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La Bella dai capelli d' oro
C'era una volta la figlia di un Rela quale era tanto bellache in tutto il mondo non si dava l'eguale; e per cagione di questa sua grande bellezzala chiamavano la Bella dai capelli d'oroperché i suoi capelli erano più fini dell'oroe biondi e pettinati a meraviglia le scendevano giù fino ai piedi.
Essa andava sempre coperta dai suoi capelli inanellaticon in capo una ghirlanda di fiori e con delle vesti tutte tempestate di diamanti e di perletanto che era impossibile vederla e non restarne invaghiti.
In quelle vicinanze c'era un giovane Reil quale non aveva moglieed era molto ricco e molto bello della persona.
Quando egli venne a sapere tutte le belle cose che si dicevano della Bella dai capelli d'orosebbene non l'avesse ancora vedutase ne innamorò così forteche non beveva né mangiava più; finché un bel giornofatto animo risolutopensò di mandare un ambasciatore per chiederla in isposa.
Fece fabbricare apposta una magnifica carrozza per il suo ambasciatore: gli dette più di cento cavalli e cento servitorie si raccomandò a più non posso perché gli conducesse la Principessa.
Appena l'ambasciatore ebbe preso congedo dal Re e si fu messo in viaggioalla Corte non si parlava d'altro: e il Reche non dubitava punto che la Principessa non volesse acconsentire ai suoi desidericominciò subito a farle allestire degli abiti bellissimi e dei mobili di gran valore.
Intanto che erano dietro a questi preparativil'ambasciatoreche era arrivato alla Corte della Bella dai capelli d'ororecitò il suo bravo discorso; ma sia che la Principessa in quel giorno non fosse di buon umoresia che il complimento non le andasse a geniofatto sta che rispose all'ambasciatore di ringraziare il Re e di dirgli che non aveva voglia di maritarsi.
L'ambasciarore se ne partì dalla Principessa dispiacentissimo di non poterla condur seco: e riportò indietro tutti i regaliche doveva presentarle da parte del Re: perché la Prilicipessa era molto onestae sapeva che alle ragazze non sta bene di accettare i regali dai giovinotti.
Per cui non volle gradire né i diamanti né le altre cose; e solo per non scontentare il Reaccettò una carta di spilli d'Inghilterra.
Quando l'ambasciatore fu tornato alla capitale dove il suo Re lo aspettava con tanta impazienzatutti rimasero male dal vedere che non avesse condotto seco la Principessae il Re si messe a piangere come un ragazzoné c'era verso di consolarlo.
Si trovava lìalla Corteun giovinetto bello come il soleil più grazioso di tutti gli abitanti del Regno. A cagione appunto delle sue belle maniere e del suo spiritolo chiamavano "Avvenente".
Tutti gli volevano benemeno gli invidiosiche si rodevano dalla rabbia perché il Re lo colmava di favori e lo metteva a parte d'ogni suo segreto.
Accade che Avvenente si trovò in un crocchio di personeche parlavano del ritorno dell'ambasciatore e dicevano che non era stato buono a nulla; allora egli dissesenza badarci tanto né quanto:
"Se il Re avesse mandato me dalla Bella dai capelli d'oroson sicuro che ella sarebbe venuta meco".
Senza metter tempo in mezzo quei malanni risoffiarono subito queste parole al Re e gli dissero:
"Sapeteo Sireche cosa ha detto Avvenente? ha detto che se aveste mandato lui dalla Bella dai capelli d'oroegli si riprometteva di condurla seco. Vedete quant'è maligno! e' pretende di essere più bello di voie vorrebbe dare ad intendere che la Principessa si sarebbe tanto invaghita di luida seguitarlo da per tutto".
Ecco il Re che va in bestia e si riscalda in modo da perdere il lume degli occhi: "Ah! ah!"egli dice"dunque questo bel mugherino si piglia giuoco della mia disgrazia? dunque si stima da più di me? Olà: mettetelo subito nella gran torree che lì ci muoia di fame".
Le guardie del Re andarono da Avvenenteil quale non si ricordava nemmeno di quello che aveva detto: lo trascinarono in prigione e gli fecero mille angherie.
