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Euripide
Ippolito
Rubens - Venere
Edizione Acrobat
a cura di
Patrizio Sanasi
(patsa@tin.it).
PERSONAGGI DEL DRAMMAAFRODITE
IPPOLITO
SERVI
SERVO
CORO
di donneNUTRICE
FEDRA
TESEO
SERVI
MESSAGGERO
ARTEMIDE
IPPOLITO
AFRODITE
Sono una dea potente e gloriosa in cielo e in terra: il mio nome è Cipride. I mortali gli abitanti del mondo che va dal
Ponto ai confini di Atlante, li rispetto, se ossequiano il mio potere: ma stronco chiunque sia superbo nei miei confronti.
Anche questo attiene alla stirpe dei celesti: si compiacciono di venir onorati dagli uomini. Dimostrerò ben presto che le
mie parole sono veritiere. Ippolito, figlio di Teseo e dell'Amazzone allevato da un uomo pio come Pitteo, è l'unico tra i
cittadini della terra di Trezene ad affermare che io sono la peggiore delle dee; e rifiuta i letti, si astiene dalle nozze.
Onora invece Artemide, la sorella di Febo, e la ritiene la più grande delle dee; nelle verdi boscaglie, insieme a lei,
sempre, stermina le fiere con le sue cagne veloci: è incappato in un'amicizia troppo elevata per un mortale. Non che io
sia gelosa: e perché dovrei? Ma Ippolito mi ha offesa, e io, per questo, lo punirò, oggi stesso. Il più l'ho preparato da
tempo: non occorre ormai che un piccolo sforzo.
Ippolito, una volta, partì dalla casa di Pitteo per la terra di Pandione: voleva assistere alla celebrazione dei sacri misteri.
Fedra, la nobile consorte di suo padre, lo vide: per mio volere divenne preda, nel profondo, di una terribile passione per
lui. Così, prima di venirsene a Trezene, sulla rocca di Pallade, proprio laggiù, dirimpetto a questa terra, fece costruire un
tempio a Cipride, per amore di lui, lontano: e la gente in futuro lo chiamerà il tempio di Afrodite presso la tomba di
Ippolito.
Poi Teseo abbandonò la terra di Cecrope (doveva purificarsi per aver versato il sangue dei Pallantidi) e fece vela verso
Trezene, con sua moglie, rassegnandosi all'esilio di un anno. Da allora l'infelice, piena di angoscia, trafitta dai pungoli
d'amore, si consuma in silenzio: nessuno dei suoi familiari capisce che male abbia. Ma questo amore non deve
concludersi così: rivelerò la faccenda a Teseo e tutto verrà alla luce. Il giovane mio nemico lo ucciderà suo padre
maledicendolo: perché Poseidone, signore del mare, un tempo gli concesse la possibilità di chiedere tre cose e di
vedersele esaudite. Quanto a Fedra, salverà il suo onore, ma dovrà morire lo stesso. Non ritengo certo la sua rovina più
importante della necessità che i miei nemici scontino le loro colpe verso di me, sino a mia completa soddisfazione. Ma
eccolo là, il figlio di Teseo: sta arrivando, rientra dalle fatiche della caccia. Io mi allontanerò di qui. Insieme con lui c'è
un vasto stuolo di servi che inneggiano, celebrano Artemide. Perché Ippolito ignora che le porte dell'Ade già si
spalancano per lui, che oggi vede la luce per l'ultima volta!
IPPOLITO
Seguite me, seguite me cantando
Artemide celeste, figlia di Zeus,
ausiliatrice nostra.
IPPOLITO E SERVI
Salve, santa regina,
stirpe divina,
salve, figlia di Zeus
e di Latona, Artemide,
vergine bellissima
che abita nei cieli
la reggia dell'altissimo,
la dimora di Zeus ricca di ori.
A te salve, bellissima,
bellissima in Olimpo..IPPOLITO
Signora, ti porto in dono questa corona intrecciata da me, viene da un prato intatto. Là il pastore non osa pascolare le
greggi, là mai è arrivata la falce, a primavera l'ape trasvola quel prato intatto. Il Pudore lo irriga con acque fluviali. Solo
chi ha avuto in sorte, dentro di sé, la saggezza in ogni cosa, senza doverla imparare, vi può cogliere fiori: ai malvagi non
è consentito. Mia diletta signora: accogli da una mano pia questo serto, per la tua aurea chioma. Io solo al mondo, lo sai,
godo di questo privilegio: di vivere con te, di discorrere con te, io odo la tua voce, anche se non vedo il tuo volto.
Concedimi, ti prego, di chiudere la corsa della vita così come l'ho cominciata.
SERVO
Mio signore - perché il termine «padrone» spetta solo agli dèi-mio signore, accetteresti da me un consiglio, se è buono?
IPPOLITO
Ma certo. Altrimenti risulterei un dissennato.
SERVO
Vige tra gli uomini una legge, la conosci?, che...
IPPOLITO
No, non la conosco: ma perché me lo chiedi?
SERVO
... che impone di odiare la superbia, la sdegnosità.
IPPOLITO
È giusto: i superbi sono tutti odiosi.
SERVO
E chi è affabile, riscuote della simpatia?
IPPOLITO
Tantissima simpatia, e si procura anche vantaggi con poca pena.
SERVO
Pensi che accada lo stesso fra gli dèi?
IPPOLITO
Penso di sì; almeno se noi mortali ci adeguiamo ai princìpi celesti.
SERVO
E allora perché sei altero e trascuri di riverire una divinità?
IPPOLITO
Quale divinità? Bada, non vorrei che la tua bocca farneticasse.
SERVO
Alludo a Cipride: c'è la sua statua proprio lì, a fianco della tua porta.
IPPOLITO
La ossequio in purezza, ma da lontano.
SERVO
Ma è una dea veneranda e famosa nel mondo.
IPPOLITO
Degli dèi, come degli uomini, chi ne preferisce uno, chi un altro.
SERVO
Ti auguro buona fortuna e di avere il senno che ti occorre.
IPPOLITO
Non mi piace nessun dio adorato di notte..SERVO
Figlio mio, agli dèi si devono tributare onori.
IPPOLITO
Muovetevi, compagni miei, entrate in casa e pensate a rifocillarvi. Dopo la caccia rallegra una mensa ben imbandita. E
non dimenticate di strigliare i cavalli: appena placata la fame, li attaccherò al carro per tenerli in esercizio, come si
conviene. Quanto alla tua Cipride, portale tanti saluti da parte mia!
SERVO
Noi invece - i giovani con idee del genere non vanno imitati, per parlare con tutta umiltà - noi invece rivolgeremo
preghiere alla tua immagine, Cipride signora. Bisogna perdonare i discorsi avventati dei giovani dal temperamento
focoso. Fingi di non sentirli: gli dèi devono essere più saggi dei mortali.
CORO
str. a
C'è una roccia, raccontano, che stilla
acqua d'oceano: dalle rupi
erompe una sorgiva,
vi attingono con brocche.
Là c'era una mia amica,
lavava nella corrente vesti purpuree
le distendeva sopra
una calda, assolata pietra.
Le prime voci sulla mia padrona
mi giunsero di là.
ant. a
Giace in casa, stremata,
sul suo letto di inferma,
veli leggeri le ombrano
il biondo capo.
Da due giorni, mi dicono,
rifiuta di nutrirsi,
tiene puro il suo corpo
del cibo di Cerere: vuole
approdare al termine funesto di morte
spinta da un male segreto.
str. b
† Forse, † figlia, sei in potere
di Pan, oppure di Ecate o
dei venerandi Coribanti
o della Madre dei monti.
O ti tormenti per qualche tua colpa
contro Dictinna, la dea della caccia:
l'hai offesa con libagioni non offerte?
Oltre i laghi essa incede,
oltre la terra, sui vortici d'acque
del salso mare.
ant. b
O il tuo consorte, il capo
degli Eretteidi, nobile di stirpe,
lo signoreggia un amore segreto,
lo sottrae al tuo letto, nel palazzo?
o un navigante salpato da Creta
è giunto al nostro
porto ospitale
con notizie per la regina:
e l'anima è inchiodata al letto
per il dolore e l'angoscia?.
ep.Convive, di solito, con la difficile natura
delle donne una triste infelice debolezza
di travagli e vaneggiamenti.
Ha attraversato anche me, il mio grembo
questa tempesta. E invocavo
Artemide celeste, signora dell'arco, protettrice
dei parti; io la venero, tanto,
ed essa, grazie a Dio, accorre da me, sempre.
Ma guarda lì davanti alla porta la vecchia nutrice: sta accompagnando fuori dal palazzo la padrona. Che volto tetro,
rannuvolato ha la regina. E io desidero sapere, con tutta l'anima, che cosa l'abbia distrutta, perché sia così pallida.
NUTRICE
Che tristezza le miserie e le malattie degli uomini! Cosa posso fare per te? O cosa non devo fare? Eccoci all'aria aperta,
in piena luce. Ecco qui il tuo letto, il tuo giaciglio di inferma. Non parlavi altro che di uscire fuori, presto spasimerai per
rientrare in casa. Perché continui a cambiare idea e non ti va bene nulla, quello che hai non ti piace, quello che non hai ti
par preferibile. Essere malati è meglio che curare malati, è semplice, non comporta insieme fatica fisica e patimento
interno. Del resto, l'esistenza umana è tutto un dolore, gli affanni non ti danno mai tregua. Ci sarà qualcosa di più
gradevole della vita: ma il buio la avvolge di nuvole, la nasconde. E noi siamo follemente presi da ciò che brilla sulla
terra - e non importa cosa sia: ci mancano l'esperienza di un altro vivere, la rivelazione sul mondo sotterraneo. Siamo
trascinati da vuote favole.
