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GIOVANNIBOCCACCIO
dalNinfale Fiesolano
edaltre
Rime
NinfaleFiesolano
(ottaveda 99 a 115)
Ellalo vide prima ch'egli lei
perche a fuggir del campo ella prendea;
Africola sentì gridar «omei»
epoiguardandofuggir la vedea
e'nfra sé disse: «Per certo costei
èMensola»; e poi dietro le correa
esì la priega e per nome la chiama
dicendo:- Aspetta que' che tanto t'ama!
Deho bella fanciullanon fuggire
coluiche t'ama sopra ogni altra cosa;
ioson colui che per te gran martire
sentodì e nottesanz'aver mai posa;
ionon ti seguo per farti morire
néper far cosa che ti sia gravosa:
masol Amor mi ti fa seguitare
nonnimistàné mal ch'i' voglia fare.
lonon ti seguo come falcon face
lavolante pernice cattivella
néancor come fa lupo rapace
lamisera e dolente pecorella
masì come colei che più mi piace
sopraogni cosae sia quanto vuol bella;
tuse' la mia speranza e il mio disio
ese tu avessi malsì l'are' io.
Setu m'aspettiMensola mia bella
i't'imprometto e giuro per gli dei
cheio ti terrò per mia sposa novella
edamerotti sì come colei
chese' tutto il mio benee come quella
chehai in balìa tutti i sensi miei;
tuse' colei che sol mi guidi e reggi
tusola la mia vita signoreggi.
Dunqueperché vuo' tuo dispietata
esserdella mia morte la cagione?
Perch'esservuoi di tanto amor ingrata
versodi mesanz'averne ragione?
Vuo'tu ch'i' mora per averti amata
ech'io n'abbia di ciò tal guidardone?
S'i'non t'amassidunqueche faresti?
Soben che peggio far non mi potresti.
Setu pur fuggitu se' più crudele
chenon è l'orsa quand'ha gli orsacchini
ese' più amara che non è il fiele
edura più che sassi marmorini;
setu m'aspettipiù dolce che il mèle
seio che l'uva ond'esce i dolci vini
epiù che il sol se' bella ed avvenente
morbidae biancaed umile e piacente.
Mai' veggio ben che il pregar non mi vale
néparola ch'io dica non ascolti
edi me servo tuo poco ti cale
némai indietro gli occhi non hai volti;
macom'egli esce dell'arco lo strale
cosìten vai per questi boschi folti
enon ti curi di pruni o di sassi
chegraffian le tue gambeo di gran massi.
Orpoi che di fuggir se' pur disposta
coluiche t'amasecondo ch'i' veggio
sanzaa' mie' prieghi far altra risposta
epar che per pregar tu facci peggio
i'priego Giove che il monte e la costa
ispianituttae questa grazia chieggio
epianura diventi umile e piana
cheal correr non ti sia cotanto strana.
Epriego voiiddiiche dimorate
perquesti boschi e nelle valli ombrose
chese cortesi foste maior siate
versole gambe candide e vezzose
diquella ninfae che voi convertiate
alberie pruni e pietre ed altre cose
chenoia fanno a' piè morbidi e belli
inerba minutella e in praticelli.
Edioper meomai mi rimarroe
dipiù seguirtie va' ove ti piace
enella mia malora mi staroe
conmolte penesanz'aver mai pace
esanza dubbio al fin ch'i' ne morroe
ch'i'sento il corche già tutto si sface
perteche il tieni in sì ardente foco
emàncali la vita a poco a poco. -
Laninfa correa sì velocemente
cheparea che volassee' panni alzati
s'aveadinnanzi per più prestamente
poterfuggire aveasegli attaccati
allacinturasì che apertamente
disopra a' calzerin che avea calzati
mostrale gambe e il ginocchio vezzoso
cheognun ne diverrìa disideroso.
Enella destra mano aveva un dardo
ilqualquand'ella fu un pezzo fuggita
sivolse indietro con rigido sguardo
ediventata per paura ardita
quellolanciò col buon braccio gagliardo
perad Africo dar mortal ferita;
eben l'arebbe mortose non fosse
chein una quercia innanzi a lui percosse.
Quand'ellail dardo per l'aria vedèa
zufolandovolare poi nel viso
guardòdel suo amanteil qual parèa
veracementefatto in paradiso
diquel lanciar forte se ne pentéa
etocca di pietà lo mirò fiso
egridò forte: - Omègiovaneguarti
ch'i'non potrei omai di questo atarti! -
Ilferro era quadrato e affusolato
ela forza fu grandeonde si caccia
entrola quercia e tutt'oltre è passato
comese dato avesse in una ghiaccia
ell'eragrossa sì che aggavignato
ellas'apersee l'asta oltre passoe
epiù che mezza per forza v'entroe.
Mensolaallor fu lieta di quel tratto
chenon aveva il giovane ferito
perchégià Amor l'avea del cor tratto
ognicrudel pensieroe fatto 'nvito;
nonperò ch'ella aspettarlo a niun patto
unuomo non l'arebbe con le braccia;
piùlo volesseo pigliasse partito
d'essercon luima lieta sarìa stata
dinon essere da lui più seguitata.
