COSA C'E' NELLA SCATOLA?

di Filosofabio



“In complesso può darsi che siate invero uomini superiori - continuò Zarathustra - ma per me non siete né alti né forti abbastanza”.F.W.Nietzche

 

Quasi tutti conoscono, chi a grandi lineee, chi più analiticamente, come si svolsero gli eventi durante quel grande fenomeno della storia che prende il nome di "Rivoluzione Francese". Alcuni, studiosi più curiosi ed attenti degli altri, ne conoscono anche diversi retroscena privati e di costume, ma io credo di poter affermare con una certa sicurezza che si possano contare sulle dita di una mano le persone a conoscenza della storia che sto per raccontarvi.

Quel giorno, in un mese non ulteriormente precisato del 1774, il futuro Luigi XVI attendeva con una certa impazienza seduto su un fastoso divano della reggia di Versailles, nell'anticamera dell'appartamento del sovrano, Luigi XV. Un altissimo e attempato funzionario, che aveva visto innumerevoli volte ma del quale proprio non gli riusciva di rammentare il nome, lo introdusse nella stanza attigua con queste parole: "Sua Maestà ora può riceverla, signore."

Sua Maestà ora può riceverla, ripetè fra sè il ragazzo, come se fossi stato io a chiedergli udienza! E' lui che mi ha fatto chiamare, è lui ad aver dichiarato di avere una sorpresa per me, e ora mi tocca anche di fare l'anticamera!

Suo nonno acquisito era comodamente adagiato sull'imponente letto a baldacchino, e nei suoi occhi era possibile leggere una brillantezza fuori del comune. Doveva essere veramente qualcosa di particolare. Apparentemente il re non nascondeva nulla di ingombrante. Senza perdersi in convenevoli, cominciò il suo discorso:

"Figliolo", disse, "come tu sai sei l'erede al trono; le mie condizioni mi fanno intuire che il passaggio delle consegne avverrà piuttosto presto, così, probabilmente entro l'anno, sarai tu a proseguire e a mantenere viva e gloriosa la dinastia dei Borboni di Francia. Per questo motivo io ritengo sia giusto svelarti un segreto che appartiene alla nostra famiglia da ben quattro generazioni di regnanti."

Detto ciò, mostrò la mano che durante quel preambolo aveva tenuto dietro la schiena. Racchiudeva una scatola cubica, di non grandi dimensioni. Il materiale che la costituiva era certamente legno, ed era interamente decorata a mano con i motivi più vari.

"Questa scatola", continuò il sovrano, "fu consegnata dal nostro illustrissimo avo Enrico IV al figlio, Luigi XIII, detto "Il Giusto" e da lui passò nelle mani del mio bisnonno Luigi XIV, il grande Re Sole, il quale me la ha personalmente affidata poco prima che mi fosse rimesso il suo mandato. Ogni membro della nostra famiglia l'ha gelosamente custodita, dandola poi al proprio successore in prossimità della sua assunzione al trono. Essa era considerata da Enrico un potentissimo talismano, e tale è rimasto anche per noi che l'abbiamo ricevuta. Infatti, la peculiarità di questo passaggio di consegne, sta nel fatto che ognuno di noi ha sempre saputo che all'interno di questa scatola è contenuto qualcosa, ma nessuno l'ha mai aperta. Come puoi vedere, essa non ha aperture, e il suo contenuto potrebbe essere visto solo rompendola. Ma romperla significherebbe automaticamente annullarne il potere, e forse attirare su di sè e sui propri discendenti qualche tremenda sciagura. Anche tu come noi tutti hai il compito di conservarla intatta, senza mai aprirla, e di consegnarla poi al tuo successore al momento opportuno."

Quando ebbe l'oggetto fra le mani, il giovane erede al trono si accorse che la sua superficie non era completamente liscia come sembrava, ma presentava una miriade di minuscoli intarsi che seguivano i motivi delle decorazioni. Ringraziò il nonno, anche se francamente non lo riteneva un regalo così eccitante, e andò nei suoi appartamenti. Seduto sul letto, rigirava la scatola fra le mani tentando di capire cosa rappresentassero le sue decorazioni. Concluse che dovessero essere motivi senza un significato particolare. Poi la agitò vicino all'orecchio. Qualcosa di molto leggero, il cui rumore contro le pareti dell'involucro era a malapena percettibile, ballonzolava all'interno. L'oggetto lo incuriosiva. Sarebbe riuscito a mantenere il voto di non aprirla? Pensava di si.

