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Charles Baudelaire
Paradisi artificiali
DEL VINO E DELL'HASCISC
CONFRONTATI COME MEZZI DI MOLTIPLICAZIONE DELL'INDIVIDUALITÀ
(1851)
I • IL VINO
Un uomo molto famosoe un grande imbecille al tempo stessocose che aquanto pare si accompagnano
perfettamentetanto che mi capiterà senz'altro più di una volta l'amaropiacere di dimostrarloin un libro sulla Tavola
redatto con il duplice criterio dell'igiene e del piacereha osato scriverequanto segue alla voce VINO: «Il Patriarca Noè
passa per essere l'inventore del vino; è un liquore che si fa col fruttodella vigna».
E poi? Poinulla: tutto qui. Sfogliate pure il volume; rigiratelo in tutti isensileggetelo a ritrosoa rovescioda
destra a sinistra e da sinistra a destranon troverete null'altro sul vinonella Fisiologia del gusto dell'illustrissimo e
colendissimo Brillat-Savarin se non: «Il patriarca Noè...» e «èun liquore...».
Suppongo che un abitante della luna o di qualche lontano pianetaviaggiandosulla nostra terra e stanco della
lunghezza del viaggiopensi a rinfrescarsi il palato e a riscaldarsi lostomaco. Ci tiene a conoscere i piaceri e le usanze
del nostro mondo. Ha vagamente inteso parlare di liquori deliziosi con cuigli abitanti di questa palla si procurerebbero
coraggio e allegria a volontà. Per essere più sicuro della propria sceltal'abitante della luna apre l'oracolo del gustoil
celebre e infallibile Brillat-Savarine vi trovaalla voce VINOquestoprezioso ragguaglio: «Il patriarca Noè...» e
«questo liquore si fa...». Il che è essenzialmente digestivo. Il cheè terribilmente esplicativo. È impossibiledopo aver
letto questa frasenon avere un'idea precisa e nitida di tutti i vinidelleloro diverse qualitàdei loro inconvenientidella
loro efficacia sullo stomaco e sul cervello.
Ah! Cari amicinon provatevi a leggere Brillat-Savarin. Dio preservicoloro che ama dalle lettere inutili; è la
prima massima di un piccolo libro di Lavaterun filosofo che ha amato gliuomini più di tutti i magistrati del mondo
antico e moderno. Nessun dolce è stato battezzato con il nome di Lavater; mail ricordo di quest'uomo angelico vivrà
ancora tra i cristianiquando pure gli stessi bravi borghesi avrannodimenticato il Brillat-Savarinspecie di brioscia
insipida il cui minor difetto è di servire da pretesto a una tiritera dimassime scioccamente pedantesche attinte da un
famoso capolavoro.
Se una nuova edizione di questa falsa opera d'arte osasse affrontare il buonsenso dell'umanità moderna
bevitori melanconicibevitori gaivoi tutti che cercate nel vino il ricordoo l'oblioe chenon trovandolo mai
abbastanza completo come lo vorrestenon guardate più il cielo che dalfondo della bottiglia* bevitori dimenticati e
misconosciuticomprereste una copia e ricambiereste il bene per il maleilbeneficio per l'indifferenza?
Apro la Kreisleriana del divino Hoffmanne vi leggo una curiosaraccomandazione. Il musicista coscienzioso
deve servirsi del vino di Champagne per comporre un'opera comica. Vi troveràla gaiezza spumeggiante e leggera che il
genere richiede. La musica religiosa esige vino del Renoo dello Jurançon.Come nell'abisso di idee profondevi è qui
un'amarezza inebriante; ma la musica eroica non può fare a meno del vino diBorgogna. Possiede la foga austera e
l'impeto del patriottismo. Qui andiamo meglio davveroe oltre al sentimentoappassionato di un bevitorevi trovo
un'imparzialità che onora grandemente un Tedesco.
Hoffmann aveva messo a punto un singolare barometro psicologico destinato arappresentargli le diverse
temperature e i fenomeni atmosferici della sua anima. Vi si trovavanosuddivisioni come queste: Spirito leggermente
ironico temperato di indulgenza; spirito di solitudine con profondasoddisfazione di me stesso; gaiezza musicaledivina
esaltazione musicaletempesta musicalebrio sarcastico insopportabile a mestessoaspirazione a uscire dal mio io
oggettività eccessivafusione del mio essere con la natura. È sottintesoche i gradi del barometro morale di Hoffmann
erano fissati secondo il loro ordine di generazionecome nei barometriordinari. Mi sembra che ci sia tra questo
barometro psichico e l'analisi delle qualità musicali dei vini un'evidentefraternità.
Hoffmannquando la morte lo portò viacominciava a guadagnare dei soldi.La fortuna gli sorrideva. Come il
nostro caro e grande Balzacfu soltanto verso la fine della vita che videbrillare l'aurora boreale delle sue più antiche
speranze. A quell'epocagli editoriche si contendevano i suoi racconti peri loro almanacchierano soliti aggiungere al
denaro inviato una cassa di vini di Franciaper entrare nelle sue grazie.
* Béroalde de VervilleMoyen de parvenir. C.B.
II
Profonde gioie del vinochi non vi ha conosciute? Chiunque abbia avuto unrimorso da placareun ricordo da
evocareun dolore da annegareun castello in aria da innalzaretuttiinsommati hanno invocatodio misterioso
nascosto nelle fibre della vigna. Grandi sono gli spettacoli del vinoilluminati dal sole interiore! Vera e ardente questaseconda giovinezza chel'uomo vi attinge! Ma anchequanto temibili le sue folgoranti volontà e i suoisnervanti
incantesimi. E tuttaviaditegiudicilegislatoriuomini di mondovoitutti che la felicità rende mitia cui la fortuna
rende facili la virtù e la saluteditenel vostro animonella vostracoscienzachi avrebbe il coraggio impietoso di
condannare l'uomo che attinge del genio?
Tra l'altroil vino non è sempre questo terribile lottatore sicuro dellapropria vittoriae che ha giurato di non
avere né pietà né mercé. Il vino è simile all'uomo: non si saprà maifino a che punto si può stimarlo e disprezzarlo
amarlo e odiarloné di quante azioni sublimi o di mostruosi misfatti ècapace. Non siamo dunque più crudeli verso di lui
che verso noi stessie trattiamolo come nostro pari.
Talvolta mi sembra di intendere il vino che dice-Parla con la propria animacon quella voce propria degli
spiriti che è intesa solo dagli spiriti.-«Uomomio beneamatovoglio fargiungere fino a tea dispetto della mia prigione
di vetro e dei miei chiavistelli di sugheroun canto pieno di fraternità uncanto pieno di gioiadi luce e di speranza. Non
sono affatto ingrato; so che ti devo la vita. So quanto ti è costato difatica e di sole sulle spalle. Mi hai dato la vitasarai
ricompensato. Ti pagherò largamente il mio debito; perché provo una gioiastraordinaria quando cado in fondo a una
gola alterata dal lavoro. Il petto di un uomo onesto è il soggiorno chepreferisco molto di più delle cantine melanconiche
e insensibili. È una tomba gioiosa dove il mio destino si compie conentusiasmo. Nello stomaco del lavoratore faccio un
gran trambustoe di quida scale invisibiligli salgo al cervello doveeseguo la mia danza suprema.
«Senti agitarsi in me e risuonare i potenti ritornelli dei tempi antichiicanti dell'amore e della gloria? Sono
l'anima della patriasono per metà galanteper metà militare. Sono lasperanza delle domeniche. Il lavoro rende i giorni
prosperiil vino le domeniche felici. Con i gomiti sulla tavolacasalingale maniche rimboccatemi renderai
straordinaria gloria e sarai veramente contento.
«Farò brillare gli occhi della tua anziana mogliela vecchia compagna deituoi dispiaceri quotidiani e delle tue
più antiche speranze. Le renderò tenero lo sguardo e metterò al fondodella sua pupilla il lampo della giovinezza. E al
tuo caro piccinocosì palliduccioa questo piccolo asinello aggiogato allastessa fatica del cavallo da tirorenderò i bei
colori della sua cullae sarò per questo nuovo atleta della vita l'olio cherassodava i muscoli degli antichi lottatori.
«Cadrò al fondo del tuo petto come un'ambrosia vegetale. Sarò il seme chefertilizza il solco dolorosamente
scavato. Il nostro intimo incontro creerà la poesia. In due faremo un solDio e volteggeremo verso l'infinitocome gli
uccellile farfallei fili di ragno dei campii profumi e tutto ciò cheè alato».
Ecco cosa canta il vino nel suo misterioso linguaggio. Guai a colui il cuicuore egoista e sordo ai dolori dei
fratelli non ha mai inteso questa canzone!
Ho spesso pensato chese Gesù Cristo comparisse oggi sul banco degliimputatici sarebbe qualche
procuratore pronto a dimostrare che il suo caso è aggravato dalla recidiva.Quanto al vinoè sempre recidivo. Tutti i
giorni ripete i propri benefici. Il che spiega perché i moralisti gli siaccaniscono contro. Quando dico moralistiintendo
gli pseudomoralisti farisei.
Ma ecco ben altro. Scendiamo un po' più in giù. Contempliamo uno di quegliesseri misteriosiche vivono per
così dire dei rifiuti delle grandi città; perché esistono ben stranimestieri. Il numero è immenso. A volte ho pensato con
terrore come esistessero mestieri che non comportano nessuna gioiamestierisenza piacerefatiche senza sollievo
dolori senza compensazione. Mi sbagliavo. Ecco un uomo incaricato diraccogliere i rifiuti di una giornata della
capitale. Tutto ciò che la grande città ha gettatoha perdutohadisdegnatoha frantumatolo catalogalo colleziona.
Esamina gli archivi della dissolutezzail cafarnao dei rifiuti. Vagliasceglie con intelligenza; raccogliecome un avaro
un tesorole immondizie cherimasticate dalla divinità dell'Industriadiverranno oggetti di utilità o di godimento.
Eccolo mentrenell'ombra luminosa dei fanali tormentati dal vento dellanotterisale una delle lunghe vie tortuose e
popolate di piccole famiglie della collina di Sainte Geneviève. È rivestitodel suo scialle di vimini con il numero sette.
Avanza dondolando la testa inciampando sul selciatocome i giovani poeti chepassano l'intera giornata a vagabondare
e a cercare una rima. Parla da solo; versa la propria anima nell'aria freddae tenebrosa della notte. È uno splendido
monologo che fa impallidire le tragedie più liriche. «Avantimarch!divisionetestaarmata!». Proprio come Bonaparte
che sta morendo a Sant'Elena! Sembra che il numero sette si sia mutatoin scettro di ferroe lo scialle di vimini in
mantello imperiale. Ora ossequia l'armata. La battaglia è vintama lagiornata è stata calda. Passa a cavallo sotto archi
di trionfo. Il suo cuore esulta. Ascolta con voluttà le acclamazioni di unmondo entusiasta. Fra poco detterà un codice
superiore a tutti i codici conosciuti. Giura solennemente che darà lafelicità ai suoi popoli. La miseria e il vizio sono
scomparsi dall'umanità.
Eppure ha schiena e reni scorticati dal peso della gerla. È logorato dalleangustie domestiche. Porta la traccia di
quarant'anni di dispiaceri e di sfinimenti. L'età lo tormenta. Ma il vinocome un novello Pactolofa scorrere attraverso
l'umanità sofferente un oro intellettuale. Come i buoni reregna con i suoibenefici e canta le sue imprese con l'ugola dei
suoi sudditi.
C'è sulla sfera terrestre un'innumerevole folla senza nomele cuisofferenze il sonno non placherebbe
abbastanza. Il vino compone per lei canti e poemi.
Molti mi troveranno senz'altro troppo indulgente«Voi rendete innocentel'ubriachezzaidealizzate la crapula».
Ammetto che di fronte ai benefici non ho il coraggio di calcolare i torti.D'altra parte ho detto che il vino era
assimilabile all'uomoed ho concesso la parità ai loro crimini e alle lorovirtù. Posso far meglio? D'altronde ho un'altra
idea. Se il vino scomparisse dai prodotti umanicredo che nella salute enell'intelletto del pianeta si creerebbe un vuoto
un'assenzaun difetto molto più terribile che tutti gli eccessi e ledeviazioni di cui il vino è accusato. Non è ragionevole
pensare che chi non beve mai vinoingenuo o abitudinariosia imbecilleoipocrita; imbecilleovvero chi non conoscené l'umanità né la naturaunartista che respinge i mezzi tradizionali dell'arte; un operaio che bestemmia lamacchina;
ipocritaovvero goloso che si vergognamillantatore della sua sobrietàche beve in segreto e che ha qualche vino
nascosto? Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere ai propri simili.
Giudicate voi: alcuni anni faa una mostra di pitturala folla degliimbecilli si commosse davanti a un quadro
levigatolustroverniciato come un oggetto d'industria. Era l'antitesiassoluta dell'arte; stava alla Cucina di Drolling
come la follia all'imbecillitài seguaci all'imitatore. In questa pitturamicroscopica si vedevano volare le mosche. Come
tuttiero attirato da questo mostruoso oggetto; ma mi vergognavo di questasingolare debolezzaperché era l'irresistibile
attrazione per l'orrido. Alla finemi accorsi che a mia insaputa eroattirato da una curiosità filosofical'immenso
desiderio di sapere quale poteva essere il carattere morale dell'uomo cheaveva partorito una tanto criminale
stravaganza. Scommisi con me stesso che doveva essere profondamente malvagio.Feci prendere informazionie il mio
istinto ebbe il piacere di vincere questa scommessa psicologica. Seppi che ilmostro si alzava regolarmente all'albache
aveva rovinato la sua domesticae che non beveva altro che latte!
Ancora uno o due aneddotie potremo stabilire un dogma. Un giornosu unmarciapiedevedo un capannello
di persone; riesco a sollevare gli occhi sopra le spalle dei curiosi ed eccocosa vedo: un uomo steso per terrasulla
schienagli occhi spalancati e fissi al cieloun altro uomoin piedidavanti a luiche t gli parla solo con i gestimentre
l'uomo a terra gli risponde solo con gli occhitutti e due animati dameraviglioso affetto. I gesti dell'uomo in piedi
dicevano all'intelligenza di quello disteso: «Vienivieni ancoralafelicità è qui a due passivieni all'angolo della strada.
Non abbiamo completamente perduto di vista la riva del dolorenon siamoancora nel mare aperto del sogno; coraggio
amicoandiamodi' alle tue gambe di soddisfare il tuo pensiero».
Tutto ciò fra tentennamenti e dondolii armoniosi. L'altro era certo arrivatonel mare aperto (d'altronde
navigava nel rigagnolo)perché il suo sorriso estatico rispondeva: «Lasciain pace il tuo amico. La riva del dolore è
sufficientemente scomparsa dietro le benefiche nebbie; non ho più nulla dachiedere al cielo del sogno». Credo anche
d'avere inteso sfuggire dalla sua bocca una frase vagao piuttosto unsospiro vagamente formulato in parole: «Bisogna
essere ragionevoli». Questo è il culmine del sublime. Ma nell'ubriachezzac'è dell'iper-sublimecome vedrete. L'amico
sempre pieno di indulgenza si avvia da solo alla bettolapoi torna con unacorda in mano. Certo non poteva sopportare
l'idea di navigare da solo e da solo inseguire la felicità; è per questoche veniva a prendere il suo amico in carrozza. La
carrozzaè la corda; gliela passa intorno alle reni. L'amicodistesosorride: ha senz'altro capito questa materna
intenzione. L'altro fa un nodo; poi si mette al passocome un cavallo docilee discretoe trasporta il suo amico fino
all'incontro con la felicità. L'uomo trasportatoo piuttosto trascinatospazzando il selciato con la schienacontinua a
sorridere di un sorriso ineffabile.
La folla è stupefatta; perché ciò che è troppo bellociò che oltrepassale forze poetiche dell'uomo crea più
sorpresa che commozione.
C'era un uomouno Spagnoloun chitarrista che viaggiò a lungo con Paganini;questo accadeva nel tempo
anteriore alla grande gloria ufficiale di Paganini.
Insieme vivevano la vita vagabonda degli zingaridei musicisti ambulantidella gente senza patria né famiglia.
Tutti e dueviolino e chitarradavano concerti ovunque passassero. Cosìhanno girato per parecchio tempo in diverse
contrade. Il mio Spagnolo aveva tanto talentoda poter dire come Orfeo:«Sono il signore della natura».
Ovunquepassassepizzicando le cordee facendole vibrare armoniosamentesotto il polliceera sicuro d'essere
seguito da una folla. Con un simile segreto non si muore mai di fame. Loseguivano come Gesù Cristo. Come rifiutare
cibo e ospitalità all'uomoal genioallo stregoneche ha fatto cantarealla vostra anima le arie più bellele più segrete
più ignotepiù misteriose! Mi hanno assicurato che quest'uomo ottenevafacilmente suoni continui da uno strumento
che non produce il se non suoni successivi. Paganini teneva la borsaeraresponsabile della cassa comunecosa che non
meraviglierà nessuno.
La borsa viaggiava sulla persona dell'amministratore; a volte era in altoavolte in bassooggi negli stivali
domani tra due cuciture dell'abito. Quando il chitarristache era un granbevitorechiedeva come stesse la situazione
finanziariaPaganini era come quei vecchi che temono di restar senza. LoSpagnolo fingeva di crederciegli occhi fissi
all'orizzonte della stradapizzicava e tormentava la sua inseparabilecompagna. Paganini camminava dall'altro lato della
strada. Era un accordo reciprocofatto per non darsi fastidio. Cosìciascuno studiava e lavorava camminando.
Poiarrivati in un luogo che offriva qualche possibilità di guadagnounodei due suonava una delle proprie
composizionie l'altro improvvisava accanto a lui una variazioneunaccompagnamentoun sottofondo. Nessuno saprà
mai ciò che c'è stato di gioia e di poesia in questa vita di trovatori. Silasciarononon so perché. Lo Spagnolo viaggiò da
solo. Una seraarriva in una piccola città del Giura; fa affiggerel'annuncio di un concerto in una sala comune. Il
concertoè luinient'altro che una chitarra. S'era fatto conoscerepizzicando le corde in qualche caffèe c'era qualche
musicista in città che era stato colpito da questo strano talento. Alla finevennero in molti.
Il mio Spagnolo aveva scovato in un angolo della cittàvicino al cimiteroun altro Spagnoloun compaesano.
Questi era una specie di imprenditore funebreun marmista che fabbricavatombe. Come tutte le persone che fanno un
mestiere funebrebeveva forte. Così la bottiglia e la patria comune licondussero lontano; il musicista non abbandonò
più il marmista. Il giorno stesso del concertogiunta l'oraerano insiemema dove? Era ciò che occorreva sapere. Si
perlustrarono tutte le bettoletutti i caffè della città. Alla fine fuscovato col suo amicoin un tugurio indescrivibile
completamente ubriacoe l'altro anche. Seguirono scene analoghealla Kean ealla Frédérick. Infine acconsente ad
andare a suonarema eccolo catturato da un'idea improvvisa: «Tu suoneraicon me»dice al suo amico. Questi rifiuta;
possedeva un violinoma lo suonava come il più spaventoso dei menestrelli.«Suoneraioppure non suono neanch'io».Non ci furono prediche o buone ragioniche tenessero: bisognò cedere. Eccoli sul podiodavanti al fior fiore
della borghesia del luogo. «Portate del vino»disse lo Spagnolo. Ilbecchinoche era conosciuto da tuttima certo non
come musicistaera troppo ubriaco per vergognarsi. Portato il vinonon siha più pazienza di stappare le bottiglie. I miei
due mascalzoni le ghigliottinano a colpi di coltellocome le personemaleducate. Pensate che bell'effetto sulla provincia
in ghingheri! Le signore si allontananoe davanti a quei due ubriachiaquei due mezzi-mattimolta gente scappò
disgustata.
Ma la indovinarono quelli cui il pudore non spense la curiosità e che ebberoil coraggio di restare. «Comincia»
dice il chitarrista al marmista. È impossibile esprimere quale genere disuoni uscì dal violino ubriaco; Bacco in delirio
che tagliava la pietra con una sega. Cosa suonòo cosa tentò a suonare?Poco importala prima aria che gli capitò a tiro.
Tutt'a un trattouna melodia energica e soavecapricciosa e unica nellostesso tempoavvolgesoffocaspegne
dissimula lo stridulo baccano. La chitarra canta così alto che il violinonon si sente più. Eppure è proprio l'arial'aria
avvinazzata che il marmista aveva intonato.
La chitarra si esprime con una sonorità dilatata; chiacchieracantadeclama con un brio straordinarioe una
sicurezzauna purezza di dizione inaudite. La chitarra improvvisava unavariazione sul tema del violino alla cieca. Si
lasciava guidare da lui e vestiva con splendore e tenerezza materna la tenuenudità dei suoi suoni. Il lettore comprenderà
che è un fatto indescrivibile un testimone vero e serio mi ha raccontato lacosa. Il pubblico alla fine era più ubriaco di
lui. Lo Spagnolo fu festeggiatoossequiatosalutato da un immensoentusiasmo. Ma senza dubbio il carattere della
gente locale gli dispiacque; perché fu l'unica volta che acconsentì asuonare.
E adesso dov'è? Qual è il sole che ha contemplato i suoi ultimi sogni?Quale terra ha ricevuto le sue spoglie di
cittadino del mondo? Quale fosso ha accolto la sua agonia? Dove sono iprofumi inebrianti dei fiori scomparsi? Dove i
colori fatati degli antichi tramonti?
III
Non vi ho insegnato nulla di nuovo. Il vino è conosciuto da tutti; amato datutti. Quando ci sarà un vero
medico filosofocosa che non si prevedepotrà fare un poderoso studio sulvinouna sorta di doppia psicologia di cui
uomo e vino compongono i due termini. Spiegherà come e perché certe bevandepossiedono la facoltà di aumentare
oltre misura la personalità dell'essere pensantee di creareper cosìdireuna terza personaoperazione misticadove
l'uomo naturale e il vinoil dio animale e il dio vegetalegiocano il ruolodel Padre e del Figlio nella Trinità; generano
uno Spirito Santoche è l'uomo superioreche procede egualmente daentrambi.
Ci sono alcuni per cui lo sgranchirsi del vino è così potenteche le gambedivengono più ferme e l'orecchio
straordinariamente fine. Ho conosciuto un individuo la cui debole vistaritrovava nell'ubriachezza tutta la sua acuta
forza primitiva. Il vino trasforma la talpa in aquila.
Un vecchio scrittore sconosciuto ha detto: Nulla eguaglia la gioia dell'uomoche bevese non la gioia del vino
di essere bevuto. Infattiil vino gioca un ruolo intimo nella vitadell'umanitàcosì intimoche non sarei stupito se alcuni
spiriti ragionevolisedotti da un'idea panteisticagli attribuissero unaspecie di personalità. Il vino e l'uomo mi danno
l'impressione di due lottatori amiciche si combattono senza tregua e chesempre si riconciliano. Il vino abbraccia
sempre il vincitore.
Ci sono ubriachi cattivisi tratta di persone naturalmente cattive. L'uomomalvagio diviene esecrabilecome il
buono diviene eccellente.
Parlerò tra poco di una sostanza di moda da qualche annospecie di drogadeliziosa per una certa categoria di
dilettantii cui effetti sono ben più folgoranti e potenti di quelli delvino. Ne descriverò con cura tutti gli effettipoi
illustrando di nuovo la diversa efficacia del vinoconfronterò questi duemezzi artificialiattraverso cui l'uomo
esasperando la sua personalità creain se stessoper così direunaspecie di divinità.
Mostrerò gli inconvenienti dell'hasciscil cui difetto minimomalgrado gliignoti tesori di benevolenza che fa
germinare in apparenza nel cuoreo piuttosto nel cervello dell'uomoil cuiminimo difettodicoè di essere antisociale
mentre il vino è profondamente umanoe quasioserei direuomo d'azione.
IV • L'HASCISC
Quando si fa la raccolta della canapaavvengono talvolta strani fenomeni neilavoratori maschi e femmine. Si
direbbe | che dalla messe si levi non so quale spirito che dà vertiginichecircola intorno alle gambe e sale
maliziosamente fino al cervello. La testa del mietitore è piena di ebbrezzaaltre volte è carica di sogni. Le membra si
indeboliscono e rifiutano il lavoro. Del restosono capitati a me fenomenianaloghi quandobambinogiocavo e
rotolavo tra i mucchi di erba medica.
Si è cercato di estrarre dell'hascisc dalla canapa di Francia. Finora tuttii tentativi sono stati inutilie gli
arrabbiati che vogliono a ogni costo procurarsi magici godimentihannocontinuato a servirsi dell'hascisc che avevaattraversato il Mediterraneofattocioè con canapa indiana o egiziana. La composizione dell'hascisc si ottiene daun
decotto di canapa indianadi burro e di una piccola quantità di oppio.
Ecco una marmellata verdesingolarmente odorosatalmente odorosa cheprovoca una certa repulsionecome
farebbedel restoogni odore sottile portato alla sua massima forza e percosì dire densità. Prendetene una quantità
grande come una noceriempitene un cucchiainoe possedete la felicità; lafelicità assoluta con tutte le ebbrezzetutte le
follie della gioventùe anche le sue infinite beatitudini. Ecco lafelicitàsotto forma di una piccola porzione di
marmellata; prendetene senza pauranon si muore; gli organi fisici non nericevono nessun grave inconveniente. Forse
la vostra volontà ne sarà sminuitama questo è un altro discorso.
Generalmente per dare all'hascisc tutta la sua forza e intensitàbisognastemperarlo nel caffè nero molto caldo
e prenderlo a digiuno; il pranzo è rinviato alle dieci o a mezzanotte; èpermessa solo una minestra molto leggera.
Un'infrazione a questa regola così sempliceprovocherebbe o il vomitopoiché il pranzo litigherebbe con la drogao
l'inefficacia dell'hascisc. Molti ignoranti o imbecilli che si comportanocosìaccusano l'hascisc di impotenza.
Appena ingerita la piccola drogaoperazione chedel restorichiede unacerta risoluzioneperchécome ho già
dettola mistura ha un odore così forte che causa ad alcuni conati divomitovi troverete immediatamente in uno stato
ansioso. Avete vagamente inteso parlare dei meravigliosi effettidell'hasciscla vostra immaginazione si è fatta un'idea
particolareun'idea di ebbrezzae non vedete l'ora di sapere se la realtàse il risultato sarà adeguato alla vostra
aspettativa. Il tempo che si interpone tra l'assunzione della bevanda e iprimi sintomi varia secondo i temperamenti e
anche secondo l'abitudine. Le persone che conoscono e praticano l'hasciscsentono talvoltain capo a una mezz'orai
primi sintomi del suo effetto.
Ho dimenticato di dire chesiccome l'hascisc causa nell'uomoun'esasperazione della personalità e parimenti
una viva percezione delle circostanze e degli ambienticonverrebbe nonsottoporsi alla sua azione se non in ambienti e
circostanze favorevoli. Come ogni gioiaogni benessere si manifestanodilataticosì ogni doloreogni angoscia sono
immensamente profondi. Se dovete sbrigare qualche faccenda spiacevolese ilvostro spirito propende allo spleense
avete una cambiale da pagarenon fate da soli una simile esperienza. L'hodettol'hascisc non si concilia con l'azione.
Non consola come il vino; non fa che sviluppare oltre misura la personalitàumana nelle circostanze in cui si trova al
momento. Per quanto possibileoccorre un bell'appartamento o un belpaesaggiouno spirito libero e spigliatoe alcuni
complici il cui temperamento intellettuale sia vicino al vostro; e perchénoanche un po' di musica.
Per la maggior parte del tempoi novizialla loro prima iniziazionesilamentano della lentezza degli effetti. Li
aspettano con ansiae poiché ciò non avviene abbastanza in fretta comevorrebberodiventano spavaldi e increduli
tanto da divertir molto chi è pratico della cosa e conosce l'azionedell'hascisc. Non c'è nulla di più comico che veder
apparire e moltiplicarsi i primi attacchi nel bel mezzo di questaincredulità. All'inizio L una certa sciocca e irresistibile
ilarità si impadronisce di voi. Le parole più volgarile idee piùsemplici prendono una fisionomia bizzarra e nuova.
Questa allegria è proprio insopportabile anche a voi che la provate; ma èinutile opporsi. Il demone vi ha invaso; tutti gli
sforzi che farete per resistere non serviranno che ad accelerare ilprogredire del male. Ridete della vostra stupidità e
della vostra follia; i vostri compagni vi ridono sotto il nasoe non cel'avete con loroperché la benevolenza comincia a
manifestarsi.
Questa languida allegriaquesto malessere nella gioiaquesta insicurezzaquesto oscillare dell'alterazione dura
generalmente poco. Capita talvolta che persone totalmente incapaci di faregiochi di paroleimprovvisino interminabili
sfilze di calemboursassociazioni di idee del tutto improbabiliefatte per sviare i più abili maestri di quest'arte bislacca.
In pochi minuti i nessi delle idee divengono così vaghii fili che tengonouniti i vostri concetti sono così tenuiche
possono capirvi soltanto i vostri complicii vostri correligionari. I vostrifolleggiamentii vostri scoppi di risa appaiono
il colmo della stupidità a chiunque non sia nel vostro stesso stato.
La saggezza di questo infelice vi diverte oltre misurail suo sangue freddovi spinge agli ultimi confini
dell'ironia; vi appare il più folle e il più ridicolo di tutti gli uomini.Quanto ai vostri compagnivi intendete
perfettamente con loro. Ben presto vi intendete solo con gli occhi. Ineffetti è una situazione abbastanza comica quella
di uomini che godono di un'allegria incomprensibile per chi non si trova neiloro stesso mondo. Hanno una profonda
compassione di lui. Da quel momentol'idea di superiorità avanzaall'orizzonte del vostro intelletto. Presto crescerà
smisuratamente.
In questa prima fasesono stato testimone di due scene abbastanzagrottesche. Un celebre musicistache
ignorava le proprietà dell'hascisce forse non ne aveva mai sentitoparlarecapita in un gruppo in cui quasi tutti ne
avevano preso. Si tenta di fargli capire i suoi meravigliosi effetti. Egliride con garbocome un uomo che si presta per
qualche istanteproprio per spirito di buona creanzaperché è educato. Siride molto; perché l'uomo che ha preso
l'hascisc è dotatoin un primo momentodi una meravigliosa intelligenzadel comico. Gli scoppi di risagli
incomprensibili eccessigli inestricabili giochi di parolei gesti barocchicontinuano. Il musicista dichiara che questa
imitazione caricaturale di artisti è goffache d'altra parte dev'esserefaticosa per gli autori.
La gioia aumenta: «Questa imitazione caricaturale è forse buona per voinon per me»dice. «Basta che sia
buona per noi»replica egoisticamente uno dei malati. Scoppi di risainterminabili riempiono la sala. Il mio uomo si
arrabbia e vuole andarsene. Qualcuno chiude la porta e nasconde la chiave. Unaltro si inginocchia davanti a luie
piangendo gli dichiaraa nome di tutta la combriccolachese sono commossie profondamente impietositi per lui e per
la sua inferioritànondimeno saranno animati da eterna benevolenza.
Lo si supplica di suonare della musicae lui si rassegna. Appena il violinos'era fatto sentirei suoni
diffondendosi nell'appartamentoavvincevano a caso qualcuno dei malati. Nonsi udivano che sospiri profondisinghiozzigemiti lacerantitorrenti dilacrime. Il musicistascossosi interrompecrede di essere in una casa difolli. Si
avvicina a quello la cui beatitudine faceva più chiasso; gli chiede sesoffre molto e ciò che bisognerebbe fare per dargli
sollievo. Uno spirito positivoche neppure lui aveva assaggiato la beatificadrogapropone della limonata e qualcosa di
acido. Il malatocon l'estasi negli occhilo guarda con sprezzo indicibile;è il suo orgoglio che lo salva dalle ingiurie più
gravi. Difatticosa c'è di più adatto a esasperare un malato di gioia senon volerlo guarire?
Eccosecondo meun fenomeno estremamente curioso: una domesticaincaricatadi portare tabacco e bibite
fresche a persone ebbre di hasciscvedendosi circondata da gente bizzarrada pupille smisuratamente dilatatee come
circuita da un'atmosfera malsanada una follia collettivapresa da uninsensato scoppio di risalascia cadere il vassoio
che si rompe con tutte le tazze e i bicchierie fugge spaventata a gambelevate. Tutti si mettono a ridere. Il giorno dopo
ha confessato di aver provato per parecchie ore qualcosa di singolared'essersi sentita tutta stranatutta non so come.
Eppure non aveva assunto hascisc.
La seconda fase si preannunzia con una sensazione di freddo alle estremitàuna grande debolezza; avetecome
si dicemani di pastauna pesantezza di testa e uno stordimento generale intutto il vostro essere. Gli occhi si dilatano
sono come afferratiin tutti i sensida un'estasi implacabile. Il volto siriempie di palloree diviene livido e verdastro.
Le labbra si contraggonosi accorciano e sembrano voler ritirarsiall'interno. Vi sfuggono dal petto sospiri rochi e
profondicome se la vostra antica natura non potesse sopportare il peso diquella nuova. I sensi acquistano un'acutezza e
un'intensità straordinarie. Gli occhi squarciano l'infinito. L'orecchiocoglie i suoni più impercettibili in mezzo ai rumori
più acuti.
Le allucinazioni cominciano. Gli oggetti esterni assumono apparenzemostruose. Vi si rivelano sotto forme
prima sconosciute. Poi si deformanosi trasformanoe infine entrano nelvostro essereo meglio voi entrate in loro. Si
compiono le più singolari ambiguitàle più inesplicabili trasposizioni diidee. I suoni hanno un colorei colori una
musica. Le note musicali sono numeri e risolvete con rapidità fulminea viavia che la musica fluisce nel vostro orecchio
calcoli aritmetici che hanno del prodigio. Siete seduti e fumate; credete diessere seduti sulla vostra pipae siete voi che
la vostra pipa fuma; siete voi che vi esalate sotto forma di nuvoleazzurrognole.
Vi trovate beneuna sola cosa vi preoccupa e vi inquieta. Come farete aduscire dalla vostra pipa? Questa
fantasia dura un'eternità. Con grande sforzo un intervallo di lucidità vipermette di guardare il pendolo. L'eternità è
durata un minuto. Siete presi in un'altra corrente di idee; sarete presi perun minuto nel suo vivente gorgoe questo
minuto sarà ancora una eternità. Le proporzioni del tempo e dell'esseresono disturbate dall'innumerevole moltitudine e
dall'intensità delle sensazioni e delle idee. Si vivono parecchie vited'uomo nello spazio di un'ora. È proprio questo il
soggetto di La peau de chagrin. Non c'è più equazione tra organi egodimento.
Di tanto in tanto la personalità scompare. L'oggettività che rendepanteistici certi poeti e i grandi attori diviene
tale che vi confondete con gli esseri esterni. Eccovi albero mugghiante alventomentre racconta alla natura melodie
vegetali. Ora vi librate nell'azzurro del cielo immensamente dilatato. Ognidolore è scomparso. Non lottate piùsiete
trasportatinon siete più padrone di voi stessi e non vi affliggete. Frapoco l'idea del tempo scomparirà completamente.
Ancoradi tanto in tantoun breve risveglio. Vi sembra di uscire da unmondo meraviglioso e fantastico. Manteneteè
verola facoltà di osservarvie domani avrete conservato il ricordo dialcune delle vostre sensazioni. Maquesta facoltà
psicologicanon potete applicarla. Vi sfido a temperare una penna o unamatita; sarebbe una fatica che supera le vostre
forze.
Altre volte la musica vi racconta poemi infinitivi introduce in drammispaventosi o fatati. Si associa con gli
oggetti che sono sotto i vostri occhi. I dipinti del soffittopur mediocri obruttisi animano di una vita terribile. L'acqua
limpida e incantatrice scorre nel prato che trema. Le ninfe dalle carniradiose vi guardano con grandi occhi più limpidi
dell'acqua e dell'azzurro. Vi collochereste nelle più mediocri pitturenelle più volgari tappezzerie delle locande.
Ho notato che l'acqua assumeva un fascino pauroso per tutte le menti un pocoartistiche illuminate dall'hascisc.
Le acque correntii getti d'acquale cascate armoniosel'azzurraimmensità del marescorronodormonocantano nel
profondo del vostro spirito. Forse non sarebbe bene lasciare un uomo in talestato sul bordo di un'acqua limpida; come il
pescatore della ballatasi lascerebbe forse trascinare nell'abissodall'Ondina.
Verso la fine della seratasi può mangiarema l'operazione non si svolgesenza fatica. Ci si trova così al di
sopra dei fatti materiali che certamente si preferirebbe restare sdraiatilunghi distesi nel fondo del proprio paradiso
intellettuale. Alcune volteperòl'appetito si sviluppa in modostraordinario; ma ci vuole grande coraggio per muovere
una bottigliauna forchettaun coltello.
La terza fasedistinta dalla seconda per un acutizzarsi della crisiperun'ebbrezza vertiginosa seguita da un
nuovo malessereè qualcosa di indescrivibile. È ciò che gli orientalichiamano kief; è la felicità assoluta. Non è più
qualcosa di turbinoso e tumultuoso. Tutto è impassibile e quieto. È unabeatitudine calma e immobile. Ogni problema
filosofico è risolto. Tutte le ardue questioni contro le quali si ingegnanoi teologi e che fanno la disperazione
dell'umanità razionalesono limpide e chiare. Ogni contraddizione èdivenuta unità. L'uomo è divenuto dio.
C'è in voi qualcosa che dice: «Tu sei superiore a tutti gli uomininessunocapisce ciò che pensiciò che adesso
senti. Sono perfino incapaci di capire l'immenso amore che provi per loro. Manon bisogna odiarli per questo; è
necessario avere pietà di loro. Un mondo immenso di felicità e di virtùs'apre davanti a te. Nessuno saprà mai a quale
grado di virtù e di intelligenza sei giunto. Vivi nella solitudine del tuopensieroed evita di affliggere gli uomini».
Uno degli effetti più grotteschi dell'hascisc è il timorespinto fino allapiù meticolosa maniadi affliggere
chiunque. Mascherereste anchese ne aveste la forzalo stato fuor di naturain cui vi trovateper non causare
inquietudine all'ultimo degli uomini.In questo stato supremol'amorenellementi tenere e artisticheassume le forme più singolari e si presta alle
più barocche combinazioni. Uno sfrenato libertinaggio può unirsi a unsentimento di paternità ardente e affettuosa.
