home page
pagina iniziale |
by |
|
François-René de Chateaubriand
René
2
RENÉ
Arrivato presso i NatchezRené aveva dovuto prendersi una moglieperconformarsi alle
usanze indiane; ma non viveva con lei. Un'inclinazione melanconica lotrascinava in fondo ai
boschi; vi passava da solo intere giornatee sembrava un selvaggio tra iselvaggi. All'infuori di
Chactassuo padre adottivoe di padre Souëlmissionario al forte Rosalieegli aveva rinunciato a
frequentare i suoi simili. Quei due vecchi avevano molta influenza sul suocuore: il primoa causa
della sua amabile indulgenza; l'altroal contrarioper la sua estremaseverità. Dopo la caccia al
castoroquando il Sachem cieco raccontò a René le sue avventurequestinon aveva mai più voluto
parlare delle sue. Tuttavia Chactas e il missionario desideravano vivamenteconoscere quale
disgrazia avesse spinto un europeo di buona famiglia alla strana decisione diseppellirsi nei deserti
della Louisiana. Come motivo del suo rifiutoRené aveva sempre portato loscarso interesse della
sua storiache si limitavadicevaai suoi pensieri e ai suoi sentimenti.«Quanto all'avvenimento che
mi ha convinto a venire in America»aggiungeva«devo seppellirlonell'oblio eterno».
Trascorsero così alcuni annisenza che i due vecchi potessero strappargliil suo segreto. Ma
una lettera che ricevette dall'Europatramite l'ufficio delle Missionistraniereaumentò a tal punto la
sua tristezza che si mise a fuggire perfino i vecchi amici. Ciò li reseancora più solleciti nel
convincerlo ad aprir loro il cuore; vi misero tanta discrezionedolcezza eautoritàche alla fine fu
costretto a soddisfarli. Diede dunque appuntamento per raccontarenon leavventure della sua vita
poiché non ne aveva avutema i segreti sentimenti della sua anima.
Il 21 di quel mese che i selvaggi chiamano la luna dei fioriRené sirecò nella capanna di
Chactas. Diede il braccio al Sacheme lo condusse sotto un laurosulle rivedel Meschacebé. Padre
Souël non tardò ad arrivare all'appuntamento. Si levava l'aurora: un po'più in lànella pianurasi
scorgeva il villaggio dei Natchezcon il suo boschetto di gelsi e le suecapanne che sembrano
alveari d'api. Sulla riva destra del fiume si vedevano la colonia francese eil forte Rosalie. Tende
case costruite a metàabbozzi di fortezzecampi dissodati pieni di negrigruppi d'Indiani e di
bianchitutto in quel breve spazio rappresentava il contrasto tra i costumicivilizzati e quelli
selvaggi. Verso orientein fondo all'orizzonteiniziava ad apparire ilsoletra le cime spezzate degli
Apalachi che disegnavano caratteri azzurri nelle altezze dorate del cielo; aoccidenteil Meschacebé
faceva correre le sue onde in un magnifico silenzioformando coninconcepibile grandezza la
cornice del dipinto.
Il giovane e il missionario ammirarono per un po' quella bella scenacommiserando il
Sachem che non poteva più goderne; quindipadre Souël e Chactas sisedettero sull'erbaai piedi
dell'albero; René prese posto in mezzo a loro edopo un istante disilenziocosì parlò ai suoi vecchi
amici:
«Non posso impedirmicominciando questo raccontoun moto di vergogna. Lapace dei
vostri cuoririspettabili vegliardie la calma della natura attorno a memi fanno arrossire per il
turbamento e l'agitazione della mia anima.
Quanta pena vi farò! Come vi sembreranno miserabili le mie eterneinquietudini! Voiche
avete esaurito tutti i dolori della vitacosa potrete pensare di un giovaneprivo di forze e di virtù
che trova tormento in se stessoe non può lamentarsi che dei mali che siprocura da solo? Ahimè
non condannateloè stato anche troppo punito!
Venendo al mondo sono costato la vita di mia madre; mi hanno estratto dal suoseno con il
ferro. Avevo un fratellobenedetto da mio padre che vedeva in lui ilprimogenito. Quanto a me
affidato di buon'ora a mani estraneefui allevato lontano dal tetto paterno.
Avevo un umore impetuoso e un carattere incostante. Di volta in volta focosoe allegro
silenzioso e tristeradunavo attorno a me i miei giovani compagni; poidopoaverli3
improvvisamente abbandonatiandavo a sedermi in disparte per contemplare lanuvola in fugao
per udire la pioggia che cade sul fogliame.
Ogni autunno tornavo al castello di mio padreposto in mezzo alla forestavicino a un lago
in una remota provincia.
Timido e impacciato davanti a mio padrenon ritrovavo la scioltezza el'allegria che accanto
a mia sorella Amelia. Una dolce somiglianza d'umore e di gusti mi univastrettamente a quella
sorellache era un po' maggiore di me. Ci piaceva inerpicarci insieme sullecollineremare sul lago
attraversare i boschi quando cadono le foglie: il ricordo di quellepasseggiate riempie ancora di
delizie la mia anima. O illusioni dell'infanzia e della patriaquandoperderete la vostra dolcezza?
A volte camminavamo in silenzioprestando ascolto al cupo brontoliodell'autunnoo al
rumore delle foglie secche che trascinavamo tristemente sotto i nostri passi;a voltenei nostri
giochi innocentiinseguivamo la rondine nella praterial'arcobaleno sullecolline piovose; ci
capitava anche di sussurrare versi ispirati dallo spettacolo della natura.Giovanecoltivavo le Muse;
non c'è niente di più poeticonello sbocciare delle passionidi un cuoredi sedici anni. Il mattino
della vita è come il mattino del giornopieno di purezzadi immagini e diarmonie.
Le domeniche e i giorni di festa ho spesso udito nel grande boscoattraversogli alberiil
suono lontano di una campana che chiamava al tempio gli uomini dei campi.Appoggiato al tronco
di un olmoascoltavo in silenzio quel pio mormorio. A ogni fremito delbronzo arrivavano alla mia
anima ingenua l'innocenza dei costumi campagnolila calma della solitudineil fascino della
religionee la piacevole malinconia dei ricordi della mia prima infanzia.Oh! Quale cuoreper
quanto snaturatonon ha trasalito al rumore delle campane del paese natiodi quelle campane che
fremettero di gioia sulla sua cullache annunciarono il suo avvento nellavitache segnalarono il
primo battito del suo cuoreche diffusero in ogni luogo attorno la santaallegria di suo padrei
dolori e le gioie ancora più ineffabili della madre! Tutto si ritrova nellefantasticherie incantate in
cui ci immerge il suono della campana natale: religionefamigliapatrialaculla e la tombail
passato e l'avvenire.
È vero che io e Amelia godevamo più di chiunque di quelle idee gravi etenereperché tutti e
due avevamo in fondo al cuore un po' di tristezza: ci venisse questo da Dio oda nostra madre.
Poi mio padre fu colpito da una malattia che in pochi giorni lo condusse allatomba. Mi spirò
tra le braccia. Imparai a conoscere la morte sulle labbra di chi mi avevadato la vita.
Quell'impressione fu grandee dura tutt'oggi. È la prima volta che l'ideadell'immortalità mi si è
presentata con chiarezza davanti agli occhi. Non riuscii a credere che quelcorpo inanimato fosse
l'autore del pensiero che era in me: sentivo che la fonte doveva essereun'altra; e in un santo dolore
che era vicino alla gioiasperai di ricongiungermi un giorno allo spirito dimio padre.
Un altro avvenimento mi confermò in quell'idea profonda. L'espressione dimio padre nella
bara aveva preso qualcosa di sublime. Perché questo stupefacente mistero nonpotrebbe essere il
segno della nostra immortalità? Perché la morte che tutto sanon potrebbeincidere sulla fronte della
sua vittima i segreti di un altro mondo? Perché nella tomba non dovrebbeesserci una grandiosa
visione dell'eternità?
