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MetastasioPietro
(pseudonimodi Pietro Trapassi)
ATTILIOREGOLO
ARGOMENTO
Frai nomi più glorioside' quali andò superba la romanarepubblicaha per consenso di tutta l'antichità occupatosempre distinto luogo il nome d'Attilio Regolo poiché nonsacrificò solo a prò della patria il sanguei sudori ele cure sue; ma seppe rivolgere a vantaggio della medesima fin leproprie disavventure. Carico già d'anni e di merito trovossiegli sventuratamente prigioniero in Cartaginequando quella cittàatterrita dalla fortuna dell'emula Romasi vide costrettaper mezzod'ambasciadoria proccurar pace da quella o il cambio almeno de'prigionieri. La libertàche sarebbe ridondata ad AttilioRegolo dalla esecuzione di tai propostefé crederlo a'Cartaginesi opportuno stromento per conseguirle: onde insieme conl'ambasciadore africano lo inviarono a Romaavendolo prima obbligatoa giurar solennemente di rendersi alle sue catenequando nullaottenesse. All'inaspettato arrivo di Regolo proruppero in tantitrasporti di tenera allegrezza i Romaniin quanti di mestizia e didesolazione eran già cinque anni innanzi trascorsiall'infausto annunzio della sua schiavitù. E per la libertàdi sì grande eroe sarebbe certamente paruta loro leggieraqualunque gravissima condizione: ma Regoloin vece di valersi a suoprivato vantaggio del credito e dell'amorech'egli avea fra' suoicittadinil'impiegò tutto a dissuader loro d'accettar lenemiche insidiose proposte. E lieto d'averli persuasifra le lagrimede' figlifra le preghiere de' congiuntifra le istanze degliamicidel Senato e del popolo tuttoche affollati d'intorno a luisi affannavano per trattenerlotornò religiosamenteall'indubitata morteche in Africa l'attendeva: lasciando allaposterità un così portentoso esempio di fedeltàe di costanza.
Appian.Zonar. Cic. Oraz. ed altri.
INTERLOCUTORI
Regolo
Manlioconsolo
Attiliafigliuola di Regolo
Publiofigliuolo di Regolo
Barcenobile africanaschiava di Publio
Liciniotribuno della plebeamante d'Attilia
Amilcareambasciadore di Cartagineamante di Barce.
ATTOPRIMO
SCENAPRIMA
Licinio:Sei tumia bella Attilia? Oh dei! confusa
frala plebe e i littori
diRegolo la figlia
quitrovar non credei.
Attilia:Su queste soglie
ch'escail console attendo. Io voglio almeno
farloarrossir. Più di riguardi ormai
nonè tempoo Licinio. In lacci avvolto
gemein Africa il padre; un lustro è scorso:
nessuns'affanna a liberarlo; io sola
piangoin Roma e rammento i casi sui.
Setaccio anch'iochi parlerà per lui?
Licinio:Non dir così; saresti ingiusta. E dove
dov'èchi non sospiri
diRegolo il ritornoe che non creda
unacquisto leggier l'Africa doma
seha da costar tal cittadino a Roma?
Dime non parlo; è padre tuo; t'adoro;
luiduce appresi a trattar l'armi; equanto
degnod'un cor romano
inme traluceei m'inspirò.
Attilia:Fin ora
perònon veggo...
Licinio:E che potei privato
finor per lui? D'ambiziosa cura
ardornon fuche a procurar m'indusse
latribunizia potestà: cercai
d'avvalorarcon questa
leistanze mie. Del popol tutto a nome
tribunoor chiederò...
Attilia:Serbisi questo
violentorimedio al caso estremo.
Nonrisvegliam tumulti
fra'l popolo e il Senato. E` troppoil sai
dellasuprema autorità geloso
ciascundi loro. Or questoor quel n'abusa;
equel che chiede l'unl'altro ricusa.
V'èpiù placida via. So che a momenti
daCartagine in Roma
unorator s'attende: ad ascoltarlo
giàs'adunano i padri
diBellona nel tempio; ivi proporre
diRegolo il riscatto
ilconsole potria.
Licinio:Manlio! Ah rammenta
chedel tuo genitore emulo antico
fuda' prim'anni. In lui fidarsi è vano:
èManlio un suo rival.
Attilia:Manlio è un romano;
néarmar vorrà la nimistà privata
colpubblico poter. Lascia ch'io parli;
udiamche dir saprà.
Licinio:Parlagli almeno
parlaglialtrove; e non soffrir che mista
quifra 'l volgo ti trovi.
Attilia:Anzi vogl'io
cheappunto in questo stato
miveggasi confonda;
chein pubblico m'ascolti e mi risponda.
Licinio:Ei vien.
Attilia:Parti.
Licinio:Ah né pure
d'unosguardo mi degni.
Attilia:In quest'istante
ioson figliao Licinioe non amante.
Licinio:Tu sei figliae lodo anch'io
ilpensier del genitore;
maricordatiben mio
qualchevolta ancor di me.
Nonoffendio mia speranza
lavirtù del tuo bel core
rammentandola costanza
dichi vive sol per te.
SCENAII
Attilia:Manlioper pochi istanti
t'arrestae m'odi.
Manlio:E questo locoAttilia
partidegno di te?
Attilia:Non fu sin tanto
cheun padre invitto in libertà vantai;
perla figlia d'un servo è degno assai.
Manlio:A che vieni?
Attilia:A che vengo! Ah sino a quando
constupor della terra
convergogna di Romain vil servaggio
Regoloha da languir? Scorrono i giorni
glianni giungono a lustrie non si pensa
ch'eivive in servitù. Qual suo delitto
meritòda' Romani
questobarbaro obblio? Forse l'amore
ondei figli e se stesso
allapatria pospose? Il grandeil giusto
l'incorrottosuo cor? L'illustre forse
suapovertà ne' sommi gradi? Ah come
chiquest'aure respira
puòRegolo obbliar! Qual parte in Roma
nonvi parla di lui? Le vie? per quelle
eipassò trionfante. Il Foro? A noi
provvideleggi ivi dettò. Le mura
oveaccorre il Senato? I suoi consigli
làfabbricar più volte
lapubblica salvezza. Entra ne' tempii
ascendio Manlioil Campidoglioe dimmi
chigli adornò di tante
insegnepellegrine
punichesiciliane e tarentine?
Questiquesti littori
ch'orprecedono a te; questache cingi
porporaconsolarRegolo ancora
ebbealtre volte intorno: ed or si lascia
morirfra' ceppi? Ed or non ha per lui
chei pianti mieima senza prò versati?
Ohpadre! Oh Roma! Oh cittadini ingrati!
Manlio:GiustoAttiliaè il tuo duolma non è giusta
l'accusatua. Di Regolo la sorte
anchea noi fa pietà. Sappiam di lui
qualfaccia empio governo
labarbara Cartago...
Attilia:Eh che Cartago
labarbara non è. Cartago opprime
unnemico crudel: Roma abbandona
unfido cittadin. Quella rammenta
quant'eigià l'oltraggiò; questa si scorda
quant'eisudò per lei. Vendica l'una
isuoi rossori in lui; l'altra il punisce
perchéd'allòr le circondò la chioma.
Labarbara or qual è? Cartago o Roma?
Manlio:Ma che far si dovrebbe?
Attilia:Offra il Senato
perlui cambio o riscatto
all'africanoambasciador.
Manlio:Tu parli
Attiliacome figlia: a me conviene
comeconsole oprar. Se tal richiesta
siagloriosa a Roma
fad'uopo esaminar. Chi alle catene
ladestra accostumò...
