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Honoré De Balzac

 

Scene della vita privata

 

IL COLONNELLO CHABERT

 

 

 

 Alla Contessa Ida Di Bocarné nata Du Chasteler

 

- Uffa! Ancora quel pastranaccio!

Così esclamò un piccolo scrivano della categoria "galoppini"come si usa chiamarli negli studi d'avvocatoil quale stava sbocconcellando con molto appetito un pezzo di paneda cui cavò a un tratto un po' di mollica per farne una pallottola che lanciò poicon gesto scanzonatoattraverso la finestra alla quale si era appoggiato.

La pallottolaben direttarimbalzò fin quasi all'altezza dei vetri dopo aver colpito il cappello d'uno sconosciutoche stava attraversando il cortile d'una casa situata in via Viviennerecapito dell'avvocato Derville.

- Basta! Simoninosmettetela con scherzi simili se non volete che vi scacci fuori della porta. Per quanto povero possa sembrarviun cliente è pur sempre un uomodiamine! redarguì il capo scrivanointerrompendo di tirar le somme su di una parcella.

Il galoppino è per lo più un ragazzo tra i tredici e i quattordici annie tale era infatti l'età di Simoninoche sbriga il suo lavoro alle dipendenze d'un maturo scrivanoper il quale spiccia qualche faccenduola personale non esclusa quella delle missive amoroseoltrebenintesol'incarico normale di recapitare intimazioni presso gli uscieri e istanze al Palazzo di giustizia.

E' un tipo curiosoche sta tra il birichino di Parigi per le sue abitudini e il monello litigioso per destinazione.

Quasi sempre senza freno e pietàegli è incorreggibileimprovvisatore di strofettebeffardoavido e poltrone. Malgrado ciòquesti galoppini trovano facilmente la buona inquilina d'un quinto piano disposta ad accoglierli in casamercé il corrispettivo d'una parte del loro mensileche non supera mai i trenta o quaranta franchi.

- Se costui è un uomoperché anche voi lo avevate chiamato pastranaccio? - ribatté Simonino con il fare di uno scolaro presuntuoso che creda di cogliere in fallo il suo maestro.

E riprese ad addentare il pane e il formaggioappoggiando la spalla sul montante della finestragiacché egli riposava abitualmente in piedicome i ronzinicon una gamba lievemente alzata e accostata all'altra poggiandola sulla punta della scarpa.

- Quale scherzo potremo giocare a quel mardocheo? disse sottovoce un altro scrivanodi nome Godeschalinterrompendo il corso d'un ragionamento che interessava un'istanza trascritta in minuta da un quarto scrivano e riprodotta in più copie da un paio di novizi venuti dalla provincia. Poiimprovvisandocontinuò: - "...ma nella sua nobile e protettrice saggezzaSua Maestà Luigi Diciottesimo... (ehmi raccomandoil tutto in lettere maiuscolesignor Desroches che state minutando) nel momento stesso in cui riprendeva in pugno le redini del suo regnocomprese... (che diavolo avrà mai potuto comprendere quel grosso burlone?) tutta l'elevatezza della missione alla quale la divina Provvidenza l'aveva chiamato... (punto d'esclamazione e sei puntini; al Palazzaccio sono sufficientemente bigotti per lasciarceli passare) e il suo primo pensiero fucome dimostra la data in calce specificatadi sanare i danni causati dagli orribili disastri dei nostri tempi rivoluzionarirestituendo ai suoi innumeri e fedeli sudditi (innumeri è parola che deve tornare particolarmente gradita al tribunale) ogni loro bene non alienatosia incorporato nei beni demaniali come in quelli ordinari o straordinari della Coronaoppure in quelli dotali delle varie amministrazioni pubblichecosicché noi ci crediamo e siamo autorizzati a crederci idonei a sostenere che tale è lo spirito del famoso e lealissimo decreto promulgato nel"... - Un attimo - disse Godeschal ai tre scrivanelli - questa maledetta frase viene a ingolfarsi proprio alla fine della pagina. Ebbene- egli riprese dopo aver inumidito con la lingua il dorso dell'incartamento allo scopo di poter meglio voltare la spessa pagina di carta bollata - ebbene... se voi volete giocargli un brutto tiroditegli che il nostro padrone non può ricevere i clienti che tra le due e le tre del mattino; vedremo un po' se avrà il coraggio di farsi vedereil vagabondo!

- E Godeschal ritornò alla fase interrotta: - "promulgato nel"...

Ci siete?

- Sì - risposero in coro i tre copisti.

Tutto procedeva di pari passol'istanzala conversazione e la congiura.

- "Promulgato nel"... Ehipapà Boucardqual'è dunque questa data? bisogna pur mettere i puntini sugli isacripante! Ciò allunga il testo...

- "Sacripante"! - ripeté uno dei copistiprima ancora che papà Boucardil capo scrivanoavesse risposto.

- Per tutti i diavoliavete scritto "sacripante"?- gridò Godeschaltra l'indignato e lo scherzosofulminando uno dei due novizi.

- Sìsì - disse Desrochesil quarto scrivanellocurvandosi sulla copia del suo vicino - egli ha proprio scritto: "bisogna mettere i puntini sugli i" e "sacripante" con un kappa.

Scoppiò una risata generale.

- Alla buon'oramio Hurévoi scambiate sacripante per un termine legale e poi mi venite a raccontare che siete di Mortagne! - esclamò Simonino.

- Sucancellate con cura! - riprese il capo scrivano. Se il giudice incaricato di ricevere l'incartamento vedesse cose similidirebbe che offendiamo la nostra nobile missione d'imbrattacarte!

Faremmo avere delle noie al nostro padrone. Non commettiamo più sciocchezze signor Huré! Un uomo di Normandia non può scrivere con negligenza un'istanzail "presentat'arm" della legalità.

- "Promulgato nel... nel..."? - domandò Godeschal. Insommame lo volete direBoucard?

- Giugno 1814 - rispose il capo scrivano senza interrompere il suo lavoro.

In quel mentre bussarono alla portainterrompendo così il corso della prolissa istanza. Cinque scrivanellisdentatidagli occhi vivaci e maliziosidalla capigliatura spessaalzarono il naso in direzione della portadopo di aver gridato in coro: - Entrate! - Boucard rimase invece mezzo sepolto in un mucchio di carte e di brogliaccicontinuando a sommare cifre sulla parcella.

Lo studio si presentava come una grande stanzacon la classica stufa che è ornamento abituale di questa specie di tempio del litigio. I tubi attraversavano diagonalmente tutta la stanza per finire in un caminetto fuori usosul cui marmo si ammonticchiavano pezzi di panetriangoli di formaggio di Briecotolette di maialebicchieribottiglie einfinela tazza di cioccolata di papà Boucard. L'odore di tutti quei commestibili si amalgamava alla perfezione con il puzzo della stufarinfocolata senza risparmioe con l'indefinibile lezzo della cartacciasicché l'odore selvaggio d'una volpe non sarebbe stato neppure percettibile. Il pavimento era imbrattato di fanghiglia e di neveportatevi dagli scrivani. Presso la finestra stava la scrivania mobile del capo eaddossato a questail tavolino del secondo scrivanoil qualeal momentosi occupava delle pratiche da inviare al Palazzo. Potevano essere le ore otto o le nove del mattino. Unico ornamento alle pareti della stanza quei grandi manifesti giallicci che annunciano sequestri giudiziarivenditeasteappalti perfezionati o in preparazioneinsommatutti i titoli di gloria degli studi d'avvocato! Dietro la scrivania del caposi drizzava un enorme casellario che riempiva tutta la parete con i vari scomparti ricolmi di cartelle dalle quali pendevano in numero inverosimile etichette e pezzi di spago rosso indicanti particolari incartamenti delle procedure in corso. Ai piani inferiori del casellario si affastellavano cartelle ingiallite dall'usobardate di carta bluastra su cui spiccavano i nomi dei clienti più importantii cui affari piuttosto grassi si stavano cucinando. Dai vetri sudici filtrava a stento la luce del giorno.

In veritàben pochi sono gli studi parigini nei quali si possa lavorare in febbraio senza l'ausilio d'una lampada prima che scocchino le diecie ciò non può stupire in quanto lo stato miserando di quei locali è in relazione al fatto che tutti ci entranose ne vanno e nessun interesse personale giustifica una qualsiasi cura di cose che sembrano banali: né l'avvocatoné i clientiné gli scrivani desiderano trovarsi in un ambiente decoroso dal momento cheper il primolo studio è un laboratorioper i secondi un passaggio e per gli altri una classe. Il mobilio bisunto passa in eredità da un avvocato all'altro con uno scrupolo quasi religiosoper cui si possono....

ammirare tuttorain taluni studidelle casse per rifiutidegli stampi fuori uso e dei sacchetti già appartenenti ai procuratori del CHLETabbreviazione di CHATELETgiurisdizione che sostituivasotto il vecchio regimel'attuale tribunale di prima istanza.

Questo studio semibuio e polveroso destava dunquea ragioneuna certa qual ripugnanza nei clienti e costituivacon tutti gli altri dello stesso livellouno dei più vergognosi aspetti della società parigina.

Se non esistessero le sacrestie dove le preghiere si soppesano e si vendono come droghe; se non esistessero i rivenduglioli i cui stracci hanno anche la funzione di rammentarci come finiscono le illusioni e i festeggiamenti; se simili ricettacoli del sentimento non esistesserosarebbe indubbiamente lo studio dell'avvocato a mantenere un primato tra i botteghini della nostra società. Non molto diverso è lo spettacolo offerto dalle case da giuocodai tribunalidalle lotterie e da taluni luoghi innominabili. Perché tutto ciò? E' probabile chein quegli ambientiil dramma che sconvolge la coscienza umana renda trascurabilefutile ogni elemento accessorio. Si potrebbe anche spiegarein tal modol'abituale semplicità dei grandi pensatori e dei conquistatori ambiziosi.

- Dov'è il mio temperino?

- Io sto facendo colazionenon vedi?

- Va' a farti benedire... eccoun'altra macchia sull'istanza!

- Sssstamici...

Esclamazioni e domande esplosero contemporaneamentenel momento stesso in cui il vecchio cliente chiudeva dietro di sé la portacon un gesto di umiltà che tradiva l'intima sofferenza. Lo sconosciuto abbozzò un sorrisocercò invano il più lieve segno di simpatia in quei ragazzi spietatamente indifferenti. I muscoli del suo viso di distesero subito. Assuefatto a tollerare e a giudicare il prossimoegli si rivolse con molto garbo a uno dei galoppininella fiducia che gli rispondesse con altrettanta gentilezza.

- Pregosapreste dirmi se l'avvocato riceve?

Per tutta rispostail malizioso galoppino si batté ripetuti colpi sull'orecchio sinistrocome per significare: "Sono sordo".

- Che cosa desideratesignore? - domandò Godeschalmentre ingoiava un pezzo di pane che sarebbe bastato per caricare un cannoncino da quattro centimetribrandiva il suo coltello e incrociava le gambe sì da portare un ginocchio all'altezza degli occhi!

- Io vengo per la quinta volta - rispose pazientemente il vecchio - e desidero essere ricevuto dal signor Derville.

- Per affari?

- Benintesoma non posso confidarmi ad altri.

- Il padrone dorme; se desiderate consultarlo per una questione importantevi debbo dire che egli non lavora a fondo che di notte. Ma se si trattasse d'altro... noi potremmo benissimo...

Lo sconosciuto non batté ciglio. Guardò attorno di sé come un cane che si intrufoli in una cucina sconosciuta e tema di essere bastonato. Per loro naturaquesti scrivanelli non temono gli imbroglioni; non ebbero quindi alcuna diffidenza verso l'uomo dal vecchio pastranolasciando che egli cercasse all'intorno una sedia per riposarsi. Era visibilmente affaticato. In generenegli studi d'avvocato le sedie non abbondano. Il cliente da pocostanco di aspettare in piedise ne va brontolandoma non perde almeno il suo tempoun tempo chesecondo l'espressione d'un vecchio procuratorenon può mai essere calcolato in parcella.

- Vi ho già detto - riprese il vecchio - che io non posso spiegare il mio caso che all'avvocato; aspetterò quindi che egli sia disponibile.

Boucard aveva terminato le sue somme. Sentì l'odore della cioccolataabbandonò la sua sedia di viminimosse verso il caminettofissò il vecchiosbirciò il pastrano e disegnò una indescrivibile smorfia. Forse pensava cheanche a spremerloda un cliente simile non si sarebbe cavato un centesimo. Si decise a intervenire alla spiccia pur di liberare lo studio da un pessimo acquisto.

- Badatevi hanno detto la pura verità. L'avvocato non lavora che di notte. Se il vostro caso è gravevi consiglio di ritornare verso l'una del mattino.

Il cliente fissò il capo scrivano come se non avesse capito e rimase immobile a lungo. Abituati a tutte le variazioni d'umore e di fisonomia come ai singolari effetti prodotti dall'indecisione o dalla meditazione che caratterizzano gli uomini destinati a finire in giudiziogli scrivani continuarono a consumare la colazione con un rumore di mascelle che richiamava quello dei cavalli alla mangiatoiae non badarono più al vecchio.

- Ebbene... tornerò stasera - riprese il vecchio dopo una lunga pausa dimostrando quell'ostinazione caratteristica dei disgraziati che vogliono pescare in fallo il proprio prossimo.

La sola protesta consentita alla miseria è di obbligare la giustizia e la beneficenza a mostrarsi ingiuste. Quando gli infelici possono provare che la società è nemicasi rifugiano più febbrilmente nel seno di Dio.

- E' davvero un terribile seccatore - disse Simonino senza attendere che il vecchiouscendoavesse richiusa la porta.

- Ha l'aspetto di un cadavere - commentò lo scrivano.

- E' un colonnello che reclama degli arretrati aggiunse il capo.

- No! è un portinaio - disse Godeschal.

- Scommettiamo che si tratta di un nobile? - gridò Boucard.

- Io scommetto che è stato portinaio. Soltanto loro hanno in guardaroba pastrani così vecchisdrucitibisunticome quello che ci è venuto dinanzi. Non avete osservato gli stivali scalcagnati e la cravatta che gli serviva da camicia? Egli ha dormito sotto i pontive lo dico io...

- Potrebbe essere un nobile decaduto - osservò Desroches. - Sono cose che capitano.

- No - riprese Boucard tra le risate generali - io sostengo che è stato un birraio nel 1789 e colonnello sotto la repubblica.

- lo scommetto un ingresso a teatro per tuttiche non ha mai servito sotto le armi - disse Godeschal.

- Accettato - replicò Boucard.

- Signore... signore... - gridò il piccolo scrivano aprendo la finestra.

- Che cosa stai facendoSimonino! - chiese Boucard.

- Gli chiedo se è stato colonnello o portinaiolui almeno lo saprà!

Si udì una risata generale. Il vecchio stava già risalendo le scale.

- Che dirgli ora? - chiese Godeschal.

- Lasciatemi fare - rispose Boucard.

Il poveraccio rientrò timidamentegli occhi a terraforse per non tradire la fame che si risvegliava davanti alle cibarie degli scrivani.

- Voleteper favoredirci il vostro nome affinché io possa comunicarlo all'avvocato e...

- Chabert.

- Il colonnello caduto a Eylau? - insinuò Huré cheessendo stato zitto fino a quel momentonon voleva esser da meno degli altri maliziosi chiacchieroni.

- Proprio luigiovanotto - rispose il vecchio con austera semplicità. E se ne andò.

- Patatrac!

- Bocciato!

- Puff!

- Oh!

- Ah!

- Bum!

- Ah! un originale davvero!

- Trinnlalatrinn trinn.

- Battuto!

- Signor Desrochesvoi andrete gratuitamente a teatro - disse Huré al quarto scrivanobattendogli un colpo sulla spalla con tanta forza da stordire un rinoceronte.

Fu come uno scroscio di risadi esclamazionidi grida; a descriverlo occorrerebbero tutte le voci onomatopeiche del vocabolario.

- A quale teatro si va?

- All'Opera - decise il caposcrivano.

- Anzitutto - ribatté Godeschal - non era stato prescelto alcun teatro. Se voletevi posso condurre presso la signora Saqui.

- La signora Saqui non è certo uno spettacolo obiettò Desroches.

- Che cos'è dunque uno spettacolo? - riprese Godeschal. - Fissiamo bene il punto di partenza. Che cosa ho scommesso? Uno spettacolo.

E che cos'è uno spettacolo ? Una cosa che si può vedere...

- Di questo passovoi ve la cavereste conducendoci a vedere l'acqua che scorre sotto il Ponte-Nuovo - interruppe Simonino.

- Che si può vedere a pagamento - corresse Godeschal continuando.

- Quante cose si possono vedere a pagamento e non costituiscono affatto uno spettacolo. La definizione è errata sentenziò Desroches.

- Ascoltatemidunque...

- Voi sragionatemio caro - disse Boucard.

- Curtiusad esempioè uno spettacolo? - ribatté Godeschal.

- No - rispose il capo scrivano - è un museo delle cere.

- Io scommetto cento franchi contro uno - riprese Godeschal - sul fatto che la sala Curtius offre tutto ciò che può costituire uno spettacolo; qualche cosa da vedereprezzi differenti secondo i posti...

- E "patati patatun"...

- Bada che uno schiaffo non te lo risparmia nessuno! - minacciò Godeschal. I giovani alzarono le spalle.

