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Re Tuono

C'era una volta un Re che aveva un vocione cosi grosso e forteda poter essere udito benissimo fino a dieci miglia lontano. Quando parlava pareva tuonasse; e perciò gli avevano appiccicato il nomignolo di Re Tuono.I ministri e le persone di cortedovendo dialogare con lui tutti i giornidiventavano sordi in poco tempo; ed era una disperazione. La povera gente che andava a chiedere giustizia ci rimetteva un polmone per farsi sentiree spesso spesso non riusciva. Gli affari andavano a rotta di collo; la gente non ne poteva più.Macome dire al Re:- Maestàsiete voi che fate assordire i ministri?Il Re credeva di parlare con lo stesso tono di voce di tutti gli altri; e quando i ministridiventati sordinon udivano più neppure luis'arrabbiava e li mandava via a calcifacendoli ruzzolare per le scale del palazzo reale.Nei primi giornicoi nuovi ministri le cose andavano benino. Parlando con loro peròil Re s'accorgeva ch'essidi tanto in tantoportavano le mani agli orecchi per tapparseli.- Che è mai? - domandava. - Strillo forse come un maleducatocome un carrettiere?- NoMaestà! - rispondevano impauriti. - Soffriamo di orecchioni.I nuovi ministri soffrivano sempre di orecchioni per scusa. Il Re non si capacitava di questa malattia così comune a tutti i suoi nuovi ministri. Ealla fineaveva pensato di rimediaredandoli anticipatamente in cura ai medici di palazzo. I medici li martoriavano con cataplasmiventosesalassi e altri malanni; e loroper l'ambizione di salire alto e avere le mani in pastasopportavano zitti ogni tormento.Il Re andava a visitarlie alzando la voce nel dubbio che quella malattia degli orecchi non li facesse sentire benedomandava:- Come state? Come state?Figuratevi che tuonicon quell'alzata di voce! Il palazzo reale ne tremava.- BeneMaestà! BenissimoMaestà!E stavano bene davveroperchè erano già mezz'assorditi.Il Re intanto credeva che gli affari del suo regno procedessero proprio a meraviglia. Nessuno gli chiedeva mai un'udienza; nessuno veniva mai a fargli un reclamo. Sfido io! Ognuno aveva paurae preferiva ogni altro guaio a quello di restar sordo per tutta la vita.Un giorno si presentò al palazzo reale un contadino:- Voglio parlare al Re.Il Restupito di questa novitàordinò subito:- Fatelo entrare.Squadrando quel vecchietto mal vestitoche faceva cosa tanto insolitail Re s'accorse ch'egli aveva due tappi di sughero negli orecchi.- Che significano quei tappi?- Maestàho gli orecchioni.O che tutti i suoi sudditi soffrissero di orecchioni? Insospettitodisse:- Non me la dai a berecontadinaccio! Che significano quei tappi? Parlao ti faccio mozzare la testa.Tra il diventar sordo e l'aver mozzata la testail contadino scelse il male minore.- GraziaMaestàse volete che dica il vero.- Grazia ti sia concessa.E lui gli disse quel che nessuno aveva osato mai dirgli:- Maestàcol vostro vocione fate assordire la gente.Dapprima il Re montò in furore; non voleva credergli. In che modo egli non s'accorgeva del proprio vocione? Ma il contadino soggiunse:- Tant'è veroche Vostra Maestà viene chiamato Re Tuono.Il Re fu afflittissimo di questa scoperta. Tentò di frenar la vocedi sussurrare più che pronunciare le parole; ma era inutile. Anche parlando a quel modoil suo vocione era taleche chi stava a sentirlo restava intronato. E per punire i ministri che non avevano avuto il coraggio di palesargli la veritàli fece legare come polli e li mandò in prigione. Il contadinoinvecefu da lui creato unico ministroe ebbe il permesso di tenere i tappi di sughero negli orecchi.Il povero Readdolorato di quel suo difettaccionon