Questo povero giovine non aveva che un po' di paglia a uso di letto: e certo vi sarebbe mortosenza una piccola fontanache scaturiva a piè della torredove egli pigliava qualche sorso d'acqua per rinfrescarsi un pocoperché la fame gli aveva seccata la gola.
Un giornonon potendone piùdiceva sospirando:
"Di che mai si lamenta il Re? Fra tutti i suoi sudditi non ce n'è uno chequanto megli sia fedele. Non ho ricordanza di averlo offeso mai!".
Il Reper casopassando vicino alla torresentì i lamenti di colui che aveva tanto amatoe si fermò per stare in orecchio: quantunque i cortigianiche erano con luie che l'avevano a morte con Avvenentedicessero al Re: "Che idea è la vostrao Sire? non sapete che è un malanno?". E il Re rispose: "Lasciatemi qui: voglio sentire quello che dice".
E avendo sentito i lamenti di luigli occhi gli s'empirono di pianto: aprì la porta della torree lo chiamò.
Avvenentetutto desolatoandò a buttarsi ai ginocchi del Ree gli baciò i piedi. "Che cosa v'ho fattoo Sire"egli disse"per meritarmi sì duri trattamenti?"
"Tu ti sei preso giuoco di me e del mio ambasciatore"rispose il Re"tu ti sei lasciato uscir di bocca chese avessi mandato te dalla Bella dai capelli d'oroti saresti stimato da tanto da menarla teco."
"È veroSire"disse Avvenente"io le avrei raccontato così bene le vostre virtù e i vostri pregiche son sicuro che ella non avrebbe saputo come resistere; e in tutto questo non mi par che ci sia cosa che possa offendervi."
Il Re riconobbedifattodi aver torto: dette un'occhiata a coloroche gli avevano messo in disgrazia il suo favoritoe lo menò con sénon senza pentirsi amaramente del gran dispiacere che gli aveva dato.
Dopo averlo invitato a una lauta cenalo chiamò nel suo gabinetto e gli disse: "Avvenenteio amo sempre la Bella dai capelli d'oro; il suo rifiuto non mi ha levato di speranzama non so che strada mi prendere per indurla a diventare mia sposa. Ho una gran voglia di mandar teper vedere se tu fossi buono di venirne a capo".
Avvenente rispose che era dispostissimo a obbedirlo in ogni cosae che sarebbe partito subitoanche l'indomani.
"Oh!"disse il Re"ti voglio dare una splendida accompagnatura..."
"Non mi par punto necessaria"egli rispose"quanto a memi basta e me n'avanza d'un bel cavallo e di qualche lettera da poter presentare da parte vostra."
Il Re non poté stare dall'abbracciarlo per la gran contentezza di vederlo così pronto e sollecito a partire.
Egli prese congedo dal Re e dai suoi amici un lunedì mattinae si pose in viaggio per compiere la sua ambasciata da sé solosenza fare vistosità e senza fracasso.
Lungo la strada non faceva altro che studiare tutti i modi per impegnare la Bella dai capelli d'oro a divenire la sposa del Re. Portava in tasca un piccolo calamaioe quando gli veniva qualche bel pensierino da incastrare nel suo discorsoscendeva da cavallo e si metteva sotto un albero per pigliarne ricordo prima che gli passasse dalla memoria.
Una mattinache era partito sul far del giornopassando da una gran prateriagli venne in mente un'idea gentile e graziosa; e sceso subito di sellaandò a mettersi sotto una sfilata di salici e di pioppipiantati lungo un piccolo ruscello che scorreva all'orlo del prato.
Quand'ebbe finito di scrivere si voltò a guardare da tutte le partitanto era contento di trovarsi in un luogo così delizioso! Quand'ecco che vide sull'erba un Carpione color dell'oroche boccheggiava e non ne poteva piùperchéper la gola di chiappare dei mosceriniaveva fatto un salto così lungo e così fuor dell'acquache era andato a ricascare sull'erbadove stava quasi per morire.
Avvenente n'ebbe compassionee sebbene fosse giorno di magro e potesse fargli comodo per il suo desinarelo prese e lo rimesse perbenino nella corrente del fiume.
