore insommavestito del suo celebre cappotto messo sopra un'uniforme verdeera su un cavallo bianco ornato di una ricca gualdrappa. Osservava con un binocolo l'armata prussiana al di là della Saale. Lorenza comprese allora perché il calesse rimaneva lìe perché la scorta dell'Imperatore la rispettava. Fu assalita da un tremito convulsol'ora era arrivata. Intese il rumore sordo di molte masse d'uomini e delle loro armi che accelerando il passo si disponevano sull'altipiano.

Le batterie sembravano avere un linguaggioi carri risuonavano e il bronzo scintillava.

- Il maresciallo Lannes prenderà posizione in avanti con tutto il suo Corpoil maresciallo Lefebvre e la Guardia occuperanno quell'altura - disse l'altro ufficiale che era il maggiore generale Berthier.

L'Imperatore scese di cavallo. Al primo movimento che feceRoustanil suo famoso mammaluccosi affrettò a venire a tenergli il cavallo. Lorenza era stupitanon credeva a tanta semplicità.

- Passerò la notte su questo altopiano - disse l'Imperatore.

In quel momento il gran maresciallo Durocche il gendarme aveva alla fine trovatovenne al marchese di Chargeboeuf e gli domandò il motivo del suo viaggio; il marchese gli rispose che una lettera del ministro degli affari esteri gli avrebbe detto quanto fosse necessario che la signorina di Cinq-Cygne e lui ottenessero un'udienza dall'Imperatore.

- Sua Maestà andrà certamente a mangiare al bivacco- disse Duroc prendendo la lettera - e quando avrò visto di che si trattavi farò sapere se la cosa è possibile. Brigadieredisse al gendarme - accompagnate questa vettura e conducetela lìvicino alla capanna dietro.

Il signor di Chargeboeuf seguì il gendarme e fermò la vettura dietro una miserabile capanna fatta di legno e di terracircondata da qualche albero da fruttoe custodita da picchetti di fanteria e di cavalleria.

Si può dire che la maestà della guerra splendeva lì di tutto il suo splendore. Da quell'alturale linee delle due armate si vedevano rischiarate dalla luna. Dopo un'ora di attesariempita dal continuo movimento degli aiutanti di campo che andavano e venivanoDuroc venne a cercare la signorina di Cinq-Cygne e il marchese di Chargeboeuf; e li fece entrare nella baraccail cui pavimento era di terra battuta come quelli delle nostre aie da battervi il grano. Davanti a una tavola sparecchiatae davanti a un fuoco di legna verde che fumavaNapoleone stava seduto su una rozza sedia. Gli stivali infangati attestavano le sue corse attraverso i campi. Si era tolto il famoso cappotto; e la sua famosa uniforme verde attraversata dal suo gran cordone rossoche spiccava sul bianco del panciotto e dei calzoni di casimirametteva mirabilmente in valore il suo volto cesareo e terribile.

Teneva la mano su una carta spiegata sulle ginocchia. Berthier rimaneva in piedi nella sua brillante divisa di vice-connestabile dell'Impero. Costanteil camerierepresentava all'Imperatore il suo caffè sopra un vassoio.

- Che volete? - disse Napoleone con una asprezza studiata penetrando col raggio del suo sguardo la testa di Lorenza. - Non avete paura di parlarmi prima della battaglia? Di che si tratta?

- Sire - disse Lorenza guardando con occhi non meno sicuri - sono la signorina di Cinq-Cygne.

- Ebbene? - rispose l'Imperatore con voce irosacredendosi sfidato da quello sguardo.

- Non comprendetedunque? Sono la contessa di Cinq-Cygnee vi chiedo grazia - disse Lorenza cadendo in ginocchioe tendendogli la petizione redatta da Talleyrand e annotata dall'Imperatriceda Cambacérès e da Malin.

L'Imperatore rialzò affabilmente la supplicante e volgendole uno sguardo acutole disse: - Sarete ragionevole finalmente?

Comprendete ora quello che deve essere l'Impero francese?...

- Ah! in questo momento io non comprendo che l'Imperatore - rispose Lorenza vinta dalla bonomia con cui l'uomo del destino aveva detto le parole che facevano presentire la grazia.

- Sono innocenti? - domandò l'Imperatore.

- Tutti - disse Lorenza con entusiasmo.

- Tutti? Noil guardacaccia è un uomo pericoloso che ucciderebbe il mio senatoresenza chiedere il vostro parere...

- Oh! Sirese voi aveste un amico che si fosse sacrificato per voilo abbandonereste? Non vi...

- Siete donna - disse Napoleone con una intonazione scherzosa.

- E voiun uomo di ferro! - gli disse Lorenza con una durezza appassionata che gli piacque.

- Quell'uomo è stato condannato dalla giustizia del paese - egli soggiunse.