FEDRA
Tiratemi su, reggetemi la testa,
mi sento debole, spossata.
Afferratemi per le braccia, le mie belle braccia.
Questa benda sul capo, com'è pesante.
Toglila, lasciami i capelli sciolti sulle spalle.
NUTRICE
Coraggio, figlia mia, non ti agitare tanto. Ti sarà più facile sopportare il male con un po' di calma e di buona volontà.
Purtroppo, a questo mondo, si è costretti a soffrire.
FEDRA
Ah, potessi bere
bere le limpide acque
di fresche sorgive.
E stendermi quieta su un folto prato
all'ombra dei pioppi.
NUTRICE
Ma, figlia, cosa blateri? Non parlare così davanti alla gente, tirando fuori dei discorsi allucinanti.
FEDRA
Portatemi sui monti.
Andrò nel bosco e tra i pini:
lì le cagne che azzannano le fiere
braccano i cervi screziati, li assalgono.
Voglio aizzare, per dio, le cagne,
scagliare, rasente la mia bionda chioma,
una picca tessalica, impugnando
un giavellotto aguzzo.
NUTRICE
Figlia, ma perché vaneggi così? Anche a te interessa la caccia? E cos'è questo amore per le fresche sorgive? Vicino alle
mura c'è un colle ricco d'acque, buone da bere.
FEDRA
Artemide, che proteggi la marina Limna,
i ginnasi dove scalpitano i cavalli,
vorrei trovarmi nelle pianure a te sacre,.domarvi venete puledre.
NUTRICE
Butti là ancora parole folli? Prima, per brama di caccia, volevi spingerti sui monti, adesso sogni di cavalcare su aride
sabbie. Ci vuole la maestria di un indovino per capire quale dio ti trascina fuori strada, e ti stravolge la mente figlia.
FEDRA
Povera me, cos'ho fatto? Dov'è finito il mio buon senso? Sono impazzita, la malevolenza di un dio si è abbattuta su di
me. Che disgrazia. Nutrice, nascondi di nuovo il mio volto sotto il velo: sono turbata per quello che ho detto. Copri il
mio volto. Lacrime mi sgorgano dagli occhi e scorgo solo vergogna. Riacquistare la ragione è doloroso e la pazzia è un
male: meglio morire senza rendersi conto di nulla.
NUTRICE
Sì, lo farò. Ma quando verrà la morte per coprire il mio corpo? Una lunga esistenza mi ha insegnato molto. Le persone
dovrebbero annodare tra di loro amicizie misurate, non profonde sino al midollo; i lacci affettivi dovrebbero essere
facili da districare, allentabili e restringibili. Ma che un'anima soffra per due - io sto patendo molto per lei - è un bel
peso. Una pratica di vita sempre severa provoca, dicono, più guai che piaceri ed è nemica della salute. Perciò
disapprovo il «troppo» ancor più del «niente di troppo»: e i saggi non dissentiranno da me.
CORO
Vecchia e fedele nutrice della regina Fedra, noi ci rendiamo conto che le sta succedendo qualcosa di grave. Ma non
abbiamo idea di che male si tratti. Vorremmo domandartelo e sentirlo da te.
NUTRICE
Non lo so. Glielo ho chiesto, ma non vuol rispondere.
CORO
E non sai neppure l'origine dei suoi dolori?
NUTRICE
Siamo da capo. Tace su tutto, lei.
CORO
Com'è debole e distrutta fisicamente.
NUTRICE
Lo credo bene: sono due giorni che non mangia.
CORO
È un attacco di pazzia o sta cercando la morte?
NUTRICE
Cerca la morte. Rifiutare il cibo significa rifiutare la vita.
CORO
Molto strano che il marito non intervenga.
NUTRICE
Ma lei nasconde il suo stato, nega di avere qualcosa.
CORO
E lui non se ne rende conto, quando la guarda in faccia?
NUTRICE
Ora come ora è via da qui.
CORO
Ma tu non le fai pressione per sapere cosa ha, che follia l'ha presa?
NUTRICE
Le ho provate tutte, senza alcun risultato; ma non desisterò, per questo, dal mio impegno, adesso: così tu che sei
presente potrai testimoniare che persona sia io nella disgrazia della mia padrona. Su, figlia cara, dimentichiamoci tutte e.due delle parole di prima, rasserenati; basta con quell'aspetto lugubre, esci dal vicolo cieco dei tuoi pensieri; io lascerò
la strada su cui non ti seguivo bene, passerò a un tipo di discorso migliore. Se sei afflitta da un male che non va
nominato, queste donne ti aiuteranno a guarire; se anche agli uomini è dato sapere cosa ti tormenta, parla, così la
faccenda verrà riferita ai medici. E va bene. Perché continui a tacere? Non bisogna tacere, figlia, ma o correggermi se
quello che dico è sbagliato o convenire con me se quello che dico è giusto. Di' qualcosa, guardami in faccia.
Oh, povera me, è tutta fatica sprecata la nostra, donne. Siamo allo stesso punto di prima: non si lasciava smuovere dai
miei discorsi allora, non si lascia convincere adesso. Ma questo devi sapere-e diventa pure più testarda del mare: se
muori, tradisci i tuoi figli. Verranno esclusi dalla reggia paterna, te lo giuro per la regina delle Amazzoni, che ha messo
al mondo un padrone per i tuoi figli, un bastardo che nutre pensieri da erede legittimo. Lo conosci bene, Ippolito.
FEDRA
Ahimè.
NUTRICE
La cosa ti tocca?
FEDRA
Tu mi vuoi morta, nutrice. In nome di dio, ti prego, non nominare più quest'uomo.
NUTRICE
Lo vedi? Ragioni bene, e però i tuoi figli non vuoi aiutarli lo stesso e non vuoi salvare la tua vita.
FEDRA
Amo i miei figli. Ma sono in balia di ben altra tempesta del destino.
NUTRICE
Figlia, non avrai le mani sporche di sangue?
FEDRA
Le mie mani sono pure, ma la mia anima è infetta.
NUTRICE
Per un maleficio che proviene da un tuo nemico?
FEDRA
No, una persona cara mi sta uccidendo, senza volerlo e suo malgrado.
NUTRICE
Teseo ha delle colpe verso di te?
FEDRA
Che nessuno mi veda mai fargli del male.
NUTRICE
E allora, cosa c'è di tanto terribile da spingerti a morire?
FEDRA
Lasciami sbagliare. Non è contro di te che sbaglio.
NUTRICE
Non è che io lo voglia, ma se fallisco è colpa tua.
FEDRA
Ma che fai? Ti attacchi di prepotenza alla mia mano?
NUTRICE
E alle tue ginocchia, e non mi smuovo.
FEDRA
Ti farà male questa storia, se vieni a saperla, ti farà male.
NUTRICE.Un male peggiore del non avere la tua confidenza?
FEDRA
Sarà ferale, per te: eppure, è una vicenda che mi fa onore.
NUTRICE
Io ti imploro, e tu mi nascondi delle cose belle?
FEDRA
Escogito qualcosa di nobile in una situazione di vergogna.
NUTRICE
E allora parlane: crescerà la stima pubblica per te.
FEDRA
Vattene, per gli dèi, smettila di tenermi la mano.
NUTRICE
No perché mi devi un dono e non me lo fai.
FEDRA
Te io farò, per rispetto al tuo gesto di supplice.
NUTRICE
E io tacerò: tocca a te parlare, adesso.
FEDRA
Povera madre mia, che razza di amore il tuo!
NUTRICE
Parli del suo amore per un toro? O no?
FEDRA
E tu, Arianna, misera sorella mia, sposa di Dioniso...
NUTRICE
Ma cosa ti succede? Stai denigrando la tua famiglia!
FEDRA
E la terza infelice sono io, che sto morendo.
NUTRICE
Sono del tutto sottosopra: dove va a parare il discorso?
FEDRA
Non sono recenti le mie sventure: vengono da laggiù.
NUTRICE
Non è che ora ne sappia molto di più su quello che vorrei sentire.
FEDRA
Ahimè! Magari potessi dirmi tu quello che devo dire io.
NUTRICE
Non sono un'indovina, non ho conoscenza sicura dell'occulto.
FEDRA
Cosa si intende quando si dice amore?
NUTRICE
Una cosa dolcissima, figlia, e dolorosa insieme..FEDRA
E noi avremo esperimentato solo la parte dolorosa.
NUTRICE
Cosa dici? Tu ami, cara? E ami chi?
FEDRA
Non importa chi sia, amo il figlio dell'Amazzone.
NUTRICE
Parli di Ippolito?
FEDRA
Il nome lo hai fatto tu, non io.
NUTRICE
Ma che enormità dici, figlia? Tu mi uccidi. Ma è una cosa intollerabile, donne: io non la sopporterò, da viva. Che giorno
odioso; anche la luce è odiosa ai miei occhi! Ma io mi butto giù da una rupe, mi libero dall'esistenza colla morte. Addio,
io non esisto più. Persino i savi, anche se non lo vogliono, amano le brutture. Cipride non è una dea, ma qualcosa di più
grande ancora, se mai c'è, di una dea: ha distrutto lei, me, questi tetti.