Appena il nostro Carpione sentì il fresco dell'acquacominciò a scodinzolare dall'allegrezza e andò subito a fondo: ma poiritornato a fior d'acquadisseavvicinandosi tutto vispo alla riva:
"Avvenenteio vi ringrazio del servizio che mi avete reso; senza di voi sarei morto e voi mi avete salvato. Io non sono un ingrato e saprò ricambiarvi!".
Dopo questo complimento sparì sott'acqua: e Avvenente rimase molto maravigliato dello spirito e della buona creanza del Carpione.
Un altro giornomentre seguitava il suo viaggios'imbatté in un Corvo ridotto a mal partito: questo povero uccello era inseguito da un'Aquila smisuratagran divoratrice di Corvi; e stava lì lì per essere agguantatoe l'Aquila l'avrebbe inghiottito come un chicco di canapase Avvenente non si fosse mosso a compassione della povera bestia.
"Ecco"gli disse"che al solito i più forti opprimono i più deboli. Che ragione ha l'Aquila di mangiare il Corvo?"
E preso l'arco che portava sempre secoe una frecciapuntò la mira contro l'Aquila e <I>crac!</I> le scagliò la freccia nel corpo e la passò da parte a parte.
L'Aquila cadde giù mortae il Corvotutt'allegroandandosi a posare in cima a un ramo:
"Avvenente"gli disse"voi siete stato molto generoso d'essere venuto in aiuto a meche sono un povero uccello: ma non avete trovato un ingrato; all'occorrenza saprò ricambiarvi!".
Avvenente ammirò il buon cuore del Corvoe continuò la sua strada. Una mattinache albeggiava appena e non vedeva nemmeno dove mettesse i piedinel traversare un gran boscosentì un Gufo che strillava come un disperato.
"Ohe! "egli disse"ecco un Gufo al quale deve essere capitato qualche brutto malanno."
Guarda di quiguarda di làfinalmente gli venne fatto di vedere alcune retiche erano state tese la notte per acchiappare gli uccelli.
"Che miseria!"egli disse"si vede proprio che gli uomini sono fatti apposta per tormentarsi gli uni cogli altrie per non lasciar ben avere tanti poveri animaliche non hanno fatto loro nessun male e nessun dispetto."
Cavò fuori il suo coltello e tagliò le funicelle delle reti. Il Gufo prese il voloma ricalando subito a tiro di schioppo:
"Avvenente"egli disse"non ho bisogno di perdermi in parole per dirvi la gratitudine che sento per voi. Il fatto parla da sé. I cacciatori stavano lì per arrivare: senza il vostro soccorsomi avrebbero preso e ammazzato. Ma io ho un cuore riconoscentee saprò ricambiarvi".
Ecco le tre avventure più strepitose che accadessero al buon Avvenente durante il suo viaggio.
Egli aveva tanta passione di arrivar prestocheappena giuntoandò subito al palazzo della Bella dai capelli d'oro.
Il palazzo era pieno di meraviglie. Diamanti ammontati come sassi: abiti magnificiargenterieconfettidolci e ogni grazia di Dio: di modo che Avvenente pensava dentro di sé che se la Principessa si fosse decisa a lasciare tutte quelle magnificenze per venire a stare col Re suo padronebisognava proprio dire che gli era toccata una gran fortuna.
Si messe un vestito di broccato e delle penne bianche e carnicine: si pettinòs'incipriòsi lavò il viso: si infilò intorno al collo una ricca sciarpatutta ricamatacon un piccolo paniere e con dentro un bel caninoche esso aveva compratopassando da Bologna.
Avvenente era così bello della persona e così graziosoe ogni cosa che facevalo faceva con tanto garboche quando si presentò alla porta del palazzotutte le guardie gli strisciarono una gran riverenzae corsero ad annunziare alla Bella dai capelli d'oroche Avvenentel'ambasciatore del Re suo vicinodomandava la grazia di poterla vedere.
Subito che intese il nome d'Avvenentela Principessa disse: "Questo nome m'è di buon augurio: scommetto che dev'essere un giovane grazioso e da piacere".
"Oh davveroSignora!"dissero tutte le dame d'onore. "Noi l'abbiamo veduto dall'ultimo pianodove s'era a mettere in ordine la vostra biancheria: e tutto il tempo che s'è trattenuto sotto le nostre finestrenon siamo state più buone a far nulla."
