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LudovicoAriosto
SATIRE
I
AMESSER ALESSANDRO ARIOSTO ET A MESSER LUDOVICO DA BAGNO
Iodesidero intendere da voi
Alessandrofratelcompar mio Bagno
s'incorte è ricordanza più di noi;
sepiù il signor me accusa; se compagno
5 per mesi lieva e dice la cagione
perchepartendo gli altriio qui rimagno;
otutti dotti ne la adulazione
(l'arteche più tra noi si studia e cole)
l'aiutatea biasmarme oltra ragione.
10 Pazzochi al suo signor contradir vole
seben dicesse c'ha veduto il giorno
pienodi stelle e a mezzanotte il sole.
Och'egli lodio voglia altrui far scorno
divarie voci subito un concento
15 s'odeaccordar di quanti n'ha dintorno;
echi non ha per umiltà ardimento
labocca aprircon tutto il viso applaude
epar che voglia dir: «anch'io consento».
Mase in altro biasmarmealmen dar laude
20 dovetechevolendo io rimanere
lodissi a viso aperto e non con fraude.
Dissimolte ragionie tutte vere
dele quali per sé sola ciascuna
essermi dovea degna di tenere.
25 Primala vitaa cui poche o nessuna
cosaho da preferirche far più breve
nonvoglio che 'l ciel voglia o la Fortuna.
Ognialterazioneancor che leve
ch'avesseil mal ch'io sentoo ne morei
30 o ilValentino e il Postumo errar deve.
Oltrache 'l dicano essiio meglio i miei
caside ogni altro intendo; e quai compensi
misiano utili soso quai son rei.
Somia natura come mal conviensi
35 co'freddi verni; e costà sotto il polo
gliavete voi più che in Italia intensi.
Enon mi nocerebbe il freddo solo;
mail caldo de le stuffec'ho sì infesto
chepiù che da la peste me gli involo.
40 Néil verno altrove s'abita in cotesto
paese:vi si mangiagiuoca e bee
evi si dorme e vi si fa anco il resto.
Chequindi viencome sorbir si dee
l'ariache tien sempre in travaglio il fiato
45 de lemontagne prossime Rifee?
Dalvapor chedal stomaco elevato
facatarro alla testa e cala al petto
mirimarei una notte soffocato.
Eil vin fumosoa me vie più interdetto
50 che'l tòscocostì a inviti si tracanna
esacrilegio è non ber molto e schietto.
Tuttili cibi sono con pepe e canna
diamomo e d'altri aròmatiche tutti
comenocivi il medico mi danna.
55 Quimi potreste dir ch'io avrei ridutti
dovesotto il camin sedria al foco
népieiné ascelle odorereiné rutti;
ele vivande condiriemi il cuoco
comeio volessiet inacquarmi il vino
60 potre'a mia postae nulla berne o poco.
Dunquevoi altri insiemeio dal matino
allasera starei solo alla cella
soloalla mensa come un certosino?
Bisognerienopentole e vasella
65 dacucina e da camerae dotarme
dimasserizie qual sposa novella.
Seseparatamente cucinarme
voràmastro Pasino una o due volte
quattroe sei mi farà il viso da l'arme.
70 S'iovorò de le cose ch'avrà tolte
Francescodi Siver per la famiglia
potròmatina e sera averne molte.
S'iodirò: «Spenditorquesto mi piglia
chel'umido cervel poco notrisce;
75 questonoche 'l catar troppo assottiglia»
peruna volta o due che me ubidisce
quattroe sei mi si scordaoperché teme
chenon gli sia accettatonon ardisce.
Iomi riduco al pane; e quindi freme
80 lacolera; cagion che alli dui motti
gliamici et io siamo a contesa insieme.
Mipotreste anco dir: «De li tuoi scotti
fache 'l tuo fante comprator ti sia;
mangiai tuoi polli alli tua alari cotti».
85 Ioper la mala servitude mia
nonho dal Cardinale ancora tanto
ch'iopossa fare in corte l'osteria.
Apollotua mercétua mercésanto
collegiode le Museio non possiedo
90 tantoper voich'io possa farmi un manto.
«Oh!il signor t'ha dato...» io ve 'l conciedo
tantoche fatto m'ho più d'un mantello;
mache m'abbia per voi dato non credo.
Eglil'ha detto: io dirlo a questo e a quello
95 voglioancoe i versi miei posso a mia posta
mandareal Culiseo per lo sugello.
Nonvuol che laude sua da me composta
peropra degna di mercé si pona;
dimercé degno è l'ir correndo in posta.
100 Achi nel Barco e in villa il seguedona
achi lo veste e spogliao pona i fiaschi
nelpozzo per la sera in fresco a nona;
vegghila nottein sin che i Bergamaschi
selevino a far chiodisì che spesso
105 coltorchio in mano addormentato caschi.
S'iol'ho con laude ne' miei versi messo
dicech'io l'ho fatto a piacere e in ocio;
piùgrato fòra essergli stato appresso.
Ese in cancellaria m'ha fatto socio
110 aMelan del Constabilsì c'ho il terzo
diquel ch'al notaio vien d'ogni negocio
gliè perché alcuna volta io sprono e sferzo
mutandobestie e guidee corro in fretta
permonti e balzee con la morte scherzo.
115 Fa amio sennoMaron: tuoi versi getta
conla lira in un cessoe una arte impara
sebeneficii vuoiche sia più accetta.
Matosto che n'haipensa che la cara
tualibertà non meno abbi perduta
120 chese giocata te l'avessi a zara;
eche mai piùse ben alla canuta
etàvivi e viva egli di Nestorre
questacondizïon non ti si muta.
Ese disegni mai tal nodo sciorre
125 buonpatto avraise con amore e pace
quelche t'ha dato si vorà ritorre.
Ameper esser stato contumace
dinon voler Agria veder né Buda
chesi ritoglia il suo sì non mi spiace
130 (seben le miglior penne che avea in muda
rimessee tuttemi tarpasse)come
cheda l'amor e grazia sua mi escluda
chesenza fede e senza amor mi nome
eche dimostri con parole e cenni
135 chein odio e che in dispetto abbia il mio nome.
Equesto fu cagion ch'io me ritenni
dinon gli comparire inanzi mai
daldì che indarno ad escusar mi vienni.
Ruggierse alla progenie tua mi fai
140 sìpoco gratoe nulla mi prevaglio
cheli alti gesti e tuo valor cantai
chedebbio far io quipoi ch'io non vaglio
smembrarsu la forcina in aria starne
néso a sparvierné a can metter guinzaglio?
145 Nonfeci mai tai cose e non so farne:
alliusattialli spronperch'io son grande
nonmi posso adattar per porne o trarne.
Ionon ho molto gusto di vivande
chescalco io sia; fui degno essere al mondo
150 quandoviveano gli uomini di giande.
Nonvo' il conto di man tòrre a Gismondo;
andarpiù a Roma in posta non accade
aplacar la grande ira di Secondo;
equando accadesse ancoin questa etade
155 colmal ch'ebbe principio allora forse
nonsi convien più correr per le strade.
Sefar cotai servigi e raro tòrse
disua presenza de' chi d'oro ha sete
estargli come Artofilace all'Orse;
160 piùtosto che arricchirvoglio quïete:
piùtosto che occuparmi in altra cura
sìche inondar lasci il mio studio a Lete.
Ilqualse al corpo non può dar pastura
lodà alla mente con sì nobil ésca
165 chemerta di non star senza cultura.
Fache la povertà meno m'incresca
efa che la ricchezza sì non ami
chedi mia libertà per suo amor esca;
quelch'io non spero averfa ch'io non brami
170 chené sdegno né invidia me consumi
perchéMarone o Celio il signor chiami;
ch'ionon aspetto a mezza estade i lumi
peresser col signor veduto a cena
ch'ionon lascio accecarmi in questi fumi;
175 ch'iovado solo e a piedi ove mi mena
ilmio bisognoe quando io vo a cavallo
lebisaccie gli attacco su la schiena.
Ecredo che sia questo minor fallo
chedi farmi pagars'io raccomando
180 alprincipe la causa d'un vasallo;
omover liti in beneficiquando
ragionnon v'abbiae facciami i pievani
adofferir pension venir pregando.
Ancofa che al ciel levo ambe le mani
185 ch'abitoin casa mia commodamente
vogliatra cittadini o tra villani;
eche nei ben paterni il rimanente
delviver miosenza imparar nova arte
possoe senza rossorfardi mia gente.
190 Maperché cinque soldi da pagarte
tuche notinon horimetter voglio
lamia favola al loco onde si parte.
Avercagion di non venir mi doglio:
dettoho la primae s'io vuo' l'altre dire
195 néquesto basterà né un altro foglio.
Purne dirò anco un'altra: che patire
nondebbo chelevato ogni sostegno
casanostra in ruina abbia a venire.
Decinque che noi siànCarlo è nel regno
200 ondecacciaro i Turchi il mio Cleandro
edi starvi alcun tempo fa disegno;
Galassovuol ne la città di Evandro
porla camicia sopra la guarnaccia;
etu sei col signore itoAlessandro.
205 EcciGabriel; ma che vuoi tu ch'ei faccia?
cheda fanciullo la sua mala sorte
loimpedì de li piedi e de le braccia.
Eglinon fu né in piazza mainé in corte
eta chi vuol ben reggere una casa
210 questosi può comprendere che importe.
Allaquinta sorella che rimasa
n'erabisogna apparecchiar la dote
chele siàn debitorior che se accasa.
L'etàdi nostra matre mi percuote
215 dipietà il core; che da tutti un tratto
senzainfamia lasciata esser non puote.
Ioson de dieci il primoe vecchio fatto
diquarantaquattro annie il capo calvo
daun tempo in qua sotto il cuffiotto appiatto.
220 Lavita che mi avanza me la salvo
meglioch'io so: ma tu che diciotto anni
dopome t'indugiasti a uscir de l'alvo
gliOngari a veder torna e gli Alemanni
perfreddo e caldo segui il signor nostro
225 serviper amenduarifà i miei danni.
Ilqual se vuol di calamo et inchiostro
dime servirsie non mi tòr da bomba
digli:«Signoreil mio fratello è vostro».