La mia ultima osservazione non sarà la meno curiosa. Quandoil mattinodopovedete che il giorno ha
occupato la vostra stanzala prima sensazione sarà di profondo stupore. Iltempo era completamente scomparso. Poco fa
era la notteora è il giorno. «Ho dormitoo non ho dormito? La miaebbrezza è forse durata tutta la notteeannullata la
nozione del tempol'intera notte non ha avuto per me che il valore di unsecondo? oppuresono stato avvolto nelle
ombre di un sonno pieno di visioni?». È impossibile saperlo.
Vi sembra di provare un benessere e una meravigliosa leggerezza di spirito;nessuna fatica. Appena siete in
piediperòecco che un vecchio strascico di ebbrezza si manifesta. Levostre deboli gambe vi conducono con timidezza
temete di rompervi come un oggetto fragile. Un profondo languoreche nonmanca di fascinosi impossessa del vostro
animo. Siete incapaci di lavoro e di energia nell'azione.
È la meritata punizione dell'empia prodigalità con cui avete fatto un cosìgrande dispendio di fluido nervoso.
Avete gettato la vostra personalità ai quattro ventie adesso fate fatica araccoglierla e a concentrarla.
V
Non voglio affermare che l'hascisc produca su qualsiasi persona tutti glieffetti che ho descritto. Ho raccontato
pressappoco i fenomeni che generalmente si produconosalvo qualche variantenelle menti artistiche e filosofiche. Ma
ci sono temperamenti nei quali questa droga sviluppa solo una folliarabbiosauna violenta allegria simile alla vertigine
alle danzeai saltial battito frenetico dei piediagli scoppi di risa.Sono dominatiper così dire da un hascisc tutto
materiale. Sono insopportabili agli spiritualisti che li trattano con grandecompassione. La loro volgare personalità fa
scalpore. Ho visto una volta un magistrato rispettabileun uomo d'onorecome dicono di sé stesse le persone di mondo
uno di quegli uomini la cui serietà artificiale impressiona sempremettersiimprovvisamentenel momento in cui
l'hascisc dilagò in luia ballare un cancan dei più indecenti. Ilmostro interiore e veritiero si rivelava. Quell'uomo che
giudicava le azioni dei suoi similiquesto Togatus aveva imparato il cancandi nascosto.
Così si può affermare che questa impersonalitàquesto oggettivismo di cuiho parlatoe che altro non è che lo
sviluppo eccessivo dello spirito poeticonon si troverà mai nell'hascisc diqueste persone.
VI
In Egittoil governo proibisce la vendita e il commercio dell'hasciscalmeno all'interno del paese. Gli infelici
che nutrono questa passione vanno dal farmacista a prendere la loro piccoladose già preparatacol pretesto di comprare
un'altra droga. Il governo egiziano ha davvero ragione. Mai uno Statoragionevole potrebbe reggersi con l'uso
dell'hascisc. Esso non crea né dei guerrieri né dei cittadini. In effettiè proibito all'uomopena il decadimento e la morte
intellettualeguastare le condizioni primordiali della sua esistenzaerompere l'equilibrio tra le proprie facoltà e
l'ambiente. Se esistesse un governo che avesse interesse a corrompere i suoisudditinon avrebbe che da incoraggiare
l'uso dell'hascisc.
Si dice che questa sostanza non causa nessun male fisico. È veroalmenofinora. Giacché non so fino a qual
punto si possa dire che un uomoche non facesse che sognare e fosse incapacedi azione stia benequand'anche tutte sue
membra fossero in buono stato. Ma è la volontà che è minataed èl'organo più prezioso. Un uomo che può procurarsi
all'istantecon un cucchiaio di marmellatatutti i beni del cielo e dellaterranon ne acquisterà mai la millesima parte
con il lavoro. Bisogna innanzitutto vivere e lavorare.
Mi è venuta l'idea di parlare del vino e dell'hascisc nello stesso articoloperché in effetti c'è in loro qualcosa di
comune: l'eccessivo sviluppo poetico dell'uomo. L'inclinazione freneticadell'uomo per tutte le sostanzesalutari o
rischioseche esaltano la sua personalitàtestimonia della sua grandezza.Perché aspira sempre a riaccendere le proprie
speranze e a elevarsi verso l'infinito. Ma bisogna vedere i risultati. Eccoun liquore che attiva la digestionefortifica i
muscoli e arricchisce il sangue. Preso anche in gran quantitànon causa chedisordini momentanei. Ecco una sostanza
che interrompe le funzioni digestiveche indebolisce le membra e che puòcausare un'ebbrezza di ventiquattr'ore. Il vino
esalta la volontàl'hascisc l'annienta. Il vino è un supporto fisicol'hascisc è un arma per il suicidio. Il vino rende buoni
e socievoli. L'hascisc isola. L'unoper così dire è operosol'altro èessenzialmente pigro. Per che cosainfattilavorare
faticarescriverefabbricare qualsiasi cosaquando si può in un soloistante conquistare il paradiso? Infine il vino è fatto
per il popolo che lavora e che merita di berne. L'hascisc appartiene allaclasse delle gioie solitarie; è fatto per i
miserabili oziosi. Il vino è utileproduce risultati fruttuosi. L'hasciscè inutile e pericoloso.*
* Occorre menzionare solo a titolo di curiosità il tentativo fattorecentemente di applicare l'hascisc alla cura
della follia. Il folle che assume l'hascisc contrae una follia che scaccial'altrae quando l'ebbrezza è passatala vera
pazziache è lo stato normale del folleriprende il sopravventocome laragione e la salute in noi. Qualcuno si è dato lapena di scrivere un libro suquesto argomento. Il medico che ha inventato questo bel sistema non è perniente filosofo.
C.B.
VII
Termino quest'articolo con alcune belle parole che non sono miema di uneccellente filosofo poco conosciuto
Barbereauteorico di musicae professore al Conservatorio. Ero accanto alui in un gruppo di cui alcune persone
avevano preso il felice velenoe mi parlò con un accento di indicibiledisprezzo: «Non capisco perché l'uomo razionale
e spirituale si serva di mezzi artificiali per raggiungere la beatitudinepoeticadal momento che l'entusiasmo e la volontà
sono sufficienti a innalzarlo a un'esistenza soprannaturale. I grandi poetii filosofii profeti sono esseri che con il puro e
libero esercizio della volontà giungono a uno stato in cui sonocontemporaneamente causa ed effettosoggetto e
oggettoipnotizzatore e sonnambulo».
La penso esattamente come lui.
I PARADISI ARTIFICIALI
OPPIO E HASCISC
(1860)
A
J. G. F.
Mia cara amica
Il buon senso ci dice quanto labili siano le cose della terra e che la verarealtà vive solo nei sogni. Per digerire
la felicità naturalecome l'artificialeoccorre prima di tutto avere ilcoraggio di ingoiarlae quelli che forse
meriterebbero la felicitàsono proprio coloro ai quali lo stato dibeatitudinecosì come la concepiscono i mortaliha
sempre fatto l'effetto di un emetico.
A delle anime sciocche apparirà strano e anche insolente che un quadro divoluttà artificiali sia dedicato a
una donnala più comune sorgente delle più naturali voluttà. Tuttavia èevidente che come il mondo naturale irrompe
in quello spiritualegli serve da nutrimentoe concorre così a operarequell'indefinibile amalgama che noi chiamiamo
la nostra individualitàcosì la donna è l'essere che proietta la piùampia ombra o la più ampia luce nei nostri sogni. La
donna è fatalmente suggestiva; vive di un'altra vita più che della propria;vive spiritualmente nelle fantasie che abita e
feconda.
D'altronde poco importa che la ragione di questa dedica venga capita. È poicosì necessarioper il godimento
dell'autoreche un libro qualsiasi sia capitose non da quello o da quellaper cui è stato scritto? Per concludereinfine
è così indispensabile che sia stato scritto per qualcuno? Per quanto miriguardasono così poco preso dal gusto per il
mondo vivente chesimile a quelle donne sensibili e oziose che spedisconosi diceper postale loro confidenze ad
amici immaginarivolentieri scriverei soltanto per i morti.
Ma non è a una morta che dedico questo piccolo librobensì a una chepurmalataè sempre attiva e viva in
mee che ora volge tutti i suoi sguardi al cieloluogo di tutte letrasfigurazioni. Perché l'essere umano gode di questo
privilegiodi poter impadronirsi di nuove e sottili gioie anche dal doloredalla catastrofe e dalla fatalità così come le
trae da una temibile droga.
In questo quadro scorgerai un viandante fosco e solitarioimmerso nel fluireoscillante delle moltitudiniche
volge il cuore e il pensiero a un'Elettra lontana che un tempo asciugava lasua fronte bagnata di sudore e rinfrescava le
sue labbra scosse dalla febbre; e tu indovinerai la gratitudine di un altroOreste di cui spesso hai vigilato gli incubie
del quale dissipavicon mano leggera e maternalo spaventoso sonno.
C.B.IL POEMA DELL'HASCISC
_I • IL GUSTO DELL'INFINITO
Coloro che sono capaci di osservare se stessi e conservano la memoria delleloro impressionicoloro che hanno
saputocome Hoffmanncostruire il loro barometro spiritualehannoavuto avolte l'occasione di notare-nell'osservatorio
del loro pensiero-belle stagionifelici giornatedeliziosi minuti. Ci sonogiorni in cui l'uomo si desta
con un genio vergine e vigoroso. Liberate da poco le palpebre dal sonno chele sigillavail mondo esterno gli si staglia
in un potente bassorilievoin una lucidità di contorniin una ricchezza dicolori mirabili. Il mondo morale schiude le sue
vaste prospettive piene di nuove trasparenze. L'uomogratificato da questostato di graziapurtroppo raro e fuggitivosi
sente nello stesso tempo più artista e più giustopiù nobileper dirloin una sola parola. Ma ciò che vi è di più singolare
in questo stato eccezionale dello spirito e dei sensiche posso senzaesagerazione definire paradisiacose lo confronto
con le pesanti tenebre dell'esistenza comune e giornalieraè che non èstato generato da alcuna causa ben visibile e
facile da definire. È il risultato di una buona regola di vita e di unadisciplina da saggio? Questa è la prima spiegazione
che si offre alla mentema siamo obbligati a riconoscere che spesso questameravigliaquesta sorta di prodigiosi
presenta come se fosse l'effetto di un potere superiore e invisibileesternoall'uomodopo un periodo in cui questi ha
abusato delle proprie facoltà fisiche. La chiameremo ricompensa dell'assiduapreghiera e degli ardori spirituali? È certo
che una costante elevazione del desideriouna tensione delle forzespirituali verso il cielosarebbe la disciplina più
adatta a creare questa salute moralecosì prorompente e gloriosa; ma invirtù di quale legge assurda essa si manifesta a
volte dopo colpevoli orge dell'immaginazionedopo un abuso capzioso dellaragioneche sta al suo uso onesto e
ragionevole come i movimenti dello sollevamento alla sana ginnastica? Perciòpreferisco considerare questa condizione
anomala dello spirito come una vera e propria graziacome uno specchiomagico in cui l'uomo è invitato a vedersi
abbellitocioè come dovrebbe e potrebbe essere; una specie di eccitazioneangelicaun richiamo all'ordine sotto forma
di ossequio. Ugualmenteuna certa scuola spiritualisticache ha i suoirappresentanti in Inghilterra e in America
considera i fenomeni soprannaturalicome le apparizioni dei fantasmiglispiritiecc.quali manifestazioni della
volontà divinatesa a ridestare nello spirito dell'uomo il ricordo direaltà invisibili.
D'altra partequesto stato seducente e singolaredove tutte le forzetrovano equilibriodove l'immaginazione
quantunque meravigliosamente gagliardanon trascina al suo seguito il sensomorale in pericolose avventuredove una
sensibilità raffinata non è più torturata da nervi malatiquesticonsiglieri ordinari del crimine e della disperazione
questo prodigioso stato di graziadiconon possiede sintomi premonitori. Ètanto imprevedibile quanto il fantasma. È
una sorta di ossessionema un'ossessione intermittentedalla quale dovremmotrarrese fossimo saggila certezza di
un'esistenza migliore e la speranza di attingervi con l'esercizio giornalierodella nostra volontà. Tale acutezza del
pensierotale entusiasmo dei sensi e dello spiritosi sono semprepresentati all'uomo come il primo dei beni; e per
questoconsiderando solo la voluttà immediatasenza preoccuparsi diviolare le leggi del proprio essereegli ha cercato
nella scienza fisicanella farmaceuticanei più grossolani liquorineipiù sottili profumisotto tutti i climi e in ogni
tempoi mezzi per fuggirenon fosse altro che per qualche oradallapropria gabbia di fango ecome si esprime l'autore
di Lazare: «di conquistare il paradiso al primo assalto». Ahimè! ivizi dell'uomoper quanto pieni d'orrore li si pensi
contengono la prova (non fosse altro che per la loro infinita espansione!)del suo gusto per l'infinito; ma è un gusto che
spesso perde l'orientamento. Si potrebbe interpretare in senso metaforico ilnoto proverbio: Tutte le strade portano a
Roma e applicarlo al mondo morale; tutto porta alla ricompensa o alcastigodue forme dell'eternità. Lo spirito umano
rigurgita di passionine ha da vendereper servirmi di un'altralocuzione triviale; ma questo infelice spiritola cui
naturale depravazione è grande quanto la sua improvvisa attitudinequasiesagerataalla carità e alle più ardue virtùè
fecondo di paradossi che gli permettono di impiegare per il male l'eccesso diquesta traboccante passione. Non crede
mai di vendersi in blocco. Nella sua infatuazione dimentica che entra incompetizione con uno più scaltro e più forte di
luie che lo Spirito del Malese gli si dà anche un solo capellonontarda a impadronirsi della testa. Questo signore
visibile della natura visibile (parlo dell'uomo) ha volutodunquecreare ilparadiso con le sostanze farmaceutichecon
le bevande fermentatesimile a un folle che sostituirebbe mobili solidi everi giardini con scenari dipinti su tela e
montati su telai. È in questa corruzione del senso dell'infinito che sitrovasecondo mela ragione di tutti gli eccessi
colpevolidall'ebbrezza solitaria e assorta dell'uomo di letterecheobbligato a cercare nell'oppio un sollievo a un
dolore fisicoe avendo così scoperto una fonte di morbidi piacerine hafatto a poco a poco la sua unica regola di vita e
quasi il sole della sua vita spiritualefino all'ubriachezza più disgustosadei sobborghiche col cervello pieno di fiamme
e di gloriasi rotola comicamente nel! L'immondizia della strada. Tra ledroghe più indicate a creare ciò che chiamo
l'Ideale artificialeeliminati i liquoriche spingono in fretta alfurore materiale e annientano la forza spiritualee i
profumiil cui uso eccessivopur rendendo più sottile l'immaginazionedell'uomosnerva gradualmente le sue forze
fisichele due sostanze più energichequelle il cui uso è più comodoepiù a portata di manosono l'hascisc e l'oppio.
Argomento di questo studio è l'analisi dei misteriosi effetti e dei morbosigodimenti che queste droghe possono
generaredegli inevitabili castighi che derivano dal loro uso prolungatoeinfine della stessa immoralità insita nello
sforzo di raggiungere un falso ideale.Il lavoro sull'oppio è già statofattoe in modo così eccezionalemedico e poetico allo stesso tempoche non
oserei aggiungere nulla. Mi accontenteròdunquein un ulteriore studiodianalizzare questo incomparabile libroche
non è mai stato tradotto completamente in Francia. L'autoreuomo famosodipossente e raffinata immaginazioneoggi
appartato e silenziosoha osatocon tragico candorenarrare i godimenti ele torture che ha trovato una volta nell'oppio
e la parte più drammatica del libro è quella in cui si parla dei sovrumanisforzi di volontà che ha dovuto mettere in atto
per sfuggire alla dannazione cui s'era egli stesso imprudentemente votato.
Oggi parlerò solo dell'hascisce ne parlerò seguendo numerose e minuzioseindicazioniprese da appunti o
confidenze di uomini intelligenti che vi si erano a lungo dedicati. Soltantounirò questi variegati documenti in una
specie di monografiascegliendo un'animafacile in ogni caso a essereinterpretata e definitaquale tipo adatto alle
esperienze di questa natura.
_II • CHE COS'E L'HASCISC?
I racconti di Marco Polo di cui a torto ci si è burlaticome quelli diqualche altro antico viaggiatoresono stati
confermati dagli studiosi e meritano la nostra fede. Non starò a raccontaredopo di luicome il Vecchio della Montagna
imprigionasse in un giardino pieno di deliziedopo averli inebriatid'hascisc (da cui Hasciscin o Assassini)quelli tra i
suoi più giovani discepoli a cui voleva dare un'idea del paradisoricompensa intravistaper così diredi un'obbedienza
passiva e cieca. Il lettoreperciò che ha attinenza con la società segretadegli Assassinipuò consultare il libro di M. De
Hammer e la memoria di M. Silvestre de Sacycontenuta nel XVI tomo delle Memoiresde l'Académie des Inscriptions
et Belles-Lettres eper l'etimologia della parola assassinoladi lui lettera al redattore del Moniteurche si trova nel
numero 359 dell'anno 1809. Erodoto racconta che gli Sciti ammassavano chicchidi canapa su cui gettavano pietre rese
roventi dal fuoco. Per loro era come un bagno di vapore più profumato diqualsiasi bagno termale grecoe il godimento
era così vivo che strappava grida di gioia.
L'hasciscinfattici giunge dall'Oriente; le proprietà eccitanti dellacanapa erano molto conosciute nell'antico
Egittoe il suo uso è molto diffusosotto nomi diversiin IndiainAlgeria S e nell'Arabia Felice. Ma presso di noisotto
i nostri occhiabbiamo curiosi esempi di ebbrezza dovuta a esalazionivegetali. Senza parlare dei bambini chedopo
aver giocato e essersi rotolati sui mucchi d'erba medica appena falciatiprovano spesso strane vertiginiè risaputo che
quando si raccoglie la canapai lavoratorimaschi e femminesubisconoanaloghi effetti; si direbbe che la messe esali
un miasma che turba con malizia il loro cervello. La testa del mietitore èpiena di vorticiqualche volta carica di sogni.
In certi momentile membra si indeboliscono e rifiutano il lavoro. Abbiamosentito parlare di crisi di sonnambulismo
abbastanza frequenti nei contadini russida addebitarsisi diceall'usodell'olio di canapa nella preparazioni degli
alimenti. Chi ignora le stravaganze delle galline che hanno mangiato semi dicanapa e il focoso entusiasmo dei cavalli
che i contadininelle nozze e nelle feste patronalipreparano a una corsapaesana con una razione di canapatalvolta
innaffiata di vino?
La canapa francesetuttavianon è adatta a trasformarsi in hasciscoalmeno è incapacedopo ripetute
esperienzedi offrire una droga potente come l'hascisc. L'hascisco canapaindianaCannabis indicaè una pianta della
famiglia delle urticacee in tutto simile alla canapa dei nostri climitranneche nell'altezza. Ha delle proprietà inebrianti
veramente straordinarieche in Francia hanno attiratoda alcuni annil'attenzione degli studiosi e degli uomini di
mondo. È più o meno apprezzatosecondo la diversa provenienza; quello delBengala è il più stimato dagli amatori:
mentre quello dell'Egittodi Costantinopolidi Persia o di Algeriagodonodelle stesse proprietàma in minor grado
L'hascisc (o erbacioè l'erba per eccellenzacome se gli Arabi avesserovoluto definire in una sola parolaerba
la fonte di tutte le voluttà immateriali)possiede diversi nomi secondo lacomposizione e il metodo di preparazione cui è
stato sottoposto nel paese dove è stato raccolto: nell'India bangie;in Africa teriaki; in Algeria e nella Arabia Felice
madjoundecc. Non è affatto indifferente che lo si raccolga in ognimomento dell'anno; possiede la sua più grande
energia quando è in fiore; gli apici in fiore sonodi conseguenzale soleparti impiegate nelle le svariate preparazioni su
cui dobbiamo spendere qualche parola.
L'estratto grasso dell'hascisccome lo preparano gli Arabisi ottienefacendo bollire gli apici della pianta
appena colta nel burro con un po' d'acqua. Dopo la completa evaporazionedell'umidità lo si fa colaree si ottiene così
un preparato che ha l'apparenza di una pomata dal color giallo verdastroeche conserva uno sgradevole odore di
hascisc e di burro rancido. In questo stato si impiega a palline del peso di2-4 grammi; ma poiché ha un odore
ripugnante che aumenta col tempogli Arabi preparano l'estratto grasso sottoforma di marmellata.
La più comune di queste marmellateil dawameskè un miscuglio diestratti grassidi zucchero e di vari aromi
quali vanigliacannellapistacchiomandorlemuschio. Qualche volta gli sipuò anche aggiungere un po' di cantaride
per uno scopo che non ha nulla in comune con i risultati ordinaridell'hascisc. In questo nuovo modo l'hascisc non ha
nulla di sgradevole e lo si può ingerire in dosi di 1520 e 30 grammiavvolto in un foglio sottile di pane azimoo in una
tazza di caffè.
Le esperienze fatte da SmithGastinel e Decourtive hanno avuto lo scopo digiungere a scoprire i principi attivi
dell'hascisc. Malgrado i loro sforzila combinazione chimica è ancora pococonosciuta; ma generalmente si
attribuiscono le sue proprietà a una materia resinosa che si trova in unacerta quantità nella proporzione del 10 per 100
circa. Per ottenere questa resinasi riduce la pianta secca in polvere digrana grossa e la si lava più volte con dell'alcoolche viene poi distillato ein parte ritirato; lo si fa evaporare fino a quando non raggiunge la consistenzadi un estratto che
viene trattato con acquala quale dissolve le impurità gommosee allora laresina rimane allo stato puro.
Il prodotto è una sostanza molledi colore verde scuroe possiede in altogrado l'odore tipico dell'hascisc.
51015 centigrammi bastano a produrre effetti sorprendenti. Ma la pastad'hasciscche può essere somministrata in
confetti di cioccolato o in piccole pillole allo zenzeroha effetti più omeno vigorosi e di diversa naturacome il
dawamesk e l'estratto grassosecondo il temperamento dell'individuo e la suasensibilità nervosa. Ma c'è di piùil
risultato può variare nello stesso individuo. A volte nascerà un'allegriasmoderata e irresistibilea volte una sensazione
di benessere e di pienezza di vitaaltre volte un sonno equivocoattraversato da sogni. Esistonoperòfenomeni che si
riproducono assai regolarmentesoprattutto in persone di temperamento e dieducazione analoghi; c'è una specie di
unità nella varietà che mi permetterà di comporre senza troppa faticaquesta monografia dell'ebbrezza di cui ho appena
parlato.
A Costantinopoliin Algeria e anche in Franciaalcuni fumano hasciscmescolato con tabacco; ma allora i
fenomeni di cui parlavo si producono in forma modesta eper così direpigramente. Mi è giunta voce che
recentementesi è riusciti ad estrarredistillandolo dall'hasciscun olioessenziale che sembra possedere una efficacia
molto più stimolante di tutti i preparati fino ad oggi conosciuti; ma non èstato abbastanza studiato perché si possa
parlare con certezza dei risultati. E non è forse superfluo aggiungere cheil tèil caffè e i liquori sono potenti
coadiuvanti che più o meno accelerano lo schiudersi di questa misteriosaebbrezza?
_III • IL TEATRO DI SERAFINO
Che cosa si prova? che cosa si vede? Si hanno meravigliose visioninon èvero? Spettacoli straordinari? È così
bello? È così terribile? È così pericoloso? Queste sono le domande chegli incompetenti rivolgono agli adepti con
curiosità mista a timore. Si potrebbe definire un'infantile impazienza disaperecome quella delle persone che non
hanno mai lasciato le loro quattro mura quando si trovano di fronte a un uomoche fa ritorno da paesi lontani e
sconosciuti. Si rappresentano l'ebbrezza dell'hascisc come una terraprodigiosaun vasto teatro di giochi di e di magia
in cui tutto è miracoloso e imprevisto. Ecco un pregiudizioun totaleequivoco. E poiché per i lettori e i curiosi comuni
la parola hascisc comporta l'idea di un mondo strano e sconvoltol'attesa disogni prodigiosi (sarebbe meglio dire di
allucinazioniche in realtà sono meno frequenti di quanto si supponga)sottolineerò subito l'importante differenza che
esiste tra gli effetti dell'hascisc e i fenomeni del sonno. Nel sonnoquestoviaggio avventuroso di tutte le serec'è
qualcosa di positivamente miracoloso; è un miracolo la cui puntualità hasmorzato il mistero. I sogni dell'uomo sono di
due tipi. I primisegnati dalla sua vita quotidianadalle preoccupazionidai desideridai vizisi combinano in modo più
o meno bizzarro con gli oggetti intravisti durante il giornoche si sonofissati con indiscrezione sulla vasta tela della sua
memoria. Ecco il sogno naturale; è l'uomo stesso. Ma l'altro tipo di sogno!Il sogno assurdoimprevistosenza rapporto
né connessione col caratterela vita e le passioni del dormiente! Questosognoche chiamerò geroglificorappresenta
evidentementela parte soprannaturale della vita ed è proprio perché èassurdo che gli antichi l'hanno creduto divino.
Poiché non si spiega con le cause naturaligli hanno attribuito una causaesterna all'uomo; e ancor oggiper tacere degli
oniromantiesiste una scuola filosofica che vede nei sogni di questo generetalvolta un rimproverotal'altra un
consiglio; insommaun quadro simbolico e moraleche si genera nello spiritostesso dell'uomo che dorme. È un
dizionario che occorre studiareuna lingua di cui i saggi possono trovare lachiave.
Nell'ebbrezza dell'hascisc nulla di simile. Non usciremo dal sogno naturale.L'ebbrezzain tutta la sua durata
non saràdavvero che un sogno immensograzie all'intensità dei colori ealla rapidità dei concetti; ma conserverà
sempre la tonalità particolare dell'individuo. L'uomo ha voluto sognareilsogno governerà l'uomoma questo sogno
sarà veramente figlio del proprio padre. L'ozioso si è ingegnato aintrodurre artificialmente nella propria vita e nel
proprio pensiero il soprannaturale; ma altro non èdopo tutto e nonostantel'energia casuale delle sue sensazioniche lo
stesso uomo accresciutolo stesso numero elevato a un'ennesima potenza. Èsoggiogatomaper disdettanon lo è che
da se stessocioè dalla parte già dominante di sé; ha voluto farel'angeloè diventato una bestiamomentaneamente
potentissimase potenza si può chiamareperòuna sensibilità eccessivacui manchi la padronanza di moderarla o di
utilizzarla.
Gli uomini di mondo e gli ignoranticuriosi di conoscere godimentid'eccezionetengano per certodunque
che nell'hascisc non troveranno nulla di miracolosoassolutamente nulla senon il naturale all'eccesso. Il cervello e
l'organismo sui quali l'hascisc influisce non produrranno che i loro fenomeniordinariindividuali; certo accresciuti per
numero e energiama sempre fedeli alla loro origine. L'uomo non sisottrarrà alla fatalità del proprio temperamento
fisico e morale: l'hascisc saràper le impressioni e i pensieri familiaridell'uomouno specchio che ingigantiscema solo
uno specchio.
Ecco la droga sotto i vostri occhi: un po' di marmellata verdegrande quantouna nocedall'odore particolareal
punto che provoca una certa repulsione e un principio di nauseacome farebbedel restoogni odore acuto e insieme
gradevoleportato al massimo della forza e per così dire della densità. Misia permesso notaredi sfuggitache questa
proposizione può essere letta al contrarioe che il profumo piùripugnantepiù rivoltante diverrebbe forse un piacerese
fosse ridotto alla più piccola quantità e espansione. Eccodunquelafelicità! Riempie lo spazio di un cucchiaino! La
felicità con tutte le sue ebbrezzetutte le follietutte le puerilità!Potete inghiottire senza paura; non si muore. I vostriorgani fisici non nericeveranno nessun colpo. Forse più tardi una troppo ricorrente evocazione delsortilegio diminuirà
la vostra forza di volontàforse sarete meno uomo di oggima il castigo ècosì lontano e il futuro disastro così difficile
da definire! Che cosa rischiate? Domaniun po' di stanchezza nervosa. Nonrischiate ogni giorno più grandi castighi per
più insignificanti ricompense? Alloraè deciso: avete anche diluito lavostra dose di estratto grasso in una tazza di caffè
puroper darle più forza ed effetto; vi siete preoccupati di avere lostomaco vuotorimandando verso le nove o le dieci
di sera il pasto principaleper lasciare al veleno completa libertàd'azione; tutt'al più mangerete tra un'ora una minestra
leggera. Ora siete rifocillati a sufficienza per uno strano e lungo viaggio.La sirena ha fischiatola velatura è orientata e
avete il bizzarro privilegiorispetto ai comuni viaggiatoridi ignorare lameta. Ve lo siete voluto; viva la fatalità!
Presumo abbiate avuto la precauzione di scegliere bene il momento per questaspedizione avventurosa. Ogni
bagordo perfetto ha bisogno di una perfetta comodità. D'altra parte sapeteche l'hascisc acuisce l'esaltazione non solo
dell'individuoma anche delle circostanze e del luogonon avete doveri dacompiere che esigano puntualità e esattezza
nessuna preoccupazione familiarenessuna pena d'amore. Bisogna stare inguardia. Dispiacereinquietudinericordo di
un dovere che richiede in un determinato momento la vostra volontà e lavostra attenzionesuonerebbero come un
rintocco funebre nella vostra ebbrezza e avvelenerebbero il vostro piacere.L'inquietudine diverrebbe angoscia; il
dispiaceretortura. Se osservate queste condizioni preliminariil tempo èbellose siete in un luogo adattocome un
paesaggio pittoresco o un appartamento poeticamente arredatose inoltrepotete sperare in un po' di musicaallora tutto
funziona.
Nell'ebbrezza dell'hascisc ci sono generalmente tre fasiabbastanza facilida distinguereed è interessante
osservare nei novizi anche i primi sintomi della prima fase. Avete sentitoparlare vagamente dei meravigliosi effetti
dell'hasciscla vostra immaginazione ha già concepito un'idea particolarequalcosa come un ideale di ebbrezza; vi
manca di sapere se la realtà sarà decisamente all'altezza della vostraaspettativa. Questo basta a gettarvifin dall'inizio
in uno stato ansiosoalquanto favorevole al temperamento conquistatore einvadente del veleno. La maggior parte dei
novizial primo grado dell'iniziazionesi lamentano della lentezza deglieffetti; li attendono con puerile impazienzae
siccome a loro modo di vedere la droga non agisce abbastanza in frettasiabbandonano a smargiassate da increduliche
divertono molto i vecchi iniziatii quali conoscono l'azione dell'hascisc. Iprimi attacchicome i sintomi di una tempesta
a lungo irrisoltaappaiono e si moltiplicano proprio in seno a quella stessaincredulità. All'inizio una certa ilarità
stramba e irresistibile si impadronisce di voi. Questi accessi di gioiaimmotivatadi cui quasi vi vergognatesi
producono di frequentee spezzano intervalli di stupore durante i qualicercate invano di concentrarvi. Le parole più
semplicile idee più trivialiassumono una fisionomia bizzarra e nuova; vimeravigliate addirittura di averle trovate fino
a quel momento così semplici. Dal vostro cervello sgorgano continuamenteassociazioni e accostamenti incongrui
impossibili a prevedersigiochi di parole interminabiliabbozzi dicomicità. Il demone vi ha invaso; è inutile
recalcitrare contro questa ilaritàdolorosa come una irritazione. Ognitanto ridete di voi stessidella vostra stupidità e
della vostra folliae i vostri compagnise ne aveteridono ugualmente delvostro stato e del loro; ma poiché sono senza
maliziavoi siete senza rancore.
Questa allegriaa volte languida a volte cocentequesto malessere nellagioiaquesta insicurezzaquesta
indecisione della malattiahanno breve durata. Ben presto le relazioni trale idee divengono talmente vagheil filo
conduttore che lega i vostri concetti così tenueche solo i vostri complicipossono capirvi.
E ancora a tale proposito e da questo latonessun mezzo di verifica; forsecredono di capirvi e l'illusione è
reciproca. A chi non è nel vostro stesso statoquesta leggerezzadell'essere e questi scoppi di risache sembrano delle
esplosioniappaiono come una follia vera e propriaa dir poco come untrastullo da maniaco. Alla stessa maniera la
saggezza e il buon sensola regolarità dei pensieri nel testimone prudenteche non è sotto l'ebbrezza dell'hasciscvi
procura gioia e divertimento come un particolare genere di demenza. I ruolisi sono scambiati. Il suo controllo vi
sospinge agli ultimi confini dell'ironia. Non è una situazionemisteriosamente comica quella di un uomo che prova
un'allegria incomprensibile per chi non si è messo nella sua stessacondizione? Il folle ha pietà per il saggioe allora
l'idea della propria superiorità fa capolino all'orizzonte del suointelletto. Ben presto aumenteràcrescerà e scoppierà
come una meteora.
Sono stato testimone di una scena di questo generespinta all'eccessoe ilcui lato grottesco non era
comprensibile se non per coloro che conoscevanoalmeno dall'osservazionesugli altrigli effetti della sostanza e
l'enorme differenza di tono che crea tra due intelligenze considerate uguali.Un celebre musicistache ignorava le
proprietà dell'hascisce che forse non ne aveva mai sentito parlarecapitain un gruppo in cui molte persone ne avevano
preso. Si tenta di fargli capire i meravigliosi effetti. A quei raccontiprodigiosiegli ride con garboper compiacenzada
uomo che vuole prestarsi di buon grado per qualche minuto. Il suoequivoco è presto scoperto da quelle menti che il
veleno ha reso più acutee le risa lo feriscono. Gli scoppi di gioiaigiochi di parolele fisionomie alterateinsomma
tutta quell'atmosfera malsanalo irritano e lo spingono a sentenziareforsepiù in fretta di quanto avrebbe volutoche
quella imitazione caricaturale d'artisti è bruttae che d'altronde deveessere ben faticosa per chi l'ha scelta. La
comicità accese tutte le menti come un lampo. La gioia divenne più intensa.«Questa imitazione caricaturale può essere
buona per voi»dice «ma non per me». «Ci basta che sia buona per noi»replica egoisticamente uno dei malati. Non
sapendo se ha a che fare con folli veri e propri o con persone che simulanola folliail nostro uomo ritiene che la
decisione più saggia sia quella di ritirarsima qualcuno chiude la porta enasconde la chiave. Un altroinginocchiandosi
davanti a luigli chiede perdono a nome del gruppo e gli dichiara coninsolenzama con le lacrime agli occhiche
malgrado la sua inferiorità spiritualeche forse suscita un po' di pietàtutti provano per lui una profonda amicizia. Il
musicista si rassegna a rimaneree addirittura accondiscendeper leinsistenti preghierea suonare qualcosa. Ma le notedel violinopropagandosinell'appartamento come un nuovo contagiocatturano (il termine nonsembri troppo forte) ora
un malato ora un altro. Erano sospiri rochi e profondisubitanei singhiozziruscelli di lacrime silenziose. Il musicista
scossosi ferma e avvicinandosi a quello la cui beatitudine era piùrumorosa gli chiede se soffre molto e che cosa
occorre per dargli sollievo. Uno dei presentiuno spirito positivopropone della limonata e delle bibite aspre. Ma il
malatocon l'estasi negli occhili guarda tutti e due con sprezzoindicibile. Voler guarire un uomo affetto da un eccesso
di vitaaffetto da gioia!
Come si vede da questo aneddotola benevolenza occupa un buon posto nellesensazioni che l'hascisc procura;
è una benevolenza mollefiaccamutache deriva dall'afflosciamento deinervi. A sostegno di questa osservazioneun
tale mi ha raccontato un fatto che gli era capitato in questo stato diebbrezzae poiché aveva mantenuto un ricordo
molto preciso delle sue sensazionicapii perfettamente in quale imbarazzogrottescoinestricabile si fosse trovato per
quella differenza di tono e di livello di cui parlavo prima. Non mi ricordose l'uomo in questione fosse alla sua prima o
seconda esperienza. Aveva preso una dose un po' troppo forteo l'hasciscaveva prodottosenza l'aiuto di nessun'altra
causa apparente (cosa che succede con frequenza) effetti molto più vigorosi?Mi raccontò cheattraverso il suo
godimentoquel godimento supremo di sentirsi pieni di vita e di credersipenetrati dal genioimprovvisamente s'era
imbattuto in un motivo di terrore. In un primo tempoabbagliato dallabellezza delle sensazionine era stato d'un tratto
impaurito. S'era chiesto che cosa sarebbe successo alla sua intelligenza e aisuoi organise quello statoche considerava
soprannaturalesi fosse aggravatose i nervi fossero divenuti via via piùdelicati. Questa pauraper la capacità di
espansione che possiede l'occhio spirituale del pazientedeve essere unatortura indicibile. «Mi sentivodicevacome un
cavallo impazzitoe che correndo verso l'abissovuole fermarsima nonpuò. Era infatti un galoppo raccapricciantee il
mio pensieroschiavo della circostanzadell'ambientedell'evento fortuitoe di tutto ciò che si può presupporre nella
parola casoaveva assunto un carattere di pura e assoluta rapsodia.Troppo tardi! ripetevo a me stessodi continuocon
disperazione. Quando finì questo stato di sensibilitàche mi parve durareun tempo infinito e che non occupò forse che
qualche minutoquando credetti di immergermi nella beatitudinecosì caraagli Orientaliche tien dietro a questa fase di
furore fui oppresso da una nuova pena. Una nuova inquietudinemoltobanale e puerilesi abbatté sul mio essere.