usciva più dal palazzo realedava gli ordini soltanto coi gesti. Ma era vita quella? Poteva durare?Fra le altre coseegli voleva prendere moglie per avere l'erede della corona; ed ora si spiegava facilmente tutte le ripulse ricevute dalle tante principesse da lui richieste. Le principesse non volevano diventar sordee per sfuggire questo pericolo rinunziavano al beneficio di diventare Regine.Il contadino ministro disse un giorno:- Maestàperché non consultate un Mago? Io sospetto che il vostro vocione provenga da qualche maleficio che voi avete addosso.Il Re decise di fare un bando. E volendo andare per la più cortagiacché il suo vocione poteva essere udito da dieci miglia lontanosalì sul tetto del palazzo reale e fece il bando da se stessoingrossando la voce più che poteva:- Chi saprà guarirmi dal vocioooneavrà tant'oro quanto peeesa!E andò in giro per tutto il regnosalendo in cima alle montagnegridando da quelle alture:- Chi saprà guarirmi dal vocioooneavrà tant'oro quanto peeesa!In pochi giorni non ci fu angolo del regno dove il bando non fosse conosciuto. E quei tuoni della voce del Re erano stati così fortiche per un paio di settimane piovve a dirottoquasi avesse tuonato davvero. Intanto i mesi passavanouno dietro all'altroe nessun Mago si presentava.Il povero Re Tuono cominciava già a disperarequando una mattina vennero ad annunziargli l'arrivo di un famoso Magovenuto da lontani paesi; diceva di conoscere il segreto della malattia del Re e la ricetta per guarirlo.Alla vista di quel Magocosì grasso e grosso che pareva una botteil Re si grattò il capopensando:- Ce ne vorrà dell'oro per costui!Ma si strinse nelle spallepronto a qualunque sacrificio. Avrebbe dato fin la camicia che aveva indossopur di guarire.- Maestà- disse il Mago- il vostro male proviene da un capello incantato.Il Re si rallegrò tutto. Guà! Si sarebbe fatto radere la testa e sarebbe finita. Il Mago doveva contentarsi d'una bella manciaora che s'era lasciato scappar di bocca il suo segreto.- Solamente- riprese colui- bisogna trovare e strappare quel capello a prima vista. Sbagliato una voltanon si rimedia più. E l'unica persona al mondo che può fare il prodigio è la principessa Senza-lingua.- O dove scovare codesta principessa?- In Oga Magoga. La chiamano così perché le manca la lingua. Un announ mese e un giorno e la vedrete quise Vostra Maestàmantenendo la promessami dà tant'oro quanto peso.- Prima di fare l'esperienza?- PrimaMaestà. Condurrò con meda ambasciatoreil vostro ministro.Per un momentoil Re esitò: se quel furbo lo canzonava? Dove riacchiapparlo?Il ministro poteva intendersela con costui... «In ogni caso» rifietté «mi rifarò coi miei sudditi.»Gli piangeva il cuoreguardando la montagna d'oro che ci volle per pareggiare il peso di quella botte. Pur di guarire!E diede il buon viaggio al Mago e al ministro.Passati appena sei mesieccoti un giorno il ministro solo solo; il Mago era sparitoe della principessa Senza-lingua nè nova nè novella. S'era messa in viaggiodicevanoper farsi fare una lingua artificialenon si sapeva da chi; e nessunoda un annone aveva avuto più notizia.- Cercate e troverete. Il destino del Re vuole così!Erano parole del Mago.