Ameliaschiacciata dal doloresi era ritirata in fondo a una torreda doveudiva risuonare
sotto le volte di un castello goticoil canto dei preti in processione e isuoni della campana funebre.
Accompagnai mio padre alla sua ultima dimora; la terra si richiuse sulla suaspoglia; eternità
e oblio lo premettero con tutto il loro peso; quella sera stessal'indifferente sarebbe passato sulla sua
tomba; tranne che per sua figlia e suo figlioera già come se non fosse maiesistito.
Dovemmo lasciare il tetto paternodivenuto eredità di mio fratello: miritirai con Amelia in
casa di anziani parenti.
Fermo all'ingresso delle ingannevoli strade della vitaio le consideravo unadopo l'altra
senza osare percorrerle. Spesso Amelia mi intratteneva sulla felicità dellavita religiosa; mi diceva
che ero il solo legame a trattenerla nel mondoe i suoi occhi mi fissavanocon tristezza.
Con il cuore commosso da quelle pie conversazionidirigevo sovente i mieipassi verso un
monasteronon lontano dalla mia nuova abitazione; per un momento ebbipersino la tentazione di4
nascondervi la mia vita. Fortunati quelli che hanno terminato il loro viaggiosenza aver lasciato il
portoe che non hannocome metrascinato i loro inutili giorni sullaterra!
Gli Europeiperennemente inquietisono costretti a costruirsi degli eremi.Più il nostro
cuore è tumultuoso e infuocatopiù ci attirano la calma e il silenzio.Questi ospizi del mio paese
aperti agli sventurati e ai debolisi trovano spesso nascosti dentro valloniche inviano al cuore il
vago sentimento della disgrazia e la speranza di un rifugio; a volte però lisi scopre in luoghi alti
dove l'anima religiosacome una pianta di montagnasembra innalzarsi alcielo per offrirgli i suoi
profumi.
Vedo ancora la maestosa mescolanza di acque e di boschi di quell'anticaabbazia dove
pensai di sottrarre la mia vita ai capricci del destino; ancoraal declinaredel giornovagabondo per
i suoi chiostri che risuonano solitari. Quando la luna rischiarava a metà ipilastri delle arcate
disegnando la loro ombra sul muro di frontemi fermavo a contemplare lacroce che indicava il
camposantoe l'erba alta che cresceva tra le pietre delle tombe. O uominiche avendo vissuto
lontano dal mondosiete passati dal silenzio della vita al silenzio dellamortedi quale disgusto per
la terra le vostre tombe non riempivano il mio cuore!
Sia per naturale incostanzasia per pregiudizio contro la vita monasticamutai i miei
progetti; presi la decisione di viaggiare. Dissi addio a mia sorella; lei mistrinse tra le sue braccia
con un gesto che sembrava di gioiacome se fosse stata contenta dilasciarmi; io non potei
impedirmi un'amara riflessione sull'instabilità delle amicizie umane.
Quindipieno d'ardoremi gettai solo nel tempestoso oceano del mondodicui ignoravo i
porti e gli scogli. Prima visitai i popoli che non ci sono più; andai asedermi sulle rovine di Roma e
della Grecia: paesi di robusta e ingegnosa memoriadove i palazzi giaccionosepolti nella polveree
i mausolei dei re nascosti sotto i rovi. Forza della naturae debolezzaumana: spesso un filo d'erba
fora il marmo più duro di quelle tombeche tutti quei morti così potentinon potranno mai sollevare!
A volte appariva un'alta colonnasola nel desertocome un grande pensierochedi quando
in quandosi erge in un'anima che il tempo e l'infelicità hanno devastato.
Meditai su quei monumenti in tutte le circostanze e in tutte le ore dellagiornata. Lo stesso
sole che aveva visto gettare le fondamenta di quelle cittàtramontavamaestosamente davanti ai
miei occhi sulle loro rovine; e la luna che si alzava nella purezza delcielotra due urne funerarie
spezzate a metàmi mostrava le pallide tombe. Spesso ai raggi diquell'astro che alimenta le
fantasticherieho creduto di vedere il Genio dei ricordi seduto accanto a mein raccoglimento.
Ma mi stancai di frugare nelle tombedove troppo spesso non smuovevo che unapolvere
criminale.
Volli vedere se le razze viventi mi avrebbero offerto più virtù o menosventure di quelle
scomparse. Un giornomentre passeggiavo in una grande cittàtransitandodietro un palazzoin un
cortile appartato e desertoscorsi una statua che indicava con il dito illuogo di un famoso sacrificio.
Fui colpito dal silenzio di quei luoghi; solo il vento gemeva attorno a queltragico marmo. Alcuni
operai stavano accovacciati con indifferenza ai piedi della statuadovetagliavano pietre
fischiettando. Domandai loro cosa rappresentasse quel monumento: gli uni melo dissero a stento
gli altri ignoravano la catastrofe a cui alludeva. Nulla mi ha più dato lagiusta misura dei fatti della
vitae del poco che noi siamo. Cosa sono diventati quei personaggi chefecero tanto rumore? Il
tempo ha fatto un passoe la faccia della terra si è rinnovata.
Nei miei viaggi cercai soprattutto gli artisti e quegli uomini divini chesulla lira cantano gli
dèi e la felicità dei popoli che onorano le leggila religione e le tombe.
Quei cantori appartengono a una razza divinaessi possiedono il solo talentoincontestabile
che il cielo abbia donato alla terra. La loro vita è insieme semplice esublime; essi celebrano gli dèi
con l'oro della boccama sono i più semplici degli uomini; parlano come gliimmortali o i bambini;
spiegano le leggi dell'universoma non possono comprendere le più innocentifaccende della vita;
hanno idee meravigliose sulla mortema muoiono senza accorgersenecome ineonati.
Sui monti della Caledonial'ultimo Bardo che sia stato udito in quei desertimi cantò i poemi
con cui un tempo un eroe consolava la sua vecchiaia. Eravamo seduti suquattro pietre corrose dal5
muschio; ai nostri piedi scorreva un torrente; poco distante un capriolopassava tra le rovine di una
torree il vento del mare fischiava sulla brughiera di Cona. Oralareligione cristianaanche lei
figlia delle alte montagneha messo croci sui monumenti degli eroi di Morvene toccato l'arpa di
Davidesulle rive dello stesso torrente dove Ossian fece gemere la sua.Pacificaquanto le divinità
di Selma erano guerriereessa custodisce greggi dove Fingal dava battagliae ha diffuso angeli di
pace là dove le nuvole erano abitate da fantasmi omicidi.
L'Italia antica e ridente mi offrì la folla dei suoi capolavori. Con qualeorrore santo e poetico
non vagabondai in quei vasti edifici che le arti hanno consacrato allareligione! Che labirinto di
colonne! Che succedersi d'archi e di volte! Che bei suoni si odono attornoalle cattedralisimili al
rumore dei flutti nell'Oceanoal mormorio dei venti nelle foresteo allavoce di Dio nel suo tempio!
L'architetto costruisceper così direle idee del poetaper farle toccaredai sensi.
Ma cosa avevo imparato fino ad allora con tanta fatica? Nulla di certo tragli antichinulla di
bello tra i moderni. Passato e presente sono statue incomplete: l'una èstata ritirata tutta mutilata
dalla rovina dei tempi; l'altra non ha ancora ricevuto la sua perfezionedall'avvenire.
Ma forsemiei vecchi amicisoprattutto voiabitanti del desertovi sietestupiti che nel
racconto dei miei viaggi non vi abbia intrattenuto una sola volta suimonumenti della natura.
