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MetastasioPietro
(pseudonimodi Pietro Trapassi)
CANTATE
ealtre composizioni
I- LATEMPESTA
Nonon turbartio Nice; io non ritorno
aparlarti d'amor. So che ti spiace;
bastacosì. Vedi che il ciel minaccia
improvvisatempesta: alle capanne
sevuoi ridurre il greggeio vengo solo
adoffrir l'opra mia. Che! Non paventi?
Osservache a momenti
tuttos'oscura il cielche il vento in giro
lapolve innalza e le cadute foglie.
Alfremer della selvaal volo incerto
degliaugelli smarritia queste rare
checi cadon sul voltoumide stille
Niceio preveggo... Ah non tel dissiO Nice?
eccoil lampoecco il tuono. Or che farai?
Vienisenti; ove vai? Non è più tempo
dipensare alla greggia. In questo speco
riparatifrattanto; io sarò teco.
Matu tremio mio tesoro!
Matu palpiticor mio!
Nontemer; con te son io
néd'amor ti parlerò.
Mentrefolgori e baleni
saròtecoamata Nice;
quandoil ciel si rassereni
Niceingrataio partirò.
Siedisicura sei. Nel sen di questa
concavarupe in fin ad or giammai
fulminenon percosse
lamponon penetrò. L'adombra intorno
foltaselva d'allori
cheprescrive del Ciel limiti all'ira.
Siedibell'idol miosiedi e respira.
Matu pure al mio fianco timorosa ti stringiecome io voglia
fuggirda teper trattenermi annodi
frale tue la mia man? Rovini il cielo
nondubitarnon partirò. Bramai
sempreun sì dolce istante. Ah così fosse
fruttodell'amor tuonon del timore!
Ahlasciao Niceah lascia
lusingarmenealmen. Chi sa? Mi amasti
sempreforse fin or. Fu il tuo rigore
modestiae non disprezzo; e forse questo
eccessivospavento
èpretesto all'amor. Parlache dici?
M'appongoal ver? Tu non rispondi? Abbassi
vergognosalo sguardo!
Arrossisci?Sorridi? Intendointendo.
Nonparlarmia speranza;
quelrisoquel rossor dice abbastanza.
Epur fra le tempeste
lacalma ritrovai.
Ahnon ritorni mai
maipiù sereno il dì!
Questode' giorni miei
questoè il più chiaro giorno
Vivercosì vorrei
vorreimorir così.
II- LA GELOSIA
Perdonoamata Nice
bellaNiceperdono. A tortoè vero
dissiche infida sei:
detestoi miei sospettii dubbi miei.
Maipiù della tua fede
maipiù non temerò. Per que' bei labbri
logiuroo mio tesoro
incui del mio destin le leggi adoro.
Beilabbriche Amore
formòper suo nido
nonho più timore
vicredomi fido:
giurasted'amarmi;
mibasta così.
Setorno a lagnarmi
cheNice m'offenda
perme più non splenda
laluce del dì.
Sonreonon mi difendo:
puniscimise vuoi. Pur qualche scusa
meritail mio timor. Tirsi t'adora;
iolo sotu lo sai. Seco in disparte
ragionandoti trovo: al venir mio
tuvermiglia diventi
eipallido si fa; confusi entrambi
mendicategli accenti; egli furtivo
tiguardae tu sorridi... Ah quel sorriso
quelrossore improvviso
soche vuol dir! La prima volta appunto
ch'iod'amor ti parlaicosì arrossisti
sorridesticosìNice crudele.
Edio mi lagno a torto?
Etu non mi tradisci? Infida! ingrata!
barbara!...Aimè! Giurai fidarmied ecco
ritornoa dubitar. Pietàmio bene
sonfolle: in van giurai; ma pensa al fine
cheamor mi rende insano
cheil primo non son io che giuri in vano.
Giurail nocchierche al mare
nonpresterà più fede
mase tranquillo il vede
corredi nuovo al mar.
Dinon trattar più l'armi
giurail guerrier tal volta
mase una tromba ascolta
giànon si sa frenar.
III- LA PESCA
Giàla notte s'avvicina:
vienio Niceamato bene
dellaplacida marina
lefresch'aure a respirar.
Nonsa dir che sia diletto
chinon posa in queste arene
orche un lento zefiretto
dolcementeincrespa il mar.
Lasciauna voltao Nice
lasciale tue capanne. Unico albergo
nonè già del piacere
laselvaggia dimora;
hannoquest'onde i lor diletti ancora.
Quise spiega la notte il fosco velo
nelmare emulo al cielo
piùlucidepiù belle
moltiplicarle stelle
eper l'onda vedrai gelida e bruna
romperei raggi e scintillar la luna.
Ilgiorno al suon d'una ritorta conca
chenulla cede alle incerate avene
senon vuoi le mie pene
diTeti e Galateadi Glauce e Dori
ticanterò gli amori.
Tudal mar scorgerai sul vicin prato
pascerle molli erbette
ele tue care agnellette
nonoffese dal sol fra ramo e ramo:
econ la canna e l'amo
ipesci intanto insidiar potrai;
esarà la mia Nice
pastorellain un punto e pescatrice.
Nonpiù fra' sassi algosi
starannoi pesci ascosi;
tuttiper l'onda amara
tuttiverranno a gara
fra'lacci del mio ben.
El'umidette figlie
de'tremuli cristalli
dipallide conchiglie
dilucidi coralli
lecolmeranno il sen.
IV- IL SOGNO
Purnel sonno almen talora
viencoleiche m'innamora
lemie pene a consolar.
RendiAmorse giusto sei
piùveraci i sogni miei
onon farmi risvegliar.