- A pensarci su benenon è poi improbabile che quel vecchio scimmione si sia fatto beffe di noi - riprese Godeschal cambiando argomento. - Il colonnello Chabert è morto defunto; sua moglie è passata in seconde nozze con il conte Ferraudconsigliere di stato. La signora Ferraud è una nostra cliente...

- L'udienza è rinviata a domani - disse Boucard. Al lavoro!

Pappemollinon concludete molto voi... Finiamo quest'istanza che dev'essere presentata prima dell'udienza della quarta sezione.

L'affare passa oggi stesso. A cavallosignori!

- Se fosse veramente il colonnello Chabertnon avrebbe indirizzato la punta del piede al deretano di Simoninoquando questa canaglia si è finta sorda? - obbiettò Hurépersuaso che l'osservazione fosse molto più probante di quella del compagno.

- Dal momento che nulla è stato deciso - riprese Boucard - decidiamo di andare al Teatro dei Francesisecondi postia vedere Talma in "Nerone". Simonino si accontenterà della platea.

Questa decisione troncò ogni incertezza e tuttisull'esempio del caposi sprofondarono nelle loro sedie.

- "Promulgato nel milleottocentoquattordici" (tutto in lettere) - dettò Godeschal. - Ci siete?

- Ci siamo - esclamarono in coro minutante e copisti.

Si udì il fruscio delle penne sulla carta bollatacome se cento maggiolini fossero rinchiusi in quelle gabbie di carta che sono una specialità degli scolari.

- "E noi confidiamo che i signori del tribunale"...- dettò l'improvvisatore. - Un momento! Devo rileggere il tuttoperché ho perso il filo della frase.

- Quarantasei... Ehè un guaio che deve capitargli spesso!... e tre fanno quarantanove - borbottò Boucard.

- "Noi confidiamo - riprese Godeschal dopo aver riletto il testo - che i signori del tribunale non saranno meno magnanimi dell'augusto promulgatore del decreto e che essi rigetteranno le inconsistentipretesedell'amministrazionedella grande cancelleria della Legion d'onore adottando quei più larghi criteri della giurisprudenza che noi ci permettiamo di indicare"...

- Godeschalposso offrirvi un bicchiere d'acqua? chiese il galoppino.

- Sempre scherziquel Simonino! Animosella il tuo cavallo a doppia suolae a passo di danza porta questo pacchetto agli Invalidi.

- "Che... che noi ci permettiamo d'indicare" riprese Godeschal - aggiungete: "nell'interesse della... (maiuscolo!) viscontessa de Grandlieu".

- Viscontessa de Grandlieu contro Legion d'onore? e voi perdete il tempo in un affare "à forfait"? - urlò Boucard. Pezzo d'imbecille!

Mettete via quella minuta e quelle copie; mi serviranno per l'affare Navarreins contro gli Ospizi. E' tardi; butto giù due righe d'istanzacon tutti gli "atteso che"... e me ne andrò io stesso al Palazzo.

Scenette come questa faranno esclamare un giorno: buon tempo antico!

 

Verso l'una del mattinoil preteso colonnello Chabert bussò alla porta del signor Dervilleavvocato presso il tribunale di prima istanza del dipartimento della Senna.

Il portinaio avvertì che l'avvocato non era ancora arrivato. Il vecchio obiettò di avere un appuntamento già fissato e salì allo studio del rinomato uomo di legge chequantunque giovaneera ritenuto uno dei più brillanti avvocati. Dopo aver suonato alla porta dello studioil sospettoso cliente fu alquanto sorpreso nel constatare che il capo scrivano stava collocando sulla tavola della sala da pranzo numerosi incartamenti relativi alle pratiche del giorno. Lo scrivanocon pari stuporesalutò il colonnello pregandolo di accomodarsi.

- Vi assicurosignoreche avevo pensato a uno scherzo quando mi è stato detto che l'avvocato riceve all'una del mattino - disse il vecchio con un tantino di falsa gaiezzala gaiezza d'un uomo rovinato che si sforzi di sorridere.

- Gli scrivani scherzavano e dicevano nel tempo stesso la verità - ammise il capo scrivano continuando il suo lavoro. - L'avvocato preferisce queste ore per esaminare le causestudiare la procedurala condotta da tenere e predisporre la difesa. La sua mente prodigiosa è più libera; il silenzio e la tranquillità sono nutrici di buone idee. Voi siete il terzo cliente che viene ricevuto a quest'ora di notte. Appena al suo tavolol'avvocato esamina le causelegge tuttotrascorre quattro o cinque ore così; poi mi chiama e impartisce le sue direttive. Il mattinotra le dieci e le dueascolta i clienti; il resto della giornata è dedicato ai suoi appuntamenti privati. La seraconduce vita mondana allo scopo di mantenere utili relazioni. Come vedetenon gli resta che la notte per approfondire le questioniscovare negli arsenali del Codice quel che gli occorre e stilare piani di battaglia. Egli non vuole conoscere sconfitte; sente tutta la passione dell'arte. Non si occupacome i suoi colleghidi qualsiasi causa. Questa è la sua vitasingolarmente attivache gli procura anche dei profumati guadagni.

Nell'ascoltare queste spiegazioniil vecchio non batté ciglio; il suo aspetto bizzarro si spogliò quasi d'ogni umanità per cui lo scrivanodopo averlo squadrato dalla testa ai piedinon si occupò più di lui.

Non erano passati che pochi istantiquando Derville entrò nella stanza; vestiva l'abito da società. Il capo scrivanodopo avergli aperto la portasi era rimesso al suo lavoro. Il giovane avvocato fu alquanto sorpreso nel vedereimmerso nella semioscuritàil singolare cliente che lo stava aspettando. Il colonnello Chabert era immobileproprio come quelle statue di cera della sala Curtius dove Godeschal avrebbe voluto condurre i suoi compagni.

Tale immobilità non avrebbe destato forse alcuno stupore se non si fosse riferita a un personaggio assolutamente fuori del comune. Il vecchio soldato era magro fino a sembrare disseccato. La frontenascosta di proposito sotto una parrucca piuttosto radaaccentuava l'aspetto misterioso del vecchio. I suoi occhi parevano ricoperti da un sottilissimo velo; sembravano di vecchia madreperla i cui riflessi bluastri vibrassero alla luce di una candela. Un viso pallidolividotagliente come la lama di un coltellose fosse lecito usare questa similitudine volgare; il volto di un cadavere. Al colloben strettauna cravatta sfilacciata di seta nera. L'ombra inghiottiva totalmente il corpo sicchécon un po' d'immaginazionesi sarebbe creduto a una testa disegnata nell'ariao a un ritratto del Rembrandt senza cornice.

La tesa del cappello disegnava un solco d'ombra sul viso del vecchio. Effetto bizzarroancorché molto naturaleche determinava un netto contrasto con le bianche rughecrudamente segnatecon l'aspetto atono di quel viso cadaverico. Una totale assenza di movimento muscolaredi calore nello sguardo richiamava a una melanconica folliacon i segni degradanti che caratterizzano l'idiozia; insommaun non so che di lugubre che la parola stenta a esprimere. Ma un attento osservatoree soprattutto un avvocatoavrebbero scoperto qualcosa di diverso in quell'uomo distrutto da un profondo dolore: il segno di una miseria spaventosa che aveva scavato quel viso come le gocce d'acqua riescono a scavare lentamente una lastra di marmo. Un medicoun autoreun magistrato avrebbero facilmente intuito tutta l'ampiezza del dramma che si celava in quella figura orribile e sublimerichiamante ai fantasiosi disegni che i pittori sogliono tracciare in calce alle loro pietre litografichedistrattamente conversando con gli amici.

Nello scorgere l'avvocatolo sconosciuto ebbe un sussultoun tremitolo stesso che coglie i poeti quandonel pieno silenzio della nottevengono distolti dai loro sogni da un rumore inatteso. Il vecchio si tolse il cappello e si alzò per salutare l'avvocato; il marocchino del cappello doveva essere talmente unto che la parrucca vi restò incollatasenza che il vecchio se ne accorgessemettendo a nudo un cranio orrendamente sfregiato da una cicatrice che partendo dall'occipite finiva obliquamente all'orecchio destroformando per tutta la sua ampiezza una mostruosa sporgenza. L'incidente di quella malandata parruccache il poveraccio portava per nascondere la feritanon mosse certamente al riso i due che gli stavano dinanzitanto orribile a vedersi era quel cranio sfregiato. Il primo impulsoa tale spettacoloera di credere che attraverso la ferita ogni vigore d'intelligenza se ne fosse volato via.

- Anche se non si tratta del colonnello Chabertcostui deve essere stato certamente un fiero soldataccio - pensò Boucard.

- Con chi ho dunque l'onore di parlare? - chiese l'avvocato.

- Con il colonnello Chabert.

- Quale?

- Quello caduto a Eylau- precisò il vecchio.

A questa inattesa rispostal'avvocato e lo scrivano si scambiarono un'occhiata:

- Deve trattarsi d'un pazzo!

- Avvocato - riprese il colonnello - io gradirei parlarvi da solo a solo.

E' naturale per uomini di legge non lasciarsi mai cogliere alla sprovvista: sia per l'abitudine di ricevere un gran numero di personesia per quel tono di protezione che il mestiere stesso gli conferiscesia per una naturale considerazione del proprio ministerosi trovano a loro agio in qualsiasi situazionecome lo sono i preti e i medici. Derville fece un segno a Boucarde questi disparve.

- Vi devo direcolonnelloche durante la giornata io non sono mai avaro del mio tempo; ma nelle ore della notte i minuti mi sono davvero preziosi. Vi pregoperciòdi essere breveconciso.

Andiamo ai fatti senza divagare. Vi chiederò io stesso dei chiarimentise mi sembreranno necessari. Dite pure...

Dopo aver pregato lo strano cliente di prendere posto a suo agiosi pose al tavolodirimpetto edisponendosi ad ascoltare la storia del fu colonnelloprese a sfogliare i suoi incartamenti.

- Saprete forse - disse il defunto - che io comandavo un reggimento di cavalleria a Eylau. Molto mi si deve per il successo della famosa carica condotta dal Muratuna carica che decise della vittoria. Disgraziatamente per mela mia morte è ormai un fatto storico ricordato in tutti i suoi particolari nel volume "Vittorie e Conquiste". Noi spezzammo in due tronconi le tre linee russe cheessendosi ricomposteci obbligarono a riattraversarlecombattendo in direzione opposta. Mentredopo avere sbaragliato i Russifacevamo ritorno verso il luogo dove stava l'Imperatorepresi contatto con un forte scaglione di cavalleria nemica. Mi scagliai contro la testa di quel reparto. Due ufficiali russiveri gigantimi attaccarono e uno di essi mi diede una sciabolata sulla testa fino a toccare il berrettino di seta nera che io portavospaccandomi il cranio. Caddi da cavallo. Murat si precipitò in mio soccorso e passò sul mio corpolui e i suoi soldatimillecinquecento uominiscusate se è poco! La mia morte fu comunicata all'Imperatore checolpito da perplessità... mi voleva un po' di benelui!... domandò se non ci fosse più speranza di poter salvare la vita a un uomo cui si doveva pur attribuire il merito di quell'attacco travolgente. Inviò infatti due chirurghi per cercare di me e condurmi all'ambulanza dicendo loroforse un po' troppo alla buona: "Andate a vedere se per caso il mio buon Chabert ha ancora gli occhi aperti". Si capisceaveva ben altro a cui pensare! Quei due maledettiavendomi veduto sotto gli zoccoli di due reggimenti di cavallerianon si degnarono neppure di tastarmi il polso e confermarono la mia morte. L'atto di decesso fu dunque steso in piena regolasecondo le norme in uso tra di noi militari.

Ascoltando un simile raccontofatto con piena lucidità mentale e del tutto verosimileancorché non comuneil giovane avvocato aveva sospeso la lettura dei suoi incartamenti eappoggiando il gomito sinistro sulla tavola e tenendo la testa fra le manifissò a lungo il colonnello.

- Sapete voicolonnello - interruppe l'avvocato che io sono il legale della contessa Ferraudvedova del colonnello Chabert?

- Mia moglie! Lo so. Per questodopo aver tentato cento volteinutilmentedi esporre il mio caso ad altri avvocatichetuttimi hanno creduto un pazzomi sono deciso di venire da voi. Delle mie disgrazie vi parlerò in seguito. Lasciatemi stabilire prima di tutto alcuni dati di fatto e come le cose devono essersi svolte; devono e non... si sonoperché talune circostanzeche solo il Padre eterno può conosceresi presentano a me come ipotesi.

Dunqueriprendendoè probabile che le ferite mi abbiano causato un'infezione tetanica edi conseguenza una crisi del tutto analoga a quella forma di malattia che viene chiamatase non mi sbagliocatalessi. Se non fosse stato cosìcome spiegare chesecondo gli usi di guerraio sia stato spogliato dei miei abiti e gettato nella fossa comune dai soldati incaricati di seppellire i morti? Devo qui aprire una parentesi circa un particolare di cui venni a conoscenza molto tempo dopo la mia morte.

Ho incontratonel 1814a Stoccarda un vecchio maresciallo d'alloggio del mio reggimento. Quella brava personala sola che abbia voluto riconoscermie della quale vi parlerò ancorami spiegò il fenomeno della mia sopravvivenzaricordando che il cavallo era stato colpito al fianco da una granata nello stesso momento in cui ero stato ferito. Cavallo e cavaliere erano stramazzaticome cadono i castelli di carte. Abbattendomi al suoloa sinistra o a destra che fosseil corpo del mio cavallo mi fece scudoimpedendo che io fossi calpestato dai cavalli e colpito dai proiettili. Allorché rinvenniavvocatomi trovavo in una posizione e dentro a un'atmosfera che non potrei descriverviparlassi fino a domani. Respiravo un'aria mefitica. Tentai inutilmente di muovermi; mancava il minimo spazio. Aprii gli occhi e non mi riuscì di vedere alcunché. La mancanza d'aria era ciò che più mi preoccupava e che mi fece comprendere in quale critica situazione mi trovassi. Se rimanevo in quella posizione e senz'aria ero bell'e spacciato. Questo pensiero m'impedì persino di sentire il dolore fisico acutissimo che mi aveva fatto tornare in me. Le mie orecchie ronzavano con violenza. Udii o credetti di udire dei lamenti che provenivano dal mucchio di cadaveri in cui mi trovavo sepolto. Il ricordo di quegli istanti è quanto mai tenebroso; i miei ricordi sono confusisenza contare le sofferenze che ne seguirono e che hanno sconvolto il mio cervello; eppuretalvoltanella nottemi pare di riudire quei gemiti soffocati distintamente. Ma più orribile delle grida era il silenzioun silenzio di cui non avevo mai avuto sensazioneil silenzio della tomba! Infine alzando le mie manitastando i cadaveriscoprii un vuoto tra la mia testa e il carnaio che mi sovrastava. Ebbi dunque la sensazione di uno spazio e della sua ampiezzauno spazio offertomi dal destino senza che se ne possa dire la ragione. Sembra chenella furia o nella negligenza che si accompagnano a tal genere di lavorodue cadaveri siano stati gettati sopra di me in modo tale da farmi voltacome avviene di due carte che i bambini appoggiano l'una all'altra per stabilire le fondamenta del loro castelluccio. Cercando di farmi luce alla svelta... non era il caso di poltrire... toccai fortunatamenteun braccioun braccio che non apparteneva a nessunoil braccio d'un Ercole! Un osso provvidenziale al quale devo la mia salvezza.

Senza di essosarei all'altro mondo. Con un accanimento di cui potete immaginare l'energiami adoperai per rimuovere i cadaveri e giungere allo strato di terra che certamente ci coprivadico ci coprivacome se si fosse trattato di esseri viventi! Ho fatto del buon lavoronon è vero?se mi vedete qui. Io non so beneneppure oggicome sia stato capace di sfondare quella barriera di carne che mi separava dalla vita. Voi direte che disponevo di tre braccia! Giàquella leva di cui io mi servivo con abilità mi procurava uno spiraglio d'aria tra i cadaveriun'aria da respirare con moderazionevi assicuro. Infinela lucema attraverso una coltre di neve. In quel momento mi accorsi del mio cranio fracassato. Per fortunail mio sanguequello dei miei compagni o quello fuoruscito dalla stessa pelle sforacchiata del mio cavalloche ne so?coagulando aveva formato una specie d'impiastro. Malgrado la crosta che ne era risultataio svenni quando il mio cranio fu a contatto con la neve. Quel po' di calore residuo aveva fatto fondere la neve attorno a me. Quando ripresi conoscenzadalla stretta apertura nella quale mi trovavourlai a più non posso. Era appena l'alba e non avevo speranza d'essere udito. Qualche contadino era di già al lavoro? Cercai di drizzarmi un po' di piùpuntando i piedi su quei cadaveri che avevano le reni più solide. Voi capite che non era il momento di biascicare un... rispettate il coraggio sfortunato! In brevedopo aver conosciuto la disperazionema la parola rende bene tutta la rabbia di quel momento?nel vederee per lungo tempoi Tedeschi che se la svignavano per avere inteso una voce là dove non doveva trovarsi più anima vivavenni infine soccorso da una donnanon so se più coraggiosa o curiosa nell'avvicinarsi a una testa che sembrava spuntata dalla terra come un fungo. La donna chiese aiuto al maritoed entrambi mi trasportarono nella loro misera abitazione. Sembra che io sia ricaduto in catalessiuso questo termine per descrivervi meglio uno stato fisico del quale non posso rendermi contoma che risponde beneanche per quello che ne dissero i miei protettori. Sei mesi tra la morte e la vitasenza articolar parolao vaneggiando quando mi riusciva d'aprir bocca. Infinei miei salvatori riuscirono a farmi ricoverare all'ospedale di Heilsberg. Voi comprendereteavvocatoche io ero uscito dalla fossa nudo come un verme; di modo chesei mesi doporicordandomi un bel mattino che ero pur stato il colonnello Chabert e volendo che i miei guardiani mi trattassero con maggior rispettotutti i compagni della corsia scoppiarono in una risata.