Un giorno ero salito in cima all'Etnaun vulcano che brucia in mezzo aun'isola. Vidi il sole
levarsi sotto di me nell'immensità dell'orizzontela Sicilia stretta in unpunto ai miei piedie il mare
disteso nella lontananza degli spazi. Da quella vista verticale sulpaesaggioi fiumi non mi
sembravano che segni geografici tracciati su una carta; mamentre da unaparte il mio occhio
scorgeva quelle cosedall'altra s'immergeva nel cratere dell'Etnale cuiviscere infuocate mi si
rivelavano tra neri sbuffi di vapore.
Un giovane pieno di passioniseduto sull'orlo di un vulcanoche piange suimortali di cui
scorge a fatica le dimore ai suoi piedicertamente per voi vecchi non è cheun oggetto degno di
pietà; maqualsiasi cosa possiate pensare di Renéquesto quadro vi offrel'immagine del suo
carattere e della sua esistenza: cosìper tutta la vitaho avuto davantiagli occhi l'impercettibile
immensità della creazionee un abisso spalancato al mio fianco».
Dopo aver pronunciato queste ultime paroleRené tacqueimmerso inun'improvvisa
fantasticheria. Padre Souël lo guardava con stuporee il vecchio Sachemciecoche non udiva più
parlare il giovanenon sapeva cosa pensare di quel silenzio.
René aveva gli occhi fissi su un gruppo d'Indiani che passavano allegramentenella pianura.
Ad un tratto i suoi lineamenti si addolcisconocolano lacrime dai suoiocchiesclama:
«Selvaggi beati! Oh! E io che non posso godere della pace che sempre viaccompagna!
Mentre percorrevo con così poco frutto tanti paesivoitranquillamenteseduti sotto le vostre
quercelasciavate scorrere i giorni senza contarli. Il vostro pensierocoincideva con i vostri bisogni
e giungevatepiù di mealla saggezzacome il bambinoche vi arrivagiocando e dormendo. Se
qualche volta la vostra anima veniva raggiunta dalla malinconia generata daun eccesso di felicità
in poco tempo uscivate da quella tristezza passeggera e il vostro sguardolevato al cielocercava
con dolcezza l'indefinibile ignoto che s'impietosisce del povero selvaggio».
E qui la voce di René si spense di nuovoe il giovane chinò la testa sulpetto. Chactas
allungando nell'ombra le bracciaafferrò quelle del figlioe gli gridò intono commosso: «Figlio
mio! Mio caro figlio!». A quelle parole il fratello di Ameliatornando inséarrossì del suo
turbamentoe pregò il padre di perdonarlo.
Allora il vecchio selvaggio disse: «Mio giovane amicoi moti di un cuorecome il tuo non
possono essere equilibrati; cerca solo di moderare un po' quel carattere cheti ha già fatto tanto
male. Se tu soffri più degli altri per le cose della vitanon devistupirtene; un'anima grande deve
contenere più dolore di una piccola. Prosegui il tuo racconto. Ci haiportato in un angolo d'Europa
facci conoscere la tua patria. Sai che ho visto la Franciae quali legami milegano ad essa; mi
piacerebbe sentir parlare di quel grande Capo scomparsodi cui ho visitatola superba capanna.
Ragazzo miola mia vista ormai è la memoria. Il vecchio con i suoi ricordisembra una quercia6
decrepita dei nostri boschi: non più adorna del proprio fogliameessa coprequalche volta la sua
nudità con altre piante che attecchiscono sui suoi rami antichi».
Il fratello di Ameliatranquillizzato da quelle parolecontinuò così lastoria del suo cuore:
«Ahimè! Padre mionon posso intrattenerti su quel gran secolo di cui hovisto la fine
durante la mia infanziama cheal mio ritorno in patrianon c'era più.Mai in un popolo si è operato
un cambiamento più stupefacente e improvviso. Dall'altezza del geniodalrispetto per la religione
dalla severità dei costumiad un tratto ogni cosa si era abbassata allamollezza di spirito
all'empietàalla corruzione.
Era dunque invano che avevo sperato di ritrovare nel mio paese qualcosa checalmasse
l'inquietudinequel desiderio bruciante che mi segue ovunque. Lo studio delmondo non mi aveva
insegnato nullae tuttavia avevo perso per sempre la dolcezzadell'ignoranza.
Mia sorellacon un comportamento inspiegabilesembrava goderenell'accrescere la mia
afflizione; aveva lasciato Parigi pochi giorni prima del mio arrivo. Lescrissi che contavo di
raggiungerla; si affrettò a rispondere per distogliermi da quel progettocon il pretesto che era
incerta riguardo a dove l'avrebbero condotta i suoi impegni. Che tristiriflessioni feci allora
sull'amiciziache la presenza intiepidisce e l'assenza cancellache nonresiste alla sventurama
ancora meno alla prosperità!
Ben presto mi trovai più isolato nella mia patria di quanto non lo fossistato in terra
straniera. Per qualche tempo volli gettarmi in un mondo che non mi dicevanulla e che non mi
capiva. La mia animanon ancora logorata da alcuna passionecercavaqualcosa a cui potersi
ancorare; ma mi accorsi che davo più di quanto ricevessi. Nessuno michiedeva parole elevatené
profondi sentimenti. Mi sforzavo di rimpicciolire la mia vita per renderlaassimilabile dalla società.
Accolto dovunque come uno spirito romanticovergognoso della parte cherecitavosempre più
disgustato dalle cose e dagli uominidecisi di ritirarmi in un sobborgo pervivervi totalmente
ignorato.
All'inizioquella vita oscura e indipendente mi piacque abbastanza.Sconosciutomi
confondevo con la folla: vasto deserto d'uomini!
Spesso mi sedevo in una chiesa poco frequentatavi passavo intere ore inmeditazione.
Vedevo le povere donne che andavano ad inginocchiarsi davanti all'Altissimoo i peccatori che si
inginocchiavano davanti al confessionale. Nessuno usciva da quel luogo senzaun volto più sereno
e i sordi clamori che si udivano da fuori sembravano essere i flutti dellepassioni e delle tempeste
del mondo che si spegnevano ai piedi del tempio del Signore. Dio onnipotenteche vedesti scorrere
in silenzio le mie lacrime in quel sacro rifugiotu sai quante volte migettai ai tuoi piedi per
supplicarti di togliermi il peso dell'esistenzao di cambiare in me ilvecchio uomo! Ah! Chialmeno
una voltanon ha sentito il bisogno di rigenerarsidi ringiovanire nelleacque del torrentedi
ritemprare la propria anima alla fontana della vita? A chi non capita ditrovarsi schiacciato sotto il
fardello della corruzioneincapace di fare qualsiasi cosa di grandedinobiledi giusto?
Quando arrivava serariprendendo la strada del mio rifugiomi fermavo suipontiper veder
tramontare il sole. L'astrofiammeggiante sulla nebbiolina della cittàsembrava oscillare lentamente
in un fluido doratocome il pendolo dell'orologio dei secoli. Mi ritiravoquindiinsieme alla notte
in un labirinto di strade solitarie. Osservando le luci che brillavano nellecase degli uominimi
lasciavo trasportare dal pensiero in mezzo alle scene di dolore e di gioiache quelle luci
illuminavano; e pensavo che sotto quei tetti abitati non avevo un solo amico.Mentre ero immerso in
quelle riflessionidalla torre della cattedrale gotica battevano i colpicadenzati dell'ora; e
risuonavanoin toni diversi e da ogni luogodi chiesa in chiesa. Ahimè! Adogni ora nella società si
spalanca una tomba e scorrono lacrime.
Quella vitache all'inizio mi aveva affascinatonon tardò a diventarmiinsopportabile. Il
ripetersi delle stesse scene e delle stesse idee mi stancava. Mi misi asondare il cuorea chiedermi
cosa desiderassi. Non lo sapevo; ma all'improvviso pensai che i boschisarebbero stati la mia7
delizia. Ed eccomi repentinamente deciso a concluderein un esiliocampagnolouna carriera
appena cominciatae in cui avevo già divorato dei secoli.