Disolitaria fonte
sulmargo assiso al primo alboreo Fille
sognaid'esser con te. Sognaima in guisa
chesognar non credei. Garrir gli augelli
frangersil'acque e susurrar le foglie
pareamiudir. De' tuoi begli occhi al lume
comesuol per costume
fra'suoi palpiti usati era il cor mio.
Solnel vedertioh Dio!
pietosaa mequal non ti vidi mai
disognar qualche volta io dubitai.
Quaivoci udii! Che dolci nomi ottenni
carada' labbri tuoi! Quali in quei molli
tremulirai teneri sensi io lessi!
Ahse mirar potessi
quantosplendan più belle
frai lampi di pietà le tue pupille
maipiù crudel non mi sarestio Fille.
Qualio divenni allora
quelche allora io pensaiciò che allor dissi
ridirnon so. So che sul vivo latte
dellatua mano io mille baci impressi;
tud'un vago rossor tingesti il volto.
Quandoimprovviso ascolto
d'uncespuglio vicin scuoter le fronde:
mivolgoe mezzo ascoso
scoproil rival Fileno
ched'invido veleno
lividoin faccia i furti miei rimira.
Frala sorpresa e l'ira
avvampaimi riscossi in un momento
efu breve anche in sogno il mio contento.
Partìcon l'ombraè ver
l'ingannoed il piacer;
mala mia fiammaoh Dio!
idolodel cor mio
conl'ombra non partì.
Semai per un momento
sognandoio son felice
poicresce il mio tormento
quandoritorna il dì.
V- IL NOME
Scrivoin te l'amato nome
dicoleiper cui mi moro
caroal Solfelice alloro
comeAmor l'impresse in me.
Qualtu serbi ogni tua fronda
serbiClori a me costanza:
manon sia la mia speranza
infecondaal par di te.
Orpianta avventurosa
orsì potrai fastosa
l'ariaingombrar con le novelle chiome;
orcrescerà col tronco il dolce nome.
Tedelle chiare linfe
leabitatrici ninfe;
tedell'erte pendici
leninfe abitatrici e gli altri tutti
agrestinumi al rinnovar dell'anno
conlieta danza ad onorar verranno.
Delpopolo frondoso
ate sommessi or cederan l'impero
nonsol gli elcigli abeti
leroveri nodosei pini audaci
male palme idumeele querce alpine.
Iod'altra fronda il crine
noncingerò; non canterò che assiso
all'ombratua: dell'amor mio gli arcani
soloa te fiderò; tu sola i doni
tul'ire del mio bene
tusaprai le mie gioie e le mie pene.
Perte d'amico aprile
sempres'adorni il ciel;
néall'ombra tua gentile
posininfa crudel
pastoreinfido.
Frale tue verdi foglie
augeldi nere spoglie
mainon raccolga il vol;
eFilomena sol
vifaccia il nido.
VI- AMOR TIMIDO
Chevuoimio cor? Chi desta
inte questi fin ora
tumultiignori? Or ti dilatie angusto
ilsen non basta a contenerti appieno;
orti restringie non ti trovo in seno.
Orgelior ardior provi
mirabilmenteuniti
dellefiamme e del gel gli effetti estremi.
Mache vuoi? Penio godi? Ardiscio temi?
Ahlo so: mi rammento
quelgiornoquel momento
cheio vidi incàuto in un leggiadro ciglio
scintillarquella face ond'or m'accendo.
Ahpur troppo lo so: cor miot'intendo.
T'intendosìmio cor;
contanto palpitar
soche ti vuoi lagnar
cheamante sei.
Ahtaci il tuo dolor;
ahsoffri il tuo martìr:
tàciloe non tradir
gliaffetti miei.
Mache! Languir tacendo
semprecosì dovrassi? Ah no; gli audaci
secondaAmor. Sappia il mio ben che io lìamo
elo sappia da me. Dirò che rei
songli occhi suoi dell'ardir mio; che legge
èdi natura il dimandar pietade.
Dirò...Ma se l'altèra
conme si sdegnae se mi scaccia? Oh dèi!
Vorreidirle che io l'amoe non vorrei...
Placidozefiretto
setrovi il caro oggetto
digliche sei sospiro
manon gli dir di chi.
Limpidoruscelletto
semai t'incontri in lei
dilleche pianto sei;
manon le dir qual ciglio
crescerti fe' così.
VII- EPITALAMIO
Perle nozze del principe della Rocca Giambatista FILOMARINO e donnaVittoria CARACCIOLI di S. Eramo (1722)
Scendipropizia
coltuo splendore
obella Venere
madred'Amore
obella Venere
chesola sei
piacerdegli uomini
edegli dei.
Tucolle lucide
pupillechiare
failieta e fertile
laterra e 'l mare.
Perte si genera
l'umanaprole
sottode' fervidi
raggidel sole.
Pressoa' tuoi placidi
astriridenti
lenubi fuggono
fuggonoi venti.
Ate fioriscono
glierbosi prati
ei flutti ridono
nelmar placati.
Perte le tremule
facidel cielo
dell'ombresquarciano
l'umidovelo.
Eallor che sorgono
inlieta schiera
igrati zefiri
diprimavera
tedeasalutano
gliaugei canori
chein petto accolgono
tuoidolci ardori.
Perte le timide
colombei figli
inpreda lasciano
de'fieri artigli.
Perte abbandonano
dentrole tane
iparti teneri
letigri ircane.
Perte si spiegano
leforme ascose;
perte propagano
l'umanecose.
Viendal tuo spirito
dolcee fecondo
ciòche d'amabile
racchiudeil mondo.
Scendipropizia
coltuo splendore
obella Venere
madred'Amore
obella Venere
chesola sei
piacerdegli uomini
edegli dei.