Attilia:Donde apprendesti
cosìrigidi sensi?
Manlio:Io n'ho su gli occhi
idomestici esempi.
Attilia:Eh dì che al padre
sempreavverso tu fosti.
Manlio:E` colpa mia
sevincer si lasciò? Se fra' nemici
rimaseprigionier?
Attilia:Pria d'esser vinto
eiv'insegnò più volte...
Manlio:Attiliaormai
ilSenato è raccolto: a me non lice
quitrattenermi. Agli altri padri inspira
massimemeno austere. Il mio rigore
forsepuoi render vano;
ch'ioson console in Roma e non sovrano.
Micrederai crudele
diraiche fiero io sia;
magiudice fedele
sempreil dolor non è.
M'affliggonoi tuoi pianti
manon è colpa mia
sequelche giova a tanti
soloè dannoso a te.
SCENAIII
Attilia:Nulla dunque mi resta
da'consoli a sperar. Questo è nemico;
assenteè l'altro. Al popolar soccorso
rivolgersiconvien. Padre infelice
dache incerte vicende
lalibertàla vita tua dipende!
Barce:AttiliaAttilia.
Attilia:Onde l'affanno?
Barce:E` giunto
l'africanoorator.
Attilia:Tanto trasporto
lanovella non merta.
Barce:Altra ne reco
benpiù grande.
Attilia:E qual è?
Barce:Regolo è seco.
Attilia:Il padre!
Barce:Il padre.
Attilia:AhBarce
t'ingannastio m'inganni?
Barce:Io nol mirai
maognun...
Attilia:Publio...
SCENAIV
Publio:Germana...
Sonfuor di me... Regolo è in Roma.
Attilia:Oh Dio!
Cheassalto di piacer! Guidami a lui.
Dov'è?Corriam...
Publio:Non è ancor tempo. Insieme
conl'orator nemico attende adesso
chel'ammetta il Senato.
Attilia:Ove il vedesti?
Publio:Sai che questor degg'io
glistranieri oratori
d'ospizioprovveder. Sento che giunge
l'oratordi Cartago; ad incontrarlo
m'affrettoal porto: un africano io credo
vedermiin facciae il genitor mi vedo.
Attilia:Che disse? che dicesti?
Publio:Ei su la ripa
eragiàquand'io giunsie il Campidoglio
ch'indiin parte si scopre
stavafisso a mirar. Nel ravvisarlo
corsigridando: "Ahcaro padre!" e volli
lasua destra baciar. M'udìsi volse
ritrasseil piedeein quel sembiante austero
concui già fé tremar l'Africa doma
"Nonson padri" mi disse "i servi in Roma".
Ioreplicar volea: mase raccolto
fosseil Senatoe dove
chiedendom'interruppe. Udilloe senza
parlarlà volse i passi. Ad avvertirne
ilconsole io volai. Dov'è? Non veggo
quid'intorno i littori...
Barce:Ei di Bellona
altempio s'inviò.
Attilia:Servo ritorna
dunqueRegolo a noi?
Publio:Sì; ma di pace
soche reca proposte: e che da lui
dipendeil suo destin.
Attilia:Chi sa se Roma
quelleproposte accetterà.
Publio:Se vedi
comeRoma l'accoglie
taldubbio non avrai. Di gioia insani
sontuttiAttilia. Al popoloche accorre
sonoanguste le vie. L'un l'altro affretta;
questoa quello l'addìta. Oh con quai nomi
chiamarl'intesi! E a quanti
molleosservai per tenerezza il ciglio!
ChespettacoloAttiliaal cor d'un figlio!
Attilia:Ah Licinio dov'è? Di lui si cerchi:
imperfettasaria
nondivisa con lui la gioia mia.
Godacon mes'io godo
l'oggettodi mia fé
comepenò con me
quand'iopenai.
Provifelice il nodo
incui l'avvolse Amor:
assaitremò fin or
sofferseassai.
SCENAV
Publio:AddioBarce vezzosa.
Barce:Odi. Non sai
dell'oratorcartaginese il nome?
Publio:Sì; Amilcare si appella.
Barce:E` forse il figlio
d'Annone?
Publio:Appunto.
Barce:(Ah l'idol mio!)
Publio:Tu cangi
color!Perché? Fosse costui cagione
deltuo rigor con me?
Barce:Signortrovai
talpietà di mia sorte
inAttilia ed in teche non m'avvidi
finor di mie catene; e troppo ingrata
sareise t'ingannassi: a te sincera
tuttoil cor scoprirò. Sappi...
Publio:T'accheta:
miprevedo funesta
latua sincerità. Fra le dolcezze
diquesto dì non mescoliam veleno;
sed'altri seivo' dubitarne almeno.
Sepiù felice oggetto
occupail tuo pensiero
tacinon dirmi il vero
lasciaminell'error.
E`penache avvelena
unbarbaro sospetto;
mauna certezza è pena
cheopprime affatto un cor.
SCENAVI
Barce:Dunque è ver che a momenti
ilmio ben rivedrò? L'unicoil primo
ondem'accesi? Ah! che faraicor mio
d'Amilcareall'aspetto
seal nome sol così mi balzi in petto?
Solpuò dir che sia contenta
chipenò gran tempo in vano
dalsuo ben chi fu lontano
elo torna a riveder.
Sifan dolci in quel momento
ele lagrime e i sospiri;
lememorie de' martiri
siconvertono in piacer.
SCENAVII
Manlio:Venga Regoloe venga
l'africanoorator. Dunque i nemici
bramanla pace?
Publio:O de' cattivi almeno
voglionoil cambio. A Regolo han commesso
d'ottenerloda voi. Se nulla ottiene
apagar col suo sangue
ilrifiuto di Roma egli a Cartago
ècostretto a tornar. Giurolloe vide
priadi partir del minacciato scempio
ifunesti apparecchi. Ah! non sia vero
chea sì barbare pene
untanto cittadin...
Manlio:T'accheta: ei viene.
Amilcare:(Regoloa che t'arresti? E` forse nuovo
perte questo soggiorno?)
Regolo:(Penso qual ne partiiqual vi ritorno).
Amilcare:Di Cartago il Senato
bramosodi depor l'armi temute
alSenato di Roma invia salute.
Ese Roma desia
anchepace da luipace gl'invia.
Manlio:Siedi ed esponi. E tu l'antica sede
Regolovieni ad occupar.
Regolo:Ma questi
chisono?
Manlio:I padri.
Regolo:E tu chi sei?
Manlio:Conosci
ilconsole sì poco?
Regolo:E fra il console e i padri un servo ha loco?
Manlio:No; ma Roma si scorda
ilrigor di sue leggi
pertecui dee cento conquiste e cento.
Regolo:Se Roma se ne scordaio gliel rammento.
Manlio:(Più rigida virtù chi vide mai?)
Publio:Né Publio sederà.
Regolo:Publioche fai?
Publio:Compisco il mio dover: sorger degg'io
doveil padre non siede.
Regolo:Ah tanto in Roma
soncambiati i costumi! Il rammentarsi
frale pubbliche cure
d'unprivato doverpria che tragitto
inAfrica io facessiera delitto.
Publio:Ma...
Regolo:SiediPublio; e ad occupar quel loco
piùdegnamente attendi.
Publio:Il mio rispetto
innanzial padre è naturale istinto.
Regolo:Il tuo padre morìquando fu vinto.
Manlio:ParlaAmilcareormai.
Amilcare:Cartago elesse
Regoloa farvi noto il suo desio.
Ciòch'ei diràdice Cartago ed io.
Manlio:Dunque Regolo parli.
Amilcare:Or ti rammenta
chese nulla otterrai
giurasti...