Abbracciai quel progetto con l'ardore che metto in tutti i miei disegni;partii
precipitosamente per andare a seppellirmi in una capannacome un tempo eropartito per fare il giro
del mondo.
Mi accusano di avere inclinazioni incostantidi non saper godere a lungodella stessa
chimeradi essere vittima di un'immaginazione che ha fretta di dar fondo aipiacericome se la loro
durata l'opprimesse; mi accusano di oltrepassare sempre lo scopo che potreiraggiungere: ahimè! Io
cerco solo un bene sconosciutomosso da un istinto che mi perseguita. È unacolpa se dovunque
trovo limitise ciò che è finito non ha per me alcun valore? Eppure sentodi amare la monotonia dei
sentimenti della vitae se fossi ancora tanto folle da credere nellafelicitàè nell'abitudine che la
cercherei.
L'assoluta solitudinelo spettacolo della naturami sprofondarono in brevetempo in uno
stato indescrivibile. Senza parentisenza amicisoloper così diresullaterrasenza ancora aver
amatoio ero come schiacciato da un eccesso di vita. A volte improvvisamentearrossivosentivo
scorrere nel cuore ruscelli ardenti di lava; a volte mi sfuggivano dellegridae sogni e veglie
turbavano in egual misura le mie notti. Qualcosa mancava per colmare l'abissodella mia esistenza:
scendevo a vallesalivo sulla montagnaevocando con tutta la forza dei mieidesideri l'oggetto
ideale di una fiamma futura; l'abbracciavo nei venti; mi pareva di udirlo nelgemere di un fiume;
tutto era quel fantasma immaginariogli astri nei cielilo stesso principiovitale nell'universo.
Tuttavia quella situazione di tranquillo turbamentodi povertà e diricchezzanon era priva
di qualche attrattiva. Un giorno mi ero divertito a staccare le foglie da unramo di salice su un
ruscelloattaccando un'idea a ogni foglia che la corrente si portava via. Unre che temesse di
perdere la corona a causa di una rivoluzionenon proverebbe angosce piùvive delle mie ad ogni
incidente che minacciava gli avanzi del mio fuscello. O debolezza deimortali! O infanzia del cuore
umano che non invecchia mai! Ecco dunque fino a che punto d'infantilismo puòabbassarsi la nostra
superba ragione! Ed è ben vero che ci sono uomini che affidano il lorodestino a cose di così poco
valore come le mie foglie di salice.
Ma come esprimere quella folla di sensazioni fuggitive che provavo durante lemie
passeggiate? I suoniche danno voce alle passioni nel vuoto di un cuoresolitarioassomigliano al
mormorio dei venti e delle acque nel silenzio dei deserti: ne proviamopiacerema non riusciamo a
raffigurarli.
L'autunno mi sorprese in mezzo a quelle incertezze: fui come rapito da queimesi tempestosi.
A volte avrei voluto essere uno di quei guerrieri che vagano tra ventinuvole e fantasmi; a volte
provavo invidia per la sorte del pastore che vedevo riscaldarsi le maniall'umile fuoco delle
sterpaglie che aveva acceso in un angolo del bosco. Ascoltavo i suoi cantimelanconiciche mi
ricordavano come in ogni paese il canto naturale dell'uomo è tristeanchequando vuole esprimere
la felicità. Il nostro cuore è uno strumento imperfettouna lira dovemancano delle cordee su cui
siamo costretti a rendere l'accento della gioia sulla tonalità consacrata aisospiri.
Di giorno mi perdevo per le vaste brughiere circondate dalle foreste. Bastavaben poco alla
mia fantasticheria: una foglia secca che il vento mi spingeva davantiunacapanna il cui fumo
s'innalzava sino alla cima spoglia degli alberiil muschio sul tronco di unaquercia che tremava al
vento del norduna roccia isolatauno stagno deserto dove mormorava ilgiunco piegato! Spesso il
campanile di un villaggioalto nella lontananza della valleha attirato ilmio sguardo; spesso ho
seguito con gli occhi gli uccelli di passaggio che volavano sopra la miatesta. Mi immaginavo le
rive ignotei lontani climi verso cui si recavano; avrei voluto stare sulleloro ali. Un istinto segreto
mi tormentava; sentivo di non essere io stesso altro che un viaggiatore; mauna voce dal cielo
sembrava dirmi: «Uomoil tuo tempo di migrare non è ancora giunto; aspettache si levi il vento
della morteallora spiegherai il tuo volo verso quelle regioni sconosciuteche il tuo cuore desidera».
«Fate presto ad alzarvibramate tempeste che dovete portare René neglispazi di un'altra
vita!». Così dicendocamminavo a grandi passiil volto in fiammecon ilvento che mi sibilava tra i8
capellisenza più sentire né pioggia né invernonell'incantoneltormentoin preda al demone del
mio cuore.
La nottequando aquilone scuoteva la mia capannamentre sul tetto le pioggecadevano a
torrenti e dalla finestra vedevo la luna solcare cumuli di nubicome unpallido vascello che solca le
ondemi sembrava che in fondo al cuore la vita si moltiplicasseche sareistato capace di creare
mondi interi. Ah! Se avessi potuto confidare a una donna le emozioni cheprovavo! O Dio! Se tu mi
avessi dato una donna conforme ai miei desideri; se tu mi avessi condotto permanocome al nostro
primo padreun'Eva tratta da me stesso... Celestiale bellezzami sareiprosternato davanti a te; poi
prendendoti tra le bracciaavrei pregato l'Eterno di darti il resto dellamia vita.
Ahimè! Ero solosolo sulla terra! Un segreto languore s'impossessava delmio corpo.
Tornava quel disgusto per la vita che avevo avvertito fin dall'infanziamacon nuova forza. Ben
presto il cuore smise d'alimentare la ragionee mi accorgevo di esisteresolo dal profondo
sentimento di noia che provavo.
Per un po' lottai contro il mio malema con indifferenzae senza la fermarisoluzione di
vincerlo. Alla finenon riuscendo a trovare un rimedio per quella stranaferita del mio cuoreche era
dovunque e da nessuna partedecisi di abbandonare la vita.
Sacerdote dell'Altissimo che mi stai ascoltandoperdona a uno sventurato cheil cielo aveva
quasi privato della ragione. Ero pieno di religionema ragionavo come unempio; il mio cuore
amava Dioma la mia mente lo negava; il mio comportamentoi miei discorsii miei sentimentii
miei pensierinon erano che contraddizionitenebremenzogne. Ma sa forsesempre l'uomo ciò che
vuoleè sempre sicuro di ciò che pensa?
Tutto veniva menol'amiciziail mondol'essermi appartato. Avevo provatotuttoe tutto mi
era stato fatale. Respinto dalla societàabbandonato da Ameliaquandoneppure la solitudine mi
soccorsecosa mi restava? Era l'ultima tavola su cui avevo sperato disalvarmie la sentivo ormai
sprofondare nell'abisso!
Deciso a sbarazzarmi del peso della vitavolli mettere tutta la mia ragionein quell'atto
insensato. Non avevo fretta; non fissai il momento del commiatocosì daassaporare a lunghe
sorsate gli ultimi momenti dell'esistenzaecome un Anticopoterraccogliere tutte le forze per
sentir fuggire la mia anima.
Tuttavia credetti necessario prendere delle precauzioni riguardo alle miefortunee fui
costretto a scrivere ad Amelia. Mi lasciai sfuggire qualche lamento sul fattoche mi aveva
dimenticatoe lasciai certo trasparire la commozione chepoco a pocosaliva nel mio cuore. Eppure
pensai di aver ben dissimulato il mio segreto; ma mia sorellaabituata aleggermi tra le pieghe
dell'animalo intuì facilmente. L'allarmò il tono di costrizione cheregnava nella mia letterae le
mie domande su problemi d'affari di cui non mi ero mai occupato. Invece dirispondermivenne
improvvisamente a trovarmi.