"Vi fa un bell'onore"replicò la Bella dai capelli d'oro"di passare il vostro tempo a guardare i giovanotti. Animovia! mi si porti subito il mio vestito di galadi raso blua ricami; mi si sparpaglino con grazia i miei capelli biondi: mi si faccia una ghirlanda di fiori freschisi tirino fuori le mie scarpine col tacco rilevato e il mio ventaglio; si spazzi la mia camera e si spolveri il mio trono; perché io voglio che si dica dappertutto che io sono davvero la Bella dai capelli d'oro."
Ecco tutte le donne in gran moto per abbigliarla come una Regina: e tanto si danno da fareche s'urtano fra di loro e non concludono nulla di buono.
Finalmente la Principessa passò nella sala dei grandi specchi per rimirarsi e vedere se al suo abbigliamento mancasse qualche cosa; poi salì sul tronotutto d'orod'avorio e d'ebanoche mandava un profumo deliziosoe ordinò alle donne di prendere degli strumenti e di mettersi a cantarema con una certa discrezioneper non cavar di cervello la gente.
Quando Avvenente fu condotto nella sala di udienzarestò così fuori di sé dalla meravigliache dopo ha raccontato molte volte che non poteva quasi aprir bocca per parlare. Nondimeno si fece coraggio: disse il suo discorso come non si poteva dir meglioe pregò la Principessa di non dargli il dispiacere di doversene tornar via senza di lei.
"Garbato Avvenente"disse la Principessa"le ragioni che mi avete dette sono eccellenti e io sarei contenta di fare un favore a voipiuttosto che a qualunqu'altra personaMa bisogna che sappiate che un mese fa andai a passeggiare colle mie dame di compagnia lungo il fiumee siccome mi fu servita la colazionecosì nel cavarmi il guantomi uscì l'anello dal dito e disgraziatamente cadde nell'acqua. Quest'anello mi è più caro del regno. Lascio immaginare a voi il dispiacere che provai! E ora ho fatto giuro di non dare ascolto a nessuna trattativa di matrimoniose l'ambasciatore che verrà a portarmi lo sposo non mi riporti prima il mio anello. Tocca a voi a decidere su quello che volete fare; perché se duraste a parlarmene quindici giorni e quindici notti in filanon arrivereste mai a farmi cambiare di sentimento."
Avvenente rimase mezzo intontito a questa risposta: le fece una gran riverenza e la pregò di voler gradire il caninoil paniere e la sciarpa; ma essa rispose che non accettava nessun regalo e che pensasse alle cose che gli aveva dette.
Quando fu tornato a casase ne andò a letto senza prendere nemmeno un boccone da cena: e il caninoche si chiamava Capriolettonon volle cenare neanche lui e andò a cucciarsi accanto al padrone.
Tutta la nottequanto fu lungaAvvenente non fece altro che sospirare. "Dove poss'io ripescare un anellocheun mese faè cascato nel fiume?"esso diceva. "Sarebbe una pazzia soltanto a provarsi! Si vede bene che la Principessa lo ha detto apposta per mettermi nell'impossibilità di poterla ubbidire."
E tornava a sospirare e a dare in tutte le smanie. Capriolettoche lo sentivagli disse: "Caro padronefatemi un piacere: non disperate ancora della vostra buona fortuna. Voi siete un giovine troppo carinoper non dover essere fortunato. Appena farà giornoandiamo subito in riva al fiume".
Avvenente gli dette colla mano due buffetti e non rispose sillaba: finché stanco e rifinito dalla passionesi addormentò.
Capriolettoquando vide i primi chiarori dell'albacominciò tanto a sgambettareche lo svegliò e gli disse: "Animopadronevestitevi: e usciamo!".
Avvenente non desiderava di meglio. Si alzasi vestescende nel giardino e dal giardino s'incammina un passo dietro l'altro verso il fiumedove si mette a passeggiare col suo cappello sugli occhi e colle braccia incrociatepensando al brutto momento di dover ripartirequand'ecco che a un tratto sente una voce che lo chiama: "Avvenente! Avvenente!".
Si volta a guardare da tutte le parti e non vede anima viva. Credé di aver sognato. Si rimette a passeggiaree daccapo la solita voce a chiamarlo: "Avvenente! Avvenente!".
