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Charles Dickens

 

LA CASA DEI FANTASMI

 

 

L'albero di Natale

Ci sarà sempre odore di caldarroste e di altri buoni generi di confortodato che raccontiamo storie d'inverno - oper meglio direstorie di fantasmi - intorno al fuoco di Natale. E una volta lìnon ci siamo mossi se non per avvicinarci ancora di più alla fiamma. Questo però non conta. Arriviamo alla casauna vecchia casa con una quantità enorme di caminidove la legna nel focolare brucia su antichi alarie ritratti sinistri (certunianchecon leggende sinistre) aggrottano le sopracciglia con aria diffidente dall'alto dei pannelli in noce delle pareti. Chi vi parla è un nobiluomo di mezza età. Gustiamo un'abbondante cena con il padronela padrona di casa e i loro ospiti - è Natalee la vecchia casa è piena di gente -poi andiamo a coricarci. La nostra camera è vecchissima. Le pareti sono tappezzate di arazzi. Quel ritratto di Cavaliere verdesul caminetto non ci piace. Ci sono grosse travi nere sul soffittoe una grossa lettiera nerasostenuta alla base da due grosse figure nere che paiono essersi staccate da due tombe della vecchia casa baronale del parcoproprio in nostro onore. Ma non siamo superstiziosidunque non ci facciamo caso. Cosìcongediamo il nostro camerierechiudiamo a chiave la porta e ci sediamo davanti al fuocoriflettendo su un'infinità di cose. Alla fine ci corichiamo. Senonchénon riusciamo a prendere sonno. Ci voltiamo da una parteci rigiriamo dall'altrae non riusciamo a prendere sonno. I tizzoni nel focolare bruciano allegramente e dànno alla camera un'aria spettrale. Non possiamo trattenerci dal far capolino da sopra il copriletto per sbirciare le due figure nere e il Cavaliere verde: che aspetto cattivo ha! Nel balenìo della lucepare avanzare e indietreggiare: il cheanche se non siamo nobiluomini superstiziosinon è piacevole. Alloradiventiamo nervosisempre più nervosi. Diciamo: - E' scioccoci fingeremo indispostie busseremo alla porta di qualcuno -. Ebbenesiamo lì lì per farloquando ecco che la porta chiusa a chiave si spalanca e entra una donnadal pallore mortale e dai lunghi capelli biondiche scivola silenziosamente vicino al fuocoe si siede sulla sedia che avevamo lasciato lìfregandosi le mani. Notiamo allora che i suoi vestiti sono bagnati. Abbiamo la lingua attaccata al palatoe non riusciamo a parlare; ma la osserviamo con attenzione. I vestiti sono bagnatie i lunghi capelli sono intrisi di fango umido; è vestita alla moda di duecento anni fae dalla cintura le pende un mazzo di chiavi arrugginite. Insommalei è seduta lìe noi non riusciamo nemmeno a perdere i sensitale è lo stato in cui ci troviamo. Poco dopo si alza e prova tutte le serrature della camera con le sue chiavi arrugginitema nessuna si rivela adatta; quindi fissa gli occhi sul ritratto del Cavaliere verde econ voce cupa e terribiledice: - I cervi sanno bene chi è!. Quindi torna a fregarsi le manipassa vicino al lettoesce dalla porta. Ci infiliamo in tutta fretta la veste da cameraprendiamo le pistole (in viaggio le portiamo sempre con noi)e ci apprestiamo a seguirlaquando scopriamo che la porta è chiusa a chiave. Giriamo la chiave e guardiamo fuori nell'oscurità della galleria: di lànessuno. Vaghiamo alla ricerca del nostro cameriere. Non riusciamo a trovarlo.

Camminiamo su e giù per la galleria fino allo spuntare del giorno; torniamo poi nella stanza desertaci addormentiamo e siamo risvegliati dal nostro cameriere (mai che un fantasma perseguiti lui!) e dal sole splendente. Ebbenefacciamo una triste colazionee tutti gli ospiti notano che abbiamo una brutta cera. Dopo colazione visitiamo la casa in compagnia del nostro ospitee lo portiamo quindi davanti al ritratto del Cavaliere verde; e allora tutta la storia viene fuori. Costui aveva ingannato una giovane governanteun tempo al servizio di quella famigliae famosa per la sua bellezzae lei si era gettata in uno stagno; il suo corpo era stato scopertomolto tempo dopopoiché i cervi si erano rifiutati di bere l'acqua. Da allora si è mormorato chea mezzanottelei si aggirasse per la casa (andando però di preferenza nella camera in cui il Cavaliere verde era solito coricarsi) e che provasse con le sue chiavi arrugginite le vecchie serrature. Ebbeneraccontiamo al nostro ospite quanto abbiamo visto; un'ombra gli scende sul visoe lui ci supplica di mettere tutto a tacere; così è. Ma è la pura verità; e prima di morire (siamo ormai morti)l'abbiamo riferito a molte persone di nostra fiducia.

Non scompariranno mai le vecchie case con le gallerie che risuonano di echile camere da letto d'onorele ali infestate dai fantasmichiuse da tanti anninelle quali ci permettevano di scorrazzarecon i brividi che piacevolmente ci salivano lungo la schienae di incontrare tutti i fantasmi che volevamo; questi però (conviene precisarloforse) si riducevano a pochissimi tipi o specie fondamentali: poiché i fantasmi sono poco originali e "passeggiano" per sentieri battuti. Capita così che in una certa camera di una certa casa di campagnadove un certo LordBaronettoCavaliere o Gentiluomo scellerato si è ucciso sparandosi un colpo di pistolail sangue "si rifiuti" di sparire da certe assi del pavimento. Puoi pure raschiare e raschiarecome l'attuale proprietario ha fattoo piallare e piallare come fece suo padreo strofinare e strofinarecome fece il nonnoo scrostare e scrostare con potenti acidi corrosivicome fece il bisnonnoma il sangue era sempre lì: né più rosso né più scoloritoné di più né di menosempre e solo lo stesso.

Capitò così che in una talaltra casa ci sia una porta stregata che non resterà mai apertao il suono stregato di un arcolaioo di un martelloo un rumore di passio un urloo un sospiroo uno scalpitìo di cavallio uno strepitìo di catene. Diversamente c'è un orologio sulla torre che a mezzanotte batte tredici rintocchi quando il capofamiglia sta per morire; o una carrozza nerafosca e immobileche in quei momenti qualcuno vede sempre ferma vicino ai grandi cancelli delle scuderie. E capitò così che Lady Mary andò a visitare una casa grande e isolata nelle Highlands scozzesie chestanca per il lungo viaggiosi ritirò presto nella sua stanzae la mattina seguente disse candidamente al tavolo della colazione: Che stramberia dare una festa così tardila notte scorsain un posto così fuori manoe non avermelo dettoprima che andassi a letto! - Al che tutti chiesero a Lady Mary cosa voleva dire. Lady Mary allora rispose:

- Ma comese per tutta la notte le carrozze non hanno mai smesso di rintronare sul pavimento del terrazzosotto la mia finestra! - A quelle parole il proprietario della casa impallidìaltrettanto fece la sua signorae Charles Macdoodle di Macdoodle fece cenno a Lady Mary di non aggiungere altroe tutti rimasero in silenzio. Dopo colazioneCharles Macdoodle informò Lady Mary che nella tradizione di quella famiglia lo strepito delle carrozze sul terrazzo era un segno di morte. E così fupoiché due mesi più tardi la gentildonna della villa spirò. E Lady Maryche era damigella d'onore a Corteraccontava spesso questa storia alla vecchia regina Carlotta; e ogni volta il vecchio re diceva: - Eheh? Cheche? Fantasmifantasmi?

Noqueste cose noqueste cose no! -. E non la smetteva di ripetere le stesse parole fino al momento di andare a dormire.

Capitò anche che l'amico di un taleuno che la maggior parte di noi conoscequando era giovane si fece un amico speciale all'universitàcon il quale strinse il patto chese allo spirito fosse stato consentito di tornare sulla Terra dopo la separazione dal corpoquello che dei due fosse morto prima sarebbe dovuto riapparire all'altro. Con il passare del tempoil nostro amico dimenticò il patto; i due giovaniinfattiavevano continuato la loro vita prendendo strade molto differenti l'una dall'altra. Ma una notteparecchi anni dopoal nostro amicoche allora si trovava nel nord dell'Inghilterra e per la notte si era fermato in una locanda nelle brughiere dello Yorkshirecapitò di guardare poco più in là del letto; e lìal chiarore della lunaappoggiato a uno scrittoio vicino alla finestracon lo sguardo fisso su di luivide il suo compagno d'università! Rivolgendosi a lui in modo gravel'apparizione disse in una specie di sussurroma ben percettibile: - Non ti avvicinare. Io sono morto. Sono qui per onorare la mia promessa. Vengo da un altro mondoma non posso rivelarne i segreti! -. Poila sagoma impallidìsi sciolseper così direnel chiarore della lunae svanì.

Si racconta poi della figlia del primo inquilino della pittoresca casa elisabettianatanto famosa dalle nostre parti. Avete mai sentito parlare di lei? No? Diamine: costeiuna splendida fanciulla di appena diciassette anniuscì di casa una sera d'estateal tramontoper cogliere fiori in giardino; poco dopo rientrò correndo nell'ingressoterrorizzatae disse al padre: - Ohcaro padreho incontrato me stessa! -. Lui la prese in braccio e le disse che era solo una fantasia; ma lei continuò: - Ohno! Ho incontrato me stessa nel viale grande; ero pallida e coglievo fiori appassitiho girato la testa e li ho raccolti ! -. Quella notte lei morì; il quadro che avevano iniziato per illustrare la sua storia non fu mai finitoe ancora oggidiconosi trova in qualche parte della casarivolto contro il muro.

Si racconta ancora dello zio della moglie di mio fratelloche stava tornando a casa in sella al cavallouna tiepida sera al crepuscoloquando su un viottolo erboso vicino casa vide un uomo che gli stava di fronteal centro esatto dello stretto sentiero. "Chissà perché si è messo làquell'uomo col mantello..."pensò. "Vuole forse che lo travolga con il mio cavallo?". Ma la figura non si mosse. Fu presoallorada una strana sensazionevedendola così quietama rallentò al trottoe avanzò guidando il cavallo in quella direzione. Quando fu tanto vicino da toccarla quasi con la staffail cavallo si impennòe la figura scivolò sul lato del viottolocon un movimento stranoche non pareva di questa terra - all'indietroe senza dare l'impressione di usare i piedi -e sparì. Lo zio della moglie di mio fratello esclamò: - Santo cielo! E' mio cugino Harry di Bombay! -.

Spronò il cavalloche subito fu madido di sudoree chiedendosi il perché di un comportamento tanto stranosi precipitò di gran carriera verso la casa finché non vi si fermò davanti. Lì vide la stessa figura varcare la soglia delle alte porte-finestre del salotto che si aprivano sul giardino. Lanciò le redini a un domesticoe le si affrettò dietro. Sua sorella sedeva lìsola. - Alicedov'è mio cugino Harry? - Tuo cugino HarryJohn? - Sìil mio cugino di Bombay. L'ho incontrato poco fa sul viottoloe proprio ora l'ho visto entrare qui -. Nessuna creatura era stata vista da nessunoa quell'orae in quell'attimo peròcome poi si venne a saperequesto cugino moriva in India.

Si racconta poi di quella anziana signorinadonna molto saggiache morì a novantanove anniconservando intatta la lucidità fino alla fine. Lei vide davvero l'Orfanello. Questa storia è stata spesso raccontata con molte inesattezzema la versione più attendibile - dato chein realtàè una storia che appartiene alla nostra famigliae l'anziana signorina era una nostra conoscente - è la seguente.

Quando lei aveva più o meno quarant'annied era ancora una donna di straordinaria bellezza (il suo amato morì giovanee questo è il motivo per cui lei non si sposò maianche se riceveva molte offerte di matrimonio)andò ad abitare in una residenza di campagna nel Kent che suo fratelloun mercante della Compagnia delle Indieaveva di recente acquistato. Correva voce che la proprietà fosse un tempo appartenuta al tutore di un fanciullodel quale era anche l'erede più prossimoe che l'avesse uccisosottoponendolo a duri e crudeli maltrattamenti. Di questolei non sapeva niente. Si dice che nella sua camera da letto ci fosse una gabbia nella quale il tutore era solito rinchiudere il ragazzo. Ma una cosa del genere non c'è mai stata. C'è solo uno stanzino. Lei andò a coricarsie non diede nessun allarme durante la nottee al mattino disse alla camerieraquando entrò nella stanza: - Chi è il grazioso bimbo dall'aria derelitta che per tutta la notte ha fatto capolino da quello stanzino? - La cameriera rispose lanciando un grido striduloe abbandonò il campo in men che non si dica. Lei rimase stupita; ma era una donna di forte vigore intellettualee così si vestìscese a pianterreno e si appartò in privato con il fratello. - EbbeneWalter - disse -tutta la notte sono stata disturbata da un grazioso ragazzo dall'aria derelitta che continuamente faceva capolino da quello stanzino che non riesco ad aprire. E' una burla. - Ho paura di noCharlotte - lui disse -è la leggenda della casa. E' l'Orfanello. Che faceva? - Apriva la porta pian pianino - lei rispose -e faceva capolino.