- Ma è innocente!

- Bambina!...

Uscìprese per mano la signorina di Cinq-Cygnee la condusse sull'altopiano.

- Ecco - disse con quella sua eloquenza che cambiava i vili in prodi - ecco trecentomila uominisono innocenti anche loro!

Ebbenedomani trentamila saranno mortimorti per il loro paese!

Fra i Prussianic'è forse un grande fisicoun pensatoreun genio che sarà abbattuto. Da parte nostraperderemo certamente dei grandi uomini sconosciuti; e forse io vedrò morire il mio migliore amico! Ne incolperò Dio? No. Non dirò nulla. Sappiatesignorinache si deve morire per le leggi del proprio paesecome si muore qui per la sua gloria- egli aggiunse riconducendola nella capanna.

- Andatetornate in Francia - egli disse guardando il marchese - i miei ordini vi seguiranno.

Lorenza credette a una commutazione di pena per Michunell'effusione della sua riconoscenzapiegò il ginocchio e baciò la mano dell'Imperatore.

- Siete il signor di Chargeboeuf? - domandò allora Napoleone riconoscendo il marchese.

- SìSire.

- Avete figli?

- Molti figli.

- Perché non mi dareste uno dei vostri nipoti? Sarebbe uno dei miei paggi...

"Ah! ecco il sottotenentino che spunta"pensò Lorenzavuol farsi pagare la grazia.

Il marchese s'inchinò senza rispondere. Per fortunain quell'istante il generale Rapp si precipitò nella capanna.

- Sirela cavalleria della guardia e quella del granduca di Berg non potranno essere qui domaniprima di mezzogiorno.

- Non importa - disse Napoleone volgendosi verso Berthier - ci sono dei momenti di grazia anche per noisappiamone approfittare.

A un cenno della sua manoil marchese e Lorenza si ritirarono e salirono in vettura; il brigadiere li mise sulla loro strada e li condusse fino al villaggio dove passarono la notte. Il giorno dopotutti e due si allontanarono dal campo di battagliaal rombo di ottocento cannoni che brontolarono per dieci ore; e appresero la meravigliosa vittoria di Jena.

Otto giorni dopoentrarono nei sobborghi di Troyes. Un ordine del Gran Giudicetrasmesso al procuratore imperiale presso il Tribunale di prima istanza di Troyesconcedeva la libertà provvisoria dietro cauzione ai quattro gentiluominiin attesa della decisione dell'Imperatore e Re; ma nello stesso tempodall'Ufficio del Procuratore Generale fu spedito l'ordine per l'esecuzione di Michu. Questi ordini erano arrivati quella stessa mattina. Lorenza si recò al carcereverso le dueancora in abito da viaggio; e ottenne di rimanere accanto a Michual quale si faceva la triste cerimoniachiamata toletta. Il buon abate Goujet che aveva chiesto di accompagnarlo fino al patiboloaveva già impartito l'assoluzione a quell'uomo che si disperava di moriresoltanto perché la sorte dei suoi padroni era ancora incerta.

Perciò quando comparve Lorenzaegli gettò un gridò di gioia.

- Ora posso morire - disse Michu.

- Sono graziati - disse Lorenza - non so a quali condizionima sono graziati. Ho tentato tutto per teamico mioe contro il loro parere. Credevo di averti salvatoma l'Imperatore mi ha ingannata con la sua amabilità di sovrano.

- Era scritto in cielo - disse Michu - che il cane da guardia dovesse essere ucciso allo stesso posto dei suoi vecchi padroni.

L'ultima ora passò rapidamente. Al momento di partireMichu non osava chiedere altro favore che quello di baciar la mano della signorina di Cinq-Cygnema essa gli porse le guance e si lasciò baciare santamente da quella nobile vittima. Michu si rifiutò di salire sulla carretta.

- Gli innocenti devono andare a piedi! - disse.

Non volle che l'abate Goujet gli desse il braccioe camminòdignitoso e risolutofino al patibolo. Al momento di posare il capo sul ceppodisse all'esecutore pregandolo di rovesciargli la redingote che gli risaliva sulla nuca: - Il mio vestito vi appartienecercate di non sciuparlo.

I quattro gentiluomini ebbero appena il tempo di vedere la signorina di Cinq-Cygne. Un piantone del generale di Divisione portò loro il brevetto di sottotenente nello stesso reggimento di cavalleriacon l'ordine di raggiungere subito a Bayonne il deposito del loro Corpo. Dopo gli addiiche furono straziantipoiché essi ebbero come un presentimento dell'avvenirela signorina di Cinq-Cygne rientrò nel suo castello deserto.

I due fratelli morirono insieme sotto gli occhi dell'Imperatorea Sommo Sierral'uno difendendo l'altroquando erano già tutti e due comandanti di squadrone. Le loro ultime parole furono: - Lorenzacy moeurs!.

