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   L'Occidente a un bivio

4/28/2004
L’ ora fatale è scoccata. Gli Stati Uniti dando fine ad un lungo e spregiudicato gioco delle parti hanno deciso .Attaccato l’ Irak, Saddam Hussein sarà definitivamente messo fuori gioco, e il mondo liberato dalla sua minaccia. Posto in questo modo l’ intervento armato ci appare necessario e lo scenario delineato sembra chiarissimo,cristallino direi. Se non fosse tragica sarebbe persino avvincente questa saga familiare con i Bush intenzionati a più riprese a liberarci dal “mostro del Golfo”. Indubbiamente il rais di Baghdad è un tiranno crudele e sanguinario,ma è questo il punto? Siamo certi che si stia consumando l’ ennesima resa dei conti tra il bene e il male? Davvero la minaccia irachena può giustificare un conflitto contro gli interessi del mondo, e per di più senza l’ appoggio del mondo? Ci spiace, ma non ci convince. Volendo esulare dai più triti stereotipi su antiamericanismo e pacifismo, è tutta la vicenda che rappresenta un’ offesa all’ intelligenza dell’opinione pubblica mondiale. E non meno preoccupanti sono poi le premesse e le possibili conseguenze. E’ il quadro politico infatti che ci spaventa. Innanzitutto l’arrogante unilateralismo dell’attuale amministrazione statunitense, poi la costruzione di un sistema di alleanze utilitaristico e volutamente precario, con coalizioni occasionali volte ad estendere, non tanto democrazia e diritti, ma più prosaicamente un duraturo predominio strategico nello scacchiere mediorientale. Dulcis in fundo la teoria della “guerra preventiva”; un principio aberrante , pericolosissimo, che non sortirebbe altro effetto che quello di insanguinare e destabilizzare aree geografiche afflitte già da gravissimi problemi. Il ricorso alla guerra deve essere necessariamente legato ad una emergenza, ad una contingenza, non può essere assunto come normale strumento politico per perseguire i propri interessi. Le grandi scelte dell’umanità devono fare i conti con dei grandi bivi. L’ Europa e l’ America sono ad uno di questi. Gli Stati Uniti puniscono ,ovunque si annidino, gli efferati terroristi di Al Qaeda , l’Europa dovrà allora imbracciare le armi in aiuto dell’alleato ferito; gli Stati Uniti si imbarcano in un’impresa sciagurata e perlopiù spinta da motivazioni tutt’altro che edificanti, beh, a questo punto mi sarebbe piaciuto che il nostro e tutti gli altri paesi del continente avessero detto no, con fierezza, con orgoglio, con la schiena dritta. Ci saremmo auspicati un Europa neutrale,ma non inerte,bensì attiva e fattivamente impegnata nel confronto culturale e nella mediazione politica. L’ America è certamente una grande nazione, ed è tale con le sue luci e le sue ombre, ma è anche un paese giovane. La democrazia che fin dalle sue origini la governa ha trovato sempre una straordinaria capacità di coesione nei momenti decisivi; il ricorso alla forza “tout court” di fronte ai pericoli, di qualunque natura essi siano e da qualsiasi parte provengano, rappresentano un tratto antropologico-culturale di questo popolo. L’ Europa no . L’Europa ha una storia antichissima e le divisioni quando affiorano sono spesso il frutto di conflitti nutriti e sedimentatisi attraverso i secoli. Ma proprio per questo ha il dovere storico di una maggiore saggezza. L’ Europa ha l’imperativo morale di portare avanti un altro modello di civiltà e di sensibilità collettiva; deve solo trovare la forza e il coraggio politico di attuarlo. I paesi europei non dovrebbero nè sostenere aprioristicamente gli USA, nè cedere di fronte alla violenza del terrorismo islamico, ma stare con la giustizia , e coltivare il senso del giusto. Se l’America muterà atteggiamento nei confronti del mondo musulmano e smetterà di confondere la difesa del suo popolo con la vendetta indiscriminata, vorrà dire che l’ Occidente libero e democratico diventerà finalmente una realtà sostanziale, un mondo a “democrazia reale”, alfiere di progresso e di civiltà, ma se gli Stati Uniti aprissero uno scontro permanente, io spero che l’Europa possa a quel punto sviluppare una posizione autonoma, agire come un soggetto politico, e soprattutto non lasciare nulla d’intentato per scongiurare le stesse guerre che per secoli ha duramente vissuto sulla sua pelle.