CORO
str.
Hai inteso, sentito dalla bocca della regina l'inaudito tristissimo caso. Preferisco morire prima di arrivare alla tua follia.
Dio mio, che disgrazia è la tua! Le sofferenze sono davvero il cibo degli uomini. Sei finita. Hai svelato in piena luce il
tuo male. Cosa ti aspetti prima che finisca questo giorno? Succederà qualcosa di tremendo a palazzo. È chiaro ormai,
infelice principessa di Creta, dove va a parare il destino voluto da Cipride.
FEDRA
Donne di Trezene, che abitate questo estremo lembo della terra di Pelope, già altre volte, nel lungo trascorrere delle
notti, riflettevo sul come si corrompa la vita degli uomini. E mi sembra che la gente volga al peggio non per
predisposizione mentale: sono tante le persone sane di intelletto! Per me, la faccenda si prospetta così. Noi abbiamo una
reale conoscenza del bene, ma non ci impegniamo a praticarlo o per pigrizia o perché si antepongono al bene altri
piaceri. Sono tanti i piaceri nella vita: le lunghe chiacchierate, l'ozio, un vizio gradevole, il senso di vergogna. Ma
quest'ultimo è di due tipi: il primo non è nocivo, il secondo è un peso rovinoso per le case. Se fossimo sicuri di ciò che è
giusto, due cose diverse non porterebbero lo stesso nome. Da quando sono arrivata a questa conclusione, non c'è veleno
capace di distruggere la mia idea, obbligandomi così a ritrattare. E ti esporrò anche la strada che ho percorso
mentalmente. Una volta ferita dall'amore, cercavo il miglior modo per sopportarlo. E cominciai col tacere, col
nascondere la mia infermità: perché della lingua non c'è da fidarsi: è brava a dar consigli, quando si tratta di altri, ma a
se stessa provoca, da sola, i danni peggiori. Poi, mi proposi di far fronte nobilmente alla mia pazzia, tentando di vincerla
con la saggezza. E infine, visto che non riuscivo in nessun modo ad avere ragione di Cipride, decisi di lasciarmi morire:
era la risoluzione più giusta fra tutte, e nessuno, credo, vorrà negarlo. E io mi auguro che i miei atti buoni non restino
ignorati e che quelli vergognosi non trovino gente che ne parla. Ero conscia che la faccenda e la mia malattia erano
infamanti e sapevo inoltre di essere una donna, un oggetto che tutti odiano. Avesse incontrato una brutta fine ]'adultera
che per prima disonorò il letto nuziale con degli estranei! Il male prese avvio dalle casate nobili e si propagò in mezzo
al nostro sesso: se una cosa piace alle persone altolocate sembrerà certo molto bella alle classi inferiori. Odio le donne
caste a parole e capaci, in segreto, delle peggiori audacie. Come riescono dopo, Cipride, signora dei flutti, come
riescono dopo a guardare in faccia i mariti? Non hanno paura che parlino, che acquistino voce la tenebra complice e le
mura di casa, una volta o l'altra? Quanto a me, proprio questo mi sta uccidendo, amiche: non voglio essere sorpresa,
mai, a disonorare l'uomo che ho sposato, o i figli che ho generato: devono vivere liberi e fiorenti, avere diritto di parola,
nella splendida città di Atene, illustri anche a causa della madre. Anche l'uomo più ardito diventa un essere servile, se
viene a sapere di azioni basse compiute da sua madre e da suo padre. Per competere in vita, dicono c'è un solo mezzo:
avere un sentire giusto e retto. Il tempo prima o dopo rivela i malvagi, mettendo davanti a loro lo specchio, proprio
come davanti a una giovane donna. Che non mi vedano mai in mezzo a gente simile.
CORO
Ah, la castità è bella dovunque e raccoglie come frutto una buona fama tra i mortali.
NUTRICE
Mia signora, poco fa la tua vicenda mi ha provocato, lì per lì, uno sgomento terribile. Ma ora mi rendo conto di essere
stata stupida: anche tra gli uomini i ripensamenti sono, in qualche modo, più saggi. Non ti è successo nulla di
eccezionale o di assurdo: si è abbattuta su di te l'ira della dea. Tu ami, cosa c'è di strano? Sei in buona compagnia. E per.amore vuoi perdere la vita? Ma che bel vantaggio per gli amanti di oggi e di domani dover morire. Se Cipride irrompe
impetuosa, non le si può resistere: e si accompagna con dolcezza a chi le cede, ma quando incontra qualcuno
presuntuoso e superbo, cosa credi?, lo afferra e ne fa scempio. Cipride si muove nell'etere, si trova nelle onde del mare,
tutto nasce da lei. È Cipride che semina e dona l'amore, e dall'amore siamo nati noi tutti, qui sulla terra. Quelli che
possiedono gli scritti degli antichi poeti e convivono essi stessi, sempre, con le Muse sanno che Zeus una volta bramò le
nozze con Semele, sanno che la fulgida Aurora rapì tra gli dèi Cefalo, presa dall'amore: eppure Seme le e Cefalo abitano
in cielo, non fuggono lontano dagli dèi Sono contenti, penso, che la sorte li abbia vinti. E tu intendi resistere? Ma allora
tuo padre doveva procrearti a condizioni fissate o soggetta ad altri dèi se non vuoi accettare questa legge. Ma sai quante
persone di saldo giudizio vedono il letto in pericolo e fingono di non vedere? E quanti padri aiutano i figli che sbagliano
a reggere il peso di Cipride! Il contrassegno degli uomini di buon senso è di stendere un velo su ciò che non è bello.
Uno non deve impegnarsi troppo a perfezionare la sua vita: il tetto che copre la casa non riusciresti a farlo bello e
accurato. Sei precipitata in una sventura così grave e come pensi di scamparla? Appartieni alla razza umana: è già una
gran bella fortuna se ti tocca più bene che male. Mia cara figlia, basta con i pensieri tetri, basta con la tua tracotanza:
perché è pura tracotanza voler essere più forte degli dèi. Abbi il coraggio di amare: un dio ha voluto così. E se sei
malata, cerca un buon sistema per vincere la tua infermità. Esistono delle formule magiche, degli incantesimi: verrà
fuori, prima o dopo, un rimedio per la tua malattia. Gli uomini ci impiegherebbero troppo tempo a scoprirlo, ma noi
donne siamo piene di risorse.
CORO
Lei dice delle cose utili nella situazione attuale, ma io lodo te, Fedra. Certo la mia lode è meno gradevole delle sue
proposte e più dolorosa da sentire per te.
FEDRA
La rovina, in terra, delle città ben governate e delle case: ecco cosa sono i discorsi troppo belli: uno non deve parlare per
deliziare le orecchie, ma deve dire invece cose che procurino buona reputazione.
NUTRICE
Che parole solenni. Ma tu non hai bisogno di nobili sermoni, hai bisogno di quell'uomo. Occorre venire al dunque al più
presto, raccontargli direttamente la verità. Se la tua vita non si trovasse in bilico, se tu fossi una donna padrona di sé,
non ti spingerei a questo passo, solo per favorire i tuoi letti e i tuoi piaceri. Ma la posta è molto alta: salvarti la vita, e
nessuno potrebbe rimproverarmi.
FEDRA
È spaventoso quello che dici. Perché non chiudi la bocca, non la smetti con le tue orribili proposte?
NUTRICE
Orribili, ma per te migliori della tua bella moralità, dei bei discorsi. Questa operazione, se ti salva la vita, vale molto di
più della buona fama, di cui ti glorierai da morta.
FEDRA
Per gli dèi, fermati, non proseguire, tu argomenti bene, ma sono idee disoneste. La mia anima è schiava dell'amore: se
tu condisci la vergogna con belle parole, diventerò preda di ciò che ora sto fuggendo.
NUTRICE
Se la pensi così, non dovevi sbagliare. Ma visto che lo hai fatto, dammi retta: mi sarai grata, dopo. Mi è venuto in mente
proprio ora che ho in casa dei filtri d'amore magici: potranno liberarti dalla tua malattia senza vergogna, senza alcun
danno mentale; basta che tu abbia un po' di coraggio. Ma ho bisogno di qualche contrassegno della persona che ami:
una ciocca di capelli, un lembo di mantello per congiungere due persone in un solo piacere.
FEDRA
Si tratta di un unguento o di una pozione?
NUTRICE
Non lo so di preciso: tu pensa a trarne vantaggio, senza voler approfondire, figlia.
FEDRA
Ho paura che tu mi risulti troppo avveduta.
NUTRICE
Lo vedi che hai paura di tutto? Cosa temi adesso?
FEDRA.Che tu informi in qualche modo il figlio di Teseo.
NUTRICE
Lascia perdere, figlia: aggiusterò tutto per bene. Purché tu, Cipride, signora del mare, mi aiuti. Le altre cose che ho in
mente, mi basterà di dirle agli amici, a palazzo.
CORO
str. a
Eros, Eros,
per te gli sguardi annunziano il desiderio,
tu pervadi di gioia
l'animo di coloro che aggredisci.
Non apparirmi portatore di rovina,
rivelati armonioso.
