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IGNOTO



INVOCAZIONE

DEL

NOME DI GESÙ


INDICE

  • Scheda
  • Nota del curatore dell'edizione elettronica
  • Introduzione
  • Prefazione
  • Lo schema dell'invocazione del Nome
  • L'uso della invocazione del Nome
  • L'invocazione del Nome come via spirituale
  • L'invocazione del Nome come culto
  • Il Nome di Gesù come Eucaristia
  • Il Nome di Gesù e lo Spirito Santo
  • Il Nome di Gesù e il Padre
  • Il Nome e la pienezza totale


  • SCHEDA

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    ==============================

    TRATTO DA: Ignoto
    Invocazione del Nome di Gesù
    Libreria Editrice Fiorentina
    Firenze - Marzo 1962 (prima edizione)
    OPERA
    AUTORE: Ignoto
    TITOLO: Invocazione del Nome di Gesù
    CURATORE: Padre Giovanni Vannucci
    TRADUTTORE: //
    EDITORE: Libreria Editrice Fiorentina
    CITTÀ: Firenze
    ANNO: 1962
    EDIZIONE:
    NOTE: NIHIL OBSTAT QUOMINUS IMPRIMATUR
    Florentiae, die 20 decembre 1961
    CAN. BONANNI DOTT. GINO, Cens. Eccl.

    Prot. 227/62
    IMPRIMATUR
    Florentiae, die 21 decembre 1961
    CAN. JOANNES BIANCHI, Vic. Gen.

    In 16° piccolo di pagine 72 - L. 400

    Finito di stampare il 20 Marzo 1962
    presso l'Industria Tipografica Fiorentina
    Firenze - Via dei Macci, 17 r.
    DIRITTI D'AUTORE: No
    CODICE ISBN: Non disponibile
    EDIZIONE ELETTRONICA
    NOTA: Riproduzione integrale dell'opera originale
    1ª EDIZIONE: 09 aprile 2005
    2ª EDIZIONE: xx marzo xxxx
    3ª EDIZIONE: xx marzo xxxx
    INDICE AFFIDABILITÀ:
    2

    Legenda
    0: affidabilità bassa
    1: affidabilità media
    2: affidabilità buona
    3: affidabilità ottima
    CURATORE: Redazione readme.it
    REVISIONE: Redazione readme.it
    HTML: Redazione readme.it
    PUBBLICATA DA: http://www.readme.it

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    INFORMAZIONI SUI TESTI ELETTRONICI SONO DISPONIBILI SUL SITO:

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    NOTA DEL CURATORE DELL'EDIZIONE ELETTRONICA

    Nell'opera che qui si ripropone, il traduttore ha usato il termine Eucarestia che, a quell'epoca (siamo negli anni '60), veniva abitualmente usato. Nella presente edizione si è scelto di sostituire il termine Eucarestia con il più corretto Eucaristia (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1999², passim).
    Al fine di rendere più accessibili i testi citati, tra le parentesi quadre, sono stati inseriti i riferimenti biblici e, in un caso, i riferimenti alla traduzione italiana dell'opera citata.


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    INTRODUZIONE

    L'invocazione del Nome di Gesù, o preghiera di Gesù, è una pratica antichissima nella cristianità, ed è rimasta viva nell'Oriente Cristiano, cosi da costituirne il tesoro più prezioso. In Occidente esiste un accenno all'invocazione del Nome di Gesù nel De institutione inclusarum di Aelred. "La reclusa si senta maggiormente impegnata nella preghiera, si prostri spesso ai piedi di Gesù e ripetendo assiduamente il suo Nome dolcissimo risvegli in se stessa la compunzione, stimoli le lacrime, impedisca ogni divagazione del cuore" (De inst. recl., 11. Ed. Dumont, pp. 72-74 [edizione italiana: Aelredo di Rievaulx, Regola delle Recluse, a cura di Domenico Pezzini, Paoline, Milano 2003, Parte I, La disciplina esteriore, 11. Le osservanze quaresimali, p. 143]).
    La traduzione del libro russo: "Le relazioni sincere di un pellegrino al suo confessore", ha risvegliato, in Occidente, la conoscenza e l'interesse per questa forma semplice e feconda di preghiera. In Italia esistono due traduzioni del libro citato, una edita dalla Libreria Editrice Fiorentina a cura di Don Divo Barsotti, e l'altra edita da Vita e Pensiero di Milano.
    Il libriccino che pubblichiamo è stato scritto da un monaco della Chiesa d'Oriente, ed è edito dalla Fellowship of St. Alban and St. Sergius; 52, Ladbroke Grove, London W. 11. Questo lavoro ci è sembrato, tra i tanti, il più accessibile alla sensibilità e comprensione del lettore italiano.

    * * *

    La breve formula: "Gesù abbi pietà di me peccatore", ripetuta un numero indefinito di volte, introduce, chi la pratica con fedeltà, in uno stato di pace interiore, di tranquillità consapevole, di matura saggezza, tali da ricolmare di stupore e di gratitudine per il Signore Gesù che ha dotato di tanto potere il suo Nome e la sua ripetizione.
    Questa forma di preghiera, l'Autore lo ricorderà spesso, è una pratica devozionale privata; non si sostituisce alle forme ufficiali della preghiera cristiana come i sacramenti, la recita dell'ufficio divino ecc., ma, trasformando interiormente l'individuo, aiuta a comprendere meglio le pratiche religiose comunitarie e, in conseguenza, prepara un terreno più fertile alla grazia comunicata dai sacramenti.

    * * *

    L'essenza dell'Invocazione del Nome di Gesù, ci sembra consistere in questo: fissa l'attenzione sulla realtà di Gesù e sulla realtà dell'orante. La prima vien sentita come la pienezza della vita, la sorgente della Redenzione, la Luce irradiante e vivificante; la seconda come il vuoto che attende, la terra arida che implora, la tenebra che sogna la luce. Da questa duplice constatazione, della nostra pochezza e dell'amore pronto e soccorrevole del Signore Gesù, viene creato in noi quel vuoto interiore che fa scendere la grazia misericordiosa di Dio.
    In altre parole l'Invocazione del Nome di Gesù costituisce, se praticata con fedeltà costante, il processo intenso e attivo che conduce l'orante nella realtà dell'Uomo Nuovo.

    * * *

    L'orante, prima di tutto, deve cercare di creare in sé la condizione del silenzio totale.
    Silenzio dei sensi, raggiunto nella moderazione del cibo e delle bevande; nel controllo dell'eccessivo dormire; nella vigilanza sul vano discorrere e parlare; nell'evitare tutto ciò che può indurre un turbamento sensibile.
    Silenzio della mente, che si conquista col dominio sul vano fantasticare e sulla ridda incessante di pensieri.
    Silenzio del cuore, non dando importanza al risentimento dell'amor proprio, alle irritazioni, alla tristezza, all'abbattimento e a tutte le altre passioni che deprimono.
    Tutto ciò che è vano nelle sensazioni, nei pensieri, nei sentimenti il fedele all'Invocazione del Nome di Gesù, l'abolisce e lo supera con uno slancio di fede e con la ripetizione incessante del Nome.
    Il vecchio uomo deve tacere nell'orante. Il nome di Gesù deve scendere come una forza trasformante ed elevatrice nei sensi, nella mente, nel cuore.

    * * *

    Secondo l'esperienza di chi ha fatto il cammino dell'Invocazione del Nome di Gesù, questa via particolare di orazione, attraversa tre distinte tappe.
    La prima è diretta a santificare la parte fisica dell'orante e consiste nel dire a voce alta l'Invocazione, e ad insistere su tale esercizio finché i sensi non abbiano raggiunto il perfetto silenzio, cioè non siano interamente raccolti sulla realtà di Gesù resa presente dalla costante ripetizione vocale del suo Nome santo. L'orante si mette tranquillo, nella posizione che meglio stabilisce la quiete dei sensi, e ripete con attenzione accorata l'Invocazione del Nome. La pace della presenza sensibile del Signore scende sopra chi persiste, con semplicità ed umile fedeltà, in questo primo esercizio.
    La seconda, invece, porta la pace nel tumulto dei pensieri della mente. L'orante, avendo col primo esercizio raccolto sulla presenza del Signore la sua parte sensibile, ripete mentalmente l'Invocazione del Nome di Gesù. La ridda dei pensieri che sono legione [cf. Marco 5, 9; Luca 8, 30], viene esorcizzata dalla forza insita nel Nome di Gesù, e la mente unificata dalla presenza del Signore rimane assorta nella sua contemplazione.
    La terza tappa, infine, si ha quando l'Invocazione del Nome dopo aver santificato i sensi e la mente, scende nel cuore e, in una maniera, comprensibile solo da chi ne ha fatto l'esperienza, vive in esso risuonando ad ogni suo battito. Lo stupore coglie a questo punto l'orante; il suo essere è riconsacrato dal Nome di Gesù: i suoi sensi contemplano il creato con distacco ed amore, senza cupidigia di possesso; la sua mente scopre il mistero divino racchiuso in ogni singola creatura; il suo cuore è divenuto il punto di incontro con il visibile e l'invisibile, avendo raggiunto la sorgente della realtà dell'amore che è il Signore Gesù.