Fortunatamenteil chirurgoforse per amor proprioavendo garantito la mia guarigionesi era molto interessato della mia malattia. Non appena potei parlargli con qualche nesso della mia esistenza trascorsaquel brav'uomodi nome Sparchmannriuscì a far constatarenelle forme giuridiche in vigore nell'esercitoil modo miracoloso con il quale mi ero salvato dalla fossa dei cadutiil giorno e l'ora in cui fui raccolto dalla mia benefattrice e da suo marito; il genere e la posizione delle feriteunendo a ogni verbale una descrizione della mia persona.

Lo credereste? io non posseggo tali importantissimi documenti e neppure la copia della dichiarazione che io feci davanti a un notaio di Heilsberg allo scopo di stabilire la mia vera identità.

Dal giorno in cuiper avvenimenti di guerradovetti abbandonare quella cittàho sempre girovagato come un pezzentemendicando il panefacendomi trattare da pazzo ogni qualvolta accennavo alla mia avventurae senza aver potuto né trovare né guadagnare un soldo che mi consentisse di procurarmi i documenti del tutto necessari per confermare le mie dichiarazioni e a restituirmi alla vita sociale. Spessoper il rincrudirsi dei miei dolori mi toccava trascorrere mesi e mesi nelle piccole città dove si prodigavano cure ai Francesi malatima si rideva sul naso di un uomo che pretendeva di essere il colonnello Chabert redivivo. Per lungo tempoquelle risaquei dubbi mi resero furioso; una collera che mi danneggiò a tal punto da farmi internare come pazzo a Stoccarda. In veritàgiudicatene voi stesso dopo il racconto che vi ho fatto delle mie peripeziec'erano motivi sufficientisenza alcun dubbio per mettere un uomo sotto catenaccio! Dopo i due anni di ricovero che fui costretto a sorbirmidopo aver udito mille volte i miei guardiani designarmi: "Ecco un povero diavolo che crede di essere il colonnello Chabert!" ad altre persone che rispondevano invariabilmente: "Ohil pover'uomo!"io dovetti persuadermi dell'impossibilità di uscire una buona volta da quell'avventura e divenni tristerassegnatotranquillorinunciando al mio vero nome pur di uscire da quella prigione e rivedere la Francia. Ohrivedere Parigi! era un sogno delirante che io non...

Senza ultimare la fraseil colonnello Chabert si lasciò trascinare dal vortice dei pensieri in un profondo fantasticare.

Derville non fiatò.

- Un bel giorno - riprese poi il cliente - un giorno di primaverami venne consegnata la chiave... dell'aria libera e dieci talleri con il pretesto che ormai io potevo parlare di ogni cosa sensatamente e che non insistevo più nel credermi Chabert. Se devo confessarloa quell'epoca e anche orasecondo l'umoreil mio nome vero mi ripugna. Vorrei essere un altro. Il sentimento dei miei diritti mi schianta. Almeno se la mia ferita m'avesse cancellato del tutto il ricordo della vita trascorsasarei stato e sarei felice! avrei ripreso servizio sotto un nome qualsiasi echi lo può dire?sarei forse salito al grado di maresciallo di campo in Austria o in Russia.

- Caro signorevoi scombussolate tutte le mie idee- obbiettò l'avvocato. - Per favorefermiamoci un attimo...

- Voi siete l'unica persona che mi abbia ascoltato pazientemente- disse con un velo di melanconia il povero colonnello. - Non ho trovato un solo avvocato che abbia voluto anticiparmi dieci napoleoni per procurarmi in Germania i documenti indispensabili per imbastire una causa...

- Un processo? - chiese l'avvocato quasi dimenticandocolpito com'era dal racconto di tante miseriein quale dolorosa situazione si trovasse ora il suo cliente.

- La contessa Ferraud non è forse la mia legittima moglie? Non possiede forse una rendita di trentamila franchiche sono mieilei che non vuol cacciare un centesimo per me? Quando io pongo questi quesiti a degli avvocatia degli uomini di buon senso; quando iomendicantemi propongo d'intentare causa a una contessa e a un conte; quando iodefuntomi scaglio contro un atto di morteun atto di nozze o di nascitaessi mi congedano secondo il temperamento di ciascunoora con la fredda gentilezza che vi anima nel trovarvi alle prese con un disgraziatoora con la rudezza che vi è abituale quando ritenete di aver a che fare con intriganti o con dementi. Sono stato sepolto sotto i cadaveri; ora sono sepolto sotto i viventi!sotto la carta bollatasotto gli avvenimenti che mi vogliono defunto a ogni costo!

- Continuatecontinuate - disse l'avvocato - ve ne prego...

- Ve ne prego! - esclamò il disgraziato afferrando le mani di Derville - ecco un'espressione di gentilezza che io non ho più udito da allora...

Il colonnello scoppiò in lacrime. La riconoscenza gli impediva di continuare. L'indefinibile e penetrante eloquenza dello sguardodel gestodel silenzio stesso commosse l'avvocatolo persuase della buona causa.

- Ascoltatemi - disse - io ho vinto stasera trecento franchi al gioco; posso ben impiegarne la metà per rendere felice un uomo.

Inizierò subito le pratiche necessarie per procurarvi i documenti di cui mi avete parlato; nell'attesavi corrisponderò cento soldi al giorno. Se voi siete veramente il colonnello Chabert perdonerete facilmente a un giovane avvocato che deve farsi strada la pochezza del suo prestito. Continuate...

Il preteso colonnello rimase un attimo sorpresoimmobile; la sua estrema indigenza aveva senza dubbio distrutto in lui ogni fede nel prossimo. Se egli rimaneva così attaccato al suo nome illustre di militarealla sua fortunaalla vita insommaciò rispondeva probabilmente a un sentimento confusoradicato in ogni cuorequel sentimento al quale dobbiamo le ricerche degli alchimistila passione della gloriale scoperte dell'astronomia e della fisicatutto ciò che spinge l'uomo a elevarsimoltiplicando la sua statura morale attraverso le idee e i fatti. L'egonel suo pensierodiventava un oggetto del tutto secondarioallo stesso modo cheper un giocatorela vanità di un successo e l'emozione d'una vincita contano assai di più che non la posta stessa. Le parole del giovane avvocato ebbero quindi un effetto miracoloso su quel disgraziatoripudiato per ben dieci anni dalla mogliedalla giustizia e dalla società. Pensate! ricevere dalle mani di un avvocato dieci monete d'oro che tutti e in tutti i modi gli altri gli avevano rifiutato per tanti anni! Il colonnelloin quel momentopoteva essere paragonato a una certa signora cheafflitta dalla febbre per quindici anninon appena fu guarita del suo male credette di essere stata colpita da una malattia diversa.

Ci sono felicità alle quali non si crede più: quando arrivano è come se scoppiasse un fulmine; vi consumano. Allo stesso modola riconoscenza di quel disgraziato era così viva da non trovar modo di esternarsi. Quel contegno sarebbe apparso freddezza a un osservatore superficialenon a Derville che vi intuì il segno superiore della probità. Un imbroglione avrebbe trovato cento espressioni di ringraziamento.

- Dove eravamo rimasti? - chiese il colonnello con l'ingenuità di un bimbo o di un soldatoconfermando chenel nostro Paese soprattuttoil bimbo si nasconde spesso nell'ambito del soldato ed il soldato quasi sempre nell'animo del bimbo.

- A Stoccarda. Quando usciste di prigione - rispose l'avvocato.

- Conoscete mia moglie?

- Sì - confermò Derville abbassando gli occhi.

- Come la giudicate?

- Molto bellasempre...

Il vecchio commentò con un semplice cenno del capo e sembrò macerarsi in una segreta sofferenza con quella rassegnazione ampia e solenne propria degli uomini che hanno superato le prove del sangue e del fuoco sui campi di battaglia.

Egli riprese il suo dire quasi con gaiezzacon la gioia di chi torna a respirare liberamenteperché gli pareva di risuscitare una seconda voltadi veder fondersi una coltre nevosa più spessa di quella che gli aveva quasi congelato il craniodi godere di una più fresca libertà dopo una seconda prigionia.

- Se in gioventù - disse - fossi stato un moscardinotante disgrazie non mi sarebbero piombate addosso. Le donne credono a coloro che condiscono tutte le loro frasi con la parola amore.

Allora filano come il ventosi fanno in quattrosi affannanogiuranomettono tutto a soqquadro per l'essere amato. Come avrei potuto destare interesse in una donna? Con la mia faccia da funeralesbrindellatosembravo un Esquimese e non un Franceseio che nel 1799 ero considerato uno dei più brillanti cavalieri!

ioChabertconte dell'Impero! Infinenello stesso giorno in cui ero stato cacciato sul lastrico come un caneincontrai quel maresciallo d'alloggio di cui vi ho già parlato. Si chiamava Boutin. Tutti e dueinsiemecostituivamo la più bella coppia di ronzini che si sia mai vista in piazza. Io lo scorsi al pubblico passeggiolo riconobbi; egli non riuscì a indovinare chi fossi.

Entrammo insieme in un caffè. Allorché gli rivelai il mio nomela sua bocca non riuscì a contenere le risa e parve un mortaio che scoppi. Quel riso mi causò uno dei più cocenti dolori della mia vita. Mi rivelò senza inganni quanto io fossi mutato. Dunquenon ero neppure riconoscibile da uno dei più cari e riconoscenti amici che avessi. Gli avevo salvato la vitaun giornoma ciò costituiva un debito per me. Vi dirò come. Eravamo a Ravennain Italia. La casa dove Boutin mi salvò da una pugnalata non era delle migliori. A quell'epoca non avevo il grado di colonnello; ero un semplice cavaliere come lui. Per buona fortunai particolari di quel fattaccio erano noti soltanto a noi due; quando glieli rammentai ogni suo dubbio svanì. Gli raccontai in seguito tutti i fatti della mia bizzarra esistenza. Quantunque i miei occhi e la mia voce fossero irriconoscibilie io gli apparissi bianco come un albinocome egli mi dissepure finìdopo le mille domande alle quali risposi vittoriosamenteper ritrovare nel mendicante il suo antico colonnello. Mi raccontò allora le sue avventure davvero straordinarie come le mie; era tornato dalle frontiere della Cinadove era penetrato dopo esser fuggito dalla Siberia. Mi svelò il disastro della campagna di Russia e la prima abdicazione di Napoleone. Notizie che mi causarono tanto male! Eravamo entrambi dei curiosi rottamiche abbiano vagato sull'intero globocome fa l'Oceano che li sospinge da una riva a quella opposta sotto l'infuriare della tempesta.

Avevamo percorso l'Egittola Siriala Spagnala Russial'Olandala Germanial'Italiala Dalmazial'Inghilterrala Cinala Tartariala Siberia; mancano solo le Indie e l'America!

In breveBoutin che si trovava più in gambe di me si offrì di andare a Parigi per segnalare a mia moglie lo stato miserando in cui mi trovavo. Scrissi una lettera alla signora Chabert con i più minuti particolari della vicenda. La quartala quarta letteraavvocato! Se avessi avuto qualche parente cui rivolgermitutto questo non mi sarebbe capitato; madevo confessarloio sono un trovatelloun soldato che ha per solo patrimonio il suo coraggioper famiglia il mondola Francia come patriae il Buon Dio come protettore. Mi sbaglio: un padre l'ho avuto anch'iol'Imperatore.

Ahse fosse ancora al suo postol'adoratoe vedesse il "suo Chabert" in queste condizioninulla tratterrebbe la sua collera.

Il "suo Chabert"com'egli mi chiamava! Che volete? Il nostro sole è tramontato; ora siamo tutti infreddoliti. Poteva anche darsi che gli avvenimenti politici fossero una delle cause del silenzio di mia moglie. Boutin partì. Egli era un uomo felicein compagnia dei suoi due orsi ammaestrati che gli procuravano di che campare.

Io non potei accompagnarlo; i miei acciacchi non mi consentivano lunghi tragitti; piansi quando ci separammodopo che lo ebbi seguitolui e i suoi orsipiù a lungo che mi fu possibile. A Carlsruheterribili dolori al capo mi obbligarono per sei settimane sulla pagliain un alberguccio! Ma non finirei piùavvocatose dovessi raccontarvi tutte le peripezie della vita di mendicante. Le sofferenze moraliche sono mille volte più gravi di quelle fisichenon muovono a pietà; forse perché sono nascoste. Mi ricordo di aver pianto sulla porta di un albergo di Strasburgonel quale un giorno lontano ebbi a organizzare una festa; non vi ottenni un solo pezzo di pane! Avendo stabilito con Boutin l'itinerario che avrei dovuto seguiremi trascinai da un ufficio postale all'altro per vedere semmai mi fosse pervenuta qualche notizia e del denaro. Giunsi a Parigisenza aver nulla ricevuto. Ne ho dovuta ingoiare della disperazione! A volte pensavo: "Boutin sarà morto". In realtàegli era trapassato a Waterloo. Seppi della sua morte più tardiper puro caso. La sua missione presso mia moglie fu certamente infruttuosa. Entrai in Parigi mentre vi affluivano i Cosacchi. Strazio su strazio.

Vedendo i Russi a Parigidimenticavo persino di essere scalzo e senza un soldo. I miei vestiti erano a brandelli. La vigilia ero stato costretto a pernottare all'addiaccionel bosco di Claye. La frescura della notte mi causò la recrudescenza di non so quale malattiatanto chedopo aver attraversato il quartiere Saint- Martincaddi svenuto davanti alla bottega d'un negoziante di ferramenta. Mi risvegliai in un letto dell'Albergo dei poveri. Vi trascorsi un mese abbastanza benepoi dovetti andarmene; ero sempre senza un quattrinoma in discreta salute e sul magnifico selciato di Parigi. Con quanta gioia e con quale gagliardia mi diressi alla via du Mont Blanc dovenel mio palazzodoveva alloggiare la mia consorte! Bah! la strada aveva cambiato nome:

via Chaussée-d'Antin. Del mio palazzo nessuna traccia: vendutodemolito. Alcuni speculatori avevano costruito alcune case nel mio parco. All'oscuro del nuovo matrimonio di mia moglienon riuscii ad avere notizie di lei. Mi recai allora da un vecchio avvocato al qualein passatoaffidavo abitualmente i miei interessi. Il brav'uomo era mortodopo aver ceduto la clientela a un giovane avvocato. Fu questi che mi comunicòcon mio sommo stuporeesser stata a suo tempo aperta la mia successioneliquidata; mia moglie aveva contratto nuove nozze da cui erano nati due figli. Quando gli ebbi detto che ero il colonnello Chabertscoppiò in una risata così francache io non ebbi il coraggio di riaprire bocca.

La mia detenzione a Stoccarda mi fece pensare al pericolo di essere rinchiuso in manicomioa Charentone alla necessità di agire con molta prudenza. Oraperòche conoscevo l'indirizzo di mia mogliecredetti di presentarmi a leiil cuore gonfio di speranza. Volete saperlo?- continuò il colonnello con un moto di incontenibile sdegno presentandomi sotto finto nome non fui ricevutoela seconda voltasotto il mio vero nome fui addirittura scacciato. Per rivedere la contessaallorché rientrava da un ballo o da uno spettacoloio ero capace di passare delle notti interecome fossi incollato alla sua porta.

Cacciavo lo sguardo nella vettura che passava davanti ai miei occhi con la rapidità d'un fulmine e appena appena mi riusciva di distinguere la donna che era mia mogliesenza esserlo più. Oh! da quel giorno io non vissi che per vendicarmi - gridò Chabert con voce sordalevandosi in piedi improvvisamente e fissando Derville. - Lei sa che io sono vivo; ha ricevutodopo il mio ritornoben due lettere scritte di mio pugno. Non mi ama più. Io non so se l'amo ancora o se la detesto; ora la desideroora la maledico. Mi deve la sua fortuna e la sua felicitànon si è degnata d'inviarmi il più tenue aiuto. In certi momentinon so che cosa farei...

Dopo questo sfogoil vecchio soldato si accasciò sulla sedia e rimase immobile. Derville lo guardò a lungosenza fiatare.

- E' un affare molto serio - mormorò poiquasi macchinalmente. - Pur ammettendo l'autenticità dei documenti che si trovano a Heilsbergnon è affatto sicuro il nostro successo. Il processo si trascinerà davanti a tre tribunali. Bisogna riflettere a mente serena su questo casodel tutto eccezionale.

- Se dovessi soccombere - ribatté il colonnello con fierezza - saprò come si deve morirema in compagnia di qualcuno... parola di Chabert!

Il vecchio si era come trasformatosembrando ora un uomo pieno di energiai cui occhi fiammeggiassero di desiderio e di vendetta.

- Forse bisognerà trovare un accomodamento...

- Transigere? - ribatté pronto Chabert. - Ma sono dunque morto o vivo?