Iostando quifarò con chiara tromba
230 ilsuo nome sonar forse tanto alto
chetanto mai non si levò colomba.
AFiloa Centoin Arïanoa Calto
arrivereima non sin al Danubbio
ch'ionon ho piei gagliardi a sì gran salto.
235 Mase a voglier di novo avessi al subbio
liquindici anni che in servirlo ho spesi
passarla Tana ancor non starei in dubbio.
Seavermi dato onde ogni quattro mesi
hoventicinque scudiné sì fermi
240 chemolte volte non mi sien contesi
midebbe incatenarschiavo tenermi
ubligarmich'io sudi e tremi senza
rispettoalcunch'io moia o ch'io me 'nfermi
nongli lasciate aver questa credenza;
245 ditegliche più tosto ch'esser servo
torròla povertade in pazïenza.
Unoasino fu giàch'ogni osso e nervo
mostravadi magrezzae entròpel rotto
delmuroove di grano era uno acervo;
250 etanto ne mangiòche l'epa sotto
sifece più d'una gran botte grossa
finche fu sazioe non però di botto.
Temendopoi che gli sien péste l'ossa
sisforza di tornar dove entrato era
255 mapar che 'l buco più capir nol possa.
Mentres'affannae uscire indarno spera
glidisse un topolino: «Se vuoi quinci
uscirtràtti; comparquella panciera:
avomitar bisogna che cominci
260 ciòc'hai nel corpoe che ritorni macro
altrimentiquel buco mai non vinci».
Orconchiudendodico chese 'l sacro
Cardinalcomperato avermi stima
conli suoi doninon mi è acerbo et acro
265 renderlie tòr la libertà mia prima.
II
AMESSER GALASSO ARIOSTOSUO FRATELLO
Perc'homolto bisognopiù che voglia
d'esserin Romaor che li cardinali
aguisa de le serpi mutan spoglia;
orche son men pericolosi i mali
5 a'corpiancor che maggior peste affliga
letravagliate menti de' mortali:
quandola ruotache non pur castiga
Issïonriosi volge in mezzo Roma
l'animea crucïar con lunga briga;
10 Galassoappresso il tempio che si noma
daquel prete valente che l'orecchia
aMalco allontanar fe' da la chioma
stanzaper quattro bestie mi apparecchia
contandome per due con Gianni mio
15 poimetti un muloe un'altra rózza vecchia.
Camerao bucaove a stanzar abbia io
cheluminosa siache poco saglia
eda far fuoco commodadesio.
Néde' cavalli ancor meno ti caglia;
20 chepoco gioveria ch'avesser pòste
dovendolor mancar poi fieno o paglia.
Siaper me un mattarazzoche alle coste
facciavezzio di lana o di cottone
sìche la notte io non abbia ire all'oste.
25 Provedimidi legna secche e buone;
dichi cucinipur così alla grossa
unpoco di vaccina o di montone.
Noncuro d'un che con sapori possa
devari cibi suscitar la fame
30 sefosse morta e chiusa ne la fossa.
Ungail suo schidon pur o il suo tegame
sinall'orecchio a ser Vorano il muso
venutoal mondo sol per far lettame;
chepiù cerca la fameperché giuso
35 mandii cibi nel ventrecheper trarre
lafamecerchi aver de li cibi uso.
Ilnovo camerier tal cuoco inarre
dipane et aglio uso a sfamarsipoi
cheriposte i fratelli avean le marre
40 etegli a casa avea tornati i boi;
ch'orvòl fagianior tortorelleor starne
chesempre un cibo usar par che l'annoi.
Orsa che differenzia è da la carne
dicapro e di cingial che pasca al monte
45 daquel che l'Elisea soglia mandarne.
Fach'io truovi de l'acquanon di fonte
difiume sìche già sei dì veduto
nonabbia Sistoné alcun altro ponte.
Noncuro sì del vinnon già il rifiuto;
50 ma atemprar l'acqua me ne basta poco
chela taverna mi darà a minuto.
Senzamolta acqua i nostrinati in loco
palustrenon assaggioperchépuri
dalcapo tranno in giù che mi fa roco.
55 Cotestiche farianche son ne' duri
scoglide Corsi ladri o d'infedeli
Grecio d'instabil Liguri maturi?
Chiusonel studio frate Ciurla se li
beamentre fuori il populo digiuno
60 loaspetta che gli esponga gli Evangeli;
epoi monti sul pergamopiù di uno
gambarocotto rossoe rumor faccia
eun minacciarche ne spaventi ogniuno;
eta messer Moschin pur dia la caccia
65 alfra Gualengo et a' compagni loro
chemetton carestia ne la vernaccia;
chefuor di casao in Gorgadello o al Moro
mangiangrossi piccioni e capon grassi
comeegli in cellafuor del refettoro.
70 Fache vi sian de' libricon che io passi
quelleore che commandano i prelati
alloro uscier che alcuno entrar non lassi;
comeancor fanno in su la terza i frati
chenon li muove il suon del campanello
75 poiche si sono a tavola assettati.
«Signor»dirò (non s'usa più fratello
poiche la vile adulazion spagnola
messela signoria fin in bordello)
«signor»(se fosse ben mozzo da spuola)
80 dirò«fateper Dioche monsignore
reverendissimooda una parola.»
«Agoranon si puedeet es meiore
chevos torneis a la magnana.»«Almeno
fate ch'ei sappia ch'io son qui difuore.»
85 Rispondeche 'l patron non vuol gli siéno
fatteimbasciatese venisse Pietro
PavolGiovanni e il Mastro Nazereno.
Mase fin dove col pensier penètro
avessia penetrarviocchi lincei
90 o'muri trasparesser come vetro
forseoccupati in cosa li vedrei
cheiustissima causa di celarsi
avriandal solnon che da gli occhi miei.
Masia a un tempo lor agio di ritrarsi
95 e anoi di contemplar sotto il camino
peidotti libri i saggi detti sparsi.
Chemi mova a veder Monte Aventino
soche voresti intenderee dirolti:
èper legar tra cartapiombo e lino
100 sìche tenerche non mi sieno tolti
possapel viver miocerti baiocchi
chea Melan piglioancor che non sien molti;
eproveder ch'io sia il primo che mocchi
SantaAgatase avien ch'al vecchio prete
105 supervivendogliiodi morir tocchi.
Dunqueio darò del capo ne la rete
ch'iosoglio dir che 'l diavol tende a questi
chedel sangue di Cristo han tanta sete?
Matu vedraise Dio vorrà che resti
110 questachiesa in man miadarla a persona
saggiae scïente e de costumi onesti
checon periglio suo poi ne dispona:
ioné pianeta mai né tonicella
néchierca vuo' che in capo mi si pona.
115 Comené stoleio non vuo' ch'anco annella
mileghin maiche in mio poter non tenga
dielegger sempre o questa cosa o quella.
Indarnoès'io son preteche mi venga
disirdi moglie; e quando moglie io tolga
120 convienche d'esser prete il desir spenga.
Orperché so come io mi muti e volga
divoler tostoschivo di legarmi
d'ondese poi mi pentoio non mi sciolga.
Quila cagion potresti dimandarmi
125 perche mi levo in collo sì gran peso
perdover poi s'un altro scarricarmi.
Perchétu e gli altri frati miei ripreso
m'avrestee odiato forsese offerendo
taldon Fortunaio non l'avessi preso.
130 Saiben che 'l vecchiola riserva avendo
intesodi un costì che la sua morte
bramavae di velen perciò temendo
mipregò ch'a pigliar venissi in corte
lasua rinunciache potria sol tòrre
135 quellasperanza onde temea sì forte.
Oprafeci io che si volesse porre
nele tue mani o d'Alessandroil cui
ingegnoda la chierca non aborre;
mané di voiné di più giunti a lui
140 d'amiciziafidar unqua si volle:
iofuor de tutti scelto unico fui.
Questaopinïon mia so ben che folle
dirannomoltiche a salir non tenti
lavia ch'uom spesso a grandi onori estolle.
145 Questapoverescioccheinutil genti
sordideinfamiha già levato tanto
chefatti gli ha adorar dai re potenti.
Machi fu mai sì saggio o mai sì santo
chedi esser senza macchia di pazzia
150 opoca o moltadar si possa vanto?
Ogniuntenga la suaquesta è la mia:
sea perder s'ha la libertànon stimo
ilpiù ricco capel che in Roma sia.
Chegiova a me seder a mensa il primo
155 seper questo più sazio non mi levo
diquel ch'è stato assiso a mezzo o ad imo?
Comené cibocosì non ricevo
piùquïetepiù pace o più contento
seben de cinque mitre il capo aggrevo.
160 Felicitadeistima alcunche cento
personete accompagnino a palazzo
eche stia il volgo a riguardarte intento;
iolo stimo miseriae son sì pazzo
ch'iopenso e dico che in Roma fumosa
165 ilsignore è più servo che 'l ragazzo.
Nonha da servir questi in maggior cosa
chedi esser col signor quando cavalchi;
l'altrotempo a suo senno o va o si posa.
Lamaggior cura che sul cor gli calchi
170 èche Fiammetta stia lontanae spesso
causiche l'ora del tinel gli valchi.
Aquesto ove gli piace è andar concesso
accompagnatoe soloa pièa cavallo;
fermarsiin Pontein Banchi e in chiasso appresso:
175 pigliaun mantello o rosso o nero o giallo
ese non l'hava in gonnelin liggiero;
néquesto mai gli è attribuito a fallo.
Quelloaltroper fodrar di verde il nero
capellasciati ha i ricchi uffici e tolto
180 minorutilpiù spesa e più pensiero.
Hamolta gente a pascere e non molto
daspenderche alle bolle è già ubligato
delprimo e del secondo anno il ricolto;
edel debito antico uno è passato
185 etunoe al terzo termine si aspetta
essersul muro in publico attaccato.
Glibisogna a San Pietro andar in fretta;
maperché il cuoco o il spenditor ci manca
chegli sien dietrogli è la via interdetta.
190 Fuoriè la mulao che si duol d'una anca
oche le cingie o che la sella ha rotta
oche da Ripa vien sferrata e stanca.
Secon lui fin il guattaro non trotta
nonpuò il misero uscirche stima incarco
195 ilgire e non aver dietro la frotta.