    P. GIOVANNI VANNNUCI


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    PREFAZIONE

    L'invocazione del Nome di Gesù è una forma di preghiera più familiare ai Cristiani dell'Oriente che a quelli dell'Occidente.
    Nella Chiesa Ortodossa è conosciuta col nome di "Preghiera di Gesù" ed è molto praticata, non soltanto nei monasteri, come ad esempio quello del Monte Sinai e del Monte Athos, ma anche dai secolari.
    L'invocazione del Santo Nome è stata pure esercitata nei tempi passati, da molte generazioni di Cristiani in Occidente; dove fu divulgata da Santi come Bernardo di Clairvaux
    (XII secolo) e Bernardino da Siena (XIV secolo).
    Questo piccolo lavoro, ha un carattere puramente pratico. È stato scritto con la speranza di dare un aiuto ai Cristiani che vivono nel mondo e forse a quelli che nei monasteri sono desiderosi di seguire "la via del Nome". È il risultato di 25 anni di meditazione e, mi sia concesso dire, di una profonda conoscenza della materia. Perciò costituirà una lettura che non direi difficile, ma che domanda pacata attenzione. Comunque ho cercato di rimanere più chiaro e semplice che mi fosse possibile e di evitare termini tecnici teologici; ciò nonostante conserva una sua propria complessità. Per quanto presuntuoso ciò possa sembrare, chiedo al lettore di queste pagine di non aver fretta, né di leggere senza mai interrompersi. La sostanza del libro sfuggirebbe, come rena fra le dita, a chi ne facesse un uso affrettato. Questo piccolo trattato è stato diviso in capitoli, e ogni capitolo in unità numerate, ognuna di queste distinte porzioni contiene, nei suoi inalterabili termini, un proposito ed un intendimento che verrà poi, gradualmente e pienamente, sviluppato. Sarei lieto se il mio scritto fosse letto a poco a poco per volta, come un libriccino devozionale.
    "O Dio, che hai donato il tuo unico Figlio, a Redentore del genere umano, e che comandasti che il suo nome fosse Gesù: concedi pietosamente a noi che veneriamo il suo santo Nome sulla terra, di poter contemplare il suo Volto in cielo".


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    LO SCHEMA DELL'INVOCAZIONE DEL NOME

    1 - L'invocazione di Gesù può essere fatta in molti modi. Ognuno deve trovare la forma più consona alla sua preghiera personale. Ma, qualsiasi formula venga usata, il cuore e il fulcro dell'invocazione dovrà essere il Sacro Nome stesso, la parola "Gesù", nella quale risiede tutta la forza dell'invocazione.

    2 - Il Nome Gesù può essere usato da solo, od inserito in una frase più o meno sviluppata. Nell'Oriente la frase più comune è: "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore". Uno potrebbe semplicemente dire: "Gesù Cristo", o "Signore Gesù". L'invocazione può essere ridotta anche alla sola parola "Gesù".

    3 - Questa ultima forma, cioè il solo nome Gesù, è il modello più antico dell'invocazione del Nome.
    È la più breve e la più semplice e, crediamo, la più facile. Quindi, senza deprezzare le altre forme, suggeriamo l'uso della sola parola "Gesù".

    4 - Così, quando parleremo della invocazione del Nome, intendiamo la frequente e devota ripetizione del Nome stesso, "Gesù", senza altre aggiunte. Il Sacro Nome è la preghiera.

    5 - Il Nome di Gesù può essere pronunziato o pensato silenziosamente. In ambedue i casi vi è una vera invocazione del Nome: orale nel primo, puramente mentale nel secondo. Questa preghiera favorisce un facile passaggio dall'orazione orale a quella mentale; la ripetizione mentale del nome, se è lenta e pensosa, fa sì che si giunga alla preghiera mentale e predispone l'animo alla contemplazione.


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    L'USO DELLA INVOCAZIONE DEL NOME

    6 - L'invocazione del nome può essere praticata ovunque ed in qualsiasi momento; possiamo pronunciare il Nome di Gesù nelle strade, dove lavoriamo, nella nostra stanza, in chiesa, ecc…. Possiamo ripetere il nome mentre camminiamo. Oltre a questo libero uso del nome, non determinato o limitato da nessuna regola, buona cosa è stabilire un tempo e un luogo per una regolare invocazione del Nome. Chi è avanzato in questa forma di preghiera può fare a meno di tali adattamenti, che rimangono però una quasi necessaria condizione per i principianti.

    7 - Se vogliamo consacrare, ogni giorno, qualche po' di tempo alla invocazione del Nome (oltre alla libera invocazione che dovrebbe essere fatta il più frequentemente possibile) dobbiamo seguire la norma di praticarla, circostanze permettendolo, in un posto solitario e quieto. — Quando tu preghi, entra nel segreto della tua stanza, e, chiusa la porta, allora prega il tuo Padre che è nel segreto [cf. Matteo 6, 6] —. La posizione del corpo non ha molta importanza: si può camminare, sedere, stare distesi o in ginocchio. La migliore posizione è quella che produce una maggiore quiete fisica e concentrazione interiore. La posizione esprimente umiltà e adorazione dà aiuto.

    8 - Prima di iniziare l'invocazione del nome di Gesù mettiti in pace con te stesso, concentrati e domanda l'ispirazione e la guida dello Spirito Santo. "Nessun uomo può dire: Gesù è il Signore, se non mediante lo Spirito Santo". Il Nome di Gesù non può mai penetrare nel cuore che non è ricolmo del purificante soffio della fiamma dello Spirito. Lo Spirito stesso abiterà e accenderà in noi il Nome del Figlio.

    9 - A questo punto, semplicemente comincia; per camminare si deve fare il primo passo; per nuotare ci si deve gettare nell'acqua. Lo stesso accade per l'invocazione del Nome. Principia a rispettarlo con adorazione e amore, afferrati a lui, pronuncialo con frequenza. Non pensare di stare invocando il Nome, pensa soltanto a Gesù. Dì il suo nome piano, dolcemente, quietamente.

    10 - Un errore comune a tutti i principianti è il desiderio di associare l'invocazione del Sacro Nome ad una profonda e intensa emozione, tentando di pronunciarlo con gran forza. Ma il nome di Gesù non è fatto per essere urlato, o formulato con violenza, ancorché interiore. Quando ad Elia fu comandato di stare davanti al Signore, si scatenò un grande e forte vento ma il Signore non era nel vento; e dopo il vento venne il terremoto, ma il Signore non era nel terremoto; e dopo il terremoto un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco venne una sommessa piccola voce. E fu così che quando Elia la udì nascose la sua faccia nel mantello, e uscì fuori e rimase in adorazione [cf. 1 Re 19, 11-13].
    Lo strenuo sforzo e la ricerca di uno stato di tensione non giovano. Nel ripetere il Sacro Nome, raccogli quietamente, a poco a poco, i tuoi pensieri, le tue sensazioni, la tua volontà attorno ad esso: ricomponi su di lui il tuo intero essere. Lascia che il Nome penetri la tua anima, come una macchia d'olio si diffonde ed impregna un pezzo di stoffa.
    Non permettere che alcuna parte di te sia distratta, rendi il tuo essere recettivo e circondalo col Nome.

    11 - Anche durante l'invocazione del Nome, la sua ripetizione orale non deve essere continua; il Nome pronunciato deve essere interrotto e differito da secondi o minuti di pausa silenziosa e di concentrazione. La ripetizione del Nome può essere paragonata al battito delle ali col quale l'uccello si alza nell'aria.
    Così, l'anima, giunta al pensiero di Gesù e ricolma del ricordo di lui, può interrompere la ripetizione del Nome e riposare in Nostro Signore. La ripetizione sarà ripresa, quando altri pensieri minacciano di espellere il pensiero di Gesù; allora l'invocazione comincerà di nuovo al fine di ottenere più fresco vigore.

    12 - Protrai l'invocazione quanto a lungo desideri o puoi. La preghiera viene naturalmente interrotta dalla stanchezza; non cercare di insistere. Ma ricominciala di nuovo quando e dove ti senti disposto. A suo tempo sentirai il nome di Gesù salire alle labbra spontaneamente, e rimanere, quasi costantemente, presente alla mente in modo silente e pacato. Perfino il tuo sonno sarà avvolto dal Nome e dal ricordo di Gesù. "Io dormo ma il mio cuore veglia" (Cantico dei Cantici [5, 2]).