Per capire quale dovette essere in seguito l'amarezza del mio doloree qualifurono le mie
prime emozioni rivedendo Ameliadovete pensare che era la sola persona almondo che avessi
amatoche ogni mio sentimento si trovava confuso in lei con i dolci ricordidell'infanzia. Ricevetti
dunque Amelia in una sorta d'estasi del cuore. Era trascorso tanto tempo daquando avevo trovato
qualcuno che mi capivae davanti a cui poter aprire la mia anima!
Ameliagettandosi tra le mie bracciadisse: «Ingratotu vuoi morirementre tua sorella è
viva! Non hai fiducia nel suo cuore! Non dare spiegazioninon scusartiioso tutto; ho capito tutto
come se ti fossi stata vicina. Puoi forse pensare d'ingannare proprio mecheho visto nascere i tuoi
primi sentimenti? Ecco il tuo disgraziato caratterele tue ripugnanzeletue ingiustizie. Giura
finché ti stringo sul mio cuoregiura che questa è l'ultima volta che tiabbandonerai alle tue follie;
fai giuramento di non attentare mai ai tuoi giorni».
Pronunciando quelle paroleAmelia mi guardava con compassione e dolcezzaemi copriva
la fronte di baci; come fosse una madreo qualcosa di ancora piùaffettuoso. Ahimè! Il mio cuore
tornò ad aprirsi a ogni tipo di gioia; come un bambinonon chiedevo che diessere consolato; cedetti9
al dominio di Amelia; volle un solenne giuramento; lo feci senza esitarepensando che ormai non
avrei più potuto essere infelice.
Ci volle più d'un mese per abituarci all'incanto di stare insieme. Quando almattinoinvece
di ritrovarmi soloudivo la voce di mia sorellatrasalivo dalla gioia edalla felicità. Amelia aveva
ricevuto in dono dalla natura qualcosa di divino; la sua anima aveva lastessa grazia innocente del
suo corpo; i suoi sentimenti erano infinitamente dolci; nel suo spirito nonc'era che soavità e un po'
di fantasticheria; si sarebbe detto che il suo cuorela sua mente e la suavoce sospirassero insieme;
aveva la timidezza e l'amore della donnala purezza e l'armonia dell'angelo.
Era giunto il momento di espiare tutte le mie contraddizioni. Nel mio delirioero arrivato a
desiderare una disgraziapur di avere un oggetto reale di sofferenza:spaventoso desiderioche Dio
nella sua collera ha esaudito anche troppo!
Cosa vi devo rivelareamici miei! Guardate le lacrime che mi scendono dagliocchi. Io
stesso... Fino a qualche giorno fanulla avrebbe potuto strapparmi questosegreto... Ma oratutto è
finito!
In ogni casoo voi che siete vecchiquesta storia dovrà rimanere persempre sepolta nel
silenzio: ricordatevi che è stata raccontata sotto l'albero del deserto.
L'inverno stava finendoquando mi accorsi che Amelia perdeva quellaserenità e quella
salute che iniziava a restituirmi. Dimagriva; le si infossavano gli occhi;l'andatura era strascicatala
voce alterata. Un giorno la sorpresi in lacrime ai piedi del crocifisso. Lagentela solitudinela mia
assenzala mia presenzala notteil giornotutto l'allarmava. Sulle suelabbra arrivavano sospiri
involontari; a volte riusciva a sostenere una lunga corsa senza affaticarsi;a volte era appena in
grado di trascinarsi; incominciava e abbandonava il suo lavoroapriva unlibro senza poterlo
leggereiniziava una frase che non avrebbe terminatoscoppiavaimprovvisamente in lacrimepoi si
ritirava a pregare.
Invano tentai di scoprire il suo segreto. Quando le facevo delle domandestringendola tra le
bracciami rispondeva sorridendo che era come meche non sapeva cosa aveva.
Trascorsero in questo modo tre mesipeggiorava ogni giorno. Mi sembrava chela causa
delle sue lacrime risiedesse in una misteriosa corrispondenzaperchéappariva più tranquilla o più
agitata a seconda delle lettere che riceveva. Una mattinainfinepoichéera passata l'ora in cui
prendevamo insieme la colazionesalgo nel suo appartamento; bussononrisponde; socchiudo la
portain camera non c'era nessuno. Scorgo sul camino un plico indirizzato ame. Lo afferro
tremandolo aproe leggo questa letterache conservo per impedirmi inavvenire qualsiasi moto di
gioia.
A René
«Caro fratelloil cielo mi è testimone che darei mille volte la mia vitapur di risparmiarti un
solo attimo di dolore; masventurata come sononon posso far nulla per latua felicità. Mi
perdonerai dunque di esser fuggita da casa tua come un colpevole: non avreipotuto resistere alle tue
preghieree tuttavia dovevo partire... Dio mioabbi pietà di me!
Tu saiRenéche ho sempre avuto in'inclinazione per la vita religiosa: ègiunto il momento
che io metta a profitto gli avvertimenti del Cielo. Perché ho atteso così alungo? Dio mi ha punito.
Ero rimasta nel mondo solo per te... Perdonamisono turbata dal dolore peraverti lasciato.
In questa circostanzacaro fratellosento la necessità di quei rifugicontro cui ti ho spesso
visto protestare. Ci sono sventure che ci separano per sempre dagli uomini:che ne sarebbe allora
delle povere infelici?... Sono convinta che anche tufratello miotroveresti pace in quegli asili
religiosi: la terra non offre niente che sia degno di te.
Non voglio ricordarti il tuo giuramento: conosco la fedeltà della tuaparola. L'hai giurato
vivrai per me. C'è nulla di più miserabile che pensare continuamente ditogliersi la vita? Per un
uomo del tuo temperamento è così facile morire! Abbi fiducia in tuasorellaè più difficile vivere.10
Mafratello miolascia alla svelta la solitudineche non fa per te;cercati un'occupazione. So
bene che tu ridi amaramente della necessità che sembra esserci in Francia difarsi una posizione.
Non disprezzare così l'esperienza e la saggezza dei nostri padri. Caro Renéè meglio assomigliare
un po' di più agli altri uomini e essere un po' meno infelici.
Forse potresti trovare nel matrimonio un sollievo alle tue afflizioni. Unadonnadei bambini
ti riempirebbero le giornate. E quale donna non si sforzerebbe di rendertifelice! La tua anima
ardentela bellezza del tuo ingegnol'aspetto nobile e appassionatoquellosguardo di dolce
fierezzatutto ti assicurerebbe il suo amore e la sua fedeltà. Ah! Conquale gioia non ti stringerebbe
tra le braccia e sul cuore! E ogni suo sguardoogni suo pensieroresterebbero fissi su di teper
prevenirti il minimo fastidio! Davanti a te sarebbe solo amore e innocenza;crederesti di ritrovare
una sorella.
Parto per il convento di ... Questo monasterocostruito sulle rive del maresi addice alle
condizioni della mia anima. Di nottedal fondo della mia cellaudrò ilmormorio dei flutti che
bagnano le mura del convento; penserò alle passeggiate che facevo con te inmezzo ai boschi
quandonelle cime agitate dei pinici sembrava di ritrovare il rumore delmare. Dolce compagno
della mia infanzianon ti vedrò dunque più? Poco maggiore di tetidondolavo nella culla; spesso
abbiamo dormito insieme. Ah! Se una stessa tomba un giorno ci riunisse! Mano: dormirò sola sotto
i freddi marmi del santuario dove riposano per sempre le fanciulle che nonhanno mai provato
l'amore.
Non so se riuscirai a leggere queste righe per metà cancellate dallelacrime. Dopo tutto
amico mioun po' prima o un po' più tardinon avremmo forse dovutolasciarci? Devo intrattenerti
sull'incertezza e sullo scarso valore della vita? Ti ricordi il giovane M....che naufragò a l'Ile-de-France?