Nonè il suo studio né in Matteo né in Marco
maspecula e contempla a far la spesa
sìche il troppo tirar non spezzi l'arco.
«D'ufficidi badiedi ricca chiesa
200 forseadagiatoalcun vive giocondo
chené la stallané il tinel gli pesa.»
Ah!che 'l disio d'alzarsi il tiene al fondo!
Giàil suo grado gli spiacee a quello aspira
chedal sommo Pontefice è il secondo.
205 Giugnea quel ancoe la voglia anco il tira
all'altasediache d'aver bramata
tantoindarno San Georgio si martira.
Chefia s'avrà la catedra beata?
Tostovorrà gli figli o li nepoti
210 levarda la civil vita privata.
Nonpenserà d'Achivi o d'Epiroti
darlor dominio; non avrà disegno
dela Morea o de l'Arta far despòti;
noncacciarne Ottoman per dar lor regno
215 oveda tutta Europa avria soccorso
efaria del suo ufficio ufficio degno;
maspezzar la Colonna e spegner l'Orso
pertòrgli Palestrina e Tagliacozzo
edarli a' suoisarà il primo discorso.
220 Equal strozzato e qual col capo mozzo
nela Marca lasciando et in Romagna
trionferàdel cristian sangue sozzo.
Daràl'Italia in preda a Francia o Spagna
chesozzopra voltandolauna parte
225 alsuo bastardo sangue ne rimagna.
L'escomunicheempir quinci le carte
equindi ministrar si vederanno
l'indulgenzieplenarie al fiero Marte.
Se'l Svizzero condurre o l'Alemanno
230 sideebisogna ritrovare i nummi
etutto al servitor ne viene il danno.
Hosempre inteso e sempre chiaro fummi
ch'argentoche lor basti non han mai
oveschi o cardinali o Pastor summi.
235 Siastoltoindòttovilsia peggio assai
faràquel ch'egli vuolse posto insieme
avràtesoro; e chi baiar vuolbai.
Perciòli avanzi e le miserie estreme
fansidi che la misera famiglia
240 viveaffamatae grida indarno e freme.
Quantoè più riccotanto più assottiglia
laspesa; che i tre quarti si delibra
porda canto di ciò che l'anno piglia.
Dale otto oncie per bocca a mezza libra
245 sivien di carnee al pan di cui la veccia
natacon luiné il loglio fuor si cribra.
Comela carne e il pancosì la feccia;
delvin si dàc'ha seco una puntura
chepiù mortal non l'ha spiedo né freccia;
250 och'egli fila e mostra la paura
ch'ebbea dar voltadi fiaccarsi il collo
sìche men mal saria ber l'acqua pura.
Sela bacchetta pur levar satollo
lasciasseil capellanmi starei cheto
255 seben non gusta mai vitel né pollo.
«Questo»dirai «può un servitor discreto
patir;che quando monsignor suo accresce
accresceanco eglie n'ha da viver lieto.»
Matal speranza a molti non riesce;
260 cheper dar loco alla famiglia nuova
piùd'un vecchio d'ufficio e d'onor esce.
Camarerscalco e secretario truova
ilsignor degni al gradoe n'hai buon patto
chedal servizio suo non ti rimova.
265 Quantoben disse il mulatier quel tratto
chetornando dal boscoebbe la sera
nuovache 'l suo padron papa era fatto:
«Cheper me stesse cardinal meglio era;
hofin qui auto da cacciar dui muli
270 orn'avrò tre; che più di me ne spera
comperiquanto io n'ho d'aver dui iuli».
III
AMESSER ANNIBALE MALAGUCIO
PoicheAnnibaleintendere vuoi come
lafo col duca Alfonsoe s'io mi sento
piùgrave o men de le mutate some;
perchés'anco di questo mi lamento
5 tu midirai c'ho il guidalesco rotto
och'io son di natura un rozzon lento:
senzamolto pensardirò di botto
cheun peso e l'altro ugualmente mi spiace
efòra meglio a nessuno esser sotto.
10 Dimmior c'ho rotto il dosso ese 'l ti piace
dimmich'io sia una rózzae dimmi peggio:
insommaesser non so se non verace.
Ches'al mio genitortosto che a Reggio
Dariami partorìfacevo il giuoco
15 chefe' Saturno al suo ne l'alto seggio
sìche di me sol fosse questo poco
nelo qual dieci tra frati e serocchie
èbisognato che tutti abbian luoco
lapazzia non avrei de le ranocchie
20 fattagià maid'ir procacciando a cui
scoprirmiil capo e piegar le ginocchie.
Mapoi che figliolo unico non fui
némai fu troppo a' miei Mercurio amico
eviver son sforzato a spese altrui;
25 meglioè s'appresso il Duca mi nutrico
cheandare a questo e a quel de l'umil volgo
accattandomiil pan come mendico.
Soben che dal parer dei più mi tolgo
che'l stare in corte stimano grandezza
30 ch'iopel contrario a servitù rivolgo.
Stiacivolentier dunque chi la apprezza;
fuorn'uscirò ben ios'un dì il figliuolo
diMaia vorrà usarmi gentilezza.
Nonsi adatta una sella o un basto solo
35 adogni dosso; ad un non par che l'abbia
all'altrostringe e preme e gli dà duolo.
Malpuò durar il rosignuolo in gabbia
piùvi sta il gardelinoe più il fanello;
larondine in un dì vi mor di rabbia.
40 Chibrama onor di sprone o di capello
servareducacardinale o papa;
ionoche poco curo questo e quello.
Incasa mia mi sa meglio una rapa
ch'iocuocae cotta s'un stecco me inforco
45 emondoe spargo poi di acetto e sapa
cheall'altrui mensa tordostarna o porco
selvaggio;e così sotto una vil coltre
comedi seta o d'oroben mi corco.
Epiù mi piace di posar le poltre
50 membrache di vantarle che alli Sciti
sienstateagli Indialli Etiopiet oltre.
Degliuomini son varii li appetiti:
achi piace la chiercaa chi la spada
achi la patriaa chi li strani liti.
55 Chivuole andare a tornoa torno vada:
veggaInghelterraOngheriaFrancia e Spagna;
ame piace abitar la mia contrada.
Vistoho ToscanaLombardiaRomagna
quelmonte che divide e quel che serra
60 Italiae un mare e l'altro che la bagna.
Questomi basta; il resto de la terra
senzamai pagar l'osteandrò cercando
conPtolomeosia il mondo in pace o in guerra;
etutto il marsenza far voti quando
65 lampeggiil cielsicuro in su le carte
verròpiù che sui legnivolteggiando.
Ilservigio del Ducada ogni parte
checi sia buonapiù mi piace in questa:
chedal nido natio raro si parte.
70 Perquesto i studi miei poco molesta
némi toglie onde mai tutto partire
nonpossoperché il cor sempre ci resta.
Parmivederti qui ridere e dire
chenon amor di patria né de studi
75 ma didonna è cagion che non voglio ire.
Liberamentete 'l confesso: or chiudi
laboccache a difender la bugia
nonvolli prender mai spada né scudi.
Delmio star qui qual la cagion si sia
80 io cisto volentier; ora nessuno
abbiaa cor più di me la cura mia.
S'iofossi andato a Romadirà alcuno
afarmi uccellator de benefici
presoalla rete n'avrei già più d'uno;
85 tantopiù ch'ero degli antiqui amici
delpapainanzi che virtude o sorte
losublimasse al sommo degli uffici;
eprima che gli aprissero le porte
iFiorentiniquando il suo Giuliano
90 siriparò ne la feltresca corte
ovecol formator del cortigiano
colBembo e gli altri sacri al divo Appollo
faceal'essilio suo men duro e strano;
edopo ancorquando levaro il collo
95 Medicine la patriae il Gonfalone
fuggendodel Palazzoebbe il gran crollo;
efin che a Roma se andò a far Leone
iogli fui grato sempree in apparenza
mostròamar più di me poche persone;
100 epiù voltee Legato et in Fiorenza
midisse che al bisogno mai non era
perfar da me al fratel suo differenza.
Perquesto parrà altrui cosa leggiera
chestando io a Romagià m'avesse posta
105 lacresta dentro verde e di fuor nera.
Achi parrà così farò risposta
conuno essempio: leggiloche meno
leggerloa teche a me scriverlocosta.
Unastagion fu giàche sì il terreno
110 arseche 'l Sol di nuovo a Faetonte
de'suoi corsier parea aver dato il freno;
seccoogni pozzosecca era ogni fonte;
lirivi e i stagni e i fiumi più famosi
tuttipassar si potean senza ponte.
115 Inquel tempod'armenti e de lanosi
greggiio non so s'i' dico ricco o grave
eraun pastor fra gli altri bisognosi
chepoi che l'acqua per tutte le cave
cercòindarnosi volse a quel Signore
120 chemai non suol fraudar chi in lui fede have;
etebbe lume e inspirazion di core
ch'indilontano troverianel fondo
dicerta valleil desiato umore.
Conmoglie e figli e con ciò ch'avea al mondo
125 làsi condussee con gli ordegni suoi
l'acquatrovòné molto andò profondo.
Enon avendo con che attinger poi
senon un vase picciolo et angusto
disse:«Che mio sia il primo non ve annoi;
130 dimógliema il secondo; e 'l terzo è giusto
chesia de' figlie il quartoe fin che cessi
l'ardentesete onde è ciascuno adusto:
lialtri vo' ad un ad un che sien concessi
secondole fatichealli famigli
135 chemeco in opra a far il pozzo messi.
Poisu ciascuna bestia si consigli
chedi quelle che a perderle è più danno
inanziall'altre la cura si pigli».
Conquesta legge un dopo l'altro vanno
140 abere; e per non essere i sezzai
tuttipiù grandi i lor meriti fanno.
Questouna gazzache già amata assai
fudal padrone et in delizie avuta
vedendoet ascoltandogridò: «Guai!
145 Ionon gli son parentené venuta
afare il pozzoné di più guadagno
glison per esser mai ch'io gli sia suta;
veggioche dietro alli altri mi rimagno:
moròdi setequando non procacci
150 ditrovar per mio scampo altro rigagno».