Il dardo che Eros figlio di Zeus e di Afrodite
scocca con le sue mani
è più rovente del fuoco e degli astri.
ant. a
Presso l'Alfeo e nelle dimore
pitiche di Febo, la terra greca invano
moltiplica sacrifici di buoi. È inutile,
se non rendiamo onore a Eros,
tiranno degli uomini
custode delle stanze care a Afrodite.
Eros distrugge
e quando arriva, avanza
in mezzo alle sciagure.
str. b
La puledra di Ecalia
non mai domata,
ignara di marito e di sponsali,
Cipride la strappò alle case di Eurito,
aggiogandola come una Naiade in fuga
o una Baccante; tra sangue, fumo,
in nozze cruente la consegnò al figlio di Alcmena.
Ahi, che notte di sventura!
ant. b
O sacre mura di Tebe
o fonte Dircea, voi siete testimoni
di come Cipride assalga.
La madre di Bacco, il nato due volte,
la destinò come sposa
a un tuono circonfuso di fiamme,
la addormentò in un destino di morte.
Terribile spira la dea da ogni dove,
trasmigra simile a un'ape.
FEDRA
Silenzio, donne: sono perduta.
CORO
Cosa succede, là dentro, di tanto allarmante per te?
FEDRA
Zitte, se no non capisco cosa dicono.
CORO
D'accordo, ma è un brutto preambolo il tuo..FEDRA
Dio mio, dio mio, che disgrazia, che disastro per me.
CORO
Ma che discorso fai? Cosa significano queste grida? Dimmi, cos'hai sentito di così terrorizzante. Sei stravolta.
FEDRA
Sono rovinata. Accòstati alla porta e ascolta che pandemonio si è scatenato là dentro.
CORO
Sei tu vicino alla porta, sei tu che devi informarci su quello che succede in casa. Dimmi, dimmi, cos'è accaduto di
grave?
FEDRA
Il figlio dell'Amazzone, Ippolito, urla e insulta in modo spaventoso la nutrice.
CORO
Il clamore lo sento, ma è tutto confuso: si capisce solo da dove ti è arrivata la voce, ti è arrivata dalle stanze.
FEDRA
La chiama apertamente vergognosa mezzana, traditrice del letto del suo padrone.
CORO
Che brutta faccenda: ti hanno tradito, cara. Non so cosa consigliarti. Il tuo segreto è venuto alla luce: per te, è la fine.
Ahimè. E ti ha tradito un'amica.
FEDRA
Mi ha rovinato raccontando tutto: ha cercato di guarire il mio male, da amica, ma nel modo sbagliato.
CORO
E adesso? Cosa intendi fare? La tua situazione è senza rimedio.
FEDRA
Una cosa è certa: devo morire, al più presto. È l'unico rimedio nell'attuale disgrazia.
IPPOLITO
O madre terra, o luce del sole, che nefandezze mi è toccato udire.
NUTRICE
Taci, figlio, prima che qualcuno senta le tue grida.
IPPOLITO
Ma ho udito delle cose atroci, non posso tacere.
NUTRICE
Ti scongiuro, per la tua destra, per la tua bella destra.
IPPOLITO
Non tendere la mano verso di me, non sfiorarmi la veste.
NUTRICE
Per le tue ginocchia, non rovinarmi!
IPPOLITO
E perché? Non hai detto nulla di male, lo sostieni tu stessa.
NUTRICE
Non era un discorso per tutte le orecchie.
IPPOLITO
Ma è bello propalare in mezzo alla gente una cosa bella..NUTRICE
Figlio, non violare il giuramento.
IPPOLITO
La mia lingua ha giurato, il mio animo no.
NUTRICE
Ma cosa vuoi fare, figlio? Rovinare i tuoi amici?
IPPOLITO
Gente che mi disgusta: non ho amici, io, tra i malvagi.
NUTRICE
Perdona, figlio, è umano sbagliare.
IPPOLITO
Zeus, ma perché hai mandato agli uomini, perché hai trapiantato sotto la luce del sole, questa subdola peste, le donne?
Se volevi moltiplicare la stirpe dei mortali, non era necessario ricorrere alle donne. Bastava che nei tuoi templi gli
uomini, con un contributo di bronzo o di ferro o di oro, potessero comprarsi la progenie, ciascuno in base all'offerta, per
viversene così in dimore libere, prive di donne. [Ora, invece, per portarci questa peste in casa diamo fondo al
patrimonio domestico.] Ma un fatto dimostra che la donna è una vera calamità: il padre che l'ha generata e allevata, con
l'aggiunta di una dote, la sistema altrove, per liberarsi da un guaio. E chi si è preso con sé questa dannosa creatura, è
felice di ricoprire di splendide vesti un idolo maligno, e lo adorna di pepli, poveraccio, consumando i beni familiari.
[Non c'è via di uscita: chi si imparenta con gente altolocata, deve tenersi e gustarsi un letto amaro; e chi prende in
moglie una brava persona, acquisisce dei parenti perniciosi e ha il buono, ma gravato di una disgrazia.] La cosa migliore
è installarsi in casa come moglie una nullità, innocua proprio perché stupida. Io odio le donne sapute: mi auguro che in
casa mia non entri mai nessuna con più ingegno di quanto convenga al sesso femminile. Perché la malizia Cipride la
instilla di più nelle sapientone: le sempliciotte sono sottratte alla pazzia dal loro scarso comprendonio. Bisognerebbe poi
evitare il contatto tra ancelle e padrone; intorno alle padrone dovrebbero stare solo bestie feroci, prive di favella: così
non avrebbero nessuno con cui discorrere e neanche potrebbero sentire i discorsi di altri. Ora, invece, malvage come
sono, † tramano nefandezze nelle stanze † e le ancelle le portano fuori. Anche tu, maledetta, sei venuta qui per
combinarmi un connubio nel talamo inviolabile di mio padre. Dovrò purificarmene con acque di sorgente, detergermi le
orecchie. E sarei disonesto io, che mi considero contaminato solo a sentirle, certe cose? Sappilo bene, è la mia religiosa
pietà a salvarti: se tu non mi avessi intrappolato, di sorpresa, con i giuramenti sugli dèi, nulla mi avrebbe impedito di
informare mio padre. Ora lascerò il palazzo, finché Teseo è assente, e terrò la bocca chiusa. Ma ritornando qui con mio
padre voglio vedere come lo guarderete in faccia, tu e la tua padrona [: conoscerò a fondo quella tua sfrontatezza, di cui
ho già avuto un assaggio]. Che la morte vi porti via. Non mi stancherò mai di odiare le donne, anche a costo di sentirmi
dire che lo ripeto sempre: ma loro sono perverse sempre. E allora, o qualcuno insegna la virtù alle donne, o mi sia
consentito di imprecare sempre contro questa genia.
FEDRA
ant
È disperata, esecrabile la sorte delle donne. Di che mezzi, di che strumenti verbali dispongo per districare il groviglio in
cui le parole mi hanno impigliata? Ho quello che mi merito. O terra, o sole, come faccio a scampare al mio destino, a
nascondere il mio male, amiche? C'è un dio che viene a soccorrermi, c'è un uomo pronto a affiancarsi a me, a divenir
complice della mia ingiusta azione? La sventura che patisco muove verso il limite insormontabile della vita: sono la più
infelice delle donne.
CORO
È finita così; sono fallite le arti della tua nutrice, la situazione è pessima.
FEDRA
Creatura malvagia, rovina dei tuoi amici, cosa mi hai fatto? Zeus, mio progenitore, ti distrugga dalle radici, ti
incenerisca. Non ti avevo detto - prevedevo le tue intenzioni - di tacere sulla faccenda? E adesso sono disonorata. Non
hai saputo resistere, e io morirò dopo aver perso la reputazione. Bisogna che escogiti qualcosa di nuovo. Perché lui,
esasperato dall'ira, denunzierà me a suo padre per le tue colpe, [racconterà al vecchio Pitteo cos'è successo] e riempirà
tutto il paese di discorsi infamanti. Che possiate morire tu e chiunque altro è pronto a beneficare gli amici in questo
modo indegno, e loro malgrado.
NUTRICE.Signora, hai ragione di rimproverarmi la mia malaugurata condotta. Ma il risentimento ti obnubila il giudizio. Se tu me
lo consenti, avrei da rispondere alle tue accuse. Ti ho allevata, ti voglio bene; cercavo dei rimedi al tuo soffrire e quello
che ho trovato non era quello che volevo. Ma se ci fossi riuscita, ah che persona intelligente sarei stata: perché
l'intelligenza viene valutata in base al successo.
FEDRA
Ah ma questo è giusto e mi deve bastare, che tu prima mi pugnali e poi lo riconosci a parole?
NUTRICE
Quante chiacchiere. Certo, non sono stata accorta. Ma c'è ancora un modo di uscirne, figlia.
FEDRA
Non una parola di più! Anche prima mi hai consigliato male e hai agito male. Vattene e pensa a te stessa. Le mie
faccende provvederò io a sistemarle opportunamente. E voi, nobili figlie di Trezene, accordatemi il favore che vi
chiedo: ammantate di silenzio le cose che avete intese qui.
CORO
Lo giuro per la veneranda Artemide, figlia di Zeus: terrò sempre il segreto sui tuoi mali.
FEDRA
Grazie. Ma io un rimedio per questa sciagura l'ho trovato: assicurerà ai miei figli una esistenza onorevole, e io ricaverò
un vantaggio da quanto è ora accaduto. Non ricoprirò di vergogna la mia casata a Creta, non verrò in presenza di Teseo
dopo azioni così turpi, semplicemente per salvare una vita.