Quando ricevesti la sua ultima letteraalcuni mesi dopo la mortele suespoglie mortali non
esistevano già piùe il momento in cui tu prendevi il lutto in Europaeralo stesso in cui cessava
nelle Indie. Cos'è dunque l'uomose la sua memoria viene meno cosìrapidamente? Quando alcuni
dei suoi amici vengono a sapere della sua mortealtri se ne sono giàconsolati! Dunque il mio
ricordocaro e troppo caro Renési cancellerà prontamente dal tuo cuore?Fratellose mi strappo a
te nel tempoè solo per non essere separata da te nell'eternità.
Amelia
P.S. Ti accludo qui l'atto di donazione dei miei beni; spero che tu nonvoglia rifiutare questo segno
della mia amicizia».
Se un fulmine mi fosse caduto accantonon mi avrebbe spaventato più diquella lettera. Qual
era il segreto che Amelia mi nascondeva? Chi la obbligava cosìall'improvviso ad abbracciare la vita
religiosa? Non mi aveva forse ricondotto all'esistenza con l'incanto dellasua amicizia solo per
abbandonarmi tutto d'un colpo? Oh! Perché mi aveva sviato dal mio progetto?Un moto di pietà
l'aveva spinta da mema presto stanca di quel penoso doveresi eraaffrettata ad abbandonare un
disgraziato che sulla terra non aveva che lei. Quando si è impedito ad unuomo di moriresi crede di
aver fatto tutto! Così mi lamentavo. Poifacendo un esame di coscienzadicevo: «Ingrata Amelia
se tu fossi stata al mio postose tu ti fossi trovatacome mepersa nelvuoto dei giorniah! tuo
fratello non ti avrebbe abbandonata».
Eppurequando rileggevo la letteravi trovavo qualcosa di così triste eteneroche il cuore
mi si scioglieva. Improvvisamente ebbi un'idea che mi dette qualche speranza:pensai che forse
Amelia era stata presa da una passione inconfessabile per un uomo. Quelsospetto avrebbe spiegato
la sua melanconiala misteriosa corrispondenzae il tono appassionato cherespirava nella sua
lettera. Le scrissi immediatamente per supplicarla di aprirmi il suo cuore.
Non tardò a rispondermima senza svelare il suo segreto: mi comunicava solodi aver
ottenuto la dispensa dal noviziatoe che stava per prendere i voti.11
L'ostinazione di Ameliale sue parole misteriosela poca fiducia nella miaamicizia
m'indignarono.
Dopo aver esitato un istante su cosa faredecisi di andare a B. per unultimo tentativo presso
mia sorella. Il paese dove ero stato allevato si trovava lungo la strada.Quando vidi i boschi dove
avevo trascorso i soli momenti felici della mia vitanon potei trattenere lelacrimee mi fu
impossibile resistere alla tentazione di rivolgere loro un ultimo addio.
Mio fratello maggiore aveva venduto l'eredità paternae il nuovoproprietario non vi abitava.
Arrivai al castello per il lungo viale di abeti; attraversai a piedi le cortideserte; mi fermai a guardare
le finestre chiuse o mezzo rotteil cardo che cresceva ai piedi dei murilefoglie che s'intrecciavano
sulla soglia delle portee la solitaria scalinata dove così spesso avevovisto mio padre e i suoi fedeli
servitori. I gradini erano ormai coperti di muschio; tra le loro pietredisgiunte e pericolanti cresceva
la gialla violaciocca. Uno sconosciuto guardiano mi aprì bruscamente leporte. Esitavo a varcare la
soglial'uomo gridò: «E allora! Non vorrete fare come quella forestierache venne qui qualche
giorno fa? Quando fu sul punto d'entraresvennee io fui costretto ariportarla nella sua vettura».
Non mi fu difficile riconoscere la forestiera checome meera venutain quei luoghi alla ricerca di
lacrime e ricordi!
Coprendomi un attimo gli occhi con il fazzolettoentrai sotto il tetto deimiei avi. Attraversai
gli appartamenti che rimbombavanoe dove non udivo che il rumore dei mieipassi. Le stanze erano
appena rischiarate dalla flebile luce che penetrava dalle imposte chiuse: mirecai in quella dove mia
madre aveva perso la vita mettendomi al mondoquella in cui si era ritiratomio padrequella in cui
avevo dormito nella culla e l'ultimadove avevo ricevuto le primeconfessioni dal seno della sorella.
Tutte le sale erano spogliee nei letti abbandonati il ragno tesseva la suatela. Uscii
precipitosamente da quei luoghime ne allontanai a grandi passinon osandovoltare la testa. Come
sono dolcima fuggentigli istanti che fratelli e sorelle passano neigiovani anniraccolti sotto l'ala
dei loro vecchi genitori! La famiglia dell'uomo dura un giorno; il soffiodivino la disperde come
fumo. Il figlio conosce appena il padreil padre il figlioil fratello lasorellala sorella il fratello! La
quercia vede le ghiande germogliare attorno a sé: non accade lo stesso aifigli dell'uomo!
Arrivato a B.mi feci condurre al convento; chiesi di parlare con miasorella. Mi dissero che
non riceveva nessuno. Le scrissi: mi rispose cheessendo sul punto diconsacrarsi a Dionon le era
permesso di occuparsi del mondo; che se l'amavodovevo evitare di farlepesare il mio dolore.
Aggiungeva: «Setuttaviavuoi farti vedere all'altare nel giorno della miaprofessionedegnati di
farmi da padre; solo questo ruolo è degno del tuo coraggioesso è l'unicoche convenga alla nostra
amicizia e alla mia serenità».
Questa fermezza fredda che veniva opposta al mio ardente affettomi gettòin un'emozione
violenta. A volte stavo per tornare sui miei passialtre volevo restare soloper turbare quel
sacrificio. L'inferno mi suggerì perfino l'idea di pugnalarmi in chiesaunendo ai voti che mi
strappavano la sorella il mio ultimo respiro. La superiora del convento mifece sapere che era stato
preparato un banco nel santuarioe mi invitava a recarmi alla cerimonia cheavrebbe avuto luogo il
giorno successivo.
Al levar dell'albaudii il primo suono delle campane... Verso le dieciinuna specie d'agonia
mi trascinai al monastero. Non c'è più nulla di tragico per chi abbiaassistito a un simile spettacolo;
niente può essere più doloroso quando vi si è sopravvissuti.
Una folla immensa riempiva la chiesa. Mi conducono al banco del santuario; mimetto
precipitosamente in ginocchioquasi senza sapere dov'eroné cosa volessifare. Il prete attendeva
già presso l'altare; all'improvviso la grata misteriosa si apreAmelia sifa avantiagghindata con
tutte le pompe del mondo. Era così bellac'era sul suo viso qualcosa dicosì divinoche provocò un
movimento di sorpresa e di ammirazione. Vinto dal glorioso dolore di quellasantaprostrato dalla
magnificenza della religionetutti i miei progetti violenti si dissolsero;le forze mi abbandonarono;
mi sentii bloccato da una mano onnipotenteeinvece di bestemmie e minaccetrovai nel mio cuore
solo una profonda adorazione e i gemiti dell'umiltà.12
Amelia si mette sotto un baldacchino. Il sacrificio inizia al chiarore delletorcetra fiori e
profumi che hanno il compito di rendere piacevole l'olocausto.All'offertorioil prete si tolse i
paramenticonservando solo una tunica di linosalì sul pulpito econ undiscorso semplice e
pateticodipinse la felicità della vergine che si consacra al Signore.Quando pronunciò le parole: «È
apparsa come l'incenso che si consuma nel fuoco»sembrò che nell'uditoriosi diffondessero una
grande calma e profumi celestiali; ci si sentì protetti come sotto le alidella colomba misticae
avremmo potuto credere di veder scendere gli angeli sull'altareper poirisalire in cielo con profumi
e ghirlande.
