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Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
FINGAL
POEMA EPICO
INTRODUZIONE
Artosupremo re d’Irlandaessendo venuto a morteebbe per successoreCormac suo figliuolo
rimasto in minorità. Cucullinofigliuolo di Semosignore del
l’isoladella nebbiauna delle Ebridiritrovandosi a quel tempo in Ulstered essendo rinomatissimo per le suegrandi impresefu in
un’assemblea di regolie capi delle tribù radunate per quest’oggetto aTemorapalagio del re
d’Irlandaeletto unanimemente custode del giovine re. Non avea governato alungo gli affari di
Colmacquando fu recata la novella che Svaranofiglio di Starnore diLoclino sia della
Scandinaviaavea disegnato d’invader l’Irlanda. Cucullinoa tal nuovaspedì tosto Munan
figliuolo di Stirmalguerriero irlandesea Fingalre o capo di quejCaledonjche abitavano la
costa occidentale della Scoziaper implorarne soccorso. Fingal mosso nonmeno da un principio di
generositàche dall’affinità che passava tra lui e la famiglia regale d’Irlandarisolse di far una
spedizione in quel paese: ma prima ch’egli arrivasseil nemico era giàapprodato ad Ulster.
Cucullinoin questo frattempo aveva raccolto il fiore delle tribù a Turacastello di Ulstere
mandati scorridori lungo la costaperchè gli dessero pronte notizie dell’arrivodel nemico. Tal è lo
stato degli affariquando il poema comincia.
L’azione del poema non comprende che cinque giornie cinque notti. Lascena è nella pianura di
Lenapresso una montagna chiamata Cromlasulla costa di Ulster.
CANTO I
ARGOMENTO: Cucullino postosi a seder solo sotto d’un alberoalla porta diTuramentri gli altri capitani erano iti a
caccia sul vicino monte di Cromlaè avvisato dello sbarco di Svarano daMoranfigliuolo di Fitiuno dei suoi
scorridori. Egli raduna i capi della nazione: si tiene un consiglionelquale si disputa se debbasi dar battaglia al
nemico. Conalregolo di Togorma ed intimo amico di Cucullinoè di parereche debbasi differire sino all’arrivo di
Fingalma Calmarfiglio di Matasignore di Laracontrada del Connaughtè d’opinione che s’attacchi tosto il
nemico: Cucullinogià desideroso di combatteres’attiene al parere diCalmar.Nella rassegna dei suoi soldati non
vede tre de’ suoi più valorosi campioniFergustoDucomano e Catbar.GiungeFergusto e dà notizia a Cucullino della
morte degli altri due capitani: L’armata di Cucullino è scoperta da lungida Svaranoil quale manda il figliuolo di
Arno ad osservare i movimenti del nemicomentre egli schiera le sue truppein ordine di battaglia. Descrizione del
carro di Cucullino. Le armate si azzuffano; masopraggiunta la nottelavittoria resta indecisa. Cucullinosecondo
l’ospitalità di que’ tempi invita Svarano ad un convito per mezzo delsuo bardo Carilo. Svarano ricusa ferocemente
l’invito. Carilo narra a Cucullino la storia di Grudar e Brassolis. Simandano per consiglio di Conalalcune scorte ad
osservare il nemico e con questo termina l’azione del primo giorno.
Di Tura accanto alla muraglia assiso
Sotto una pianta di fischianti foglie
Stavasi Cucullin: lì pressoal balzo
Posava l'asta; appiè giacea lo scudo.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Membrava ei col pensiero il pro' Cairba
Da lui spento in battaglia; allor che ad esso
L'esplorator dell'ocèan sen venne
Moran figlio di Fiti. Alzatiei disse
AlzatiCucullin: già di Svarano
Veggo le navi; è numerosa l'oste
Molti i figli del mar. Tu sempre tremi
Figlio di Fitia lui rispose il duce
Occhiazzurro d'Erinae la tua tema
Agli occhi tuoi moltiplica i nemici.
Fia forse il re de’ solitarj colli
Che a soccorrer mi vien. Nonodiss'egli
Vidi il lor duce; al luccicar dell'arme
Alla quadrata torreggiante mole
Parea masso di ghiaccio: asta ei solleva
Pari a quel pin che folgore passando
Disfrondato lasciò: nascente luna
Sembra il suo scudo. Egli sedea sul lido
Sopra uno scoglioannubilato in volto
Come nebbia sul colle. O primoio dissi
Tra' mortaliche fai? son molte in guerra
Le nostre destree forti: a ragion detto
Il possente sei tu; ma non pertanto
Più d'un possente dall'eccelsa Tura
Fa di sè mostra. Ohrispos'eicol tuono
D'un'infranta allo scoglioe mugghiante onda
Chi mi somiglia? al mio cospetto innanzi
Non resistono eroi; cadon prostrati
Sotto il mio braccio. Il sol Fingalloil forte
Re di Morven nembosaaffrontar puote
La possa di Svaran. Lottammo un tempo
Sui prati di Malmorree i nostri passi
Crollaro il bosco; e traballàr le rupi
Smosse dalle ferrigne ime radici;
E impauriti alla terribil zuffa
Fuggir travolti dal suo corso i rivi.
Tre dì pugnammoe ripugnammo; i duci
Stetter da lungie ne tremàr. Nel quarto
Vanta Fingàlche 'l re dell'oceàno
Cadde atterrato; ma Svaran sostenta
Ch'ei non piegò ginocchioe non diè crollo
Or ceda dunque Cucullino oscuro
A luiche nell'indomita possanza
L'orride di Malmor tempeste agguaglia.
Nogridò il duce dal ceruleo sguardo
Non cederò a vivente: o Cucullino
Sarà grandeo morrà. Figlio di Fiti
Prendi la lancia mia; vannee con essa
Batti lo scudo di Cabar che pende
Alla porta di Tura: il suo rimbombo
Non è suono di pace; i miei guerrieri
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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L'udiran da' lor colli. Ei va; più volte
Batte il concavo scudo: e collie rupi
Ne rimbombaroe si diffuse il suono
Per tutto il bosco. Slanciasi d'un salto
Dalla roccia Curan; Conallo afferra
La sanguinosa lancia; a Crugal forte
Palpita il bianco petto; e dammee cervi
Lascia il figlio di Fai. RonnàrLugante
Questo è lo scudo della guerraè questa
L'asta di Cucullin: quaquabrandielmi;
Compagni all'arme. Vèstiti l'usbergo
Figlio dell'onda: alza il sanguigno acciaro
Fero Calmàr. Che fai? su sorgio Puno
Orrido eroe: scoteteviaccorrete
EtoCaltoCarban: tu 'l rosseggiante
Alber di Cromlae tu lascia le sponde
Del patrio Lena; e tu t'avanzao Calto
Lunghesso il Morae l'agil piede impenna.
Or sì gli scorgo: ecco i campion possenti
Fervidiaccesi di leggiadro orgoglio.
La rimembranza dell'imprese antiche
Sprona il valor natio. Son i lor occhi
Fiamme di focoe de’ nemici in traccia
Van dardeggiando per la piaggia i sguardi.
Stan su i brandi le destre: escon frequenti
Dai lor fianchi d'acciar lampi focosi.
Ciascun dal colle suo scagliossi urlando
Qual torrente montan. Brillan i duci
Della battaglia nei paterni arnesi
Precedendo ai guerrier: seguono questi
Foltifoschi terribili a vedersi
Siccome gruppo di piovose nubi
Dietro a rosse del ciel meteore ardenti.
S'odon l'arme stridir; s'alzan le note
Del bellicoso canto: i grigi cani
Le interrompono cogli urli; e raddoppiando
L'indistinto fragor Cromla rintrona.
Stettersi tutti alfin sopra il deserto
Prato di Lenae l'adombrar; siccome
Nebbia là per l'autunno i colli adombra
Quando oscuraondeggiante in alto poggia.
Io vi salutoCucullin comincia
Figli d'anguste vallioh vi saluto
Cacciatori di belve; a noi ben altra
Caccia s'apprestaromorosaforte
Come quell'onda che la spiaggia or fere.
Ditefigli di guerra: or viadobbiamo
Pugnar noi dunqueod a Loclin la verde
Erina abbandonar? ParlaConallo
Tu fior d'eroitu spezzator di scudi
Che pensi tu? più d'una volta in campo
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Contro Loclin pugnasti; ed or vorrai
Meco la lancia sollevar del padre?
Cucullinoei parlòplacido in volto
Acuta è l'asta di Conalloed ama
Di brillar nella pugnae diguazzarsi
Nel sangue degli eroi: pur se la guerra
Pende la mansta per la pace il core.
Tu che alle guerre di Corman sei duce
Guarda la flotta di Svaran: stan folte
Sul nostro lido le velate antenne
Quanto canne del Lego; e le sue navi
Sembran boschi di nebbia ricoperti
Quando gli alberi piegano alle alterne
Scosse del vento; i suoi guerrier son molti:
Per la pace son io. Fingàlnon ch'altri
L'incontro scanseriaFingallo il primo
L'unico tra gli eroiFingal che i forti
Sperdequal turbo la minuta arena.
A lui rispose disdegnosamente
Calmar figlio di Mata. E ben va'fuggi
Tu pacifico eroefuggie t'inselva
Tra' colli tuoidove giammai non giunse
Luce d'asta guerriera: ivi di Cromla
I cervi inseguiivi coi dardi arresta
I saltellanti cavriol del Lena.
Ma tu di Semo occhi–ceruleo figlio
Tu delle pugne correttordisperdi
La stirpe di Loclin; scagliati in mezzo
Dell'orgogliose schieree latrae ruggi.
Fa' che naviglio del nevoso regno
Più non ardisca galleggiar sull'onde
Oscure d'Inistor. Sorgete o voi
Voi d'Inisfelatenebrosi venti
Imperversate tempestefremete
Turbini e nembi. Ah sìmuoja Calmarre
Fra le tempeste infrantoo dentro a un nembo
Squarciato dall'irate ombre notturne;
Muoja Calmar fra turbini e procelle
Se mai grato gli fu suono da caccia
Quanto di scudo messaggier di guerra.
Furibondo CalmarConàl riprese
Posatamenteè a me la fuga ignota;
Misi l'ale al pugnar: bench'anco è bassa
La fama di Conalloin mia presenza
Vinsersi pugnee s'atterràr gagliardi.
Figlio di Semo la mia voce ascolta:
Cura ti prenda del regal retaggio
Del giovine Corman; ricchezze e doni
E la metà della selvosa terra
Offri a Svaranfinché da Morven giunga
Il possente Fingallo in tuo soccorso.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Questo è 'l consiglio mio: che se piuttosto
La pugna eleggieccomi pronto; e lancia
Brandisco e spada; mi vedrai tra mille
Ratto avventarmie l'alma mia di gioja
Sfavillerà nei bellicosi orrori.
Sì sìsoggiunse Cucullin; m'è grato
Il suon dell'armiquanto a primavera
Tuono forier di desiata pioggia.
Su dunque tosto si raccolgan tutte
Le splendide tribù; sicch'io di guerra
Ravvisi i figli ad un ad un schierarsi
Sulla pianurarilucenti come
Anzi tempesta il solqualora il vento
Occidental le nubi ammassae scorre
Il sordo suon per le morvenie querce.
Ma dove son gli amici? i valorosi
Compagni del mio braccio entro i perigli?
Ove se’ tu Catbarre? ove quel nembo
In guerra Ducomano? e tu Fergusto
M'abbandonasti nel terribil giorno
Della tempesta? tu de’ miei conviti
Nella gioja il primierfiglio di Rossa
Braccio di morte. Eccolo; ei vienqual leve
Cavriol de Malmorre. Addio possente
Figlio di Rossae qual cagion rattrista
Quell'anima guerriera? In su la tomba
Di Catbarreei risposein questo punto
S'alzano quattro pietree queste mani
Sotteràr Ducomanquel nembo in guerra.
Catbarreo figlio di Tormantu eri
Raggio sulle colle: o Ducoman rubesto
Nebbia eri tu del paludoso Lano
Che pel fosco d'autunno aer veleggia
E morte porta al popolo smarrito.
O Mornao tra le vergini di Tura
La più leggiadraè placido il tuo sonno
Nell'antro della rupe. Ah tu cadesti
Come stella fra tenebre che striscia
Per lo desertoe 'l peregrin soletto
Di così passaggier raggio si dole.
Ma di'riprese Cucullinma dimmi
Come cadder gli eroi? cadder pugnando
Per man dei figli di Loclin? qual altra
Cagion racchiude d'Inisfela i duci
Nell'angusta magion? - Catbar cadeo
Per man di Ducomano appo la quercia
Del mormorante rio; Ducoman poscia
Venne all'antro di Turae a parlar prese
All'amabile Morna: O Mornao fiore
Delle donzellea che ti stai soletta
Nel cerchio delle pietreentro lo speco?
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Sei pur bellaamor mio: sembra il tuo volto
Neve là nel desertoe i tuoi capelli
Fiocchi di nebbia che serpeggiae sale
In tortuosi vorticie s'indora
Al raggio occidental. Sembran le mamme
Due liscietondeluccicanti pietre
Che spuntano dal Brano: e le tue braccia
Due tornite marmoree colonne
Che sorgon di Fingallo entro le sale.
E donde vieni? l'interruppe allora
La donzelletta dalle bianche braccia:
Donde ne vieni o Ducomanfra tutti
I viventi il più tetro? oscure e torve
Son le tue cigliaed hai gli occhi di bragia.
Comparisce Svaran? di'del nemico
Qual nuova arrechiDucomano? - O Morna
Vengo dal colledal colle de’ cervi
Vengone a te; coll'infallibil arco
Tre pur or ne trafissie tre ne presi
Coi veltri della caccia. Amabil figlia
Del nobile Cormanteodimi: io t'amo
Quanto l'anima mia: per te col dardo
Uccisi un cervo maestoso; avea
Alta fronte ramosae piè di vento.
Ducomanripigliò placida e ferma
La figlia di Cormante: or vianon t'amo
Non t'amoorrido ceffo; hai color di selce
Ciglio di notte. TuCatbartu solo
Sei di Morna l'amortu che somigli
Raggio di sole in tempestoso giorno.
Di'lo vedesti amabileleggiadro
Sul colle de’ suoi cervi? in questa grotta
La sua Morna l'attende. E lungo tempo
Morna l'attenderàferocemente
Riprese Ducoman: siede il suo sangue
Sopra il mio brando. Egli cadeo sul Brano:
La tomba io gli alzerò. Ma tu donzella
Volgiti a Ducomanoin lui tu fisa
Tutto il tuo corein Ducoman che ha 'l braccio
Forte come tempesta. Oimè! cadeo
Il figlio di Torman? disse la bella
Dall'occhio lagrimoso; il giovinetto
Dal bel petto di neve? ei ch'era il primo
Nella caccia del colle? il vincitore
Degli stranier dell'oceàno? Ah truce
Truce sei Ducoman; crudele a Morna
È 'l braccio tuo. Dammi quel brando almeno
Crudo nemicoond'io lo stringa; io amo
Il sangue di Catbar. Diede la spada
Alle lagrime sue: quella repente
Passogli il petto: ei rovinò qual ripa
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Di torrente montan. Stese il suo braccio
E così disse: Ducomano hai morto;
Freddo è l'acciaro nel mio petto: o Morna
Freddo lo sento. Almen fa' che 'l mio corpo
L'abbia Moina: Ducomano il sogno
Era delle sue notti; essa la tomba
Innalzerammi; il cacciator vedralla
Mi loderà: trammi del petto il brando
Morna; freddo è l'acciar. Venne piangendo;
Trassegli il brando: ei col pugnal di furto
Trafisse il bianco latoe sparse a terra
La bella chioma: gorgogliando il sangue
Spiccia dal fianco; il suo candido braccio
Striscian note vermiglie: ella prostesa
Rotolò nella mortee a' suoi sospiri
L'antro di Tura con pietà rispose.
Sia lunga paceCucullin soggiunse
All'alme degli eroi: le loro imprese
Grandi fur ne’ perigli. Errinmi intorno
Cavalcion sulle nubie faccian mostra
De’ lor guerrieri aspetti; allor quest'alma
Forte fia ne’ periglie 'l braccio mio
Imiterà le folgori del cielo.
Ma tuMorna gentilvientene assisa
Sopra un raggio di lunae dolcemente
T'affaccia allo sportel del mio riposo
Quando cessò lo strepito dell'arme
E tutti i miei pensier spirano pace.
Or delle mie tribù sorga la possa
Alla zuffa moviam. Seguite il carro
Delle mie pugne: a quel fragor di gioja
Brillivi l'alma: mi sien poste accanto
Tre lanciee dietro all'anelante foga
De’ miei destrier correte. Io vigor quindi
Novo concepiròquando s'offusca
La mischia ai raggi del mio brando intorno.
Con quel rumorcon quel furor che sbocca
Torrente rapidissimo dal cupo
Precipizio di Cromlae 'l tuon frattanto
Mugge su i fianchie sulla cima annotta;
Così vastiterribiliferoci
Balzano tutti impetuosamente
D'Inisfela i guerrier. Precede il duce
Siccome immensa d'oceàn balena
Che gran parte di mar dietro si tragge.
Lungo la spiaggia ei va rotandoe a rivi
Sgorga valor. L'alto torrente udiro
I figli di Loclin: Svaran percosse
Lo scudoe a sè chiamò d'Arno la prole.
Dimmiche è quel mormorio dal monte
Che par d'un sciame di notturni insetti?
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Scendono i figli d'Inisfelao 'l vento
Freme lungi nel bosco? in cotal suono
Romoreggia Gormalprima che s'alzi
De’ flutti miei la biancheggiante cima.
Poggia sul colleo figlio d'Arnoe guata
L'oscura faccia della piaggia. Andonne
Ma tosto ritornò: tremanteansante
Sbarra gli occhi atterritie il cor nel petto
Sentesi palpitar; son le voci
Rottelenteconfuse. Alzatio figlio
Dell'oceàn; veggo il torrente oscuro
Della battaglial'affollata possa
Della stirpe d'Erina: il carroil carro
Della guerra ne vienfiamma di morte
Il carro rapidissimo sonante
Di Cucullin figlio di Semo. Addietro
Curvasi in arcocome onda allo scoglio
Come al colle aurea nebbia: i fianchi suoi
Son di commesse colorate pietre
Variatie distinti; e brillan come
Mar che di notte ad una barca intorno
De’ remi all'agitar lustrae s'ingemma.
Forbito tasso è 'l suo timonee 'l seggio
Di liscio e lucid'osso: e quincie quindi
Aspro è di lanciee la più bassa parte
È predella d'eroi: dal destro lato
Scorgesi il generosoil ben–crinito
Di largo pettodi cervice altera
Alto–sbuffantenitritor destriero;
L'unghia sfavillaed i suoi sparsi crini
Sembran quella colà striscia fumosa.
Sifadda ha nomee Duronallo è l'altro
Che al manco lato del terribil carro
Stassidi sottil crindi robusta unghia
Nelle tempeste dell'acciar bollente
Veloce corridorfiglio del colle.
Mille striscie di cuojo il carro in alto
Legano; aspri d'acciar bruniti freni
Nuotano luminosi in biancheggiante
Corona ampia di spumee gemmi–sparse
Liscie sottili redini scorrendo
Libere van su' maestosi colli
De’ superbi destrieri: essi la piaggia
Libano velocissimiqual nebbia
Le acquose vallie van ferocemente
Con la foga de’ cervie con la possa
D'aquila infaticabileche piomba
Sulla sua predae col fragor del verno
Là per le terga di Gormal nevose.
Sul carro assiso alto grandeggia il duce
Il tempestoso figlio della spada
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Il forte Cucullinprole di Semo
Re delle conche: le sue fresche guancie
Lustrano a paro del mio tassoe 'l guardo
De’cerulei suoi lumi ampio si volve
Sottesso all'arco delle ciglia oscuro.
Volagli fuor come vibrante fiamma
Del capo il crinmentr'ei spingesi innanzi
Crollando l'asta minacciosa: fuggi
O re dell'oceànfuggiei s'avanza
Come tempesta. E quando mairispose
Mi vedesti a fuggir? quando ho fuggito
Figlio di codardia? Che? di Gormallo
Le tempeste affrontaiquando dei flutti
Torreggiava la spuma; affrontai fermo
Le tempeste del cieloed or vilmente
Fuggirò da un guerrier? Foss'ei Fingallo
Non mi si abbuierìa l'alma di tema.
Alzateviversatemivi intorno
Forti miei millein vorticosi giri
Qual rotante profondo: il brando vostro
Segua il sentier del luminoso acciaro
Del vostro duce; e dei nemici all'urto
Siate quai rupi del terren natio
Che baldanzosamente alle tempeste
Godon di farsi incontroe stendon tutti
Al vento irato i tenebrosi boschi.
Come d'autunno da due balze opposte
Iscatenati turbini focosi
S'accavallan tra lorcosì l'un l'altro
S'avviluppan gli eroi; come dall'alto
Di rotte rupi rotolon cadendo
Due torrenti spumosi urtansi in giostra
Con forti cozzie giù con le miste onde
Van rovinosi a tempestar sul piano;
Sì romoroseprocellosee negre
Inisfelae Loclin nella battaglia
Corronsi ad incontrar: duce con duce
Cambiava i colpiuomo con uom; già scudo
Scudo premeelmetto elmoacciar percosso
Rimbalza dall'acciaro: a brania squarci
Spiccansi usberghi; e sgorga atroe fumeggia
Il sangue; e per lo ciel volanocadono
Nembi di dardie tronchi d'astee schegge;
Quai circoli di luceonde s'indora
Di tempestosa notte il fosco aspetto.
Non mugghiar d'oceànoe non fracasso
D'ultimo tuono assordator del cielo
Può uguagliar quel rimbombo. Ancor se presso
Fosservi i cento di Corman cantori
Per dar al canto le guerresche imprese
Pur di cento cantor foran le voci
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Fiacche per tramandar ai dì futuri
Le morti degli eroi; sì folti e spessi
Cadeano a terrae de’ gagliardi il sangue
Sì largo trascorrea. Figli del canto
Piangete Sitalin; piangiFiona
Sulle tue piagge il grazioso Ardano.
Come due snelli giovinetti cervi
Là nel desertoessi cadèr per mano
Del feroce Svaran; che in mezzo a mille
Mugghiava sìche il tenebroso spirto
Parea della tempestaassiso in mezzo
Dei nembi di Gormalche della morte
Del naufrago nocchier s'allegra e pasce.
Nè già sul fianco ti dormì la destra
Sir della nebulosa isola: molte
Del braccio tuo furon le mortie il brando
Era un foco del ciel quando colpisce
I figli della valle; incenerite
Cadon le gentie tutto il monte è fiamma.
Sbuffan sangue i destrier; nel sangue guazza
L'unghia di DuronalSifadda infrange
Pesta corpi d'eroi: sta raso il campo
Addietro lorquai rovesciati boschi
Nel deserto di Cromlaallor che 'l turbo
Sulla piaggia passò carco de’ tetri
Spirti notturni le rugghianti penne.
Vergine d'Inistorre allenta il freno
Alle lagrime tuedelle tue strida
Empi le balzeil biondo capo inchina
Sopra l'onde ceruleeo tu più bella
Dello spirto dei colli in su 'l meriggio
Che nel silenzio dei movernj boschi
Sopra d'un raggio tremulo di luce
Move soavemente. Egli cadeo:
E` basso il tuo garzon; pallido ei giace
Di Cucullin sotto la spada; e 'l core
Fervido di valorpiù nelle pugne
Non fia che spinga il giovinetto altero
De’ regi il sangue ad emular. Trenarre
L'amabile Trenardonzellaè morto.
Empion la casa d'ululati i fidi
Grigi suoi canie del signor diletto
Veggon l'ombra passar. Nelle sue sale
Pende l'arco non tesoe non s'ascolta
Sul colle de’ suoi cervi il corno usato.
Come a scoglio mille ondeincontro Erina
Tal di Svaran va l'oste; e come scoglio
Mille onde incontradi Svaran la possa
Così Erina incontrò. Schiude la morte
Tutte le fauci suetutte l'orrende
Sue voci innalzae le frammischia al suono
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Dei rotti scudi: ogni guerriero è torre
D'oscuritadeed ogni spada è lampo.
Monti echeggiano e piaggeal par di cento
Ben pesanti martelli alternamente
Alzantisiabbassantisi sul rosso
Figlio della fornace. E chi son questi
Questi chi sonche tenebrosiorrendi
Vanno con tal furor? veggo due nembi
Duo folgori vegg'io: turbati intorno
Sono i colli minorie trema il musco
Sull'erte cime delle rupi annose.
E chi son questi maifuorché il possente
Figlio dell'oceànoe il nato al carro
D'Erina correttor. Tengon lor dietro
Spessi sul piano ed anelanti sguardi
Dei fidi amicialla terribil vista
Turbatiincerti: ma già già la notte
Scendee tra nubi i due campioni involve;
E all'orribil conflitto omai dà posa.
Di Cromla intanto sull'irsuto fianco
Pose Dorglante i cavrioli e i cervi
Felici doni della caccia innanzi
Che lasciassero il colle i forti eroi.
Cento guerrieri a raccor scope in fretta
Dansitrecento a scer le lisce pietre;
Dieci accendon la fiammae fuma intorno
L'apprestato convito. Allor d'Erina
Il generoso duce il suo leggiadro
Spirito ripigliò: sulla raggiante
Lancia chinossie a Carilo si volse
Canuta prole di Chinfenae dolce
Figlio de’ canti: E per me solo adunque
S'imbandirà questo convitoe intanto
Starà il re di Loclin sulla ventosa
Spiaggia d'Ullina abbrividatoe lungi
Dai cervi de’ suoi collie dalle sale
De’ suoi conviti? Or viaCarilo sorgi
Porta a Svaran le mie parole: digli
Che la mia festa io spargo: ei venga in queste
Ore notturne ad ascoltare il suono
De’ miei boschettior che gelatiacuti
Pungono i venti le marine spume.
Vengae la dolce arpa tremantee i canti
Ascolti degli eroi. Carilo andonne
Con la voce più dolcee così disse
Al re dei bruni scudi: Esci dall'irte
Pelli della tua cacciaesciSvarano
Signor dei boschi: Cucullin diffonde
La gioja delle conchee a sè t'invita.
Vienio Svaran. Quei non parlòmuggìo
Simile al cupo brontolio di Cromla
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Di tempeste forier: "Quand'ancheErina
Le giovinette tue mi stendan tutte
Le loro braccia di nevee faccian mostra
Dei palpitanti pettie dolcemente
Girino a me gl'innamorati sguardi;
Fermo quai mille di Loclin montagne
Qui Svaran rimarràfinché 'l mattino
Venga co' raggi suoi dal mio orìente
A rischiarar di Cucullin la morte.
Grato mi freme nell'orecchio il vento
Che percuote i miei mari: ei nelle sarte
Parlamie nelle velee mi rimembra
I verdi boschi di Gormalche spesso
A' miei venti echeggiarquando rosseggia
La lancia mia dietro le belve in caccia.
A Cucullin tu riedi: a ceder pensi
L'antico trono di Cormano imbelle;
O i torrenti d'Erina al nuovo giorno
Alle sue rupi mostreran la spuma
Rossa del sangue del domato orgoglio".
Carilo ritornò: bendisseè trista
La voce di Svaran. Ma sol per lui
Ripigliò Cucullin: tu la tua sciogli
Carilo intantoe degli antichi tempi
Rammenta i fatti; fra le storie e i canti
Scorra la notte: entro il mio core infondi
La dolcezza del duol; che molti eroi
E molte vaghe vergini d'amore
Già fioriro in Erinae dolci all'alma
Scendon le note del dolorche s'ode
Ossian cantar là d'Albion su i monti
Quando cessò la romorosa caccia
E s'arresta ad udir l'onda del Cona.
Venne in Erina nei passati giorni
Ei cominciòdell'oceàn la stirpe.
Ben mille navi barcollar sull'onde
Ver l'amabile Ullina. Allor s'alzaro
I figli d'Inisfelae fersi incontro
Alla schiatta dei scudi. Ivi Cairba
Cima dei ducied ivi era pur Gruda
Maestoso garzon: già lunga rissa
Ebber tra lor pel variato toro
Che nella valle di Golbun muggìa.
Ciascun volealoe fu spesso la morte
Già per calar sulle taglienti spade.
Pur nel gran giorno l'un dell'altro a lato
Pugnar que’ prodi; gli stranier fuggiro.
Qual nome sopra il colle era sì bello
Quanto Grudae Cairba? Ah perchè mai
Tornò 'l toro a muggir? quelli mirarlo
Trescar bizzarroe saltellar sul prato
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Candido come nevee si raccese
L'ira dei duci: in sull'erbose sponde
Del Luba essi pugnaroe 'l maestoso
Gruda cadeo. Venne Cairba oscuro
Alla valle di Tura. Ivi Bresilla
Delle sorelle sua la più leggiadra
Sedea solettae già pascendo il core
Coi canti della doglia. Eran suo canto
Le prodezza di Grudail giovinetto
De’ suoi pensier segreti; ella il piangea
Come già spento nel campo del sangue.
Pur sosteneala ancor picciola speme
Del suo ritorno. Un cotal poco uscìa
Fuor delle vesti il bianco senqual luna
Che da nubi trapela: avea la voce
Dolce più ch'arpa flebile gemente:
Fissa in Gruda avea l'almaera di Gruda
Il suo segreto sospirettoe il lento
Furtivo sogguardar delle pupille.
Gruda quando verrai? guerriero amato
Quando ritorni a me? Venne Cairba
E sì le disse: "Or quaBresillaprendi
Questo sanguigno scudoentro la sala
L'appendi per trofeo: la spoglia è questa
Del mio nemico." Alto tremor le scosse
Il suo tenero corvola repente
Pallidafuribonda; il suo bel Gruda
Trovò nel sanguee gli spirò sul petto.
Or qui riposa la lor polvee questi
Due mesti tassi solitarii usciro
Di questa tombae s'affrettar l'un l'altro
Ad abbracciarsi con le verdi cime.
Tu sul pratoo Bresillae tu sul colle
Bello erio Gruda; il buon cantor con doglia
Rimembrerà i tuoi casie co' suoi versi
Consegnerà questi amorosi nomi
Alla memoria di remote etadi".
Dolce è la voce tuaCariloe dolce
Storia narrasti: ella somiglia a fresca
Di primavera placidetta pioggia
Quando sorride il solee volan levi
Nuvole sottilissime lucenti.
Deh tocca l'arpae fammi udir le lodi
Dell'amor miodel solitario raggio
Dell'oscura Dunscaglia; ah tocca l'arpa
Canta Bragela: io la lasciai soletta
Nell'isola nebbiosa. Il tuo bel capo
Stendi tucaradal nativo scoglio
Per discuoprir di Cucullin la nave?
Ah che lungi da te rattienmio cara
L'invido mar: quante fiatee quante
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Per le mie vele prenderai la spuma
Del mar canutoe ti dorrai delusa!
Ritiratiamor mio; notte s'avanza
E 'l freddo vento nel tuo crin sospira.
Va' nella sale de’ conviti miei
A ricovrartie alle passate gioje
Volgi il pensier; che a me tornar non lice
Se pria non cessa il turbine di guerra.
Ma tu fido Conalparlami d'arme
Parla di pugnee fa' m'esca di mente
Che troppo è dolcela vezzosa figlia
Del buon Sorglanl'amabile Bragela
Dal bianco sendalle corvine chiome.
"Figlio di Semoripigliò Conallo
A parlar lentoattentamente osserva
Del mar la stirpe; i tuoi guerrier notturni
Manda all'intornoe di Svaran la possa
Statti vegliando. Il pur dirò di nuovo
Per la pace son iofinché sia giunta
La schiatta del desertoe che qual sole
L'alto Fingallo i nostri campi irraggi".
Cucullin s'acchetòcolpì lo scudo
Di scolte ammonitor; mossersi tosto
I guerrier della nottee su la piaggia
Giacquero gli altri al zufolar del vento.
L'ombre de’ morti intanto ivan nuotando
Sopra ammontate tenebrose nubi;
E per lo cupo silenzio del Lena
S'udiano ad or ad or gemer da lungi
Le fioche voci e querule di morte.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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CANTO II
ARGOMENTO: L’ombra di Crugaluno degli eroi irlandesi ch’era statoucciso in battaglia
apparisce a Conal e predice la sconfitta di Cucullino nel prossimocombattimento. Conal comunica
a questo la sua visionee lo sollecita vivamente a far la pace con Svarano;ma Cucullino è
inflessibile per principio d’onore ed è deciso a continuare la guerra.Giunge il mattino. Svarano
propone a Cucullino disonorevoli condizionile quali vengono rigettate. Labattaglia incomincia e
dura ostinatamente per qualche tempofinchè alla fuga di Grumal tutta l’armatairlandese va in
rotta. Cucullino e Conal coprono la ritirata. Carilo conduce i soldatiirlandesi ad un monte vicino
dove sono tosto seguiti da Cucullino medesimoil quale scopre da lungi laflotta di Fingalche
s’avanza verso la costa: ma sopraggiunta la nottela perde di vista.Cucullinoafflitto ed abbattuto
per la sua sconfittaattribuisce questo sinistro avvenimento alla morte diFerdasuo amico
qualche tempo innanzi da lui ucciso. Cariloper far vedere che il cattivosuccesso non seguita
sempre coloro che innocentemente uccidono le persone a lor careintroduce l’episodiodi Comal e
Galvina.
Posan gli eroitace la piaggia. Al suono
D'alpestre riosotto l'antica pianta
Giace Conallo: una muscosa pietra
Sostiengli il capo. Della notte udia
Stridula acuta cigolar la voce
Per la piaggia del Lena; ei dai guerrieri
Giace lontanche non temea nemici
Il figlio della spada. Entro la calma
Del suo riposoegli spiccar dal monte
Vide di foco un rosseggiante rivo.
Per quell'ardente luminosa riga
A lui scese Crugallouno dei duci
Poc'anzi estintiche cadeo per mano
Del fier Svaran: par di cadente luna
Raggio il suo volto; nugoli del colle
Forman le vesti: sembrano i suoi sguardi
Scintille estreme di languenti faci:
Apertaoscuranel mezzo del petto
Sospira una ferita. "O Crugaldisse
Il possente Conalfiglio di Dedga
Chiaro sul colleo frangitor di scudi
Perchè pallido e mesto? io non ti vidi
Mai nelle pugne impallidir di tema.
E che t'attrista? " Lagrimosoe fosco
Quegli si stette: sull'eroe distese
La sua pallida manlanguidamente
Alzò la voce in suon debole e roco
Come l'auretta del cannoso Lego.
"Conàltu vedi l'ombra mia che gira
Sul natio collema il cadaver freddo
Giace d'Ullina sull'ignude arene.
Più non mi parlerainè le mie orme
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
17
Vedrai sul prato: qual nembo di Cromla
Son vuoto e lievee per l'aere galleggio
Come nebbia sottile. Odimio duce:
Veggio l'oscuro nugolo di morte
Che sul Lena si sta: cadranno i figli
D'Inisfelacadran: da questo campo
Ritiratio Conallo; è campo d'ombre".
Dissee sparì come offuscata luna
Nel fischiante suo nembo. Ah not'arresta
T'arrestao fosco rosseggiante amico
Disse Conal; vientene a meti spoglia
Di quel raggio celesteo del ventoso
Cromla guerriero. In qual petrosa grotta
Ricovri tu? qual verdeggiante colle
Datti albergo e riposo? e non udremti
Dunque nella tempestao nel rimbombo
Dell'alpestre torrenteallor che i fiacchi
Figli del vento a cavalcar sen vanno
Per l'aeree campagne? Eicosì detto
Rizzasi armato; a Cucullin s'accosta
Picchia lo scudo: risvegliossi il figlio
Della battaglia. E qual cagion ti guida?
Disse del carro il reggitor sublime;
Perchè nel buio della notte armato
Vieni o Conàl? potea la lancia mia
Volgersi incontro a quel rumoreond'io
Piangessi poi del mio fedel la morte.
Conàl che vuoi? figlio di Colgar parla;
Lucido è 'l tuo consiglio a par del sole.
Duceei risposea me pur ora apparve
L'ombra di Crugal: trasparian le stelle
Fosche per la sua forma; avea la voce
Di lontano ruscello: egli sen venne
Messaggero di morte; ei favellommi
Dell'oscura magion. Duce d'Erina
Sollecita la paceo a sgombrar pensa
Dalla piaggia del Lena. Ancor che fosche
Per la sua forma trasparian le stelle
Soggiunse Cucullinteco o Conallo
L'ombra parlò? questo fu 'l vento amico
Che nelle grotte mormorò del Lena.
O se pur fu Crugàlche nol forzasti
Di comparirmi innanzi? e non gli hai chiesto
Dove sia l'antro suodove l'albergo
Dell'ospite dei venti? allor potrebbe
Forse il mio brando rintracciar cotesta
Presaga vocee trar da quella a forza
Il suo saper: ma 'l suo saperConallo
credimiè poco. Or come? egli poc'anzi
Fu pur tra noi; più su che i nostri colli
Ei non varcò: chi della nostra morte
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
18
Potriagli adunque rivelar l'arcano?
L'ombre su i venti e sulle nubi in frotta
Vengono e vanno a lor piacersoggiunse
Il senno di Conal; nelle spelonche
Fanno alterni colloquje degli eventi
Parlano de’ mortali. - E de’ mortali
Parlino a senno lorparlin di tutti;
Di me non giàche 'l ragionarne è vano.
Scordinsi Cucullinperch'io son fermo
Di non fuggir: se fisso è pur ch'io caggia
Trofeo di gloria alle future etadi
Sorgerà la mia tomba; il cacciatore
Verserà qualche lagrima pietosa
Sopra il mio sassoe alla fedel Bragela
Sarò memoria ognor dolceed acerba.
Non temo di morirdi fuggir temo
E di smentirmi: che più volte in guerra
Scorsemi vincitor l'alto Fingallo.
O tenebroso fantasma del colle
Su via mostrati a mevien' sul tuo nembo
Vien' sul tuo raggio; in la tua man rinchiusa
Mostrami la mia morteaerea forma
Non fuggirò. Va'va'Conàlcolpisci
Lo scudo di Cabàr che giace appeso
Là tra quell'aste; i miei guerrier dal sonno
Sveglinsi tuttie alla vicina pugna
S'accingan tosto. Ancor che a giunger tardi
L'eroe di Selmae la robusta schiatta
De’ tempestosi colliandiamneamico
Pugnisie sia con noi vittoriao morte.
Si diffonde il rumor; sorgono i duci.
Stan su la piaggia armati al par d'antiche
Quercie crollanti i noderosi rami
Se gelata onda le percuotee al vento
S'odon forte stormir l'aride fronde.
Già la nebbiosa dirupata fronte
Di Cromla appargià 'l mattutino raggio
Tremola su la liquida marina
Nè fosca piùnè ben lucente ancora.
Va roteando lentamente intorno
La grigia nebbiae d'Inisfela i figli
Nasconde agli occhi di Svaran. Sorgete
Disse il signor dei tenebrosi scudi
Sorgeteo voi che di Loclin dall'onde
Meco veniste: già dall'armi nostre
Fuggir d'Erina i duci. Or che si tarda?
S'inseguanos'incalzino. Tu Morla
Tosto alla reggia di Corman t'avvia:
Comanda a luiche di Svaran la possa
Prostrato inchinianzi che 'l popol tutto
Nella morte precipitied Ullina
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
19
Altro non resti che deserto e tomba.
S'adunano colorsimili a stormo
D'augei mariniquando il flutto irato
Li rispinge dal lidoe fremon come
Nella valle di Cona accolti rivi
Qualor dopo notturna atra bufera
Alla sbiadata mattutina luce
Volvon riflussi vorticosi oscuri.
Sfilanquai succedentisi sul monte
Nugoloni d'autunnoorride in vista
Le avverse schiere. Maestoso e grande
A par del cervo de’ morvenii boschi
Svaran s'avanzae fuor dell'ampio scudo
Esce il fulgor della notturna fiamma
Che per la muta oscurità del mondo
Fassi guida e sentiero all'erranti ombre:
Guatale il peregrin pallidoe teme.
Ma un nembo alfin sorto dal mar la densa
Nebbia squarciò: tutti apparir repente
D'Inisfela i guerrier schieratie stretti
Qual catena infrangibile di scogli
Lungo la spiaggia. Ohdisse allor l'altero
Dei boschi regnatorvattene o Morla
Offri pace a costorooffri quei patti
Che diamo ai requando alla nostra possa
Piegan le vinte nazionie spenti
Sono i guerrierie le donzelle in lutto.
Disse. Con lunghi risonanti passi
Morla avviossie baldanzoso in atto
Venne dinanzi al condottier d'Erina
Che stava armato: gli fean cerchio intorno
Gli eroi minori. O Cucullinaccetta
Diss'eila pace di Svaranla pace
Ch'egli offre ai requando alla sua possanza
Piegan le nazioni; a lui tu cedi
La verdeggiante Ullinae in un con essa
La tua sposae il tuo can; la dal ricolmo
E palpitante sen bella tua sposa
Ed il tuo can raggiungitor del vento.
Questi a lui cedi in testimonio eterno
Della fiacchezza del tuo braccioe in esso
Scorgi il tuo re. - "Porta a quel cor d'orgoglio
Porta a Svaranche Cucullin non cede.
Egli m'offre la pace: io offro a lui
Le strade dell'oceànooppur la tomba.
Non fia giammai ch'uno stranier possegga
Quel raggio di Dunscaglia; e mai cervetta
Non fuggirà per le loclinie selve
Dal piè ratto di Lua. " Vano e superbo
Del carro guidatorMorla riprese
Vuoi tu dunque pugnar? pugnar vuoi dunque
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
20
Contro quel redi cui le navi figlie
Di molti boschi trar potrian divelta
Tutta l'isola tua seco per l'onde?
" Sì quest'Ullina è meschinettae poca
Contro il signor del mar. Morlaei soggiunse
Cedo a molti in parolea nullo in fatti.
Rispetterà la verdeggiante Erina
Lo scettro di Cormanfinchè respiri
Conalloe Cucullin. Conalloo primo
Tra' ducior che dirai? pur or di Morla
Le voci udisti; o generoso e prode
Saran pur anco i tuoi pensier di pace?
O spirto di Crugalloe tu di morte
M'osasti minacciar? schiudimi il varco
Dell'angusta tua casa: ella fra' raggi
M'accoglierà della mia gloria involto.
Su sufigli d'Erinaalzate l'asta
Piegate l'arcodisperatamente
Sul nemico avventateviond'ei creda
Che a lui dall'alto si rovescin sopra
Tutti i notturni tempestosi spirti " .
Or sì mugghianteorribileprofondo
Volvesi il bujo della zuffa: nebbia
Così piomba sul campo allor che i nembi
Invadono il solar tacito raggio.
Precede il duce; irata ombra il diresti
Che dietro ha negra nubeed infocate
Meteore intornoe nella destra i venti.
Carilo era in disparte: ei fa che s'alzi
Il suon del corno bellicoso; e intanto
Scoglie la grata voceed il suo spirto
Sgorga nel cor de’ bellicosi eroi.
Dove dove è Crugal? disse la dolce
Bocca del canto: ei basso giaceè muta
La sala delle conche; oblio lo copre.
Mesta è la sposa suache peregrina
Entro le stanze del suo lutto alberga.
Ma quel raggio vegg'ioche tra le schiere
Dei nemici si scaglia? ella è Degrena
La sposa di Crugallo: addietro ai venti
Lascia la chioma; ha rosseggiante sguardo
Strillante voce. Ahi lassa! azzurro e vuoto
È ora il tuo Crugal: sta la sua forma
Nella cava del colle: egli al tuo orecchio
Fessi pian pian nel tuo riposoalzando
Voce pari al ronzio d'ape montana.
Ve’ ve’ cade Degrenae sembra nube
Che striscia in sul mattino: è nel suo fianco
La spada di Loclin. Cairbaè spenta
Cadde Degrena tua; Degrenail dolce
Risorgente pensier de’ tuoi verd'anni.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
21
Udì Cairba il mesto suonoe vide
La morte della figlia; in mezzo a mille
Qual balena che 'l mar frange col pondo
Slanciasie mugghia: la sua lancia incontra
Il cor d'un figlio di Loclin: s'ingrossa
La sanguinosa mischia. In bosco annoso
Ben cento ventio tra ramosi abeti
Di cento colli violenta fiamma
Poriano appena pareggiar la strage
La rovinail fragor dell'affollate
Schiere cadenti. Cucullin recide
Come cardi gli eroi; Svaran devasta
Diserta Erina: di sua man Curano
Caddee Cairba dal curvato scudo.
Giace Morglano in ferreo sonnoe Calto
Guizza morendo: del suo sangue ha tinto
Il bianco petto; è strascinata e sparsa
La gialla chioma per la molle arena
Del suo terren natio. Spesso ov'ei cadde
Già conviti imbandìspesso dell'arpa
La voce sollevò; festosi intorno
Saltellavangli i veltrie i giovinetti
Stavansi ad assettar faretre ed archi.
Già Svaran crescee già soverchiacome
Torrente che traboccae i minor poggi
Schianta e travolvee i maggior pesta e sfianca.
Ma s'attraversa Cucullinqual monte
Di nembi arrestator: cozzano i venti
Sulla fronte di pinie i massi informi
La ripercossa grandine flagella:
Quello in sua possa radicato e fermo
Stassied adombra la soggetta valle.
Tal Cucullino ombra faceasie schermo
Ai figli d'Inisfela: a lui d'intorno
Di palpitanti eroi zampilla il sangue
Come fonte da rupe: invanch'Erina
Cade pur d'ogni partee si dilegua
Siccome neve a caldo sol. Compagni
Gruma gridòLoclin conquistae vince:
Che più dunque pugnarpalustri canne
Contro il vento del cielo? al colleal colle
Fuggiam compagni: ed ei fuggissi il primo
Come cervo inseguitoe la sua lancia
Simile a raggio tremulo di luce
Dietro traea. Pochi fuggir con Gruma
Duce di picciol cor: gli altri pugnando
Cadderoe 'l Lena ricoprir coi corpi.
Vede dall'alto del gemmato carro
La sconfitta de’ suoivedelae freme
D'Erina il condottier: trafisse il petto
A un fier nemicoindi a Conàl si volse.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
22
O Conalloesclamòtu m'addestrasti
Questo braccio di morte: or che farassi?
Ancor ch'Erina sia fugata o spenta
Non pugnerem perciò? Sì sì: tu vanne
Cariloe i sparsi fuggitivi avanzi
Di nostre schiere là raccoglie guida
Dietro quell'erto cespuglioso colle.
Noi stiam fermi quai scoglie sostenendo
L'impeto di Loclinde’ fidi amici
La fuga assicuriam. Balza Conallo
Sopra il carro di luce: i due campioni
Stendono i larghi tenebrosi scudi
Come la figlia dei stellati cieli
Lenta talor move per l'aeree intorno
Di fosco cerchio s'incorona e tinge.
Palpitanteanelante e spuma e sangue
Spruzza Sifaddae Duronallo a cerchio
Volvesi alteramentee calca e strazia
Nemici corpi: quei serrati e folti
Tempestano gli eroiquai sconvolte onde
Sconcia balena d'espugnar fan prova.
Di Cromla intanto sul ciglion petroso
Si ritrassero alfine i pochi e mesti
Figli d'Erinasomiglianti a un bosco
Cui strisciando lambì rapida fiamma
Spinta dai venti in tempestosa notte.
Dietro una quercia Cucullin si pose
Taciturnopensoso: il torbid'occhio
Gira agli astanti amici. Ecco venirne
Moran del mare esplorator. "Le navi
Le naviegli gridò; FingalFingallo
Il Sol dei duciil domator d'eroi
Ei vieneei vien: spumano i flutti innanzi
Le nere prue; le sue velate antenne
Sembran boschi tra nubi. " O ventio voi
Ventisoggiunse Cucullinche uscite
Dall'isoletta dell'amabil nebbia
Spirate tutte favorevoli aure
Secondate il guerrier: vientene amico
Alla morte di milleamico ah vieni.
Nubi dall'oriente a questo spirto
Son le tue velee l'aspettate navi
Luce del cieloe tu mi sei tu stesso
Come colonna d'improvviso foco
Rischiaratrice della notte oscura.
O mio Conalquanto graditi e cari
Ci son gli amici! Ma s'abbuja intanto
La notte: ov'è Fingal? noi le fosch'ore
Stiam qui passandoe sospiriam la luna.
Già sbuffa il vento; dalle fesse rupi
Già sboccano i torrenti: al capo irsuto
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
23
Di Cromla intorno s'adunò la pioggia
E rosse tremolavano le stelle
Per le spezzate nubi. Appresso un rivo
Di cui la pianta al gorgoglìo risponde
Mesto s'assise il condottier d'Erina.
Carilo il buon cantor stavagli accanto
E 'l pro' Conallo. Ahsospirando disse
Di Semo il figlioah che infelice e fiacca
E` la mia mandacchè l'amico uccise!
O Ferdao caro Ferdaio pur t'amava
Quanto me stesso. Cucullindeh dinne
L'interruppe Conalcome cadèo
Quell'illustre guerrier? ben mi sovvengo
Del figlio di Damman. Grande era e bello
Come l'arco del ciel. - Ferda signore
Di cento collid'Albion sen venne.
Nella sala di Muri ei da' prim'anni
L'arte del brando appresee d'amistade
Strinsesi a Cucullin: fidi alla caccia
N'andammo insieme; era comune il letto
Era a Cairba già signor d'Ullina
Deugala sposa: avea costei nel volto
La luce di beltàma in mezzo al core
La magion dell'orgoglio. Ella invaghissi
Di quel raggio solar di gioventude
Del figlio di Damman. Cairbaun giorno
Disse la bellaorsù dividi il gregge;
Dammi la mia metà: restar non voglio
Nelle tue stanze: il gregge tuo dividi
Fosco Cairba. Cucullinrispose
Lo divida per me: trono è 'l suo petto
Di giustizia: tu parti. Andai: la greggia
Divisi. Un toro rimanevaun toro
Bianco di neve; al buon Cairba il diedi.
Deugala n'avvampò; venne all'amante:
Ferdadiss'ellaCucullin m'offende;
Fammi udir di sua morteo sul mio corpo
Scorrerà il Luba; la mia pallid'ombra
Staratti intornoe del mio orgoglio offeso
Piangerà la ferita: o spargi il sangue
Di Cucullinoo mi trapassa il petto.
Oimèdisse il garzonDeugalae come?
Io svenar Cucullino? egli è l'amico
De’ miei pensier segretie contro ad esso
Solleverò la spada? Ella tre giorni
Pianse; nel quarto dì cesse al suo pianto
L'infelice garzon. Deugalaei disse
Tu 'l vuoicombatterò: ma potess'io
Cader sotto il suo brando! Io dovrei dunque
Errar sul collee rimirar la tomba
Di Cucullin? Noi presso a Muri insieme
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
24
Pugnammo: s'impacciavano l'un l'altro
Ad arte i brandi nostriil fatal colpo
Sfuggendosdrucciolavano sugli elmi
Strisciavano su i scudi. Eragli accanto
Deugala sua: con un sorriso amaro
Diedesi a rampognarlo: O giovinetto
Debole è 'l braccio tuonon è pel brando
Questa tenera età; garzone imbelle
Cedi al figlio di Semo; egli pareggia
Lo scoglio di Malmor. Corsegli all'occhio
Lagrima di vergogna; a me si volse
E parlò balbettando: alza il tuo scudo
AlzaloCucullinoe ti difendi
Dal braccio dell'amico: ho grave e negra
L'anima di dolorche uccider deggio
Il maggior degli amici e degli eroi.
Trassi a quei detti alto sospirqual vento
Da fessa rupe: sollevai del brando
L'acuto filo: ahi lasso! egli cadeo.
Cadde il Sol della pugnail caroil primo
Tra' fidi amici: sciagurataimbelle
È la mia mandacchè l'amico uccisi.
Figlio del carrodolorosa istoria
Carilo ripigliònarrasti: or questa
Mi rimanda alla mente un fatto antico
Che può darti conforto. Io spesso intesi
Membrar Comallo che l'amata uccise;
Pur sempre accompagnò vittoria e fama
La sua spadae i suoi passi. Era Comallo
Un figlio d'Albiondi cento colli
Alto signor: da mille rivi e mille
I suoi cervi beveanoe mille scogli
Rispondeano al latrar de’ veltri suoi.
Era soavità di giovinezza
L'amabile suo volto; era il suo braccio
Morte d'eroi. De’ suoi pensier l'obietto
Uno era e bellola gentil Galvina
La figlia di Colonco: ella sembrava
Sol tra le donnee liscia ala di corvo
La sua chioma vincea; sagaci in caccia
Erano i cani suoifischiava al vento
La corda del suo arco. I lor soavi
Sguardi d'amor si riscontrar sovente:
Uno alla caccia era il lor corsoe dolci
Le lor segrete parolette e care.
Ma per la bella si struggea d'amore
Il fier Gormante; il tenebroso duce
D'Arven nembosadi Comal nemico.