CORO
Vuoi arrivare all'irreparabile?
FEDRA
Sì, voglio morire. Al modo, penserò io.
CORO
Taci.
FEDRA
E tu, almeno, consigliami bene. Io oggi, uscendo di vita, renderò felice Cipride, che mi uccide: sarò la vittima di un
amore doloroso. Ma morendo trascinerò nella mia rovina anche un altro, perché impari a non insuperbire per le mie
sventure. Condividendo con me la sofferenza, imparerà a essere saggio.
|[continua]||[IPPOLITO, 2
]|CORO
str. a
Vorrei sparire in anfratti profondi,
e che un dio là mi trasmutasse
in creatura alata, tra schiere di uccelli.
E librarmi sui flutti
e le rive dell'Adriatico,
sulle acque dell'Eridano:
là nelle azzurre onde
le infelici vergini
per pietà di Fetonte
stillano
splendenti lacrime di ambra.
ant. a
Vorrei giungere al lido folto di meli
delle Esperidi dal bel canto;
il padrone del mare, signore delle azzurre distese
là sbarra il cammino ai naviganti,
e fissa il sacro confine del cielo,
del cielo sorretto da Atlante..E scorrono fiumi d'ambrosia
presso il talamo di Zeus,
dove la terra santissima e feconda
rende felici gli dèi.
str. b
O nave cretese dalle bianche ali
attraverso le onde del mare risonante
tu hai trasportato la mia regina
lontano da una casa beata
col beneficio di infauste nozze.
Su entrambe le rotte volò
con tristi auspici
dalla terra di Creta alla luminosa Atene:
alla spiaggia di Munichia
legarono le ritorte gomene,
sbarcarono sul continente.
ant. b
E così Afrodite l'ha distrutta
con la straziante piaga
di amori insani:
sommersa da insostenibile sventura
annoderà con eleganza
nella stanza nuziale
un cappio di morte
al suo candido collo.
Prova vergogna per un destino indegno,
sceglierà una morte gloriosa,
strappando dall'anima un amore atroce.
NUTRICE
(dall'interno)Presto, venite tutti: non state lì intorno alla reggia: la padrona, la moglie di Teseo si è impiccata.
CORO
E così è finita. La regina non c'è più, penzola da un cappio.
NUTRICE
Sbrigatevi! Nessuno ha una spada ben affilata per recidere la corda che le stringe la gola?
CORO
Amiche, cosa facciamo? Non sarà il caso di entrare nella reggia e liberare la regina dal laccio che la soffoca?
- E perché? Dentro non ci sono ancelle giovani? Volersi intromettere è rischioso, nella vita.
NUTRICE
Tiratela giù, adagiate il misero cadavere, amaro custode della dimora dei miei padroni.
CORO
A quanto pare, è morta quella povera donna: ne stanno già deponendo il corpo sul letto.
TESEO
Donne, cosa significa tutto questo clamore a palazzo?
Mi è giunto alle orecchie † un forte vociare di servi. † E nessuno, nella reggia, pensa a spalancarmi le porte, a porgere il
benvenuto al pellegrino? È successa qualche disgrazia al vecchio Pitteo? È abbastanza in là con gli anni, ma la sua
scomparsa mi angustierebbe.
CORO
Il vecchio non c'entra con la tua disgrazia, Teseo: il triste per te è che sono morti dei giovani.
TESEO
Vuoi dire che ho perso i miei figli?.CORO
No, vivono: ma la loro madre è morta e nel modo per te più straziante.
TESEO
Cosa dici? Mia moglie è morta? E come?
CORO
Si è passata un laccio intorno al collo e si è impiccata.
TESEO
Vittima di un dolore agghiacciante o per quale colpo del destino?
CORO
Non sappiamo altro: anch'io sono entrata da poco nella reggia, Teseo, per piangere i tuoi mali.
TESEO
Ma perché tengo in testa questa ghirlanda intrecciata di foglie, lo, sventurato pellegrino. Servi, levate le spranghe, aprite
le porte: voglio vedere l'amaro spettacolo di mia moglie. Morendo lei ha ucciso me.
CORO
Quanti mali hai patito, infelice. E col tuo gesto hai sconvolto questa reggia. Sei morta coraggiosamente, di morte
violenta, per un'infausta vicenda, rivolgendo la tua mano contro te stessa. Ma la tua vita, chi l'ha spenta?
TESEO
str.
Sono affranto, ho raggiunto il culmine della sofferenza. Su di me, sulle mie case si è abbattuto un esiziale destino,
l'imprevedibile infamia progettata da un dio vendicatore, intollerabile annientamento di una vita. Davanti a me si stende
un oceano di mali, da cui non è possibile uscire; l'onda di questa sventura mi sommerge. Che nome devo dare, donna,
nella mia disgrazia, a questo tuo calamitoso destino? Mi sei svanita tra le mani, rapida hai spiccato il volo, come un
uccello, da me verso l'Ade. Sono schiantato dal dolore. Da lontano mi porto dietro un destino sancito dagli dèi per le
colpe di qualche mio antenato!
CORO
Signore, questi mali non sono toccati solo a te. Come tanti altri, anche tu hai perso una nobile sposa.
TESEO
ant.
Voglio morire, voglio abitare sottoterra, al buio, nelle tenebre del sottosuolo, infelice come sono per averti persa,
dolcissima compagna. Hai ucciso me più che te stessa. † Ma chi mi dice † perché ti ha assalito il desiderio di morire?
Qualcuno mi spieghi cos'è successo, o questa reggia è un'inutile accozzaglia di servi? Disperato, per colpa tua... che
dolore ho visto in questa reggia indicibile, intollerabile. Sono finito. La mia casa è vuota, i miei figli sono orfani. Ci hai
lasciato, tu, amatissima: mai la luce del sole, il notturno fulgore degli astri hanno visto una donna migliore di te.
CORO
Mio sventurato signore, che terribile lutto per la tua casa. I miei occhi si gonfiano di lacrime, io piango per ciò che ti è
successo: ma rabbrividisco da tempo all'idea che un altro male incalzi.
TESEO
Ehi, ehi! Cos'è quella lettera che pende dalla sua mano? Vuole comunicarmi qualcosa che ignoro? Forse la mia povera
moglie ha lasciato una missiva con le sue preghiere di sposa e di madre? Sta tranquilla: nessun'altra donna entrerà nelle
case e nel letto di Teseo. Mi guarda e mi sorride il marchio che lei, la scomparsa, ha impresso col suo castone aureo.
Staccate gli allacci del sigillo: che io veda cosa vuol dirmi questa lettera.
CORO
Purtroppo, un dio aggiunge male a male, in successione. † Cosa mi posso augurare dopo quello che è accaduto, per una
vita che non è vita? † Io dico che sta crollando la casa dei miei padroni, che non esiste più. [Se è possibile, demone, non
infierire contro la reggia, ascolta le mie preghiere. Da qualche segno, come un indovino, intravedo già presagi funesti].
TESEO
Ahimè. A una sventura un'altra se ne aggiunge, indicibile, intollerabile. Che tortura per me!.CORO
Che c'è? Dimmelo, se mi è consentito saperlo.
TESEO
Questa lettera grida, grida cose orribili. Come posso sfuggire al peso del dolore? Sono morto, finito. Che suoni
spaventosi ho visto uscire da questa lettera.
CORO
Ahimè, che brutto preludio di sventure annunzi.
TESEO
Non riesco più a arrestare sulle soglie della mia bocca questa insormontabile, mortale disgrazia: oh, sciagurata città!
Ippolito ha osato accostarsi al mio letto con violenza, ha disprezzato l'occhio augusto di Zeus. Padre mio Poseidone: tu
mi avevi concesso, un tempo, tre maledizioni in dono: esaudiscine una e annienta mio figlio. Che non veda la luce di
domani, se le tue promesse erano veritiere.
CORO
Signore, in nome di dio, ritira la tua maledizione: riconoscerai presto di avere sbagliato, credimi.
TESEO
Non è possibile. E lo caccerò anche via da qui. In un modo o nell'altro il suo destino è segnato. O verrà spedito,
cadavere, nel regno dell'Ade da Poseidone, se il dio onora le sue promesse, o esiliato da questo paese si sobbarcherà
un'esistenza penosa, vagando in terre straniere.
CORO
Ma ecco che arriva, proprio in tempo, tuo figlio Ippolito: recedi dalla tua malsana collera, decidi nel modo migliore per
la tua casa.
IPPOLITO
Sono accorso in fretta, padre, appena ho sentito il tuo grido: ma ignoro la ragione per cui piangi e vorrei sentirla da te.
Ma cos'è successo? Scorgo lì, davanti ai miei occhi, il cadavere della tua sposa. È assolutamente incredibile: non è
molto che l'ho lasciata, era ancora viva poco fa. Cosa le è capitato? Come è morta? Padre, vorrei che tu me lo dicessi.
Resti in silenzio? Ma il silenzio è fuori luogo in situazioni simili [: il cuore è ansioso di sapere tutto e anche nei
momenti tragici è prigioniero di questa sua ansia]. Non è giusto che tu nasconda le tue sventure alle persone care, anzi,
più che care.