Certe volte avanzava uno o due passi nella camera. Alloraquando lo chiamavo e lo invitavo a entraresi faceva più piccolosi metteva a tremaresgattaiolava dentro un'altra voltae chiudeva la porta. - Lo stanzinoCharlotte - disse il fratello -non comunica con nessun'altra parte della casae la porta è inchiodata -. Cosa sicuramente verapoiché ci vollero due falegnami e un'intera mattinata per aprirloe poterlo così ispezionare. Allora lei fu convinta di aver visto l'Orfanello. Ma la parte più raccapricciante e terribile della storia è che il fanciullo fu visto anche da tre dei figli del fratellol'uno di seguito all'altroche morirono tutti in tenera età. Ogni volta che si era ammalatoogni bambino era tornato a casadodici ore primain preda a grande eccitazionee aveva detto:

- Ohmammaho giocato sotto quel tale albero di noce in quel tale pratocon uno strano ragazzo... un grazioso ragazzo dall'aria derelittamolto timidoche mi ha fatto dei cenni! -. Per la loro fatale esperienzai genitori arrivarono a capire che costui era l'Orfanelloe che il destino del bambino che egli aveva scelto per suo piccolo compagno di giochi era irrimediabilmente segnato.

Sono tantissimi i castelli tedeschidove vegliamo in solitudine in attesa dello Spettro; dove veniamo accompagnati in una camera relativamente allegra per il nostro arrivo; dove seguiamo con lo sguardo le ombre gettate sulle nude pareti dal fuoco scoppiettante; dove ci sentiamo davvero soli quando il proprietario della locanda del villaggio e la sua graziosa figlia si ritiranodopo aver deposto una nuova provvista di legna nel focolaree avvicinato sul tavolino una ricca imbandigione per cenacomposta di arrosto freddodi capponepaneuvae un fiasco di vino invecchiato del Reno; dove le porte si richiudonosbattendo l'una dopo l'altrasui loro recessi segreticome i ripetuti scoppi del lugubre tuono; e doveintorno alle ore piccole della nottefacciamo la conoscenza di tanti misteri soprannaturali. Moltissimi sono gli studenti tedeschi ossessionati dai fantasmiin compagnia dei quali ci trasciniamo ancora più vicini al fuocomentre lo scolaro nell'angolo sgrana tanto d'occhi e solleva lo sgabellino che si è scelto per sedile... mentre la porta accidentalmente si spalanca.

 

 

Occhio agli spiriti!

L'autore del presente articolonell'accingersi a riferire fedelmente tre esperienze spiritiche delle quali è stato testimoneritiene essenziale precisare chefino al momento di godere di tanto privilegionon aveva creduto nei colpi battuti o nei tavoli mossi dagli spiriti. Nella sua idea grossolana del mondo spiritualesi immaginava i suoi abitanti verosimilmente progreditianche oltre la supremazia intellettuale di Peckham o di New York; e considerando la quantità di ignoranza presunzione e follia di cui si gloria questa Terrapensava fosse assolutamente inopportuno evocare gli esseri immateriali per divertire il genere umano con brutti svarioni d'ortografia e insidiosi nonsensi. Pensava che una simile presunzione minacciasse apertamente di lacerare il sacro velo che ci protegge dai guai di quel mondoper uno scopo non più nobile che diventare idioti di grado superlativo.

Era questa la rozza e terrestre disposizione mentale dell'autorenon più tardi dello scorso ventisei dicembre. Quel mattino memorabiledue ore circa dopo il sorgere del sole - cioè alle nove e quarantacome segnava il suo orologiosistemato sul comodino vicino al lettoe come si poteva vedere nell'ufficio dell'editoresu un semicronometro che ostentava il marchio di fabbrica di Bautte di Ginevra e il numero di matricola 67709 -quel mattino memorabiledunquedue ore circa dopo il sorgere del solel'autoremessosi a sedere sul letto e portata una mano alla frontesentì distintamente diciassette pulsazioni o battiti in quella regione. Erano accompagnati da un senso di sofferenza localizzato e da una vaga sensazionenon diversa da quella che in genere si avverte in coincidenza di una colica biliare.

Cedendo a un impulso incontrollabilel'autore chiese:

- Che cos'è?

Immediata seguì la risposta (in pulsazioni o battiti sulla fronte): - Ieri.

L'autoreancora non completamente svegliochiese:

- Che giorno era ieri?

Risposta: - Il giorno di Natale.

L'autoreche a questo punto aveva recuperato il pieno controllo di sédomandò:

- Chi è il medium in questo caso?

Risposta: - Clarkins.

Domanda: - La signora o il signor Clarkins?!

Risposta: - Entrambi.

Domanda: - Chi intendete per signor Clarkinsil vecchio o il giovane?

Risposta: - Entrambi.

Ebbeneil giorno prima l'autore aveva cenato in compagnia del suo amico Clarkins (potete rintracciarlo all'Archivio di Stato)e nel corso di quella cena si era discusso proprio di spiritida vari punti di vista. Inoltreda quanto l'autore ricordavasia Clarkins padre sia Clarkins figlio avevano partecipato molto attivamente alla discussionedirei che l'avevano in un certo senso imposta ai presenti. Anche la signora Clarkins era intervenuta animatamentee aveva osservatoin tono allegro per non dire esaltatoche "capitava soltanto una volta all'anno".

Convinto da simili indizi che quei colpi fossero di origine spiritualel'autore procedette come segue:

- Chi siete?

La fronte riprese a batterema in un modo del tutto disordinato. Per un po' fu impossibile capirci qualcosa. Dopo una pausa l'autore (tenendosi la testa) ripeté la sua richiesta con voce solennestrozzata da un gemito:

- Chi siete?

Per tutta rispostaseguirono altri colpi confusi.

Allora l'autore domandònel tono solenne di primae con un altro gemito:

- Come vi chiamate?

La risposta consistette in un suono esattamente identico a un alto singhiozzo. In seguito risultò che questa voce di spirito era stata distintamente sentita da Alexander Pumpionil valletto dell'autore (settimo figlio di Widow Pumpionmanganatore)che si trovava in una stanza vicina.

Domanda: - Non vi chiamerete mica Singhiozzo? Singhiozzo è un nome proprio?

Poiché non seguì rispostal'autore disse: - Vi ordino solennementein nome dei nostri comuni amici Clarkinsi medium- Clarkins padreClarkins figlio e Clarkins signora -di svelare il vostro nome!

La rispostabattuta chiaramente controvogliafu: - Succo di prugnelegno di troncomora.

Il che sembrò all'autore abbastanza simile alla parodia di RagnateloBruscolino e Senapino nel "Sogno di una notte di mezza estate"da giustificare l'insolente controrisposta: - E' come non vi chiamatevero?

Lo spirito autore di quei colpi ammise:

- No.

- Allora com'è che vi chiamano di solito?

Pausa.

- Ve lo chiedo un'altra volta: com'è che vi chiamano di solito?

Lo spiritosentendosi evidentemente minacciatoribattéin modo molto solenne: - Porto!

Questa tremenda comunicazione ebbe l'effetto di sprofondare l'autore in uno stato di prostrazionee farlo giacere sull'orlo dello svenimentoper un quarto d'ora; durante il quale i colpi continuarono violentie una schiera di apparizioni spettrali gli sfilò davanti agli occhi: erano neree assomigliavano incredibilmente a dei girini dotatiogni tantodella capacità di affilarsi fino a diventare delle note musicaliquando si tuffavano giù nello spazio. Dopo aver contemplato la foltissima legione di tali apparizionil'autore volle sapere dallo spirito tambureggiante:

- Come vi devo immaginare? Tutto consideratocos'è che vi somiglia di più?

Terrificantela risposta fu: - Un umore nerastro.

Appena fu in grado di vincere l'emozionea quel punto molto violental'autore chiese: - Farei meglio a prendere qualcosa?

Risposta: - Sì.

Domanda: - Posso scrivere?

Risposta: - Sì.

Immediatamenteuna matita e una striscia di carta che si trovavano sul comodino vicino al letto gli rimbalzarono in manoe l'autore si ritrovò a scrivere (in strani caratteri tremolanti e pendenti verso il fondo della paginamentre la sua calligrafia era notevolmente nitida e lineare) il seguente appunto di carattere spirituale:

"Il sottoscritto Signor C.D.S. Poney porge i suoi omaggi alla ditta Bell & CompanyProdotti Chimici e Farmaceuticisede di Oxford Streetdal lato opposto di Portland Streete si pregia di chiedere loro la cortesia di consegnare al latore della presente un cinque granuli di genuine pillole mercuriali e una porzione purgativa di equivalente efficacia".

Prima però di affidare questo documento ad Alexander Pumpion (che purtroppo lo perse sulla via del ritornoammesso che non si voglia sospettare che egli l'abbia infilato di proposito in uno dei fori della padella di un venditore ambulante di caldarrostetanto per vedere se fosse combustibile)l'autore decise di saggiare lo spirito autore di quei colpi con un'ultima domanda. Chiese perciò con voce strascicata e grave:

- Mi daranno qualche sofferenza allo stomaco questi medicamenti?

E' impossibile descrivere la sicurezza profetica della risposta:- Sì -. La previsione fu ampiamente confermata dai fatti che seguironocome l'autore avrà modo di ricordare per un bel pezzo; e dopo un'esperienza del generesarebbe superfluo osservare che egli non ebbe più motivo di dubitare.

La successiva comunicazione di sicuro interesse che l'autore ebbe l'onore di raccogliere si svolse su una delle principali linee ferroviarie. Le circostanze in cui la comunicazione gli fu concessa - il due gennaio di quest'anno - furono le seguenti. Egli si era ristabilito dagli inconvenienti della precedente significativa visita ed era tornato a fare onore alle cibarie generosamente provviste dalla stagione. Il giorno precedente era trascorso in allegria. Egli era in viaggio verso una famosa cittàun rinomato centro commercialedove avrebbe dovuto concludere un affareaveva pranzato un po' più in fretta di quanto in genere non accada sulla ferroviaconseguenza del fatto che il treno era in ritardo. Il pranzo gli era stato servito visibilmente malvolentieri da una giovane donna dietro un bancone. Per tutto il tempo lei era stata occupatissima a sistemarsi capigliatura e vestitoe la sua inequivocabile espressione mostrava disprezzo. I fatti dimostreranno che la giovane era una potente medium.

L'autore era tornato al suo scompartimento di prima classenel quale si trovava a viaggiare da soloil treno si era rimesso in movimentoe lui si era appisolato; il suo ineccepibile orologio indicava che erano già passati quarantacinque minuti dal suo colloquio con la mediumquando fu svegliato da uno strumento musicale davvero insolito. Lo strumentoscoprì con stupore non disgiunto da una certa apprensionestava suonando dietro di lui. I suoi toni erano bassi e ondulatoridifficili da descrivere; mase mi si permette il paragonesomigliavano a una melodiosa acidità di stomaco. Sia quel che siafu questa l'oscura sensazione che suggerirono all'autore.

Oltre a prendere coscienza del fenomeno di cui si è dettol'autore sentì che la sua attenzione era richiamata da una rapida successione di furiosi colpi allo stomaco e da una pressione al petto. Non più scettico ormaisi mise immediatamente in comunicazione con lo spirito. Il dialogo fu il seguente:

Domanda: - Sapete il vostro nome?

Risposta: - Io credo di sì!

Domanda: - Comincia con una P?

Risposta (per la seconda volta): - Io credo di sì.

Domanda: - Avete due nomie ognuno comincia con una P?

Risposta (per la terza volta): - Io credo di sì!

Domanda: - Basta con questa leggerezzave lo ordino. Ditemi come vi chiamano.

Lo spiritodopo aver riflettuto per qualche secondocompitò lettera per lettera P.O.R.C.O. Allora lo strumento musicale eseguì un'aria breve e frammentaria. Dopo di che lo spirito riprese a batteree compitò la parola P.A.S.T.I.C.C.I.O.

Orbenequesta precisa specialità gastronomicaquesta particolare vivanda o pietanza che dir si vogliaaveva costituito appunto il piatto forte del pranzo dell'autore - che lo schernitore lo sappia -e gli era stata servita proprio dalla giovane che ora sapeva essere una potente medium! Grandemente gratificato dalla convinzione prepotentemente entrata nella sua testa che l'interlocutore con il quale stava conversando non fosse di questo mondol'autore continuò il dialogo.

Domanda: - Vi chiamano Pasticcio di Porco?

Risposta: - Sì.

Domanda (che l'autore formulò timidamente dopo aver lottato con una certa comprensibile riluttanza): - Siete un pasticcio di porcoin realtà?

Risposta: - Sì.

Sarebbe vano rischiare una descrizione del benessere mentale e del sollievo che l'autore trasse da questa fondamentale risposta. Egli continuò:

Domanda: - Cerchiamo di capirci. Una parte di voi è porco e una parte è pasticcio?

Risposta: - Esatto.

Domanda: - Di che cosa è fatta la parte pasticcio?

Risposta: - Lardo -. In quel momento si udì un'aria mesta arrivare dallo strumento musicale. Quindi la parola: - Strutto.

Domanda: - Come vi devo immaginare? A cosa somigliate di più?

Risposta (fulminea): - Piombo.

Domanda: - L'altra vostra natura è porcina. Di che cosa si è alimentata soprattutto questa natura?

Risposta (gioiosa): - Di porcoè certo!

Domanda: - Non direi. Porco che si ciba di porco?

Risposta: - Noeppure...