Il maggiore dei d'Hauteserre morì colonnello all'attacco della ridotta della Moscowadove il fratello prese il suo posto.

Adrianonominato generale di brigata alla battaglia di Dresdavi fu gravemente ferito e poté tornare a farsi curare a Cinq-Cygne.

Cercando di salvare quello che sopravviveva dei quattro gentiluomini che un tempo essa aveva avuto intorno a séla contessagiunta allora all'età di trentadue annilo sposòma gli offrì un cuore appassito che egli accettò. Chi ama non dubita di nulla o dubita di tutto.

La Restaurazione trovò Lorenza senza entusiasmoi Borboni venivano troppo tardi per lei; tuttavia non ebbe a lagnarsi: suo maritonominato pari di Francia col titolo di marchese di Cinq- Cygnedivenne tenente generale nel 1816e fu ricompensato col cordone blu degli importanti servigi che rese allora.

Il figlio di Michudel quale Lorenza prese cura come di un suo proprio figliodivenne avvocato nel 1817. Dopo aver esercitato per due anni la sua professionefu nominato giudice supplente al tribunale di Alençon e di lì passò procuratore del re al tribunale di Arcis nel 1827. Lorenzache aveva sorvegliato l'impiego dei capitali di Michuconsegnò al giovane un'iscrizione di dodici mila lire di renditail giorno della sua maggiore età; e in seguito gli fece sposare la ricca signorina Girel di Troyes. Il marchese di Cinq-Cygne morì nel 1829 tra le braccia di Lorenzadei suoi genitori e dei suoi figli che lo adoravano. Al tempo della sua mortenessuno aveva ancora scoperto il segreto del ratto del senatore. Luigi Diciottesimo non si rifiutò di riparare le ingiustizie di quel processo; ma sulle cause di quella sciagura rimase muto con la marchesa di Cinq-Cygne che lo credette perciò complice della catastrofe.

 

 

 

CONCLUSIONE

 

 

 

Il defunto marchese di Cinq-Cygne aveva investito i capitali suoi e quelli del padre e della madre nell'acquisto di un magnifico palazzo situato in via Faubourg du Roulee compreso nel considerevole maggiorasco che era stato istituito per conservare la sua dignità di pari. La sordida economia del marchese e dei suoi genitoriche spesso aveva afflitto Lorenzasi spiegò allora. Cosìin seguito a quell'acquistola marchesache viveva nelle sue terretesaurizzando per i figliandò volentieri a passare gli inverni a Parigitanto più che Berta e Paolo giungevano a una età in cui la loro educazione esigeva le risorse di Parigi. La signora di Cinq-Cygne frequentò poco la società. Il marito non poteva ignorare i rimpianti che abitavano il suo cuorema profuse per lei le più ingegnose delicatezzee morì non avendo amato altri che lei al mondo. Quell'animo nobilesconosciuto per quel tempoma a cui la generosa figlia dei Cinq-Cygne rese negli ultimi anni tanto amore quanto ne ricevevaquel marito fu alla fine completamente felice. Lorenza viveva soprattutto per le gioie della famiglia. Nessuna donnaa Parigifu tanto prediletta dai suoi amiciné più rispettata. Essere ricevuti in casa sua era un onore. Dolceindulgentespiritosasoprattutto sempliceessa piace alle anime elettele attrae sebbene il suo volto sia soffuso di dolore; ma ognuno sembra proteggere questa donna così fortee questo sentimento di protezione segreta spiega forse il fascino della sua amicizia. La sua vitacosì dolorosa in gioventùè bella e serena verso il tramonto. Si conoscono le sue sofferenzema nessuno le ha mai domandato chi fosse l'originale del ritratto di Roberto Lefebvrechedopo la morte del guardacacciaè il principale e funebre ornamento del salotto. La fisionomia di Lorenza ha la maturità dei frutti venuti su con difficoltà. Una specie di fierezza religiosa adorna oggi quella fronte provata dalle sventure. Al tempo in cui la marchesa venne a prender dimora a Parigila sua fortunaaumentata in seguito alla legge sulle indennitàammontava a duecento mila lire di renditasenza contare gli stipendi del marito. Lorenza aveva ereditato il milione e centomila franchi lasciati dai Simeuse. Da alloraspese cento mila franchi all'annoe mise il resto da parte per fare la dote a Berta.

Berta è il ritratto vivente della madrema senza l'audacia bellicosa di lei; è sua madrefinespiritosa e "più donna"come dice Lorenza con malinconia. La marchesa non voleva maritare la figlia prima dei vent'anni. Le economie della famigliasaggiamente amministrate dal vecchio d'Hauteserree investite in terre al momento in cuinel 1830le rendite cadderocostituivano a Berta una dote di ottantamila franchi di rendita; nel 1833essa ebbe vent'anni.