    13 - Quando siamo impegnati nella invocazione del Nome, è naturale che si speri e si insista per ricevere qualche "positivo" o "tangibile" risultato e cioè sentire che abbiamo stabilito un reale contatto con la persona di Nostro Signore: "Se io potessi sfiorare appena il tuo manto, sarei guarito" (Matteo 9, 21). Questa felicissima esperienza è l'acme desiderato dell'invocazione del nome. "Io non ti lascerò andare, se non mi benedici". Ma dobbiamo evitare una troppa inquieta attesa per tale esperienza: l'emozione religiosa può facilmente diventare un mascheramento a causa di una pericolosa bramosia e passione. Non pensiamo affatto che l'aver trascorso un certo tempo nell'invocazione del Nome, senza "provare" qualcosa, il tempo sia stato speso male e lo sforzo infruttifero; al contrario, questa apparentemente sterile preghiera, può essere più gradita a Dio dei momenti di rapimento, essendo scevra da ogni egoistica ricerca di gaudio spirituale; essa è la preghiera della pura, nuda volontà. Dobbiamo continuare a consacrare ogni giorno un certo regolare e prestabilito tempo all'invocazione del Nome, anche se ci sembra che questa preghiera lasci freddi e aridi. Questo accurato esercizio della volontà, questa calma veglia nel Nome non può mancare di apportarci benedizione e forza.

    14 - Inoltre, l'invocazione del Nome raramente ci lascia in uno stato d'aridità. Coloro che hanno una qualche esperienza di ciò convengono che viene spesso accompagnata da uno stato d'animo di gioia, tepore e luce. Uno ha l'impressione di muoversi e camminare nella luce. In questa preghiera non vi è né pesantezza, né stanchezza, né sforzo. "Il tuo Nome è come unguento sparso... Trascinami correremo dietro a te" (Cantico dei Cantici [1, 3-4]).


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    L'INVOCAZIONE DEL NOME COME VIA SPIRITUALE

    15 - L'invocazione del Nome di Gesù può costituire un semplice episodio del nostro cammino spirituale (episodio etimologicamente è qualcosa che accade "nella via"); oppure può essere per noi una via spirituale tra le altre; o infine può essere la via spirituale che noi, definitivamente in maniera predominante (se non esclusivamente), scegliamo. In altri termini, l'invocazione del Nome può essere o un atto transitorio, o una preghiera che ci aiuta per un determinato tempo e che, in seguito, lasciamo per seguire altre forme di orazione; o un metodo di cui ci serviamo abitualmente ma non escludendone altri; o infine il metodo sul quale organizziamo tutta la nostra vita di preghiera. La scelta di una forma o di un altra, dipende dalla personale vocazione, dalle circostanze e dalle possibilità. Quanto diciamo riguarda solo i "principianti" desiderosi di acquistare le prime nozioni su questa preghiera e un primo contatto con il Sacro Nome, e anche coloro che, avendone già fatta esperienza, desiderano impegnarsi sulla "via del Nome". Chi è già esperto nella pratica dell'invocazione del Nome come metodo, o come unico metodo, non ha bisogno del nostro aiuto.

    16 - Non possiamo pervenire all'invocazione del Nome mossi da curiosità o da arbitraria decisione. Dobbiamo attendere di essere chiamati o condotti da Dio. L'uso dell'Invocazione del Nome, come principale metodo spirituale, è legato all'obbedienza e ad una speciale vocazione. Una pratica spirituale e tanto più un sistema spirituale basati sul mero capriccio crolla. Così dobbiamo avvicinarci al Nome di Gesù sotto la guida dello Spirito Santo: solo così l'invocazione del Nome sarà un frutto dello Spirito.

    17 - Non esiste un segno infallibile che ci assicuri che siamo chiamati alla preghiera del Nome; ma alcuni indizi che dobbiamo esaminare umilmente possono incoraggiarci ad intraprenderla: se ci sentiamo attratti all'invocazione del Nome, se essa produce in noi accrescimento di amore, purezza, obbedienza e pace, se l'uso di altre preghiere diventa difficoltoso, possiamo, ragionevolmente, supporre che la via del Nome si dischiude sul nostro cammino.

    18 - Chiunque senta trasporto per la preghiera del Nome sia attento a non deprezzare le altre forme di orazione. Non diciamo mai: l'invocazione del Nome è la migliore preghiera. La migliore preghiera per ognuno è quella alla quale lo Spirito Santo lo muove, qualunque sia la sua forma. Colui che pratica l'invocazione del Nome vince anche la tentazione di una propaganda indiscreta e prematura in suo favore. Non dobbiamo aver fretta di dire: "Voglio annunciare il Tuo nome ai fratelli" (Salmo 22[, 23]) se non ne abbiamo ricevuto la missione.

    19 - Ciò che possiamo dire con sobrietà e verità è che l'invocazione del Nome di Gesù semplifica e unifica la nostra vita spirituale. Nessuna preghiera più semplice di essa: è infatti un'unica parola nella quale il Sacro Nome diventa l'esclusiva dell'intera vita. Metodiche più complesse spesso affaticano e dissipano i pensieri. Ma il nome di Gesù facilmente ricompone tutto in sé. Esso possiede una forza che unifica e integra, la personalità frazionata in numerosi io da poter dire di se stessa: "il mio nome è legione poiché noi siamo molti" (Marco 5, 9) otterrà la sua compiutezza nel Sacro Nome: "Unifica il mio cuore nel timore del Tuo nome" (Salmo 86, 11).

    20 - L'invocazione del Nome di Gesù, non deve essere interpretata come una "mistica via" che ci esime dalle purificazioni ascetiche. Nella via spirituale non esistono scorciatoie, la via del Nome, implica una costante vigilanza sopra noi stessi, il peccato deve essere evitato. A questo riguardo due sono gli atteggiamenti possibili: alcuni possono custodire la loro mente, memoria e volere, al fine di proferire il Sacro Nome con maggior raccoglimento e amore, altri diranno il Sacro Nome per essere consapevoli e con cuore completamente assorto nel loro amore. Per la nostra mentalità, quest'ultima ci pare la via migliore. Il Nome in sé è un mezzo di purificazione e perfezione, una pietra miliare, un filtro, attraverso il quale, i nostri pensieri, parole e azioni passano per essere liberati dalle loro impurità. Nessuno di essi sia accolto se non dopo averlo vagliato nel Nome, e il Nome dissiperà tutte le scorie peccaminose, e verrà accettato solo ciò che è compatibile col Nome di Gesù.
    Riempiremo il nostro cuore fino all'orlo col Nome e il costante pensiero di Gesù, conservandolo con somma cura, come oggetto prezioso, e difendendolo contro ogni causa di confusione. Questo è un severo ascetismo, richiede una completa dimenticanza di sé, un morire a se stesso, mentre il Sacro Nome cresce nelle nostre anime. "Egli deve crescere, ma io debbo diminuire" (Giovanni 3, 30).

    21 - Noi dobbiamo considerare l'invocazione del Sacro Nome, in relazione alle altre forme di preghiera. Della preghiera liturgica e delle preghiere stabilite dal metodo di qualche comunità non diremo nulla, poiché stiamo qui considerando la preghiera individuale e privata non le preghiere stabilite dall'obbedienza, il loro carattere comunitario e la loro inalterabilità le rendono estremamente utili. È compito degli uomini di Chiesa e dei membri di comunità accertare fino a che punto l'invocazione del Nome di Gesù è compatibile, nel loro proprio caso, con i formulari ufficiali. Possono sorgere questioni circa le altre forme di preghiera individuale. Cosa dire della "preghiera dialogo" nella quale ascoltiamo e parliamo a Dio? E cosa, circa la preghiera contemplativa e silenziosa la "preghiera di quiete" e la "preghiera di unione"? Dobbiamo noi abbandonare queste per l'invocazione del Sacro Nome, o inversamente? O dobbiamo usarle ambedue? La risposta deve essere lasciata a Dio, in ogni singolo caso. Qualche rara volta la chiamata divina all'invocazione del Nome può escludere tutte le altre forme di preghiera. Noi pensiamo che, generalmente parlando, la via del Nome è larga e libera, e che, in molti casi è perfettamente compatibile con momenti di ascolto della Parola interiore e di ricerca di questa, e con gli intervalli di completo silenzio interiore. Inoltre, non dobbiamo mai dimenticare che la migliore forma di preghiera che noi possiamo fare in ogni momento è quella verso la quale siamo mossi dal Sacro Spirito.

    22 - Il consiglio e la guida diretta di qualche "spirituale fratello maggiore" che ha una personale esperienza della via del Nome, può molto spesso essere di grande utilità al principiante. Personalmente vorremmo che la gente si servisse di tale guida. Comunque non è indispensabile: — "Quando lo Spirito della verità è giunto, egli vi guiderà entro tutto il vero" (Giovanni 16,13).