Improvvisamente mi ricordai che ero stato invitato a cenaa una serata dipersone serie. Mi vidi in anticipo in mezzo a
una folla saggia e discretadove ciascuno è padrone di séobbligato anascondere con cura sotto la luce di molte
lampade il mio stato d'animo. Mi sembrava proprio che ci sarei riuscitomad'altra partemi sentivo venir quasi meno
all'idea degli sforzi di volontà che avrei dovuto prodigare. Non so perquale avvenimento fortuitole parole del
Vangelo: «Sia maledetto chi dà scandalo!» si levarono nella mia memoriaepur volendo assolutamente dimenticarle
ingegnandomi a dimenticarle ad ogni costole ripetevo nel mio animo senzatregua. La mia infelicità (perché era una
vera e propria infelicità) crebbe smisuratamente. Mi risolsibenchédeboledi compiere un atto di energia e di
consultare un farmacista; giacché non ero a conoscenza di rimedie volevorecarmicon lo spirito libero e I sgombro
dalle persone dove il mio dovere mi chiamava. Ma sulla soglia del negozio miassalì un pensiero improvvisoche mi
trattenne per qualche istante e mi fece riflettere. Mi ero specchiatopercasoin una vetrina e il mio volto mi aveva
stupito. Che palloreche labbra contratteche occhi dilatati! Vado ainfastidire questo brav'uomomi dissie per una
sciocchezza! Aggiungete il senso del ridicolo che volevo evitareil timoredi trovar gente nel negozio. Ma la mia
improvvisa benevolenza per questo sconosciuto speziale dominava tutti i mieialtri sentimenti. Mi raffiguravo costui
sensibile quanto me in questo istante funestoepoiché mi immaginavo pureche le sue orecchie e la sua anima come le
mie dovessero vibrare al minimo rumoremi risolsi ad entrare da lui in puntadi piedi. Non saprò maimi dicevo
mostrarmi abbastanza discreto ad un uomo di cui sto per mettere inapprensione la carità. E inoltre mi ripromettevo di
smorzare il suono della mia voce come il rumore dei passi; la conoscete lavoce dell'hascisc? graveprofondagutturale
e molto simile a quella dei vecchi mangiatori d'oppio. Il risultato ful'opposto di quanto volevo ottenere. Deciso a
rassicurare il farmacistalo spaventai. Non conosceva nulla di questa malattianon ne aveva mai sentito parlare. Eppure
mi guardava con una curiosità fortemente mescolata a diffidenza. Mi prendevaper un pazzoper un malfattore o per un
mendicante? Né l'uno né l'altro senza dubbio; ma tutte queste idee assurdemi passarono per la testa. Fui costretto a
spiegargli a lungo (che fatica!) che cos'era la marmellata di canapa e aquale uso servivaripetendogli di continuo che
non c'era pericoloche non c'eraper luiragione di allarmarsieche chiedevo solo un mezzo per lenire gli effetti o per
reagiresottolineando di continuo il sincero dispiacere che provavo neldargli fastidio. Alla fine-capite bene tutta
l'umiliazione per me contenuta in queste parole - mi pregò semplicemente di andarmene.Questa la ricompensa della
mia carità e benevolenza esagerate. Andai al ricevimentonon scandalizzainessuno. Nessuno indovinò gli sforzi
sovrumani che dovetti fare per essere simile a tutti gli altri. Ma non potròmai dimenticare le torture di un'ebbrezza
ultra-poeticainfastidita dall'etichetta e contrariata dal dovere».
Benché sia portato per natura a simpatizzare con tutti i dolori che nasconodall'immaginazionenon potei
evitare di ridere a questo racconto. L'uomo che me lo narravanon si ècorretto. Ha continuato a chiedere alla confettura
maledetta l'eccitazione che occorre trovare in sé stessi; ma essendo uomoprudenteordinatoun uomo di mondoha
diminuito le dosiil che gli ha permesso di aumentarne la frequenza.Apprezzerà più tardi i frutti corrotti del suo regime.
Torno allo sviluppo regolare dell'ebbrezza. Dopo questa prima fase di gioiainfantilec'è una specie di quiete
momentanea. Ma ben prestoperònuovi avvenimenti si annunciano con unasensazione di freddezza alle estremità (che
per certi individui può trasformarsi in un freddo molto intenso) e unagrande debolezza in tutte le membra; vi sentite le
mani di pasta frollae nella vostra testain tutto il vostro essereprovate uno stordimento e uno stupore imbarazzanti. I
vostri occhi si dilatanocome tirati in tutti i sensi da un'estasiimplacabile. Il vostro volto si riempie di pallore. Le labbra
si contraggono e rientrano nella bocca con quell'anelito che caratterizzal'ambizione di un uomo in preda a grandiprogettioppresso da profondi pensierio che trattiene il respiro per prendere lo slancio. La golaper così diresichiude.
Il palato è seccato da una sete che sarebbe infinitamente dolce soddisfarese le delizie della pigrizia non fossero ancor
più allettanti e non si opponessero al più piccolo movimento del corpo.Sospiri rochi e profondi sfuggono dal vostro
pettocome se il vostro antico corpo non potesse più sopportare idesideri e l'attività della vostra nuova anima. Ogni
tantouna scossa vi attraversa e vi ordina un movimento involontariosimilea quei soprassalti chealla fine di una
giornata di lavoro o in una notte agitataprecedono il sonno definitivo.
Prima di andar oltrevoglio raccontarea proposito di questa sensazione difreschezza cui accennavo primaun
altro aneddoto che servirà a mostrare fino a che punto gli effettianchepuramente fisicipossono variare a seconda
degli individui. Questa volta è un uomo di lettere che parlae in alcuneparti del suo racconto si potrebbecredo
riconoscere gli indizi di un temperamento letterario.
«Avevo preso» mi dice costui «una dose ridotta di estratto grassoe tuttoandava per il meglio. La crisi di gioia
morbosa era durata pocoe mi trovavo in uno stato di languore e distordimento che era quasi di felicità. Mi
ripromettevodunque una serata tranquilla e senza preoccupazioni. Purtroppoil caso mi costrinse ad accompagnare una
persona a teatro. Presi coraggiosamente la decisionerisoluto a mascherareil mio immenso desiderio di pigrizia e di
immobilità. Tutte le carrozze del mio quartiere erano state prenotateperciò dovetti rassegnarmi a fare un lungo tragitto
a piediattraverso i rumori dissonanti delle vetturele stupideconversazioni dei passantitutto un oceano di trivialità.
Una leggera sensazione di fresco s'era già manifestata alla punta delle miedita; ben presto si trasformò in un freddo
pungente come se avessi le due mani immerse in un secchio d'acqua ghiacciata.Ma non era una vera e propria
sofferenza; questa sensazione quasi acuta mi invadeva piuttosto come unavoluttà. Però mi sembrava che il freddo
dilagasse sempre piùdi pari passo con quell'interminabile viaggio. Chiesidue o tre volte alla persona che
accompagnavo se facesse davvero un gran freddo; mi si rispose chealcontrariola temperatura era più che tiepida.
Insediato finalmente nella salastretto nella poltrona che mi era destinatacon tre o quattro ore di riposo davantimi
credetti arrivato alla terra promessa. I sentimenti che avevo repressidurante il tragittocon tutta la scarsa energia di cui
potevo disporrefecero dunque irruzione e mi abbandonai in libertà alla miamuta frenesia. Il freddo aumentava sempre
piùeppure vedevo persone vestite leggereo che addirittura si asciugavanola fronte con aria stanca. Fui preso dall'idea
consolante di essere un uomo privilegiatol'unico cui era stato accordato ildiritto di aver freddo in estate in I una sala di
teatro. Questo freddo cresceva fino al punto di diventare allarmante; ma eroinnanzitutto dominato dalla curiosità dl
sapere fino a che grado sarebbe sceso. Infine raggiunse un tal puntofucosì completocosì estesoche tutti i miei
pensieriper così diresi congelarono; ero un pezzo di ghiaccio pensante;mi consideravo come una statua scolpita in un
unico blocco di ghiaccioe questa folle allucinazione mi procurava fierezzarisvegliando in me un benessere morale che
non saprei definirvi. Aumentava il mio abominevole godimento la certezza chetutti i presenti ignoravano la mia natura
e la mia superiorità su di loroe poi la felicità di pensare che il miocompagno non aveva sospettato nemmeno per un
attimo quali bizzarre sensazioni mi possedevano. Avevo m mano la ricompensadella mia simulazionee la mia
eccezionale voluttà era un vero e proprio segreto.
«Del restoero appena entrato nel palco che i miei occhi furono colpiti daun'impressione di tenebra che mi
sembra avere qualche parentela con l'idea del freddo. È probabile che questedue idee si siano prestate reciprocamente
vigore. Sapete che l'hascisc sollecita sempre le magnificenze della lucesplendori gloriosicascate d'oro liquido;
qualsiasi luce gli servequella che sfavilla a falde e quella che siimpiglia come pagliuzza alle punte e alle asperitài
candelabri dei salottii ceri del mese di Mariale valanghe di rosa altramonto del sole. Sembrava che quel misero
lampadario propagasse così poca luce per questa sete insaziabile diluminosità; credetti di entrarecome vi ho dettoin
un mondo di tenebreche del resto divennero sempre più spessementresognavo notte polare e inverno perenne.
Quanto al palcoscenico (era un palcoscenico consacrato al genere comico) essosolo era luminosoinfinitamente
piccoloe posto lontanocosì lontano come in fondo a un immensostereoscopio. Non vi dirò che seguivo le battute
degli attorisapete che questo è impossibile; ogni tanto il mio pensieroafferrava al passaggio un lembo di frasee
simile a un'abile danzatricese ne serviva come di un trampolino perlanciarsi verso fantasticherie remote. Si potrebbe
supporre che un drammaascoltato in questo modopecchi di logica e diconcatenazione; disilludetevi; scoprivo un
senso sottilissimo nel dramma creato dalla mia distrazione. Nulla mi turbavae assomigliavo un po' a quel poeta che
quando vide rappresentare per la prima volta Esthertrovava affatto naturaleche Aman dichiarasse il proprio amore alla
regina. Era il momentocome si può indovinarein cui questi si getta aipiedi di Esther per implorare il perdono dei
propri crimini. Se tutti i drammi fossero seguiti con questo metodoviacquisterebbero grandi bellezzeanche quelli di
Racine.
«Gli attori mi apparivano eccessivamente piccolie circondati di uncontorno preciso e accurato come le figure
di Meissonier. Vedevo distintamente non soltanto i più minuziosi dettaglidei loro abbigliamenticome disegni delle
stoffecucirebottoni ecc.ma addirittura la linea di separazione dellafronte finta da quella verail biancoil blu e il
rossoe tutti gli espedienti del trucco. E quei lillipuziani erano rivestitidi un chiarore freddo magicocome quello che
un vetro nitidissimo aggiunge a un quadro ad olio. Quando infine potei uscireda questa caverna di tenebre di ghiaccio
edissipatasi la fantasmagoria interioreritornai in meprovai unastanchezza più grande di quanta me ne abbia mai
causato un lavoro forzato ed intenso».
Infatti è in questa fase dell'ebbrezza che si manifesta in tutti i sensi unafinezza nuovauna superiore acutezza.
Odoratovistauditotattopartecipano in egual misura a quest'evoluzione.Gli occhi guardano all'infinito. L'orecchio
coglie suoni quasi impercettibili in mezzo ai più acuti rumori. È allorache cominciano le allucinazioni. Lentamente
successivamente gli oggetti esterni assumono apparenze singolari; sideformano e si trasformano. Poigiungono gliequivocigli errori e letrasposizioni di idee. I suoni si rivestono di colorie i colori hanno un'animamusicale. Si dirà
che ciò è del tutto naturalee ogni mente poeticain uno stato di salutee normalitàcrea facilmente queste analogie. Ma
ho già avvertito il lettore che nell'ebbrezza dell'hascisc non c'era nulladi realmente soprannaturalesoltantoquelle
analogie rivestono un'insolita vivacità; penetranodilaganoopprimono lospirito con il loro carattere dispotico. Le note
musicali si trasformano in numerie se la vostra mente possiede qualcheattitudine matematicala melodial'armonia
ascoltatapur conservando il suo carattere voluttuoso e sensualesitrasforma in una vasta operazione aritmetica in cui
numeri generano i numerie voi ne seguite le fasi e la genesi con unafacilità inspiegabile e un'agilità pari a quella di chi
l'esegue.
A volte capita che la personalità scompaia e che l'oggettivitàche èpropria dei poeti panteistisi sviluppi così
fuori misurache la contemplazione degli oggetti esterni vi fa dimenticarela vostra propria esistenzae ben presto vi
confondete in loro. Il vostro occhio è assorto su di un albero armoniosocurvato dal vento; in pochi secondiciò che
esisterebbe solo nella mente di un poeta come naturale paragone diverrà unarealtà nella vostra. Prima di tutto attribuite
all'albero le vostre passioniil vostro desiderioo la vostra malinconia; isuoi gemiti e le sue oscillazioni divengono le
vostree presto siete l'albero. Allo stesso modo l'uccello che si libra infondo all'azzurro rappresenta prima l'immortale
desiderio di librarsi sopra le cose umanema poi già siete l'uccellostesso. Vi penso seduti a fumare. La vostra
attenzione planerà un po' troppo a lungo sulle volute azzurrine che siinnalzano dalla vostra pipa. L'idea di
un'evaporazione lentasuccessivaeternadiverrà padrona della vostramente e applicherete presto quest'idea ai vostri
pensieri e alla vostra materia pensante. Per uno strano equivocoper unaspecie di trasposizione o qui-pro-quo
dell'intellettovi sentirete divenir voi stessi fumo e attribuirete allavostra pipa (in cui vi sentite rannicchiato e raccolto
come il tabacco)la strana facoltà di fumarvi.
Per fortunaquest'interminabile fantasia è durata solo un minutoperchéun intervallo di lucidità vi ha
permessocon grande sforzodi osservare la pendola. Ma un'altra corrente diidee vi rapisce; vi avvolgerà un minuto
ancora nel suo vivido vorticee quest'altro minuto sembrerà un'altraeternità. Le proporzioni del tempo e dell'essere
sonoinfatticompletamente turbate dalla moltitudine e dall'intensitàdelle sensazioni e delle idee. Si direbbe che è
concesso vivere tante vite d'uomo nello spazio di un'ora. Non sieteallorasimili a un romanzo immaginario che vive
invece di essere scritto? Non c'è più equazione tra organi e godimento; edè soprattutto da tale considerazione che nasce
il biasimo verso quel pericoloso esercizio in cui la libertà scompare.
Quando parlo di allucinazioninon bisogna prendere la parola nel suo sensopiù rigido. Una sfumatura molto
significativa distingue l'allucinazione puracome i medici hanno spessooccasione di studiaredall'allucinazione o
piuttosto dalla confusione dei sensi che si genera nello stato mentaledeterminato dall'hascisc. Nel primo caso
l'allucinazione è improvvisaperfetta e fatale; e inoltre non trova népretesto né spiegazione nel mondo degli oggetti
esterni. Il malato vede una formasente dei suoni dove non c'è nulla. Nelsecondo caso l'allucinazione è progressiva
quasi volontariae diviene perfettamatura solo con l'attodell'immaginazione. Infine ha un pretesto. Il suono parlerà
esprimerà cose distintema c'era un suono. L'occhio ebbro dell'uomo inpreda all'hascisc vedrà strane formema prima
di divenire strane o mostruosequeste forme erano semplici e naturali.L'energiala vivacità veramente dotata di parola
dell'allucinazione nell'ebbrezza non invalida per nulla la differenzaoriginale. Questa è radicata nell'ambiente e nel
tempo presentequella non lo è.
Racconterò ancora un aneddotoper far meglio capire questo fremitodell'immaginazionequesta maturazione
del sogno e questo parto poetico cui è condannata una mente intossicatadall'hascisc. Questa volta non si tratta di un
giovane ozioso che raccontané di un letterato; è una donnauna donna unpoco maturacuriosadi animo eccitabilee
cheavendo ceduto al desiderio di far conoscenza col velenocosì descrivea un'altra signoral'allucinazione più
significativa. Trascrivo letteralmente:
«Per quanto bizzarre e nuove siano le sensazioni che ho dedotto dalla miafollia di dodici ore (dodici o venti?
veramentenon saprei dire)non ci tornerò più sopra. L'eccitazionementale è troppo vivala fatica che ne risulta troppo
grande einsommatrovo in questa azione infantile qualcosa di criminale.Insommaho ceduto alla curiosità; e poi era
una follia in comunein casa di vecchi amicidove non vedevo nulla di malea perdere un po' di dignità. Innanzi tutto
devo dire che questo hascisc maledetto è una sostanza davvero perfida; avolte ci si crede liberi dall'ebbrezzama è solo
una calma menzognera. Vi sono pause e poi riprese. Cosìverso le dieci diserami trovavo in uno di questi effimeri
stati; mi credevo affrancata da questa sovrabbondanza di vita che mi avevaprovocato tanto godimentoè veroma che
non era priva di inquietudine e di paura. Cenai con piacerecome spossata daun lungo viaggio. Perché fino ad allora
per prudenzami ero astenuta dal cibo. Maprima ancora di alzarmi datavolail delirio mi aveva nuovamente catturato
come il gatto fa con il topo e il veleno riprese di nuovo a divertirsi colmio povero cervello. Benché la mia casa fosse
vicina al castello dei nostri amicie vi fosse una vettura per memi sentiicosì prostrata dal bisogno di sognare e di
abbandonarmi a questa irresistibile folliache accettai con gioia la loroofferta di trattenermi fino al giorno dopo.
Conoscete il castellosapete che l'ala abitata dai proprietari è stataristrutturataritappezzatae resa comoda secondo la
moda modernama che la parte in genere non abitata è stata lasciata tale equalecon il suo vecchio stile e il suo vecchio
arredamento. Si decise di improvvisarmi una camera da letto in questa partedel castelloe per questo fu scelta la stanza
più piccolauna specie di salottino un po' appassito e decrepitonon perquesto privo di fascino. Occorre che vi descriva
sommariamenteperché capiatela strana visione di cui sono stata vittima:visione che mi ha assorbito senza tregua tutta
una nottesenza che io abbia avuto la possibilità di accorgermi della fugadel tempo.
«Il salottino è piccolissimo e strettissimo. All'altezza della cornice ilsoffitto si incurva a voltai muri sono
ricoperti di specchi stretti e lunghiseparati da pannelli sui quali sonodipinti paesaggi nello stile sciatto degli scenarii.All'altezza della cornicesulle quattro paretisono rappresentate diverse figure allegorichealcune inposizione distesa
altre mentre corrono e volteggiano. Al di sopraalcuni magnifici uccelli edei fiori. Dietro le figure si alza un pergolato
dipinto a trompe-l'oeilche segue con naturalezza la curva delsoffitto. Questo soffitto è dorato. Lo spazio vuoto tra le
bacchette e le figure è dunque ricoperto d'oro e al centro l'oro èinterrotto solo dall'intreccio geometrico del finto
pergolato. Capite che questo somiglia un poco a una gabbia moltoelegantea una bellissima gabbia per un grande
uccello. Devo aggiungere che la notte era bellissimamolto tersala lunacosì vivida cheanche dopo aver spento la
candelal'intera decorazione rimase visibilenon tanto illuminatadall'occhio della mia mentecome potreste pensare ma
rischiarata da questa bella nottei cui bagliori si impigliavano a tuttoquesto ricamo d'orodi specchi e di variopinti
colori.
All'inizio fui stupita nel veder dilatarsi di fronte a medi fianco a medaogni latograndi spazi: erano fiumi
limpidi e paesaggi verdeggianti che si specchiavano in acque tranquille.Intuite qui l'effetto dei pannelli riflessi negli
specchi. Alzando gli occhividi un sole al tramonto simile a metallo fusoche si va raffreddando. Era l'oro del soffitto;
ma il pergolato mi fece riflettere che ero in una specie di gabbia o didimora aperta sullo spazio da ogni lato e che solo
le sbarre della mia magnifica prigione mi separavano da tutte quellemeraviglie. Al momento ridevo della mia illusione;
ma più guardavopiù la magia aumentavapiù si animavapiù acquistavain trasparenza e dispotica realtà. Da quel
momento l'idea della clausura animò la mia mentesenza nuocere troppooccorre dirloagli svariati piaceri che lo
spettacolo che si dispiegava intorno e sopra di meoffriva. Mi pensavorinchiusa in quella gabbia sontuosa da tanto
tempoda migliaia d'anniforsetra paesaggi fatatitra meravigliosiorizzonti. Fantasticavo della Bella addormentata
nel boscodi un'espiazione da subiredi una futura liberazione. Soprala mia testa volteggiavano splendidi uccelli
tropicaliepoiché il mio orecchio percepiva il suono dei sonagli appesial collo dei cavalli che in lontananza si
muovevano sulla strada maestrai due sensi fondevano le loro impressioni inun'unica ideae attribuivo agli uccelli
questo misterioso canto di ramecredendo che emettessero suoni da un'ugoladi metallo. Evidentemente discorrevano di
mee celebravano la mia prigionia. Scimmie sgambettantisatiri scherzosisembravano divertirsi di quella prigioniera
distesacondannata all'immobilità. Ma tutte le divinità mitologiche miosservavano con un delizioso sorriso come per
incoraggiarmi a sopportare pazientemente il sortilegioe tutte le pupillescivolavano all'angolo delle palpebre come per
fissare il mio sguardo. Giunsi alla conclusione che se antichi errorisequalche colpa a me stessa sconosciutaavevano
richiesto questo temporaneo castigopotevo tuttavia fare affidamento su unabontà superiorechepur condannandomi
alla prudenzami avrebbe offerto piaceri più seri che quelli da bambola cheriempiono la nostra giovinezza. Vi rendete
conto che le considerazioni morali non erano assenti dal mio sognoma devoconfessare che il piacere di contemplare
quelle forme e quei colori brillantie di credermi il centro di un drammafantastico catalizzava spesso tutti gli altri miei
pensieri. Questo stato durò a lungomolto a lungo... Durò fino al mattino?Non saprei. Vidi improvvisamente il sole
mattutino insediato nella mia stanzaprovai vivo stuporee malgrado tuttigli sforzi di memoria che potei faremi fu
impossibile sapere se avevo dormito o se ero stata pazientemente succube diuna deliziosa insonnia. Prima era nottee
adesso giorno! Eppure avevo vissuto a lungooh! molto a lungo!... L'interanottecancellata la nozione del tempo o
piuttosto la misura del tempoera misurabile per me solo attraverso la folladei miei pensieri. Per quanto lunga dovette
apparirmi da questo punto di vistami sembrava però che fosse durata soloqualche secondoo meglio che non avesse
lasciato traccia nell'eternità.
«Non vi parlo della mia stanchezza...perché era immensa. Si dice chel'ispirazione dei poeti e dei creatori
somiglia a ciò che ho provatobenché mi sia sempre immaginata che lepersone destinate a commuoverci dovessero
avere in dote un temperamento molto calmo; ma se il delirio poetico è similea quello procuratomi da un cucchiaino di
marmellatacredo che i piaceri del pubblico costino molto cari ai poetienon è senza un certo benessereuna prosaica
soddisfazione che mi sono sentita alla fine nei miei panninei miei panniintellettualivoglio dire nella vita reale».
Eccosenza dubbiouna donna ragionevolema ci serviremo ! del suo raccontosolo per trarne qualche
considerazione utile ! che completerà la descrizione molto sommaria sulleprincipali sensazioni che l'hascisc procura.
Della cena si è espressa come di un piacere che capitava davvero apropositonel momento in cui una schiarita
momentaneama che sembrava definitivale permetteva di rientrare nella vitareale. Infatti ci sonocome ho già detto
intervalli discontinui e una quiete traditricee spesso l'hascisc provocauna fame voracequasi sempre una sete fuori
misura. Però il pranzo o la cenainvece di concedere un riposo definitivogenerano quel nuovo riacutizzarsiquella
vertiginosa crisi di cui questa signora si lamentavae che ha dato seguito aincantevoli visionileggermente sfumate di
terrorecui si era senza dubbio rassegnata con molta buona grazia. La fame ela sete tiranniche di cui s'è parlato non
vengono appagate senza una certa fatica. i Perché l'uomo si sente cosìsuperiore alle cose materialio piuttosto è
talmente prostrato dalla sua ebbrezzache ha bisogno di esercitare moltocoraggio per muovere una bottiglia o una
forchetta.
La crisi definitiva che l'ingestione degli alimenti provoca è infatti moltoviolenta; è impossibile lottare; e un
simile stato non sarebbe sopportabile se durasse troppo e se presto noncedesse il posto a un'altra fase dell'ebbrezzache
nel caso prima esemplificatosi è tradotto in splendide visioni dolcementeterrifiche e ugualmente cariche di sollievo.
Questo nuovo stato è ciò che gli Orientali chiamano il kief: Néturbine né conflitto; una beatitudine calma e immobile
una rassegnazione esaltante. Da molto tempo non siete più padrone di voistessima non ve ne affliggete affatto. Il
dolore e l'idea del tempo sono scomparsio se di tanto in tanto osano farsiavantisono trasfigurati dalla sensazione
dominantee sono alloranei confronti della loro forma abitualeciò chela melanconia poetica è rispetto al dolore
effettivo.Maprima di tuttova sottolineato che nel racconto di quel stasignora (è con questo fine che l'ho trascritto)
l'allucinazione appartiene a un genere ibridoe trae la sua ragione d'esseredallo spettacolo esterno; la mente non è che
uno specchio in cui l'ambiente circostante si riflettetrasfigurato in modoeccessivo. Poi vediamo intervenire ciò che
chiamerei volentieri l'allucinazione morale: il soggetto crede di doverscontare una penama il temperamento
femminilepoco portato all'analisinon gli ha permesso di osservare iltratto singolarmente ottimista di detta
allucinazione. Lo sguardo benevolo delle divinità dell'Olimpoè resopoetico da una pennellata legata essenzialmente
all'hascisc. Non direi che questa signora è stata sfiorata dalrimorsoma i suoi pensierivolti per un momento alla
melanconia e al rimpiantosono stati prestamente colorati di speranza.Avremo ancora modo di verificare questa
constatazione.
La donna ha parlato della spossatezza del giorno dopo: in effettiè unaprofonda spossatezza; ma non si
manifesta immediatamentee quando siete obbligati a riconoscerlanon èsenza stupore. Perché in primo luogoquando
vi siete resi conto che un nuovo giorno è sorto all'orizzonte della vostravitaprovate un benessere pieno di stupore
avete l'impressione di assaporare una meravigliosa leggerezza della mente. Maappena alzati un lontano rimasuglio
d'ebbrezza vi segue e vi fa indugiarecome una palla al piede della vostrarecente servitù. Le vostre deboli gambe vi
accompagnano con esitazionee temete a ogni istante di rompervi come unoggetto fragile. Un gran languore (c'è gente
che ne rivendica il fascino) si impadronisce della mentee si espande intutte le vostre facoltàcome nebbia sul
paesaggio. Eccoviancora per qualche tempoincapaci di lavoraredi agireprivi di energia. È la punizione dell'empia
prodigalità con la quale avete dissipato il vostro fluido nervoso. Avetedisseminato la vostra personalità ai quattro canti
dell'universoeadessoquanta fatica per riunirla e riportarla al suocentro!
_IV • L'UOMO-DIO
È tempo di lasciare da parte questa arte da giullare e queste grandimarionettenate dal fumo di menti puerili.
Non dobbiamo forse discutere di soggetti più seri: della modificazione deisentimenti umani ein una paroladella
morale dell'hascisc?
Finoranon ho steso che una sommaria monografia dell'ebbrezza; mi sonolimitato ad accentuarne le principali
caratteristichesoprattutto quelle materiali. Maciò che credo piùimportante per l'uomo intelligenteè conoscere come
il veleno agisce sulla parte spirituale dell'uomovale a direl'amplificazionela deformazione e l'esagerazione dei suoi
sentimenti usuali e delle sue percezioni moraliche allora presentanoinun'atmosfera eccezionaleun vero e proprio
fenomeno di rifrazione.
Colui cheper lungo tempo si è consegnato all'abisso dell'oppio odell'hascisc e ha potuto trovarepur
indebolito dall'abitudine della sua schiavitùl'energia necessaria peraffrancarsenemi appare come un evaso. Mi ispira
più ammirazione dell'uomo prudenteche non ha mai erratoe che ha avutosempre cura di evitare la tentazione. Gli
Inglesi a proposito dei mangiatori d'oppio si servono frequentemente ditermini che possono sembrare eccessivi solo ai
candidi di spirito e a chi non conosce gli orrori di questa caduta: enchainedfetteredenslaved! Cateneinfattial cui
confronto tutte le altre catenequelle del dovere e dell'amore illegittimonon sono che trame di garza e tela di ragno!
Spaventevole matrimonio dell'uomo con sé stesso! «Ero divenuto schiavodell'oppiomi teneva nei suoi lacci e ogni mio
lavoroogni mio progetto si erano confusi con i colori dei miei sogni»così si esprime lo sposo di Ligeiama in quanti
splendidi brani Edgard Poequesto incomparabile poetaquesto filosofoirrefutabileche occorre sempre chiamare in
causa a proposito delle misteriose malattie dell'animanon descrive itenebrosigli avvincenti splendori dell'oppio?
L'amante della luminosa BereniceEgeus il metafisicodescriveun'alterazione delle sue facoltàche lo costringe a dare
un valore anormalemostruoso ai più semplici fenomeni: «Lunghe ore ariflettere senza tregual'attenzione fissata a
qualche puerile citazione sul margine o nel testo di un libro-restareassorbitoper gran parte di una giornata estivain
un'ombra bizzarra che obliqua si stende sulla tappezzeria o sulpavimento-dimenticarmi di me un'intera nottea
sorvegliare la fiamma eretta di una lampada o le braci del focolare-sognareinteri giorni sul profumo di un fiore-ripetere
con monotonia qualche parola banalefino a quando il suonoper la continuaripetizionecessa di presentare
alla mente un'idea qualunque-tali erano alcune delle più comuni e menoperniciose aberrazioni delle mie facoltà
mentaliaberrazioni chesenz'altronon sono prive di esemplificazionemache sfidano con certezza qualsiasi
spiegazione e qualsiasi analisi». E il nervoso Augustus Bedloe che ognimattinoprima della sua passeggiatainghiotte
la sua dose di oppioci confessa che il beneficio principale che questaquotidiana narcosi gli procuraè di interessarsi
all'eccesso di qualsiasi cosaanche la più comune: «Eppure l'oppio avevaprodotto il suo effetto abitualeche è di
rivestire l'intero mondo esterno di un intenso interesse. Nel tremito di unafoglia-nel colore di un filo d'erba-nella
forma di un trifoglio-nel ronzio di un'ape-nel lampo di una goccia dirugiada-nel sospiro del vento-negli evanescenti
odori sfuggiti alla foresta-si creava un mondo di ispirazioniuna magnificae variegata processione di pensieri
disordinati e rapsodici».
Così si esprimeper bocca dei suoi personaggiil maestro dell'orroreilprincipe del mistero. Queste due
caratteristiche dell'oppio sono perfettamente applicabili all'hascisc;nell'uno e nell'altro casol'intelligenzaun tempo
liberadiviene schiava; ma la parola rapsodicocapace di definire inmodo così adeguato una progressione di pensieri
suggeriti e comandati dal mondo esterno e la casualità delle circostanzepossiede nel caso dell'hascisc una verità più
vera e più terribile. In questo casoil ragionamento altro non è che unrelitto in balia di tutte le correntie laprogressione dei pensieri è infinitamentepiù accelerata e più rapsodica. Credocioèin modo abbastanzachiaroche
l'hascisc ènel suo effetto presentemolto più violento dell'oppiomoltopiù nemico della vita regolarein una parola
molto più perturbante. Non so se dieci anni d'intossicazione da hasciscprovocheranno disastri simili a quelli causati da
dieci anni di uso dell'oppio; dico cheal momento e nel futuro piùprossimol'hascisc provoca risultati più funesti; l'uno
è un tranquillo seduttorel'altro un demone sregolato.
In quest'ultima partevoglio definire e analizzare lo sconvolgimento moraleche questa pericolosa e deliziosa
ginnastica procuradevastazione così grandepericolo così profondochecoloro che tornano dalla guerra solo
leggermente danneggiatimi appaiono come tanti prodi ardimentosi sfuggitidalla caverna di un Proteo multiforme
insomma degli Orfei vincitori dell'Inferno. Si consideri pure questa figuradi linguaggio-se lo si vuole-una metafora
eccessivaconfesserò che i veleni eccitanti non solo mi sembrano uno deipiù terribili e sicuri mezzi di cui dispone
l'Angelo delle Tenebre per arruolare e asservire la trista umanitàma ancheuna delle sue più perfette incarnazioni.
Questa voltaper abbreviare il mio compito e rendere più precisa la miaanalisicondenserò in un unico
personaggio fittizio una serie di osservazioniinvece di raccogliereaneddoti sparsi. Ho dunque bisogno di supporre
un'anima di mio gusto. Nelle ConfessioniDe Quincey sostiene aragione che l'oppioinvece di stordire l'uomolo
eccitama lo eccita secondo la sua abituale naturae che cosìpergiudicare le meraviglie dell'oppiosarebbe assurdo
offrirlo a un mercante di buoi; in quanto questi non fantasticherebbe che dibuoi e pascoli. Ora non devo descrivere le
grossolane fantasie di un allevatore ebbro di hascisc; chi le leggerebbe conpiacere? chi acconsentirebbe a leggerle? Per
rendere ideale il mio argomento devo far convergere tutti i raggi in un unicocerchiodevo polarizzarlie il cerchio
tragico nel quale li farò riunire saràcome ho già dettoun'anima di miasceltaqualcosa di analogo a quello che il
XVIII secolo definiva l'uomo sensibilea quello che la scuolaromantica chiamava l'uomo incompresoe a quello che le
famiglie e la massa borghese infamano generalmente con l'epiteto di originale.
Un temperamento nervoso e melanconico al tempo stesso favorisce maggiormentele evoluzioni di una simile
ebbrezza; aggiungiamo anche una mente coltaesercitata nello studio dellaforma e del colore; un cuore tenerospossato
dall'infelicitàma ancora pronto a rifiorire; giungeremose lo voletefino al punto di ammettere antiche colpeeciò che
si deve dedurre in una natura facilmente eccitabilese non vivi rimorsialmeno il rimpianto del tempo profanato e
malamente occupato. Il gusto per la metafisicala conoscenza delle diverseipotesi filosofiche sul destino umanonon
sono certo inutili complementi- non più che questo amore per la virtùunavirtù astrattastoica o misticache è
enunciato in tutti i libri di cui si nutre l'infanzia modernacome la piùalta vetta verso cui un'anima di valore possa
aspirare. Se si aggiunge a tutto questo una grande raffinatezza dei sensiche ho omesso come condizione
supplementarecredo d'aver unito i più comuni e generali elementi dell'uomosensibile modernodi ciò che si potrebbe
definire la forma banale dell'originalità. Vediamo ora il cammino diquesta individualità spinta all'eccesso dall'hascisc.
Seguiamo questo procedere dell'immaginazione umana fino al suo ultimo e piùsplendido altarefino alla convinzione
dell'individuo che crede di essere dio.
Se appartenete a queste animeil vostro innato amore per la forma e per ilcolore troverà innanzi tutto una
grandiosa pastura nei primi sviluppi della vostra ebbrezza. I coloriprenderanno un'insolita energia e entreranno nel
cervello con un'intensità vittoriosa. Delicatimediocrio anche bruttigli affreschi dei soffitti si animeranno di una vita
terribile; le più grossolane carte da parati che tappezzino i muri deglialberghi acquisteranno profondità come splendidi
diorami. Le ninfe dalle luminose carni vi guardano con grandi occhipiùprofondi e più trasparenti del cielo e
dell'acqua; i personaggi dell'antichitàresi goffi dai costumi sacerdotalio militariscambiano con voi solenni confidenze
con un semplice sguardo. La sinuosità delle linee è un linguaggiodefinitivamente chiaro in cui leggete la commozione e
il desiderio delle anime. Si sviluppa però quello stato misterioso etemporaneo della mentein cui l'interiorità della vita
irta dei suoi numerosi problemisi rivela interamente nella naturalezza obanalità che sia dello spettacolo su cui cade il
nostro sguardo-in cui il primo oggetto che capita diviene un simboloeloquente. Fourier e Swedenborguno con le sue
analogiel'altro con le sue corrispondenzesi sono incarnati nelvegetale e nell'animale che cadono sotto il vostro
sguardoe invece di insegnare con la vocevi rendono dotti con la forma eil colore. La comprensione dell'allegoria
assume in voi proporzioni a voi stessi sconosciute; noteremo per inciso chel'allegoriaquesto genere così spirituale che
pittori maldestri ci hanno abituati a disprezzarema che è veramente unadelle forme più originarie e naturali della
poesiariacquista il suo legittimo dominio nell'intelletto illuminatodall'ebbrezza. L'hascisc allora ricopre tutta la vita
come una magica vernicela colora con solennità e ne illumina tutta laprofondità. Paesaggi dentellatiorizzonti in fuga
prospettive di città sbiancate dal lividore cadaverico del temporaleoaccese dagli ardori intensi dei soli che tramontano
- abissi dello spazioallegoria dell'abisso del tempo-la danzail gesto ola declamazione degli attorise vi siete rintanati
in un teatro-la prima frase che capita se il vostro sguardo cade su unlibro-tutta infine l'universalità degli esseri si
innalza davanti a voi con nuovo lustromai sospettato fino ad allora. Lastessa grammatical'arida grammaticasi
trasforma in stregoneria; le parole resuscitanorivestite di carne e d'ossail sostantivonella sua maestà sostanziale
l'aggettivotunica trasparente che lo ricopre e lo colora come una vernicee il verboangelo del movimentoche alla
frase porge l'impeto. La musicaaltra lingua cara agli oziosi o alle mentiprofonde che aspirano allo svago nella varietà
del lavorovi parla di voie vi narra il poema della vostra vita; divieneil vostro corpo e vi dissolvete in lei. Parla la
lingua della vostra passionenon in modo vago e indefinitocome durante levostre indolenti seratequando c'è l'opera
ma in modo circostanziatopositivomentre ogni movimento del ritmosottolinea un movimento conosciuto della vostra
animamentre ogni nota diviene parolae l'intero poema penetra nel vostrocervello come un vocabolario pieno di vita.
Non bisogna credere che tutti questi fenomeni appaiano nella mente allarinfusacon l'accento stridulo della
realtà e col disordine della vita esterna. L'occhio interiore tuttotrasforma e dà a ogni cosa quel complemento di bellezzache le mancaperchésia veramente degna di piacere. Proprio a questa fase essenzialmente voluttuosae sensuale occorre
riferire l'amore per le acque limpidecorrenti o stagnantiche tantosorprendentemente si sviluppa nell'ebbrezza
cerebrale di alcuni artisti. Gli specchi divengono un pretesto per questafantasticheria tanto simile a un'arsura spirituale
unita alla sete fisicadi cui ho detto più soprache secca la gola; leacque che fuggono lontanoi giochi d'acquale
cascate armoniosel'azzurra immensità del marescorronocantanodormonocon un inesprimibile fascino. L'acqua si
stende come vera sirena incantatrice ebenché presti poca fede alle furiosefollie dell'hasciscnon affermerò che la
contemplazione di un limpido gorgo sia stata davvero senza pericolo per unamente innamorata dello spazio e del
cristalloe che la vecchia favola dell'Ondina non possa trasformarsiall'occhio dell'entusiasta in una tragica realtà.