Verso quel tempola principessa di Cadignanla quale voleva dar moglie a suo figlioil duca di Maufrigneuselo aveva messo in relazione da qualche mese con la marchesa di Cinq-Cygne. Giorgio di Maufrigneuse pranzava tre volte alla settimana dalla marchesaaccompagnava la madre e la figlia al teatro degli Italianicaracollava al Bois de Boulogneintorno alla loro carrozzaquando esse vi andavano a passeggiare. Fu evidente allora per tutta la società del quartiere Saint-Germain che Giorgio amava Berta. Però nessuno poteva sapere se era la signora di Cinq-Cygne che desiderava far duchessa sua figlianell'attesa che divenisse principessao se era la principessa che desiderava per suo figlio una così bella dotese la celebre Diana faceva lei un primo passo verso la nobiltà di provinciao se la nobiltà di provincia era abbagliata dalla celebrità della signora di Cadignandai suoi capricci e dalla sua vita dispendiosa. Nel desiderio di non nuocere a suo figliola principessadivenuta piaaveva come murato la sua vita intimae andava a passare la bella stagione a Ginevrain una villa.

Una serala principessa di Cadignan riceveva la marchesa d'Espard e de MarsayPresidente del Consiglio. Quella seraessa vide il suo antico amante per l'ultima voltaperché egli morì l'anno dopo. C'erano anche Rastignacsotto-segretario di statoaddetto al ministero de Marsaydue ambasciatoridue oratori celebrirestati alla Camera dei Parii due vecchi duchi di Lenoncourt e di Navarreinsil conte di Vandenesse e la sua giovane moglied'Artheze formavano un circolo alquanto bizzarrola cui composizione si spiegherà facilmente: si trattava di ottenere dal primo ministro un lascia-passare per il principe di Cadignan. De Marsay che non voleva assumersi tale responsabilitàera venuto a dire alla principessa che la pratica era in buone mani. Un vecchio uomo politico sarebbe venuto a portar la risposta nella serata. Fu annunciata la marchesa e la signorina di Cinq-Cygne. Lorenzai cui principi non ammettevano transazionirimasenon sorpresama indignata quando vide i più illustri rappresentanti del legittimismo dell'una e dell'altra Cameraconversare col primo ministro di colui che essa non chiamava mai altrimenti che duca di Orléansascoltarlo e ridere con lui. De Marsaycome un lume che sta per spegnersibrillava del suo ultimo splendore. In quel salotto dimenticava volentieri le preoccupazioni della politica.

La marchesa di Cinq-Cygne accettò de Marsay come si dice che la corte d'Austria accettava allora il signor di Saint-Aulaire:

l'uomo di mondo fece passare il ministro. Ma essa balzò in piedi come se la sedia fosse stata di ferro roventequando sentì annunciare il conte di Gondreville.

- Addiosignora - disse alla principessa seccamentee uscì insieme con Berta calcolando la direzione dei suoi passi in maniera da non incontrarsi con quell'uomo fatale.

- Avete forse mandato a monte il matrimonio di Giorgio - disse sotto voce la principessa a de Marsay.

L'ex-scrivano venuto da Arcisl'ex-Rappresentante del Popolol'ex-Termidoristal'ex-Tribunol'ex-Consigliere di Statol'ex- Conte e Senatore dell'Imperol'ex-Pari di Luigi Diciottesimoil nuovo Pari di lugliofece una riverenza servile alla bella principessa di Cadignan.

- Non tremate piùbella signoranoi non facciamo la guerra ai principi - disse sedendosi accanto a lei.

Malin aveva avuto la stima di Luigi Diciottesimo al quale la sua vecchia esperienza non fu inutile. Aveva aiutato molto ad abbattere Descazes e consigliato efficacemente il ministero Villèle. Accolto freddamente da Carlo Decimoaveva fatto suoi i rancori di Talleyrand. In quel momento era in grande favore sotto il dodicesimo dei governi chedal 1789ha l'onore di serviree chea suo temposenza dubbio rinnegherà; ma da quindici mesi aveva rotto l'amicizia che per trentasei anni lo aveva legato al più celebre dei nostri diplomatici. Fu durante quella serata cheparlando del grande diplomatico disse queste parole: "Sapete la ragione della sua ostilità contro il duca di Bordeaux?... il Presidente è troppo giovane...".

- Così - disse Rastignac - voi date ai giovani uno strano consiglio.

De Marsayche si era fatto molto pensoso dopo le parole della principessanon badò a quelle facezie. Guardava taciturno Gondrevilleed evidentemente aspettavaper parlareche il vecchioche andava a letto di buon'orase ne fosse andato. Tutti quelli che erano lìconoscendo i motivi per cui la signora di Cinq-Cygne era uscitaimitarono il silenzio di de Marsay.