Regolo:Io compirò quanto giurai.
Manlio:(Di lui si tratta: oh come
parlarsaprà!)
Publio:(Numi di Romaah voi
inspirateeloquenza a' labbri suoi!)
Regolo:La nemica Cartago
apatto che sia suo quant'or possiede
paceo padri coscrittia voi richiede.
Sepace non si vuolbrama che almeno
de'vostri e suoi prigioni
terminiun cambio il doloroso esiglio.
Ricusarl'una e l'altro è il mio consiglio.
Amilcare:(Come!)
Publio:(Aimè!)
Manlio:(Son di sasso).
Regolo:Io della pace
idanni a dimostrar non m'affatico;
setanto la desiateme il nemico.
Manlio:Ma il cambio?
Regolo:Il cambio asconde
frodeper voi più perigliosa assai.
Amilcare:Regolo?
Regolo:Io compirò quanto giurai.
Publio:(Numi! il padre si perde).
Regolo:Il cambio offerto
milledanni ravvolge;
mal'esempio è il peggior. L'onor di Roma
ilvalorla costanza
lavirtù militarpadriè finita
seha speme il vil di libertàdi vita.
Qualprò che torni a Roma
chia Roma porterà l'orme sul tergo
dellasferza servil? chi l'armi ancora
disangue ostil digiune
vivodeposee per timor di morte
delvincitor lo scherno
soffrirsi elesse? Oh vituperio eterno!
Manlio:Sia pur dannoso il cambio:
acompensarne i danni
bastaRegolo sol.
Regolo:Manliot'inganni:
Regoloè pur mortal.Sento ancor io
l'ingiuriedell'etade. Utile a Roma
giàpoco esser potrei: molto a Cartago
benlo saria la gioventù feroce
cheper me rendereste. Ah sì gran fallo
davoi non si commetta. Ebbe il migliore
de'miei giorni la patriaabbia il nemico
l'inutilresto. Il vil trionfo ottenga
divedermi spirar; ma vegga insieme
chene trionfa in vano
chedi Regoli abbonda il suol romano.
Manlio:(Oh inudita costanza!)
Publio:(Oh coraggio funesto!)
Amilcare:(Che nuovo a me strano linguaggio è questo!)
Manlio:L'util non già dell'opre nostre oggetto
mal'onesto esser dee; né onesto a Roma
l'esseringrata a un cittadin saria.
Regolo:Vuol Roma essermi grata? Ecco la via.
Questibarbario padri
m'hancreduto sì vilche per timore
iovenissi a tradirvi. Ah questo oltraggio
d'ognistrazio sofferto è più inumano.
Vendicatemio padri; io fui romano.
Armatevicorrete
asveller da' lor tempii
l'aquileprigioniere. In sin che oppressa
l'emulasia non deponete il brando.
Fatech'io là tornando
leggail terror dell'ire vostre in fronte
a'carnefici miei; che lieto io mora
nell'osservarfra' miei respiri estremi
comeal nome di Roma Africa tremi.
Amilcare:(La maraviglia agghiaccia
glisdegni miei).
Publio:(Nessun risponde? Oh Dio!
mitrema il cor).
Manlio:Domanda
piùmaturo consiglio
dubbiosì grande. A respirar dal nostro
giustostupor spazio bisogna. In breve
ilvoler del Senato
tuAmilcaresaprai. Noipadriandiamo
l'assistenzade' numi
priadi tutto a implorar.
Regolo:V'è dubbio ancora?
Manlio:SìRegolo: io non veggo
seperiglio maggiore
èil non piegar del tuo consiglio al peso
ose maggior periglio
èil perder chi sa dar sì gran consiglio.
Tusprezzator di morte
daiper la patria il sangue;
mail figlio suo più forte
perdela patria in te.
Sete domandi esangue
moltoda lei domandi:
d'animecosì grandi
prodigoil Ciel non è.
SCENAVIII
Amilcare:In questa guisa adempie
Regolole promesse?
Regolo:Io vi promisi
diritornar; l'eseguirò.
Amilcare:Ma...
Attilia:Padre!
Licinio:Signor!
Attilia:Licinio: Su questa mano...
Regolo:Scostatevi. Io non sono
lodeagli deilibero ancora.
Attilia:Il cambio
dunquesi ricusò?
Regolo:Publione guida
alsoggiorno prescritto
adAmilcare e a me.
Publio:Né tu verrai
a'patri larial tuo ricetto antico?
Regolo:Non entra in Roma un messaggier nemico.
Licinio:Questa troppo severa
leggenon è per te.
Regolo:Saria tiranna
senon fosse per tutti.
Attilia:Io voglio almeno
seguirtiovunque andrai.
Regolo:No; chiede il tempo
Attiliaaltro pensier che molli affetti
difiglia e genitor.
Attilia:Da quel che fosti
padreah perché così diverso adesso?
Regolo:La mia sorte è diversa; io son l'istesso.
Nonperdo la calma
fra'ceppi o gli allori:
nonva sino all'alma
lamia servitù.
Combattei rigori
disorte incostante
invario sembiante
l'istessavirtù.
SCENAIX
Barce:Amilcare!
Amilcare:Ah mia Barce!
Ahdi nuovo io ti perdo! Il cambio offerto
Regolodissuade.
Barce:Attilia: Oh stelle!
Amilcare:Addio:
Publioseguir degg'io. Mia vitaoh quanto
quantoho da dirti!
Barce:E nulla dici intanto.
Amilcare:Ah! se ancor mia tu sei
cometrovar sì poco
sainegli sguardi miei
quelch'io non posso dir!
Ioche nel tuo bel foco
semprefedel m'accendo
millesegreti intendo
carada un tuo sospir.
SCENAX
Attilia:Chi creduto l'avrebbe! Il padre istesso
congiuraa' danni suoi.
Barce:Già che il Senato
nondecise fin ormolto ti resta
Attiliaonde sperar. Corrit'adopra
parlapria che di nuovo
siraccolgano i padri. Adesso è il tempo
diporre in uso e l'eloquenza e l'arte.
Orl'amor de' congiunti
orla fé degli amicior de' Romani
giovaimplorar l'aita in ogni loco.
Attilia:Tutto farò; ma quelch'io speroè poco.
Miparea del parto in seno
chiaral'ondail ciel sereno;
matempesta più funesta
mirespinge in mezzo al mar.
M'avviliscom'abbandono;
eson degna di perdono
sepensando a chi la desta
incomincioa disperar.
SCENAXI
Barce:Che barbaro destino
sarebbeil miose Amilcare dovesse
purdi nuovo a Cartago
senzame ritornar! Solo in pensarlo
misento... Ah no; speriam più tosto. Avremo
sempretempo a penar. Non è prudenza
mafollia de' mortali
l'artecrudel di presagirsi i mali.
Sempreè maggior del vero
l'idead'una sventura
alcredulo pensiero
dipintadal timor.
Chistolto il mal figura
affrettail proprio affanno
edassicura un danno
quandoè dubbioso ancor.
ATTOSECONDO
SCENAPRIMA
Regolo:Publiotu qui! Si tratta
dellagloria di Roma
dell'onormiodel pubblico riposo
ein Senato non sei?
Publio:Raccolto ancora
signornon è.
Regolo:Vanon tardar; sostieni
frai padri il voto mio: mostrati degno
dell'originetua.
Publio:Come! e m'imponi
chea fabbricar m'adopri
iostesso il danno tuo?
Regolo:Non è mio danno
quelche giova alla patria.
Publio:Ah di te stesso
signoreabbi pietà.