Egli tutt'or della donzella i passi
Sollecito esplorava. Un dì che stanchi
Tornavano da cacciae avea la nebbia
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
25
Tolti alla vista lor gli altri compagni
Si riscontraro i due teneri amanti
Alla grotta di Ronna. Ivi Comallo
Facea spesso soggiorno; ivi del duce
Pendean disposti i bellicosi arnesi:
Cento scudi di cuoioe cento elmetti
Di risuonante acciar. Qui dentroei disse
Riposatiamor mioriposa o luce
Dello speco di Ronna: un cervo appare
Su la vetta di Mora; io là men volo
Ma tosto tornerò. Comalrispose
Temo Gormante il mio nemico; egli usa
In questa grotta; io poserò fra l'armi:
Ma fa' tostoamor mio. Volò l'eroe
Verso il cervo di Mora. Allor la bella
Volle far prova sconsigliatamente
Dell'amor del suo caro: il bianco lato
Ella coperse di guerriere spoglie
E della grotta uscì. Comàl l'adocchia
Credela il suo nemico; il cor gli balza:
Iscolorossiintenebrossi; incocca
L'arco; vola lo stral; cade Galvina
Nel sangue suo. Quei furibondoansante
Vola all'antroe la chiama: alcun non s'ode;
Muta è la rupe. O dolce amor rispondi
Dove se’ tu? Torna all'estintoe vede
Il cor di quella palpitar nel sangue
Dentro il suo dardo. O mia Galvina! oh vista!
Or se’ tu quella? e le cadeo sul petto.
Vennero i cacciatorie ritrovaro
La sventurata coppia. Il duce ancora
Errò sul colle; ma solinghi e muti
Erano i passi suoi presso l'oscura
Magion dell'amor suo. Sceser le navi
Dell'oceàno; egli pugnò; fuggiro
Dal suo brando i stranier: cercò la morte
Ma chi dar la poteagli? a terra irato
Scagliò lo scudo; una volante freccia
Riscontrò alfine il maschio petto. Ei dorme
Con l'amata Galvina in riva al mare;
E fendendo il nocchier le nordiche onde
Scorge le verdi tombee ne sospira.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
26
CANTO III
Cucullino
essendosi moltocompiaciuto della storia di Cariloinsiste perchè canti più a lungo. IlBardo riferisce le azioni di Fingal in Loclin e la morte di Aganadecalabella sorella di Svarano.
Sopraggiunge Calmared espone loro il disegno di Svarano di sorprender ilrimanente
dell’esercito irlandese. Propone di resistere egli solo a tutte le forzedel nemico in un angusto
passaggio finchè l’armata irlandese possa ritirarsi in buon ordine.Cucullinoammirando la
coraggiosa proposizione di Calmarrisolve di accompagnarloe comanda aCarilo di scortar
altrove que’ pochi Irlandesi che rimanevano. Venuta la mattinaCalmarmuore dalle sue ferite: e
comparendo i navigli de’ CaledoniSvarano tralascia di inseguire gl’Irlandesie torna addietro per
opporsi allo sbarco di Fingal. Cucullinovergognandosi di comparire davantia Fingaldopo la
sua sconfittasi ritira nella grotta di Tura. Fingal attacca la zuffa colnemico e lo mette in fuga. Ma
la notte che sopravviene fa che la vittoria non sia compiuta. Il re che avevaosservato il valore e ‘l
coraggio d’Oscarsuo nipotegli dà alcuni ammaestramenti per bencondursi in pace e in guerra.
Storia di Fainasollisfiglia del re di Cracacui Fingal aveva presa aproteggere nella sua gioventù.
Fillano e Oscar sono inviati ad osservardurante la nottei movimenti deinemici. Gaulofiglio di
Mornidomanda il comando dell’armata nella seguente battagliae Fingalglielo accorda.
Soavi notedilettose istorie
Raddolcitrici de’ leggiadri cori!
Soggiunse Cucullin. Tal molce il colle
Rugiada del mattin placida e fresca
Quando il sogguarda temperato il sole
E la faccia del lago èpura e piana.
SeguiCarilosegui; ancor satollo
Non è 'l mio cor. La bella voce sciogli
Dinne il canto di Turail canto eletto
Che soleasi cantar nelle mie sale;
Quando Fingallo il gran signor dei brandi
V'era presentee s'allegrava udendo
O le sue proprieo le paterne imprese.
Fingallouom di battaglia (in cotal guisa
Carilo incominciò) prevenne gli anni
La gloria tua. Nel tuo furor consunta
Restò Loclinche la tua fresca guancia
Gara avea di beltà con le donzelle.
Esse amorosamente alla fiorita
Vezzosa faccia sorrideanma morte
Stava nella sua destra. Avea la possa
Della corsìa del Lora; i suoi seguaci
Fremeangli addietro come mille rivi.
Essi il re di Loclinl'altero Starno
Presero in guerrae 'l ricondusser poi
Alle sue navi: ma d'orgoglio e d'ira
Rigonfiossegli il coree nel suo spirto
Piantossi oscura del garzon la morte:
Perchè non altri che Fingallo avea
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Vinta di Starno l'indomabil possa.
Stava in Loclin costui dentro la sala
Delle sue conchee a sè chiamò dinanzi
Il canuto Snivan; Snivan che spesso
Cantava intorno al circolo di Loda
Quando la pugna nel campo dei forti
Volgeasie a' canti suoi porgeva ascolto
La Pietra del poter. Snivan canuto
Va'disse Starnoalle dal mar cerchiate
Arvenie rocce; ed al possente e bello
Re del deserto tu diraich'io gli offro
La figlia miala più gentil donzella
Ch'alzi petto di neve; essa ha le braccia
Candide al par della marina spuma;
Dolce e nobile il cor. Venga Fingallo
Venga co' suoi più forti alla vezzosa
Vergine figlia di segreta stanza.
Alle colline d'Albion ventose
Venne Snivano; e 'l ben chiomato eroe
Seco n'andò: dinanzi a lui volava
L'infiammato suo cormentr'ei l'azzurre
Nordich'onde fendea. Ben venga a noi
Starno gridòben venga il valoroso
Re di Morven scoscesa; e voi ben giunti
Siate pur suoi guerrieriillustri figli
Dell'isola solinga: in feste e canti
Vi starete tre giornie tre le belve
Seguirete alla cacciaaffin che possa
Giunger la vostra fama alla donzella
Della segreta stanza abitatrice.
Sì fintamente favellò l'altero
Re della nevee meditava intanto
Di trarli a morte. Nella sala ei sparse
La festa delle conche. Avea sospetto
Fingàl di frodeed avvedutamente
L'arme ritenne; si sguardar l'un l'altro
Pallidi in volto i figli della morte
E taciti svanir. S'alzan le voci
Della vivace gioja: arpe tremanti
Mandan dolce armonia; cantano i vati
Scontri di pugnao tenerelli petti
Palpitanti d'amor. Stava tra questi
Il cantor di FingalloUllinla dolce
Voce di Cona. Ei celebrò la bella
Vergine della nevee 'l nato al carro
Signor di Selma: la donzella intese
L'amabil cantoe abbandonò la stanza
Segreto testimon de’ suoi sospiri.
Uscì di tutta sua bellezza adorna
Quasi luna da nube in oriente.
Le leggiadrie cingevanla e le grazie
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Come fascia di luce: i passi suoi
Movean soavimisuratie lenti
Come armoniche note. Il garzon vide
Videloe n'arse. O benedetto raggio!
Disse tra sè. Già del suo core egli era
Il nascente sospiroe a lui di furto
Spesso volgeasi il desioso sguardo.
Tutto raggiante il terzo dì rifulse
Sul bosco delle belve. Uscì Fingallo
Signor dei scudie 'l tenebroso Starno.
Del giovin prode rosseggiò la lancia
Nel sangue di Gormallo. Era già 'l sole
A mezzo il corso suo quando la bella
Figlia di Starno al bel Fingal sen venne
Con amorosa vocee coi begli occhi
In lagrime girantisi e tremanti;
E sì parlò: Fingalloah non fidarti
Del cor di Starno; egli nel bosco agguati
Pose contro di teguardati o caro
Dal bosco della morte: ad avvisarti
Spronami amor: tu generoso eroe
Rammenta Aganadecae mi difendi
Dallo sdegno del padre. Il giovinetto
L'udì tranquilloed avviossi al bosco
Spregiantemente: i suoi guerrier possenti
Stavangli a fianco. Di sua man cadero
I figli della mortee a' loro gridi
Gormallo rimbombò. Rimpetto all'alta
Reggia di Starno si raccolser tutti
Gli stanchi cacciatori. Il re si stava
Torbidoin sè romito; avea sul ciglio
Funesta nubeatro vapor negli occhi.
Olàgridò l'alteroal mio cospetto
Guidisi Aganadeca; ella ne venga
Al re di Selmaal suo leggiadro sposo:
Già del sangue de’ miei tinta è la destra
Del suo diletto; inefficaci e vane
Non fur sue voci: del fedel messaggio
È giusto il guiderdon. Venne la bella
Sciolta il crinmolle il ciglio: il bianco petto
Le si gonfiava all'aura de’ sospiri
Come spuma del Luba. Il fero padre
L'afferròla trafisse. Ella cadeo
Come di neve candidetta falda
Che dalle rupi sdrucciolar del Rona
Talor si scorgequando il bosco tace
E basso per la valle il suon si sperde.
Giunse Fingalvide la bella; il guardo
Vibrò sopra i suoi ducie i duci suoi
L'arme impugnaro: sanguinosa e negra
Pugna mugghiò; Loclin fu spersao spenta.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Pallida allor nella spalmata nave
La vergine ei racchiuse: in Arven poi
Le alzò la tomba; or freme il mar d'intorno
All'oscura magion d'Aganadeca.
Benedetto il suo spirtoe benedetta
Sii tubocca del cantoallor riprese
Di Semo il figlio. Di Fingal fu forte
Il braccio giovenilforte è l'antico.
Cadrà Loclin sotto l'invitta spada
Cadrà di nuovo: esci da' nembio luna
Mostra la bella facciae per l'oscura
Onda notturna le sue vele aspergi
Della serena tua candida luce.
E se forse lassù sopra quel basso
Nebuloso vapor sospeso alberghi
O qual che tu ti sia spirto del cielo
Cavalcator di turbini e tempeste
Tu proteggi l'eroetu le sue navi
Dagli scogli allontanae tu lo guida
Securo e salvo ai desiosi amici.
Sì parlo Cucullin; quando sul colle
Salì di Mata il valoroso figlio
Calmar ferito: egli venia dal campo
Nel sangue suo; ne sostenea la lancia
I vacillanti passi: ha fiacco il braccio
Ma indomabile il cor. Gradito a noi
Giungidisse Conàlgraditoo forte
Figlio di Mata. Ond'è ch'esce il sospiro
Dal petto di coluiche in mezzo all'arme
Mai non temè? - Nè temerà giammai
Sir dell'acuto acciar. Brillami l'alma
Entro i periglie mi festeggia il core.
Son della schiatta dell'acciaroa cui
Nome ignoto è 'l timor. Cormar fu 'l primo
Della mia stirpe. Eran suo scherzo e gioco
Flutti e tempeste: il suo leggiero schifo
Saltellava sull'ondee gìa guizzando
Su le penne dei venti. Un negro spirto
Turbò la notte. Il mar gonfiasii scogli
Rugghiano: i venti vorticosi a cerchio
Strascinano le nubi; ale di lampi
Volan focose. Egli smarrissia terra
Ei ricovrò; ma s'arrossì ben tosto
Del suo timore: in mezzo al mar di nuovo
Scagliasiil figlio a rintracciar del vento.
Tre giovinetti del suo legno han cura
E ne reggon il corso. Egli si stava
Col brando ignudo: ecco passar l'oscuro
Vapor sospeso: ei l'afferrò pel crine
Rapidoe con l'acciaro il tenebroso
Petto gli ricercò: l'aereo figlio
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Fuggì stridendoe comparir le stelle.
Tal fu l'ardir de’ miei: Calmar somiglia
Ai padri suoi. Dall'inalzata spada
Fugge il periglio: uom c'ha fermezzaha sorte.
Ma voi progenie delle verdi valli
Dalla del Lena sanguinosa piaggia
Scostatevi; adunate i tristi avanzi
Dei nostri amicie di Fingallo al brando
Ad unirvi correte. Il suono intesi
Dell'oste di Loclin che a noi s'avanza.
Partiteamiciresterà Calmarre
Calmar combatterà: bench'io sia solo
Tal darò suon come se mille e mille
Fossermi a tergo. Or tufiglio di Semo
Rammentati Calmàrrammenta il freddo
Corpo giacente. Poi ch'avrà Fingallo
Guasto il campo nemicoappo una pietra
Di memoria ripommionde il mio nome
Passi ai tempi futurie si rallegri
La madre di Calmàr curva sul sasso
Della mia fama. Ah nofiglio di Mata
Rispose Cucullinnon vo' lasciarti;
Io sarò teco: ove più grande e certo
Rischio s'affacciaivi più 'l cor di gioja
M'esultae fervee mi s'addoppia in petto.
Forte Conalloe tu Carilo antico
Voi d'Inisfela i dolorosi figli
Scorgete altrove; e quando al fin sia giunto
L'aspro conflittorintracciate i nostri
Pallidi corpi: in questo angusto passo
Presso di questa pianta ambedue fermi
Staremci ad affrontar l'atro torrente
Della pugna di mille. O tuva'corri
Figlio di Fitiale di vento impenna.
Vanne a Fingàldigli ch'Erina è bassa
Fa' che s'affretti. Oh venga tosto a noi
Qual vivo solee le tempeste nostre
Sgombri coi raggie rassereni il colle.
Grigio in Cromla è 'l mattin; sorgono i figli
Dell'oceàno. Uscì Calmar fumante
Di bellicoso ardor; ma pallida era
La faccia sua: chinavasi sull'asta
De’ padri suoisopra quell'asta istessa
Che dalle sale egli portò di Lara
E stava mesta a risguardar la madre.
Ma or languidoesangue a poco a poco
Mancae cade l'eroe; qual lentamente
Cade sul Cona sbarbicata pianta.
Solo rimane Cucullin qual rupe
Nell'arenosa valle: il mar coi flutti
Viensenee mugge su i petrosi fianchi;
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Stridono i massie la scoscesa fronte
Spruzza e ricopre la canuta spuma.
Ma già fuor fuor per la marina nebbia
Veggonsi a comparir le di Fingallo
Bianco–velate navi; e maestoso
S'avanza il bosco dell'eccelse antenne.
Svaran l'adocchiae di combatter cessa
D'Inisfela l'eroe. Qual per le cento
Isole d'Inistor s'arretrae ferve
Gonfia marea; sì smisurata e vasta
La possa di Loclin scese a rincontro
All'alto re dei solitari colli.
Ma lentoa capo chinmestopiangente
La lunga lancia traendosi dietro
Cucullin ritirossie si nascose
Dentro il bosco di Cromlae amaramente
Pianse gli estinti amici. Egli temea
L'aspetto di Fingàlche tante volte
Seco già s'allegròquand'ei tornava
Dal campo della fama. Oh quantioh quanti
Giaccion colà de’ miei possenti eroi
Sostegni d'Inisfela! essi che un tempo
Festosi s'accogliean nelle mie sale
Delle mie conche al suon. Non più sul prato
Le lor orme vedrò; non più sul monte
Udrò l'usata voce. Or là prostesi
Pallidimutiin sanguinosi letti
Giacciono i fidi amici. O cari spirti
Dei dianzi estinti a Cucullin venite;
Con lui vi state a favellar sul vento
Quando l'albero piegasie bisbiglia
Su la grotta di Tura: ivi solingo
Giacerò sconosciuto; alcun cantore
Non membrerà 'l mio nomealcuna pietra
A me non s'ergerà. Bragela addio:
Già più non songià la mia fama è spenta;
Piangimi cogli estintiaddio Bragela.
Sì parlò sospirando; e si nascose
Ove la selva è più selvaggia e cupa.
Ma d'altra parte maestosamente
Passa Fingàl nella sua navee stende
La luminosa lancia: orrido intorno
Folgoreggia l'acciarqual verdeggiante
Vapor di morte che talor si posa
Su i capi di Malmor: scura è nel cielo
La larga lunail peregrin soletto.
Terminato è 'l conflitto; io veggo il sangue
De’ nostri amiciil Re gridò; le quercie
Gemon di Cromlae siede orror sul Lena.
Colà cadèro i cacciatori; il figlio
Di Semo non è più. RinoFillano
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Diletti figlior viasonate il corno
Della battaglia di Fingal; salite
Quel colle in su la spiaggiae dalla tomba
Del buon Landergo il fier nemico in campo
Sfidate alla tenzon. La vostra voce
Quella del padre nel tonar pareggi
Allor che nella pugna entra spirante
Baldanza di valor: qui fermo attendo
Questo possente uom tenebroso; attendo
Con piè fermo Svarano. E venga ei pure
Con tutti i suoi; che non conoscon tema
Gli amici degli estinti. Il gentil Rino
Volò qual lampo; il brun Fillano il segue
Pari ad ombra autunnal. Scorre sul Lena
La voce loro: odon del mare i figli
Il roco suon del bellicoso corno
Del corno di Fingallo; e piomban forti
Grossimugghiantiqual riflesso oscuro
Del sonante oceànquando ritorna
Dal regno della neve: alla lor testa
Scorgesi il re superbo: ha tetro aspetto
D'ira avvampanteocchi rotanti in fiamma.
Lo rimirò Fingalloe rammentossi
D'Aganadeca sua: perchè Svarano
Con giovenili lagrime avea pianto
La gentil suora dal bel sen di neve.
Mandò Ullino dai cantie alla sua festa
Cortesemente l'invitò; che dolce
Del nobil Fingal ricorse all'alma
Del suo primiero amor la rimembranza.
Venne l'antico Ullin di Starno al figlio
E sì parlò: tu che da lungi alberghi
Cinto dall'onde tuecome uno scoglio
Vieni alla regia festae 'l dì tranquillo
Passa; doman combatteremdomani
Spezzeremo gli scudi. Oggirispose
Spezzinsi purstarò domani in festa;
Domani sìche fia Fingàl sotterra.
E ben spezzinsi tostoe poi festeggi
Doman se puòcon un sorriso amaro
L'alto Fingàl riprese. Ossian tu statti
Da presso al braccio miotu Gaulo inalza
Il terribile acciarpiega Fergusto
L'incurvato tuo tassoe tu Fillano
La tua lancia palleggia; alzate i scudi
Qual tenebrosa lunae ciascun'asta
Sia meteora mortal: me me seguite
Per lo sentier della mia famae sièno
Le vostre destre ad emularmi intese.
Cento nembi aggruppatio cento irate
Onde sul lidoo cento venti in bosco
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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O cento in cento colli opposti rivi;
Forse con taleo con minor fracasso
Stragefuriaterror s'urtan l'un l'altro
Di quelcon cui le poderose armate
Vannosi ad incontrar nell'echeggiante
Piaggia del Lena: spargesi su i monti
Alto infinito gemito confuso
Pari a notturno tuonquando una nube
Spezzasi in Cona; e mille ombre ad un tempo
Mandan nel vuoto vento orrido strido.
Spinsesi innanzi in la sua possa invitta
L'alto Fingàlterribile a mirarsi
Come lo spirto di Tremmorqualora
Vien sopra un nembo a contemplar i figli
Della possanza sua; crollan le querce
Al suon delle sue pennee innanzi ad esso
S'atterrano le rupi. Atrasanguigna
Era la man del padre mio rotando
Il balenante acciar; struggeasi il campo
Nel suo corso guerrier. Rino avanzossi
Qual colonna di fuoco: è scuro e torvo
Di Gaulo il ciglio; rapido Fergusto
Corre con piè di vento; erra Fillano
Come nebbia del colle. Io stesso io stesso
Piombai qual masso: alle paterne imprese
Mi sfavillava il cor: molte le morti
Fur del mio braccio; nè di grata luce
Splendea la spada di Loclin sul ciglio.
Ah non avea così canuti i crini
Ossian allornè in tenebre sepolti
Eran quest'occhinè tremante e fiacca
L'antica mannè 'l piè debole al corso.
Chi del popol le mortie chi le gesta
Può ridir degli eroiquando Fingallo
Nella sua ardente struggitrice fiamma
Divorava Loclin? di colle in colle
Gemiti sopra gemiti s'affollano
Di morti e di spirantiinfin che scese
La nottee tutto in tenebre ravvolse.
Smarritispauritisbalorditi
Come greggia di cerviallor sul Lena
Strinsersi i figli di Loclin: ma noi
Lietamente sedemmo in riva al vago
Ruscel di Lubaad ascoltar le gaje
Note dell'arpa. Il gran Fingàl sedea
Non lungi dai nemicie dava orecchio
Ai versi dei cantor. S'udian nel canto
Altamente sonar gli eccelsi nomi
Di sua stirpe immortale. Ei sullo scudo
Piegava il braccioe ne bevea tranquillo
La soave armonìa. Stavagli appresso
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Curvo sulla sua lanciail giovinetto
Il mio amabile Oscarre. Ei meraviglia
Avea del re di Selmae i suoi gran fatti
Scorrean per l'almae gli scoteano il core.
Figlio del figliuol miodisse Fingallo
Onor di gioventù: vidi la luce
Del tuo brandola vidie mi compiacqui
Della progenie mia: segui la fama
De’ padri tuoisegui l'avite imprese.
Sii quel ch'essi già furquando vivea
L'alto Tremmor primo tra' ducie quando
Tratal padre d'eroi. Quei da' prim'anni
Pugnar da forti: or sono de’ vati il canto.
Valoroso garzoncurva i superbi
Ma risparmia gl'imbelli: una corrente
Di molt'acque sii tu contro i nemici
Del popol tuo; ma a chi soccorso implora
Sii dolce placidissimoqual aura
Che lusinga l'erbettae la solleva.
Così visse TremmorTratal fu tale
Tal è Fingallo. Il braccio mio fu sempre
Schermo degl'infelicie dietro al lampo
Della mia spada essi posar securi.
Oscarreio era giovinetto appunto
Qual se’ tu oraquando a me sen venne
Fainasillala vezzosa figlia
Del re di Cracavivida soave
Luce d'amore: io ritornava allora
Dalla piaggia di Cona; avea con meco
Pochi de’ miei. Di bianche vele un legno
Da lungi apparveche movea sull'onde
Come nebbia sul nembo. Avvicinossi
La bella comparì. Salìascendea
Il bianco petto a scosse di sospiri
E le strisciavan lagrimose stille
La vermiglietta guancia. E qual tristezza
Alberga in sì bel senplacido io dissi
O figlia di beltà? poss'ioqual sono
Giovine ancorfarmi tuo schermo e scudo
Donna del mar? non ho invincibil brando
Ma cor che non vacilla. A te men volo
Sospirando risposeo prence eccelso
Di valorosia te men voloo sire
Delle conche ospitalialto sostegno
Della debile destra. Il re di Craca
Me vagheggiava qual vivace raggio
Della sua stirpeed echeggiar sovente
Le colline di Cromala s'udìo
Ai sospiri d'amor per l'infelice
Fainasilla. Il regnator di Sora
Bella mi videe n'arse: ha spada al fianco
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Qual folgore del ciel; ma torvo ha 'l ciglio
E tempesta nel cor: da lui men fuggo
Sopra il rotante mar: costui m'insegue.
Statti dietro al mio scudoe posa in pace
Raggio amoroso; fuggirà di Sora
Il fosco rese di Fingallo il braccio
Rassomiglia al suo cor. Potrei celarti
In qualche cupa solitaria grotta:
Ma non fugge Fingallo ove tempesta
D'aste minaccia; egli l'affrontae ride.
Vidi la lagrimetta in su le guancie
Della beltà: m'intenerii. Ma tosto
Come da lungi formidabil onda
Del tempestoso Borbaro la nave
Minacciosa apparì: dietro alle bianche
Vele vedi piegar l'eccelse antenne;
Fiedono i fianchi con le bianche spume
L'onde rotanti; mormora la possa
Dell'oceàn. Lascia il muggir del mare
Io dissi a luicalpestator dei flutti
E vienne alla mia sala; essa è l'albergo
Degli stranieri. Al fianco mio si stava
La donzelletta palpitante: ei l'arco
Scoccò; quella cadèo. Ben hai del paro
Infallibile destrae cor villano
Dissie pugnammo. Senza sanguee leve
Non fu la mortal zuffa: egli pur cadde;
E noi ponemmo in due tombe di pietra
L'infelice donzellae 'l crudo amante.
Tal fui negli anni giovanili: Oscarre
Tu la vecchiezza di Fingallo imita.
Mai non andarne di battaglia in traccia
Nè la sfuggir giammai quando a te viene.
Fillanoe Oscarre dalla bruna chioma
Figli del corsoor via pronti volate
Sopra la piaggiaed osservate i passi
Dei figli di Loclin; sento da lungi
Il trepido rumor della lor tema
Simile a mar che bolle. Iteneond'essi
Non possano sottrarsi alla mia spada
Lungo l'onde del Nord: son basso i duci
Della stirpe d'Erinae molti eroi
Giaccion sul letto squallido di morte.
Volaro i due campioncome due nubi
Negri carri dell'ombreallor che vanno
Gli aerei figli a spaventar la terra.
Fecesi innanzi allor Gauloil vivace
Figlio di Mornie si piantò qual rupe.
Splendea l'asta alle stelle: alzò la voce
Pari al suon di più rivi. O generoso
Delle conche signorfiglio di guerra
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Fa' che 'l cantor con l'arpa al sonno alletti
D'Erina i stanchi figli. E tu Fingallo
Lascia per poco omai posar sul fianco
La tua spada di mortee alle tue schiere
Permetti di pugnar: noi qui senz'opra
Stiamci struggendo inonorati e lenti;
Poichè tu soltu spezzator di scudi
Sei soloe sol fai tuttoe tutto sei.
Quando il mattin su i nostri colli albeggia
Statti in dispartele prodezze osserva
De’ tuoi guerrieri. Di Loclin la prole
Provi di Gaulo la tagliente spada;
Onde me pur cantino i vatie chiaro
Voli il mio nome ancor; tal fu 'l costume
Della nobil tua stirpee tale il tuo.
Figlio di Mornia lui Fingàl rispose
Gioisco alla tua gloria: e bencombatti
Prode garzon; ma fia sempre a tergo
La lancia miaper arrecarti aita
Quando sia d'uopo. O voi la voce alzate
Figli del cantoe 'l placido riposo
Chiamatemi sul ciglio. Io giacerommi
Tra i sibili del vento: e se qui presso
Aganadeca amabile t'aggiri
Tra i figli di tua terrao se t'assidi
Sopra un nembo ventoso in fra le folte
Antenne di Loclin; vientene o bella
Rallegra i sonni miei; vienie fa' mostra
Del tuo soave rilucente aspetto.
Più d'una voce e più d'un'arpa sciolse
Armoniose note. Essi cantaro
Le gesta di Fingalloe dell'eccelsa
Stirpe di Selma; e nell'amabil canto
Tratto tratto s'udia sonar con lode
Dell'or così diverso Ossian il nome.
Ossian dolente! io già pugnaigià vinsi
Spesso in battaglia: or lagrimoso e cieco
Squallidoinconsolabile passeggio
Coi piccioli mortali. OveFingallo
O padre ove se’ tu? più non ti veggo
Con l'eccelsa tua stirpe; erran pascendo
Cervetti e damme in su la verde tomba
Del regnator di Selma. O benedetta
L'anima tuare delle spadealtero
Esempio degli eroiluce di Cona!
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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CANTO IV
ARGOMENTO: Ossian riferisce la storia dei suoi amori giovanili con Evirallinamadre di Oscar
già morta e le sue imprese per ottenerla in isposa. Dopo questo episodiointrodotto assai
felicementeritorna all’azione del poema. L’ombra di Evirallina gliapparisce e gli dice che Oscar
spedito sul far della notte ad osservare il nemicoera nelle mani di uncorpo di truppe avanzate e
quasi vicino a restar vinto. Ossian accorre in soccorso di suo figlio; e sidà l’avviso a Fingal che
Svarano si avvinava. Il Re s’alzachiama a raccolta la sua armataesiccome aveva promesso la
notte antecedentene dà il comando a Gaulofiglio di Mornie si ritirasopra un colledonde
scorgeva tutto il combattimento. La mischia s’attacca: il poeta celebra leprodezze di Oscar. Ma
mentre questi unito al padre vince in un’alaGaulo assalito da Svarano inpersona era sul punto di
ritirarsi in un’altra. Fingal invita Ullino suo bardo ad incoraggiarlo conuna canzone militare: ciò
nullostante Svarano rimane superiore; e Gaulo e l’ esercito dei Caledonjsono costretti a cedere.
Fingal scendendo dalla collina riordina le sue genti. Svarano desiste dall’inseguirle;
s’impadronisce d’una eminenzaed attende che Fingal s’accosti.Il redopo aver animati i soldati
dà gli ordini necessari e rinnova il combattimento. Cucullinoil qualeinsieme con l’amico Conale
con Carilos’era ritirato nella grotta di Turaudendo il rumoresale sullacima del monteche
dominava il campo di battagliaove vede Fingal ch’era alle prese colnemico. Cucullino
essendogli impedito d’andare a raggiungere Fingal che era per ottenere unacompiuta vittoria
manda Carilo a congratularsi con quest'eroe del suo buon successo.
Chi dal monte ne vienbella a vedersi
Siccome il variato arco che spunta
Di sopra il Lena? La donzella è questa
Dalla voce d'amor; la bella figlia
Del buon Toscàrdalle tornite braccia.
Spesso udisti il mio cantoe spesso hai sparse
Lagrime di beltà: viene alle pugne
Del popol tuo? vieni ad udir l'imprese
Del tuo diletto Oscarre? E quando mai
Cesseranno i miei pianti in riva al Cona?
Tutta la mia fiorita e verde etade
Passò tra le battaglieed or tristezza
I cadenti anni miei turba ed oscura.
Vezzosa figlia della man di neve
Non ero io già così dolente e cieco;
Sì foscoabbandonato allor non ero
Quando m'amò la vaga Evirallina
Evirallinadi Corman possente
Dolce amorbruna il crincandida il petto.
Mille eroi ne fur vaghie a mille eroi
Ella niegò 'l suo core: eran negletti
I figli dell'acciarperch'Ossian solo
Grazia trovò dinanzi agli occhi suoi.
Alle nere del Lego onde n'andai
Per ottener la vaga sposa. Avea
Dodici meco valorosi figli
Dell'acquosa Albion: giungemmo a Brano
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
38
Amico dei stranieri. E dondeei disse
Son quest'arme d'acciar? facil conquista
Non è la bella vergine che tutti
Spregiò d'Erina gli occhi–azzurri duci.
Benedetto sii tu sangue verace
Del gran Fingallo! avventurata sposa
Ben'è colei che del tuo cor fai degna.
Fossero in mia balìa dodici figlie
D'alta beltàche tua fora la scelta
O figlio della fama. Allora aperse
La stanza della vergine romita
D'Evirallina. A quell'amabil vista
Dentro i petti d'acciar corse a noi tutti
Subita giojae ci sorrise al core.
Ma sopra noi sul colle il maestoso
Cormano apparveed un drappel de’ suoi
Tenea pronto alla pugna. Otto i campioni
Eran del ducee fiammeggiava il prato
Del fulgor di lor arme. Eravi Cola
Durra dalle ferite eravie Tago
E 'l possente Toscarree 'l trionfante
Frestalloe Dairo il venturosoe Dala
Rocca di guerra. Scintillava il brando
Di Corman nella destrae del guerriero
Lento volgeasi e grazioso il guardo.
D'Ossian pur otto erano i duci; Ullino
Figlio di guerra tempestosoe Mullo
Dai generosi fattied il leggiadro
Selacae Oglanoe l'iracondo Cerda
E di Dumarican l'irto–vellute
Ciglia di morte. Ove te lascioOgarre
Sì rinomato sugli arvenii colli?
Ogàr si riscontrò testa con testa
Col forte Dala: era il conflitto un turbo
Sollevator della marina spuma.
Ben del pugnale rammentossi Ogarre
Arme ad esso gradita; egli di Dala
Nove fiate lo piantò nel fianco.
Cangiò faccia la pugna: io sullo scudo
Del possente Corman ruppi tre volte
La mia lanciaei la sua. Lasso infelice
Garzon d'amore! io gli recisi il capo
E per lo ciuffo il sanguinoso teschio
Crollai ben cinque volte: i suoi fuggiro.
Oh chi m'avesse allor dettochi detto
M'avesse allorvaga donzellach'io
Egrospossatoabbandonatoe cieco
Trarrei la vita! avria costui dovuto
Usbergo aver ben d'infrangibil tempra
Petto di scoglioe impareggiabil braccio.
Ma già del Lena su la piaggia oscura
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
39
A poco a poco s'acchetò la voce
Dell'arpee dei cantor. Buffava il vento
Vario–stridentee m'ondeggiava intorno
L'antica quercia con tremanti foglie.
Erano i miei pensier d'Evirallina
D'Evirallina miaquand'ella in tutta
La luce di beltadee cogli azzurri
Occhi pregni di lagrimem'apparve
Sopra il suo nembo; e in fioca voceah sorgi
Ossianmi disseil figlio mio difendi
Salvami Oscàr: presso la rossa quercia
Del ruscello di Luba egli combatte
Coi figli di Loclin. Disse: e s'ascose
Nella sua nube. Io mi vestii l'usbergo
M'appoggiai sulla lancia; uscii sonante
D'arme il petto e le terga: a cantar presi
Qual solea ne’ periglii canti antichi
Da' valorosi eroi. Loclin m'intese
Come tuono lontano; essa fuggio;
Inseguilla mio figlio. Io pur da lungi
Lo richiamai: figliodiss'iodeh riedi
Riedi sul Lenaancor ch'io stiati appresso
E cessa d'inseguirli. Egli sen venne
Ed agli orecchi miei giunse giocondo
Il suon dell'armi sue. Perchèdiss'egli
M'arrestasti la destra? avria ben tosto
Morte d'intorno ricoperto il tutto.
Che oscuriformidabiliFillano
E il figlio tuo fersi ai nemici incontro
Che per la nottealle sorprese amica
Del loro campo erano a guardia. Alquanti
Le nostre spade n'abbatter. Ma come
Spingono i negri venti onda dopo onda
Colà di Mora su le bianche arene;
Tal l'un l'altro incalzandosi i nemici
Inondano sul Lena: ombre notturne
Stridon da lungied aggirarsi io vidi
Le meteore di morte. Il re di Selma
Corrasi a risvegliarl'eccelso eroe
Sfidator di perigliil sol raggiante
Dissipator di bellicosi nembi.
Erasi appunto allor da un sogno desto
Fingalloe sullo scudo erto si stava
Lo scudo di Tremmorfamoso arnese
De’ padri suoi. Nel suo riposo avea
Veduta il padre mio la mesta forma
D'Aganadeca; ella venìa dal mare
E sola e lenta si movea sul Lena.
Faccia avea ella pallida qual nebbia
Guancia fosca di lagrime: più volte
Trasse l'azzurra man fuor delle vesti
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
40
Vesti ordite di nubie la distese
Accennando a Fingalloe volse altrove
I taciturni sguardi. E perchè piangi
Figlia di Starno? domandò Fingallo
Con un sospiro: a che pallida e muta
Bell'ospite dei nembi? Ella ad un tratto
Sparve col ventoe lo lasciò pensoso.
Piangeva il popol suoche sotto il brando
Del re di Selmaera a cader vicino.
L'eroe svegliossie pieni ancor di quella
Avea gli occhi e la mente. Ode appressarsi
Oscarre i passie n'adocchiò lo scudo;
Che incominciava un deboletto raggio
Via via d'Ullina a tremolar sull'onda.
Che fa 'l nemico fra i terrori involto?
Richiese il Re: fugge sul mareo attende
La novella battaglia? A che tel chiedo?
Non odo io già la voce lor che suona
Sul vento del mattin? Vattene Oscarre
Desta gli amici. Il Re s'alzò; piantossi
Presso il sasso di Lubae in tuon tremendo
Ben tre volte rugghiò: balzaro i cervi
Dalle fonti di Cromlae tremar tutte
Le rupi e i monti. Come cento alpestri
Rivi sboccando con mugghianti spume
Si confondon tra lor: come più nubi
S'ammassano in tempestae alla serena
Faccia del ciel fan velo; in cotal guisa
Si ragunaro del deserto i figli
Del lor signore alla terribil voce
Terribile ai nemicia' suoi guerrieri
Grata e gioconda: perchè spesso ei seco
Li condusse alla pugnae dalla pugna
Carchi tornar di gloriose spoglie.
Su sudiss'eglialla zuffaalla morte.
Figli della tempesta: a risguardarvi
Starassi il vostro re. Sopra quel colle
Balenerà 'l mio brandoe sarà scudo
Del popol mio: ma non avvengaamici
Che n'abbiate mai d'uopoor che di Morni
Per me combatte il valoroso figlio.
Egli fia vostro duceonde il suo nome
Sorger possa nel canto. O voi scendete
Ombre de’ morti duciombre dei nembi
Correggitricii miei guerrier cadenti
Accogliete cortesie i vostri colli
Sien lor d'albergo: oh possan quei su l'ale
Del nembo rapidissimo del Lena
Per l'aereo sentier varcar sublimi
I flutti de’ miei marie al mio riposo
Cheti venirneed allegrar sovente
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
41
Con la piacevol vista i sogni miei.
FillanoOscarre dalla bruna chioma
E tu Rino gentilfate o miei figli
D'esser forti in battaglia: i vostri sguardi
Stien fisi in Gauloond'emularne i fatti.
Brando a brando non cedao braccio a braccio;
Si gareggi in valor: del padre vostro
Proteggete gli amicie stienvi in mente
Gli antichi duci. Se cader sul Lena
Doveste ancornon paventateo figli
Vi rivederò: di cava nube in seno
Le nostre fredde e pallid'ombre in breve
S'incontrerannoo figli; e andrem volando
Spirti indivisi a ragionar sul Cona.
Simile a nube tempestosaorlata
Di rosseggiante folgore del cielo
Che in occidente dal mattin s'avanza
Il Re s'allontanò. Funesto vampo
Esce dall'armi sue; nella man forte
Crolla due lancie; la canuta chioma
Giù cade al vento; tre cantor van dietro
Al figlio della famaa portar pronti
I suoi cenni agli eroi. Sull'erto fianco
Di Cromla ei si posòvolgendo a cerchio
Il balen dell'acciar. Lieti alla pugna
Movemmo intanto. Sfavillò sul volto
D'Oscar la gioja: vivida vermiglia
Era la guancia sua; spargono gli occhi
Lagrime di piacer; raggio di foco
Sembra la spada nella destra. Ei venne;
E con gentil sorriso in cotai detti
Ad Ossian favellò: Sir delle pugne
Ascolta il figlio tuo: scostatio padre
Segui l'eroe di Selmae la tua fama
Lasciala intera a me. Ma s'io qui cado
Rammentatio signorquel sen di neve
Quel grazioso solitario raggio
Dell'amor miola tenera Malvina
Dalla candida man. Parmi vederla
Curva sul rivo risguardar dal monte
Con la guancia infocatae i lisci crini
Sferzanle il senche per Oscàr sospira.
Tu la confortae di' ch'io son già fatto
Dei venti albergatorche ad incontrarmi
Vengamentre io pe’ colli miei sul nembo
M'affretto a rivederla. - Oscarche dici?
A me piuttostoa me la tomba inalza.
Nonon cedo la pugna: il braccio mio
Più sanguinoso e più di guerra esperto
Tutte di gloria t'aprirà le strade.
Ma ben tufigliuol mios'avvien ch'io caggia
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Questa spadaquest'arcoe questo corno
Rammenta di riporre entro l'angusta
Scura magion; fa' che una bigia pietra
L'additi al passaggiero: alla tua cura
Alcun amor non accomandoo figlio
Che più non è la vaga Evirallina
La madre tua. Così parlammo; e intanto
Crebbe sul ventoe più e più gonfiossi
L'alta voce di Gaulo; ei la paterna
Spada rotando con furor si spinse
Alla stragealla morte. Appunto come
Candido–gorgogliante onda colmeggia
E scoglio assale: e come scoglio immoto
L'orrid'urto sostien; così i guerrieri
Assalirresistèro: acciar si frange
Contro acciarouom contr'uom; suonano scudi
Cadono eroi. Quai cento braccia e cento
Della fornace sul rovente figlio;
Così s'alzano piombanomartellano
Le loro spade. Orrido in Arven turbo
Gaulo rassembra; in sul suo brando siede
Distruzion d'eroi: parea Svarano
Foco devastator. Come poss'io
Dar tanti nomie tante morti al canto?
D'Ossian pur anco fiammeggiò la spada
Nel sanguigno conflitto: e tu pur anco
Terribil fostiOscarreo de’ miei figli
Il maggioreil miglior. Nel suo segreto
Giojami il corquand'io scorgea 'l tuo brando
Arder sul petto dei nemici ancisi.
Essi fuggiro sbaragliatie noi
Inseguimmouccidemmo: e come pietre
Van saltellon di balza in balza; o come
Scuri di quercia in quercia in bosco annoso
Erran colpi alternando; o come tuono
Di rupe in rupe si rimbalza in rotti
Spaventosi rimbombi: in cotal guisa
Colpo a colpo succedee morte a morte
Dalla spada d'Oscarree dalla mia.
Ma già Svaran Gaulo circondae freme
Qual corsia d'Inistor. Fingallo il vede
Vedeloe già già s'alzae già già l'asta
Solleva. Ullinva' mio cantoreei disse
Vattene a Gauloe gli rammenta i fatti
De’ padri suoi; la disugual contesa
Col tuo canto sostien': ravviva il canto
E rinfranca gli eroi. Mossesi Ullino
Venne a Gaulo dinanzie 'l canto sciolse
Infiammator dei generosi cori.
Combatti combatti
Distruggiabbatti
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
43
Figlio del sir dei rapidi destrieri
Fior de’ guerrieri.
Pugnapugna o braccio forte
In fatica aspra ed estrema:
Sir d'acute arme di morte
Duro cor che mai non trema.
Figlio di guerra
Atterraatterra
Fa' che più candida
Vela non tremoli
Sull'onde d'Inistor.
Alza scudo orrendo qual nembo
Che di morte ha gravido il grembo;
Il tuo brando - baleni rotando
Qual sanguigno notturno vapor.
Il braccio sia tuono sul campo
Sia l'occhio di lampo
Di scoglio sia 'l cor.
Combatticombatti
Distruggiabbatti:
Figlio del sir dei rapidi destrieri
Doma gli alteri.
Gaulo avvampa a tai note; il cor gli balza:
Fassi di sè maggior. Ma Svaran cresce
E soverchia il garzon: fende in due parti
Lo scudo a Gaulo; del deserto i figli
Sbigottiti fuggiro. Allor Fingallo
Nella possanza sua sorsee tre volte
La voce sollevò. Cromla rispose
Al forte tuono; s'arrestaro a un punto
Del deserto i guerrier; piegaro a terra
L'infocate lor faccee a quella voce
Di sè stessi arrossiro. Egli s'en venne
Come in giorno di sol piovosa nube
Move sul colle tenebrosa e lenta:
Stan muti i campi ad aspettar la pioggia.
Vide Svaran da lungi il formidato
Signor di Selmaed arrestossi a mezzo
Del corso suo. Fosche aggrottò le ciglia;
Alla lancia s'attennee i rosseggianti
Occhi intorno rivolse. Ei muto e grande
Quercia parea sopra il ruscel di Luba
Cui già rapida folgore del cielo
Lasciò brulla di fogliee incotta i rami:
Quella pende sul riosibila il musco.
Tal si stava Svarano: ei lento lento
Si ritirò sopra il ciglion del Lena:
L'accerchiano i suoi mille; e sopra il colle
S'addensa il buio dell'orribil zuffa.
Ma in mezzo al popol suo splendea qual raggio
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
44
Fingallo; e tutti intorno a lui festosi
S'accolgono i suoi duci. Alza la voce
Del suo poter. Su su miei fidiergete
Tutti i stendardi miei: spieghinsi al vento
Sulla piaggia del Lenae vibrin come
Fiamme su cento colli: essi ondeggiando
S'odano all'aure sibilar d'Erina
E guerriera armonia spirinci in petto.
Quaquafiglicompagni: al vostro duce
Fatevi appressoe della sua possanza
Le parole ascoltate. O Gauloinvitto
Braccio di morteo generoso Oscarre
Dai futuri conflittio delle spade
Figlio Conalloo bruno il crin Dermino
O tu re della famaOssiandei canti
Alto signor; voi la vestigia e 'l corso
Seguite o figli del paterno braccio
Imitateloo prodi. Alzammo il raggio
Solar della battagliail luminoso
Regio stendardoe lo seguian volando
Gli spirti nostri. Sventolava altero
Quello per l'aereori–lucentee tutto
Gemmi–distintoqual la vasta azzurra
Stellata conca del notturno cielo.
Avea pur ciascun duce il suo vessillo;
Ciascun vessillo i suoi guerrier. Mirate
Disse il prence ospitalmirate come
Loclin sul Lena si divide e parte.
Stanno i nemici somiglianti a rotte
Nubi sul colleo a mezzo arso e sfrondato
Bosco di querciequando il ciel traspare
Fra ramo e ramoed il vapor trasvola.
Amici di Fingalciascun di voi
Scelga una banda di color che stanno
Minacciosi lassusoe non si lasci
Che alcun nemico dei sonanti boschi
Sull'onde d'Inistor ricovri e fugga.
E benGaulo gridòmiei fieno i sette
Duci del Lano: d'Inistorre il fosco
SovranoOscar gridòvengane al brando
Del figlio d'Ossian: venga al miosoggiunse
Conalloalma d'acciaroil bellicoso
Sir d'Iniscona. O 'l re di Mudaod io
Oggi per certo dormirem sotterra
Disse Dermino. Ossianbench'or sì fiacco
E sì dolentedi Terman s'elesse
L'atroce re: non tornerògridai
Senza il suo scudo. O generosio forti
Disse Fingal col suo sereno sguardo
Sia vittoria con voi. Tu re dell'onde
Svaranla scelta di Fingal tu sei.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
45
Disse; e quai cento varii venti in cento
Diverse valli a imperversar sen vanno;
Così divisi noi movemmo; e Cromla
Scossesie n'echeggiò. Cotante morti
Chi può narrar? Bella di Toscar figlia
Le nostre destre eran di sanguee folte
Cadder le squadre di Loclinquai ripe
Traportate dal Cona: alle nostr'armi
Tenne dietro vittoria: ognun dei duci
La promessa adempiè. Spessoo donzella
Sedesti in riva al mormorevol Brano
Mentre il bianco tuo seno alternamente
S'alzava all'alternar de’ bei respiri
Qual piuma candidissima gentile
Di liscio cignoche soave e lento
Veleggia per la liquida laguna
Qualor di fianco una scherzosa auretta
Con dolce sferza la sommove e sparge.
Spessoo bellasedesti; e spesso hai visto
Dietro una nube rimpiattarsi il sole
Lentoinfocatoe notte rammassarsi
D'intorno al montee 'l variabil vento
Romoreggiar per le ristrette valli.
Cade alfin pioggia grandinosa: il tuono
Rotolaulula; il fulmine scoscende
Gli erti dirupi; su focosi raggi
Van cavalcando orridi spettri; e in basso
Rovesciasi precipitosa e torba
L'urlante possa de’ torrenti alpini.
Tal della pugna era il fragor. Malvina
Perchè piangiperchè? Piangan piuttosto
Le figlie di Loclinche n'han ben donde.
Cadde di lor contrada il popolcadde
Perchè di sangue si pasceano i brandi
Della stirpe de’ miei. Lasso! infelice!
Qual fui! qual sono! abbandonatoe cieco
Non più compagno degli eroi passeggio
Più quell'Ossian non sono. A medonzella
Quelle lagrime a mech'io con quest'occhi
Di tutti i cari miei vidi le tombe.
Nella confusa mischia il Re trafisse
Guerriero ignoto. Ei la canuta chioma
Per la polve traendoi languid'occhi
Ver lui solleva. Il ravvisò Fingallo
Ed ahigridòtu di mia man cadesti
D'Aganadeca amico? io pur ti vidi
Gli occhi molli di lagrime alla morte
Dell'amata donzellaentro le stanze
Di quel padre crudel: tu de’ nemici
Dell'amor mio fosti nemicoed ora
Cadi per la mia mano? Ullinla tomba
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
46
Ergi all'estintoed il suo nome aggiungi
D'Aganadeca alla canzon dolente.
Addio donzella dell'arvenie valli
Abitatricea questo cor sì cara.
Giunse all'orecchio a Cucullin nel cupo
Speco di Cromla lo scompiglioe 'l tuono
Della turbata pugna: a sè Conallo
E Carilo chiamò. L'udiro i duci
Presero l'aste: ei della grotta uscio
E a mirar s'affacciò. Veder gli parve
Faccia di mar rimescolato e smosso
Dal cupo fondoche flagella e assorbe
Con bollenti onde l'arenoso lito.
A cotal vista Cucullino a un punto
S'infiammòs'oscurò; la mano al brando
L'occhio corre al nemico: egli tre volte
Si scagliò per pugnartre lo rattenne
Conal. Che faisir di Dunscaglia? ei disse
Fingallo è vincitor; già tutto ei strugge
Tutto conquide ei sol: non cercar parte
Nella fama del Rech'è tardi e vano.
E benquei ripigliòCarilovanne
Al re di Selmae poichè spento in tutto
Sia il rumor della pugnae che dispersa
Fugga Loclinqual dopo pioggia un rivo
Seco t'allegra; il tuo soave canto
Gli lusinghi l'orecchio; inalza al cielo
L'invincibile eroe. Carilo prendi
Reca a Fingal questa famosa spada
La spada di Cabàr; che d'inalzarla
Non è la man di Cucullin più degna.
Ma voi del muto Cromla ombre romite
Spirti d'eroi che più non sonvoi soli
Siate oggimai di Cucullin compagni;
Voi venitene a lui dentro la grotta
Del suo dolor: più tra' possenti in terra
Nomato io non sarò; brillai qual raggio
E qual raggio passai; nebbia son io
Che dileguossi all'apparir del vento
Rischiarator dell'offuscato colle.
ConàlConàlnon mi parlar più d'armi;
Già svanì la mia gloria; i miei sospiri
Di Cromla i venti accresceransintanto
Che i miei vestigi solitari e muti
Cessino d'esser visti. E tuBragela
Piangi la fama miapiangi me stesso:
Tu più non mi vedrai; raggio amoroso
Non mi vedrainon ti vedrò; son vinto.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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CANTO V
Continua la battaglia; Fingal e Svarano s’azzuffano. Svarano è vinto edato come prigioniero in
custodia ad Ossian e Gaulo. Fingali suoi più giovani figliolied Oscarinseguono gli avanzi
dell’armata nemica. S’introduce l’episodio d’Orlauno dei capitanidi Loclinch’era stato
mortalmente ferito nella battaglia. Fingalcommosso dalla morte di Orlacomanda che si cessi
dall’inseguire il nemico; e chiamando a sé i suoi figliuolivieneinformato che Rinoil più giovane
di essiera stato ucciso. Compiange la sua morteode la storia di Landergoe Gelcossae torna
verso il luogo dove aveva lasciato Svarano. In questo mezzoCarilo ch’erastato inviato da
Cucullino a congratularsi con Fingal della sua vittoriasi trattiene conOssian. La conversazione
di questi due cantori termina l’azione del quarto giorn
o.Al generoso reggitor del carro
Conàl si volsee con soavi detti
Preselo a confortar. Figlio di Semo
Perchè ti lasci alla tristezza in preda?
Son nostri amici i fortie rinomato
Se’ tu guerrier: molte le morti e molte
Già fur del braccio tuo; spesso Bragela
Con ceruleo–giranti occhi di gioja
Il suo sposo incontròmentr'ei tornava
Cinto dai valorosiin mezzo ai canti
Dei festosi cantorie rosseggiante
Avea 'l brando di strage; e i suoi nemici
Giacean sul campo della tomba esangui.
Datti confortoe 'l re di Morven meco
Statti lieto a mirar. Ve’ com'ei passa
Qual colonna di focoe tutto incende!
Qual vigor! qual furor! non par di Luba
La correntìa? non par di Cromla il vento
Schiantator di ramose alte foreste?
Avventurato popolo felice
Fingalloè 'l tuo: tu gli sei fregio e schermo.
Tu primo in guerrae tu nei dì di pace
In consiglio il maggior: tu parlie mille
S'affrettano a ubbidir: ti mostrie innanzi
Ti cadono gli eroi. Popol felice!
Popolo di Fingald'invidia degno!
Chi èchi èfiglio di Semo osserva
Chi è costui sì tenebroso in vista
Che tonando ne vien? Questo è l'altero
Figlio di Starno. Oh! con Fingàl s'affronta:
Stiamo a veder. Par d'oceàn tempesta
Mossa da due cozzanti aerei spirti
Che van dell'onde a disputar l'impero:
Trema dal colle il cacciatorche scorge
Ergersi il fiottoe torreggiargli a fronte.
Sì Conallo parlòquando a scontrarsi
In mezzo al lor popolo cadente
Corsero i due campion. Questa è battaglia
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Questo è fragor: qui ciascun urto è turbo
Ciascun colpo è tempesta: orrore e morte
Spirano i sguardi. Ecco spezzati scudi
Smagliati usberghie sminuzzati elmetti
Balzan fischiando: ambi i guerrieri a terra
Gettano l'armie con raccolta possa
Vannosi ad afferrar. Serransi intorno
Le noderose nerborute braccia.
Si stiranosi scrollanos'intrecciano
Sotto e sopra in più gruppi alternamente
Le muscolose membra: ai forti crolli
All'alta impronta dei tallon robusti
Scoppian le pietree dalle nicchie alpestri
Sferransi i duri massie van sossopra
Rovesciati cespugli. Alfin la possa
A Svaran mancaegli è di nodi avvinto.