Cugincon questo essempio vuo' che spacci
queiche credon che 'l Papa porre inanti
midebba a Neria Vannia Lotti e a Bacci.
Linepoti e i parentiche son tanti
155 primahanno a ber; poi quei che lo aiutaro
avestirsi il più bel de tutti i manti.
Bevutoch'abbian questigli fia caro
chebeano quei che contra il Soderino
pertornarlo in Firenze si levaro.
160 L'undice: «Io fui con Pietro in Casentino
ed'esser preso e morto a risco venni».
«Iogli prestai danar»grida Brandino.
Diceun altro: «A mie spese il frate tenni
unoannoe lo rimessi in veste e in arme
165 dicavallo e d'argento gli sovenni».
Sefin che tutti beanoaspetto a trarme
lavoluntà di bereo me di sete
osecco il pozzo d'acqua veder parme.
Meglioè star ne la solita quïete
170 cheprovar se gli è ver che qualunque erge
Fortunain altoil tuffa prima in Lete.
Masia verse ben li altri vi sommerge
checostui sol non accostasse al rivo
chedel passato ogni memoria absterge.
175 Testimoniosono io di quel ch'io scrivo:
ch'ionon l'ho ritrovatoquando il piede
glibaciai primadi memoria privo.
Piegossia me da la beata sede;
lamano e poi le gote ambe mi prese
180 e ilsanto bacio in amendue mi diede.
Dimezzo quella bolla anco cortese
mifude la quale ora il mio Bibiena
espeditom'ha il resto alle mie spese.
Indicol seno e con la falda piena
185 dispemema di pioggia molle e brutto
lanotte andai sin al Montone a cena.
Orsia vero che 'l Papa attenga tutto
ciòche già offersee voglia di quel seme
chegià tanti anni i' sparsior darmi il frutto;
190 siever che tante mitre e dïademe
midoniquante Iona di Cappella
allamessa papal non vede insieme;
siaver che d'oro m'empia la scarsella
ele maniche e il grembioese non basta
195 m'empiala golail ventre e le budella;
seràper questo piena quella vasta
ingordigiad'aver? rimarrà sazia
perciò la sitibonda mia cerasta?
DalMarocco al Cataidal Nilo in Dazia
200 nonche a Romaanderòse di potervi
saziarei desiderii impetro grazia;
maquando cardinaleo de li servi
iosia il gran Servoe non ritrovino anco
terminei desiderii miei protervi
205 inch'util mi risulta essermi stanco
insalir tanti gradi? meglio fòra
starmiin riposo o affaticarmi manco.
Neltempo ch'era nuovo il mondo ancora
eche inesperta era la gente prima
210 enon eran l'astuzie che sono ora
apiè d'un alto montela cui cima
pareatoccassi il cieloun populquale
nonso mostrarvivea ne la val ima;
chepiù volte osservando la inequale
215 lunaor con corna or senzaor piena or scema
giraril cielo al corso naturale;
ecredendo poter da la suprema
partedel monte giungervie vederla
comesi accresca e come in sé si prema;
220 chicon canestro e chi con sacco per la
montagnacominciar correr in su
ingorditutti a gara di volerla.
Vedendopoi non esser giunti più
vicinia leicadeano a terra lassi
225 bramandoin van d'esser rimasi giù.
Queich'alti li vedean dai poggi bassi
credendoche toccassero la luna
dietrovenian con frettolosi passi.
Questomonte è la ruota di Fortuna
230 nela cui cima il volgo ignaro pensa
ch'ogniquïete siané ve n'è alcuna.
Sene l'onor si trova o ne la immensa
ricchezzail contentarsii' loderei
nonaverse non quila voglia intensa;
235 mase vediamo i papi e i reche dèi
stimiamoin terrastar sempre in travaglio
chesia contento in lor dir non potrei.
Sedi ricchezze al Turcoe s'io me agguaglio
didignitate al Papaet ancor brami
240 salirpiù in altomal me ne prevaglio.
Convenevoleè ben ch'i' ordisca e trami
dinon patire alla vita disagio
chepiù di quanto ho al mondo è ragion ch'io ami.
Mase l'uomo è sì ricco che sta ad agio
245 diquel che la natura contentarse
dovriase fren pone al desir malvagio;
chenon digiuni quando vorria trarse
l'ingordafameet abbia fuoco e tetto
sedal freddo o dal sol vuol ripararse;
250 négli convenga andare a pièse astretto
èdi mutar paese; et abbia in casa
chila mensa apparecchi e acconci il letto
chemi può dare o mezza o tutta rasa
latesta più di questo? ci è misura
255 diquanto puon capir tutte le vasa.
Convenevoleè ancor che s'abbia cura
del'onor suo; ma tal che non divenga
ambizïonee passi ogni misura.
Ilvero onore è ch'uom da ben te tenga
260 ciascunoe che tu sia; chenon essendo
forzaè che la bugia tosto si spenga.
Checavalliero o conte o reverendo
ilpopulo te chiamiio non te onoro
semeglio in te che 'l titol non comprendo.
265 Chegloria ti è vestir di seta e d'oro
equando in piazza appari o ne la chiesa
tisi lievi il capuccio il popul soro;
poidica dietro: «Ecco che diede presa
perdanari a' Francesi Porta Giove
270 cheil suo signor gli avea data in difesa»?
Quantecollanequante cappe nuove
perdignità si compranoche sono
publicivituperii in Roma e altrove!
Vestirdi romagnuolo et esser bono
275 alvestir d'oro et aver nota o macchia
dibaro o traditor sempre prepono.
Diversoal mio parere il Bomba gracchia
edice: «Abb'io pur robae sia l'acquisto
ovenuto pel dado o per la macchia:
280 semprericchezze riverire ho visto
piùche virtù; poco il mal dir mi nòce:
seriniega anco e si biastemia Cristo».
PianpianoBomba; non alzar la voce:
biastemianCristo li uomini ribaldi
285 peggiordi quei che lo chiavaro in croce;
mali onesti e li buoni dicon mal di
tee dicon ver; che carte false e dadi
tidànno i beni c'haimobili e saldi.
Etu dài lor da dirloperché radi
290 piùdi te in questa terra straccian tele
d'oroe broccati e veluti e zendadi.
Quelche devresti ascondererivele:
a'furti tuoiche star dovrian di piatto
permostrar meglioallumi le candele:
295 edài materia ch'ogni savio e matto
intendervuol come ville e palazzi
dentroe di fuori in sì pochi anni hai fatto
ecome così vesti e così sguazzi;
erispondere è forzae a te è avviso
300 essergrande uomoe dentro ne gavazzi.
Purche non se lo veggia dire in viso
nonstima il Borna che sia biasmos'ode
mormorardietro che abbia il frate ucciso.
Sebene è stato in bando un pezzoor gode
305 l'ereditatein pacee chi gli agogna
malfreme indarno e indarno se ne rode.
Quelloaltro va se stesso a porre in gogna
facendosiveder con quella aguzza
mitraacquistata con tanta vergogna.
310 Nonavendo più pel d'una cuccuzza
hameritato con brutti servigi
ladignitate e 'l titolo che puzza
a'spirti umanialli celesti e a' stigi.
IV
AMESSER SISMONDO MALEGUCIO
Ilvigesimo giorno di febraio
chiudeoggi l'anno che da questi monti
chedànno a' Toschi il vento di rovaio
quiscesidove da diversi fonti
5 coneterno rumor confondon l'acque
laTùrrita col Serchio fra duo ponti;
percustodircome al signor mio piacque
ilgregge grafagninche a lui ricorso
ebbetosto che a Roma il Leon giacque;
10 chespaventato e messo in fuga e morso
glil'avea dianzie l'avria mal condotto
senon venia dal ciel iusto soccorso.
Equesto in tanto tempo è il primo motto
ch'iofo alle dee che guardano la pianta
15 de lecui frondi io fui già così giotto.
Lanovità del loco è stata tanta
c'hofatto come augel che muta gabbia
chemolti giorni resta che non canta.
Maleguzzocuginche tacciuto abbia
20 nonti maravigliarma maraviglia
abbiche morto io non sia ormai di rabbia
vedendomilontan cento e più miglia
eda nevealpeselve e fiumi escluso
dachi tien del mio cor sola la briglia.
25 Conaltre cause e più degne mi escuso
congli altri amicia dirti il ver; ma teco
liberamenteil mio peccato accuso.
Altria chi lo dicessiun occhio bieco
mivolgerebbe a dossoe un muso stretto:
30 «Guatapoco cervel!» poi diria seco
«degnouom da chi esser debbia un popul retto
uomche poco lontan da cinquanta anni
vanegginei pensier di giovinetto!».
Edirebbe il Vangel di san Giovanni;
35 chese ben erropur non son sì losco
che'l mio error non conosca e ch'io nol danni.
Mache giova s'io 'l danno e s'io 'l conosco
senon ci posso ripararné truovi
rimedioalcun che spenga questo tòsco?
40 Tuforte e saggioche a tua posta muovi
questiaffetti da teche in noinascendo
naturaaffige con sì saldi chiovi!
Fissein me questoe forse non sì orrendo
comein alcun c'ha di me tanta cura
45 chinon può tolerar ch'io non mi emendo;
efa come io so alcunche dice e giura
chequello e questo è beccoe quanto lungo
siail cimer del suo capo non misura.
Ionon uccidoio non percuoto o pungo
50 ionon do noia altruise ben mi dolgo
cheda chi meco è sempre io mi dilungo:
perciònon dico né a difender tolgo
chenon sia fallo il mio; ma non sì grave
chedi via più non me perdoni il volgo.
55 Conmanco ranno il volgonon che lave
maggiormacchia di questama sovente
titoloal vizio di virtù dato have.
Ermilïansì del danaio ardente
comed'Alessio il Gianfae che lo brama
60 ogniorain ogni locoda ogni gente
néamico né fratel né se stesso ama
uomod'industriauomo di grande ingegno
digran governo e gran valor si chiama.
GonfiaRinieriet ha il suo grado a sdegno;
65 essergli par quel che non èe più inanzi
chein tre salti ir non può si mette il segno.
Nonvuol che in ben vestire altro lo avanzi;
spenditorscalcofalconierocuoco
vuolchi lo scalzichi gli tagli inanzi.