Credo di aver parlato abbastanza della mostruosa dilatazione del tempo edello spaziodue idee sempre
connessema che la mente in quel momento affronta senza tristezza e senzapaura. Guarda con una certa melanconica
delizia attraverso la profondità degli annie si lascia sprofondareaudacemente in prospettive infinite. Presumo che si
sarà chiaramente indovinato che questo anormale e tirannico dilatarsi siapplica in egual misura a qualsiasi sentimento e
a qualsiasi idea: così per la benevolenzane ho datocredouna provaconvincente; così per l'amore. L'idea di bellezza
deve per natura impossessarsi di un largo spazio in un temperamentospirituale quale ho supposto. L'armonia
l'equilibrio delle lineel'euritmia nei movimentiappaiono al sognatorecome necessitàcome responsabilitànon solo
per tutti gli esseri della creazionema per se stessoil sognatoreche sitrovain quel momento della crisidotato di una
meravigliosa disposizione a capire il ritmo immortale e universale. E se alnostro fanatico manca la bellezza della
personanon pensiate debba soffrire a lungo della penosa rivelazione cui ècostrettoné che si consideri una nota
discordante nel mondo d'armonia e di bellezza improvvisatodall'immaginazione. I sofismi dell'hascisc sono numerosi e
ammirevolipropensi in genere all'ottimismoe uno dei principaliil piùefficaceè quello di trasformare il desiderio in
realtà. Accade cosìsenza dubbioin parecchi casi della vita ordinariama quiquanto più ardore e sottigliezza! D'altra
parte come potrebbe un essere così ben dotato per capire l'armoniaunaspecie di sacerdote del Belloessere
un'eccezione e una macchia nella propria teoria? La bellezza morale e la suaefficaciala grazia e le sue seduzioni
l'eloquenza e le sue prodezzetutte queste idee si presentano subito amitigare un'indiscreta bruttezzapoi come
consolatoriinfine come perfetti adulatoridi uno scettro immaginario.
Quanto all'amoreho sentito di parecchi individuianimati da una curiositàda licealichiedere informazioni a
quelli che abitualmente facevano uso di hascisc. Cosa può essere questaebbrezza dell'amoregià così forte al suo stato
di naturaquando è rinchiusa dentro l'altra ebbrezzacome un sole in unsole? Questo è quanto si chiederà con
insistenza una caterva di spiriti che chiamerò i babbei del mondointellettuale. Per rispondere a un sottinteso disonesto
a quella parte della domanda che non osa manifestarsirinvio il lettore aPlinioil quale ha parlato in qualche punto
delle proprietà della canapa in modo da dissipare tante illusioni su questopunto. Si sainoltreche l'atonia è il risultato
più comune dell'abuso che gli uomini fanno dei loro nervi e delle sostanzeproprie a eccitarli. Oravisto che qui non si
tratta di potenza effettivama di emozione o di suscettibilitàpreghereisemplicemente il lettore di considerare che
l'immaginazione di un individuo eccitabileebbro di hasciscraggiunge ungrado prodigiosocosì poco misurabile
quanto l'estrema forza possibile del vento durante un uraganoe i suoi sensidivengono rarefatti fino a un limite così
difficile da definire. È lecito crederedunqueche una leggera carezzalapiù innocente di tutteuna stretta di manoad
esempiopossa essere centuplicata dal momentaneo stato dell'anima e deisensie condurliforsee molto rapidamente
a quella specie di sincope considerata dai volgari mortali come il summum dellafelicità. Ma non c'è dubbio che l'hascisc
risvegliin un'immaginazione spesso occupata dalle cose d'amoreteneriricordiai quali il dolore e l'infelicità danno
persino un nuovo lustro. Non è meno certo che una forte carica disensualità si mescoli a queste inquietudini dell'animo;
e d'altra parte è utile sottolineare ciò che basterebbe a confermare suquesto punto l'immoralità dell'hasciscche una
setta d'Ismailiti (è dagli Ismailiti che discendono gli Assassini) snaturaval'idolatria ben oltre l'imparziale Lingamcioè
fino al culto assoluto ed esclusivo della metà femminile del simbolo.Sarebbe quindi naturaleessendo ogni uomo la
rappresentazione della storiavedere prodursi un'oscena eresiaunareligione mostruosa in una mente che si è
vigliaccamente arresa alla mercé di una droga infernalee che sorride alladilapidazione delle proprie facoltà.
Poiché s'è visto che nell'ebbrezza dell'hascisc si manifesta una singolarebenevolenza rivolta addirittura agli
sconosciutiuna specie di filantropia fatta più di pietà che d'amore (èqui che si mostra il primo germe dello spirito
satanicoche si svilupperà in modo straordinario)ma che giunge fino altimore di affliggere chiunquesi può intuire
come diventi la sentimentalità circoscrittarivolta a una persona amatache possiede o ha posseduto un ruolo importante
nella vita morale del malato. Il cultol'adorazionela preghierai sognidi felicità si proiettano e si slanciano con
l'energia ambiziosa e lo splendore del fuoco d'artificio; quali la polvere ele materie coloranti del fuocoabbagliano e
svaniscono nelle tenebre. Non c'è alcun genere di combinazione sentimentalea cui non possa sottomettersi il docile
amore di uno schiavo dell'hascisc. L'inclinazione alla protezioneunsentimento di ardente e devota paternità possono
mescolarsi a una sensualità colpevoleche l'hascisc saprà sempre scusare eassolvere Ma va ben oltre. Suppongo errori
già commessiche hanno impresso nell'anima tracce amareun marito o unamante che contempla con tristezza (nel suo
stato normale) un passato sfumato di tempeste; quelle amarezze possono alloratrasformarsi in dolcezze; il bisogno di
perdono rende l'immaginazione più versatile e più supplichevolee ilrimorso stessoin questo dramma diabolico che si
esprime solo in un lungo monologopuò agire come eccitante e infiammarepotentemente l'entusiasmo del cuore. Sìil
rimorso! Avevo torto nel dire che l'hascisc apparivaa un ingegno veramentefilosoficocome un perfetto strumento del
demonio? Il rimorsostrano ingrediente del piacereè subito sommerso nelladeliziosa contemplazione del rimorsoin
una specie di voluttuosa analisie questa analisi è così rapida chel'uomoquesto diavolo naturaleper parlare come iseguaci di Swedenborgnon siaccorge di quanto sia involontariae quantodi secondo in secondo si avvicinialla
perfezione diabolica. Egli prova ammirazione per il proprio rimorso ese ne gloriamentre sta per perdere la libertà.
Ecco dunque il mio presunto uomolo spirito della mia sceltagiunto a quelgrado di gioia e di serenità dove è
costretto ad ammirare se stesso. Ogni contraddizione si cancellaogniproblema filosofico diviene risolvibileo almeno
così pare. Tutto è argomento di gioia. La pienezza della sua vita attualegli ispira uno smisurato orgoglio. Una voce
parla in lui (ahimè! è la sua) e gli dice: «Ora hai il diritto diconsiderarti come superiore a tutti; nessuno ti conosce
nessuno potrebbe capire tutto ciò che pensi e senti; sarebbero perfinoincapaci di apprezzare la benevolenza che ti
ispirano. Tu sei un re che i passanti ignoranoe che vive nella solitudinedella sua convinzionema che ti importa? Non
possiedi forse quel sovrano disprezzo che rende l'anima così benevola?».
Possiamo supporretuttaviache ogni tanto uno sferzante ricordo attraversie corrompa questa felicità. Una
suggestione sorta dall'esterno può resuscitare un passato spiacevole dacontemplare. Di quante sciocche e vili azioni
davvero indegne di questo re del pensiero e che ne infangano la dignitàidealeè carico il passato? L'uomo dell'hascisc
state pur sicuriaffronterà con coraggio quei fantasmi pieni di rimproverie saprà anche trarre da questi angoscianti
ricordi nuovi elementi di piacere e di orgoglio. Così si evolverà il suoragionamento: passata la prima sensazione di
doloreanalizzerà con curiosità quell'azione o quel sentimento il cuiricordo ha turbato la sua glorificazione presentei
motivi che allora lo facevano agirele circostanze in cui si trovavae sein esse non trova sufficiente ragionise non per
assolvere almeno per attenuare il suo peccatonon pensiate che si dia pervinto! Assisto al suo ragionamento come al
gioco di un meccanismo sotto un vetro trasparente: «Quell'azione ridicoladebole o vileil cui ricordo mi ha per un
istante turbatoè in completa contraddizione con la mia vera naturala miaattuale naturae la stessa energia con cui la
condannola solerzia da inquisitore con cui l'analizzo e la giudicosono laprova delle mie elevate divine abitudini alla
virtù. Quanti uomini si troverebbero sulla terra così pronti nelgiudicarsicosì severi nel condannarsi?». E non solo si
condannama si esalta. Assorbito così l'orribile ricordo nellacontemplazione di un'ideale virtùdi un'ideale caritàdi un
genio idealesi innalza con candore alla sua trionfante orgia spirituale.Abbiamo notato checontraffacendo in modo
sacrilego il sacramento della penitenzapenitente e confessore nello stessomomentosi era facilmente assoltoo peggio
ancoraaveva tratto dalla sua condanna un nuovo alimento per il suoorgoglio. Oradalla contemplazione dei suoi sogni
e delle sue virtuose intenzionideduce la sua attitudine pratica allavirtù; l'energia amorosa con cui abbraccia questo
fantasma di virtù gli sembra una prova sufficienteperentoriadell'energiavirilenecessaria per realizzare il suo ideale.
Confonde totalmente il sogno con l'azionee la sua immaginazioneeccitandosi sempre più davanti allo spettacolo
incantatore della propria natura corretta e idealizzatasostituendo questaimmagine fascinatrice di sé alla sua
individualità realecosì debole di volontàcosì ricca di vanitàallafine decreta la propria apoteosi in questi termini
chiari e sempliciche contengono per lui un intero mondo di abominevoligodimenti: «Sono il più virtuoso di tutti gli
uomini!».
Questo non vi fa ricordare Jean-Jacquesil qualelui puredopo essersiconfessato non senza una certa voluttà
all'universoha osato alzare lo stesso grido di trionfo (o almeno ladifferenza è minima) con la stessa sincerità e la stessa
convinzione? L'entusiasmo con cui ammirava la virtùla commozione nervosache riempiva di lacrime i suoi occhi
quando vedeva una bella azioneo quando pensava a tutte le belle azioni cheavrebbe voluto compiereerano sufficienti
per dargli un'idea superlativa del proprio valore morale. Jean-Jacques avevaraggiunto l'ebbrezza senza hascisc.
Spingerò oltre l'analisi di questa vittoriosa monomania? Dovrò spiegarecomegrazie al potere del velenoil
mio uomo divenga in un attimo il centro dell'universo? come divengal'espressione viva e iperbolica del proverbio che
dice che la passione riconduce tutto a se stessa? Crede nel suo valore e nelsuo genio; non se ne indovina la fine? Tutti
gli oggetti circostanti sono altrettante suggestioni che muovono in lui unmondo di pensieritutti più coloratipiù vividi
più sottili che maie rivestiti da una magica vernice. Così parla a sestesso: «Quelle magnifiche città dagli alteri palazzi
scaglionati come negli scenari- le belle navi cullate dalle acque dellarada in una nostalgica inerziae che sembrano
tradurre il nostro pensiero Quando salpiamo per la felicità? quei museiesuberanti di belle forme e di inebrianti colori-quelle
biblioteche dove s'accumulano i lavori della Scienza e i sogni dellaMusa-quegli strumenti radunati che parlano
con un'unica voce- quelle donne seducentirese ancora più belle dallascienza dell'acconciatura e dall'economia dello
sguardo-tutte queste cose sono state create per meper meper me!Per mel'umanità ha faticato è stata martirizzatasi
è immolata-per essere pascolopabulum alla mia implacabile famed'emozionidi conoscenza e di bellezza». Ometto e
abbrevio. Nessuno si stupirà che un ultimo pensierosupremosgorghi dalcervello del sognatore: «Sono divenuto
Dio!»che un grido selvaggioardente balzi dal suo petto con una taleenergiauna tale potenza di proiezione che. se le
volontà e le credenze di un uomo ebbro avessero il valore dell'efficaciaquesto grido travolgerebbe gli angeli sparsi per
i sentieri del cielo: «Sono un Dio!». Ma subito questo uragano di orgogliosi trasforma in una temperatura di beatitudine
calmasilentedistesae l'universalità degli esseri appare colorata ecome illuminata da un'aurora sulfurea. Se per caso
un vaga ricordo guizza nell'anima di questo deplorevole beato. Non ci sarebbeforse un altro dio? Credete che si
solleverà di fronte a quell'altroche discuterà i suoi voleri e chel'affronterà senza terrore. Qual è il filosofo francese
cheper schernire le moderne dottrine tedeschediceva: «Sono un dio che hapranzato male?». Questa ironia non
intaccherebbe una mente rapita dall'hascisc; cheanzirisponderebbetranquillamente: «È possibile che abbia pranzato
malema sono un Dio».
_V • MORALEMa il domani! il terribile domani! le svogliate e esaustemembrai nervi allentatile solleticanti voglie di
piangerel'impossibilità di affrontare un lavoro continuovi insegnano concrudeltà che avete giocato a un gioco
proibito. La laida naturaspoglia del suo sfolgorio della vigiliasomigliaai melanconici avanzi di una festa. È
soprattutto la volontàla più preziosa di tutte le facoltàa risentirne.Si diceed è quasi veroche questa sostanza non
causa alcun malanno fisicoalmenonessun grave malanno. Ma è lecitoaffermare che un uomo incapace d'azionee
capace soltanto di sognarestia veramente benequand'anche tutte le membrafossero in buona condizione? Ora
conosciamo a sufficienza la natura umana per sapere che un uomo capace diprocurarsi immediatamente tutti i doni del
cielo e della terra con un cucchiaio di marmellatanon ne guadagnerà mai lamillesima parte lavorando. Vi immaginate
uno Stato in cui tutti i cittadini si ubriacassero di hascisc? Che cittadini!Che guerrieri! Che legislatori! Perfino in
Orientedove l'uso è così diffusoci sono governi che hanno compreso lanecessità di bandirlo. Infattiè vietato
all'uomosotto pena di decadimento e di morte intellettualedi guastare lecondizioni primordiali della propria esistenza
e spezzare l'equilibrio delle proprie facoltà con gli ambienti in cui sonodestinate ad agireinsommanon è consentito
all'uomo di sconvolgere il proprio destino in cambio di una nuova fatalità.Ricordiamoci di Melmothquesto
straordinario emblema. La sua spaventosa sofferenza nasce dalla sproporzionetra le sue meravigliose facoltàottenute
all'istante con un patto satanicoe il luogo in cuicome creatura di Dioè condannato a vivere. E nessuno di coloro che
vuole sedurre accetta di riacquistarealle stesse condizioniil suoterribile privilegio. Infatti chiunque non accetti le
condizioni della vitavende la propria anima. È agevole cogliere ilrapporto che esiste tra le creazioni sataniche dei
poeti e le creature vive che si sono immolate agli eccitanti. L'uomo havoluto essere Dioed eccolo subitograzie a una
legge morale incontrollabilecaduto più in basso della sua reale natura. Èun'anima che si vende al minuto.
Balzac pensava senza dubbio che non ci fosse nessuna più grande vergogna enessuna sofferenza più viva per
l'uomo che abdicare alla propria volontà. L'ho visto una voltain un gruppoin cui si discuteva dei prodigiosi effetti
dell'hascisc. Ascoltava e poneva domande con un'attenzione e una vivacitàdivertenti. Le persone che l'hanno
conosciuto intuiscono che doveva proprio essere interessato. Ma l'idea dipensare suo malgrado lo turbava
profondamente. Gli fu offerto del dawamesk; lo esaminòlo fiutò e lorestituì senza prenderne. Il conflitto tra la
curiosità quasi infantile e la ripugnanza per l'abdicazione appariva in modoeloquente sul suo volto espressivo. Prevalse
l'amore per la dignità. È infatti difficile immaginarsi il teorico della volontàgemello spirituale di Louis Lambertche
acconsente a perdere una particella di quella preziosa sostanza.
Malgrado le ammirabili prestazioni rese dall'etere e dal cloroformiomisembra chesecondo la filosofia
spiritualistala stessa infamia morale si applichi a tutte le invenzionimoderne che tendono a diminuire la libertà umana
e l'indispensabile dolore. Non è senza una certa ammirazione che intesi unavolta la paradossale ammissione di un
ufficiale che mi raccontava la crudele operazione subita ad El-Aghouat da ungenerale franceseche ne morì malgrado il
cloroformio. Il generale era un uomo molto coraggiosoe anche qualcosa dipiùuna di quelle anime a cui si applica con
naturalezza il termine: cavalleresco. «Non erami dicevail cloroformioche gli occorrevama gli sguardi dell'intera
armata e la musica dei reggimenti. Cosìforsesi sarebbe salvato!». Ilchirurgo non la pensava come l'ufficialema il
cappellano avrebbe senz'altro ammirato quei sentimenti.
È veramente superfluodopo tutte queste considerazioniinsistere sulcarattere immorale dell'hascisc. Nessuna
mente ragionevole avrà da ridire se lo paragono al suicidioa un lentosuicidioa un'arma sempre insanguinata e sempre
affilata. Se lo assimilo alla stregoneriaalla magiatese a conquistareoperando sulla materiae con poteri arcani di cui
nulla prova la falsità o l'efficaciaun dominio proibito all'uomo opermesso solo a chi ne è giudicato degnonessuno
spirito filosofico mi rinfaccerà questo paragone. Se la Chiesa condanna lamagia e la stregoneriaè perché militano
contro le intenzioni di Dioperché sopprimono il lavoro del tempo evogliono rendere superflue le condizioni di purezza
e di moralità; e perché la Chiesa non considera come legittimicome verise non i tesori ottenuti con la buona e assidua
intenzione. Chiamiamo baro il giocatore che ha trovato il modo di giocare acolpo sicuro; come battezzeremo l'uomo
che vuol comprarecon un po' di denarogenio e felicità? Èl'infallibilità stessa del mezzo che ne costituisce
l'immoralitàcome la supposta infallibilità della magia le impone la suastigmate infernale. Devo aggiungere che
l'hascisccome tutte le gioie solitarierende l'individuo inutile agliuomini e la società superflua per l'individuo
spingendolo a un'illimitata ammirazione di sé e facendolo precipitaregiorno dopo giornoverso l'abisso luminoso dove
ammira il proprio volto di Narciso?
E se inoltre l'uomo potesse trarre dall'hascisca prezzo della sua dignitàdell'onestà e del libero arbitriograndi
benefici spiritualifarne una specie di macchina per pensareun fecondostrumento? È una domanda che spesso ho
sentito porree a cui rispondo. Prima di tutto l'hascisccome ho a lungospiegatoaltro non rivela all'individuo che solo
e soltanto se stesso. È vero che tale individuo è per così dire sublimatoe trasfigurato fino al limitee poiché è
ugualmente certo che il ricordo delle impressioni sopravvive all'orgialasperanza di questi utilitaristi non apparea
prima vistadel tutto priva di ragione. Ma li pregherò di osservare che ipensieridai quali contano trarre gran profitto
non sono in realtà così belli quanto appaiono sotto il loro momentaneotravestimento e coperti di magici orpelli.
Appartengono più alla terra che al cieloe devono gran parte della lorobellezza all'eccitazione nervosaall'avidità con
cui la mente vi si getta sopra. In piùquesta speranza è un circolovizioso: ammettiamo per un istante che l'hascisc diao
almeno aumenti la genialità; ma ci si dimentica che è proprio dell'hasciscdiminuire la volontàe chedi conseguenza
essa concede da un lato quanto sottrae dall'altrocioè l'immaginazionesenza la facoltà di approfittarne. Infine occorre
pensarepresumendo un uomo abbastanza abile e vigoroso da sottrarsiall'alternativaa un altro pericolofatale
terribileche è quello di tutte le dipendenze. Tutte si trasformano quantoprima in necessità. Colui che avrà fatto ricorsoa un veleno per pensarepresto non potrà più pensare senza veleno. Riusciamo a immaginare laterribile sorte di un
uomo la cui immaginazione paralizzata non saprebbe più funzionare senzal'aiuto dell'hascisc o dell'oppio?
Negli studi filosoficila mente umanaimitando il cammino degli astrideveseguire una parabola che la
riconduce alla sua origine. Concluderesignifica chiudere un cerchio.All'inizio ho parlato di questo meraviglioso stato
in cui a volte la mente umana si trova gettata come per una grazia speciale;ho detto che aspirando senza posa ad
accendere le proprie speranze e innalzarsi verso l'infinitoha mostratoinogni tempo e luogo un gusto frenetico per
tutte le sostanzeanche pericoloseche esaltando la sua personalitàpotevano suscitare per qualche istantedavanti al
suo sguardoquesto paradiso a buon mercatooggetto di ogni suo desiderioeinfine che questa mente temeraria che
spingesenza saperlofino all'infernotestimoniava pure la sua originariagrandezza. Ma l'uomo non è così derelitto
così privo di mezzi onesti per conquistarsi il cieloda sentirsi obbligatoa invocare la farmaceutica e la stregoneria; non
ha bisogno di vendere l'anima per pagare le inebrianti carezze e l'amiciziadelle urì. Qual è dunque quel paradiso che si
compra al prezzo della salvezza eterna? Mi immagino un uomo (chi posso dire:un brahmanoun poeta o un filosofo
cristiano?) posto sull'arduo Olimpo della spiritualità; intorno a luileMuse di Raffaello o di Mantegna compongono le
più nobili danze per consolarlo dei lunghi digiuni e delle assiduepreghierelo osservano con i più dolci sguardi e i più
luminosi sorrisi; il divino Apollomaestro di tutti i saperi (quello diFrancavillad'Albrecht Dürerdi Goltziuso di
qualsiasi altroche importa? Non c'è forse un Apollo per ogni individuo chelo merita?)accarezza con l'archetto le più
tremule corde. Sotto di lui alle falde della montagnatra rovi e fangoilbranco degli umanila banda degli ilotisimula
le smorfie del godimento e lancia urla strappate dal morso del veleno; e ilpoeta rattristato dice a sé stesso: «Questi
sfortunati che non hanno né digiunato né pregatoe che hanno rifiutato laredenzione che viene dal lavorochiedono alla
nera magia i mezzi per elevarsidi colpoall'esistenza soprannaturale. Lamagia li inganna e accende per loro una falsa
felicità e una falsa lucementre noipoeti e filosofiabbiamo fattorinascere la nostra anima col lavoro incessante e la
contemplazione; con l'assiduo esercizio della volontà e la nobiltàpermanente dell'intenzioneabbiamo creato per nostro
uso un giardino di vera bellezza. Confidando nella parola che dice che lafede trasporta le montagneabbiamo compiuto
il solo miracolo di cui Dio ci abbia concesso licenza!».
UN MANGIATORE D'OPPIO
_I • PRECAUZIONI ORATORIE
«O giustosottilepossente oppio! Tu che nel cuore del povero come delriccoalle ferite che mai si
cicatrizzeranno e alle angosce che inducono la mente alla ribellioneoffriun balsamo che lenisce; oppio eloquente! tu
checon la tua possente retoricarendi inermi le decisioni della rabbiaecheper una notterendi all'uomo colpevole le
speranze della gioventù e le sue mani di una volta pure di sangue; tu cheoffri all'uomo orgoglioso un effimero oblio
Di torti irreparatidi invendicati insulti;
tu che citi di fronte al tribunale dei sogni i falsi testimoniper iltrionfo dell'innocenza immolata; tu che
confondi lo spergiuro; tu che annulli le sentenze dei giudici iniqui;-tuedifichi nelle più profonde tenebrecon la
sostanza immaginaria del cervellocon un'arte più intensa di quella diFidia e di Prassitelecittà e templi più splendidi di
Babilonia e Hecatompylose dal caos di un sonno gremito di sogni evochi allaluce del sole i volti delle bellezze da
tanto tempo sepoltee le fisionomie familiari e benedettepurificate dalleingiurie della tomba. Tu solooffri in dono
all'uomo questi tesori e possiedi le chiavi del paradisoo giustosottile epossente oppio!»-Ma prima che l'autore abbia
avuto l'audacia di elevarein onore del suo amato oppio-questo gridoviolento come la gratitudine dell'amorequante
astuziequante cautele da retore! Innanzitutto l'eterna affermazione di chideve fare confessioni compromettentiquasi
decisoperòa compiacersene:
«Per la sollecitudine che vi ho messoconfido che queste memorie nonsaranno semplicemente interessantima
anchee a un grado considerevoleutili e istruttive. È sicuramente conquesta speranza che le ho redatte per iscrittoe
sarà il mio pretesto per aver infranto il riserbo delicato e onorevolecheimpedisce a molti di esibire in pubblico i nostri
errori e infermità. È veronulla è più opportuno a scandalizzarel'opinione degli inglesi che lo spettacolo di un essere
umano che impone alla nostra attenzione le proprie cicatrici e le proprieulcere morali e che strappa il velo pudico di cui
il tempo o l'indulgenza per la fragilità umana avevano acconsentito arivestirle».
Infattiegli aggiungeil crimine e la miseria generalmente indietreggianodi fronte al pubblico sguardoe
anche al cimiteroprendono le distanze dalla popolazione comunecome serinunciassero umilmente a ogni diritto di
fratellanza con la grande famiglia degli uomini. Ma nel caso del Mangiatored'oppionon c'è criminec'è solo
debolezzaein piùuna debolezza così facile da giustificare! Come egliproverà in una biografia preliminare; inoltre il
beneficio che per gli altri deriva dagli appunti di un'esperienza pagatacosì pesantementepuò largamente compensare la
violenza perpetrata al pudore morale e creare un'eccezione legittima.Inquesto prologo rivolto al lettoretroviamo alcune notizie sul misterioso popolodei mangiatori d'oppio
contemplativa nazione perduta nel profondo della nazione attiva. Sononumerosipiù di quanto si pensi. Vi sono
professorifilosofiun Lord che occupa la più alta posizione socialeunsotto-segretario di Stato; se casi così numerosi
scelti nell'alta societàson giuntisenza essere stati cercatiallaconoscenza di un solo individuoquale paurosa statistica
si potrebbe stabilire sulla totalità della popolazione dell'Inghilterra! Trefarmacisti di Londrain quartieri periferici
affermano (nel 1821) che il numero degli amatori d'oppio è immensoeche è sorgente di quotidiani fastidi la difficoltà
di distinguere le persone che se ne servono per una specie di cura da quelleche vogliono procurarsene per colpevoli
intenti. Ma l'oppio è disceso a visitare le frange della societàe aManchesteril sabato pomeriggioi banchi dei
droghieri sono coperti di pastiglie in previsione delle richieste della sera.Per gli operai delle manifatture l'oppio è una
voluttà economica; perché la diminuzione dei salari può rendere la birra ele bevande alcoliche un costoso bagordo. Ma
non crediate che l'operaio inglesequando il salario tornerà a salireabbandoni l'oppio per tornare alle volgari gioie
dell'alcool. Il fascino ha agito; la volontà è domata; il ricordo delgodimento eserciterà la sua eterna tirannia.
Se temperamenti grossolani e istupiditi da un lavoro giornaliero e senzaattrattive possono trovare nell'oppio
grandi consolazioniquale sarà allora l'effetto su una mente raffinata edottasu un'ardente e colta immaginazione
soprattutto se essa è stata prematuramente solcata dal fecondo dolore-su uncervello segnato dalla fatale fantasticheria
touched with pensivenessper servirmi della sorprendente espressione delmio autore? Tale è il soggetto del
meraviglioso libro che srotolerò come fantastica tappezzeria sotto gli occhidel lettore. Senza dubbio riassumerò molto;
De Quincey è essenzialmente digressivo; il termine humorist gli siaddice particolarmente più che ad altri; in un punto
paragona il suo pensiero a un tirsosemplice bastone che trae sembiante evenustà dal complicato sviluppo delle foglie
che lo avvolgono. Affinché il lettore non perda nulla delle commoventiraffigurazioni che compongono la sostanza del
libroe siccome lo spazio a mia disposizione è ristrettosarò obbligatocon mio grande dispiacerea sopprimere
divertentissimi accessoriparecchie squisite dissertazioniche non hannodirettamente a che fare con l'oppioma che
semplicemente tendono a illustrare il carattere del mangiatored'oppio. Il libroperòha abbastanza vigore per farsi
indovinareanche sotto questo aspetto succintopur come semplice estratto.
L'opera (Confessions of an english opium-eaterbeing an extract from thelife of a scholar) è divisa in due
parti: l'unaConfessionsl'altrache la completaSuspiria deprofundis. Ognuna è ulteriormente suddivisa in differenti
parti: ne ometterò alcuneche sono come corollari o appendici. La divisionedella prima parte è di una semplicità e di
una logica perfettepoiché si sviluppa dal soggetto stesso: Confessionipreliminari; Voluttà dell'oppio; Torture
dell'oppio. Le Confessioni preliminarisulle quali dovròsoffermarmi un po' più a lungohanno uno scopo facilmente
intuibile. Occorre che il personaggio sia conosciutoche si faccia amareapprezzare dal lettore. L'autoreche ha tentato
di attrarre con vigore l'attenzione con un argomento in apparenza tantomonotono come la descrizione di un'ebbrezzaci
tiene vivamente a dimostrare fino a che punto sia giustificabile; vuoldestare una simpatia per la sua persona da cui tutta
l'opera trarrà vantaggio. Infinee questo è molto importanteil raccontodi certi infortuniforse di per sé volgarima
gravi e seri per la sensibilità di chi li ha subitidivieneper cosìdirela chiave delle sensazioni e delle straordinarie
visioni che più tardi accerchieranno il suo cervello. Molti vegliardichinisul tavolo di una bettolarivedono se stessi
viviin una cerchia di persone scomparse; la loro ebbrezza nasce dallagioventù perduta. Allo stesso modogli
avvenimenti raccontati nelle Confessioni usurperanno una parteimportante nelle visioni successive. Resusciteranno
come quei sogni che non sono altro se non ricordi deformati o trasfiguratidelle ossessioni di una giornata faticosa.
_II • CONFESSIONI PRELIMINARI
Nonon fu per ricercare una colpevole e pigra voluttà che egli cominciò aservirsi dell'oppioma
semplicemente per mitigare i tormenti dello stomaco nati da una crudeleabitudine alla fame. Le angustie della miseria
risalgono alla sua prima giovinezzaed è all'età di ventott'anni che ilmale e il rimedio j compaiono per la prima volta
nella sua vitadopo un periodo j abbastanza lungo di felicitàdi sicurezzae di benessere. In quali circostanze si siano
prodotte quelle angosce fataliè ciò che I vedremo.
Il futuro mangiatore d'oppio aveva sette anni quando suo padre morìaffidandolo a tutori che gli fecero
intraprendere la sua prima istruzione in scuole diverse. Molto presto sidistinse per attitudini letterarie e in particolare
per una precoce conoscenza della lingua greca. A tredici anniscriveva ingrecoa quindicipoteva non solo comporre
versi greci nei metri liricima anche conversare in greco con dovizia efacilitàfacoltà che doveva a un'abitudine
acquisita di giorno in giorno di improvvisare in greco una traduzione daigiornali inglesi. La necessità di trovare nella
memoria e nell'immaginazione una schiera di perifrasi per esprimere in unalingua morta idee e immagini del tutto
moderneaveva plasmato per lui un dizionario sempre prontoben piùcomplesso ed esteso di quello che deriva dalla
volgare pazienza delle versioni puramente letterarie. «Quel ragazzodicevauno dei suoi maestri additandolo a un
estraneopotrebbe arringare una folla ateniese molto meglio che voi o me unafolla di inglesi». Purtroppo il nostro
precoce ellenista fu tolto dall'eccellente maestro; edopo essere passatonelle mani di un rozzo pedagogosempre
timoroso che il fanciullo si facesse censore della sua ignoranzafuconsegnato alle cure di un valido professore che
anche luipeccava per assenza di eleganza e in nulla ricordava l'ardente ebrillante erudizione del primo. Brutta cosa che
un ragazzo possa giudicare i suoi maestri e porsi al di sopra di essi. Sitraduceva Sofocleeprima della lezionelo
zelante professorel'archididascalussi preparava con una grammaticae un dizionario alla lettura dei coriemendandoin anticipo la lezione di ogniesitazione e difficoltà. Intanto il giovinetto (aveva quasi diciassette anni)bruciava dal
desiderio di andare all'Universitàma invano bersagliava i suoi tutori atale proposito. Uno di lorouomo buono e
ragionevoleabitava molto lontano. Degli altri tredue avevano ripostotutta la loro autorità nelle mani del quarto; e
quello ci viene dipinto come la guida più testarda del mondo e piùinnamorata della propria volontà. Il nostro
avventuroso giovinetto prende una grande decisione: fuggirà dalla scuola.Scrive a una deliziosa ed eccellente donna
senza dubbio un'amica di famigliache l'ha tenuto sulle ginocchia dapiccoloper chiederle cinque ghinee. Arriva subito
una risposta piena di grazia maternacol doppio della somma richiesta . Lasua borsa di scolaro conteneva ancora due
ghineee dodici ghinee rappresentano una fortuna illimitata per un ragazzoche non conosce le necessità quotidiane
della vita. Non si tratta ora che di realizzare la fuga. Il brano che segueè uno di quelli che non posso rassegnarmi ad
accorciare. È bene d'altronde che il lettore possa ogni tanto assaporare dasé la prosa penetrante e femminile dell'autore.
«Il dottor Johnson osserva molto giustamente (e con profondo sentimentocosa che purtroppo non può essere
detta di tutte le sue osservazioni)che noi non facciamo mai deliberatamenteper l'ultima voltasenza tristezza di cuore
ciò che da lungo tempo siamo abituati a fare. Compresi profondamente questaveritàdopo aver appena lasciato un
luogo che non amavo e dove non ero stato felice. La sera che precedette ilgiorno in cui dovevo abbandonarlo per
sempresentii con tristezza risuonare nella vetusta e imponente aula lapreghiera della sera; la udivo difatti per l'ultima
volta egiunta la nottequando fu fatto l'appellochiamato come sempre ilmio nome per primomi feci innanzi e
passando davanti al direttore che era presentelo salutai; lo guardavo conattenzione nel viso e pensavo dentro di me: È
vecchio e malatoe non lo rivedrò più in questo mondo! Avevo ragioneperché non l'ho rivisto e non lo rivedrò più.
Egli mi guardò con bonarietàcon un sorriso benevolomi restituì ilsalutoo meglio il mio addioe ci lasciammosenza
che lo dubitasseper sempre. Non potevo provare un profondo rispetto per lasua intelligenza; ma si era sempre
mostrato buono con me; mi aveva concesso parecchi favorie soffrivo pensandoalla mortificazione che stavo per
infliggergli.
«Giunse il mattinoin cui dovevo avventurarmi nel mare del mondomattinodal quale tutta la mia vita
successiva ha presoin gran parteil colore. Alloggiavo nella casa deldirettore del collegioefin dal mio arrivoavevo
ottenuto il favore di una camera particolareche mi serviva sia da camera daletto che da studio. Alle tre e mezzami
alzaie valutai con profonda emozione le vecchie torri di...adorne deiprimi bagliorie che cominciavano a
imporporarsi dello scintillio radioso di una limpida mattina di giugno. Erodeciso e irremovibile nel mio propositoma
tuttaviaturbato da una vaga apprensione di difficoltà e di incertipericoli; e se avessi potuto prevedere la tempestala
vera gragnuola di afflizione che doveva ben presto abbattersi su di mesareistato a buon diritto molto più agitato. La
pace profonda del mattino era in toccante contrasto con quel turbamentoegli serviva quasi da medicina. Il silenzio era
più intenso che a mezzanotte; e per me il silenzio di un mattino d'estate èpiù appassionante di ogni altro silenzio
perché la lucebenché aperta e vigorosacome quella del mezzogiorno nellealtre stagioni dell'annosembra differire dal
giorno perfetto soprattutto in questoche l'uomo non è ancora uscito; ecosì la pace della natura e delle innocenti
creature di Dio sembra profonda e garantitafinché la presenza dell'uomocon la sua mente inquieta e volubilenon
verrà a intaccarne la sacralità. Mi vestiipresi cappello e guanti eindugiai per un po' di tempo nella mia stanza. Per un
anno e mezzoquesta stanza era stata la cittadella del mio pensiero; quiavevo letto e studiato nelle lunghe ore della
notte; ebenché in veritàdurante l'ultima parte di questo periodoioche ero portato all'amore e agli affetti delicati
avessi perduto felicità e allegria nel febbricitante conflitto sostenutocontro il mio tutoredall'altra parteun giovane
come me innamorato dei librivotato alle speculazioni dello spiritononpoteva non aver goduto di qualche piacevole
orapur nel cuore del suo avvilimento. Piangevo mentre guardavo intorno a mela poltronail caminola scrivania e altri
oggetti familiari che fin troppo ero sicuro di non rivedere. Da allora finoal momento in cui scrivo queste righesono
passati diciotto annieppurein questo stesso momento vedo distintamentecome se appartenesse a ieriil contorno e
l'espressione dell'oggetto su cui fissavo uno sguardo di addio; era ilritratto della seducente...*appeso sopra il caminoe
gli occhi e la bocca erano così belli e tutto l'aspetto così radioso dibontà e divina serenitàche mille volte avevo lasciato
cadere la penna o il libro per chiedere consolazione alla sua immaginecomeun devoto al suo santo patrono. Mentre
dimenticavo me stesso contemplandolala voce profonda dell'orologioannunciò che erano le quattro. Mi alzai fino al
ritrattolo baciaie poi uscii lentamente e chiusi per sempre la porta!
«Le occasioni di riso e di lacrime si intrecciano e si mescolano così benein questa vitache non posso
ricordare senza sorridere un incidente che accadde allorae che quasirischiò di ostacolare la immediata esecuzione del
mio piano. Avevo un baule pesantissimogiacchéoltre al mio abbigliamentoconteneva quasi tutta la mia biblioteca.