Così sul Cona già vid'io (ma Cona
Non veggo più)così vid'io due sconci
Petrosi scogli trabalzati e svelti
Dall'orrid'urto di scoppiante piena;
Volvonsi quei da un lato all'altroe vanno
Ad intralciarsi le lor querce antiche
Colle ramose cime; indi cozzando
Piombano assiemee si strascinan dietro
Sterpi e cespi ammontatie pietre e piante:
Svolvonsi i rivie da lontan si scorge
Il vuoto abisso della gran rovina.
Figligridò Fingàltosto accorrete
Statevi a guardia di Svaranche in forza
Ben pareggia i suoi flutti; è la sua destra
Mastra di pugna; egli è verace germe
Di schiatta antica. O tra' miei duci il primo
Gauloe tu re dei canti Ossian possente
All'amico e fratel d'Aganadeca
Siate compagnie gli cangiate in gioja
Il suo dolor: ma voi FillanoOscarre
Rinofigli del corsoi pochi avanzi
Di Loclin disperdeteonde nemica
Nave non sia che saltellare ardisca
Sull'onde d'Inistor. Simili a lampo
Volaron essi. Ei campeggiò sul Lena
Posatamentecome nube estiva
Lento–tonante per lo ciel passeggia;
Tace sott'essa la cocente piaggia.
Vibra il raggiante suo brandocui dietro
Striscia spavento. Egli da lungi adocchia
Un guerrier di Loclin: ver lui s'avvia
E così parla: e chi vegg'io lì presso
Alla pietra del rio? tenta ma indarno
Di varcarlo d'un salto: agli attial volto
Sembra eroe d'alto affarpendegli a fianco
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Il curvo scudoed ha lung'asta in mano.
Giovine eroedi'chi se’ turispondi
Se’ tu nemico di Fingallo? - Io sono
Un figlio di Loclindi forte braccio.
La sposa mia nella magion paterna
Stassi piangendoe mi richiama: invano;
Orla non tornerà. Combattio cedi?
Disse l'alto Fingallo: i miei nemici
Lieti non son; ma ben famosi e chiari
Sono gli amici miei. Figlio dell'onda
Seguimi alla mia festa: i miei cervetti
Vientene ad inseguir. Nonorispose
Ai deboli io soccorro; è la mia destra
Schermo de’ fiacchi: paragon non ebbe
Mai la mia spada. Il re di Morven ceda.
GarzonFingàl non cede. Impugna il brando
E t'eleggi un nemico: i miei campioni
Son molti e forti. E la tenzon ricusi?
Gridò 'l guerriero: Orla è di Fingal degno;
E degno è Fingal d'Orlae Fingal solo.
Ma se cader degg'ioche pur un giorno
Cade ogni prodeodimi o Rela tomba
Alzami in mezzo al campoe fa' che sia
La maggior di tutt'altre: e giù per l'onda
Manda il mio brando alla diletta sposa
Onde mesta il ricovrie lagrimando
Lo mostri al figlioed a pugnar l'infiammi.
Giovine sventuratoa che con questi
Funesti detti a lagrimar m'invogli?
Disse Fingallo: è ver pur troppo! il prode
Deve un giorno caderdebbono i figli
Vederne l'armi inutili e sospese.
Pur ti conforta: io t'alzerò la tomba
Orlanon dubitarne; e la tua sposa
Avrà 'l tuo ferroe 'l bagnerà di pianto.
Presero essi a pugnarma 'l braccio d'Orla
Fiacco fu contro il Re: scese la spada
Del gran Fingalloe in due partì lo scudo.
Cadde quegli rovescio; sopra l'onda
L'arme riverberàrcome talvolta
Sopra notturno rio riflessa luna.
Re di Morvendiss'eisolleva il brando
Passami il petto: qui ferito e stanco
Dalla battaglia i fuggitivi amici
M'abbandonaro: giungerà ben tosto
Lungo le sponde dell'acquoso Loda
All'amor mio la lagrimosa istoria;
Mentre romita e muta erra nel bosco
E tra le foglie il venticel susurra.
Orlach'io ti ferisca? ah non fia vero
Disse Fingal: lasciaguerrierche in riva
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
50
Del patrio Loda dalle man di guerra
Sfuggito e salvocon piacer t'incontri
L'affannoso amor tuo; lascia che 'l padre
Canutoe forse per l'età già cieco
Senta da lungi il calpestio gradito
De’ piedi tuoi: lascia che lieto ei sorga
E brancolando con la man ricerchi
Il figlio suo. - Nol rinverrà giammai:
Io vo' morir sul Lena; estranj vati
Canteranno il mio nome: un'ampia fascia
Copremi in petto una mortal ferita;
Ecco io la squarcioe la disperdo al vento.
Sgorgò dal fianco il nero sangue; ei manca
Ei more; e sopra lui pietosamente
Fingàl si curva; indi i suoi duci appella.
OscarFillanmiei figlialzisi tosto
La tomba ad Orla: ei poserà sul Lena
Lungi dal grato mormorìo del Loda
Lungi dalla sua sposa: un giorno i fiacchi
vedranno l'arco alle sue sale appeso;
Ma non potran piegarlo: urlano i cani
Sopra i suoi colliesultano le belve
Ch'ei soleva inseguir: caduto è 'l braccio
Della battagliail fior dei forti è basso.
Squilli il cornomiei figlialzate il grido:
Torniamcene a Svaran; tra feste e canti
Passi la notte. O voi FillanoOscarre
Rinovolate: ove se’ tu mio Rino
Rino di fama giovinetto figlio?
Pur giammai tu non fosti a correr tardo
Al suon del padre tuo. Rinorispose
L'antico Ullinde’ padri suoi sta presso
Le venerande forme; egli passeggia
Con Tratal re dei scudie con Tremmorre
Dai forti fatti: il giovinetto è basso
Smorto ei giace sul Lena. E cadde adunque
Gridò Fingalcadde il mio Rino; il primo
A piegar l'arcoil più veloce in corso?
Misero! al padre i primi saggi appena
Davi del tuo valor: perchè cadesti
Sì giovinetto? Ah dolcemente almeno
Posa sul Lena: in breve spazioo figlio
Ti rivedrò: si spegnerà ben tosto
La voce mia; de’ passi miei sul campo
Svaniran l'orme: canteranno i vati
Di me soltantoe parleran le pietre.
Ma tuRino gentilbasso per certo
Basso se’ tu: tu la tua fama ancora
Non ricevesti. Ullin ricerca l'arpa
Parla di Rinoe di' qual duce un giorno
Fora stato il garzone. Addiotu primo
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
51
In ogni campo: il giovenil tuo dardo
Più non godrò di regolare. O Rino
O già sì belloah tu sparisti: addio.
Scorgevasi la lagrima sospesa
Sulle ciglia del Re: pensa del figlio
Al crescente valor; figlio di speme!
Pareva un raggio di notturno foco
Che già spunta sul colle; al fischioal corso
Piegan le selveil peregrin ne trema.
In quell'oscura verdeggiante tomba
Riprese il Rechi mai sen giace? Io scorgo
Quattro pietre muscoseindizio certo
Della magion di morte: ivi riposi
Anche il mio Rinoe sia compagno al forte.
Forse è colà qualche famoso duce
Che con mio figlio volerà su i nembi.
Ullin rianda le memorie antiche
Sciogli il tuo cantoe ci rammenta i fatti
Degli abitanti della tomba oscuri.
Se nel campo dei forti essi giammai
Non fuggir dai perigliil figlio mio
Benchè lungi da' suoisul Lena erboso
Riposerà tranquillo ai prodi accanto.
In questa tombaincominciò la dolce
Bocca del cantoil gran Landergo è muto
E 'l fero Ullin. Chi è costeiche dolce
Sorridendo da un nemboa me fa mostra
Del suo volto d'amor? Figlia di Tutla
O prima tra le vergini di Cromla
Perchè pallida sei? dormi tu forse
Fra i due forti rivali in queste pietre?
Bella Gelcossatu l'amor di mille
Fosti vivendo; ma Landergo solo
Fu l'amor tuo: ver le muscose ei venne
Torri di Selma; e 'l suo concavo scudo
Picchiandofavellò. Dov'è Gelcossa
Dolce mia cura? io la lasciai pocanzi
Nella sala di Selmaallor che andai
A battagliar contro l'oscuro Ulfadda.
Riedi tostodiss'ellao mio Landergo
Ch'io resto nel dolore: ed umidetta
Avea la guanciae sospiroso il labbro.
Ma or non la riveggio: a che non viene
Ad incontrarmie a raddolcirmi il core
Dopo la pugna? tacito è l'albergo
Della mia gioja: in sull'amata soglia
Brano non veggoil fido canche crolli
Le sue catenee mi festeggi intorno.
Ov'è Gelcossa! ov'è 'l mio amor? Landergo
Ferchio risposeella sarà sul Cromla
Ella con le sue vergini dell'arco
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
52
I cervi inseguirà. Ferchioriprese
Di Cromla il sirealcun romor non fiede
L'orecchio miotaccion del Lena i boschi;
Non è cervo che fugga: ah ch'io non veggo
La mia Gelcossaella sparì; Gelcossa
Bella qual luna che pian pian s'asconde
Dietro i gioghi di Cromla. O Ferchiovanne
A quel canuto figlio della rupe
Al venerabil Allado: ei soggiorna
Nel cerchio delle pietreei di Gelcossa
Avrà novelle. Andò d'Adone il figlio
Ed all'orecchio dell'età si fece.
Allàdoabitator della spelonca
Tu che tremi cosìdi'che vedesti
Cogli antichi occhi tuoi? Vidirispose
Ullino il figlio di Cairba; ei venne
Come nube dal Cromlaalto intonando
Disdegnosa canzonsiccome il vento
Entro un bosco sfrondato. Ei nella sala
Entrò di Selma: escigridòLandergo
Terribile guerrieroescine; o cedi
A me Gelcossao con Ullin combatti.
Landergo non è quirispose allora
Gelcossa; ei pugna contro Ulfadda: o duce
Ei non è qui: ma che perciò? Landergo
Non fia che cedaegli non cessa ancora.
Combatterà. Se’ pur vezzosa e bella
Disse l'atroce Ullin: figlia di Tutla
Io ti guido a Cairbae del più forte
Sarà Gelcossa: io resterò sul Cromla
Tre dì la pugna ad aspettar; se fugge
Landergoil quarto dì Gelcossa è mia.
Allado or bastaripigliò Landergo
Sia pace a' sonni tuoi. Suona il mio corno
Ferchiosì ch'oda Ullino: e sì dicendo
Salì sul colle in torbido sembiante
Dalla parte di Selma: a cantar prese
Bellicosa canzonein tuon d'un rivo
D'alto cadente: alfin del monte in cima
Egli si stette; volse intorno il guardo;
Qual nube suolche al variar del vento
Varia d'aspetto: rotolò una pietra
Segno di guerra. Il fero Ullin l'udìo
Dalla sala paternaudì giulivo
Il suo nemicoed impugnò la spada
De’ padri suoi: mentr'ei la cinge al fianco
Illuminò quel tenebroso aspetto
Un sorriso di gioja: il pugnal brilla
Nella sua destra; ei s'avanzò fischiando.
Vide Gelcossa il sir torbido e muto
Che qual lista di nebbia iva poggiando
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
53
Ferocemente: si percote il seno
Candido palpitantee lagrimosa
Trema per l'amor suo. Cairba antico
Disse la bellaa piegar l'arco io volo
Veggo i cervetti. Frettolosa il colle
Salìma indarno; gl'infiammati duci
Già tra lor combatteano. Al re di Morven
Io narrerò come pugnar sien usi
Crucciati eroi? cadde il feroce Ullino.
Venne Landergo pallido anelante
Alla donzella della liscia chioma
Alla figlia di Tutla: oimè! che sangue
Che sangue è quelloella gridòche scorre
Sul fianco all'amor mio? Sangue d'Ullino
Disse Landergoo più candida e fresca
Della neve di Cromla: o mia Gelcossa
Lascia ch'io mi riposi: ei siede e spira.
Così cadio mio ben? Stette tre giorni
Lagrimandogli appresso: i cacciatori
La trovar mortae su i tre corpi estinti
Ersero questa tomba.O Retuo figlio
Può qui posarche con eroi riposa.
E qui riposerà: gli orecchi miei
Spesso ferì della lor fama il suono
Disse l'alto Fingàl. FillanFergusto
Orla qua mi s'arrechiil valoroso
Garzon del Loda; ei giacerà con Rino
Coppia ben degna: sopra entrambi il pianto
Voi donzelle di Selmae voi di Lona
Scioglieteo figlie: ambi crescean a prova
Come vivaci rigogliose piante;
E come piante or lì giaccion prostesi
Che sul ruscel riverseal soleal vento
Tutto il vitale umor lasciano in preda.
Oscarreonor di gioventùtu vedi
Come cadder da forti. A par di questi
Fa' tu d'esser famosoe sii com'essi
Subietto dei cantor: menavan vampo
Essi in battagliama nei dì di pace
Faccia avea Rino placida ridente
Simile al variato arco del cielo
Dopo dirotta pioggiaallor che spunta
Gajo sull'ondee d'altra parte il sole
Puro tramontae la collina è cheta.
Statti in pace o bel Rinoo di mia stirpe
Rino il minor: ti seguiremoo figlio;
Che tosto o tardi han da cadere i prodi!
Tal fu la doglia tuasignor dei colli
Quando giacque il tuo Rino. E qual fia dunque
D'Ossian la dogliaor che tu giacio padre?
Ah ch'io non odo la tua voce in Cona
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Ah che più non ti veggo! Oscuro e mesto
Talor m'assido alla tua tomba accanto
E vi brancolo sopra. Udir talvolta
Parmi la voce tualassoe m'inganna
Il vento del deserto. È lungo tempo
Che dormio padre; e ti sospira il campo
Alto Fingàlcorreggitor di guerra.
Lungo l'erboso Luba Ossiane Gaulo
Sedean presso a Svarano. Io toccai l'arpa
Per allegrare il cor del Rema tetro
Era il suo ciglio; ad ogn'istante al Lena
Girava il bieco rosseggiante sguardo;
Piangeva il popol suo. Gli occhi ver Cromla
Anch'io rivolsie riconobbi il figlio
Del generoso Semo. Ei tristoe lento
Si ritrasse dal collee volse i passi
Alla di Tura solitaria grotta.
Vide Fingal vittoriosoe in mezzo
Della sua dogliainvolontaria gioja
Venne a mischiarsi. Percuoteva il sole
Sull'armi sue; Conàl tranquillo e cheto
Lo venìa seguitando: alfine entrambi
Si celar dietro il colleappunto come
Doppia colonna di notturno foco
Via via spinta dal vento. È la sua grotta
Dietro un ruscel di mormorante spuma
Entro una rupe; un albero la copre
Con le tremanti fogliee per li fianchi
Strepita il vento. ivi riposa il figlio
Del nobil Semo; i suoi pensier son fisi
Pur nella sua sconfitta; aride strisce
Gli segnano la guancia: egli sospira
La fama suache già svanita ei crede
Come nebbia del Cona. O sposa amata
O Bragela gentilperchè sì lungi
Se’ tu da luiche serenar potresti
L'anima dell'eroe? Ma lasciao bella
Che sorga luminosa entro il suo spirto
L'amabile tua forma: i suoi pensieri
A te ritornerannoe la sua doglia
Dileguerassi al tuo sereno aspetto.
Chi vien coi crini dell'etade? il veggo
Egli è 'l figlio dei canti. Io ti saluto
Carilo antico: la tua voce è un'arpa
Nella sala di Turae i canti tuoi
Son grati e dolcicome pioggia estiva
Là nel campo del sol. Carilo antico
Ond'è che a noi ne vieni? Ossiandiss'egli
Delle spade signorsignor dei canti
Tu m'avanzi d'assai. Molt'è che noto
A Carilo sei tu: più volteil sai
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
55
Nella magion del generoso Brano
Dinanzi alla vezzosa Evirallina
Ricercai l'arpa: e tu più volteo duce
Le mie musiche note accompagnasti:
E talor la vezzosa Evirallina
Tra i canti del suo amortra i canti miei
Mescea la soavissima sua voce.
Un giorno ella cantò del giovinetto
Cormanche cadde per amarla: io vidi
Sulle guance di leisulle sue ciglia
Le lagrime pietose: ella commosso
Sentiasi il cor dall'infelice amante
Benchè pur non amato. Oh come vaga
Come dolce e gentile era la figlia
Del generoso Brano! - Ah taciamico
Non rinnovarnon rinnovarmi all'alma
La sua memoria: mi si strugge il core
E gli occhi mi ringorgano di pianto.
Il diletto amor miola bella sposa
Dal soave rossorCariloè spenta.
Ma tu siedio cantoree le nostr'alme
Molci col canto tuodolce ad udirsi
Quanto di primavera aura gentile
Che nell'orecchio al cacciator sospira
Quand'ei si sveglia da giojoso sogno
Tra 'l bel concento dei notturni spirti.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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CANTO VI
ARGOMENTO: Viene la notte. Fingal dà un convito alla sua armataal qualeSvarano è presente.
Il re comanda ad Ullinosuo bardodi cantare una
canzonedi pacecostume che sempre siosservava al fine di una guerra. Ullino narra le imprese di Tremmorbisavolodi Fingal nella
Scandinaviae i suoi sponsali con Inibacasorella del re di Loclinche eraun antenato di Svarano.
Fingalgenerosamentemette Svarano in libertàe gli permette di ritornarecol rimanente del suo
esercito a Loclin. Fingal domanda a Carilo nuove di Cucullino. Storia diGrumal. Giunge la
mattina. Svarano parte. Fingal va alla cacciaposcia si incammina alla voltadi Cucullino. Lo
ritrova nella grotta di Turalo conforta e lo lascia consolato. Il giornodietro egli fa vela per la
Scoziacon ché si chiude il poem
a.Precipitaro i nugoli notturni
E si posar su la pendice irsuta
Del cupo Cromla. Sorgono le stelle
Sopra l'onde d'Ullinae i glauchi lumi
Mostrano fuor per la volante nebbia.
Mugge il vento lontano: è muta e fosca
La pianura di morte. Ancor gli orecchi
Dolce fiedea l'armoniosa voce
Del buon cantore. Ei celebrò i compagni
Di nostra gioventudeallor che prima
Noi c'incontrammo in sull'erboso Lego
E la conca ospital girava intorno.
Tutte del Cromla le nebbiose cime
Risposero al suo cantoe l'ombre antiche
De’ celebrati eroi venner sull'ale
Ratte dei nembie con desio fur viste
Piegarsi al suon delle gradite lodi.
Benedetto il tuo spirto in mezzo ai venti
Carilo antico! Oh venistù sovente
La notte a mequando soletto io poso!
E tu ci vieniamico: odo talvolta
La tua maestra manch'agile e leve
Scorre per l'arpa alla parete appesa.
Ma perchè non favelli alla mia doglia?
Perchè non mi conforti? i cari miei
Quando mi fia di riveder concesso?
Tu taci e parti; e 'l vento che t'è scorta
Fischiami in mezzo alla canuta chioma.
Ma dal lato di Mora intanto i duci
S'adunano al convito. Ardon nell'aria
Cento querce ramosee gira intorno
Il vigor delle conche. I duci in volto
Splendon di gioja: sol pensoso e muto
Stassi il re di Loclin; siedongli insieme
Ira e dolor sull'orgogliosa fronte.
Guata il Lenae sospira: ha ferma in mente
La sua caduta. Sul paterno scudo
Stava chino Fingallo: egli la doglia
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
57
Osservò di Svaranoe così disse
Al primo de’ cantori: Ullinoinalza
Il canto della pacee raddolcisci
I bellicosi spirtionde l'orecchio
Ponga in oblio lo strepito dell'armi.
Sien cento arpe dappressoe infondan gioja
Nel petto di Svaran. Tranquillo io voglio
Che da me parta: alcun non fu per anco
Che da Fingàl mesto partisse. Oscarre
Contro gli audaci e valorosi in guerra
Balena il brando mio: se cedon questi
Pacatamente mi riposa al fianco.
Visse Tremmorreincominciò dei canti
La dolce boccae per le nordiche onde
Di tempeste e di venti errò compagno.
La scoscesa Loclin coi mormoranti
Suoi boschi apparve al peregrino eroe
Tra le sue nebbie: egli abbassò le vele
Balzò sul lidoed inseguì la belva
Che per le selve di Gormal ruggìa.
Molti eroi già fugòmolti ne spense
Quella; ma l'asta di Tremmor l'uccise.
Eran tre duci di Loclin presenti
All'alta impresae raccontar la possa
Dello straniero eroe: disser ch'ei stava
Qual colonna di focoe d'arme chiuso
Raggi spandea d'insuperabil forza.
Festoso il Re largo convito appresta
Ed invita Tremmorre. Il giovinetto
Tre giorni festeggiò nelle ventose
Loclinie torri; e a lui diessi la scelta
Dell'arringo d'onor. Loclin non ebbe
Sì forte eroeche gli durasse a fronte.
N'andò la gioja della conca in giro:
Cantiarpeapplausi: alto sonava il nome
Del giovine regalche dal mar venne
Delle selve terrorprimo dei forti.
Sorge il quarto mattin. Tremmor nell'onde
Lanciò la navee a passeggiar si pose
Lungo la spiaggia in aspettando il vento
Che da lungi s'udia fremer nel bosco.
Quand'ecco un figlio di Gormal selvoso
Folgorante d'acciarche a lui s'avanza.
Gota vermiglia aveamorbida chioma
Mano di neve; e sotto brevi ciglia
Placido sorridea ceruleo sguardo:
E sì prese a parlargli: Olà t'arresta
Arrestati Tremmor: tutti vincesti
Ma non hai vinto di Lonvallo il figlio.
La spada mia de’ valorosi il brando
Spesso incontrò: dal mio infallibil arco
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
58
S'arretraro i più saggi. O giovinetto
Di bella chiomaripigliò Tremmorre
Teco non pugnerò. Molle è 'l tuo braccio
Troppo vago sei tutroppo gentile:
Torna ai cervetti tuoi. - Tornar non voglio
Se non col brando di Tremmortra 'l suono
Della mia fama: giovinette a schiere
Circonderan con teneri sorrisi
Lui che vinse Tremmor; trarran del petto
Sospiretti d'amoree la lunghezza
Della tua lancia misurando andranno
Mentr'io pomposo mostrerollae al sole
Ne innalzerò la sfavillante cima.
Tu la mia lancia? disdegnoso allora
Soggiunse il Re: la madre tua piuttosto
Ritroveratti pallido sul lido
Del sonante Gormalloe risguardando
Verso l'oscuro marvedrà le vele
Di chi le uccise il temerario figlio.
E bendisse il garzonmolle dagli anni
È il braccio mio; contro di te non posso
L'asta inalzarma ben col dardo appresi
A passar petto di lontan nemico.
Spogliao guerrierquel tuo pesante arnese;
Tu sei tutto d'acciaro: io primo a terra
Getto l'usbergoil vedi; or viaTremmorre
Scaglia il tuo dardo. Ondoleggiante ei mira
Un ricolmetto seno. Era costei
La sorella del Re. Vide ella il duce
Nelle fraterne saleed invaghissi
Del viso giovenil. Cadde la lancia
Dalla man di Tremmorre: abbassa a terra
Focoso il volto: l'improvvisa vista
Sino al cor lo colpìsiccome un vivo
Raggio di luce che diritto incontra
I figli della grottaallor che al sole
Escon dal buioe al luminoso strale
Chinano i sguardi abbarbagliati e punti.
O re di Morvencominciò la bella
Dalle braccia di neveah lascia ch'io
Nella tua nave mi riposie trovi
Contro l'amor di Corlo asilo e schermo.
Terribile è costui per Inibaca
Quanto il tuon del deserto: amami il fero
Ma dentro il bujo d'un atroce orgoglio;
E diecimila lance all'aria scuote
Per ottenermi. E benriposa in pace
Disse l'alto Tremmordietro lo scudo
De’ padri miei; poi diecimila lance
Scuota Corlo a suo sennoio non pavento:
Vengal'attendo. Ad aspettar si stette
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
59
Tre dì sul lido: alto squillava il corno.
Da tutti i monti suoida tutti i scogli
Corlo sfidòma non apparve il fero.
Scese il re di Loclin: rinnovellarsi
I convitie le feste in riva al mare
E la donzella al gran Tremmor fu sposa.
Svarandisse Fingalnelle mie vene
Scorre il tuo sangue: le famiglie nostre
Sitibonde d'onorvaghe di pugna
Più volte s'affrontarma più volte anco
Festeggiarono insiemee l'una all'altra
Fer di conca ospital cortese dono.
Ti rasserena adunquee nel tuo volto
Splenda letiziae alla piacevol arpa
Apri l'orecchio e 'l cor. Terribil fosti
Qual tempestao guerrierde’ flutti tuoi;
Tu sgorgasti valor: l'alta tua voce
Quella valea di mille duci e mille.
Sciogli doman le biancheggianti vele
Fratel d'Aganadeca: ella sovente
Viene dall'anima mia per lei dogliosa
Qual sole in sul meriggio: io mi rammento
Quelle lagrime tue; vidi il tuo pianto
Nelle sale di Starnoe la mia spada
Ti rispettò mentr'io volgeala a tondo
Rosseggiante di sanguee colmi avea
Gli occhi di piantoe 'l cor ruggia di sdegno.
Che se pago non seisceglie combatti.
Quell'arringo d'onorche i padri tuoi
Diero a Tremmorl'avrai da me: gioioso
Vo' che tu partae rinomato e chiaro
Siccome sol che al tramontar sfavilla. -
Invitto re della Morvenia stirpe
Primo tra mille eroinon fia che teco
Più mai pugni Svaran: ti vidi in pria
Nella reggia paternae i tuoi freschi anni
Di poco spazio precedeano i miei.
E quandoio dissi a me medesmoe quando
La lancia inalzeròcome l'inalza
Il nobile Fingal? Pugnammo poi
Sul fianco di Malmorquando i miei flutti
Spinto m'aveano alle tue salee sparse
Risonavan le conche: altera zuffa
Certo fu quella e memoranda: or basta;
Lascia che il bon cantore esalti il nome
Del prode vincitor. Fingallo ascolta:
Più d'una nave di Loclin poc'anzi
Restò per te de’ suoi guerrieri ignuda:
Abbiti questeo ducee sii tu sempre
L'amico di Svaran. Quando i tuoi figli
All'alte torri di Gormal verranno
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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S'appresteran convitie lor la scelta
Della tenzon s'offerirà. Nè nave
Rispose il Renè popolosa terra
Non accetta Fingàl: pago abbastanza
Son de’ miei montie dei cervetti miei.
Conserva i doni tuoinobile amico
D'Aganadeca: al raggio d'oriente
Spiega le bianche velee lieto riedi
Al nativo Gormallo. O benedetto
Lo spirto tuoRe delle conche eccelso
Gridò Svarandi maraviglia pieno;
Tu sei turbine in guerraauretta in pace.
Prendi la destra d'amistade in pegno
Generoso Fingallo. I tuoi cantori
Piangano sugli estintie fa' ch'Erina
I duci di Loclin ponga sotterra
E della lor memoria erga le pietre:
Onde i figli del Nord possano un giorno
Mirare il luogoove pugnar da forti
I loro padrie 'l cacciatore esclami
Mentre s'appoggia a una muscosa pietra:
Qui Fingalloe Svaran lottaro insieme
Que’ prischi eroi: così dirannoe verde
La nostra fama ognor vivrà. Svarano
Fingal ripreseoggi la gloria nostra
Della grandezza sua giunse alla cima.
Noi passerem qual sogno: in alcun campo
Più non s'udrà delle nostr'arme il suono:
Ne svaniran le tombee 'l cacciatore
In van sul prato del riposo nostro
L'albergo cercherà: vivranno i nomi
Ma fia spento il valor. CariloUllino
Ossiancantoria voi son noti i duci
Che più non sono. Or via sciogliete i canti
De’ tempi antichionde la notte scorra
Tra dolci suonied il mattin risorga
Nella letizia. Ad allegrare i regi
Sciogliemmo il cantoe cento arpe soavi
La nostra voce accompagnar. Svarano
Rasserenossie risplendèqual suole
Colma luna talorquando le nubi
Sgombran dalla sua facciae lascian quella
Ampiatersalucente in mezzo al cielo.
Allor Fingallo a Carilo si volse
E prese a dirgli: ov'è di Semo il figlio?
Ov'è il re di Dunscaglia? a che non viene?
Come basso vapor forse s'ascose
Nella grotta di Tura? Ascoso appunto
Rispose il buon cantorsta Cucullino
Nella grotta di Tura: in su la spada
Egli ha la destrae nella pugna il core
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
61
Nella perduta pugna. È cupo e mesto
Il re dell'asteche più volte in campo
Già vincitor si vide. Egli t'invìa
La spada di Cabarree vuol che posi
Sul fianco di Fingàlperchè qual nembo
I poderosi suoi nemici hai spersi.
Prendio Fingàlquesta famosa spada
Che già la fama sua svanì qual nebbia
Scossa dal vento. Ah non fia verrispose
L'alto Fingàlch'io la sua spada accetti;
Possente è 'l braccio suo: vattenee digli
Che si conforti; già sicura e ferma
È la sua famae di svanir non teme.
Molti prodi fur vintie poi di nuovo
Scintillaron di gloria. E tu pur anche
Re dei boschi sonantiil tuo cordoglio
Scorda per sempre: i valorosiamico
Benchè vintison chiari: il sol tra i nembi
Cela il capo talorma poi ridente
Torna a guardar su le colline erbose.
Viemmi Gruma alla mente. Era già Gruma
Un sir di Cona: egli spargea battaglia
Per tutti i lidi; gli gioìa l'orecchio
Nel rimbombo dell'armie 'l cor nel sangue.
Ei spinse un giorno i suoi guerrier possenti
Sull'echeggiante Craca; e il re di Craca
Dal suo boschetto l'incontròche appunto
Tornava allor dal circolo di Bruno
Ove alla pietra del poter poc'anzi
Parlato avea. Fu perigliosa e fera
La zuffa degli eroi per la donzella
Dal bel petto di neve. Avea la fama
Lungo il Cona natìo portato a Gruma
La peregrina amabile beltade
Della figlia di Cracaed egli avea
Giurato d'ottenerlao di morire.
Pugnaro essi tre dì: Gruma nel quarto
Annodato restò. Senza soccorso
Lungi da' suoil'immersero nel fondo
Dell'orribile circolo di Bruno
Ove spesso ulular l'ombre di morte
Diceansi intorno alla terribil pietra
Del lor timor. Ma che? da quell'abisso
Uscì Gruma e rifulse. I suoi nemici
Cadder per la sua destra; egli riebbe
L'antica fama. O voi cantortessete
Inni agli eroiche dalla lor caduta
Sorser più grandionde il mio spirto esulti
Nella giusta lor lodeed a Svarano
Il cordoglio primier tornisi in gioja.
Allor di Mora su la piaggia erbosa
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Si posero a giacer. Fischiano i venti
Tra le chiome agli eroi. S'odono a un tempo
Cento vocicento arpe: i duci antichi
Si rimembràrsi celebràro. - E quando
Udrò adesso il cantor? quando quest'alma
S'allegrerà nelle paterne imprese?
L'arpa in Morven già tacee più sul Cona
Voce non s'ode armoniosa: è spento
Col possente il cantor; non v'è più fama.
Va tremolando il mattutino raggio
Su le cime di Cromlae d'una fioca
Luce le tinge. Ecco squillar sul Lena
Il corno di Svaran: dell'onde i figli
Si raccolgon d'intornoe muti e mesti
Salgon le navi: vien d'Ullina il vento
Forte soffiando a rigonfiar le vele
Candido–galleggiantie via gli porta.
Olàdisse Fingàlchiaminsi i veltri
Rapidi figli della cacciail fido
Brano dal bianco pettoe la ringhiante
Forza arcigna di Lua. Qua quaFillano
Rino... ma non è qui: riposa il figlio
Sopra il letto feral. FillanFergusto
Rintroni il corno miospargasi intorno
La gioja della caccia: impauriti
L'odan del Cromla i cavrioli e i cervi
E balzino dal lago. Errò pel bosco
L'acuto suon: dello scoglioso Cromla
S'alzano i cacciator; volano a slanci
Chi quachi là mille anelanti veltri
Sulla lor preda ad avventarsi. Un cervo
Cade per ogni can: ma tre ne afferra
Branoe gli addentae di Fingallo al piede
Palpitanti gli arreca. Egli a tal vista
Gongola di piacer. Ma un cervo cadde
Sulla tomba di Rinoe risvegliossi
Il cordoglio del padre. Ei vide cheta
Starsi la pietra di coluiche 'l primo
Era dianzi alla caccia. - Ah figlio mio
Tu non risorgi più! tu della festa
A parte non verrai; già la tua tomba
S'asconderà; già l'erba inaridita
La coprirà: con temerario piede
Calpesteralla un dì la schiatta imbelle
Senza saper ch'ivi riposa il prode.
Figli della mia forzaOssianFillano
Gaulo re degli acciarpoggiam sul colle
Ver la grotta di Turaandiamveggiamo
D'Erina il condottiero. Oimèson queste
Le muraglie di Tura? ignude e vuote
Son d'abitantie le ricopre il musco.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
63
Mesto è 'l re delle conchee desolato
Sta l'albergo regal: veniteamici
Al sir dei brandie trasfondiamgli in petto
Tutto il nostro piacer. Ma che? m'inganno?
Fillanoè questi Cucullino? oppure
È colonna di fumo? emmi sugli occhi
Di Cromla il nemboe ravvisar non posso
L'amico mio. SìCucullino è questo
Gli rispose il garzon. Vediloè muto
E tenebrosoed ha la man sul brando.
Salute al figlio di battaglia: addio
Spezzator degli scudi. A te salute
Rispose Cucullinsalute a tutta
L'alta schiatta di Selma. O mio Fingallo;
Grato è l'aspetto tuo: somiglia al sole
Cui lungo tempo sospirò lontano
Il cacciatoree lo ravvisa alfine
Spuntar da un nembo. I figli tuoi son vive
Stelle ridentionde la notte ha luce.
O Fingalloo Fingàlnon tale un giorno
Già mi vedesti tuquando tornammo
Dalle battaglie del desertoe vinti
Fuggian dalle nostr'arme i re del mondo
E tornava letizia ai patrj colli.
Gagliardo a dettil'interruppe allora
Conan di bassa famaassai gagliardo
Se’ tu per certoCucullin: son molti
I vanti tuoi; ma dove son l'imprese?
Or non siam noi per l'oceàn qua giunti
Per dar soccorso alla tua fiacca spada?
Tu fuggi all'antro tuo: Conanno intanto
Le tue pugne combatte. A me quell'arme
Cedile a me; che mal ti stanno. Eroe
Alcun non fu che ricercare osasse
L'arme di Cucullinrispose il duce
Alteramente; e quando mille eroi
Le cercassero ancorsarebbe indarno
Tenebroso guerriero: alla mia grotta
Non mi ritrassi io giàfinchè d'Erina
Vissero i duci. Olàgridò Fingallo
Conan malnatodall'ignobil braccio
Tacinon parlar più. Famoso in guerra
È Cucullinoe ne grandeggia il nome.
Spesso udii la tua famae spesso io fui
Testimon de’ tuoi fattio tempestoso
Sir d'Inisfela. Or ti confortae sciogli
Le tue candide vele in ver l'azzurra
Nebbiosa isola tua. Vedi Bragela
Che pende dalla rupe; osserva l'occhio
Che d'amore e di lagrime trabocca.
I lunghi crini le solleva il vento
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
64
Dal palpitante seno. Ella l'orecchio
Tende all'aura notturnae pure aspetta
Il fragor de’ tuoi remie 'l canto usato
De’ remigantie 'l tremolio dell'arpa
Che da lungi s'avanza. - E lungo tempo
Starà Bragela ad aspettarlo invano.
No più non tornerò: come potrei
Comparir vinto alla mia sposa innanzi
E mirarla dolente? Il saiFingallo
Io vincitor fui sempre. E vincitore
Quinci innanzi saraiqual pria tu fosti
Disse Fingal: di Cucullin la fama
Rinverdirà come ramosa pianta.
Molta gloria t'avanzae molte pugne
T'attendonoo guerrieroe molte morti
Usciran dal tuo braccio. Oscarrei cervi
Recae le conchee 'l mio convito appresta.
I travagliati spirti abbian riposo
Dopo lunghi perigli: e i fidi amici
Si ravvivin di gioja al nostro aspetto.
Festeggiammocantammo. Alfin lo spirto
Di Cucullin rasserenossi: al braccio
Tornò la gagliardiala gioja al volto.
Ivano Ullino e Carilo alternando
I dolci canti: io mescolai più volte
Alla lor la mia vocee delle lance
Cantai gli scontriove ho pugnatoe vinto.
Misero! ed or non più: cessò la fama
Di mie passate impresee abbandonato
Seggomi al sasso de’ miei cari estinti.
Così scorse la notteinfin che 'l giorno
Sorse raggiante. Dall'erbosa piaggia
Alzossi il Rescosse la lanciae primo
Lungo il Lena movea: noi lo seguimmo
Come strisce di foco. Al mareal mare
Spieghiam le veleed accogliamo i venti
Che sgorgano dal Lena. Egli sì disse
Noi salimmo le navie ci spingemmo
Tra canti di vittoria e liete grida
Dell'oceàn per la sonante spuma.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
65
INTRODUZIONE STORICA
AI TRE SEGUENTI POEMI
(LA MORTE DI CUCULLINO - DARTULA - TEMORA)
Per agevolar ai lettori l'intelligenza dei tre poemi seguentie specialmentedi Temora ch'è un
compiuto poema epicopiù grandee più interessante d'ogni altroparminecessario di metter
innanzi ordinatamente e di seguito tutta la storia delle guerre d’Irlandain cui fu sempre interessata
la famiglia di Fingalstoria che si trova sparsa in vari episodj nel poemastesso di Temora.
L'Irlanda fu originariamente popolata da due diverse nazionicioè daiFirbolg o Belgiche
abitavano quella parte della Bretagnach' è dirimpetto all'Irlandasitrasferirono nel Connaughtal
mezzodì di quell’isolae dai Cael o Celtiche dalla Caledonia edall'Ebridi passarono ad Ulster. La
colonia dei Belgi fu la prima a stabilirsi in Irlanda sotto la condotta diLarthoncapo d'Inishunao
sia della Bretagna meridionalea cui vien attribuita l'invenzion dellanavigazione. Sembra che non
molto dopo vi passassero i Caledonjma non è noto qual fosse il condottierodella loro colonia. Le
due nazionisiccome è costume dei popoli incolti e stabiliti di fresco inun paesesi divisero in
picciole dinastie soggette a piccoli reo capi indipendenti l'unodall'altro. Crothar discendente di
Lartbon andò da lì a qualche tempo a piantar la sua sede in AtHapaese delConnaughte.fondò una
famiglia ch'ebbe una specie di principato sopra la nazione dei Belgi. Da luidiscesero Cairbar e
Cathmor che sono i principali attori del poemi seguenti. Avvenne che questoCrothar rapì Conlama
figlia di Catmincapo dei Caledoni che possedevano l'Ulster. Era questastata promessa in isposa
poco tempo innanzi a Turlochaltro capo della sua nazione. Turloch colpitovivamente dall'affronto
fattogli da Crotharfece un'irruzione nel Connaughted uccise Cormulfratello di Crothar che venne
per opporsegli. Allora lo stesso Crothar prese l' armeucciseo discacciòTurloch. La guerra
divenne generale fra le due nazionie i Caledonj furono ridotti all'ultimeestremità. In questa
situazione mandarono essi per soccorso a Tratal re di Morvenavolo di Fingalil quale mandò a
sostenerli Conar suo fratello già famoso per le sue prodezze. Conaral suoarrivo in Ulsterfu eletto
re per unanime consenso delle tribù caledonie che possedevano quel paese. Laguerra si rinnovò con
varie vicende. Fu mestieri che Tratal si portasse in persona in Irlandaassieme con suo figlio Colgar:
questi restò ucciso in battaglia; ma Tratal sconfisse pienamente i nemicieconfermò il fratello
Conar nel regno d'Irlanda. L'odio contuttociò divenne ereditario fra i capidelle due fazioni : i Belgi
furono piuttosto respintiche soggiogatie la famiglia di Atha non cessòmai di contrastare a quella
di Conar i dritti alla sovranità.
A Conar succedette suo figlio Cormacche sembra aver regnato assai lungotempo.
Sommorprobabilmente figlio di Crotharrinnovò la guerranella qualeClunar suo fratello restò
ucciso da Cormac. Ma negli ultimi suoi anni questo re per le incessantisollevazioni dei Belgiche
sostenevano le pretese dei principi di Atha al trono d'Irlandafu ridotto adestremi pericoli. Fingal
allora assai giovine spedìin soccorso di CormacDucarouno de' suoiprincipali guerrieri. Ma
essendo questo sconfitto e mortoFingal istesso passò in Irlandadisfecetotalmente Colculla signor
di Athafiglio del soprammentovato Sommore ristabilì gli affari di Cormac.In quella occasione
amò egli e prese in isposa Roscrana figlia di quel reche fu poi madre diOssian.
Cormac ebbe per successore al trono d’Irlanda Cairbare a Cairbarsuccedette suo figlio
Artho. Sembra che il regno di questi due principi non fosse pienamentetranquillo. Borbarduthul
ebbe in retaggio dal fratello Colculla le pretese all'imperoe l’odiocontro a discendenza di Conar.
Ossian fu da Fingal più volte spedito in Irlandae sembra che uscisse congloria da quelle
spedizioni.
Artho morendo lasciò il regno a suo figlio Cormac II ancora fanciullo. Icapi del partito del
Caledonj stabiliti in Ulsterragunatisi nel palagio di Temoracommisero latutela del giovine re e
la reggenza del regno a Cucullinofiglio di Semosotto di cui accadde l’invasionedi Svarano re
della Scandinaviach’è il soggetto del poema di Fingal. Appena Cormacrespirava in pace da questa
tempestache ne insorse contro di lui una più grave e fatale. Borbarduthulgià morto avea lasciato
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
66
due figliCairbar e Cathmor. Cairbaril primogenitouomo di carattereferoce e sanguinario
credendo che la minorità di Cormac dovesse esser favorevole al suoi disegnisi ribellò apertamente
e tentò d’invader il trono. Torlathaltro capo del Connaughtnon so seper aiutar le mire di Cairbar
o per soddisfar alla propria ambizionesi mise anch’egli alla testa d’unpartitoe marciò alla volta di
Temora per depor dal trono il giovine Cormac. Cucullinorisoluto di opporsiai ribellis’avviò
prima contro di Torlath come il più vicinoe raggiuntolo presso il lago diLegodisfece interamente
il suo esercito ed uccise lui stesso in duello : ma mentre egli inseguiva controppo ardore i fuggitivi
nemicirestò trafitto da una frecciada cui poco dopo morì.
La morte di quell’eroe si trasse dietro la rovina di Cormac. Molti regolisi ribellaronoe il
partito di Cairbar si fece di giorno in giorno più forte. Accaddero moltifatti d’arme tra lui e gli altri
capi che restarono fedeli al picciolo re. Si distinsero fra questi Truthilfiglio di Colasignor di
Selamae Nathos figlio di Usnothsignor di Ethanipote di Cucullino perparte di madreil quale
succedette al comando dell’armata del zio. Truthil fu vinto ed uccisoe lostesso destino toccò al
vecchio Cola suo padre. Ma Nathos riportò molte vittorie sopra Cairbaremercé il suo valoregli
affari del giovine re cominciavano a ristabilirsi. Cairbar inferior di valorericorse alle frodi. Assalito
improvvisamente il fanciullo reale che stava attendendo nuove della vittoriadi Cucullinolo uccise
barbaramente colle sue mani: indi corruppe le genti di Nathose le ridussead abbandonarlo. Questi
dopo molte avventure rimasto solo co' suoi fratellimentre cercava disalvarsicaduto in mezzo dei
nemicimorì combattendo valorosamente contro Cairbarche dopo la morte diNathos restò senza
contrasto supremo signore d'Irlanda.
Giunta a Fingal la notizia di queste rivoluzionideliberò tosto di far unaspedizione in
quell'isola per discacciar dal trono l'usurpatore. Lo seguitò in questaspedizione con più trasporto
d'ogni altro il giovine Oscarfiglio di Ossiandesideroso di vendicar lamorte di Cathol suo
particolare amicoucciso a tradimento per ordine di Cairbar. Ebbe costui pertempo notizia dei
disegni di Fingale raccolse in Ulster le tribù per opporsi al suo sbarcomentre nel tempo stesso suo
fratello Cathmor s'avviava con un esercito presso Temora. Cairbar temendosopra tutto il
risentimentoe '1 valore di Oscarpensò d'invitarlo con fìnta generositàad un convitocon disegno
di levargli a tradimento la vita. Oscar andò con pochi de' suoi. Insorta unacontesa a mezzo il
convitoOscar sorpreso da Cairbar fu da quello mortalmente feritoma iltraditore istesso restò
vicendevolmente ucciso da Oscar.
Sopraggiunto Fingal distrusse interamente l'esercitò di Cairbarindis'incamminò verso
Temora contro Cathmor che si avvicinava. Era questi d'un carattere assaidiverso da quel del
fratello. Egli era tanto celebre per la sua umanitàospitalità e grandezzad'animoquanto Cairbar era
infame per la sua crudeltà e la sua perfìdia; né potea rimproverarseglialtro difettose non se quello
d' esser troppo attaccato ad un fratello tanto dissomigliante e indegno dilui. Fingal e Cathmor si
fecero la guerra da veri eroie gareggiarono non meno di generositàche divalore. Dopo molte
vicendela fortuna si dichiarò interamente per Fingalche però comprò acaro prezzo la vittoria
essendo in una attaglia restato ucciso da Cathmor Fillano suo figliogiovinetto di valore
straordinario. Cathmor fu vinto e ferito a morte in un decisivo conflittoaccaduto presso Temora; e
la famiglia di Conar fu ristabilita sul trono. Restava ancora di questa unprincipe per nome
Feradharto. Era questi zio del giovine Cormac ucciso da Cairbaressendofratello minore di Arto.
Caibarre di Irlanda e padre di Arto aveva avuto Feradharto da una secondamogliemolto tempo
dopo che Arto suo primogenito fu giunto alla virilità. Perciò egli eraancora in età assai tenerae a
un di presso della stessa di cui era Cormac suo nipote. Nel tempo dell’usurpazionedi Cairbar signor
di AthaFeradharto stette nascosto in una grotta per timore d'esser messo amorte Fingaldopo aver
vinto Cathmorlo trasse dal suo ritiro e lo ristabilì sul tronodell'Irlanda
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
67
LA MORTE DI CUCULLINO
ARGOMENTO: Contiene questo poema la battaglia fra Cucullino e Torlathe lamorte dell'uno e
dell'altro. Vi sono sparse per entro varie digressioniin una delle qualiCarilocelebre cantore di
Cucullinointroduce Alcleta madre di Calmarla quale mentre stavaaspettando con passione il
ritorno del figlioriceve la nuova della sua morte. Il poema si chiude conun canto funebre sopra la
morte di Cucullino. Questo poema nell’originale ha per titolo Duan lochLegocioè i1 Poema del
lago di Legodal luogo della battagliala quale accadde in una pianurapresso il suddetto lago
alle radici d'un monte detto Silmora.
Batte lo scudo di Fingallo il vento?
O nelle sale mie mormora il suono
Della passata età? Segui il tuo canto
Voce soaveegli m'è gratoe sparge
Le mie notti di gioja: ah segui o figlia
Del possente Sorglangentil Bragela.
Ahi questa è l'onda dallo scoglio infranta
Lassa! non già di Cucullin le vele.
Dell'amor mio la sospirata nave
Spesso credo veder; spesso m'inganna
La nebbia che si sparge a un'ombra intorno
Spiegando al vento le cerulee falde.
Figlio del nobil Semoe perchè tanto
Tardi a venir? quattro fiate a noi
Fece ritorno co' suoi venti autunno
Gonfiando di Togarma i mari ondosi
Dacchè tu nel fragor delle battaglie
Lungi ti stai dalla fedel Bragela.
O di Dunscaglia nebulosi colli
Quando fia che al latrar de’ veltri suoi
Io vi senta echeggiar? ma voi vi state
Celando tra le nubi il capo oscuro;
E l'afflitta Bragela in van vi chiama.
Precipita la notte: a poco a poco
Manca dell'oceàn la faccia azzurra.
Già sotto l'ale il montanino gallo
Appiatta il capogià la damma giace
Là nel deserto al suo cervetto accanto.
Poscia col nuovo dì sorgendo andranno
Lungo la fonte a ricercar pastura;
Ma le lagrime mie tornan col Sole
E con la notte crescono i miei lai.
Quando quando verrai
Nel suon delle tue armi
Re di Tura muscosaa consolarmi?
O figlia di Sorglanmolce l'orecchio
D'Ossian il canto tuo; ma va'ricovra
Là nella sala delle concheal raggio
D'accesa querciae da' l'orecchio al mare
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
68
Che romba al muro di Dunscaglia intorno.
Su gli azzurri occhi tuoi placido sonno
Scendae venga nel sonno a consolarti
L'amato eroe. - Sta Cucullin sul Lego
Presso l'oscuro rotear dell'onde.
Notte cerchia l'eroe: sparsi sul lido
Stanno i suoi mille; cento querce accese
Fan scintillar la diradata nebbia
E 'l convito per l'aere alto fumeggia.
Siedesi accanto a lui sotto una pianta
Cariloe tocca l'arpa: il crin canuto
Splende alla fiammail venticel notturno
Gli scherza intorno; egli alza il capoe canta
Dell'azzurra Togormae di Togorma
Chiama il signordi Cucullin l'amico.
Perchèforte Conàlnon fai ritorno
Nel negro giorno - della gran tempesta
Che a noi s'appresta? - ah perchè sei lontano?
Contro Cormano - ecco s'unir le schiere
Del sud guerriere- e ti trattien sul lido
Il vento infido- e le tue torbid'onde
Sferzan le sponde. - Non per questo è inerme
Il regal germe - e di difesa ignudo.
Fassi suo scudo - Cucullino invitto:
Nel gran conflitto - egli per lui pugnando
Alzerà il brando - contro i duci alteri.
Ei de’ stranieri - alto paventoei forte
Come di morte - atro vaporche lenti
Portano i venti - su focose penne:
Al suo cospetto
Il Sole infetto
Rosseggia:
Foscheggia
Cade il popolo a terra esangue e cieco;
Cormànoardirchè Cucullino è teco.
Sì Carilo cantavaallor che apparve
Un figlio del nemico; ei getta a terra
La rintuzzata lanciae di Torlasto
Favella a nomedi Torlasto il duce
Dei guerrier dall'oscura onda del Lego
Di colui che i suoi mille armati in campo
Traea contro Cormano al carro nato
Contro il gentil Cormànche lungi stava
In Temora sonante. Il giovinetto
Pur allora addestrava il molle braccio
A spiegar l'arcode’ suoi padri l'asta
Ad inalzar. Ma non alzasti a lungo
L'asta de’ padri tuoidolce–ridente
Raggio di gioventù. Fosca alle spalle
Già la morte ti stacome di Luna
Tenebrosa metàche alla crescente
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
69
Luce sta dietroe la minaccia e preme.
Alla presenza del cantor del Lego
Alzossi Cucullinoed onor fece
De’ canti al figlioe gli offerì la conca
Di letizia ospital diffonditrice.
Dolce voce del Legoe ben che porti?
Disseche vuol Torlasto? alla mia festa
Vien eglio alla battaglia? Alla battaglia
Sìrispose il cantorealla sonante
Tenzon dell'aste: non sì tosto il giorno
Sul Lego albeggieràTorlasto in campo
Presenterassi a te. Vorrai tu dunque
Re della nebulosa isolaarmato
Venirne ad affrontar la sua possanza?
Orribilefatale è la sua lancia
Qual notturna meteora: egli l'inalza
Piomba il popol prostrato; e del suo brando
Il vivo lampeggiar morte scintilla.
E che perciò? questa terribil lancia
Temola io forse? il soforte è Torlasto
Per mille eroima nei perigli l'alma
Brillami in petto. Nocantor sul fianco
Non dorme no di Cucullin la spada:
M'incontrerà sul campo il nuovo Sole
E sopra l'arme del figliuol di Semo
Rifletteranno i primi raggi suoi.
Ma tucantormeco t'assidie facci
Udir la voce tuavientene a parte
Della gioiosa concae di Temòra
I canti odi tu pur. Di canti e conche
Disse il cantortempo non èqualora
S'accingono i possenti ad incontrarsi
Come opposte del Lego onde cozzanti.
O SlimòraSlimòraa che ti stai
Sì tenebroso co' tuoi muti boschi?
Sopra i tuoi foschi
Gioghidi stella alcuna
Il grazioso tremolar non pende;
Nè presso ti risplende
Amico raggio di notturna Luna.
Ma di morte atre meteore
Sanguinose ti circondano
Ed acquose facce squallide
D'ombre pallide – intorno volano.
Perchè perchè ti stai
Lì co' tuoi boschi muto
Negro Slimòra di dolor vestuto?
Ei partì col suo cantoe del suo canto
Accompagnò l'armoniose note
Cariloe 'l lor concento assomigliava
A rimembranza di passate gioje:
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Ch'a un tempo all'alma è dilettosa e trista.
L'udiron l'ombre de’ cantori estinti
Dal fianco di Slimòrae lungo il bosco
Sparsesi soavissima armonia
E rallegrarsi le notturne valli.