- Calmatevi - riprese l'avvocato - voi seguirete i miei consiglilo spero. La vostra causa è anche la mia. Voi constaterete quale interessamento io ponga in questa faccendasenza precedenti negli annali giudiziari. Nel frattempovi consegnerò due righe per il mio notaioche vi rimetteràdietro ricevutacinquanta franchi ogni decade. Sarebbe inopportuno che gli aiuti vi fossero consegnati qui. Un colonnello Chabert non deve dipendere da alcuno. Anticiperò le somme a titolo di prestitoVoi possedete di che garantirlo; siete ricco.

A quest'ultima manifestazione di delicatezzail vecchio non poté trattenere una lacrima. Derville si alzò bruscamentequasi a nascondere un'emozione inammissibile per un avvocato; si ritirò per un attimo nel suo studio personale erientrando nella stanzaconsegnò una lettera aperta al conte Chabert. Afferratalail povero vecchiosentì sotto le sue dita lo spessore di due monete d'oro.

- Elencatemi i documentiindicatemi il nome della cittàdello Stato - disse l'avvocato.

Il colonnello acconsentìverificando con cura l'ortografia dei nomi di località; poitenendo il cappello in una manofissando in volto Dervilletese l'altra manouna mano callosae disse con semplicità:

- Vi assicuro chedopo l'Imperatorea nessun'altra persona io dovrò tanta riconoscenza. Voi siete un uomo di coraggio!

L'avvocato strinse calorosamente la mano del vecchio e facendosi lume con una lucernalo accompagnò fin sulle scale.

- Boucard - confidò Derville al suo capo scrivano mi è stata raccontata una vicenda che mi costerà forse venticinque luigi. Se sarò stato truffatonon rimpiangerò il mio denaro perché avrò conosciuto il più abile commediante di questo secolo!

Giunto in stradasotto un lampioneil colonnello estrasse dalla busta le due monete da venti franchi ciascuna e le contemplò a lungo. Da nove anninon gli era più capitato di toccare dell'oro.

- Toh! potrò finalmente fumare un sigaro!

 

Erano trascorsi tre mesi da quel singolare colloquio notturno tra Chabert e Dervillequando il notaio incaricato di pagare il "mezzo stipendio" fissato dall'avvocato per il suo eccezionale cliente venne a conferire per una questione molto gravenon dimenticandocome premessadi chiedere la restituzione di seicento franchi già consegnati al vecchio militare.

- Ti divertidunquea stipendiare la vecchia guardia? - disse in tono scherzoso il notaiodi nome Crottatun giovane che aveva da poco rilevato lo studio in cui aveva fatto il suo tirocinio di scrivanodopo che il cedente si era reso irreperibile a seguito di un clamoroso fallimento .

- Hai fatto bene a ricordarmi quell'affare... La filantropia non supererà in ogni modo i venticinque luigi; temo fin d'ora che il mio patriottismo mi abbia giocato un brutto scherzo.

Nel terminare la fraseDerville fu colpito nel vederetra i molti plichi che Boucard gli aveva collocato sulla scrivaniauna lettera che a giudicare dai bolli oblunghiquadratitriangolarirossiblu doveva aver viaggiato con le poste prussianeaustriachebavaresi e francesi.

- Eccoecco - disse Derville faceto - qui sta il finale della commedia; vedremo finalmente se siamo stati gabbati.

Aprì la letterama non poté capirne il testoche era scritto in tedesco. Affacciandosi alla porta del suo studiotese il documento a Boucard.

- Traducetemi alla svelta questa lettera.

In effettiil notaio di Berlino al quale si era indirizzato Derville rendeva noto che i documenti richiestigli sarebbero stati spediti entro pochi giorni. Ogni cosaegli assicuravaera in perfetta regolalegalizzatain modo da poter essere prodotta in giudizio. Inoltregli comunicava che quasi tutti i testimoni citati nei vari atti erano in vita a Prussich-Eylaumentre la donna che aveva salvato la vita a Chabert dimorava ancora in un quartiere di Heilsberg.

- L'affare diventa serio - esclamò Dervillenon appena Boucard gli ebbe tradotto il testonella sua sostanza. Ma senti un po'mio caro Crottattu mi devi aiutare con qualche dato che si deve trovare nel tuo studio. Non è forse vero che quel brigante di Roguin...

- Diciamo piuttosto lo sfortunato Roguinl'infelice Roguin - corresse il notaio sarcasticamente.

- Non è forse luil'infelice che ha alleggerito di ottocento mila franchi i suoi clienti e ridotto alla miseria molte famigliead aver provveduto alla successione Chabert? Mi pare di averlo appresso attraverso il nostro incartamento relativo ai Ferraud.

- Certamente - rispose Crottat: - in qualità di scrivano io ho copiato e studiato attentamente gli atti di quella successione.

Rosa Chapotelsposa e vedova di Giacintodi cognome Chabertconte dell'imperogrande ufficiale della Legion d'onore; i due si erano sposati senza contrattoin piena comunità di beni. Se ben ricordoil patrimonio residuo era di seicentomila franchi. Prima del suo matrimonioil conte Chabert avevaper testamentodisposto che un quarto della sua fortuna andassealla sua morteagli Ospizi di Parigi; al demanio sarebbe toccato l'altro quarto.

Dopo la licitazionela vendita e la divisione dei benidurante le quali gli avvocati s'ingrassarono parecchioquel mostro che governava allora la Francia restituì con decreto alla vedova del colonnello quanto sarebbe toccato al fisco!

- A tanto ammonterebbedunque la fortuna del conte Chabert?

- Precisamente! - rispose Crottat. - Voiavvocatil'azzeccate quasi sempreanche se vi si accusa di patrocinare con assoluta indifferenza il pro e il contro...

Il conte Chabertstando all'indirizzo che aveva dato nel firmare la prima ricevuta consegnata al notaioabitava nel quartiere di Saint-Marceauvia du Petit Banquierpresso un vecchio maresciallo d'alloggiodi nome Vergniauddivenuto poi commerciante in generi alimentari.

Dervillegiunto in quel quartierefu obbligato a scendere di carrozza e ad andarsene a piedi alla ricerca del suo clientepoiché il fiaccheraio rifiutò d'inoltrarsi in viuzze prive di selciato e solcate da carreggiate così profonde da spaccare le ruote. Guardando a destra e a sinistral'avvocato finì per scorgereproprio in quella parte della via che converge sul vialetra due muri costruiti di fango e calcinaccidue pilastri in ciottolatoslabbrati dal passaggio dei carriquantunque i bordi fossero difesi da tavole di legno. I pilastri reggevano una traversa incappucciata di tegolesulla quale si potevano leggeredipinte in rossoqueste parole: "Vergniaudalimentazione". Sulla destradipinte in biancodelle uova e una mucca. La porta era spalancatae così doveva certamente rimanere giorno e notte. In fondo al cortileassai vastosi ergevaproprio di contro alla portauna di quelle catapecchiecosì comuni alla periferia di Parigiche non meritano il nome di case e che non possono essere paragonate neppure alle più modeste abitazioni di campagnadi cui condividono forse la miseriama non la poesia. Nella distesa dei campianche le capanne conservano una loro particolare grazia conferita dalla purezza dell'atmosferadal verde dei campidall'insieme delle forme e delle cose: collineviottoli tortuosivignesiepi di cespuglimuschio sui pagliaiutensili campestri; a Parigiinvecela miseria non può trovare grandezza che nell'orrido.

Ancorché costruita di recentela catapecchia era già in rovina.

Nessuno dei materiali impiegati aveva ricevuto la sua logica destinazioneprovenendo essi dalle demolizioni che si operano giornalmente in Parigi. Su di una imposta costruita con le tavole di un'insegnaDerville lesse: "Alla casa delle novità". Le finestre erano dei tipi più svariati e come disposte a caso. Il pianterrenoche appariva come la parte abitabile dell'edificiorialzato da un lato era mezzo interrato dall'altroper un monticolo che vi si addossava. Davanti alla casa una larga pozzaun letamaio nel quale si scaricavano non solo le acque... del cieloma anche quelle domestiche. Il muro a cui si appoggiava quella fragile costruzione in apparenza assai più robusto degli altri eraper così direabbellito da una serie di capannucce con graticolatodietro il quale dei coniglidei veri conigliprolificavano abbondantemente. Sulla destra della porta carraia c'era la stallacon il pagliaio sovrastante; essa comunicava con la casa attraverso un locale destinato alla lavorazione del latte.

A sinistrala parte del cortile riservata agli animali domesticiuna scuderia e un porcile di tavolacci mal connessi e malamente coperto di giunchi. Come in tutti i luoghi in cui si preparano i vari ingredienti destinati a placare ogni giorno la fame di una grande città come Parigilà dove Derville aveva affondato i suoi piedisi scoprivano le tracce di un va e vieni precipitosolegato a un tirannico orario. I grandi recipienti di latta destinati al trasporto del latte e quellipiù piccoliriservati alla pannacon i loro tappi di straccioerano gettati confusamente davanti al locale di cui vi abbiamo parlato. Gli strofinacci sbrindellati di cui ci si serviva per una sommaria pulizia erano stesi al sole su corde sostenute da picchetti. Un pacifico ronzinodella razza che appartiene soltanto ai lattaisi era allontanato di qualche passo dalla sua carretta e se ne stava tranquillo davanti alla porta sprangata della stalla. Una capra brucava i pampini di una vite esile e polverosa che s'inerpicava sul muro gialliccio e sconnesso della casa. Un gatto s'era accovacciato presso i recipienti della panna e ne leccava i bordi. Le gallinedisturbate dall'arrivo di Dervillefuggirono in gruppo; il cane da guardia abbaiò.

A custodia della casa non erano rimasti che tre ragazzi. Il primo arrampicatosi sul colmo di un carico di fieno ancora verdelanciava dei sassi nelle aperture dei camini della casa adiacentesperando di farli cadere in qualche marmitta. Un altro spingeva a tutta forza un porcello sul piano di una carrettastanghe all'aria; il terzoaggrappato a una stangafaceva da contrappesoattendendo che l'operazione fosse a buon punto per far da leva!

Alla domanda di Dervillese abitasse in quella casa il signor Chabertnessuno dei tre aprì boccaaccontentandosi di sbirciare lo sconosciuto con la più intelligente stupidità (se fosse possibile accoppiare questi due termini). Derville ritornò alla carica senza risultato. Spazientitoindirizzò ai tre monelli una serie di quei piacevoli "moccoli" che gli adulti sono talvolta autorizzati a profferire. Soltanto allora i tre proruppero in una sghignazzata. Derville uscì dai gangheri.

Il colonnello Chabertche aveva inteso tutto ciòse ne uscì da una stanzetta ricavata presso la latteriaflemmaticamentecon quella tipica flemma propria dei militari di professione. Teneva in bocca una pipa ben "grumata" (termine tecnico dei fumatori)una modestissima pipa di terra cottachiamata volgarmente "infernetto". Alzando la visiera di un berretto inverosimilmente bisuntoscorse Derville e si precipitò verso di lui attraversando la concimaiamentre gridava ai monelli:

- Silenzio! Ai vostri posti! - I tre zittironoconfermando così l'autorità di cui godeva il vecchio militare. Perché mai non mi avete avvertito? - disse a Derville. - Pianotenetevi lungo il muro della vaccheriail fondo è migliore consigliò in seguito al suo benefattore chenon volendo finire nella concimaianon sapeva davvero dove posare i piedi.

- Qui dovrebbe abitare l'uomo che decise della vittoria di Eylau... - mormorò Dervilledopo aver abbracciato con lo sguardo tutto l'insieme di quell'immondo spettacolo.

Alla meglioDerville riuscì a raggiungere la porta dove Chabert s'era affacciato. Questi fu molto spiacente di doverlo ricevere nella stanza in cui dormiva e che disponeva di una sola sedia. Il letto consisteva in mezza balla di pagliache la proprietaria di casa aveva coperto con vecchie stoffed'ignota provenienzaabitualmente impiegate dalle lattaie per rendere soffici i sedili delle loro carrette. Il pavimento era di terra battuta. I muriverdastri di salnitro e fessuratitrasudavano umidità da ogni partesicché si era dovuto difendere con una stuoia la parete alla quale si addossava il giaciglio del colonnello. Il famoso pastrano pendeva a un chiodo; in un angolodue paia di scalcagnati stivali. Nessuna traccia di biancheria. Su di un tavolino tarlatoi "Bollettini della Grande Armata"editi da Plancher; la lettura preferita da Chabert chein quell'ambiente di estrema miseriamostrava attraverso il suo sguardouna olimpica serenità. E' certo che l'incontro con Derville aveva mutato il suo voltotanto che l'avvocato vi scorse il riflesso dell'ottimismodi una luce accesa dalla speranza.

- La mia pipa vi disturbaavvocato? - chiese Chabert offrendo l'unica spagliatissima sedia.

- Mi parecolonnelloche il vostro... domicilio lasci terribilmente a desiderare!

Una frasequestache non era soltanto frutto di spirito criticocaratteristico negli avvocatima anche di quella cocente esperienza che essi accumulanofin dall'inizio della loro carrieracome testimoni di tante spaventose miserie!

- Ecco un uomo - pensò Derville - che avrà sicuramente scialacquato il mio denaro per soddisfare le tre virtù teologali del soldato di mestiere: il giocoil vino e le donne!

- Avete ragioneavvocatoqui non si nuota nel lusso. E' un bivacco ingentilito dall'amicizia ma... - il soldato s'interruppe fissando profondamente l'uomo di legge non facendo male a una mosca e non inimicandomi alcunoci dormo sonni tranquilli.

Derville si rese conto che sarebbe stato molto indelicato chiedergli come avesse impiegato il denaro prestatotuttavia non poté fare a meno di osservare:

- Non capisco perché non abbiate voluto restare a Parigidove avreste potuto vivere altrettanto modestamentema con qualche comodità di più.

- Le brave persone che mi ospitano sono le stesse che mi hanno raccolto e nutrito gratis per tutto un anno! Non avrei potuto lasciarle proprio quando nelle mie tasche piovevano i primi quattrini! Aggiungo che il padre di quei tre marmocchi è un "egiziano"...

- Un egiziano?

- E' un nostro modo di dire... un reduce della spedizione in Egitto alla quale ho partecipato anch'io. Quelli che vi hanno salvato la pelle sono come fratelli; non soloma Vergniaud era del mio reggimento e ci siamo scambievolmente aiutatidividendo nel deserto la nostra razione d'acqua. E poiavvocatoio non ho ancora finito la mia opera di maestro di scuola; insegno a quei tre monelli...

- Comunqueil vostro camerata avrebbe potuto alloggiarvi un po' meglio.

- Bah! i suoi figli dormono come me sulla paglia; lui e sua moglie non dispongono di un letto più soffice; sono molto povericome potete constatare. Ma se un giorno o l'altro dovessi ricuperare i miei averi... Mah! Non parliamone!

- Riceverò probabilmente domani i vostri documenti da Heilsberg.

La donna che vi ha salvato vive ancora!

- Maledizione al danaro! e a chi non ne ha... gridò il colonnello gettando in terra la pipa.

Una pipa ben grumata è un tesoro per i fumatori; ma quel gesto di dispettogenerato da un impulso di generosità esemplareera tuttavia così naturaleche qualsiasi fumatore e la regìa stessa gli avrebbero perdonato un simile reato di leso-tabacco. E forse gli angeli avrebbero raccattato i cocci.

- Colonnellola vostra causa è molto complicata disse l'avvocato uscendo dalla camera per fare quattro passi al solelungo il muro della casa.

- Eppurea me sembra molto semplice. Mi hanno creduto morto.

Eccomi qua. Ridatemi moglie e quattrini; ridatemi il grado di generale al quale ho pieno dirittopoiché ho servito con quello di colonnello nella guardia imperialela vigilia della battaglia di Eylau.

- Le cose non si svolgono così facilmente nel mondo giudiziario- obiettò Derville. - Ascoltatemi. Voi siete il conte Chabertd'accordo. Ma si tratta di dimostrarlo in giudiziodavanti a persone che hanno tutto l'interesse a negare la vostra identità.

Conseguenza: una causa. Dieci o dodici settimane soltanto per i preliminari. Di contraddittorio in discussioneandremo fino alla corte suprema; processi uno dopo l'altrotutti costosilunghiper quanto zelo io possa dimostrare. I vostri avversari richiederanno delle indagini che noi non potremo in alcun modo rifiutare e per le quali si renderà necessaria una commissione rogatoria in Prussia. Ma supponiamo per un momento che tutto vada per il meglio e che la giustizia decida con prontezza sulla vostra identità di colonnello Chabert. Sappiamo noi che ne sarà dell'altra questione delicatissima: la involontaria bigamia della contessa Ferraud? In questo vostro casola questione di diritto non può essere risolta dal Codicebensì dalla coscienzacome capita ogni qualvolta i giudici si trovano alle prese con i casi più strani della vita. Dal vostro matrimonio non è nato alcun figliomentre il conte Ferraud ne ha due; orbenei giudici potrebbero benissimo dichiarare nullo quel matrimonio che è stato senza effettia vantaggio del secondo i cui legami sono più fortitanto più che non si può mettere in dubbio la buona fede dei contraenti. Quale sarebbe la vostra posizione moraleinfinese alla vostra età e nelle condizioni in cui vi verreste inevitabilmente a trovare vi toccasse di convivere con una donna che non vi ama più? Avrete contro di voi la contessa vostra moglie e un maritodue persone che sono in grado di esercitare pressioni sui tribunali. Comunquesulla durata della causa non illudiamoci.

Avrete tutto il tempo d'invecchiaretra le più amare delusioni!

- E la mia sostanza?

- Credete che sia ingente?