TESEO
Quanti errori inutili commettono gli uomini! Ma perché insegnate tante arti, escogitate e inventate tutto, ma una sola
cosa non sapete e non perseguite: educare alla ragione chi è privo di cervello?
IPPOLITO
Tu hai definito bravo maestro uno capace di costringere alla ragione chi non ha cervello. Stai sottilizzando fuori luogo,
padre, e temo che le tue sofferenze ti facciano sproloquiare.
TESEO
Gli uomini dovrebbero disporre di indizi sicuri, di un modo per scrutare l'animo degli amici, per sapere chi è tale e chi
non lo è. E dovrebbero avere, tutti, anche due voci, una sincera, in aggiunta a quell'altra che è come è: così la voce
disonesta verrebbe confutata dall'onesta, e noi non saremmo tratti in inganno.
IPPOLITO
Ma forse qualche amico mi ha calunniato alle tue orecchie e io patisco per una colpa che non ho? Sono stupefatto; e mi
sbalordiscono i tuoi discorsi strani e fuori posto.
TESEO
Dove, sin dove può spingersi l'anima di un uomo? Ci sarà mai un limite all'audacia tracotante e impudente? Se si gonfia
a ogni generazione e se chi viene dopo supera in malvagità chi lo ha preceduto, gli dèi dovranno aggiungere alla nostra
un'altra terra, che accolga gli ingiusti e gli infami. Ma guardatelo bene questo individuo; è sangue del mio sangue,
eppure ha disonorato il mio letto; la morta lo accusa apertamente di essere un malvagio. Su, mostra il tuo volto, adesso,
a tuo padre; ormai sono contaminato dall'empietà. Tu saresti l'essere superiore che ha comunione con gli dèi? Tu saresti
virtuoso, saresti un puro senza vizi? Non sarò certo io a credere alle tue millanterie, a attribuire agli dèi l'imbecillità di
non capire bene. E ora, vantati pure e imbroglia gli altri col tuo nutrirti di verdure e cereali, prenditi Orfeo come
maestro e baccheggia in veste mistica, onorando i molti libri pieni di fumo: sei stato colto in flagrante. Io grido a tutti di.fuggire da individui come te; cercano di catturare la preda con le grandi parole e ciò che tramano è vile. Lei è morta.
Pensi con questo di essere salvo? No, sei invece in trappola, proprio per questo. Quali giuramenti, quali concioni
possono avere più forza di questa donna e scagionarti dalla sua accusa? Dirai che ti odiava e che un bastardo è detestato
dai figli legittimi? E dirai che non ha saputo ben contrattare la sua esistenza, se per odio verso di te ha perduto quanto
aveva di più caro? E che negli uomini non alberga la castità, mentre è connaturata alle donne? Lo so che i giovani sono
instabili non meno delle donne, quando Cipride travolge i loro cuori adolescenti: ma l'essere maschi è un fatto che li
aiuta. Ma perché sto qui a controbattere i tuoi discorsi quando qui c'è la testimonianza schiacciante di un cadavere?
Vattene via da questo paese, alla svelta, vattene in esilio: ma non a Atene, una città costruita dagli dèi, o in qualche
parte del territorio governato dalla mia lancia. Se dopo quello che ho patito da te ti lascio prevalere, Sinis, il brigante
dell'Istmo non attesterà mai che l'ho ucciso io, ma dirà che sono un vacuo millantatore e le rupi Scironidi, a strapiombo
sul mare, non proclameranno che sono implacabile con i malvagi.
CORO
Non so come potrei chiamare felice qualcuno fra i mortali: anche le sorti di chi sta in alto possono capovolgersi.
IPPOLITO
Padre, la veemenza, la tensione del tuo animo sono terribili. Ma una faccenda che si presta a bene allocuzioni, se poi la
dispieghi, non si rivela così bella. Io non mi destreggio bene nel parlare davanti a una folla, sono più abile dinanzi ai
miei coetanei e a poche persone. Anche questo è giusto, chi è scarso agli occhi dei saggi, è più dotato nell'arringare le
folle. Ma con la sventura che mi è capitata, sono costretto ad avere lingua sciolta. E comincerò da dove mi hai
subdolamente attaccato, convinto di distruggermi e di non ricevere repliche da me. Tu vedi questo cielo splendente, e la
terra: anche se tu lo neghi, non c'è in questo mondo nessuno più virtuoso di me. Intanto, io venero gli dèi e frequento
amici che cercano di non far del male; anzi si vergognerebbero di dare ai compagni ordini indegni, di contraccambiare il
favore con turpi azioni. E non derido i miei compagni: sono sempre lo stesso, per gli amici, presenti o assenti che siano.
E proprio in una cosa io sono integro, quella per cui tu credi di avermi in pugno. Sino a questo momento mi sono
conservato casto, immacolato: non conosco gli incontri d'amore se non per averne sentito parlare o averli visti
raffigurati. E neppure mi sento spinto a guardarli: la mia anima è vergine. La mia purezza non ti persuade? D'accordo:
ma allora devi dimostrare in che modo mi sono corrotto. Lei era la più bella donna del mondo? O speravo di insediarmi
in casa tua e di prendere, anche, l'ereditiera come moglie? Sarei stato uno stupido, uno sprovveduto. Ma comandare è
bello, dirai, per chi è sano di mente. † No, certo, † e se a qualcuno piace la tirannia è perché è uscito di cervello. Per
parte mia vorrei essere primo ai giochi ellenici, e secondo in città, vivendo sempre in prospera sorte, con gli amici
migliori. Perché così si è liberi nelle proprie azioni e l'assenza di rischi è più gratificante del potere. Una sola cosa d evo
ancora dirti: il resto lo sai. Se avessi un testimone per provare chi sono io, se potessi discutere il mio caso con lei viva,
qui, dall'esame dei fatti individueresti chi è colpevole. Ora, per Zeus garante dei giuramenti, per il suolo della terra ti
giuro: non ho mai toccato tua moglie, non ne ho mai sentito desiderio e neanche mi ha sfiorato l'idea. Che io possa
morire inglorioso, anonimo, [senza città e senza casa, vagando esule per il mondo], che né il mare né la terra accolgano
il mio corpo, se è vero che sono un malvagio. Che paura l'abbia spinta a togliersi la vita, non lo so: di più non mi è
lecito dire. È stata casta e non poteva esserlo; io, io lo sono e ho male impiegato la mia virtù.
CORO
Hai detto quanto basta per stornare l'accusa, hai prodotto il giuramento sugli dèi, una prova certo non piccola.
TESEO
Ma guarda che incantatore, che giocoliere: confida di piegare con la sua aria perbene il mio animo, l'animo del padre da
lui disonorato.
IPPOLITO
Anch'io sono davvero stupito, padre: se io fossi il padre e tu il figlio e se fossi convinto che ti eri accostato a mia
moglie, non ti avrei condannato a morte, ti avrei ucciso.
TESEO
Parole esatte, degne di te. Ma non morirai così, in base alla legge che hai proposto per te. Una fine rapida è tro ppo
comoda per un empio. Te ne andrai, invece, in esilio dalla patria: ti sobbarcherai un'esistenza penosa, vagando in terre
straniere.
[Questa è la mercede che spetta a un empio!]
IPPOLITO
Ma che intenzioni hai? Mi bandisci da questa terra senza attendere che il tempo riveli la verità su di me?
TESEO
Ti bandirei, se potessi, ben oltre l'Oceano e i confini di Atlante, tanto detesto la tua persona..IPPOLITO
E mi caccerai dal paese senza processo, senza aver esaminato giuramento, prove, responsi di indovini?
TESEO
Questa lettera, che non ammette l'ambiguità dei responsi, ti accusa fuor di ogni dubbio. Quanto agli uccelli che ruotano
sulle nostre teste, salutameli tanto!
IPPOLITO
O dèi, perché non dissigillo le labbra, quando voi mi uccidete perché vi onoro? Ma non riuscirei comunque a convincere
chi devo, violerei inutilmente i giuramenti pronunziati.
TESEO
Come mi tormenta questa tua santità! Perché non te ne vai via alla svelta dalla casa paterna?
IPPOLITO
Per andare dove, disgraziato me? Chi ospiterà in casa sua un esule, gravato di un'accusa simile?
TESEO
Ma chiunque sia felice di accogliere corruttori di donne e compagni di vizi.
IPPOLITO
Mi infliggi una brutta ferita, è da piangere passare per un malfattore, soprattutto ai tuoi occhi.
TESEO
Dovevi piangere e pensarci allora, quando hai osato oltraggiare la moglie di tuo padre.
IPPOLITO
Magari potessero parlare per me le case, testimoniare se io davvero sono un infame.
TESEO
Sei molto accorto nel ricorrere a testimoni muti: ma il fatto in sé ti denunzia come un essere abbietto, e senza bisogno di
parole.
IPPOLITO
Vorrei stare di fronte a me stesso e guardarmi, per piangere sulla disgrazia che patisco.
TESEO
Sei molto più bravo nell'aver cura di te che nell'agire onestamente, come sarebbe giusto, con chi ti ha dato la vita.
IPPOLITO
Oh madre mia sfortunata, oh nascita amara! Non auguro a nessuno dei miei amici di essere un bastardo.
TESEO
Servi, cosa aspettate a portarlo via? Da tempo grido che lui è uno straniero. Non mi avete sentito?
IPPOLITO
Il primo che mi tocca, dovrà pentirsene. Scacciami tu da qui, se è questo che desideri.