MAGGIO 1789

Luigi XVI camminava freneticamente su e giù per la stanza, torcendosi le mani. "Oh, Necher, Necher!", esplose con tono acuto e piagnucolante, "Questa è una bella gatta da pelare. Mi chiedono di convocare gli Stati Generali, ma se sono quasi duecento anni che non lo si fa più! Quando è stata l'ultima volta?" "Nel 1614 mi pare, signore", rispose il ministro. "Ecco, appunto, nel 1614! E dopo tutto questo tempo loro vengono da me, a chiedermi di ripristinare un istituto ormai in disuso. Oh, questo non sarebbe mai successo al Re Sole!" "Con rispetto parlando, sire, credo che data la gravità della situazione economica e sociale, sia opportuno accordare quanto richiesto.", fu il commento dell'altro. "E sia", intervenne il re, "concediamoglielo, e che Dio, cioè io, ce la mandi buona!"

Il suo tono, che come la maggior parte delle volte non era fermo nè autoritario, migliorò quando Luigi infilò la mano sotto la giacca. Pareva toccasse qualcosa, e che da quel qualcosa traesse conforto.

14 LUGLIO 1789

"La Bastiglia è presa, Sua Maestà!" L'annuncio turbò profondamente il sovrano. Negli ultimi due mesi il rapido e incontrollato susseguirsi degli eventi lo aveva fatto invecchiare di due anni. Sembrava che il suo viso imbellettato dovesse andare in frantumi da un momento all'altro. "Roba da non credere! Chi avrebbe potuto aspettarsi una cosa del genere? Il popolo insorge per l'aumento del pane? E' comprensibile. Ma che insorga per l'allontanamento di un ministro è il colmo. Quel Necher non aveva fatto altro che procurarci guai, e ora che me ne sono liberato, la gente accorre in suo soccorso. Da quando in qua i contadini si occupano di politica? Stiamo passando ogni limite. Prima l'istituzione di quella diavoleria, la <>, e ora questo! Di questo passo saremo costretti fra breve a sedere allo stesso tavolo con i mendicanti!" Mentre dava sfogo ai propri tormenti, il re rigirava nelle sue tasche la scatola, ma non ne traeva più i benefici di un tempo. In cuor suo cominciava a dubitare del suo magico effetto.

7 OTTOBRE 1789

Luigi XVI stava completando la propria vestizione. Tutto era pronto per il trasferimento. I fatti del giorno precedente lo avevano sconvolto. Ricordava perfettamente la sensazione di estremo terrore che lo aveva colto quando, dalle finestre del suo appartamento, aveva visto la folla inferocita trucidare le guardie svizzere. Per un momento, il momento più lungo della sua vita, era stato sicuro che la gente avrebbe sfondato le porte delle sue stanze, lo avrebbe travolto, calpestato, dilaniato o squoiato vivo proprio lì, nella sua reggia, da dove per secoli la sua dinastia aveva regnato sulla Francia intera. Allora aveva veramente rischiato che la sua vescica lo tradisse. Non gli era mai capitato prima. Era caduto in ginocchio e aveva iniziato a singhiozzare. Poi però aveva visto la sua scatola. Immediatamente si era alzato, l'aveva presa dal mobile sul quale era riposta, l'aveva stretta a sè e aveva.... pregato? Non ne era sicuro. Però piano piano aveva riacquistato il controllo. Un nuovo vigore aveva preso a scorrergli nelle vene. Aveva aperto la porta e si era disposto ad attendere con fermezza la propria fine. Il sovrano di Francia non sarebbe morto piagnucolando, ma combattendo, se fosse stato necessario. Poi, questo lo ricordava sufficientemente bene, era intervenuto Talleyrand, e quelli si erano calmati. Ma avevano preteso che lui se ne andasse. Lui, Re Luigi XVI, era costretto a fuggire a Parigi come un topo. Bussarono alla porta. "Avanti", disse. "La carrozza per le Tuileries è pronta, Maestà", annunciò Roereder. "Lo sono anch'io", rispose, e s'incamminò, con la sua scatola nella tasca.