"Chi è che mi chiama?"diss'egli.
Capriolettoche era molto piccinoe così poteva guardare nell'acqua a piccolissima distanzagli rispose: "Datemi del bugiardo se non è un Carpionecolor dell'oroquello laggiù in fondo".
Detto fattoun grosso Carpio venne su a fior d'acqua e gli disse:
"Voi mi avete salvato la vita nei prati degli Alzieridove io senza di voi sarei rimasto mortoe vi promisi un ricambio. Pigliatecaro Avvenenteecco qui l'anello della Bella dai capelli d'oro".
Egli si chinò e tirò fuori l'anello dalla gola del Carpio e lo ringraziò a mille doppi.
E invece di tornare a casaandò difilato al palazzoin compagnia di Capriolettoche era contento come una pasqua per aver consigliato il suo padrone a venire sulla sponda del fiume.
Fu annunziato alla Principessa che Avvenente desiderava di vederla.
"Ahimè! povero giovane!"diss'ella"e' vien da me per congedarsi. Avrà capito che ciò che io voglio da lui è impossibilee partirà per andare a raccontarlo al suo padrone."
Avvenenteappena introdottole presentò l'anello dicendo: "Eccoo Principessail vostro comando è stato obbedito: sareste ora tanto compiacente di prendere per vostro sposo il mio augusto padrone?".
Quand'ella vide il suo anellosano e salvo come se non fosse stato toccatorimase meravigliata: ma tanto meravigliatache credeva di sognare.
"Davvero"ella disse"grazioso Avvenente! Si vede proprio che voi avete una fata dalla vostra altrimenti questi miracoli non si fanno."
"Signora"egli replicò"io non so di fate: ma so che ho un gran desiderio di contentare ogni vostra voglia."
"Poiché avete questa buona volontà"ella continuò "rendetemi un altro gran serviziosenza di che non c'è caso che io possa risolvermi a prendere marito. C'è un Principenon lontano di quidetto Galifroneil quale si è messo in testa di volermi sposare. Egli mi ha fatto conoscere la sua intenzione con minacce paurosedicendo che se io non lo vogliometterà lo scompiglio e la desolazione ne' miei Stati. Ma ditemi un po' voise potrei dargli retta. Figuratevi che è un gigante più grande di una gran torre; ed è capace di mangiare un uomo come una scimmia mangerebbe una castagna. Quando va in giro per la campagnasi mette in tasca dei piccoli cannonidei quali poi si serve come se fossero pistole: e quando parla fortefa diventar sorde tutte le persone che gli stanno vicine. Gli mandai a dire che non avevo voglia di maritarmi e che mi scusasse: ma non per questo ha smesso di perseguitarmi: ammazza i miei sudditie prima d'ogni cosa bisogna che voi vi battiate con luie che mi portiate la sua testa."
Avvenente rimase sbalordito da questo discorso: stette un po' soprappensiero; poi disse: "Ebbeneo signora! io mi batterò con Galifrone. Credo che ne toccherò io! A ogni modomorirò da valoroso".
La Principessa restò meravigliatissima: e gli disse un monte di coseper vedere di stornarlo da questa impresa. Ma non valse a nulla. Egli se ne venne viaper mettersi subito in cerca delle armi e di tutto l'occorrente.
Quand'ebbe ciò che volevaripose Caprioletto nel solito panierinomontò sul suo bel cavallo e andò nel paese di Galifrone. A quanti incontrava per viadomandava a tutti notizie di lui: e tutti gli dicevano che era un vero demonioe che faceva spavento soltanto a doverlo avvicinare. Capriolettoper fargli coraggiogli diceva: "Caro padronein quel mentre che vi battereteio anderò a mordergli le gambe: lui si chinerà per levarmi di tra i piedie intanto voi l'ammazzerete".
Avvenente ammirava lo spirito del suo canino: ma sapeva bene che il suo aiuto non sarebbe stato in ragione del bisogno.
Finalmente arrivò in vicinanza del castello di Galifrone: tutte le strade erano seminate d'ossa e di carcasse d'uominiche esso aveva divorati o fatti in pezzi. Né dové aspettarlo molto tempoperché lo vide comparire di dietro al bosco. La sua testa sorpassava gli alberi più altie con una voce spaventosa cantava:
Chi mi porta dei teneri bambini
Da farli scricchiolare sotto il dente?