Gondrevilleche non aveva riconosciuto la marchesaignorava il perché di quel riserbo generale; ma l'abitudine degli affariil costume politico gli avevano dato un certo tattoe d'altra parteegli era un uomo di spirito: credette che la sua presenza imbarazzasse e si accomiatò. De Marsayin piedi accanto al caminettocontemplò in maniera da lasciar supporre gravi pensieriquel vecchio di settant'anni che se ne andava lentamente.

- Ho fatto malesignoradi non avervi nominata mia intermediaria - disse infine de Marsay quando sentì il rumore della vettura che si allontanava. - Ma voglio riparare il mio errore e dirvi il modo di far pace con i Cinq-Cygne. Sono già più di trent'anni che la cosa è accadutama è così vecchia come la morte di Enrico Quartoche certosia detto fra noimalgrado il proverbioè la storia meno conosciuta come tante altre catastrofi storiche. D'altronde vi giuro che questo fattoanche se non riguardasse la marchesanon sarebbe meno curioso. Infine esso illumina un famoso passaggio dei nostri annali moderniquello del monte San Bernardo. I signori ambasciatori vedranno cheper profondità di mentei nostri uomini politici di oggi sono ben lontani dai Machiavelliche il flutto popolare ha nel 1793 innalzato al di sopra delle tempestealcuni dei qualicome dice la romanzahanno trovato un porto. Oggiper essere qualche cosa in Franciabisogna aver fatto strada in mezzo agli uragani di quel tempo.

- Ma mi sembra - disse sorridendo la principessa che sotto questo riguardo non abbiate nulla da desiderare...

Tutti riseroma di un riso garbato; lo stesso de Marsay non poté trattenersi dal sorridere. Gli ambasciatori sembravano impazientide Marsay fu preso da un nodo di tossee si fece silenzio.

- In una notte di giugno del 1800 - cominciò a dire il primo ministro - verso le tre del mattinoquando il primo chiarore dell'alba faceva impallidire la fiamma delle candeledue uoministanchi di giocare a cartema forse giocavano soltanto per tenere occupati gli altriuscirono dal salone del Ministero degli Esteriche era allora in via du Bace andarono in una saletta. I due uominidi cui l'uno è mortol'altro ha già un piede nella fossasonociascuno nel suo genereentrambi straordinari. Tutti e due sono stati preti e tutti e due hanno abiurato; tutti e due si sono sposati. L'uno era stato un semplice oratorianol'altro aveva portato la mitra episcopale. Il primo si chiamava Fouchédel secondo non vi posso dire il nomema tutti e due erano allora semplici cittadini francesimolto poco semplici. Quando li videro andare nella salettacoloro che si trovavano ancora lì manifestarono una certa curiosità. Un terzo personaggio li seguì.

Quanto a costui che si credeva molto più forte dei primi duesi chiamava Sieyèse voi sapete tutti cheprima della Rivoluzione apparteneva anche lui alla Chiesa. Quello che camminava stentatamente era allora ministro degli Affari Esterimentre Fouché era ministro della Polizia generale. Sieyès aveva abdicato al consolato. Un omino freddo e severolasciò il suo posto e raggiunse quei tre dicendo ad alta vocedavanti a qualcuno che mi riferì le parole: "Il terzetto dei preti mi fa paura". Era ministro della guerra. Le parole di Carnot non turbarono affatto i due consoli che giocavano nel salone. Cambacérès e Lebrun erano in quel tempo alla mercé dei ministriinfinitamente più forti di loro. Quasi tutti questi uomini di Stato sono mortiè inutile aver riguardiappartengono alla storiae la storia di quella notte è terribile. Ve lo dico ioperché io solo la so dal momento che Luigi Diciottesimo non l'ha raccontata alla povera signora di Cinq-Cygnee che al governo attuale non importa che essa la sappia. Tutti e quattro sedettero. Lo zoppo dovette chiudere la porta prima che si pronunciasse una sola parola esi dicemise anche il chiavistello. Soltanto le persone beneducate hanno queste piccole precauzioni. I tre preti avevano il viso pallido e impassibile che voi sapetesolo Carnot era colorito. Così fu il militare che parlò per primo. - Di che si tratta? - Della Francia - dovette dire il principe - che io ammiro come uno degli uomini più straordinari del nostro tempo. - Della repubblica - disse certamente Fouché. - Del potere - disse probabilmente Sieyès.

Tutti gli astanti si guardarono. De Marsay avevacon la vocecon lo sguardo e col gesto mirabilmente imitato i tre uomini.

- I tre preti s'intesero a meraviglia - egli riprese.

Carnot guardò senza dubbio i suoi colleghi e l'ex-console con aria molto dignitosa. Credo che egli fosse stupefatto dentro di sé.