Uno strano moto interioresimile a un volo di piccionisi impadronì dell'autore. Ebbe poi un'illuminazione improvvisae riprese:

- Capisco bene quello che diteinsinuando che la razza umanaquando attacca incautamente le indigeste fortezze che portano il vostro nomee non ha tempo abbastanza per aprirsi un varcoconsiderata l'eccezionale solidità delle loro quasi inespugnabili muraè solita abbandonare gran parte di quello che si trova al loro interno in mano ai mediumche con questo porco nutrono i porci dei futuri pasticci?

Risposta: - Proprio così!

Domanda: - Dunqueper parafrasare le parole del nostro bardo immortale...

Risposta (interrompendo):

"Un solo porco in vita sua è buono per molti pasticci. Almeno per sette."

 

L'emozione dell'autore era profonda. Tuttaviavisto che voleva anche stavolta provare ulteriormente lo spirito per accertare seusando la fraseologia poetica degli illustri profeti degli Stati Unitiegli provenisse da una delle cerchie più alte ed esclusivesaggiò così il suo interlocutore:

Domanda: - Nella selvaggia armonia dello strumento musicale che ho dentroe del quale sono ancora conscioche arie di altre sostanze ci sonooltre a quelle già nominate?

Risposta: - Gommagutta del Capo. Camomilla. Melassa. Alcool. Patate distillate.

Domanda: - Nient'altro?

Risposta: - Nient'altro di rilevante.

Lo schernitore tremi e si inchini; lo stolido scettico arrossisca di vergogna! L'autore a pranzo aveva ordinato alla potente medium un bicchiere di cherry ein piùun bicchierino di acquavite. Chi può dubitare che gli articoli di consumo indicati dallo spirito non fossero stati fornitisotto quelle due denominazionida quella fonte?

Basterà un altro esempio per dimostrare che non è più possibile mettere in dubbio esperienze della stessa natura di quelle sopra descrittee che tentare di metterle in chiaro dovrebbe diventare di fondamentale importanza. E' uno squisito caso di tavolo mosso da uno spirito. Era scritto nel destino che l'autore dovesse nutrire una passione non corrisposta per la signorina L.B. di Bangaynella contea del Suffolk. La signorina L.B.quando si manifestarono i sussulti del tavolonon aveva respinto esplicitamente l'offerta di matrimonio e di devozione dell'autore; ma fino a quel momento era sembrato probabile che lei si sarebbe astenuta dal farlo per timore filiale nei confronti del padreil signor B.che era propenso ad accogliere la proposta dell'autore. Oraocchio ai sussulti del tavoloun giovanespregevole agli occhi di tutti quelli che hanno il bene dell'intelletto (dopo di allora sposo alla signorina L.B.)era ospite della casa. Anche il giovane B. vi si trovavaper le vacanze scolastiche. L'autore era dei loro. La famiglia al completo si era riunita intorno a un tavolo rotondo. Eravamo nel mese di luglioall'ora spirituale del crepuscolo. Impossibile distinguere gli oggetti con il pur minimo grado di chiarezza. All'improvviso il signor B.i cui sensi si erano placati nel riposoci terrorizzòlanciando un urlo di collera o di viva indignazione. Le sue parole (la sua educazione era stata trascurata in gioventù) furono esattamente le seguenti: - Maledizionec'è come un qualcuno che mi ficca una lettera in manoquisotto il mio tavolo di mogano! -. La costernazione si impadronì dei presenti. La signora B. aumentò lo sgomento generale dichiarando che qualcuno le stava pestando lievemente le dita dei piedia intervallida mezz'ora. Una costernazione ancora più grande si impadronì dei presenti. Il signor B. chiese le candele. Oraocchio ai sussulti del tavolo. Il giovane B. esclamò (riporto fedelmente le sue espressioni): Sono gli spiritipadre! Con me lo fanno ormai da due settimane!- Il signor B. chiese irato: - Che volete diresignore? Fanno cosa? -. Il giovane B. ribatté: - Vogliono fare di me un vero e proprio Ufficio Postalepadre. Mi infilano sempre delle lettere impalpabili in manopadre.

Una lettera vi deve essere scivolata addosso per sbaglio. Questa sì che è bella! - esclamò il giovane B. -. Caspitasono un medium coi fiocchi! . A questo punto il ragazzo fu scosso da un violento accesso di convulsioni. Aveva la bava alla bocca e dimenava gambe e braccia in un modo che sembrava fatto proprio per procurarmi (come di fatto avvenne) un serio disagio; poiché stavo sostenendo sua madre a un tiro dai suoi stivalie costui si comportava come un telegrafo prima dell'invenzione di quello elettrico. Intanto il signor B. era in perlustrazione sotto il tavolo alla ricerca della letteramentre lo spregevole giovanedopo di allora sposo alla signorina L.B.proteggeva la fanciulla in modoper l'appuntospregevole. - Questa sì che è bella! - il giovane B. esclamava senza darsi tregua -.

Caspitasono un medium coi fiocchipadre! Questa sì che è bella! Tra un po' il tavolo comincerà a sussultarepadre. Guardate là! -. Oraocchio ai sussulti del tavolo. Cominciò a sobbalzare in modo tanto violento che colpì una mezza dozzina di volte la testa calva del signor B.mentre costui era in perlustrazione lì sotto; questo fece sì che il signor B. sgattaiolasse fuori con grande agilitàlo massaggiasse con grande tenerezza (mi riferisco al capo) e lo maledicesse con violenza (mi riferisco al tavolo). Notai che i sussulti del tavolo seguivano invariabilmente il senso della corrente magnetica; ossia andavano da sud a nordo dal giovane B. al signor B.

Avrei continuato a rilevare ulteriori dettagli su questo punto di notevole interessema il tavolo all'improvviso ruotò su se stesso e si rovesciò su di mescaraventandomi a terra con una forza accresciuta dalla spinta impartitagli dal giovane B.che gli si gettò sopra in uno stato di eccitazione mentalee per un po' fu impossibile spostarlo da lì. Intanto io mi ero accorto di essere schiacciato dal peso suo e del tavoloe anche che quello gridava senza posa a sua sorella e al giovane spregevole chesecondo le sue previsionientro breve il tavolo avrebbe ripreso i suoi sussulti.

Altri non ce ne furonocomunque. Il ragazzo si riebbe dopo una breve passeggiata al buio in compagnia degli altrie di quella magnifica esperienza alla quale ci era stato concesso l'onore di partecipare non fu riscontrabile in lui durante il resto della serata nessun'altra conseguenza di una leggera tendenza al riso istericoe di una visibile attrazione (dovrei quasi definirla fascinazione) della sua mano sinistra in direzione del cuore o del taschino del panciotto.

Fu o non fu un caso di picchiettìo spiritico? Lo scettico e lo schernitore vorrebbero negarlo?

 

 

I mortali della casa

Non c'era nessuna delle circostanze che in genere riteniamo annunciatrici di apparizioni spettraliné lo scenario intorno a me aveva niente di convenzionalmente spettralequando per la prima volta incontrai la casa che è il soggetto di questo racconto di Natale. La vidi di giornocon il sole che la illuminava dall'alto. Non c'erano ventopioggialampituoniné nessuna circostanza terrificante o insolita ad accrescerne l'effetto. Di più: ero arrivato fin lì direttamente da una stazione ferroviaria; la casa non era lontana più di un miglio dalla stazionee mentre mi soffermavo all'esternoosservando la strada dalla quale ero venutopotevo vedere i treni merci scivolare dolcemente lungo i binari della ferrovia giù nella valle. Non voglio dire che tutto fosse assolutamente banalepoiché dubito che qualcosa lo siatranne per le persone assolutamente banali; mi assumerò anzi la responsabilità di affermare che chiunque poteva vedere la casa come io la vidiin un qualsiasi bel mattino d'autunno. Il caso volle che il nostro incontro avvenisse così.

Ero in viaggio per Londraproveniente dal norde volevo fermarmi durante il tragitto per dare un'occhiata alla casa. La salute mi obbligava a un temporaneo soggiorno in campagna; un mio amico che ne era al correntee al quale era capitato di passare davanti alla casami aveva scritto per raccomandarmela come un posto adatto. Ero salito sul treno di mezzanottemi ero addormentatomi ero svegliato ed ero rimasto seduto guardando fuori del finestrino le luci del nord scintillanti nel cielomi ero riaddormentato e poi risvegliato per accorgermi che la notte era ormai passatacon la solita infelice convinzione di non aver per nulla dormito; cosa sulla qualenello stato di idiozia in cui mi trovavo sul momentocredoe provo vergogna a dirloche avrei scommesso la testa con l'uomo che mi sedeva di fronte. Costui - come puntualmente succede a chi ti siede di fronte durante la notte aveva dato prova di possedere un numero spropositato di gambee tutte troppo lunghe. Oltre a quella disdicevole condotta (benché fosse non più di quanto c'era da aspettarsi da lui)l'uomo aveva ostentato una matita e un taccuinoed era stato continuamente assorto ad ascoltare e prendere appunti. Mi era parso che quei fastidiosi appunti avessero a che fare con i sobbalzi e gli scossoni dello scompartimentoe mi sarei rassegnato al fatto che ne prendesse notain base alla vaga ipotesi che quell'uomo fosse nel ramo dell'ingegneria civilese non avesse guardato fissoseduto com'eraproprio al di sopra della mia testa ogni volta che restava in ascolto. Era un tipo dagli occhi sporgenti e dall'aria perplessae il suo contegno diventò insopportabile.

Era un mattino freddo e spento (il sole non si era ancora alzato); dopo aver visto man mano svanire i fuochi della regione del ferro e la cortina di denso fumo sospesa insieme tra me e le stelle e tra me e il giornomi rivolsi al mio compagno di viaggioe dissi: - VI CHIEDO SCUSAsignorema notate qualcosa di particolare in me? -. Poichéve lo garantiscoquel tale sembrava prendere appuntisul mio berretto o sui miei capellicon una minuziosità che era sfacciataggine bella e buona.

Il tipo dagli occhi sporgenti distolse lo sguardo da quel punto alle mie spallecome se il fondo dello scompartimento si trovasse cento miglia lontano da lìe con un altezzoso sguardo di compassione per la mia nullità disse: - In voisignore?... B.

- Bsignore? - dissi ioin tono più acceso.

- Non ho nessun interesse per voisignore - ribatté -; vi pregopermettetemi di ascoltare... O.

Pronunciò questa vocale dopo una pausae ne prese nota.

Dapprima mi allarmaipoiché trovarsi con un pazzo a tutto vaporesenza poter comunicare con il capotrenoè un affare serio. Mi confortò il pensiero che costui potesse essere quel che comunemente si dice uno Spiritista: di quella setta cioè per i cui affiliati (non tutti) nutro il massimo rispettoma ai quali non do nessun credito.

Stavo per chiederglielo quando mi spense le parole in bocca.

- Vorrete scusarmi - disse l'uomo sdegnosamente - se mi trovo troppo al di sopra dei comuni mortali per darmene la benché minima pena. Ho passato la notte - come per la verità trascorro attualmente il mio tempo - in contatto con gli spiriti.

- Oh! - dissi ioun po' stizzito.

- I colloqui di questa notte - continuòsfogliando parecchie pagine del suo taccuino - sono iniziati con questo messaggio: "Chi va con lo zoppo impara a zoppicare".

- Giusto - dissi io -; ma è proprio una novità?

- E' una novità sentirlo dagli spiriti - ribatté.

Fui solo capace di ripetere il mio "Oh!"alquanto stizzitoe chiedere se mi era concesso l'onore di conoscere l'ultima comunicazione.

- "Meglio un uovo oggi - disse quello leggendo con grande solennità la sua ultima annotazione - che una papera domani".

- Completamente d'accordo - dissi io -; ma non dovrebbe essere "gallina"?

- A me è arrivato "papera" - ribatté.

In seguito costui mi informò che lo spirito di Socratedurante la notteaveva fornito questa straordinaria rivelazione. "Amico miospero stiate abbastanza bene. Siete in due nello scompartimento. Come va? Non potete vederlima ci sono diciassettemilaquattrocentosettantanove spiriti qui. C'è Pitagora. Non ha la facoltà di dirveloma spera che il viaggio sia di vostro gradimento". Anche Galileocon la sua intelligenza scientificaera venuto a farci visita. "Lieto di incontrarviamico. "Come state"?

L'acqua congela quando è fredda al punto giusto. "Addio!"". Durante la notteinoltrec'erano stati i seguenti fenomeni. L'arcivescovo Butler aveva insistito che la scrittura del suo nome era "Bubler"e per questa offesa all'ortografia e alle buone maniere era stato congedato in quanto fuori tono. John Milton (sospetto di mistificazione intenzionale) aveva ripudiato la paternità de "Il paradiso perduto"e come autori congiunti del poema aveva indicato due sconosciutiche rispondevano rispettivamente ai nomi di Grungers e Scadgingtone. E il principe Arturonipote di re Giovanni d'Inghilterraaveva raccontato di passarsela discretamente bene giù al settimo cerchiodove stava imparando a dipingere sul velluto sotto la guida della signora Trimmer e di Maria regina di Scozia.

Se queste pagine dovessero cadere sotto gli occhi di colui che mi concesse l'onore di accedere a simili rivelazioniconfido che egli vorrà scusarmi se confesso che la vista del sorgere del solee la contemplazione del magnifico ordine del vasto universome le rese tanto insopportabili: che fui infinitamente felice di scendere alla stazione successivae di scambiare nuvole e vapori con l'aria fresca del cielo.