Regolo:Publiotu stimi
dunqueun furore il mio? Credi ch'io solo
fraciò che viveodii me stesso? Oh quanto
t'inganni!Al par d'ogni altro
bramoil mio benfuggo il mio mal. Ma questo
trovosol nella colpae quello io trovo
nellasola virtù. Colpa sarebbe
dellapatria col danno
ricuperarla libertà smarrita;
ond'èmio mal la libertàla vita:
virtùcol proprio sangue
èdella patria assicurar la sorte;
ond'èmio ben la servitùla morte.
Publio:Pur la patria non è...
Regolo:La patria è un tutto
dicui siam parti. Al cittadino è fallo
considerarse stesso
separatoda lei. L'utile o il danno
ch'eiconoscer dee soloè ciò che giova
onuoce alla sua patriaa cui di tutto
èdebitor. Quando i sudori e il sangue
spargeper leinulla del proprio ei dona;
rendesol ciò che n'ebbe. Essa il produsse
l'educòlo nudrì. Con le sue leggi
dagl'insultidomestici il difende
dagliesterni con l'armi. Ella gli presta
nomegrado ed onor: ne premia il merto;
nevendica le offese; e madre amante
afabbricar s'affanna
lasua felicitàper quanto lice
aldestin de' mortali esser felice.
Hantanti doniè vero
ilpeso lor. Chi ne ricusa il peso
rinuncial benefizio; a far si vada
d'inospiteforeste
mendìcoabitatore; e làdi poche
misereghiande e d'un covil contento
vivalibero e solo a suo talento.
Publio:Adoro i detti tuoi. L'alma convinci
mail cor non persuadi. Ad ubbidirti
lanatura repugna. Al fin son figlio
nonlo posso obbliar.
Regolo:Scusa infelice
perchi nacque romano. Erano padri
BrutoManlioVirginio...
Publio:E` ver; ma questa
troppoeroica costanza
solfra' padri restò. Figlio non vanta
Romafin orche a proccurar giungesse
delgenitor lo scempio.
Regolo:Dunque aspira all'onor del primo esempio.
Va.
Publio:Deh...
Regolo:Non più. Della mia sorte attendo
lanotizia da te.
Publio:Troppo pretendi
troppoo signor.
Regolo:Mi vuoi stranieroo padre?
Sestraniernon posporre
l'utildi Roma al mio; se padreil cenno
rispettae parti.
Publio:Ah se mirar potessi
imoti del cor miorigido meno
forsecon me saresti.
Regolo:Or dal tuo core
proveio vo' di costanza e non d'amore.
Publio:Ahse provar mi vuoi
chiedimio padreil sangue;
etutto a' piedi tuoi
padrelo verserò.
Mache un tuo figlio istesso
debbavolerti oppresso?
Grangenitorperdona
tantavirtù non ho.
SCENAII
Regolo:Il gran punto s'appressaed io pavento
chevacillino i padri. Ah voi di Roma
deitàprotettricia lor più degni
sensiinspirate.
Manlio:A custodir l'ingresso
rimanganoi littori; e alcun non osi
quipenetrar.
Regolo:(Manlio! A che viene?)
Manlio:Ah lascia
cheal sen ti stringainvitto eroe.
Regolo:Che tenti!
Unconsole...
Manlio:Io nol sono
Regoloadesso: un uom son io che adora
latua virtùla tua costanza; un grande
emulotuoche a dichiarar si viene
vintoda te; checonfessando ingiusto
l'avversogenio antico
chiedel'onor di diventarti amico.
Regolo:Dell'alme generose
solitostil. Più le abbattute piante
nonurta il ventoo le solleva. Io deggio
cosìnobile acquisto
allamia servitù.
Manlio:Sìquesta appieno
qualtu sei mi scoperse; e mai sì grande
com'orfra' ceppiio non ti vidi. A Roma
vincitorde' nemici
spessotornasti; or vincitor ritorni
ditedella fortuna. I lauri tuoi
mosseroinvidia in me; le tue catene
destanrispetto. Allora
uneroelo confesso
Regolomi parea; ma un nume adesso.
Regolo:Bastabastasignor: la più severa
misuratavirtù tentan le lodi
inun labbro sì degno. Io ti son grato
ched'illustrar con l'amor tuo ti piaccia
gliultimi giorni miei.
Manlio:Gli ultimi giorni!
Conservartiio pretendo
lungamentealla patria; eaffinché sia
intuo favor l'offerto cambio ammesso
tuttoin uso porrò.
Regolo:Così cominci
Manlioad essermi amico? E che faresti
seancor m'odiassi? In questa guisa il frutto
delmio rossor tu mi defraudi. A Roma
ionon venni a mostrar le mie catene
perdestarla a pietà: venni a salvarla
dalrischio d'un'offerta
cheaccettar non si dee. Se non puoi darmi
altripegni d'amortorna ad odiarmi.
Manlio:Ma il ricusato cambio
produrriala tua morte.
Regolo:E questo nome
sìterribil risuona
nell'orecchiedi Manlio! Io non imparo
oggiche son mortale. Altro il nemico
nonmi torrà che quel che tormi in breve
deela natura; e volontario dono
saràcosì quelche saria fra poco
necessariotributo. Il mondo apprenda
ch'iovissi sol per la mia patria; equando
viverpiù non potei
resialmen la mia morte utile a lei.
Manlio:Oh detti! Oh sensi! Oh fortunato suolo
chetai figli produci! E chi potrebbe
nonamartisignor?
Regolo:Se amar mi vuoi
amamida romano. Eccoti i patti
dellanostra amistà. Facciamo entrambi
unsacrifizio a Roma; io della vita
tudell'amico. E` ben ragion che costi
dellapatria il vantaggio
qualchepena anche a te. Va; ma prometti
chede' consigli miei tu nel Senato
tifarai difensore. A questa legge
soladi Manlio io l'amicizia accetto.
Cherispondisignor?
Manlio:Sìlo prometto.
Regolo:Or de' propizi numi
inManlio amico io riconosco un dono.
Manlio:Ah perché fra que' ceppi anch'io non sono!
Regolo:Non perdiamo i momenti. Ormai raccolti
forsesaranno i padri. Alla tua fede
dellapatria il decoro
lamia pace abbandono e l'onor mio.
Manlio:Addiogloria del Tebro.
Regolo:Amicoaddio.
Manlio:Oh qual fiamma di gloriad'onore
scorrersento per tutte le vene
almagrandeparlando con te!
Nonon vive sì timido core
chein udirti con quelle catene
noncambiasse la sorte d'un re.
SCENAIII
Regolo:A respirar comincio: i miei disegni
ilfausto Ciel seconda.
Licinio:Al fin ritorno
conpiù contento a rivederti.
Regolo:E donde
tantagioiao Licinio?
Licinio:Ho il cor ripieno
difelici speranze. In fino ad ora
perte sudai.
Regolo:Per me!
Licinio:Sì. Mi credesti
forseingrato cosìch'io mi scordassi
gliobblighi miei nel maggior uopo? Ah tutto
mirammentosignor. Tu sol mi fosti
ducemaestro e padre. I primi passi
mossite condottiero
perle strade d'onor: tu mi rendesti...
Regolo:Al finein mio favordìche facesti?
Licinio:Difesi la tua vita
ela tua libertà.
Regolo:Come?
Licinio:All'ingresso
deltempioove il Senato or si raccoglie
attesii padrie ad uno ad un li trassi
neldesio di salvarti.
Regolo:(Oh deiche sento!)
Etu...
Licinio:Solo io non fui. Non si defraudi
lalode al merto. Io feci assaima fece
Attiliapiù di me.
Regolo:Chi?
