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L'UOVO NEROC'era una volta una vecchia che campava di elemosinae tutto quello che buscavalo divideva esattamente: metà leimetà la sua gallina.
Ogni giornoall'albala gallina si metteva a schiamazzare; avea fatto l'uovo. La vecchia lo vendeva un soldoe si comprava un soldo di pane. La crosta la sminuzzava a quellala midolla se la mangiava lei: poi andava attorno per l'elemosina.
Ma venne una mal'annata. Un giorno la vecchina tornò a casa senza nulla.
- Ahgallettina mia! Oggi resteremo a gozzo vuoto.- Pazienza ci vuole! Mangeremo domani.
Il giorno appressosul far dell'albala gallina si mise a schiamazzare. Invece d'un uovone aveva fatti dueuno bianco e l'altro nero.
La vecchia andò fuori per venderli. Quello bianco lo vendé subito; quello neronessuno voleva credere che fosse uovo di gallina. La vecchina comprò il solito soldo di panee tornò a casa:
- Ahgallinetta mia! L'uovo nero non lo vuol nessuno.- Portatelo al Re.
La vecchia lo portò al Re.
- Che uovo è questo?- Maestàdi gallina.- Quanto lo fai?- Maestàquello che il cuore v'ispira.- Datele cento lire.
La vecchinacon quelle cento liresi credette più ricca di Sua Maestà.
Giusto in quei giorni la Regina avea posta una gallinae alle uova messe a covare aggiunse anche quello. Ma la chioccia non lo covò.
Il Re fece chiamare la vecchia:
- Quell'uovo era barlaccio.- Maestànon può essere; la gallina l'avea fatto lo stesso giorno.- Eppure non è nato.- Bisognava lo covasse la Regina.
La cosa parve strana. Ma la Reginacuriosadisse:
- Lo coverò io.
E se lo mise in seno. Dopo ventidue giornisentì rompersi il guscio. Venne fuori un pulcino bianco ch'era una bellezza.
- MaestàMaestà! Fatemi la zuppa col vino.
E pigolava.
- Sei galletto o pollastra?- Maestàson galletto.- Canta.- Chicchirichì!
Era proprio galletto. E diventò il divertimento di tutta la corte. Ma più cresceva e più si faceva impertinente. A tavola beccava nei piatti del Re e della Regina; razzolavacome se nulla fossenei piatti dei Ministriche non osavano dirgli sciò per rispetto del Re; girava di qua e di là per tutte le stanze del palazzo reales'appollaiava dovunquee insudiciava e riempiva ogni cosa di pollìna. E poi tutto il giorno:
- Chicchirichì! Chicchirichì!
Rintronava le orecchie. La gente del palazzo reale non ne poteva più.
Un giorno la Regina s'era fatta un vestito nuovo ch'era una meravigliaed era costato un sacco di quattrini. Prima che lo indossasseva il galletto e glielo insudicia.
La Regina montò sulle furie:
- Sporco galletto! Per questa volta passi. Un'altra volta te la farò vedere io!
E ordinò alla sarta un altro vestito più ricco di quello. La sarta ci si messe con impegno; figuriamoci che vestito!... Ma prima che la Regina lo indossasseva il galletto e glielo insudicia.
La Regina perdé il lume degli occhi:
- Sporco galletto! Ora ti concio io. Chiamatemi il cuoco.
Il cuoco si presentò.
- Mi si faccia con cotesto galletto una buona tazza di brodo.
In cucina gli tirarono il collo e lo messero a lessare. Appena la pentola diè il primo bollore:
- Chicchirichì!
Il galletto era scappato fuoricome se non gli avessero mai tirato il collo e non lo avessero mai pelato e abbrustolito.
Il cuoco corse dalla Regina:
- Maestàil galletto è risuscitato!
La cosa era troppo stranae il galletto diventò prezioso. Tutti lo guardavano con rispetto; qualcuno anche con un po' di paura. Ed esso se n'abusava. A tavola beccava peggio di primanei piatti del Re e della Regina; razzolavacome se nulla fossenei piatti dei Ministri che non osavano dirgli sciò per rispetto del Re; s'appollaiava dovunqueinsudiciava perfino il soglio reale e lo riempiva di pollìna. E poinotte e giorno: chicchirichì! chicchirichì! Rintronava gli orecchi. E il popolo imprecava a denti stretti:
- Accidempoli al galletto e a chi lo fa allevare!
