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La lepre d'argentodi Guido Gozzano--------------------------------------------------------------------------------
  Quando il filtro e la sortierapreparavano gl'incanti(ascoltate tutti quanti!)c'eraallorac'era... c'era...... un principe chiamato Aquilinoche aveva vent'anni e voleva condurre in moglie la più bella principessa del mondo. Pubblicò un bando di nozze e giunsero centinaia di ritrattich'egli fece esporre nelle gallerie del castello; e là meditava sulle belle sorridenti dalle grandi cornici dorate.La scelta cadde su Nazzarenaprincipessa di Bikarìae per mezzo ad ambasciatori furono concertate le nozze.Nel castello di Aquilino si fecero grandi preparativi per la cerimonia e all'alba del giorno sospirato il principe era già sulla torre più altaalle vedette. Il corteo doveva giungere tra poco; tra poco avrebbe visto per la prima volta quella bellezza famosa.Ma il corteo non giungeva.Si vide apparire una sola carrozza e ne scese un vecchietto gobbuto e barbuto.- Io sono il Re di Bikarìa. E questa è la mia figliuola Nazzarena che chiedete per moglie.La principessa era nanapallidavizzaper nulla rassomigliante al ritratto della scelta.Il vecchietto se n'avvide.- La stanchezza del viaggio e l'emozione l'hanno sfinita. Si rimetterà e la ritroverete bella.Aquilino voleva disdire le nozzema la parola era data e bisognava mantenerla.Chiese che la cerimonia fosse rimandata di due giorni e ospitò il vecchio e la figlia nel castello.Al mattino seguenteper distrarsi dallo sconcerto e dalla delusioneuscì a cacciasolocon una bella spingarda d'orocostellata di gemme. Camminò per campi e pratigiunse in una foresta millenaria.Attraverso un sentiero gli apparve una lepre d'argento che brucava l'erba e lo guardava fissoper nulla spaurita di lui.Il principe puntò l'arma e fece fuoco. Ma il fumo del fuoco si dissipò e la lepre riapparve al medesimo postoincolume e tranquilla.Il principe s'avanzò. La lepre fuggìsi arrestò dopo un trattofissandolo coi suoi calmi occhi umani. Aquilino sparò ancora. Il fumo si dileguò e la lepre riapparve ancora calma ed intattaseduta sulle sue zampeun orecchio su e l'altro giùcon gli occhi supplichevolicol muso palpitanteproteso verso di lui. Ma come il principe gettò l'arme e s'avanzòessa dié un balzo e disparve fra i tronchi degli abeti. Aquilino restò perplesso.Si trattava di un malefizio.S'appoggiò al tronco d'un albero gigantescoripensando lo sguardo dolce della vittima invulnerabile. E gli parve di sentire dietro di sédall'interno del troncouna eco lontana di musiche e di voci; si volsefece il giro dell'albero: nessuno. Si riappoggiò al tronco. E riudì il suono e le voci.Picchiò la corteccia col pugno impaziente.La corteccia cigolòs'aprì a due battentie al principe sbigottito apparve una scala abbagliante. Egli salì i primi scalinitrasognatoudì il colpo della porta che si chiudeva. Il palazzo era immenso. Le scalegli atriii corridoile loggele sale si succedevano senza finericche di marmidi porfidodi diasprodi gemme. Aquilino s'avanzava trasognato.Si faceva notte e nessuno appariva nel palazzo incantato. Solo due mani lo precedevano: l'una recando una lucernal'altra facendogli segno di seguirla. Giunsero così in una sala vastissima da pranzo; Aquilino si sedette a tavola. E le due mani cominciarono a recar cibi e vini prelibati.Egli guardava quelle due mani isolatevolanticercava di afferrarle quando le aveva vicinema quelle deponevano i piatti e guizzavano via come farfalle. Mangiòpoi si sentì prendere dal sonnos'alzò per andare a dormire. Le due mani lo precedettero in una camera di damasco vermigliogli fecero un gesto d'addio e d'auguriodisparvero.Egli si cacciò fra le lenzuola finie si addormentò. Sognava di riveder la principessa Nazzarenanon quella condotta dal gobbo barbutoma quale gli era apparsa nel quadrobellissima e bionda.Quand'ecco uno schiamazzo lo svegliò. Socchiuse gli occhi. La stanza era illuminata e molte paia di manieguali a quelle della sera primaguizzavanos'intrecciavanoaccennando verso di lui.