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    L'INVOCAZIONE DEL NOME COME CULTO

    23 - Noi abbiamo considerato, fino ad ora, l'invocazione del Nome di Gesù in maniera generale. Ora ci resta da considerare i diversi aspetti dell'invocazione. Il primo aspetto è adorazione e culto.

    24 - Troppo spesso le nostre preghiere si limitano alla supplica, alla intercessione e al pentimento: il Nome di Gesù può essere usato anche per questa finalità; ma la preghiera disinteressata, la lode offerta a Dio a motivo della sua gloria: l'ossequio a Dio fatto di rispetto e d'amore, il grido di Tommaso: "Mio Signore e mio Dio" [Giovanni 20, 28] devono avere la priorità su tutto.

    25 - L'invocazione del Nome di Gesù, deve render presente alla nostra mente Gesù. La invocazione del Nome sarebbe mera idolatria verbale: "La lettera uccide ma lo spirito dona la vita" (Corinti 3, 6). La presenza di Gesù è il reale contenuto e la sostanza del Sacro Nome. Il Nome significa la persona di Gesù e contiene la sua parola.

    26 - Questo conduce alla pura adorazione: pronunciando il Nome, dobbiamo sentirci. alla presenza di Nostro Signore: "Essi caddero proni e lo adorarono" (Matteo 2, 11).
    La pronuncia pensosa del Nome di Gesù equivale al riconoscimento della santità perfetta del Signore e del nostro nulla. Con questa convinzione lo adoreremo e lo riveriremo: "Dio lo ha esaltato grandemente e gli ha dato il nome più alto di ogni altro nome: al nome di Gesù ogni ginocchio, deve piegarsi" (Filippesi 2, 9-10).

    27 - Il Nome di Gesù ci porta qualcosa di più della sua presenza! Gesù è presente nel suo Nome nella qualità di Salvatore; la parola "Gesù" significa salvatore o salvezza. "Non vi è salvezza in nessun altro: poiché non vi è nessun altro nome sotto il cielo donato agli uomini, che possa salvarci" (Atti 4, 12). Gesù iniziò la sua missione terrena sanando e perdonando, cioè, salvando gli uomini. Cosi il vero inizio della via del Nome è la conoscenza di Nostro Signore, come nostro personale Salvatore. L'invocazione del Nome ci reca liberazione in tutte le necessità.

    28 - Il Nome di Gesù ci aiuta ad ottenere l'adempimento di quanto domandiamo.
    "Qualsiasi cosa chiederai al Padre nel mio nome, te la concederà. Sinora non hai domandato nulla in mio nome: chiedi e riceverai" (Giovanni 16, 23-24). Ma il Nome di Gesù già supplisce alle nostre necessità. Quando ricerchiamo il soccorso del Signore dobbiamo pronunciare il suo Nome con fede e speranza, certi di ricevere in questo ciò che abbiamo domandato. Gesù è l'adempimento definitivo di tutte le richieste umane. Ed è Lui che ora stiamo pregando. Non consideriamo la nostra preghiera riferendola al suo futuro compimento, ma all'attuazione in Gesù fin da ora. Egli non solo dona ciò che domandiamo ma Lui stesso è il dono, essendo in Se stesso donatore e dono: se ho fame, è il mio cibo; se io ho freddo, egli è il calore; se sono malato è la mia salute; se sono perseguitato è la mia salvezza, se sono impuro, diventa la purezza. Egli "viene a noi... come purezza, e santificazione e redenzione" (Corinti 1, 30). Questo è ben altra cosa che il donare queste realtà semplicemente. Dobbiamo trovare nel suo Nome tutto ciò che Egli è; il Nome di Gesù, in quanto ci incatena a lui stesso, è già un mistero di salvezza.

    29 - Se siamo tentati, il Nome di Gesù ci apporta vittoria e pace; il cuore saturo del Nome del Signore non verrà trascinato in nessuna peccaminosa immagine o pensiero. Ma noi siamo deboli, e spesso le nostre difese crollano, e allora la tentazione sale dentro di noi come impetuosa onda. Allora non fermatevi sulla tentazione, non raziocinate col desiderio, non pensate alla tempesta, non riguardate voi stessi.
    Fissate lo sguardo sul Signore, stringetevi a Lui, invocate il Suo Santo Nome. Quando Pietro, camminando sulle acque per andare da Gesù, vide la tempesta, "ebbe paura" [Matteo 14, 30] e cominciò a affondare. Se, invece di guardare le onde, di ascoltare il vento, con cuore fiducioso camminiamo sulle acque. verso Gesù, Egli ci porgerà la mano e ci darà appoggio. Il Nome renderà allora grande servigio, essendo una formula precisa, concreta ed efficace, atta ad opporsi alla forte suggestione della tentazione.
    Quando siete tentati, invocate il Sacro Nome con insistenza e insieme con pace e serenità, senza pronunciarlo ad alta voce con affanno e turbamento. Fate che scenda nella vostra anima lentamente, fino a che tutti i vostri pensieri e i vostri sensi convergano e si uniscano a Lui. Lasciate quindi che eserciti la sua forza di attrazione: è il nome del Principe della Pace; va invocato con pace, e ci darà la pace, o, meglio, come Colui del quale è il simbolo, sarà la nostra pace.

    30 - Il Nome di Gesù porta il perdono e la pacificazione. Quando abbiamo peccato grave;mente, e tanto più quando abbiamo peccato lievemente possiamo, in un attimo, stringerci al Santo Nome con dolore e amore e invocarlo con tutto il cuore, e il Nome così ripetuto, per il cui tramite abbiamo raggiunto la persona di Cristo, sarà già un segno di perdono. Dopo il peccato non ci mettiamo in ozio, rimandando e esitando. Facciamo in modo di non titubare a riprendere l'invocazione del Nome, nonostante la nostra indegnità. Un nuovo giorno sta apparendo e Gesù è sulla sponda. "Quando Simon Pietro udì che era il Signore... si gettò nel mare" (Giovanni 21, 7). Agisci come Simone: ripeti "Gesù", come se riprendessi da capo la vita.
    Noi peccatori ritroveremo il Signore invocandone il Nome. Egli viene a noi subito e nello stato in cui siamo, Egli riprende il cammino con noi da dove l'avevamo abbandonato. Quando riappare ai discepoli, dopo la Resurrezione, andò da loro, che erano tristi, smarriti e colpevoli e, senza rimproverare il loro tradimento, semplicemente si mise di nuovo nella loro vita di ogni giorno; disse ad essi: "Avete del cibo? e gli offrirono del pesce arrostito e favo di miele" (Luca 24, 41-42). Così, quando diciamo "Gesù" dopo aver commesso peccato o dopo un tempo di smarrimento, Egli non esige lunghe giustificazioni del passato, ma desidera che nuovamentericol1eghiamo la Sua Persona e il suo Nome nella vita di tutti i giorni, col nostro pesce arrostito e il nostro favo di miele, facendoli penetrare nel centro della nostra esistenza.

    31 - Così il Sacro Nome riporta la riconciliazione dopo i peccati commessi. Ma esso può donarci esperienza più vasta e fondamentale del perdono divino; potendo noi pronunciare il Nome di Gesù e introdurvi la totale realtà della croce e l'intero mistero dell'espiazione. Unito al Nome di Gesù propiziazione per i peccati di tutti gli uomini, troveremo il segno della Redenzione esteso a tutti i tempi e all'intero universo, troveremo "l'Agnello ucciso dalla fondazione del mondo" (Apocalisse 13, 8) e "l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo" (Giovanni 1, 29).

    32 - Quanto abbiamo detto non contraddice o svaluta i mezzi della penitenza e remissione dei peccati, offerti dalla Chiesa, stiamo trattando solo della nascosta vita dell'anima, e abbiamo davanti l'interiore assoluzione che il pentimento sorretto dall'amore da se stesso ottiene e il perdono che il pubblicano ricevette dopo la sua preghiera nel tempio e di cui il Vangelo dice: "Quest'uomo tornò alla sua casa perdonato" (Luca 18, 14).

    33 - Abbiamo considerato il potere salvifico del santo Nome, ora dobbiamo andare più lontano. Nella misura che il Nome di Gesù cresce maturiamo nella conoscenza dei misteri divini. Il Santo Nome non è soltanto un mistero di salvezza, il compimento delle nostre richieste, la distruzione delle nostre tentazioni, il perdono dei nostri peccati, è anche un mezzo di ricordare il mistero dell'Incarnazione, ed è un efficace tramite con il Signore. L'essere uniti a Cristo è più beatificante che lo stare davanti a Lui, o l'essere da Lui salvati.