Un giorno Sua Maestà dovea scrivere a un altro Re. Prese cartapenna e calamaiofece la lettera e la lasciò sul tavolino ad asciugare. Va il galletto e gliela insudiciaproprio dov'era la firma.
- Sporco galletto! Per questa volta passi. Un'altra volta te la farò vedere io!
Il Re scrisse di bel nuovo la letterae la lasciò sul tavolino ad asciugare. Va il gallettoe gliela insudiciaproprio dov'era la firma.
Il Re perdé il lume degli occhi:
- Sporco galletto! Ora ti concio io! Chiamatemi il cuoco.
Il cuoco si presentò.
- Mi si faccia arrosto pel pranzo.
In cucina gli tirarono il collo e lo infilzarono nello spiedo.
Quando fu l'ora del pranzoil cuoco lo servì in tavola. Sua Maestà cominciò a dividerloa chi un'alaa chi una cosciaa chi un po' di pettoa chi il codione: serbò per sé il collo e la testa colla cresta e coi bargigli.
Avea terminato appena di mangiareche dal fondo del suo stomaco sente scoppiare:
- Chicchirichì!
Fu una costernazione generale. Chiamarono tosto i medici di corte.
Bisognerebbe spaccar la pancia del Re; ma chi ci si mette?
E il gallettodi tanto in tantodal fondo dello stomaco di Sua Maestàdava la voce:
- Chicchirichì!- Chiamatemi la vecchia - disse il Re.
Appunto essa veniva a domandar l'elemosina al palazzo realee la condussero su.
- Strega del diavolo! Che malìa hai tu fatta a quell'uovo? Ho mangiato la testa del gallettoed esso mi canta dentro lo stomaco. Se non me ne liberitienti per morta!- Maestàdatemi un giorno di tempo.
E tornò subito a casa:
- Ahgallettina mia! Sono stata chiamata dal Re: "Ho mangiato la testa del gallettoed esso mi canta dentro lo stomaco". Se non lo liberosarò morta!- Vecchia miaquesto è nulla. Domani prenderai un po' di becchimetornerai dal Re e farai: billi! billi! Sentendo la tua voceil galletto verrà fuori.
E così fu.
La cosa era troppo strana. Il galletto diventò famosoe tornò a fare peggio di prima.
Una mattinaavanti l'alba:
- Chicchirichì! Maestàvo' una gallina.- E diamogli una gallina!
Il giorno appressoavanti l'alba:
- Chicchirichì! Maestàvo' un'altra gallina.- E diamogli un'altra gallina!
Insommane volle due dozzine.
Un'altra mattinaavanti l'alba:
- Chicchirichì! Maestàvo' gli sproni d'oro.
E sproni d'oro siano!
Il gallettoch'era diventato un bel gallocon quegli sproni d'oro si pavoneggiava attornobeccando questo e quello.
Un'altra voltaavanti l'alba:
- Chicchirichì! Maestàvo' la cresta doppia d'oro.- E cresta doppia d'oro sia!
Il Re cominciava a stufarsi; ma il gallocon quegli sproni d'oro e quella cresta doppia d'orosi pavoneggiava attornobeccando questo e quello.
Finalmente un'altra mattinaavanti l'alba:
- Chicchirichì! Maestàvo' mezzo regno; ho corona al par di voi!
Al Re scappò la pazienza:
- Levatemelo di tornoquesto gallaccio impertinente!
Ma come fare? Ammazzarlo era inutile; risuscitava sempre. Portarlo lontano non concludeva nulla: sarebbe tornato. Prenderlo colle buone era peggio; rispondeva canzonando: - Chicchirichì! Il Redisperatomandò a chiamare la vecchia:
- Se non mi liberi del galloti fo mozzare la testa!- Maestàdatemi un giorno di tempo.
E tornò subito a casa:
- Ahgallinetta mia! Sono stata chiamata dal Re: "Se non mi liberi del galloti fo mozzare la testa". Che debbo rispondere?- Rispondi: "Maestàvoi non avete figliuoli; adottatelo per figliuolosi cheterà".
Il Remesso colle spalle al murorisolvette di adottarlo. Ma giovò poco.
Con tutte quelle gallineil palazzo reale era diventato un pollaio. Il Rela Reginai Ministrile dame di cortei servitoritutti si sentivan pieni di pollìna dalla testa ai piedie non potevano reggere. E poischiamazzate di quachicchiriate di là; aveano il capo come un cestone.