- Non godevo forse di una rendita annua di trentamila franchi?

- Mio buon colonnellovoi avete destinatonel 1799per testamento un quarto dei vostri beni agli Ospizi di carità.

- Verissimo.

- Quindistabilito il vostro decessosi è compilato un inventario e si è proceduto a una liquidazione per poter prelevare quel quarto. Non vi pare? Vostra moglie non ha avuto molti scrupoli nell'imbrogliare i poveri. Non c'è ombra di dubbio che sarà riuscita a sottrarre a ogni inventario il denaro contantei gioiellioppure avrà dichiarato una parte soltanto dell'argenteria; il mobilio sarà stato valutato a un terzo del suo valore realesia per favorire vostra mogliesia per ridurre i diritti fiscalie sia per la responsabilità personale dei commissari periti; un inventario fatto in tal modo ha fissato la vostra fortuna in seicentomila franchi. La vedova doveva venire in possesso della metà. Tutto è stato venduto e riacquistato da leidi tutto essa ha tratto vantaggio; cosicché ai poveri sono toccatiin tutto e per tuttosettantacinquemila franchi.

Dobbiamo ricordare ancora che pure il fisco era interessato in qualità di erede; dal momento che voi non avete fatto alcuna menzione di vostra moglie nel testamentol'Imperatore ha restituito alla vedovaper decretola quota parte toccante al fisco. Allo stato attualea quanto si eleva la vostra fortuna? A trecentomila franchi in tuttosalvo le spese.

- E voi chiamate giustizia tutto questo?

- Proprio così.

- Esemplare davvero!

- Non è altrimentimio povero amico. Vi persuadete che la soluzione è meno facile di quanto lo pensavate? La contessa Ferraud potrebbe anche sostenere il diritto di conservare per sé quanto l'Imperatore ebbe a restituirle.

- Dal momento che non è vedovail decreto di donazione è nullo...

- D'accordo. Ma tutto è opinabile. Ascoltatemi. In questa situazioneio ritengo che una transazione sarebbe per entrambi quanto si può sperare di meglio. E a voi toccherebbe una sostanzain definitivaassai maggiore di quella alla quale avreste diritto.

- Insommadovrei vendere mia moglie...

- Con una rendita di ventiquattromila franchinelle condizioni in cui vi trovatenon vi sarà difficile trovare una compagna che vi si addica e chesoprattuttovi renda felice. Ho deciso di vedere oggi stesso la contessa Ferraud; voglio sondare il terreno; ma ho ritenuto mio dovere di parlarvene prima...

- Verrò con voi...

- Nonocolonnello. In questo statono. Il vostro... processo sarebbe perduto senz'altro!

- Ma potrò poi sicuramente vincerlo?

- Credo di sì. Dovete rifletterecaro colonnello Chabertsu di un altro punto. Io non sono riccoe le mie prestazioni non potranno essere subito soddisfatte. Se i tribunali vi assegneranno una provvisionalecioè un anticipo sulla somma totalevoi potrete riscuoterla soltanto dopo le constatazioni legali circa la vostra identità di conte Chabertgrande ufficiale della Legion d'onore...

- Ohbellanon ci pensavo più; sono grande ufficiale della Legion d'onore - commentò ingenuamente il colonnello.

- Fino a quel momento - riprese Derville bisognerà pur agirepagare degli avvocatiiniziare e concludere attifar muovere degli uscieriein piùvivere. Solo per le istanze d'impianto occorrerannoall'incircadodici o quindicimila franchi. Io non dispongo di tale sommaschiacciato come sono dal peso di interessi che devo corrispondere a chi mi ha anticipato il denaro occorrente all'inizio di una carriera. E voidove troverete le somme che sono necessarie?

Grosse lacrime sgorgarono dagli occhi stanchi del povero soldato solcando le sue gote raggrinzite. Davanti a tante difficoltàcome avere coraggio? La società e la giustizia costituivano per lui un incubo.

- Andrò presso la colonna di piazza Vendome e griderò a tutti:

"Sono il colonnello ChabertChabert che ha sfondato il quadrato dei Russi a Eylau!". Quel bronzo mi riconosceràne sono sicuro...

- E gli altri vi rinchiuderanno a Charenton.

A quel nome tanto esecratol'esaltazione del militare si placò.

- Ma non si potrebbe tentare presso il Ministero della guerra?

- Ohgli uffici! Nessuno vi impedisce di metterci piedema munito di regolare atto che dichiari nullo e non avvenuto il vostro decesso. I burocrati sono oggi i peggiori nemici dei vecchi quadri dell'Impero!

Il colonnello non fiatò; rimase immobileguardò attorno di sé senza più vedereoppresso da un disperato dolore. La giustizia militare è più agileschiettarapida; decide alla turcama giudica quasi sempre con equità; e questa giustizia era la sola che Chabert conoscesse. Oraaccorgendosi di esser in un dedalo di difficoltà dalle quali non era facile cosa l'uscirneconsiderando le spese da sopportare per destreggiarsi in essosi sentì come mortalmente colpito in quella che è la più grande forza dell'uomola volontà. Gli sembrò impossibile una vita trascorsa in litigi; megliocento volte meglio campare in povertàmendicandooppure tentare l'ingaggio come cavalieresemmai qualche reggimento potesse ancora accoglierlo.

Le sofferenze fisiche e morali avevano ormai consunto il suo potere di resistenza. Era malato di un male che la medicina non classificadi un male che non ha un focolaiouna sede particolarediffuso e vagante come certe affezioni nervoseun male che dovrebbe essere chiamato: lo "spleen" della disperazione.

Per quanto grave fossela guarigione era ancora possibile e dipendeva da una favorevole conclusione di quella triste vicenda.

Per distruggere totalmente la forte fibra del vecchio sarebbe bastato un nuovo ostacoloun fatto imprevisto; la sua resistenza già così indebolita avrebbe lasciato libero campo al manifestarsi di quelle esitazionidi quelle incoerenze che i fisiologhi riscontrano negli esseri debilitati dal dolore.

Il profondo abbattimento nel quale era caduto il vecchio fece esclamare a Derville: - Susucoraggio; la soluzione non potrà che essere favorevole. Desidero tuttavia che mi diciate sinceramente se vi fidate in tutto e per tutto di me e se accetterete senza discutere quanto starò per fare nel vostro interesse.

- Mi rimetto a voi...

- Sta benema lo dite con voce di uno che sia trascinato al patibolo.

- Non sarò forse privato del mio statodel mio nome? E' tollerabile questo?

- Io vedo le cose in un modo diverso. Noi potremo tentare un componimento amichevoleottenere un giudizio che annulli l'atto di morte e quello di matrimonio in modo che voi riacquistiate in pieno i vostri diritti. Voi potreste anche ottenerecon l'aiuto dello stesso Ferrauddi essere reintegrato nei quadri dell'esercito e di riscuotere una pensione.

- E così sia! io mi fido completamente di voi.

- Mi rilascerete una procuras'intende. Coraggio e arrivederci.

Se vi mancasse del danarosono a vostra disposizione.

Chabert strinse con calore la mano dell'avvocato e rimase addossato al murosenza la forza di accompagnare il suo protettorese non con lo sguardo riconoscente. Come avviene di tutti quelli che non hanno molta dimestichezza con il giureegli era affranto per tutte le difficoltà che veniva incontrando.

Durante il colloquioChabert aveva notatooltre i pilastri della porta carraiala presenza di un uomo che sembrava aspettasse la partenza di Derville per avvicinarglisi. Si trattava di un vecchioin giacchetta bleucon un grembiule bianco a pieghe del tipo comune ai trattori e con un berretto di lontra. Il suo viso incavato e rugoso mostrava sul bruno della pelle quel rossore caratteristico di chi compie estenuanti lavori all'aria aperta.

- Scusate il mio ardire - disse fermando Derville con un braccio - ma mi sono convintosolo al vederviche voi siete un amico del nostro generale.

- E come può interessarvi? chi siete? - ribatté l'avvocato.

- Sono VergniaudLuigi Vergniaud. Ho da scambiare con voi due sole parole.

- Ahsiete voi che avete offerto a Chabert quel magnifico alloggio?

- -Vogliate credermigli ho ceduto la stanza migliore. Gli avrei dato la miasicurola miase avessi potuto disporre di un'altra; avrei magari dormito nella stalla. Ci pensate... un uomo che ha sofferto quanto luiche insegna a leggere ai miei fringuelliun generaleun egizianoil primo tenente che io ho avuto sotto le armi! La sua stanza è la migliore fra tutte. Ho diviso con lui tutto quello che ho; certonon è moltodel panedel lattedelle uova. Bah! alla guerra come alla guerra. Cuore alla mano. Tuttavia egli ci ha fatto dei torti...

- Lui?

- Sicuroproprio lui... dei torti. Mi sono sobbarcato al peso di questo commercio; è al disopra delle mie forze. Lui mastica amaro e mi governa il cavallo! Mi oppongo... "Mio generalevoi siete matto!". "Oh"mi rispondedebbo vivere a ufo?. E' un pezzo che ho imparato come si liscia il pelo a un coniglio. Io mi ero messo d'accordo con un certo Grados per un prestito sulla mia vaccheria.... ma lo conoscete questo Grados...?

- Mio buon uomoio non ho molto tempo per starvi ad ascoltare. Ma non mi avete spiegato quali siano i torti del colonnello...

- Torticome è vero che mi chiamo Luigi Vergniaud e com'è anche vero che mia moglie ne ha pianto. E' venuto a sapere dai nostri vicini che non abbiamo il becco d'un quattrino per pagare i debiti. Che ha fatto? Quel soldataccio ha utilizzato tutto quanto voi gli passate e ha pagato lui. Una prodezza... E non immaginavamo neppuremia moglie e ioche in quel modo s'era ridotto a non avere un pizzico di tabacco; e non se ne lamentava.

Ma oracaschi il mondoogni mattina trova i suoi sigari.

Venderei tutto per procurarglieli. Questi sono i suoi torti. Eccoho saputo che siete un uomo di gran cuorenon potreste prestarmi un centinaio di scudi garantiti sullo stabilimentoin modo da potergli acquistare degli abitida mettere in ordine la sua stanza? Egli ha creduto di sdebitarsi ein definitivaci ha indebitati... e contrariati. Non doveva farloluiun amico!

Parola di galantuomocom'è vero che mi chiamo Luigi Vergniaudandrei a ingaggiarmi piuttosto di non fare onore ai miei impegni...

Derville squadrò il vecchiopoi arretrando di qualche passo girò lo sguardo all'intorno: casacortileconcimaiastallaconiglimarmocchi...

- E' fin troppo evidente che l'onestà non si accompagna sempre alla ricchezza - commentò.

Poirivolto a Vergniaud: - Sta beneavrete i cento scudi e qualche cosa di più. Ma non sarò io a darveli; il colonnello è abbastanza ricco per potervi aiutare e io non voglio privarlo di questa giusta soddisfazione.

- E lo potrà far presto?

- Certamente.

- Sia ringraziato il cielo! Mia moglie ne sarà felicee come!

Il viso abbronzato di Vergniaud si illuminò di gioia.

- Ora dobbiamo filare dritti dal nostro avversario- pensò Derville rimontando in carrozza. - Non scoprire il proprio giocoindovinare quello dell'avversario e fare il colpo maestro.

Intimorirla? Noè una donna. E poidi che s'intimoriscono oggi le donne? Esse non temono che...

Studiò attentamente la situazione della contessacon quel procedimento mentale proprio dei grandi uomini politici chenel concepire i loro pianicercano di penetrare nei più riposti segreti della politica avversaria.

Gli avvocatisotto un certo punto di vistapossono essere considerati come uomini di Stato incaricati di trattare gli affari privati.

A questo puntoè necessario un breve cenno sui rapporti esistenti tra il conte Ferraud e sua moglie per mettere in luce la geniale abilità dell'avvocato.

Il conte Ferraud era figlio d'un antico consigliere parlamentare a Parigi. Emigrato sotto il Terroreaveva salvato la testa e perduto le sostanze. Tornato in patria sotto il Consolatosi mantenne fedele a Luigi Diciottesimoalla cui corte era vissuto suo padre. Apparteneva quindi a quei gruppi del quartiere Saint- Germainche resistettero orgogliosamente alle seduzioni napoleoniche.

Il giovane conte era molto stimato - in quel tempo era semplicemente il signor Ferraud - tanto da attrarre l'attenzione di Napoleoneil qualecome ognuno saera altrettanto fiero di poter conquistare l'aristocrazia quanto di redigere un bollettino di vittoria. Venne promessa al conte la restituzione dei benila reintegrazione dei titoli nobiliarigli si fece balenare la prospettiva di un ministerodi un posto al senato. L'imperatore fallì il suo scopo. Ferraudall'epoca della morte del conte Chabertera un giovane signore sui ventisei anniprivo di fortunapiacente nell'aspettointraprendente; una gloriainsommadel quartiere Saint-Germain. La contessa di Chabertdal canto suoaveva così ben manipolato la successione alla morte del marito che dopo soli diciotto mesi di vedovanzala sua rendita era salita a quarantamila franchi circa. Il suo matrimonio con il giovane conte non destò alcuno scalpore nell'ambiente del quartiere Saint-Germainin quanto rispondeva felicemente alle idee dominanti in materia. Napoleone restituì alla Chabert la parte di eredità che era toccata al fisco e ancora una volta il suo disegno andò a vuoto.

La signora Ferraud non vedeva soltanto nel marito l'uomo che si amama anche uno strumento per entrare in quella società molto disdegnosa chepur non godendo più dell'antico prestigioera pur sempre dominante presso la corte imperiale. Ogni vanità e ogni stimolo passionale erano in ugual misura soddisfatti. La signora Ferraud stava per diventaresotto ogni rapportouna "donna di conto". Quando nel clan del quartiere Saint-Germain si seppe che il matrimonio non significava diserzionei salotti accolsero la sposa del giovane conte. Venne la Restaurazione. La fortuna politica del Ferraud non fu rapida. Egli si rendeva conto della particolare situazione in cui si trovava il Sovrano e attese accortamente che l'"abisso delle rivoluzioni fosse colmato"una frasepronunciata dal Reche suscitò tanti sarcasmi da parte dei liberali e che aveva un recondito significato politico. A ogni buon conto l'istanza di cui abbiamo citato una lunga frase clericaleggiante all'inizio di questo nostro racconto aveva procurato al Ferraud la restituzione di due boschi e di un fondo il cui valore si era molto accresciuto durante il sequestro. Al momento attualequantunque egli fosse Consigliere di Stato e Direttore generalepoteva considerare la sua posizione come un promettente inizio di fortuna politica. Assillato da un'ambizione sfrenatasi era messo al fianco un avvocato dissestatodi nome Delbecquomo di abilità diabolica che conosceva a meraviglia tutti i sotterfugi litigiosiaffidandogli la cura dei suoi affari privati. Il furbo leguleioconscio della sua posizione privilegiataostentava una onestà disinteressatasperando di sfruttare un giorno o l'altro la sua nuova posizione presso il contei cui beni erano oggetto delle sue cure! La sua condotta mascherava così bene i suoi veri propositi che ogni sfavorevole giudizio sul suo passato sarebbe apparso calunnia. Con il fiuto e la scaltrezza che costituiscono in diversa misura le armi di tutte le donnela Contessa aveva intuito la vera natura del suo amministratore e sapeva trattarlo con arte così sottile da cavarnecome primo risultatoun ragguardevole accrescimento della sua fortuna personale. Era riuscitainfattia convincere Delbecq sulla sua autorità coniugale a tal punto da assicurargli un posto di presidente di tribunale di prima istanza in una delle maggiori città di Francia se avesse accudito con zelo ai suoi interessi. La promessa di una carica inamovibilela conseguente possibilità di un buon matrimonio e la probabilità di conquistarecon più elevate funzionianche uno scanno di deputatotutte queste prospettive fecero di Delbecq l'anima dannata della Contessa. Cominciò con lo sfruttare tutte le favorevoli congiunture della Borsa e il rialzo dei beni fondiari che si verificò a Parigi durante i primi tre anni della Restaurazione.

Egli riuscì in tal modo a triplicare il capitale della sua protettriceun compito che gli era stato in tutti i modi facilitato dalla nobildonna stessa. Gli emolumenti spettanti al marito erano da lei utilizzati per le spese domestichee le proprie rendite regolarmente capitalizzate. Delbecq si prestava a tali forme di avarizia senza tuttavia spiegarsene la ragione; uomini come lui non ficcano il naso se non nelle cose dalle quali sanno di trarre un utile. D'altra partequella sete di ricchezza era comune a tante parigine e poteva sembrare indispensabile per sostenere le ambizioni del conte; tanta avidità era forse una conseguenza dello stesso attaccamento per il contedel quale era più che mai innamorata.

La contessa teneva celati i suoi propositi nel più profondo del cuore. Segreti che avevano per lei il valore della vita e della morte. In essi sta il filo di questo racconto.

Sull'inizio del 1818la Restaurazione sembrò del tutto consolidata; le nuove dottrine politicheaccettate dagli spiriti elettilasciavano presagire un'era di prosperità per la Francia.