70 Oggiuno e diman vende un altro loco;
quelche in molti anni acquistar gli avi e i patri
gettaa man pienee non a poco a poco.
Costuinon è chi morda o che gli latri
maliberalmagnanimo si noma
75 frali volgar giudici oscuri et atri.
Solonniodi facende sì gran soma
tollea portarche ne saria già morto
ilpiù forte somier che vada a Roma.
Tu'l vedi in Banchialla doganaal porto
80 inCamera apostolicain Castello
daun ponte all'altro a un volgier d'occhi sorto.
Sistilla notte e dì sempre il cervello
comeal Papa ognor dia freschi guadagni
connovi dazii e multe e con balzello.
85 Godefargli saper che se ne lagni
edica ognun che all'util del padrone
nonriguardi parenti né compagni.
Ilpopul l'odiaet ha di odiar ragione
sedi ogni mal che la città flagella
90 gli èver ch'egli sia il capo e la cagione.
Epur grande e magnifico se appella
nésenza prima discoprirsi il capo
ilnobile o il plebeo mai gli favella.
Laurinsi fa de la sua patria capo
95 et inprivato il publico converte;
trene confinaa sei ne taglia il capo;
cominciavolpeindi con forze aperte
esceleonpoi c'ha 'l popul sedutto
conlicenzecon doni e con offerte:
100 l'iniquialzandoe deprimendo in lutto
libuoniacquista titolo di saggio
difurtistupri e d'omicidi brutto.
Cosìdà onore a chi dovrebbe oltraggio
nésa da colpa a colpa scerner l'orbo
105 giudizioa cui non mostra il sol mai raggio;
estima il corbo cigno e il cigno corbo;
sesentisse ch'io amassifaria un viso
comemordesse allora allora un sorbo.
Dicaogniun come vuolee siagli aviso
110 quelche gli par: in somma ti confesso
chequi perduto ho il cantoil giocoil riso.
Questaè la prima; ma molt'altre appresso
emolt'altre ragion posso allegarte
cheda le dee m'ha tolto di Permesso.
115 Giàmi fur dolci inviti a empir le carte
liluoghi ameni di che il nostro Reggio
ilnatio nido mion'ha la sua parte.
Iltuo Mauricïan sempre vagheggio
labella stanzail Rodano vicino
120 dale Naiade amato ombroso seggio
illucido vivaio onde il giardino
sicinge intornoil fresco rio che corre
rigandol'erbeove poi fa il molino;
nonmi si può de la memoria tòrre
125 levigne e i solchi del fecondo Iaco
lavalle e il colle e la ben posta tórre.
Cercandoor questo et or quel loco opaco
quiviin più d'una lingua e in più d'un stile
rivitraea sin dal gorgoneo laco.
130 Eranoallora gli anni miei fra aprile
emaggio bellich'or l'ottobre dietro
silascianoe non pur luglio e sestile.
Mané d'Ascra potrian né di Libetro
l'amenevallisenza il cor sereno
135 farda me uscir iocunda rima o metro.
Dovealtro albergo era di questo meno
convenïentea i sacri studivuoto
d'ogniiocunditàd'ogni orror pieno?
Lanuda Pania tra l'Aurora e il Noto
140 dal'altre parti il giogo mi circonda
chefa d'un Pellegrin la gloria noto.
Questaè una fossaove abitoprofonda
dondenon muovo piè senza salire
delsilvoso Apennin la fiera sponda.
145 Ostiami in Ròcca o voglio all'aria uscire
accusee liti sempre e gridi ascolto
furtiomicidiiodivendette et ire;
sìche or con chiaro or con turbato volto
convienche alcuno prieghialcun minacci
150 altricondannialtri ne mandi assolto;
ch'ognidì scriva et empia fogli e spacci
alDuca or per consiglio or per aiuto
sìche i ladronc'ho d'ogni intornoscacci.
Déisaper la licenzia in che è venuto
155 questopaesepoi che la Pantera
indiil Leon l'ha fra gli artigli avuto.
Quivanno li assassini in sì gran schiera
ch'un'altrache per prenderli ci è posta
nonosa trar del sacco la bandiera.
160 Saggiochi dal Castel poco si scosta!
Benscrivo a chi più toccama non torna
secondoch'io vorrei mai la risposta.
Ogniterra in se stessa alza le corna
chesono ottantatretutte partite
165 dala sedizïon che ci soggiorna.
Vedior se Appolloquando io ce lo invite
vorràvenirlasciando Delfo e Cinto
inqueste grotte a sentir sempre lite.
Dimandarmi potreste chi m'ha spinto
170 daidolci studi e compagnia sì cara
inquesto rincrescevol labirinto.
Tudéi saper che la mia voglia avara
unquanon fuch'io solea star contento
diquel stipendio che traea a Ferrara;
175 manon sai forse come uscì poi lento
succedendola guerrae come volse
ilDuca che restasse in tutto spento.
Finche quella durònon me ne dolse;
midolse di veder che poi la mano
180 chiusarestòch'ogni timor si sciolse.
Tantopiù che l'ufficio di Melano
poiche le leggi ivi tacean fra l'armi
bramargli affitti suoi mi facea invano.
Ricorsial Duca: «O voisignorlevarmi
185 dovetedi bisognoo non vi incresca
ch'iovada altra pastura a procacciarmi».
Grafagniniin quel tempoessendo fresca
lalor rivoluzionche spinto fuori
aveanMarzocco a procacciar d'altra ésca
190 conlettere frequenti e imbasciatori
replicavanoal Ducae facean fretta
d'averlor capi e lor usati onori.
Fudi me fatta una improvisa eletta
oforse perché il termine era breve
195 diconsigliar chi pel miglior si metta
opur fu appresso il mio signor più leve
ilbisogno de' sudditi che il mio
dich'obligo gli ho quanto se gli deve.
Obligogli ho del buon volerpiù ch'io
200 micontenti del donoil quale è grande
manon molto conforme al mio desio.
Orse di me a questi omini dimande
potriandir che bisogno era di asprezza
nondi clemenziaall'opre lor nefande.
205 Comené in mecosì né contentezza
èforse in lor; io per me son quel gallo
chela gemma ha trovata e non l'apprezza.
Soncome il Venezianoa cui il cavallo
diMauritania in eccellenzia buono
210 donatofu dal re di Portogallo;
ilqualper aggradir il real dono
nondiscernendo che mistier diversi
volgertemoni e regger briglie sono
sopravi salsee cominciò a tenersi
215 conmani al legno e co' sproni alla pancia:
«Nonvuo'» seco dicea «che tu mi versi.»
Senteil cavallo pungersie si lancia;
e'l buon nocchier più allora preme e stringe
losprone al fiancoaguzzo più che lancia
220 e disangue la bocca e il fren gli tinge:
nonsa il cavallo a chi ubedireo a questo
che'l torna indietroo a quel che l'urta e spinge;
purse ne sbriga in pochi salti presto.
Rimanein terra il cavallier col fianco
225 cola spalla e col capo rotto e pesto.
Tuttodi polve e di paura bianco
silevò al findal re mal satisfatto
elungamente poi si ne dolse anco.
Meglioavrebbe egliet io meglio avrei fatto
230 egliil ben del cavalloio del paese
adir: «O reo signornon ci sono atto;
siepur a un altro di tal don cortese».
V
AMESSER ANNIBALE MALEGUCIO
Datutti li altri amiciAnnibaleodo
fuorche da teche sei per pigliar moglie:
miduol che 'l celi a meche 'l facci lodo.
Forsemel celi perché alle tue voglie
5 pensiche oppor mi debbiacome io danni
nonl'avendo tolta ios'altri la toglie.
Sepensi di me questotu te inganni:
benche senza io ne sianon però accuso
sePiero l'haMartinPolo e Giovanni.
10 Miduol di non l'averee me ne iscuso
sopravarii accidenti che lo effetto
sempredal buon voler tennero escluso;
mafui di parer sempree così detto
l'hopiù volteche senza moglie a lato
15 nonpuote uomo in bontade esser perfetto.
Nésenza si può star senza peccato;
chechi non ha del suofuor accattarne
mendicandoo rubandoloè sforzato;
echi s'usa a beccar de l'altrui carne
20 diventagiottoet oggi tordo o quaglia
dimanfagianiuno altro dì vuol starne;
nonsa quel che sia amornon sa che vaglia
lacaritade: e quindi avien che i preti
sonosì ingorda e sì crudel canaglia.
25 Chelupi sieno e che asini indiscreti
meldovreste saper dir voi da Reggio
segià il timor non vi tenesse cheti.
Masenza che 'l dicateio me ne aveggio;
dela ostinata Modona non parlo
30 chetutto che stia malmerta star peggio.
Piglialase la vuoi; fase déi farlo;
enon volercome il dottor Buonleo
allaestrema vecchiezza prolungarlo.
Quellaetà più al servizio di Lieo
35 chedi Vener conviensi: si dipinge
giovanefrescoe non vecchioImeneo.
Ilvecchioallora che 'l desir lo spinge
disé prosume e spera far gran cose;
sisganna poi che al paragon si stringe.
40 Nonvoglion rimaner però le spose
neldanno; sempre ci è mano adiutrice
chesoviene alle pover' bisognose.
Ese non fosse ancorpur ognun dice
chegli è così: non pòn fuggir la fama
45 piùche del verdel falso relatrice
laqual patisce mal chi l'onor ama;
maquesta passïon debole e nulla
versoun'altra maggiorser Iorio chiama.
«Peggioè» dice «vedersi un ne la culla
50 e percasa giocando ir duo bambini
epoco prima nata una fanciulla:
etesser di sua età giunto a' confini
enon aver che doppo sé lor mostri
lavia del benee non li fraudi e uncini.»
55 Piglialae non far come alcuni nostri
gentiluominifannoe molti féro
ch'orgiaccion per le chiese e per li chiostri
dimai non la pigliar fu il lor pensiero
pernon aver figliuoli che far pezzi
60 debbiandi quel che a pena basta intiero.
Quelche acerbi non férmaturi e mézzi
fanpoi con biasmo: truovan ne le ville
ene le cucine anco a chi far vezzi.
Nasconofigli e crescon le faville
65 et alfinpusillanimi e bugiardi
s'induconoa sposar villane e ancille
perchéi figli non restino bastardi.