Così quando tranquillo Ossian riposasi
Del fervido meriggio nel silenzio
Del venticello nella valle florida
La pecchia della rupe errando mormora
Un cotal canzoncin che dolce fiedelo.
L'affoga ad or ad or l'aura che destasi
Ma tosto riede il mormorio piacevole.
Sudisse allor di Semo il figlioa' suoi
Cento cantor rivoltoalzate il canto
Del nobile Fingalch'egli udir suole
La seraallor che a lui scendono i sogni
Del suo riposoe che i cantor da lungi
Toccano l'arpae debil luce irraggia
Le muraglie di Selma. Oppur di Lara
Membrate il luttoed i sospir d'Alcleta
Rinnovellateche suo figlio indarno
Già rintracciando pe’ suoi collie vide
L'arco suo nella sala. E tu frattanto
A quel ramo colàCariloappendi
Lo scudo di Cabàr; siavi dappresso
Di Cucullino la lanciaonde s'inalzi
Col bigio lume d'oriente il suono
Della mia pugna. Sull'avito scudo
Posò l'eroes'alzò di Lara il canto.
Stavan lungi i cantorCarilo solo
È presso il duce; sue furon le note
Flebilie mesto suono uscìo dell'arpa.
CARILO
O madre di Calmàrcanuta Alcleta
Perchè mesta inquieta
Guardi verso il deserto?
Guardi tu forseo madre
Di tuo figlio al ritorno? ah non son questi
Su la piaggia i suoi duci
Chiusi e foschi nell'armi; ah non è questa
Del tuo Calmar la voce.
Questo è 'l fischiar del bosco
Questo è 'l muggir del vento
Che nella rupe si rimbalza e freme.
ALCLETA
Guataguata:
Chi d'un salto
Varca il ruscel di Lara?
O suora di Calmàrnon vide Alcleta
La lancia sua? ma foschi
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
71
Sono i miei lumi e fiacchi.
Guataguata:
Non è il figlio di Mata?
Figlia dell'amor mio.
ALONA
Ah t'inganna il desio:
(Disse la dolce–lagrimante Alona)
Questa è una quercia annosa
Questa è una querciao madre
Che curva pende sul ruscel di Lara.
Ma non m'inganno io già;
Colà vedicolà: - chi vienchi viene
Frettoloso
Affannoso?
Ei solleva
La lancia di Calmarre. Alcleta; Alcleta;
Ella è tinta di sangue.
ALCLETA
Ella fia tinta
Del sangue de’ nemici
O suora di Calmar: mai la sua lancia
Non ritornò di sangue ostil digiuna.
Mai non scoccò il suo arco
Che non colpisse de’ possenti il petto.
Al suo cospetto
Sfuma la pugna; egli è fiamma di morte.
Dimmi garzone dalla mesta fretta
Ov'è di Alcleta il figlio?
Torna con la sua fama?
Torna in mezzo al rimbombo
Degli echeggianti scudi?
Ma che veggo?
Ti confondi
Non rispondi
Fosco stai?
Ah più figlio non ho:
Non dir come spirò - che intesi assai.
CARILO
Perchè verso il deserto
Guardi mesta inquieta
O madre di Calmarcanuta Alcleta?
Sì Carilo cantò; sopra il suo scudo
L'Eroe si stava ad ascoltarlo intanto.
Posaronsi i cantor sulle lor arpe
E scese il sonno dolcemente intorno.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
72
Desto era sol di Semo il figlioe fisa
Nella guerra avea l'alma: omai la fiamma
Già decadendo dell'accese querce.
Debole intorno rosseggiante luce
Spargesiroca voce odesi: l'ombra
Vien di Calmarre: ella al notturno raggio
Lentamente passeggia; oscura al fianco
Soffia la sua feritaerra scomposta
La chiomain volto ha tetra gioiae sembra
Che Cucullino alla sua grotta inviti.
O della notte nebulosa figlio
Disse il duce d'Erinae perchè fitti
Tieni tu in me quei tenebrosi sguardi
Ombra del fier Calmar? figlio di Mata
Vorrestù spaventarmiond'io men fugga
Dalla battaglia? la tua destra in guerra
Fiacca non funè 'l tuo parlar di pace.
Quanto da quel di priaduce di Lara
Torni diverso a mese forse adesso
Mi consigli a fuggir! Ma noCalmarre
Fuga mai non conobbie non mai l'ombre
Mi spaventaro: essa san pocoe fiacche
Son le lor destreed han nel vento albergo.
Nei perigli il mio cor crescee s'allegra
Nel fragor dell'acciar. Partie t'ascondi
Dentro la grotta tua: nodi Calmarre
Tu non sei l'ombra; ei si pascea di pugne
Ed era il braccio suo tuono del cielo.
Nel suo nembo ei partì lietoche intese
Della sua lode il suon. Dall'oriente
Bigio raggio spuntò: picchiasi tosto
Lo scudo di Cabarre. A quel rimbombo
Tutti i guerrieri della verde Ullina
S'uniroe alzossi un romorìo confuso
Come muggito d'ingrossati fiumi.
S'ode sul Lego il bellicoso corno
Torlasto appare. A che ne vien' con tutti
Cucullinoi tuoi mille ad incontrarmi?
Disse il duce del Lego. Io ben conosco
Del tuo braccio il vigor; vivace fiamma
È l'alma tua. Che non scendiamo adunque
A pugnar solie non lasciam che intanto
Stian mirando le schiere i nostri fatti?
Stiano a mirarci nella nostra possa
Simili a rimugghianti onde rotantisi
A scoglio intorno: al periglioso aspetto
Fugge il nocchier pien di spaventoe stassi
L'aspro conflitto a risguardar da lungi.
AhCucullin soggiunsea par del Sole
Tu mi brilli nel cor: forte èTorlasto
Il braccio tuodel mio furor ben degno.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
73
Scostatevio guerrierfatevi al fianco
Dell'oscuro Slimòra; e 'l vostro duce
State a mirar nel memorabil giorno
Della sua fama. Odi cantorse pure
Oggi cader dee Cucullinoal prode
Conal tu di'ch'io mi lagnai coi venti
Che di Togorma imperversar su i flutti.
Mai dalla pugna ei non mancòqualora
La mia fama il chiedea. Fa' che il suo brando
Come raggio del cielo il buon Cormano
Circondi in guerrae in minacciosi giorni
Suoni in Temora il suo fedel consiglio.
Mosse l'Eroe nel rimbombar dell'armi
Come di Loda il formidato atroce
Spirtoche nell'orribile fracasso
Di ben mille tempeste escee dagli occhi
Slancia battaglia. Ei siede alto sul nembo
Là sopra i mari di Loclin; sul brando
Pose la nera destrae a gara i venti
Van sollevando l'avvampante chioma.
Non men di lui terribile a vedersi
Nel memorabil dì della sua fama
Cucullin s'avanzò. Cadde Torlasto
Per la sua manpianser del Lego i duci.
Corrono frettolosi essied intorno
A Cucullin si stringono affollati
Quai nubidel deserto. A mille a mille
Volarvibrarscender vedrestialzarsi
Dardispadeastearmatiarmeed a fronte
Cingerlo e a tergo ad un sol tempo: ei stette
Quale in turbato mar scoglio; d'intorno
Cadonoegli nel sangue alto passeggia.
Ne rimbomba Slimora: in suo soccorso
Corron d'Ullina i figlie lungo il Lego
La pugna errò; vinse d'Erina il duce.
Egli tornò della sua fama in mezzo
Ma pallido tornò; tenebrosa era
Gioia nel volto suo; gli occhi in silenzio
Gira; pendegli il brando; ad ogni passo
Tremagli l'asta in man. Cariloei disse
Languidamentegià manca la forza
Di Cucullinoi miei giorni recisi
Già son cogli anni che passaro; il Sole
Più a me non sorgerà; gli amici in traccia
N'andrannè troverammi; il buon Cormano
Dirà piangendoov'è di Tura il duce?
Ma grandeggia il mio nomee la mia fama
Sta nel canto dei vati. I giovinetti
Diranno a sè medesmi: oh moriss'io
Qual morì Cucullin! come una veste
Lo coprì la sua gloria; e del suo nome
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
74
La luce abbaglia. Carilodal fianco
Traggimi il dardo; sotto a quella quercia
Adatta Cucullinponivi accanto
Lo scudo di Cabarreond'io sia visto
Giacer fra l'arme de’ miei padri. E cadi
Figlio di Semo? alto sospir traendo
Carilo dissee incominciò dolente:
Di Tura in su le squallide
Mura siede il silenzio
E Dunscaglia ricoprono
Tenebre di dolor.
In giovinezza florida
Resta soletta e vedova
La vaga sposa amabile
Ed orbo resta e misero
Il figlio del tuo amor.
Verrà coi vezzi teneri
Vedrà la madre in lagrime;
E la cagione incognita
Del pianto chiederà.
Alzerà gli occhi il semplice;
E nella sala pendere
Il brando formidabile
Del padre suo vedrà.
Vede il brando del padre:
Quel brando e di chi è? piange la madre.
Chi viene a noi
Come cerva ne vien seguita in caccia?
Vanno in traccia
Errando dell'amico i sguardi suoi.
O Conalloo Conàlche ti trattenne
Quando cadde l'Eroe nel gran cimento?
Fremeanti i flutti di Togorma intorno?
O pur del mezzogiorno
Dentro le vele tue soffiava il vento?
CadderConalloi forti;
Cadderoe non ci fosti: alcun nol dica
Di Morven là nella selvosa terra;
Alcun nol dica in Selma:
Sospirerà Fingallo
E del deserto piangeranno i figli.
Presso l'onde del Lego alzano i duci
La tomba dell'Eroe: giace in disparte
Il fido Luadi Cucullin compagno
nella caccia dei cervi; alzasi il lutto.
Grande in battaglia
Sir di Duncaglia
O benedetta
Anima gloriosaanima eletta.
Qual torrente che d'alto precipita
Fragorosissimoirreparabile
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Indomabile
Era la tua possanzaalto guerrier.
Fu veloce com'ala dell'aquila
Rapidissimainfaticabile;
Formidabile
Del tuo brando il sanguigno atro sentier.
All'acciar forte
L'orme di morte
Dietro correanoov'ei volgeasi irato.
O benedetta
L'anima eletta
Del gran figlio di Semoal carro nato.
Tu non cadesti esangue
Per man d'eroe famoso
E non tinse il tuo sangue
L'asta del valoroso.
Acuta freccia
Come da nuvola
Morte ascosa volò.
Nè di ciò avvidesi
La destra ignobile
Che 'l dardo rio scoccò.
Dardo fatalche i nostri vanti atterra
Pace sia teco
Dentro il tuo speco
Di Dunscaglia signornembo di guerra.
Fugge smarrito da Temora il forte
Meste le porte - sonmute le sale;
Giace il regale - giovinetto in duolo:
E inerme e solo - il tuo tornar non vede;
Ei di te chiede - e ti richiama invano.
PiangiCormano - desolato e lasso:
Il forte è basso - tua difesa e schermo;
Tu resti infermo. - Ecco i nemici stanno
Pronti in tuo danno - ahi non è più 'l tuo duce.
È la tua luce - a tramontar vicina.
Dolce riposo
Godio famoso
Chiaro Sol degli eroiscudo d'Erina
Ita è la speme tuasposa fedele
Oimè che dei tu far?
Più non potrai veder l'amate vele
Nella spuma del mar.
Alla spiaggia non piùsolo al deserto
Volti i tuoi passi or son.
Non è l'orecchio tuo teso ed aperto
De’ suoi nocchieri al suon.
Scapigliata
Desolata
Giace nella sua salae vede l'armi
Di lui che più non è. Bragela misera!
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Pregno di lagrime
Hai l'occhioe languide
Le membrae pallida
La faccia e tenebrosa.
O benedetta
Anima eletta
Dolce pace ti siadolce riposa.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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DARTULA
ARGOMENTO: Usnothsignore di Etha nella Scozia ebbe tre figliNathosAlthos e Ardanda
Slisama figlia di Semoe sorella di Cucullino. Questi tre fratelliessendoancor giovinettifurono
dal padre fatti passare in Irlandaaffine che apprendessero l'uso dell'armesotto la disciplina di
Cucullino lor zioche amministrava gli affari del regno. Erano appenaapprodati in Ulsterquando
giunse loro la trista nuovadella morte di Cucullino. Nathos benchè assaigiovinesottentrò al
comando dell'armata del zioe s'oppose al progressi dell'usurpatore Cairbarche dopo la morte di
Torlathera solo alla testa del partito ribelle. Mentre Nathos batteva icapitani di Calrbarcostui
ebbe mezzo di privar di vita segretamente il giovine re. Nathos contuttociòandò alla volta di
Cairbar per assalirlo; ma questinon trovandosi abbastanza forte di gentesi diede alla fuga. In
questa occasione venne fatto a Nathos di veder Dartulafiglia di Cola signordi Selamach'era
stato ucciso in battaglia da Cairbar insieme con suo figlio Truthil Cairbarinvaghitosi di Dartula
la riteneva vio1entemente in suo potere. Essendo però allora costui lontanoDartula e Nathos si
accesero vicendevolmente; e la donzelladal tiranno passò all’amante. Main questo spazio
essendosi Cairbar rinforzato notabilmenteparte col terroreparte collepromessefece sì che
l’armata di Nathosabbandonato il suo capitanosi dichiarò per l’usurpatore;e Nathos fu costretto
a ritornarsene in Ulster co' suoi fratelliper poi ripassare in Iscozia.
Dartula s'imbarcò per fuggirsene insieme coll’amante: ma insorta unatempestamentre erano in
alto marefurono sfortunatamente respinti a quella parte della costa diUlsterove appunto
accampava l’armata di Cairbar. Nathos veggendo di non aver altro scamposfidò Cairbar a
singolar battaglia; ma colui non accettò l'invitoe l’assalì con tuttele sue forze. I tre fratellidopo
essersi difesi per qualche tempo con estremo valorefurono finalmentesopraffatti dal numeroe
uccisi; e l’infelice Dartula morì anch’essa sul corpo di Nathos . 0ssianapre il poema nella notte
precedente alla morte dei tre fratelli; e le cose innanzi accadute vis'introducono per episodio.
La scena dell'azione è quasi la stessache quella del poema di Fingalpoichè si fa spesso menzione
della pianura di Lenae del castello di Tura.
Figlia del cielsei bella; è di tua faccia
Dolce il silenzio; amabile ti mostri
E in oriente i tuoi cerulei passi
Seguon le stelle; al tuo cospettoo Luna
Si rallegran le nubie 'l seno oscuro
Riveston liete di leggiadra luce.
Chi ti pareggiao della notte figlia
Lassù nel cielo? in faccia tua le stelle
Hanno di sè vergognae ad altra parte
Volgono i glauchi scintillanti sguardi
Ma dimmio bella luceove t'ascondi
Lasciando il corso tuoquando svanisce
La tua candida faccia? Hai tucom'io
L'ampie tue sale? o ad abitar ten vai
Nell'ombra del dolor? Cadder dal cielo
Le tue sorelle? o più non son coloro
Che nella notte s'allegravan teco?
Sì sì luce leggiadraessi son spenti
E tu spesso per piagnerli t'ascondi.
Ma verrà notte ancorche tutu stessa
Cadrai per sempree lascierai nel cielo
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Il tuo azzurro sentier; superbi allora
Sorgeran gli astrie in rimirarti avranno
Gioja cosìcom'avean pria vergogna.
Ora del tuo splendor tutta la pompa
T'ammantao Luna. O tu nel ciel risguarda
Dalle tue portee tu la nubeo vento
Spezzaonde possa la notturna figlia
Mirar d'intornoe le scoscese rupi
Splendanle incontroe l'oceàn rivolga
Nella sua luce i nereggianti flutti.
Nato è sul maree seco Altoquel raggio
Di giovinezza; a' suoi fratelli accanto
Siedesi Ardan. Movon d'Usnorre i figli
Per buia notte il corso lorfuggendo
Di Cairba il furor. Che forma è quella
Che sta lor presso? ricoprì la notte
La sua bellezza: le sospira il crine
Al marin ventoin tenebrose liste
Galleggiano le vesti; ella somiglia
Al grazioso spirito del cielo
Che move in mezzo di sua nebbia ombrosa.
E chi puote esser maifuorché Dartùla
Dartùla tra le vergini d'Erina
La più leggiadra? Ella fuggì con Nato
Dall'amor di Cairba. I venti avversi
T'ingannanoo Dartùlae alle tue vele
Niegan Eta selvosa. O Natoqueste
Le tue rupi non sonnon e’ il muggito
Questo dell'onde tue: stannoti appresso
Del nemico le salee a te l'incontro
Le torri di Cairba ergon la fronte.
Sul mare Ullina il verde capo estende
E la baia di Tura accoglie il legno.
Vento del mezzogiornovento infido
Ov'eri tu? Chi ti trattenne allora
Quando dell'amor mio furo ingannati
I cari figli? a sollazzarti forse
Stavi nel prato? Oh! pur soffiato avessi
Nelle vele di Natoinfin che d'Eta
Gli sorgessero a fronte i dolci colli;
Finchè sorgesser tra le nubi i colli
Paternie s'allegrassino alla vista
Del suo signor! Lungi gran tempoo Nato
Fostie passò della tornata il giorno.
Ma ben ti vide dei stranier la terra
Nato amabile; amabile tu fosti
Agli occhi di Dartùla; era il tuo volto
Bello qual pura mattutina luce;
Piuma di corvo il crin; gentilee grande
Era 'l tuo spirtoe dolce come l'ora
Del Sol cadente; di tue voci il suono
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Parea sussurro di tremanti canne
O pur di Lora il mormorio: ma quando
Sorgea nera battagliaera in tempesta
Mar che mugge; terribile il rimbombo
Era dell'armi tue; del corso al suono
Svaniva l'oste: allor fu che ti vide
La prima volta la gentil Dartùla
Là dall'eccelse sue muscose torri
Dalle torri di Selamaove albergo
Ebbero i padri suoi. Belloo straniero
Ella dissesei tu (che alla tua vista
Tutto si scosse il suo tremante spirto)
Bello sei tu nelle battaglieamico
Dell'estinto Corman: ma dove corri
Impetuoso? ove il valor ti porta
O giovinetto dal vivace sguardo?
Poche son le tue mani alla battaglia
Contro il fero Cairba: oh potess'io
Dal suo odioso amore esser disciolta
Per allegrarmi alla gentil presenza
Del mio bel Nato! Oh fortunateo care
Colline d'Eta! Esse vedranno a caccia
I suoi vestigi; esse vedran sovente
Il suo candido senoallor che l'aure
Solleverangli la corvina chioma.
Così parlasti tugentil Dartùla
Dalle torri di Selamama ora
Ti circonda la notte: i venti ingrati
Le tue vele ingannaronoingannaro
Bella Dartùlale tue vele i venti.
Fremon alto sul mar: cessa per poco
Aura del nordlasciami udir la voce
Dell'amabile; amabileo Dartùla
La voce tua tra 'l sussurrar de’ venti.
Queste le rupi del mio Natoè questo
Delle sue rupi il mormorante rivo?
Vien quel raggio di luce dalla sala
D'Usnor notturna? Alta è la nebbia e densa
Debole il raggioma che val? la luce
Dell'alma di Dartùla è 'l prence d'Eta.
Figlio del prode Usnorreonde quel rotto
Sospir sul labbro? già non siamoo caro
Nelle terre straniere. O mia Dartùla
Non le rupi di Natoe non è questo
Ei ripigliòde’ suoi ruscelli il suono;
Non vien quel raggio di notturna luce
Dalle sale d'Usnòr. Lungi ma lungi
Esse ci stan: siamo in nemica terra
Siam nella terra di Cairba: i venti
Ci tradiroo Dartùla; Ullina al cielo
Qui solleva i suoi colli. Altotu vanne
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Là verso il norde tu lungo la spiaggia
MoviArdanoi tuoi passi; onde il nemico
Non ci colga di furtoe a noi svanisca
D'Eta la speme. Io me n'andrò soletto
A quella torreper scoprir chi stia
presso quel raggio. Su la spiaggia intanto
Riposatimio benriposa in pace
Caro raggio d'amor; te del tuo Nato
Come lampo del cielcirconda il braccio.
Partissie sulla spiaggia ella s'assisse
Solettae mesta; udia 'l fragor dell'onda:
Le turgidette lagrime sospese
Stanle sugli occhi: ella guardava intorno
Se il suo Nato scopria; tende l'orecchio
Al calpestio de’ piedie de’ suoi piedi
Non ode il calpestio. Dove se’ ito
Figlio dell'amor mio? fragor di vento
Mi cingee sferza; è nebulosa e nera
La nottee tu non vieni? O prence d'Eta
Che ti trattiene? batti il nemico forse
Scontratoe s'inalzò notturna zuffa?
Nato tornòma tenebroso ha 'l volto
Che veduto egli avea l'estinto amico.
Di Tura al muto passeggiava intorno
L'ombra di Cucullin: n'era il sospiro
Spessoaffannosoe spaventosa ancora
Degli occhi suoi la mezzo–spenta fiamma.
Di nebbia una colonna avea per asta;
Intenebrate trasparian le stelle
Per la buia sua formae la sua voce
Parea vento in caverna. Ei raccontogli
La storia del dolor: trista era l'alma
Di Natocome suole in dì di nebbia
Starsi con fosca acquosa faccia il Sole.
O diletto amor mioperchè sì mesto?
Disse di Cola la vezzosa figlia.
Tu sei la luce di Dartùla: è’ tutta
La gioja del mio cor negli occhi tuoi.
Lassa! qual altro amico ora m'avanza
Fuorché 'l mio Nato? è nella tomba il padre;
Stassi il silenzio in Selama; tristezza
Copre i ruscelli del terren natio.
Nella d'Ullina sanguinosa pugna
Furo uccisi i possentii fidi amici
Cadder pugnando con Cormano uccisi.
Scendea la notte: i miei ruscelli azzurri
S'ascondeano a' miei sguardi; il vento a scosse
Uscia fischiando dalle ombrose cime
Dei boschetti di Selama: io sedea
Sotto una piantasulle antiche mura
De’ padri mieiquando al mio spirto innanzi
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
81
Passò Trutilloil mio dolce fratello;
Trutilloche lontano era in battaglia
Contro il fero Cairba; ed in quel punto
Sen venne Cola dalla bianca chioma
Sulla lancia appoggiato; a terra chino
Avea l'oscuro voltoangoscia alberga
Nell'alma suastagli la spada a lato
In capo ha l'elmo de’ suoi padri: avvampa
Nel suo petto battaglia; ei tenta indarno
Di celar le sue lagrimeDartùla
Sospirando diss'eidella mia stirpe
Tu l'ultima già seiTrutillo è spento
Non è più il re di Selama: Cairba
Vien co' suoi mille inver le nostre mura.
Cola all'orgoglio suo farassi incontro
E vendetta farà del figlio ucciso.
Ma dove troverò sicuro schermo
Per la salvezza tua? son bassio figlia
Gli amici nostrie tu rassembri un raggio.
Oimè’diss'io tutta in sospiriil figlio
Della pugna cadéo? Cessò nel campo
Di sfavillare il generoso spirto
Del mio Trutillo? Per la mia salvezza
Non paventarea Cola; essa riposta
Stassi in quell'arco: da gran tempo appresi
A ferir damme. Or di'non è costui
Simile al cervo del desertoo padre
Del caduto Trutil? Brillò di gioja
Il volto dell'etàsgorgò dagli occhi
Pianto affollatoe tremolar le labbra.
Ben se’ tufiglia di Trutil sorella
Dissee nel foco del suo spirto avvampi.
PrendiDartùlaquel ferrato scudo
Prendi quell'astae quel lucido elmetto;
Spoglie son queste d'un guerrier di prima
Gioventù figlio; colla luce insieme
Andremo ad affrontar l'empio Cairba.
Ma statti o figlia miastatti vicina
Di Cola al braccioe ti ricovra all'ombra
Dello scudo paterno: il padre tuo
Potea un tempo difendertima ora
L'età nella sua man tremula stassi.
Mancò la forza del suo braccioe l'alma
Oscuritade di dolor gl'ingombra.
Passò la notte tenebrosae sorse
La luce del mattin: mossesi innanzi
L'eroe canuto; s'adunaro intorno
Tutti i duci di Selama; ma pochi
Stavan sul piano; e avean canuto il crine:
Caduti con Trutillo eran pugnando
Di giovinezza i valorosi figli.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
82
O de’ verdi anni miei compagni antichi
Cola parlònon così voi nell'arme
Già mi vedestee tal non era in campo
Quando il possente Confadan cadéo.
Ci soverchia il dolor; vecchiezza oscura
Venne qual nebbia dal deserto: è roso
Il mio scudo dagli annied il mio brando
Sta da gran tempo alle pareti appeso.
A me stesso dicea: fia la sua sera
Placidae in calmae 'l tuo partir fia come
Luce che scema a poco a pocoe manca.
Ma tornò la tempesta: io già mi piego
Come una quercia annosai rami miei
In Selama cadèroe tremo in mezzo
Del mio soggiorno. Ove se’ tuTrutillo
Co' tuoi caduti eroi? tu non rispondi;
Tristo è 'l cor di tuo padre. Ah cessi omai
Cessi 'l dolor: che fia? Cairba o Cola
Dee bentosto cader; rinascer sento
La gagliardia del braccioe impaziente
Palpita il cor della battaglia al suono.
Trasse l'Eroe la lampeggiante spada
E seco i suoi: s'avanzano sul piano;
Nuotan nel vento le canute chiome.
Sedea di Lona sulla muta piaggia
Festeggiando Cairba: a sè venirne
Vide gli eroi; chiama i suoi duci. A Nato
Perchè narrar degg'iocome s'alzasse
L'aspra battaglia? io ti mirai fra mille
Simile al raggio del celeste foco
(Bella e terribil vista; il popol cade
Nel vermiglio suo corso). Imbelle e vana
Non fu l'asta di Colaella ferìo
Membrando ancor le giovanili imprese.
Venne un dardo fischiantee al vecchio eroe
Il petto trapassò; boccone ei cadde
Sul suo scudo echeggiante; orrido tremito
Scossemi l'alma: sopra lui lo scudo
Stesie fu visto il mio ricolmo seno.
Venne Cairba con la lanciae vide
La donzella di Selama: si sparse
Gioja sul truce aspettoegli depose
La sollevata spada: alzò la tomba
Di Cola uccisoe me fuor di me stessa
A Selama condusse. A me rivolse
Voci d'amor; ma di tristezza ingombro
Era 'l mio spirto; de’ miei padri i scudi
Io riconobbie di Trutillo il brando:
Vidi l'arme dei mortie sulle guance
Stavami 'l pianto. Allor giungestio Nato
Giungesti e fuggì via Cairba oscuro
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
83
Com'ombra fugge al mattutino raggio.
Eran lontane le sue squadree fiacco
Fu il braccio suo contro il tuo forte acciaro.
O diletto amor mioperchè si mesto?
Disse di Cola la vezzosa figlia.
Fin da' primi anni mieil'Eroe soggiunse
Incontrai la battaglia: il braccio mio
Potea la lancia sollevare appena
Quando sorse il periglio; il cor di gioja
Rideami della pugna al fero aspetto
Come ristretta verdeggiante valle
Se coi vividi raggi il Sol l'investe
Anzi che in mezzo a' nembi il capo asconda.
L'alma rideami fra' periglipria
Ch'io vedessi di Selama la bella
Pria ch'io vedesse tedolce Dartùla
Simile a stellache di notte splende
Sul colle: incontro a lei lenta s'avanza
Nubee minaccia la vezzosa luce.
Siam nella terra del nemico; i venti
Ci tradiromia cara: or non c'è presso
Forza d'amicie non le rupi d'Eta.
Figlia del nobil Colaove poss'io
La tua pace trovar? forti di Nato
Sono i fratellie lampeggiaro in campo
I brandi lor; ma che mai sono i figli
Del prode Usnòr contro d'un'oste intera?
Portate avesse le tue vele il vento
Re degli uominiOscar! Tu promettesti
Pur di venirne insieme alla battaglia
Del caduto Corman: forte sarebbe
Allor la destra mia qual fiammeggiante
Braccio di morte: tremeria Cairba
Nelle sue salee resteria la pace
Coll'amabil Dartùla. Almacoraggio;
Perchè cadialma mia? d'Usnorre i figli
Vincer ben ponno. E vincerannoo Nato
Disse la bella sfavillando in volto
Mel dice il cor: no non vedrà Dartùla
Giammai le sale di Cairba oscuro.
Suquell'arme recatemich'io veggo
Nella nave colà splender a quella
Passeggera meteora; entrar vogl'io
Nella battaglia. Ombra del nobil Cola
Sei tu ch'io veggio in quella nube? E teco
Quell'oscuro chi è? Lo riconosco
Egli e’ Trutillo: ed io vedrò le sale
Di coluiche 'l fratel m'uccise e 'l padre?
Spirti dell'amor miono non vedrolle.
Nato di gioja arse nel voltoudendo
Le voci sue: figlia di Colaei disse
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
84
Tu mi splendi nell'alma; or viaCairba
Vien' co' tuoi mille: il mio vigor rinasce.
Canuto Usnorno non udrai che 'l figlio
Dato siasi alla fuga. Io mi rammento
Le tue parole in Etaallor che alzarsi
Le vele mieche già stendeano il corso
In verso Ullinae la muscosa Tura.
Tu vaiNatodiss'eglial sir dei scudi
Al prode Cucullinche dai perigli
Mai non fuggì; fa' che non sia il tuo braccio
Fiacconè sien di fuga i pensier tuoi:
Onde non dica mai di Semo il figlio:
Debile e’ nel pugnar la stirpe d'Eta.
Giunger ponno ad Usnor le sue parole
E rattristarlo. Lagrimandoei diemmi
Questa lucida spada. Io venni intanto
Alla baia di Tura: oscure e mute
N'eron le mura; risguardai d'intorno
Nè trovai chi novella a me recasse
Del prode Cucullin: venni alla sala
Delle sue conche: esser soleanvi appese
L'arme de’ padri suoi; non v'eran l'arme
E l'antico Lamòr sedea nel pianto.
Donde vien quest'acciar? disse sorgendo
Mesto Lamòr; di Tura ahi da gran tempo
Luce d'asta non fere i foschi muri.
Onde venite voi? dal mar rotante
O di Temòra dalle triste sale?
Noi venimmo dal mardiss'iodall'alte
Terri d'Usnor; di Slisama siam figli
Figlia di Semo generato al carro.
Deh dimmio figlio della muta sala
Ov'è il duce di Tura? ah perchè Nato
A te lo chiede! or non vegg'io 'l tuo pianto?
Dimmi figliuol della romita Tura
Come cadde il possente? Egli non cadde
Lamòr soggiunsecome suol talora
Tacita stella per l'oscura notte
Che strisciae più non è’; simile ei cadde
A focoso vapornunzio di guerra
In suol remotoil cui vermiglio corso
Morte accompagna. Triste son le rive
Del Legoe tristo il mormorio del Lara:
Figlio d'Usnorreil nostro Eroe là cadde.
Ohdiss'io sospirandoinfra le stragi
Cadde l'eroe? forte egli avea la destra
E dietro il brando suo stava la morte.
Del Lego andammo sulle triste rive
La sua tomba scoprimmo; ivi i suoi duci
Con esso estintiivi giaceano i suoi
Mille cantori. Sull'Eroe piagnemmo
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
85
Tre giorniil quarto dì battei lo scudo:
Lieti i guerrieri a questo suon d'intorno
S'adunaroe crollar l'aste raggianti.
Presso di noi coll'oste sua Corlasto
StavaCorlasto di Cairba amico.
Noi d'improvviso gli piombammo addosso
Qual notturno torrente: i suoi cadéro:
E quando gli abitanti della valle
Dal lor sonno s'alzarcol loro sangue
Vider frammista del mattin la luce.
Ma noi strisciammo via rapidamente
Come liste di nebbia inver la sala
Di Cormano echeggiante: alzammo i brandi
Per difendere il re; ma il re d'Erina
Non era più; già di Temòra vuote
Eran le salee in giovinezza spento
Giacea Cormano. Ricoprì tristezza
D'Ullina i figli: tenebrosi e lenti
Si ritirar quai romorose nubi
Dopo tempesta minacciata in darno
Dietro ad un poggio. In lor dolor pensosi
Mosser d'Usnorre i figlied avviarsi
Ver Tura ondosa: a Selama dinanzi
Passammo: al rimirarci il reo Cairba
Sparì fuggendo pauroso in fretta
Quasi nebbia del Lanoa cui dan caccia
I venti del deserto. Allor ti vidi
O verginellasimile alla luce
Del Sole d'Eta: amabile è quel raggio
Dissie sorse il sospir di mezzo al petto.
Tu nella tua beltà venistio cara
Al tuo guerrier; ma ci tradiro i venti
Bella Dartùlaed il nemico è presso.
Sìdappresso è il nemicoallor soggiunse
La forza d'Altosulla spiaggia intesi
Di lor arme il fragord'Erina io vidi
Ondeggiar lo stendardo in negre liste.
Distinta di Cairba udii la voce
Suonarquai le cadenti onde del Cromla.
Egli sul mar l'oscura nave ha scorta
Pria che il buio scendesse; in riva al Lena
Fan guardia i duci suoiben diecimila
Spade inalzando. E diecimila spade
Inalzin purcon un sorriso amaro
Nato rispose: non però d'Usnorre
Ne tremerà la prole. O mar d'Ullina
Perchè sì furibondoe spumeggiante
Sferzi la spiaggia co' tuoi flutti? E voi
Romoreggianti tempeste del cielo
Perchè fischiate in su le negre penne?
Credi tumarcredete voitempeste
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
86
Qui Nato a forza trattener sul lido?
Il suo spirtoil suo core è che trattienlo
O figlie della notte. Altom'arreca
L'arme del padrearrecami la lancia
Di Semoche colà splende alle stelle.
L'arme ei portòcoprì Nato le membra
Del folgorante acciar. Move l'eroe
Amabile nei passi; e nel suo sguardo
Splende terribil gioja: ei di Cairba
Sta la venuta riguardando; accanto
Stagli muta Dartùla; è nel guerriero
Fitto il suo sguardo; di nasconder tenta
Il nascente sospir; represse a forza
Le si gonfian due lagrime negli occhi.
Altoveggio uno speco in quella rupe
Disse d'Eta il signor; tu là Dartùla
Scorgie sia forte il braccio tuo: tu meco
VienteneArdancontro Cairba oscuro.
Sfidiamlo alla battaglia: oh veniss'egli
Armato ad incontrar d'Usnòr la prole!
Se tu campio mio bennon arrestarti
A risguardar sopra il tuo Nato estinto.
Spiega le vele inver le patrie selve
Altoed al Sir di'che cadeo con fama
Il figlio suoche non sfuggì la pugna
Il brando mio: di' che fra mille io caddi
Onde il suo lutto alto gioir contempri.
Tudonzella di Selamaraduna
Le verginelle nella sala d'Eta;
Fa' che cantin per Natoallor che torna
L'ombroso autunno. Oh se di Cona udissi
Le mie lodi sonar la voce eletta
Con che gioja il mio spirto ai venti misto
Volerebbe a' miei colli! - Ah sìdi Cona
Udrassi il nome tuo sonar nei canti
Prence d'Eta selvosa; a te fia sacra
Figlio di Usnorred'Ossian la voce.
Deh perchè là sul Lena anch'io non ero
Quando sorse la pugna? Ossian sarebbe
Teco vittoriosoo teco estinto.
Noi sedevamo quella notte in Selma
Con ampie conche festeggiando; e fuori
Sulle querce era il vento. Urlò lo spirto
Della montagna; il vento entro la sala
Susurrando sen vennee leve leve
Dell'arpa mia toccò le corde; uscinne
Suon tristo e bassoqual canto di tomba.
Primo l'udì Fingàl; sorse affannoso
E sospirando disse: oimè! per certo
Cadde qualcuno de’ miei duci; io sento
Sull'arpa di mio figlio il suon di morte.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
87
Ossiandeh tocca le sonanti corde
Fa' che s'alzi il dolore; onde sui venti
Volino i spirti lor gioiosamente
A' miei colli selvosi. Io toccai l'arpa
E suono uscinne doloroso e basso.
Ombreombre pallide de’ padri nostri
Su dalle nubi tosto piegatevi;
Là negli aerei azzurri chiostri.
Lasciate l'orrida vermiglia luce
Ed accogliete cortesi e placide
Compagno ed ospite l'estinto duce.
Il duce nobileche cadde in guerra
Sia che dal mare rotante inalzisi
Sia ch'egli inalzisi da strania terra.
Nube sceglietegli fra le tempeste
Che la sua lancia formie di nebbia
Sottile orditegli cerulea veste:
Presso ponetegli fosco–vermiglia
E mezzo–spenta lunga meteora
Che 'l suo terribile brando somiglia.
Fate che amabile ne sia l'aspetto
Onde gli amici pensosi e taciti
In rimirandolo n'abbian diletto.
Ombreombre pallide de’ padri nostri
Su dalle nubi tosto piegatevi
Là negli aerei azzurri chiostri.
Tal era in Selma il canto mio sull'arpa
Lieve–tremante: ma d'Ullina intanto
Su la spiaggia era Natointorno cinto
Da tenebrosa notte; udia la voce
Del suo nemicoin fra 'l mugghiar dell'onde;
Udialae riposavasi sull'asta
Pensoso e muto: uscì 'l mattin raggiante
E schierati apparir d'Erina i figli.
Simili a grigie ed arborose rupi
Sulla costa si spargono: nel mezzo
Stava Cairbae dal nemico a vista
Sorrise orribilmente. Incontro ad esso
Nato s'avanza furibondoe pieno
Del suo vigor: nè già poteo Dartùla
Restarsi addietro; col guerrier sen venne
E l'asta sollevò. Chi vien nell'armi
Bella spirando giovenil baldanza?
Chi vienchi viense non d'Usnorre i figli
Altoed Ardano dall'oscura chioma?
Sir di Temoradisse Natoor vieni
Vien' sulla spiaggia a battagliar con meco
Per la donzella: non ha Nato adesso
Seco i suoi duciche colà dispersi
Stanno sul mare: a che guidi i tuoi mille
Contro di lui? tu gli fuggisti innanzi
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Quando gli amici suoi stavangli intorno.
Garzon dal cor d'orgoglioe che pretendi?
Scenderà a pugnar teco il re d'Erina?
Non sono infra i famosi i padri tuoi
Nè fra i re de’ mortali: ove son l'arme
Dei duci estinti alle tue sale appese?
Ove gli scudi de’ passati tempi?
Chiaro in Temòra è di Cairba il nome;
Nè cogli oscuri ei combatte giammai.
A cotai voci escon dagli occhi a Nato
Lagrime d'ira: inferocito il guardo
Volge ai fratelli suoi; tre lancie a un punto
Volanoe stesi al suol cadon tre duci.
Orribilmente fiammeggiò la luce
Dei loro brandi; diradate e sciolte
Cedon d'Erina le ristrette file
Come striscia talor di negre nubi
Incontro al soffio di nemboso vento.
Ma Cairba dispon l'armate schiere
E mille archi fur tesie mille frecce
Ratto volar; cadon d'Usnorre i figli
Come tre giovinette e rigogliose
Querceche stavan sole in erma rupe.
Le amabil piante a contemplar s'arresta
Il peregrinoe in lor mirar sì sole
N'ha meraviglia; ma la notte il nembo
Vien dal desertoe furibondo abbassa
Le verdi cime: il dì vegnente ei torna
Vede le querce al suolla vetta è rasa.
Stava Dartùla nel dolor suo muta
E gli vide a cader: lagrima alcuna
Sugli occhi non appar; ma pieno ha 'l guardo
D'alta e nuova tristezza: al vento sparsi
Volano i crini: le tingea la guancia
Pallor di morte; esce una voce a mezzo
Ma l'interrompon le tremanti labbra.
Venne Cairba oscuroe dov'èdisse
L'amante tuo? dov'è il tuo prence d'Eta
Al carro nato? hai tu vedute ancora
D'Usnòr le salee di Fingallo i colli?
Mugghiato avria la mia battaglia in Morven
Se non scontravan le tue vele i venti;
Fora abbattuto dal mio brando irato
Fingallo istessoe saria lutto in Selma.
Dal braccio di Dartùla abbandonato
Cadde lo scudo; il suo bel petto apparve
Candidoma di sangue apparve tinto
Perchè fitto nel sen le s'era un dardo.
Come lista di neve in sul suo Nato
Ella cadéo: sopra l'amato volto
Sparsa è la negra chiomae l'uno all'altro
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Sgorga frammisto l'amoroso sangue.
Bassabassa
Dissero di Cairba i cento vati
Bassabassa
Sei tu di Cola graziosa figlia.
Mesto silenzio
Copre di Selama
L'onde cerulee
Perchè la stirpe di Trutillo è spenta.
Quando sorgerai tu nella tua grazia
O tra le vergini
Prima d'Erin?
Lungo è 'l tuo sonno nella tombalungo
E lontano il mattin.
Non verrà il sol presso il tuo letto a dirti
Svegliati o bella.
Nell'aria è'l venticel di primavera;
I fiori scotono
I capi tremoli
i boschi spuntano
Colla verde foglietta tenerella;
Svegliati o bella.
Sole ritirati:
Dorme di Selama
La bella vergine
E più non uscirà co' suoi bei rai.
E dolce moversi
Ne’ passi amabili
Della bellezza sua non la vedrai.
Così i vati cantarquando a Dartùla
Inalzaron la tomba; io cantai poscia
Sopra di leiquando Fingal sen venne
Contro il fero Cairbaa far vendetta
Dell'estinto Cormano al carro nato.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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TEMORA
POEMA EPICO
CANTO I
ARGOMENTO: Il soggetto di questo poema si è l'ultima spedizione di Fingal inIrlanda e
l’estinzione della famiglia di Athasempre nemica della stirpe dei reCaledonj stabiliti in Ulster.
Questo primo canto può dividersi in due parti. La prima contiene lascambievol morte di Oscar e
Cairbar accaduta nel modo già riferito nell'introduzionee i lamenti diFingal e di Ossian sopra il
corpo di Oscar. Nella secondaavendo già Fingal disfatto il corpo di truppeirlandesi che s'era
accampato sulla costa di Ulstersotto il comando di Cairbare sopraggiuntala nottes'introduce
Altanovecchio cantore del defunto re Arthoil quale dimorava in Temoraappresso il giovine
Cormarc a raccontar l'infelice morte di quel principeucciso per opera dell’iniquoCairbar. Altano
ch'era stato spettatore di questa tragediaed aveva osato pianger la mortedel suo signore fu
imprigionato da Cairbar insieme con Carilo : i due cantori furono poscialiberati per autorità di
Cathmorfratello di Cairbare si rifugiarono appresso Fingal. Questi avendointeso che Cathmor
si accingeva a dargli battagliaspedisce Fillano suo figlio ad osservare imovimenti di essodopo
aver fatto i dovuti elogi alla virtù e alla generosità del suo nemico. Ilpoema ha il titolo di Temora
dal nome del palagio de' re d’Irlandaove fu ucciso il giovane Cormacepresso il quale diedesi
l'ultima battaglia tra Fingal e Catmor.
Già si rotavan nella viva luce
L'azzurre onde d'Ullina: i verdi colli
Riveste il Sole; i foschi capi al vento
Scotono i boschi. Una pianura angusta
Giace fra due colline ingombree cinte
D'annose querce; ivi serpeggia il rivo
Della montagna. In sull'erbose sponde
Stassi Cairba solitario e muto.
Sulla lancia ei s'appoggia: ha tristo il guardo
Rosseggiante di tema. Entro il suo spirto
Il tradito Corman s'alza con tutte
L'orride sue ferite: in negra nube
Del giovinetto la cerulea forma
Torva s'avanzae scaturisce il sangue
Dagli aerei suoi fianchi. A cotal vista
Balza Cairba pien d'orror; tre volte
Getta la lancia a terraed altrettante
Picchiasi 'l petto; vacillanti e brevi
Sono i suoi passi; ad or ad or s'arresta
Pallidoe inarca le nodose braccia.
Nume parch'a ogni leve aura di vento
Varia la forma sua; triste all'intorno
Son le soggette vallie alternamente
Temon che scenda la sospesa pioggia.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Ei rincorossi alfine: in man riprese
L'acuta lancia; gli occhi suoi rivolti
Tien verso il Lena. Ecco apparir repente
L'esplorator dell'oceàno: ei viene
Ma con passi di temae tratto tratto
Volgesi addietro. S'avvisò Cairba
Ch'eran presso i possentied a sè chiama
Gli oscuri duci. I risonanti passi
Movonsi dei guerrier: tutti ad un tempo
Traggon le spade. Ivi Morlan si stava
Torbido il volto: il folto crin d'Idalla
Sospira al vento: gira bieco il guardo
Cormir rosso–crinitoe sulla lancia
Torvo s'appoggia; orribilmente lento
Volvesi sotto due vellute ciglia
L'occhio di Malto: il fier Foldan grandeggia
Piantato come rugginosa rupe
Sparsa di musco le petrose terga.
Per la sua lancia di Slimora il pino
Che incontra il vento; della pugna i colpi
Segnan lo scudoe l'infocato sguardo
Sembra altero sfidar perigli e morte.
Questie mill'altri tenebrosi duci
Cerchio feano a Cairba al carro nato
Allor che giunse dall'acquoso Lena
L'esplorator dell'oceàn Mornallo.
Gonfi avea gli occhi e tesi in fuorle labbra
Smorte e tremanti. Ohdiss'ei lorsi stanno
Taciti e cheti qual boschetto a sera
D'Erina i ducior che sul lido omai
Sceso è Fingal? Fingalloil re possente
Il terror delle pugne? E l'hai tu visto?
Disse Cairba sospirando: molti
Sono i suoi duci in sulla spiaggia? inalza
L'asta di guerrao viene in pace? - In pace
NoCairbaei non vien; la punta io vidi
Dalla sua lancia; ella è vapor di morte
E sta sul acciar suo di mille il sangue.
In sua robusta canutezza ei scese
Primo sopra la spiaggia; a parte a parte
Si distinguean le nerborute membra
Mentr'ei passava maestoso e lento
Nella sua possa. Ha quella spada al fianco
Che i colpi non raddoppiae quello scudo
Terribile a vederqual sanguinosa
Luna in tempesta. Dopo lui sen viene
Ossiande’ canti il re; con esso è Gaulo
Figlio di Mornitra' mortali il primo.
Balza a terra Conal curvo sull'asta;
Sparge Dermino il fosco crin; Fillano
Piega l'arco; Fergusto altier passeggia
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Pien di baldanza giovenil. Chi viene
Con chioma antica? un nero scudo a lato
Pendegliad ogni passo in man la lancia
Tremaglie sta l'età nelle sue membra.
Ei china a terra tenebroso il volto
Tristo è 'l re delle lance. Il riconosci
Cairba? Usnorre è questiUsnor che move
A far vendetta de’ suoi figli estinti.
La verde Ullina gli risveglia il pianto
E le tombe de’ figli a lui rammenta.
Ma lunge innanzi agli altri Oscar s'avanza
Lucido negli amabili sorrisi
Di giovinezzae bello come i primi
Raggi del Sole: in su le spalle cadegli
La lunga chioma; è mezzo ascoso il ciglio
Dall'elmetto d'acciar lampeggia il brando
E percossa dal Sol l'asta sfavilla.
Re dell'alta Temoraio non soffersi
Degli occhi suoi la formidabil luce
E fuggii frettoloso. E fuggio vile.
Disse lo sdegno di Foldan; va'fuggi
Figlio di picciol cornon vidi io forse
Quell'Oscar? nol vid'io? forte ènol niego
Dentro i perigli: ma son altri ancora
Che impugnan l'asta. Ha molti figli Erina
Quanto lui valorosi; ah sìCairba
Più valorosi ancor: lascia che incontro
A questo formidabile torrente
Per arrestarlo del suo corso in mezzo
Vada Foldan: de’ valorosi il sangue
La mia lancia ricopree rassomiglia
La muraglia di Tura il ferreo scudo.
Come? solo Foldancon fosco ciglio
Ripigliò Maltoad affrontare andranne
Tutta l'oste nemica? e non son essi
Come di mille fiumi affollate onde
Numerosi sul lido? e non son questi
Quei duci stessionde Svaran fu vinto;
Poichè dall'armi sue fuggir dispersi
D'Erina i figli! Ed or contro il più forte
De’ loro eroi vorrà pugnar Foldano?
Foldan dal cor d'orgoglio: or via de’ tuoi
Prendi teco la possae fa' che insieme
Malto ne venga: rosseggiò più volte
Il brando mio; ma chi mie voci intese?
Figli d'Erinacon soavi accenti
Idalla incominciò; non fateo duci
Che giungano a Fingallo i detti vostri
Onde il nemico non s'allegrie sia
Forte il suo braccio. Valorosiinvitti
Sete o guerrierie somiglianti a nero
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Nembo del cielche rovinoso i monti
Sfiancae le selve nel suo corso atterra.
Ma pur moviamci nella nostra possa
Lentiaggruppatiqual compressa nube
Spinta dal vento: allora al nostro aspetto
Tremerà l'ostee dalla man del prode
Cadrà la lancia; noi vediamdiranno
Nube di mortee imbiancheranno in volto.
In sua vecchiezza piagnerà Fingallo
La spenta gloria sua: Morven selvosa
Non rivedrà i suoi duci; e in mezzo a Selma
Crescerà l'erbae 'l musco alto degli anni.
Stava Cairba taciturnoudendo
Le voci lorqual procellosa nube
Che minaccia la pioggiae pende oscura
Là su i gioghi di Cromlainfin che il lampo
Squarciale i fianchi; di vermiglia luce
Folgoreggia la valleurlan di gioja
Della tempesta i tenebrosi spirti.
Sì stette muto di Temora il sire
Alfin parlò. Su s'apparecchi in Lena
Largo convitoi miei cantor sien pronti.
Odi tuOlladalla rossa chioma
Prendi l'arpa del Revanne ad Oscarre
Sir delle spadee a festeggiar l'invita
Nella mia sala; oggi starem tra' canti
Doman le lance romperem: va'digli
Che all'estinto Catolla alzai la tomba
E che i cantori miei sciolsero i versi
All'ombra sua: dì che i suoi fatti intesi
Là del Carron sulle remote sponde.
Or non è qui Catmòrreil generoso
Di Cairba fratelloei co' suoi mille
Ora è’ lontan: noi siam debolie pochi.
Catmòrre a par del Sol lucida ha l'alma
E le battaglie ne’ conviti aborre;
Ciò Cairba non cura. Eccelsi duci
Io pugnerò contro d'Oscàr: fur molte
Le sue parole per Catollae 'l petto
M'arde di sdegno; egli cadrà sul Lena
E la mia fama s'alzerà nel sangue.
Di gioja i duci sfolgoraro in volto:
Si spargono sul pratoe delle conche
S'apparecchia la festa; a gara i vati
Alzano i canti. Su la spiaggia udimmo
Le liete vocie si credè che giunto
Fosse il prode CatmòrCatmòr l'amico
Degli stranieridi Cairba oscuro
L'alto fratel; ma non avean simili
L'alme perciòche di Catmòr nel petto
Lucea raggio del cielo. All'Ata in riva
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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S'alzavan le sue torri; alle sue sale
Sette sentieri conduceanoe sette
Duci su quei sentier si stavan pronti
Facendo ai passaggier cortese invito.
Ma Catmòr s'appiattava entro le selve
Che la voce fuggia della sua lode.
Olla sen venne col suo canto. Oscarre
Alla festa n'andò: guerrier trecento
Seguono il ducee risuonavan l'armi
Terribilmente: i grigi can sul prato
Gìan saltellandoe lo seguian cogli urli.
Vide Fingal la sua partenza; mesta
Era l'alma del Redel fier Cairba
Nudria sospetto: ma chi mai dell'alta
Progenie di Tremmor temeo nemici?
Alto il mio figlio sollevò la lancia
Del buon Cormano; incontro lui coi canti
Fersi cento cantor; cela Cairba
Sotto un sorriso l'apprestata morte
Che negra cova entro il suo spirto: è sparsa
La festa suasuonan le conche; all'oste
Gioja ride sul volto; ella somiglia
A pallido del Sole ultimo raggio
Che già tra' nembi si frammischiae perde.
Cairba alzossi: oscurità s'accoglie
Sopra il suo ciglio; il suon delle cento arpe
Cessa ad un tratto; dei percossi scudi
S'ode il cupo fragore. Olla da lungi
Alza il canto del duolo: Oscar conobbe
Il segnal della morte: ei sorgeafferra
La lancia. Oscardisse Cairbaio scorgo
La lancia di Temòra; in la tua destra
Figlio di Morvendei gran re d'Erina
Brilla l'antica lancia; essa l'orgoglio
Fu di ben cento regiessa la morte
Di cento eroi; cedigarzone altero
Cedila al nato al carro alto Cairba.
Che? del tradito regnator d'Erina
Ch'io ceda il dono? Oscar soggiunseil dono
Del bel Cormano dalla bionda chioma
Ch'egli fece ad Oscarquand'ei disperse
L'oste nemica? Alle sue sale io venni
Allor che di Fingallo innanzi al brando
Fuggì Svarano: isfavillò di gioja
Nel volto il giovinettoe di Temòra
Diemmi la lancia; e non la diede a un fiacco
Truce Cairbaad alma vil non diella.
Non è l'oscurità della tua faccia
Per me tempestae gli occhi tuoi non sono
Fiamme di morte: il tuo sonante scudo
Pavento io forse? o d'Olla al feral canto
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Tremami in petto il cor? nonoCairba
Spaventa i fiacchi; Oscarre alma ha di rupe.