La difficoltà consisteva nel trasportarlo da un vetturale. La mia camera erasituata a un'altezza aereaeciò che era
peggiola scala che conduceva a quell'angolo dell'edificio terminava su uncorridoio che passava davanti alla porta della
camera del direttore. Tutti i domestici mi adoravano esapendo che ognuno diloro si sarebbe affrettato a servirmi di
nascostoconfidai la mia difficoltà a un cameriere I del direttore. Giuròche avrebbe fatto tutto ciò che avrei voluto; e
quando giunse il momentosalì la scala per portar via il baule. Temevomolto che lo sforzo fosse superiore alle forze di
un solo uomoma il groom era un pezzo di marcantoniodotato
di spalle degne di Atlantefatte per sostenere
il peso delle più possenti monarchie
e aveva una schiena larga come le pianure di Salisbury. Si ostinòdunqueavoler trasportare da solo il baule
mentre aspettavo in bassopieno d'ansia. Per un po' lo sentii scendere conpasso fermo e lento; ma disgraziatamentepercolpa della sua inquietudinementre si avvicinava al luogo pericolosoa pochi passi dal corridoioil piedescivolò e il
pesante fardellocadendogli dalle spalleacquistò a ogni gradino dellascala una tale velocità nella discesache
arrivando in bassorotolòo piuttosto rimbalzò direttamentecol fracassodi venti demonicontro la porta della camera
dell'archididascalus. La mia prima idea fu che tutto era perdutoeche la mia sola possibilità di fuga era di sacrificare il
mio bagaglio. Tuttavia un momento di riflessione mi convinse ad aspettare lafine dell'avventura. Il groom era
terribilmente spaventato per sé stesso e per me; ma a dispettodell'accadutoil sentimento del comicoin questo
sventurato frangentes'era così irresistibilmente impadronito del suoanimoche scoppiò a riderema in modo così
incessante vertiginosoa perdifiatoche avrebbe risvegliato i SetteDormienti. Al suono di questa musica di gioiache
risuonava alle orecchie della stessa autorità insultatanon potei impedirmidi aggiungere la mianon tanto per colpa
dell'infelice avventatezza del baulequanto per l'effetto nervosoprodotto sul groom. Molto semplicementetutti e due ci
aspettavamo di vedere il direttore lanciarsi fuori della camera; perché ingenerese solo sentiva muoversi una foglia
balzava come un mastino fuori dalla cuccia. Ma in quest'occasionestranamentequando le nostre risate si spensero
nessun rumorenemmeno un frusciosi fece sentire dalla camera. Il direttoresoffriva di una dolorosa malattia che a
volte lo teneva sveglioma cheforsequando riusciva ad assopirsilofaceva dormire più pesantemente. Incoraggiato
da quel silenzioil groom si caricò di nuovo il fardello sulle spalle eriprese a scendere senza incidenti. Aspettai fino a
quando ebbi visto il baule sistemato su una carriola e in cammino verso lacarrozza. Allorasenz'altra guida che la
Provvidenzami incamminai a piediportando sotto braccio un pacchettino conqualche oggetto da toelettaun
prediletto poeta inglese in una tascae nell'altra un volumetto indodicesimo con circa nove tragedie di Euripide».
Il nostro studente aveva accarezzato l'idea di dirigersi verso ilWestmorelandma un caso che non ci espone
cambiò il suo itinerario e lo condusse nel Galles del Nord. Dopo avergirovagato per qualche tempo nel Denbighshire
Merionethshire e Caernarvonshiresi sistemò in una casetta molto pulitaaB.... ma presto ne fu cacciato per una
vicenda in cui il suo giovanile orgoglio fu offeso nel modo più comico. Ladonna che l'ospitava era stata al servizio di
un vescovosia come governantesia come bambinaia. L'enorme boria del cleroinglese in genere si insinua non solo
nei figli dei dignitarima anche nei servitori. Aver vissuto nella famigliadi un vescovoin una piccola città come B...
bastava evidentemente per conferire una specie di distinzione; così che labrava donna aveva sempre a fior di labbra
frasi come: « faceva questomylord faceva quello; mylord era un uomoindispensabile al Parlamentoindispensabile a
Oxford ...». Forse pensò che il giovane non ascoltasse i suoi discorsi consufficiente considerazione. Un giorno era
andata a rendere omaggio al vescovo e alla sua famigliae questi si erainformato delle sue modeste faccende. Come
ebbe sentito che aveva affittato il suo appartamentoil degno prelato avevaavuta cura di raccomandarle d'essere molto
attenta nella scelta degli inquilini: «Bettydissetenete bene a mente chequesto posto è situato sulla strada maestra che
porta alla capitalecosì che può verisimilmente servire da sosta a tantiimbroglioni irlandesi che scappano dai loro
creditori d'Inghilterrae a imbroglioni inglesi che hanno lasciato debitisull'isola di Man». E la brava donna
raccontando piena d'orgoglio il suo colloquio con l'arcivescovonon mancòdi aggiungere la sua risposta: «Oh! mylord
non credo davvero che quel gentiluomo sia un truffatore perché...».-«Voinon pensate che io sia un imbroglione!»
risponde esasperato il giovane studente; «d'ora in avanti vi allevierò lafatica di pensare a simili problemi». E si preparò
a partire. La povera ospite avrebbe ceduto volentierima poiché la colleragli aveva ispirato alcune parole poco
rispettose nei confronti dell'arcivescovoogni riconciliazione divenneimpossibile. «Ero veramente indignatoracconta
dalla facilità dimostrata dal vescovo nel calunniare una personasconosciutae ebbi voglia di fargli conoscere al
proposito il mio parere in grecociò chepur offrendo un indizio a favoredella mia onestà avrebbe parimenti (almeno lo
speravo) imposto al vescovo di rispondermi nella stessa lingua; nel qual casonon dubitavo che sarebbe stato chiaro che
se non ero altrettanto ricco quanto Sua Signoriaero però un ellenista digran lunga migliore. Pensieri più salutari
misero in fuga questo progetto infantile...».
Ricomincia la sua vita errabondama di locanda in locanda si trova benpresto senza denaro. Per quindici
giorni è ridotto ad accontentarsi di un solo piatto al giorno. Le camminatee l'aria di montagnache agiscono
vigorosamente su un giovane stomacogli rendono molto penoso quel magroregime; infatti quell'unico pasto è fatto di
tè o di caffè. Alla fine tè e caffè divengono un lusso impossibilee pertutto il tempo del soggiorno nel Gallessi nutre
solo con more e bacche di rose selvatiche. Ogni tanto una buona ospitalitàinterrompecome una festaquel regime
d'anacoretae questa ospitalità la paga generalmente con piccoli servigi discrivano pubblico. Adempie al compito di
segretario per i contadini che hanno parenti a Londra e a Liverpool. Piùspesso sono lettere d'amore che le ragazzeche
sono state a servizio o a Shrewsbury o in qualsiasi altra città della costainglesegli danno l'incarico di redigere per i
fidanzati che vi hanno lasciato. C'è anche un episodio di tal genere checolpisce particolarmente. In una remota zona del
Merionethshirea Llan-y-Stindwralloggia per più di tre giorni in casa digiovani che lo trattano con amabile cordialità;
quattro sorelle e tre fratelliche parlano tutti inglesedotati diun'eleganza e di una bellezza innate estremamente
singolari. Scrive una lettera per uno dei fratelli cheavendo servito su unanave da guerrareclamava la sua parte di
bottino; epiù segretamentedue lettere d'amore per due delle sorelle. Ilcandorela naturale nobiltàe i pudichi rossori
di quelle ingenue creature quando dettano le loro notiziefanno pensare allegrazie limpide e delicate dei keepsakes. Si
adatta così bene al suo compito che le bianche fanciulle si stupiscono cheegli abbia saputo conciliare le esigenze del
loro orgoglioso pudore con il loro segreto desiderio di dire le piùaffettuose parole. Ma un mattino nota uno strano
imbarazzoquasi un'afflizione; tornano i vecchi genitoripersone burbere eaustere che si erano assentate per partecipare
a un incontro annuale di metodisti a Caernarvon. A ogni frase che il giovanerivolge loroottiene come risposta solo.
«Dym Sassenach» (no English). «Malgrado tutto quello che i giovanipotevano dire a mio favorecapii senza sforzi che
le mie inclinazioni nello scrivere lettere d'amore sarebbero apparseperquegli austeri metodisti di sessant'anniun'altrettanto misera raccomandazioneche i miei versi saffici o alcaici». E temendo che la tenera ospitalitàofferta dalla
giovinezzasi trasformasse nelle mani di quei rudi vecchi in una crudelecaritàriprende il suo bizzarro pellegrinare.
L'autore non ci racconta con quali ingegnose risorse riuscìmalgrado lamiseriaa giungere a Londra. Ma qui la
miseriada aspra qual eradiventa realmente terribilequasi una quotidianaagonia. Immaginate sedici settimane di
torture causate da una fame persistentea mala pena alleviata da qualchebriciola di pane sottratto abilmente alla tavola
di un uomo di cui riparleremo presto; due mesi trascorsi a cielo aperto; einfine il sonno alterato da angosce e soprassalti
intermittenti. Certo che la scappatella da scolaro gli costava cara. Quandoarrivò la stagione inclemente ad aumentare
quelle sofferenze che sembravano non potersi aggravareebbe la fortuna ditrovare un riparoma che riparo! L'uomo al
cui pranzo assistevae a cui sottraeva di nascosto qualche crosta di pane(questi lo credeva ammalato e ignorava che
fosse assolutamente privo di tutto) gli permise di dormire in una grande casavuota che aveva in affitto. In quanto a
mobilinulla più che un tavoloqualche sedia; un polveroso desertopienodi topi. Ma in mezzo a quella desolazione
abitava una povera ragazzinanon idiotama più che semplicenon certograziosadell'età di circa dodici annia meno il
suo volto non fosse stato invecchiato precocemente dalla fame che ladivorava. Se fosse semplicemente una servetta o la
figlia naturale dell'uomo in questionel'autore non l'ha mai saputo. Lapovera abbandonata fu ben contenta quando
seppe che avrebbe avuto d'ora in poi un compagno per le nere ore della notte.La casa era vasta e la mancanza di mobili
e di tappezzerie la rendeva più sonora; il brulichio dei topi riempiva dirumori le sale e la scala. Negli spasimi del freddo
e della farne l'infelice fanciulla aveva saputo crearsi un male immaginario:aveva paura degli spiriti. Il giovane le
promise che l'avrebbe protetta contro di loro e aggiunge abbastanzastranamente «era tutto l'aiuto che potevo offrirle».
Le due povere creaturemagreaffamatetremanti si coricavano sulpavimento: avevano come cuscini fasci di
documenti notarilisenz'altra coperta che un logoro mantello da cavaliere.Più tardiperò trovarono in solaio una
vecchia fodera di divanoun brandello di tappeto e qualche altro straccioche procurò loro un po' più di caldo. La povera
bambina si stringeva a lui per scaldarsi e per rinfrancarsi contro i suoinemici dell'aldilà. Quando non stava peggio del
solitola prendeva tra le sue bracciae la piccolarianimata dal contattofraternosi addormentava spessomentre lui
non ci riusciva. Poichénei due ultimi mesi di sofferenzaegli dormivamolto durante il giornoo piuttosto cadeva in
sonnolenze improvvise; sgradevole sonno ossessionato da sogni tumultuosi; siridestava continuamente di soprassalto e
poidi colposi riaddormentavamentre il dolore e l'angosciainterrompevano violentemente il sonnola spossatezza lo
riconduceva irresistibilmente al sonno. Qual è quell'individuo eccitabileche non conosce questo sonno da canecome si
esprime nella sua ellittica energia la lingua inglese? Poiché i dolorimorali generano effetti analoghi a quelli delle
sofferenze fisichecome la fame. Ci si sente gemerea volte si èrisvegliati dalla propria voce; lo stomaco si dilata e si
contrae come una spugna schiacciata da una mano vigorosa; il diaframma sirestringe e si solleva; manca il respiroe
l'angoscia cresce di continuo finchétrovando un rimedio nella stessaintensità del dolorela natura umana esplode con
alto grido in un sussulto dell'intero corpo che porta finalmente una violentaliberazione.
Ma il padrone di casa arrivava a volte all'improvvisoe molto presto; avolte non veniva affatto. Era sempre in
allerta per via degli ufficiali giudiziariperfezionando il sistema diCromwell e dormendo ogni notte in un diverso
quartiere; esaminava attraverso uno spioncino la fisionomia delle persone chebussavano alla porta; cenava solo con una
tazza di tè e un panino o qualche biscotto acquistato per stradae noninvitava mai nessuno. Durante quel pasto
meravigliosamente frugaleil giovane trovava con astuzia qualche pretestoper soffermarsi nella stanza e intavolare
conversazione; poicon l'aria più indifferente che riusciva ad assumeresiimpadroniva delle ultime briciole di pane
rimaste sulla tavola; ma a volte non rimaneva per lui nessun avanzo. Tuttoera stato divorato. Quanto alla bambina non
era mai ammessa nello studio dell'uomose così si può chiamare un cafarnaodi scartoffie e fogli incartapecoriti. Alle
sei il misterioso personaggio sloggiava e chiudeva la sua stanza. La mattinaappena arrivavala piccola scendeva per
accudirlo. Quando per l'uomo arrivava l'ora del lavoro e degli affariilgiovane vagabondo uscivae andava in giro o a
sedersi nei parchi o altrove. Sul far della notte tornava nel suo desolatoricoveroe al colpo del battentela piccola
accorreva con passo tremebondoper aprire la porta d'ingresso.
In età più maturaun 15 di agostogiorno del suo compleannouna seraverso le diecil'autore ha voluto dare
un'occhiata al rifugio delle sue antiche miserie. Nello scintillio splendentedi un bel saloneha visto delle persone che
prendevano il tè con l'aria più felice che si possa immaginare; stranocontrasto con le tenebreil freddoil silenzio e la
desolazione della stessa dimoraquandodiciott'anni primadava riparo auno studente famelico e a una fanciullina
abbandonata. Più tardi cercò di rintracciare quella povera bimba. Eraancora viva? Era diventata madre? Nessun indizio.
La amava come la sua compagna di miseriagiacché non era né graziosanépiacevole e neppure intelligente. Nessun
altro fascino che quello di un volto umanola pura e semplice umanitàtrasformata alla sua più misera espressione. Ma
come ha dettocredoRobespierrenel suo stile fiammeggiante e glacialetemprato e gelido come l'astrazione: «L'uomo
non vede mai l'uomo senza piacere!».
Ma chi era e cosa faceva quest'uomoquesto affittuario dalle abitudini cosìmisteriose? Era uno di quegli
uomini d'affaricome ce ne sono in tutte le grandi città. Immersi in beghecomplicatescaltriti nei confronti della legge
hanno messo a tacere per un po' di tempo la coscienzain attesa che una piùfavorevole situazione permetta loro di
servirsi di nuovo di questo scomodo lusso. Se l'autore volessepotrebbecidiceintrattenerci con brio alle spalle di
quell'infelicee raccontarci avvenimenti curiosivicende impagabili; ma havoluto dimenticare ogni cosaper
ricordarsene unauna soltantoche quest'uomo così spregevole allo sguardodi altriera sempre stato gentile con luie
anche generosoalmenoper quanto stava in suo potere. Tutte le stanzeeccetto il santuario delle scartoffieerano a
disposizione dei due fanciulliche ogni sera avevano così a disposizioneuna vasta sceltae potevanoper la notte
piantare la tenda dove meglio loro pareva.Ma il giovane aveva un'altra amicadi cui ora conviene parlare. Per raccontare convenientemente questo
episodiovorrei sottrarreper così direuna piuma all'ala di un angelotanto questa scena mi appare castaricca di
candoredi grazia e di tenerezza. «Da semprenarra l'autoremi erovantato di conversare con familiaritàmore
socraticocon tutti gli esseri umaniuominidonne e bambiniche ilcaso poteva gettare sulla mia strada; abitudine che
favorisce la conoscenza della natura umanai sentimenti affettuosi e lafranchezza di modi che si convengono a un
individuo che vuole meritarsi il titolo di filosofo. Perché il filosofo nondeve vedere con gli occhi di quella povera
creatura limitata che si definisce uomo di mondopiena di pregiudizimeschini ed egoisticima deve al contrario
considerarsi come un essere veramente cattolicoin comunione eidentità di rapporto con tutto ciò che è in alto e tutto
ciò che è in bassocon le persone colte e gli ignoranticon i colpevolicome con gli innocenti». Più tardifra le gioie
concesse dal generoso oppiovedremo riapparire questo spirito di carità efraternità universalima reso più efficace e
arricchito dal genio particolare dell'ebbrezza. Per le strade di Londrapiùancora che nel paese del Galleslo studente
emancipato era dunque una specie di peripateticoun filosofo della stradache meditava continuamente nel vortice della
grande città. L'episodio in questione può sembrare un po' insolito nellepagine di uno scrittore ingleseperché è risaputo
che la letteratura britannica spinge la castità fino al puritanesimo; ma ècerto che lo stesso argomentosoltanto sfiorato
da una penna francesesi sarebbe trasformato in fretta in qualcosa di shockingmentre qui non c'è altro che grazia e
dignità. Insommaper farla breveil nostro vagabondo aveva intrecciatoun'amicizia platonica con una peripatetica
dell'amore. Ann non è una di quelle bellezze arditesplendenticon occhidi demone che luccicano nella nebbiae che si
creano un'aureola con la propria sfrontatezza. Ann è una creatura semplicecomunepriva di mezziabbandonata come
tante altree ridotta all'abiezione dal tradimento. Ma è rivestita diquella grazia ineffabilela grazia della debolezza e
della bontàche Goethe sapeva effondere su tutte le creature femminili delsuo cervelloe che ha fatto della sua piccola
Margherita dalle mani arrossate una creatura immortale. Quante volteduranteil loro monotono peregrinare per
l'interminabile Oxford Streetattraverso il brulichio della grande cittàtraboccante di vita operosal'affamato studente ha
esortato la sua sfortunata amica a implorare l'aiuto di un magistrato controlo spregevole individuo che l'aveva derubata
offrendole di sostenerla con la sua testimonianza e la sua eloquenza! Annera ancora più giovane di luinon aveva che
sedici anni. Quante volte l'aveva protetta dagli ufficiali di polizia chevolevano cacciarla dalle porte dove cercava
rifugio! Una volta la misera abbandonata fece di più: lei e il suo amico sierano seduti in Soho Squaresui gradini di una
casa davanti alla quale da alloraegli confessanon ha potuto più passaresenza sentire il cuore trafitto dall'artiglio del
ricordoe senza far atto di intima riconoscenza alla memoria di questadeplorabile e generosa fanciulla. Quel giorno si
era sentito ancor più debole e più malato del solitomaappena sedutoebbe l'impressione che il suo malessere
peggiorasse. Aveva appoggiato la testa sul seno della sua compagna disfortuna eall'improvvisoscivolò dalle sue
braccia e cadde riverso sui gradini della porta. Senza un vigorosostimolantesarebbe stata la fineo per lo meno
sarebbe caduto per sempre in uno stato di debolezza incurabile. E in quellacrisi del suo destinofu la perduta a tendergli
la mano della salvezzalei che nel mondo aveva conosciuto solo l'oltraggio el'ingiustizia. Ella lanciò un grido di terrore
esenza perdere un secondocorse in Oxford Streetdonde tornò quasisubito con un bicchiere di porto aromatizzatola
cui influenza risanatrice ebbe effetti mirabili su uno stomaco vuotoched'altra parte non avrebbe potuto sopportare
alcun nutrimento solido. «O mia giovane benefattrice! quante volteneglianni che si successerogettato in luoghi
solitarie sognando di te con un animo pieno di tristezza e di vero amorequante volte ho desiderato che la benedizione
di un cuore soggiogato dalla riconoscenza avesse quella prerogativa e quellapotenza soprannaturale che gli antichi
attribuivano alla maledizione di un padredi perseguire il suo oggetto conil rigore indefettibile di una fatalità!-che la
mia gratitudine possaanch'essaricevere dal cielo il dono di inseguirti distare con tedi spiartidi sorprendertidi
raggiungerti fin anche nelle fitte tenebre di un postribolo di Londra oanchese fosse possibilenelle tenebre della
tombaper risuscitarti con un autentico messaggio di pacedi perdono e didefinitiva riconciliazione!».
Per essere così sensibileoccorre aver sofferto moltooccorre essere unodi quei cuori che la sventura apre e
intenerisceal contrario di quelli che il dolore suggella e pietrifica. IlBeduino della civiltà conosce nel Sahara delle
metropoli molte ragioni di emozioni e ignorate dall'uomo la cui sensibilitàè limitata dalla home e dalla famiglia. Nel
barathrum delle capitali c'ècome nel desertoqualcosa che fortifica eche plasma il cuore dell'uomoche lo rende
tenace in modo diversoquando non lo deprava e non lo indebolisce finoall'abiezione e al suicidio.
Un giornopoco tempo dopo questo incidenteincontra in Albemarle Street unvecchio amico di suo padreche
lo riconobbe dall'aria di famiglia; rispose con ingenuità a tutte le suedomandenon gli nascose nullama volle che si
impegnasse a non rivelare nulla ai suoi tutori. Alla fine gli dette il suorecapito presso il bizzarro attorney che lo
ospitava. Il giorno seguente riceveva in una letterache questiscrupolosamente gli consegnòuna banconota da dieci
sterline.
Il lettore potrà stupirsi che il giovane non abbia cercato fin dall'inizioun rimedio alla miseriasia con un lavoro
regolare sia chiedendo aiuto ai vecchi amici della sua famiglia. Quanto aquest'ultimo rimedioservirsene comportava
un rischio evidente. I tutori potevano essere avvertiti e la legge dava loroogni potere per costringere con forza il
giovane a tornare nel collegio da dove era fuggito. Oraun'energia chespesso si trova nei caratteri più femminili e più
sensibili gli dava il coraggio di sopportare ogni privazione e ogni pericolopiuttosto che esporsi al rischio di una così
umiliante eventualità. D'altronde dove trovarliquesti amici del padremorto già da dieci anniamici dei quali per la
maggior parte non ricordava il nome? Quanto al lavoroè certo che avrebbepotuto trovare un'accettabile ricompensa
correggendo bozze di grecoe si sentiva capacissimo di svolgere questoincarico in maniera esemplare; ma poicome
ingegnarsi per farsi presentare a un editore rispettabile? Infineegliconfessa cheinsommanon l'aveva mai sfiorato
l'idea che il lavoro letterario potesse divenire per lui fonte di un guadagnoqualsiasi. Per uscire dalla sua miserasituazione aveva accarezzato soltanto ununico espediente: quello di ottenere un prestito sull'eredità che aveva ildiritto
di prevedere. Infineaveva conosciuto alcuni ebrei che l'attorneydicui si è parlatoserviva nei loro tenebrosi affari.
Provar loro la concretezza delle sue speranzenon era difficilele sueaffermazioni potevano essere verificate con il
testamento di suo padredepositato ai Doctors' commons. Ma rimanevaun problema che non aveva assolutamente
previsto: quello della sua identità. Esibì alloraalcune lettere cheportava sempre in tascadi giovani amicitra cui il
conte di...e anche di suo padremarchese di... che gli avevano scrittomentre abitava nel Galles. Gli ebrei alla fine si
degnarono di promettere due o trecento sterlinea condizione che il giovaneconte di... (che tra parentesi non aveva più
anni di lui) consentisse a garantirne il rimborso all'epoca della loromaggiore età. È chiaro lo scopo dell'usuraio: non
solo trarre un qualsiasi profitto da un affaredopo tutto insignificantemaentrare in relazione con il giovane conte di cui
conosceva l'immensa futura eredità. Cosìappena ricevute le diecisterlineil nostro giovane vagabondo si prepara a
partire per Eton. Circa tre sterline sono lasciate in pegno al futuro usuraioper pagare gli atti da redigere; qualche soldo è
dato anche all'attorney per ripagarlo della sua ospitalità senza mobili;quindici scellini servono per procurarsi un po' di
abbigliamento (che abbigliamento!); infine anche la povera Ann ha la suaparte di questa bella sommetta. In una buia
notte d'inverno si dirige verso Piccadillyaccompagnato dalla poveraragazzacon l'intenzione di scendere fino a Salt
Hill con la diligenza di Bristol. Poiché sono in anticipoentrano in GoldenSquare e si siedono all'angolo di Sherrard
Streetdecisi a evitare la confusione e le luci di Piccadilly. Egli le avevapromesso che non l'avrebbe mai dimenticata e
che sarebbe corso con sollecitudine in suo aiuto appena gli fosse possibile.Si trattavain veritàdi un doveree anche di
un dovere imperiosoe in quel momento sentiva la sua tenerezza per quellasorella del casomoltiplicata dalla pietà che
gli ispirava il suo estremo abbattimento. Malgrado la sua logora saluteegliera molto più allegro e forte di speranze
mentre Ann era mortalmente affranta. Al momento dell'addioella gli gettòle braccia intorno al colloe si mise a
piangere senza pronunciare una sola parola. Sperava di ritornare al massimoentro una settimanae convennero che a
partire dalla quinta serae ogni sera successivala giovane sarebbe venutaad aspettarlo alle sei in fondo a Great
Titchfield Street che era come il loro porto abituale e il loro rifugio nelvasto Mediterraneo di Oxford Street. Credeva
così di aver preso tutte le precauzioni per ritrovarla; non ne avevatralasciata che una soltanto: Ann non gli aveva mai
detto il suo cognomeose glielo aveva dettol'aveva dimenticato comefosse di poca importanza. Le donne galanti di
grandi pretesegrandi lettrici di romanzisi fanno chiamare volentieri missDouglasmiss Montague ecc.ma le più
umili fra quelle povere ragazze si fanno conoscere solo con il loro nome dibattesimoMaryJaneFrances ecc. D'altra
parte Ann in quella circostanza era raffreddata e quasi del tutto raucaepreso com'era nel momento dell'addio a
confortarla con affettuose parole e a consigliarla di curarsi il raffreddoredimenticò totalmente di chiederle il suo
cognome che era il modo più sicuro di rintracciarla in caso di unappuntamento mancato o di una prolungata
interruzione dei loro rapporti.
Riassumo parecchio i dettagli del viaggionobilitato soltanto dallatenerezza e dalla carità di un grosso
cantinieresul petto e nelle braccia del quale il nostro eroeassopitodalla debolezza e dalle oscillazioni della vettura
dorme come sul seno di una nutricee da un lungo sonno all'aperto tra Sloughe Eton. Infatti era stato obbligato a
tornare a piedi sui suoi passiessendosi risvegliato bruscamente nellebraccia del suo vicino dopo aver superato di sei o
sette miglia Salt Hill senza rendersene conto. Giunto alla fine del viaggioviene a sapere che il giovane lord non è più a
Eton. Come ultima risorsa chiede di poter pranzare con Lord D...altrocompagno d'infanziacon il quale però il legame
era meno intimo. Era la prima buona tavola a cui gli era concesso sedersidopo molti mesie tuttavia non riuscì a
toccare nulla. Già a Londrail giorno stesso in cui aveva ricevuto labanconotaaveva comprato due piccoli pani nella
bottega di un fornaio; e quella bottega se la divorava con gli occhi da duemesi o sei settimane con un desiderio così
forte che al solo ricordo si sentiva quasi umiliato. Ma il pane tanto ambitolo aveva fatto star malee per molte
settimane ancora gli fu impossibile toccaresenza conseguenzequalsiasicibo. In mezzo al lusso e alla comodità
l'appetito era scomparso. Quando ebbe spiegato a Lord D... la dolorosacondizione del suo stomacoquesti fece portare
del vinoe fu un grande sollievo. Quanto allo scopo reale del viaggio ilfavore che si proponeva di chiedere al conte
di...e che in sua assenza richiede a Lord D...non può affatto ottenerloperché questinon volendo mortificarlo con un
totale rifiutoacconsente a offrirsi garantema in certi termini e adeterminate condizioni. Confortato da questo mezzo
successotorna a Londradopo tre giorni d'assenzae ripassa dai suoi amiciebrei. Purtroppogli usurai rifiutano di
accettare le garanzie di Lord D...e la sua tormentosa esistenza avrebbepotuto ricominciarequesta volta con più rischi
se all'inizio di quel nuovo mutamentoper un caso fortuito che non cichiariscei suoi tutori non gli avessero fatto
un'offertae se una completa riconciliazione non gli avesse cambiato lavita. Lascia Londra in gran frettae alla finenel
giro di qualche tempoentra all'università. Fu molti mesi dopo che potérivedere il teatro delle sue sofferenze giovanili.
Ma cos'era successo alla povera Ann? Ogni sera l'ha cercata; ogni sera l'haattesa all'angolo di Titchfield Street.
Ha chiesto sue notizie presso tutti quelli che potevano conoscerla; nelleultime ore della sua permanenza a Londra ha
messo in atto tutti i mezzi a sua disposizione per ritrovarla. Conosceva lavia dove abitavama non la casa; d'altronde
credeva vagamente di ricordarsi che prima dell'addio la giovane era statacostretta a fuggire la brutalità del suo
locandiere. Tra le persone a cui si rivolgevagli unialla veemenza dellesue domandegiudicavano disonesti i motivi
della sua ricercae non rispondevano se non ridendo; gli altricredendo chefosse in cerca di una ragazza che gli aveva
rubato qualche piccolo oggettoerano naturalmente poco disposti a fare laspia. Infineprima di lasciare Londra per
sempreha consegnato il suo futuro indirizzo a una persona che conosceva divista Anne tuttavia non ne ha più sentito
parlare. È statatra i crucci della vitala sua più grande sventura.Notate che l'uomo che parla così è serioaffidabile sia
per la spiritualità del comportamentoche per l'elevatezza dei suoiscritti.«Se lei è rimasta in vitaspesso abbiamo dovuto cercarcireciprocamente nell'immenso labirinto di Londra;
forsea qualche passo l'uno dall'altradistanza sufficientein una stradadi Londraper creare una perenne separazione!
Per alcuni anniho sperato che fosse vivae posso ben dire che nelle miediverse puntate a Londraho spiato parecchie
migliaia di visi di donnanella speranza di incontrare il suo. Se per unattimo solo la vedessila riconoscerei tra mille
perchépur non essendo avvenenteaveva un'espressione dolcecon unparticolare e grazioso modo di atteggiare la
testa. L'ho cercatadicocon speranza. Sìper anni! Ma ora avrei timoredi incontrarla; e quella feroce raffreddaturache
tanto mi spaventava quando ci lasciammooggi è per me una consolazione. Nonho più il desiderio di vederlama sogno
di lei e non senza piacerecome si sogna di una persona da molto tempoadagiata in una tomba -nella tomba di una
Maddalenami piacerebbe immaginarla -rapita a questo mondo prima chel'oltraggio e la barbarie abbiano contaminato
e sfigurato la sua ingenua naturao che la brutalità dei mascalzoni nonabbia completato lo sfacelo di colei a cui
avevano inflitto i primi colpi.
«CosìdunqueOxford Streetmatrigna dal cuore di pietratu che haiaccolto i sospiri degli orfani e bevuto
lacrime infantilimi ero finalmente affrancato da te! Si era compiuto iltempo in cui non sarei stato più condannato a
misurare a grandi dolorosi passi i tuoi interminabili marciapiedia esserescosso da mostruosi sogni o da una famelica
insonnia! Ann e io abbiamo avuto successori troppo numerosiche hannocalcato le tracce dei nostri passi; eredi delle
nostre calamitàaltri orfani hanno sospiratoaltri bambini hanno piantolacrimee tuOxford Streettu hai da allora
ripetuto l'eco dei lamenti di infiniti I cuori. Ma per me la tempesta a cuiero scampato sembrava essere stata il pegno di
una prolungata bella stagione...».
Ann è scomparsa del tutto? Oh! no! la rivedremo nei mondi dell'oppio;bizzarro e trasfigurato fantasma
sorgerà lentamente nel fumo del ricordocome il genio delle Mille e unaNotte dai vapori della bottiglia. Quanto al
mangiatore d'oppiole sofferenze dell'infanzia hanno fatto germogliarein lui profonde radici che diverranno alberi e
quegli alberi proietteranno su tutti gli oggetti della vita la loro funebreombra. Ma le nuove sventuredi cui abbiamo il
presentimento dalle ultime pagine della parte biograficasaranno accettatecon coraggiocon la fermezza di animo
maturoe alleviate in gran parte dalla più profonda e tenera simpatia.Queste pagine racchiudono la più alta invocazione
e i più teneri ringraziamenti a una coraggiosa compagna sempre seduta alcapezzale dove riposa quella mente
ossessionata dalle Eumenidi. L'Oreste dell'oppio ha trovato la sua Elettrache per anni gli ha deterso dalla fronte il
sudore dell'angoscia e umettato le labbra screpolate dalla febbre. «Poichétu fosti la mia Elettracara compagna degli
anni che seguirono! E tu hai impedito che la sposa inglese fosse vinta dallasorella greca in nobiltà d'animo e paziente
affetto!». Altre voltenelle sue miserie di ragazzovagabondo in OxfordStreetnelle notti dl luna pienaimmergeva
spesso lo sguardo (ed era la sua magra consolazione) nei viali cheattraversano il cuore di Maryle-bone e che conducono
alla campagna; eviaggiando con il pensiero sulle lunghe prospettive solcatedi luce e di ombradiceva a se stesso:
«Ecco la strada che va verso il Nordecco la strada verso...e se soloavessi le ali della tortoradi qui prenderei il volo
per cercare conforto!». Uomocome tutti gli uominicieco nei suoidesideri! Perché era laggiùverso nordin quello
stesso luogoin quella stessa vallein quella casa tanto vagheggiatachedoveva trovare nuove sventure e uno stuolo di
crudeli fantasmi. Ma è proprio là che ha dimora l'Elettra dalle bontàriparatricie ancora adessoquandouomo solitario
e pensosopercorre a grandi passi l'immensa Londrail cuore serrato dadolori senza nome che invocano il dolce
balsamo degli affetti domesticiguardando le vie che si slanciano da OxfordStreet verso il nordpensando
all'amatissima Elettrache l'aspetta in questa stessa valle (in quellastessa valle)l'uomocome un tempo il bambino
esclama: «Oh! se avessi le ali della tortora là volerei per cercareconsolazione!».
Il prologo è finitoe posso promettere al lettoresenza tema di mentireche il sipario si leverà sulla più
sorprendentecomplessa e splendida visione che il fragile strumento delletterato abbia mai acceso sulla neve della
pagina.
* Forse la signora delle dieci ghinee. C.B.
_III • VOLUTTÀ DELL'OPPIO
Come ho già detto all'iniziofu il bisogno di lenire le sofferenze di unorganismo debilitato da queste
deplorevoli avventure di giovinezzache determinò nell'autore di questememorie l'uso prima frequentepoi quotidiano
dell'oppio. Non negaanzi confessa con candoreinvocando soltanto ilbeneficio della discolpache la voglia
incontrollabile di rinnovare le misteriose voluttà scoperte fin dall'iniziol'abbia indotto a ripetere frequentemente tali
esperienze. Ma fu in una circostanza banale che per la prima volta lui el'oppio fecero conoscenza. Un giornoafflitto
dal mal di dentiattribuì i suoi dolori all'interruzione di una normaigienica trascuratae poiché fin dall'infanzia aveva
l'abitudine di immergere ogni giorno la testa nell'acqua freddafece ricorsocon imprudenza a tale praticapericolosa in
quel momento. Poi ritornò a lettocon i capelli gocciolanti. Il risultatofu un violento dolore reumatico alla testa e alla
facciache non durò meno di venti giorni. Il ventunesimo giornoera unapiovosa domenica d'autunno del 1804mentre
vagava per le strade di Londra per distrarsi dal suo male (era la prima voltache rivedeva Londra dall'ingresso
all'università)incontrò un compagno che gli raccomandò l'oppio. Un'oradopo aver ingerito la tintura d'oppionella
quantità prescritta dal farmacistaogni dolore era scomparso. Ma talebeneficioche poco prima gli era parso cosìgenerosonon era affattoparagonabile ai nuovi piaceri che gli si rivelarono così improvvisamente. Cheestasi per lo
spirito! Che mondi interiori! Era questadunquela panaceail pharmakonnépenthès di tutti i dolori umani ?
«Il gran segreto della felicità su cui i filosofi avevano disputato durantesecoli e secoli era statoinsomma
decisamente scoperto! Si poteva acquistare la felicità con un pennyeportarsela nella tasca del panciotto; l'estasi si
lascerebbe chiudere in una bottigliae la pace dello spirito potrebbe esserespedita con la diligenza! Forse il lettore
penserà che voglia scherzarema è una mia vecchia abitudine scherzare neldoloree posso affermare che non riderà per
molto chi avrà avuto a che fare con l'oppio. I suoi piaceri sonoanzidinatura grave e solennee nel suo più favorevole
statoil mangiatore d'oppio non può presentarsi con il carattere dell'uomo allegro;anche allora parla e pensa come
conviene al penseroso».
L'autore innanzitutto vuole riscattare l'oppio da alcune calunnie: l'oppionon dà soporealmeno all'intelligenza;
non inebria; se il laudanopreso in quantità eccessivapuò inebriarenonè a causa dell'oppioma per l'alcool che vi è
contenuto. Eglipoistabilisce un paragone tra gli effetti dell'alcool equelli dell'oppioe definisce molto nettamente le
loro differenze: così il piacere dato dal vino segue un andamentoascendenteal culmine del quale via via decresce
mentre l'effetto dell'oppiouna volta comparsoresta identico per otto odieci ore; l'uno è un piacere intensol'altro un
piacere permanente; il primo una vampata; il secondo un ardore uguale ecostante. Ma la grande differenza consiste
soprattutto in questoche il vino turba le facoltà mentalimentre l'oppiovi introduce l'ordine supremo e l'armonia. Il
vino priva l'uomo del controllo di sée l'oppio rende questo controllo piùflessibile e più tranquillo. Ognuno sa che il
vino offre un'energia straordinariama momentaneaal disprezzo comeall'ammirazioneall'amore e all'odio. Ma l'oppio
comunica alle facoltà dell'intelletto il sentimento profondo delladisciplina e una specie di divina salute. Gli uomini
ebbri di vino si giurano eterna amiciziasi stringono le mani e piangonosenza che nessuno possa capirne la ragione; la
parte sensuale dell'uomo è evidentemente ascesa al culmine. Ma ladilatazione dei sentimenti affettuosi che l'oppio
procura non è un attacco di febbre; si tratta piuttosto dell'uomoprimitivamente buono e giustorestituito e reintegrato
nel suo stato naturaleliberato da tutte le amarezze che occasionalmenteaveva corrotto il suo nobile temperamento.