20 APRILE 1792

Era di buon umore come non gli capitava da tempo, quel giorno. Aveva appreso della decisione dell'Assemblea Legislativa di votare la guerra all'Austria. In cuor suo lo aveva sperato ardentemente. Al fianco dell'Austria sarebbe intervenuta senz'ombra di dubbio la Prussia, e la vittoria dei loro nemici era praticamente assicurata. A questa sarebbe seguita la sua restaurazione al trono, e tutto sarebbe tornato nella normalità. Questo fatto gli aveva ridato fiducia. Forse era venuto il tempo della risalita. Ripensò a quante volte era andato vicino a fracassare la scatola. Dopo l'episodio del Talleyrand, in cui gli era sembrato di subirne l'effetto positivo, una serie interminabile di accadimenti negativi gli aveva fatto maledire l'oggetto. Ricordava che una volta, in un impeto d'ira, l'aveva scagliata contro la parete della propria stanza. Per fortuna non si era rotta. Se fosse accaduto, probabilmente non avrebbe mai più assaporato il dolce gusto della rinnovata speranza. Aprì la finestra e lasciò che i raggi del Sole inondassero il suo viso. Sorrise.

10 AGOSTO 1792

Bisognava fare presto. Le minacce austro-prussiane nei confronti di chiunque attentasse alla sua reale persona, invece di rabbonire il popolo, l'aveva fatto imbestialire maggiormente contro di lui. Lo chiamavano <>. La folla si era impadronita del municipio e ora si dirigeva verso gli appartamenti reali. Doveva cercare una via di scampo. L'unica che gli veniva in mente era L'Assemblea. Si, si sarebbe rifugiato presso l'Assemblea Legislativa. Loro l'avrebbero protetto. Dovevano proteggerlo. In fondo era ancora il re di Francia. Si diresse a passo spedito verso i corridoi, ma quando ebbe percorso già molte decine di metri si accorse che non l'aveva con sè. Sentiva le urla della folla, le spade che si incrociavano. Sentiva i rumori della morte. Che fare? Forse il tempo di tornare indietro non c'era. Tornare sui propri passi o mettersi in salvo? Decise che avrebbe rischiato. Si gettò in una folle corsa, liberandosi passo passo di quegli indumenti troppo voluminosi che erano d'intralcio al suo incedere affannoso. La vide. La prese. Corse nuovamente. Ora era solo in una piccola camera. Lo avevano sospeso dalle sue funzioni. Era ancora virtualmente il Re, ma non lo era più realmente. E per di più di lì a poco lo avrebbero trasferito nella prigione del Tempio, con tutta la sua famiglia. Ma C'era di peggio. Milioni di persone bramavano di veder rotolare la sua testa nella cesta. Ecco a cosa era servita la sua dannata scatola! Incominciò a sbatterla contro il bracciolo della propria sedia con inaudita violenza. "Ora sarà svelato il grande mistero!", urlò sarcasticamente. Dopo qualche tentativo l'involucro cedette. Una profonda crepa si era dapprima formata su uno dei lati del cubo, poi l'intera struttura era andata in pezzi. Luigi ne teneva finalmente fra le mani il contenuto. Era una piccola pergamena. Il continuo fremito delle sue mani rese più complicato del previsto l'atto di srotolarla. Finalmente ce la fece. Con lacrime di rabbia che gli offuscavano gli occhi e la mente lesse:

Tu non sei diverso dagli altri. Questo è il grande segreto, la somma verità. Non hai ricevuto nessuno speciale mandato da Dio. Non sei superiore a nessuno di loro. La tua curiosità ne è testimone. Sei, e resterai sempre, semplicemente un uomo. La porta fu aperta.

Venivano a prenderlo.