Nè vuoi ceder la lancia? allor riprese
Del fier Cairba il ribollente orgoglio.
Sono i tuoi detti baldanzosi e forti
Perchè presso è Fingalloil tuo di Morven
Guerrier canuto: ei combatte’ coi vili;
Svanire ei deve di Cairba a fronte
Come di nebbia una sottil colonna
Contro i venti dell'Ata. Al duce d'Ata
Se quel guerrier che combatteo coi vili
Fosse dappressoil duce d'Ata in fretta
Gli cederia la verdeggiante Erina
Per fuggire il suo sdegno: olàCairba
Non parlar dei possenti; a me rivolgi
Il brando tuo; la nostra forza è pari:
Ma Fingalloah Fingàl di tutti è sopra.
I lor seguaci intenebrarsi in volto
Videro i ducie s'affollaro in fretta
Intorno a lor: vibran focosi sguardi
Snudansi mille spade. Olla solleva
Della battaglia il canto. In ascoltarlo
Scorse per l'alma tremolio di gioja
Al figlio mio; quella sua gioja usata
Allor che udiasi di fingallo il corno.
Nera come la gonfia ondache al soffio
D'aura sommovitrice alzasie piomba
Curva sul lidodi Cairba l'oste
S'avanza incontro a lui. Figlia di Toscar
Quella lagrima ond'è non cadde ancora
Il nostro Eroe; dal braccio suo le morti
Molte saranpria che sia spento. Osserva
Come cadongli innanzie sembran boschi
Là nel desertoallor che un'irata ombra
Torbida furibonda esceed afferra
Le verdi cime coll'orribil destra.
Cade Morlanmuor ConacàrMaronte
Guizza nel sangue suo: fugge Cairba
Dalla spada d'Oscarree ad appiattarsi
Corre dietro ad un masso: ascosamente
Alza la lancia il traditoree 'l fianco
Ad Oscar mio passa di furto; ei cade
Sopra lo scudoma 'l ginocchio ancora
Sostenta il duce; ha in man la lancia: vedi
Cade l'empio Cairba; Oscar si volge
Col penetrante acciaroe nella fronte
Profondamente gliel conficcae parte
La rossa chioma d'atro sangue intrisa.
Giace colui come spezzato scoglio
Che Cromla scuote dal petroso fianco.
Ahimè che Oscar non sorge; egli s'appoggia
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Sopra lo scudosta la lancia ancora
Nella terribil destra; anche discosti
Treman d'Erina i figli: alzan le grida
Qual mormorio di rapide correnti
E Lena intorno ripercosso echeggia.
Fingallo ode il fragorl'asta del padre
Prendesul prato ei ci precedee parla
Parole di dolor: sento il rimbombo
Della battagliaOscarre è soloo duci;
Alzateviaccorretee i brandi vostri
Unite al brando dell'eroe. Sul prato
Precipita anelante Ossian: a nuoto
Passa il Lena Fillan; Fergusto accorre
Con piè di vento. S'avanzò Fingallo
Nella sua possa: orribile a mirarsi
Del suo scudo è la lucee ben da lungi
D'Erina ai figli sfolgorò sul ciglio:
Ne tremarono i corvidero acceso
Del Re lo sdegnoe s'aspettar la morte.
Primi giungemmoe combattemmo i primi:
D'Erina i duci resister: ma quando
Venne suonando il Requal cuor d'acciaro
Potea far fronteo sostenerlo? Erina
Lungo il Lena fuggio; morte l'incalza.
Ma noi frattanto sullo scudo inchino
Oscar vedemmo: rimiriamo il sangue
Sparso d'intorno. Atro silenzio e cupo
Cadde repente degli eroi sul volto.
Ciascun rivolse ad altra parte il guardo
Ciascuno pianse. Il Re d'asconder tenta
Le lagrime sorgenti: ei sopra il figlio
China la testaed ai sospir frammiste
Escon le sue parole. Oscarcadesti
Cadestio fortedel tuo corso in mezzo.
Il cor de’ vecchi ti palpita sopra
Che le future tue battaglie ei vede:
Vedo le tue battaglieahi! ma la morte
Dalla tua fama le recidee scevra.
E quando in Selma abiterà più gioja?
Quando avran fine le canzon del pianto?
Cadono ad uno ad un tutti i miei figli
E l'ultimo de’ suoi sarà Fingallo.
Dileguerassi la mia fama antica;
Fia senz'amici la mia vecchia etade.
Io sederò come una grigia nube
Nell'atrio miosenz'aspettar che torni
Colla vittoria un figlio. O Morvenpiangi
Oscar non sorge piùpiangete eroi.
E pianseroo Fingallo: alle lor alme
Era caro il guerriero; egli appariva
E svaniano i nemici; e poscia in pace
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Tornava asperso di letizia il volto.
Padre non fu che dopo lui piagnesse
Il caro figlio in giovinezza estinto
E non fratello il suo fratel d'amore.
Caddero questi senza onor di pianto
Perch'era basso il fior d'ogni guerriero.
Urla Brano al suo pièliscialoe geme
L'oscuro Luach'egli condotti spesso
Seco gli avea contro i cervetti in caccia.
Quando d'intorno i suoi dolenti amici
Oscar si videil suo candido petto
S'alzò con un sospiro. I mesti accenti
Diss'egli allorde’ miei guerrieri antichi
L'urlar de’ canil'improvvise note
Della canzon del piantohanno invilita
L'alma d'Oscàrl'anima miache prima
Non conoscea fiacchezzae somigliava
All'acciar del mio brando. Ossiant'accosta
Portami alli miei colli; alza le pietre
Della mia fama; nell'angusto albergo
Del mio riposo il mio corno del cervo
Riponie la mia spada: un dì 'l torrente
Potrebbe seco trasportar la terra
Della mia tomba. Il cacciator sul prato
Discoprirà l'acciaroe diràquesta
Fu la spada d'Oscarre. - E tu cadesti
Figlio della mia fama? Oscar mio figlio
Non ti vedrò più mai? Quand'altri ascolta
Parlar de’ figli suoidi te parola
Più non udrò? Già siede in sulle pietre
Della tua tomba il muscoil vento intorno
Gemee ti piange; senza te la pugna
Combatterassisenza te nel bosco
Le lievi damme inseguiransi: almeno
Guerrier dal campoo dall'estranie terre
Ritornando dirà: vidi una tomba
Presso il corrente mormorio del fonte
Ove alberga un guerrier: l'uccise in guerra
Oscarprimo fra' ducial carro nato.
Io forse udrò le sue parolee tosto
Raggio di gioja avviverammi il core.
Scesa saria sulla tristezza nostra
La buia notteed il mattin risorto
Nell'ombra del dolore; i nostri duci
Lì rimasti sariencome nel Lena
Fredde rupi stillantie la battaglia
Avrian posta in obliose il Re la doglia
Non discacciavae non alzava alfine
La sua voce possente: i duci allora
Come scossi dal sonnoalzar la testa.
E fino a quando starem noi gemendo
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Diss'eisul Lena? E fino a quando Ullina
Si bagnerà del nostro pianto? i forti
Non torneran perciò; nella sua forza
Oscar non sorgerà: cadere un giorno
Deve ogni prodeed a' suoi colli ignoto
Restar per sempre. Ove son'orao duci
I padri nostriove gli antichi eroi?
Tutti già tramontar siccome stelle
Che brillaroe non sono; or sol s'ascolta
Delle lor lodi il suon; ma fur famosi
Nei loro giornie dei passati tempi
Furo il terror. Sìpasserem noi tutti
Guerriernel nostro dì: siam forti adunque
Finchè c'è datoe dietro noi lasciamci
La nostra famacome il Sole addietro
Lascia gli ultimi raggiallor che cela
In occidente la vermiglia fronte.
VatteneUllinomio cantore antico;
Prendi la regia nave; Oscarre in Selma
Riportae fa' che sopra lui di Morven
Piangan le figlie: noi staremo intanto
A pugnar in Erinae a porre in seggio
La schiatta di Cormano. I giorni miei
Van dechinando: la fiacchezza io sento
Del braccio mio; dalle cerulee nubi
Già per accorre il lor canuto figlio
Piegansi i padri miei; verròTremmorre
SìTremmorreverrò; ma pria ch'io parta
S'inalzerà della mia gloria un raggio.
Ebber già suo principioavran pur fine
Nella fama i miei giorni; e la mia vita
Fia torrente di luce ai dì futuri.
Ullin spiegò le vele: il vento scese
Dal mezzogiorno saltellon sull'onde
Ver le mura di Selma; io mi restai
Nella mia dogliae non s'udì mia voce.
Cento guerrieri di Cairba estinto
Erser la tombama non s'alzan canti
Al fero duce; sanguinosaoscura
Era l'alma di lui: Cormano in mente
Stavacie chi lodar potea Cairba?
Scese la notte; s'inalzò la luce
Di cento querce: il Re sotto una pianta
Posesie presso lui sedeva il duce
D'Etad'Usnorre la canuta forza.
Stava Altano nel mezzo; ei raccontocci
Di Cormano la morte; Altano il figlio
Di Conacardi Cucullin l'amico.
In Temora ventosa egli abitava
Col buon Cormanquando il figliuol di Semo
Prese a pugnar col nobile Torlasto.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Trista fu la sua storiae a lui sul ciglio
La lagrima sorgea. Giallo era in Dora
Il Sol cadente; già pendea sul piano
La grigia notte; di Temòra i boschi
Givano tremolando agl'incostanti
Buffi del vento. In occidente alfine
Si raccolse una nubea cui fea coda
Stella vermiglia. Io mi restai soletto
Nel boscoe vidi grandeggiar nell'aria
Una nera ombra: dall'un colle all'altro
Si stendeano i suoi passiaveva a lato
Tenebroso lo scudo: io ravvisai
Di Semo il figlio; la tristezza io vidi
Del volto suoma quei passò veloce
Via nel suo nembolasciò buio intorno.
Rattristossi il mio spirto; in ver la sala
M'avviai delle conche; ardean più faci
Ed i cento cantor toccavan l'arpe.
Stava nel mezzo il bel Cormanvezzoso
Como la scintillante mattutina
Stellache là sul balzo d'oriente
S'allegrae scote di rugiada aspersi
I giovinetti suoi tremuli raggi.
Pendeva a lato del fanciullo il brando
D'Arto; ei godeasi di trattarloe stava
Lieto mirando il luccicar dell'else.
Ei di snudarlo s'attentò tre volte
E tre volte mancò: gialla sul tergo
Sventolava la chiomae dell'etade
Sulle sue guance rosseggiava il fiore
Morbido e fresco: io piansi in su quel raggio
Di giovinezza a tramontar vicino.
Altandiss'ei con un sorrisodimmi
Vedestù 'l padre mio? greve è la spada
Del Re; per certo il braccio suo fu forte.
Oh foss'io come luiquando in battaglia
Sorgeva il suo furor! che unito anch'io
A Cucullinodi Cantela al figlio
Ito incontro sarei. Ma che? verranno
Anche i miei giorniAltanverrà quel tempo
Che fia forte il mio braccio. Hai tu novelle
Del figliuolo di Semo? egli dovrebbe
Tornar colla sua fama; ei questa notte
Promise di tornare; i miei cantori
L'attendono coi cantie sparsa intorno
È la mia festa. Io l'ascoltai tacendo
E già m'incominciavan per le guance
A trascorrer le lagrime; io le ascosi
Sotto il canuto crin. Ma il Re s'accorse
Della mia doglia: ahimèdiss'eiche veggio?
Figlio di Conacàrcaduto e’ forse
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Il re di Tura? e perchè mai di furto
Escono i tuoi sospiri? e perchè tergi
Dagli occhi il pianto? ci vien forse incontro
L'alto Torlastoo l'aborrito suono
Dell'oscuro Cairba? Ei vieneei viene:
Veggo il tuo lutto; il re di Tura è spento.
Ed io non spingerommi entro la zuffa?
Ed io?... ma che? de’ padri miei non posso
Impugnar l'armi. Ah! se il mio braccio avesse
Di Cucullin la forzaal mio cospetto
Fuggirebbe Cairbae de’ miei padri
Risorgerian la famae fatti antichi.
Ei dissee prese in man l'arco di tasso;
Sui vivid'occhi gli scintilla il pianto.
Doglia intorno s'ammuta; i cantor pendono
Sulle lor arpei venticelli toccano
Le cordee n'esce mormorio di doglia.
S'ode da lungi lamentevol voce
Qual d'uomo afflitto. Carilo era questi
Cantore anticoche veniane a noi
Dall'oscuro Slimora; egli la morte
Di Cucullin narroccie i suoi gran fatti.
Sparsidiss'eglialla sua tomba intorno
Stavano i suoi seguaci; a terra stese
Giacciono l'armi loroe la battaglia
Avean posta in obliopoichè 'l rimbombo
Del suo scudo cessò. Ma chi son questi
Disse il soave Carilochi sono
Questiche come lievi agili cervi
Volano al campo? a rigogliose piante
Simili nell'altezzahanno le guance
Morbiderubicondee sfavillando
Balzan per gli occhi fuor le intrepid'alme.
E chi mai sonfuorchè d'Usnorre i figli
I prenci d'Eta generati al carro?
Tutti s'alzar del re di Tura i duci
Come vigor di mezzo spento foco
Se d'improvviso dal deserto il vento
Rapido vien sulle fischianti penne.
Suona lo scudo: nell'amabil Nato
Gli eroi credero di veder risorto
L'estinto Cucullin; tal girava egli
I scintillanti sguardie tal movea
Sulla pianura; la battaglia ferve
Presso il Legopreval di Nato il brando
O re d'Erinae lo vedrai ben tosto
Nelle tue sale. - Ah potess'io vederlo
Cariloin questo punto! allor soggiunse
La di Corman rinnovellata gioja.
Ma tristo io son per Cucullingioconda
Era al mio orecchio la sua voce; spesso
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
101
Movemmo in Dora i nostri passi a caccia
Delle brune cervette: ei favellava
Dei valorosiei mi narrava i fatti
De’ padri miei; fiamma di gloria intanto
M'ardea nel cor: ma siedi alla mia festa
Cariloio spesso la tua voce intesi.
Deh tu di Cucullinoe di quel forte
Generoso stranier canta le lodi.
Di tutti i raggi d'oriente adorno
Sorse in Temòra il nuovo dì; Tratino
Figlio del vecchio Gelama sen venne
Dentro la sala. O re d'Erinaei disse
Vidi una nube nel deserto: nube
Da lungi ella pareama poi scoprissi
D'uomini un nembo: innanzi a lor s'avanza
Uom baldanzoso; gli svolazza al vento
La rossa chiomaal raggio d'oriente
Splende lo scudoha in man la lancia. - E bene
Di Temora chiamatelo alla festa
Disse il buon re d'Erina. È la mia sala
La magion dei stranierio generoso
Di Gelama figliuol: fia forse questi
Il duce d'Etache sen vien nel suono
Della sua fama. Addiostranier possente
Se’ tu l'amico di Corman? che veggio?
Carilooscuro ed inamabil parmi
E trae l'acciaro. Or dì'cantore antico
Questo è il figlio d'Usnor? d'Usnorre il figlio
Non è questoo Cormanma 'l prence d'Ata.
Fero Cairba dall'atroce sguardo
Così armato perchè? non far che s'alzi
Il brando tuo contro un garzone. E dove
Frettoloso ten corri? Ei passa muto
Nella sua oscuritadee al giovinetto
La destra afferra; il bel Corman previde
La morte sua; gli arde il furor negli occhi.
Scostatio d'Ata tenebroso duce;
Nato s'avanza; baldanzoso e forte
Sei nelle sale di Cormanperch'ora
E` debole il suo braccio. - Entra nel fianco
La cruda spada al giovinetto; ei cade
Là nelle sale dE’ suoi padri; e’ sparsa
La bella chioma nella polveintorno
Fuma il suo sangue. - O del magnanim'Arto
Caro figliodiss'iocadesti adunque
Nelle tue salee non ti fu dappresso
Di Cucullin lo scudoe non la lancia
Del padre tuo? Triste le rupi e i boschi
Son or d'Erinaperchè steso a terra
È del popolo il duce. O benedetta
L'anima tuaCorman! Corman gentile!
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
102
Così tu dunque alle speranze nostre
Rapito fosti del tuo corso a mezzo?
Del fier Cairba giunsero all'orecchio
Le mie parole; in tenebroso speco
Ei ci racchiuse: ma d'alzar la spada
Su i cantor non osòbenchè il suo spirto
Nero fosse e sanguigno. Ivi tre giorni
Stemmo languendo: il nobile Catmòrre
Giunse nel quartoudì dalla caverna
La nostra voceed a Cairba volse
L'occhio del suo disdegno. O prence d'Ata
Fino a quandodiss'eivorrai tu ancora
Rendermi afflitto? a masso del deserto
Rassomiglia il tuo cor: foschi e di morte
Son sempre i tuoi pensier: ma pur fratello
Sei di Catmòrreed ei combatter deve
Le tue battaglie: non però lo spirto
È di Catmòrre all'alma tua simìle
Fiacca mano di guerra. I tuoi misfatti
La luce del mio cor rendono oscura.
Per tua cagion non canteranno i vati
Della mia fama: essi diranCatmòrre
Fu valorosoma pugnar sostenne
Per l'oscuro Cairbae taciturni
Sul mio sepolcro passerannè intorno
S'inalzerà delle mie lodi il suono.
OrsùCairbadai lor ceppi sciogli
I due cantori; se nol saison questi
Figli de’ tempi antichie la lor voce
Farà sentirsi ai secoli futuri
Quando spenti saran d'Erina i regi.
Uscimmo alle sue vocie lui mirammo
Nella sua forza: ei somigliava appunto
La giovinezza tuaFingallo invitto
Quando la lancia primamente alzasti.
Sembrava il volto suo la liscia e piana
Faccia del chiaro Solnè nube alcuna
Vedeasi errar sulle serene ciglia.
Pur in Ullina co' suoi mille ei venne
Di Cairba in soccorsoe di Cairba
Ei viene adesso a vendicar la morte
Re di Morven selvosa. E ben: ch'ei venga
Disse l'alto Fingallo; amo un nemico
Come Catmòrre: la sua destra è forte
Magnanimo il suo cor; le sue battaglie
Splendon di fama; ma la picciol'alma
Sembra basso vaporche a paludoso
Lago sovrastae di poggiar sui colli
Non s'attenta giammaiche di scontrarsi
Teme coi i venti. Entro burroni e grotte
Albergae scocca fuor dardo di morte.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
103
Usnordei duci d'Eta al carro nati
La fama udisti; i garzon nostriamico
Son nella gloria a' padri nostri uguali.
Pugnano giovinettie giovinetti
Cadon pugnando; ma noi siam già gravi
Dal peso dell'etade: ah non lasciamci
Cader come tarlate e vacillanti
Querceche il vento occultamente atterra.
Mirale il cacciator colà riverse
Giacer sopra il ruscelloe diceoh vedi
Come cadéro! e via passa fischiando.
Sudi Morven cantorialzate il canto
Della letiziaonde nei nostri spirti
Dolce s'infonda del passato oblio.
Le rosse stelle risguardando stannoci
E chete chete verso il mar dechinano:
Sorgerà tosto il mattutino raggio
E di Corman da lungi ai nostri sguardi
Discoprirà i nemici. Odi Fillano
Prendi l'asta del Revattene al cupo
Fianco di Mora: attentamente osserva
Di Fingallo i nemici: osserva il corso
Del nobile Catmòrre. Odo da lungi
Alto fragorche rassomiglia a scrollo
Di rupe che precipita: tu picchia
Ad or ad or lo scudoonde il nemico
Non s'avanzi nell'ombree sì di Morven
Cessi la fama. O figliuol miocomincio
Ad esser soloe la mia gloria antica
Mirar cadentee a lei sorviver temo.
Alzossi il canto: il Re sopra lo scudo
Si posò di Tremmòr. Sopra le ciglia
Scesegli il sonnoe ne’ suoi sogni alzarsi
Le sue future bellicose imprese.
Dormegli intorno l'oste sua; Fillano
Sta spiando il nemico; ei volge i passi
Verso il colle lontano; e tratto tratto
S'ascolta il suono del percosso scudo.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
104
CANTO II
ARGOMENTO. Ossian addolorato per la morte di suo figlio Oscarsi ritira solonella notte sul colle di Mora per
sfogare la sua tristezza. Udito il rumore dell'armata di Cathmors'accostaal luogo ove Fillano faceva la guardia.
Colloquio dei due fratelli. Ossian riferisce la storia di Conarfiglio diTremmorprimo re d'Irlandae le guerre colla
colonia de' Britanni già stabiliti in quell'isola. Cathmor ch'era in marciaper sorprender l'armata de' Caledonj
accortosi da una fiamma accesa sul monte da Ossianche i nemici erano destidesiste dal suo disegno; e sgrida
Foldath che l'avea consig1iato. Canto di Fonarrebardo di Cathmorin cuivien riferita la storia di Crothar uno degli
antenati di quel principe; la prima origine delle guerre tra i Caledonj e iBritanni passati in Irlanda; e la ragione delle
pretese della famiglla di Atha al trono di quel regno. Mentre gl'Irlandesivanno a riposareCathmor che aveva
intrapresa la guardia del camposi scontra con Ossian. Nobile conversazionede' due campioni. Cathmor ottiene da
Ossian che sia cantata una canzone funebre sopra la tomba di Cairbar. Ossiandopo essersi separato da Cathmor si
imbatte in Carilo. Inno di questo al sole.
Padre d'eroiTremmòrscendi sull'ale
Dei vorticosi venti ov'hai soggiorno
Là dove il forte rotolar del tuono
Di sue fosco–vermiglie orride strisce
Segna le falde di turbate nubi.
Vienio padre d'eroivientenee schiudi
Le tempestose tue sale sonanti;
E teco a schiere dei cantori antichi
Vengano l'ombree dolci aerei canti
Traggan dall'indistinte armoniche arpe.
Non abitante di nebbiosa valle
Non cacciator che sconosciuto imbelle
Lungo il rivo natio lento s'affida
Oscarre al carro natoOscàr sen viene
Dal campo della fama. O figlio mio
Quanto diverso or sei da quel che fosti
Sull'oscuro Moilena! in le sue falde
Già t'avviluppa il nemboe seco a volo
Forte fischiando per lo ciel ti porta.
Ah figlio miovedi tuo padre? il vedi
Che per la notte erra di poggio in poggio
Sospirando per te? Dormon da lungi
Gli altri guerrierche non perdero un figlio.
Ma perdeste un eroeduci possenti
Delle morvenie guerre. E chi nel campo
Pareggiavasi a luiquando la pugna
Contro il suo fianco si volveaqual nera
Massa d'onde affollate? Ossian che pensi?
A che quest'atra nuvola di doglia
Sopra l'alma ti sta? presso è il periglio.
Un foco esser degg'io: stringeci Erina
E solo è il Re. Nopadre mio: fintanto
Che l'asta io reggerònon sarai solo.
M'alzai d'arme sonantee alla notturna
Aura porsi l'orecchioa udire intento
Lo scudo di Fillan: ma suon di scudo
Qui non s'intende; io pel garzon tremai.
Ah scendesse il nemico! e soverchiasse
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
105
Il ben–crinito battagliero! alfine
Udissi un sordo mormorio da lungi
Quasi rumor del Legoallor che l'onde
Irrigidite nei giorni del verno
Si rapprendono in ghiaccioe alternamente
Screpola e stride la gelata crosta:
Risguarda al cielo il popolo di Lara
E tempesta predice. I passi miei
Sul poggio s'avanzar: l'asta di Oscarre
Mi splendea nella man; rossicce stelle
Guardavano dall'alto. Alla lor luce
Vidi Fillan che tacito pendea
Dalla rupe di Mora: ei del nemico
Sentì la mossa romorosae gioja
Nel cor gli si destò; ma de’ miei passi
Odesi a tergo il calpestio; si volge
Sollevando la lancia. E tu chi sei
Figlio di notte? in pace vieni? o cerchi
Scontrare il mio furor? miei di Fingallo
Sono i nemici: o tu favellao temi
L'acciaro mio: non son qui fermo invano
Della stirpe di Selma immoto scudo.
E non avvenga mai che invanrisposi
Fermo in guerra tu stiavivace figlio
Dell'occhi–azzurra Clato: ad esser solo
Fingal comincia; oscurità si sparge
Sugli estremi suoi dì: ma pure ha seco
Due figli ancor che splenderanno in guerra.
A rischiarar di sua partenza i passi
Due rai questi esser denno. O sir dei canti
Il garzon ripigliòpoco è che appresi
A sollevar la lanciae pochi ancora
Nel campo son della mia spada i segni:
Ma una vampa è 'l mio cor: presso lo scudo
Dell'eccelso Catmòrdi Bolga i duci
Vansi accogliendoe tu veder gli puoi
Su quel poggio colà. Che far degg'io?
Tornar forse a Fingallo? oppure all'oste
De’ nemici appressarmi? Ossiantu 'l sai
Nella corsa di Cona altrui non cessi
Che ad Oscar tuo. – Che mi rammenti Oscarre?
No no Fillannon t'appressarpaventa
Di non caderanzi che metta i vanni
La fama tua. Noto son io nel canto
E accorro allor ch'è d'uopo: io le raccolte
A vegliar mi starò turbe nemiche.
Ma tu taci d'Oscarre: a che risvegli
Il sospiro d'un padre? infin che 'l nembo
Di guerra non passòscordarmi io deggio
Del diletto guerriero: ov'è periglio
Non ha luogo tristezzae mal sull'occhio
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
106
Di verace guerrier lagrima siede.
Così gli estinti valorosi figli
I nostri padri tra 'l fragor dell'armi
Dimenticar solean; ma poi che pace
Tornava alla lor terraallor tristezza
Allor dei vati il doloroso canto
Circondava le tombe. Era Conarte
A Tràtalo fratelprimo fra i duci.
Portava di sua spada i monumenti
Ogni spiaggiaogni costa; e mille rivi
Misto volvean de’ suoi nemici il sangue.
La fama suacome piacevol aura
Empiè la verde Erina: il popol tutto
In Ullina adunossie benedisse
L'eletto rere della stirpe eccelsa
De’ padri suoiche la natia dei cervi
Terra lasciò per arrecargli aita.
Ma dentro il bujo d'alterezza involti
Stavan d'Alnecma i ducie gìan mescendo
Voci interrotte di dispetto e d'ira
Giù nel cupo di Mumaorrido speco
Ove dei padri lor le tenebrose
Burbere forme s'affacciavan spesso
Agli spiragli dei spaccati massi
Rimembrando ai lor figli iratamente
L'onor di Bolga calpestato e offeso.
Come? Conarte regnerà? Conarte
Di Morven figlio? uno stranier su noi?
No non fia vero. Essi sboccar col rugghio
Di lor cento tribùtorrenti in piena.
Ma fu rupe Conarte: infranta e doma
Dal fianco suo ne rimbalzò la possa.
Pur tante volte ritornàrche alfine
Cadder d'Ullina i figli. Il Re si stette
Sopra le tombe de’ suoi duci assiso
E declinava dolorosamente
L'oscura faccia: in sè stesso ravvolto
Era lo spirto suo; gli estinti amici
Seguir prefissee già segnato avea
Il luogo della morte e della tomba.
Quando Tràtalo venneil re possente
Di Morven nubilosae non già solo:
Colgarre era con luiColgarre il figlio
Di Solincorma biancicante il seno
E dell'invitto Re. Non con più forza
Tutto vestito di meteore ardenti
Dalle sale del turbine e del tuono
Scende Tremmorree dal focoso seno
Sopra il turbato mar sgorga tempesta:
Di quella onde Colgarre alla battaglia
Venne fremendoe fea scempio del campo.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
107
Occhio di gioja rivolgeva il padre
Sui fatti dell'eroe: ma che? di furto
Venne una frecciae 'l suo gioir recise.
Cadde Colgarre: gli si alzò la tomba
Nè una lagrima uscì: sanguee non pianto
Il Re versò per vendicare il figlio.
Fuggì Bolga dispersae mesta pace
Tornò su i colli: i suoi cerulei flutti
Ricondussero il Duce al patrio regno.
Allor la dolorosa rimembranza
Del figlio estinto gli piombò sul core
Con maggior possalagrime sgorgaro
Dalle paterne impietosite luci.
Nello speco di Furmo il Re del figlio
Pose la spadaonde il diletto eroe
S'allegrasse in mirarlae sullo speco
I dolenti cantor con alte grida
Al suo terren natio chiamar tre volte
L'anima di Colgàr; tre volte udilli
Lo spirto errantee tre porse la testa
Fuor di sua nebbiae a quel chiamar rispose.
Colgardisse FillanColgar felice!
Tu fosti rinomato in gioventude.
Ma non per anco il Re vide il mio brando
Errar pel campo in luminose strisce.
Misero! con la folla inonorato
Esco alla pugnae inonorato e misto
Pur tra la folla alla magion ritorno.
Ma il nemico s'appressa. Osservaascolta
Ossianche romorio! non sembra il tuono
Del terren fra le viscere ristretto
Alle cui scosse traballando i monti
Si rovescian sul dorso i boschi ombrosi?
Volsimi in fretta: sollevai nell'alto
La fiamma d'una querciae la dispersi
Sopra il vento di Mora. A mezzo il corso
Arrestossi Catmòrre. In tale aspetto
Rupe vid'iosopra i cui fianchi il nembo
Sbatte le pennee i suoi correnti rivi
Con nodi aspri di gelo afferra e stringe.
Cotal si stette rilucenteimmoto
L'amico dei stranieri; il vento ergea
La pesante sua chioma. O duce d'Ata
Della stirpe d'Erinaal voltoal braccio
Il più possente ed il maggior tu sei.
Primo tra' miei cantordiss'eiFonarre
Chiamami i duci mieichiama Cormiro
L'igni–crinitol'accigliato Malto
E 'l torvo obliquamente riguardante
Buio di Maronanvengami inanzi
L'orgoglio di Foldanoe di Turloste
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
108
L'occhio rosso–rotantee venga Idalla
La cui voce in periglio è suon di pioggia
Ristoratrice d'appassita valle.
Disse; nè quei tardar: curvi e protesi
Stavan costoro alla sua voceappunto
Qual se uno spirto de’ lor padri estinti
Parlasse lor tra le notturne nubi.
Terribilmente strepitavan l'arme
Sul petto ai ducie di lor arme uscia
Vampa feral: così talor vampeggia
Il torrente di Brumo a' rai riflessi
D'infocati vapori; in suo viaggio
Notturno peregrin trema e s'arresta
E i rai più puri del mattin sospira.
Foldandisse Catmòrreond'è che tanto
Versar di notte de’ nemici il sangue
Sempre dunque t'aggrada? a' rai del giorno
Manca forse il tuo braccio? abbiamo a fronte
Pochi nemici: e fra notturna nebbia
Avviluppar dovremci? amano i prodi
Per testimon di lor prodezze il Sole.
Ma cheduce di Moma? il tuo consiglio
E` già vano per sè: Morven non dorme;
E gli aquilini suoi vigili sguardi
Non si parton da noi. Di loro squadre
Tutto s'accolga la rugghiante possa;
Domani io moverò; doman di Bolga
Contro i nemici andrò. Chiede vendetta
Degna di me di Bombarduto il figlio
Già possenteora basso. Inosservati
Foldan risposealla tua stirpe innanzi
Giammai non fur della mia forza i passi.
Di Cairba i nemici a' rai del giorno
Spesso incontraispesso respinsie 'l duce
Di lodi al braccio mio parco non era:
Or la sua pietra inonoratae senza
Stilla di pianto s'alzerà? nè canti
Sulla tomba s'udran del re d'Erina?
E allegrarsene ancora impunemente
Dovran costoro? ah non fia vero: a lungo
No non s'allegreran. Fu di Foldano
Cairba amico: e noi mescemmo insieme
Colà nel tenebroso antro di Moma
Parole d'amistà; mentre tu ancora
Fanciulletto inesperto ivi pel campo
Capi mietendo di velluti cardi.
Io coi figli di Momaio spingerommi
Là su quei colli; io sonnacchiosa o desta
Morven disperderò. Cadrai Fingallo
Grigio–crinito regnator di Selma;
Nè onor di piantonè di canto avrai.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
109
Fiacco e basso guerrierCatmòr soggiunse
Che parli tu? puoi tu pensarpuoi dunque
Pensar tu maiche di sua fama ignudo
Cader possa l'eroe? che sulla tomba
Dell'eccelso Fingal tacciano i vati?
Scoppieria dalla terra e dalle pietre
Spontaneo il cantoe 'l seguiria su i nembi.
Sai tu quando avverràche canti e lodi
Scordi il cantor? quando cadrà Foldano.
Troppo scuro se’ tuduce di Moma
Troppo sei truceancor ch'entro le pugne
Il braccio tuo fia turbine e tempesta.
Che? bench'io di furor pompa non faccia
Forse scordai nella magion ristretta
D'Erina il re? non e’ con lui sepolto
L'amor mio pel fratello: allor che ad Ata
Tornar solea con la mia famaio vidi
Sulla sua crespa annuvolata fronte
Errar sovente di letizia un raggio.
Ciascuno a cotai detti a' proprj seggi
Si ritirò con garrulo bisbiglio;
E a lor vario aggirarsi alle notturne
Stellescorrea su per li scudi e gli elmi
Luce cangiante e fievolequal suole
Riverberar da uno scoglio golfo
Che l'aura per la notte increspa e lambe.
Sedea sotto una quercia il duce d'Ata;
Pendea dall'alto il suo rotondo scudo.
Dietro sedeaglie s'appoggiava a un masso
Lo stranier d'Inisunail gentil raggio
Dall'ondeggiante crinche di Catmòrre
Venne sull'ormee fe’ pel mar tragitto
Lumon lasciando ai cavrioli e ai cervi.
Non lunge udiasi tintinnir la voce
Del buon Fonàrsacra all'antiche imprese;
E tratto tratto si sperdeva il canto
per lo crescente gorgoglio del Luba.
Crotarreei cominciòsull'Ata ondoso
Primo fermossi: cento querce e cento
Lasciar più monti di sè stesse ignudi
Per fabbricar le risonanti sale
De’ suoi convitiove il suo popol tutto
S'accoglieva festoso. E chi tra i duci
Era in forza o bellezza a te simile
Maestoso Crotarre? al tuo cospetto
Di repentina bellicosa fiamma
S'accendeano i guerrierie uscìa dal seno
Delle donzelle il giovenil sospiro
Della stirpe di Bolga: al capo eccelso
Feste feansi ed onori; e Alnecma erbosa
D'un ospite sì grande iva superba.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
110
Le fere in caccia di seguir vaghezza
Trasselo un dì sino alla verde Ullina
Sul giogo di Drumardo. Iva pel bosco
Conlama bella dall'azzurro sguardo
Conlama figlia di Casmino: il duce
Adocchiòsospirò: s'arresta incerta
Di rossordi desìo; vorria scoprirsi
Nascondersi vorrebbe; or mostraor cela
La sua faccia gentil tra rivo e rivo
Dell'ondeggiante crin. Scese la notte
E la luna dal ciel vide il frequente
Alitar del suo pettoe delle braccia
L'inquieto agitar; che 'l nobil duce
Era il dolce pensier de’ sogni suoi.
Tre dì Crotarre con Casmino insieme
Stettersi a festeggiar: nel quarto andaro
Nel bosco a risvegliar cervetti e damme.
Conlama coll'amabili sue grazie
V'andò pur essa: in un augusto passo
In Crotàrs'abbattè; caddele a un tratto
L'arco di man; volse la facciae mezzo
Tra 'l folto crin l'ascose. Arse Crotarre
E senza più la verginella ad Ata
Tutta tremante seco trasse: i vati
Venner coll'arpe ad incontrarli: e gioja
Per la bella d'Ullina errava intorno.
Ma divampò di furibondo orgoglio
Turloco altier della donzella amante.
Venne ad Alnecmae con armate squadre
Contro ad Ata si volse. Uscì Cormulte
Il fratel di Crotarre; uscìma cadde;
Il suo popol ne pianse. Allor si mosse
In maestoso e taciturno aspetto
La di Crotarre intenebrata forza:
Ei disperse i nemicie alla sua sposa
Tornò letizia a serenar lo spirto.
Ma pugna a pugna sopraggiunsee sangue
Sopra sangue sgorgò. Tutto era il campo
Tombe d'eroi; tutte le nubi intorno
Pregne d'ombre pendean di duci ancisi.
Non avea Alnecma altro riparo o schermo
Che di Crotar lo scudoe d'esso all'ombra
Tutto si strinse: ei de’ nemici al corso
Sè stesso opposee non invan: d'Ullina
Pianser le desolate verginelle
Lungo il rivo natio: volgeano il guardo
Sospirando ai lor collie giù dai colli
Non scendea cacciator: silenzio e lutto
Possedea la lor terrae udiansi i nembi
Soli fischiar per le deserte tombe.
Ma qual presaga di tempeste e venti
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
111
Aquila rapidissima del cielo
Move a sfidarlie ne rattien la foga
Con le sue poderose ale sonanti;
Tal mosse alfin dalle morvenie selve
Il figlio di Tremmòrbraccio di morte
Conarte il valoroso. Ei lungo Erina
La sua possa sgorgò: dietro il suo brando
Distruzion correa: di Bolga i figli
Fuggir da luiqual da torrente alpino;
Che pel deserto rimugghiando scoppia
Da sfracellati massie boschi e campi
Seco avviluppa in vorticosi gorghi
Irreparabilmentee via si porta.
Crotarre accorse: ma d'Alnecma i duci
Fuggir di nuovo. Il re tacito e lento
Si ritrasse in sua doglia. Ei poscia in Ata
Splendette ancorma d'una torba luce
Come d'autunno il Sol qualora ei move
Nella sua veste squallida di nebbia
A visitar di Lara i foschi rivi;
Goccia d'infetto umor l'appassita erba
E benchè luminosoil campo è mesto.
Malaccorto cantorperchè risvegli
Alla presenza mia la rimembranza
Di chi fuggì? disse Catmòr: s'è forse
Dall'oscure sue nuvole qualch'ombra
Fatta agli orecchi tuoiperchè tu tenti
Di sgomentarmi con novelle antiche?
Abitatori di notturna nebbia
Voi lo sperate indarno: a questo spirto
Non è la vostra voce altro che un vento
Atto solo a crollar mal ferme cime
D'ispidi cardie seminarne il suolo.
Altra voce mi suona in mezzo al petto
Nè l'ode altri che me; questa di mille
Guerre e perigli a fronteal re d'Erina
Di fuggir vietaove l'onor l'appella.
Ammutissi il cantoree lento lento
S'acquattò nella nottee non rattenne
Qualche cadente lagrimamembrando
Con quanta gioja in altri giorni il duce
Porgeva orecchio al suo canto gradito.
Già dorme Erina; ma non scende il sonno
Sugli occhi di Catmòr; vid'ei lo spirto
Dell'oscuro Cairba errar ramingo
Di nembo in nembodel funebre canto
Sospirando l'onor. S'alzò Catmòrre;
E scorsa intorno l'oste suapercosse
L'echeggiante suo scudo. Il suon sul Mora
L'orecchio mi ferì. Fillanoio dissi
Il nemico s'avanza; io sento il picchio
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
112
Dello scudo di guerra: in quell'angusto
Passo tu statti; ad esplorar d'Erina
Le mosse io me n'andrò: se pur soccombo
Se 'l nemico prorompeallor percoti
Lo scudo tuo; risveglia il Reche a sorte
La sua fama non cessi. Io m'avviai
Baldanzoso nell'armeun rio varcando
Che pel campo serpeadinanzi i passi
Del signor d'Atae dall'opposta parte
Della verd'Ata il sir fecesi incontro
Ai passi miei con sollevata lancia.
Noi già già ci saremmo in tenebrosa
Orrida zuffa avviluppati e misti
Quasi due spirtiche protesi e curvi
Da due caliginose opposte nubi
S'avventano nel sen nembi e procelle:
S'Ossian non iscorgea brillar nell'alto
Il lucid'elmo del signor d'Erina.
Sventolavano all'aura alteramente
Le spaziose sue penne aquiline
In sul cimieroe una rossiccia stella
Sfolgorar si scorgea tra piuma e piuma.
Io rattenni la lancia. Oh! dissia fronte
Stammi l'elmo dei re. Chi sei? rispondi
O figlio della notte; e s'egli accade
Ch'io t'abbatta sul suolsarà famosa
D'Ossian la lancia? A questo nome il duce
Lasciò l'asta cader. L'alta sua forma
Fessi maggior: stese la destrae disse
Le parole dei re: nobile amico
Dei spirti degli eroidegg'io fra l'ombre
Incontrarti così? Spesso nei giorni
Delle mie feste io desiai sull'Ata
I passi tuoi di maestà ripieni
E 'l tuo spirto gentile: ed or la lancia
Deggio alzar contro te? Splendesse almeno
E risguardasse i nostri fatti il Sole
S'è’ pur forza pugnar. Futuri duci
Segneran questo luogoe andran pensando
Con tremito segreto agli anni antichi.
L'additerancome s'addita il luogo
Ove l'ombre dei morti hanno soggiorno
Che piacevol terrore all'alma inspira.
Che? rispos'iodimenticanza forse
Se noi scontriamci in amistade e in pace
Ci coprirà? forse è piacevol sempre
La memoria di stragi e di battaglie
Alle nostr'alme? e non ci assal tristezza
In rimirar delle paterne pugne
Gli orridi campi insanguinati; e gli occhi
Non s'impregnan di pianto? ove con senso
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
113
Di lieta gioja a risguardar si torna
Le sale in cui tra lor festosi un tempo
Fer di conca ospital cortese invito.
Parlerà questa pietra ai dì futuri
Col crescente suo muscoe dirà: quivi
Catmòrre ed Ossian ragionaro in pace;
Generosi nemicie guerrieri prodi.
Pietraè vertu cadrai; verrà 'l torrente
Di Lubae seco ti trarrà; ma forse
Lo stanco peregrin su questo colle
Addormirassi in placido riposo.
E quando poi l'intenebrata luna
Roterà sul suo capoallor frammiste
Le nostre ombre famose ai sogni suoi
Entro il suo spirto desteran l'imago
Di questo locoe questa notte istessa.
Ma perchè tacie ti rivolgi altrove
Figlio di Borbarduto? Ossiandiss'egli
Non obliati ce n'andrem sotterra;
Saran fonti di luce i nostri fatti
Agli occhi dei cantori; ma intanto in Ata
S'aggira oscurità: senza il suo canto
Giace il signor d'Erina. Era il suo spirto
Torbido e tempestosoè ver; ma pure
Raggio di fratellevole amistade
N'uscia verso Catmòrquasi da nembi
Affocati dal tuonraggio di Luna.
Catmòrreio ripigliaid'Ossian lo sdegno
Non alberga sotterrae via sen fugge
Il mio rancor sovra aquiline penne
Da nemico giacente. Avrà Cairba
Il suo cantol'avrà; datti conforto
Ducela cura e’ mia. S'alzòs'espanse
L'anima dell'eroetrasse dal fianco
Il suo pugnale; isfavillante il pose
Nella mia manfiso mirommie muto
Sospirando partì. Gli sguardi miei
Lo seguitar: ma quei di fosca luce
Scintillante svanìqual notturna ombra
Che a peregrin s'affacciaindi del giorno
Sul primo albor con mormorio confuso
Si ricovra tra i nembi: egli la guata
Ma più e più la non compiuta forma
Impiccioliscee si dilegua in vento.
Ma chi è quelche dalle falde uscendo
Di nebbia del mattinvien dall'erbosa
Valle di Luba? gocciagli la chioma
Delle stille del ciel; vanno i suoi passi
Pel sentier dei dolenti. Ah lo ravviso;
Carilo è questiil buon cantore antico.
Vien dall'antro di Tura: ecco lì l'antro
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
114
Nella rupe scavato. Ivi fors'anco
Riposa Cucullinsul nembo assiso
Che degli alberi suoi curva le cime.
Udiam: che dolce il mattutino canto
Sta sulle labbra del cantor d'Erina.
Che scompiglio è sul mar? veggo affollarsi
L'onde tremantiimpauriteo Sole
All'appressar de’ tuoi splendidi passi.
Sole del cielquanto è terribil mai
La tua beltàquando vapor sanguigni
Sgorghi sul suolquando la morte oscura
Sta ne’ tuoi crini raggruppata e attorta!
Ma come dolce è maicome gentile
Tua viva luce al cacciator che stassi
Dopo tempesta in sul suo poggio assiso
Mentre tu fuor d'una spezzata nube
Mostri la bella facciae obliquamente
Van percotendo i tuoi gajetti rai
Sul suo crin rugiadoso: egli alla valle
Rivolge il guardoe con piacer rimira
Rapido il cavriol scender dal monte.
Ma dimmio Solesino a quanto ancora
Vorrai tu rischiarar battaglie e stragi
Con la tua luce? e sino a quanto andrai
Rotando per lo cielsanguigno scudo?
Veggio morti d'eroi per la tua fronte
Spaziar tenebrosee ricoprirti
La chiara faccia di lugubre velo.
Cariloa che vaneggi? al Sole aggiunge
Forse tristezza? Inviolato e puro
Sempre è 'l suo corsoed ei pomposo esulta
Nel rotante suo foco: esulta e rota
Secura lampa: ah tu fors'anche un giorno
Spegner ti puoi: caliginosa veste
Di rappreso vapor puote allacciarti
Stretto cosìche ti dibatta indarno
Ed orbo lasci e desolato il cielo.
Siccome pioggia del mattinche lenta
Scende soavemente in valle erbosa
Mentre pian pian la diradata nebbia
Lascia libero il varco al nuovo Sole
Tale all'anima mia scende il tuo canto
Carilo amico. Ma di far co' versi
Leggiadra gara sull'erbetta assisi
Tempo questo non è: Fingallo è in arme;
Vedi lo scudo fiammeggiantevedi
Come s'offusca nell'aspetto: intorno
Già tutta Erina gli si volve; or odi:
Quella tomba colà dietro quel rivo
Non la ravvisio Carilo? tre pietre
V'ergono il bigio capoe vi sta sopra
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
115
Fiaccata quercia: inonorato e basso
Vi giace un re: tu n'accomanda al vento
L'ombra negletta: è di Catmòr fratello.
Schiudigli tu l'aeree salee scorra
Per lo tuo canto luminoso rivo
Che l'oscura alma di Cairba irraggi.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
116
CANTO III
ARGOMENTO: Essendo giunta la mattinaFingal dopo una parlata al suo popoloconferisce il comando delle sue
genati a Gauloed egli assieme con Ossian si ritira sul giogo di Cormulchedominava il campo di battaglia. Cathmor
dal suo canto fa lo stessoe affida le schiere irlandesi a Foldath. Canzonimilitari dei bardi. Prodezze dei due capitani
da diverse parti. Essendo Gaulo ferito da una frecciae stando sul puntod'esser attaccato da Foldathsopraggiunge
Filiano a rinfrancar l’esercito caledonioe fa prodigi di valore.Appressandosi la notteFingal richiama l'armata
vittoriosa. Altre canzoni gratulatorie dei bardi. Fingal accortosi che fra'suoi guerrieri mancava Conalucciso da
Foldathfa che Ossian rammemori le sue lodi; indi manda Carilo ad inalzarglila tomba. L'azione di questo canto
occupa il secondo giorno dall'apertura del poema.
Chi è quel grande là presso il pendente
Colle de’ cervidell'ondoso Luba
Lungo il corso ceruleo? annosa pianta
Isbarbicata da notturni venti
Gli fa sostegnoed ei sovrasta altero.
Quel grande e chi sarà? tu seipossente
Progenie di Comàlche già t'appresti
L'ultimo ad illustrar de’ campi tuoi:
Sferzagli il vento il crin canuto: ei mezzo
Snuda l'acciar di Luno; ha volto il guardo
Verso Moilenaonde l'armata Erina
Movea fremendo alla battaglia. Ascolta
Del Re la voceella somiglia a suono
D'alpestre rio. Scende il nemicoei grida
Sorgete o voi delle Morvenie selve
Possenti abitatorie ad incontrarlo
Siatemi scogli del terren natio
Per li cui fianchi romoroso indarno
Volvesi il flutto. Ah di letizia un raggio
Scendemi all'alma; è poderosa Erina.
Quando è fiacco il nemicoallor si sente
Di Fiangallo il sospirche morte allora
Coglier potriami inonoratae buio
Ne involveria la taciturna tomba:
Ma chi fra' duci miei l'oste d'Alnecma
Farassi ad incontrar? se pria non giunge
All'estremo il periglioil brando mio
Di sfavillar non ama. A' prischi tempi
Tal costume era il tuoTremmorre invitto
Correggitor de’ ventie tal movea
Tràtalo il forte dal ceruleo scudo.
Ciascun dei duci a quel parlar pendea
Dal regio voltoe si scorgea negli atti
Misto a dubbiezza palpitar desio.
Ciascun tra labbro e labbro in tronche voci
Rammenta i propri fattie alterna il guardo
Ad Erinaa Fingàl: ma innanzi agli altri
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
117
Stavasi Gaulo non curante e muto.
Solo ei taceachè a chi di Gaulo ignote
Eran l'imprese? Esse al suo spirto innanzi
Tutte schierarsie la sua man di furto
Involontaria ricorreva al brando
Brando che in lui trovòpoichè la possa
Mancò di Mornisuccessor ben degno.
Ma d'altra parte crini–sparsoe chino
Sulla sua lancia addolorato in vista
Stava il figlio di Clato: egli tre volte
Alzò gli occhi a Fingàl; tre su le labbra
Mentre parlavagli spirò la voce.
Che dir potea? vantar battaglie e guerre
Giovinetto non può; partissi a un tratto
Lungo un rio si prosteseaveva il ciglio
Pregno di piantoe dispettosamente
Con la riversa lancia iva mietendo
Gl'ispidi cardi: l'adocchiò Fingallo
Che seguitollo il suo furtivo sguardo.
Videloe di letizia il sen paterno
Rimescolossitacito si volse
Inverso il Morae fra i canuti crini
La mal sospesa lagrima nascose.
Alfin s'udì la regal voce: o primo
Della stirpe di Morniimmoto scoglio
Sfidator di tempestea te la pugna
A prò del sangue di Cormano affido.
Non è la lancia tua verghetta imbelle
In fanciullesca mannè la tua spada
Scherzosa striscia di notturna luce.
Figlio d'egregio padreecco il nemico;
Guardaloe struggi. E tu Fillan m'ascolta:
Mira del duce la condotta; in campo
Lento o fiacco non è; ma non s'accende
Di sconsigliato ardor: guardaloo figlio;
Egli del Luba nella possa adegua
La correntìa; ma non ispuma o mugge.
Del Mora intanto nebuloso in vetta
Starommi a risguardarvi. Ossian del padre
Tu statti al fianco; e voi cantorialzate
Il bellicoso carme; al vostro suono
Morven scenda a pugnar: l'ultimo è questo
De’ campi miei: d'inusitata luce
La vostra man lo mi rivestao prodi.
Qual subitano fremito a sentirsi
Di vento sollevantesio lontano
Mareggiar di turbate ondeche oscura
Crucciosa ombra sommovee ne le sbalza
Isola a ricoprirche da molt'anni
Fu cupo seggio di stagnante nebbia;
Tale è 'l suon dell'esercito ondeggiante
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
118
Che sul campo stendeasi. A tutto innanzi
Gaulo grandeggia: or quel ruscelloor questo
Tra' suoi passi zampilla: alzano i vati
Guerresche note: dello scudo accorda
Gaulo a quel suono il suon; strisciando i canti
Per le del vento sinuose penne.
I
"Là sul Crona un rivo sbocca;
Di notte ingrossae sul mattin trabocca.
Allor sè stesso incalza
Di balza in balza
E spuma e strepita
E massi sgretola
E piante sbarbica;
La morte rotola
Nell'onda che tuona
Fra tronchi e sassi:
Lungi dal Crona
Lungi i miei passi;
Non sia chi d'appressarlo a me consigli.
Di Morven figli
Siate in la vostra possa
Come l'onda del Crona allor che ingrossa".
II
"Ma sul carro fiammeggiante
Là dal Cluta ondisonante
E chi mai sì fero appar?
Al suo aspetto turbarsicrollarsi
Veggo i fonti
Veggo i monti;
E il bosco
Rosso–fosco
Al suo brando vampeggiar.
Guardatelo
Miratelo
Come s'alzacome s'avventa!
E 'l nemico turba e sgomenta!
Sarebbe questa mai l'ombra di Colgaco
Nubi–disperditor?
Dimmisarestù mai Colgaco indomito
Nembi–cavalcator?
Nonoche Morni è questo
Mornisir dei destrieri. O Gauloil padre
Guarda la tua battaglia;
Gaulo non tralignar; tuo padre uguaglia".
III
"Già Selma si schiude
Già s'alzano i canti
Già l'arpe tremanti
Si sente toccar.
Di snelli garzoni
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
119
Drappello giulivo
Il tronco festivo
Già gode portar.
Di gioja foriera
Piacevole auretta
Lusinga l'erbetta
Con dolce sospir.
E l'ultimo raggio
Del Sole che cede
Già partegià riede
Al nostro gioir.
Ecco carco di fama
Ritorna il Re: ma perchè muta o Selma?
Perchè guati così? Selma t'intendo:
Non muggì la battaglia? or come il ciglio
Così di pace ha pieno?
Guerra venneei tonò; sparveè sereno.
Fillan vivace
Tuo padre in campo
Veggati un lampo- e un vago raggio in pace."