- Credete nel successo? - gli domandò Sieyès.

- Da Bonaparte dobbiamo aspettarci tutto - rispose il ministro della guerra - ha valicato le Alpi felicemente.

- In questo momento - disse il diplomatico con una lentezza calcolatagioca tutte le sue carte. Insommain poche paroleche faremo se il Primo Console è vinto? E' possibile ricostituire un esercito? Resteremo i suoi umili servitori?

- Non c'è più repubblica in questo momento - fece osservare Sieyès - egli è Console per dieci anni.

- E' più potente di quanto non fosse Cromwell aggiunse il vescovo - e non ha votato per la morte del re.

- Abbiamo un padrone - disse Fouché - ce lo terremo anche se perde la battagliao torneremo alla Repubblica pura?

- La Francia - replicò sentenziosamente Carnot non potrà resistere che tornando all'energia della Convenzione.

- Sono del parere di Carnot - disse Sieyès. - Se Bonaparte torna sconfittobisogna dargli il colpo di grazia; ce ne ha dette troppe da sette mesi in qua!

- Ha l'esercito - riprese Carnot con aria pensosa.

- Noi avremo il Popolo! - esclamò Fouché.

- Correte tropposignor mio! - replicò il gran signore con quella voce profonda che ha conservato e che fece ritornare in sé l'antico oratoriano.

- Siate sincero - disse un antico membro della Convenzionefacendo capolino - se Bonaparte vincelo adoreremo; se perdelo sotterreremo!

- Eravate quiMalin? - riprese il padrone di casa senza scomporsi - sarete dei nostri. - E gli fece segno di sedere.

A tale circostanzaquesto personaggioun oscuro membro della Convenzionedeve se è diventato quello che ancora oggi ècome abbiamo or ora veduto. Malin fu discretoe i due ministri gli furono fedelima fu anche il perno e l'anima della congiura.

- Quell'uomo non è stato ancora vinto! - esclamò Carnot con un accento di convinzione - e ha già superato Annibale.

- In caso di disgraziaecco qui il Direttorio riprese con finezza Sieyèsfacendo notare a ciascuno che essi erano cinque.

- E noi - disse il Ministro degli Affari Esteri siamo tutti interessati a mantenere la rivoluzione franceseabbiamo tutti e tre gettato la tonaca alle orticheil generale ha votato per la morte del re; quanto a voi - egli disse a Malin- avete dei beni di emigrati.

- Abbiamo tutti gli stessi interessi - disse in tono perentorio Sieyès - e i nostri interessi sono d'accordo con quelli della patria.

- Cosa rara - disse il diplomatico sorridendo.

- Bisogna agire - soggiunse Fouché - la battaglia è ingaggiata e Melas ha forze superiori. Genova si è arresae Massena ha commesso l'errore d'imbarcarsi per Antybes; non è certo dunque che possa raggiungere Napoleoneche sarà ridotto alle sue sole risorse.

- Chi vi ha dato questa notizia? - domandò Carnot.

- Notizia sicura - rispose Fouché. - Voi riceverete la posta all'ora della Borsa.

- Quelli là non facevano cerimonie - disse de Marsay sorridendo e fermandosi un momento.

- Oranon possiamo aspettare che sia arrivata la notizia del disastro - disse ancora Fouché - per organizzare i "clubs"risvegliare il patriottismo e cambiare la Costituzione. Il nostro 18 brumaio deve trovarsi pronto.

- Lasciamolo fare al ministro di Polizia - disse il diplomatico- e diffidiamo di Luciano (Luciano Bonaparte era allora ministro degli Interni).

- Saprò fermarlo - disse Fouché.

- Signori - esclamò Sieyès - il nostro Direttorio non sarà più soggetto a mutamenti anarchici. Organizzeremo un potere oligarchicoun Senato a vitauna camera elettiva che sarà nelle nostre maniperché dobbiamo trarre profitto dagli errori del passato.

- Con questo sistemasarò tranquillo - disse il vescovo.

- Trovatemi un uomo sicuro per corrispondere con Moreauperché l'esercito di Germania diventerà la nostra sola risorsa! - esclamò Carnot il quale era rimasto immerso in una profonda meditazione.

- ln realtà - riprese de Marsaydopo una pausa quegli uomini avevano ragionesignori! Essi sono stati grandi in quella crisi e io avrei fatto come loro.

- Signori! - esclamò Sieyès in tono grave e solenne- disse di Marsay riprendendo il racconto. - Questa parola: Signori! fu compresa perfettamente: tutti gli sguardi espressero la stessa fede e la stessa promessaquella di un silenzio assolutodi una solidarietà completanel caso in cui Napoleone fosse tornato trionfante.