La società parigina mutò volto. La contessa Ferraud aveva contratto un nuovo matrimonio che riassumeva felicemente l'amorela ricchezza e l'ambizione. Giovane e piacentela Ferraud viveva la vita di cortecome un'aristocratica di primo piano. La sua ricchezza personale unita a quella di un maritoche vantava l'amicizia del Re e pareva destinato alla carica di ministrole consentiva di brillare nell'aristocratico splendore di quell'ambiente. Ma il suo trionfo di donna fua un trattooffuscato da una gravissima crisi morale. Ci sono aspetti del sentimento che le donne intuiscono per quanto grande sia l'abilità degli uomini nel tenerli nascosti. Poco tempo era trascorso dal ritorno del Reche il conte Ferraud prese a nutrire una segreta perplessità sulla convenienza del matrimonio da lui contratto.

Infattila vedova del colonnello Chabert non gli aveva procurato alcuna nuova influente amicizia; si trovava isolatosenza appoggi per proseguire in una carriera difficileirta di scogli e seminata di pericoli. Inoltregiudicata spassionatamentela consorte rivelava talune gravi lacune nella propria educazionesì da non poterlo assecondare nel raggiungimento dei suoi scopi.

Una frasecasualmente sfuggita commentando il matrimonio del Talleyrandallarmò la contessafacendole comprendere con tutta chiarezza che se il suo matrimonio non fosse stato consumatonon lo sarebbe mai più. Nessuna donna perdonerebbe una tale riserva mentale; essa è già spiegazione di ogni ingiuriadi ogni delittopuò essere la separazione che si profila. Si aggiunga al dolore per così profonda ferita al suo amor proprioil timore di dover affrontare il suo primo marito. Lo sapeva vivo; l'aveva scacciato; non ne aveva più avuto notizie e si era consolata credendolo caduto a Waterlootra le aquile imperialial fianco del suo amico Boutin. Meditò tuttavia di rinsaldare i vincoli con il conte servendosi della seduzione di una ricchezza stragrandetale da rendere comunque indissolubile il matrimonioanche nella dannata ipotesi di un ritorno di Chabert. E il ritorno era avvenutoma senza quelle avvisaglie di lotta che lei tanto temeva. Forse le sue migliori alleate erano state le sofferenzela malattia del vecchio marito. Probabilmente era impazzitoe Charenton avrebbe potuto accoglierloin tal caso. La contessa non partecipò i suoi timori a nessunoné a Delbecq né alla poliziaper tema di dover accettare i consigli altrui o di precipitare la catastrofe. Quante donnea Parigicelano nel proprio intimocome la contessaun pervertimento morale o camminano abitualmente sull'orlo di un precipizio; eppureriescono ugualmenteil cuore pietrificatoa godersi la vita.

- Nella vita del conte Ferraud ci sono aspetti che mi lasciano perplesso - pensava Derville a conclusione della sua lunga meditazionenel momento stesso in cui la carrozza si arrestava in via de Varennedavanti al palazzo dei Ferraud. Come mai il contecosì ricco prediletto del Renon è ancora tra i Pari di Francia?

E' pur vero che seguendo un'accorta linea politica il Re potrebbe andar cauto nelle nomine per accrescere l'importanza dell'istituzione... questa è anche l'opinione della signora de Grandlieu. E poiil figlio di un consigliere parlamentare non è certo un Crillon o un Rohan. Egli non può entrare nel consesso che per la porta di servizio. Potrebbe facilitare la cosa la rottura del matrimonio; con regale soddisfazioneil titolo di pari potrebbe essergli ceduto da uno di quei vecchi senatori senza discendenza maschile. Questo è un buon argomento per la contessa - concluse Derville inoltrandosi sullo scalone del palazzo.

L'avvocato aveva toccatoper semplice intuizioneil motivo più segreto dell'angoscia che opprimeva la contessa. Egli venne ricevuto in una lussuosa sala da pranzodove la contessa stava facendo colazionedivertendosi un mondo con una scimmietta trattenuta da una catena a un ritto su cui erano innestate alcune bacchette di metallo. La contessa portava una deliziosa veste da camera; con i suoi riccioli appena rannodatisfuggenti dalla cuffiaaveva l'aspetto quanto mai vivace; giovanilesorridente... Sulla tavola brillavano l'argenteriale posate in vermeilgli oggetti in madreperla etutto intornosi ammiravano piante esotiche in grandi vasi di porcellana.

Nell'osservare lo spettacolo offerto dalla consorte del colonnello Chabertricchi abitilusso ovunquesensazione di ottima posizione socialementre il disgraziato colonnello viveva presso un modesto commerciante e in promiscuità con le bestiel'avvocato non poté fare a meno di commentare: - La morale di tutta questa faccenda è che una donna di questo stampo non vorrà ad alcun costo riconoscere per maritoche dico?neppure per vecchio amante un vecchio intabarrato nel più sudicio pastranocon una parrucca di gramigna e con gli stivali bucati... - Constatazioni non prive di uno pizzico di filosofia e di sarcasmonaturali del resto in un uomo abituato a esplorare il fondo delle coseanche in quei casicosì frequenti nella società pariginain cui le famiglie sanno custodire ogni segreto della loro esistenza.

- Buon giornosignor Derville - disse distrattamente la contessa mentre porgeva del caffè alla scimmietta.

- Contessa - ribatté l'avvocato non celando il suo disappunto per l'eccessiva familiarità di quel "buon giorno" io sono venuto a visitarvi per una questione molto grave...

- Ohsono spiacentissimail conte è già uscito...

- Ma io sono lieto della sua assenzadal momento che non mi sembrerebbe molto opportuno farlo assistere al nostro colloquio.

D'altra partelo stesso Delbecq mi ha assicurato che trattate voi stessa i vostri affarisenza disturbare il conte...

- In questo casofarò venire Delbecq.

- Non occorreper quanto apprezzi l'abilità del vostro intendente. Un solo fatto basterà per richiamarvi alla realtà. Il conte Chabert è vivo.

- Ed è con simili buffonate che voi vorreste richiamarmi alla realtà? - commentò la contessascoppiando in una risata.

Una risata di corto respirotroncata dal freddo sguardo dell'avvocato che pareva volesse metter a nudo l'anima della donna.

- Ignorate certamente - egli riprese in tono pacato grave - la portata dei pericoli cui andate incontro. Tralascio di farvi notare la perfetta autenticità dei documentinonché le incontestabili prove che testimoniano l'esistenza del conte Chabert. Voi sapeted'altro cantoche io non sono abituato a occuparmi di cause senza sicuro fondamento. Ogni vostra opposizione alla nostra istanza per la cancellazione dell'atto di decesso sarà rigettata; perduta in tal modo la causa di prima istanzarisolta in nostro favore la questione basetutto il resto verrà da sé.

- Non afferro bene lo scopo di queste vostre affermazioni...

- Diamine! esse non riguardano né il colonnello né voi... E neppure si ricollegano alla possibilità di presentare brillanti memoriali su taluni fatti alquanto strani e di trarre profitto da certe lettere che voi avete ricevuto dal primo marito nel periodo antecedente al vostro secondo matrimonio.

- Questo è falso! - proruppe la contessa con la violenza verbale caratteristica delle donne che si atteggiano a dominatrici. - Io non ho mai ricevuto lettere dal conte Chabert; se qualcuno si fa passare per taleegli non può essere che un intriganteun malfattore dimesso dal carcereper esempio un Cogniard. Mi passano i brividi nella schiena solo a pensarci. Siamo seri: può risuscitare il colonnello? Bonaparte mi ha presentato le sue condoglianze tramite un aiutante di campo. Riscuoto una pensione di tremila franchivotata dalle Camere in favore della vedova. Ho avuto dunque ragione mille voltedi scacciare i falsi Chabertcome scaccerò tutti quelli che dovessero ancora presentarsi a me.

- Siamo fortunatamente solicontessae possiamo in tutta libertà mentire a noi stessi - replicò freddamente l'avvocatotutto intento a rinfocolare la collera della contessa nella speranza di coglierla in fallo; una manovra molto comune agli avvocatisempre padroni dei loro nervi anche quando i loro avversari trascendono.

Meditando di farla cadere in un tranello - a noi dueadesso - egli riprese subitovivacemente. - Esiste la prova irrefutabile che vi è stata consegnata una lettera contenente dei valori...

- Quanto ai valori lo escludo recisamente!

- Ma non escludete la letteracontessa - rettificò sorridendo Derville. - Ecco la prima contraddizione alla prima mossa di un avvocato... e vi illudete di poter lottare con la giustizia...

La contessa arrossìimpallidìsi nascose il viso tra le mani. Ma subito riprendendosicon il sangue freddo delle donne del suo stampo:

- Dal momento che voi siete l'avvocato di fiducia del preteso Chabertabbiate la bontà di dirmi...

- Debbo interrompervi; io sono l'avvocato di entrambi e non ho la minima intenzione di rinunciare a una cliente così preziosaquale voi siete. Lasciatemi concludere...

- Vi ascolto - rispose la contessa affettando molta cortesia.

- Le vostre sostanze provengono dal conte Chabertlo stesso che avete ripudiato. La vostra fortuna materiale è assai cospicua e voi lo costringete a mendicare. E' molto facile l'eloquenza di un avvocato quando la verità sgorga dai fatti stessi. In questo casoc'è di che sollevare contro di voi tutta l'opinione pubblica.

- Insomma - ribatté impazientita la contessache mal sopportava il tormento di quel colloquio - anche ammessa l'esistenza del vostro Chaberti tribunali non potranno annullare il mio secondo matrimonio dal quale sono nati due figli; si tratterà tutt'al più di tacitare il Chabert con duecentoventicinquemila franchi.

- Nessuno può prevedere quale potrà essere il parere dei tribunali sulla questione sentimentale. Da una parteuna madre e i suoi due figli; ma dall'altra un uomo schiantato dalla sventura; invecchiato innanzi tempo per causa vostraper la vostra condotta. Come potrà Chabert rifarsi una casa? Potrà il tribunale violare la legge? Il primo matrimonio vale per un diritto di priorità. Devo aggiungere che se voi sarete messa in cattiva lucevi toccherà di affrontare un avversario ben più formidabile... E questo è il pericolo che io vorrei scongiurare.

- Un altro avversario? E chidunque?

- Il conte Ferraud.

- Il conte Ferraud mi è troppo devoto... e nutre molto rispetto per la madre dei suoi figli...

- Non contate su simili debolezzecontessae credete a noi che siamo così allenati a esplorare i veri sentimenti... Allo stato attuale delle coseil conte non ha alcuna intenzione di far annullare il matrimonio; sono convinto che vi ama profondamente; ma se qualcuno gli confermasse che l'annullamento è possibile e che la sua consorte potrebbe essere tradotta come colpevole in cospetto dell'opinione pubblica...

- Mi difenderebbe!

- Non lo credo.

- Perché mai dovrebbe abbandonarmi?

- Per l'occasione che gli si presenta di sposare la figlia di un Pari di Franciail cui titolo gli verrebbe trasmesso per decreto reale.

La contessa impallidì. Derville ritenne di aver partita vinta.

- In definitiva - riprese l'avvocato - il conte sarebbe altresì alleggerito d'ogni scrupolotrattandosi di un Chabertsoldato gloriosogeneralecontegrande ufficiale della Legion d'onore; se un uomo di tanta levatura reclama i suoi diritti coniugali...

- Bastabastave ne prego! Voi sarete il mio unico avvocato. Che cosa devo fare?

- Transigere.

- Mi ama ancora?

- Vi offenderei se dicessi il contrario.

Sensibile a queste parolela contessa drizzò il capomostrando un viso illuminato da una segreta speranza; forse intuiva di poter speculare sulla tenerezza del primo marito per conservare a sé il secondo!

Nell'accomiatarsiDervilleaggiunse:

- Sono a vostra disposizione; fatemi sapere se dobbiamo dar corso agli atti o se preferite venire da me per gettare le basi di una transazione.

 

Erano trascorsi otto giorni dai due colloqui di Dervillequandoin un luminoso mattino di giugnoda due quartieri opposti della città convennero i due antichi sposi nello studio dell'avvocato:

miracolosa coincidenza! Le anticipazioni fatte con larghezza a Chabert gli avevano consentito di vestire abiti degni della sua posizione sociale. Il preteso defunto si fece dignitosamente trasportare in carrozza. Parrucca nuova adatta alla sua fisionomia; abito bleuuna candida camiciae sul panciotto la rosetta scarlatta dei grandi ufficiali della Legion d'onore. Con il benessereegli aveva ritrovato tutta l'eleganza marziale di un tempo. Fiero il portamento; il volto grave e misterioso dissimulava la felicità e il fiorire di nuove speranze; egli appariva ringiovanitopienoper dirla con un termine caro agli artisti. Poteva rassomigliare ancora allo Chabert del pastranaccio quanto un soldino rassomiglia a una moneta da quaranta franchi nuova fiammante. Vedendoloil passante avrebbe facilmente riconosciuto in lui uno di quei gloriosi reduci della Grande Armatauno di quegli eroi che sono il simbolo della nostra gloria nazionale e ne riflettonocome un diamantetutti i fulgori.

Questi vecchi soldati sono eloquenti come un quadro o un libro.

Giunto davanti alla casa di Dervilleil colonnello saltò di carrozza con l'agilità di un giovane cavaliere. Subito doposi profilò nella strada l'aristocratico attacco della contessa. Essa portava una mantiglia foderata di rosa che armonizzava stupendamente con il suo corpodissimulandone e ravvivandone al tempo stesso le forme; il tutto di una semplicità calcolata con gustosì da valorizzare appieno la snellezza della persona.

Se i due clienti si presentavano così ringiovanitilo studio dell'avvocato era pur sempre quello che vi abbiamo descritto.

Simonino alle prese con la colazioneappoggiato alla finestra apertacon il naso all'insùverso quel po' di cielo che si poteva scorgere tra i quattro corpi della vecchia casa.

- Chi vuole scommettere con me un ingresso al teatro che il colonnello Chabert è... generale e gran cordone?

- Il nostro padrone è un vero mago - commentò Godeschal.

- Quale scherzo potremmo ancora giocargli? - chiese Desroches.

- Di questo si incaricherà la contessa Ferraud borbottò Boucard.

- Di questo passoessa sarà obbligata ad appartenere a due uomini - osservò Godeschal.

- Eccola! - avvertì Simonino.

In quell'istante entrò Chabert.

- L'avvocato?

- E' nello studio - rispose Simonino.

- Ahnon siete più sordoragazzaccio - osservò il colonnello afferrandolo per il ganascinotra lo spasso degli scrivanelli ancor tutti ammirati per quel singolare personaggio degno di tanta considerazione e rispetto.

La contessa entrò nello studio quando il colonnello era già stato introdotto da Derville.

- Che ne pensateBoucard?... sarà una scenetta davvero singolare!

Ecco una donna che ha il diritto di trascorrere i giorni pari presso il conte Ferraud e quelli dispari dal conte Chabert.

- I dispari degli anni bisestili... - corresse Godeschal.

- Tacete una buona volta - disse Boucard con severità - io non mi sono mai trovato in uno studio dove si prendano in giro i clienti come avviene qui...

Derville aveva precauzionalmente confinato il colonnello nella camera da letto prima che la contessa entrasse nel suo studio.

- Non sapendo se la presenza del vostro primo marito vi potesse tornare graditaho preferito tenervi separati. Tuttaviase lo desiderate...

- Vi sono grata di quanto avete fatto.

- Ho preparato una minuta di transazionele cui clausole possono essere immediatamente discusse da entrambi. Io mi farò interprete delle obiezioni di ciascuno.

- Vediamo l'atto - esclamò con impazienza la contessa.

Derville ne iniziò la lettura: "Tra il signor Giacintodetto Chabertcontemaresciallo di campo e grande ufficiale della Legion d'onoreabitante a Parigivia du Petit-Banquierda una partee la signora Rosa Chapotelmoglie del soprannominato Chabertnata"...

- Tralasciate tutti i preamboli - interruppe la contessa - veniamo al sodo.

- I preamboli spiegano succintamente la posizione giuridica di entrambi. In seguitocon l'articolo primovoi riconoscete in presenza di tre testimonicioè di due notai e del commerciante presso il quale abita vostro maritotutti vincolati al segretovoi riconoscetecome dicevoche l'individuo designato negli atti allegati in copiae di cui gli originali fanno parte di un atto di notorietà redatto dal notaio Crottat di vostra fiduciaè in effetti il conte Chabertvostro primo coniuge. Con l'articolo dueil conte Chabertvalutando in pieno il vostro interesse personales'impegna di non far valere i suoi diritti se non nei casi previsti dalla transazione stessa. E questi non sono che quelli relativi alla non esecuzione delle clausole di questa convenzione privata. Dal canto suoil conte Chabert s'impegna di promuovered'accordo con voiun giudizio d'annullamento del suo decesso così come del suo matrimonio.

- Tutto ciò è contrario ai miei interessi - ribatté la contessa - io non voglio assolutamente esser coinvolta in processi. E voi ne comprendete il perché.

- Con l'articolo terzo - continuò imperturbabile l'avvocato - voi vi impegnate di costituire in favore del signor Giacintoconte Chabertuna rendita vitalizia di ventiquattromila franchiregistrata nel gran libro del Debito pubblicoil cui capitale tornerà in vostre mani alla morte del conte.

- Lo credo.

- Che cosa volete fareallora?

- Troppo caroavvocato!

- Credete forse di potervela cavare a miglior mercato?

- Io vogliocioènon voglio processi; voglio piuttosto...

- Che lui passi per defunto - interruppe vivacemente Derville.

- Se ritenete necessario il salasso annuo di ventiquattromila franchifaremo causa.