    34 - Puoi pronunciare il Nome di Gesù perché "Cristo possa dimorare nel tuo cuore" (Efesini 3, 17), puoi, quando hai formato sul labbro il suo Nome, provare la realtà di Gesù che discende nell'anima: "Sto davanti alla porta e busso: se uno ode la mia voce, e apre, entrerò in lui, e cenerò con lui, ed egli con me" (Apocalisse 3, 20). Puoi mettere sul trono la Sua Persona e il Suo Nome in te stesso: "Essi ti hanno costruito un santuario nell'intimo per il Tuo Nome" (II Cronache 20, 8). Tale è la preghiera sacerdotale del Signore "Io in loro" (Giovanni 17, 26). Possiamo gettarci dentro il Nome e sperimentare che siamo le membra del Corpo di Cristo e i rami della vite vera. "Dimorate in me" (Giovanni 15, 4). Certamente nessuno può abolire la differenza tra il Creatore e la Creatura, ma esiste, resa possibile dall'Incarnazione, una reale unione dell'uomo e di noi stessi con il Signore, unione che l'uso del Nome esprime e rende più salda.

    35 - Tra l'Incarnazione e la Parola e il dimorare del Sacro Nome in noi esiste una certa analogia: la Parola si fece carne, Gesù divenne uomo.
    La silente realtà del Nome di Gesù, giungendo nelle nostre anime, trabocca nei nostri corpi "rivestitevi del Signore Gesù Cristo" (Romani 13, 14). Il contenuto vivo del Nome penetra fisicamente in noi stessi.
    "Il Tuo nome è un unguento profuso all'intorno" (Cantico dei Cantici 1, 3). Se ripetuto con fede e amore, il Nome diventa una forza, capace di distruggere e soggiogare la legge del peccato che è nelle mie membra (Romani 7, 23). Possiamo porre anche in noi stessi il Nome di Gesù come "un fisico suggello sul tuo cuore, come suggello sopra il braccio" (Cantico dei Cantici 8, 6). Ma questo suggello fisico, non è un pezzo di cera o di piombo, è il segno esteriore del Nome e della Parola vivente.

    36 - L'uso del santo Nome non solo ci porta la conoscenza della nostra unione con Gesù nella sua Incarnazione, ma è anche il tramite di una visione più estesa della connessione intima esistente tra il Signore e tutte le creature di Dio. Il Nome di Gesù ci aiuta a trasfigurare il mondo in Cristo (senza nessuna confusione panteistica). Così scopriamo un altro aspetto dell'invocazione del Nome: una via verso la trasfigurazione.

    37 - Sotto questo aspetto l'invocazione del Nome è in relazione alla natura, l'universo considerato come l'opera del Creatore: "... Il Signore che fece il cielo e la terra" (Salmo 14, 3) diviene il simbolo visibile dell'invisibile divina bellezza: "I cieli cantano la gloria del Signore" (Salmo 19, 1).
    "Considera i gigli dei campi..." (Matteo 6, 28).
    Questo però non basta: la Creazione non è statica; tende, soffrendo e gemendo, verso Cristo, come al suo compimento e ultimazione. "L'intera creazione si lamenta e soffre in pena" (Romani 8, 22), finché non sarà liberata dalla schiavitù della corruzione dalla gloriosa libertà dei figli di Dio" (Romani 8,21).
    Ciò che chiamiamo mondo inanimato è spinto innanzi da un movimento verso Cristo; tutte le cose convergono verso l'Incarnazione: gli elementi, i frutti della terra, roccia e legno, acqua e olio, grano e vino acquistano un nuovo valore divenendo segni e strumenti della grazia. Tutto il creato, misteriosamente, palesa il nome di Gesù: "Io vi dico che, se questi tacessero, le pietre griderebbero" (Luca 19, 40).
    È la parola di questo Nome che i cristiani dovrebbero ascoltare, nella natura, pronunciando il Nome di Gesù sopra le creature, pietra o pianta, frutto o fiore, mare o paesaggio, o qualunque altra, il credente esprime il mistero di questi esseri e li conduce alloro compimento, dando così la risposta alla loro diuturna e silenziosa attesa. "Per la sincera aspettativa della creatura in attesa per la manifestazione dei figli di Dio" (Romani 8, 19). Pronunceremo il Nome di Gesù in unione con tutta la creazione: "Al nome di Gesù ogni ginocchio deve piegarsi, in cielo, in terra e sotto la terra..." (Filippesi 2, 10).

    38 - Anche il mondo animale può raggiungere la trasfigurazione per nostra mediazione. Quando Gesù rimase quaranta giorni nel deserto, "era con le bestie selvagge" (Marco 1, 13). Non sappiamo quello che allora avvenne, ma possiamo essere certi che nessuna creatura vivente rimase indifferente all'influenza di Gesù. Gesù stesso disse dei passeri che "non uno di questi è dimenticato innanzi a Dio" (Luca 12, 6), e noi siamo come Adamo quando doveva dare un nome a tutti gli animali. Dal suolo il Signore Dio formò le bestie del campo e gli uccelli dell'aria: "e li condusse davanti ad Adamo perché imponesse loro il nome" (Genesi 2, 19). Gli scienziati li appellano conformemente ai loro criteri; noi, invocando il Nome di Gesù sugli animali, li riconduciamo alla loro primitiva dignità. Troppo facilmente noi scordiamo la dignità degli esseri viventi, creati e amati da Dio in Gesù e per Gesù. "Questo era il nome di questi animali" (Genesi 2, 19).

    39 - Ma soprattutto nei confronti degli uomini possiamo esercitare l'opera di trasfigurazione. Il Cristo risorto apparve diverse volte sotto un aspetto che non era più quello che i discepoli conoscevano. "Egli apparve in un altro aspetto..." (Marco 16, 12): l'aspetto di un viandante sulla strada di Emmaus [Luca 24, 16. 18], o di un giardiniere vicino al sepolcro [Giovanni 20, 14. 15], o di uno sconosciuto in piedi sulla sponda del lago [Giovanni 21, 4], sempre nelle sembianze di un uomo comune, come ne incontriamo nella vita di ogni giorno. Gesù rivelò in questo modo un importante aspetto della sua presenza tra noi: la sua presenza nell'uomo. Condusse così a compimento ciò che aveva insegnato: "Ero affamato e voi mi deste del cibo, ero assetato e voi mi deste da bere... ero nudo e voi mi vestiste, ero ammalato e voi mi visitaste, ero in prigione e veniste a trovarmi... quanto avete fatto a uno dei miei più piccoli fratelli, lo avete fatto a me" (Matteo 25, 35-40). Gesù appare a noi ora sotto le fattezze di uomo o di donna. Veramente questa forma umana è l'unica sotto la quale ognuno può, a piacimento, in ogni tempo e in ogni luogo, vedere il volto del Signore.
    Gli uomini di oggi sono realistici: essi non vivono in astrazioni o in visioni fantastiche e, quando i santi e i mistici giungono per dire: "Abbiamo visto il Signore", rispondono con Tommaso: "Sino a che non porrò il mio dito dentro la ferita e porrò la mia mano sul suo costato, non crederò" (Giovanni 20, 25). Gesù accetta questa sfida. Egli si lascia vedere, essere toccato ed essere interpellato nelle umane persone di tutti i suoi fratelli e sorel1e. A noi, come a Tommaso, Egli dice: "Stendi pure la tua mano e introducila dentro il mio costato, e non voler essere senza fede, ma credente" (Giovanni 20, 22). Gesù mostra a noi i poveri, gli ammalati, i peccatori e generalmente tutti gli uomini, e ci dice: "Guarda le mie mani e i miei piedi... Toccami e guarda: poiché uno spirito non ha carne e ossa, come voi vedete che io ho" (Luca 24, 39).
    Gli uomini e le donne sono la carne e 1e ossa, le mani e i piedi, il trafitto costato del Cristo, il suo mistico corpo. In essi noi possiamo sperimentare la realtà della Resurrezione e la reale presenza (quantunque senza confusione di essenza) del Signore Gesù. Se noi non lo vediamo, è a causa della nostra incredulità e del nostro cuore sordo: "I loro occhi erano velati tanto da non poterlo riconoscere" (Luca 24, 16). Ora il Nome di Gesù è un concreto ed efficace mezzo di trasfigurare gli uomini nella loro nascosta, intima, estrema realtà. Dovremmo riuscire ad avvicinare tutti gli uomini e le donne nella strada, negozio, ufficio, fabbrica, nell'autobus, e specialmente quelli che sembrano noiosi e repellenti, col Nome di Gesù nel cuore e sulle labbra. Dovremmo pronunciare il suo Nome sopra di loro, essendo il Nome di Gesù il loro vero nome. Chiamali col suo Nome, nel suo Nome, con spirito di adorazione, dedizione e amore. Adora Cristo in essi, servi Cristo in essi: in molti di questi uomini e donne, nel perverso, nel criminale, Gesù è imprigionato. Liberalo col riconoscerlo silenziosamente e adoralo in essi. Se andrai nel mondo con questa nuova visione, pronunziando "Gesù" sopra ogni uomo, vedendo Gesù in ogni uomo, ognuno sarà trasfigurato in se stesso e davanti ai tuoi occhi.
    E più sarai pronto a dare te stesso agli uomini, più la nuova visione diverrà chiara e vivida. La visione non può essere separata dall'offerta. Giustamente disse Giacobbe ad Esaù, quando stavano riconciliandosi: "Ti prego, se ora sono di nuovo nelle tue grazie, ricevi il mio dono dalle mie mani, poiché dopo aver visto la tua faccia e il tuo pensiero, ho visto la faccia di Dio" (Genesi 33, 10).