TESEO
Lo farò, se non obbedisci ai miei ordini: non mi commuove affatto il tuo esilio.
IPPOLITO
A quanto pare è deciso. Che disgrazia! Io so la verità, ma non so come potrei dirla. O figlia di Latona, a me carissima
fra tutti gli dèi, sempre al mio fianco, sempre con me alla caccia, lasceremo la splendida Atene. Addio, città e terra di
Eretteo! Addio, suolo di Trezene, così ricco di felicità per i giovani: ti vedo, ti parlo per l'ultima volta. Miei giovani
coetanei di Trezene, prendete commiato da me e accompagnatemi fuori di qui. Non incontrerete mai un uomo più casto,
anche se mio padre non vuole crederci.
SERVI
str. a
Grande è la sollecitudine celeste,
se penetra nel cuore allevia l'angoscia..Conservo nell'intimo la speranza di capire,
ma mi perdo a vedere le azioni e le sorti umane.
Tutto varia e si alterna così,
per i mortali la vita risulta mutevole, sempre.
CORO
ant. a
Io vi prego, dèi; mi conceda il destino
un futuro fortunato, un cuore sgombro d'affanni,
un animo duttile, spontaneo. Agilmente
possa io cambiare la mia condotta
nel domani, ottenere una vita felice, sempre.
SERVO
str. b
Il mio animo non è più sereno:
ho visto l'impensabile,
ho visto con i miei occhi
un padre irato cacciare via, verso terre lontane,
la stella più lucente della greca Artemide.
Oh, sabbie del litorale,
oh, selve montane
dove al fianco della dea Dictinna
con le cagne rapide nella corsa
abbatteva le fiere!
CORO
ant. b
Non guiderai più pariglie di puledre venete,
cavalli veloci e scalpitanti,
lungo le piste di Limna.
Si spegnerà nella casa paterna il canto insonne,
la musica della cetra che lo accompagnava.
Spariranno le ghirlande dalle grotte
sacre alla figlia di Latona, nel verde profondo;
con il tuo esilio è finita la gara delle vergini
desiderose del tuo talamo nuziale.
e
p.Per la tua sventura, piangendo
sopporterò un destino insopportabile.
Oh madre sventurata,
perché lo hai partorito?
Sono in collera con gli dèi.
E voi, Cariti, sempre unite,
perché cacciate dalla sua patria,
da questa casa un infelice,
un innocente?
Vedo laggiù uno dei compagni di Ippolito: si affretta verso la reggia, scuro in volto.
MESSAGGERO
Donne, dove posso trovare Teseo, il signore di questa terra? Ditemelo, se lo sapete. È dentro la reggia?
CORO
Guarda, sta uscendone in questo momento.
MESSAGGERO
Teseo, purtroppo arrivo con una notizia dolorosa per te come per i cittadini ateniesi e quelli che abitano a Trezene.
TESEO
Cos'è successo? Una sciagura improvvisa ha colpito le due città vicine?.MESSAGGERO
Ippolito non è più, se posso esprimermi così: vede la luce, ma la sua vita è in bilico.
TESEO
Chi l'ha ucciso? Era venuto in odio a qualcuno? Aveva tentato di corrompergli la moglie, come ha fatto con suo padre?
MESSAGGERO
È stato il suo carro a ucciderlo, e le maledizioni uscite dalla tua bocca, le maledizioni che tu gli hai augurato invocando
Poseidone, signore del mare.
TESEO
O dèi, o Poseidone, ti sei mostrato davvero mio padre, hai esaudito le mie preghiere. Dimmi: com'è morto? Dimmi: la
spada della giustizia come si è abbattuta sull'uomo che mi ha disonorato?
MESSAGGERO
Stavamo strigliando la criniera dei cavalli lungo la riva battuta dalle onde, e piangevamo. Qualcuno era venuto a
informarci che Ippolito lasciava per sempre il paese, che tu lo avevi condannato a un triste esilio. Presto giunse anche
lui, risuonava con il nostro anche il suo pianto sulla spiaggia: dietro di lui c'era una lunga fila di amici e coetanei. A un
certo punto smise di gemere e esclamò: «Perché sono così sconvolto? Devo obbedire a mio padre. Preparate i cavalli,
servi, e attaccateli al carro: la mia patria non è più qui ormai». Ci impegnammo tutti, allora, e in men che non si dica
ecco le cavalle bardate, pronte davanti al nostro padrone. Afferra le redini appoggiate sul bordo, infila il piede subito
negli incavi, poi alza le braccia verso il cielo e prega gli dèi: «Zeus che io possa morire se sono un malvagio. E capisca
mio padre di avermi fatto torto tanto se muoio quanto se continuo a vedere la luce». Afferrato il pungolo, di colpo toccò
con esso le puledre. Noi servi accompagnavamo il padrone accanto al carro, presso le redini, lungo la strada che porta
dritta a Argo e a Epidauro. Arrivammo a un luogo solitario, a una spiaggia, al di là dei nostri confini, di fronte al golfo
Saronico. E allora, come un tuono di Zeus, si udì un rombo sotterraneo, un boato cupo, terrificante: le cavalle
drizzarono muso e orecchi verso il cielo; noi fummo presi da un'atroce paura, non si capiva da dove provenisse quel
fragore. Volgiamo lo sguardo sul lido battuto dai marosi: un'onda gigantesca si stava levando sino al cielo: non
riuscivamo più a distinguere la rupe di Scirone, erano scomparsi l'Istmo e la rocca di Asclepio. Poi gonfiandosi in un
esplodere di schiume tutto intorno, per il ribollire del mare, l'onda avanza verso la spiaggia dove si trovava la quadriga;
con la violenza della terza ondata, dai flutti viene proiettato fuori un toro, un mostro selvaggio. Tutta la terra si riempì di
muggiti, che riecheggiavano in modo agghiacciante: ci si presentò agli occhi uno spettacolo che la vista non reggeva.
Subito un tremendo terrore assale le cavalle. Il padrone, molto esperto dell'indole di quegli animali, impugnò le redini
con entrambe le mani e le tirò a sé, proprio come un marinalo voga con il remo, inarcandosi all'indietro e reggendosi
sulla tensione delle briglie. Ma le puledre, serrando tra le mascelle il morso temprato al fuoco, lo trascinano a forza: non
sentono più la mano dell'auriga né le redini né il peso del carro. Se lui con guida ferma indirizzava il carro verso un
terreno molle, il toro gli si parava di fronte e lo obbligava a ripiegare, facendo impazzire di paura le quattro puledre. Se
esse si spingevano furiose verso la roccia, appressandosi al carro silenziosamente lo seguiva, finché non lo fece
sbandare e ribaltare: le ruote del carro avevano urtato contro la rupe. Successe il caos: i mozzi delle ruote, i cavicchi
degli assali saltarono via. Lo sventurato, impigliato nelle redini, stretto in un groviglio inestricabile viene trascinato via;
la testa urtava contro le rocce, le carni si laceravano e lui urlava parole terribili da sentire: «Fermatevi, vi ho nutrito io
nelle mie stalle, non uccidetemi. Oh, la funesta maledizione di mio padre! Chi aiuta un innocente a salvarsi?» Molti di
noi avrebbero voluto ma non si riusciva a raggiungerlo, eravamo troppo lenti. E lui, liberato di colpo, non so come,
dalle redini di cuoio, cade al suolo: respira ancora, debolmente. Le cavalle e il toro, il mostro orrendo, scomparvero non
so dove nel terreno roccioso. Io sono un servo di casa tua, signore, ma non arriverò mai a credere che tuo figlio sia un
malvagio: neppure se si impiccasse tutta la razza delle donne e si ricoprisse di scritti il legno dei pini dell'Ida. Io so che
è innocente.
CORO
Ahi, ahi, si è compiuta una serie di nuovi mali: non concede scampo il destino inevitabile.
TESEO
Odiavo l'uomo che ha subito questo strazio e perciò ho gioito al tuo racconto. Ma ora, per rispetto verso gli dèi e anche
verso di lui, che è nato da me, non godo della sua sventura: ma neanche ne provo pietà.
MESSAGGERO
E allora? Dobbiamo portarlo qui, o cosa dobbiamo fare di quell'infelice per accontentarti? Pensaci, dammi retta, non
essere crudele con il tuo povero figlio.
TESEO.Portatelo qui, voglio vederlo davanti ai miei occhi, quest'uomo che nega di aver profanato il mio talamo lo inchioderò
alla sua colpevolezza con le mie parole e con le sventure che gli dèi gli hanno inflitto.
CORO
L'animo che non si piega
degli dèi e degli uomini
lo rapisci tu, Cipride, e insieme
lo irretisce Eros, dalle ali screziate,
con rapido volo.
Vola sopra la terra e sul mare
salso e gonfio di suoni.
Alato, scintillante d'oro
assale i cuori con la follia,
incanta la stirpe degli animali
montani e marini, le creature
che la terra nutre e il sole
caldo illumina, gli uomini.
Su tutti, Cipride, tu sola regni
con potere sovrano.
ARTEMIDE
Nobile figlio di Egeo, ti invito ad ascoltarmi: chi ti parla è Artemide, figlia di Latona. Povero Teseo! Perché ti rallegri
per quello che è successo? Hai ucciso empiamente, tuo figlio, hai creduto alle menzognere parole di tua moglie in una
vicenda malsicura. Sicura è invece la disgrazia che ti ha colpito. Dovresti sprofondare sotto terra e nasconderti per la
vergogna o mettere le ali, levarti in volo come un uccello, e sottrarti così alla tua pena. Oramai non c'è più posto per te
tra le persone oneste.