- Facciamo un altro bando! - esclamò il Re molto seccato.E volendo andare per la più cortasalì di nuovo sul tetto del palazzo realee fece il bando da se stessoingrossando la voce più che poteva:- Chi trova la principessa Senza-liiinguaavrà tant'oro quanto peeesa!E andò in giro per tutto il regnoe poi fuori del regnoin diverse parti del mondosalendo in cima alle montagne e gridando da quelle alture:- Chi trova la principessa Senza-liiinguaavrà tant'oro quanto peeesa!E i tuoni della voce del Re furono così fortiche piovve dirotto dovunquequasi avesse tuonato davvero.I mesi passavanouno dietro all'altroma neppure una mosca recava notizia della principessa.Re Tuono cominciò a perdere la pazienza. Orainvece di affliggersi e star zittourlavasbraitava. Parte dei suoi sudditi era già assorditaparte stava per assordiree tra questi che ci sentivano male e gli altri che non ci sentivano più accadevano scene buffe chespesso spessofinivano a legnate e peggio. Il regno pareva in tumulto. Le guardie accorrevano di qua e di là; maessendo più sorde di tuttiora davano ragione a chi aveva tortoora torto a chi non c'entrava per nientee accrescevano la babilonia in luogo di dissipare i malintesi.Aveva vogliaRe Tuonodi gridare alle guardie:- Fate giustizia! Fate giustizia!Più lui gridava e più assordivano. Il regno sembrava un paese di matti.Un bel giornodavanti al palazzo reale comparve un ciarlatano che strillava:- Pasticche per la voce! Pasticche per la voce! Chi l'hala perde; chi non l'ha non l'acquista! Pasticche! Pasticche!Re Tuonotrattandosi di vocela prese per un'offesa alla sua reale maestà; e dette ordine di arrestare quell'impertinente e condurglielo dinanzi.- Che intendi dire con codesto tuo: «Chi l'hala perde e chi non l'ha non l'acquista?».- La veritàSacra Corona. Provi e vedrà.Il Re lo guardava fisso. Dal vestitocolui pareva un uomo; ma le fattezze del volto erano così belle e gentiliche si sarebbe detto una donnase non avesse avuto i capelli corti.- Chi sei? Come ti chiami?- Mi chiamano il Senza-lingua. Ma sua Maestà vede bene che il mio nome è sbagliato; ce l'ho e un po' lunghettaanzi... Il mio mestiere richiede così.E per provasenza badare che si trovava nel palazzo reale e alla presenza del Reriprese a strillare scherzosamentecome in piazza:- Pasticche per la voce! Pasticche per la voce! Chi l'hala perde; e chi non l'ha non l'acquista! Pasticche! Pasticche!Il Rediventato di buon umoresi mise a ridere.- Da' qua; voglio provare.Ne prese una e la mise in bocca.O che fu? Un tocca e sana? Il vocione del Re era calato di metà.Va' a trattenere Re Tuono! Si buttò sulle pasticche come un galletto al becchime; e mangiamangiamangia... le inghiottiva mal masticatecol pericolo di strozzarsi... mangiamangiamangia... le finì tutte in pochi istanti.Parlòe il suo vocione parve sparito sottoterra. Re Tuono non era più Re Tuonocon quella vocina cosi fievole che si poteva udire a mala pena. Per capirne le parolebisognava accostargli l'orecchio alle labbrae farvi coppa attorno con le mani.Meglio così!Dalla contentezzail Re ordinò che si facessero grandi feste per tutto il regnocon giochicuccagne e fontane di vino schietto.- Che cosa vuoi? - disse a quell'uomo. - Chiedi e avrai.- Colazionepranzo e cena tutti i giornie nel palazzo reale una stanza dove non deve entrare neppure il Re.- Così poco? Ti sia concesso!Avendo ora la vocina flebile flebileil Re s'infastidiva di sentir parlare fin con la voce ordinaria.- Perchè urlate? - rimproverava a tutti. - Non sono mica sordo!Star due minuti ad ascoltarlo era proprio uno sfinimento; ognuno si sentiva mancare il fiato. Col praticare con lui e col doversi sforzare a parlar pianoin breve tempo tutto il personale di palazzodal ministro allo sguatterosi ridusse effettivamente senza voce. E mentredopo la guarigione del Regli orecchi guastati dal suo vocione andavano guarendo senza bisogno di medicamentile vocie per riguardo del Re e per adulazione e poi per capriccio di modacominciarono ad abbassarsiad abbassarsi; e quello che poco prima era un paese di sordiora poteva