A quell'ora il mattino era splendido. Mentre mi allontanavo camminando sulle foglie già cadute dagli alberi doratimarroni e rossastrie osservavo intorno a me le meraviglie del creatoconsiderando le leggi solide immutabili e armoniose che le governanoil contatto con gli spiriti di quel tipo mi sembrò il più mediocre passatempo di questo mondo. In questa scettica disposizione d'animo arrivai in vista della casae mi fermai a esaminarla con attenzione.

Era una casa solitariache sorgeva all'interno di un giardino tristemente trascuratoun quadrato quasi perfetto di circa dieci acri. Era più o meno dell'epoca di Giorgio Secondo: alterafreddaformale e di cattivo gustoproprio come potrebbe desiderarla un fedele ammiratore dell'intero quartetto dei Giorgi. Era disabitatama da uno o due anni era stata restaurata alla meglio per renderla abitabile; dico alla meglio perché il lavoro era stato eseguito in modo superficiale; quanto alla vernice e all'intonacosi stavano già deteriorandosebbene i colori fossero vivaci. Sul muro del giardinoinclinato da un latoun cartello annunciava che la casa era "in affittoa condizioni molto vantaggioseben ammobiliata". Era troppo soffocata e ombreggiata dagli alberi; in particolareda sei grossi pioppi davanti alle finestre della facciata: la loro malinconia era eccessivae la scelta della loro posizione era stata proprio inopportuna.

Facile capire che era una casa evitata; una casa dalla quale il villaggioverso il mio sguardo fu guidato dalla cuspide di una chiesa un mezzo miglio più in làsi teneva alla larga; una casa che nessuno avrebbe preso in affitto. E l'ovvia conclusione era che aveva fama di essere infestata dai fantasmi.

Nessun momento nelle ventiquattro ore del giorno e della notte è per me così solenne come il mattino di buon'ora. D'estatemi alzo spesso molto prestomi ritiro nella mia stanza per sbrigare prima di colazione il lavoro del giornoe sono sempre colpitoin quei momentidalla quiete e dalla solitudine che mi circonda. C'è inoltre qualcosa di terribile nell'essere circondati dai volti addormentati dei nostri familiarinel sapere che coloro che di più amiamo e dai quali siamo amati di più sono profondamente inconsapevoli di noiin uno stato di impassibilità che prelude alla misteriosa condizione verso la quale tutti tendiamo: la vita interrottai fili di ieri tagliatila sedia vuotail libro chiusoil lavoro lasciato a metà sono tutte immagini di morte. La tranquillità dell'ora è la tranquillità della morte. Il colore e il freddo si associano allo stesso modo. Perfino quella certa apparenza che gli oggetti familiari della casa assumononei primi momenti in cui emergono dalle ombre della notte alle luci del mattinodi essere più nuovinuovi come lo erano tanto tempo primaha come controparte il distendersinella mortedel viso consumato della maturità o della vecchiaia nell'antica apparenza della gioventù. Fu in quest'orainoltreche una volta ebbi l'apparizione di mio padre. Era vivo e vegetoe niente accaddee lo vidi però alla luce del giornoseduto di spalle su una sedia vicino al mio letto. Aveva il capo piegato su una manoe se stesse schiacciando un sonnellino o se fosse tristeio non riuscii a distinguerlo. Stupito di vederlo lìsaltai su sedutocambiai posizionemi sporsi dal letto e lo guardai. Dato che non si muovevaper più di una volta gli rivolsi la parola. E siccome neppure allora si mossemi spaventaie gli posai una mano sulle spalle - così pensavo -: ma non c'era nullalì.

Per tutti questi motivie per molti altri meno facilmente e sinteticamente definibilimi pare che il mattino presto sia l'ora per me più propizia agli spiriti. Di buon mattinoqualsiasi casa è più o meno infestatasecondo me; e una casa infestata difficilmente riuscirebbe a impressionarmi di più che a quell'ora.

Mi inoltrai nel villaggiocon la desolazione di quella casa in mentee trovai il padrone della piccola locanda in piedi sulla porta.

Ordinai la colazionee cominciai a parlare della casa.

- Ci sono i fantasmi? - chiesi.

Il locandiere mi guardòscosse la testa e rispose: - Io non ne so niente.

- Alloraci sono o no i fantasmi?

- Ebbene - esclamò il locandiere in un accesso di sincerità che aveva l'aria della disperazione -io non ci dormirei.

- Perché no?

- Se volessi che tutti i campanelli di una casa si mettessero a suonaresenza nessuno a suonarli; che tutte le porte di una casa si mettessero a sbatteresenza nessuno a sbatterle; e che tanti e tanti piedi si mettessero a scalpicciaresenza piedi di nessun tipo... behallora - disse il locandiere -dormirei in quella casa.

- Si è visto qualcosa?

Il locandiere mi guardò di nuovo e poicon quell'aria di disperazione di poco primachiamò giù in direzione delle stalle: - Ikey!

A quel richiamo apparve un giovane lungagnone con una faccia tonda e rossastracapelli a spazzola biondo sabbiauna bocca larga e ilareun naso all'insù e un ampio gilécon le maniche a strisce color porpora e bottoni di madreperlache sembrava crescergli addosso e chese non fosse stato sfrontatoavrebbe certamente finito per ricoprirgli la testa e per prolungarsi più in giù degli stivali.

- Questo gentiluomo - disse il locandiere - vuole sapere se si è visto qualcosa ai Pioppi.

- Una gnonna incappucciata con un pistrillo - disse Ikey con grande candore.

- Vuoi dire un urlo?

- Novoglio dire un volatile.

- Una donna incappucciata con un pipistrello. Povero me! L'avete mai vista?

- Ho visto il pistrillo.

- E la donna mai?

- Non tanto bene come il pipistrelloma stanno sempre insieme.

- E nessuno ha mai visto la donna bene come il pipistrello?

- Che Dio vi benedicasignore! Tanti!

- Chi?

- Che Dio vi benedicasignore! Tanti!

- Il bottegaio di fronte che sta aprendo il negozioper esempio?

- ChiPerkins? Benedetto voiPerkins non si avvicinerebbe a quel posto. No davvero! - osservò il giovane sensibile sdegnato -. Non sarà un cervello finonon lo è proprio il nostro Perkinsma non è mica così pazzo.

(A quel punto il locandiere bisbigliò che certamente Perkins la sapeva lunga).

- Chi è - o chi era - la donna incappucciata con il pipistrello? Lo sapete?

- Bene - disse Ikeyalzando il cappello con una manomentre con l'altra si grattava la testa -per lo più dicono che fu assassinatae che il pistrillo "strillava tutto il tempo".

Questo resoconto parecchio sommario fu quanto riuscii a sapereoltre al fatto che un giovanottoil più gagliardo e per bene di questo mondoera stato preso da un attacco di convulsioni taledopo aver visto la donna incappucciatache avevano dovuto tenerlo. E poi che un individuovagamente descritto come "un vecchioun vagabondo orbo da un occhio che rispondeva al nome Jobya meno che non lo provocavate chiamandolo Uccel di Boscoal ché lui diceva: "Ebbene? E anche se così fossefatevi gli affari vostri""aveva incontrato la donna incappucciata qualcosa come cinque o sei volte. Fatto staperòche non mi fu possibile essere materialmente assistito da quei testimonidato che il primo si trovava in Californiae il secondocome Ikey disse (e l'albergatore confermò)era chissà dove.

Oranonostante che io consideri con tacito e solenne timore i misteri tenuti separati da questo piano di esistenza dalla barriera del momento fatale e del trapasso che ricade su tutto quello che è in vita; e nonostante che io non abbia l'impudenza di dare a intendere di saperne qualcosanon mi riesce possibile conciliare semplici porte che sbattonocampanelli che suonanoassi che scricchiolanoe banalità del generecon la maestosa bellezza e l'ubiqua analogia di tutte le leggi divine che mi è dato comprenderepiù di quanto non ero stato capacesolo poco primadi associare il contatto con gli spiriti del mio compagno di viaggio con il carro del sole nascente.

Per di piùero già vissuto in due case infestatetutte e due all'estero. In unaun antico palazzo italianoche aveva fama di essere infestato da spiriti veramente cattivi e che per questo motivo era stato da poco abbandonato due voltevissi per otto mesi in modo assolutamente tranquillo e deliziososebbene la casa avesse una ventina di misteriose camere da lettomai utilizzatee possedessein una grande cameranella quale parecchie volte e a tutte le ore mi appartavo in letturee vicino alla quale dormivouna cameretta infestata di prim'ordine. Accennai timidamente queste considerazioni al locandiere. E quanto al fatto che quella casain particolareavesse una cattiva reputazionene ragionai con lui: del fatto che tante cose non godono di buon nome senza nessun motivodi come fosse facile spargere calunniee se non pensassenel caso lui e io avessimo insistentemente mormorato nel villaggio che un qualunque vecchio stagnino ubriacone del circondario dall'aria spiritata si era venduto al diavoloche col passare del tempo costui sarebbe stato sospettato di quella impresa commerciale! Fu un discorso assennato che peròdevo confessarlonon ebbe nessun effetto sul locandieree si rivelò il più completo fallimento della mia vita.

Per accorciare questa parte della storiala casa infestata mi incuriosìed ero già mezzo deciso a prenderla. Cosìdopo colazioneottenni le chiavi dal cognato di Perkins (un frustaio e sellaio che gestisce l'Ufficio Postalesuccube di una austerissima moglieosservante del credo del Piccolo Emanuele Due Volte Secessionista)e salii alla casa accompagnato dal mio locandiere e da Ikey.

Dentro la trovai come mi ero aspettatostraordinariamente cupa. Vi fluttuavanopigre e mutevolile ombre gettate dagli alberi foltidolenti al massimo; la casa era male espostamal costruitamal divisa e male ammobiliata. Era umida e chiazzatadi marciume seccoe c'era puzza di ratti: era insomma la triste vittima di quella indefinibile degradazione che assale tutto quello che è opera delle mani dell'uomo ogni volta che non sia messo a profitto. Le cucine e i servizi erano troppo grandi e troppo lontani le une dagli altri. Sia al pianterreno che al piano superioretra le oasi fertili delle stanze si frapponevano desolati tratti di corridoio; vicino al fondo delle scale di serviziosotto una doppia fila di campanellic'era anche un vecchio pozzo ammuffito rivestito da un velo di verdedissimulato come una trappola mortale. Uno di questi campanelli era contrassegnatoin lettere sbiadite su fondo neroSIGNORINO B. E questomi disseroera il campanello che suonava di più.

- Chi era il signorino B.? - chiesi -. Si sa quello che faceva quando il pipistrello strillava?

- Suonava il campanello - disse Ikey.

Fui parecchio colpito dalla pronta abilità con la quale il giovanotto lanciò il suo cappello di pelliccia sul campanello e lo fece suonare.

Era un campanello rumoroso e striduloed emise un suono veramente sgradevole. Gli altri campanelli erano contrassegnati con i nomi delle stanze alle quali i fili di ognuno facevano capoe cioè: "Stanza del Quadro""Stanza Doppia""Stanza dell'Orologio"e così via. Seguendo il filo del campanello del signorino B. fino al suo caposcoprii che il giovane gentiluomo aveva goduto soltanto di una sistemazione mediocrequasi una cabina triangolare di terza classesotto la soffitta della banderuola. In un angolo c'era un camino - e il signorino B. doveva essere incredibilmente piccolo se era riuscito a scaldarsi a quel fuoco - con una mensola angolare come una scaletta a piramide che saliva fino al soffitto e sembrava fatta su misura per un piccolo come Pollicino. Tutta la tappezzeria di una parete della stanza era cadutainsieme ai frammenti di intonaco che vi erano rimasti attaccatie quasi bloccava la porta. Pareva che il signorino B.nella sua condizione di spiritosi fosse fatto un dovere di tirare la carta sempre più giù. Né il locandiere né Ikey furono capaci di spiegare perché si fosse comportato come un folle.

Non feci altre scoperteeccetto che la casa aveva in cima una soffitta di forma irregolaremolto grande. L'arredamento era discretoma ridotto all'essenziale. Parte dei mobili - un terzo diciamo - era vecchio come la casa; il resto era un miscuglio di stili dell'ultimo mezzo secolo. Per trattare la casami dissero di rivolgermi a un commerciante di granaglie del mercato del capoluogo.

Andai lì il giorno stessoe affittai la casa per sei mesi.

Era giusto la metà di ottobre quando mi ci trasferii con mia sorella ancora nubile (tanto attraenteassennata e affabile che mi arrischio a darle trentotto anni). Portammo con noi uno stalliere duro d'orecchiil mio bracco Turkdue donne di servizio e una giovane che chiamerò Stramba. Fra le persone al nostro seguitoho motivo di ricordare quest'ultimauna affiliata alle Orfanelle della Pia Unione di San Lorenzocome un errore fatale e una assunzione disastrosa.

L'anno volgeva alla fine in anticipole foglie cadevano rapidamente; era una gelida giornata quando ci insediammoe la tetraggine della casa era parecchio deprimente. La cuoca (una donna amabile ma povera di spirito) scoppiò in lacrime alla vista della cucina e chiesenel caso le fosse capitato qualcosa a causa dell'umiditàse avremmo potuto spedire il suo orologio d'argento alla sorella (2 Tuppinstock's GardensLiggs's WalkClapham Rise). Streakerla camerierafingeva di essere allegrama si sentiva vittima più di tutti. Soltanto la Strambache non aveva mai vissuto in campagnaera soddisfattae manifestò l'intenzione di seminare una ghianda in giardinovicino alla finestra del retrocucinae di tirar su una quercia. Prima di seraaffrontammo tutte le miserie naturali - uso questo termine per distinguerle da quelle soprannaturali - relative alla nostra condizione. Bollettini scoraggianti salivano (come volute di fumo) dallo scantinato e si riversavano nelle stanze del piano superiore. In casa non c'era nientené mattarelloné salamandre (il che non mi sorpreseperché non so cosa sono)e quello che c'era era rottogli ultimi inquilini dovevano aver vissuto come porcicon che razza di intenzioni il proprietario l'aveva affittata? In mezzo a queste penela Stramba fu allegra ed esemplare. Ma quattro ore dopo che si era fatto buio il soprannaturale era già di casa; la Stramba aveva visto "occhi" ed era in preda a una crisi di nervi.