Ascolta, Teseo, la storia dei tuoi mali; io non ne ricaverò vantaggio e farò soffrire te. Ma sono venuta sin qui per
dimostrare la rettitudine di tuo figlio, - perché muoia con l'onore salvo - per dimostrare la follia di tua moglie, o in un
certo senso la sua nobiltà. Piagata dal pungolo della dea, grande nemica di chi ha gioia di essere vergine, fu presa
d'amore per tuo figlio. Cercava di vincere Cipride con la ragione: ma venne rovinata, suo malgrado, dagli intrighi della
nutrice, che svelò quella passione a tuo figlio, sotto vincolo di giuramento. E lui, com'era giusto, ignorò le proposte
della donna; e proprio per la sua pietà non volle violare il giuramento neppure quando fu offeso da te. Lei, temendo di
essere scoperta in colpa, scrisse delle accuse bugiarde, e con la frode annientò tuo figlio, perché riuscì a convincerti.
TESEO
Ahimè.
ARTEMIDE
Ti bruciano, Teseo, le mie parole? Stattene tranquillo e ascolta il seguito: avrai ancora più da piangere. Tu, lo sai bene,
da parte di tuo padre disponevi di tre maledizioni infallibili. E la prima, scellerato, l'hai utilizzata contro tuo figlio,
quando potevi servirtene contro un nemico. Tuo padre, il dio del mare, aveva promesso e ha ritenuto suo obbligo
mantenere. Nei suoi confronti, e nei miei, hai agito chiaramente in modo indegno: non hai atteso prove o responsi di
indovini, non hai indagato, non hai concesso al tempo di far luce, hai maledetto tuo figlio più presto di quanto dovevi, e
lo hai ucciso.
TESEO
Vorrei morire, signora.
ARTEMIDE
Un comportamento orribile il tuo, ma puoi ancora ottenere il perdono. Cipride ha voluto tutto questo per soddisfare la
sua collera. Fra gli dèi vige una legge: nessuno si permette di intervenire contro il volere di un altro, nessuno
interferisce. Sappilo bene: se non temessi Zeus non mi sarei abbassata a tanta vergogna, da lasciar morire l'uomo a me
più caro al mondo. Per quanto riguarda la tua colpa, il fatto che non sapevi esclude in te bassezza d'animo. Tua moglie,
poi, con la sua morte, ha reso impossibile ogni interrogatorio in grado di convincerti. La sciagura è esplosa su di te, ma
ha colpito anche me. Gli dèi non sono contenti quando i buoni muoiono: ma i malvagi, li distruggiamo con figli e case.
CORO
Eccolo l'infelice, eccolo, arriva: la testa bionda è coperta di sangue, il giovane corpo è tutto una ferita. Oh dolore delle
case, duplice lutto piombato su questa dimora per volere del cielo.
IPPOLITO.Oh dio, dio. Come soffro. Un padre ingiusto, la sua maledizione ingiusta hanno fatto scempio di me. Mi trafiggono la
testa dolori lancinanti... È finita, povero me, dio mio!; nel mio cervello infuriano gli spasimi. Fermati; un po' di requie
per il mio corpo stremato. Cavalle odiose, vi avevo nutrito con le mie mani e voi mi avete spento, ucciso. Ahi, ahi.
Servi, in nome di dio, fate piano, attenti a toccarmi; sono tutto una piaga. Chi sta qui, alla mia destra? Sollevate con
cautela, trasportate tutti insieme questo povero perseguitato dalla sorte, maledetto a torto, per errore, da suo padre. O
Zeus, Zeus le vedi queste cose? Io, fedele agli dèi, devoto, superiore a tutti per castità, mi avvio verso l'Ade che si
spalanca davanti a me: la mia vita volge ormai al termine estremo. E i miei sforzi per tener fede tra gli uomini alla legge
divina sono stati inutili.
Ahi, ahi, che dolore. Come soffro. Lasciate questo infelice e ben venga la morte, sarà un sollievo. † Uccidetemi, fatela
finita con questo infelice †, datemi un'arma affilata, voglio mozzare la mia esistenza, addormentarmi per sempre. Che
cosa orribile la maledizione di mio padre. Da loro, dagli antenati, dai parenti assassini mi viene in eredità questo male e
non indugia. Io non ho fatto niente, niente. Ahimè, ma cosa posso dire? Come posso liberare la mia vita da questo
supplizio intollerabile? Che la nera tenebra dell'Ade fatale addormenti questo povero infelice.
ARTEMIDE
Povero infelice, la sventura ti ha imposto il suo ineluttabile giogo, la tua nobiltà d'animo ti ha perduto.
IPPOLITO
Nell'aria c'è un profumo celeste, lo sento, lo sento anche in mezzo alle sofferenze, ed è un balsamo per il mio corpo. Qui
vicino c'è Artemide.
ARTEMIDE
È qui, vicino a te, povero infelice, la dea che tu ami più di tutto.
IPPOLITO
Tu vedi, signora, tu vedi come soffro.
ARTEMIDE
Lo vedo, ma non mi è concesso versare lacrime.
IPPOLITO
Il cacciatore, il servo che ti obbediva non è più.
ARTEMIDE
È vero, ma anche in morte mi sei caro.
IPPOLITO
Il tuo auriga, il custode delle tue statue non è più.
ARTEMIDE
È stata Cipride, l'infame, a ordire tutto questo.
IPPOLITO
Ora capisco chi è il dio a cui devo la mia rovina.
ARTEMIDE
Ti ha trovato in colpa: le hai negato onore, sei casto.
IPPOLITO
Da sola, è riuscita a rovinarci in tre.
ARTEMIDE
Sì, te, tuo padre e sua moglie.
IPPOLITO
Ma io piango anche sulla sventura di mio padre.
ARTEMIDE
È caduto nella trappola preparata da un dio..IPPOLITO
Povero padre, che disgrazia ti è toccata!
TESEO
Per me è finita, figlio, e non provo più nessun piacere a vivere.
IPPOLITO
Più della mia sorte compiango te per il tuo errore.
TESEO
Vorrei morire al tuo posto, figlio!
IPPOLITO
Sono ben amari i doni di tuo padre.
TESEO
Non l'avessi mai pronunziata, quella maledizione.
IPPOLITO
E perché? Mi avresti comunque ucciso; eri rigonfio di ira.
TESEO
Un dio mi aveva ottenebrato la mente.
IPPOLITO
Magari la razza umana potesse maledire gli dèi!
ARTEMIDE
Lascia perdere. Neppure sotto le tenebre della terra le ire concepite dalla dea Cipride per la tua pietà e il tuo animo
nobile, si abbatteranno su di te impunemente. Io, di mia mano, con queste frecce infallibili punirò un suo fedele; il
fedele da lei prediletto. E tu, sventurato, avrai un compenso per questi mali: io ti garantisco un culto straordinario nella
città di Trezene. Candide vergini si recideranno per te le chiome, prima delle nozze: per lungo tempo godrai del
profondo compianto delle loro lacrime. Sempre il loro ricordo si tradurrà in canti in tuo onore, non cadrà nell'oscuro
silenzio l'amore di Fedra per te. E tu, prole del vecchio Egeo, abbraccia tuo figlio, stringilo a te. Lo hai ucciso, ci sei
stato costretto: è logico che gli uomini sbaglino quando così decidono gli dèi. E tu, Ippolito, non odiare tuo padre, te lo
chiedo io: era tuo destino morire così. È ora, addio. Non mi è permesso vedere i morti, o lasciar contaminare la mia
persona dal respiro dei morenti. E mi accorgo che tu ormai sei vicino alla fine.
IPPOLITO
Addio anche a te, vergine beata: non è gravoso per te lasciare una lunga comunanza. Cancello in me ogni rancore per
mio padre, come vuoi tu: ho sempre obbedito alle tue parole. Ah, la tenebra comincia a calare sui miei occhi: accoglimi,
padre, fra le braccia e componi il mio corpo per il trapasso.
TESEO
E di me sventurato cosa farai, figlio?
IPPOLITO
Sto morendo e vedo già le porte dell'Ade.
TESEO
E mi lascerai contaminato dalla colpa?
IPPOLITO
No, ti assolvo per la mia morte.
TESEO
Cosa dici? Mi assolvi dal sangue versato?
IPPOLITO
Chiamo a testimone Artemide, la dea dell'arco.
TESEO.Ahimè, tu sei davvero un pio e un giusto.
IPPOLITO
Addio anche a te padre, addio.
TESEO
Che animo nobile mostri, carissimo, verso tuo padre.
IPPOLITO
Prega che anche i tuoi figli legittimi siano così.
TESEO
Non mi abbandonare: resisti!
IPPOLITO
La mia forza se ne è andata, come la mia esistenza. Presto, coprimi il volto con un velo.
TESEO
O gloriosa terra di Artemide e di Pallade, di che uomo resti priva. Infelice me! A lungo Cipride, mi ricorderò dei tuoi
crimini.
CORO
Inatteso giunge questo dolore, comune a tutti i cittadini. Scorreranno molte lacrime: le storie dei grandi meritano il più
alto compianto.