    40 - Invocando il Nome di Gesù, incontriamo interiormente tutti quelli che sono uniti al Signore e dei quali Lui ha detto: "Dove due o tre sono uniti nel mio Nome, in mezzo ad essi Io sono" (Matteo 18, 20).

    41 - Dovremmo incontrare tutti gli uomini nel Cuore e nell'amore di Gesù, collocandoli e racchiudendoli nello spazio sacro del suo Nome. Non sono necessari lunghi elenchi di invocazione, basta applicare il Nome di Gesù alla persona che si trova nella necessità. Tutti gli uomini e tutte le giuste richieste convergono nel Nome del Signore. Unirsi a Gesù è divenire una sola cosa con Lui nell'amore sollecito e pietoso verso le creature, e l'intercessione del Signore per esse è cosa migliore del perorare in loro favore.

    42 - Dove è Gesù, ivi è la Chiesa, chiunque è in Gesù è nella Chiesa. Se l'invocazione del Sacro Nome è un mezzo di unione con Nostro Signore, è anche un mezzo di unione con la Chiesa la quale in Lui esiste e da nessun peccato umano può venir contaminata. Ciò non significa che si debba tener chiusi gli occhi ai problemi della Chiesa sulla terra, alle imperfezioni e alle divisioni dei Cristiani. Qui trattiamo della eterna, spirituale e "immacolata"parte della Chiesa che è raccolta nel Nome di Gesù, e che trascende tutte le realtà terrestri. Nessun scisma la può infrangere. Gesù disse alla Samaritana: "Credimi, verrà l'ora che tu non adorerai il Padre né su questa montagna, né in Gerusalemme. L'ora viene ed è giunta ormai che i veri adoratori adoreranno il Padre nello Spirito e nella verità" (Giovanni 4, 21. 23). Vi è una apparente contraddizione in queste parole di Nostro Signore: come può essere "l'ora futura" e "di già è giunta?". Questo paradosso trova la sua spiegazione nel fatto che la Samaritana stava davanti a Cristo. Da una parte la storica opposizione tra Gerusalemme e Garizim ancora sussisteva, e Gesù lontano da trattare ciò come una frivola circostanza, appoggiò i più alti diritti di Gerusalemme: "Voi adorate ciò che non conoscete. Noi adoriamo ciò che conosciamo: poiché la salvezza è dagli Ebrei" (Giovanni 4, 22). In questo senso, l'ora non era ancora ma stava venendo. D'altra parte, l'ora era giunta di già poiché la donna aveva davanti a sé Colui che è più grande di Gerusalemme e di Garizim, Colui che rivelerà tutte le cose "e nel quale soltanto possiamo pienamente adorare in spirito e in verità" (Giovanni 4, 24). La stessa situazione si determina quando, invocando il Nome di Gesù, noi ci uniamo stretti alla sua Persona. Certamente non crediamo che tutte le contrastanti interpretazioni del Vangelo date dagli uomini siano ugualmente vere, né che i gruppi separati dei Cristiani abbiano la stessa misura di luce. Ma pronunciando il Nome di Gesù con la dovuta perfezione, arrendendoci totalmente alla sua Persona e alle sue esigenze, implicitamente partecipiamo alla pienezza della Chiesa, e così esperimentiamo la sua essenziale unità, più profonda di tutte le nostre umane divisioni.

    43 - L'invocazione del Nome di Gesù permette di incontrare, in Lui, tutti i nostri morti. Marta sbagliava, quando, parlando di Lazzaro, disse al Signore "so che egli risorgerà di nuovo nella resurrezione, alla fine dei giorni" (Giovanni 11, 25). La vita e la resurrezione dei morti non è unicamente un evento futuro (quantunque la resurrezione dei corpi individuali sia tale). La persona del Cristo risorto è già la resurrezione e la vita di tutti gli uomini. Invece di tentare di stabilire nella nostra preghiera, o nella nostra memoria o nella nostra immaginazione un diretto contatto spirituale con i nostri trapassati, possiamo raggiungerli in Cristo, dove è ora la loro vera vita. Perciò possiamo anche dire che l'invocazione del Nome di Gesù, è la migliore preghiera per i morti: donandoci la presenza del Signore, ci porta anche la loro presenza. E la nostra unione col Sacro Nome e coi loro stessi nomi è servizio di amore in loro favore.

    44 - I defunti, la cui vita è ora nascosta in Cristo, formano la Chiesa celeste, appartengono alla perfetta ed eterna Chiesa, della quale la Chiesa militante sulla terra è una ben piccola parte. Noi incontriamo nel Nome di Gesù l'intera società dei Santi: "Il mio Nome sarà nelle loro fronti" (Apocalisse 22, 4). In esso incontriamo gli angeli: è Gabriele, che, primo sulla terra, annunciò il sacro Nome, dicendo a Maria: "Tu gli darai il Nome Gesù" (Luca 1, 31). In esso incontriamo la donna "benedetta tra le donne", alla quale Gabriele rivolse queste parole, e che tanto spesso chiamava il suo figlio per il Suo nome. Possa il Sacro Nome fare sì che si giunga ad ascoltare il Nome di Gesù come la Vergine Maria lo udì per la prima volta, e di ripeterlo come Maria e Gabriele lo pronunciarono. Possa la nostra stessa invocazione del Nome penetrare questo abisso di adorazione, obbedienza e pace!


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    IL NOME DI GESÙ COME EUCARISTIA

    45 - Il mistero del Cenacolo fu 1a ricapitolazione dell'intera vita e missione di Nostro Signore, l'Eucaristia esula dalle seguenti considerazioni. Ma vi è un uso "eucaristico" del Nome di Gesù nel quale tutti gli aspetti che abbiamo visto sino ad ora, sono riuniti e unificati.

    46 - La nostra anima pure è un Cenacolo dove un'invisibile Santa Cena può essere celebrata in ogni momento. Il Signore segretamente dice, come allora, "intensamente ho desiderato mangiare questa Pasqua con voi" (Luca 22, 1) "... dov'è il luogo del raduno, ove mangerò la Pasqua coi miei discepoli? (Luca 22, 11) ...là preparate" (Luca 22, 12). Queste parole si possono adattare non solamente alla visibile Santa Cena, si possono applicare alla interiore Eucaristia , che, quantunque soltanto spirituale, è altrettanto reale. Nella visibile Eucaristia Gesù è offerto sotto gli aspetti di pane e vino, nella Eucaristia spirituale Egli può essere espresso e designato dal Sacro Nome soltanto. L'invocazione del Nome può venire tramutata in una Eucaristia .

    47 - Il significato originale di "Eucaristia" è: rendimento di grazie, la nostra Sacra Cena interiore sarà innanzi tutto un ringraziamento per il gran dono fatto a noi dal Padre nella persona del Suo Figlio. "In lui... lasciateci offrire il sacrificio della preghiera a Dio continuamente..." (Ebrei 13, 15). La Scrittura immediatamente spiega la natura di questa preghiera: "... che è il frutto delle nostre labbra nell'atto di pronunciare il ringraziamento al Suo Nome". Così l'idea del Nome è unita con quella del ringraziamento. Possiamo, non soltanto mentre pronunciamo il Nome di Gesù, ringraziare il Padre di averci dato il Suo Figlio o indirizzare la preghiera al Nome del Figlio stesso, ma possiamo fare del Nome del Figlio la sostanza e il sostegno del sacrificio della lode resa al Padre, l'espressione della nostra gratitudine della nostra offerta di ringraziamento.

    48 - Ogni Eucaristia è un'offerta. "Ciò che essi possono offrire al Signore è un'offerta in purezza di cuore" (Malachia 3, 3). Non possiamo offrire al Padre un dono migliore della Persona del Suo Figlio; così ciò che noi presentiamo a Dio forma un'unica cosa con l'offerta che Gesù fa eternamente di Se stesso. Come potremo, infatti, da soli offrire Cristo? Al fine di dare un concreto aspetto, perché la nostra offerta divenga concreta, troviamo aiuto nell'invocare il Nome di Gesù, il quale si trasforma così in pane e vino.