- Sappiamo tutti quello che dobbiamo fare aggiunse Fouché.

Sieyès aveva tirato piano piano il chiavistello; il suo orecchio di prete lo aveva ben servito. Luciano entrò.

- Buone notiziesignori! un corriere ha portato alla signora Bonaparte due righe del primo Console; ha cominciato con una vittoria a Montebello.

I tre ministri si guardarono.

- E' una battaglia generale? - domandò Carnot.

- Nouno scontro nel quale Lannes si è coperto di gloria. E' stato sanguinoso. Attaccato con diecimila uomini da diciottomilaè stato salvato da una divisione inviata in suo soccorso. Ott è in fuga. Insommala linea di operazione di Melas è tagliata.

- Di quando è la battaglia? - domandò Carnot.

- Del giorno otto - disse Luciano.

- Siamo al tredici - riprese il dotto ministro ebbenea quanto parei destini della Francia si decidono proprio nel momento in cui parliamo. (Infattila battaglia di Marengo cominciò il quattordici giugnoall'alba).

- Quattro giorni di attesa mortale! - disse Luciano.

- Mortale? - riprese il ministro degli Affari Esteri freddamente con aria interrogativa.

- Quattro giorni - disse Fouché.

- Un testimonio oculare mi ha assicurato che i due consoli appresero questi particolari soltanto quando i sei personaggi furono tornati nel salone. Erano le quattro del mattino. Fouché fu il primo ad andarsene. Ecco ciò che fece con una segretainfernale attivitàquel genio tenebrosoprofondostraordinariopoco conosciutoma che era certamente uguale a Filippo Secondoa Tiberio e ai Borgia. La sua condotta al tempo del processo Walcherenè stata quella di un militare consumatodi un grande uomo politico e di un amministratore previdente. E' il solo ministro che Napoleone abbia avuto. Voi sapete che allora egli ha fatto paura a Napoleone. FouchéMassena e il principe di Talleyrand sono i tre uomini più grandile teste più forti che io conosca in diplomaziaguerra e governo. Se Napoleone li avesse francamente associati all'opera suanon ci sarebbe più Europama un vasto impero francese. Fouché non si è staccato da Napoleone se non quando ha visto messi da parte Sieyès e il principe di Talleyrand. Nello spazio di tre giorniFouchénascondendo la mano che attizzava il fuocoorganizzò quell'angoscia generale che pesò su tutta la Francia e rianimò l'energia repubblicana del 1793. Poiché è necessario illuminare quest'angolo oscuro della nostra storiavi dirò che l'agitazione preparata da luiche teneva in mano le fila dell'antica montagnaprodusse i complotti repubblicani dai quali fu minacciata la vita del primo Console dopo la vittoria di Marengo. Fu la coscienza del male di cui era stato l'autore che gli dette la forza di segnalare a Napoleonecontro l'opinione di quest'ultimoi repubblicani come più implicati dei realisti in quelle imprese. Fouchéche conosceva gli uomini profondamentecontò su Sieyès a causa della sua ambizione delusasul signor di Talleyrand perché era un gran signoresu Carnot a causa della sua profonda onestà; ma temeva l'uomo di questa seraed ecco in che modo lo abbindolò. A quel tempo egli era soltanto Malinil corrispondente di Luigi Diciottesimo. Fu costrettodal ministro della Poliziaa redigere i proclami del governo rivoluzionarioi suoi attii suoi decretie le condanne che mettevano fuori della legge i faziosi del 18 brumaio. Per di più fu questo complice suo malgrado che li fece stampare nel numero di esemplari necessarioe che li tenne impaccati nella propria casa. Lo stampatore fu arrestato come cospiratorepoiché si era scelto uno stampatore rivoluzionarioe la polizia non lo rilasciò che dopo due mesi. Quest'uomo è morto nel 1816credendo che fosse stata una cospirazione montagnarda.

Una delle scene più curiose rappresentate dalla polizia di Fouchéfusenza dubbioquella originata dalle prime notizie che ricevette il più celebre banchiere di quel tempoe che annunciavano la perdita della battaglia di Marengo. La fortunase voi ben ricordatenon si dichiarò favorevole a Napoleone che verso le sette di sera. A mezzogiornol'agente inviato sul teatro della guerra dal re della finanza di alloravide l'armata francese come annientata e si affrettò a spedire un corriere. Il ministro della polizia faceva chiamare gli attacchini e gli strillonie uno dei suoi uomini fidati arrivava con un carro carico di stampatiquando il corriere della sera che aveva viaggiato con eccessiva rapiditàsparse la notizia del trionfo che rese la Francia veramente pazza. In Borsa ci furono perdite considerevoli. Ma l'adunata degli attacchini e degli strilloni che dovevano proclamare la morte politica di Napoleonemesso fuori della leggefu tenuta in scacco e aspettò che fossero stampati il proclama e i manifesti nei quali veniva esaltata la vittoria del primo Console. Gondreville sul quale poteva ricadere tutta la responsabilità del complottofu così atterrito che mise i pacchi in alcune carrette e le portòdi nottetempoa Gondreville e certamente sotterrò quelle carte funeste nelle cantine del castello che egli aveva acquistato sotto il nome di un uomo... Lo ha fatto nominar presidente di una Corte imperialesi chiamava...