Il prete termina il discorsoriprende i paramentiprosegue la cerimonia.Ameliasostenuta
da due giovani religiosesi mette in ginocchio sull'ultimo gradinodell'altare. Allora vengono a
cercarmi per adempiere alle mie funzioni paterne. Al rumore dei miei passidi me che vacillo nel
santuarioAmelia è sul punto di svenire. Mi mettono di fianco al preteperporgergli le forbici. In
quel momento sento rinascere la mia passione; il mio furore sta peresploderequando Amelia
chiamando a raccolta tutto il suo coraggiomi lancia uno sguardo dove cisono tanto rimprovero e
tanto doloreda lasciarmi atterrito. È il trionfo della religione. Miasorella approfitta del mio
turbamento; offre arditamente il capo. Sotto il ferro consacrato quellasuperba capigliatura cade da
ogni parte; una lunga veste di stamigna prende il posto degli orpellimondanisenza per questo
renderla meno commovente; le afflizioni della sua fronte vengono nascostesotto una benda di lino;
e il velo misteriosodoppio simbolo della verginità e della religionesiaccompagna alla sua testa
rasa. Mai era sembrata così bella. Sulla polvere del mondo era rimasto fissol'occhio della penitente
ma l'anima era in cielo.
Tuttavia Amelia non aveva ancora pronunciato i voti; e per morire al mondobisognava che
passasse attraverso la tomba. Mia sorella si corica sul marmo; vien steso sulei un drappo funebre; i
quattro angoli sono indicati da quattro fiaccole. Il pretecon la stola alcolloil libro in manoinizia
l'Ufficio dei morti; le giovani vergini lo proseguono. O piaceri dellareligionecome siete grandi
ma anche terribili! Mi avevano costretto a stare in ginocchio accanto a quellugubre apparato. A un
trattoda sotto il velo sepolcraleesce un confuso mormorio; mi chinoe miarrivano all'orecchio
queste spaventose parole (che solo io udii): «Dio di misericordiafai chenon mi rialzi più da questo
letto funebree colma di beni il fratello che non ha condiviso la miacriminale passione!».
A quelle parole sfuggite dalla barami s'illumina la tremenda verità; perdola ragionemi
lascio cadere su quel sudariostringo la sorella tra le bracciagridando:«Casta sposa di Gesù Cristo
ricevi il mio ultimo abbraccio di là dal gelo del trapasso e dalleprofondità dell'eternoche ormai ti
separano da tuo fratello!».
Il gestoil gridole lacrimegettano scompiglio nella cerimoniail pretes'interrompele
religiose chiudono la gratala folla si agitaaccalcandosi verso l'altare;mi conducono via privo di
conoscenza. Fui ben poco riconoscente a quelli che mi riportarono in vita!Riaprendo gli occhi
appresi che il sacrificio era stato consumatoe che mia sorella era in predaa una febbre ardente.
Ella mi pregava di non cercare più di vederla. O vita miserabile: la sorellache teme di parlare al
fratelloe il fratello che teme di far udire la sua voce alla sorella! Usciidal monastero come da uno
di quei luoghi di espiazione dove le fiamme ci preparano alla vita celestedovecome all'infernosi
è perso tuttotranne la speranza.
È possibile trovare risorse nella propria anima contro una sventurapersonale; ma è
assolutamente insopportabile divenire la causa involontaria della disgraziadi un altro. Illuminato
sui mali di mia sorellam'immaginai ciò che aveva sofferto. Allora mispiegai molte cose che non
avevo potuto capire: quella commistione di gioia e tristezzache Ameliaaveva lasciato trasparire al
momento della mia partenza per i viaggila cura con cui mi evitò alritornoe anche quella
debolezza che così a lungo le aveva impedito di entrare in un monastero;certamente la povera
fanciulla si era illusa di guarire! Il suo progetto di ritirarsila dispensadal noviziatol'aver disposto
i suoi beni in mio favoretutto aveva concorso a produrre quellacorrispondenza segreta che era
servita ad ingannarmi.13
O amici mieiseppi infine perché aveva versato tante lacrimeper un maleche non era
affatto immaginario! La mia passionalitàcosì a lungo senza scoposigettò con furore su quella
prima preda. Provai perfino una sorta d'inattesa soddisfazione proprio nelmezzo del mio doloree
mi accorsicon un segreto moto di gioiache il dolore non ècome ilpiacereun sentimento che si
esaurisce.
Avevo voluto lasciare la terra prima dell'ordine dell'Onnipotente; era ungrande crimine: Dio
mi aveva inviato Amelia per salvarmieal tempo stessoper punirmi. Ècosì che ogni pensiero
colpevoleogni azione criminalesi trascinano appresso disordini esventure. Il dolore era divenuto
un'occupazione che riempiva ogni mio momento: a tal punto il mio cuore si ènaturalmente
impregnato di afflizione e di miseria!
Presi dunqueimmediatamenteun'altra decisione; avrei abbandonato l'Europa
trasferendomi in America.
Proprio allora si stava equipaggiandonel porto di B.una flotta in rottaper la Louisiana;
presi accordi con un capitano di vascello; informai del mio progetto Ameliae mi occupai della
partenza.
Mia sorella era giunta alla soglia della morte; ma Dioche le destinava ilprimato tra le
vergininon volle richiamarla così presto a sé; la sua prova quaggiù fuprolungata. Scesa per una
seconda volta nel penoso cammino della vital'eroinacurva sotto la crocesi fece coraggiosamente
incontro ai dolorinon vedendo più che trionfo nella battagliae doviziadi gloria nella dovizia delle
sofferenze.
La vendita di quel po' di beni che mi restavanoche cedetti a mio fratelloi lenti preparativi
del convoglioil vento contrariomi trattennero a lungo nel porto. Ognimattina andavo ad
informarmi sulle condizioni di Ameliae ne tornavo sempre con nuovi motivid'ammirazione e di
lacrime.
Vagabondai incessantemente intorno al monastero costruito sulla riva delmare. Spesso vidi
a un finestrino con le sbarre che dava su una spiaggia desertaunareligiosaseduta in atteggiamento
pensoso; sognavadavanti all'oceanodove faceva la sua comparsa qualchevascello che veleggiava
verso l'estremità della terra. Molte volteal chiarore lunareho rivistoquella religiosa alle sbarre
della stessa finestra: contemplava il marerischiarata dall'astro notturnoe sembrava prestar
orecchio al rumore delle onde che s'infrangevano tristemente su spiaggesolitarie.
Mi sembra ancora di udire la campana chedurante la nottechiamava lereligiose alla veglia
e alle preghiere. Mentre lentamente rintoccavae le vergini avanzavano insilenzio verso l'altare
dell'Onnipotenteio correvo al monastero: làsolo ai piedi delle murainuna santa estasiascoltavo
gli ultimi suoni dei canti chesotto le volte del tempiosi mescolavano aldebole mormorio dei
flutti.
Non so come tutte queste coseche avrebbero dovuto nutrire il mio dolorenespuntassero
al contrarioil pungiglione. Quando le versavo alle rocce e ai ventile mielacrime erano meno
tristi. Persino il mio doloredi per sé eccezionaleportava con séqualche rimedio: ci si compiace di
ciò che non è usualepure quando si tratta di una disgrazia. Arrivai quasia sperare che anche mia
sorellaa sua voltaavrebbe sofferto di meno.