- Sìsìfaremo causa - gridò sordamente il colonnello aprendo d'improvviso la porta e piantandosi dinnanzi alla consorteuna mano infilata nel taglio del panciotto e l'altra tesa come per giuramento. Un gesto di energia terribilemosso dal ricordo di tutte le sventure sopportate.

- E' lui - disse tra di sé la contessa.

- Ahtroppo caro il salasso? - riprese il vecchio soldato. - Vi ho dato un milione di franchiall'incircae voi mercanteggiate la mia disgrazia. Ebbeneio voglio tuttovoi e le vostre sostanze. Esiste una comunità di beni; il matrimonio è ancora valido...

- Ma questo signore non è il colonnello Chabert gridò la contessa simulando il più grande stupore.

- Già... avete bisogno di qualche provanon è vero? - obbiettò ironicamente Chabert. - Ebbenericordo di avervi... conosciuta in un luogo piuttosto equivoconei paraggi del Palais-Royal...

Colpo rude; vedendola impallidireil vecchio soldato immaginò la sofferenza atroce di quella donna che egli aveva pur tanto amata e tacque. Ma uno sguardo vibrante di odio lo colpì sì da indurlo a continuare: - Voi eravate ospite della...

- Non è possibileavvocatoche io possa rimanere in questa stanza... Non ci sono certo venuta per ascoltare infamie simili.

Si alzò e uscìinvano seguita da Derville. La contessa aveva preso letteralmente il volo. Rientrandol'avvocato vide il colonnello che misurava a grandi passi la stanzacolto da un accesso di furore.

- In quel tempo si conquistavano le donne dove era più comodo; il mio torto è di averla scelta maleil mio torto è di essermi fidato delle apparenze. Essa è sorda a ogni sentimento.

- Non avevo forse ragione nel consigliarvi di non farvi vedere?

Comunquenessun dubbio ormai sulla vostra identità. Quando vi siete presentatola contessa non ha potuto trattenere un movimento originato da un'amara certezza. Ma la vostra causa è ormai pregiudicata; vostra moglie è convinta di poter negare la vostra identità.

- L'ucciderò!

- Assurdità! Sareste imprigionato e ghigliottinatoecco tutto.

Senza pensare che potreste anche fallire il colpo! Quando ci si propone di uccidere la propria moglieciò sarebbe imperdonabile... Lasciate fare a melasciate che trovi rimedio alle vostre debolezzefanciullone! Andate purema state attento!

Vostra moglie è capace di tutto e potrebbe cogliervi in trappolafarvi rinchiudere a Charenton. Nel frattempoio le notificherò gli atti; sarete così al coperto di ogni sorpresa spiacevole.

Il colonnello balbettò delle scusepromise di seguire i consigli del suo benefattore e se ne andò.

Mentre scendeva le scale con lentezzaassorto in cupi pensieriferito profondamente da quanto era accaduto poco primamettendo piede sull'ultimo pianerottolo si sentì sfiorare da una figura femminile: la contessa!

- Venite con meconte - disseecon gesto affettuoso che ricordava l'intimità d'un tempolo prese sottobraccio.

La sorpresa di quel gestol'accento della voce ridiventato così dolce bastarono per spegnere nel colonnello ogni collera; egli si lasciò condurre fino alla carrozza.

- Salitedunque - riprese la contessanon appena il domestico ebbe abbassato la pedana.

Chabert si trovò cosìd'improvvisoseduto a fianco di sua moglie.

- Dove desidera andarela signora contessa? domandò il cocchiere.

- A Groslay.

Velocementeattraversarono tutta Parigi.

- Chabert! - mormorò la contessa rivelando nel tremito della voce una di quelle emozioni che proviamo raramente nella vita e che sconvolgono tutto il nostro essere. Cuorenervimuscolifisionomial'anima e il corpotuttoanche le più riposte fibre vibrano. La vita sembra abbandonarciassumere forme nuovecolpire come un contagiocondensarsi in uno sguardoin una sfumatura della vocein un gesto soggiogando ogni volontà. Il vecchio soldato non poté sottrarsi al fascino di quel richiamodi quell'unica e prima e ineffabile parola che lei aveva pronunciato:

Chabert!

Si compendiavano in essaa un tempoil rimproverola preghierail perdonola speranzail dolore; una parola che valeva un interrogativo e poteva sembrare una rispostatutto riassumendo.

Per far vibrare in essa così intensamente il sentimento e imprimerle tanta efficacia espressiva sarebbe occorsa l'abilità di una commediante. La verità non si completa mai in una semplice espressionenon si svela mai con interezza pur lasciando indovinare le sue radici segrete. Il colonnello si rammaricò d'ogni sua diffidenzad'ogni richiestadella collera che lo aveva sconvolto e abbassò lo sguardo per nascondere il turbamento.

- Chabert - continuò la contessa - vi avevo riconosciuto...

- Rosinale vostre parole sono il migliore dei balsami; mi fanno scordare le mie sventure.

Sulle mani della donnache egli stringeva con tenerezza quasi paternacaddero due grosse lacrime.

- Dovevate comprendere che mi riusciva intollerabile di presentarmi a un estraneo sotto una luce così sfavorevole. Se devo arrossire per quanto è avvenutochiedo di rifugiarmi nell'intimità. Sono segreti che devono rimanere sepolti in noi stessi. Vi prego di comprendermidi giustificare un'apparente indifferenza per le sventure di un Chabert che io dovevo considerare fuori della mia vita. Ho ricevuto le vostre lettere - continuò la contessa osservando sul volto del marito un'espressione di stupore - le ho ricevutema tredici mesi dopo la battaglia di Eylauapertesudicequasi illeggibili e sospettaiavendo ricevuto il consenso dell'Imperatore per il nuovo matrimonioche qualche intrigante volesse farsi gioco di me. Dovevo impedire che il conte Ferraud venisse a conoscere l'accadutonon turbare la quiete della famiglia... ho preso perciò tutte le mie precauzioni contro i falsi Chabert! Potevo fare altrimentidite?

- Nonon lo potevi; sono io lo scioccol'idiotauna bestia che non ha saputo valutare le conseguenze di una situazione così anormale.

La carrozza era giunta alla barriera della Chapelle.

- Dove siamo diretti?

- Alla campagnanei miei possedimenti di Croslaynella vallata di Montmorency. Là potremo riflettere con tranquillità sulle decisioni da prendere. Conosco i miei doveri. Se vi appartengo in linea di dirittoio non sono più vostra nella realtà dei fatti.

Dobbiamo diventare la favola di tutta la città?potete ammetterlo? Non diamo in pasto al pubblico una situazione che ha del ridicolo e difendiamo la nostra dignità. Voi mi amate - proseguì dolcemente con una voce che tradiva la commozione - ma non sono stata io forse autorizzata a contrarre dei nuovi legami?

Non mi resta che porre tutta la fiducia nella vostra bontà d'animoche ho tanto apprezzato un tempo. Dovrei pentirmi nel ritenervi il solo arbitro del mio destino? Siate dunque giudice e parte; mi affido alla grande nobiltà del vostro carattere. Siate indulgente per i miei errori involontari. Io non posso nascondervi che amo il conte Ferraudche ho creduto fosse mio diritto di poterlo amare. Non arrossisco di quest'amorené di questa confessione; potrebbe offendervi forsemai disonorarvi. Non posso nascondervi la verità. Allorché il destino volle che io rimanessi vedovanon ero ancora madre.

Il colonnello invitò con un gesto a troncare quella confessione; rimasero a lungo silenziosi. Due bimbi erano spiritualmente presenti.

- Rosina...

- Chabert...

- E' un grave torto dei defunti quello di risuscitare!

- Nononon dite questo! Non ritenetemi un'ingrata. La verità è che voi trovate ora una donna amata e una madre in quella che avete lasciato sposa. Non possonon debbo amarvi piùma ciò non tocca la riconoscenza a cui avete diritto e l'affetto che potrò dimostrarvi ancoracome una figlia.

- Rosina - rispose il vecchio con dolcezza - ogni rancore è spento. Bisogna dimenticare - aggiunse quasi sorridendocon una tenerezza che è sempre specchio di nobiltà d'animo. - Non sarò così indelicato da pretendere che voi simuliate un attaccamento che non esiste più.

Una espressione così viva di riconoscenza illuminò il viso della contessache il povero Chabert avrebbe voluto sprofondare di nuovo nella fossa di Eylau. Ci sono uomini capaci di ogni sacrificioi quali trovano la più alta ricompensa nella felicità che hanno saputo procurare alle persone amate.

- Amico mioriprenderemo a parlare di questa difficile situazione con spirito più calmo - disse la contessa.

C'era un'impossibilità quasi fisica d'insistere su temi tanto delicati. Riuscirono a sviare il loro discorsobenché ricadessero a volte fatalmentenell'argomento scottante ora con riferimentiora con allusioni; i ricordi del loro comune passato s'intrecciaronofu come un viaggio delizioso attraverso gli episodi lontani della loro vita e gli splendori dell'Impero. Una indefinibile soavità colorivaper merito di leiogni rievocazioneassumendo talvolta un tono di melanconia che non disdiceva alla grave realtà della situazione presente. Riviveva un passato d'amoresenza che potesse più risvegliarsi il desiderio.

La maturità consumata della donna favoriva il tentativo di persuadere Chabert ad accontentarsi ormai delle gioie che sono riservate a un padre. Egli era vissuto con una principessa dell'Impero e ritrovava ora una contessa della Restaurazione.

Seguendo un scorciatoiai due giunsero in un grande parco situato nella piccola valle che separa le alture di Margency dal grazioso villaggio di Croslay. La contessa possedeva colà una deliziosa villettacui nulla mancava - e il colonnello lo notò entrandovi - per rendere piacevole il soggiorno.

Il dolore è una specie di talismano che ha il potere di accentuare i nostri sentimenti primordiali: accresce la diffidenza e la cattiveria in alcunirinverdisce la bontà negli uomini di gran cuore. La sventura aveva reso il colonnello ancor più sensibile di quanto non lo fosse stato un tempo; ora poteva percepire fin nelle sfumature la segreta sofferenza di una donna.

Quantunque egli fosse alieno da ogni manifestazione di diffidenzanon poté tuttavia fare a meno di chiederle:

- Eravate proprio sicura di riuscire a condurmi fin qui?

- Sicurissimasolo che io avessi potuto ritrovarenel mio avversarioil vero conte Chabert.

Essa pose in quelle parole un accento di verità così persuasivoche il vecchio ne fu disarmatoprovando una vera umiliazione per aver dubitato di lei.

Trascorsero tre giorni in una intimità che la contessa seppe rendere serena. Sembrava che s'ingegnasse veramente per attutirecancellare ogni penoso ricordoche cercasse con ogni dolcezza di ottenere il perdono per le colpe involontariamente commesse; pur attraverso una velata tristezza si compiaceva di quegli atteggiamenti che più tornavano graditi al conte. Ciascuno di noi è più sensibile a certi modi di comportarsi che non ad altria certe seduzioni del sentimento o dello spirito alle quali sapremmo difficilmente resistere. Essa desiderava interessarlo alla propria vitavoleva intenerirlo per poterne dominare la coscienza e disporre completamente della sua volontà. Decisa a tutto pur di raggiungere i suoi finirimaneva tuttavia molto incerta sulla via da seguire. Il conte doveva comunque scomparire dal suo ambiente sociale.

La sera del terzo giornola contessa fu assalita dal dubbio di non riuscire nei suoi piani; ne fu molto inquieta; per trovare un po' di calma si rifugiò nella sua cameraabbandonandosi su di una sedia davanti alla piccola scrivania. Il suo volto si trasformò in un balenocome il volto di un'attrice cherientrando nel camerino dopo la recita di un quinto atto denso di drammaticitàsi senta sfibrata e appaia del tutto diversa da quella che gli spettatori hanno applaudita.

Ultimò in tutta fretta una lettera indirizzata a Delbecqnella quale chiedeva di intervenirein suo nomepresso Derville allo scopo di prendere visione degli atti Chabertfarne copiarecapitandoli al più presto a Croslay. Aveva appena terminato di scrivere che un rumore di passi l'avvertì della presenza del colonnello. Questiimpensierito per la lunga assenzaera venuto a cercarla.

- Povera me! - disse ad alta voce - vorrei finirla... la mia vita diventa insopportabile.

- Che accadeche avete? - chiese premuroso il vecchio.

- Nullanulla.

La contessa si alzòabbandonò il colonnellodiscese in gran fretta esenza testimoni indiscretiordinò alla cameriera di partire immediatamente alla volta di Parigiper recapitare a Delbecq la lettera prontalettera che doveva esserle restituita dopo che l'intendente ne avesse preso visione. Poi uscì nel parco sedendosi su di una panca bene in vistadimodoché il colonnello la potesse facilmente scorgere e raggiungere. Infatti egliche la stava cercandole fu subito vicino.

- Rosinaspiegatevi...

Essa non rispose. La calma solenne di quella sera di giugnopiena di segrete armoniela purezza dell'atmosferail silenzio profondo rendevano soave il momento. Qualche voce di bimbo in lontananza aggiungeva una nota melodiosa alla incantevole bellezza del luogo.

- Non volete rispondermi?

- Mio marito... - qui s'arrestòcome confusaarrossì un poco e chiese: - Come dovrei esprimermi parlando del conte Ferraud?

- Maritos'intendemia piccola creaturanon è forse il padre dei tuoi figli? - obiettò il colonnello mettendo a nudo la sua infinita bontà.

- Mi chiedo ogni momento che cosa potrei rispondergli se luisapendo che sono qui in compagnia di uno sconosciutomi chiedesse perché ci sono venuta... Ascoltatemi una buona volta - continuò con artificiosa nobiltà di accento io sono rassegnata a tutto; decidete voi del mio destino...

- Adorata... io sono deciso a sacrificarmi completamente per la vostra felicità... - così dicendo le afferrò le manitremando.

- Non è possibile! Voi dovreste rinunciare a voi stesso e in una forma legale - rispose in frettaconvulsamente la donna.

- Non è forse sufficiente la mia parola?

Quell'aggettivo "legale" gli suonava assai ingratotanto da risvegliare qualche involontaria diffidenza. Mentre fissava intensamente la contessasi accorse del suo rossorela vide abbassare gli occhi; temette di non poter trattenere un gesto di disprezzo. Dal canto suola donna ebbe la sensazione d'aver eccedutooffendendo la sensibilitàla probità di un carattere di cui le era ben nota la generosa semplicità.

Nubi passeggere sul loro volto. Un avvenimento inatteso riportò il sereno: le grida di un bimbo.

- Giulionon tormentare la sorellina - gridò la contessa.

- Sono quii vostri figlioli?

- E' la verità; ma essi non debbono importunarvi.

Chabert si commosseapprezzò il tatto squisito della compagna e si curvò a baciarle la mano. - Lasciateli venire... ve ne prego!

Una bimba era comparsapronta ad accusare il fratellino.

- Mamma...

- Mamma...

- E' stato lui che...

- Non è veroè lei che...

Quattro mani si tesero; le voci si confondevano. Quale inatteso e delizioso spettacolo!

- Povere creature...- esclamò tra le lacrime la contessa. - Dovrò separarmi da loro; a chi verranno assegnate? Voglio che restino con me; un cuore di madre non può essere oggetto di spartizione...

- Siete forse voi che fate piangere la mia mamma? chiese incollerito il piccolo Giulio.

- ZittoGiulio - ordinò severamente la madre.

I due bimbi non si mosseronon fiataronoosservando con inesprimibile curiosità lo sconosciuto.

- Se dovrò separarmi dal contemi siano lasciate le mie creature.

Solo così potrò rassegnarmi... rassegnarmi a tutto.

- Ho capito - interruppe il colonnello concludendo un pensiero lungamente maturato - il mio posto è sottoterra. Me lo sono detto più volte.

- Ma non potrò rassegnarmi a un tale sacrificiocapite? Se ci sono uomini capaci di offrire la propria vita per salvare l'onore della donna amatalo possono fare una sola volta. Voi mi offrireste la vostra vita ogni giorno! Nononon è possibile.

Non si tratta soltanto della vostra esistenza fisica. Voi non potete sottoscrivere di essere un falso Chabertun impostore; voi non potete sacrificare il vostro onore di uomoperpetuare una menzogna. La devozione non lo giustificherebbe. Datemi ragione.

Nonon è possibile. Se io non fossi madrea quest'ora mi sarei già rifugiata con voi nel più lontano luogo del mondo.

- Non potrei vivere quinella vostra casacome un vecchio parente? Sono inservibile come i cannoni fuori uso; mi basta un po' di tabacco e il "Costituzionale".

La contessa pianse a lungo. Nel duello di sentimenti generosi che i due avevano accesodoveva uscirne vittorioso il soldato.

Rivedendouna serala madre presso i suoi bimbifu intenerito dalla grazia di un quadro che l'ombra e il silenzio rendevano quanto mai suggestivo e prese la risoluzione di compiere tutto il necessario per assicurare per sempre la felicità di quella famiglia: tornare ad essere il defunto e non preoccuparsi più dell'autenticità dei suoi documenti.

- Dovete agire secondo il vostro intimo convincimento - osservò la contessa - io vi dichiaro esplicitamente che non eserciterò alcuna pressione. Questo è il mio dovere.

Delbecq era alla villa da più giorni eseguendo le istruzioni della contessasi era accattivato la fiducia del vecchio soldato.

L'indomani erano entrambi in viaggio per Saint-Leu-Tavernydove Delbecq aveva fatto redigere da un notaio un atto concepito in termini tali che il colonnellonon appena ne prese visionese ne uscì concitatamente dallo studio.