Licinio:Attilia. In Roma
figlianon v'è d'un genitor più amante.
Comeparlò! Che disse!
Quantiaffetti destò! Come compose
ildolor col decoro! In quanti modi
rimproverimischiòpreghiere e lodi!
Regolo:E i padri?
Licinio:E chi resiste
agliassalti d'Attilia? Eccola: osserva
comeride in quel volto
lanovella speranza.
SCENAIV
Attilia:Amato padre
pureuna volta...
Regolo:E ardisci
ancorvenirmi innanzi? Ah non contai
tefin ad or fra' miei nemici.
Attilia:Iopadre
iotua nemica!
Regolo:E tal non è chi folle
s'opponea' miei consigli?
Attilia:Ah di giovarti
dunqueil desio d'inimicizia è prova?
Regolo:Che sai tu quel che nuoce o quel che giova?
Dellepubbliche cure
chia parte ti chiamò? Della mia sorte
chiti fé protettrice? Onde...
Licinio:Ah signore
troppo...
Regolo:Parla Licinio! Assai tacendo
megliosi difendea; pareva almeno
pentimentoil silenzio. Eterni dei!
Unafiglia!... un roman!
Attilia:Perché son figlia...
Licinio:Perché roman son iocredei che oppormi
altuo fato inumano...
Regolo:Taci: non è romano
chiuna viltà consiglia.
Taci:non è mia figlia
chipiù virtù non ha.
Orsì de' lacci il peso
pervostra colpa io sento;
orsì la mia rammento
perdutalibertà.
SCENAV
Attilia:Ma dì; credio Licinio
chemai di me nascesse
piùsfortunata donna? Amare un padre
affannarsia suo pròmostrar per lui
ditenera pietade il cor trafitto
sariamerito ad altri; è a me delitto.
Licinio:No; consolatiAttiliae non pentirti
dell'operapietosa. Altro richiede
ildover nostroed altro
diRegolo il dover. Se gloria è a lui
dellavita il disprezzoa noi sarebbe
empietànon salvarlo. Al fin vedrai
chegrato ei ci sarà. Non ti spaventi
losdegno suo. Spesso l'infermo accusa
dicrudeld'inumano
quellamedica manche lo risana.
Attilia:Que' rimproveri acerbi
mitrafiggono il cor: non ho costanza
persoffrir l'ire sue.
Licinio:Ma dì: vorresti
priad'un tal genitor vederti priva?
Attilia:Ah questo no: mi sia sdegnatoe viva.
Licinio:Vivrà. Cessi quel pianto:
tornatevidi nuovo
begliocchia serenar. Se veggooh Dio!
mestiziain voiperdo coraggio anch'io.
Davoicari lumi
dipendeil mio stato;
voisiete i miei numi
voisiete il mio fato:
avostro talento
misento cangiar.
Ardirm'inspirate
selieti splendete;
setorbidi siete
mifate tremar.
SCENAVI
Attilia:Ah che pur troppo è ver! non han misura
dellacieca fortuna
ifavori e gli sdegni. O de' suoi doni
èprodiga all'eccesso
oaffligge un cor fin che nol vegga oppresso.
Orl'infelice oggetto
sonio dell'ire sue. Mi veggo intorno
dinembi il ciel ripieno;
echi sa quanti strali avranno in seno.
Sepiù fulmini vi sono
eccoil pettoavversi dei:
meferiteio vi perdono;
masalvate il genitor.
Un'immaginedi voi
inquell'alma rispettate;
unesempio a noi lasciate
dicostanza e di valor.
SCENAVII
Regolo:Tu palpitio mio cor! Qual nuovo è questo
motoincognito a te? Sfidasti ardito
letempeste del marl'ire di Marte
d'Africai mostri orrendi
edor tremando il tuo destino attendi!
Ahn'hai ragion: mai non si vide ancora
inperiglio sì grande
lagloria mia. Ma questa gloriaoh dei
nonè dell'alme nostre
unaffetto tiranno? Al par d'ogni altro
domarnon si dovrebbe? Ah no. De' vili
questoè il linguaggio. Inutilmente nacque
chisol vive a se stesso: e sol da questo
nobileaffetto ad obbliar s'impara
séper altrui. Quanto ha di ben la terra
allagloria si dee. Vendica questa
l'umanitàdel vergognoso stato
incui saria senza il desio d'onore;
toglieil senso al dolore
lospavento a' perigli
allamorte il terror; dilata i regni
lecittà custodisce; allettaaduna
seguacialla virtù; cangia in soavi
iferoci costumi
erende l'uomo imitator de' numi.
Perquesta... Aimè! Publio ritornae parmi
chetimido s'avanzi. E benche rechi?
Hadeciso il Senato?
qualè la sorte mia?
SCENAVIII
Publio:Signor... (Che pena
perun figlio è mai questa!)
Regolo:E taci?
Publio:Oh dei!
Essermuto vorrei.
Regolo:Parla.
Publio:Ogni offerta
ilSenato ricusa.
Regolo:Ah dunque ha vinto
ilfortunato al fin genio romano!
Grazieagli dei; non ho vissuto in vano.
Amilcaresi cerchi. Altro non resta
chefar su queste arene:
lagrand'opra compiipartir conviene.
Publio:Padre infelice!
Regolo:Ed infelice appelli
chipotéfin che visse
allapatria giovar?
Publio:La patria adoro
piangoi tuoi lacci.
Regolo:E` servitù la vita;
ciascunoha i lacci suoi. Chi pianger vuole
piangerPubliodovria
lasorte di chi nascee non la mia.
Publio:Di quei barbario padre
l'empiofuror ti priverà di vita.
Regolo:E la mia servitù sarà finita.
Addio.Non mi seguir.
Publio:Da me ricusi
gliultimi ancor pietosi uffizi?
Regolo:Io voglio
altroda te. Mentre a partir m'affretto
atrattener rimanti
lasconsolata Attilia. Il suo dolore
funesterebbeil mio trionfo. Assai
tenerafu per me. Se forse eccede
compatiscilao Publio. Al fin da lei
unaviril costanza
pretendernon si può. Tu la consiglia;
d'inspirarleproccura
conl'esempio fortezza:
lareggila consola; e seco adempi
ogniuffizio di padre. A te la figlia
teconfido a te stesso; e spero... Ah veggo
cheindebolir ti vuoi. Maggior costanza
inte credei: l'avrò creduto in vano?
Publioah no: sei mio figlioe sei romano.
Nontradir la bella speme
chedi te donasti a noi:
sulcammin de' grandi eroi
incominciaa comparir.
Fach'io lasci un degno erede
degliaffetti del mio core;
chedi te senza rossore
iomi possa sovvenir.
SCENAIX
Publio:Ah sìPubliocoraggio: il passo è forte
mavincerti convien. Lo chiede il sangue
chehai nelle vene; il grand'esempio il chiede
chesu gli occhi ti sta. Cedesti a' primi
impetidi natura; or meglio eleggi;
ilpadre imìtae l'error tuo correggi.
Attilia:Ed è veroo german?
Barce:Publioed è vero?
Publio:Sì: decise il Senato;
Regolopartirà.
Attilia:Come!
Barce:Che dici!
Attilia:Dunque ognun mi tradì?
Barce:Dunque...
Publio:Or non giova...
Barce:Amilcarepietà.
Attilia:Licinioaiuto.
Amilcare:Più speranza non v'è.
Licinio:Tutto è perduto.
Attilia:Dov'è Regolo? Io voglio
almenseco partir.
Publio:Ferma; l'eccesso
deltuo dolor l'offenderebbe.
Attilia:E speri
impedirmicosì?