Infinebenché i benefici del vino siano notevolisi può dire che spessosfiora la follia oalmenola stravaganzae che
oltre un certo limite volatilizzaper così diree disperde l'energiaintellettuale; mentre l'oppio sembra sempre placare ciò
che è stato agitato e concentrare ciò che è stato sparpagliato. In unaparolaè il lato puramente umanotroppo spesso la
parte bruta dell'uomochecon l'aiuto del vinousurpa la sovranitàmentre il mangiatore d'oppioinvecepercepisce
pienamente che la parte purificata del suo essere e i suoi affetti moraligodono di tutta la loro flessibilitàesoprattutto
che la sua intelligenza acquista una lucidità consolante e senza nubi.
L'autore nega anche che l'esaltazione intellettuale generata dall'oppio sianecessariamente seguita da un
proporzionale sconfortoe che l'uso di questa droga sia causacomeconseguenza naturale e immediatadi una
stagnazione e di un torpore delle facoltà. Afferma cheper dieci annihasempre godutoil giorno dopo gli stravizidi
una notevole lucidità intellettuale. Quanto al torpore di cui tantiscrittori hanno parlatoe a cui ha dato credito
l'abbrutimento dei turchiafferma di non averlo mai conosciuto. È possibileche l'oppiocoerente alla sua caratteristica
agisca verso la fine come narcotico; ma i suoi primi effetti sono semprequelli di eccitare ed esaltare l'uomoe questa
elevazione mentale non dura mai meno di otto ore; così è colpa delmangiatore d'oppio se non regola la cura in modo da
far cadere tutto il peso dell'effetto narcotico nel sonno naturale. Perchéil lettore possa giudicare se l'oppio si addica
quale stupefacente per le facoltà di un cervello inglesedaràegliavvertedue testimonianze delle sue voluttà e
trattando la questione per figure piuttosto che per argomentiracconterà il modo in cui passava spesso le sue serate
d'oppio a Londranel periodo di tempo compreso tra il 1804 e il 1812. Aquell'epoca lavorava moltoe poiché la sua
giornata era occupata da severi studiriteneva giusto avere il diritto dicercare ogni tantocome tuttila distensione e lo
svago che meglio gli convenivano.
«Venerdì prossimoa Dio piacendomi propongo di darmi all'ebbrezza»diceva il fu duca di...e il nostro
autore predisponeva così in anticipo quando e quante volte in un arco ditempo si sarebbe abbandonato al suo vizio
preferito. Succedeva una volta ogni tre settimaneraramente più spessoequasi sempre il martedì sera o il sabato serai
giorni dell'opera. Erano i tempi gloriosi della Grassini. La musica giungevaal suo orecchionon come una semplice
sequenza logica di suoni gradevolima come un succedersi di memorandacome gli accenti di una stregoneria che
evocava all'occhio della sua anima tutta la vita trascorsa. La musicainterpretata e illuminata dall'oppiotale era questa
orgia intellettualedi cui qualsiasi spirito un po' raffinato puòfacilmente concepire la grandezza e l'intensità. Molti
chiedono quali siano le idee positive contenute nei suoni; dimenticanoopiuttosto ignoranoche la musicaaffine in
questo caso alla poesiarappresenta sentimenti piuttosto che idee; lesuggerisceè veroma non le racchiude in sé. Tutta
la sua vita di un tempo vivevaegli raccontain luinon con uno sforzodella memoriama come presente e incarnata
nella musica; contemplarla non arrecava più dolore; ogni volgarità ecrudeltà della vita umana erano escluse da quella
misteriosa resurrezioneo fuse e immerse in una bruma idealee le sueantiche passioni si trovavano esaltatenobilitate
spiritualizzate. Quante volte rivide su questa seconda scenaaccesa nellasua mente dall'oppio e dalla musicale strade e
le montagne percorse da studente emancipatoe i suoi ospitali amici delGallese le tenebre solcate dai barbagli delle
immense vie di Londrae le melanconiche amicizie e le profonde miserieconsolate da Ann e dalla speranza di un
avvenire migliore! E inoltrein tutta la saladurante gli intervalli tra unatto e l'altrole conversazioni in italiano e la
musica di una lingua straniera parlata da donne aggiungevano maggior forzaall'incanto della serataperché è risaputo
che l'ignorare una lingua rende l'udito più sensibile alla sua armonia.Nello stesso tempo nessuno è più portato agodere
un paesaggio di colui che lo contempla per la prima voltaperché la naturaappare allora in tutta la sua singolaritànon
ancora smussata da uno sguardo troppo assiduo.Ma a volteil sabato seraun'altra tentazione di un gusto più singolare e non meno affascinante trionfavasul
suo amore per l'opera italiana. Il godimento in questionecosì attraentequanto bastava per rivaleggiare con la musica
potrebbe definirsi il dilettantismo nella carità. L'autore è stato infelicee fortemente provatoabbandonato ancor giovane
al vortice impassibile di una grande capitale. Anche se il suo animo nonfosse statocome il lettore ha potuto notare
buonodelicato e affettuososi potrebbe facilmente supporre chenelle suelunghe giornate di vagabondo e nelle sue
ancor più lunghe notti d'angosciaegli avesse imparato ad amare e ad avercompassione del povero. L'antico studente
vuole rivedere la vita degli umilivuole immergersi nel cuore della folla didiseredatiecome il nuotatore abbraccia il
mare ed entra così in contatto più intimo con la naturaegli aspira afareper così direun bagno di moltitudine. Qui
l'accento del libro si innalza tanto che mi sento obbligato a lasciar laparola all'autore stesso:
«Quel piacerecome ho dettonon poteva che realizzarsi il sabato sera. Inche cosa il sabato sera si distingueva
dalle altre sere? Da quali fatiche dovevo riposarmi? Quale salario ricevere?E perché dovevo preoccuparmi del sabato
serase non come di un invito a sentire la Grassini? È veroimplacabilelettorequanto dite è inconfutabile. Ma gli
uomini scelgono una vita volubile per i loro sentimentie mentre la maggiorparte testimonia l'interesse per i poveri
simpatizzando in un modo o nell'altro con le loro miserie e tristezzeinquesto periodo ero propenso a esprimere il mio
interesse per lorosimpatizzando con i loro piaceri. Avevo di recente vistoi dolori della povertàli avevo conosciuti
troppo bene per desiderare di ravvivarne il ricordo; ma i piaceri del poverole consolazioni del suo animoil sollievo
della sua fatica fisicanon possono mai diventare una contemplazionedolorosa. Ora il sabato sera segna per il povero il
ritorno del periodico riposo; le sette più ostili si unificano in questoelemento e riconoscono questo legame comune di
fraternità; è la sera in cui quasi tutta la cristianità si riposa dellasua fatica. È un riposo che introduce a un altro riposo;
un giorno intero e due notti lo separano dalla prossima fatica. È per questoche il sabato sera mi sembra sempre d'essere
io stesso liberato dal giogo di una qualche faticacheio pureho una pagada riscuoteree che posso godere del lusso
del riposo. Cosìper essere testimonenella più larga misuradi unospettacolo per il quale provavo profonda simpatia
avevo l'abitudineil sabato seradopo aver preso la mia dose di oppiodiandare vagando lontanosenza preoccuparmi
del cammino e della distanzaverso tutti i mercati dove i poveri siriuniscono per spendere la loro paga. Ho spiato e
ascoltato più di una famigliacomposta da un uomoda sua moglie e da uno odue bambinimentre discutevano dei loro
progettii loro mezzi e la forza del loro bilancioo del prezzo di articolidomestici. A poco a poco familiarizzavo con i
loro desiderile difficoltà o le opinioni. Mi capitava a volte di udiremormorii di scontentoma più spesso il loro aspetto
e le loro parole esprimevano la pazienzala speranza e la serenità. E aquesto proposito devo dire che il poveroin
generaleè molto più filosofo del riccopoiché mostra una rassegnazionepiù pronta e più allegra a quel che considera
un male irrimediabile o una perdita irreparabile. Ogni volta che mi sipresentava l'occasioneo che potevo farlo senza
apparire indiscretomi mescolavo a loroe davo il mio parere sull'argomentoin questione. Anche se non era sempre
assennatoera sempre accolto con favore. Se i salari erano un pocoaumentatio se ci si aspettava che sarebbero
aumentati nel giro di poco tempose la libbra di pane era un po' meno carao se correva voce che le cipolle e il burro
sarebbero ribassati ben presto mi sentivo felice; ma se avveniva ilcontrariomi consolavo con l'oppio. Infatti l'oppio
(simile all'ape che estraesenza far differenzail suo materiale dalla rosacome dalla fuliggine dei camini) possiede l'arte
di assoggettare tutti i sentimenti e regolarli secondo il proprio diapason.Alcune di queste passeggiate mi trascinavano a
grandi distanze; infatti un mangiatore d'oppio è troppo felice per osservarela fuga del tempo. E talvolta nello sforzo di
far rotta verso il mio alloggiofissando gli occhi sulla stella polaresecondo i principi della navigazionenell'ambiziosa
ricerca del mio passaggio a nord-ovestper evitare di doppiar dinuovo tutti i capi e i promontori incontrati nel mio
primo viaggiomi insinuavo all'improvviso in labirinti di viuzzein enigmidi vicoli ciechiin problemi di strade senza
uscitache parevano fatti per schernire il coraggio dei facchinieconfondere l'intelligenza dei cocchieri. Avrei potuto
credere qualche volta che stavo per scoprireper primoqualcuna di queste terraeincognitaee dubitavo che potessero
essere indicate sulle moderne mappe di Londra. Ma in pochi anni ho pagato conasprezza tutte queste fantasienel
momento in cui il volto umano è entrato da tiranno nei miei sogniequando i miei perplessi vagabondaggi nel cuore
dell'immensa Londra si sono moltiplicati nel mio sonnocon un sentimento diperplessità morale e intellettuale che
generava disordine nella mente e angoscia e rimorso nella coscienza...».
Così l'oppio non provocanecessariamentel'inazione o il torporepoichéal contrario calava spesso il nostro
sognatore nei centri più brulicanti della vita comune. Tuttavia i teatri e imercati non sono in genere le ossessioni
preferite da un mangiatore d'oppiosoprattutto quando è all'acme delgodimento. Allora per lui la folla è un'oppressione
la musica stessa ha un carattere sensuale e rozzo. Piuttosto egli cerca lasolitudine e il silenziocome condizione
indispensabile alle sue estasi e alle sue fantasticherie più profonde. Seall'inizio l'autore di queste confessioni si è
immerso tra la folla e nella corrente umanaera per reagire a una troppopungente inclinazione alla fantasticheria e a
una nera melanconiaretaggio delle sofferenze giovanili. Nelle indaginiscientifichecome nella compagnia degli
uominifuggiva da una specie di ipocondria. Più tardiquando recuperò lasua vera naturae si dissiparono le tenebre
delle antiche tempestecredette di poter sacrificare senza pericolo al suogusto per la vita solitaria. Più di una voltagli è
capitato di passare per intero una bella notte d'estateseduto a unafinestradal tramonto all'albasenza muoversisenza
nemmeno aver voglia di cambiar posto; empiendo gli occhi della vastaprospettiva del mare e di una grande cittàe la
mente delle lunghe e deliziose meditazioni suggerite da quello spettacolo.Una grandiosa allegoria naturale si stendeva
allora davanti a lui:
«La cittàsfumata nella nebbia e nei molli bagliori della notterappresentava la terracon i suoi dolori e le sue
tombesituate lontanoin fondoma non completamente dimenticatefuoridella portata della mia vista. L'Oceano
dall'eterno respiroma circonfuso da vasta calmapersonificava il miospirito e l'influsso che allora lo dominava. Misembravaper la prima voltaditenermi a distanzaai margini del tumulto della vita; che il frastuonolafebbrela lotta
fossero sospesi; che una tregua fosse accordata alle segrete angosce del miocuore; un riposo festivouna liberazione da
ogni fatica umana. La speranza che germoglia lungo i sentieri della vita noncontraddiceva più la pace che abita nelle
tombe; le evoluzioni della mia intelligenza mi apparivano tanto infaticabilicome quelle dei cielie tuttavia qualsiasi
inquietudine era livellata da una calma alcionica; era una tranquillità chesembrava provenire non dall'inerziama dal
grandioso antagonismo di forze identiche e possenti; attività infiniteinfiniti riposi!
«O giustosottile e possente oppio!... tu possiedi le chiavi delparadiso!...».
È qui che si levano quegli strani ringraziamentislanci della riconoscenzache ho riferito testualmente all'inizio
di questo lavoroe che potrebbero servirgli da epigrafe. Sono come il fuocod'artificio che conclude la festa. Perché
presto la scena si incupiràe le tempeste si addenseranno nella notte.
_IV • TORTURE DELL'OPPIO
È nel 1804 che per la prima volta ha conosciuto l'oppio. Otto anni sonopassatifelici e nobilitati dallo studio.
Siamo adesso nel 1812. Lontanomolto lontano da Oxforda una distanza diduecentocinquanta migliaconfinato in un
eremo alle falde dei monticosa faorail nostro eroe (certomeritaproprio questo titolo) ? Prende oppioovviamente!
E che altro? Studia la metafisica tedesca; legge KantFichteSchelling.Sepolto in un villinocon una sola domestica
vede scorrere le ore serie e tranquille. Si è sposato? Non ancora. E sempreoppio? Ogni sabato sera. E questa regola di
vita dura impunemente dalla famosa domenica di pioggia del 1804? Ahimè! Sì.Che ne è della salutedopo questo
prolungato e regolare abuso? Maiegli affermaè stato così bene comenella primavera del 1812. Notiamo chefino ad
oraè stato solo un dilettantee che per lui l'oppio non è ancoradiventato una regola di vita quotidiana. Le dosi sono
state sempre moderatee prudentemente separate da un intervallo di alcunigiorni. Forse questa prudenza e questa
moderazione avevano procrastinato l'apparire di paure vendicatrici. Nel 1813inizia una nuova fase. Nell'estate
precedente un doloroso avvenimentoche non ci spiegaaveva colpito cosìduramente il suo animo da ripercuotersi
anche sulla sua salute fisica; dal 1813è afflitto da una terribileinfiammazione allo stomacoche era sorprendentemente
analoga a quella di cui aveva tanto sofferto durante le notti d'angosciainfondo alla casa del procuratoree che era
accompagnata da tutti i suoi antichi morbosi sogni. Eccofinalmentelagrande giustificazione! A che cosa serve
dilungarsi su questa crisi e darne in dettaglio tutti gli episodi? La lottafu lungale sofferenze faticose e insopportabilie
la liberazione era sempre lìa portata di mano. Dirò volentieri a tuttiquelli che hanno desiderato un balsamoun
nepentecontro le sofferenze di tutti i giorniche turbano la praticaquotidiana della loro vita e che si fanno beffe di ogni
sforzo di volontàa tutti costoromalati nell'animomalati nel corpodirò: che chi di voi è senza peccatosia di opere
che di pensieriscagli a questo ammalato la prima pietra! Dunquesiamod'accordo; d'altra parteegli vi supplica di
crederloquando cominciò a prendere ogni giorno l'oppio era spintodall'urgenzadalla necessitàdalla fatalità: vivere in
altro modo gli era impossibile. E poi sono davvero così numerosi quegliarditi che sanno affrontare con sopportazione
con una innovata energia attimo dopo attimola sofferenzala torturasempre presentemai fiaccatacon la prospettiva
di un beneficio vago e lontano? Alcuni che sembrano così coraggiosi epazienti non hanno avuto poi così gran merito
nel vinceree alcuni che hanno resistito per poco hanno dissipato in cosìpoco tempo una profonda energia
misconosciuta. I caratteri umani non sono così infinitamente vari come glielementi chimici? «Nello stato di squilibrio
in cui mi trovomi è altrettanto impossibile sopportare un moralistadisumanoquanto l'oppio che non è stato fatto
bollire!». Ecco un bel dettoun detto irrefutabile. Non si tratta piùdi circostanze attenuantima di circostanze
assolutorie.
La crisi del 1813 ebbe infine una conclusionee questa conclusionela siindovina. Ormai domandare al nostro
solitario amico se nel tal giorno ha preso l'oppio o non l'ha presosarebbecome informarsi se i suoi polmoni quel giorno
hanno respiratoo se il suo cuore ha pulsato. Non più quaresimad'oppionon più ramadannon più astinenza! L'oppio
fa parte della vita. Poco prima del 1816l'anno più bellopiù limpidodella sua vitaci narraera sceso improvvisamente
e quasi senza sforzoda trecentoventi grani d'oppiocioè ottomila gocce dilaudano al giornoa quaranta grani
diminuendo così il suo strano nutrimento di sette ottavi. La nube diprofonda melanconia che era calata sul suo cervello
si dissipò in un giorno come per magial'agilità spirituale ricomparveepoté di nuovo credere alla felicità. Non
prendeva più di mille gocce di laudano al giorno (che temperanza!). Fu comeun'estate di S. Martino dello spirito. E
rilesse Kante lo capì o credette di capirlo. Di nuovo abbondava in luiquella levitàquella gaiezza dello spirito-tristi
parole per tradurre l'intraducibile-favorevoli in egual misura al lavoro ealla pratica della fratellanza. Questo spirito di
indulgenza e di condiscendenza verso il prossimodiciamo di piùdicaritàche un po' assomiglia alla carità degli
ubriachi (ciò sia detto senza intenzione di mancare di rispetto a un autorecosì serio) un bel giorno fu praticata nel modo
più bizzarro e più spontaneoin favore di un Malese. Fate attenzione aquesto Malese; lo rivedremo più avanti
ricompariràingigantito in modo terribile. Chi puòinfatticalcolare laforza di riverbero e di ripercussione di un
qualsiasi episodio nella vita di un sognatore? Chi può pensaresenzaturbarsiall'infinito dilatarsi dei cerchi nelle onde
spirituali agitate da una pietra del caso? Un giornodunqueun Malese bussaalla porta di questo silenzioso rifugio.
Cosa faceva un Malese sulle montagne dell'Inghilterra? Forse era direttoverso un porto situato a quaranta miglia da lì.
La servanata tra le montagneche non conosceva meglio il malesedell'inglesee che in vita sua non aveva mai visto
un turbantesi spaventò esageratamente. Maricordando che il suo padroneera un dottoe presumendo che dovesseparlare tutte le lingue della terraeforse anche quelle della lunacorse a chiamarlo per pregarlo di esorcizzare ildemone
che era installato in cucina. Era un curioso e divertente contrastoquellodi due visi che si guardavano l'un l'altrol'uno
caratterizzato da una fierezza sassonel'altroda servilismo asiatico;l'unoroseo e fresco; l'altrogiallo e bilioso
illuminato da piccoli occhi mobili e inquieti. Il dottoper salvare ilproprio onore agli occhi della serva e dei vicinigli
parlò in greco; il Malese rispose senz'altro in malese; non si inteseroaffattoe tutto andò bene. Questi si riposò per
un'ora sul pavimento della cucinae fece finta di rimettersi in cammino. Seveniva da Londra a piediil povero Asiatico
non aveva potuto scambiare parola con anima viva per tre settimane. Il nostroautoreper consolare i probabili fastidi di
questa vita solitariapensando che un uomo di quelle contrade dovesseconoscere l'oppioprima che partisse gli regalò
un grosso pezzo della preziosa sostanza. Si può concepire un modo piùnobile di intendere l'ospitalità? Il Malese
dall'espressione del voltomostrò chiaramente di conoscere l'oppioe d'unsol boccone inghiottì un pezzo che avrebbe
potuto uccidere molte persone. C'eradi sicuroquanto bastava perpreoccupare un animo caritatevole; ma non si sentì
mai parlare nella regione di nessun Malese trovato cadavere sulla stradamaestra; questo strano viaggiatore aveva
dunquesufficiente familiarità con il velenoe il risultato desideratodalla carità era stato ottenuto.
In quel tempoche ho dettoil mangiatore d'oppio era ancora felice; verafelicità di dotto e di solitario amante
del comfort: un grazioso villinouna bella bibliotecasistemata conpazienza e sensibilitàe l'inverno che si accaniva in
montagna. Una casa graziosa non rende l'inverno più poeticoe l'inverno nonaccresce la poesia della casa? Il bianco
villino era seduto in fondo a una piccola valle chiusa da montagne abbastanzaalte; era come fasciato da arbusti che
diramavano una tappezzeria di fiori sui muri edurante la primaveral'estate e l'autunnocreavano una cornice odorosa
alle finestre. Si cominciava col biancospino e si terminava col gelsomino. Mala bella stagioneper un uomo dotato di
immaginazione e meditativo come luila stagione della felicità èl'invernoe l'inverno nella sua forma più rigida. C'è
gente che si rallegra di ottenere dal cielo un inverno benignoe che sonofelici di vederlo partire. Luiinvecechiede
ogni anno al cielo tanta nevegrandinegelo quanto ne può contenere. Glioccorre un inverno canadeseun inverno
russo gli occorre per quel che costa. Il suo nido sarà più caldopiùdolcepiù amato: le candele accese alle quattroun
bel fuocoqualche buon tappetodelle pesanti tende che ricadono ondeggiandofino a terrauna bella donna che prepari
il tèe il tè dalle otto di sera fino alle quattro del mattino. Senzainvernonessuno di questi piaceri è possibile; il comfort
completo esige una temperatura rigida; certo che viene a costare; ilnostro sognatore hadunqueproprio il diritto
d'esigere che l'inverno paghi onestamente il suo debitocome lui il proprio.Il salotto è piccolo e serve a due scopi. Si
potrebbe più esattamente definirlo la biblioteca; è là che sono accumulaticinquemila volumicomprati uno a unovera
conquista della pazienza. Un grande fuoco brilla nel caminetto; sul vassoiosono posate due tazze e due piattini; infatti
la caritatevole Elettra che egli ci ha fatto presagire rende leggiadra ladimora con tutta la stregoneria dei suoi angelici
sorrisi. A che serve descrivere la sua bellezza? Il lettore potrebbe credereche questo vigore di luce sia puramente fisico
e appartenga al dominio della pittura terrena. E poinon dimentichiamo lafiala del laudanouna grande caraffaparola
mia! perché siamo troppo lontani dai farmacisti di Londra per rinnovare confrequenza la nostra scorta; un libro di
metafisica tedesca che è posato sul tavolotestimonia le perpetue ambizioniintellettuali del proprietario. Paesaggio di
montagneeremo silenziosolusso o piuttosto solido benessereampiadisponibilità per meditareinverno rigoroso
adatto a raccogliere le facoltà della mentesìecco davvero la felicitào piuttosto gli ultimi barlumi della felicità
un'intermittenza nel fatoun giubileo nella sventura; eccociinfattiapprodare all'epoca funesta in cui «occorre dire
addio a questa dolce beatitudineaddio per l'inverno come per l'estateaddio ai sorrisi e alle risateaddio alla pace della
menteaddio alla speranza e ai sogni pacificiaddio alle benedetteconsolazioni del sonno!». Per più di tre anniil nostro
sognatore vivrà come in esilioscacciato dal territorio della comunefelicitàperché è giunto ora a «un'Iliade di
calamitàè arrivato alle torture dell'oppio». Epoca oscuravastodedalo di tenebreattraversato a intervalli da visioni
sfarzose e opprimenti:
È come se un pittore eccelso avesse
immerso il suo pennello
nell'umor nero del sisma e dell'eclisse.
Questi versi di Shelleycosì solenni e veramente miltonianirendono beneil colore di un paesaggio oppiaceo
se così ci si può esprimere; ecco il cielo tetro e l'orizzonte impermeabileche avvolgono il cervello asservito dall'oppio.
L'infinito nell'orrore e nella melanconia epiù melanconica di tuttol'impotenza di strappare se stessi al supplizio!
Prima di procedereil nostro penitente (potremmo di tanto in tanto chiamarlocon questo nomebenché
appartengasecondo ogni apparenzaa una categoria di penitenti semprepronti a ricadere nel loro peccato) ci avverte
che non bisogna cercare un ordine molto rigoroso in questa parte del suolibroo almeno un ordine cronologico. Quando
lo scrisseera solo a Londraincapace di imbastire un racconto regolare conuna congerie di ricordi molesti e ripugnanti
e esiliato lontano dalle mani amiche che sapevano ordinare i suoi fogli ederano abituate a rendergli tutti i servigi di un
segretario. Scrive senza cautelaquasi senza pudoreormaisupponendodinanzi a sé un lettore indulgentea quindici o
venti anni di distanza dalla sua epoca; e volendo semplicemente fissareprima di tuttoil ricordo di un periodo
disastrosovi si dedica con tutti gli sforzi di cui ancor oggi è capacenon sapendo bene se più tardi ne avrà la forza o
l'occasione.
Ma perchégli si chiederànon essersi liberato dagli orrori dell'oppiosia abbandonandolosia diminuendone le
dosi? Egli si è sforzatodolorosamente e a lungodi ridurne la quantità;ma chi fu testimone di quelle lamentevoli
battagliedi quelle successive agoniefu il primo a supplicarlo dirinunciarvi. Perché non aver diminuito la dose dialmeno una goccia al giornoonon averne mitigato la forza con un'aggiunta d'acqua? Ha calcolato che glisarebbero
occorsi molti anniper ottenere con questo mezzo un'incerta vittoria.D'altronde tutti gli intenditori d'oppio sanno che
prima di giungere a un certo livellosi può sempre ridurre la dose senzadifficoltàe perfino con piacerema cheuna
volta superata tale doseogni ulteriore riduzione genera intensi dolori. Maperché non acconsentire a una momentanea
prostrazione di qualche giorno? Non c'è prostrazionenon è in questo checonsiste la sofferenza. La diminuzione
dell'oppio aumentainvecela vitalità; il polso è più regolare; lasalute migliorama il risultato è una terribile
infiammazione di stomacoaccompagnata da abbondanti sudorie da unasensazione di malessere generaleche nasce
dalla mancanza di equilibrio tra l'energia fisica e la salute della mente.Infatti è facile capire che il corpola parte
terrestre dell'uomoche l'oppio aveva vittoriosamente pacificato e ridotto auna completa sottomissionevoglia
riprendere le sue prerogativementre il predominio dello spiritoche fino aquel momento era stato unicamente favorito
si trova altrettanto sminuito. È un equilibrio spezzato che vuoleristabilirsie non può più ristabilirsi senza crisi. Anche
senza considerare l'infiammazione di stomaco e l'eccessiva sudorazioneèfacile immaginarsi l'angoscia di un uomo
nervosodalla vitalità singolarmente rinvigoritae dalla mente inquieta einattiva. In questa situazioneil malato in
genere considera il male preferibile alla guarigionee si butta a capofittonel suo destino.
Il mangiatore d'oppio aveva da tempo interrotto i suoi studi. A voltesurichiesta della moglie o di un'altra
signora che veniva a prendere il tè con loroacconsentiva a leggere ad altavoce le poesie di Wordsworth. A sbalzi
prendeva momentaneamente ancora gusto ai grandi poetima la sua veravocazionela filosofiaera del tutto trascurata.
La filosofia e la matematica richiedono un'applicazione costante e continuae adesso la sua mente indietreggiava di
fronte a questo compito giornaliero con un'intima e desolante coscienza dellasua debolezza. Una grande operaa cui
aveva giurato di sacrificare tutte le sue forzee il cui titolo gli erastato suggerito dalla reliquiae di Spinoza: De
emendatione humani intellectusnon veniva portata a termineabbozzata esospesacon l'aspetto desolato di quei grandi
edifici intrapresi da governi prodighi o da architetti imprudenti. Ciò cheper la posterità doveva apparire come la prova
della sua forza e della sua dedizione alla causa dell'umanitànonservirebbedunqueche a testimoniare la sua debolezza
e la sua presunzione. Per fortuna gli rimaneva ancoracome diversivol'economia politica. Benché debba essere
considerata come una scienzacioè un'unità organicatuttavia alcune dellesue parti integranti possono essere scorporate
e considerate in se stesse. Di tanto in tanto sua moglie gli leggeva idibattiti parlamentari o le novità librarie in materia
di economia politicamaper un letterato profondo ed eruditosi trattavadi una triste vivanda; per chiunque abbia
trattato la logicaquelli sono i cascami della mente umana. Tuttavia unamico di Edimburgonel 1819gli inviò un libro
di Ricardoe prima d'aver terminato il primo capitoloricordandosi che eglistesso aveva profetizzato la venuta di un
legislatore di quella scienzaesclamò: «È lui!». Lo stupore e lacuriosità erano resuscitate. Ma la più grandela più
deliziosa sorpresa fu che poteva ancora interessarsi a una qualsiasi lettura.La sua ammirazione per Ricardo
naturalmente s'accrebbe. Un'opera così profondaera veramente nata inInghilterranel XIX secolo? Credeva infatti che
ogni forma di pensiero fosse morta in Inghilterra. Ricardo aveva d'un solcolpo trovato la leggecreato il principio
razionale; aveva gettato un raggio di luce nel tenebroso caos degli elementidove si erano persi i suoi predecessori. Il
nostro sognatorepieno di entusiasmoringiovanitoriconciliato con lariflessione e il lavorosi mette a scrivereo
meglio detta alla sua compagna. Gli sembrava che l'occhio scrutatore diRicardo avesse lasciato sfuggire qualche
importante veritàla cui analisiridotta dai procedimenti algebricipoteva diventare argomento di un interessante
volumetto. Il risultato di questo sforzo di malato furono i Prolegomeni atutti i futuri sistemi di economia politica.*
Aveva preso accordi con un tipografo di provinciache abitava a diciottomiglia dalla sua casa; al fine di stampare più
in fretta l'operaaveva assuntoaddiritturaun tipografo supplementare; illibro era già stato annunciato due volte; ma
ahimè! restava da scrivere una prefazione (la fatica di una prefazione!) euna magnifica dedica a Ricardo; che fatica per
un cervello debilitato dai piaceri di un'orgia permanente! O umiliazione diun autore nervosotiranneggiato
dall'interiorità! L'impotenza si levòterribileinvalicabilecome ighiacci del polo; tutti gli accordi furono disdettiil
tipografo licenziatoe i Prolegomenivergognosisi adagiarono alungovicino al loro fratello maggioreil famoso libro
suggerito da Spinoza.
Condizione orribile! avere la mente che formicola di ideee non poterattraversare il ponte che separa le
campagne immaginarie della fantasticheria dalle messi positive dell'azione!Se chi ora mi legge ha conosciuto il
carattere di necessità dell'operanon ho bisogno di descrivergli ladisperazione di una mente nobilechiaroveggente
ingegnosache lotta contro questa condanna tutta particolare. Abominevoleincantesimo! Tutto ciò che ho detto sullo
scadimento della volontà nel mio studio sull'hascisc è applicabileall'oppio. Rispondere a qualche lettera? Lavoro
gigantescorinviato di ora in oradi giorno in giornodi mese in mese.Questioni di interesse? Spossante fanciullaggine.
È il momento in cui si trascura l'economia domestica più dell'economiapolitica. Se un cervello debilitato dall'oppio lo
fosse completamenteseper servirmi di una poco nobile locuzionefosse deltutto abbrutitoil male sarebbe meno
intenso davveroo almeno più tollerabile. Ma un mangiatore d'oppio nonperde nessuna delle sue aspirazioni morali;
vede il doverel'ama; vuole occuparsi di tutte le condizioni del possibile;ma la sua forza d'azione non è più capace di
seguire il pensiero. Fare! Che dico? può almeno provare? È il peso di unincubo che opprime la volontà intera Il nostro
sventurato diviene allora una specie di Tantaloche brucia d'amore per ilsuo compito e tuttavia è incapace di
adempierlo; uno spiritoun puro spiritoahimè! condannato adesiderare ciò che non può ottenere; un prode guerriero
insultato in ciò che ha di più caroe affascinato da un destino fatale chegli ordina di stare a lettodove si consuma in
una rabbia impotente!
Così il castigo era giuntolento ma terribile. Ahimè! non dovevamanifestarsi solo nell'aspetto di questa
impotenza spiritualema anche attraverso orrori di natura più crudele ereale. È curioso sottolineare il primo sintomoche si manifestò nell'equilibriofisico del mangiatore d'oppio. È l'inizioil germe di tutta una serie didolori.
Generalmente i bambini sono dotati della singolare facoltà di percepireomeglio di crearesulla feconda tela delle
tenebre un intero mondo di bizzarre visioni. Questa facoltàin alcunitalvolta opera al di fuori della loro volontà.
Qualcun altroinveceha il potere di evocarle o allontanarle quando vuole.In una simile circostanza il nostro narratore
si accorse di ritornare bambino. Volgeva la metà dell'autunno 1817e questapericolosa facoltà lo tormentava senza
tregua. Sdraiatoma sveglioprocessioni funebri e magnifiche sfilavanodavanti ai suoi occhisi levavano costruzioni
infinitedall'impronta antica e solenne. Ma i sogni del sonno entrarono afar parte dei sogni della vegliae tutto ciò che
il suo sguardo evocava nelle tenebresi rinnovava nel sonno con unosplendore inquietanteinsopportabile. Mida
mutava in oro tutto ciò che toccavae si sentiva martirizzato daquest'ironico privilegio. Parimenti il mangiatore d'oppio
trasformava in realtà inevitabili tutti gli oggetti delle suefantasticherie. Per bella e poetica che fosse all'apparenzatutta
questa fantasmagoriala accompagnavano un'angoscia profonda e una neramelanconia. Ogni notte gli pareva di
scendere all'infinito in abissi senza luceoltre ogni profonditàconosciutasenza speranza di poter risalire. Eanche dopo
il risvegliopersisteva una tristezzauna disperazione prossimaall'annichilimento. Fenomeno analogo ad alcuni di
quelli prodotti nell'ebbrezza dell'hasciscil sentimento dello spazio epiù tardiil sentimento della duratafurono
stranamente modificati. Monumenti e paesaggi assunsero forme troppo dilatateper non procurare sofferenza all'occhio
umano. Lo spazio si rigonfiòper così direall'infinito. Ma eral'espansione del tempo che divenne un'angoscia ancor
più viva idee e sentimenti che riempivano la durata di una notterappresentavano per lui il valore di un secolo. Inoltre i
più comuni avvenimenti dell'infanziascene dimenticate da tanto temposiriprodussero nel cervello vivi di una nuova
vita. Sveglionon se ne sarebbe forse ricordatoma nel sonnoli riconoscevaimmediatamente. Come l'uomo che sta
annegando rivedenel momento supremo dell'agoniatutta la vita come in unospecchio; come il condannato leggein
un secondoil terribile resoconto di tutti i suoi pensieri terreni; come lestelle offuscate dalla luce del giorno riappaiono
con la nottecosì anche tutte le iscrizioni incise sulla memoria inconsciariaffiorarono come per effetto di un inchiostro
simpatico.
L'autore illustra le principali caratteristiche dei suoi sogni conalcuni esempi di natura strana e temibile; uno
tra gli altriin cui per la logica specifica che regola gliaccadimenti del sonnodue elementi storici lontanissimi si
giustappongono nel suo cervello secondo il più bizzarro dei modi. Cosìnella mente infantile di un campagnolouna
tragedia diventaa voltela conclusione della commedia che ha aperto lospettacolo:
«Nella mia giovinezzae anche doposono sempre stato un appassionatolettore di Tito Livio; è sempre stato
uno dei miei svaghi preferiti; confesso di preferirlo per l'argomento e lostilea ogni altro storico romanoe ho percepito
tutta la formidabile e solenne sonoritàtutta l'energica rappresentazionedella maestà del popolo romano in queste due
parole che ritornano così spesso nella narrazione di Tito Livio: ConsulRomanuse in particolare quando il console
compare nei suoi attributi militari. Intendo dire che le parole: resultanoreggenteo tutti gli altri titoli appartenenti agli
uomini che personificano in sé la maestà di un gran popolonon avevanoaltrettanta potenza per ispirarmi lo stesso
rispetto. Benché non sia un gran lettore di storiaavevo ugualmenteacquistato familiaritàin modo minuzioso e critico
con un certo periodo della storia d'Inghilterrail periodo della guerra delParlamentoche mi aveva affascinato per la
grandezza morale di quelli che vi hanno figurato e per le numerose einteressanti memorie che sono sopravvissute a
quelle tumultuose epoche. Queste due parti delle mie letture di svagoavendospesso fornito argomento alle mie
riflessionialimentavano ora i miei sogni. Mentre ero destomi è capitatospesso di vedere una specie di prova teatrale
che più tardi si dipingeva sulle tenebre compiacenti-una schiera didame-forse una festa e delle danze. E sentivo direo
dicevo a me stesso: "Sono le mogli e le figlie di quelli che siriunivano in tempo di paceche si sedevano alle medesime
tavolee che erano imparentati per matrimonio e per sangue; eppuredopo uncerto giorno dell'agosto del 1642non si
sono più scambiati sorrisie non si sono mai più rivisti che sui campi dibattaglia e a Marston-Moora Newbury o a
Nasebyhanno spezzato tutti i vincoli dell'amore con la crudele sciabolaehanno cancellato col sangue i ricordi di
antiche amicizie". Le dame danzavanosembravano così affascinanti comealla corte di Giorgio IV. Eppure sapevo
anche durante il sognoche erano sepolte nella tomba da quasi due secoli. Matutto quel fasto doveva dissolversi
all'improvviso: a un battito di manisi udivano queste parole il cui suonomi metteva il cuore in subbuglio: Consul
Romanus! e immediatamente arrivavasbarazzandosi di quanto gli si paravadinanzimagnifico nel mantello militare
Paolo Emilio o Mariocircondato da una compagnia di centurioniissata latunica rossa sulla punta della lanciae
seguito dalle temibili acclamazioni delle legioni romane».