    49 - Il Signore, nella Sua Cena, offrì ai discepoli pane ridotto in frammenti e vino versato nel calice: Egli offrì la vita in dono a noi, il Suo corpo e il Suo sangue pronti per l'immolazione. Quando noi offriamo Gesù al Padre, lo offriamo sempre come vittima immolata e trionfante insieme: "Degno è l'Agnello immolato di ricevere... onore, e gloria e benedizione" (Apocalisse 5, 12). Pronunciando il Nome di Gesù siamo certi di venir purificati dal sangue dell'Agnello; questo è l'uso espiatorio del Sacro Nome. Ciò non significa un sacrificio diverso da quello della croce, il Sacro Nome, sacrificalmente usato, applica a noi, qui e ora, i frutti della Redenzione compiuta una volta per sempre. Sotto tale aspetto ci aiuta, nell'esercizio del sacerdozio universale, a rendere spiritualmente attuale e presente l'eterno sacrificio di Cristo. L'uso sacrificale del Nome di Gesù ci ricorda anche la nostra unione con Gesù, sacerdote e vittima, in Lui, nel Suo Nome, offriamo la nostra anima e il nostro corpo: "Nelle offerte bruciate e nei sacrifici per i peccati, tu non trovi gradimento: Allora dissi, Signore vengo" (Ebrei 10, 6-7).

    50 - Non vi è santa Messa senza la comunione: la nostra interiore Eucaristia. La nostra interiore Eucaristia è anche ciò che la tradizione chiama "comunione spirituale", la quale è un nutrimento attraverso la fede, del Corpo e del Sangue di Cristo senza usare gli elementi visibili del pane e del vino. Il pane di Dio è Colui che viene dal cielo, e dona la vita al mondo. "Io sono il pane di vita " (Giovanni 6, 35. 48). Gesù rimane sempre il Pane di vita che possiamo ricevere in cibo, anche quando non partecipiamo agli dementi sacramentali: "È lo spirito che dà la vita: la carne non serve a nulla" (Giovanni 6, 63). Noi possiamo avere una partecipazione spirituale ed invisibile al Corpo e al Sangue di Cristo, interiore e reale avvicinamento al Signore che è distinto da ogni altra forma di Comunione con Lui, e che è un dono speciale, una grazia peculiare di affinità tra Nostro Signore, come nutritore e come cibo, e noi stessi partecipi (quantunque in forma spirituale) di questo cibo. Ora questa comunione del divino Pane di vita, o del Corpo e del Sangue del Salvatore diventa più facile quando si invoca il Sacro Nome, quando pronunciamo il Nome del Signore con l'intenzione di nutrire la nostra anima. Una tale comunione può essere rinnovata quando si voglia. Non vogliamo diminuire le venerazioni verso la Messa come è praticata nella Chiesa. Ma confidiamo che chiunque segue la via del Nome possa esperimentare che il Nome di Gesù è cibo spirituale e comunica alle anime affamate il Pane di vita. "Signore donaci eternamente questo pane" (Giovanni 6, 34). In questo pane, in questo Nome, troviamo noi stessi uniti con tutti quelli che condividono lo stesso nutrimento Messianico: "Noi, essendo molti, siamo un unico pane e corpo: poiché noi siamo tutti partecipi di questo solo pane" (1 Corinti 10, 17).

    51 - Attraverso l'Eucaristia noi "mostriamo la morte del Signore sino alla venuta" (1 Corinti 11, 26). L'Eucaristia è una anticipazione del regno eterno; l'uso "eucaristico" del Nome di Gesù ci conduce al suo uso "escatologico" che è, l'invocazione del Nome in connessione con la "fine e con la venuta di Nostro Signore". Questa invocazione del Sacro Nome dovrebbe costituire l'ardente aspirazione alla unione definitiva con Gesù nel Regno dei cieli. Questa aspirazione è in rapporto con la fine del mondo e la trionfale venuta di Cristo, ma essa ha una relazione più prossima alla occasionale (e, se noi lo chiediamo, sempre più frequente) discesa di Cristo nella nostra esistenza terrena, alla sua prodigiosa ed efficace partecipazione nella nostra vita di ogni giorno, ancor più alla venuta di Cristo nell'ora della nostra morte, una aspirazione alla morte concepita come la lunga attesa della venuta dell'Amico "che non avendo visto, amiamo" (Pietro 1, 8) una chiamata all'incontro supremo, e qui ed ora uno slancio del cuore oltre la barriera. In questo modo di dire "Gesù", è racchiusa la nostalgica parola di Paolo: "Quando Cristo, che è la nostra vita, apparirà..." (Colossesi 3, 4) e il pianto di Giovanni, "Vieni, Signore Gesù" (Apocalisse 22, 20) è già implicito.


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    IL NOME DI GESÙ E LO SPIRITO SANTO

    52 - Il nome di Gesù ebbe un posto eminente nella predicazione e nell'opera degli Apostoli: predicavano nel Nome di Gesù, guarendo i mali nel Suo Nome; ed erano soliti dire a Dio: "Concedi ai tuoi servi che segni e prodigi possano essere fatti nel Nome del tuo santo Figlio Gesù" (Atti 4, 29. 30), e così "il Nome del Signore Gesù era magnificato" (Atti 19, 7). È solo dopo la Pentecoste che gli Apostoli annunciarono il Nome "con potenza". Gesù aveva detto: "Riceverete potenza, quando lo Spirito Santo scenderà su di voi" [Atti 1, 8]. In questo "pentecostale" uso del Nome di Gesù è reso evidente il legame che unisce lo Spirito e il Nome. Un tale uso "pentecostale" non è limitato agli Apostoli, ma concesso a tutti "coloro che credono". A tutti son dette le parole di Gesù: "Nel mio Nome cacceranno i demoni: parleranno nuove lingue... porranno le mani su i malati e li guariranno" (Marco 16, 17. 18). È solo la nostra scarsa fede e il poco amore che ci ostacolano di invocare il Nome nella potenza dello Spirito. Se intraprendiamo sinceramente la via del Nome, ci troveremo capaci (senza vanità, senza troppo riguardare a noi stessi) di manifestare la gloria di Nostro Signore e di aiutare gli altri uomini attraverso i "segni". Colui, il cui cuore è un vascello del Sacro Nome, non esita ad andare qua e là a ripetere a coloro che hanno bisogno di lenimento spirituale o corporale le parole di Pietro: "Non ho argento né oro: ma quello che ho lo dono a te: nel Nome di Gesù Cristo di Nazareth, alzati e cammina" (Atti 3, 6). Oh, che lo Spirito della Pentecoste possa venire e imprimere in noi a lettere di fuoco il Nome di Gesù!

    53 - L'uso pentecostale del Nome, è un solo aspetto del nostro avvicinarci al Sacro Spirito attraverso il Nome di Gesù. Il primo ci guida ad alte e più interiori esperienze dello spirito. Pronunciando il Nome possiamo avere un barlume della relazione tra lo Spirito e Gesù. Vi è un rapporto d'amore tra Gesù e lo Spirito. Nel ripetere il Nome di Gesù ci troviamo all'incrocio, così per dire, dove questi due "movimenti" si incontrano.

    54 - Quando Gesù fu battezzato, "lo Spirito Santo discese sopra di Lui con l'aspetto corporeo di una colomba" (Luca 3, 22). La discesa della colomba è la migliore espressione dell'attitudine dello Spirito verso il Signore. Ora tentiamo, mentre diciamo il Nome di Gesù, di inserirci, se si può dire così, nel movimento di Gesù verso lo Spirito, mentre lo Spirito diretto dal Padre scende in Gesù. Tentiamo di unire noi stessi, per quanto è possibile, a questo volo di colomba ("Oh, avessi io ali di colomba...", Salmo 55, 6), e ai dolci sentimenti espressi dalla sua voce... "La voce della tortorella è stata udita nella nostra terra" (Cantico dei Cantici 2, 12). Prima di fare "intercessione per noi con gemiti ineffabili" (Romani 8, 26), lo Spirito era ed eternamente rimane in amorosa attesa di Gesù. L'Apocalisse mostra lo Spirito insieme alla Sposa (che è la Chiesa), mentre sospirano la venuta del Signore. Quando invochiamo il Nome di Gesù, noi possiamo considerarlo come il sospiro e l'aspirazione dello stesso Spirito Santo, come l'espressione del desiderio e della brama dello Spirito. Potremo così essere ammessi (se ce lo permette la nostra umana e debole capacità) dentro il mistero della relazione di amore tra lo Spirito Santo e il Figlio.