Publio:Spero che Attilia
tornial fine in se stessae si rammenti
chea lei non è permesso...
Attilia:Sol che son figlia io mi rammento adesso.
Lasciami.
Publio:Non sperarlo.
Attilia:Ah parte intanto
ilgenitor!
Barce:Non dubitar ch'ei parta
finchéAmilcare è qui.
Attilia:Chi mi consiglia?
chimi soccorre? Amilcare?
Amilcare:Io mi perdo
fral'ira e lo stupor.
Attilia:Licinio?
Licinio:Ancora
dalcolpo inaspettato
respirarnon poss'io.
Attilia:Publio?
Publio:Ah germana
piùvalorpiù costanza. Il fato avverso
comesi soffra il genitor ci addìta.
Nonè degno di lui chi non l'imìta.
Attilia:E tu parli così! tuche dovresti
imiei trasporti accompagnar gemendo!
Ionon t'intendoo Publio.
Amilcare:Ed io l'intendo.
Barceè la fiamma sua: Barce non parte
seRegolo non resta; ecco la vera
cagiondel suo coraggio.
Publio:(Questo pensar di me! Stelleche oltraggio!)
Amilcare:Forseaffinché il Senato
nonaccettasse il cambioei pose in opra
tuttal'arte e l'ingegno.
Publio:Il dubbio in ver d'un africano è degno.
Amilcare:E pur...
Publio:Tacie m'ascolta.
Saiche l'arbitro io sono
dellasorte di Barce?
Amilcare:Il so. L'ottenne
giàdal Senato in dono
lamadre tua: questa cedendo al fato
signordi lei tu rimanesti.
Publio:Or odi
qualuso io fo del mio dominio. Amai
Barcepiù della vita
manon quanto l'onor. So che un tuo pari
credernol può; ma toglierò ben io
disì vili sospetti
ognipretesto alla calunnia altrui.
Barceliberi sei; parti con lui.
Barce:Numi! Ed è ver?
Amilcare:D'una virtù sì rara...
Publio:Come s'ama fra noibarbaroimpara.
SCENAX
Attilia:Vedi il crudel come mi lascia!
Barce:Udisti
comePublio parlò?
Attilia:Tu non rispondi!
Barce:Tu non m'odiidol mio!
Amilcare:AddioBarce; m'attendi.
Licinio:Attiliaaddio.
Attilia:Barce: Dove?
Licinio:A salvarti il padre.
Amilcare:Regolo a conservar.
Attilia:Ma per qual via?
Barce:Ma come?
Licinio:A' mali estremi
diasiestremo rimedio.
Amilcare:Abbia rivali
nellavirtù questo romano orgoglio.
Attilia:Esser teco vogl'io.
Barce:Seguirti io voglio.
Licinio:No; per te tremerei.
Amilcare:No; rimaner tu dèi.
Barce:Né vuoi spiegarti?
Attilia:Né vuoi ch'io sappia almen...
Licinio:Tutto fra poco
saprai.
Amilcare:Fidati a me.
Licinio:Regolo in Roma
sitrattengao si mora.
Amilcare:Faccia pompa d'eroi l'Africa ancora.
Seminore è in noi l'orgoglio
lavirtù non è minore;
néper noi la via d'onore
èun incognito sentier.
Lungiancor dal Campidoglio
vison alme a queste uguali;
purdel resto de' mortali
hangli dei qualche pensier.
SCENAXI
Attilia:Barce!
Barce:Attilia!
Attilia:Che dici?
Barce:Che possiamo sperar?
Attilia:Non so. Tumulti
certoa destar corre Licinio; e questi
esserponno funesti
allapatria ed a luisenza che il padre
perciò si salvi.
Barce:Amilcare sorpreso
dalgrand'atto di Publio e punto insieme
da'rimproveri suoimen generoso
essernon vuol di lui. Chi sa che tenta
ea qual rischio s'espone?
Attilia:Il mio Licinio
dehsecondateo dei!
Barce:Lo sposo mio
numiassistete!
Attilia:Io non ho fibra in seno
chenon mi tremi.
Barce:Attilia
nondobbiamo avvilirci. Al fin più chiaro
èadesso il ciel di quel che fu; si vede
purdi speranza un raggio.
Attilia:Ah Barceè ver; ma non mi dà coraggio.
Nonè la mia speranza
lucedi ciel sereno;
ditorbido baleno
èlanguido splendor:
splendorche in lontananza
nelcomparir si cela;
cheil rischiooh Dio! mi svela
manon lo fa minor.
SCENAXII
Barce:Rassicurar proccuro
l'almad'Attilia oppressa
ardirvo consigliandoe tremo io stessa.
Ebbiassai più coraggio
quandomeno sperai. La tema incerta
soloallor m'affliggea d'un mal futuro;
ordi perder pavento un ben sicuro.
S'esponea perdersi
nelmare infido
chil'onde instabili
solcandova.
Maquel sommergersi
vicinoal lido
ètroppo barbara
fatalità.
ATTOTERZO
SCENAI
Regolo:Ma che si fa? Non seppe
forseancor del Senato
Amilcareil voler? Dov'è? Si trovi;
partirconvien. Qui che sperar per lui
perme non v'è più che bramar. Diventa
colpaad entrambi or la dimora. Ah vieni
vieniamicoal mio seno. Era in periglio
senzate la mia gloria; i ceppi miei
perte conservo; a te si deve il frutto
dellamia schiavitù.
Manlio:Sì; ma tu parti;
sì;ma noi ti perdiam.
Regolo:Mi perdereste
s'ionon partissi.
Manlio:Ah perché mai sì tardi
incomincioad amarti! Altri fin ora
Regolonon avesti
pegnidell'amor miose non funesti.
Regolo:Pretenderne maggiori
daun vero amico io non potei; ma pure
seil generoso Manlio altri vuol darne
altrine chiederò.
Manlio:Parla.
Regolo:Compìto
ognidover di cittadinoal fine
misovvien che son padre. Io lascio in Roma
duefigliil sai; Publio ed Attilia: e questi
sondel mio cordopo la patriail primo
ilpiù tenero affetto. In lor traluce
indolenon volgar; ma sono ancora
pianteimmaturee di cultor prudente
abbisognanoentrambi. Il Ciel non volle
chel'opera io compissi. Ah tu ne prendi
perme pietosa cura;
tudi lor con usura
laperdita compensi. Al tuo bel core
debbanoe a' tuoi consigli
lagloria il padree l'assistenza i figli.
Manlio:Sìtel prometto: i preziosi germi
custodirògeloso. Avranno un padre
senon degno cosìtenero almeno
ilpar di te. Della virtù romana
iolor le tracce additerò. Né molto
sudormi costerà. Basta a quell'alme
dibel desio già per natura accese
l'istoriaudir delle paterne imprese.
Regolo:Or sì più non mi resta...
SCENAII
Publio:Manlio! Padre!
Regolo:Che avvenne?
Publio:Roma tutta è in tumulto: il popol freme;
nonsi vuol che tu parta.
Regolo:E sarà vero
cheun vergognoso cambio
possaRoma bramar?
Publio:Nocambio o pace
Romanon vuol; vuol che tu resti.
Regolo:Io! Come?
Ela promessa? e il giuramento?
Publio:Ognuno
gridache fé non dessi
aperfidi serbar.
Regolo:Dunque un delitto
scusaè dell'altro. E chi sarà più reo
sel'esempio è discolpa?
Publio:Or si raduna
degliàuguri il collegio: ivi deciso
ilgran dubbio esser deve.