Mia sorella e io avevamo stabilito di tenere segreta la faccenda dei fantasmie io avevoe ho ancoral'impressione di non aver mai lasciato Ikey solo con le donne quando mi aiutava a scaricare il carrocon nessuna di loroneppure per un minuto. Nonostante questocome ho dettola Stramba aveva "visto occhi" (non si riuscì mai a tirarle fuori nessun particolare) prima delle nove e per le dieci le era stato applicato tanto aceto quanto ne serve per mettere in salamoia un salmone bello grosso.

Lascio giudicare al pubblico dei sagaci lettori quali furono i miei sentimenti quandoin queste sinistre circostanzeverso le dieci e mezzoil campanello del signorino B. prese a suonare come una furia e Turk prese a ululare fino a che la casa risuonò dei suoi guaiti.

Spero di non dovermi mai più trovare in uno stato d'animo così poco cristianocon tutto il rispetto per la memoria del signorino B.come fu la condizione mentale in cui vissi per alcune settimane. Se il suo campanello fosse suonato dai rattidai topidai pipistrellidal vento o da qualche altra accidentale vibrazione; se certe volte per un motivocerte per un altroe certe volte per collusionedavvero non saprei dirlo; è sicuro però che suonava due notti su trefino a quando non ebbi la felice idea di torcere il collo al signorino B. - in altre paroledi staccare di netto il suo campanello -e di ridurre al silenzio per semprein base alla mia esperienza e alle mie convinzioniil giovane.

Ma già a quel tempo la Stramba aveva tanto perfezionato la sua abilità di sprofondare in catalessida proporsi come fulgido esempio di quell'inopportuno disturbo. Si irrigidiva per i motivi più futili come un Guy Fawkes sprovvisto di raziocinio. Parlavo allora ai domestici con fredde argomentazioniricordavo loro che avevo ridipinto la stanza del signorino B. e bloccato la cartaavevo staccato il campanello e bloccato lo scampanellioe se loro arrivavano a immaginare che quel balordo di ragazzo era vissuto e morto solo per tenere un comportamento non migliore di quello che nel nostro imperfetto stato attuale l'avrebbe senza dubbio messo in grande intimità con le particelle più pungenti di una bacchetta di betullabenecome riuscivano allora a spiegarsi che un modesto mortale quale io ero fosse in grado con quei meschini espedienti di contrastare e contenere i poteri degli spiriti incorporei dei morti o degli spiriti in generale? Confesso che diventavo retorico e convincenteper non dire piuttosto compiaciuto di questo mio argomentarequando ecco che avevo sprecato il fiato per nientepoiché la Stramba di colpo si irrigidiva dalla punta dei piedi in su e ci fissava sbarrando gli occhi come una statua di chiesa.

Anche Streakerla camerieraaveva una caratteristica davvero sconcertante. Non sono in grado di dire se fosse di temperamento troppo linfatico o di quale altro inconveniente soffrissema la giovane diventò una vera e propria distilleria per la produzione delle lacrime più copiose e trasparenti che io abbia mai visto. Oltre a queste due particolaritàquei suoi prodotti avevano una presa così tenace e particolare che non cadevanoma le restavano appesi alle guance e al naso. In questo statoe mentre scuoteva mitemente la testa in segno di deplorazioneil suo silenzio mi faceva più pena che vedere l'eccellente Crichton azzuffarsi a parole per la proprietà di un borsellino. Anche la cuoca riusciva a farmi sentire coperto di imbarazzo come di un vestitoe concludeva seccamente il colloquio con la rimostranza che la "chesa" la stava consumando a poco a pocoe ripeteva sommessa le sue ultime volontà circa il famoso orologio d'argento.

Quanto alla nostra vita notturnail contagio del sospetto e della paura era tra noie un contagio del genere a cielo aperto non lo trovi proprio. Una donna incappucciata? Stando ai resocontieravamo in un vero e proprio convento di donne incappucciate. Rumori? Con quel contagio a pianterrenoio stesso mi ero seduto nel tetro salotto ed ero rimasto in ascolto fino a quando non avevo sentito così tanti e strani rumori che mi si sarebbe raggelato il sangue se non l'avessi riscaldato precipitandomi fuori per scoprirne l'origine. Provate una cosa del genere a lettoa notte fonda; provatela mentre sedete comodo vicino al caminettonel cuore della notte. Solo che lo vogliatepotete riempire qualunque casa di rumorifino ad averne uno per ogni fibra del vostro sistema nervoso.

Ripeto: il contagio del sospetto e della paura era tra noie un contagio del genere a cielo aperto non lo trovi proprio. Le donne (i cui nasi erano cronicamente scorticati a forza di inalare sali) erano sempre prontissime sul grillettoinnescate e caricate per far partire uno svenimento. Le due più anziane riservavano alla Stramba le spedizioni considerate più rischiosee lei puntualmente confermava la reputazione di quelle avventure tornando indietro catalettica. Se la cuoca o Streaker si ritiravano di sopra a notte fondagià sapevamo che di lì a poco avremmo sentito un botto sul soffitto: il che regolarmente succedevaed era come se un uomo battagliero si aggirasse per la casasomministrando un tocco della sua artechiamata a quanto mi risulta l'Arte del Banditore d'Astaa ogni domestico che incontrava.

Tutto risultò inutile. Inutile spaventarsi per un pipistrello veroin carne e ossa per una voltae poi mostrare il pipistrello. Inutile accorgersisuonando per caso un'aria stonata al pianoche Turk abbaiava a note e combinazioni particolari. Inutile fare il Rodomonte con i campanelliese un disgraziato campanello si metteva a suonare senza posastaccarlo inesorabilmente e metterlo a tacere. Inutile accendere i caminettibuttare torce nel pozzoirrompere con irruenza nelle stanze e negli angoli sospetti. Sostituimmo la servitùe le cose non migliorarono. I nuovi venuti se la diedero a gambearrivò una terza squadrae le cose non migliorarono. Alla fine la nostra comoda vita domestica diventò così caotica e infeliceche una sera avvilito dissi a mia sorella: - Pattycomincio a disperare di trovare persone che possano convivere con noi in questo postoe penso che dovremmo arrenderci.

Mia sorellache è una donna assai energicarispose: - NoJohnnon arrenderti. Non darti per vintoJohn. Un'altra via c'è.

- E qual è? - dissi.

- John - ribatté mia sorella -se non vogliamo farci cacciare da questa casae questo non deve accadere per nessuna ragione al mondo che non sia evidente a te o a medobbiamo rimboccarci la maniche e prendere la casa interamente e soltanto sulle nostre spalle.

- Ma la servitù... - dissi.

- Faremo a meno della servitù - disse baldanzosa mia sorella.

Come la maggior parte di quelli del mio rangonon avevo mai pensato alla possibilità di tirare avanti senza quei devoti pesi morti. L'idea mi risultò così nuova quando mi fu suggeritache mi mostrai molto scettico.

- Abbiamo la prova che arrivano qui per spaventarsi e contagiarsi gli uni con gli altrie che poi davvero si spaventano e si contagiano l'uno con l'altro - disse mia sorella.

- Con l'eccezione di Bottles - osservai in tono meditativo.

(Lo stalliere duro d'orecchi. L'avevo presoe ancora lo tenevo al mio servizioperché era un fenomeno di musoneria difficile da eguagliare in tutta l'Inghilterra).

- CertoJohn - assentì mia sorella -; con l'eccezione di Bottles.

E questo cosa prova? Bottles non rivolge la parola a nessuno e non sente nessunoa meno che uno non urli a squarciagolae che allarme ha mai dato o sentito Bottles? Nessuno.

Era completamente vero. L'individuo in questioneinfattiogni sera alle dieci in punto si era ritirato nella sua stanzaposta proprio sopra la rimessa della carrozzacon nessun'altra compagnia che un forcone e un secchio d'acqua. Che il secchio d'acqua ci sarebbe caduto addossoe che il forcone mi avrebbe passato da parte a partese dopo quell'ora mi fossi trovato nei paraggi di Bottles senza preavvisome l'ero cacciato bene in testa come un fatto degno di essere ricordato.

Né Bottles si era mai minimamente accorto di nessuno dei nostri soliti trambusti. Imperturbabile e silenziosoera rimasto seduto davanti alla sua cenae mentre Streaker giaceva nel bel mezzo di uno svenimentoe la Stramba era dura e fredda come il marmolui si limitava a infilare un'altra patata nella guanciao approfittando dell'infelicità generalea servirsi un'altra porzione di pasticcio di manzo.

- E così - continuò mia sorella - risparmio Bottles. E considerandoJohnche la casa è troppo grande e forse troppo tristeperché alla sua manutenzione possiamo bastare Bottlestu e iopropongo di darci da fare tra i nostri amici e raccoglierne un certo numeroselezionati tra i più fidati e ben dispostifondare qui una comunità per tre mesibadare a noi stessi e gli uni agli altrivivere in allegria e solidarietàe vedere quello che succede. Ero così incantato da mia sorella che l'abbracciai immediatamente e mi dedicai al suo progetto con grande entusiasmo.

Eravamo nella terza settimana di novembre; fummo però così veloci nei preparativi e così bene assecondati dagli amici in cui avevamo confidatoche mancava ancora una settimana alla fine del mese quando tutta la nostra comitiva arrivò puntuale a allegrae si riunì nella casa infestata.

Ricorderò a questo punto due piccole modifiche che apportai quando io e mia sorella eravamo ancora soli. Mi venne in mentecome non del tutto improbabileche il motivo per cui Turk abbaiava di notte quando si trovava in casa fosse perché desiderava uscirne; lo rinchiusi allora nel recinto esternoma slegatoe avvertii giù al villaggio che chiunque si fosse aggirato nei suoi paraggi non avrebbe dovuto aspettarsi di andarsene senza uno squarcio in gola. Chiesi poi casualmente a Ikey se si intendesse di armi. In seguito alla sua risposta: "Sìsignoreso riconoscere una buona armaquando la vedo"gli chiesi il favore di salire su in casa e dare un'occhiata alla mia.

- Quella sì che è un'arma coi fiocchisignore - disse Ikeydopo aver esaminato un fucile a doppia canna che avevo acquistato a New York qualche anno fa -. Non ci sono dubbisignore.

- Ikey - dissi -non farne parola con nessunoma ho visto qualcosa in questa casa.

- Davvero signore? - sussurròspalancando avidamente gli occhi -.

La nonna incappucciatasignore?

- Non ti spaventare - dissi -. Era una figura abbastanza simile alla tua.

- Dio miosignore!

- Ikey - dissistringendogli la mano cordialmente: affettuosamentese è lecito dirlo -se c'è qualcosa di vero in queste storie di fantasmiil migliore servizio che posso renderti è di impallinare quella figura. Eti promettoperdioche lo farò con quest'armase la vedrò un'altra volta.

Il giovanotto mi ringraziò e si congedò un po' troppo in frettadopo aver rifiutato un bicchierino di liquore. Gli avevo confidato il mio segreto perché non lo avevo mai dimenticato nell'atto di lanciare il suo berretto contro il campanello; e in un'altra occasioneavevo notato qualcosa di molto simile a un berretto di pellicciain terranon lontano dal campanellouna notte che questo aveva preso improvvisamente a suonare. Avevo inoltre osservato che i fenomeni si moltiplicavano ogni volta che lui saliva alla casadi seraper rincuorare i domestici. Concedetemi di non fare a Ikey nessun torto.

Era terrorizzato dalla casae credeva che ci fossero i fantasmi; nonostante questo è indubbio che simulasse falsi fenomeni appena ne aveva occasione. Completamente simile era il caso di Stramba. Costei si muoveva nella casa in uno stato di genuino terroree tuttavia mentiva spudoratamente e di propositosi inventava molti degli allarmi che lanciava e produceva lei molti dei rumori che sentivamo.

Lo so perché li avevo tenuti d'occhio tutti e due. Non è necessario che io renda conto qui di questa irragionevole disposizione mentale; mi basta rilevare che è risaputa da ogni persona intelligente con una qualche pratica medicalegaleo con altre esperienze di osservazione; e è una condizione mentale ben individuata e assai comune fra quelle conosciute alla scienza. Ein faccende di questo genereè uno dei primi elementi di cui sospettaree da indagare scrupolosamente e distinguerepreferendoli ad altri.