Una lettera che ricevetti prima della partenza sembrò confermarmi inquell'idea. Amelia si
lamentava con tenerezza del mio doloreassicurandomi che il tempo diminuivail suo. «Non dispero
della mia felicità»mi diceva. «L'eccesso stesso del sacrificioora cheè consumatoserve a darmi
un po' di pace. La semplicità delle mie compagnela purezza dei loro votila regolarità della loro
vitatutto cosparge di balsamo i miei giorni. Quando sento muggire letempestee l'uccello marino
venire a sbattere le sue ali sulla finestraiopovera colomba del cielopenso alla fortuna di aver
trovato un asilo contro la tempesta. Questo è il monte santola cimaelevata da dove si odono gli
ultimi rumori della terra e i primi accordi del cielo; qui la religioneinganna dolcemente un'anima
sensibile: agli amori più violenti essa sostituisce una sorta di ardentecastitàdove amante e vergine
sono un'unica cosa; essa purifica i sospiri; muta in fiamma incorruttibileuna fiamma mortale; essa14
confonde in modo divino calma e innocenza con ciò che rimane di turbamento evoluttà in un cuore
che cerca il riposoe in una vita che si apparta».
Non conosco quello che il cielo mi riservané se abbia voluto avvertirmiche ovunque le
tempeste accompagneranno i miei passi. Era stato dato l'ordine di partenzaalla flotta; al calar del
sole già molti vascelli erano pronti; mi ero sistemato per passare l'ultimanotte a terracosì da poter
scrivere la mia lettera d'addio a Amelia. Verso mezzanottementre sonointento a
quell'occupazionee bagno la carta con le lacrimeil rumore del vento micolpisce l'orecchio. Sto in
ascolto: distinguoin mezzo alla tempestai colpi d'avvertimento delcannone alternati ai rintocchi
funebri della campana del monastero. Corro sulla riva completamente desertada dove non si udiva
che il ruggire dei flutti. Mi siedo su uno scoglio. Da una parte la distesascintillante delle onde
dall'altra i cupi muri del monastero che si confondono con il cielo. Dallafinestra con l'inferriata
veniva una lucina. Eri forse tuo mia Ameliache inginocchiata ai piedi delcrocifisso pregavi il Dio
delle tempeste di risparmiare il tuo sventurato fratello? Sui flutti latempestala calma nel tuo
rifugio; uomini dilaniati dagli scogliai piedi di quell'asilo che nullapuò turbare; oltre il muro della
cellal'infinito; i fanali agitati dei vascelliil faro immobile delconvento; l'incerto destino del
navigantela vestale che in un solo giorno vede l'immagine di tutti i giornidella sua vita; altroveo
Ameliaun'anima come la tuatempestosa come l'oceano; un naufragio piùspaventoso di quello del
marinaio: tutta la scena è ancora incisa profondamente nella mia memoria.Sole di quel cielo nuovo
che ora è testimone delle mie lacrimeeco della riva americanacheripetete la voce di Renéfu il
giorno successivo a quella terribile notte cheappoggiato al cassero del miovascelloio vidi
allontanarsi per sempre la terra natale! A lungo contemplai l'ultimooscillare degli alberi sulla costa
della patriae la cima del monastero che scendeva all'orizzonte».
Come René ebbe finito di raccontare la sua storiaestrasse dal petto unacartache diede a
padre Souël; poigettandosi tra le braccia di Chactase soffocando i suoisinghiozzilasciò tempo al
missionario di scorrere la lettera che gli aveva consegnato.
Apparteneva alla Superiora di... Conteneva il racconto degli ultimi momentidi suor Amelia
della Misericordiamorta vittima del proprio zelo e della caritàmentresoccorreva le compagne
colpite da una malattia contagiosa. Tutta la comunità era inconsolabile epensava ad Amelia come
ad una santa. La Superiora aggiungeva chenei trent'anni che guidava ilconventonon aveva mai
visto una religiosa di carattere così dolce e così costantené che fossepiù contenta di aver lasciato
le tribolazioni del mondo.
Chactas strinse René tra le braccia; il vecchio piangeva. «Figlio mio»gli disse«vorrei che
fosse qui padre Aubryegli sapeva attingere dal fondo del suo cuore a non soquale serenità chepur
calmandolenon sembrava affatto estranea alle tempeste; era come la luna inuna notte d'uragano; le
nuvole che corrono non possono portarla via; pura e immutabileavanzatranquilla sopra di esse.
Ahimèper quanto mi riguardatutto mi turba e mi sconvolge».
Padre Souëlfino a quel momentoaveva ascoltato la storia di René senzadire una parola e
con aria austera. Egli aveva nell'intimo un cuore pieno di compassionemaesternamente mostrava
un carattere inflessibile; la sensibilità del Sachem lo spinse ad uscire dalsilenzio:
«Nulla»disse al fratello di Amelia«nulla in questo racconto merita lapietà che qui vi
viene dimostrata. Vedo un giovane uomo con la testa piena di chimerea cuinon va bene nientee
che si sottrae agli obblighi della società per abbandonarsi a inutilifantasticherie. Non si èsignore
uomini superiorisolo perché si vede il mondo sotto una luce odiosa. Siodiano gli uomini e la vita
quando si ha la vista corta. Spingete un po' più in là il vostro sguardoepresto vi convincerete che
tutti i mali di cui vi lamentate sono dei nulla assoluti. Che vergogna nonsaper pensare al solo male
autentico della vostra vitasenza essere costretto ad arrossire! Tutta lapurezzatutta la virtùtutta la
religionetutte le corone di una santa rendono appena tollerabile la solaidea dei vostri dolori.
Vostra sorella ha espiato la sua colpa; madevo dire ciò che pensotemocheper una spaventosa
giustiziala confessione uscita dal fondo della tomba abbia turbato a suavolta la vostra anima. Che
fatesolo in mezzo alle forestedove consumate i vostri giornidimenticando ogni dovere? Forse15
mi direteche anche i santi si sono sepolti nei deserti? Ma essi vi stavanocon le loro lacrime e si
sforzavano di spegnere le passionimentre voi perdete il tempoforseperattizzare le vostre.
Giovane presuntuosoche avete creduto che l'uomo potesse bastare a sestesso! La solitudine è
cattiva per chi non vi vive con Dio; essa raddoppia i poteri dell'animamentre toglie loro ogni
motivo per essere impiegati. Chiunque abbia ricevuto dei talentideveconsacrarli al servizio dei
suoi simili; se li lascia inutilizzatiprima ne viene punito per mezzo diuna segreta miseriae presto
o tardi il cielo gli invia una terribile punizione».
Scosso da quelle paroleRené alzò dal seno di Chactas la sua fronteumiliata. Il Sachem
cieco iniziò a sorridere; e quella bocca sorridente che non poteva piùaccompagnarsi al sorriso degli
occhiaveva qualcosa di misterioso e di celestiale. «Figlio mio»disse ilvecchio amante di Atala
«egli ci parla con severità; egli correggea ragioneil vecchio e ilgiovane. Sìbisogna che tu
rinunci a questa vita eccezionalepiena solo di sofferenze: la felicitàc'è soltanto lungo le vie
consuete.
«Un giorno il Meschacebéancora vicinissimo alla sorgentesi stancò diessere solo un
limpido ruscello. Chiede neve alle montagneacque ai torrentipiogge alletempesteforza i suoi
arginiportando la desolazione sulle sue belle rive. All'inizio l'orgogliosoruscello si rallegra della
propria potenzama vedendo che al suo passaggio tutto si faceva deserto; cheegli scorreva
nell'abbandono della solitudineche le sue acque erano sempre torbiderimpianse l'umile letto che
la natura gli aveva scavatogli uccellii fiorigli alberi e i ruscelliun tempo modesti compagni del
suo placido corso».
Chactas smise di parlaree si udì la voce del fenicottero chenascosto trale canne del
Meschacebéannunciava tempesta per mezzogiorno. I tre amici ripresero lavia delle loro capanne:
René camminava in silenzio tra il missionario che pregava Dioe il Sachemcieco che cercava la
strada. Si racconta chespinto dai due vecchitornò dalla sua sposamasenza trovarvi la felicità.
Morì poco tempo dopocon Chactas e padre Souëlnel massacro dei Francesie dei Natchez in
Louisiana. Si mostra ancora la roccia doveal tramontoegli andava asedersi.