Quindiè falsificato di Ferrara
ingran parte il buon sanguese ben guardi;
70 quindila gioventù vedi sì rara
chele virtudi e li bei studie molta
chedegli avi materni i stili impara.
Cuginfai bene a tòr moglier; ma ascolta:
pensaciprima; non varrà poi dire
75 dinons'avrai di sì detto una volta.
Inquesto il mio consiglio proferire
tivuo'e mostrarse ben non lo richiedi
quelche tu déi cercarquel che fuggire.
Tuti ridi di me forsee non vedi
80 comeio ti possa consigliarch'avuto
nonho in tal nodo mai collo né piedi.
Nonhaiquando dui giocanoveduto
chequel che sta a vedere ha meglio spesso
ciòche s'ha a farche 'l giocatorsaputo?
85 Se tuvedi che tocchio vada appresso
ilsegno il mio parerdàgli il consenso;
senonriputal scioccoe me con esso.
Maprima ch'io ti mostri altro compenso
t'avreida dir chese amorosa face
90 ti fapigliar moglierche segui il senso.
Ognivirtude è in leis'ella ti piace:
soben che né orator latinné greco
sariaa dissuadertilo efficace.
Ionon son per mostrar la strada a un cieco;
95 ma setu il bianco e il rosso e il ner comprendi
essaminail consiglio ch'io te arreco.
Tuche vuoi donnacon gran studio intendi
qualsia stata e qual sia la madree quali
sienle sorelles'all'onore attendi.
100 S'incavallise 'n boise 'n bestie tali
guardianle razzeche faremo in questi
cheson fallaci più ch'altri animali?
Divacca nascer cerva non vedesti
némai colomba d'aquilané figlia
105 dimadre infame di costumi onesti.
Oltreche il ramo al ceppo s'assimiglia
ildimestico essempioche le aggira
pelcapo sempreogni bontà sgombiglia.
Sela madre ha duo amantiella ne mira
110 aquattro e a cinquee spesso a più di sei
eta quanti più può la rete tira:
equesto per mostrar che men di lei
nonè leggiadrae non le fur del dono
dela beltà men liberali i dèi.
115 Saperla balia e le compagne è buono:
seappresso il padre sia nodrita o in corte
alfusoall'agoo pur in canto e in suono.
Noncercar chi più doteo chi ti porte
titolie fumi e più nobil parenti
120 cheal tuo aver si convenga e alla tua sorte;
chédifficil saràse non ha venti
donnepoi dietro e staffieri e un ragazzo
chele sciorini il cultu la contenti.
Vorràuna nanaun bufoncelloun pazzo
125 ecompagni da tavola e da giuoco
chetutto il dì la tengano in solazzo.
Nétòr di casa il pièné mutar loco
vorràsenza carretta; ben ch'io stimi
fratante spesequesta spesa poco:
130 chese tu non la faiche sei de' primi
edi sangue e d'aver ne la tua terra
nonla faràn già quei che son degli imi.
Ese matina e sera ondeggiando erra
concavalli a vettura la Giannicca
135 chefarà chi del suo li pasce e ferra?
Mase l'altre n'han duine vuol la ricca
quattro;se le compiacipiù che 'l conte
Rinaldomio la te aviluppa e ficca;
sele contrastipon la pace a monte
140 ecome Ulisse al cantotu l'orecchia
chiudia piantia lamentia gridi et onte;
manon le dir oltraggioo t'apparecchia
centoudirne per unoe che ti punga
piùche punger non suol vespe né pecchia.
145 Unache ti sia ugual teco si giunga
chepor non voglia in casa nuove usanze
népiù del grado aver la coda lunga.
Nonla vuo' tal che di bellezze avanze
l'altree sia in ogni invitoe sempre vada
150 capodi schiera per tutte le danze.
Frabruttezza e beltà truovi una strada
doveè gran turbané bella né brutta
chenon t'ha da spiacerse non te aggrada.
Chequindi escea man ritta truova tutta
155 lagente bellae dal contrario canto
quantabruttezza ha il mondo esser ridutta.
Quincipiù sozzee poi più sozze quanto
tuvai più inanzi; e quindi truovi i visi
piùdi bellezza e più tenere il vanto.
160 S'ovedéi tòr la tua vuoi ch'io te avisi
one la stradao a man ritta nei campi
diròma non di là troppo divisi.
Nonti scostarnon ir dove tu inciampi
introppo bella mogliesì che ognuno
165 perlei d'amor e di desire avampi.
Moltila tenterannoe quando ad uno
repugnio a duio a trenon star in speme
chenon ne debbia aver vittoria alcuno.
Nonla tòr brutta; che torresti insieme
170 perpetuanoia; medïocre forma
semprelodaisempre dannai le estreme.
Siadi buona ariasia gentilnon dorma
congli occhi aperti; che più l'esser sciocca
d'ognialtra ria deformità deforma.
175 Sequesta in qualche scandalo trabocca
lofa palesein modo che dà sopra
lifatti suoi facenda ad ogni bocca.
L'altrapiù saggiasi conduce all'opra
secretamentee studiacome il gatto
180 chela immondizia sua la terra copra.
Siapiacevolcortesesia d'ogni atto
disuperbia nimicasia gioconda
nonmesta mainon mai col ciglio attratto.
Siavergognosa; ascolti e non risponda
185 perte dove tu sia; né cessi mai
némai stia in ozio; sia polita e monda.
Dedieci anni o di dodicise fai
permio consigliofia di te minore;
dipare o di più età non la tòr mai:
190 perchépassandocome fail megliore
tempoe i begli anni in lor prima che in noi
tiparria vecchiaessendo anco tu in fiore.
Peròvorrei che 'l sposo avesse i suoi
trent'anniquella età che 'l furor cessa
195 prestoal volerpresto al pentirse poi.
TemaDioma che udir più d'una messa
vogliail dì non mi piace; e vuo' che basti
s'unao due volte l'anno si confessa.
Nonvoglio che con gli asini che basti
200 nonportano abbia praticané faccia
ognidì tórte al confessore e pasti.
Voglioche se contenti de la faccia
cheDio le diedee lassi il rosso e il bianco
allasignora del signor Ghinaccia.
205 Fuorche lisciarsiuno ornamento manco
d'altraugual gentildonna ella non abbia;
liscionon vuo'né tu credo il vogli anco.
Sesapesse Erculan dove le labbia
ponquando bacia Lidiaavria più a schivo
210 chese baciasse un cul marzo di scabbia.
Nonsa che 'l liscio è fatto col salivo
dele giudee che 'l vendon; né con tempre
dimuschio ancor perde l'odor cattivo.
Nonsa che con la merda si distempre
215 dicirconcisi lor bambini il grasso
d'orrideserpi che in pastura han sempre.
Ohquante altre spurcizie a dietro lasso
diche s'ungono il visoquando al sonno
seacconcia il steso fiancoe il ciglio basso!
220 Sìche quei che le bacianoben ponno
conmen schivezza e stomachi più saldi
baciarlor anco a nuova luna il conno.
Ilsollimato e gli altri unti ribaldi
diche ad uso del viso empion gli armari
225 fanche sì tosto il viso lor s'affaldi;
oche i bei dentiche già fur sì cari
lascianla bocca fetida e corrotta
oneri e pochi restanoe mal pari.
Seguale pochee non la volgar frotta;
230 nésappia far la tua bianco né rosso
masia del filo e de la tela dotta.
Setal la truoviconsigliar ti posso
chetu la prenda; se poi cangia stile
eche se tiri alcun galante adosso
235 ofaccia altra opra enormee che simìle
ilfruttoin tempo del ricornon esca
aimolti fior ch'avea mostrato aprile;
dela tua sortee non di te t'incresca
cheper indiligenza e poca cura
240 gustidiverso all'apetito l'ésca.
Machi va cieco a prenderla a ventura
ochi fa peggio assaiche la conosce
epur la vuolsia quanto voglia impura
sepoi pentito si batte le cosce
245 altroche sé non de' imputar del fallo
nécercar compassion de le sue angosce.
Poich'io t'ho posto assai bene a cavallo
tivoglio anco mostrar come lo guidi
comespinger lo déicome fermallo.
250 Toltoche moglie avrailascia li nidi
deglialtrie sta sul tuo; che qualche augello
trovandolsenza tenon vi si annidi.
Fallecarezzeet amala con quello
amorche vuoi ch'ella ami te; aggradisci
255 eciò che fa per te paiati bello.
Sepur tal volta errassel'ammonisci
sanzairacon amore; e sia assai pena
chela facci arrossir senza por lisci.
Megliocon la man dolce si raffrena
260 checon forza il cavalloe meglio i cani
lelusinghe fan tuoi che la catena.
Questianimalche son molto più umani
correggernon si dén sempre con sdegno
néal mio parermai con menar de mani.
265 Ch'ellati sia compagna abbi disegno;
noncome in comperata per tua serva
reputaaver in lei dominio e regno.
Cercadi sodisfarle ove proterva
nonsia la sua domandaecompiacendo
270 quantopiù amica puoi te la conserva.
Chetu la lasci far non te commendo
senzasaputa tuaciò ch'ella vuole;
chemostri non fidarti anco riprendo.
Irea conviti e publiche carole
275 nonle vietarnéalli suoi tempia chiese
doveridur la nobiltà si suole:
gliadùlteri né in piazza né in palese
main case de vicini e de commatri
baliee tal gentihan le lor reti tese.
280 Abbilesempreai chiari tempi e agli atri
dietroil pensierné la lasciar di vista:
che'l bel rubar suol far gli uomini latri.
Studiache compagnia non abbia trista:
achi ti vien per casa abbi avvertenza
285 chefuor non temie dentro il mal consista;
mastudia farlo cautamentesenza
saputasua; che si dorria a ragione
s'inte sentisse questa diffidenza.
Lievalequanto puoi la occasïone
290 d'esserputtanae pur se avien che sia
almenche ella non sia per tua cagione.
Ionon so la miglior di questa via
chegià t'ho dettaper schivar che in preda
adaltri la tua donna non se dia.
295 Mas'ella n'avrà vogliaalcun non creda
diripararci: ella saprà ben come
farch'al suo inganno il tuo consiglio ceda.