Morven s'avanza a questo suono: un campo
Vedi di lance fluttuar sospeso
Come d'autunno al variabil vento
Campo di giunchi. Il Re s'ergea sul Mora
Cinto dell'armi sue: cerulea nebbia
Facea corona al suo rotondo scudo
Ad un ramo sospeso. Al regio fianco
Muto io mi stavaed avea fermo il volto
Sopra il bosco di Cromlaonde lo sguardo
Non mi scappasse alla battagliaed io
Mi vi slanciassi nel bollor dell'alma
Che di desio mi si gonfiava in petto.
Proteso ho un pièsospeso l'altroe d'alto
Splendea d'acciar: tale il ruscel di Tormo
Mentre sta per cadernotturni venti
L'inceppano di ghiaccio: il fanciulletto
Lustrar lo scorge al mattutino raggio
Qual già solea; tende l'orecchio; ohdice
Come sta così muto? e pensae guata.
Nè lungo un rivo neghittoso e lento
Sedea Catmòrqual giovinetto imbelle
In pacifico campo: onda contr'onda
Torbida e grossa ei sospingea di guerra.
Vide Fingal sul Morae in lui destossi
Generosa alterezza. E 'l duce d'Ata
Combatteràquando a pugnar non scende
Di Selma il re? Va vaFoldanconduci
Il popol mio; folgor se’ tu. Si slancia
Il sir di Momasomigliante a nube
Veste di spettried abbrancò la spada
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
120
Bellicoso vapor: le mosse e i cenni
Diè della pugna: le tribùquai solchi
D'onde ammontateriversar con gioja
La gorgogliante possa. Altero il duce
Primo impronta la via: sdegno si volve
Nel regio sguardo. A sè chiamò Cormulte
Di Dunrato signor; Cormulteei disse
Vedi tu quel sentier che obliquo serpe
Del nemico alle spalle? ivi nascondi
Le genti tueche dal mio brando irato
Morven non fugga: e voi cantoriudite:
Non sia tra voi chi per costor la voce
Osi di sollevar. Son di Cairba
Costor nemicie senza onor di canto
Debbon cadere: il peregrin sul Lena
Incontrerà la neghittosa nebbia
Ove affaldate le lor torbid'ombre
Marciran nell'oblionè fia che quindi
Ne le sviluppie le sollevi e scorga
Aura di canto alle ventose sale.
Mosse Cormulte intenebratoil segue
Muta la squadra: rannicchiati e stretti
Dietro la rupe si calar: ma Gaulo
Gli codeggia coll'occhioe a Fillan volto
Tu vedi i passi di Cormulte; or vanne
Sia forte il braccio tuo: quand'egli è basso
Rammentati di Gaulo: io qui mi scaglio
Fra le file de’ scudi. Alzasi il segno
Spaventoso di guerrail feral suono
Dello scudo di Morni; a quel frammischia
Gaulo l'alta sua voce. Erto levossi
Fingal sul Morae d'ala in ala intorno
Vide sparsa la zuffa: a lui d'incontro
Lucida stava in sull'opposto giogo
La robustezza d'Ata: i duo gran duci
Pareano appunto (altera vista e bella)
Due luminosi spiriti del cielo
Ambo sedenti in tenebrosa nube
Quando dal grembo suo versano i venti
Scompigliator di rimugghianti mari:
Sotto i lor occhi s'accavalla e infrange
Fiotto con fiotto; mostruose moli
Scoppiano di balenee d'immensa orma
Stampan l'ondoso disugual sentiero.
Quelli nel suo chiaror sereni e grandi
Si risplendono a frontee l'aura addietro
Sventola i lunghi nebulosi crini.
M'inganno? o scorgo una focosa striscia
Perder nell'aere? e che sarà? di Morni
Il folgorante acciaro: armati ed arme
Tu affasci o Gaulo; ove tu volga il passo
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
121
Pullula morte. Ahimè! Turlato cade
Qual giovinetta quercia incoronata
Di frondeggianti rami. In riva al Moro
Dorme la sposa ricolmetta il seno
Fra l'errante suo crin: dormema stende
ne’ sogni suoi le biancheggianti braccia
Al suo duce che vien: misera Oicòma!
Questa è l'ombra di lui; Turlato giace
Vane son tue lusinghe; è vano ai venti
Tender l'avido orecchio a corre il suono
Dell'echeggiante scudo: il suono è spento
Spento per sempre; il tuo diletto è un'ombra.
Nè già pacata di Foldan la destra
Pendea sul campo: per stragiper sangue
Volvesi; in lui Conàl si scontra; acciaro
Con acciar si frammischia. Ah! con quest'occhi
Degg'io vederlo? o mio Conalson bianchi
I crini tuoi: te de’ stranieri amico
Membra Dunlora tuamembra la rupe
Ricoperta di musco: allor che il cielo
Rotolava i suoi veliil tuo convito
Largo spandeasi; e 'l peregrin assiso
Presso l'accesa querciaudia tranquillo
Romoreggiar per la foresta il vento.
Ma canuto se’ tupossente figlio
Di Ducaro possente; ah perchè nuoti
Nel sangue tuo? sopra di te si curva
Sfrondata piantail tuo spezzato scudo
Giaceti appressoe al rio mescesi il sangue.
Ghermii la lanciae da furor sospinto
Scendea tal morte a vendicar: ma Gaulo
Mi pervenne ed accorse: i fiacchi a lato
Passangli illesi: sol di Moma il duce
Segno è dell'ira sua. Da lungi in alto
Cenno si fean le micidiali spade.
Acuto stral giunse di furtoe a Gaulo
Fere la mancade l'acciaro a terra
Forte sonando: il pro' garzon di Selma
Giunge anelante innanzi al Ducee a un punto
Ampio stesegli appiè sanguigno scudo
Lo scudo di Cormulte. Urlò Foldano
Al soccorso improvvisoe 'l feroce urlo
Tutto raccese il campo suoqual suole
Soffio di ventoche solleva e spande
Pel frondoso di Lumo arido bosco
Rapida spaziosa ala di fiamma.
Figlia di Clatoahdisse Gauloun raggio
Se’ tu del cielo; al balenar gentile
Spianasi il mar rimescolatoe ai nembi
Cadono vinte le rugghianti penne.
Giacque Cormulte a' piedi tuoiper tempo
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
122
Raggiungi tu l'avita fama. O prode
Non ti spinger tropp'oltre; in tuo soccorso
Rizzar l'asta io non posso; inerme in campo
Restar degg'io; ma la mia voce almeno
Combatterà con te: Morven il suono
Ne ascolteràdi bellicosi fatti
Confortator. La poderosa voce
S'alzò nell'aereben diversa allora
Da quellaonde solea di Strumo in riva
Dar della caccia il segno. I guerrier suoi
Curvansi nella mischia; egli nel mezzo
Fermo e grande si staqual quercia annosa
Di tempesta accerchiata; in giù dai venti
Pende fiaccato un noderoso ramo:
Ella non curae radicata e vasta
Sbatte e soverchia coll'aerea cima
La nebbia che l'ingombraasilo e segno
Di meraviglia al cacciator pensoso.
Ma teFillansegue il mio coree calca
L'ampio sentier della tua fama: il campo
Falcia la destra tua: monti d'ancisi
Fanno inciampo al tuo piè. Foldanla notte
Scese a tempo in tuo pro: Lena si perde
Tra le sue nubi. Di Catmòrre il corno
La voce di Fingal suonaro a un punto.
Morven l'intesee con ansante foga
Sen corse al Mora strepitando: i vati
Quasi rugiada riversaro il canto
Raddolcitor di bellicosi affanni.
I
"Chi vien da Strumo a passo lento e tardo
Coll'ondeggiante crin?
Volge ad Erina sospirosa il guardo
Il bel guardo azzurrin.
Bella Evircòmae chi 'l tuo duce uguaglia?
Tema non turbi il sen.
Raggio di foco egli volò a battaglia
Raggio di luce ei vien.
Sol ch'egli alzi la spada
Forza è che senza scudo
Di schermo ignudo - ogni guerrier sen cada".
II
"Dolce letiziaqual piacevol aura
L'alma restaura - del gran Re possente:
Fervongli in mente - i fatti alti e leggiadri
D'avi e di padri - che son ombra e polve;
E dentro volve - dissipati e spersi
Popoli avversi- e le memorie amiche
D'imprese antiche; - ed ha fondata speme
Che di valore il seme
Per lui s'eterni; or chefermando il ciglio
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
123
Nell'onorato figlio
Vede de’ padri suoisiccome ei brama
Tutta avvivarsi e rinverdir la fama.
Come s'allegra il Sole in oriènte
Sopra un fecondo e vivido arboscello
In ch'ei col genial raggio possente
Sparse il vital vigor che lo fa bello:
Ei le fiorite chiome alteramente
Spiegadolce lusinga al venticello;
Cedon le minor piantee 'l cielo arride:
Così Fingallo al suo Fillan sorride".
III
"Quale il suono - del tuono sul monte
Quando al cielo s'offusca la fronte:
Tutto a Lara nel suo corso
Trema il dorso;
Tale il suono di Morven festosa
Romorosa
L'alma scote- l'orecchio percote
Di profondo - giocondo terror.
Tornan essi risonanti
Siccom'aquile rombanti
Che s'affrettano anelanti
Alle case frondeggianti;
Già del sangue ancor fumanti
Di cervetti saltellanti
Di capretti palpitanti
Che restar conquisi e infranti
Dall'artiglio sbranator.
Figli di Cona ondosaa risguardarvi
Di meraviglia gravi
Fuor degli aerei chiostri
Vengono i padri vostri- e vengon gli avi".
Tal fu dei vati la canzon notturna
Sopra il Mora de’ cervi. Alzasi un foco
Di cento querce rovesciate; in mezzo
Ferve il convito: vi fan cerchio intorno
I rilucenti eroi; fra lor Fingallo
Facile a ravvisarsi. Al mormorante
Soffio inegual d'occidentali venti
Fischiar s'udiano l'aquiline penne
Cimier dell'elmo; ei lungo tratto in giro
Volge alternando i taciturni sguardi.
Alfin parlò: Sente il mio cuore un vuoto
Nella nostra letiziae tra' miei fidi
Scorgo una breccia: d'una pianta altera
Bassa è la cima; urla tempesta in Selma.
Ov'è 'l sir di Dunlora? al mio convito
Obliarlo dovrò? Quand'egli ha mai
Straniero o peregrin posto in oblio
Al convitoalla festa? E pur si tace?
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
124
Ah! Conàl non è più: rivo di gioia
Ti scontrio duce; e rapida ti porti
Falda di vento alle paterne sale.
Ossianfacella è l'alma tua: n'accendi
La memoria del Re; sveglia le prime
Scintille di sua gloria. Era canuta
La chioma di Conallo: i suoi verd'anni
Frammischiarsi co' miei; nel giorno istesso
Ducaro primamente agli archi nostri
Pose le cordee a farne prova uscimmo
Contro i cervetti di Dunlora. Assai
Diss'ioConalloassai calcammo insieme
Sentier di guerrae ci mirar più volte
I verdi colli d'Inisfela e l'onde
Videro biancheggiar le nostre vele
Quando alla schiatta di Conarte aita
Recammo armati. Per Alnecma un tempo
Ruggìa battaglia appo Dutùla ondoso.
Dalle di Morven nebulose vette
Il buon Cormano a sostener discese
Ducaroe non già sol; la di Conallo
Lungo–crinita giovinezza a lato
Stavagli: il garzon prode allor la prima
Ergea delle sue lance; al re d'Erina
Porger soccorso era tuo cennoo padre.
Uscir con forte impetuosa piena
Di Bolga i figli: precedea Colculla
Il signor d'Ata; su la piaggia inonda
La marea della zuffa: ivi Cormano
Brillò di viva lucee de’ suoi padri
La fama non tradì: lungi dagli altri
Di Dulnora l'eroe fea strage e scempio
Del campo ostilee del paterno braccio
Seguia Conàl le sanguinose tracce.
Pur prevalse Ata: il popolo d'Ullina
Fuggì sperso qual nebbia: allora uniti
Di Ducaro e Conallo i forti acciari
Dier prove estreme di lor possee fersi
Quai due rupi di pini irte le fronti
Ai nemiciai compagni inciampo ed ombra.
Scese la notte: dalla piaggia i duci
Si ritrasser pensosi: un rivo alpestre
Al lor cammin s'attraversò; saltarlo
Ducaro non potea. Perchè s'arresta
Il padre mio? disse Conalloio sento
Il nemico che avanza: ah fuggio figlio
Disse l'eroela possa di tuo padre
Già vacillae vien meno: alta ferita
Toglie al piè la sua lena; infra quest'ombre
Lascia ch'io mi riposi. Oimè! qui solo
Non rimarrai tu giàConàl soggiunse
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
125
Con profondo sospird'aquila penna
Sarà 'l mio scudo a ricoprirti: ei mesto
Curvasi sopra il padre; invano; e’ morto.
Il dì spuntòtornò la notte; alcuno
Non apparia dei buon cantor solinghi
In lor profondo meditare avvolti
Per dar lode all'estinto: e che? potea
Conàl la tomba abbandonar del padre
Pria che l'onor della dovuta fama
Sciolto gli fosse? Di Dartùla i cervi
Egli ferì di trascurati colpi
E diffuse il convito: alcun non giunge.
Ei sette notti riposò la fronte
Sulla tomba di Ducaro: lo scorse
Avviluppato di nebbiose falde
Quasi vapor sopra il cannoso Lego.
Alfin venne ColgànColganoil vate
Dell'eccelsa Temòra; egli di fama
Sciolse l'omaggio al morto eroe; sul vento
Ducaro salsee sfavillonne: il figlio
Lieto si volse ad onorate imprese.
Dolce lusinga ad un regale orecchio
Verace suon di meritata lode
Disse Fingalquando è sicuro e forte
L'arco del ducee gli si stempra il core
Alla vista del mesto. In cotal guisa
Sia famoso il mio nomeallor che i vati
Co' vivi canti al dipartir dell'alma
Aleggeran la nebulosa via.
Carilo vannee coi cantori tuoi
Alza una tombaivi Conàl riposi
Nell'angusto abituro: ah non si lasci
Giacer pasto di nebbia alma di prode.
Manda la luna un deboletto lume
Sul boscoso Moilena; a' raggi suoi
A tutti i prodi che cader pugnando
S'ergan pietre funebri; ancor che un duce
Ciascun non fossepur robuste in guerra
Fur le lor destre; ne’ perigli miei
Essi furo il mio scoglioed essi il monte
Ond'io presi a spiegar d'aquila il volo.
Quindi chiaro son io. Cariloi bassi
Non si scordin da noi. Canto di tomba
Alzano i vati. Carilo precede;
Seguon quei gorgheggiando; e la lor voce
Rompe il silenzio delle basse valli
Che giacean mute co' lor poggi in grembo.
Intesi il lento degradar soave
Del canto dilungantesie ad un punto
L'anima isfavillò; balzai repente
Dal guancial dello scudoe dal mio petto
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
126
Scoppiar rotteincomposteimpetuose
Note di canto. Ode così talvolta
Vecchia dal verno dischiomata pianta
Il sibilo gentil di primavera;
Odeloe si ravvivae si fa bella
Di giovinette spogliee scote al vento
Le rinverdite sue tremule cime.
Dolce ronzio di montanina pecchia
Errale intornoe al rinnovato aspetto
Dell'erma piaggiail cacciator sorride.
Stava in disparte il giovincel di Clato
Raggio di Selma; avea disciolto il crine
L'elmetto a terra scintillava. A lui
Del Re la voce si rivolseed egli
L'udì con gioia. O figlio miodel padre
Tue chiare gesta rallegraro il guardo.
Meco stesso diss'io: l'avita fama
Scoppia dalla sua nubee si riversa
Sul figlio mio: sei valoroso in guerra
Sangue di Clatoil pur dirò; ma troppo
Temerario t'avanzi: in cotal guisa
Non combatteo Fingalbenchè temenza
Fossegli ignoto nome. Alle tue spalle
Sienti le genti tue riparo e sponda.
Son esse il nerbo tuo. Così famoso
Sarai tu per lunghi annie de’ tuoi padri
Vedrai le tombe. E’ mi ricorda ancora
Quando dall'oceàn la prima volta
Scesi alla terra dall'erbose valli.
Io mi sedea... Noi ci curvammo allora
Ver la voce del Re: s'affaccia agli orli
Di sua nube la lunae si fa presso
La nebbiae l'ombre de’ nebbiosi alberghi
Già di vaghezza d'ascoltarlo accese.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
127
CANTO IV
ARGOMENTO:Continua la seconda notte. Fingal racconta al convito la sua primaspedizione in
Irlanda e il suo matrimonio con Roscranafiglia di Cormac. I duci irlandesisi radunano alla
presenza di Cathmor. Storia di Sulmalla amante di quest’eroe. Aspra contesafra Foldath e
Nalthos. Cathmor si ritira a riposare in distanza dall’armata. Apparizionedell’ombra di Caibar
che oscuramente gli predice l’esito della guerra. Soliloquio di Cathmor.Egli scopre Sulmalla.
Canto amatorio di questa donzella
Colà di Selma sulla roccia ondosa
Sì riprese Fingàlsotto una quercia
Io mi sedeaquando sul mar da lungi
Con la lancia di Ducaro spezzata
Conallo apparve. Il giovinetto altrove
Da' propri colli rivolgeva il guardo
L'orme del padre rimembrando in quelli.
Io m'accigliai: mi s'aggirar per l'alma
Tenebrosi pensieri; i re d'Erina
Schierarmisi dinanzi: impugno il brando.
Lenti i miei duci s'avanzarquai liste
Di nubi raggruppantisilo scoppio
Di mia voce attendendo; ai lor dubbiosi
Spirti era dessaquasi all'aer soffio
Di nebbia sgombrator. Le vele al vento
Di sciorre imposi: dall'acquose valli
Già trecento guerrier stavan guatando
Il brocchier di Fingàlche in alto appeso
Tra le velate antenne al loro sguardo
Segna le vie del mar: ma poi che scese
La buia notteio percoteva il cerchio
Dator di cenni; e per lo ciel con l'occhio
Della vaga Ulerina igni–crinita
N'andava in traccia: la cortese stella
Più non s'ascoseella tra nube e nube
Tenea suo corso; dell'amabil raggio
Io seguitai la rosseggiante scorta
Sull'oceànche debilmente a quella
Gìa luccicando. Col mattin tra nebbie
Inisfela spuntò: nel seno ondoso
Di Moilena approdaich'ampio si versa
Tra risonanti boschi. Ivi Cormano
Contro la possa di Colculla irato
Schermo si fea del suo riposto albergo.
Nè sol Corman n'avea timor; con esso
Era Roscranala regal donzella
Dal guardo azzurro e dalle man di neve.
Appuntellati sul calcio dell'asta
S'avvicinaro i tremolanti passi
Del buon Cormano: un languido sorriso
Spunta sul labbroe duol calcagli il core.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
128
Videcie sospirò: l'armediss'egli
Veggio del gran Tremmòr; questi di fermo
Sono i passi del Re. Fingalloah! raggio
Se’ tu di luce al nubiloso spirto
Dell'afflitto Cormano: o figlio mio
Il tuo valor vince l'età; ma forti
Son d'Erina i nemici: adeguan possa
Di rimugghianti rivi. E questi rivi
Rimugghin purdiss'iol'alma sentendo
Gonfiarmisi di nobile alterezza.
Forse svolver potransi. O sir d'Erina
Non siam schiatta d'imbelli. E che? Temenza
Dunque verrà quasi notturno spettro
A sbigottirci? ah no: crescon del paro
Al nemico le forzeal prode il core.
Non riversar buio di tema in petto
D'animosi garzoni. A cotai detti
Pianto inondò la senil guancia: ei muto
Per man mi prese: alfin soggiunse: o sangue
Dell'ardito Tremmòrnube di tema
Su te non soffioe chi potrialo in terra?
Tu già nel foco dE’ tuoi padri avvampi;
Veggio la fama tuache qual corrente
D'orata luce il tuo sentier t'addita.
Seguiloo prode. Sol l'arrivo attendi
Del mio Cairba: di mio figlio il brando
Unir dessi al tuo acciaro. Egli d'Ullina
Chiama la prole dai riposti seggi
E l'invita a battaglia. Andammo insieme
Alla sala del rech'ergeasi in mezzo
D'alpestri scoglii di cui negri fianchi
Logri avean l'orme di rodenti rivi.
Quercie di spaziosi ispidi rami
Vi si curvano intorno: ondeggia al vento
Ivi folto scopeto: ivi Roscrana
Visibil mezzoe mezzo ascosa il dolce
Canto disciolse: sdrucciolò sull'arpa
La sua candida man; vidi il soave
Girar dell'azzurrina pupilletta
Vidiloe non invano: ella parea
Uno spirito amabile del cielo
A cui s'avvolge vagamente intorno
Negletto lembo di cerulea nube.
Festeggiammo tre dì; la bella forma
Sorgea tuttor nel mio turbato spirto.
Corman fosco mi videe la donzella
Dal candidetto sen diemmi; ella venne
Dimessa il guardoe 'l crin dolce scomposta.
Venne; ma pugna allor muggìo. Colculla
S'avanza; impugno l'astainalzo il brando
Mi circondano i miei; per entro i solchi
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
129
Spingiamci in folla del nemico. Alnecma
Fuggìcadde Colculla; in mezzo a' suoi
Tornò Fingal carco di fama. O figlio
Famoso è quelcui fan riparo a tergo
I suoi campioni: il buon cantore il segue
Di terra in terra: ma colui che solo
Sconsigliato s'avanzaai dì futuri
Poche imprese tramanda. Oggi sfavilla
D'altissimo splendordoman s'eclissa.
Una sola canzon chiude i suoi vanti;
Serba un sol campo il nome suonè resta
La rimembranza dei suoi fatti altrove
Fuorchè colà dove affrettata tomba
Fa via via pullular le piote erbose.
Così parlò l'eccelso Re: sull'erto
Giogo di Cormo tre cantor versaro
Il canto lusinghevole del sonno
E quei discese. Carilo ritorno
Fè alla tomba di Conallo. O duce
Non fia che giunga al tuo squallido letto
La voce del mattinnè presso il freddo
Caliginoso tuo soggiorno udrai
Latrar di veltrio scalpitar di damme.
Come a meteora della notte intorno
Allumatrice di turbate nubi
Volvansi queste: in cotal guisa Erina
Intorno d'Ata al luminoso duce
Tutta s'accolse. Egli nel mezzo altero
Quasi per vezzo spensieratamente
Palleggiando la lanciaaccompagnava
L'alzarsi alterno e l'abbassar del suono
Che uscia dall'arpa di Fonarre. Appresso
Contro un masso appoggiata era Sulmalla
Dal bianco sendal cilestrino sguardo
Sulmalla di Gomorsir d'Inisuna.
Già di queste in soccorso il campion d'Ata
Vennee i nemici ne fugò: lo vide
Maestoso la vergine e leggiadro
Nella sala paternae non cadea
Indifferente di Catmòrre il guardo
Su la donzella dalle lunghe chiome.
Ma 'l terzo giorno dall'acquosa Erina
Fiti sen vennee raccontò l'alzarsi
Dello scudo di Selmaed il periglio
Dell'oscuro Cairba. Il duce a Cluba
Spiegò le vele: invan; che in altre terre
Soggiornavano i venti. Egli tre giorni
Sulla spiaggia si stettee l'occhio addietro
In ver le sale di Gomor volgea:
Che della figlia gli pungeva il core
La rimembranza; e ne traea sospiri.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
130
Or quando a risvegliar l'assonnate onde
Il vento incominciòscese dal colle
Sconosciuto guerrierche di far prova
Dell'asta giovinile avea vaghezza
Nei campi di Catmòrre. Ah sotto l'elmo
Qual volto si nasconde! era Sulmalla.
Venne anelante con forzati passi
Dietro l'orme del Re: natava in gioja
La sua azzurra pupilla in rimirarlo
Quando stendea le ben composte membra
Lungo il ruscello. Ma Catmòr credea
Ch'ella pur anco cavrioli e damme
Inseguisse con l'arco; oppur che assisa
Sopra la vetta di Lumonla bianca
Mano stendesse ad incontrar il vento
Che spirava da Erinaamato albergo
Del suo diletto: di tornar per l'onde
Promesso aveama lo prevenne. È dessa
Volgitio ducehai la tua bella accanto.
L'eccelse forme dei campion d'Erina
Cerchio feano a Catmòr; nessun mancava
Fuorchè Foldan dal tenebroso ciglio.
Giacea lungi costui sotto una pianta
Riconcentrato nel profondo orgoglio
Di sua caliginosa anima: al vento
Stride l'ispido crine: ei tratto tratto
Va borbottando discordanti note
Di dispettoso canto: alfin cruccioso
Pesta la pianta colla lanciae parte
E cogli altri si mesce. Al raggio ardente
D'arida quercia il giovinetto Idalla
Splender vedeasi in placido sembiante.
Giù per la fresca rubiconda guancia
In lunghe liste d'ondeggiante luce
Cadegli la biondissima ricciaja.
Soave era sua vocee lungo il Clora
Soavemente l'accordava al suono
Di music'arpae col gentil concento
Temprava il rugghio del ruscel natio.
Re d'Erinadiss'eiconviti e feste
Richiede il tempo: or viafa' che si desti
La voce dei cantor: l'alma dal canto
Torna più fresca e vigorosa in guerra.
Notte copre Inisfela; errarci intorno
Già scorgo i passi luridi dell'ombre;
L'ombre dei spenti in guerra intorno stanci
Sitibonde di canto: al cantoall'arpe
S'allegrino gli estinti. Estinti e vivi
(Scoppiò in tai detti di Foldan lo sdegno)
Copra dimenticanza: in faccia mia
Si ragiona di cantoor ch'io son vinto?
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
131
Ma novinto non fui; sallo il nemico
Se 'l mio sentier fu turbine e procella.
Stroscia di sangue m'allagava i passi
Piovea morte l'acciar: ma che? gl'imbelli
Stavanmi a tergo: indi fu Morven salva.
Or va'molle garzontasteggia l'arpa
Nella valle di Clora: ogni sua corda
Dura risponda alla tua voce imbelle.
Mentre più cerchi d'adescar cantando
Donna che adocchia in un boschetto ascosa
La tua gialliccia effeminata chioma.
Va sul Cloragarzonfuggi dal Luba;
Questo è campo d'eroi. L'ascoltie il soffri
Re di Temora? con arcigno volto
Malto riprese. A tesignors'aspetta
Dar della pace e della pugna i cenni.
Contro i nemici tuoi spesso tu fosti
Foco distruggitorspesso atterrasti
Entro tombe di sangue armate intere
Ma nel tuo ritornar chi di baldanza
Parole intese? I furibondii folli
Sol si pascon di stragi e spiran morte.
Sopra la punta della lancia è fitta
La lor memoriaed han pensieri e sensi
Di zuffe e sangue avviluppati e intrisi.
Sempre parlan costor. Duce di Moma
Vanta a tua posta il tuo valor: tu sei
Nemboturbintorrente. E che? tu solo
Scuoti la lancia? avesti a fronte i forti;
Non i fiacchi alle spalle. Ah! fiacchi noi?
Osil tu sostener? c'e’ chi tel niega
Chi del tuo irato impareggiabil brando
Non teme il paragon. Farsi due vampe
Nel volto i ducistralunar gli sguardi
Curvarsi innanzi ed impugnar le spade
Fu solo un punto. In fera zuffa avvolti
Il convito regal già già di sangue
Bruttato avriano; se di nobil ira
Non s'accendea Catmòr. Trasse l'acciaro
Riverberantee imperioso in atto
Olàgridòfreno a que’ spirti insani
Figli dell'alterezza: oltrenel bujo
Correte a rimpiattarvi: a sdegno forse
Provocarmi v'alletta? e trarmi a forza
Contro d'entrambi a sollevar la spada?
Guai se... non più: questo di gare e risse
Tempo non è; sparitemi dinanzi
Nubi importune; del comun diletto
Non turbate la gioja. Ambo allibiro
Ambo s'allontanar di quadi là
Tacitirannicchiati; avresti appunto
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
132
Viste di paludosa infetta nebbia
Due smisurate ed orride colonne
Quando di mezzo in suo chiaror sovrano
Vi spunta il sol; s'arretran quellee dense
In sè raccolte tenebrosamente
Van roteando ai lor cannosi stagni.
Stavan gli altri guerrier taciti a cerchio
Della mensa regalee ad ora ad ora
Volgean mal fermo rispettoso il guardo
D'Ata al signorche passeggiava in mezzo
Nel nobile fervor di sua grand'alma
Che intiepidiasie già spuntava in quella
L'amabil calmae 'l bel seren natio.
Sul campo alfin l'oste sdraiossiil sonno
Scese in Moilena: di Fonàr soltanto
Seguia la voce a risonar Catmòrre
Sangue di Lartoil condottier del Lumo.
Ma non l'udia Catmòr; sopito ei giace
Lungo un fremente rio: sibila il crine
Gradito scherzo alla notturna auretta.
Venne Cairba a' sogni suoiravvolto
Tra fosca nubeche per veste ei prese
Nel grembo della notte: oscura in volto
Gli spuntava letizia; inteso avea
La funebre canzonche alla sua ombra
Carilo sciolsee ne volò repente
All'aeree sue stanze: usciro i rochi
Accenti suoi col fremito confusi
Del mormorante rio. Gioja riscontri
L'anima di Catmòr: Moilena intese
La voce sua; Cairba ebbe il suo canto.
Or veleggia su i venti; è la sua forma
Nelle sale paterne; ivi serpeggia
Quasi vampa terribile che striscia
Per lo deserto in tempestosa notte.
Generoso Catmòrrealla tua tomba
Vati non mancheranno: amor dei vati
Fu sempre il prode: lusinghiera auretta
È il tuo nomeo Catmòr. Ma odoo parmi
Un suon lugubre; nel campo del Luba
Stavvi una cupa voce. Aerei spettri
Inforzate il lamento: eran gli estinti
Carchi di fama: ecco si gonfia e cresce
Il mesto suonl'aere se n'empieil nembo
Ulula. Addio Catmòr... tra poco... addio.
Fuggì ravvoltolandosi: l'antica
Quercia sentì la sua partenzae 'l capo
Sibilante crollò. Dal sonno il duce
Scossesiimpugna l'astail guardo intorno
Desioso rivolge; altro non vede
Che notte atro–velata. Ella è la voce
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
133
Dissedel re: ma la sua forma è ita.
O figli della nottei vostri passi
Non lascian orma: in arido deserto
Quasi del Sole ripercosso raggio
Comparite talorma sparite anco
All'apparir dei nostri passi: or vanne
Debole stirpe: in te saper non regna.
Vane son le tue gioiea par d'un sogno
Che lusinga e svanisceo quale all'alma
Lieve–alato pensier s'affaccia e passa.
Catmor... tra poco... e che sarà? fia basso
Scuro giacente in la magione angusta:
Ve’ co' mal fermi ancor socchiusi lumi
Non arriva il mattin? Vatteneo ombra
Battaglia è 'l mio pensier: tutt'altro è nulla.
Già sovra penne d'aquila m'inalzo
Ad afferrar della mia gloria il raggio.
Giaccia sul margo a serpeggiante rivo
In solitaria valle anima imbelle
Di picciolo mortal: passano gli anni
Volvonsi le stagioniei neghittoso
Torpe in riposo vil: ma che? la morte
Vien sopra un nembo tenebrosa e muta
E 'l grigio capo inonorato atterra.
Tal io non partirò. Non fu Catmorre
Molle garzone ad esplorare inteso
Covil di damme: io spaziai coi regi
Con lor venni a tenzonee 'l mio diletto
Fu mortifero campoove la pugna
Spazza dal suol le affastellate squadre
Qual forte soffio accavallate nubi.
Così parlò d'Alnecma il siree ferma
Serenità gli si diffuse in petto:
Quasi fiamma vital valor gli serpe
Di vena in vena: maestosi e grandi
Sono i suoi passie già sgorgagli intorno
Il raggio oriental. Vid'ei la grigia
Oste gradatamente colorarsi
Alla nascente luceed allegrossi
Come s'allegra un spirito del cielo
Ch'alto su i mari suoi s'avanzae quelli
Vede senz'ondae senza penna i venti:
Fallace calma e passeggera; ei tosto
Risveglia i flutti imperiosoe vasti
Sonante spiaggia a flagellar li spinge.
Lungo la ripa d'un ruscello intanto
D'Inisuna la vergine giacea
Addormentata. Dall'amabil fronte
Caduto era l'elmetto: ella sognando
Sta nelle patrie terre: ivi il mattino
Dorava i campi suoi; scorrean dai massi
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
134
Cerulei rivie 'l venticel per gioco
De’ giuncheti scotea le molli cime.
Vivace suono che alle caccia invita
Spargesi intorno: ai cacciator sovrasta
D'Ata l'eroe; l'innamorato sguardo
Egli torce a Sulmalla; essa la faccia
Rivolge altrove orgogliosettae l'arco
Piega negli atti non curante e in volto
Ferma: ah Sulmallaah! ma vacilla il core.
Tale era il sogno suo quando dappresso
Le si fece Catmòr. Videsi innanzi
Quel caro voltoinaspettata vista
E 'l ravvisò: che far dovea l'eroe?
Gemèpiansepartì. Noduce d'Ata
Non è tempo d'amort'attende il campo.
Ei disse; e 'l cerchio ammonitor percosse
Onde di guerra esce la voce. Erina
Sorsegli intornoe rimbombò: dal sonno
La vergine si scosse; arrossae trema
Delle sparse sue trecce; adocchia a terra
L'elmettoe frettolosa e palpitante
Lo ricogliee s'asconde: ohimè! s'Erina
Sapesse mai che in queste spoglie è avvolta
La figlia d'Inisuna! Ella rammenta
La sua stirpe regalee le divampa
La nobil alma di leggiadro orgoglio.
Dietro una rupe si celòda cui
Scende garrulo rivo in cheta valle;
Gioconda solitudine remota
A pacifiche dammeanzi che quindi
Ne le cacciasse alto fragor di guerra.
Qui della bella vergine all'orecchio
Giungeva ad or ad or la cara voce
Dell'amato guerriero: alla sua doglia
Qui s'abbandona; del suo mal presaga
L'anima le si abbuia; ella dal canto
Cerca confortoed amorosi lai
Sparge sul vento in suon flebile e fioco.
Breve giojaove se’ ita;
Caro sognoove sei tu?
Inisuna è già sparita
Il mio suol non veggo più.
Della caccia in la mia terra
Più non odo il lieto suon!
Falda orribile di guerra
Mi circonda: ove mai son?
Guardo fuornè veggo un raggio
Che m'additi il mio sentier.
Ah che speme altra non aggio!
Ah che basso è 'l mio guerrier!
Presso è il re dall'ampio scudo
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
135
De’ possenti atterrator.
Ohimè! scende il ferro crudo
Ah tu cadio dolce amor!
Di Gomorre ombra diletta
Ove porti il mobil piè?
Caro padrearrestaaspetta
Non andar lungi da me.
Stranie terrealtri paesi
Vai sovente a visitar:
La tua voceo padreintesi
Mentr'io lassa era sul mar.
Figlia miatu corri a morte
La tua voce parea dir:
Tutto invan; che amor più forte
Nel mio cor si fea sentir.
Spesso i figli a trar di pene
La paterna ombra sen vien
Quando afflitti e fuor di spene
Solo in duol vita gli tien.
Il mio caro ah se m'è tolto
Vienio padreper pietà
Strutto in piantoin duol sepolto
Più del mioqual cor sarà?
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
136
CANTO V
Argomento:Le due armate si schierano in ordine di battaglia sulle due spondedel fiume Lubar.
Parlata di Fingal a’ suoi guerrieri. Egli dà il comando a Fillano ma nellostesso tempo lo
raccomanda alla direzione di Gaulo. L’armata del Fir–bolg è condotta daFoldhat. Grandi azioni
di Fillano: mentr’egli vince in una parteFoldhat nell’altra incalzaaspramente i Caledoni; ed
avendo ferito Dermid loro condottierogli mette in rotta. Dermidbenchèindebolito dalle ferite
risolve di sfidarlo a singolar combattimentoaffine di arrestarne iprogressi. Sopraggiunge Fillano
attacca Foldhate l’uccide. L’esercito dei Fir–bolg è pienamentesconfitto. Il canto si chiude con
un’apostrofe a Clatho madre di Fillano
O di lance e di scudi ospite amica
Arpache d'Ossian nelle sale appesa
L'esperta man risvegliatrice inviti;
Scendinearpa dilettae fa' ch'io senta
La tua voce gentil. Figlio d'Alpino
Tu percoti le corde; a te s'aspetta
Ravvivar l'alma del cantor languente.
La romorosa corrente del Lora
Sgombrò la storia dal mio spirto: io seggo
Nella nube degli anni; e pochiamico
Sono i spiragliove s'affacci e guati
Lo spirto mio ver le passate etadi;
E visionse vieneè fosca e tronca.
Ti sentoo graziosa arpa di Cona
Ti sento; e già le immagini vivaci
Tornano all'alma miacome ritorna
Il grembo a ravvivar d'arida valle
Dianzi da nebbia neghittosa ingombra
Dietro l'orme del Solcortese auretta.
Luba splendemi innanzi: in su i lor colli
Da un lato e l'altro le nemiche squadre
Stansi attendendo dei lor duci il cenno
Rispettose cosìcome dei padri
Mirasser l'ombre. Alle sue genti in mezzo
S'ergean dei Re le grandeggianti forme
Maestose a vederquasi due rupi
Scabre il dorso di pini: entro il deserto
Le vedi alzarsie soverchiar la nebbia
Torpido–veleggiante; in giù pei fianchi
Scorrono i rivi e gorgogliando ai nembi
Spruzzan le penne di canuta spuma.
Del suo signore alla possente voce
Erina rapidissima discende
Simile a fiamma che si sparge e stride;
Sotto i lor piè Luba s'asconde. A tutti
Vola inanzi Foldan: ma d'Ata il duce
Si ritrasse al suo poggioindi solleva
La lancia suaface di guerrae stella
Allumatrice d'onorata fiamma.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
137
Stassi non lungi di Gomor la figlia
Dolce–languente: di battaglie e stragi
Non è vago quel coree non allegra
Vista di sangue il mansueto sguardo.
Dietro la rupe una romita valle
Stendesi; intorno tre ruscelli azzurri
Dissetan l'erbe; la risguarda il Sole
Con grazioso raggio; in giù dal monte
Scendono in frotta cavrioli e damme:
In lor s'affisa la donzellae pasce
Le vaghe luci d'innocente obietto.
Vide Fingal di Borbarduto il figlio
E 'l minaccioso strepitar d'Erina
Sull'oscurata piaggia: egli percosse
Il cerchio del brocchierche manda i duci
Al campo della fama. Alzarsi al Sole
L'astei scudi echeggiar: già non vedresti
Timor per mezzo all'oste andar vagando
Quasi infetto vaporche a loro appresso
Stava quel Rech'è lor fidanza e possa.
L'eroe di gioja sfolgorò nel volto
In mirar le sue genti: oh quantoei disse
Di Morven mia m'è grato il suon: somiglia
Vento di boschi crollatoreo fiume
Rapido rotator d'argini e sponde;
Quindi è chiaro Fingalloe in altre terre
Vola il suo nome: una sfuggevol luce
Nei perigli ei non fuperchè alle spalle
Sempre gli fur de’ suoi guerrieri i passi.
Ma neppur io dinanzi unqua v'apparvi
Qual terribile spettrointenebrato
Di furordi vendetta; ai vostri orecchi
Non fu tuon la mia vocee gli occhi miei
Non lanciar contro voi vampe di morte.
Solo il mio sguardo i contumaci e alteri
Di mirar non degnava; il mio convito
Non s'imbandia per loro; e al mio cospetto
Svanian qual nebbia all'apparir del Sole.
Or io di gloria v'appresento innanzi
Un giovinetto raggio: ancora in guerra
Poche son l'orme suema tosto io spero
Alte le stamperà: quella dei padri
La sua forma pareggia; ed il suo spirto
È una facella dell'avita fiamma.
Miei fidiil v'accomando; ah custodite
Di Clato il figlio dalla bruna chioma
Difendeteloo prodie lui con gioja
Riconducete al padre; egli star solo
Quinci innanzi potrà. Stirpe di Morni
Movi dietro i suoi passie sprone e scorta
Siagli la voce tua: l'onore rammenta;
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
138
Hai chi t'osservao frangitor di scudi.
Disse; e di Cormo ver l'eccelsa vetta
Ei s'avviò; lento io seguialo; accorse
Gaulo; lo scudo rallentato pendegli
Dalla cintura: Ossian t'arresta ei grida
Legami al fianco questo scudoil lega;
Vedrallo Alnecmae crederà che ancora
Io rizzi l'asta: se cader m'è forza
Celisi la mia tomba; io senza fama
Deggio cader: ed Evircòma ascosa
Sia la mia morte; ella n'aria vergogna.
Fillansta sopra noi l'occhio del forte;
Ogni possa s'adopri: ah non si soffra
Che giù dal colleper recar soccorso
Al nostro rotto e fuggitivo campo
Scenda Fingallo: e sì dicendo ei vola.
La mia voce il seguì: sangue di Morni
Tu morir senza fama? ah non temerlo.
Ma così va; le lor passate imprese
Sono all'alme de’ forti un sognoun'ombra;
E van pel campo della fama in traccia
Di novelli trofeinè da i lor labbri
Escon mai voci di baldanza e vanto.
Io m'allegrai nel rimirarlo; il giogo
Salii di Cormoe al Re posimi a fianco.
Ecco gli opposti eserciti piegarsi
L'un contro l'altro in due ristrette file
In ripa al Luba: ivi Foldan torreggia
Nembo d'oscuritade; indi sfavilla
La giovinezza di Fillan: ciascuno
Manda suono guerrier: Gaulo di Selma
Batte lo scudo: all'armeal sangue: acciaro
Sopra l'acciar sgorga i suoi raggi: il campo
Mette un chiarorqual di cadenti rivi
Qualor da opposte irto–cigliute rupi
Escon mescendo le stridenti spume
Con fragor rovinoso. Eccoloei viene
Il figlio della fama: osservaosserva
Quant'oste atterra! o mio Filland'ancisi
Tu semini i sentier; per te già i nembi
Traboccan d'ombre; ogni tuo passo è morte.
Fra due spaccati massia cui fean ombra
Querce intralciate co' fronzuti rami
Stava Rotmàrscudo d'Erina. Ei rota
Sopra Fillano l'oscurato sguardo
E a' suoi sponda si fa. L'aspro conflitto
Vide Fingallo avvicinarsie tutta
L'anima gli balzò: ma quale appunto
Il gran sasso di Lodaa cader fora
Di Drumanardo dal ciglion petroso
Diradicatoallor che mille a prova
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
139
Imperversando tenebrosi spirti
Squassan la terra in lor furorcon tanta
Molecon tal rimbombo il terren presse
Rotmar feroce dal ceruleo scudo.
Non lungi era Culmin: proruppe in pianto
Il giovinetto di cordoglio e d'ira:
Ei con Rotmàr la prima volta avea
Curvato l'arco al natio fonte in riva
E de’ cervetti sul matin con esso
Seguia le tracciee discopriane il letto.
Scontrarsi agogna con Fillanoe a colpi
Colpi mischiar: vampo menando inalza
L'acciaroe l'aer fendee fere il vento
Pria che Fillan: ma già l'assal. Che fai
Figlio di Colallina? a che ti scagli
Su quel raggio di luce? un foco è questo
Foco distruggitor: garzon di Struta
Mal accortot'arretra; i vostri padri
Non fur nel campo e nella zuffa uguali.
Misera madre! in la romita sala
Siedee col guardo sul ceruleo Struta
Pende inquieta: ecco repente insorgono
Sopra il torrente tortuosi turbini
E mentre sibilando si travoltolano
Nel vorticoso sen pallida pallida
Portano un'ombra: la ravvisa ed ulula
Lo stuol de’ veltri; sanguinose gocciole
Tingon lo scudo: ah tu cadesti o figlio!
Misera madre! o cruda Erina! oh guerra!
Qual cavriolo a cui furtiva freccia
Il molle fianco trapassòsi scorge
Del rio sul margo palpitar prosteso:
Il cacciator che lo ferì s'arresta
Nè senza senso di pietà rimembra
Del piè di vento il saltellar vistoso;
Così giacea di Colallina il figlio
Su gli occhi di Fillan; l'onda corrente
Immolle e svolve le polite anella
Del biondo crine; e riga atra di sangue
Striscia lo scudo: ancor la man sostenta
L'acciaro; infido acciar! che al maggior uopo
Mai lo soccorse. Il buon Fillan lo sguarda
Pietosamentee sventuratoei grida
Caduto se’ pria che si udisse intorno
Risuonar la tua fama! il padre tuo
Mandotti al campoe d'ascoltar s'attende
Tue chiare imprese: egli or canuto e fiacco
Forse ti chiamae ver Moilena ha 'l guardo.
Invan! che tu non torni a consolarlo
Carco di spoglie di nemici ancisi.
Disse; e fugaterrorscompiglioe morte
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
140
Segue a sgorgar sulla smarrita Erina.
Ma d'altra parte rovesciato e infranto
Cade uom sopr'uom dall'infocata rabbia
Del feroce Foldanch'oltre sul campo
Delle sue squadre sospingea la piena
Forte rugghiando: ad arrestarne il corso
Mosse Derminoe a lui strinsersi intorno
Di Cona i figli: ma spezzò Foldano
Lo scudo al ducee i suoi guerrier n'andaro
O spenti o spersi. Allor gridò quel fero
Nell'odiosa sua burbanza: ho vinto
Morven fuggì; va la mia fama al cielo.
Vatteneo Maltoed a Catmòr comanda:
Guardi il sentier che all'oceàn conduce
Perchè Fingallo dal mio brando invitto
Non si sottragga; a terra ei debbea terra
Cader per esso: appo un cannoso stagno
Abbia la tomba; ma di lode e canto
Perda la speme; inonorato ei mora
Ed il suo spirto per la pigra nebbia
Ravviluppato si dibatta invano.
Malto l'udì senza far mottoe solo
Sorgeagli in volto a quel superbo vanto
Disdegnosa dubbianza: alza lo sguardo
Verso Fingalloindi a Foldan lo torce
Bieco; sorride amaramentee muto
Volgesie immerge entro la zuffa il brando
Di Clono intanto nell'angusta valle
Ove due querce sul ruscel son chine
Di Dutno il figlio taciturno e fosco
Stava nel suo dolor: spicciava il sangue
Dalla trafitta cosciaappiè spezzato
Giace lo scudoinoperosa a un masso
Posa la lancia; a cheDerminsì mesto?
Odo il rugghiar della battaglia: e sole
Son le mie schiere: vacillanti a stento
Traggo i miei passi e non ho scudo: ah dunque
Fia che vinca costui? nose pria basso
Non è Derminnon vincerà: Foldano
Ti sfideròt'affronterò. La lancia
Isfavillando di terribil gioja
Prende; ma Gaulo ecco già vien. T'arresta
Figlio di Dutnoonde tal fretta? il sangue
Segna i tuoi passi: ov'è lo scudo? inerme
Dei tu cader? Signor di Strumoei disse
Dammi lo scudo tuo: spesso ei travolse
Piena di guerranel suo corso al fero
Farommi incontro. Alto campionnon vedi
Quella pietra colàche il grigio capo
Sporge tra l'erba? ivi riposa un duce
Del ceppo di Dermin: colà già spento
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
141
Ponmi a dormir nella perpetua notte.
Sale ei sul poggio lentamentee mira
Lo scompigliato campo: erran quala
Le della zuffa scintillanti file
Diradatespezzate. In notte oscura
Qual è a mirar su piaggia erma lontano
Foco che al variar d'instabil vento
Varia d'aspetto: or tu lo vedi assorto
Fra globi atri di fumoora lo scorgi
Rigurgitar con tortuosi slanci
La rossa rapidissima corrente;
Tale affacciossi di Dermino al guardo
La variata mischia. All'oste in mezzo
Campeggia il passo di Foldanqual vasta
Mole di naveche in orribil verno
Di mezzo a due scogliose isole opposte
Spuntarsi scorgee balzellon sull'onde
Va il mar sopposto a soverchiar. Dermino
Furibondo l'adocchiae già si scaglia
Entro la zuffaahi! ma vacilla; e grossa
Cade dall'occhio del guerrier dolente
Lagrima di dispetto. Allora il corno
Suonò del padreed il cerchiato scudo
Ben tre volte colpìtre volte a nome
Chiamò Foldan ferocemente. Udillo
Foldan con giojae sollevò la lancia
Sanguinosaferal: qual masso alpestre
Mostra in tempesta i rugginosi fianchi
Segnati a strisce di correnti rivi;
Cotal movea contro Dermino audace
Tutta strisciata di grondante sangue
La forma spaventevole di Moma.
Da un lato e l'altro si ritrasse l'oste
Dal conflitto dei duci: alzansi a un punto
Le scintillanti spadee già... ma tosto
Fillano si precipitaed accorre
Alla zuffa inegual; tre passi a retro
Balzò Foldan che abbarbagliollo il vivo
Raggioche qual da nube uscìo repente
L'eroe ferito a ricattar: dell'atto
Ebbe onta il trucee di rabbioso orgoglio
Ebro avanzossie chiamò fuora all'opra
Quanto avea possa nell'esperto acciaro.
Qual due talor di spaziose penne
Aquile alto–volanti a giostrar vanno
Per le piagge dei ventionde del cielo
La vasta solitudine rimbomba;
Tai s'avventar l'un contro l'altro i duci
Sopra Moilena. In sulle opposte rupi
Dei due gran Re che si sedeano a fronte
Involontari a cotal vista i passi
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
142
Quinci e quindi avanzarsiallora appunto
La buia zuffaallor parea che stesse
Già per calar sulle taglienti spade.
Segreta gioja ricercar le vene
Sentì Catmorgioja d'eroiqualora
Sorge periglio a lor grand'alme eguale.
Sul Luba noma ben sul Mora ha fitto
L'avido sguardoche di là s'ergea
Maestoso e terribile a mirarsi
Del re di Selma il signoril sembiante.
Ecco riverso sul ceruleo scudo
Foldano stramazzò. Fillan coll'asta
Passagli il sennè a risguardar si volge
Sopra l'estinto; oltre si spingee rota
Onda di guerra. Sorgono le cento
Voci di morte. Il frettoloso passo
Figlio di Clatoarresta; ohimè! non vedi
Isfavillar quella terribil forma
Fosco segno di morte? ma il re d'Alnecma
Non destar in tuo danno; assai facesti
Prode garzonfa' che ti basti; arresta.
Vide Foldan giacentee fosco appresso
Stettegli Malto; ira e rancor dall'alma
Gli s'era sgombro: ei somigliava a rupe
Là nel desertoin sul cui negro fianco
Sta l'umidor di non rasciutte stille
Poichè la basso–veleggiante nebbia
Lasciolla scarcae gli alberi riarsi
Restaro al vento. Con pietosi accenti
Al moribondo eroe tenne parole
Dell'oscura magion. Dìla tua grigia
Pietra alzerassi nella verde Ullina
Oppur di Moma in la selvosa terra
Ove risguarda di soppiatto il Sole
Sul ceruleo Dalruto? ivi s'aggira
Mentre a te pensail solitario passo
Di Dardulena tua. La mi rimembri
Disse Foldanperchè di figli privo
Garzon non lascioche l'acciaro impugni
Per vendicar l'ombra paterna? Malto
Già vendicato io son: pacata in campo
Non futu 'l sai la destra mia: d'intorno
Al mio angusto abituro alza le tombe
Di quei ch'io spensi: ecco le mie vendette.
Io dal mio nembo scenderò sovente
Per visitarlee mi fia vanto e gioja
Vederle a cerchio coi muscosi capi
Far corona al mio sassoe la folt'erba
Crescervi sopra e sibilar sul vento.
Dissee 'l suo spirto rapido si spinse
Alle valli di Momae venne ai sogni
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
143
Della diletta Dardulena. Appunto
Tornata allor dalle cacciate damme
Lungo la ripa di Dalruto erbosa
Dormia la bella; rallentato l'arco
Stavale accantoe il candidetto seno
Co' bei flagelli della lunga chioma
Leve leve battea scherzosa auretta.
In cotal atto rivestita e sparsa
Di sua fiorita giovenil beltade
Giacea la verginellaamor d'eroi.
Venne dal boscoe verso lei curvossi
Torbido il padre: ampia ferita ha in petto;
Si mostrava talortalora avvolto
Fra la nebbia svaniascoppianti lagrime
Rupperle il sonno; ella s'alzòconobbe
Ch'era basso il guerrier; poscia a colpirla
Venne un baleno dal paterno spirto
Che sovra i nembi suoi correa sublime
E ferilla una voce: ultima adesso
O Dardulena dall'azzurro sguardo
Dell'altera tua schiatta ultima sei.
Già fugge Bolga; e di confuse grida
Già Luba echeggia: a scompigliar le squadre
Su i loro passi rapido anelante
Pende Fillan; sparso di morti è il suolo.
Sulle prodezze dell'amato figlio
Gioìa Fingallo: alfin Catmorre alzossi
Il possente Catmòr. Figlio d'Alpino
Qua quarecami l'arpaal vento spargi
La gloria di Fillanoalto solleva
Il nome suo finchè sfavilla ancora.
Esci fuor vezzosa Clato;
Vieni al prato
Col bel guardo cilestrin.
Ver Moilena gira il ciglio
Guarda il figlio
Quasi raggio mattutin.