Ma torniamo alla nostra comitiva. La prima cosa che facemmo quando fummo tutti riuniti insieme fu tirare a sorte per l'assegnazione delle camere. Fatto questoe dopo che tutta la compagnia ebbe esaminato minuziosamente ogni camera ea dire il verol'intera casaci dividemmo le varie incombenze domestiche come se fossimo stati una carovana di zingaril'equipaggio di un velierouna squadra di cacciatorio un gruppo di naufraghi. Dopo di che io riferii le voci ricorrenti della donna incappucciatail pipistrello e il signorino B.e le altre ancora più vaghe che si erano diffuse durante la nostra permanenzasu un ridicolo vecchio fantasma di sesso femminile che andava su e giù trasportando il fantasma di un tavolo rotondoe perfino su uno stupido asino tanto impalpabile che nessuno era riuscito ad acchiapparlo. Alcune di queste idee credo davvero che i nostri subordinati se le fossero trasmesse gli uni agli altri in maniera in certo qual modo morbosasenza formularle a parole. Ci giurammo allora l'un l'altro che non eravamo arrivati fin lì per farci imbrogliare o imbrogliare - che ritenemmo essere più o meno la stessa cosa -e che con profondo senso di responsabilità ci saremmo comportati con perfettareciproca lealtàe avremmo rigorosamente perseguito il vero. Si stabilì di comune accordo che chiunque avesse sentito strani rumori durante la nottee avesse voluto accertarsi della loro provenienzaavrebbe dovuto bussare alla mia porta; stabilimmo infine che la vigilia dell'Epifanial'ultima del santo Nataletutte le esperienze vissute da ognuno di noi dal momento preciso in cui ci eravamo riuniti nella casa infestata fino a quel giornosarebbero state rivelate a beneficio di tutti. Prima di allora ci saremmo astenuti dal parlarne e avremmo violato la consegna del silenzio solo se costretti da qualche evento eccezionale.

Eravamo i seguentiper numero e persone.

Per cominciare - così ci togliamo subito di mezzo - c'eravamo mia sorella e io. Nell'estrazione a sortea mia sorella capitò la sua stanza e a me quella del signorino B. C'era poi il nostro cugino di primo grado John Herschelal quale era stato imposto il nome del grande astronomo: non penso che ci sia un uomo migliore di lui davanti a un telescopio sulla faccia della Terra. Lo accompagnava sua moglieuna creatura affascinantealla quale si era unito in matrimonio la primavera precedente. Ritenni (date le circostanze) piuttosto imprudente da parte sua averla portata con sépoiché non si sa proprio che cosa un falso allarme possa provocare in certi momenti: ma penso che sapesse perfettamente il fatto suoe devo confessare chese lei fosse stata MIA mogliemai sarei riuscito a separarmi dal suo tenero e luminoso volto. A loro capitò la Stanza dell'Orologio. Alfred Starlingun giovane di ventotto anni straordinariamente giovialeper il quale nutro la più profonda simpatiasi ritrovò nella Stanza Doppiaquella solitamente occupata da mee così chiamata perché disponeva di uno spogliatoio internocon due finestre grandi e ingombranti che nessuna delle zeppe da me fabbricate riuscì mai a impedire di sbattere con ogni tempoci fosse o non ci fosse vento.

Alfred è un giovane che si vanta di essere un "libertino" (un altro modo di dire "immorale"se capisco il significato del termine)ma è troppo onesto e assennato per certe sciocchezzee avrebbe già trovato il modo per distinguersi per le sue qualità se il padre non gli avesse lasciato una piccola rendita di duecento sterline l'annograzie alla quale la sua sola occupazione nella vita è spenderne seicento. Sperotuttaviache il suo banchiere falliscao che egli si avventuri in qualche speculazione che garantisca una resa del venti per cento; poiché sono convinto che se solo potesse essere rovinatoebbenela sua fortuna sarebbe fatta. Belinda Batesintima amica di mia sorella e ragazza coltissimaamabilissima e deliziosaebbe in sorte la Stanza del Quadro. Aveva uno spiccato talento per la poesiaunito a una passione davvero professionaleo "un pallino" - per usare un'espressione di Alfred - per il destino della Donnai diritti della Donnai torti subiti dalla Donnae per tutto quello che è Donna con la lettera maiuscolache non è e dovrebbe essereo che è e non dovrebbe esseredella Donna. - E' assolutamente encomiabilemia carae il cielo vi assista! - le sussurrai la prima nottesulla soglia della Stanza del Quadroal momento di congedarmi da lei -ma non esagerate; e quanto alla grande necessitàmia caradi più opportunità di impiego per la Donna di quante la nostra civiltà non le abbia già garantitonon prendetevela con quegli sventurati degli uomininemmeno con quelli che di primo acchito sembrano contrastare la vostra causacome se fossero i naturali oppressori del vostro sesso; poichéascoltatemiBelindacostoro a volte spendono tutto quello che guadagnano tra mogli e figlisorelle e madrizie e nonne.

La partita non è tra il Lupo e Cappuccetto Rossono davveroci sono altre parti in gioco -. Ma stavo divagando.

Belindacome ho dettooccupò la Stanza del Quadro; restavano solo tre camere: la Stanza ad Angolola Stanza della Credenza e la Stanza del Giardino. Il mio vecchio amico Jack Governor "appese l'amaca"come egli dissenella Stanza ad Angolo. Ho sempre considerato Jack il più attraente marinaio che abbia solcato i mari. Oggi ha i capelli grigima è bello com'era un quarto di secolo fa; anzi ancora più bello. La figura imponentegioiosa e armonica di un uomo dalle larghe spallecon un sorriso schiettoscintillanti occhi neri e generose sopracciglia nere. Le ricordo sotto capelli ancora più scurie guadagnano in bellezza incorniciate d'argento. Ovunque sventoli lo Union dallo stesso nomelì il nostro Jack è statoe ho incontrato suoi vecchi compagni di bordoqua e là nel Mediterraneo o sull'altra sponda dell'Atlanticochesentendo casualmente pronunciare il suo nomesi illuminavano in volto di un raggiante sorrisoed esclamavano: - Conoscete Jack Governor? Allora conoscete un vero principe! -. Ecco cos'è! E' un ufficiale di marina in modo tanto inequivocabileche se vi capitasse di incontrarlo mentre sbuca fuori da un igloo eschimesecoperto da una pelle di focasareste inspiegabilmente portato a credere che indossa l'alta uniforme della marina.

Un tempo Jack aveva messo i suoi occhi limpidi e lucenti addosso a mia sorella; poi però capitò che prese in moglie un'altra signora e la portò in Sudamericadove lei morì. Succedeva una dozzina di anni fao forse più. Portò con sénella nostra casa dei fantasmiun barile di carne salata di manzodato che è convinto da sempre che tutto il manzo salato non messo in salamoia da lui stesso è solo carne putrefattae non manca una voltaquando va a Londradi infilarne un cartoccio nel suo baule. Aveva inoltre arruolato come volontario un tale "Nat Beaver"suo vecchio cameratacapitano di una nave mercantile. Il signor Beavertozzo e legnoso in faccia e nella figurae chiaramente robusto come un tronco in tutto il corposi dimostrò un uomo intelligente con un mare di esperienze acquatiche e di tantissime cognizioni pratiche. Manifestava a volte un curioso nervosismo: erano evidentemente i postumi di un qualche vecchio malannoma raramente durava più di qualche minuto. Ebbe la Stanza della Credenzavicino a quella del signor Underymio amico e avvocato: il quale era giunto fin lì con la determinazione propria del dilettante"deciso ad andare fino in fondo"come diceva; giocava a whist meglio dell'intero Annuario di Giurisprudenzadal primo nome in testa al volumone rosso fino all'ultimo.

Mai fui più felice in vita miae credo che tra noi questo fosse il sentimento generale. Jack Governorda sempre uomo di sorprendente ingegnofaceva da capocuocoe in questa veste preparò alcuni dei piatti migliori che io abbia mai mangiato in vita miacomprese certe ineguagliabili pietanze al curry. Mia sorellaera addetta alla preparazione dei dolci e delle confetture. Starling e ioa turnofacevamo da sottocuochie in occasioni speciali il capocuoco "arruolava forzatamente" il signor Beaver. Ci concedemmo parecchio sport ed esercizio fisico all'apertoma niente all'interno fu trascuratoné nacquero screzi o malintesi tra noi; le nostre serate furono così piacevoli che avevamo almeno una buona ragione per non volere andare a letto.

All'inizio ci furono alcuni allarmi notturni. La prima notte fui svegliato da Jack che bussava alla mia porta; tenendo in mano una stupenda lanterna da naveche ricordava le branchie di un mostro degli abissimi informò che sarebbe salito "in coffasu alla formaggetta dell'albero di maestra" per tirare giù la banderuola. Era una notte di tempestae io protestai; Jack però mi fece notare che quel congegno produceva un suono simile a un grido di disperazionee sostenne che se quell'operazione non fosse stata eseguitatra non molto qualcuno avrebbe "gridato al fantasma". Salimmo dunque sul tetto della casadove a causa del vento riuscivo a malapena a reggermi in piediin compagnia del signor Beaver; e lì Jack si arrampicòlanterna e tutto il restoseguito dal signor Beaversulla cima di un cupolinouna mezza dozzina di piedi più su dei caminisenza appoggiarsi a niente di particolarein tutta calma e si mise a menare colpi alla banderuolafinché tutti e due entrarono in sintonia così perfetta con il vento e l'altitudine che pensai non sarebbero più discesi. Un'altra notte si alzarono nuovamente dal letto e staccarono il fumaiolo di un comignolo. Un'altra notte troncarono un condotto dell'acqua che fiottava e gorgogliava. Un'altra notte scoprirono qualcos'altro ancora. In più di un'occasionetutti e duecon tutta la calma di questo mondosi calarono dalle finestre delle rispettive camereavvolti nei coprilettoper "doppiare" qualcosa di misterioso in giardino.

Il patto tra noi fu scrupolosamente osservatoe nessuno rivelò nulla.

Tutto quello che sapevamo era che se la stanza di qualcuno era infestatanessuno apparentemente dava segno per questo di soffrirne.

Il fantasma della stanza del signorino B.

Quando mi sistemai nella mansarda triangolare che si era guadagnata una reputazione così cospicuai miei pensieri andarono spontaneamente al signorino B. Febbrili e numerosi furono le mie congetture al riguardo. Se il suo nome di battesimo fosse BeniaminoBisestilio (per essere nato in un anno bisestile)Bartolomeoo Beppe. Se quella lettera fosse l'iniziale del suo cognomee se questo fosse BaxterBlackBrownBarkerBugginsBakero Bird. Se fosse un trovatello e fosse stato battezzato B. Se da ragazzo fosse stato un Cuor di Leone e B. fosse l'abbreviazione di Britannicoo di Bufalo. Se fosse stato imparentato con una illustre dama che aveva allietato la mia infanziae se avesse avuto per bisavola la brillante comare Bunch.

Parecchio mi tormentai in queste inutili meditazioni. Portai la misteriosa lettera al cospetto e allo scrutinio dei defuntie li interrogai se egli vestisse di bluse portasse le babbucce (ma mica era un beduino!)se avesse avuto un qualche bernoccolose amasse le bibliotechese fosse bravo al gioco delle boccese fosse un brocco o uno bravo a tirare di boxee perfino se da bambinobirbante com'eraavesse fatto il bagnonon lontano dalla battigiaa BognorBangorBournemouthBrighton o Broadstairscome una balzellante boccetta da biliardo.

Così fin dall'iniziofui ossessionato dalla lettera B.

Poco più su ho affermato di non avere mai sognatoneppure lontanamenteil signorino B.né niente che lo riguardasse. Ma nell'attimo in cui mi svegliavo dal sonnoa qualsiasi ora della nottei miei pensieri lo catturavano e vagavano in libertà nel tentativo di collegare quell'iniziale a qualcosa che le si adattasse e la mettesse a tacere.

Per sei notti continuai ad affliggermi così nella stanza del signorino B.fino a quando cominciai a sentire che le cose si mettevano proprio male.

La prima apparizione si presentò di mattino prestogiusto alle primissime luci del giorno. Ero intento a radermi davanti allo specchio quando di colpo mi accorsicosternato e stupitoche chi stavo radendo non ero io - ho cinquant'anni -ma un ragazzo! Il signorino B.era chiaro!

Mi misi a tremare e mi guardai alle spalle: di làniente. Guardai di nuovo nello specchio e vidi distintamente i tratti e l'espressione di un ragazzo che si radevanon per togliersi la barbama per farsene spuntare una. Terribilmente sconvoltogirai più volte nella camera e tornai davanti lo specchiodeciso a completare con mano ferma l'operazione dalla quale ero stato distolto. Aprendo gli occhiche avevo chiuso mentre cercavo di riacquistare la calmavidi stavolta nello specchiofissi su di megli occhi di un giovane di ventiquattro o venticinque anni. Atterrito da quest'altro fantasmachiusi gli occhi e mi sforzai disperatamente di tornare in me. Quando nuovamente li riapriinello specchioa radersi la guanciavidi mio padreda tempo morto. E come se non bastasseperfino mio nonno vidimai conosciuto in vita mia.

Nonostante fossicome è ovviomolto turbato da quelle straordinarie apparizionidecisi di mantenere il segreto fino al momento stabilito per la rivelazione generale. Agitato da una folla di strani pensieriquella notte mi ritirai nella mia camera pronto ad affrontare qualche nuova esperienza di natura spettrale. Né mi ero preparato inutilmente perchésvegliatomi da un sonno agitato alle due in punto del mattinonon dico in quale stato scoprii che stavo dividendo il mio letto con lo scheletro del signorino B.!

Saltai sue lo stesso fece lo scheletro. Sentii poi una voce lamentosa dire: - Dove sono? Che ne è stato di me? -e guardando fisso in quella direzione mi avvidi del fantasma del signorino B.