Ne ho bisogno di tanti e poi di tanti.
Che in tutto il mondo non ce n'è bastanti.
E subito Avvenentea botta e rispostasi messe a cantare:
Fatti avantic'è Avvenente
Che saprà strapparti i denti;
Non è un colosso di figura
Ma di te non ha paura.
Le rime non tornavano precise: ma bisogna riflettere che la strofa la improvvisò in fretta e in furiaed è un miracolo se non la fece anche più bruttaper la paura che gli era entrata in corpo. Quando Galifrone sentì questa rispostasi voltò di qua e di làe vide Avvenente colla spada nel pugno della manoche gli disse per giunta tre o quattro parolacceper farlo andare in bestia più che mai. Non ci mancava altro!
Egli prese una furia così spaventosacheafferrata una mazza tutta di ferroavrebbe ucciso con un colpo solo il delicato Avvenentesenza il caso di un Corvo che venne a posarglisi sulla testa e gli dette negli occhi una beccata così aggiustatache glieli cavò di netto.
Il sangue gli grondava giù per il viso: e infuriato da far paurapicchiava mazzate a diritto e a rovescio. Intanto Avvenentescansandosi a tempogli tirava dei colpi di spadaficcandogliela in corpo fino all'impugnatura: e tanto era il sangueche il gigante perdeva dalle sue molte feriteche finalmente stramazzò per terra.
Avvenente gli tagliò subito la testatutto allegro di avere avuto questa bella fortuna; e il Corvo che s'era posato sul ramo d'un alberogli disse:
"Io non ho dimenticato il servizio che mi rendesteuccidendo l'Aquila che mi dava addosso. Vi promisi di contraccambiarvie credo di aver pagato il mio debito".
"Sono io che vi debbo tuttosignor Corvo"rispose Avvenente"e mi dichiaro vostro buon servitore."
Poi montò subito a cavallocol carico della spaventosa testa di Galifrone.
Quando arrivò in cittàtutta la gente gli andava dietro gridando: "Ecco il bravo Avvenenteche ritorna dall'aver morto il gigante Galifrone" e la Principessache sentiva questo baccano e tremava dalla paura che venissero a dargli la nuova della morte di Avvenentenon aveva fiato di chiedere che cosa fosse avvenuto. Ma in quel punto ella vide entrare Avvenentecolla testa del giganteche metteva ancora spaventoquantunque non potesse più fare alcun male.
"Signora"egli disse"il vostro nemico è morto. Voglio sperare che ora non direte più di no al Remio augusto padrone."
"Ah! senza dubbio"replicò la Bella dai capelli d'oro"che io gli dirò sempre di nose voi prima della mia partenza non trovate il modo di portarmi l'acqua della caverna tenebrosa. C'è quipoco distanteuna grotta profonda che gira più di cento chilometri. Ci stanno sull'ingresso due draghi che ne impediscono l'entrata. Buttano fiamme di fuoco dalla bocca e dagli occhi. Quando poi siamo dentro alla grottasi trova una gran buca nella quale bisogna scendereed è piena di rospidi biacchidi ramarri e di altri serpenti. In fondo a questa buca c'è una piccola nicchiadalla quale scaturisce la fontana della bellezza e della salute: io voglio a tutti i costi di quell'acqua. Ogni cosa che si lava con quell'acqua diventa meravigliosa: se siamo bellesi rimane sempre belle: se bruttesi diventa belle: se siamo giovanisi resta giovani: se vecchiesi ringiovanisce. Vedete benecaro Avvenenteche io non posso lasciare il mio Regnosenza portar meco un poco di quell'acqua lì."
"Signora"egli rispose; "voi siete tanto bellache quest'acqua per voi mi pare affatto inutile: ma io sono un ambasciatore disgraziatodi cui volete la morte. Io vado a cercarvi ciò che voi desideratecolla certezza nel cuore di non tornare più indietro."
La Bella dai capelli d'oro non cambiò per questo di proposito: e il povero Avvenente partì col suo canino Caprioletto per andare alla grotta tenebrosaa cercarvi l'acqua della bellezza.