Regolo:Uopo di questo
oracoloio non ho. So che promisi;
vogliopartir. Potea
dellapace o del cambio
Romadeliberar: del mio ritorno
ame tocca il pensier. Pubblico quello
questoè privato affar. Non son qual fui;
néRoma ha dritto alcun sui servi altrui.
Publio:Degli àuguri il decreto
s'attendaalmen.
Regolo:No; se l'attendoapprovo
laloro autorità. Custodial porto.
Amicoaddio.
Manlio:NoRegolo; se vai
frala plebe commossaa viva forza
puòtrattenerti; e tuse ciò succede
tuttaRoma fai rea di poca fede.
Regolo:Dunque mancar degg'io?...
Manlio:No; andrai; ma lascia
chequest'impeto io vada
primaa calmar. Ne sederà l'ardore
laconsolare autorità.
Regolo:Rimango
Manliosu la tua fé: ma...
Manlio:Basta; intendo.
Latua gloria desio
econosco il tuo cor: fidati al mio.
Fidatipur; rammento
chenacqui anch'io romano:
alpar di te mi sento
fiammedi gloria in sen.
Miniegaè verla sorte
leillustri tue ritorte;
mase le bramo in vano
someritarle almen.
SCENAIII
Regolo:E tanto or costa in Roma
tantaor si suda a conservar la fede!
Dunque...Ah Publio! e tu resti? E sì tranquillo
tuttolasci all'amico
d'assistermil'onor? Corri; proccura
tuancor la mia partenza. Esser vorrei
disì gran benefizio
debitoread un figlio.
Publio:Ah padre amato
ubbidirò;ma...
Regolo:Che? Sospiri! Un segno
quelsospiro saria d'animo oppresso?
Publio:Sìlo confesso
morirmi sento;
maquesto istesso
crudeltormento
èil più bel merito
delmio valor.
Qualsacrifizio
padrefarei
sefosse il vincere
gliaffetti miei
oprasì facile
perquesto cor?
SCENAIV
Amilcare:Regoloal fin...
Regolo:Senza che parliintendo
giàle querele tue. Non ti sgomenti
ilmoto popolar: Regolo in Roma
vivonon resterà.
Amilcare:Non so di quali
motimi vai parlando. Io querelarmi
teconon voglio. A sostenerti io venni
chesolo al Tebro in riva
nonnascono gli eroi
chevi sono alme grandi anche fra noi.
Regolo:Sia. Non è questo il tempo
d'inutilicontese. I tuoi raccogli
t'apprestaalla partenza.
Amilcare:No. Pria m'odie rispondi.
Regolo:(Oh sofferenza!)
Amilcare:E` gloria l'esser grato?
Regolo:L'esser grato è dover: ma già sì poco
questodover s'adempie
ch'oggiè gloria il compirlo.
Amilcare:E se il compirlo
costasseun gran periglio?
Regolo:Ha il merto allora
d'un'illustrevirtù.
Amilcare:Dunque non puoi
questomerto negarmi. Odi. Mi rende
delproprio onor geloso
lamia Barce il tuo figlioe pur l'adora:
iogeneroso ancora
vengoil padre a salvarglie pur m'espongo
diCartago al furor.
Regolo:Tu vuoi salvarmi!
Amilcare:Io.
Regolo:Come?
Amilcare:A te lasciando
agioa fuggir. Questi custodi ad arte
allontanarfarò. Tu cauto in Roma
celatisol fin tanto
chesenza te con simulato sdegno
quindil'ancore io sciolga.
Regolo:(Barbaro!)
Amilcare:E benche dici?
tisorprende l'offerta.
Regolo:Assai.
Amilcare:L'avresti
aspettatada me?
Regolo:No.
Amilcare:Pur la sorte
nonho d'esser roman.
Regolo:Si vede.
Amilcare:Andate
custodi...
Regolo:Alcun non parta.
Amilcare:Perché?
Regolo:Grato io ti sono
delbuon voler; ma verrò teco.
Amilcare:E sprezzi
lamia pietà?
Regolo:No; ti compiango. Ignori
chesia virtù. Mostrar virtù pretendi
emela patria tuate stesso offendi.
Amilcare:Io!
Regolo:Sì. Come disponi
dellamia libertà? Servo son io
diCartagoo di te?
Amilcare:Non è tuo peso
l'esaminarse il benefizio...
Regolo:E` grande
ilbenefizio in ver! Rendermi reo
profugomentitor...
Amilcare:Ma qui si tratta
delviver tuo. Sai che supplizi atroci
Cartagot'apprestò? Sai quale scempio
làsi farà di te?
Regolo:Ma tu conosci
Amilcarei Romani?
Saiche vivon d'onor? che questo solo
èsprone all'opre lormisuraoggetto?
Senzacangiar d'aspetto
quis'impara a morir; qui si deride
purche gloria producaogni tormento;
ela sola viltà qui fa spavento.
Amilcare:Magnifiche parole
bellead udir; ma inopportuno è meco
quelfastoso linguaggio. Io so che a tutti
lavita è carae che tu stesso...
Regolo:Ah troppo
dimia pazienza abusi. I legni appresta
radunai tuoi seguaci
compisciil tuo doverbarbaroe taci.
Amilcare:Fa pur l'intrepido
m'insultaaudace
chiamapur barbara
lamia pietà.
SulTebro Amilcare
t'ascoltae tace;
mapresto in Africa
risponderà.
SCENAV
Regolo:E Publio non ritorna!
eManlio... Aimè! Che rechi mai sì lieta
sìfrettolosaAttilia?
Attilia:Il nostro fato
giàdipende da te; già cambio o pace
fidaa' consigli tuoi
Romanon vuol; ma rimaner tu puoi.
Regolo:Sìcol rossor...
Attilia:No; su tal punto il sacro
Senatopronunciò. L'arbitro sei
dipartirdi restar. "Giurasti in ceppi;
néobbligar può se stesso
chilibero non è".
Regolo:Libero è sempre
chisa morir. La sua viltà confessa
chil'altrui forza accusa.
Iogiurai perché volli;
vogliopartir perché giurai.
SCENAVI
Publio:Ma in vano
signorlo speri.
Regolo:E chi potrà vietarlo?
Publio:Tutto il popoloo padre: è affatto ormai
incapacedi fren. Per impedirti
ilpassaggio alle navi ognun s'affretta
precipitandoal porto; e son di Roma
giàl'altre vie deserte.
Regolo:E Manlio?
Publio:E` il solo
cheardisca opporsi ancora
alvoto universal. Pregaminaccia;
matutto inutilmente. Alcun non l'ode
nonl'ubbidisce alcun. Cresce a momenti
lafuria popolar. Già su le destre
aipallidi littori
tremanle scuri; e non ritrova ormai
intumulto sì fiero
esecutoriil consolare impero.
Regolo:Attiliaaddio: Publiomi siegui.
Attilia:E dove?
Regolo:A soccorrer l'amico; il suo delitto
arinfacciare a Roma; a conservarmi
l'onordi mie catene;
apartireo a spirar su queste arene.
Attilia:Ah padre! ah no! Se tu mi lasci...
Regolo:Attilia
moltoal nome di figlia
alsesso ed all'età fin or donai:
basta;si pianse assai. Per involarmi
d'ungran trionfo il vanto
noncongiuri con Roma anche il tuo pianto.
Attilia:Ah tal pena è per me...
Regolo:Per te gran pena
èil perdermilo so. Ma tanto costa
l'onord'esser romana.
Attilia:Ogni altri prova
sonpronta...
Regolo:E qual? Co' tuoi consigli andrai
forsefra i padri a regolar di Roma
inSenato il destin? Con l'elmo in fronte
forsei nemici a debellar pugnando
fral'armi suderai? Qualche disastro
sea soffrir per la patria atta non sei
senzaviltàdìche farai per lei?
