Fides et ratio
Ioannes Paulus PP. II
1998 09 14
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La ripresa dei contatti

 

52. Per quanto riguarda la Chiesa di Roma e il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, il processo a cui abbiamo appena fatto cenno ha preso avvio grazie alla reciproca apertura mostrata dai Papi Giovanni XXIII e Paolo VI, da una parte, e dal Patriarca ecumenico Athenagoras I e dai suoi successori, dall'altra. Il mutamento operato ha la sua espressione storica nell'atto ecclesiale per il cui tramite "si è tolto dalla memoria e dal mezzo delle Chiese"84 il ricordo delle scomuniche che novecento anni prima, nel 1054, erano diventate simbolo dello scisma tra Roma e Costantinopoli. Quell'evento ecclesiale, tanto denso di impegno ecumenico, avvenne negli ultimi giorni del Concilio, il 7 dicembre del 1965. L'assise conciliare si concludeva così con un atto solenne che era al tempo stesso purificazione della memoria storica, perdono reciproco e solidale impegno per la ricerca della comunione.

Questo gesto era stato preceduto dall'incontro di Paolo VI e del Patriarca Athenagoras I a Gerusalemme, nel gennaio del 1964, durante il pellegrinaggio del Papa in Terra Santa. In quell'occasione egli poté anche incontrare il Patriarca ortodosso di Gerusalemme, Benedictos. In seguito, Papa Paolo poteva far visita al Patriarca Athenagoras al Fanar (Istanbul) il 25 luglio del 1967 e, nel mese di ottobre dello stesso anno, il Patriarca era accolto solennemente a Roma. Questi incontri nella preghiera additavano la via da seguire per il riavvicinamento tra la Chiesa d'Oriente e la Chiesa d'Occidente ed il ristabilimento dell'unità che esisteva tra loro nel primo millennio.

Dopo la morte di Papa Paolo VI ed il breve pontificato di Papa Giovanni Paolo I, quando mi è stato affidato il ministero di Vescovo di Roma, ho ritenuto che fosse uno dei primi doveri del mio servizio pontificio rinnovare un personale contatto con il Patriarca ecumenico Dimitrios I, il quale aveva nel frattempo assunto, nella sede di Costantinopoli, la successione del Patriarca Athenagoras. Durante la mia visita al Fanar il 29 novembre del 1979, potemmo, il Patriarca ed io, decidere di inaugurare il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e tutte le Chiese ortodosse in comunione canonica con la sede di Costantinopoli. Sembra importante aggiungere, a questo proposito, che allora erano già in corso i preparativi per la convocazione del futuro Concilio delle Chiese ortodosse. La ricerca della loro armonia è un contributo alla vita e alla vitalità di quelle Chiese sorelle, e ciò anche in considerazione della funzione che esse sono chiamate a svolgere nel cammino verso l'unità. Il Patriarca ecumenico ha voluto restituirmi la visita che gli avevo reso, e nel dicembre del 1987 ho avuto la gioia di accoglierlo a Roma, con affetto sincero e con la solennità che gli era dovuta. In questo contesto di fraternità ecclesiale, va ricordata la consuetudine, ormai stabilita da vari anni, di accogliere a Roma, per la festa dei santi apostoli Pietro e Paolo, una delegazione del Patriarcato ecumenico, così come di inviare al Fanar una delegazione della Santa Sede per la solenne celebrazione di sant'Andrea.

 

53. Questi regolari contatti permettono tra l'altro uno scambio diretto di informazioni e di pareri per un fraterno coordinamento. D'altra parte, la nostra reciproca partecipazione alla preghiera ci riabitua a vivere fianco a fianco, ci induce ad accogliere insieme, e dunque a mettere in pratica, la volontà del Signore per la sua Chiesa.

Lungo il cammino che abbiamo percorso dal Concilio Vaticano II in poi, vanno menzionati almeno due eventi particolarmente eloquenti e di grande rilevanza ecumenica nelle relazioni tra Oriente ed Occidente: in primo luogo, il Giubileo del 1984, indetto per commemorare l'XI centenario dell'opera evangelizzatrice di Cirillo e Metodio e che mi ha permesso di proclamare compatroni d'Europa i due santi apostoli degli Slavi, messaggeri di fede. Già Papa Paolo VI nel 1964, durante il Concilio, aveva proclamato san Benedetto patrono d'Europa. Associare i due Fratelli di Tessalonica al grande fondatore del monachesimo occidentale vale a mettere indirettamente in risalto quella duplice tradizione ecclesiale e culturale tanto significativa per i duemila anni di cristianesimo che hanno caratterizzato la storia del continente europeo. Non è quindi superfluo ricordare che Cirillo e Metodio provenivano dall'ambito della Chiesa bizantina del loro tempo, epoca durante la quale essa era in comunione con Roma. Nel proclamarli, assieme a san Benedetto, patroni d'Europa, desideravo non soltanto confermare la verità storica sul cristianesimo nel continente europeo, ma anche fornire un importante tema a quel dialogo tra Oriente ed Occidente, che tante speranze ha suscitato nel dopo Concilio. Come in san Benedetto, nei santi Cirillo e Metodio l'Europa ritrova le sue radici spirituali. Ora che volge al termine il secondo millennio dalla nascita di Cristo, essi debbono essere venerati insieme, come patroni del nostro passato e come santi ai quali le Chiese e le nazioni del continente europeo affidano il loro avvenire.

 

54. L'altro evento che mi piace richiamare alla mente è la celebrazione del Millennio del Battesimo della Rus' (988-1988). La Chiesa cattolica, ed in modo particolare la Sede Apostolica, hanno voluto prendere parte alle celebrazioni giubilari ed hanno cercato di sottolineare come il Battesimo conferito a Kiev a san Vladimiro sia stato uno degli eventi centrali per l'evangelizzazione del mondo. Ad esso debbono la loro fede non soltanto le grandi nazioni slave dell'Est europeo, ma anche quei popoli che vivono oltre i monti Urali e fino all'Alaska.

In questa prospettiva, un'espressione che ho più volte adoperato trova il suo motivo più profondo: la Chiesa deve respirare con i suoi due polmoni! Nel primo millennio della storia del cristianesimo essa si riferisce soprattutto alla dualità Bisanzio-Roma; dal Battesimo della Rus' in poi, tale espressione dilata i suoi confini: l'evangelizzazione si è estesa ad un ambito ben più vasto, così che essa abbraccia ormai l'intera Chiesa. Se si considera poi che tale evento salvifico, avvenuto lungo le sponde del Dniepr, risale ad una epoca durante la quale la Chiesa in Oriente e quella in Occidente non erano divise, si comprende chiaramente come la prospettiva secondo la quale la piena comunione va ricercata sia quella dell'unità nella legittima diversità. È quanto ho affermato con forza nell'Epistola enciclica Slavorum apostoli85 dedicata ai santi Cirillo e Metodio e nella Lettera apostolica Euntes in mundum86 diretta ai fedeli della Chiesa cattolica nella commemorazione del Millennio del Battesimo della Rus' di Kiev.

 




84 Cfr. Dichiarazione comune del Papa Paolo VI e del Patriarca di Costantinopoli Athenagoras I (7 dicembre 1965): Tomos agapis, Vatican-Phanar (1958-1970), Roma-Istanbul 1971, pp. 280-281.



85 Cfr. AAS 77 (1985), 779-813.



86 Cfr. AAS 80 (1988), 935-956; cfr. anche Lett. Magnum Baptismi donum (14 febbraio 1988): AAS 80 (1988), 988 -997.






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