Architetture stupefacenti e mostruose si innalzavano nel suo cervellosimilia quelle costruzioni mutevoli che
l'occhio del poeta scorge tra le nubi colorate dal sole al tramonto. Benprestoperòa quei sogni di terrazzedi torridi
fortificazioniche sl innalzavano ad altezze sconosciute e si addentravanoin profondità sconfinatesopravvennero laghi
e vaste distese d'acqua. L'acqua divenne l'elemento ossessivo. Abbiamo giànotatonel nostro lavoro sull'hasciscquesta
sorprendente predilezione del cervello per l'elemento liquido e per le suemisteriose seduzioni. Non si direbbe che esista
una singolare parentela tra questi due eccitantialmeno per gli effetti chehanno sull'immaginazioneose si preferisce
quest'altra spiegazioneche il cervello umanosotto il dominio di uneccitantepredilige con più piacere certe
immagini? Le acque cambiarono presto aspettoe i laghi trasparentibrillanti come specchidivennero mari e oceani. E
infine una nuova metamorfosi mutò queste acque magnificheche mettevanoinquietudine solo per la loro reiterata
intensità e per la loro estensionein un atroce tormento. Il nostro autoreaveva amato troppo la follasi era troppo
deliziosamente calato nei mari della moltitudineperché il volto umano nonassumesse nei suoi sogni un valore
dispotico. Si manifestò alloraciò che egli ha già definitocredolatirannia del volto umano. «Sulle mutevoli acque
dell'Oceano cominciò allora a delinearsi il volto dell'uomo; il marem'apparve lastricato di infinite teste rivolte al cielo;volti che esprimevanofuriasupplicadisperazionesi misero a danzare sulla superficiea migliaiaa miriadi
generazionisecoli; la mia inquietudine divenne infinitae la mia animabalzò e rotolò come i marosi dell'Oceano»
Il lettore ha già notato che da molto tempo l'uomo non evoca più leimmaginima che le immagini gli si
offronospontaneamentedispoticamente. Non può congedarle; giacché lavolontà non ha più forza e non governa più le
sue facoltà. La memoria poeticaun tempo sorgente infinita di godimentièdiventata un arsenale illimitato di strumenti
di tortura.
Nel 1818il Malesedi cui abbiamo parlatolo tormentava crudelmente; eraun visitatore insopportabile. Come
lo spaziocome il tempoil Malese si era moltiplicato. Il Malese eradiventato l'Asia stessa; l'Asia anticasolenne
mostruosa e complicata come i suoi templi e le sue religioni; in cui ognicosadagli aspetti più ordinari della vitafino ai
ricordi classici e maestosi che implicaè fatta per confondere e stupire lamente di un Europeo. E non si trattava solo
della Cinabizzarra e artificialeprodigiosa e vecchiotta come un raccontodi fateche tiranneggiava il suo cervello.
Quell'immagine evocava naturalmente l'immagine contigua dell'Indiacosìmisteriosa e inquietante per uno spirito
dell'Occidente; e inoltre Cina e India formavano in un baleno con l'Egittouna triade minacciosaun incubo complicato
dalle svariate angosce. Insommail Malese aveva evocato tutto l'immenso efavoloso Oriente. Le pagine che seguono
sono troppo belle per essere riassunte: «Ogni notte ero trasportato daquest'uomo in mezzo a scenari asiatici. Non so se
altre persone condividono i miei sentimenti su questo punto; ma ho spessopensato che se fossi costretto ad abbandonare
forzatamente l'Inghilterrae a vivere in Cinatra gli usile regole divita e gli ambienti della vita cineseimpazzirei. Le
cause del mio orrore sono profondee alcune devono essere condivisibili daaltri uomini. L'Asia meridionale è
generalmente sede di immagini atroci e di temibili associazioni di idee; nonfosse altro che come culla del genere
umanodeve emanare non so quale vaga sensazione di spavento e di rispetto.Ma esistono altre ragioni. Nessuno
pretenderà che le stranebarbare e capricciose superstizioni dell'Africaodelle tribù selvagge di qualsiasi altra contrada
possano colpirlo allo stesso modo delle antichemonumentali e complessereligioni dell'Indostan. L'antichità delle cose
asiatichedelle istituzioni degli annalidei modi della fedepossiede aimiei occhi qualcosa di così sbalorditivo
l'antichità della razza e dei nomiqualcosa di così sovranoche basta adannientare la gioventù dell'individuo. Un
giovane Cinese mi appare come un uomo antidiluviano rigenerato. Gli stessiInglesibenché non siano stati allevati
nella conoscenza di tali istituzioninon possono impedirsi di fremere difronte alla mistica sublimità di quelle casteche
hanno seguito ciascuna un suo corsoe hanno rifiutato di mescolare le loroacque fin dalla notte dei tempi. Non c'è
nessuno che non provi rispetto per i nomi del Gange e dell'Eufrate. Accrescedi molto questi sentimenti il fatto che
l'Asia meridionale è ed è statada migliaia d'annil'angolo di mondo piùbrulicante di vita umanala grande officina
gentium. L'uomoin queste contradecresce come l'erba. I vasti imperinei quali è stata modellata da sempre l'enorme
popolazione dell'Asiaaggiungono una grandezza in più ai sentimenti che leimmagini e i nomi orientali comportano. In
Cina soprattuttotralasciando ciò che vi è in comune col resto dell'Asiameridionalesono terrificato dalle regole di vita
dagli usida un'assoluta ripugnanzada una barriera di sentimenti che ciseparano da lei e che sono troppo profondi per
essere analizzati. Troverei più facile vivere con dei lunatici o dei bruti.Occorre che il lettore penetri in tutte queste idee
e in altre ancorache non posso dire o non ho il tempo di esprimerepercapire tutto l'orrore che questi sogni di
iconografia orientale e di torture mitologiche stampavano nella mia mente.
«Sotto le due condizioni concordi di calore tropicale e di luce verticaleradunavo tutte le creatureuccelli
bestierettilialberi e piantecostumi e ritiche si trovano comunementediffusi in tutta la regione dei tropicie li
spargevo alla rinfusa in Cina o nell'Indostan. Con un sentimento analogomiimpadronivo dell'Egitto e di tutte le sue
divinità e li introducevo sotto la medesima legge. Scimmiepappagallikakatoa mi fissavanomi gridavano dietromi
facevano smorfie e schiamazzavano alle mie spalle. Mi salvavo fuggendo nellepagodeed eroper secoli e secoli
confitto sulle cuspidio rinchiuso in stanze segrete. Ero l'idoloilsacerdote; ero adorato; ero sacrificato. Sfuggivo all'ira
di Brahma attraverso tutte le foreste dell'AsiaVishnu mi odiava; Siva mitendeva un'imboscata. All'improvvisocadevo
tra Iside e Osiride; si mormorava che avessi fatto qualcosaavevo commessoun crimine che faceva fremere l'ibis e il
coccodrillo. Giacevo sepoltoper migliaia d'anniin bare di pietraincompagnia di mummie e sfinginelle anguste celle
nel cuore delle eterne piramidi. Coccodrilli dal bacio canceroso mibaciavano; ed io giacevomescolato insieme a una
folla di cose inesprimibili e vischiosetra il fango e i canneti del Nilo.
«Ho così offerto al lettore un piccolo saggio dei miei sogni orientali. Illoro mostruoso scenario mi colmava
sempre di tale sgomento che lo stesso orrore sembrava per un certo tempo comeassorbito. Ma prima o poi si generava
un riflusso di sentimenti in cui lo sbigottimento era a sua voltarisucchiatoe che mi consegnava non tanto al terrore
quanto a una specie di odio e di disprezzo per tutto ciò che vedevo. Su ogniesseresu ogni formasu ogni minaccia
punizioneprigionia tenebrosaaleggiava una sensazione d'eternità e diinfinitoche mi procurava l'angoscia e
l'oppressione della follia. Era solo durante quei sognisalvo una o duepiccole eccezioniche si insinuavano le
circostanze dell'orrore fisico. I miei terrori erano stati fino a quelmomento solo morali e spirituali. Ma qui le principali
cause erano laidi uccelliserpenti o coccodrillisoprattutto questi ultimi.Il coccodrillo maledetto divenne per me
oggetto di un orrore più raccapricciante di tutti gli altri. Ero costrettoahimè! a vivere con lui (era sempre così nei miei
sogni) per secoli e secoli. Qualche volta riuscivo a sfuggiree mi ritrovavoin case cinesiammobiliate con tavoli di
canna. Tutti i piedi dei tavoli e dei sofà sembravano dotati di vitalasozza testa del coccodrillodai piccoli occhi
obliquimi guardava dovunqueda ogni latomoltiplicata da innumerevoliripetizioni; e io restavo lì colmo d'orrore e di
fascino. E questo schifoso rettile assillava così di frequente il mio sonnochemolte voltelo stesso sogno è stato
interrotto nello stesso modoudivo voci delicate che mi parlavano (sentotuttoanche quando sono assopito)e
immediatamente mi svegliavo. Era giorno altopieno mezzogiornoe i mieifigli si tenevano per manoin piedi accantoal mio letto; venivano a mostrarmile scarpe colorategli abiti nuovia farmi ammirare i vestiti prima di andarea
passeggio. Sostengo che lo spostamento dal maledetto coccodrillo e daglialtri mostrie inesprimibili aborti dei miei
sogni a quelle innocenti creaturea quella semplice infanzia umanaera così terribile chenella violenta e subitanea
revulsione del mio animopiangevosenza riuscire a trattenermibaciando iloro visi».
Il lettore si aspetta forsein questa galleria di impressioni antiche che siripercuotono nel sonnola melanconica
figura della povera Ann. Eccolaa sua volta. L'autore ha osservato che lamorte delle persone che ci sono più caree in
generale la contemplazione della mortecolpisce maggiormente la nostra animapiù d'estate che nelle altre stagioni
dell'anno. Il cielo estivo appare più altopiù lontanopiù infinito. Lenuvoleche consentono all'occhio di valutare la
distanza della volta celestehanno più volume e sono ammucchiate in massepiù vaste e solide; la luce e gli spettacoli
del sole al tramonto meglio si accordano con il carattere dell'infinito. Mala ragione principale è che l'eccesso
esuberante della vita estiva provoca un contrasto più violento con la gelidasterilità della tomba. D'altrondedue idee
che sono in rapporto d'antagonismo si richiamano reciprocamentee l'unasuggerisce l'altra. Anche l'autore ci confessa
chenelle interminabili giornate estivegli è difficile non pensare allamorte; e l'idea della morte di una persona
conosciuta o amata ossessiona la sua mente con più ostinazione durante lastagione dello splendore. Un giornogli
parve di essere in piedi davanti alla soglia del suo villino; era (nel sogno)una domenica mattina del mese di maggio
una domenica di Pasquail che non contraddice assolutamente l'almanacco deisogni. Di fronte a lui si stendeva il
paesaggio conosciutoma come ingranditoreso più solenne dalla magia delsonno. Le montagne erano più alte delle
Alpie i prati e i boschiposti alle faldeinfinitamente più estesi; lesiepiadorne di bianche rose. Era di mattina
prestissimoperciò non si vedeva nessuna creatura viva tranne il bestiameche si riposava nel cimitero sulle tombe
verdeggiantie soprattutto intorno al sepolcro di un bambino che avevateneramente amato (quel bimbo era stato
realmente seppellito quella stessa estate; e un mattinoprima del levar delsolel'autore aveva realmente visto quegli
animali riposarsi vicino a quella tomba). Allora si disse: «C'è ancoraparecchio tempo da attendere prima che si alzi il
sole; oggi è domenica di Pasquaè il giorno in cui si celebrano i primifrutti della resurrezione. Andrò fuori a passeggio;
oggi dimenticherò le mie antiche sofferenze; l'aria è fresca e calma; lemontagne sono alte e si stendono lontano verso il
cielole radure della foresta sono calme come il cimitero; la rugiadalaverà la febbre della mia frontee cosìfinalmente
non sarò più infelice». E andò ad aprire la porta del giardinoquando ilpaesaggioalla sua sinistrasi trasformò. Era
sempre una domenica di Pasquadi primo mattinoma lo scenario era diventatoorientale. Cupole e guglie di una grande
città dentellavano vagamente l'orizzonte (forse era il ricordo di qualcheimmagine di una Bibbia contemplata da
bambino). Poco distante da luisu una pietrae all'ombra dei palmizi diGiudeaera seduta una donna. Era Ann!
«Ella mi fissò con uno sguardo intensoe alla fine le dissi: "Vi hofinalmente ritrovata!". Aspettavoma ella
non pronunciò una sola parola. Il suo volto era identico a quando l'avevovista per l'ultima voltaeppurecom'era
diverso! Diciassette anni primaquando la luce del lampione le cadeva sulvisoquando per l'ultima volta baciavo le sue
labbra (le tue labbraAnn! che per me non avevano nessuna macchia)i suoiocchi lacrimavano come torrenti; ma
adesso le sue lacrime erano disseccate; appariva più bella che non fosse aquell'epocama era in ogni particolare la
stessa e per nulla invecchiata. Lo sguardo era tranquilloma dotato di unasingolare solennità d'espressionee la
contemplavo con una punta di timore. All'improvvisola sua fisionomia sioffuscò; girandomi verso la parte delle
montagnevidi la nebbia scendere fra di noi; in pochi secondi tutto erasvanito; calarono fitte tenebre; e in un batter
d'occhio mi trovai lontanomolto lontano dalle montagnementre passeggiavocon Ann alla luce dei lampioni di Oxford
Streetproprio come passeggiavamo diciassette anni primaquand'eravamoleied iodue ragazzi».
L'autore cita ancora un esempio delle sue morbose concezionie quest'ultimosogno (che data del 1820) è ancor
più terribile tanto più è vagodi una natura più sfuggenteinafferrabilee benché pervaso da una sensazione straziante
si presenta nello scenario mobileflessuoso dell'indefinito. Non speroproprio di rendere in modo soddisfacente la magia
dello stile inglese:
«Il sogno cominciava come una musica che odo spesso nei miei sogniunamusica da preludioatta a
risvegliare la mente e tenerla in sospeso; una musica simile al preludio diuna cerimonia di incoronazionee checome
questadava l'impressione di una vasta marciadi un infinito susseguirsi dicavalieri e di un scalpiccio di innumerevoli
eserciti. Era giunto il mattino di un giorno solennedi un giorno di crisi edi speranza decisiva per la natura umanache
subiva allora qualche misteriosa eclissi ed era travagliata da qualchetemibile angoscia. In qualche luogonon so dove-in
un modo o in un altronon sapevo come-per opera di non so quali esserinonli conoscevo una battagliauna lotta era
ingaggiata-un'agonia era patita -che si evolveva come un grande dramma o unbrano musicale:-e la sensazione che
provavo diventava un supplizio per l'incertezza del luogodella causadellanatura e del risultato possibile dell'evento.
Come capita in genere nei sogniin cui per necessità facciamo di noi stessiil centro di ogni impulso avevo il potere di
deciderlae tuttavia non l'avevone avevo il poterepurché fossi riuscitoa innalzarmi fino a volerloe tuttavia non
avevo tale poterepoiché ero schiacciato dal peso di venti OceaniAtlanticio sotto l'oppressione di un crimine
inespiabile. Più in fondo di quanto mai sia sceso il piombo della sondagiacevo immobileinerte. Alloracome un coro
la passione strappava un suono più profondo. Un bene sommo era in giocounacausa più importante di tutte quelle che
mai una spada difese o una tromba proclamò. Poi giungevano improvvisiallarmiqua e là passi precipitosi; terrori di
innumerevoli fuggiaschi. Non sapevo se venissero dalla giusta causa o daquella sbagliata:-tenebre e luce;-tempeste e
volti umani;-e infinecon la sensazione che tutto fosse perdutoapparivanofigure di donnevolti che avrei voluto
riconoscerea prezzo del mondo interoe che mi era concesso di veder disfuggitasolo per un attimo;-e poi mani
contrattedistacchi che straziavano il cuore;-e poi addio per sempre! e conun gemitocome quello esalato dalle cavernedell'infernoquando la madreincestuosa proferì l'aborrito nome della Morteil suono rimbombò Addio persempre! e
poie poi ancoradi eco in ecorimbombò: Addio per sempre!
«E mi svegliavo nelle convulsionie gridavo con tutta la mia voce: No! nonvoglio più dormire!».
* Nonostante ciò che De Quincey dice sulla sua impotenza spiritualequestolibro o qualcosa di analogo che
riguardava Ricardo fu pubblicato più tardi. Vedere il catalogo delle sueopere complete. C.B.
_V • UN FALSO EPILOGO
De Quincey ha stranamente abbreviato la fine del suo librocosì comealmenoapparve nell'edizione
primitiva. Ricordo che la prima volta che lo lessimolti anni fa (e nonconoscevo la seconda parteSuspiria de
profundische non era stata d'altronde pubblicata)mi chiedevo di tantoin tanto: Quale può essere la conclusione di un
libro simile? La mortela follia? Ma l'autore che parla sempre in primapersonaè rimasto evidentemente in uno stato di
salute chepur non essendo perfettamente normale e eccellentegli permetteperòdi dedicarsi a un lavoro letterario.
Ciò che mi appariva più probabileera lo statu quo; cioè che siabituasse alle sofferenzeche si rassegnasse ai temibili
effetti del suo bizzarro regime di vita; e in conclusione mi dicevo: Robinsonalla fine può lasciare la sua isola; una nave
può approdare a una rivaper quanto ignotae riportarne il solitarioeremita; ma quale uomo può uscire dall'impero
dell'oppio? Cosìcontinuavo a pensare tra me e mequesto libro singolareconfessione veritiera o puro parto della
fantasia (quest'ultima ipotesi era del tutto improbabile per quell'aura diverità che aleggia su tutto l'insieme e per
l'inimitabile accento di sincerità che accompagna ogni dettaglio)è unlibro senza conclusione. Ci sono evidentemente
libricome vi sono avventuresenza conclusione. Ci sono condizioni eterne;e tutto ciò che è in rapporto con
l'irrimediabilecon l'irreparabile rientra in questa categoria. Tuttavia miricordavo che il mangiatore d'oppio aveva
annunciato da qualche parteall'inizioche era finalmente riuscito a sciogliereanello per anellola catena maledetta
che vincolava tutto il suo essere. Dunquela conclusione mi era deltutto inattesae confesserò con franchezzache
quando la conobbimalgrado tutto l'apparato di minuziosa verisimiglianzaistintivamente ne diffidai. Non so se il
lettore condividerà la mia impressione a questo proposito; ma dirò chel'espediente sottileingegnosoattraverso cui
l'infelice esce dal labirinto stregato dove per sua colpa s'era perdutomiparve un'invenzione in favore di un certo cant
britannicoun sacrificio in cui la verità era immolata per onorare ilpudore e i pubblici pregiudizi. Ricordate quante
precauzioni ha preso prima di cominciare il racconto della sua Iliade dimalie con quale attenzione ha rivendicato il
diritto di procedere in confessioni addirittura salutari. Unpopolo vuole epiloghi moraliun altro epiloghi consolanti.
Così le donnead esempionon vogliono che gli empi vengano ricompensati.Che cosa direbbe il pubblico dei nostri
teatrise non trovassealla fine del quinto attola catastrofe volutadalla giustiziache ristabilisce il normale equilibrio
o diciamo piuttosto utopicotra tutte le partiquella catastrofe imparzialeattesa con impazienza per quattro lunghi atti?
Insommacredo che al pubblico non piacciano gli ostinati che non sipentono maie che li consideri volentieri come
degli arroganti. De Quincey ha forse pensato allo stesso modo e vi siè adeguato. Se queste paginescritte più indietro
nel tempofossero per caso cadute sotto i suoi occhiimmagino che sisarebbe degnato di sorridere con compiacenza del
mio precoce e motivato diffidare; ad ogni modomi baso sul suo testocosìsincero e penetrante in ogni altra occasione
e potrei già annunciare qui una certa terza genuflessione davanti al neroidolo (il che ne implica una seconda) di cui
dovremo parlare più tardi.
Sia come si vogliaecco l'epilogo. Dopo parecchio tempol'oppio non facevapiù sentire il suo potere con
incantesimima con tormentie tali tormenti (il che è perfettamentecredibile e in accordo con tutte le esperienze
relative alla difficoltà di rompere con le vecchie abitudinia qualunquegenere appartengano)erano cominciati con i
primi sforzi per liberarsi di questo quotidiano tiranno. Tra due agoniel'una dovuta all'uso continuol'altra al regime
interrottol'autoreci narrapreferì quella che comportava una possibileliberazione. «Non saprei dire quanto oppio
prendessi a quel tempo; infatti l'oppio di cui facevo uso era statoacquistato da un mio amicoche poi non volle essere
rimborsato; così che non posso calcolare la quantità presa nel corso di unanno. Credo però di averne preso con
irregolaritàe di averne variato la dose da cinquanta o sessanta grani algiorno a centocinquanta al giorno. La mia prima
premura fu di ridurla a quarantaa trentae infinequanto più spessopotevoa dodici grani». Aggiunge anche chetra i
diversi rimedi specifici tentatiil solo da cui trasse profitto fu latintura ammoniacale di valeriana. Ma a che serviva
continuare il racconto (è lui che parla) della convalescenza e dellaguarigione? Lo scopo del libro era di mostrare il
meraviglioso potere dell'oppio sia nel piacere sia nel dolore; il libro èdunque terminato. La morale del racconto si
rivolge solo ai mangiatori d'oppio. Che imparino a tremaree che sappianocon questo straordinario esempioche è
possibile rinunciare a questa sostanzadopo diciassette anni di uso e ottodi abuso dell'oppio. Possanoegli aggiunge
riporre una maggiore energia nei loro sforzie raggiungere alla fine ilmedesimo successo!
«Jeremy Taylor suppone che forse ugual dolore è nel nascere come nelmorire. Credo che sia molto probabile;
e durante il lungo periodo dedicato alla diminuzione dell'oppioprovai tuttii tormenti di chi passa da una regola di vita
a un'altra. Il risultato non fu la mortema una specie di rinascitafisica... Mi resta ancora come un ricordo della mia
prima condizione; i miei sogni non sono perfettamente calmi; il temibileturgore e l'agitazione della tempesta non si
sono perfettamente placati; le legioni di cui erano popolati i miei sogniindietreggianoma non tutte sono partite; il miosonno è tumultuosoesimilealle soglie del Paradiso quando i nostri primigeni genitori si rivolsero acontemplarleè
semprecome dice il verso terrificante di Milton:
Gremito di facce minacciose e di braccia fiammeggianti».
L'appendice (che data dal 1822) è destinata ad avvalorare piùminuziosamente la verisimiglianza di questo
epilogoa offrirle per così dire una rigorosa fisionomia medica. Avereridotto la dose da ottomila gocce a una dose
moderata che varia da trecento a centosessanta gocceera davvero unmagnifico trionfo. Ma lo sforzo che restava da
compiere richiedeva maggiore energia di quanto l'autore non si aspettasseela necessità di tale sforzo divenne sempre
più manifesta. Si accorsein particolaredi un certo indurimentodi unamancanza di sensibilità nello stomacoche
pareva presagire qualche forma di cirrosi. Il medico confermò che ilcontinuo uso dell'oppioanche se in dosi ridotte
poteva comportare un simile risultato. Da quel momentopromessa di abiurarel'oppiodi abiurarlo assolutamente. Il
racconto degli sforzidelle esitazionidelle sofferenze fisiche dipendentidalle prime vittorie della volontàè veramente
degno di interesse. Vi sono diminuzioni progressive; per ben due volte arrivaa zeropoi ci sono ricadutericadute in cui
compensa con larghezza le precedenti astinenze. Insommal'esperienza delleprime sei settimane ebbe come risultato
una terribile instabilità in tutto l'organismosoprattutto nello stomacoche talvolta riacquistava uno stato di normale
vitalitàe talvolta soffriva in modo inconsueto; un'agitazione continua digiorno e di notteun sonno (che sonno!) di tre
ore al massimo su ventiquattroe così leggero che egli udiva intorno a séi rumori più piccolila mascella inferiore
costantemente gonfiala bocca ulcerataetra gli altri sintomi più o menodeplorevoliviolenti starnutiched'altra
partehanno sempre accompagnato i suoi tentativi di ribellione all'oppio(questa specie di nuovo malore durava a volte
anche due ore e si ripeteva due o tre volte al giorno)ecome non bastasseuna sensazione di freddoe infine un
terribile raffreddorequale mai gli era successo quand'era assoggettatoall'oppio. L'uso degli amari gli riportò lo
stomaco allo stato normalecioè a perderecome gli altri individuilaconsapevolezza delle operazioni della digestione.
Alla fineil quarantaduesimo giornotutti questi sintomi allarmantidisparvero per cedere il posto ad altri; ma non si
capacita se questi ultimi sono conseguenze dell'antico abuso o dellasoppressione dell'oppio. Cosìl'abbondante
traspirazione cheanche verso Nataleaccompagnava ogni riduzionegiornaliera della doseera completamente cessata
nella stagione più calda dell'anno. Ma altre sofferenze fisiche possonoessere attribuite al clima piovoso di luglio nella
parte dell'Inghilterra dove egli dimorava.
L'autore spinge la sua premura (sempre per accorrere in aiuto agli sventuratiche potrebbero trovarsi nel suo
stesso caso) fino a darci un quadro sinotticodate e quantità relativedelle prime cinque settimane durante le quali
cominciò a concludere felicemente il suo glorioso tentativo. Vi si leggonoterribili ricadutecome da zero a duecento
trecentotrecentocinquanta. Ma è molto probabile che la riduzione fossetroppo rapidamal graduatae desse adito a
sofferenze superflueche qualche volta lo costringevano a chieder soccorsoalla fonte stessa del male.
Quello che mi ha sempre rafforzato nell'idea che questo epilogo fossealmenoin parteartificiosoè un certo
tono di canzonaturadi scherzoe anche di dileggio che predomina in moltepagine di questa appendice. Infineper
dimostrare apertamente che egli non dà al suo miserabile corpo la fanaticaattenzione delle persone malaticce che
passano il tempo a osservarsil'autore invoca su questo corposu questomiserevole «straccio»non fosse che per
punirlo di averlo tanto tormentatole condanne infamanti che la leggeinfligge ai peggiori malfattori; e se i medici di
Londra credono che la scienza possa avvantaggiarsi dallo studio del corpo diun mangiatore d'oppio ostinato quanto lui
molto volentieri dà loro in consegna il suo. Certi ricchi personaggi di Romacommettevano l'imprudenza di ostinarsi a
vivere dopo aver lasciato una donazione al principecome dicescherzosamente Svetonioe il Cesareche aveva di buon
grado accettato la donazionesi riteneva molto offeso da quelle esistenzeprolungate senza discrezione. Ma il
mangiatore d'oppio non teme da parte dei medici nessun segno offensivo diimpazienza. Da lorosa benenon può
attendere che sentimenti analoghi ai suoiovveroispirati a quel puro amoreper la scienza che spinge lui stesso a fare il
funebre dono della sua preziosa spoglia. Possa questa donazione essereconsegnata in un tempo infinitamente lontano;
possa questo penetrante scrittorequesto malato affascinante fin dalle suefacezieesserci conservato ancora più a lungo
del fragile Voltairechecome è stato dettoimpiegò ottantaquattro annia morire.*
* Mentre scrivevamo queste righeè giunta a Parigi la notizia della mortedi Thomas De Quincey. Ci
auguravamo dunque la prosecuzione di questo glorioso destinoche si ètrovato bruscamente spezzato. Il degno emulo e
amico di Wordsworthdi Coleridgedi Southeydi Charles Lambdi Hazlitt edi Wilsonlascia numerose operedi cui
le principali sono: Confessions of an english opium-eater; SuspiriaDe Profundis; The Caesars; Literary reminiscences;
Essays on the Poets; Autobiographie Sketches; Memorials; TheNote book; Theological Essays; Letters to a young man;
Classic records reviewed or deciphered Speculationsliterary andphilosophiewith german tales and other narrative
papers; Klosterheimor the masque; Logic of political ecnomy (1844);Essay sceptical and antisceptical on problems
negleeted or misconceived ecc... Lascia non solo la fama di una dellementi più originalidelle più veramente capaci di
umorismo della vecchia Inghilterrama anche quella di uno dei caratteri piùaffabilipiù capaci di affetto che abbiano
onorato la storia delle letterecome alla fine l'ha dipinta ingenuamente neiSuspiria de Profundisdi cui stiamo per
intraprendere l'analisie il cui titolo trae da questa dolorosa circostanzaun accento doppiamente melanconico. De
Quincey è morto a Edimburgoall'età di 75 anni.
Ho sotto gli occhi un articolo in forma di necrologiodatato 17 dicembre1859che può fornire materia ad
alcune tristi riflessioni. Da un capo all'altro del mondo la grande folliadella morale usurpa in tutte le diatribe letterarie illuogo della puraletteratura. I Pontmartin e altri predicatori da salotto da quattro soldiingombrano i giornali americani e
inglesi tanto quanto i nostri. A suo tempoa proposito delle bizzarreorazioni funebri che seguirono la morte di Edgard
Poeho avuto occasione di osservare che il terreno mortuario dellaletteratura è rispettato meno del cimitero comunein
cui un regolamento di polizia protegge le tombe dagli oltraggi innocenti deglianimali.
Voglio che il lettore imparziale si erga a giudice. Che importa che il mangiatored'oppio non abbia mai reso
servigi positivi all'umanità? Se il suo libro è bellodobbiamoessergli grati. Buffonche in un'analoga questione non è
certo sospettonon pensava forse che un felice giro di fraseun nuovo mododi esprimersi benefossero per l'uomo
davvero spirituale molto più utili che le scoperte della scienza; in altriterminiche il Bello è più nobile del Vero?
Che De Quincey si sia mostrato a volte particolarmente severo per i suoiamiciquale autoreche conosce
l'ardore della passione letterariaavrebbe il diritto di stupirsene? Eglistesso si maltrattava crudelmente; e d'altronde
come ha detto in qualche sua paginae comeprima di lui aveva dettoColeridgela malizia non viene sempre dal cuore;
esiste una malizia dell'intelligenza e dell'immaginazione.
Ma ecco il capolavoro della critica. De Quincey avevain gioventùoffertoin dono a Coleridge una
considerevole parte del suo patrimonio: «Senz'altro questo è nobile e degnodi lodebenché imprudentedice il biografo
inglese; ma occorre ricordarsi che venne un tempo in cuivittima del suooppio con la salute molto malandata e gli
affari dissestatiacconsentì totalmente ad accettare la carità dei suoiamici». Ciò significase ho tradotto beneche non
occorre dargli nulla in cambio della sua generositàpoiché più tardi siè servito di quella degli altri. Il Genio non riesce
ad avere simili trovate. Per innalzarsi fin lassùoccorre essere dotatidell'animo invidioso e bisbetico di un critico
moralista. C.B.
_VI • IL GENIO BAMBINO
Le Confessions portano la data del 1822e i Suspiriache leseguono e le completanosono stati composti nel
1845. Anche il tonodi conseguenzaèse non completamente diversoalmenopiù seriopiù tristepiù rassegnato.
Scorrendo più e più volte queste singolari pagine non potevo impedirmi difantasticare sulle diverse metafore di cui si
servono i poeti per raffigurare l'uomo che è ritornato dalle battaglie dellavitaè il vecchio marinaio dalle spalle curve
dal volto solcato da un viluppo inestricabile di rugheche riscalda davantial suo focolare un'eroica carcassa scampata a
mille avventure; è il viaggiatore che la sera si volta verso le campagneattraversate al mattinoe che si ricordacon
tenerezza e tristezzadelle mille fantasie da cui era posseduto il suocervello mentre percorreva quelle contradeora
vaporizzate all'orizzonte. È ciò chein maniera generica vorrei definireil tono del fantasmaaccento non
soprannaturalema quasi estraneo alla umanitàmetà terreno e metàultraterrenoche ritroviamo a volte nelle Mémoires
d'outretombe quando la collera o l'orgoglio ferito taccionoe ildisprezzo dei grande René verso le cose terrestri si fa del
tutto disinteressato.
L'Introduction dei Suspiria ci insegna che per il mangiatored'oppio vi è stata una seconda e una terza ricaduta
malgrado tutto l'eroismo dimostrato nella sua paziente guarigione. È ciòche egli chiama a third prostration before the
dark idol. Pur omettendo le ragioni fisiologiche che adduce a sua scusacome di non aver regolato con sufficiente
accortezza la propria astinenzacredo che tale infortunio fosse facile daprevedere. Ma questa volta non si tratta né di
lotta né di rivolta. La lotta e la rivolta implicano sempre una certa dosedi speranzamentre la disperazione è mutata.
Laddove non esiste più rimediole più grandi sofferenze si arrendono. Leporteun tempo spalancate per il ritornosi
sono chiusee l'uomo si avvia docilmente incontro al suo destino. Suspiriade profundis! Questo libro ha un titolo
legittimo.
L'autore non insiste più per convincersi che le Confessions eranostate scrittealmeno in parteper favorire la
salute pubblica. Tendevanoci confessa con molta franchezzaa mostrarequale potenza possieda l'oppio per aumentare
le facoltà naturali dell'immaginazione. Sognare sogni splendidi non è donoconcesso a tutti gli uominieanche per
quelli che lo possiedonoc'è il grande rischio che si assottigli per losperpero moderno che cresce sempre più e per la
turbolenza del progresso materiale. La facoltà di fantasticare è facoltàdivina e misteriosaè infatti col sogno che l'uomo
comunica con il mondo di tenebre che lo circonda. Ma questa facoltà habisogno di solitudine per svilupparsi
liberamente; più l'uomo si concentrapiù è adatto a sognare ampiamenteprofondamente. Oraquale solitudine è più
vastapiù calmapiù distaccata dal mondo degli interessi terrenichequella creata dall'oppio?
Le Confessions ci hanno narrato gli eventi giovanili che avevanopotuto render legittimo l'uso dell'oppio. Ma ci
sono ancora due importanti lacunel'una che include le fantasie generatedall'oppio durante il soggiorno dell'autore
presso l'Università (è ciò che chiama le sue Visioni d'Oxford);l'altrail racconto delle sue impressioni d'infanzia. Così
nella seconda parte come nella primala biografia servirà a piegare e a verificareper così direle misteriose avventure
del cervello. Ed è negli appunti che si riferiscono all'infanzia chetroveremo la causa delle strane fantasie dell'uomo
adultoe per meglio diredel suo genio. Tutti i biografi hanno coltoinmodo più o meno completol'importanza degli
aneddoti che si riferiscono all'infanzia di uno scrittore o di un artista. Matrovo che tale importanza non è mai stata
sottolineata a sufficienza. Spessocontemplando qualche opera d'artenontanto nella sua materialità facilmente
intuibilenei geroglifici troppo chiari dei suoi contornio nel sensoevidente del soggettoma nell'anima di cui è dotata
nell'aura di cui suggerisce l'impressionenella luce o nelle tenebrespirituali che riversa sulle nostre animeho sentito
penetrare in me come una visione dell'infanzia di chi l'ha creata. Un piccolodoloreuna piccola gioia del bambinosmisuratamente dilatate da un'acutasensibilitàpiù tardinell'uomo adultodivengonoanche a sua insaputal'origine di
un'opera d'arte. Infineper esprimermi con più concisionenon sarebbefacile provarecon un paragone filosofico tra le
opere di un artista maturo e gli stati d'animo di quando era bambinoche ilgenio è semplicemente l'infanzia espressa
con nettezzae attualmente dotataper esprimersidi organi virili epotenti? Non pretendo tuttavia di affidare tale idea
alla fisiologiaper qualcosa di più di una semplice congettura.
Dunqueanalizzeremoallorarapidamente le principali sensazionidell'infanzia del mangiatore d'oppioper
rendere più comprensibili le fantasticherie che a Oxford erano l'usualenutrimento del suo cervello. Il lettore non deve
dimenticare che è un vecchio che racconta la propria infanziaun vecchiocheritornando all'infanziala analizza
tuttavia con sottigliezzae che alla fine questa infanziaprincipio dellefuture fantasticherieè rivista e considerata
attraverso l'elemento magico della fantasticheriacioè le folte trasparenzedell'oppio.
_VII • DOLORI D'INFANZIA
Lui e le sue tre sorelle erano bambini quando il padre morì lasciando allaloro madre un considerevole
patrimoniouna vera e propria fortuna da negoziante inglese. Il lussoilbenesserela vita agiata e sontuosasono
condizioni favorevolissime allo sviluppo della sensibilità naturale delbambino. «Non avendo che per compagni se non
tre innocenti sorellinecon cuianchedormivo semprechiuso in unpittoresco e silenzioso giardinodistante da
qualsiasi spettacolo di povertàdi oppressionedi ingiustizianon potevoegli dicesospettare la reale complessità di
questo mondo». Varie volte ha ringraziato la Provvidenza di questoincomparabile privilegionon solo per essere stato
allevato in campagna e nella solitudine«ma inoltre perché i primi motidell'animo erano stati modellati dalle più dolci
tra le sorellee non da orribili fratelli sempre pronti a fare a pugnihorridpugilistic brothers». In effettigli uomini che
sono stati cresciuti dalle donne e fra le donne non assomigliano affatto aglialtri uominianche se il carattere e le facoltà
spirituali si suppongono identici. Le ninne-nanne delle baliele carezzematernele moine delle sorellesoprattutto delle
sorelle più grandiquasi mamme in miniaturatrasformanoper così direplasmandolal'indole maschile. L'uomo che
fin dal principioè stato a lungo immerso nella molle atmosfera delladonnanella fragranza delle sue manidel seno
delle ginocchiadella capigliaturadelle vesti morbide e ondeggianti
Dulce balneum suavibus
Unguentatum odoribus
vi attinge una delicatezza d'epidermide e una eleganza di stile una specie diandroginiasenza le quali il genio
più rude e più virile restarispetto alla perfezione dell'arteun essereincompleto. Infinevoglio dire che il gusto precoce
del mondo femminilemundi muliebrisdi tutto quel corredoondeggiantescintillantee profumatocrea i geni
superiori; e sono convinto che la mia intelligentissima lettrice vorràperdonare la forma quasi sensuale delle mie
espressionicome approva e capisce la purezza del mio pensiero.
Jane morì per prima. Ma per il fratellino la morte non era ancora una cosaintelligibile. Jane era solo assente;
sarebbe senz'altro ritornata. Una domesticaincaricata di assisterla durantela malattial'aveva trattata un po' duramente
due giorni prima che morisse. Se ne sparse voce in famigliaeda quelmomentoil ragazzino non poté più guardare in
faccia questa ragazza. Appena ella comparivafissava lo sguardo a terra. Nonera colleranon era dissimulato spirito di
vendettaera semplicemente terrore; la sensitiva che si ritrae da uncontatto brutale; terrore unito a presentimentoecco
l'effetto prodotto da questa atroce veritàrivelata per la prima voltacheil mondo è un mondo di sventuradi lutto e di
esilio.