Fugià un pittorGalasso era di nome
chedipinger il diavolo solea
300 conbel visobegli occhi e belle chiome;
népiei d'augel né corna gli facea
néfacea sì leggiadro né sì adorno
l'angelda Dio mandato in Galilea.
Ildiavolriputandosi a gran scorno
305 sefosse in cortesia da costui vinto
gliapparve in sogno un poco inanzi il giorno
egli disse in parlar breve e succinto
ch'eglierae che venia per render merto
del'averlo sì bel sempre dipinto;
310 peròlo richiedessee fosse certo
disubito ottener le sue domande
edi aver più che non se gli era offerto.
Ilmeschinch'avea moglie d'admirande
bellezzee ne vivea gelosoe n'era
315 semprein sospetto et in angustia grande
pregòche gli mostrasse la maniera
ches'avesse a tenerperché il marito
potessestar sicur de la mogliera.
Parche 'l diavolo allor gli ponga in dito
320 unoannelloe ponendolo gli dica:
«Finche ce 'l tenghiesser non puoi tradito».
Lietoch'omai la sua senza fatica
potràguardarsi sveglia il mastroe truova
che'l dito alla moglier ha ne la fica.
325 Questoannel tenga in ditoe non lo muova
maichi non vuol ricevere vergogna
dala sua donna; e a pena anco gli giova
purch'ella vogliae farlo si dispogna.
VI
AMESSER PIETRO BEMBO
Bemboio vorreicome è il commun disio
de'solliciti padriveder l'arti
cheessaltan l'uomtutte in Virginio mio;
eperché di esse in te le miglior parti
5 veggioe le piùdi questo alcuna cura
perl'amicizia nostra vorrei darti.
Noncreder però ch'esca di misura
lamia domandach'io voglia tu facci
l'ufficiodi Demetrio o di Musura
10 (nonsi dànno a' par tuoi simili impacci)
masol che pensi e che discorri teco
esaper dagli amici anco procacci
s'inPadova o in Vinegia è alcun buon greco
buonoin scïenzia e più in costumiil quale
15 vogliainsegnarlie in casa tener seco.
Dottrinaabbia e bontàma principale
siala bontà: chenon vi essendo questa
némolto quella alla mia estima vale.
Soben che la dottrina fia più presta
20 alasciarsi trovar che la bontade:
sìmal l'una ne l'altra oggi s'inesta.
Onostra male aventurosa etade
chele virtudi che non abbian misti
viziinefandi si ritrovin rade!
25 Senzaquel vizio son pochi umanisti
chefe' a Dio forzanon che persüase
difar Gomorra e i suoi vicini tristi:
mandòfuoco da cielch'uomini e case
tuttoconsumpse; et ebbe tempo a pena
30 Lot afugirma la moglier rimase.
Rideil volgose sente un ch'abbia vena
dipoesiae poi dice: «È gran periglio
adormir seco e volgierli la schiena».
Etoltra questa notail peccadiglio
35 diSpagna gli dànno ancoche non creda
inunità del Spirto il Padre e il Figlio.
Nonche contempli come l'un proceda
dal'altro o nascae come il debol senso
ch'unoe tre possano essere conceda;
40 magli par che non dando il suo consenso
aquel che approvan gli altrimostri ingegno
dapenetrar più su che 'l cielo immenso.
SeNicoletto o fra Martin fan segno
d'infedeleo d'ereticone accuso
45 ilsaper troppoe men con lor mi sdegno:
perchésalendo lo intelletto in suso
perveder Dionon de' parerci strano
setalor cade giù cieco e confuso.
Matudel qual lo studio è tutto umano
50 e sonli tuoi suggetti i boschi e i colli
ilmormorar d'un rio che righi il piano
cantarantiqui gesti e render molli
conprieghi animi durie far sovente
difalse lode i principi satolli
55 dimmiche truovi tu che sì la mente
tidebbia avilupparsì tòrre il senno
chetu non creda come l'altra gente?
Ilnome che di apostolo ti denno
od'alcun minor santo i padriquando
60 cristianod'acquae non d'altro ti fenno
inCosmicoin Pomponio vai mutando;
altriPietro in Pïerioaltri Giovanni
inIano o in Iovïan va riconciando;
quasiche 'l nome i buon giudici inganni
65 e chequel meglio t'abbia a far poeta
chenon farà lo studio de molti anni.
Essertali dovean quelli che vieta
chesian ne la republica Platone
dalui con sì santi ordini discreta;
70 manon fu tal già Feboné Anfïone
négli altri che trovaro i primi versi
checol buon stilee più con l'opre buone
persuaserogli uomini a doversi
ridurreinsiemee abandonar le giande
75 cheper le selve li traean dispersi;
efér che i più robustila cui grande
forzaera usata alli minori tòrre
ormoglior gregge et or miglior vivande
silasciaro alle leggi sottoporre
80 ecominciarversando aratri e glebe
delsudor lor più giusti frutti accòrre.
Indii scrittor féro all'indotta plebe
crederch'al suon de le soavi cetre
l'unTroia e l'altro edificasse Tebe;
85 eavesson fatto scendere le petre
daglialti montiet Orfeo tratto al canto
tigrie leon da le spelonche tetre.
Nonès'io mi coruccio e grido alquanto
piùcon la nostra che con l'altre scole
90 ch'intutte l'altre io non veggio altretanto
d'altracorrezïon che di parole
degne;né del fallir de' suoi scolari
nonpur Quintilïano è che si duole.
Mase degli altri io vuo' scoprir gli altari
95 tudirai che rubato e del Pistoia
edi Petro Aretino abbia gli armari.
Deglialtri studi onor e biasmonoia
midà e piacerma non come s'io sento
cheviva il pregio de' poeti e moia.
100 Altrimentimi dolgo e mi lamento
disentir riputar senza cervello
ilbiondo Aonio e più leggier che 'l vento
chese del dottoraccio suo fratello
odoil medesmoal quale un altro pazzo
105 donòl'onor del manto e del capello.
piùmi duol ch'in vecchiezza voglia il guazzo
Placidïanche gioven dar soleva
eche di cavallier torni ragazzo
chedi sentir che simil fango aggreva
110 ilmio vicino Andronicoe vi giace
giàsettant'annie ancor non se ne lieva.
Semi è detto che Pandaro è rapace
CuriogolosoPontico idolatro
Flaviobiastematorvia più mi spiace
115 chese per poco prezzo odo Cusatro
darle sentenzie falseo che col tòsco
mastroBattista mescole il veratro;
oche quel mastro in teologia ch'al tósco
mesceil parlar fachin si tien la scroffa
120 egià n'ha dui bastardi ch'io conosco;
néper saziar la gola sua gaglioffa
perdonaa spesae lascia che di fame
languela madre e va mendica e goffa;
poilo sento gridarche par che chiame
125 leguardiech'io digiuni e ch'io sia casto
eche quanto me stesso il prossimo ame.
Magli error di questi altri così il basto
dimiei pensier non gravanoche molto
lasciil dormir o perder voglia un pasto.
130 Maper tornar là donde io mi son tolto
vorreiche a mio figliuolo un precettore
trovassimeno in questi vizii involto
chene la propria lingua de l'autore
gliinsegnasse d'intender ciò che Ulisse
135 soffersea Troia e poi nel lungo errore
ciòche Apollonio e Euripide già scrisse
Sofoclee quel che da le morse fronde
parche poeta in Ascra divenisse
equel che Galatea chiamò da l'onde
140 Pindaroe gli altri a cui le Muse argive
donarsì dolci lingue e sì faconde.
Giàper me sa ciò che Virgilio scrive
TerenzioOvidioOrazioe le plautine
sceneha veduteguaste e a pena vive.
145 Omaipuò senza me per le latine
vestigieandar a Delfie de la strada
chemonta in Elicon vedere il fine;
maperché meglio e più sicur vi vada
desideroch'egli abbia buone scorte
150 chesien de la medesima contrada.
Nonvuol la mia pigrizia o la mia sorte
chedel tempio di Apollo io gli apra in Delo
comegli fei nel Palatinle porte.
Ahilasso! quando ebbi al pegàseo melo
155 l'etàdispostache le fresche guancie
nonsi vedeano ancor fiorir d'un pelo
miopadre mi cacciò con spiedi e lancie
nonche con spronia volger testi e chiose
eme occupò cinque anni in quelle ciancie.
160 Mapoi che vide poco fruttüose
l'operee il tempo invan gittarsidopo
moltocontrasto in libertà mi pose.
Passarventi anni io mi truovavoet uopo
averdi pedagogo: che a fatica
165 intesoavrei quel che tradusse Esopo.
Fortunamolto mi fu allora amica
chemi offerse Gregorio da Spoleti
cheragion vuol ch'io sempre benedica.
Tenead'ambe le lingue i bei secreti
170 epotea giudicar se meglior tuba
ebbeil figliuol di Venere o di Teti.
Maallora non curai saper di Ecuba
larabbiosa irae come Ulisse a Reso
lavita a un tempo e li cavalli ruba;
175 ch'iovolea intender prima in che avea offeso
EneaGiunonche 'l bel regno da lei
glidovesse d'Esperia esser conteso;
che'l saper ne la lingua de li Achei
nonmi reputo onors'io non intendo
180 primail parlar de li latini miei.
Mentrel'uno acquistandoe diferrendo
vol'altrol'Occasion fuggì sdegnata
poiche mi porge il crineet io nol prendo
Mifu Gregorio da la sfortunata
185 Duchessatoltoe dato a quel figliuolo
achi avea il zio la signoria levata.
Diche vendettama con suo gran duolo
videella tostoahimè!perché del fallo
quelche peccò non fu punito solo.
190 Colzio il nipote (e fu poco intervallo)
delregno e de l'aver spogliati in tutto
prigioniandar sotto il dominio gallo.
Gregorioa' prieghi d'Isabella indutto
fua seguir il discepololà dove
195 lasciòmorendoi cari amici in lutto.
Questaiattura e l'altre cose nove
chein quei tempi successenomi féro
scordarTalia et Euterpe e tutte nove.