Epoi da capo a fuggir cominciava
velocissimamentepoi che vide
cheil giovinetto pur la seguitava
conratti passi e con prieghi e con gride;
perch'ella innanzi a lui si dileguava
egrotte e balzi passando ricìde
e'n sul gran colle del monte pervenne
dovesicura ancor non vi si tenne.
Madi là passa molto tostamente
dovela piaggia d'alberi era spessa
esì di fronde foltache niente
visi scorgeva dentro: per che messa
sifu la ninfa là tacitamente
ecome fosse uccelcosì rimessa
nelfolto bosco futra verdi fronde
dibei querciuolche lei cuopre e nasconde.
(ottaveda 234 a 240)
Ell'erangià tanto giù per lo colle
gitech'eran vicine a quella valle
ch'e'duo monti dividequando volle
d'AfricoAmor le voglie contentalle
népiù oltre che quel giorno indugiolle
trovandomodo ad affetto menalle;
chémentre in tal maniera insieme gìeno
nellavalleacqua risonar sentìeno.
Néfuron guari le ninfe oltre andate
chetrovaron duo ninfetutte ignude
chein un pélago d'acqua erano entrate
dovel'un monte con l'altro si chiude;
egiunte lìs'ebbon le gonne alzate
etutte quante entrar nell'acque crude
conl'altre ragionando del bagnare:
-Che faren noi? Voglianci noi spogliare? -
Perchéallor era la maggior calura
chefosse in tutto il giornoe dal diletto
tiratedi quell'acqua alla frescura
eveggendosi sanz'alcun sospetto
el'acqua tanto chiara e netta e pura
diliberaronfar com'avevan detto
eper bagnarsi ognuna si spogiiava;
eMensola con Africo parlava
esì diceva: - O compagna mia cara
bagnera'titu qui con esso noi? -
Africodisse con la boce chiara:
-Compagne miei' farò quel che voi
nécosa che vogliate mi fìa amara -.
Etra se stesso sì diceva poi:
«S'ellesi spoglian tutteal certo ch'io
nonterrò più nascosto il mio disio».
Edavvisossi di prima lasciarle
tuttespogliare poi egli spogliarsi
acciòche le lor armi adoperarle
contralui non potessono; ed a trarsi
cominciòlento il vestirper poi farle
quandonell'acqua entrasse per bagnarsi
pervergogna fuggir pe' boschi via
eMensola per forza riterrìa.
Einnanzi che spogliato tutto fosse
leninfe eran nell'acqua tutte quante;
epoi spogliato verso lor si mosse
mostrandotutto ciò ch'avea davante.
Ciascunadelle ninfe si riscosse
econ boce paurosa e tremante
cominciaronourlando: - Omèomè
ornon vedete voi chi costui è? -
Nonaltrimenti lo lupo affamato
percuotealla gran turba degli agnelli
edun ne piglia e quel se n'ha portato
lasciandotutti gli altri tapinelli:
ciascunbelando fugge spaventato
purprocacciando di campar le pelli;
cosìcorrendo Africo per quell'acque
solaprese colei che più gli piacque.
AltreRime
I
Intorn'ad una fontein un pratello
diverdi erbette pieno e di bei fiori
sedeantre angiolettei loro amori
forsenarrandoed a ciascuna il bello
visoadombrava un verde ramicello
ch'icapei d'or cingeaal qual di fuori
edentro insieme i dua vaghi colori
avvolgevaun suave venticello.
Edopo alquanto l'una alle due disse
(com'ioudi'): - Dehse per avventura
diciascuna l'amante or qui venisse
fuggiremonoi quinci per paura? -
Acui le due risposer: - Chi fuggisse
pocosavia sarìacon tal ventura! -
II
Vetroson fatti i fiumie i ruscelli
gliserra di fuor ora la freddura;
vestitison i monti e la pianura
dibianca neve e nudi gli arbuscelli
I'erbettemortee non cantan gli uccelli
perla stagion contraria a lor natura;
Boreasoffiaed ogni creatura
stachiusa per lo freddo ne' sua ostelli.
Ediodolentesolo ardo ed incendo
intanto focoche quel di Vulcano
arispetto non è una favilla;
egiorno e notte chiero a giunta mano
alquantod'acqua al mio signorpiangendo
néne posso impetrar sol una stilla.
III
Dantese tu nell'amorosa spera
com'iocredodimori riguardando
labella Bicela qual già cantando
altravolta ti trasse là dov'era:
seper cambiar fallace vita a vera
amornon se n'oblìaio ti domando
perleidi graziaciò checontemplando
afar ti fia assai cosa leggiera.
loso cheinfra l'altre anime liete
delterzo ciella mia Fiammetta vede
l'affannomio dopo la sua partita:
prègalase il gustar dolce di Lete
nonla m'ha toltain luogo di merzede
asé m'impetri tosto la salita.