Attilia:E` ver. Ma tal costanza...
Regolo:E` difficil virtù: ma Attilia al fine
èmia figliae l'avrà.
Attilia:Sìquanto io possa
grangenitort'imiterò. Ma... oh Dio!
Tumi lasci sdegnato:
ioperdei l'amor tuo.
Regolo:Nofiglia; io t'amo
iosdegnato non son. Prendine in pegno
questoamplesso da me. Ma questo amplesso
costanzaonornon debolezza inspiri.
Attilia:Ah sei padremi lascie non sospiri!
Regolo:Io son padree nol sarei
selasciassi a' figli miei
unesempio di viltà.
Comeogni altro ho core in petto;
mavassallo è in me l'affetto;
matiranno in voi si fa.
SCENAVII
Attilia:Sucostanzao mio cor. Deboli affetti
sgombrateda quest'alma; inaridite
ormaisu queste ciglia
lagrimeimbelli. Assai si pianse; assai
sipalpitò. La mia virtù natia
sorgaal paterno sdegno;
edAttilia non sia
ilramo sol di sì gran pianta indegno.
Barce:Attiliaè dunque ver? Dunque a dispetto
delpopoldel Senato
degliàuguridi noidel mondo intero
Regolovuol partir?
Attilia:Sì.
Barce:Ma che insano
furor?
Attilia:Più di rispetto
Barceagli eroi.
Barce:Come! del padre approvi
l'ostinatopensier?
Attilia:Del padre adoro
lacostante virtù.
Barce:Virtù che a' ceppi
cheall'ire altruiche a vergognosa morte
certamentedovrà...
Attilia:Taci. Quei ceppi
quell'irequel morir del padre mio
sarantrionfi.
Barce:E tu n'esulti?
Attilia:(Oh Dio!)
Barce:Capir non so...
Attilia:Non può capir chi nacque
inbarbaro terren per sua sventura
comeal paterno vanto
godauna figlia.
Barce:E perché piangi intanto?
Attilia:Vuol tornar la calma in seno
quandoin lagrime si scioglie
queldolor che la turbò:
cometorna il ciel sereno
quelvaporche i rai ci toglie
quandoin pioggia si cangiò.
SCENAVIII
Barce:Che strane idee questa produce in Roma
aviditàdi lode! Invidia i ceppi
Manliodel suo rival: Regolo abborre
lapubblica pietà: la figlia esulta
nelloscempio del padre! E Publio... Ah questo
ècaso in ver che ogni credenza eccede:
ePublio ebro d'onor m'ama e mi cede!
Cederl'amato oggetto
néspargere un sospiro
saràvirtù; l'ammiro
manon la curo in me.
Digloria un'ombra vana
inRoma è il solo affetto;
mal'alma mia romana
lodeagli deinon è.
SCENAIX
Licinio:Noche Regolo parta
Romanon vuole.
Manlio:Ed il Senato ed io
nonsiam parte di Roma?
Licinio:Il popol tutto
èla maggior.
Manlio:Non la più sana.
Licinio:Almeno
lamen crudel. Noi conservar vogliamo
pienidi gratitudine e d'amore
aRegolo la vita.
Manlio:E noi l'onore.
Licinio:L'onor...
Manlio:Basta; io non venni
agarrir teco. Olà: libero il varco
lasciciascuno.
Licinio:Olà: nessun si parta.
Manlio:Io l'impongo.
Licinio:Io lo vieto.
Manlio:Osa Licinio
alconsole d'opporsi?
Licinio:Osa al tribuno
d'opporsiManlio?
Manlio:Or si vedrà. Littori
sgombrateil passo.
Licinio:Il passo
difendeteo Romani.
Manlio:Oh dei! Con l'armi
siresiste al mio cenno? In questa guisa
lamaestà...
Licinio:La maestade in Roma
nelpopolo risiede; e tu l'oltraggi
contrastandocon lui.
Popolo:Regolo resti.
Manlio:Udite:
lasciateche l'inganno io manifesti.
Popolo:Resti Regolo.
Manlio:Ah voi...
Popolo:Regolo resti.
SCENAULTIMA
Regolo:"Regolo resti!" Ed io l'ascolto! Ed io
crederdeggio a me stesso! Una perfidia
sivuol? Si vuole in Roma?
sivuol da me? Quai popoli or produce
questoterren! Sì vergognosi voti
chiformò? chi nudrilli?
Dovesono i nepoti
de'Brutide' Fabrizi e de' Camilli?
"Regoloresti!" Ah per qual colpa e quando
meritail'odio vostro?
Licinio:E` il nostro amore
signorquel che pretende
frangerle tue catene.
Regolo:E senza queste
Regoloche sarà? Queste mi fanno
de'posteri l'esempio
ilrossor de' nemici
losplendor della patria: e più non sono
sedi queste mi privo
cheuno schiavo spergiuro e fuggitivo.
Licinio:A perfidi giurasti
giurastiin ceppi; e gli àuguri...
Regolo:Eh lasciamo
all'Araboed al Moro
questid'infedeltà pretesti indegni.
Romaa' mortali a serbar fede insegni.
Licinio:Ma che sarà di Roma
seperde il padre suo?
Regolo:Roma rammenti
cheil suo padre è mortal; che al fin vacilla
anch'eisotto l'acciar; che sente al fine
anch'eile vene inaridir; che ormai
nonpuò versar per lei
nésanguené sudor; che non gli resta
chefinir da romano. Ah m'apre il Cielo
unasplendida via: de' giorni miei
possal'annoso stame
troncarcon lode; e mi volete infame!
Nopossibil non è: de' miei Romani
conoscoil cor. Da Regolo diverso
pensarnon può chi respirò nascendo
l'auredel Campidoglio. Ognun di voi
soche nel cor m'applaude;
soche m'invidia e che fra' moti ancora
diquelche l'ingannòtenero eccesso
favoti al Ciel di poter far l'istesso.
Ahnon più debolezza. A terraa terra
quell'armiinopportune: al mio trionfo
piùnon tardate il corso
oamicio figlio cittadini. Amico
favorda voi domando;
esortocittadin; padrecomando.
Attilia:(Oh Dio! Ciascun già l'ubbidisce).
Publio:(Oh Dio!
eccoogni destra inerme).
Licinio:Ecco sgombro il sentier.
Regolo:Grazie vi rendo
propizidei: libero è il passo. Ascendi
Amilcarealle navi;
iosieguo i passi tui.
Amilcare:(Al fin comincio ad invidiar costui).
Regolo:Romaniaddio. Siano i congedi estremi
degnidi noi. Lode agli deivi lascio
evi lascio Romani. Ah conservate
illibatoil gran nome; e voi sarete
gliarbitri della terra; e il mondo intero
romandiventerà. Numi custodi
diquest'almo terrendee protettrici
dellastirpe d'Eneaconfido a voi
questopopol d'eroi: sian vostra cura
questosuolquesti tetti e queste mura.
Fateche sempre in esse
lacostanzala féla gloria alberghi
lagiustiziail valore. Ese giammai
minacciaal Campidoglio
alcunastro maligno influssi rei
eccoRegoloo dei: Regolo solo
siala vittima vostra; e si consumi
tuttal'ira del Ciel sul capo mio:
maRoma illesa... Ah qui si piange! Addio.
CORODI ROMANI Onor di questa sponda
padredi Romaaddio.
Deglianni e dell'obblio
noitrionfiam per te.
Matroppo costa il vanto;
Romati perde intanto;
edogni età feconda
diRegoli non è.