Mimore il padree da Maria il pensiero
200 drietoa Marta bisogna ch'io rivolga
ch'iomuti in squarci et in vacchette Omero;
truovimarito e modo che si tolga
dicasa una sorellae un'altra appresso
eche l'eredità non se ne dolga;
205 coipiccioli fratelliai quai successo
eroin luogo di padrefar l'uffizio
chedebito e pietà avea commesso;
achi studioa chi cortea chi essercizio
altroproporree procurar non pieghi
210 dale virtudi il molle animo al vizio.
Néquesto è sol che alli miei studii nieghi
dipiù avanzarsie basti che la barca
perchénon torni a dietroal lito leghi;
masi truovò di tanti affanni carca
215 allorla mente miach'ebbi desire
chela cocca al mio fil fésse la Parca.
Quella cui dolce compagnia nutrire
soleai miei studie stimulando inanzi
condolce emulazion solea far ire
220 ilmio parenteamicofratello anzi
l'animamianon mezza nonma intiera
senzach'alcuna parte me ne avanzi
morìPandolfopoco dopo: ah fera
scossach'avesti allorstirpe Arïosta
225 dich'egli un ramoe forse il più belloera!
Intanto onorvivendot'avria posta
ch'altraa quel né in Ferrara né in Bologna
ondehai l'antiqua origines'accosta.
Sela virtù dà onorcome vergogna
230 ilviziosi potea sperar da lui
tuttol'onor che buono animo agogna.
Allamorte del padre e de li dui
sìcari amiciaggiunge che dal giogo
delCardinal da Este oppresso fui;
235 cheda la creazione insino al rogo
diIulioe poi sette anni anco di Leo
nonmi lasciò fermar molto in un luogo
edi poeta cavallar mi feo:
vedise per le balze e per le fosse
240 iopotevo imparar greco o caldeo!
Mimaraviglio che di me non fosse
comedi quel filosofoa chi il sasso
ciòche inanzi sapea dal capo scosse.
Bemboio ti prego insommapria che 'l passo
245 chiusogli siache al mio Virginio porga
latua prudenza guidache in Parnasso
oveper tempo ir non seppi iolo scorga.
VII
AMESSER BONAVENTURA PISTOFILO DUCALE SECRETARIO
Pistofilotu scrivi chese appresso
papaClemente imbasciator del Duca
peruno anno o per dui voglio esser messo
ch'iote ne avisiacciò che tu conduca
5 lapratica; e proporre anco non resti
qualcheviva cagion che me vi induca:
chelungamente sia stato de questi
Mediciamicoe conversar con loro
congran dimestichezza mi vedesti
10 quandoeran fuoruscitie quando fòro
rimessiin statoe quando in su le rosse
scarpeLeone ebbe la croce d'oro;
cheoltre che a proposito assai fosse
delDucaestimi che tirare a mio
15 utilee onor potrei gran pòste e grosse;
chepiù da un fiume grande che da un rio
possosperar di prenderes'io pesco.
Orodi quanto acciò ti rispondo io.
Iote rengrazio primache più fresco
20 siasempre il tuo desir in essaltarmi
efar di bue mi vogli un barbaresco;
poidico che pel fuoco e che per l'armi
aservigio del Duca in Francia e in Spagna
ein Indianon che a Romapuoi mandarmi:
25 maper dirmi ch'onor vi si guadagna
efacultàritruova altro cimbello
sevuoi che l'augel caschi ne la ragna.
Perchéquanto all'onorn'ho tutto quello
ch'iovoglio: assai mi può parer ch'io veggio
30 a piùdi sei levarmisi il capello
perchésan che talor col Duca seggio
amensae ne riporto qualche grazia
seper me o per li amici gli la chieggio.
Esecome d'onor mi truovo sazia
35 lamenteavessi facultà a bastanza
ilmio desir si fermeriach'or spazia.
Soltanta ne vorreiche viver sanza
chiedernealtrui mi fésse in libertade
ilche ottener mai più non ho speranza
40 poiche tanti mie' amici podestade
hannoavuto di farloe pur rimaso
sonsempre in servitude e in povertade.
Nonvuo' più che colei che fu del vaso
del'incauto Epimeteo a fuggir lenta
45 mitiri come un bufalo pel naso.
Quellaruota dipinta mi sgomenta
ch'ognimastro di carte a un modo finge:
tantaconcordia non credo io che menta.
Quelche le siede in cima si dipinge
50 unoasinello: ognun lo enigma intende
senzache chiami a interpretarlo Sfinge.
Visi vede anco che ciascun che ascende
cominciaa inasinir le prime membre
eresta umano quel che a dietro pende.
55 Finche de la speranza mi rimembre
checoi fior venne e con le prime foglie
epoi fuggì senza aspettar settembre
(venneil dì che la Chiesa fu per moglie
dataa Leonee che alle nozze vidi
60 atanti amici miei rosse le spoglie;
vennea calendee fuggì inanzi agli idi)
finche me ne rimembresser non puote
chedi promessa altrui mai più mi fidi.
Lasciocca speme alle contrade ignote
65 salìdel cielquel dì che 'l Pastor santo
laman mi strinsee mi baciò le gote;
mafatte in pochi giorni poi di quanto
poteaottener le esperïenze prime
quantoandò in altoin giù tornò altretanto.
70 Fugià una zucca che montò sublime
inpochi giorni tantoche coperse
aun pero suo vicin l'ultime cime.
Ilpero una matina gli occhi aperse
ch'aveadormito un lungo sonnoe visti
75 linuovi frutti sul capo sederse
ledisse: «Che sei tu? come salisti
quasu? dove eri dianziquando lasso
alsonno abandonai questi occhi tristi?».
Ellagli disse il nomee dove al basso
80 fupiantata mostrollie che in tre mesi
quiviera giunta accelerando il passo.
«Etio» l'arbor soggiunse «a pena ascesi
aquesta altezzapoi che al caldo e al gielo
contutti i vènti trenta anni contesi.
85 Ma tuche a un volger d'occhi arrivi in cielo
renditecerta chenon meno in fretta
chesia cresciutomancherà il tuo stelo.»
Cosìalla mia speranzache a staffetta
mitrasse a Romapotea dir chi avuto
90 peiMedici sul capo avea la cetta
one l'essilio avea lor sovenuto
ochi a riporlo in casa o chi a crearlo
leond'umil agnel gli diede aiuto.
Chiavesse avuto lo spirito di Carlo
95 Sosenaalloraavria a Lorenzo forse
dettoquando sentì duca chiamarlo;
etavria detto al duca di Namorse
alcardinal de' Rossi et al Bibiena
(acui meglio era esser rimaso a Torse)
100 edetto a Contessina e a Madalena
allanoraalla soceraet a tutta
quellafamiglia d'allegrezza piena:
«Questasimilitudine fia indutta
piùpropria a voiche come vostra gioia
105 tostomontòtosto sarà distrutta:
tuttimorreteet è fatal che muoia
Leoneappressoprima che otto volte
torniin quel segno il fondator di Troia».
Maper non farse non bisognanmolte
110 paroledico che fur sempre poi
l'avarespemi mie tutte sepolte.
SeLeon non mi dièche alcun de' suoi
midianon spero; cerca pur questo amo
coprird'altr'éscase pigliar me vuoi.
115 Sepur ti par ch'io vi debbia ireandiamo;
manon già per onor né per ricchezza:
questanon speroe quel di più non bramo.
Piùtosto di' ch'io lascierò l'asprezza
diquesti sassie questa gente inculta
120 simileal luogo ove ella è nata e avezza;
enon avrò qual da punir con multa
qualcon minacciee da dolermi ogni ora
chequi la forza alla ragione insulta.
Dimmich'io potrò aver ozio talora
125 diriveder le Musee con lor sotto
lesacre frondi ir poetando ancora.
Dimmiche al Bemboal Sadolettoal dotto
Iovioal Cavalloal Blosioal Molzaal Vida
potròogni giornoe al Tibaldeofar motto;
130 tòrdi essi or uno e quando uno altro guida
peisette Collichecol libro in mano
Romain ogni sua parte mi divida.
«Qui»dica «il Circoqui il Foro romano
quifu Suburrae questo è il sacro clivo;
135 quiVesta il tempio e qui il solea aver Iano.»
Dimmich'avròdi ciò ch'io leggo o scrivo
sempreconsiglioo da latin quel tòrre
vogliao da tóscoo da barbato argivo.
Dilibri antiqui anco mi puoi proporre
140 ilnumer grandeche per publico uso
Sistoda tutto il mondo fe' raccorre.
Proponendotu questos'io ricuso
l'andataben dirai che triste umore
abbiail discorso razional confuso.
145 Etio in rispostacome Emiliofuore
porgeròil pièe dirò: «Tu non sa' dove
questocalciar mi prema e dia dolore».
Dame stesso mi tol chi mi rimove
dala mia terrae fuor non ne potrei
150 vivercontentoancor che in grembo a Iove.
Es'io non fossi d'ogni cinque o sei
mesistato uno a passeggiar fra il Domo
ele due statue de' Marchesi miei
dasì noiosa lontananza domo
155 giàsarei mortoo più di quelli macro
chestan bramando in purgatorio il pomo.
Sepur ho da star fuormi fia nel sacro
campodi Marte senza dubbio meno
chein questa fossa abitar duro et acro.
160 Mase 'l signor vuol farmi grazia a pieno
asé mi chiamie mai più non mi mandi
piùlà d'Argentao più qua del Bondeno.
Seperché amo sì il nido mi dimandi
ionon te lo dirò più volentieri
165 ch'iosoglia al frate i falli miei nefandi;
cheso ben che diresti: «Ecco pensieri
d'uomche quarantanove anni alle spalle
grossie maturi si lasciò l'altro ieri!».
Buonper me ch'io me ascondo in questa valle
170 nél'occhio tuo può correr cento miglia
ascorger se le guancie ho rosse o gialle;
chevedermi la faccia più vermiglia
benche io scriva da lungeti parrebbe
chenon ha madonna Ambra né la figlia
175 oche 'l padre canonico non ebbe
quandoil fiasco del vin gli cadde in piazza
cherubò al frateoltre li dui che bebbe.
S'ioti fossi vicinforse la mazza
perbastonarmi piglierestitosto
180 chem'udissi allegar che ragion pazza
nonmi lasci da voi viver discosto.