Il giovane spettro era vestito di abiti di foggia antiquata: o meglionon era tanto vestito quanto piuttosto insaccato in una stoffa color sale e pepe di pessima qualitàresa orribile da bottoni luccicanti.

Notai che i bottoniallineati in doppia filasconfinavano da entrambe le spalle del giovane fantasma e parevano scendergli giù per la schiena. Il collo era avvolto in una gala increspata. Con la mano destra (che notai distintamente essere macchiata di inchiostro) si premeva lo stomaco; associai questo suo gesto a qualche leggero foruncolo sulla pelle del volto e all'aspetto generalecome di chi ha la nauseae conclusi che doveva essere il fantasma di un ragazzo che era solito abusare di medicine.

- Dove sono? - disse il piccolo spettro con voce compassionevole -.

Perché sono nato al tempo del calomelanoe perché me ne hanno dato così tanto?

Risposiin tutta onestàche in fede mia non lo sapevo.

- Dov'è la mia sorellina? - disse il fantasma -e quell'angelo della mia sposinae il mio compagno di scuoladove sono?

Supplicai il fantasma di farsi coraggioe soprattutto di rincuorarsi per la perdita del ragazzo suo compagno di scuola. Gli feci presente che quel ragazzoalmeno in base all'umana esperienzauna volta che fosse stato ritrovato probabilmente non ci avrebbe fatto una bella figura. Sostenni che io stessoin età adultami ero fatto vivo con parecchi un tempo miei compagni di scuolama nessuno di loro si era dimostrato all'altezza delle aspettative. Era una figura miticaaffermaiuna delusione e una beffa. L'ultima volta che ne avevo ritrovato unoraccontaiera successo a una cena: era sepolto sotto una cascata di sciarpe bianchemostrava un'opinione sconclusionata su ogni possibile argomento e una capacità assolutamente titanica di far ammutolire per la noia. Riferii comegrazie del fatto che eravamo stati insieme all'Old Doylancelui si era autoinvitato a colazione da me (grossolanità mondana della peggior specie); e comesoffiando sulla debole fiamma della mia fiducia per i ragazzi di Doylanceio lo avessi ammesso a casa mia; come egli si fosse rivelato un ciarlatano di infimo ordineperseguitando la razza di Adamo con inspiegabili teorie sulla monetae con l'assunto che la Banca d'Inghilterrasotto pena di abolizionedovesse immediatamente emettere e far circolare Dio solo sa quante migliaia di milioni di banconote da sedici "pence".

Il fantasma mi ascoltò in silenziocon lo sguardo fisso su di me. - Barbiere! - mi apostrofò quando ebbi finito.

- Barbiere? - ripeteivisto che non è il mio mestiere.

- Condannato - proseguì il fantasma - a sbarbare una clientela sempre diversa; ora me - un giovanotto -ora te stesso come sei; ora tuo padreora tuo nonno; e condannato anche a giacere con uno scheletro tutte le nottie ad alzarti con lui ogni mattina...

(Rabbrividii nel sentire questo annuncio funesto).

- Seguimibarbiere!

Mi ero accortogià prima che quelle parole fossero pronunciateche ero vittima di un sortilegio e che avrei dovuto seguire il fantasma.

Così feci immediatamentee mi ritrovai fuori della stanza del signorino B.

Molti sanno quali interminabili ed estenuanti peregrinazioni notturne confessarono le streghe che furono costrette ad ammettere le loro colpe e chenon c'è dubbiodicevano la pura veritàsoprattutto quando venivano incalzate con domande insidiose e la tortura era lì sempre pronta. Vi garantisco che durante la permanenza nella stanza del signorino B. fui trascinato dal fantasma che la occupava in vagabondaggi assolutamente interminabili e selvaggi come quelli. Certo non fui portato al cospetto di nessun vecchio cencioso con corna e coda caprine (una via di mezzo tra Pan e un vecchio piazzista di stoffe)intento a indulgere in inutili convenevoliidioti come quelli della vita reale e meno decenti; furono bensì altre le cose in cui mi imbatteiche mi sembrarono più piene di significato.

Sicuro di dire il vero e di essere credutonon esito a dichiarare che seguii il fantasma prima su un manico di scopapoi su un cavallo a dondolo. Sono pronto a giurare sull'odore particolare della vernice dell'animalespecialmente quando lo lanciavo a tutta forza facendolo surriscaldare. Dopo di che seguii il fantasma in una vettura di piazzaun'istituzione con una puzza particolare che l'attuale generazione ignorama sulla quale sono di nuovo pronto a giurare: un misto di stalladi cane rognoso e logoro mantice. (A questo propositomi appello alla precedente generazioneche confermi o smentisca quanto dico). Seguii il fantasma su un asino senza testao quanto meno su un asino così interessato alla sua pancia da tenere la testa sempre abbassata a ispezionarla; su cavallini nati apposta per scalciare all'indietro; sulle giostre e le altalene delle fiere; sulla prima carrozzellaaltra istituzione dimenticatadove regolarmente il cliente si addormentavae gli rimboccavano le coperte insieme al vetturino.

Per non annoiarvi con un dettagliato resoconto di tutti i miei viaggi al seguito del signorino B.più lunghi e meravigliosi di quelli di Sindbad il Marinaiomi limiterò al racconto di un'esperienza dalla quale potrete giudicare tutte le altre.

Ero prodigiosamente trasformato. Ero iosìe però non ero io. Ero cosciente di qualcosa in me che era rimasto lo stesso in tutta la mia vitae che avevo sempre riconosciuto immutato in tutte le fasi e le alterne vicendeciononostante non ero io quello che era andato a coricarsi nella stanza del signorino B. Avevo il più glabro dei visile più corte gambee avevo portato dietro una porta una creatura a me simileanch'essa con il più glabro dei visi e le più corte delle gambee le stavo confidando un progetto assolutamente sbalorditivo.

Si trattava della creazione di un serraglio.

L'altra creatura approvò con entusiasmo. Non aveva la minima idea di cosa fosse la decenzae neppure io. Era un uso d'Orienteabitudine del buon califfo Harun al-Rashid (permettetemi di pronunciare il nome corrotto una volta ancoratanto profuma di dolci ricordi!)il costume era talmente lodevolee degnissimo di essere imitato. - Ohsì- disse l'altra creatura con un salto di gioia. - Creiamo un serraglio!

Non fu perché nutrissimo il benché minimo dubbio sul carattere meritorio del sistema orientale che era nostra intenzione importareche intuimmo di doverlo tenere nascosto alla signorina Griffin. Era piuttosto perché sapevamo che la signorina Griffin era priva di comprensione umana e incapace di apprezzare la maestà del grande Harun. Cosìmeticolosamente nascosto alla signorina Griffinil segreto fu affidato alla signorina Bule.

Eravamo dieci nel collegio della signorina Griffinsituato nei pressi di Hampstead Ponds; otto signore e due gentiluomini. La signorina Buleche penso avesse raggiunto la veneranda età di otto o nove anniera al centro dell'attenzione in società. Le confidai la cosa durante il giornoe le proposi di diventare la Favorita.

La signorina Buledopo aver lottato contro la diffidenza così naturale e così affascinante nel suo adorabile sessosi disse lusingata all'ideama volle sapere cosa si intendeva riservare per la signorina Pipson. La signorina Bule - chesi capiscein nome dell'amicizia aveva giurato a quella giovane signora di condividere tuttosenza nessun segretofino alla mortesul libro delle Letture e del Servizio Liturgicoin edizione integrale in due volumicompleto di astuccio e lucchetto -la signorina Bule disse che non avrebbe potuto fingere con se stessao con meche la signorina Pipson fosse una qualsiasi.

Al checonsiderato che la signorina Pipson aveva riccioli chiari e occhi blu (secondo me era l'essenza di quantoin quel che è mortale e femminileè chiamato biondo)io prontamente risposi che mi immaginavo la signorina Pipson nei panni della Bionda Circassa.

- E poi? - chiese la signorina Bule con aria pensosa.

Risposi che lei avrebbe dovuto essere circuita da un mercanteportata velata al mio cospetto e comprata come schiava.

(All'altra creatura era stata già assegnata la seconda carica maschile dello Statoe così fu investita del ruolo di Gran Visir. Più tardi lei si oppose a tale corso di eventima le furono tirati i capelli finché non cedette).

- Non dovrò essere gelosa? - chiese la signorina Buleabbassando gli occhi.

- NoZobeide - risposi -tu sarai sempre la sultana favorita; il primo posto nel mio cuoree sul mio tronosarà tuo per sempre.

Confortata da questa assicurazionela signorina Bule accettò di proporre l'idea alle sue sette magnifiche compagne. Quello stesso giorno venimmo a sapere che avremmo potuto contare sulla complicità di un'anima dal ghigno perpetuo ma di indole gentile di nome Tabbyl'inserviente della casainforme come un lettoe con la faccia sempre più o meno imbrattata di nerofumo; a quello scopodopo cena feci scivolare un bigliettino in mano alla signorina Bulein cui mi dilungavo sul fatto che il nerofumo era stato in qualche modo impresso su quella faccia dal dito della Provvidenzae indicavo in Tabby Masrur il famoso capo dei Negri dell'Harem.

Creare l'agognata istituzione incontrò qualche difficoltàcome ne incontra ogni impresa collettiva. L'altra creatura si dimostrò di carattere ignobilee dopo essere stata sconfitta nelle sue aspirazioni al tronosimulò degli scrupoli di coscienza rifiutando di inchinarsi davanti al califfo e di chiamarlo Principe dei Credenti; ne parlò poi in modo sprezzante e indegnocome si trattasse di un individuo qualsiasi. Affermòquest'altra creaturadi "non voler recitare" - recitare! -e in altre occasioni si dimostrò volgare e offensiva. La meschinità della sua condottaperòsuscitò l'indignazione unanime di un unito serraglioe così io diventai il beato tra i sorrisi di otto delle più belle fanciulle della stirpe degli uomini.

Quei sorrisi potevano essere accordati solo quando la signorina Griffin guardava altrovee solo con grande circospezionepoiché tra i seguaci del Profeta correva voce che lei vedesse attraverso un minuscolo ornamento rotondo al centro del motivo che decorava il dietro del suo scialle. Tutti i giorni peròdopo cenaci ritrovavamo insieme per un'orae allora la Favorita e le altre dell'Harem reale gareggiavano su chi dovesse colmare di delizie gli ozi del Serenissimo Harunquando si riposava dalle fatiche del governo: checome succede in tutti gli affari di governoin genere si rivelavano di natura aritmeticapoiché il Principe dei Credenti era allergico al far di conto.

In queste occasioni il fedele Masrurcapo dei Negri dell'Haremsi teneva sempre a disposizione (proprio allora la signorina Griffin si metteva a scampanellare come una furiareclamando i servigi di quell'ufficiale)ma non si distinse mai in misura degna della sua memorabile reputazione. Prima di tutto non si riuscì mai a chiarire in modo del tutto soddisfacente perchénonostante in quel momento avrebbe potuto benissimo farne a menosi introdusse con una scopa nella sala del Consiglio del califfo anche quando Harun indossava sulle spalle il rosso mantello dell'ira (la mantellina della signorina Pipson). In secondo luogosempre sogghignandosi produceva in esclamazioni del tipo: "Cribbioche carucce!"che non erano né orientali né rispettose. In terzo luogoanche se appositamente addestrato a dire "Bismillah"diceva sempre "Alleluia!". Questo ufficialediversamente da quelli del suo mestiereera troppo di buonumoreteneva la bocca troppo spalancataesprimeva la propria approvazione in misura inopportuna e una volta - capitò in occasione dell'acquisto della Bionda Circassa per cinquecentomila piastre d'oroed era anche un buon prezzo - abbracciò perfinouna dopo l'altrala schiavala Favorita e il califfo. (Tra parentesilasciatemelo dire: che Dio benedica Masrure che tanti siano i figli e le figlie su quel tenero pettocapace di lenire l'asprezza dei tanti giorni trascorsi da allora!).

La signorina Griffin era un modello di decoroe non so proprio immaginare quali sarebbero stati i sentimenti di quella donna virtuosa se avesse saputoquando ci faceva sfilare in riga per due lungo Hampstead Roadche stava avanzando con passo marziale alla testa di poligami e maomettani. Credo che la misteriosa e terribile gioia che ci suscitava la contemplazione della signorina Griffin nello stato di perfetta ignoranza in cui si trovavae la sinistra sensazionedominante tra noiche ci fosse un potere spaventoso nel sapere quello che la signorina Griffin (che conosceva tutto ciò che si può apprendere dai libri) non sapevafosse quello che soprattutto ci spingeva a mantenere il nostro segreto. Esso fu meravigliosamente conservatoma una volta fu sul punto di tradirsi da solo. Corremmo questo pericoloe lo scampammouna domenica. Come ogni domenicaeravamo tutti e dieci allineati in una parte bene in vista della galleria della chiesacon la signorina Griffin alla nostra testa - una propaganda in certo qual modo celestiale per il nostro collegio -quando fu letto il brano in cui si parla di Salomone nel suo paradiso domestico. Proprio nel momento in cui venne pronunciato il nome del monarcala coscienza mi sussurrò: "Anche tuHarun". Il ministro officiante ebbe un lampo negli occhie questo permise alla mia coscienza di credere che stesse leggendo appositamente per me. Un rossore cremisiseguito da un sudore spaventosomi coprì il volto.