- Fulmini di Giove! Mi volete far passare da idiotada falsario...

- Pensatecinon sottoscrivete subito - gli sussurrò Delbecq - al vostro postoio cercherei di strappare trentamila franchi di rendita; la contessa li mollerà...

Dal luminoso volto di quell'onestuomoche era Chabertpartì un'occhiata che avrebbe fulminato il brigante; indignatose ne andò contrastato da opposti sentimenti. Era di volta in volta sospettosoribellerassegnato. Passando da un muro sbrecciatoritornò nel parco di Croslay e a passi lentimeditandocercò rifugio in un piccolo chiosco dal quale si poteva vedere la strada di Saint-Leucon il suo fondo di terra argillosa.

La contessa stava nello stesso chiosco e non si era accorta del suo sopraggiungere; era così assorta nei suoi pensieri circa la missione Delbecq che non prestò attenzione al fruscìo di passi. E neppure il vecchio soldato ebbe la sensazione della sua presenza.

- Ebbenesignor Delbecqè cosa fatta? - chiese ansiosa la contessa all'intendente che le era apparsotutto solodietro la siepe di un fosso di chiusura.

- Niente di fatto. Non so neppure dove sia finito il nostro uomo.

Il vecchio cavallo si è impennato.

- Poiché l'abbiamo nelle nostre manibisognerà dunque farlo rinchiudere a Charenton...

Il colonnellocon una giovanile e sorprendente agilitàspiccò un salto per varcare il fossocomparve dinanzi all'intendente e gli appioppò un paio di schiaffi così sonori da non avere precedenti nella vita professionale del procuratore.

- Devi aggiungere che i vecchi cavalli sono anche impetuosi - gli gridò in faccia.

Frenata la collerail colonnello sentì che gli mancavano le forze per ripetere il salto. La verità era ormai netta. Le parole della contessa e del suo intendente non lasciavano dubbi sul complotto di cui sarebbe stato la vittima.

Le cure prodigategli erano l'esca dell'infame tranello. L'idea del tranello era come un veleno sottile che riacutizzava ogni dolore fisico e morale. Ritornò al chiosco a passi lentiattraverso il parcopalesando il suo abbattimento. Nessuna pacenessuna tregua per lui. Bisognava dunquesenza perdere un attimoiniziare una guerra odiosa contro quella donna; come aveva previsto Dervilleadattarsi a seguire la via dei processinutrirsi di fielebere al calice dell'amarezza. Mapensiero lancinantedove trovare i mezzi per muovere le pedine necessarie? Tanto era il disgusto della vita che se avesse avuto in tasca una rivoltella si sarebbe fatto saltare le cervella. Poiricadde nell'incertezzain quell'incertezza chefin dal giorno dell'incontro con Derville nell'abitazione del suo amicolo aveva così profondamente mutato nel carattere.

Giunto che fu davanti al chioscovolle salire fino al piccolo osservatorio da doveattraverso le ampie vetrate si potevano ammirare gli aspetti più pittoreschi della vallata; làvi trovò la contessa che stava contemplando il panorama con una tranquillitàcon una calma impenetrabile che lasciavano presagirein una donna di quello stampola capacità di estreme decisioni. Si tergeva di quando in quando gli occhicome se avesse pianto a lungo edistrattamentecincischiava il lungo nastro rosa della cintura. Tuttavia non poté far a meno di trasalirequando le comparve dinanzi il suo vero benefattorele braccia conserteil viso pallidissimola fronte severa.

- Io non vi maledicosignora; vi disprezzo - disse dopo averla a lungo fissata determinando in lei un visibile turbamento. - Ora posso ringraziare il destino che ci ha separati. Non mi anima alcun desiderio di vendetta; non vi amo piùecco tutto. Non pretendo alcunché da voi. Vivete pure tranquilla; vi do la mia parola d'onore che vale assai più di tutti gli scarabocchi dei notai pariginiio non rivendicherò il nome che ho pur reso illustrein qualche modo. Io non sono più che un povero diavolo di nome Giacintodesideroso di un semplice cantuccio al sole.

Addio...

La contessa cadde ai suoi pieditentò di afferrargli le manitrattenerloma egli la respinse con sdegno.

- Non toccatemi!

Quando essadal rumore dei passi che si allontanavanoebbe la sicurezza di essere finalmente solasi riprese e con la perspicacia che si accompagna a una consumata scelleratezza e a un feroce egoismosperò di poter vivere finalmente in pacegarantita com'era dalla parola d'onore e dallo sdegno del vecchio soldato.

Chabert disparve effettivamente. Il suo amico commerciantetravolto da un fallimentoera diventato fiaccheraio. Non escludiamo che lo stesso colonnello non abbia esercitato una simile professione. E neppure che eglicome una pietra che cada nell'abisso di sbalzo in sbalzonon si sia adattato a uno di quei tanti miserabili mestieri che disonorano le strade di Parigi.

Erano trascorsi sei mesi dagli avvenimenti che abbiamo descrittoquando Dervilleil quale non aveva più avuto notizie né di Chabert né della contessa Ferraud ed era persuaso che tra i due fosse intervenuta una transazione stipulataper volere della contessada qualche altrofece i suoi conti: somme anticipate a Chabertspese varieinviando poi la parcella alla contessa con preghiera di reclamarne il pagamento da Chabertdi cui certamente conosceva il domicilio.

L'indomani stessol'intendente del conte Ferrauddi recente nominato presidente di tribunale di prima istanza in un'importante cittàrispondeva a Derville in questi termini poco piacevoli:

"Egregio SignoreLa contessa Ferraud m'incarica di significarvi che il vostro cliente aveva sfacciatamente abusato della vostra fiducia e che l'individuo il quale pretendeva di essere il conte Chabert ha pienamente riconosciuto d'essersi falsamente appropriato di tale generalità.

Vi preghiamo di gradire"eccetera eccetera.

- Quanti sciocchi ti tocca d'incontrare nella vita.... che hanno a torto ricevuto il battesimo...- esclamò Derville. - Siate umanodimostratevi generosofilantropoe vi farete infinocchiarecaro avvocato. Ecco un magnifico affare che mi costa due bei biglietti da mille.

Qualche tempo dopomentre Derville era alla ricerca di un collega difensore presso la polizia correzionaleil caso lo condusse alla sesta sezione nel momento stesso in cui il presidente condannava a due mesi di prigione un certo Giacinto per vagabondaggioe ordinava che lo stesso fossein seguitorinchiuso nell'ospizio di mendicità di Saint-Denis. Sentenza cheseguendo la giurisprudenza dei prefetti di poliziaequivaleva a una detenzione perpetua.

Udendo quel nomeDerville squadrò il delinquente seduto al banco degli accusati tra due gendarmi e riconobbe il falso colonnello Chabert. Il vecchio soldato era calmoimmobilequasi assente.

Malgrado i cenci e l'atroce miseria impressa sul suo visoegli conservava tutta la sua nobile fierezza. L'espressione di stoicismo del suo sguardo non avrebbe dovuto ingannare il magistratoma quando si cade sotto il peso della giustizianon si è più che oggetti di dirittosoggetti di un fattocome si diventa dei numeri per i calcoli della statistica. Quando il vecchio soldato fu ricondotto in cancelleriain attesa che si provvedesse a tradurlo altrovecon il gruppo di vagabondi che stava in giudizioDervillevalendosi della sua prerogativa di avvocatosi introdusse nella cancelleria ed ebbe agio di osservare il pittoresco gruppo di mendicantinel quale stava Chabert.

L'anticamera della cancelleria presentava uno di quegli spettacoli miserandi che i legislatorii filantropii pittorigli scrittori dovrebbero vedere e studiare. Come tutti gli altri "laboratori" della giustizia umanaquell'anticamera era oscura e maleodorantecon il solo ornamento di un pancone annerito dall'usoe con il continuo viavai di tanti sciagurati che vi rappresentano tutte le miserie socialinon una esclusa. Un poeta direbbe che la luce si rifiuterebbe d'entrare in una così sordida cloaca di tutti i mali. In ogni posto disponibilesta un rappresentante del reatoconsumato o da consumare; non c'è angolo che non nasconda qualcuno degli sciagurati checolpiti una prima volta con mano leggeranon abbiano ricominciato su quella via del male che mostra al suo termine la ghigliottina o il suicidio.

Quelli che cadono nel fango della vitasonoper così direproiettati su queste mura gialliccetra le quali un sincero filantropo potrebbe trovare con facilità la giustificazione dei numerosi suicidi che sono oggetto di ipocrite recriminazioni da parte degli scrittoriincapaci di compiere alcunché per prevenirli. Un'orrenda giustificazione è scritta su queste muraquasi a prefazione dei drammi che hanno il loro scioglimento nelle camere mortuarie o nel museo di place de Grève!

Il colonnello Chabert aveva trovato posto tra quegli uomini dal viso rudevestiti di ogni foggia che si addica alla più nera miseriaa tratti silenziosia volte loquacimentre tre gendarmi di guardia ne moderavano la voce richiamandoli con ripetuti e brevi tocchi della sciabola sul pavimento.

- Mi riconoscete? - chiese Derville.

- -Certamente - rispose Chabert alzandosi.

- Se siete un uomo onesto - continuò a bassa voce Derville - come avete potuto trascurare i vostri debiti?

Il vecchio soldato arrossìcome può arrossire una giovane che sia redarguita dalla madre per un legame clandestino.

- Che mi dite? La contessa Ferraud non vi ha saldato il conto? - esclamò ad alta voce.

- Saldato? Mi ha scritto che voi siete un furfante...

Il vecchio alzò gli occhi al cieloin un movimento che rivelava lo sdegnovoleva significare una maledizionee pareva invocare testimonianza per tanta infamia ancora una volta commessa in suo danno.

- Avvocato - disse con voce che la stessa disperazione aveva moderato - ottenetemi dai gendarmi il permesso di entrare in cancelleria e io vi rilascerò una delega per riscuotere... Vedrete che essa non si opporrà.

Derville ottenne infatti dal brigadiere di poter condurre Giacinto nella cancelleriadove il vecchio scrisse alcune righe per la contessa Ferraud.

- Fategliele pervenire e sarete pagato di ogni vostro averespese e onorari. Credetemi... se non vi ho testimoniato tutta la riconoscenza che vi debbo per la vostra assistenzaio la serbo intattagrandequiquinel mio cuore! Ma che possono fare i disgraziati come me? Voler bene... ecco tutto!

- Come mai non siete riuscito a farvi assegnare una rendita?

- Ohnon parlate di queste cose. Non potete immaginare a che punto io sia indifferente a quei beni che tanto assillano la maggioranza degli uomini. Sono stato colpito da una malattia stranail disgusto per l'umanità. Quando penso che Napoleone è confinato a Sant'Elenanulla più m'interessa. Non posso più vestire l'uniforme di soldatoecco la mia più grande sciagura. E poi - continuò con ingenuità infantile - non è meglio godere della ricchezza interiore piuttosto che quella che si appiccica agli abiti? Non temo il disprezzo altruiioChabert...

Si accasciò sul pancone; Derville se ne andò.

Tornato al suo studiol'avvocato inviò immediatamente Godeschal presso la contessachenon appena ebbe preso conoscenza del testo della letteraprovvide senz'altro al pagamento della parcella.

 

Siamo nel 1840. Verso la fine del giugnoGodeschaldiventato avvocato egli stessoaccompagnava Dervilledi cui aveva assunto la successione dello studioverso Ris. Raggiunta la strada che si diparte per Bicêtrenotarono seduto su di un paracarro uno di quei vecchionicanuti e distruttiche paiono detenere il bastone da maresciallo della mendicità. Il vecchio era stato ricoverato a Bicêtre come le vecchie mendicanti sono ricoverate alla Salpêtrière. Il vecchiouno dei mille disgraziati alloggiati nell'"ospizio per i vecchi"se ne stava tranquillamente accoccolato sul paracarrocome abbiamo già dettoe pareva concentrasse tutta la sua intelligenza nella semplice operazione di mantenere steso al sole il fazzolettoforse allo scopo di far scomparire certe macchie di tabacco senza dover ricorrere al bucato. Fisonomia interessanteabiti di panno rossiccioil panno di quell'orribile divisa che è fornita dall'ospizio.

- GuardateDervilleguardate quel vecchio. Non rassomiglia a quel grottesco campione di soldato che ci è piombato un giorno dalla Germania? E campae sembra felice costui...

Derville inforcò gli occhialisquadrò il poveraccio e non poté trattenere un movimento di viva sorpresa.

- Questo vecchiomio caro è tutto un poema o per dirla con i romantici è un'intera tragedia. L'hai rivista qualche volta la contessa Ferraud?

- Sì; una donna spiritosapiacevolema forse un po' bigotta.

- Questo pensionato di Bicêtre è il suo legittimo consorteChabertil vecchio colonnello; sarà stata lei a farlo ricoverare.

Se egli vive all'ospizio anziché in un palazzo è per avere ricordato alla vezzosa contessa Ferraud di essersi concessacome si prende una vettura in piazza. Io non dimentico più la ferocia dello sguardo di quella donna. Una tigre!

Godeschalincuriositovolle conoscerne le vicende. E' la storia che abbiamo raccontato.

Due giorni doporitornando a Parigii due amici si arrestarono all'altezza di Bicêtre e Derville propose di far visita a Chabert.

A mezza stradas'incontrarono con il vecchioseduto su di un tronco abbattuto di recentetutto intento a tracciare con un bastone dei segni sulla sabbia. Osservandolo attentamente ci si accorgeva che il vecchio doveva aver fatto colazione fuori dell'ospizio.

- Buon giornocolonnello Chabert - gli disse Derville.

- Niente Chabert! niente Chabert! mi chiamo Giacintosignori. Non sono più un uomosono il numero 164settima camerata - rispose il vecchio con l'ansia timorosa di un bambino. - Voi contemplate un condannato a morte! Mah! non è sposato e quindi è felice lo stesso!

- Pover'uomo - chiese Godeschal - accettereste qualche soldo per il vostro tabacco?

Con la naturalezza di un birichino di Parigiil colonnello tese avidamente le mani verso i due sconosciuti; ne ebbe venti franchi da ciascuno; li ringraziò in modo alquanto goffodicendo: "Bravi soldatacci!". E simulò un "presentat'arm"poi un "puntat'arm" gridando: "Fuoco con i due pezzi! Viva Napoleone!". Con il bastone descrisse nell'aria fantastici arabeschi.

- Dev'essere la ferita al capo che lo ha conciato così - commentò Derville.

- Vi sbagliatesignori - intervenne un altro vecchioospite anch'esso a Bicêtre. Ci sono dei giorni in cui non è prudente stuzzicarlo. E' furbofilosoforicco d'immaginazione. Ma oggiche voletedeve aver fatto il suo lunedì... E' all'ospizio dal 1820. E' accadutoun giornoche un ufficiale prussiano sceso di calesse alla salita per Villejuif passasse di qua. Io stavo con Giacinto sull'orlo della strada. L'ufficiale era in compagnia di un Russoo di altro animale della stessa speciecon il quale stava conversandoallorché il Prussiano vedendo il mio compagnoforse per scherzouscì con questa frase: "Ecco uno che deve aver combattuto a Rossbach!". Sapete che cosa ha risposto Giacinto?

"Ero troppo giovane allora per trovarmi a Rossbachma non sono stato troppo vecchio per non essere poi presente a Jena". Il Prussiano filò viasenza ribattere.

- Quale destino - commentò Derville. - Ragazzoè uscito dall'ospizio dei trovatelli; vecchioviene a morire nell'ospizio dei mendicantidopo averenel lungo intervalloaiutato Napoleone a conquistare l'Egitto e l'Europa. Sapete voiamico mio - riprese Derville dopo lunga pausa - che esistono al mondo tre tipi di uominiil preteil medico e il magistrato i quali non possono nutrire molta stima per il prossimo? Forse per questovestono di nero: portano il lutto di tutte le virtùdi tutte le illusioni infrante. Ma il più sventurato è l'avvocato. Quando ci si rivolge al sacerdote è perché ci comanda il pentimentoil rimorsola fede che riscalda ed eleva il sentimento; il sacerdote trova nella sua missione una gioia intima: egli purificaassolvericoncilia. Ma non è così per gli avvocati; davanti a noi si rinnovano le stesse colpe e nulla può prevenirle o purificarle. I nostri studi sono delle fogne senza possibilità di profilassi.

Quante infamie ho visto durante la mia lunga carriera! Ho assistito alla morte di un vecchio in un granaio dove era stato abbandonato dalle due figlie a cui aveva lasciato quarantamila franchi di rendita! Ho visto bruciare dei testamentidelle madri spogliare d'ogni bene i loro figlidei mariti rubare alle moglidelle donne uccidere il marito sfruttando il sentimento e i sensi per renderlo folle o imbelle e godersi in pace la vita con un amante. Io ho visto delle madri che hanno favorito ogni vizio nel figlio di primo letto per sopprimerlo lentamentea vantaggio di un altrofiglio dell'adulterio. Ma come posso elencarvidescrivervi ciò che mi è toccato vedere... Ci sono troppi delitti contro i quali la giustizia è impotente. I romanziericon le loro tramesono sempre al disotto della orribile realtà. Conoscerete tutto ciòamico mio... Per quanto mi riguarda scelgo la vita di campagnaaccanto a mia moglie. Provo un disgusto per la vita di cittàper Parigi.

E Godeschal rispose: - Quante di queste miserie sono già capitate sotto i miei occhi!

 

Parigifebbraio-marzo 1832