Tutti quelli che lo incontravano lungo la stradadicevano: "Che peccato vedere un giovane tanto grazioso correre così spensieratamente in bocca alla morte: egli se ne va alla grotta da sé solo: ma quand'anche fossero centonon verrebbero a capo di nulla. Perché la Principessa s'incaponisce a volere l'impossibile?". Egli seguitava a camminaree non diceva parola: ma era tristemolto triste.
Arrivato verso la cima della montagnasi sedette per ripigliar fiatoe lasciò il cavallo a pascere e Caprioletto a correr dietro alle mosche. Egli sapeva che la grotta tenebrosa non era molto distante di làe guardava se per caso l'avesse potuta scoprire; quand'ecco che vide un enorme scoglionero come l'inchiostrodi dove usciva un fumo densissimoe di lì a poco uno dei draghi che buttava fuoco dagli occhi e dalla gola. Il drago aveva il corpo verde e giallodei grossi unghioni e una coda lunghissimache s'attorcigliava in più di cento giri. Caprioletto vide anch'egli ogni cosae non sapeva dove nascondersi: la povera bestia era mezza morta dalla paura.
Avvenentefatto oramai animo di morirecavò fuori la sua spada e s'avviò colla sua boccettache la Bella dai capelli d'oro gli aveva datoper riempirla coll'acqua della bellezza. Egli disse al suo canino Caprioletto:
"Per me è finita! io non potrò mai arrivare a prendere di quest'acquache è custodita dai draghi; quando sarò mortoriempi la boccetta col mio sangue e portala alla Principessaperché ella possa vedere quanto mi costa il servirla: e dopo vai a trovare il Re mio padronee raccontagli la mia disgrazia".
Mentre diceva cosìsentì una voce che lo chiamava: "Avvenente! Avvenente!".
Egli disse: "Chi mi chiama?"e vide un Gufo nel buco d'un albero vecchioche gli disse: "Voi mi avete liberato dalle reti de' cacciatoridov'ero rimasto preso: e mi salvaste la vita. Promisi di rendervi il contraccambioe il momento è giunto. Datemi la vostra boccetta: io conosco tutti gli andirivieni della grotta tenebrosa: anderò io a prendervi l'acqua della bellezza".
Figuratevi se questa cosa gli fece piacere! Lo lascio pensare a voi. Avvenente gli dette subito la sua boccetta e il Gufo entrò nella grottacome sarebbe entrato in casa sua. E in meno d'un quarto d'ora tornò e riportò la boccetta piena e tappata.
Ad Avvenente parve d'aver toccato il cielo con un dito: ringraziò il Gufo dal profondo del cuore erisalita la montagnaprese tutt'allegro la strada che menava alla città.
Andò subito al palazzo e presentò la boccetta alla Bella dai capelli d'orola quale non ebbe più nulla da ridire.
Ella ringraziò Avvenentee diè l'ordine che fosse allestita ogni cosa per la partenza. Poi si messe in viaggio con lui: e strada facendofinì col persuadersi che il giovinetto era molto grazioso; e qualche volta gli diceva: "Se aveste volutovi avrei fatto Re e non saremmo partiti mai dai miei Stati". Ma egli rispose: "Rinunzierei a tutti i troni della terrapiuttosto che dare un dispiacere così forte al mio Re: sebbene voi siate più bella del sole".
Finalmente giunsero alla Capitalee il Resapendo che la Bella dai capelli d'oro stava per arrivareandò a incontrarla e le presentò i più bei regali del mondo.
Furono fatte le nozzee con tanta gala e magnificenzache si durò a discorrerne per un pezzo; ma la Bella dai capelli d'oroche in fondo al cuore era innamorata di Avvenentenon poteva stare senza vederlo e l'aveva sempre sulla bocca.
Ella diceva al Re: "Se non era Avvenenteio non sarei dicerto venuta qui: egli ha fatto per me delle coseda non potersi credere; e voi dovete essergli grato".
Gl'invidiosi che sentivano questi discorsi della Regina andavano dopo bisbigliando al Re: "Voi non siete geloso; eppure avreste motivo di esserlo. La Regina è così innamorata di Avvenenteche non mangia né beve più; essa non fa altro che parlar di lui e della grande riconoscenza che voi dovete avergli: come se chiunque altro aveste mandatonel posto suonon avesse saputo fare altrettanto".