    55 - Complementarmente il Nome di Gesù può aiutarci ad essere in armonia con il vincolo d'amore tra il Signore e lo Spirito. Gesù fu concepito da Maria "di Spirito Santo" (Matteo 1, 20); Egli rimase, durante la sua completa vita terrena (e tuttora) il perfetto ricevitore del Dono; lasciò che lo Spirito prendesse completo dominio di Lui, essendo "fatto crescere dallo Spirito" (Matteo 4, 14). Egli dichiarò "lo Spirito del Signore è sopra di me" (Luca 4, 18). In tutto ciò Gesù mostrò un'umile docilità allo Spirito Santo. Nel pronunciare il Nome di Gesù, noi possiamo (per quanto sia possibile ad un uomo) insieme a Lui divenire obbedienti allo Spirito. Ma possiamo anche unirci a Lui, inserendoci nel punto di irraggiamento dello Spirito che è Cristo: "Egli prenderà ciò che appartiene a me, ve lo donerà..." (Giovanni 16, 15); "Io lo manderò in voi" (Giovanni 16, 7), Possiamo vedere nel Nome di Gesù il fuoco dal quale lo Spirito si irradia nel genere umano: possiamo vedere Gesù come la bocca dalla quale lo Spirito è alitato. Così, nell'implorazione del Nome di Gesù, possiamo associare noi stessi con questi due momenti: il completamento di Gesù con lo Spirito, l'invio dello Spirito da Gesù... Crescere nell'Invocazione del Sacro Nome significa crescere nella conoscenza dello "Spirito del Figlio" (Galati 4, 6).


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    IL NOME DI GESÙ E IL PADRE

    56 - La nostra lettura del Vangelo rimarrà superficiale finché vi vedremo soltanto un messaggio rivolto agli uomini o un genere di vita offerto agli uomini. Il cuore del Vangelo è il misterioso rapporto di Gesù col Padre, il segreto del Vangelo è Gesù rivolto verso Lui. Questo è il mistero fondamentale della vita del Signore. L'invocazione del Nome di Gesù ci può fornire qualche reale, sebbene debole passeggera, partecipazione a questo mistero.

    57 - "In principio era il Verbo" (Giovanni 1, 1). La persona di Gesù è la Parola vivente pronunciata eternamente dal Padre. Come il Nome di Gesù, per una speciale divina dispensazione, è stato scelto per significare la vivente Parola proferita dal Padre, possiamo dire che questo Nome partecipa in una certa misura a questa eterna emissione della Parola. In un modo antropomorfico (facile a correggere) possiamo dire che il Nome di Gesù è l'unico vocabolo umano che il Padre pronuncia da sempre. Il Padre genera eternamente il suo Verbo e dona sempre se stesso attraverso la generazione del Verbo. Se ci sforziamo di avvicinarci al Padre attraverso l'Invocazione del Nome di Gesù, dobbiamo innanzi tutto, pronunciando il Nome, contemplare Gesù come l'oggetto dell'amore e della donazione del Padre. Dobbiamo sentire (nel nostro modo limitato) l'effusione di questo amore e questo dono nel Figlio. Abbiamo visto la colomba discendere sopra di Lui, ascoltiamo ora la voce del Padre: "Tu sei il mio figlio diletto, in Te mi sono compiaciuto" (Luca 3, 22).

    58 - E adesso introduciamoci con umiltà nella coscienza filiale di Gesù. Dopo aver trovato nella parola "Gesù" la dichiarazione del Padre: "Mio Figlio!", Gesù non ha altro scopo che di rivelare il Padre e di esserne il Verbo. Non solo le opere di Gesù, nella vita terrena furono atti di perfetta obbedienza al Padre: "Il mio cibo è nel fare la volontà di colui che mi ha inviato" [Giovanni 4, 34]; non solo la morte sacrificale di Gesù adempie la instancabile domanda dell'Amore (del quale il Padre è la fonte): "Nessuno ha più grande amore di colui che fa gettito della propria vita..." (Giovanni 15, 13), ma tutta l'essenza di Gesù è l'espressione perfetta del Padre. Gesù è "La luminosità della sua gloria, l'immagine manifesta della sua persona (Ebrei 1, 3). "La Parola era in Dio" (Giovanni 1, 1) la traduzione con Dio non è esatta. È questo eterno orientamento del Figlio verso il Padre, il suo eterno rivolgersi a Lui che noi dovremmo esperimentare nel Nome di Gesù. Vi è più nel Sacro Nome che il "volgersi verso il Padre". Nel dire "Gesù" possiamo in qualche misura congiungere il Padre e il Figlio, e comprendere la loro unità rendendola nostra. Nel medesimo momento che pronunziamo il Sacro Nome, Gesù stesso dice a noi come disse a Filippo: "Non credi tu che lo sia nel Padre ed il Padre in me?... Credimi che Io sono nel Padre e il Padre è in Me" (Giovanni 14, 10).


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    IL NOME E LA PIENEZZA TOTALE

    59 - Abbiamo considerato gli aspetti maggiori dell'invocazione del Nome di Gesù, disponendoli secondo una specie di scala ascendente, e crediamo che questa scala corrisponda al normale progresso della vita dell'anima. Comunque Dio che "non dà lo spirito secondo misura" (Giovanni 3, 34), travalica i nostri limiti. I vari aspetti dell'Invocazione non hanno un immutabile ordine: qualunque principiante può essere subito innalzato alla più alta comprensione del contenuto del Nome, mentre un altro, che è stato solerte per anni nell'Invocazione del Nome, può non oltrepassare gli stadi elementari. (Non è questo che importa, l'unica cosa che ha peso è che si faccia ciò che il Signore vuole sia compiuto da noi). Quindi lo schema che abbiamo seguito è in larga misura artificioso e non ha che un valore relativo.

    60 - Ciò è perfettamente chiaro a chiunque abbia avuto qualche esperienza di tutti gli aspetti del Nome qui descritti. A questo punto, il cui raggiungimento non implica necessariamente una perfezione maggiore, ma solo un'acute;zza intellettuale o spirituale, ed agilità di percezione e di discriminazione riguardo le cose di Dio, diviene difficile, anzi artificioso e noioso e qualche volta perfino impossibile, concentrarsi su uno o su un altro aspetto del Nome di Gesù, per quanto nobile possa essere. L'Invocazione e la contemplazione del Sacro Nome diventa allora globale, e noi diveniamo simultaneamente coscienti di tutto il valore del Nome. Allora ripetiamo "Gesù" e troviamo quiete nella pienezza e nella totalità del Nome del Signore; incapaci di disgiungere e di isolare i suoi diversi aspetti, ci sentiamo inclusi come un tutto unificato. Il Sacro Nome porta allora l'intero Cristo e ci introduce nella Sua pienezza totale.

    61 - Questa pienezza totale è più della Presenza di vicinanza e della Presenza di dimora di cui abbiamo parlato. Essa è il dono attuale di tutte le realtà delle quali il Nome era un mezzo di avvicinamento: Salvezza, Incarnazione, Trasfigurazione, Chiesa, Eucaristia, Spirito e Padre. È allora che impariamo "cos'è la larghezza e la lunghezza e la profondità e l'altezza..." (Efesini 3, 18), e comprendiamo cosa significhi "riunire insieme tutte le cose in Cristo" (Efesini 1, 10).

    62 - Questa pienezza totale è tutto. Il Nome non è nulla, senza la pienezza. Colui che è capace di vivere costantemente nella Presenza del Signore, non ha bisogno del Nome. Il Nome non è altro che un incentivo verso la pienezza. Tempo verrà forse, anche qui in terra, quando verrà abbandonato il Nome stesso per divenire liberi da tutto, all'infuori dell'impronunciabile e ineffabile contatto vivente con la Persona di Gesù.

    63 - Quando consideriamo separatamente gli aspetti e l'implicazioni nel Nome di Gesù, la nostra Invocazione del Nome è simile ad un prisma che suddivide un fascio di luce bianca nei vari colori dello spettro. Quando invece noi imploriamo il "Nome totale" (e la pienezza totale), adopriamo invece il Nome come fosse una lente che riceve e concentra questo fascio di luce bianca. Con una lente un raggio del sole può anche dar fuoco ad una sostanza combustibile. Il Sacro Nome è questa lente. Gesù è la luce bruciante che il Nome, fungendo da lente, può unire e dirigere finché un fuoco è acceso entro di noi. "Sono venuto per accendere un fuoco sulla terra..." (Luca 12, 49).

    64 - La Sacra Scrittura spesso promette una benedizione speciale a coloro che invocano il Nome del Signore. Possiamo dire del Nome di Gesù ciò che è stato detto del Nome di Dio. Ripeteremo qui: "Rivolgi a me il tuo sguardo, e sii misericordioso verso di me, come tu fosti con coloro che amano il Tuo Nome" (Salmo 119, 132). E che di ognuno di noi Dio possa dire ciò che disse di Paolo: "Egli è un vaso eletto da me, per portare il mio Nome" (Atti 9, 15). Amen.


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