Il Gran Visir sembrò più morto che vivoe l'intero serraglio arrossì come se il tramonto di Bagdad si riflettesse direttamente sui loro volti deliziosi. In quel momento funestola tremenda Griffin si alzò in piedie con occhio torvo passò in rassegna i figli dell'Islam. La mia sensazione era che Chiesa e Stato si fossero uniti in complotto con la signorina Griffin per smascherarcie che ci avrebbero avvolti in candidi sudari ed esposti al pubblico ludibrio nella navata centrale. Ma la dirittura morale della signorina Griffin era così occidentale se mi è concessa questa parolaper esprimere quello che si oppone a quanto associamo all'Oriente -che lei sospettò solo bazzecolee noi fummo salvi.

Del serraglio ho detto che era unito. Solo su una questionese il Principe dei Credenti avesse l'ardire di esercitare il diritto di baciare in quei sacri recinti del palazzo i suoi ospiti di rango inferioresi trovarono divisi. Zobeide accampò un pari diritto della favorita a graffiaree la Bionda Circassaper ripararsi il voltolo infilò in una sacca di panno verdeoriginariamente destinata ai libri. Al contrariouna giovane gazzella di bellezza celestialegiunta dalle fertili pianure di Camden Town (dalle quali era stata condottada mercanticon la carovana di metà anno che aveva attraversato il deserto dopo le vacanze)espresse opinioni più liberalima stabilì di escludere da un simile beneficio quel caneo figlio di un canedel Gran Visirche non aveva diritti ed era pertanto fuori discussione. Alla finela disputa fu ricomposta grazie alla nomina di una giovanissima schiava in qualità di deputata.

Costeiin piedi su uno scannoriceveva ufficialmente sulle guance gli omaggi di baci destinati dal grazioso Harun alle altre sultanee riceveva in privato una ricompensa attinta dai forzieri delle signore dell'Harem.

Accadde ora cheal culmine del piacere per la mia abitudineio diventassi profondamente inquieto; cominciai a pensare a mia madree a quello che avrebbe detto quandoa metà dell'estateavessi riportato a casa otto delle più bionde fanciulle della stirpe degli uominima del tutto inaspettate. Pensai al numero di letti da preparare a casa nostraalla rendita di mio padreal fornaioe il mio sconforto raddoppiò. Il serraglio e il malevolo Visirsospettando l'origine dell'infelicità del loro signorefecero tutto quello che era in loro in potere per accrescerla. Professarono incondizionata fedeltàe dichiararono che avrebbero vissuto e sarebbero morti insieme a lui. Ridotto all'estrema prostrazione da quelle solenni dichiarazioni di devozionegiacevo ore e ore ogni notte senza riuscire a prendere sonnorimuginando sulla mia tremenda sventura.

Nella mia disperazionepensai di cogliere quanto prima l'occasione di prostrarmi in ginocchio davanti alla signorina Griffinconfessare la colpa di voler emulare Salomone e supplicarla di essere punito secondo le leggi violate del mio Paesese non mi si fosse presentata un'imprevista via d'uscita.

Un giornomentre eravamo fuori camminando in riga per due - in questa occasione il Visir era stato come al solito incaricato di tenere d'occhio il ragazzo al cancelloese costui avesse profanato con il suo sguardo le bellezze dell'Harem (cosa che puntualmente succedeva)di farlo strangolare con un laccio durante la notte- accadde che i nostri cuori fossero velati di cupa tristezza.

Un'irresponsabile azione da parte della gazzella aveva precipitato lo Stato in disgrazia. Quell'incanto di fanciullacon il pretesto che il giorno prima era stato il suo compleannoe che per la sua celebrazione era stata inviata una cesta piena di immensi tesori (affermazioni tutte e due infondate)aveva in segreto ma con insistenza invitato a un ballo con banchetto trentacinque principi e principesse dei paesi confinantie aveva loro imposto la clausola particolare di "non farsi venire a prelevare prima di mezzanotte".

Risultato di simili vaneggiamenti della fantasia della gazzella fu l'improvviso arrivo alla porta della signorina Griffincon gran seguito e un numero imprecisato di scortedi numerosi ospiti in pompa magnache furono depositati in cima alle scale in un'ebbrezza di entusiastiche attese e poi congedati in lacrime. Non appena il cerimoniere aveva cominciato a scandire i nomi degli invitati battendo la mazza due voltela gazzella si era rifugiata nella soffitta sul retroe aveva messo il catenaccio alla porta; e a ogni nuovo arrivo la signorina Griffin si turbava sempre di piùe a tal puntoche alla fine l'avevano vista portarsi le mani ai capelli. Alla resa finale da parte della colpevoleavevano fatto seguito la reclusione della stessa nello stanzino della lavanderiaa pane e acquae una ramanzinadi vendicativa lunghezzarivolta a tutti noiin cui la signorina Griffin aveva usato espressioni del tipoprimo: "Sono certa che voi tutti ne eravate al corrente"; secondo: "Quanto a perfidial'uno vale l'altro"; terzo: "Una masnada di piccoli furfanti".

Date le circostanzepasseggiavano molto tristi; ioin particolarecon le responsabilità di musulmano che gravavano sulle mie spalleero proprio giù di morale. A un certo punto uno sconosciuto si avvicinò alla signorina Griffine dopo aver camminato per un po' al suo fiancoconversando con leimi guardò. Supponendo che fosse uno scagnozzo della leggee che la mia ora fosse giuntacorsi via immediatamentecol vago proposito di riparare in Egitto.

Quando vide che me la battevo con quanta più forza avevo nelle gambe (mi parve che la prima svolta a sinistra e un giro nei pressi del può fossero la strada per le Piramidi)tutto il serraglio gridòla signorina Griffin urlò nella mia direzioneil perfido Visir mi corse dietroe il ragazzo al cancello mi strinse contro un angolocome una pecorae mi tagliò la strada. Nessuno mi rimproverò quando fui catturato e riportato indietro; la signorina Griffin disse soltantocon sbalorditiva gentilezzache tutto era molto strano. Perché ero corso via quando l'uomo mi aveva guardato?

Se avessi avuto abbastanza fiato per rispondereoso dire che non avrei dato nessuna risposta: non avendo fiatodi sicuro non risposi.

La signora Griffin e lo sconosciuto mi presero in mezzo a loro e mi scortarono fino a palazzo come se fossi nella condizione di non so chima certamente (come non potei fare a meno di rendermi contostupito) non in quella del colpevole.

Arrivati làci ritirammo in una stanza da solie la signorina Griffin chiamò in suo aiuto Masrurcapo degli scuri guardiani dell'Harem. Masrurdopo che gli fu sussurrato qualcosa all'orecchiocomincio a piangere.

- Che siate benedettocuoricino! - disse quell'ufficialerivolto a me -. Il vostro papà se l'è vista proprio brutta!

Sconvolto nell'intimochiesi: - E' molto malato?

- Che il Signore mitighi il vento su di voiagnellino mio! - disse il buon Masrur inginocchiandosisì che potessi trovare conforto appoggiando la testa sulla sua spalla -. Il vostro papà è morto!

A quelle parole Harun al-Rashid svanì; il serraglio scomparve; da allora non vidi mai più nemmeno una delle otto più bionde fanciulle della stirpe degli uomini.

Fui riportato a casae il debito era lìalmeno quanto la morte; ci fu così una vendita all'asta. Il mio lettino fu cinicamente scrutato da una potenza a me sconosciutanebulosamente definita "Commercio" e fu così che un secchiello di ottoneun girarrosto e una gabbia furono messi insieme per ricavarne un lottoe furono poi venduti per un tozzo di pane. Lo addentailo masticaie pensai quanto era duro e amaro da mangiare quel pane!

Poi fui mandato in una immensafredda e tetra scuola per ragazzi più grandidove tutto quello che c'era da mangiare e da mettersi addosso era pesante e dozzinalesenza essere sufficiente; dove tuttigrossi o piccoli che fosseroerano crudeli; dove i ragazzi sapevano tutto della vendita all'asta già prima del mio arrivoe mi chiedevano quanto ero riuscito a raggranellarechi mi aveva compratoe mi strillavano dietro: "Unodueaggiudicato!". In quel posto di disgrazia non mi lasciai mai sfuggire che io ero stato Haruno che avevo avuto un serraglio: poiché sapevo che se avessi detto una parola sul mio passatomi sarei così abbattuto da buttarmi nello stagno melmoso vicino al campo da giocoche era scuro come la birra.

Poveropovero me! Nessun altro fantasma ha abitato la stanza del ragazzoamici mieidal momento in cui io l'ho occupatatranne il fantasma della mia fanciullezzail fantasma della mia innocenzail fantasma delle mie belle illusioni. Più e più volte ho inseguito il fantasmae mai sono riuscito con questo passo di adulto a raggiungerlocon queste mani di adulto a toccarloné a questo cuore di adulto è più riuscito di possederlo nella sua purezza. Ed eccomi quicome potete vederementre scontoin tutta allegria e gratitudinela condanna di radere nelle specchio una clientela sempre diversae di giacere e alzarmi dal letto con lo scheletro a me destinato quale mortale compagno.

Il fantasma della Stanza ad angolo.

Avevo notato che il signor Governor diventava sempre più irrequieto man mano che si avvicinava il suo turno - il suo "incantesimo"lo chiamava -e a questo punto ci sorprese tuttialzandosi in piedi con aria grave e chiedendo il permesso di "andare a poppa" e di avere un colloquio con meprima di raccontare la sua storia. La grande simpatia di cui godeva fece sì che questa licenza gli venisse gentilmente concessa. Così uscimmo insieme nell'ingresso.

- Mio vecchio compagno di bordo - mi disse il signor Governorda quando mi trovo su questa vecchia carcassa sono sempre ossessionatogiorno e notte.

- Da che cosaJack?

Il signor Governorbattendomi la mano sulla spallae lasciandoceladisse:

- Da qualcosa che ha le sembianze di una donna.

- Ah! La vostra antica pena. Non ne guarirete maiJackdoveste vivere cento anni!

- Nonon parlate cosìsto dicendo sul serio. Tutte le notti sono ossessionato da una figura. Durante il giornopoimentre mi trovo in cucinaquella stessa figura mi mette una tale confusione addossoche mi chiedo come ho fatto a non avvelenare l'intero equipaggio. Ebbeneniente fantasie in questo caso. Volete vedere la figura?

- Con molto piacere.

- Alloraeccola! - disse. E mi presentò mia sorellache era uscita furtiva alle nostre spalle.

- Ohdavvero! - esclamai -. Allora suppongoPatty caradi non aver motivo di chiedere se anche tu sei stata ossessionata...

- Senza un attimo di treguaJoe - lei rispose.

Quello che seguì quando rientrammo tutti e tre insiemee io presentai mia sorella come il fantasma della Stanza ad Angolo e Jack come il fantasma della Stanza di mia Sorellafu un trionfolo strepitoso successo della serata. Il signor Beaverin particolareera così deliziato che lì per lì dichiarò che "mancava poco e si sarebbe messo a ballare la danza del marinaio". Il signor Governor provvide subito a questo poco che mancava e si offrì di esibirsi in una danza del marinaio a ritmo doppio: fu così che prese a ballare di tacco e di puntaa percuotersi le fibbiea strisciare i tallonied eseguì con le gambe in vibrazione tutta una serie di figure di scivolamento tali che nessuno di noi aveva mai visto primao che non vedrà più un'altra volta. Dopo aver riso e applaudito fino a essere esaustiStarlingper non restare nell'ombraci fece l'onore di intrattenerci con uno spettacolo di danza più modernoalla maniera del ballo con gli zoccoli del Lancashire: per quello che ne sola danza più lunga che mai sia stata eseguita. Mentre ballavail suono dei suoi piedi diventò una locomotiva che attraversava trinceegallerie e l'aperta campagnae diventò un'incredibile quantità di altre coseche non avremmo mai sospettatoa meno che egli non ci avesse gentilmente detto cosa fossero.

Quella notteprima di separarcisi decise che il nostro soggiorno di tre mesi nella casa infestata dovesse chiudersi con il matrimonio di mia sorella e del signor Governor. Belinda fu nominata damigella della sposa e Starling fu designato quale accompagnatore dello sposo.

In brevepassammo il periodo che ci restava in grande allegriae neppure per un attimo fummo ossessionati da qualcosa di più spiacevole delle nostre fantasie e dei nostri ricordi. La moglie di mio cuginoprofondamente innamorata del marito e grata per il mutamento che l'amore aveva prodotto in leici aveva svelatoper bocca del maritola sua storia; e sono certo che non ci fu nessuno di noi che per questo non l'apprezzasse e la rispettasse di più.

Fu così che alla fineprima che il mese più breve dell'anno fosse del tutto passatoci incamminammo una mattina verso la chiesa con la cuspidecome se niente di insolito dovesse accadere; là Jack e mia sorella vennero uniti in matrimoniocome si conveniva. Mi sovviene di dire che Belinda e Starlingcome notaifurono piuttosto sentimentali e languidi in quella occasionee che da allora si sono fidanzati e vogliono sposarsi nella stessa chiesa. Cosa che considero eccellente per tutti e dueun tipo di unione molto salutare per i tempi in cui viviamo. Lui ha bisogno di un po' di poesialei di un po' di prosae il matrimonio delle due cose è il più felice che io conosca per tutti gli esseri umani.

In conclusioneho appreso questi auguri di Natale dalla casa dei fantasmie affettuosamente li inviodi tutto cuorea tutti i miei lettori: - Facciamo uso della grande virtùla Fedema non ne abusiamo; e facciamone l'uso migliore avendo fede in quel grande libro di Natale che è il Nuovo Testamentoe gli uni negli altri.




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