Raggio che splende
Ma fere e incende:
Luce nemica al suo chiaror non dura;
Miralo a balenar;
Ohimè! più nol mirar – ch'egli s'oscura.
Al suon piacevole
D'arpe tremanti
Mescete o vergini
Mescete i canti:
Fillan gli chiede
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
144
Del suo valor mercede.
Ei non va cercando il letto
O di damma o di cervetto
Del mattin sul primo albor.
Nè sul rio negletto e lento
Piega l'arcoe scocca al vento
Sconosciuto cacciator.
Contro il suo fianco la guerra si volve
Egli qual turbo le schiere travolve
Rugge la mischiala piena ingrossa
Egli rotasie 'l campo arrossa:
La man forte
Piove morte;
Alto il piede nel sangue passeggia
L'occhio folgorae morte lampeggia.
Dillo un irato spirito del cielo
Che del nembo
Scuote il lembo
E scende con furor: scosso l'oceàno
Sente in sè l'orma profonda;
Mentr'ei move d'onda in onda
Il suo dorso a calpestar.
Vampa feral n'arde i vestigi; e l'isole
Con forte tremito
I capi crollano
Sul trabalzato mar.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
145
CANTO VI
ARGOMENTO: Catmor vedendo la morte di Foldathrisolve di entrar nellamischia e di
combattere contra Fillano. Fingal invia Ossian a sostener il fratello e siritira dietro la rupe di
Cornul. Fillano è assalito e ferito a morte da Catmorinnanzi che Ossiansia giunto. All'arrivo di
questo si rinnova la battagliama la notte divide i combattenti. Ossiantrova Fillano spirante. Il
suo corpo è riposto dal fratello in una grotta vicina. L'armata de' Caledonjè richiamata da Fingal.
Il Reintesa la morte del figliosi ritira in silenziodopo averdichiarato di voler guidar la
battaglia il giorno seguente. Gl'irlandesi padroni del campo si avanzano.Cathmor giunge alla
grotta ov'era Fillano: suoi riflessi a quella vista. Canzone di Sulmallaconcui si chiude il canto
che termina verso la metà della terza notte.
S'alza Catmòr? che fia? l'acciar di Lona
Fingallo impugnerà? ma che fia poscia
Di tua fama crescentealtero germe
Della candida Clato? Ah! dal mio volto
Non torcer no l'annuvolato sguardo
O figlia d'Inistor: non fia ch'io copra
Col mio chiaror quel giovinetto raggio:
Ei mi brilla sull'alma. Oh colle falde
Degli aerei tuoi boschi alzatio Mora
Fra la battaglia e me: perchè degg'io
Starmi la pugna a risguardarper tema
Che cader debba anzi il suo tempo spento
Il mio guerriero dalla bruna chioma?
Lungi il tristo pensier: confuso suono
Chiuda al fragor della battaglia il varco.
Carilodella leve arpa tremante
Sgorga fra' canti il suon: qui delle balze
Son pur le vocie delle onde cadenti
Il grato sussurrar. Padre d'Oscarre
Tu solleva la lanciaal giovinetto
Porgi soccorso; ma i tuoi passi ascondi
Agli occhi di Fillano: ah non conosca
Il pro' garzon ch'io del suo acciar diffidi.
Nofigliuol mionon sarà mai che sorga
Sulla tua luminosa alma di foco
Nube per meche la raggeli o abbui.
Dietro il suo poggio ei si ritrasse al suono
Della voce di Carilo: io gonfiarsi
Sentiimi l'alma; e palpitante presi
La lancia di Temora. Errar io scorsi
Lungo Moilena l'orrida rovina
Della zuffa di mortearmati ed arme
Ravviluppatiscompigliate schiere
Qual ferirqual fuggir. Fillan trascorre
Per l'ostee ne fa scempioe d'ala in ala
Foco devastator desola e passa.
Tutti dinanzi a lui stempransi i solchi
Della battagliae van qual fumo al vento.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
146
Ma in suo regale bellicoso arnese
Scende Catmòr: dell'aquila temuta
Oscure roteavano le penne
Sull'elmetto di foco: ei move al campo
Spregiantemente in suo valor securo
Come se d'Ata lo chiamasse ai boschi
Festosa caccia: sollevò più volte
La terribil sua voce. Udillo Erina
E si raccolse; l'anime de’ suoi
Che svanian per timorcorsero addietro
Quasi torrentie meraviglia ed onta
Ebber di lor temenza: in cotal guisa
Quando il mattino le pendici indora
Lo sbigottito peregrin si volge
Con protesi occhi a risguardar la piaggia
Orrido campo di notturni spettri;
E in quel vivo chiaror prende conforto.
Fuor della rupe di Moilenascossa
D'improvviso tremoreuscì Sulmalla
Incespicantevacillante; un ramo
D'ispida quercia attraversossi; e l'asta
Di man le trasse; ella nol sente; intesa
Pendea col guardo sopra il duce. O bella
Non è dinanzi a te piacevol tresca
Nè scherzosa tenzon d'archi e di strali
Siccome allor che di Gomòr agli occhi
Fe’ di sè mostra il giovine di Cluba.
Qual la rupe di Runoallor che afferra
Le scorrevoli nuvole pei lembi
Della lurida veste e le si addossa
Sembra ingrandir sopra la piaggia ondosa
In sua raccolta oscuritade; il duce
D'Ata così farsi maggior parea
Mentre a lui folta raccoglieasi intorno
L'armata Erina. Come varj nembi
Volan sul mare e ciascun d'essi innanzi
La sua fosco–cerulea onda sospinge;
Tal d'ogni lato di Catmòr le voci
Sospingean grossa onda d'armati. E muto
Non è Fillan sotto il suo poggio; ei mesce
L'alta sua voce all'echeggiante scudo:
Aquila ei par che le sonanti penne
Batte con forzae a secondarne il corso
Chiama i rapidi venti allor che scorge
Lungo la valle del giuncoso Luta
Errar in frotta cavrioli e damme.
Si curvanos'azzuffano: le cento
Voci di morte odi suonar; l'aspetto
De’ due gran Ducidei guerrier gli spirti
Incendea di magnanime faville.
Io corsi a slanci; ma massima tronchi
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
147
Dirupatiammontati inciampo al piede
Feano e ritardo: udii d'acciaro intorno
Un forte strepitar; m'accosto alfine.
Erto sul poggio rimirai dell'una
Oste e dell'altra i minacciosi passi
Lentamente aggirantisie le luci
Torvo–guardanti: tenebrosi e grandi
Per le scintille del lucente acciaro
Gli eroi scorgeansi passeggiar spiranti
Fero riposo: i due campioni alteri
S'eran già scontri in sanguinosa zuffa.
Precipitaiche per Fillan m'assalse
Subita tema e mi distrinse il core.
Giunsi; Catmòr mi videe non pertanto
Non s'avanzònon s'arretrò; di fianco
Sol seguiami col guardo; alta di ghiaccio
Massa ei parea: ratto all'acciar mi corse
La destra e l'alma. In sull'opposto margo
Del rio corrente a passeggiar ci stemmo
Un cotal pocoindi rivolti a un tratto
Sollevammo le lance; a separarci
Scese la notte; è tutto bujo intorno
Tutto silenziose non quanto ascolti
Lo scalpitar delle disperse schiere.
Io venni al luogo ove Fillan poc’anzi
Pugnato avea: che fia? voci non sento
Suono non odo: uno spezzato elmetto
Giacea sul suoloe in due fesso uno scudo.
Fillano ove se’ tu? parlagridai
Figlio di Clato. Egli m'udìle stanche
Membra appoggiato ad un alpestre masso
Che sul rivo sporgea la grigia fronte:
M'udìma torvo lì si tennee fosco.
Alfin vidi l'eroe; perchè vestito
Ti stai d'oscuritàgli dissio luce
Della schiatta di Selma? il tuo sentiero
Isfavillò nel tenebroso campo:
Lunga finora e perigliosao prode
Pugna pugnastior di Fingallo il corno
S'ode squillar; la nubilosa vetta
Ascendiov'egli tra la nebbia assiso
Porge all'arpa di Carilo l'orecchio;
Reca gioja all'anticoo giovinetto
Di scudi infrangitore. - Arrecar gioja
Può forse il vinto? io frangitor di scudi?
Più scudoOssiannon ho; spezzato ei giace
Là sulla piaggiavolano dell'elmo
Stracciate e sparse l'aquiline penne:
Non s'allegra su i figli occhio di padre
Fuorchè quando il nemico in fuga è volto
Dai loro brandi; ma qualor son vinti
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
148
Mal celati ne scoppiano i sospiri.
NonoFillan del genitore al guardo
Non s'offrirà più mai: perchè degg'io
Recar onta all'eroe? - Fratello amato
A che sì fosco l'anima m'attristi?
Foco ardente tu fosti: ed allegrarsi
Non dovrassene il padre? Ossian non ebbe
La gloria tua; pur meco il Re fu sempre
Placido Sole; ei risguardò con gioja
Sopra i miei passie sul sereno volto
Mai non sorse per me nube di sdegno.
Poggiao Fillansul Mora: il suo convito
Colà t'attende. - Ossianlo scudo infranto
Arrecamiraccoglimi le penne
Ch'errano al ventoperchè men si perda
Della mia famale mi poni accanto.
Ossianio manco: in quel concavo sasso
Ripommi; ma non s'alzi alcuna pietra
Sulla mia tombaonde talun non chiegga
Delle mie gesta: il primo de’ miei campi
Fu pur l'estremo; anzi il mio tempo io caddi
E caddi senza onor: sol la tua voce
L'anima fuggitiva riconforti.
Ah non sappia il cantor qual sia la stanza
Ove soggiorni d'immatura morte
Spento Fillan: svenne in ciò dir. - Fratello
Errando or va su i vorticosi venti
Lo spirto tuo? gioja t'inondi e segua
Sulle tue nubi: già l'eccelse forme
De’ tuoi padrio Fillanstendon le braccia
Per accogliere il figlio: alto sul Mora
Sparse vegg'io le lor fiammelleio veggo
Le lor vesti ondeggiar: fratel mio dolce
Gioja ti scontri; ella è per noi già spenta
Siam foschi e mesti: ah che 'l nemico accerchia
L'eroe canutoe già vacilla e langue
L'alta sua fama: o regnator di Selma
Tu sei solo nel campoohimèsei solo.
Nello speco il riposi appresso il rugghio
Del notturno torrente; in sul guerriero
Guardava d'alto una rossiccia stella
E i venti sollevavano buffando
Il nero crin: stetti in orecchi a corne
Alcun soffio vital; soffio non spira
Che dormiva l'eroe sonno di morte.
Come balen sopra una nube striscia
Rapido sopra l'anima mi corse
Improvviso pensier: rizzomiin foco
Rotan le luci miemovo squassando
L'arme sonanti: o duce d'Ataattendi
M'attendiio vengo a tevoglio scontrarti
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
149
Là fra' tuoi mille: e soffrirò che sfugga
Quella nube feralche acerbamente
Spense quell'astro giovanile? O ombre
De’ padri mieisui vostri poggi adesso
Tutte accendete le meteore vostre
E all'audace mio piè fatevi scorte.
Struggeròsperderò... ma s'io non torno?
Il Re non ha più figli; egli è canuto
Fra' suoi nemici; al braccio suo già manca
L'antica possa; oscurità minaccia
La sua vecchiezza: ah non sia mai ch'io 'l vegga
D'alto giacer sul sanguinoso campo.
Tornisi a lui: come tornar? che dirgli?
Non chiederà del figlio suo novella?
Fillan fu a te commesso; ov'è? mel serbi
Mel difendi così? rampogna atroce!
Su s'affronti il nemico: ErinaErina
Mi scaglio sopra te; godo al rimbombo
Dell'oste armata; nel tuo sen la tomba
Grata mi fia; l'inferocito sguardo
Sol si sfugga del padre. Ohlà dal Mora
Non ascolto una voce? egli è Fingallo
Che chiama ambi i suoi figli: io vegno o padre
Io vegno a te nel mio cordoglio amaro.
Aquila sembrocui notturna fiamma
Scontrò là nel desertoe lasciò spoglia
Della metà di sue robuste penne.
Già Morven scompigliata in rotte bande
Vien respinta sul Mora: ognun confuso
Dagli altrie più dal Re stassi in disparte;
Ognun torbido e tacito si curva
Sulla lancia di frassino: sta muto
Fingallo in mezzo a' suoi: dentro il suo spirto
Pensier sopra pensier volvesicome
Onda sopr'onda in su romito lago
Col suo dorso di spumaei guarda intorno
Nè scorge il figlio sollevar la lancia
Lungo–raggiante: alto dal petto e grave
Gli esce un sospirma lo reprime: io venni
Sotto una quercia mi gettainè udissi
La voce mia: che dir poteva al padre
In quel punto d'affanno? Ei parla alfine
E il popolo protendesi ad udirlo
Lentoaggrottatotra vergogna e doglia.
Ov'è il figlio di Selmail garzon prode
Condottier di battaglia? io nol riveggo
Tornar a me fra le festose grida
Del popol mio: dunque cadéo trafitto
Il maestoso cavriol leggiadro
Onor de’ nostri poggi! ei cadde al certo
Poichè siete sì muti: infranto giace
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
150
Lo scudo di mie guerre.Orsù dappresso
Stiasi a Fingallo il suo guerriero arnese
E la spada di Luno; acerbo colpo
Mi risveglia e mi scuote: io col mattino
Scendo a pugnar; voi m'intendeteio scendo.
Alto di Cormo in su l'alpestre vetta
Arde al vento una quercia; erra d'intorno
La grigia nebbia in sinuose falde.
Il Re tre volte passeggiò spirante
Bellicoso furor: sempre dall'oste
Ritrarsi egli soleaqualor nell'alma
Gli ardea battaglia; a due grand'aste infitto
Pendea d'alto il suo scudoil scintillante
Segno di morteil paventato scudo
Ch'ei percoteva infra gli orror notturni
Pria che movesse a battagliar: le schiere
Conoscevano allorche il Re la pugna
Guidar dovea; che quel fragor soltanto
Del furor di Fingallo era foriero.
Scomposto passo e disugualfocoso
Sguardotorbida fronte in lui si scorge
Mentr'ei sfavilla della quercia al lume
Terribile a mirarsi a par del tetro
Spirito della notteallor ch'ei veste
Di densa nebbia il suo feroce aspetto
E di tempeste spargitor sul dorso
Del turbato oceàn carreggia i venti.
Nè già dalla passata aspra tempesta
Era del tutto abbonacciato il mare
Della guerra d'Erina: odi sul campo
Un aggirarsiun bisbigliar confuso
Dell'inquiete schiere. Innanzi agli altri
Solo è Catmorree coll'acciaro incalza
Di Morven fuggitiva i sparsi avanzi.
Giunto era appunto alla muscosa grotta
Ove giacea Fillàn: curva una pianta
Ombrava il rio che dalla rupe spiccia.
Ivi ad un raggio tremulo di Luna
Scorgesi luccicar l'infranto scudo
Del garzone di Clatoe presso a quello
Brano velluto il piè giacea sull'erba.
Egli sul Mora avea smarrito il Duce
E lungo tempo lo cercò sul vento.
Ei si credea che in placido riposo
Il vago cacciator dal guardo azzurro
Fosse addormitoe colla testa inchina
Sopra il suo scudo ad aspettar si stava
Ch'ei si svegliasse; una liev'auraun soffio
Non passò sulla piaggia inesplorato
Dal fido Branoavido pur che questo
Del suo dolce signor fosse il respiro.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
151
Ferì lo sguardo di Catmorre il veltro
Dal bianco pettolo ferì la vista
Del brocchiero spezzato; oscuritade
L'anima quasi nuvola gli adombra:
Rammenta il breve fuggitivo corso
Della vita mortale: un popol viene
È corrente ruscel; svanisceè soffio.
Altra schiatta succede; alcun fra tanti
Segna però nel suo passaggio il campo
Co' suoi possenti e gloriosi fatti.
Egli la muta oscurità degli anni
Signoreggia col nome; alla sua fama
Serpe un garrulo rivoella rinverde.
Tal sia d'Ata il guerrierqualora ei prema
Colle membra il terren: possa la voce
Della futura eta Catmor già spento
Scontrar spesso nell'aere allor ch'ei spazia
Di vento in ventoo a visitar si curva
Su le penne d'un nembo i poggi suoi.
D'intorno il Re la vincitrice Erina
Lieta si strinsead ascoltar le voci
Del suo poter: con disuguali scorci
Vedi piegarsi alla fiammante quercia
Le giojose lor facce: allontanati
Son pur quinci i terribilipur Luba
Fra la lor oste a serpeggiar ritorna.
Catmorraggio del ciella tetra notte
Che 'l suo popol premeasgombrò d'intorno
E gli spettri fugò: ciascun l'onora
E festeggia ed applaude: al suo cospetto
S'alzan tremanti di letizia i cori;
Tutto è pieno di gioja; il Re soltanto
Gioja non mostrail Re non novo in guerra.
Sir di Temòraa che sì fosco? disse
Malto il guerrier dall'aquilino sguardo:
C'è nemico sul Luba? hacci chi possa
L'asta rizzar? così pacato e dolce
Non fu già Borbardutoil sir dei brandi
Tuo genitor: contro i nemici in petto
Gli ardea di rabbia inestinguibil vampa
E si struggea di furibonda gioja
Sulla lor morte: festeggiò tre giorni
L'eroe grigio–crinitoallor che intese
Ch'era spento CalmàrCalmàr di Lara
Che ad Ullina e a Cormàn porse soccorso.
Spesso ei toccò con la sua man l'acciaro
Che trapassò del suo nemico il petto:
Ei lo toccò che per l'età già spente
Avea le luci. Ma co' fidi suoi
Era egli un soleuna piacevol aura
Sollevatrice d'abbassati rami.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
152
Nelle sue sale la gioiosa conca
Sonar s'udiva; chè onorati e cari
Gli eran di Bolga i figli: ora il suo nome
Rimane in Ataveneratoaugusto
Qual ricordanza d'ombreil cui sembiante
Desta terrorma le tempeste e i nembi
Sgombra col soffio. Or via d'Erina i canti
Sollevino lo spirtoe infondan gioja
In petto al Reche sfavillò nel bujo
Della battagliaed atterrò gagliardi.
Di quella roccia sul ciglion petroso
Fonart'assidi; degli andati tempi
Sgorga le storiee se n'allegri Erina
D'intorno assisa. A meCatmor riprese
Canto non s'alzerà; per me Fonarre
Sullo scoglio del Luba invan s'asside;
Son qui bassi i possenti: i loro spirti
Deh non turbiam con importuno canto
Mentre salgon nell'aere: applausi o lodi
Da me stien lungi: io non m'allegroo Malto
Sul nemico giacentee che non puote
Venir più meco al paragon del brando.
Alla pugna pensiam: doman s'adopri
La nostra possa; uopo n'è benFingallo
Sul poggio suol'alto Fingallo è desto.
Come al soffiar di poderoso vento
Onde respinteritirossi Erina
Alla voce del Re: spargonsi intorno
Romoreggiando le guerresche torme
Per lo campo notturno: ogni cantore
Sotto l'albero suo s'assisee l'arpa
Toccòcoi canti sollevando al cielo
Quel duce o questo a lui più stretto e caro.
Sulmalla anch'essa della quercia al raggio
Solleticava le tremanti corde
Della piacevol arpae udia frattanto
Tra i lunghi crini sibilar l'auretta.
Stava non lungi sotto annosa pianta
Il campion d'Ata; della fiamma il lume
Non fiedea la sua facciaegli la bella
Vedea non vistol'anima di furto
Ver lei gli scappa in un sospirmirando
Quel timidetto sguardo; invan: battaglia
D'Erina o condottierbattaglia hai presso.
Pian piano discorrevano sull'arpa
Le molli dita di Sulmalla: il suono
Tratto tratto soffermae pur ascolta
Se riposi l'eroe: riposo è spento
Nel petto della verginee sol brama
Darnon udita di canzon dolente
Dolce conforto all'amoroso affanno.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
153
Alfin sulle lor ale ai loro alberghi
Tornano i nembi della notte: omai
Cessar le voci de’ cantori: intorno
Van volteggiando co' suoi spirti in grembo
Rosse meteore; si rabbuja il cielo
E frammiste alle nubi il fan più fosco
Le forme della morte: allor si curva
Sopra la bassa illanguidita fiamma
La figlia di Gomorre: o campion d'Ata
In quell'alma d'amor tu solo alberghi:
Odi il dolce arpeggiareodine il canto.
Venne Clungala mesta
Che la diletta figlia avea smarrita.
Dovedove se’ ita
Luce delle mie sale? O cacciatori
Della muscosa rupe
Vedeste voi la bella
Occhi–azzurra donzella?
Forse col piè festoso
Segna Lumone erboso?
Seguita forse in caccia
De’ cervetti la traccia? - Ohimè che scorgo!
Non è quello il suo arco
Alla parete appeso? Oh me dolente!
Che fia? chi me l'addita?
Luce delle mie saleove se’ ita?
Resta in paceo madre amata
Vane son le tue querele;
Io non t'odoe le mie vele
Lungo il mar sospinge amor.
Del mio duce io seguo il corso
Caro duce onde tutt'ardo;
A lui solo ho volto il guardo
Solo in lui confitto ho 'l cor.
Lassa! ch'ei giace immerso
Nelle falde di guerrae non si volge
A mirar le mie peneil mio desio:
Sol dell'egro cor mio
Che non m'arrechi il desiato giorno?
In tenebre io soggiorno
Veglia nell'ora del comun riposo
Lo mio spirto amoroso;
A te pensaa te geme
Nebbia m'accerchia e preme
Tutto rugiada ho 'l crine: o mio bel Sole
La mia notte rischiara
Mostrami i tuoi bei rai
Sol dell'anima miavolgiti omai.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
154
CANTO VII
ARGOMENTO :Il canto comincia alla metà della terza notte. Apparizione diFillano al padre.
Fingal batte lo scudo in segno della battaglia del giorno susseguente.Straordinario effetto di quel
suono. Sulmalla scossa dal sonno risveglia Cathmor: loro affettuosocolloquio. Sulmalla sollecita
vanamente Cathmor a chieder la pace. S'introduce per episodio la storia diSommor. Cathmor
desta l'armata. Descrizione dello scudo di Cathmor. Canto di Fonar intorno ilprimo stabilimento
in Irlanda della colonia dei Fir–bolg sotto la condotta di Larthon. Spuntail mattino. Sulmalla si
ritira alla grotta di Lona. Il canto si chiude con una canzone di Ossian
Dalle bosco–cerchiate onde del Lego
S'alzae nell'aere in tortuosi gorghi
Poggia lurida nebbiaallor che chiuse
Son d'occidente le cerulee porte
Rincontro all'aquilino occhio del Sole.
Ampio si spande sul ruscel di Lara
L'atro e denso vapor; nuotavi a stento
La Luna in mezzoqual ferrigno scudo
Ed or galleggiaor vi si tuffa e perde.
Di cotal nebbia i subitani aspetti
Veston gli antichi spirtiallor che vanno
Da nembo a nembo per la buia notte.
Talor misti col vento han per costume
Sopra la tomba di campion possente
Rotolar quella nebbiaasilo e veste
Delle ignude ombreinsin ch'indi le inalzi
A più puro soggiorno aura di canto.
Venne un suono dal deserto: era Conarte
Regnator d'Inisfela; ei la sua nebbia
Sopra la tomba di Fillan riversa
Presso il ceruleo Luba: oscuro e mesto
Entro il lurido suo solco fumoso
Sedea lo spirto; ad or ad ora il nembo
Levasie via nel soffia; egli ben tosto
Ritorna: ei torna con protesi sguardi
E serpeggianti nebulosi crini.
È buio: posa l'oste: è spento il foco
Sul poggio di Fingallo. Il Re giacea
Solingo e fosco sull'avito scudo:
Socchiusi ha gli occhi in lieve sonno: a lui
Venne la voce di Fillan. Di Clato
Dorme lo sposo? può posar tranquillo
Il padre dell'estinto? Oblio ricopre
L'infelice Fillano? ah padre! - Ah Figlio!
D'uopo fors'è che a mescolar si venga
La tua voce a' miei sogni? Ohimè! poss'io
Obliartio Fillan? poss'io scordarmi
Colà nel campo il tuo sentier di foco?
Nosì liev'orma di Fingallo in core
Non sogliano stampar del prode i fatti
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
155
E d'un prode ch'è figlio: essi non sono
Fuggitivo balen: sì ti rammento
Fillan diletto il mio furor ben tosto
Lo ti diràch'ei già divampa. Afferra
La mortifera lanciae ne percote
Quel che d'alto pendea funesto scudo
Cupo–sonanteannunziator di guerra.
D'ogni parte a quel suon volaro in frotta
Ombree fer massa e velo al ciel: tre volte
Dalla ventosa valle uscir le cupe
Voci dei mortie dei cantor non tocche
Mandaron l'arpe un suon lugubre e fioco.
Lo scudo ei ricolpì: battaglie alzarsi
Nei sogni del suo popolo; sfavilla
Su i loro spirti sanguinosa zuffa:
Alteri re d'azzurri scudi al campo
Scendonoarmate fuggono disperse
Bieco–guardanti e gloriosi fatti
Veggonsi trasparir confusamente
Fra le raggianti dell'acciar scintille.
Ma quando alzossi il terzo suond'intorno
Le nubi rintronarbalzaro i cervi
Dalle concave rupie nel deserto
S'udir le strida di smarriti augelli
Che mal securi rintanar fra i nembi.
Tutti ad un puntoal poderoso suono
Di Fingalloi guerrier scossersiall'asta
Corron le destre: or che sarà? silenzio
Riede ben tosto: ognun conobbe il picchio
Del regio scudo: a poco a poco il sonno
Torna ai lor occhi; è cheto il campo e fosco.
Ma non scende sopor sopra il tuo ciglio
O figlia di Gomorre. Udì Sulmalla
Il terribil fragor; s'alzarivolge
Verso il re d'Ata il piè: potria il periglio
Scuoter l'anima audace? in dubbio stassi
E l'occhio tende per mirarlo. Il cielo
Ardea di tutte stelle: ecco di nuovo
Suona lo scudo: e che sarà? si scaglia
S'arresta; or vanneor vien; voce tremante
L'esce a metàl'altra s'affoga e manca.
Gli si fa pressoed il campion rimira
In mezzo all'armeche del cielo ai fochi
Mettevan raggi; per le spalle il vento
Facea del lungo crin flagelli al petto.
Miraloe incerta e timorosa il passo
Rivolge addietro. - Il condottier d'Erina
Ch'io svegli? a che? de’ suoi riposi il sogno
Vergine d'Inisunaah! tu non sei.
Cresce il fragorcresce il terror: un tremito
Prendelal'elmo appiè cadele: ed alto
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
156
Mentr'ei giù scende rotolondel Luba
La balza n'echeggiò. Catmorre in quella
Scosso dai sogniun cotal poco alzossi
Sotto l'albero suovidesi innanzi
La bella forma: una rossiccia stella
Godea di scintillar tra ciocca e ciocca
Dell'ondeggiante chioma. A che ten vieni
De’ sogni miei nella stagion tranquilla?
Disse Catmòr; chi sei? m'arrechi forse
Qualche nuova di guerra? o stammi innanzi
Forma d'antiche etadie voce ascolto
Ch'esce fuor d'una nube ad annunziarmi
Il periglio d'Erina? - A te non vegno
Notturno esplorator; nè voce io sono
Ch'esca da nube: un tuo fedel son io
Che pur ti avverte del periglio estremo
Che ad Erina sovrasta. O duce d'Ata
Odi tu questo suono? il fiacco al certo
Questi non èche sparge alto sul vento
I suoi segni di guerra. - E i segni suoi
Sparga a sua postaessi a Catmòr son arpe.
Grande è la gioja miagrandee divampa
Su tutti i miei pensieri; è questa appunto
La musica dei regiessa n'accende
Gli audaci spirti a gloriose imprese.
Solo il codardo nella valle erbosa
Dell'auretta soggiornaove le nebbie
Al serpeggiante rio di sè fan velo:
Là ricovrase vuoi. - Codardi e fiacchi
Re de’ mortaligià non furo i padri
Della mia stirpe; essi tra guerre avvolti
Vissero ognor nelle lontane terre:
Pur non s'allegra l'alma mia nei tetri
Segni di morte. Esce coluim'intendi?
Che mai non cede. Il tuo cantor di pace
MandaCatmorre. Inumidissi il ciglio
Del guerriero a quel suon; stette qual roccia
Stillanteimmota; quell'amabil voce
Quasi auretta sull'anima gli corse
E risvegliò la cara rimembranza
Delle contrade ov'ella avea soggiorno
Lungo i pacati suoi ruscelliinnanzi
Ch'ei gisse al campo con Gomorre. O figlia
Dei stranieridiss'egli (ella tremante
Fessi addietro a tai detti) è molto tempo
Ch'io t'adocchiai sotto il mentito acciaro
Giovine pianta d'Inisuna e bella.
Ma che? meco diss'iofera tempesta
M'accerchia l'almaa che degg'io fissarmi
A vagheggiar quel grazioso raggio
Pria che rieda il seren? Ma tu donzella
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
157
Cessa di paventar: pallor mi tinse
Forse la faccia di Fingallo al suono?
La stagion del periglio è dessa appunto
La stagion del mio cor; gonfiasi allora
Qual torrente spumosoe mi sospinge
A rovesciar la poderosa piena
Sopra i nemici. Or tu m'ascolta: sotto
L'erma balza di Lona appresso un rivo
Nei grigi crini dell'età soggiorna
Clomalo re dell'arpe; a lui sul capo
Fischia una querciae i cavrioli intorno
Van saltellando in graziose tresche.
Della zuffa il fragor fere non lungi
L'orecchio suomentr'ei curvo si volve
Nei pensieri degli anni: il tuo riposo
Sia qui Sulmallainfin che cessa il rugghio
Della battagliainfin ch'io spuntoo bella
Nelle vittoriose arme sonanti
Fuor della nebbia che circonda il seggio
Del diletto amor mio. Subita luce
Balenò della vergine sull'alma:
S'alza accesail risguarda; ah! gridainnanzi
Fia ch'aquila del ciel s'arretri e lasci
Quella che l'asseconda aura corrente
Allor chegrata tenerella preda
Sotto gli occhi le stan cervetti e damme
Di quel che il gran Catmorre unqua sia svolto
Dalla zuffa di gloria: ah possa almeno
Tosto vedertio mio guerrier diletto
Dolce spuntar sul nebuloso Lona
Bramata luce. Insin che ancor sei lungi
BattiCatmòrbatti lo scudoond'io
Mi riconfortie rassereni il core
Tenebroso per te. Ma se tu cadi...
Io sono in terra di stranieriio resto
Desolataperduta; ah mandao caro
Fuor d'una nube la tua voce amata
A Sulmalla che languee a te la chiama.
O ramicello di Lumon gentile
A che ti scuoti per terroree chini
Quasi ad irreparabile tempesta
Le verdi cime? ah non temerCatmorre
Più d'una volta dall'oscuro campo
Tornò famoso; a me di morte i dardi
Son grandinenon altro; e dal mio scudo
Spuntati al suolo rimbalzar sovente.
Spesso da buja guerra uscir fui visto
Quasi meteorache vermiglia appare
Fuor d'una nube a scolorarla intesa.
Statti tranquillae non uscir dall'antro
Del tuo riposoquando ingrossa e freme
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
158
Il rugghio della mischia: allor potrebbe
Il nemico scapparcome altre volte
Accadde al tempo de’ miei padri. Acerbo
Giunse nunzio a Sommòr che 'l pro' Clunarte
Fu spento in guerra da Cormàn: tre giorni
Stettesi fosco sul fratello anciso.
Videlo muto la sua sposae tosto
Presagì la battaglia: occultamente
L'arco assettò per seguitar l'eroe.
Non era Ata per lei che orrore e lutto
S'era lungi Sommòr. Di notte alfine
Dai lor cento ruscei sboccaro a torme
D'Alnecma i figli: il bellicoso segno
Colpiti aveaglie bellicosa rabbia
In lor si accese: s'avviar fremendo
Ver la boscosa Ullina. Il Re sovente
Ad animargli percotea lo scudo
Di guerra condottier: moveagli addietro
Sulallina gentil su i colli ondosi
E lì d'alto parea vivida stella
Allumatrice dei notturni passi
Del popol suo per la soggetta valle.
Non s'attentava d'appressarsi al Duce
Che in Ata la credea: ma quando il rugghio
Crebbe della battagliaoste sopr'oste
Ravviluppata rotolavaardea
Sommor qual foco incenditor del cielo.
La crinisparsa Sulallina accorse
Che pel suo re tremava: ei della zuffa
Rattenne il corsoonde salvar la bella
Vaghezza degli eroi. Di notte intanto
Il nemico fuggio; Clunarte inulto
Dormì senza il suo sangueil sangue ostile
Che sulla tomba del guerrier dovea
Sgorgarsi a dissetar l'ombra dolente.
Non si crucciò Sommòr; ma foschi e tristi
Furo i suoi giorni; Sulallina errava
Sul natio rivolagrimosa il ciglio
Sogguardava il guerrier quand'era avvolto
Fra' pensier suoima timida ben tosto
S'ascondea dal suo sguardoe ad altra parte
Volgeva i lenti solitarj passi.
Sorse alfin la battagliae via qual nembo
Sgombrò la nebbia dal suo spirto; il Duce
Caramente sorrisein rimirando
L'amata facciae della mano il dolce
Tra corda e corda biancheggiar vezzoso.
Tacqueciò dettoil correttor d'Erina;
E avviossi colàdove il suo scudo
Pendea dal ramo d'un muscoso tronco
Sopra l'ondoso strepitar del Luba.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
159
Sette cerchi sorgean gradatamente
Sopra il brocchieroe quinci uscian le sette
Voci del Reche de’ suoi varj cenni
Annunziatrici si spargean sul vento
Dai duci accolte e tra i guerrier diffuse.
Sopra ciascun de’ cerchi una notturna
Stella è scolpita: Càmato vi splende
La ben–chiomata; da una nube spunta
Colderna; Uloico di nebbiosa vesta
Velata appare; di Catlin sul balzo
Vedi i bei raggi scintillar; Reldura
Mezzo con dolce tremolio sorride
Sopra l'onda ceruleae mezzo in essa
Tinge la vaga occidental sua luce.
Rossiccio l'occhio di Bertin risguarda
Tra fronda e fronda al cacciator che lieto
Di notte alla magion tornae le spoglie
Di snello cavriol porta sul dorso.
Ma sfavillante di sereno lume
Brilla in mezzo Tontenaastro cortese
Che per la notte si fè lampa e scorta
A Larto ondi–vagantea Larto audace
Che tra i figli di Bolga osò primiero
Con fermo cor peregrinar su i venti.
Sul mar profondo si spargean del Duce
Le di candido sen vele volanti
Ver l'ondosa Inisfelaoscura notte
Tutto il cingea con tenebrose falde.
Sbuffava il vento disugualee d'onda
Trabalzavalo in onda; allor mostrossi
Tontena igni–crinitae in due partendo
La nube oppostaal buon guerrier sorrise;
Allegrossene Lartoe benedisse
Quel che la via segnogli amico raggio.
Sotto la lancia di Catmòr s'intese
Suonar la voce che i cantori invita.
Quegli accorser con l'arpee tutti a prova
Già tentavan le corde. In ascoltarli
Gioinne il Requal peregrin che ascolta
In sul mattin romoreggiar da lungi
Grato concento di loquaci rivi.
Ond'èdisse Fonàrche per la queta
Stagion del suo riposo a sè ci appella
D'Erina il correttor? L'avite forme
S'affacciaro a' suoi sogni? o forse assise
In quella nube ad aspettar si stanno
Il canto di Fonarre? Aman sovente
Gli antichi padri visitar le piagge
Ove i lor figli a sollevar son pronti
L'asta di guerra: o scioglierem noi forse
Canto di lode a quel terror dei forti
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
160
Al furibondo struggitor del campo
Sir di Moma selvosa? Oblio non copre
Disse Catmòrquel bellicoso nembo.
Cantor d'antichi tempialto Moilena
Sorger vedrà di quel campion la tomba
Soggiorno della fama; ora il mio spirto
Tu riconduci alla passata etade;
L'età de’ padri mieiquand'essi osaro
Irritar l'onde d'Inisuna intatte.
Chè non solo a Catmorre è dolce e cara
La rimembranza di Lumon selvoso
Lumon di molti riviamato albergo
Di verginelle dal bel sen di neve.
Lumon ricco di fontiecco tu sorgi
Sull'alma di Fonarre; il sole investe
I fianchi tuoi d'ispide piante ombrosi:
Per li tuoi folti ginestreti io scorgo
Balzare il cavriol; solleva il cervo
La ramosa sua fronteindi s'inselva
Tremandoche spuntar vede da lungi
Fra cespo e cespo l'inquiete nari
Del veltro indagator che lo persegue.
A lenti passi per la valle intanto
S'aggirano le verginile belle
Figlie dell'arco dalle bianche braccia.
Per mezzo i rivi della lunga chioma
Traguardan essee l'azzurrine luci
Alzano al colle. Ah d'Inisuna il duce
Cercate indarnoei non è qui: di Cluba
L'accoglie il golfo sinuoso; ei l'onde
Ama calcar nella scavata quercia
Quercia famosa che 'l gran Larto istesso
Dagli alti gioghi di Lumon recise
Per gir con essa a barcollar sul mare.
Le donzellette palpitanti altrove
Volgono il guardoper timor che basso
L'eroe non giaccia inabissato o infranto
Che mai più visto non avean l'alato
Mostro novel cavalcator dell'onde.
Ma non teme quel prode: i venti appella
E insultar osa all'oceàn. Sorgea
Dinanzi a lui fra 'l nebuloso fumo
La verde Erina; tenebria notturna
Piombò sul mare inopportunae al guardo
Ne tolse i boschi; paventaro i figli
Di Bolgaove drizzarsi? Ecco da un nembo
Spuntar Tontena focosetta il crine
Che l'ondoso sentiero a Larto addita.
Culbin cerchiato di sonanti boschi
La nave accoglie: uscia non lungi un rivo
Dall'orrida di Dutuma spelonca
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
161
Spelonca ove talor gli spirti antichi
Con le nebbiose mal compiute forme
Oscuramente luccicar fur visti.
Sogni presaghi di futuri eventi
Sceser sopra l'eroe; mirò sette ombre
De’ padri suoile mal distinte intese
Misteriose vocie qual per nebbia
Travide i fatti di venture etadi.
Vide i re d'Atai gloriosi figli
Della sua stirpe; essi godeano in campo
Guidar le squadresomiglianti in vista
A sgorgheggiar di nebulose strisce
Onde al soffio d'autunno Ata s'adombra.
Larto fra dolci armonici concenti
Alzò di Samla le capaci sale
Che dovean risonar d'arpe e di conche.
Spesso ei d'Erina ai cavrioli e ai cervi
Turbò la natia calmae guerra ignota
Portò ne’ lor pacifici covili:
Non però di Lumon verde la fronte
Perdeo la rimembranza; egli più volte
Valicò l'onde a riveder quei poggi
Ove Flatilla dalla bianca mano
Stava dall'alto risguardando il mare
L'invido mar che l'amor suo le invola.
Salve altero Lumonricco di fonti
Sull'alma di Fonar tu sorgi e brilli.
Spunta il mattin; le nebulose vette
Lievemente s'indorano; le valli
Mostrano aperte l'azzurrino corso
De’ lor garruli rivi: odon le schiere
Lo scudo di Catmorrealzansi a un tratto
Come s'alzan talor le affollate onde
Quando col suo fischiar le scuote e desta
Rapida imperiosa ala di vento.
Mesta Sulmalla si ritrasse e lenta
Ver la grotta di Lona: il piè s'avanza
Ma rivolgesi il guardoe glie l'offusca
Nebbia di duol che in lagrime distilla.
Giunta alla rupe che la valle adombra
L'alma le scoppia in un sospir; s'arresta
Guarda l'amato Regeme e si cela.
Su su percotansi
Le corde tremule:
Gioja non abita
Nell'arpa amabile?
Sgorgalasgorgala
D'Ossian sull'anima
Figlio d'Alpin.
Cantoreio odoti
Ma scorda il vivido
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
162
Suono piacevole:
Dolcezza flebile
Ad Ossian devesi
Ad Ossian misero
Che siede in tenebre
Già presso al fin.
O verde spina del colle dei spirti
Che scuoti il capo all'agitar del vento;
Perchè fra i rami tuoi frondosi ed irti
Una fresc'aura mormorar non sento?
Falda ventosa
Non erra in te.
Ombra nascosa
Dunque non v'è?
Pur fra i nembi sovente
So che la smorta gente - alto sospira
Quando la colma Luna
Torbida e bruna - per lo ciel s'aggira.
UllinCariloe Rino
Voci de’ giorni antichiah voi mandate
Il vostro suon che l'anima ristori.
V'ascoltoah sì v'ascolto
Figli del canto; or dite
Qual nubiloso tetto
A voi porge ricetto?
Fuor d'invisibil arpa
Spargete voi gli armoniosi lai
Vestiti della nebbia mattutina
Quando giubbato il sol d'orati rai
Spunta dalla verdiccia onda marina?
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
163
CANTO VIII
ARGOMENTO: Fingal sceso dal monte ove s'era ritirato la nottespedisce GauloDermide
Carilo alla valle di Cluna perchè scortino al campo dei Caledonj Feradarthola sola persona che
rimanesse della famiglia di Conar. Il Re s'accinge alla battaglia. Cathmordispone l'armata
irlandese. Conflitto generale: prodezze di Fingal e CathmorTempesta. Rottatotale dei Firl–bolg. I
due Re s'azzuffano dentro una colonna di nebbia. Loro atteggiamento ecolloquio dopo la battaglia.
Morte di Cathmor. Fingal rinunzia ad Ossian la lancia di Tremmore ilcomando delle guerre.
Cerimonie osservate in questa occasione. Apparizione dello spirito di Cathmora Sulmalla.
Sopraggiunge la sera. Feradartho viene all'armata fra 'l canto dei bardi. Ilpoema si chiude con
una parlata di Fingal.
Come allor che di verno orrido vento
L'onde del lago della rupe afferra
Tenacemente in tempestosa notte
E le inceppa di ghiaccioal guardo incerto
Del mattutino cacciator da lungi
I biancheggianti cavalloni ondosi
Sembrano ancora diguazzarsi; ei tende
L'orecchio al suon dei disuguali solchi;
Ciascuno è chetoluccicantee sparso
Di rami e sterpi e di cespugli e d'erbe
Squassanti il capoe zufolanti al vento
Su i lor grigi di brina aspri sedili;
Così mute al mattin splendean le file
Delle morvenie squadre. Ogni guerriero
Fuor dell'elmetto traguardava al colle
Ove Fingallo fra la nebbia avvolto
Si mostra e cela. Ad or ad or l'eroe
Scorgesi in maestosa oscuritade
D'arme sonando passeggiar; battaglia
Di pensier in pensier fosca si volve
Lungo la poderosa anima audace.
Miraloei scendeei vien: primo comparve
L'acciar di Luno: da una nube a mezzo
Spuntava l'astafoscheggiava ancora
Fra la nebbia il brocchierma quando il Duce
Tutto quant'era in suo regal sembiante
Chiaramente visibile avanzossi
Crollando i grigi rugiadosi crini
Allor le voci clamorosi alzarsi
Dell'oste sua che gli si strinse intorno:
Terribil gruppo; e un echeggiar di scudi
L'aer di lungo mormorio percosse.
Tal si scuotonos'alzanorimbombano
I flutti intorno ad un aereo spirto
Che per la via scorrevole del vento
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
164
Cala sul mare: il peregrin sul balzo
Ode l'alto fragordeclina il guardo
Sopra il turbato golfoe vedeo pargli
Veder la fosca formidabil forma:
Torreggian l'onde imbizzarritee fanno
Dell'inquiete terga archi spumosi.
Di Dutno il figlioil battaglier di Strumo
E di Cona il cantor stavan prostesi
Sotto l'albero suo; ciascun da lungi
Stava; ciascuno vergognoso il guardo
Sfuggia del Re; chè i nostri passi in campo
Non seguì la vittoria. Un picciol rio
Scorreami innanzi; io nella lucid'onda
Gìa diguazzando la punta dell'asta
Sbadatamente chè colà non era
D'Ossian lo spirto; ei s'avvolgea confuso
Tra varie curee ne mettea sospiri.
Figlio di Morniil Re parlòDermino
Di damme cacciatorperchè vi state
Sì lagrimositaciturniimmoti?
Con voi Fingal non ha rancor; voi sete
Mia forza in guerrae mia letizia in pace.
Ben vi sovvienche una piacevol aura
Fu la mia voce al vostro orecchioallora
Che per la caccia ripuliva i dardi
Il mio Fillàn; ma il mio Fillano adesso
Ah non è qui... nè qui la caccia! Or via
Perchè vi state sì lontani e foschi
Spezzatori di scudi? Ambo avviarsi;
Miraro il Reche avea volta la faccia
Verso il vento di Mora: onda di pianto
Scappava all'occhio per l'amato figlio;
Che nell'antro dormia; pur si rivolse
E sedato parlò: Cromala alpestre
Campo di ventia cui corona intorno
Fanno boscose balzee nebbia eterna
L'ondoso rugghio del ceruleo Luba
Sgorga alla vista; dietro a lui serpeggia
Il chiaro Lava per la cheta valle.
S'apre nel fianco della rupe un antro
Profondo e cupo: sopra quello un nido
Aquile altere di robuste penne
Fanvi e dinanzi spaziose querce
S'odono al vento strepitar di Cluna.
Qui colla bionda giovenil ricciaja
Sta Feradartol'occhiazzurro figlio
Del buon Cairba regnator d'Ullina.
Ei qui la voce di Condano ascolta
Mentre canuto a quella fioca luce
Curvasi e canta; il giovine in un antro
Ne ascolta il cantochè Temora è fatta
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
165
Stanza de’ suoi nemici. Egli talvolta
Esce a ferir le saltellanti damme
Quando la densa nebbia il campo adombra.
Ma come spunta il Solpiù non si scorge
Lungo il riopresso il balzo; egli la stirpe
Fugge di Bolga che locossi altera
Nel seggio de’ suoi padri. Or voi n'andate
Fidi miei ducie gli recate annunzio
Chei di lui dritti a sostenerla lancia
Fingallo impugna; e che i nemici suoi
Dell'usurpato suo regal retaggio
Non andran forse trionfanti e lieti.
Alza lo scudo poderosoo Gaulo
E proteggi il garzon; tu di Temora
Rizza l'astao Dermin; dentro il suo orecchio
Tu la dolce armoniaCarilo infondi;
E le gesta de’ padri a lui rammenta.
Siagli tu scorta ver Moilena erbosa
Campo dell'ombre ch'io di là mi spingo
Fra la torbida mischia: anzi che scenda
La buja nottedi Dumòra il giogo
Fa di salirindi rivolgi il guardo
Verso l'irriguo Lena: il mio vessillo
Se qui vedi ondeggiar spiegato al vento
Sopra il lucido Lubaesso diratti
Che di Fingal l'ultimo campo ai tanti
Della sua scorsa etade onta non reca.
Tacque; e a' suoi detti s'avviaro i duci
Lentiaccigliatitaciturni: obliquo
Volgeano il guardo sull'armata Erina
Foschi per dogliache non mai dal fianco
Si spiccaron del Requalor di guerra
Ruggia tempesta: dietro lor movea
Grigio–crinito Carilosovente
L'arpa toccando; ei prevedea l'alterna
Stragee suono mettea flebile e basso
Quasi d'auretta querulache a scosse
Vien dal cannoso Legoallor che il sonno
Pian pian sul ciglio al cacciator discende.
Ma di Cona il cantor perchè sta chino
Lì su quel rio? disse Fingallo: è questo
Padre d'Oscàrtempo di lutto? in pace
Si rimembrin gli eroidacchè 'l rimbombo
Degli scudi cessò: curvati allora
Nella tua dogliae coi sospiri accresci
L'aure della montagna; allora in folla
Schierinsi innanzi al tuo angoscioso spirto
Gli abitatori della tomba amati.
Or vedi Erina minacciosa e fosca
Che sul campo precipita; mio figlio
Alza il tuo scudo; ah figlio mio son solo.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
166
Qual talor subitana aura di vento
D'Inisuna sul mar fere una lenta
Naveche torpe in odiosa calma
E la sospinge a cavalcar sull'onde;
Così la voce di Fingal riscosse
Dal torpor di tristezza Ossiane al campo
Riconfortato lo sospinse. Alzai
Lo scudo mioche gìa spargendo intorno
Nel bujo della zuffa omai vicina
Torbida lucequal di smorta Luna
Nei lembi d'una nubeanzi che sorga
Tenebrosa tempesta. Ecco dal Mora
L'aspra guerra precipita: Fingallo
Guida i suoi prodiil gran Fingal: sull'alto
Veggonsi sventolar l'altere penne
Dell'aquila temuta: i grigi crini
Scendon sull'ampie spalle: avanza il passo
Come tuon fragoroso; egli a' suoi duci
Spesse mettenti dall'acciar scintille
E dal monte scagliantisi sovente
Lo sguardo animator volgee s'arresta
Fermo e grande a veder: rupe il diresti
Che sotto il ghiaccio incanutisce e il vento
Frange coi boschi; dall'irsuta fronte
Spiccian lucidi rivie infranti al balzo
Spruzzano i nembi con l'occhiuta spuma.
Giunse all'antro di Lubaove giacea
Muto Fillàn: su lo spezzato scudo
Stavasi Brano cheto cheto; al vento
Sparse dell'elmo erravano le penne
E colla punta luccicante uscia
Fuor delle foglie d'arida ginestra
La lancia del garzon. Dolor sconvolse
L'alma del requal improvviso turbo
Sulla faccia del lago; altrove il passo
Rivolse in frettae si curvò sull'asta.
Ma saltellando al calpestio ben noto
Del passo di Fingalfestoso accorse
Brano dal bianco petto; il fido veltro
Accorree accennae guaiolae risguarda
Pur alla grottaove giacea prosteso
L'amato cacciatorch'egli solea
Spesso guidarlo all'albeggiar del giorno
De’ cervetti al covil: Fingallo il pianto
Più non ritenne; tenebrìa di doglia
Gli adombrò tutta l'anima: ma come
Forte vento talor spazza repente
Le tempestose nubie al sole aperti
Lascia i lucidi rivi e i colli erbosi;
Tal la possente immagine di guerra
Rischiarò l'alma annuvolata: il Luba
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
167
Fermo sull'asta sua varca d'un salto
Batte lo scudo; a quel rimbombo l'oste
Pinsesi in fuor col minacciante acciaro.
Nè paurosa di battaglia il segno
Erina intese; ella s'avanza: oscuro
Malto traguarda dal velluto ciglio;
Presso gli è Idallaamabil raggio; il torvo-
Guardante Maronnàn seguelo; inalza
L'acuta asta Clonàr; Cormiro al vento
Scuote la chioma cespugliosa; avanza
Dietro la rupe maestoso e lento
D'Ata l'eccelso eroe; prime spuntaro
Le due lance del Duceindi comparve
La metà del brocchiermeteora in notte
Su la valle dell'ombre; intero alfine
Rifulse e grandeggiò; l'un oste e l'altra
Scagliasi allora nella zuffae l'arme
Già già pria di ferir pugnan coi lampi.
Quasi con tutta di lor poderose onde
La formidabil massa a scontrar vansi
Due procellosi mari allor che intorno
Lo scoglioso Lumonrombar le penne
Odon dei venti; sfilano sul balzo
L'ombre combattitrici: sul profondo
Precipitosi piombano spezzati
Diradicati boschie fansi inciampo
Delle sconce balene ai passi ondosi;
Tai si mischian le armate: ora Fingallo
Or s'avanza Catmor; morti su morti
Tombano in folla: degli eroi su i passi
Sgorgano scintillanti onde d'acciaro;
E quindi e quinci ai lor fendenti a terra
Va un monte d'elmied un filar di scudi.
Ecco per mano di Fingal percosso
Stramazza Maronnanoe col suo corpo
Attraversa il ruscel: s'ammassan l'onde
Sotto il suo fiancoe gorgogliando balzano
Sul cerchiato brocchiero: è là trafitto
Da Catmorre Clonàrnè però il duce
Preme il terreno; una ramosa quercia
nel suo cader gli afferra il crine: al suolo
Rotola l'elmoabbandonato pende
Dalla ciarpa lo scudoe vi serpeggia
Il nero sangue in grossi gorghi: ahi lassa!
Tu piangerai bella Tlaminae spesso
Farà la chiusa mano oltraggio al petto.
Nè l'asta Ossian scordò; con essa il campo
Sparge di morte: il giovinetto Idalla
Leggiadra voce dell'ondoso Clora
S'avanza: ohimèperchè la lancia arresti
Mal accortoperchè? scontrato innanzi
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
168
T'avessi altrove alla tenzon del canto!
Malto basso lo vedeegli s'offusca
E mi sguardae s'avventa: ambi curviamci
Ambi la lancia...Ecco repente il cielo
Rabbujasiraggruppasi; rovesciasi
Stemprato in pioggia procellosa: intorno
Alle voci ululabili dei venti
Rimugge il bosco: or quel colleor questo
Vestono falde d'abbagliante foco
E in tempestosi vortici di nebbia
Rotola il carro assordator del tuono.