Ma la seconda ferita del suo cuore bambino non fu così facile darimarginare. Morì a sua voltadopo alcuni
anni spensieratila carala nobile Elisabettaintelligenza così elevata eprecoceche gli pare semprequando evoca il
suo dolce fantasma nelle tenebredi vedere intorno alla sua vasta fronteun'aureola o una tiara di luce. L'annuncio della
fine ormai prossima di quella creatura amatamaggiore di lui di due annieche nel suo animo aveva già tanta influenza
lo pervase di una disperazione indescrivibile. Il giorno dopo la sua mortesiccome la curiosità della scienza non aveva
ancora violato quella spoglia tanto preziosadecise di rivedere sua sorella.«Nei bambiniil dolore odia la lucee sfugge
gli sguardi umani». Così questa visita estrema doveva essere segreta esenza testimoni. Era mezzogiornoe quando
entrò nella camerai suoi occhi incontrarono dapprima solo una grandefinestracompletamente spalancataattraverso la
quale un ardente sole estivo rovesciava tutto il suo splendore. «Il tempoera seccoil cielo senza nuvolele profondità
azzurre avevano l'aspetto di una perfetta immagine dell'infinitoe non erapossibile all'occhio contemplareal cuore
concepire un simbolo più patetico della vita e della gloria nella vita».
Una grande sventurauna sventura senza rimedio che ci colpisce nella bellastagione dell'annosi direbbe
possieda un carattere più funestopiù sinistro. La mortecredo di averlogià sottolineato nell'analisi delle Confessionsci
colpisce più profondamente durante il sontuoso dominio dell'estate. «Siproduce allora una terribile antitesi tra la
profusione tropicale della vita esterna e la nera sterilità della tomba. Inostri occhi vedono l'estatee il pensiero abita il
sepolcro; la gloriosa chiarezza ci circondae in noi sono le tenebre. Equeste due immaginientrando in collisionesi
comunicano reciprocamente una forza esasperata». Ma per il bambinoche piùtardi sarà un erudito pieno di
immaginazioneper l'autore delle Confessions e dei Suspiriaun altro motivooltre questo antagonismoaveva giàstrettamente congiuntol'immagine dell'estate all'idea della morte -motivo tratto dagli intimi rapportitra i paesaggi e gli
avvenimenti dipinti nelle Sacre Scritture. «Gran parte dei pensieri e deisentimenti profondi non ci giungono
direttamente e nelle loro forme spoglie e astrattema attraverso complicateconcomitanze di oggetti concreti». Così la
Bibbiache una giovane domestica leggeva ai bambini durante le lunghe esolenni sera te invernaliaveva
rigorosamente contribuito a unire le due idee nella sua immaginazione. Laragazzache conosceva l'Orientespiegava
loro i climicome le numerose sfumature delle estati che li compongono. Erain un clima orientalein uno d quei paesi
che sembrano gratificati da un'eterna estateche un giustoche era più cheun uomoaveva subito la propria passione.
Era certo in estate che i discepoli avevano colto le spighe d grano. Ladomenica delle PalmePalm Sundaynon nutriva
forse questa fantasia? Sundayquesto giorno del riposoimmagini diun riposo più profondoinaccessibile al cuore
dell'uomo palmpalmauna parola che racchiude a un tempo i fasti della vitae quelli della natura estiva! Il più grande
evento di Gerusalemme era vicino quando giunse la domenica delle Palme; e illuogo del fattoche questa festa ricorda
era vicino a Gerusalemme. Gerusalemme checome Delfiè stata venerata comel'ombelico o centro del mondopuò
reputarsi il centro della mortalità. Se infatti è là che la morte è statacalpestataè pure là che essa ha aperto il suo più
sinistro cratere.
Fu dunque di fronte a una magnifica estate che traboccava crudelmente nellacamera mortuariache venne a
contemplare per l'ultima volta i lineamenti dell'amata defunta. Aveva uditodire in casa che la morte non aveva alterato i
suoi lineamenti. La fronte era pur la stessama le palpebre gelidelelabbra pallidele mani irrigidite lo colpirono in
modo spaventosoe mentreimmobilela guardavasi levò un vento maestosoe si mise a soffiare con violenza«il
vento più malinconicoegli diceche abbia mai sentito». Tante voltedaalloranelle giornate d'estatenel momento in
cui il sole è più caldoha udito levarsi il medesimo vento«che dilatavala sua stessa voce profonda solenne
mnemonicareligiosa». È il solo simbolo dell'eternità egli aggiungechesia dato a orecchio umano di intendere. Tre
volte nella vita egli ha inteso lo stesso suononelle stesse circostanzetra una finestra aperta e il cadavere di una persona
morta un giorno d'estate.
Improvvisamentei suoi occhiaccecati dall'abbagliante vita eternaeintenti nel confronto fra lo sfarzo e la
gloria dei cieli col gelo che copriva il viso della mortaebbero una stranavisione. Una galleriauna volta parve aprirsi
nell'azzurro-una strada prolungata all'infinito. E sulle onde azzurre il suospirito si levò; e le onde e il suo spirito
cominciarono a precipitarsi verso il trono di Dio; ma il trono era in fugacontinua davanti all'ardente inseguimento. In
questa singolare estasisi addormentò; e quando ritornò in sésiritrovò seduto presso il letto della sorella. Così il
bambino solitariooppresso dal suo primo doloreera volato verso Dioilsolitario per eccellenza. Così l'istinto
superiore a qualsiasi filosofiagli aveva fatto trovare in un sogno celesteun momentaneo sollievo. Gli parve allora di
sentire un passo lungo le scalee temendo chese l'avessero sorpreso nellastanzagli avrebbero impedito di ritornare
baciò in fretta le labbra della sorella e si ritirò con precauzione. Ilgiorno dopovennero i medici per esaminare il
cervello; ignorava lo scopo della loro visitaequalche ora dopo che se neerano andatitentò di insinuarsi di nuovo
nella stanza; ma la porta era chiusa e la chiave era stata tolta. Gli fudunque risparmiato di vedere i restiviolati dalle
devastazioni della scienzadi colei di cui dunque ha potuto conservareintatta un'immagine serenaimmobile e pura
come il marmo o il ghiaccio.
Vennero poi i funeralinuova agonia; la sofferenza del tragitto in carrozzacon persone indifferenti che
chiacchieravano di argomenti del tutto estranei al suo dolore; le terribiliarmonie dell'organoe tutta quella solennità
cristianatroppo opprimente per un bambinoche le promesse di una religioneche elevava sua sorella al cielo non
consolavano d'averla perduta sulla terra. In chiesa gli raccomandarono ditenere un fazzoletto sugli occhi. Aveva
dunque bisogno di fingere un contegno funebre e di recitare la parte di chipiangelui che poteva a mala pena reggersi
sulle gambe? La luce infiammava i vetri colorati in cui santi e apostolimostravano la loro gloriaenei giorni che
seguironoquando veniva condotto alle funzionii suoi occhifissi sullaparte non colorata delle vetratevedevano
continuamente i fiocchi di nubi del cielo trasformarsi in tende e guancialibianchisui quali riposavano teste di bambini
che soffrivanopiangevanomorivano. A poco a poco quei letti si innalzavanoal cieloe risalivano verso il Dio che
tanto ha amato i bambini. Più tardimolto tempo dopotre passaggi dellaliturgia funebreche aveva certo sentitoma
che forse non aveva ascoltatoo che avevano indignato il suo dolore con leloro troppo aspre consolazionigli tornarono
a mentecon il loro senso misterioso e profondoparlandogli di liberazionedi risurrezione e d'eternitàe diventarono
per lui un tema frequente di meditazione. Mamolto tempo primasi innamoròdella solitudine di quel gusto violento
che manifestano tutte le passioni profondesoprattutto quelle che nonvogliono essere consolate. I vasti silenzi della
campagnale estati trafitte da una luce opprimentei pomeriggi nebbiosiloempivano di una pericolosa voluttà. Lo
sguardo si smarriva nel cielo e nella nebbia inseguendo qualcosa che non sitrovae scrutava con ostinazione le azzurre
profondità per scoprirvi un'immagine amatacui forseper specialeprivilegioera stato concesso ancora una volta di
manifestarsi. Con mio grande dispiacere riassumo la parteeccessivamentelungain cui si narra di questo dolore
profondosinuososenza uscitacome un labirinto. La natura intera vi èinvocatae ogni oggetto vi diventa a propria
volta rappresentativo dell'unica idea. Questo dolorea voltefacrescere fiori lugubri e civettuolia un tempo tristi e
smaglianti; i suoi accenti luttuosamente amorosi spesso si trasformano inarguzie. Lo stesso lutto non ha forse i suoi
ornamenti? E non è solo la sincerità di questa tenerezza che commuovel'animo; c'è anche per il critico un singolare e
nuovo godimento nel vedersi qui dischiudere quel misticismo ardente edelicato che in genere fiorisce solo nel giardino
della Chiesa Romana. Giunse infine il tempo in cui quella sensibilitàmorbosache si nutriva esclusivamente di un
ricordoe quel gusto senza equilibrio per la solitudinepotevanotrasformarsi in un effettivo pericolo; uno di quei
momenti decisivicriticiin cui l'anima desolata si dice: «Se coloro cheamiamo non possono più ritornare da noichi ciimpedisce di andar noi daloro?» dove l'immaginazioneossessionataaffascinatasubisce con diletto lesublimi
attrattive della tomba. Per fortuna era giunta l'età del lavoro e delledistrazioni obbligate. Doveva indossare la prima
bardatura della vita e prepararsi agli studi classici.
Nelle pagine che seguonopiù allegreperòtroviamo ancora lo stessospirito di sensibilità femminilerivolto
ora agli animaligli interessanti schiavi dell'uomoai gattiai caniatutti gli esseri che possono essere facilmente
tormentatioppressiincatenati. L'animale con la sua gioia spensierataconla sua semplicitànon è d'altronde una specie
di rappresentazione dell'infanzia dell'uomo? Quidunquela sensibilità delgiovane sognatorepur sviata su nuovi
oggettirestava fedele al suo carattere primitivo. Amava ancorasotto formepiù o meno perfettela debolezza
l'innocenza e il candore. Tra i segni e i caratteri principali che il destinoaveva suggellato su di luioccorre notare anche
una delicatezza di coscienza eccessivacheunita alla sua morbosasensibilitàserviva a far crescere a dismisura i fatti
più usualie a trarre dalle colpe più inconsistentiaddiritturaimmaginarieterrori sfortunatamente troppo reali. Infine
immaginiamoci un ragazzo di tale naturaprivato dell'oggetto del suo primo epiù grande affettoinnamorato della
solitudine e senza nessuno con cui confidarsi. A questo punto il lettorecomprenderà perfettamente che la maggior parte
dei fenomeni sviluppatisi sul teatro dei sognidovevano essere laripetizione delle prove subite nei suoi primi anni. Il
destino aveva gettato il seme; l'oppio lo fece fruttificare e lo trasformòin vegetazioni strane e abbondanti. I fatti
dell'infanziaper servirmi di una metafora che appartiene all'autoredivennero il coefficiente naturale dell'oppio. Questa
precoce facoltà che gli permetteva di idealizzare ogni cosa e di investirladi proporzioni soprannaturalicoltivata
esercitata a lungo nella solitudinea Oxford dovette produrre risultatigrandiosi e insolitiattivata oltre misura
dall'oppioanche nella maggior parte dei suoi coetanei.
Il lettore ricorda certo le avventure del nostro eroe nel Gallesle suesofferenze a Londra e la riconciliazione
con i tutori. Eccolo ora all'Universitàche si tempra nello studiopiùincline che mai al sognoe che trae dalla sostanza
di cuicome avevamo dettoaveva fatto esperienza a Londra contro i dolorinevralgiciun coadiuvante pericoloso e
potente per le sue precoci inclinazioni al sogno. Da allorala sua primaesistenza entrò nella secondae si confuse con
lei per dar vita ad un'unicità tanto interiore quanto anomala. Occupò lasua nuova vita a rivivere la prima. Quante volte
rividenegli ozi della scuolala camera funebre dove riposava il cadaveredella sorellala luce dell'estate e il gelo della
morteil sentiero aperto all'estasi attraverso la volta dei cieli azzurri; epoiil prete con la bianca cotta presso una tomba
apertala bara che scendeva nella terrae la polvere che ritornavapolvere; infinei santigli apostoli e i martiri della
vetratailluminati dal solecornice magnifica a quei letti bianchiaquelle graziose culle di bambini che al suono grave
dell'organo ascendevano al cielo! Rivide tutto ciòma con variazionifioriturecolori più intensi o più vaporosi; rivide
tutto l'universo della sua infanziama con la ricchezza poetica che viassociava uno spirito coltogià raffinatoe abituato
a trarre le sue gioie più grandi dalla solitudine e dal ricordo.
_VIII • VISIONI D'OXFORD
_IL PALINSESTO
«Cos'è il cervello umanose non un immenso e naturale palinsesto? Il miocervello è un palinsestoe anche il
tuolettore. Innumerevoli strati di ideedi immaginidi sentimenti sonocaduti uno dopo l'altro sul tuo cervellocosì
adagio come la luce. Sembrava che ognuno nascondesse la precedente. Ma inrealtà nessuna s'è persa». Tuttaviatra il
palinsesto che portasovrapposte una sull'altrauna tragedia grecaunaleggenda di monacie una storia cavallerescae
il palinsesto divino creato da Dioche è la nostra incommensurabilememoriac'è questa differenzache nel primo vive
quasi un caos fantasticogrottescouna collisione tra elementi eterogenei;mentre nel secondo la fatalità del carattere
infonde necessariamente un'armonia tra gli elementi più disparati. Perquanto incoerente sia un'esistenzal'unità umana
non ne è turbata. Tutti gli echi della memoriase si potessero risvegliaresimultaneamenteformerebbero un concerto
piacevole o dolorosoma logico e senza dissonanze.
Spesso persone colte di sorpresa da un incidente improvvisosoffocatebruscamente dall'acquae in pericolo di
mortehanno visto illuminarsi nel loro cervello tutto il teatro della lorovita trascorsa. Il tempo è stato annullatoe alcuni
secondi sono bastati a contenere una quantità di sentimenti e di immaginiche corrispondono ad anni. E ciò che vi è di
più singolare in questa esperienzache il caso ha più volte ripetutononè la simultaneità di tanti elementi che furono
susseguenti nel tempoma è il riaffiorare di tutto ciò che l'essere nonconosceva più; ma che tuttavia è costretto a
riconoscere come cosa propria. L'oblio non è che momentaneo; e in talisolenni circostanzenella morteforsee
generalmente nelle intense eccitazioni create dall'oppiotutto l'immenso ecomplicato palinsesto della memoria si
srotola di colpocon tutti i suoi strati sovrapposti di sentimenti defuntimisteriosamente imbalsamati in ciò che noi
chiamiamo oblio.
Un uomo di geniomelanconicomisantropoe che vuole vendicarsidell'ingiustizia del secoloun giorno getta
nel fuoco tutte le sue opere ancora manoscritte. E poiché gli si rimproveraquesto spaventoso olocausto offerto all'odio
ched'altrondeera il sacrificio di tutte le sue proprie speranzerispose:«Che importa? Ciò che contaè che tutte queste
opere fossero create; sono state createdunque esistono».Concedeva a tutte le cose create un carattere di
indistruttibilità. Con quanta maggior evidenza questa idea si applica atutti i nostri pensieria tutte le nostre azioni
buone o cattive! E se in questa credenza c'è qualcosa di infinitamenteconsolantenel caso in cui la nostra mente sivolga verso quella parte di noiche possiamo considerare con soddisfazionenon c'è anche qualcosa diinfinitamente
terribilenel caso futuroinevitabilein cui la nostra mente si volgeràverso quella parte di noi che non possiamo
affrontare se non con orrore? Nel mondo dello spiritocome in quello dellamaterianulla va perduto. Come ogni
azionelanciata nel vortice dell'azione universaleè in sé irrevocabile eirreparabileastraendo dai suoi risultati possibili
così ogni pensiero non può essere cancellato. Il palinsesto della memoriaè indistruttibile.
«Certolettorei poemi di gioia e di doloreimpressi successivamente sulpalinsesto del vostro cervellosono
infinitie come foglie delle foreste verginicome le nevi perennidell'Himalayacome luce che cade su lucei loro strati
incessanti si sono accumulati e si sonociascuno a sua voltaricoperti dioblio. Ma nell'ora della morteoppure nella
febbreo nelle ricognizioni dell'oppiol'insieme di questi poemi puòrisorgere e riacquistare nuovo vigore. Non sono
mortidormono. Si crede che la tragedia greca sia stata scacciata esostituita dalla leggenda del monacola leggenda del
monaco dal romanzo cavalleresco; ma non è così. Man mano che l'essere umanoavanza nella vitail romanzo cheda
giovanelo abbagliavala favolosa leggenda chebambinolo seducevaappassiscono e si offuscano da soli. Ma le
profonde tragedie dell'infanzia- braccia di bambini per sempre strappatidal collo delle madrilabbra di bambini per
sempre separati dai baci delle loro sorelle-vivono sempre nascostesotto lealtre leggende del palinsesto. La passione e
la malattia non hanno una chimica abbastanza potente per bruciare quelletracce immortali».
_LEVANA E LE NOSTRE SIGNORE DELLE TRISTEZZE
«Spesso a Oxford nei miei sogni ho visto Levana. La riconoscevo dai suoisimboli romani». Ma chi è Levana?
Era la dea romana che vegliava le prime ore del bambinoche gli conferivaper così diredignità umana. «Al momento
della nascitaquando il bambino assaggiava per la prima volta l'atmosferaturbata del nostro pianetalo si metteva per
terra. Ma quasi subitoper paura che una così grande creatura strisciasseal suolo per più di un istanteil padrequale
mandatario della dea Levanao qualche parente prossimolo sollevava inariagli comandava di guardare in altocome
fosse il re di questa terra; e mostrava la fronte del bambino alle stelleforse dicendo loro in cuor suo: "Contemplate chi
è più grande di voi!". Questo atto simbolico rappresentava la funzionedi Levana. E questa divinità misteriosache non
ha mai svelato i suoi lineamenti (se non a menei miei sogni)e che hasempre agito per delegaderiva il suo nome dal
verbo latino levaresollevare in ariatenere in alto».
Naturalmente molte persone hanno visto in Levana il potere tutelare chesorveglia e dirige l'educazione dei
bambini. Ma non crediate si tratti qui di quella pedagogia che regna soloattraverso gli alfabeti e le grammatiche;
occorre soprattutto pensare «a quel vasto sistema di forze centrali che ènascosto nell'intimità profonda della vita umana
e che travaglia incessantemente i bambiniinsegnando loro di volta in voltala passionela lottala tentazionel'energia
della resistenza». Levana rende nobile l'essere umano che sorvegliama conmezzi crudeli. È implacabile e severa
questa buona nutricee tra i procedimenti di cui si serve più volentieriper perfezionare la creatura umanaquello che
sopra a tutti privilegiaè il dolore. Tre dee le sono sottopostee di lorosi serve per i suoi misteriosi disegni. Come ci
sono tre Grazietre Parchetre Furiecome alle origini c'erano tre Museci sono tre dee della tristezza. Esse sono le
Nostre Signore delle Tristezze.
«Le ho spesso viste mentre conversavano con Levanae qualche volta si sonoanche intrattenute con me.
Parlano dunque? Oh! no. Questi potenti fantasmi disdegnano le insufficienzedel linguaggio. Possono profferire parola
attraverso gli organi dell'uomoquando abitano in un cuore umano; matra diloronon si servono della voce; non
emettono suoni; un silenzio eterno regna nei loro reami... La più anzianadelle tre sorelle si chiama Mater
Lachrymarumo Nostra Signora delle Lacrime. È lei chenotte e giornovaneggiagemeinvocando volti scomparsi. È
lei che si trovava a Romaquando fu udita una voce lamentarsiquella diRachele che piangeva i suoi figli e non voleva
essere consolata. Era anche a Betlemmela notte in cui la spada di Erodespazzò via tutti gli innocenti dai loro asili... I
suoi occhi sono di volta in volta dolci e pungentisgomenti o assonnati;spesso si levano verso le nubispesso accusano
il Cielo. E so dai ricordi d'infanzia che può viaggiare sui venti quandointende il singhiozzo delle litanie o il tuono
dell'organoo quando contempla lo sfaldarsi delle nuvole estive Questasorella maggiore porta alla cintura chiavi più
potenti di quelle papalie con esse apre qualsiasi tugurio e qualsiasipalazzo. È leilo sochedurante tutta l'estate
scorsaè restata al capezzale di un mendicante ciecoquello con cui mipiaceva tanto chiacchierarementre la sua
caritatevole figliadi otto annidalla fisionomia luminosaresisteva allatentazione di unirsi alla gioia del paeseper
girovagare tutto il giorno sulle strade polverose con l'infelice padre. PerciòDio le ha mandato una grande ricompensa.
Nella primavera dell'annoe quando anche lei cominciava a fiorirel'harichiamata a sé. Il padre cieco la piange sempre
e sempre a mezzanotte sogna di tenere ancora la propria mano nella piccolamano che lo guidavae sempre si sveglia
nelle tenebre che adesso sono nuove e più profonde tenebre... È conl'aiuto di queste chiavi che Nostra Signora delle
Lacrime si insinuatenebroso fantasmanelle camere degli uomini che nondormonodelle donne che non dormonodei
bambini che non dormonodal Gange fino al Nilodal Nilo fino alMississippi. E poiché è nata per prima e possiede
l'impero più vastonoi l'onoreremo con il titolo di Madonna.
«La seconda sorella si chiama Mater SuspiriorumNostra Signora deiSospiri. Non scala mai le nuvole e non
passeggia sui venti. Sulla frontenessun diadema. Gli occhise si potesserovederenon apparirebbero né dolci né
pungenti; non si potrebbe decifrare nessuna storia; si troverebbe solo unamassa confusa di sogni mezzo morti e i relitti
di un delirio perduto. Non alza mai gli occhi; il suo capoavvolto in unturbante di brandelliè sempre reclinatoe
sempre guarda la terra. Non piangenon geme. Di tanto in tanto sospira e isospiri sono incomprensibili. Sua sorellalaMadonnaè talvolta impetuosa efreneticadelira contro il cielo e reclama i suoi prediletti. Ma Nostra Signoradei
Sospiri non grida mainon accusa mainon sogna mai la rivolta. È umilefino all'abiezione. La sua dolcezza è quella
degli esseri senza speranza... Se talvolta mormoraè solo in luoghisolitariabbandonati quanto leiin città distruttee
quando il sole è caduto nel sonno. Questa sorella è la visitatrice delPariadel Giudeodello schiavo che rema sulle
galere;... della donna seduta nelle tenebresenza un amore su cui rifugiarela testasenza una speranza che illumini la
sua solitudine;... di ogni prigioniero nel carceredi tutti quelli che sonotraditi e di tutti quelli che sono respinti; di quelli
che sono messi al bando dalle leggi della tradizionee dei figli dellasventura ereditaria. Tutti hanno come compagna
Nostra Signora dei Sospiri. Anche lei porta una chiavema non ne ha affattobisogno. Perché il suo regno si dispiega
soprattutto tra le tende di Sem e i vagabondi di tutti i climi. Tuttavia neipiù alti ranghi dell'umanità trova qualche altare
e anche nella gloriosa Inghilterra ci sono uomini chedavanti al mondovanno a testa alta con lo stesso orgoglio di una
renna e chein segretohanno ricevuto il suo marchio sulla fronte.
«Ma la terza sorellache è anche la più giovane!... Ssst! parliamo di leisottovoce. Il suo dominio non è esteso;
altrimenti nessun corpo potrebbe vivere; ma su questo dominio il suo potereè assoluto. Nonostante il triplice velo di
crespo con cui avvolge la testaper alta che la portisi può vedere dalbasso la luce selvaggia che guizza nei suoi occhi
luce di disperazione sempre fiammeggianteal mattino e alla seraamezzogiorno come a mezzanotteall'ora del flusso
e all'ora del riflusso. Costei sfida Dio. È anche la madre delle follie e laconsigliera dei suicidi... La Madonna avanza
con passo irregolarerapido o lentoma sempre con tragica grazia. NostraSignora dei Sospiri si insinua timida e canta.
Ma la sorella più giovane si muove con movimenti impossibili da prevedere;balza; e i suoi sono balzi da tigre. Non
porta chiavi; infattipur visitando raramente gli uominiquando le èpermesso di avvicinarsi a una portala conquista
con la forza e la sfonda. E il suo nome è Mater TenebrarumNostraSignora delle Tenebre.
«Tali erano le Eumenidi o Graziose Dee (come si esprimeva l'anticaadulazione ispirata dal timore) che
ossessionavano i miei sogni a Oxford. La Madonna parlava con la sua manomisteriosa. Mi toccava la testa; chiamava
con un cenno del dito Nostra Signora dei Sospirie i suoi segniche nessunopuò leggerese non nel sognopotevano
tradursi così: "Guarda! eccolocolui che nella sua infanzia hoconsacrato ai miei altari. È lui che ho scelto come mio
favorito. L'ho fatto smarrirel'ho sedottoe dall'alto dei cieli hoattirato il suo cuore verso il mio. Per opera mia è
diventato idolatra; colmato da me di desideri e di languoriha adorato ilverme della terrae ha rivolto le sue preghiere
alla tomba verminosa. Sacra per lui era la tomba; amabili erano le suetenebre; santa la sua corruzione. Questo giovane
idolatral'ho preparato per tecara e dolce Sorella dei Sospiri! Oraprendilo sul tuo cuoree preparalo per la nostra
terribile sorella. E tu-voltandosi verso la Mater Tenebrarum-riceviloa tua volta da lei. Fai che il tuo scettro sia pesante
sulla sua testa. Non permettere che una donnacon la sua tenerezzavenga asedersi presso di lui nella sua notte. Scaccia
tutte le debolezze della speranzainaridisci i balsami dell'amorebrucia lafontana delle lacrime; maledicilo come tu
solo lo sai maledire. Così sarà reso perfetto nella fornace; così vedràle cose che non dovrebbero essere vistegli
spettacoli che sono abominevoli e i segreti che sono indicibili. Cosìleggerà le antiche veritàle tristi veritàle grandile
terribili verità. Così resusciterà prima d'essere morto. E la nostramissione sarà compiutala missione che ci è stata
affidata da Diodi tormentare il suo cuore finché non abbiamo sviluppato lefacoltà della sua mente"».
_LO SPETTRO DEL BROCKEN
In una bella domenica di Pentecostesaliamo sul Brocken. Alba abbagliantesenza nubi! Tuttavia Aprile a
volte spinge le sue ultime incursioni nella rinata stagione e la bagna con isuoi capricciosi acquazzoni. Raggiungiamo la
cima della montagna; una mattinata come questa ci offre maggiori possibilitàdi vedere il famoso Spettro del Brocken.
Questo spettro ha vissuto così a lungo con gli stregoni paganiha assistitoa tante nere idolatrieche forse il suo cuore è
stato corrotto e la sua fede scossa. Come provafate prima il segno dellacrocee osservate attentamente se acconsente a
ripeterlo. Lo ripeteinfatti ma il reticolo degli scrosci che s'avanzaconfonde la forma degli oggettie gli conferisce le
fattezze di un uomo che compie il proprio dovere con ripugnanza o in modoevasivo. Ricominciate dunque la prova
«cogliete uno di quegli anemoni che una volta si chiamavano fiori distregonee che forse avevano una parte in quegli
orribili riti della paura. Posatela su questa pietra che imita la forma di unaltare paganoinginocchiatevi ealzando la
vostra mano destradite: Padre Nostro che sei nei cieli ! ... ioil vostroservoe quel nero fantasma che per un'orain
questo giorno di Pentecosteho reso mio servovi rendiamo i nostri omaggicongiunti su questo altare restituito al vero
culto!-Guardatel'apparizione coglie un anemone e lo posa sopra un altare;si inginocchiaalza la mano destra verso
Dio. È mutaè veroma i muti possono servire Dio in modoaccettabilissimo».
Tuttaviaforse penserete che lo spettroabituato da tanto tempo a una ciecadevozionesia incline a obbedire a
tutti i cultie che il suo naturale servilismo ne renda insignificantel'omaggio. Cerchiamo allora un altro mezzo per
verificare la natura di questo essere singolare. Suppongo chedurante lavostra infanziaabbiate patito qualche indicibile
doloreattraversato un'inguaribile disperazioneuna di quelle desolazionimute che piangono protette da un velocome
la Giudea delle medaglie romanetristemente seduta sotto una palma. Velateviil capo per commemorare questo grande
dolore. Anche il fantasma del Brocken ha già velato il capocome se avessecuore umanoe come volesse esprimere
con un simbolo silenzioso il ricordo di un dolore troppo grande peresprimersi a parole. «Questa prova è decisiva. Ora
sapete che l'apparizione non è che il vostro proprio riflessoe cheattribuendo al fantasma l'espressione dei vostri segreti
sentimentine fate lo specchio simbolico dove si riflette al chiarore delgiorno ciò che sarebbe rimasto altrimenti
nascosto per sempre».Anche il mangiatore d'oppio ha presso di sé un OscuroInterprete che èrispetto alla sua animacome il
fantasma del Brocken di fronte al viaggiatore. Quello è a volte turbato datempestenebbie e piogge; e ugualmente il
Misterioso Interprete a volte mescola alla sua natura il riflesso di elementiestranei. «Ciò che generalmente dice è ciò
che mi sono detto da svegliodurante le meditazioni così profonde dalasciare la loro impronta nel mio cuore. Ma a
volte le sue parole si alterano come il suo voltoe non sembrano quelle dicui mi sarei servito più volentieri. Nessuno
può render conto di tutto ciò che avviene nei sogni. Credo che questofantasma sia generalmente una fedele
rappresentazione di me stesso; ma a volte è anche sottomesso all'azione delbuon Phantasusche regna sui sogni». Si
potrebbe dire che egli ha qualche analogia con il corpo della tragedia grecache spesso esprime i pensieri intimi del
personaggio principalesegreti per lui stesso o non perfettamentesviluppatie gli presenta i commentiprofetici o
relativi al passatoadatti a giustificare la Provvidenza o a calmarel'energia della sua angosciaquali infine l'infelice
avrebbe trovato da sése il suo cuore gli avesse concesso il tempo diriflettere.
_SAVANNAH-LA-MAR
A questa melanconica galleria di pitturevaste e mutevoli allegorie dellatristezzadove trovo un incanto
musicale quanto pittoresco (non so se il lettore che le legge solo riassuntepuò provare la stessa sensazione)viene ad
aggiungersi una parteche può essere considerata come il finale di unalarga sinfonia. «Dio ha colpito Savannah-la-Mar
e in una sola notte l'ha fatta discenderecon tutti i suoi monumenti ancoraeretti e la popolazione avvolta nel sonno
dalle solide fondamenta della riva sul letto di corallo dell'Oceano. Diodice: "Ho seppellito Pompeie l'ho nascosta agli
uomini per diciassette secoli; seppellirò questa cittàma non lanasconderò. Sarà per gli uomini un monumento della
mia misteriosa colleraimmobilizzato nel corso delle generazioni future inuna luce azzurra; perché la incastonerò nella
cupola cristallina dei miei mari tropicali". E spesso nelle limpidebonaccenella trasparenza delle acquei marinai che
passano intravedono la silenziosa cittàche si direbbe conservata sotto unacampanae possono percorrere con lo
sguardo le piazzele terrazzecontare le porte e i campanili delle chiese:"Vasto cimitero che affascina l'occhio come
una rivelazione fatata della vita umanache persiste negli eremisottomarinial riparo dalle tempeste che tormentano il
nostro cielo". Molte voltecon il suo Nero Interpretemolte volte insogno ha visitato la solitudine inviolata di
Savannah-la-Mar. Osservavano insieme nelle torridove le immobili campaneattendevano invano matrimoni da
proclamare; si avvicinavano agli organi che non celebravano più le gioie delcielo né le tristezze dell'uomo; insieme
visitavano i silenziosi dormitori in cui tutti i bambini dormivano da cinquegenerazioni.
«Aspettano l'alba celeste-dice tra sé e sé con un fil di voce il NeroInterprete-e quando quest'alba appariràle
campane e gli organi innalzeranno un canto di giubilo ripetuto dagli echi delParadiso. E poivolgendosi verso di me
diceva: Ecco una storia melanconica e penosa; ma una minore calamità nonsarebbe bastata per i disegni di Dio. Cerca
di capire bene questo... Il tempo presente si riduce a un punto matematicoeanche questo punto matematico perisce
mille volte prima che abbiamo potuto affermare la sua nascita. Nel presentetutto è finitocome pure questo finito è
infinito nella sua velocità di fuga verso la morte. Ma in Dio non c'è nulladi finitoin Dio non c'è nulla di transitorio; in
Dio non c'è nulla che tenda verso la morte. Ne consegue che per Dio ilpresente non esiste. Per Dioil presente è il
futuroed è per il futuro che sacrifica il presente dell'uomo. Per questoagisce coi terremoti. Per questo tormenta col
dolore. Oh! profonda è l'aratura del terremoto! Oh! profonda (e qui la suavoce saliva forte come un sanctus che si
innalza dal coro di una cattedrale)profonda è l'aratura del dolore! Ma nonoccorre nulla di meno per l'agricoltura di
Dio. Su una notte di terremotoedifica per l'uomo gradevoli abitazioni permille anni. Dal dolore di un fanciullo
raccoglie gloriose vendemmie spirituali chealtrimentinon avrebbero potutoessere raccolte. Con aratri meno crudeliil
suolo refrattario non sarebbe stato smosso. Alla terranostro pianetaalladimora dell'uomoè necessaria la scossa; e il
dolore è anche più spesso necessario in quanto è il più potente strumentodi Dio; sì (e mi guardava con aria solenne)è
indispensabile ai figli misteriosi della terra!».
_IX • CONCLUSIONE
Queste lunghe fantasticheriequesti quadri poeticinonostante il lorocarattere simbolico generaleillustrano
meglioper un lettore intelligenteil carattere morale del nostro autoredi quanto farebbero ormai aneddoti o note
biografiche. Nell'ultima parte dei Suspiriaritorna quasi con piacereagli anni già così lontanie ciò che è veramente
preziosoqui come altrove non è il fattoma il commentocommento spessotetroamarodesolato; pensiero solitario
che aspira a volare lontano da questa terra e lontano dal teatro delle lotteumane; potenti colpi d'ala verso il cielo;
monologo di un'anima sempre troppo facile da ferire. Qui come nelle partigià analizzatequesto pensiero è il tirso di
cui ha così scherzosamente parlatocol candore di un vagabondo che siconosce bene. Il soggetto ha soltanto il valore di
un bastone secco e nudo; ma i nastrii pampini e i fiori possono esserenelloro bizzarro intricouna ricchezza preziosa
per gli occhi. Il pensiero di De Quincey non è soltanto sinuoso; la parolanon è abbastanza vigorosama è per sua natura
a spirale. D'altrondei commenti e le riflessioni sarebbero troppo lunghi daanalizzaree devo ricordarmi che lo scopo di
questo lavoro era quello di mostrarecon un esempiogli effetti dell'oppiosu una mente incline alla meditazione e alla
fantasticheria. Credo di averlo raggiunto.Mi basterà dire che il pensatoresolitario ritorna con diletto su questa precoce sensibilità che fu per luifonte di
tanti orrori e di tante gioie; sul suo immenso amore per la libertà e sulbrivido che in lui suscitava la responsabilità.
«L'orrore della vita nella mia prima giovinezza si confondeva già con lacelestiale dolcezza della vita». Nelle ultime
pagine dei Suspiria c'è qualcosa di funebredi corroso e che adaltro aspira che alle cose terrene. Qua e làci sono
momenti in cuia proposito delle avventure della giovinezzail brio e ilbuonumoreil garbato gioco ironico su se stesso
di cui così spesso ho dato provasi intrufolano ancora qualche volta; maciò che è più illuminante e che salta all'occhio
è il debordare lirico di un'incurabile melanconia. Ad esempioa propositodegli esseri che limitano la nostra libertà
contristano i nostri sentimenti e violentano i diritti più legittimi dellagiovinezzaesclama: «Oh! com'è possibile che da
se stessi si definiscano amici di quell'uomo o di quella donnaloro enon tutti gli altrichequell'uomo e quella donna
nell'ora suprema della mortesaluteranno con questo addio: Volesse il cieloche non avessi mai visto la vostra faccia!».
Oppurelascia cinicamente spiccare il volo a questa confessioneche per mepossiedelo confesso con lo stesso
candoreun fascino quasi fraterno: «I rari individui che in genere hannosuscitato in me il disgustoin questo mondo
erano personaggi in buone condizioni e di buona fama. Quanto ai mascalzoniche ho conosciutoe non sono pochi
penso a loroa tutti senza eccezionicon piacere e benevolenza». Notiamodi sfuggitache questa bella riflessione è
ancora legata all'attorney dagli affari equivoci. Oppure in un altro puntoafferma chese la vita potesse per magia aprirsi
davanti a noise il nostro occhioancor giovanepotesse percorrere icorridoiscrutare le sale e le camere di questo
albergoteatro delle future tragedie e dei castighi che ci attendononoi ei nostri amici tutti insiemeindietreggeremmo
presi da brividi d'orrore! Dopo aver dipintocon grazia e lusso di coloriinimitabiliun quadro di benesseredi splendore
e di purezza domesticala bellezza e la bontà inserite nella cornice dellaricchezzaci mostra poi le graziose eroine della
famigliatuttedi madre in figliache attraversano a loro volta pesantinembi di sventurae conclude dicendo:
«Possiamo fissare il volto della morte; ma conoscendocome alcuni di noioggi sannociò che è la vita umanachi
potrebbe senza timore (supponendo che fosse avvertito) guardare in faccial'ora della sua nascita?».
Trovo a piè di pagina una nota cheavvicinata alla morte recente di DeQuinceyassume un significato
lugubre. I Suspiria de profundisnell'idea dell'autoredovevanosvilupparsi e oltremodo ingrandirsi. La nota annuncia
che la leggenda delle Sorelle delle Tristezze fornirà una divisione naturaleper qualche pubblicazione successiva. Così
come la prima parte (la morte di Elisabeth e i rimpianti del fratello) è inrelazione logica con la Madonna o Nostra
Signora delle Lacrimeuna nuova parteI Mondi dei pariadovevacollocarsi sotto l'invocazione di Nostra Signora dei
Sospiri; infineNostra Signora delle Tenebre doveva proteggere il Reamedelle Tenebre. Ma la Morteche non
consultiamo per i nostri progetti e a cui non possiamo chiedere consensolaMorteche ci lascia sognare la felicità e la
fama e che non dice né sì né noesce bruscamente dall'imboscatae con uncolpo d'ala spazza via i nostri progettii
nostri sogni e le architetture ideali in cui mettevamo al riparocolpensierola gloria dei nostri ultimi giorni