- A che giuoco si gioca?- Alla palla.- Giochiamo alla palla con quel tale che dorme?- Chi dorme?- Lànel lettonon lo vedete?E attraverso le ciglia socchiuseil principe vide le mani avvicinarsi. Afferrarono le lenzuola etenendole tese agli orlicominciarono a farlo sbalzare con risa rauche e sibili acuti.Egli teneva le ciglia chiusefingendo di dormire.- Non vuole svegliarsi!- Lo sveglieremo! Lo sveglieremo!E raddoppiarono la foga del gioco crudele.Al primo canto del gallo le mani lo sbalzarono nel letto e disparvero.Aquilino si palpava le ossa indolenzitequando udì un fruscio e si vide accanto la lepre d'argento. Invece delle quattro zampe aveva due piedi e due mani bianchissime di donna.- Principe Aquilinoio sono la principessa Nazzarenaquella che il vostro cuore scelse per compagna. Quando giunsi col mio corteo nel boscoun mago mi trasformòimprigionandomi con la mia gente in questo castello. Sarò salva se passerete qui dentro tre notti simili a questa. Il mago è quegli stesso che si presentò al vostro cospetto tentando di farvi sposare la sua nanerottola.La lepre disparve.Aquilino attese ansioso la seconda sera. Mangiòservito dalle due mani volantiandò a lettos'addormentò. Si svegliò allo schiamazzo: molte mani lo ripresero dal lettosollevarono le lenzuolacominciarono il giocopiù furenti della sera innanzi.- Non vuole svegliarsi!- Se non si sveglia siamo perduti!...Allora le mani lo sbalzarono un'ultima voltaappiccandolo a un chiodo delle travi. E disparvero sibilando.Aquilino aprì gli occhivide la lepre d'argento. Aveva ormai tutto il corpo di donna; solo la testa restava di lepre e lo guardava con dolci occhi umani.- Povero principe! Soffrite per amor mio ancora una notte e saremo salvi.Giunse la terza notte. Riapparvero le mani più furiose che mai.- Si gioca?- Giochiamo!- Ma questa notte dobbiamo finirlo!- Dobbiamo finirlo!E cominciò il rimbalzello crudele.Aquilino giungeva al soffittopicchiavarestava aderente come una tartina di pastaricadeva nel lenzuolo tesorimbalzava ancora tra le risa infernali. E non apriva gli occhi per amor di Nazzarena.- Non si sveglia! Siamo perduti!- Siamo perduti!- È l'alba! Siamo perduti!Le mani furibonde s'appressarono alla finestratesero le lenzuolasbalzarono Aquilino ad un'altezza vertiginosa. Egli salìsalìcadde per dieci minutipicchiò sull'erbasi tastò le ossa pesteaprì gli occhiancora vivo. Si trovava ai piedi dell'albero incantato.Presso di lui stava la sua vera fidanzata Nazzarenabella di una bellezza mai più vista. E aveva il suo seguito di carrozzedi damedi cavalieri liberati con lei dal malefizio del mago.Il principe li condusse al suo castelloadunò tutta la Corte nella sala del Gran Consigliofece condurre il gobbo barbuto e la figliuola laidae rivoltosi ai ministri disse:- Avevo ordinato un cofano d'oro e di gemme; un malandrino me lo tolse strada facendo e lo sostituì con un altro di legno tarlato. Fortuna vuole che io ritrovi il primo. A quale darò la preferenza?- Al primo! - sentenziò la Corte.- E del ladro e del cofano tarlato che dovrò farne?- Bruciarli sulla stessa catasta!Così fu fatto. E la sentenza e le nozze ebbero luogo fra gli applausi di tutto il popolo



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