E il Re disse: "Davveroche me ne sono accorto anch'io. Che sia preso subito e imprigionato nella torrecoi ferri ai piedi e alle mani".
Avvenente fu preso ein ricompensa di aver così bene servito il Refu chiuso nella torre coi ferri ai piedi e alle mani. La sola persona che egli vedesseera il guardiano della carcere; il quale gli gettava da una buca un pezzo di pan nero e un po' d'acqua in una ciotola di terra. Ma il suo piccolo Caprioletto non lo abbandonava maie veniva a fargli coraggio e a portargli tutte le nuove che correvano per la città.
Quando la Bella dai capelli d'oro venne a risapere la disgrazia di Avvenenteandò a buttarsi ai piedi del Ree colle lacrime agli occhi lo pregò a farlo levare di prigione. Ma più essa si raccomandavae più il Re s'intristivapensando fra sé e sé: "È segno che ne è innamorata" e così non intendeva né ragioni né preghiere.
Il Re finì col mettersi in testa di non essere abbastanza bello agli occhi della Regina: e gli venne l'idea di lavarsi il viso coll'acqua della bellezzaper vedere se in questo modo gli fosse riuscito di farsi amare un poco di più. Quest'acqua stava sul caminetto nella camera della Reginache la teneva lìper averla sempre sott'occhio; ma una delle sue camerierevolendo ammazzare un ragno con una spazzolatafece cascare disgraziatamente la boccettala quale si ruppee l'acqua se n'andò tutta per la terra. La cameriera ripuli ogni cosa in fretta e furiae non sapendo come rimediarlasi ricordò di aver visto nel gabinetto del Re un'altra boccetta somigliantissima e piena d'acqua chiaratale e quale come l'acqua della bellezza. Non parendo suo fattola prese senza star a dir nulla e la posò sul camminetto della Regina.
L'acqua che era nel gabinetto del Re serviva per far morire i Principi e i grandi Signoriquando ne avevano fatta qualcuna delle grosse. Invece di tagliar loro la testa o impiccarlisi bagnava loro il viso con quest'acqua: e così si addormentavano e non si svegliavano più. Una seradunqueil Re prese la boccetta e si strofinò ben bene il viso. Dopo si addormentò e morì.
Il piccolo Capriolettoche fu uno dei primi a sapere il casoandò subito a raccontarlo ad Avvenenteil quale gli disse di andare di corsa dalla Bella dai capelli d'oro e di pregarla a volersi ricordare del povero prigioniero.
Caprioletto sgattaiolò fra mezzo alle gambe della follaperché alla Corte c'era un gran via-vai e una gran diceria per la morte del Ree disse alla Regina: "Signoranon vi scordate del povero Avvenente".
Ella si rammentò subito di tutti i patimenti che aveva sofferti per leie della sua gran fidatezza.
Uscì senza farne parola con alcunoe andò diritto alla torredove sciolse da se stessa le catene dalle mani e dai piedi d'Avvenente: e mettendogli una corona in capo e un manto reale sulle spalledisse: "Venitemio caro Avvenenteio vi faccio Ree vi prendo per mio sposo".
Egli si gettò ai suoi piedi e la ringraziò: e tutti si chiamarono fortunati di averlo per sovrano. Le nozze furono fatte con grandissima magnificenzae la Bella dai capelli d'oro visse molti anni col suo bell'Avvenentetutti e due felici e contentida non poterselo figurare.
Si vuole che Avvenente lasciasse ai suoi figli un libro di ricordi: un libro curiosoperché aveva tutte le pagine bianchemeno l'ultimasulla quale aveva scritto di proprio pugno le seguenti parole:
"Se per caso qualche povero diavolo ricorre a te per essere aiutatotu aiutalo: né badare com'è vestitoné se abbia viso di persona da poterti rendereun giorno o l'altroil piacere che gli fai.
Sulle opere buone e generose non si mercanteggia mai: né bisogna farle coll'intenzione di ripigliarci sopra il frutto e l'usura.
A ogni modotieni sempre a mente che un benefizio fatto non è mai perduto".



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