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Novelle

di Leonardo da Vinci

Il rasoio vanitoso e borioso.
Uscendo un giorno il rasoio di quel manico col quale si fa guaina a sé medesimo, e postosi al sole, vide lo sole specchiarsi nel suo corpo: della qual cosa prese somma groria, e rivolto col pensiero indirieto, cominciò con seco medesimo a dire: Or tornerò io più a quella bottega, della quale novamente uscito sono? Certo no. Non piaccia agli Dei, che sì splendida bellezza caggia in tanta viltà d'animo! Che pazzia sarebbe quella la qual mi conducessi a radere le insaponate barbe de' rustichi villani e fare sì meccaniche operazione? Or è questo corpo da simili esercizi? Certo no. Io mi voglio nascondere in qualche occulto loco, e lì con tranquillo riposo passare la mia vita.
E così, nascosto per alquanti mesi, un giorno ritornato all'aria, e uscito fori della sua guaina, vide sé essere fatto a similitudine d'una rugginente sega, e la sua superficie non ispecchiare più lo splendente sole, Con vano pentimento indarno pianse lo inreparabile danno, con seco dicendo: O quanto meglio era esercitare col barbiere il mi' perduto taglio di tanta sottilità.
Dov'è la lustrante superfizie? Certo la fastidiosa e brutta ruggine l'ha consumata.
Questo medesimo accade nelli ingegni, che 'n iscambio dello esercizio, si dànno all'ozio, i quali, a similitudine del sopradetto rasoio, perde la tagliente sua suttilità e la ruggine dell'ignoranzia guasta la sua forma.

La pietra scontenta della sua vita solitaria.
Una pietra novamente per l'acque scoperta, di bella grandezza, si stava sopra un certo loco rilevata, dove terminava un dilettevole boschetto sopra una sassosa strada, in compagnia d'erbette, di vari fiori di diversi colori ornata, e vedea la gran somma delle pietre che nella a sé sottoposta strada collocate erano.
Le venne desiderio di la giù lasciarsi cadere, dicendo con seco: Che fo qui con queste erbe? Io voglio con queste mie sorelle in compagnia abitare. E giù lassatosi cadere infra le desiderate compagne, finì il suo volubile corso; e stata alquanto cominciò a essere da le rote de' carri, dai piè de' ferrati cavalli e de' viandanti, a essere in continuo travaglio; chi la volta, quale la pestava, alcuna volta si levava alcuno pezzo, quando stava coperta dal fango o sterco di qualche animale, e invano riguardava il loco donde partita s'era, innel loco della soletaria e tranquilla pace.
Così accade a quelli che nella vita soletaria e contemplativa vogliano venir a abitare nelle città, infra i popoli pieni d'infiniti mali.