Marion! Poi tornò a Parigi abbastanza in tempo per congratularsi col primo Console. Dopo la battaglia di MarengoNapoleone come sapeteaccorse con spaventevole velocità dall'Italia in Francia; maper chi conosce a fondo la storia segreta di quel tempoè certo che la sua prontezza fu dovuta a un messaggio di Luciano. Il ministro degli Interni aveva subodorato le intenzioni del partito della montagnae senza sapere da che parte soffiasse il ventotemeva la tempesta. Incapace di sospettare i tre ministriattribuiva il movimento agli odi eccitati dal fratello il 18 brumaio e alla certezzacomune allora a quanti uomini restavano del 1793di una disfatta irreparabile in Italia. Le parole:

"Morte al tiranno"gridate a Saint-Cloudrisuonavano continuamente alle orecchie di Luciano. La battaglia di Marengo trattenne Napoleone sui campi della Lombardia fino al 25 giugnoil 2 luglio arrivò in Francia. Immaginate ora la faccia dei cinque cospiratorimentre si congratulavano alle Tuileries col primo Console della sua vittoria. In quello stesso saloneFouché disse al tribunopoiché il Malin che avete visto poco fa è stato per qualche tempo un po' tribunodi aspettare ancora e che tutto non era finito. InfattiBonaparte non sembrava al signor di Talleyrand e a Fouché così legato alla Rivoluzione come erano loroe ve lo legaronoper la loro propria sicurezzamediante l'affare del duca d'Enghien. La condanna a morte del principe si riconnette per visibili diramazioni a ciò che era stato tramato nel palazzo del Ministero degli Esteri durante la campagna di Marengo. Certooggiper chi ha conosciuto le persone bene informateè chiaro che Bonaparte fu giocato come un bambino dal signor di Talleyrand e da Fouchéi quali vollero inimicarlo irreparabilmente colla casa dei Borbonii cui ambasciatori facevano in quel tempo dei tentativi presso il primo Console.

Allora uno degli ascoltatori disse: - Talleyrand faceva la sua partita di whist in casa della signora di Luynes. Alle tre del mattino tira fuori il suo orologiointerrompe la partita e domanda improvvisamentesenza alcun preamboloai suoi tre compagni se il principe di Condé avesse altri figli all'infuori del duca d'Enghien. Una domanda così strana in bocca al signor di Talleyrandcausò la più grande sorpresa.

- Perché ci domandate quello che sapete meglio di noi? - gli dicono.

- E' per farvi sapere che la casa di Condé finisce in questo momento. Ora Talleyrand si trovava nel palazzo di Luynes dal principio della seratae sapeva senza dubbio che Napoleone era nell'impossibilità di concedere la grazia.

- Ma - disse Rastignac a de Marsay - in tutta questa storia io non vedo affatto che c'entri la signora di Cinq-Cygne.

- Ah! Voi eravate così giovane in quel tempomio caroche dimenticavo di concludere. Voi conoscete l'affare del ratto del conte di Gondrevilleche è stato la causa della morte dei due Simeuse e del fratello maggiore di d'Hauteserreil qualemediante il suo matrimonio con la signorina di Cinq-Cygnedivenne conte e poi marchese di Cinq-Cygne.

De Marsaypregato da molte persone alle quali quell'avventura non era notaraccontò il processodicendo che i cinque sconosciuti erano mascalzoni della Polizia generale dell'Imperoincaricati di distruggere i pacchi degli stampati che il conte di Gondreville era venuto precisamente a bruciarecredendo consolidato l'Impero.

- Io sospetto Fouché - aggiunse de Marsay - di avervi fatto cercare nello stesso tempo le prove della corrispondenza fra Gondreville e Luigi Diciottesimocol quale egli si è sempre intesoanche durante il Terrore. Ma in questo spaventevole processo c'è stata passione da parte dell'agente principale che vive ancorauno di quei grandi uomini subalterni che non si possono sostituiree che si è fatto notare in imprese eccezionali. Sembra che la signorina di Cinq-Cygne lo avesse trattato malequando era andato per arrestare i Simeuse. Cosìsignoravoi conoscete il segreto della faccenda; potete chiarirla alla marchesa di Cinq-Cygnee farle comprendere perché Luigi Diciottesimo ha taciuto.

 

 

Parigigennaio 1841