Fra lo scompiglio e fra l'orror tremanti
Rannicchiarsi i nemicie sbalordita
Di Morven l'oste si ristette: io fermo
Mi tenni pur sopra il ruscellasciando
In preda ai venti il crin fischiante. Io sento
La voce di Fingalsento le grida
Del fuggente nemico: accorroil padre
Cercoma scappa al guardo; un incessante
Alternar di baleni e di tenebre
Lo mostra a mezzoe tosto il cela; or l'elmo
Traspare or l'asta: e ben; sia bujo o luce
Pugniam; batto lo scudoincalzo i passi
D'Alnecma: innanzi a me rotte e disperse
Sfuman le schiere. Alfin risguarda il Sole
Fuor d'una nube; di Moilena i cento
Rivi disfavillar; ma presso al monte
Vedi di nebbia spaziar colonne
Lentedenseatre: ov'è Fingallo? il prode
Catmorre ov'è’? sul riosul balzoal bosco?
Non già; che fia? sento un colpir d'acciari:
Colàcolà di quella nebbia in seno
È la zuffa dei Re. Così talvolta
Pugnan due spirti entro notturna nube
Pel governo dell'onde o 'l fren dei venti.
Precipitai: si sollevòsi sperse
La grigia nebbia: scintillanti i Duci
Sul Luba grandeggiavano. Catmorre
Posava al balzo: penzola lo scudo
Dal braccio illanguidito; e il rio che spiccia
Fuor dal masso vicin lo batte e inonda.
Gli sta presso Fingallo: ei vide il sangue
Del campion d'Ata: a quella vista al fianco
Lentamente discendegli la spada
Ed in voci pacifiche e pietose
Parla con gioja tristeggiante e fosca.
Cede l'eroe d'Alnecma? o vuol pur anco
La lancia sollevar? chiara abbastanza
È la tua fama in Ata. Ata soggiorno
Per te d'ogni stranier; spesso il tuo nome
Qual aura del desertoa colpir venne
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
169
L'orecchio di Fingal. Vieni al mio poggio
Vieni alla festa miacedi; i possenti
Ceder ponno senz'onta: io non ho sdegno
Col dimesso nemicoe non m'allegro
Al cader d'un eroe: mio studio e cura
È saldar piaghe di guerrier ferito.
Note mi son l'erbe dei collie spesso
Amo di corne le salubri cime
Mentre del rivo ondeggiano sul margo:
Teco godrò dell'arte mia far prove.
Vientenee che? tu stai pur fosco e muto
Prence d'Ata ospital? Sull'Ataei disse
S'alza una rupe; ondeggianvi di sopra
Ramose piante; ad essa ampia nel mezzo
S'apre una grotta a cui ruscel non manca.
Colà prostesoil calpestio più volte
Sentii del peregrinche di mie conche
Giva alla sala; in sul mio spirto ardea
Vampa di giojae benedissi il balzo
Che de lor passi rispondeva al suono.
Qui fia nel bujo il mio soggiorno; io quindi
Salirò spinto da piacevol canto
Sopra l'auretta che sparpaglia i velli
Del cardo de’ miei poggi: e in giù dall'alto
Traguarderò fuor dell'azzurra nebbia
Sul caro balzo e sul diletto speco:
La mia tomba sia questa. - Ohimè! di tomba
Perchè parla il guerriero? Ossiant'accosta
Miraloegli spirò. Gioja ti scontri
Quasi ruscelgioja t'inondi e bei
Alma leggiadra e dei stranieri amica.
Mancò il possente: ah figliuol miosia questo
L'ultimo de’ miei fatti; è tempo omai
Ch'io cessi dalle pugne: odo qui presso
La chiamata degli anniessi passando
Della lancia m'afferrano la punta
E sembran dir: perchè Fingal non posa
Nelle sue sale? Alma d'acciaroil sangue
Così dunque t'alletta? - Anni scortesi
No che nel sangue io non m'allegro; il pianto
Di vedove e di figli è a me torrente
Vernal che scende a desolarmi il core.
Ma che? quand'io pacifico e tranquillo
Giaccio su i colli mieisorge la voce
Poderosa di guerrae sì mi desta
Dal mio riposoe la mia spada appella.
L'appelli? omai fia vano. Ossiantu prendi
La lancia di Fingal; per lui la inalza
Quando sorge il superbo. I miei grand'avi
Sempre i vestigi miei segnar dall'alto;
Grate fur loro le mie gesta: ovunque
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
170
Mossi a guerreo perigliognora io vidi
Le nebulose lor colonne azzurre
Farmisi scorta di vittoria in pegno.
Ossiansai tu perchè? sempre il mio braccio
Gli oppressi ricattò; contro il superbo
Contro l'alma feroce arse soltanto
Lo sdegno mionè s'allegrò il mio sguardo
Sulle sciagure altruisull'altrui morte.
Per questo al mio passar le avite forme
Verran tutte festose in su la soglia
Dell'aeree lor sale ad incontrarmi
In graziosa maestàcon veste
Di luce candidissimae con occhi
Placidamente in dolce foco accesi:
Ove al superbo ed al crudel son esse
Lune pregne d'orrorche a spaventarlo
Mandan vampa feral nunzia di sdegno.
Abitator di vorticosi venti
Tremmòr padre d'eroimiramiio porgo
La lancia ad Ossian mio: quest'atto inviti
E allegri i sguardi tuoi. Spesso io ti vidi
Fuor d'una nube balenarmi al volto;
Tal ti mostra a mio figlioallor ch'ei l'asta
Rizza nelle battaglie; egli in mirarti
Membrerà il tuo valorTremmorre invitto
Già signor dei mortaliora dei nembi.
La lancia ei porse alla mia mano; e a un tempo
Erse una pietraonde col grigio capo
Narrasse il fatto all'altre età; sott'essa
Pose una spadae colla spada un cerchio
Del rinomato scudo; oscuro intanto
Volgeasi e muto in fra pensieri; alfine
Sciolse la voce in cotai detti: O pietra
O pietraallor che le remote etadi
Ti faran polvee che sarai già spersa
Per entro il musco roditor degli anni
Verrà qui forse peregrin non degno
E passerà fischiando: alma codarda!
Ah tu non sai quanto di fama un giorno
Sfavillasse in Moilena! è quiche l'asta
Fingallo al figlio nella man depose
E coronò col memorabil atto
L'ultimo de’ suoi campi. Or viati scosta
Ombranon uom; gloria t'ignora; il margo
D'un rio t'arresta in ozio vile; ancora
Poch'annie poi se’ nulla; oblio t'attende
Per ingoiartiabitator palustre
Di grossa nebbiasconosciuto al canto.
Tal non sarà Fingalfama qual manto
Fia che 'l rivestaed il suo nome altero
Irraggerà di nobili faville
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
171
Le tarde etàperchè il suo forte acciaro
Schermo fu sempre all'infelice oppresso.
Disse; e alla quercia s'avviò che curva
Pendea sul Luba: una pianura angusta
Sotto vi giacee vi discorre il fonte
Che spiccia dalla rupe: ivi di Selma
Lo spiegato vessillo ondeggia al vento
E 'l suo cammino a Feradarto addita;
A Feradarto che in ascosta valle
Sta palpitante e di sua sorte incerto:
Lucido il Sole d'occidente intanto
Fende le nubi; il gran Fingal ravvisa
Morven sua trionfanteode le voci
Romoroseconfuse; osserva i moti
D'inquieta esultanzae se n'allegra;
Qual cacciator che dopo aspra tempesta
Mira splendere al sol le cime e i fianchi
Del natio colle; il già dimesso capo
Rizza lo spinoe i cavrioli in frotta
Fanno sull'altoscorribande e tresche.
Ma d'altra parte entro muscoso speco
Stavasi il grigio Clòmalo; già spente
N'eran le lucied un baston sostegno
Faceasi all'arco delle annose terga.
Pendea dinanzi dal suo labbro intenta
Sulmalla ad ascoltar le grate istorie
Dei prenci d'Ata. Del cantor cessato
Già nell'orecchio era il fragor lontano
Del conflitto crudel; s'arresta a un tratto;
E gli scappa un sospiro: a lui sovente
Sull'alma balenavano gli spirti
Dei duci estinti; ei ravvisò Catmorre
Sanguinosoprosteso. A che sì fosco?
Disse la bella; omai cessò nel campo
La fera zuffa; vincitor tra poco
Verrà 'l mio duce; d'occidente il sole
Tocca le grottegià l'ingrata nebbia
Sorge dal lagoe quel poggetto adombra
Giuncoso seggio delle damme; e in breve
Ei spunteràvedrollo... il veggo; ah vieni
Solo diletto miovientene. - Er'egli
Lo spirto di Catmòrlentaaltaaltera
Movea la forma: rannicchiossi a un punto
Dietro al fremente rio. - Travidiè questo
Un cacciator che a lenti passi il letto
Cerca del cavriol; guerra ei non cura
La sua sposa l'attende; egli fischiando
Carco di spoglie di cervetti bruni
Tornerà alle sue braccia. - Ella pur gli occhi
Tien volti al colle: ecco di nuovo appare
La maestosa forma. - Or sì ch'è desso. -
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
172
Corre a quello festosa; egli s'arretra
Si rannebbiadigradanosvaniscono
Le sue membra fumosee sfansi in vento.
Conobbe allor ch'ei più non era. - Ahi lassa!
Amor miotu cadesti!... Ossianah scorda
Scorda il suo luttoegli a quest'alma è morte
Notte scese in Moilena; alto la voce
Risuonò di Fingalloalzossi intorno
La fiamma della quercia; il popol tutto
Con gioja s'adunòma in quella gioja
Serpea qualch'ombra; che drizzando il guardo
Di fianco al Regli si scorgeva in volto
Non compiuta letizia e pensier gravi.
Piacevolmente dal deserto intanto
Venìa voce di musica; dapprima
Parea fiochetto mormorìo di fonte
Sopra lontana rupe; ella accostossi
E lenta rotolavasi sul balzo
Qual ala crespa di leggera auretta
Che pel silenzio di tranquilla notte
Pian pian ferisce le vellute barbe.
Era cotesta di Condàn la voce
Mista all'arpa di Carilo: venièno
Essi con Feradartoil sir gentile
A Fingallo sul Mora. Ad incontrargli
Mossero pur del Lena i vatia' canti
Canti mescendoe d'esultanza in segno
Alzossi un plauso universal di scudi.
Piena e splendida allor gioja s'aperse
Sulla faccia del Recome talvolta
Raggio improvviso in nubiloso giorno.
Trasse ei dal cerchio del brocchiero un suono
DE’ suoi cenni forier: cessaro a un punto
Le gridai canti; e 'l popolo sull'aste
Curvossi ad ascoltar la voce amata.
Morvenie schiereè già di sparger tempo
Il mio convitofra concenti e feste
Scorra la notte: sfavillasteo prodi
Assai nel buioor la tempesta è sgombra.
È rupe il popol mio; su questa io fermo
Spiccai più volte un aquilino volo
Verso la famae l'afferrai sul campo.
Or sia fine a' miei fatti. Ossiantu l'asta
Hai di Fingallo; ella non ètu 'l sai
Verghetta di fanciul che i cardi atterra;
Questa è l'asta dei grandi; essi di quella
Spesso armata la man prestaro a morte.
Pensa a' tuoi padrio figliuol mioson essi
Dopo tant'annivenerati raggi
D'intemerata famaa lor t'agguaglia.
Fa che al nuovo mattin da te sia scorto
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
173
Feradarto in Temòrae lui nel seggio
Loca degli avi suoi; fa' ch'ei rammenti
D'Erina i regied il morvenio sangue
Che in sen gli serpee il tralignarne aborra.
Non si scordin gli estinti; a lor dovute
Son grate laudi: Carilotu sgorga
La voce tuache gli rallegri in mezzo
Della lor nebbiae sia compenso a morte.
Compiuta è ogn'opra; io col mattin tranquillo
Spiegherò le mie vele inver l'ombrose
Mura di Selmaove Dutùla ondoso
L'erboso letto ai cavrioli irriga.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
174
CALLODA
POEMA
CANTO I
ARGOMENTO: Fingal in uno de' suoi viaggi all'isole Orcadiintrapreso pervisitare il suo amico
Cathulla re d'Inistorefu spinto dalla tempesta in una baja dellaScandinavia vicino alla residenza
di Starno. Quel re veggendo a comparire gli stranieri lungo la costaraccolse le sue tribùe s'inviò
ad Uthorno per assalirli: ma come intese esserne capo Fingaldi cui aveasperimentato il valore
pensò di ricorrere al tradimentoe mandò invitandolo al suo convito.Fingalche ben conosceva la
perfidiae l'atrocità di costuiricusa d'andarvie si accinge adifendersiqualora fosse assalito da
Starno. Venendo la notteDuthmarunouno degli eroi caledonj propone aFingal d'osservare i
movimenti del nemico. Il re stesso intraprende di vegliare. Avanzandosi versoil nemicoviene alla
grotta di Turthorove Starno avea confinata Conban-carglasfiglia d'un capovicino da lui ucciso.
Fingal giunge al luogo di adorazioneove Starno e suo figlio Svaranoconsultavano lo spirito di
Loda intorno l'esito della guerra. Incontro di Fingal e Svarano. Il canto sichiude colla descrizione
dell'aerea sala di Cruth-lodache si suppone l'Odin della Scandinaviamentovato nel poema
precedente.
Canto una storia antica: a che dell'aria
Peregrina invisibile gentile
Che ti trastulli col velluto cardo
A cheplacida aurettaabbandonasti
D'Ossian l'avido orecchio? io non ascolto
Tintinnio d'arpa e non garrir di rivo.
Cacciatrice di Lutaah vienie l'alma
Col suon leggiadro al buon cantore avviva.
A te guardoo Loclinguardo al solcato
Golfo d'Utornoove Fingal discese
Dall'oceànmentre ruggiano i venti.
Pochi del duce nell'estrania terra
Sono i seguaci. Il fero Starno invia
L'abitator di Lodaonde al convito
Fingallo inviti: ma i trascorsi fatti
L'Eroe rimembrae di giust'ira avvampa.
Non fia giammai che nè Gormàlnè Starno
Vegga Fingallo: su quell'alma atroce
Errano tetre immagini di morte
Come d'autunno nugoloni oscuri.
Poss'io scordarmi la vezzosa figlia
Di quel padre crudel? Cantor di Loda
Va va: Fingallo il suo parlar non prezza
Più che fischio di nembo. O Dumaruno
Braccio di morteo del ferrato scudo
SignorCrommagloo pro' Strummòrch'esulti
Nelle battaglie; e tu Cormar di cui
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
175
Guizza sull'onde il baldanzoso legno
Come rosso vapor di nube in nube;
Eroistirpe d'eroisorgetee cerchio
Fate al Re vostro: questa estrania terra
Provi la nostra possa; ognun risguardi
L'avito scudoe 'l gran Tremmorre imiti
Guidator di battaglie. O dal tuo ramo
Ove pendi lassù misto coll'arpe
Scendi mio scudo; o questa onda travolvi
Che ci sta soprao meco giaci in terra.
Tutti s'alzarnè voce uscioma rabbia
Parla nei loro voltiafferran l'aste
Han le lor alme in sè raccolte: alfine
S'alzò repente dei percossi scudi
Un lungo consonar: ciascun dei duci
N'andò al suo poggio: disugual susurro
S'udia di canto tra 'l buffar dei venti.
Rifulse ampia la luna. Armato innanzi
Fessi il gran Dumarunoegli che venne
Già dall'alpestre Cromacarnoil torvo
Cacciator del cignale: ei sparse all'aura
Le vele sue verso Cruntormo ondosa
Quando un frequente rintronar di corno
Scosse i suoi boschi: in perigliosa caccia
Ei fra' nemici isfavillò: spavento
Al tuo gran coreo Dumarunoè ignoto.
O figlio di Comalloiodissei passi
Moverò per la nottea spiar pronto
Le mosse di Loclin: scorgomi a fronte
Svaranoe Starno dei stranier nemico;
E non senza cagion curvansi innanzi
La Pietra del Poter. Ma s'io non torno
La sposa mia siede solinga e mesta
Nella magion paternaove a scontrarsi
Vanno con l'onde due frementi rivi
Di Crammocraulo nella piaggia ombrosa
Che sopra ha verdi collie 'l mar dappresso.
Va lungo il lito il mio Candòna errando
E con vaghezza fanciullesca intento
Nella strillante folaga s'affisa.
Fingalloe sposa io t'accomando e figlio:
Tu lei confortaed a Candòna arreca
Il teschio del cignalfa ch'egli apprenda
Quanta gioia inondasse il sen del padre
Quando d'Itorno il setoloso mostro
Sull'asta sua rotò confitto. O prode
Fingal ripresei padri miei rammento
E vo’ per l'onde ad imitargli inteso.
Non fu tra lor che d'un periglio ad altri
L'onor cedesse; dei nemici in faccia
Freddo timor non mi germoglia in petto
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
176
Benchè le spalle mi ricopra e sferzi
Chioma di gioventù: no not'arresta
Duce di Crammocrauloil campo e’ mio.
Disseed armato si slanciò d'un salto
Oltre il rivo di Turtoroche lungi
Manda di notte un violento rugghio
Là di Gormàl per la nebbiosa valle.
Isfavillante della luna il raggio
Fiedea le balze; a quel chiaror rifulse
Leggiadra forma; di Loclin donzella
La scopriano le vesti; ondeggia il crine
Biancheggia il pettodisuguali e brevi
Sono i suoi passi; uno spezzato canto
Lancia sul ventoad or ad or dibatte
Le bianche bracciae si contorce: angoscia
Par che in quell'alma desolata annidi.
O Torcutorno dall'antico crine
Ella cantòdove t'aggiri? intorno
Forse al Lula paterno? ah tu cadesti
Lungo le sponde de’ tuoi rivio padre
Dell'infelice Conbacarla afflitta.
Cadesti sìma pur talor ti scorgo
Presso le sale spaziar di Loda
Quando la notte colla larga vesta
Fosco–faldata al muto ciel fa velo.
Talor pur anco il tuo ferrigno scudo
La Luna affrontae ne l'adombra: io scorgo
Il suo buio avanzantesi: per l'aria
Tu veleggi su i ventie tu nel foco
Delle meteore per la notte accendi
Il lungo crinche ne divampa e striscia.
Or perchè me nella mia grotta oscura
Scordi mesta e solinga? Ah dalle sale
Del poderoso Loda un guardoo padre
Volgi che mi confortie pietà prendi
Dell'infelice Conbacarla afflitta.
Chi sei? Fingal domanda: Ella tremante
S'arretra. Oh chi sei tul'Eroe riprende
Voce notturna? Ella pur temee muta
Si rannicchia nell'antro. A lei s'accosta
Fingalloe 'l cuoio annodator discioglie
Dalla candida mano: indi novella
Chiede de’ padri suoi. Presso il torrente
Di Lulaessa incominciaavea soggiorno
Torcutorno di Cratlo; avealperch'ora
Ei va scuotendo la sonante conca
Nella sala di Loda: armato incontro
Feglisi Starno di Loclin; pugnaro:
Lungo e fero conflitto! alfin pur cadde
Torcutorno mio padre. Io dalla rupe
Scendeacoll'arco nella man del sangue
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
177
Di saltellanti cavrioli intriso
E rannodava la scomposta chioma
Scherzo de’ venti: odo un rumor; protendo
Gli occhimi s'alza il molle senm'avvio
Per iscontrartiamato padre. Ahi lassa!
Starno era questiil truce re: rota egli
Sopra di me gli occhi di bragiaombrati
Dall'ondeggiante setoloso ciglio
Gioja atroce spiranti. Ov'è mio padre
Dissi già sì possente?... ah tu sei sola
Fra' tuoi nemicidolorosa figlia
Di Torcutorno. Ei per la man m'afferra
Scioglie le vele e me piagnente in questa
Grotta nasconde. Ad or ad or si mostra
Quasi infetto vaporlo scudo a fronte
M'alza del padre mio: ma pur talvolta
Passa quinci oltre a serenarmi un vago
Raggio di giovinezza: o raggio amato
Tu solo alberghi in questo cor dolente.
Vaga figlia di Lulaa te soprasta
Nembo segnato di focose striscie
Disse Fingallo: ehdi guardar tralascia
La fosca lunao le meteore ardenti.
L'acciar mio ti sta pressoe l'acciar questo
Non è del fiacconè dell'alma oscura.
Vaghe donzelle in tenebrosa grotta
Non si chiudon tra noinodi tenaci
Non fanno oltraggio a bianca man gentile;
Gaje in Selma si curvano sull'arpa
Le vergini d'amornè la lor voce
Per la deserta piaggia invan si sperde.
Fingal più oltre s'avanzò sin dove
Di Loda balenavano le piante
De’ venti al soffio scotitor; tre pietre
V'ergon muscosi capi; indi un torrente
Carco di spuma rotolon si versa;
E terribile rotasi d'intorno
La rosso–fosca nuvola di Loda.
Fuor dagli orli di quellaincognita ombra
Sformata in forma di nebbioso fumo
Traguardae manda un'interrotta e roca
Voceche 'l rugghio del torrente avanza.
Lì presso appiè d'una sfrondata pianta
Stanno curvi due reSvaranoe Starno
Nemico dei stranieria corre il sacro
Misterioso suon: s'appoggian quelli
Su i loro scudihan tese l'aste; il nembo
D'oscurità stride di Starno intanto
Per la folta del mento ispida chioma.
Udiro i passi di Fingalloalzarsi
Nell'arme lor; va'disse Starnoatterra
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
178
Svaràn; colui che 'l temerario passo
Osa inoltrarprendi il paterno scudo
Egli è rupe di guerra. Ei movee scaglia
L'asta raggiante; ella restò confitta
Nell'albero di Loda: allora entrambi
Trasser la spada e s'azzuffar. L'acuta
Lama di Luno in mezzo a' cuoi si spinge
Del brocchier di Svaran; quei cadeinfranto
Cade per l'elmo: il sollevato acciaro
Fingallo arresta: disarmato ignudo
Stette Svarànne fremei muti sguardi
Ei rotaal suol getta la spadae lento
Lungo il torrente s'incammina e fischia.
L'adocchiò Starnoe furibondo in atto
Volse le spalle: atro–velluto il ciglio
Vedi ondeggiar sull'addensata rabbia
Che gli scoppia dal guardo; egli di Loda
Contro l'albero avventasi coll'asta
E s'avvìa borbottando: entrambi all'oste
Vennero di Loclind'orgoglio e d'ira
Ambi bollentifrementispumanti
Come duo rivi in rovinosa pioggia.
Alla pioggia di Tùrtoro frattanto
Tornò Fingallo: d'oriente il raggio
Vivido sorsee tra le man del Duce
Riverberò sulle Loclinie spoglie.
Bella dalla sua grotta uscì la figlia
Di Torcutorno: il crin raccoglieed alza
La sua rozza canzoncanzon che spesso
Sonar s'udìa nelle paterne sale
Fra le conche di Lula. Ella di Starno
Vide lo scudo sanguinoso; in volto
Le sorrise la giojae già... ma l'elmo
Vede anco infranto di Svaràns'arretra
S'asconde impallidita; ah tu cadesti
Speme di questo corcadestied io...!
Utornoalpestre Utorno
Che sull'onde soggette alzi la fronte
La Luna
S'imbruna
Dietro i folti tuoi boschi: in su la vetta
Delle tue balze siede
La nebulosa
La spaventosa
Abituro inamabile dell'ombre
La magion di Crulloda
La negra Loda
Della funesta intenebrata sala:
Per lo tetto
Per li fianchi
Vampeggiano
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
179
Volteggiano
Vario–pinte meteore a torme a torme
E vi stampan focose orribili orme.
Vedo Crullodail vedo
Benchè tra i globi di sua nebbia involto:
Il rugginoso volto
S'affaccia allo sportelcingonlo i tetri
Sformati spetri; - ei colla destra afferra
Scudo di guerra; - la sinistra ha innante
Conca sonante. - Egli la scote e stende
A chi più splende - nell'orror guerriero
E va più nero - d'atro sangue ostile.
Ma tra Crulloda e 'l vile
Si frappone il suo scudoe ne lo scosta
Di rapprese tenebre orrida crosta.
Gaia qual arco
Che poi ch'è scarco
Di pioggiail cielo
Ne pinge il velo
D'un bel balen;
Vien la di Lulla
Vaga fanciulla
Dal bianco sen.
..............
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
180
CANTO II
ARGOMENTO: Fingal ritorna sul fare del giornoe dà il comando delle suegenti a Duthmaruno.
Questi attacca il nemicoe lo respinge sopra il torrente di Turthor. Fingalrichiama i suoi;
Duthmaruno torna vittoriosoma ferito mortalmentee spira da lì a poco.Ullino in onor del morto
racconta la storia di Strinadona e di Colgormouno degli antenati diquell'eroe.
Ove seiregio figlio? e che trattienti?
Esclama Dumaruno: ohimè! cadesti
Forseo di Selma giovinetto raggio?
Egli non riede: ah perchè tarda? albeggia
Sopra Utorno il mattino; il sol la nebbia
Punge co' rai: su suguerrierialzate
Gli scudi al mio cospetto: il re non debbe
Cader come vaporche il ciel lambendo
Orma in bosco non lascia. Eccololo veggo
Ei vieneei vien qual aquila sonante
Dal conflitto dei venti; in mano ei porta
Le spoglie di Loclin: per teFingallo
Eran nostr'alme intenebrate e meste.
Dumarunoei risposea noi dappresso
Fansi i nemici; escono fuor quasi onde;
Che per la nebbia ad or ad or fan mostra
Di lor cime spumose; il peregrino
Si rannicchia tremantee non sa dove
O celarsi o fuggir. Ma noi tremanti
Peregrini non siam: figli d'eroi
Ora è d'uopo d'acciaro: alzar la spada
Dovrà Fingallo? o de’ miei duci alcuno
La guerra condurrà? De’ padri i fatti
Soggiunse Dumarunoai nostri passi
Scorta e lume son sempre. Ancor che involto
Entro la fosca nuvola degli anni
Pur si scorge Tremmòr: fiacca non era
L'anima dell'Eroe; nè fatti oscuri
Per quel lucido spirto ivano errando.
Da cento poggi lorda cento rivi
Mossero un tempo a Colgacrona erboso
Le morvenie tribù; ciascuna avea
Alla testa il suo ducee ciascun duce
D'esser pretende il condottier; le spade
Snudano a mezzorotano gli sguardi
Rossi d'orgoglio; l'un dall'altro irati
Stanno in dispartee dispettose voci
Van bisbigliando: io cederò? qual dritto?
Perchè? fur pari i nostri padri in guerra.
Tremmorre era co' suoi: sferzava il tergo
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
181
Giovenil crinee maestade ha in volto.
Vide i nemici avvicinarsie cruccio
L'alma gli strazia; le dannose gare
Cerca acchetar con provido consiglio;
Vuol che ciascun dei duci alternamente
Guidi le squadre. Le guidarfur vinti:
Scese Tremmorre alfinle schiere al campo
Guidò pur esso; gli stranier fuggiro.
S'affollaro i guerrierie cerchio intorno
Fero al campionee d'esultanza in atto
Picchiar gli scudi. Allor la prima volta
Dalla regal sala di Selma usciro
Le voci del poter: pure a vicenda
Negli scontri minor soleano i duci
Spiegar vessillo: ma qualor gagliardo
Sorgea perigliorispettosi e presti
Correano al renè vi correano indarno;
Ch'era lo stesso a lui vittoria e pugna.
E bendisse Crommàgloassai son chiare
Le avite gesta: ma chi fia che innanzi
L'occhio del Re l'asta sollevi? ingombra
Nebbia colà quei quattro poggi oscuri;
Per mezzo ad essa ogni guerrier colpisca
Lo scudo; forse entro quel buio i spirti
Scender potrianoe destinarci al campo.
Salse ognuno il suo poggio: il suon dei scudi
I cantori notar; suonò più forte
Dumarunoil tuo cerchio; or vasei duce.
Come precipitose e sonanti onde
Vien la schiatta d'Utorno; è Starno innanzi
E 'l pro' Svaran: sopra i ferrati scudi
Tendono il guardocome suol talvolta
Crulloda occhi–focosoallor che il capo
Sporge dagli orli d'offuscata Luna
E veste il ciel di sue ferali insegne.
Appo il ruscel di Tùrtoro i nemici
Scontrarsi: si sollevanos'affrontano
Quai flutti accavallantisi; i sonanti
Colpi meschiarsi: volano nell'alto
Di schiera in schiera orride morti: i campi
Sembran due nembi grandinosi il seno
Nelle cui falde avviluppati e attorti
Sbattonsi i venti: in giù piomba confuso
Il rovinio delle piovose stroscie
Con accoppiato rugghioil mar percosso
Ne sente il pondoe si rigonfiae sbalza
Zuffa d'Utornoorrida zuffae come
Narrerò le tue morti? Ora tu stanzi
Cogli anni che passaroe sul mio spirto
La tua memoria inaridisce e sfuma.
Starno pugnòpugnò Svarano; entrambi
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
182
Sgorgan furor: ma paurosao fiacca
Non è la man di Dumaruno: il brando
Rotaincalza Loclinl'ancide o sperde.
Ne fremettero i regi: un rancor cupo
Rode i lor corialle fuggenti schiere
Torcono il guardo inferocito. Il corno
Squilla di Selmad'Albion selvosa
Tornano i figli al noto suon; ma molti
Sulle ripe di Turtoro prostesi
Molti eroi di Loclin lascian nel sangue.
O di cignali cacciatoreo duce
Di Cromacarnail Re gridònon senza
Sanguigne spoglie e generosa preda
Veggo l'aquila mia tornar dal campo.
Palpiterà di gioia il bianco petto
Della vaga Lanillae a' tuoi trionfi
Candona tuo s'allegrerà. Colgormo
Riprese il Ducedi mia stirpe il primo
Sen venne ad Albion. Colgormo il prode
Solcator dell’oceano. Egli in Itorno
Il fratello trafissee de’ suoi padri
La terra abbandonò: tacito ei scelse
Presso l'alpestre Crammocraulo il luogo
Del suo soggiorno; bellicosa stirpe
Da lui disceseuscì ciascuno in campo
Ma ciascun vi perì; quella ferita
Che loro ucciseè mio retaggio. Ei trasse
Dal suo fianco uno stralpallido cadde
Su straniero terren: ma l'alma a volo
Levossie i padri a visitar sen corse
Nella lor tempestosa isola: ei gode
Là d'inseguir col suo dardo di nebbia
Nebulosi cignali. A quella vista
Stettero i duci taciturni immoti
Quasi pietre di Loda; il peregrino
Per lo dubbio chiaror di fioca luce
Le scorgee veder crede alte ombre antiche
Meditanti fra lor future guerre.
Notte scese in Utorno. I guerrier foschi
Stan pure in doglianon curando i nembi
Che lor fischian fra i crini; alfin s'udio
Del pensoso Fingallo uscir la voce.
Chiama Ullino dall'arpee ad esso impone
Di sciorre il canto. Non vapor cadente
Fu già l'eroe di Crammocraulo; egli era
Sole possente allumator del cielo
Che nella forza de’ suoi raggi esulta.
Ullinoi nomi de’ suoi padri appella
Dai lor foschi soggiorni. - ItornoItorno
Il cantor cominciòche torreggiante
Al mar sovrastie perchè mai sì fosco
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
183
D'ocean tra la nebbia il capo ascondi?
Dall'acquose tue valli uscio la forte
Al paro delle rapide possenti
Aquile tue d'infaticabil penna
La stirpe dell'intrepido Colgormo
Delle sale di Loda abitatrice.
Nell'isola di Tormo il poggio ondoso
S'alza di Lartache il boscoso capo
Ama chinar sopra una cheta valle.
Colà di Cruro alla spumosa fonte
Rurma abitavacacciator ben noto
Di setosi cignali; era sua figlia
Strinadona gentilcandida il seno
Meraviglia a veder. Molti possenti
Remolti eroi di ferrei scudie molti
Garzon di lunga inanellata chioma
Venner di Rurma all'echeggianti sale
Per vagheggiar la maestosa e vaga
Cacciatrice di Tormo: invantu volgi
Freddo su tutti e trascurato il guardo
Strinadona gentilcandida il seno.
S'ella movea lungo la piaggia il passo
Vincea il suo petto al paragon la bianca
Mollissima lanugine di cana;
S'iva sul lito ondi–battuto errando
Del mar la spuma nel candor vincea:
Due stelle erano gli occhiera la faccia
Gaia e ridentecome il vivid'arco
Del ciel piovoso; i nereggianti crini
Per lo volto ondeggiavanoquai spesse
Nubi fosco–rotantisi: tu sei
L'abitatrice dei leggiadri cori
Strinadona gentilcandida il seno.
Venne Colgormo l'occhi–azzurroe venne
Colculsura possente: i due fratelli
Lasciaro Itornod'ottener bramosi
Il bell'astro di Tormo: ella mirogli
Ambi nell'arme rilucentie tosto
Le si fisse in Colgormo il guardo e 'l core:
Ei suo pensieroei sogno suo. Comparve
L'occhio notturno d'Ulloclinae vide
Della donzella il tenero sospiro
L'alzar del senoe 'l volteggiar del fianco.
Muti i fratelli per gelosa rabbia
Aggrottaron le cigliae minacciose
Dei torbid'occhi si scontrar le vampe.
Volgonsi altrovesi rivolgon tosto
Batton lo scudoe sugl'ignudi acciari
Stanno le destre di furor tremanti.
Pugnar: dubbia è la pugna; alfin nel sangue
Colculsùra cadeo. Fremè di sdegno
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
184
L'antico padree discacciò Colgormo
Lunge da Itornoonde ramingo errasse
Scherzo dei venti. Egli il suo seggio elesse
Nello scoglioso Crammocrauloin riva
Di straniero ruscel; ma non è solo
In sua tristezza il re dolente; appresso
Stagli di Tormo l'amorosa stella
Strinadona dilettae lo conforta.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
185
CANTO III
ARGOMENTO: Descrivesi la posizione dell'armata danesee de' suoi re.Colloquio di Starno e
Svarano. Starno vuol persuadere il figlio ad uccidere proditoriamente Fingalche riposava sul
colle vicino. Affine d'inanimirlo a un tal colpo e di levargli ogni scrupologli arreca il suo proprio
esempioe racconta la storia di Foinar–bragal. Era questa sorella diStarnoche essendosi
innamorata di Corman–trunarsignor di Urlorera scappata con lui. Annirosuo padre unito a
Starno li inseguì sino ad Urlore venne a battaglia con Corman–trunarmafu sconfitto. Starno
volendo vendicarsi a qualunque prezzosi travestì da cantoreandò aCorman–trunare fingendo
che Anniro fosse mortochiese da quello una treguafinchè si rendessero almorto gli onori
funebri. Indi aspettando che gli amanti dormisseroli uccise ambedueetornò ad Anniro che si
rallegrò moltissimo per questo fatto. Negando Svarano di aderire allaproposizione di Starnosi
accinge egli stesso a una tal impresa. È vinto e fatto prigioniero da Fingal;ma dopo un acerbo
rimprovero della sua crudeltàè lasciato partire liberamente.
Da qual fonte mai sgorga? in qual profonda
Incognita voragine si perde
La corrente degli anni? ove nasconde
I vario-pinti suoi lubrici fianchi?
Io guardo ai tempi che passarma foschi
Sembrano al guardo miocome riflesso
Barlume fievolissimo di luna
Su lontano ruscello. Indi di guerra
Spuntan astri focosiivi sta muta
La schiatta de’ codardi: ella non lascia
Di nobil orma ed ammirandaimpressa
La fronte dell'etade. O tu che stanzi
Colà tra i scudio tu che avvivi e desti
L'alma che mancaarpa di Conaah scendi
Con le tre voci tue: quella risveglia
Che raccende il passatoe fa ch'io scorga
De’ prischi padri isfavillar le forme
Sopra la densa tenebria degli anni.
Nembosa Utornoin sul tuo fianco io veggo
Gli eroi del sangue mio: Fingallo è curvo
Di Dumarùno in sulla tomba; i duci
Non lungi stan. Ma rannicchiata in ripa
Del torrente di Tùrtoro nell'ombre
Sta l'oste di Loclin: rabbiosi i regi
Siedon sui poggi lor; col mento inchino
Sopra lo scudoalle notturne stelle
Rossiccie peregrine d'occidente
Tendono il guardo. Curvasi Crullòda
Sotto sembianze di meteora informe
I suoi divoti a rimirar; ei sgorga
Dal seno i ventie gli frammischia agli urli
Orridi annunziator de’ cenni suoi.
Starno ben s'avvisò che il re di Selma
Non è facil vittoria: egli due volte
Pestò la quercia con furor. Suo figlio
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
186
Ver lui s'avanzae mormora fra i labbri
Crucciose note. S'arrestar: rivolti
L'un dall'altro si standue querce in vista
Percosse e curve da diversi venti;
Pende ciascuna in sul suo rivoe intoppo
Fa co' gran rami alla corsia de’ nembi.
Fu già (Starno a dir prese)Anniro il padre
Foco distruggitorlanciava il guardo
Balen di morte: erano a lui le stragi
Conviti e festee degli ancisi il sangue
Era al suo corquasi ruscello estivo
Allegrator d'inaridita valle.
Ei presso il lago di Lucormo un giorno
Uscì co' suoi per farsi incontro al grande
Abitator dei vortici di guerra
Al prode Cormantruna. Il campiond'Urlo
Lasciò i torrentied a Gormàl sen venne
Con le sue navi: ivi adocchiò la bella
Figlia d'Anniro dalle bianche braccia
Foinabrilla; ei l'adocchiònè freddo
Cadde sul duce e spensierato il guardo
Della regia donzella. Ella di notte
Fuggì solettae allo stranier sen corse
Quasi raggio lunar che scappa e segna
Notturna valle di fuggente striscia.
Sul marchiamando a secondarlo i venti
Mosse Anniro a inseguirlae non già solo;
Era Starno al suo fianco: ioqual d'Utorno
Di giovinette penne aquila audace
Gli occhi tenea fissi nel padre. Apparve
Urlo rugghiante: Cormantruna armato
Ci spinse incontro i suoi guerrier; pugnammo
Ma prevalse il nemico. Anniro involto
Stette nel suo furor; col brando irato
Facea tronconi delle verdi piante
Gli occhi son bragiae le tremanti labbra
Spuman di rabbia. Le sembianze e l'alma
Notai del padremi ritrassi; un elmo
Fesso dai colpie un traforato scudo
Colgo dal campo sanguinosoincarchi
Della sinistra man; gravo la destra
Di rintuzzata lanciain tal sembiante
Fommi al cospetto del nemico innanzi.
Sopra una ruped'alta quercia al raggio
Stava il gran Cormantrùnaa lui dappresso
Foinabrilla dal ricolmo seno
Sedea sotto una pianta: io l'elmo e l'asta
Getto al suo pièchiuso nell'armee parlo
Le parole di pace. In ripa al mare
Giace Anniro prosteso: il Re trafitto
Fu nella pugnaaddolorato Starno
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
187
Gli alza la tomba: eime figlio di Loda
Invia qua nunzio alla germanaond'ella
Mandi una ciocca del suo crin sotterra
Funebre donoa riposar col padre.
E tusignor d'Urlo raugghiantearresta
Il furor della pugnainsin che Anniro
Dalla man di Crulloda igni–crinito
Prende la concaguiderdon dei forti.
Proruppe in pianto la donzella e sorse
E una ciocca stracciòciocca del crine
Ch'iva sul petto palpitante errando.
Recò la conca il duce; e d'allegrarmi
Seco m'impose: io m'acquattai nell'ombre
Chiuso la faccia nel profondo elmetto.
Sonno discese in sul nemicoio tosto
Sorgo qual ombracolle dita estreme
Appuntando il terren; pian pian m'accosto
E passo il fianco a Cormantruna: e salva
Già non uscì Foinabrilla; ansante
Rota nel sangue il bianco sen: malnata
Figlia d'eroiperchè destarmi a sdegno?
Sorse il mattinole nemiche schiere
Fuggiro velocissimequal nebbia
Spinta da vento subitano. Anniro
Colpì lo scudo; dubitoso il figlio
Rappella. Io venni a lui segnato a lunghe
Striscie di sangue; in rimirarmi il padre
Alzò tre volte impetuoso strido
Quasi scoppiar d'un rufolo di vento
Da una squarciata nube. Ambo tre giorni
Ci satollammo di rabbiosa gioja
Sopra gli estintied appellammo a stormi
I falconi del ciel: volaron quelli
Da tutti i venti loro ad isbramarsi
Al gran convitoche per man di Starno
Dai nemici d'Anniro a lor s'offerse.
Svaranoudisti; su quell'ermo poggio
Fingal solo riposa. Or vadi furto
Passagli il fianco: come Anniro un tempo
Gioì per metal per tuo brando adesso
Mandi il cor di tuo padre urlo festoso.
Figlio di Annirnon pugnerà Svarano
Nell'ombra della frode: esco alla luce
Ed affronto il nemicoe non pertanto
I falconi del ciel non fur mai tardi
A seguir il mio corso: essi dall'alto
Usan segnarloche fu loro in guerra
Sempre scorta alle prede. Arse a tai detti
Il Re di sdegno; contro il figlio l'asta
Tre volte sollevò: pur si riscosse
La man rattennee via si volse. Appresso
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
188
Al torrente di Tùrtoro un'oscura
Grotta è ripostache fu dianzi albergo
Di Conbacarla: ivi deposto l'elmo
De’ regialtro ne presee a sè di Lula
La donzella chiamò: nessun risponde
Ch'era fatta la bella abitatrice
Della sala di Loda. Egli fremendo
D'ira e dispetto s'avviò laddove
Giacea solo Fingallo: il re posava
Sopra lo scudo. Cacciator feroce
Di velluti cignalnon hai dinnanzi
Fiacca donzellao garzonetto imbelle
Che su letto di felci adagi il fianco
E al mormorio di Turtoro s'addorma:
Questo è letto d'eroidonde ad imprese
Balzan di morte: alma feroce e vile
Non risvegliar dal suo riposo il prode.
Starno vien borbottando: il re di Selma
Rizzasi armato: olà chi sei? rispondi
Figlio di notte. Ei taciturno l'asta
Scagliae s'avanza: in tenebrosa zuffa
Meschiansi i brandi; in due spezzato a Starno
Cade lo scudo; è’ ad una quercia avvinto.
Alzossi il raggio orientalFingallo
Scorse il re di Loclin; gli occhi in silenzio
Volvee ricorre coi pensieri al tempo
Che Aganadeca dal bel sen di neve
Movea con passi misurati e lenti
Come armoniche note; il cuoio ei sciolse
Dalle mani di Starno. Oltre diss'egli
Figlio d'Anniro al tuo Gormàl ten riedi:
Torna quel raggio a balenarmi al core
Ch'era già spento: io mi rimembro ancora
La figlia tua dal bianco sen. T'ascondi
Negra almaatroce refuggi e t'inselva
Nel tuo cupo abituroo nubiloso
Nemico dell'amabile; vavivi
De’ stranieri abbominioorror de’ tuoi.
Malvina mial'antica storia udisti.
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
189
LA NOTTE
ARGOMENTO: In più d'un luogo di queste poesiee segnatamente nel poemettodi Cromaal
v.191
si fa menzione di canti fatti all'improvviso. Furono questi tenuti ingrandissimo pregio dai Bardi
dei tempi susseguenti. Ciò che ci riman di quel genere mostra piuttosto ilbuon orecchioche il
genio poetico degli autori. IL traduttore inglese non ha incontrato che unasola di queste
composizioni che meriti d'esser conservataed è per l'appunto la presente.Ella è di mille anni più
recente del secolo di Ossianma sembra che gli autori si sieno studiatid'imitar lo stile di questo
poetae di adottarne molte espressioni. Eccone il soggetto. Cinque bardiocantori passando la
notte in casa d'un signoreo capo di tribùil quale era anch'esso poetauscirono a far le loro
osservazioni sopra la nottee ciascheduno ritornò con una improvvisadescrizione della medesima.
La notte descritta è nel mese d’ottobree nel nord della Scozia ell’haveramente tutta quella
varietàche i cantori le attribuiscono.
I° CANTORE
Trista è la nottetenebrìa s'aduna
Tingesi il cielo di color di morte:
Qui non si vede nè stellanè luna
Che metta il capo fuor dalle sue porte.
Torbido è 'l lagoe minaccia fortuna
Odo il vento nel bosco a ruggir forte.
Giù dalla balza va scorrendo il rio
Con roco lamentevol mormorìo.
Su quell'alber colàsopra quel tufo
Che copre quella pietra sepolcrale
Il lungo–urlante ed inamabil gufo
L'aer funesta col canto ferale.
Ve’ ve’:
Fosca forma la piaggia adombra:
Quella è un'ombra:
Strisciasibilavola via.
Per questa via
Tosto passar dovrà persona morta:
Quella meteora de’ suoi passi è scorta.
Il can dalla capanna ulula e freme
Il cervo geme - sul musco del monte
L'arborea fronte - il vento gli percote;
Spesso ei si scuote - e si ricorca spesso.
Entro d'un fesso - il cavriol s'acquatta
Tra l'ale appiatta - il francolin la testa.
Teme tempesta - ogni uccelloogni belva;
Ciascun s'inselva - e sbucar non ardisce;
Solo stridisce - entro una nube ascoso
Gufo odioso;
E la volpe colà da quella pianta
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
190
Brulla di fronde
Con orrid'urli a' suoi strilli risponde.
Palpitanteansantetremante
Il peregrin
Va per sterpiper bronchiper spine
Per rovine
Chè ha smarrito il suo cammin.
Palude di qua
Dirupi di là
Teme i sassiteme le grotte
Teme l'ombre della notte;
Lungo il ruscello incespicando
Brancolando
Ei strascina l'incerto suo piè.
Fiaccasi or questa or quella pianta
Il sasso rotolail ramo si schianta
L'aride lappole strascica il vento.
Ecco un'ombrala veggola sento;
Trema di tuttonè so di che.
Notte pregna di nembi e di venti
Notte gravida d'urli e spaventi!
L'ombre mi volano a fronte e a tergo:
Aprimiamicoil tuo notturno albergo.
II° CANTORE.
Sbuffa 'l ventola pioggia precipitasi
Atri spirti già strillano ed ululano
Svelti i boschi dall'alto si rotolano
Le fenestre pei colpi si stritolano.
Rugghia il fiume che torbido ingrossa:
Vuol varcarlo e non ha possa
L'affannato viator.
Udiste quello strido lamentevole?
Egli è travoltoei muor.
La ventosa orrenda procella
Schianta i boschii sassi sfracella:
Già l'acqua straripa
Si sfascia la ripa
Tutto in un fascio la capra belante
La vacca mugghiante
La mansueta e la vorace fera
Porta la rapidissima bufera.
Nella capanna il cacciator si desta
Solleva la testa
Storditoavviva il foco spento: intorno
Fumanti
Stillanti
Stangli i suoi veltri: egli di scope i spessi
Fessi riempiee con terrore ascolta
Due gonfi rivi minacciar vicina
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
191
Alla capanna sua strage e rovina.
Là sul fianco di ripida rupe
Sta tremante l'errante pastor.
Una pianta sul capo risuona
E l'orecchio gli assorda e rintrona
Il torrente col roco fragor.
Egli attende la Luna
La Luna che risorga
E alla capanna co' suoi rai lo scorga.
In tal notte atra e funesta
Sopra il turbo e la tempesta
Sopra neri nugoloni
Vanno l'ombre a cavalcioni.
Pur è giocondo
Il lor canto sul vento:
Che d'altro mondo
Vien quel novo concento.
Ma già cessa la pioggia: odi che soffia
L'asciutto ventol'onde
Si diguazzano ancoraancor le porte
Sbattono: a mille a mille
Cadon gelate stille
Da quel tetto e da questo. Oh! oh! pur veggo
Stellato il cielo: ah che di nuovo intorno
Si raccoglie la pioggia; ah che di nuovo
L'occidente s'abbuia.
Tetra e’ la notte e buja
L'aer di nembi è pregno:
Ricevetemiamicia voi ne vegno.
III° CANTORE
Pur il vento imperversae pur ei strepita
Tra l'erbe della rupe: abeti svolvonsi
Dalle radicie la capanna schiantasi.
Volan per l'aria le spezzate nuvole
Le rosse stelle ad or ad or traspaiono
Nunzia di morte l'orrida meteora
Fende co' raggi l'addensate tenebre.
Ecco posa sul monte: io veggo l'ispida
Vetta del giogo dirupatoe l'arida
Felce ravviso e l'atterrata quercia.
Ma chi è quel colà sotto quell'albero
Prosteso in riva al lago
Colle vesti di morte?
L'onda si sbatte forte
Sulla scogliosa ripaè d'acqua carca
La piccioletta barca:
Vanno e vengono i remi
Trasportati dall'onda
Ch'erra di scoglio in scoglio: oh! su quel sasso
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Non siede una donzella?
Che fia? l'onda rotante
Rimira
Sospira
Misero l'amor suo! misero amante!
Ei di venir promise
Ella adocchiò la barca
Mentre il lago era chiaro: oh me dolente!
Oimè questo è 'l suo legno!
Oimè questi i suoi remi!
Questi sul vento i suoi sospiri estremi!
Ma già s'appresta
Nuova tempesta
Neve in ciocca
Fioccafiocca
Biancheggiano dei monti e cime e fianchi;
Sono i venti già stanchi
Ma punge l'ariaed è rigido il cielo:
Accoglietemi amiciio son di gelo.
IV° CANTORE
Vedi notteserenalucente
Puraazzurrastellataridente;
I venti fuggiro
Le nubi svaniro
Si fan gli arboscelli
Più verdi e più belli;
Gorgogliano i rivi
Più freschie più vivi;
Scintilla alla Luna
La tersa laguna.
Vedi notteserenalucente
Puraazzurrastellataridente.
Veggo le piante rovesciateveggo
I covoni che il vento aggira e scioglie
Ed il cultor che intento
Si curva e li raccoglie.
Chi vien dalle porte
Oscure di morte
Con piè pellegrin?
Chi vien così leve
Con vesta di neve
Con candide braccia
Vermiglia la faccia
Brunetta il bel crin?
Questa è la figlia del signor sì bella
Che pocanzi cadéo nel suo bel fiore.
Deh t'accostat'accostao verginella
Lasciati vagheggiarviso d'amore.
Ma già si move il ventoe la dilegua;
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
193
E vano è che cogli occhi altri la segua.
I venticelli spingono
Per la valle ristretta
La vaga nuvoletta:
Ella poggiando va;
Finchè ricopre il cielo
D'un candidetto velo
Che più leggiadro il fa.
Vedi notteserenalucente
Puraazzurrastellataridente.
Bellanottepiù gaia del giorno:
Addiostatevi amiciio non ritorno.
V° CANTORE
La notte è chetama spira spavento
La Luna è mezzo tra le nubi ascosa:
Movesi il raggio pallido e va lento
S'ode da lungi l'onda romorosa.
Mezza notte varcòche 'l gallo io sento:
La buona moglie s'alza frettolosa
E brancolando pel bujo s'apprende
Alla paretee 'l suo foco raccende.
Il cacciator che già crede il mattino
Chiama i suoi fidi canie più non bada;
Poggia sul collee fischia per cammino:
Colpo di vento la nube dirada;
Ei lo stellato aratro a sè vicino
Vede che fende la cerulea strada:
Ohdiceegli è per tempoancora annotta
E s'addormenta sull'erbosa grotta.
Odiodi!
Corre pel bosco il turbine
E nella valle mormora
Un suon lugubre e stridulo;
Quest'è la formidabile
Armata degli spiriti
Che tornano dall'aria.
Dietro il monte si cela la Luna
Mezzo pallida e mezzo bruna:
Scappa un raggioe luccica ancora
E un po' po' le vette colora:
Lunga dagli alberi scende l'ombra
Tutto abbuiatutto s'adombra:
Tutto è orridoe pien di morte:
Amicoah non tardarschiudi le porte.
IL SIGNORE
Sia pur tetra la notteululi e strida
Per pioggia o per procella
Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian
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Senza lunanè stella;
Volino l'ombree 'l peregrin ne tremi;
Imperversino i venti
Rovinino i torrentierrino intorno
Verdi–alate meteore; oppur la notte
Esca dalle sue grotte
Coronata di stellee senza velo
Rida limpido il cielo
È lo stesso per me: l'ombra sen fugge
Dinanzi al vivo mattutino raggio
Quando sgorga dal monte
E fuor dalle sue nubi
Riede gioioso il giovinetto giorno:
Sol l'uomcome passònon fa ritorno.
Ove son orao vati
I duci antichi? ove i famosi regi?
Già della gloria lor passaro i lampi.
Sconosciutiobliati
Giaccion coi nomi lorcoi fatti egregi
E muti son delle lor pugne i campi.
Rado avvien ch'orma stampi
Il cacciator sulle muscose tombe
Mal noti avanzi dagli eccelsi eroi.
Sì passerem pur noi; profondo oblio
C'involverà: cadrà prostesa alfine
Questa magion superba
E i figli nostri tra l'arena e l'erba
Più non ravviseran le sue rovine.
E domandando andranno
A quei d'etade e di saper più gravi:
Dove sorgean le mura alte degli avi?
Sciolgansi i cantici
L'arpa ritocchisi
Le conche girino;
Alto sospendansi
Ben cento fiaccole;
Donzelle e giovani
La danza intreccino
Al lieto suon.
Cantore accostisi
Il qual raccontimi
Le imprese celebri
Dei re magnanimi
Dei duci nobili
Che più non son.
Così passi la notte
Finchè il mattin le nostre sale irraggi.
Allor sien pronti i destri
Giovani della cacciae i canie gli archi.
Noi salirem sul collee per le selve
Andrem col corno a risvegliar le belve.