Il popolo imprecava a denti stretti:
- Accidempoli al galloalle galline e a che li fa allevare!- Sentistrega - disse il Re. - Se fra un giorno non mi spazzi gallo e gallinepagherai con la tua testa.- Maestàqui ci vuole la fata Morgana; mandatela a chiamare.
Il Re mandò a chiamare la fata Morgana. La Fata rispose:
- Chi vuole vadachi non vuole mandi.
E il Re dovette andarci egli stesso in persona.
- Maestàfinché quel gallo non sarà diventato un uomo al pari di voinon avrete mai pace.- Ma che cosa ci vuoleperché diventi un uomo al pari di me?- Ci vuol tre sorta di becchime. Fate tre solchi colle vostre manie spargete queste tre sementi. Mietetetrebbiatesenza mescolare il granoe poi dite:
Billibilli!Chi gli piace se ne pigli!
E spargerete per terra questo grano qui. Quando non ne rimarrà più un chicco:
Billibilli!Chi gli piace se ne pigli!
E spargerete per terra quest'altro grano. Quando non ne rimarrà più un chicco:
Billibilli!Chi gli piace se ne pigli!
E spargerete per terra l'ultimo grano.
Il Re s'ingegnò di far tutto a puntino. Quando fu il momento:
- Billibilli!Chi gli piace se ne pigli!
E una metà delle galline morì.
- Billibilli!Chi gli piace se ne pigli!
E il resto delle galline morì.
- Billibilli!Chi gli piace se ne pigli!
Il gallo si mise a beccare lui soloe appena beccato l'ultimo granosi ritiròs'allungòchicchirichì! Si scosse le penne d'addosso e diventò un giovane alto e bello. Di gallo gli eran rimasti soltanto la cresta e gli sproni. Ma non importava.
Il Re disse al popolo:
- Non ho figliuolie questo qui sarà il Reuccio. Rispettatelo per tale.- Viva il Reuccio! Viva il Reuccio!
Masottovocedicevano:
- Staremo a vedere. Chi gallo nasce dee chicchiriare.
Il Reucciodopo parecchi mesidiventò malinconico. Voleva star solonon parlava con nessuno.
- Che cosa avetefigliuolo mio?- Maestànulla.
Non lo voleva direprovava rossorema sentiva una gran voglia di far chicchirichì!
Chiamarono i medici di corte; chiamarono anche quelli fuori del regnoi più valenti. Non ci capivano niente.
- Forse il Reuccio voleva moglie?- Non voleva moglie.- Ma dunque che cosa voleva? Qualunque cosa avesse volutogli sarebbe stata concessa.- Vorrei... fare chicchirichì!
Bisognò permetterglielo: e si sfogò tutta la giornata.
Allora gli tagliarono la crestae quella voglia non la ebbe più.
E il popolo:
- Staremo a vedere! Chi da gallina nasce convien che razzoli.
Dopo parecchi mesi il Reuccio tornò ad essere malinconico. Voleva star solonon parlava con nessuno.
- Che cosa avetefigliuolo mio?- Maestànulla.
Non lo voleva direprovava rossorema sentiva una gran voglia d'uscir fuori a razzolare.
Tornarono a chiamare i dottorima non ci capivano niente.
- Forse il Reuccio voleva moglie?- Non voleva moglie.- Ma dunque che cosa voleva? Qualunque cosa avesse chiestagli sarebbe stata concessa.- Vorrei... uscir fuori a razzolare!
E bisognò permetterglielo.
Allora gli strapparono gli spronie quella voglia non la ebbe più.
Venne il tempo di dargli moglie:
- Vi piacerebbefigliuolo miola Reginotta di Spagna?- Maestàdovendo sposare... vorrei sposare una pollastra!
Si era dunque sempre daccapo?
Il Re quel giorno avea le paturne. Tira fuori la sciabola e gli taglia la testa.
Mainvece di sangue d'uomogli uscì fuori sangue di pollo.
Si presentò allora la vecchina:
- Maestàeccoè finita.
Gli riappiccicò il capo collo sputoe il Reuccio tornò vivo.
Ora ch'era un uomo davvero stette tranquilloe di lì a poco si sposò colla Reginotta di Spagna. Poi diventarono Re e Reginae fecero un po' di bene.
E la fiaba finisce.



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