dirsi proprio il paese degli sfiatati.Soltanto l'uomo delle pasticcheche mangiava a ufo e abitava nel palazzo realesoltanto lui udiva il Re senza bisogno di accostargli l'orecchio alle labbra nè farvi coppa con le manie poteva parlare con lui senza abbassare il tono della voce.Come andava questa faccenda? Sua Maestà non gli aveva detto maicome agli altri: «Perchè urlate? Non sono mica sordo!». Eppure lui gli parlava sempre con la voce naturale ch'era un po' strillante. Aveva dunque la lingua fatta diversa dagli altri?La curiosità della gente si accrebbe il giorno che il venditor di pasticche andò in furiaperchè uno gli aveva detto per scherzo:- Mostrami la tua lingua! Voglio vederecom'è fatta.Non c'era niente di male in queste parole; ma luiinfuriatopestando i piedi e piangendoera andato a chiudersi nella sua camera del palazzo reale e non voleva uscirne piùperchè nessuno potesse più dirgli:- Mostrami quella tua lingua! Voglio vedere com'è fatta.Il ministro venne a parlargli in nome del Re:- Perchè ti arrabbi? Vogliono vedere la tua lingua? E tu mostraglielasciocco! Così!E fece l'atto. L'altrosbadatamentelo imitò; ed ecco la lingua scappargli di boccacadere per terra e farsi in mille pezzi quasi fosse stata di terracotta.Il ministro rimase! Poi si dette un gran colpo alla frontee corse subito dal Re:- MaestaMaestàla principessa Senza-lingua! Oggi si compiono precisamente l'annoil mese e il giorno.Il palazzo reale fu a un trattò sossopra. La gente affollata dietro l'uscio voleva entrare in quella camera e vedere la principessa Senza-lingua. Invano il Re diceva:- Non può entrarvi nessunoneppur io; ho data la mia parola.Chi lo sentiva? Lo vedevano gesticolare con le braccia e muovere le labbraquasi fingesse di parlare. Il ministro accostò l'orecchio alla bocca del Refacendo coppa con le mani; ma il Reinfuriatocon uno spintone lo sbatacchiò addosso alla folla.Per fortunain quel punto l'uscio della camera s'aprìe tutti stupirono alla vista del gran mucchio d'oro sovra cui stava comodamente sdraiata una bellissima giovanevestita di broccatoornata di perle e diamanticon le bionde trecce sciolte su per le spallela faccia appoggiata a una manoe un gran ventaglio nell'altra. Si faceva vento tranquillamente.Il mucchio d'oro era proprio lo stesso regalato dal Re al Magogrosso quanto una botte.Il Rein un balenosi gettò ai piedi della principessa e le posò la fronte sulle ginocchia. Ella lasciò il ventagliostese la manogli ficcò un dito tra i capelli e dette uno strappo. Il capello incantato fece una fiammata e le svaporò fra le dita.- Grazieprincipessa Senza-lingua! Graziemia Regina! - disse il Recol più bel suono di voce che nessuno avesse mai udito.- GrazieRe Tuonomio signore e mio Re!Insieme con l'incanto dell'uno era sparito l'incanto dell'altra. La principessa aveva acquistata la linguacome le aveva predetto il Mago adattandole quella artificiale caduta poco prima per terra.- Il vostro destino voleva così! - disse il ministro. - Dovevate essere sposi.E ora posso andarmene.- Perchè mai? Perchè?Il Re non finì di dire queste paroleche il ministrodiventato un nanino vispo visposi ficcòcome un topolinotra il mucchio dell'oro e sparì. Era un servitore delle Fate.Contenti come Pasqueil Re e la principessa si sposaronocon feste e divertimenti d'ogni sorta.Il Re perdonò ai ministrili fece scarcerare e li rimise in carica. Non correvano più pericolo d'assordire.- Faranno sempre i sordi! Vedrete- pronosticò la gente.E il pronostico non fallì.

Maturo è il fruttosecca la foglia;Dite la vostrachi più n'ha voglia.




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